Denuncio al mondo ed ai posteri con i miei libri tutte le illegalità tacitate ed impunite compiute dai poteri forti (tutte le mafie). Lo faccio con professionalità, senza pregiudizi od ideologie. Per non essere tacciato di mitomania, pazzia, calunnia, diffamazione, partigianeria, o di scrivere Fake News, riporto, in contraddittorio, la Cronaca e la faccio diventare storia. Quella Storia che nessun editore vuol pubblicare. Quelli editori che ormai nessuno più legge.

Gli editori ed i distributori censori si avvalgono dell'accusa di plagio, per cessare il rapporto. Plagio mai sollevato da alcuno in sede penale o civile, ma tanto basta per loro per censurarmi.

I miei contenuti non sono propalazioni o convinzioni personali. Mi avvalgo solo di fonti autorevoli e credibili, le quali sono doverosamente citate.

Io sono un sociologo storico: racconto la contemporaneità ad i posteri, senza censura od omertà, per uso di critica o di discussione, per ricerca e studio personale o a scopo culturale o didattico. A norma dell'art. 70, comma 1 della Legge sul diritto d'autore: "Il riassunto, la citazione o la riproduzione di brani o di parti di opera e la loro comunicazione al pubblico sono liberi se effettuati per uso di critica o di discussione, nei limiti giustificati da tali fini e purché non costituiscano concorrenza all'utilizzazione economica dell'opera; se effettuati a fini di insegnamento o di ricerca scientifica l'utilizzo deve inoltre avvenire per finalità illustrative e per fini non commerciali."

L’autore ha il diritto esclusivo di utilizzare economicamente l’opera in ogni forma e modo (art. 12 comma 2 Legge sul Diritto d’Autore). La legge stessa però fissa alcuni limiti al contenuto patrimoniale del diritto d’autore per esigenze di pubblica informazione, di libera discussione delle idee, di diffusione della cultura e di studio. Si tratta di limitazioni all’esercizio del diritto di autore, giustificate da un interesse generale che prevale sull’interesse personale dell’autore.

L'art. 10 della Convenzione di Unione di Berna (resa esecutiva con L. n. 399 del 1978) Atto di Parigi del 1971, ratificata o presa ad esempio dalla maggioranza degli ordinamenti internazionali, prevede il diritto di citazione con le seguenti regole: 1) Sono lecite le citazioni tratte da un'opera già resa lecitamente accessibile al pubblico, nonché le citazioni di articoli di giornali e riviste periodiche nella forma di rassegne di stampe, a condizione che dette citazioni siano fatte conformemente ai buoni usi e nella misura giustificata dallo scopo.

Ai sensi dell’art. 101 della legge 633/1941: La riproduzione di informazioni e notizie è lecita purché non sia effettuata con l’impiego di atti contrari agli usi onesti in materia giornalistica e purché se ne citi la fonte. Appare chiaro in quest'ipotesi che oltre alla violazione del diritto d'autore è apprezzabile un'ulteriore violazione e cioè quella della concorrenza (il cosiddetto parassitismo giornalistico). Quindi in questo caso non si fa concorrenza illecita al giornale e al testo ma anzi dà un valore aggiunto al brano originale inserito in un contesto più ampio di discussione e di critica.

Ed ancora: "La libertà ex art. 70 comma I, legge sul diritto di autore, di riassumere citare o anche riprodurre brani di opere, per scopi di critica, discussione o insegnamento è ammessa e si giustifica se l'opera di critica o didattica abbia finalità autonome e distinte da quelle dell'opera citata e perciò i frammenti riprodotti non creino neppure una potenziale concorrenza con i diritti di utilizzazione economica spettanti all'autore dell'opera parzialmente riprodotta" (Cassazione Civile 07/03/1997 nr. 2089).

Per questi motivi Dichiaro di essere l’esclusivo autore del libro in oggetto e di tutti i libri pubblicati sul mio portale e le opere citate ai sensi di legge contengono l’autore e la fonte. Ai sensi di legge non ho bisogno di autorizzazione alla pubblicazione essendo opere pubbliche.

Promuovo in video tutto il territorio nazionale ingiustamente maltrattato e censurato. Ascolto e Consiglio le vittime discriminate ed inascoltate. Ogni giorno da tutto il mondo sui miei siti istituzionali, sui miei blog d'informazione personali e sui miei canali video sono seguito ed apprezzato da centinaia di migliaia di navigatori web. Per quello che faccio, per quello che dico e per quello che scrivo i media mi censurano e le istituzioni mi perseguitano. Le letture e le visioni delle mie opere sono gratuite. Anche l'uso è gratuito, basta indicare la fonte. Nessuno mi sovvenziona per le spese che sostengo e mi impediscono di lavorare per potermi mantenere. Non vivo solo di aria: Sostienimi o mi faranno cessare e vinceranno loro. 

Dr Antonio Giangrande  

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L’ITALIA ALLO SPECCHIO

IL DNA DEGLI ITALIANI

 

 

ANNO 2023

L’ACCOGLIENZA

SECONDA PARTE

L’ATTACCO

UNDICESIMO MESE

 

 

DI ANTONIO GIANGRANDE

 

 

 

L’APOTEOSI

DI UN POPOLO DIFETTATO

 

Questo saggio è un aggiornamento temporale, pluritematico e pluriterritoriale, riferito al 2023, consequenziale a quello del 2022. Gli argomenti ed i territori trattati nei saggi periodici sono completati ed approfonditi in centinaia di saggi analitici specificatamente dedicati e già pubblicati negli stessi canali in forma Book o E-book, con raccolta di materiale riferito al periodo antecedente. Opere oggetto di studio e fonti propedeutiche a tesi di laurea ed inchieste giornalistiche.

Si troveranno delle recensioni deliranti e degradanti di queste opere. Il mio intento non è soggiogare l'assenso parlando del nulla, ma dimostrare che siamo un popolo difettato. In questo modo è ovvio che l'offeso si ribelli con la denigrazione del palesato.

 

IL GOVERNO

 

UNA BALLATA PER L’ITALIA (di Antonio Giangrande). L’ITALIA CHE SIAMO.

UNA BALLATA PER AVETRANA (di Antonio Giangrande). L’AVETRANA CHE SIAMO.

PRESENTAZIONE DELL’AUTORE.

LA SOLITA INVASIONE BARBARICA SABAUDA.

LA SOLITA ITALIOPOLI.

SOLITA LADRONIA.

SOLITO GOVERNOPOLI. MALGOVERNO ESEMPIO DI MORALITA’.

SOLITA APPALTOPOLI.

SOLITA CONCORSOPOLI ED ESAMOPOLI. I CONCORSI ED ESAMI DI STATO TRUCCATI.

ESAME DI AVVOCATO. LOBBY FORENSE, ABILITAZIONE TRUCCATA.

SOLITO SPRECOPOLI.

SOLITA SPECULOPOLI. L’ITALIA DELLE SPECULAZIONI.

 

L’AMMINISTRAZIONE

 

SOLITO DISSERVIZIOPOLI. LA DITTATURA DEI BUROCRATI.

SOLITA UGUAGLIANZIOPOLI.

IL COGLIONAVIRUS.

SANITA’: ROBA NOSTRA. UN’INCHIESTA DA NON FARE. I MARCUCCI.

 

L’ACCOGLIENZA

 

SOLITA ITALIA RAZZISTA.

SOLITI PROFUGHI E FOIBE.

SOLITO PROFUGOPOLI. VITTIME E CARNEFICI.

 

GLI STATISTI

 

IL SOLITO AFFAIRE ALDO MORO.

IL SOLITO GIULIO ANDREOTTI. IL DIVO RE.

SOLITA TANGENTOPOLI. DA CRAXI A BERLUSCONI. LE MANI SPORCHE DI MANI PULITE.

SOLITO BERLUSCONI. L'ITALIANO PER ANTONOMASIA.

IL SOLITO COMUNISTA BENITO MUSSOLINI.

 

I PARTITI

 

SOLITI 5 STELLE… CADENTI.

SOLITA LEGOPOLI. LA LEGA DA LEGARE.

SOLITI COMUNISTI. CHI LI CONOSCE LI EVITA.

IL SOLITO AMICO TERRORISTA.

1968 TRAGICA ILLUSIONE IDEOLOGICA.

 

LA GIUSTIZIA

 

SOLITO STEFANO CUCCHI & COMPANY.

LA SOLITA SARAH SCAZZI. IL DELITTO DI AVETRANA.

LA SOLITA YARA GAMBIRASIO. IL DELITTO DI BREMBATE.

SOLITO DELITTO DI PERUGIA.

SOLITA ABUSOPOLI.

SOLITA MALAGIUSTIZIOPOLI.

SOLITA GIUSTIZIOPOLI.

SOLITA MANETTOPOLI.

SOLITA IMPUNITOPOLI. L’ITALIA DELL’IMPUNITA’.

I SOLITI MISTERI ITALIANI.

BOLOGNA: UNA STRAGE PARTIGIANA.

 

LA MAFIOSITA’

 

SOLITA MAFIOPOLI.

SOLITE MAFIE IN ITALIA.

SOLITA MAFIA DELL’ANTIMAFIA.

SOLITO RIINA. LA COLPA DEI PADRI RICADE SUI FIGLI.

SOLITO CAPORALATO. IPOCRISIA E SPECULAZIONE.

LA SOLITA USUROPOLI E FALLIMENTOPOLI.

SOLITA CASTOPOLI.

LA SOLITA MASSONERIOPOLI.

CONTRO TUTTE LE MAFIE.

 

LA CULTURA ED I MEDIA

 

LA SCIENZA E’ UN’OPINIONE.

SOLITO CONTROLLO E MANIPOLAZIONE MENTALE.

SOLITA SCUOLOPOLI ED IGNORANTOPOLI.

SOLITA CULTUROPOLI. DISCULTURA ED OSCURANTISMO.

SOLITO MEDIOPOLI. CENSURA, DISINFORMAZIONE, OMERTA'.

 

LO SPETTACOLO E LO SPORT

 

SOLITO SPETTACOLOPOLI.

SOLITO SANREMO.

SOLITO SPORTOPOLI. LO SPORT COL TRUCCO.

 

LA SOCIETA’

 

AUSPICI, RICORDI ED ANNIVERSARI.

I MORTI FAMOSI.

ELISABETTA E LA CORTE DEGLI SCANDALI.

MEGLIO UN GIORNO DA LEONI O CENTO DA AGNELLI?

 

L’AMBIENTE

 

LA SOLITA AGROFRODOPOLI.

SOLITO ANIMALOPOLI.

IL SOLITO TERREMOTO E…

IL SOLITO AMBIENTOPOLI.

 

IL TERRITORIO

 

SOLITO TRENTINO ALTO ADIGE.

SOLITO FRIULI VENEZIA GIULIA.

SOLITA VENEZIA ED IL VENETO.

SOLITA MILANO E LA LOMBARDIA.

SOLITO TORINO ED IL PIEMONTE E LA VAL D’AOSTA.

SOLITA GENOVA E LA LIGURIA.

SOLITA BOLOGNA, PARMA ED EMILIA ROMAGNA.

SOLITA FIRENZE E LA TOSCANA.

SOLITA SIENA.

SOLITA SARDEGNA.

SOLITE MARCHE.

SOLITA PERUGIA E L’UMBRIA.

SOLITA ROMA ED IL LAZIO.

SOLITO ABRUZZO.

SOLITO MOLISE.

SOLITA NAPOLI E LA CAMPANIA.

SOLITA BARI.

SOLITA FOGGIA.

SOLITA TARANTO.

SOLITA BRINDISI.

SOLITA LECCE.

SOLITA POTENZA E LA BASILICATA.

SOLITA REGGIO E LA CALABRIA.

SOLITA PALERMO, MESSINA E LA SICILIA.

 

LE RELIGIONI

 

SOLITO GESU’ CONTRO MAOMETTO.

 

FEMMINE E LGBTI

 

SOLITO CHI COMANDA IL MONDO: FEMMINE E LGBTI.

 

 

 

  

 

L’ACCOGLIENZA

INDICE PRIMA PARTE

 

SOLITA ITALIA RAZZISTA. (Ho scritto un saggio dedicato)

GLI EUROPEI

Confini e Frontiere.

Quei razzisti come gli italiani.

Quei razzisti come i serbi.

Quei razzisti come i greci.

Quei razzisti come gli austriaci.

Quei razzisti come i croati.

Quei razzisti come i francesi.

Quei razzisti come i tedeschi.

Quei razzisti come gli olandesi.

Quei razzisti come i danesi.

Quei razzisti come i finlandesi.

Quei razzisti come gli svedesi.

Quei razzisti come gli inglesi.

 

SOLITA ITALIA RAZZISTA. (Ho scritto un saggio dedicato)

GLI AFRO-ASIATICI

 

Quei razzisti come i zambiani.

Quei razzisti come i zimbabwesi.

Quei razzisti come i ghanesi.

Quei razzisti come i gabonesi.

Quei razzisti come i marocchini.

Quei razzisti come i tunisini.

Quei razzisti come gli egiziani.

Quei razzisti come gli israeliani.

Quei razzisti come i turchi.

Quei razzisti come gli iraniani.

Quei razzisti come gli yemeniti.

Quei razzisti come gli afghani.

Quei razzisti come i pakistani.

Quei razzisti come gli indiani.

Quei razzisti come gli indonesiani.

Quei razzisti come i birmani.

Quei razzisti come i bielorussi.

Quei razzisti come i russi.

Quei razzisti come i cinesi.

Quei razzisti come i giapponesi.

 

SOLITA ITALIA RAZZISTA. (Ho scritto un saggio dedicato)

GLI OCEAN-AMERICANI

 

Quei razzisti come gli statunitensi.

Quei razzisti come i messicani.

Quei razzisti come i cubani.

Quei razzisti come i brasiliani.

Quei razzisti come i peruviani.

Quei razzisti come i neozelandesi.

 

INDICE SECONDA PARTE

 

SOLITA ITALIA RAZZISTA. (Ho scritto un saggio dedicato)

La Guerra Calda.

L’ATTACCO. UNDICESIMO MESE

 

INDICE SECONDA PARTE

 

SOLITA ITALIA RAZZISTA. (Ho scritto un saggio dedicato)

La Guerra Calda.

L’ATTACCO. DODICESIMO MESE

 

INDICE SECONDA PARTE

 

SOLITA ITALIA RAZZISTA. (Ho scritto un saggio dedicato)

La Guerra Calda.

L’ATTACCO. TREDICESIMO MESE

 

INDICE SECONDA PARTE

 

SOLITA ITALIA RAZZISTA. (Ho scritto un saggio dedicato)

La Guerra Calda.

L’ATTACCO. QUATTORDICESIMO MESE

 

INDICE SECONDA PARTE

 

SOLITA ITALIA RAZZISTA. (Ho scritto un saggio dedicato)

La Guerra Calda.

L’ATTACCO. QUINDICESIMO MESE

 

INDICE SECONDA PARTE

 

SOLITA ITALIA RAZZISTA. (Ho scritto un saggio dedicato)

La Guerra Calda.

L’ATTACCO. SEDICESIMO MESE

 

INDICE TERZA PARTE

 

SOLITI PROFUGHI E FOIBE. (Ho scritto un saggio dedicato)

SOLITO PROFUGOPOLI. VITTIME E CARNEFICI. (Ho scritto un saggio dedicato)

I Migranti.

Gli affari dei Buonisti.

Quelli che…porti aperti.

Quelli che…porti chiusi.

Cosa succede in Libia.

Cosa succede in Africa.

Gli ostaggi liberati a spese nostre.

Il Caso dei Marò.

 

 

 

  

 

 

L’ACCOGLIENZA

SECONDA PARTE

L’ATTACCO

UNDICESIMO MESE

 

SOLITA ITALIA RAZZISTA. (Ho scritto un saggio dedicato)

La Guerra Calda.

L’ATTACCO. UNDICESIMO MESE

Il conflitto ucraino e la fine dell'era post Guerra Fredda. Piccole Note il 25 Dicembre 2022 su Il Giornale.

La guerra ucraina non è solo un conflitto ad alta intensità nel quale si sta consumando lo scontro a rischio terza guerra mondiale tra Nato e Russia, ma rappresenta anche una variabile nuova immessa nell’ordine internazionale che si è imposto dopo la fine della Guerra Fredda, che poi tanto ordine non era, dal momento che il momentum unipolare Usa è stato caratterizzato, non certo a caso, da guerre continue, o senza fine, sia convenzionali che ibride (primavera araba e altro).

In realtà, la guerra ucraina è solo il focus attuale di uno scontro più ampio tra due prospettive globali, unipolarismo o multipolarismo. Ne scrive in maniera didascalica, e per questo particolarmente interessante, Robert G. Rabil, docente di scienze politiche alla Florida Atlantic University, sul National Interest. Riportiamo parte del suo articolo.

“L’invasione dell’Ucraina da parte della Russia ha indubbiamente posto fine all’era post Guerra Fredda. Sebbene molti Paesi abbiano condannato l’invasione della Russia, la maggior parte di loro non ha sanzionato la Russia. In contrasto con la rappresentazione occidentale della crisi ucraina come un confronto tra democrazia e autoritarismo, questi Paesi ritengono che la crisi vada ben oltre il binomio democrazia-autoritarismo, colpendo potenzialmente la loro sicurezza nazionale, nonché la sostenibilità globale e la pace”.

I Paesi neutrali ritrovano la loro indipendenza

“L’insicurezza alimentare, lo sfollamento interno e i rifugiati, le minacce delle conseguenze della guerra e l’uso di armi non convenzionali mettono in pericolo i più vulnerabili di questi Paesi. Eppure la crisi ha rimodellato l’ordine internazionale e i riallineamenti globali offrendo agli stati l’opportunità di perseguire i propri interessi senza schierarsi con un campo politico”.

Questi Paesi ‘neutrali’ si muovono [nell’arena globale] come tante variabili geopolitiche guidate dal proprio interesse personale. Molti di questi sono amici o alleati degli Stati Uniti. Ma non sono né nemici né avversari di Russia e Cina a motivo della crisi ucraina o dei loro sistemi politici autoritari. Sono consapevoli che in un momento di competizione globale che li vede ritrovarsi con poche risorse non possono né sanzionare né andare contro la Russia, il paese più grande del mondo con la più grande quantità di risorse al mondo, né contro la Cina, il paese con la seconda economia più grande del mondo e il Paese con le più grande riserve di finanze estere al mondo”.

“Tuttavia, allo stesso tempo, non possono danneggiare il loro rapporto con gli Stati Uniti, il paese più potente e con la più grande economia del mondo. Di conseguenza, le loro politiche sono dettate dal proprio interesse nazionale, e si muovono liberi dal binario ideologico della Guerra Fredda. In altre parole, le loro politiche non si sovrappongono e non si sovrapporranno necessariamente a quelle degli Stati Uniti”.

“[…] Molti di questi Paesi hanno visto la fine dell’era post Guerra Fredda inaugurare una nuova era caratterizzata dal multipolarismo e dal multilateralismo. Hanno vissuto con disagio il momento del potere unipolare americano sin da quando ha invaso l’Iraq nel 2003. La crisi ucraina e le sue conseguenze sulla divisione del mondo, insieme alla percezione virtualmente universale che il potere americano sia in declino dopo le debacle subite in Iraq e Afghanistan, ha solo acuito la determinazione di questi Paesi nel cercare di frenare il potere globale americano sostenendo il multipolarismo e il multilateralismo”.

Gli Usa hanno i paraocchi

“[…] Oggi, Washington sta conducendo la sua politica estera con i paraocchi, ignorando intenzionalmente i segnali che mostrano che il suo potere globale è in lento ma costante declino. La crisi ucraina, arrivata all’indomani delle guerre in Iraq e in Afghanistan, ha di fatto rafforzato la visione di quasi tutto il mondo che vede il meglio maggiormente favorito dal multipolarismo e dal multilateralismo.

“Se si considera il mondo come fosse diviso in tre vaste aree, la crisi ucraina, alimentata dalla NATO, ha spostato il ‘campo neutrale’ sempre più vicino a Cina e Russia. Mentre Washington ha reso il sostegno all’Ucraina contro l’aggressione russa una priorità fondamentale della politica estera, molti Paesi neutrali e la Cina hanno osservato il mondo più da vicino. Hanno visto l’aumento dei costi della guerra sia socio-economici che politici, militari ed energetici salire verso l’implosione globale”.

“Mentre la leadership dell’Occidente cerca giustizia contro Putin e la Russia, indipendentemente dall’opinione dei popoli, la leadership del mondo non occidentale cerca la pace. Il problema è che la giustizia non può mai essere raggiunta a scapito della pace. Questa è una lezione che Washington non ha mai imparato, dall’Iraq e fino all’Afghanistan: i piani per la punizione sono venuti prima; il piano per il giorno dopo è arrivato solo dopo, se mai è stato fatto. Di conseguenza, la pace [nel mondo] è stata pausa fugace”.

“In particolare, spingendo per la ricerca della giustizia indipendentemente dalle conseguenze, Washington sta aprendo la strada al proprio declino, incoraggiando il multipolarismo. A questo proposito, è plausibile che lo yuan diventi un’alternativa al dollaro USA in un mondo ‘multipolare’ nel giro di pochi anni, non decenni o secoli. Ciò infliggerà un duro colpo all’economia americana e alla posizione globale da cui Washington potrebbe non essere in grado di riprendersi”.

Dagli Usa 45 miliardi. A Kiev anche i beni degli oligarchi russi. Il Wall Street Journal spiega: «Il presidente ucraino Zelensky presenterà un piano di pace». Freddo il Cremlino. Alessandro Fioroni su Il Dubbio il 24 dicembre,

Siamo al trecentoquattresimo giorno di guerra in Ucraina, sul campo si continua a combattere nelle stesse zone del sud est dove ormai il conflitto sembra essersi insediato stabilmente. Kherson, Melitopol. Bahkmut, sono solo i nomi di alcuni centri dove giornalmente russi ed ucraini si scambiano colpi anche se il sopraggiungere dell'inverno e del freddo pare aver congelato la situazione.

L'attenzione dunque è tutta spostata sulle dichiarazioni che giornalmente fanno pensare ad un miglioramento, a speranze di pace che poi vengono puntualmente disattese. Ne sono un esempio le parole di ieri dell'ambasciatore russo a Washington.

Per Anatoly Antonov infatti «gli Stati Uniti stanno conducendo una guerra per procura contro la Russia sul territorio dell'Ucraina, il rischio di uno scontro tra due stati è alto». Il riferimento e probabilmente al recente viaggio di Zelensky per incontrare Joe Biden, una visita dalla quale il presidente ucraino ha riportato a casa la promessa dell'invio di missili Patriot. Intanto il Senato degli Stati Uniti ha varato il bilancio per il 2023, un importo complessivo di 1,7 trilioni di dollari, incluso un altro pacchetto di aiuti a Kiev di circa 45 miliardi, in parte provenienti dai beni sequestrati agli oligarchi russi.

Con questa decisione è chiaro che il confronto tra Russia e America, seppur inframezzato da vaghe speranze di dialogo, tende a incancrenirsi. Non a caso Antonov ha ribadito che le relazioni tra Mosca e Washington sono paragonabili ad un era glaciale. E la risposta russa è già arrivata in settimana con l'annuncio di piani per formare 17 nuove divisioni e un nuovo corpo di armata.

Il ministro della Difesa Sergei Shoigu ha svelato infatti che il numero degli effettivi militari sarà aumentato da 1,15 milioni a 1,5 milioni, senza mancare di citare l'altro fronte caldo che è quello dell'imminente espansione della Nato con Finlandia e Svezia.

A contribuire a far crescere la tensione c'è anche la possibile intenzione russa di tagliare ulteriormente la produzione di greggio o di spostarla verso altri mercati che non siano quelli europei. Un provvedimento che dovrebbe essere una risposta alla decisione in sede Ue di porre un tetto al prezzo e che ha già provocato evidenti rincari sui mercati internazionali. Ma a far discutere sono le rivelazioni del quotidiano Wall Street Journal su un piano di ace che Zelensky potrebbe annunciare nel primo anniversario dello scoppio della guerra. Le rivelazioni parlano di un lavoro che è stato concertato tra diplomatici europei e Usa per arrivare ad un cessato il fuoco.

In realtà qualcosa è emerso dalla visita del presidente ucraino negli Stati Uniti tanto che il segretario del Dipartimento di Stato, Antony Blinken, ha dichiarato in conferenza stampa di aver discusso con i partner del G7 una proposta di pace in Ucraina definita «un buon inizio» anche se non si e parlato di scadenze.

Il commento di Mosca è stato come al solito freddo. Il Cremlino infatti non sarebbe a conoscenza di nessuna proposta avanzata da Kiev. Per il portavoce Dimitri Peskov «tutto ciò che il presidente Zelensky ha detto finora è stato detto senza tener conto delle realtà attuali che hanno già preso forma oggi e che non possono essere ignorate».

Zelensky: per Natale non aspettiamo il miracolo, lo creiamo noi. Marta Serafini inviata a Kiev, Paolo Foschi e Redazione Online su Il Corriere della Sera il 24 Dicembre 2022

Le notizie di sabato 24 dicembre, in diretta. Usa e Ucraina preparano un piano di pace per febbraio. Kiev: «Mosca ha aumentato il numero di militari in prima linea»

• La guerra in Ucraina è arrivata al 304esimo giorno.

• Intelligence britannica: Mosca a corto di munizioni e missili.

• Nel nuovo pacchetto di aiuti statunitensi ci saranno 1,85 miliardi di dollari.

• Putin: distruggeranno i sistemi missilistici di difesa aerea Patriot.

Ore 00:02 - Putin, la Russia in grado di distruggere i Patriot

Il leader del Cremlino, Vladimir Putin, si è detto fiducioso che le Forze armate russe «distruggeranno» i sistemi missilistici di difesa aerea Patriot, una volta che dagli Usa saranno dispiegato in Ucraina. «Certo che li distruggeremo, senza dubbio, al cento per cento», ha detto Putin in un’intervista alla tv Rossiya-1, che ne ha pubblicato su Telegram un’anticipazione. Gli Stati Uniti hanno annunciato questa settimana la loro decisione di fornire a Kiev i sistemi di difesa aerea Patriot per contrastare gli attacchi di Mosca alle infrastrutture ucraine.

Ore 05:00 - Lituania e Moldavia temono una nuova ondata di profughi

La Lituania e la Moldavia devono prepararsi a una possibile nuova ondata di profughi in arrivo dall’Ucraina a causa dell’invasione russa e sono decise a coordinare le misure per farvi fronte. Lo hanno annunciato i ministri degli Interni lituano, Agn Bilotait, e moldavo, Ana Revenco, durante la visita ufficiale di quest’ultima a Vilnius. «Lituania e Moldavia si stanno misurando con le stesse minacce: la Russia e la guerra da loro provocata in Ucraina e le sue conseguenze», ha detto Bilotait. «Solo insieme, collaborando strettamente - ha continuato il ministro lituano -, possiamo superare le sfide che la Russia pone non solo all’Ucraina, ma ugualmente ai suoi vicini e al mondo intero. I nostri Paesi, nonostante le loro limitate risorse, hanno dimostrato di poter contribuire seriamente al sostegno dell’Ucraina fornendo aiuti e ospitando i profughi». Bilotait ha aggiunto che il suo Paese non solo intende continuare a rafforzare la cooperazione bilaterale con la Moldavia, ma ne sosterrà fortemente il percorso di integrazione europea.

Ore 05:10 - Attacco russo a centrale elettrica, morto un dipendente

La più grande compagnia energetica privata ucraina Dtek ha riferito che un attacco russo a una delle sue centrali elettriche ha provocato la morte di un dipendente e il ferimento di un altro. Lo rende noto il Kyiv Independent, sottolineando che la località dell’attacco non è stata precisata. A causa dell’attacco la struttura è stata disconnessa dalla rete elettrica, ha affermato la società, aggiungendo che i lavori per il ripristino della centrale cominceranno non appena le condizioni di sicurezza lo consentiranno. Da ottobre la Russia ha ripetutamente preso di mira le infrastrutture energetiche ucraine, lasciando gran parte della popolazione al buio e al freddo.

Ore 05:17 - Kiev, la Russia ha aumentato il numero di militari inviati in prima linea

La Russia ha aumentato il numero di truppe, armi e attrezzature militari che vengono trasferite in prima linea in Ucraina tramite ferrovia. Lo ha rivelato lo Stato maggiore delle forze armate ucraine nel suo aggiornamento serale, riporta il Kyiv Independent. L’esercito ucraino ha anche riferito che le truppe russe continuano a condurre offensive nei settori di Bakhmut, Avdiivka e Lyman nell’oblast orientale di Donetsk. Lo Stato maggiore ha poi precisato che oggi le forze di Mosca hanno lanciato un missile e quattro attacchi aerei, oltre ad altri 16 attacchi con sistemi missilistici a lancio multiplo.

Ore 05:20 - Usa, Biden autorizza budget militare da 858 miliardi di dollari

Joe Biden ha firmato il National Defense Authorization Act, il maxi budget per la difesa da 858 miliardi di dollari che serviranno, tra l’altro a finanziare gli aiuti a Ucraina e Taiwan. Lo riporta la Cnn. Nella legge è inserito anche un aumento dello stipendio del 4,6% per i militari e gli impiegati civili del dipartimento della difesa Usa, il più alto degli ultimi 20 anni. La misura stabilisce anche la fine dell’obbligo del vaccino anti-Covid per i membri delle forze armate ma non prevede il reinserimento di coloro che erano stati congedati per aver rifiutato l’immunizzazione.

Ore 05:22 - Zelensky, voci su un piano di pace di Kiev in 10 punti

La proposta della pace, a un anno dalla guerra. Volodymyr Zelensky lavora a un piano in 10 punti per porre fine al conflitto che ormai da oltre 300 giorni devasta l’Ucraina. Con l’intenzione - secondo il Wall Street Journal, che cita diplomatici Ue e ucraini - di presentarlo intorno al 24 febbraio prossimo, primo anniversario dell’invasione e periodo in cui si teme di più l’arrivo in Ucraina di una nuova offensiva russa su vasta scala. Fino a quella data, l’idea di Kiev è massimizzare le riconquiste territoriali con «più vittorie possibili», per poi presentarsi più forti ad un eventuale tavolo negoziale. Per il giornale americano, il leader ucraino ne ha già parlato con Biden durante la visita a Washington. E del piano di pace di Kiev «ne abbiamo parlato» anche coi partner del G7, ha riferito il segretario di Stato americano Antony Blinken. «Posso solo dirvi che stiamo valutando ciò che ha proposto» Zelensky, ha aggiunto il capo della diplomazia Usa, secondo cui la formula di Kiev è «un buon inizio», ma senza specificare quanto tempo ci vorrà a Stati Uniti e Ucraina per valutare congiuntamente il piano. Per quanto però si possa parlare di pace, per ottenerla bisogna che ci sia la volontà di entrambi i fronti. E dal Cremlino si sono affrettati a dire che a loro non risulta che da parte ucraina ci siano piani di pace, perché Kiev «non tiene conto della realtà attuale».

Ore 05:23 - Kiev: ospedali nei territori occupati pieni di soldati russi feriti

«Le strutture mediche nel territorio temporaneamente occupato dell’Ucraina sono sovraccariche e non sono in grado di far fronte a un gran numero di militari feriti delle forze di occupazione russe». Lo ha affermato la viceministra della Difesa ucraina Hanna Malyar, scrive l’Ukrainska Pravda. «Un numero significativo di loro muore senza attendere le cure mediche di base, anche a causa della mancanza di personale e della mancanza di attrezzature mediche e farmaci necessari», ha aggiunto Malyar, precisando che per impedire la diserzione dei feriti lievi, le stanze in cui sono tenuti sono chiuse con sbarre di metallo. Inoltre, la viceministra ha riferito che a causa delle ingenti perdite del personale di comando, agli incarichi dell’unità tattica vengono assegnati ufficiali richiamati dalle riserve, in particolare quelli in età pensionabile. «La loro mancanza di esperienza nel combattimento e l’incompetenza causa sfiducia nei confronti del personale e i timori che la loro gestione possa portare a perdite ancora maggiori», ha precisato.

Ore 05:24 - IL PUNTO MILITARE - I russi chiariscono l’obiettivo di Putin

(di Andrea Marinelli e Guido Olimpio) Mosca lancia segnali sulla campagna militare mentre continuano le indiscrezioni sui flussi di armi, che chiamano in causa — di nuovo — la Nord Corea.

Gli obiettivi

Il capo di Stato Maggiore russo Valery Gerasimov ha indicato quale sia l’obiettivo dell’Armata: la conquista del Donetsk, la regione orientale teatro di combattimenti feroci, con perdite immense. Per il generale, in questo momento, vi sarebbe una «stabilizzazione» sui fronti. E forse è quello che il comandante del contingente Surovikin ha «inseguito» ordinando un nuovo assetto. Ha ripiegato su linee difensive migliori, ha rimpolpato i ranghi con i riservisti, ha continuato con i bombardamenti sulle città e il fuoco delle artiglierie. Una situazione presentata in modo positivo dal portavoce del Cremlino Dmitry Peskov: ci sono stati progressi significativi nella «demilitarizzazione» dell’Ucraina, una delle mete indicate da Putin. Lo stesso leader si è lasciato sfuggire ieri durante un discorso la parola «guerra» auspicandone una fine rapida. È la prima volta che usa questo termine proibito dalla censura e non la definizione ufficiale di «operazione speciale». Forse è stato un errore — suggeriscono gli americani — oppure la semplice constatazione della realtà, con il neo-zar impegnato negli ultimi giorni a insistere sulle prove da affrontare: la caccia a spie e traditori, i problemi della mobilitazione, gli errori compiuti, l’ammodernamento dell’Armata. Tutti temi citati in interventi pubblici.

Ore 05:26 - Ferito nel Donbass il vicepremier russo Dmitrii Rogozin

(di Marta Serafini, nostra inviata a Kiev) Mentre il presidente Volodymyr Zelensky è tornato a Kiev, a tenere banco sui social ucraini è il ferimento dell’ex vice primo ministro russo ed ex presidente dell’agenzia spaziale Roscosmos Dmitrii Rogozin colpito insieme al funzionario di alto livello Vitalii Khotsenko in un attacco fuori Donetsk la sera del 21 dicembre.

Ore 08:17 - Il presidente bielorusso Lukashenko sarà oggi in Russia

(di Marta Serafini, nostra inviata a Kiev) Oggi è previsto l’arrivo in Russia del presidente bielorusso Alexander Lukashenko, dopo la visita a Minsk del leader russo Vladimir Putin e dopo le voci che parlano di un’imminente offensiva su Kiev dal lato bielorusso. Su invito di Putin, Lukashenko visiterà oggi il centro di addestramento Gagarin per i cosmonauti di Zvezdny Gorodok, nella regione di Mosca. Il 26 e 27, il leader bielorusso parteciperà a San Pietroburgo ad un summit dei capi di Stato della Comunità degli Stati indipendenti, che riunisce diverse ex repubbliche sovietiche.

La Bielorussia è il più stretto alleato della Russia e ha offerto il suo territorio come base per l’invasione dell’Ucraina il 24 febbraio. In un’intervista al Ny Times, il direttore dell’agenzia di intelligence militare ucraina Kyrylo Budanov ha dichiarato che «sarebbe sbagliato scartare questa possibilità» e, ha aggiunto, «ma anche sbagliato dire che abbiamo dati che ne confermano l’esistenza». In un’ampia intervista sullo stato della guerra in Ucraina, il capo dell’intelligence militare, ha anche parlato degli sforzi russi per incoraggiare l’Iran a continuare a fornire alle sue forze droni e missili, nonché dell’ossessione apparentemente insensata di Mosca di conquistare la città di Bakhmut, che - secondo Budanov - ha poco valore strategico.

Per settimane, la Russia ha rafforzato le sue basi militari in Bielorussia con coscritti e spostato truppe in treno avanti e indietro, sollevando preoccupazioni che potrebbe pianificare una seconda invasione dell’Ucraina da nord.

Ore 10:51 - L’intelligence britannica: «Mosca è a corto di munizioni e missili»

Nell’aggiornamento quotidiano sulla situazione della guerra, l’intelligence del regno Unito sottolinea una causa delle difficoltà dell’esercito russo impiegato sui fronti: «La carenza di munizioni rimane molto probabilmente il fattore chiave limitante dell’offensiva russa». La Russia, prosegue la nota, «ha probabilmente limitato i suoi attacchi missilistici a lungo raggio contro le infrastrutture ucraine a circa una volta a settimana a causa della scarsa disponibilità di missili da crociera».

Ore 11:27 - Kherson colpita 74 volte in un giorno, uccisi cinque civili

La città di Kherson e le aree circostanti sono state colpite 74 volte nelle ultime 24 ore dai missili russi. Cinque civili sono rimasti uccisi, altri 35 sono stati feriti. Yaroslav Yanushevych, capo dell’amministrazione militare regionale di Kherson, ha raccontato che «il nemico ha attaccato senza pietà i quartieri residenziali della città di Kherson per tutto il giorno. I proiettili russi hanno colpito strutture critiche, asili, una scuola, un ospedale, negozi, una fabbrica, case private e condomini». Un bambino è stato portato in ospedale con ferite multiple da schegge. Il presidente ucraino Volodymyr Zelenksy ha definito gli attacchi «atti di terrorismo» finalizzati a «intimidire» il popolo ucraino.

Ore 11:42 - Von der Leyen: «18 miliardi per l’Ucraina, la porteremo verso l’Ue»

La presidente della Commissione europea Ursula Von der Leyen ha pubblicato questa mattina un tweet per ricordare lo stanziamento da 18 miliardi deciso dall’Ue e destinato all’Ucrain il prossimo anno: «Aiuteranno con le riparazioni urgenti e apriranno la strada alla ricostruzione. Una ricostruzione che metterà l’Ucraina sulla strada verso l’Ue».

Ore 13:11 - Sale il bilancio delle vittime degli attacchi su Kherson

Il bilancio dei prolungati attacchi delle ultime ore sulla regione di Kherson e sulla città è salito da 5 a 8 vittime civili. Lo dichiara l’ufficio del procuratore generale ucraino, citato dal Kyiv Independent. I feriti sarebbero 20, mentre altri media citano Kyrylo Tymoshenko, vice dell’ufficio di presidenza ucraino, che su Telegram riferisce che i feriti sarebbero 58, di cui 18 gravi, e le vittime 7.

Ore 15:32 - Quattro soldati russi condannati per tortura

Quattro soldati russi sono stati condannati a 11 anni di carcere da un tribunale della regione di Kharkiv per torture contro cittadini ucraini che collaboravano con la resistenza. Due condannati fanno parte della 16esima brigata del Direttorato dello stato maggiore, gli altri due sono mercenari della compagnia privata russa Redut. I quattro sono stati ritenuti colpevoli di avere sequestrato a settembre tre cittadini del villaggio di Borova: le vittime sono state tenute prigioniere in un pozzo con le mani legate e interrogati a turno, oltre che minacciati di morte, prima di essere liberati.

Ore 15:53 - Pussy Riot lanciano un nuovo singolo contro la guerra

«Mamma, non guardare la Tv»: la band russa delle Pussy Riot pubblica una nuova canzone per protestare contro la guerra in Ucraina, la censura russa e anche contro l’occidente che «sponsorizza» il regime acquistando petrolio e gas russo, e nella quale chiedono che il leader russo Vladimir Putin venga processato da un tribunale internazionale. In una dichiarazione rilanciata dal Guardian, la band ha descritto il governo di Putin come un «regime terroristico» e definito lui, i suoi funzionari, i generali e propagandisti «criminali di guerra». «La musica della nostra rabbia, indignazione, disaccordo, un grido disperato e di rimprovero contro i burattini assetati di sangue di Putin, guidati da un vero mostro cannibale, il cui posto è nell’infinità di feroci fiamme infernali sulle ossa delle vittime di questa terribile guerra», attacca il gruppo musicale dissidente.

Il titolo e ritornello del singolo si basa sulle parole di un soldato di leva russo catturato che ha detto a sua madre: «Mamma, qui non ci sono nazisti, non guardare la Tv». «La propaganda russa avvelena quotidianamente i cuori delle persone con l’odio», denuncia la band. «Coloro che si oppongono a Putin vengono imprigionati, avvelenati e uccisi», hanno aggiunto, sottolineando che il denaro che il Cremlino riceve dalla comunità internazionale che conduce affari con la Russia viene trasformato «in sangue ucraino».

Ore 16:24 - Kiev: condannati 4 soldati russi, torturarono veterani ucraini

Un tribunale della città ucraina di Poltava ha condannato due mercenari russi e altri due soldati della Federazione russa con l’accusa di aver violato le leggi e le consuetudini di guerra, secondo l’ufficio del procuratore dell’oblast di Kharkiv. Lo riporta il Kyiv Independent, precisando che i quattro avevano brutalmente torturato tre veterani di guerra nel villaggio di Borova, nell’oblast nord-orientale di Kharkiv. Tutti e quattro hanno ammesso le loro colpe e sono stati condannati a 11 anni di carcere con la possibilità di presentare appello.

Ore 16:47 - «Tre navi da guerra russe con missili Kalibr nel mar Nero»

Le forze russe hanno dispiegato nel mar Nero tre navi da guerra, armate con un totale di 20 missili Kalibr, armi usate spesso negli attacchi massicci contro l’Ucraina. Lo rendono noto le forze navali ucraine, citate da Ukrainska pravda. «Vi sono almeno 11 incrociatori nemici in assetto da guerra nel mar Nero, tre di loro hanno a bordo missili Kalibr, con una capacita totale di fuoco di 20 missili», afferma la marina ucraina. Ieri una nave russa con missili Kalibr era entrata nel mar Nero per la prima volta dal 16 dicembre, quando vi fu un massiccio bombardamento dell’Ucraina.

Ore 17:53 – Bombardamento a Kherson, i morti salgono a 10

Sono saliti a 10 i morti del bombardamento russo di oggi a Kherson, mentre i feriti sono 58. Lo ha detto in televisione il governatore di Kherson, Yaroslav Yanushevych, citato dal Guardian.

Ore 18:00 - Le munizioni, lo spionaggio, le tre incognite: così si chiude il 2022 in Ucraina

(Andrea Marinelli e Guido Olimpio) Si avvicina la fine dell’anno e si fanno i conti della guerra con molti interrogati sulle future mosse dei contendenti. Tante le incertezze, legate alla prudenza di facciata ma anche alle difficoltà del «campo». È c’è il velo della propaganda e delle tattiche per provare a ingannare il nemico sulle proprie intenzioni. Dagli Usa arrivano diverse analisi e indiscrezioni. Fonti ufficiose mettono in guardia sulla possibilità per gli ucraini di ripetere i successi registrati a Kherson e Kharkiv. Perché i russi sono ben trincerati ed hanno schierato molti uomini a difesa delle loro posizioni. L’esercito di Zelensky potrà contare sui soldati addestrati dalla Nato — alcune migliaia — e sulle tecniche impartite, a cominciare dall’esecuzione di manovre integrate. Ma il punto debole resta sempre il rifornimento di munizioni in quanto le scorte si assottigliano, la produzione è insufficiente.

Ore 19:50 - Zelensky: per Natale non aspettiamo il miracolo, lo creiamo noi

Per questo Natale, «celebreremo le nostre feste! Come sempre. Sorrideremo e saremo felici. Come sempre. La differenza è una. Non aspetteremo un miracolo. Lo creiamo noi stessi». È questo il messaggio del presidente dell’Ucraina Volodymyr Zelensky nell’augurare buon Natale ai cristiani ortodossi di rito occidentale, osservando che quest’anno tutte le festività hanno «un retrogusto amaro» per gli ucraini a causa della guerra.

«Potrebbero esserci sedie vuote. E le nostre case e strade non possono essere così luminose. E le campane di Natale non possono suonare così forte, attraverso sirene antiaeree, o peggio ancora, colpi di arma da fuoco ed esplosioni», ha detto il presidente. In queste festività «ci incontriamo in circostanze difficili. Qualcuno vedrà la prima stella nel cielo sopra Bakhmut, Rubizhne e Kreminna oggi? Qualcuno celebrerà la festa nelle case di altre persone - case di ucraini che hanno dato rifugio agli ucraini? Qualcuno ascolterà (la canzone ucraina) Shchedryk in un’altra lingua - a Varsavia, Berlino, Londra, New York, Toronto e molte altre città e Paesi». E qualcuno, ha aggiunto il presidente, trascorrerà questo Natale in cattività, «ma si ricordino che veniamo anche per il nostro popolo, restituiremo la libertà a tutti gli uomini e le donne ucraine. Ovunque siamo, saremo insieme oggi. Esprimiamo un desiderio. Uno per tutti. E proveremo gioia. Uno per tutti. E capiremo la verità. Uno per tutti», ha concluso il leader ucraino.

Marco Leardi per ilgiornale.it il 24 dicembre 2022.

La penna di Vauro funziona a inchiostro o a veleno? La domanda sorge pressoché spontanea, soprattutto dopo la visione della vignetta che il disegnatore ha dedicato nelle scorse ore alla visita di Zelensky negli Usa. Senza richiedere troppe interpretazioni, il fumetto lascia trasparire il pensiero anti-atlantista dell'autore, che non ha mai nascosto il proprio scetticismo sull'operato americano in Ucraina. L'incontro alla Casa Bianca, risoltosi con l'impegno degli Usa a rinnovare il proprio sostegno armato, è stato sintetizzato da Vauro con un'eloquente caricatura: quella di Zelensky ritratto come un cagnolino. 

La vignetta di Vauro

Nel disegno del vignettista, che già in passato era intervenuto in modo irriverente sull'argromento, il presidente ucraino scodinzola di ritorno da Wasgington con un missile Patriot tra le fauci. Un riferimento al fatto che gli Usa abbiano annunciato un nuovo pacchetto di armi pro-Kiev da 1,85 miliardi di dollari. I Patriot "rafforzeranno significativamente la nostra difesa aerea... Voglio veramente vincere insieme. Scusate ma non solo lo voglio, ne sono sicuro", aveva affermato Zelensky durante la conferenza stampa alla Casa Bianca. Nella rilettura dell'attualità offerta da Vauro, il presidente è stato rappresentato come una sorta di animaletto "addestrato" dagli Stati Uniti.

Le critiche

"Back from Usa. Torna a casa Zelassie", recita la freddura scritta da Vauro a completamento della vignetta. Persino superfluo spiegare il riferimento ironico al popolare telefilm stunitense con protagonista una cagnolina di razza Rough Collie. La satira del disegnatore pistoiese non è piaciuta a tutti e anzi, in molti l'hanno aspramente criticata. Tra i giudizi più severi, quello espresso sui social dal professor Vittorio Emanuele Parsi, ordinario di Relazioni Internazionali e Studi Strategici all'Università Cattolica di Milano. "Ci vorrebbe più rispetto per chi passerà l'inverno al gelo sotto i missili russi. Anche da parte dei rottami del veterostalinismo", ha attaccato il docente, facendo a pezzi il sacrasmo ideologico di Vauro.

E, nei commenti, qualcuno ha colto anche altri aspetti da contestare al disegnatore. "Nel disgusto, segnalerei il nasone, degno delle vignette naziste sugli ebrei. Osceno", ha scritto l'analista politico Lorenzo Pregliasco, riferendosi alla caricatura del presidente ucraino. In un successivo video, Vauro aveva espresso più completo le proprie perplessità sul sostegno americano a Kiev. "Ma c'è qualcuno che davvero è convinto che Washington spenda più di 40miliardi di dollari in armamenti perché all'amministrazione americana stanno a cuore i confini dell'Ucraina o la democrazia ucraina? Davvero qualcuno ci crede?", aveva domandato il vignettista in tono chiaramente polemico.

Bucha, i volti e i nomi delle vittime: le loro ultime ore. Samuele Finetti su Il Corriere della Sera il 24 Dicembre 2022.

Il «New York Times» ricostruisce le ultime ore di 36 delle 400 vittime del massacro scoperto all’inizio di aprile

Trentasei volti uno accanto all’altro, trentasei persone accomunate da una fine comune: uccise barbaramente dai soldati russi che hanno occupato la cittadina ucraina di Bucha. La loro colpa? Aver deciso di fuggire dalla città con i loro cari per proteggerli dagli invasori. Sono le vittime identificate — in tutto a Bucha i civili morti sono stati oltre 400 — da un lungo lavoro di inchiesta del New York Times , che ha ricostruito le loro ultime ore incrociando immagini satellitari, certificati di morte, video e foto postati dalle stesse vittime sui social e messaggi alle testimonianze dei loro familiari, dei loro amici e dei loro colleghi.

Tutto inizia la mattina del 3 marzo. Una mattina come altre: i video delle telecamere di sicurezza puntate sulle strade della città mostrano madri coi loro bimbi che passeggiano tranquillamente. Poche ore più tardi, appena prima delle 13.00, su quella stessa via compare un carro armato russo, affiancato da soldati che imbracciano mitragliatrici. Da quel momento, i cittadini di Bucha si trovano di fronte a una scelta: scappare o rifugiarsi nelle cantine delle proprie case.

Volodymyr Ruchkovskyi, quel mattino, esce di casa per portare delle scorte alimentari a suo padre. Sulla strada del ritorno, il 50enne e la moglie Olena si accorgono che il checkpoint dei militari ucraini è stato smantellato. Così preparano le valigie e si mettono in auto, del tutto inconsapevoli che si stanno dirigendo verso una colonna di mezzi russi. Attorno alle 13.00, la loro auto viene colpita dai proiettili dei soldati di Mosca e si schianta contro un albero. Olena riesce a fuggire, ma deve abbandonare il marito ferito. Per giorni, i familiari di Volodymyr hanno cercato di rintracciarlo senza successo. Un mese dopo, il suo corpo carbonizzato è stato ritrovato sul sedile della sua auto.

Il 3 marzo, quando sentono il rumore dei mezzi russi, decidono di scappare anche Mykhailo Hrabovliak e la sua famiglia, che da una settimana dormivano nella cantina della loro casa a Hostomel, la cittadina che confina con Bucha. La mattina seguente raccolgono quanto possono e salgono in auto. Ma su Yablunska Street, una delle principali arterie della città, si trovano di fronte un manipolo di soldati che iniziano a sparare. Mykhailo viene colpito e muore sul colpo. Sua figlia Sasha, nove anni appena, è ferita a un braccio ma si salva. Raggiunge un ospedale dopo giorni, quando il suo braccio ormai si è incancrenito: dopo poche ore le viene amputato.

Eppure Sasha è stata più fortunata di altre bambine. Più fortunata di Anna Mishchenko, per esempio. Sua madre Tamila all’inizio di marzo cercava disperatamente un passaggio per scappare. Ad aiutarla è Zhanna Kameneva, che nei primi giorni del conflitto aveva trasportato decine di concittadini lontano da Bucha con il suo furgone. Il 5 marzo decide di fare un’ultimo viaggio con Tamila, Anna — che aveva 14 anni — e la loro vicina, la 69enne Maria Ilchuk. Anche loro però, dopo pochi minuti di viaggio, inforcano Yablunska Street. L’epilogo è lo stesso. I colpi dei moscoviti le uccidono tutte e quattro, il van va a fuoco.

Anna Mishchenko, 14 anni

Anche Mykhailo Kovalenko stava cercando di scappare con la moglie e la figlia. Anche loro sono bersagliati dal fuoco russo, ma riescono a fermarsi. Mykhailo scende dall’auto con le mani alzate, ma i colpi non si placano. «Non ha fatto neppure in tempo ad abbassare le braccia», racconta ora sua moglie, che pur ferita è riuscita a scappare con la figlia. Quando il corpo di Mykhailo viene ritrovato, nella tasca del giubbotto viene recuperato un biglietto scritto a mano: una lista di numeri di telefono da contattare in caso di emergenza.

C’è poi chi è scomparso nel nulla fino a quando il cadavere non è stato ritrovato. Taras Panimash, di professione calzolaio, ha fatto fuggire la madre appena ha potuto, con la promessa che l’avrebbe seguita. L’ultima persona che ha parlato con lui è stato il suo datore di lavoro: «Ho appena passato il checkpoint, sto bene», gli ha detto. Nessuno ha più avuto sue notizie.

Qualcuno è persino riuscito a documentare le violenze dei russi, prima di esserne vittima. Oleksandr Hutorovych rimane a Bucha fino al 14 marzo per aiutare a distribuire le scorte di medicinali. Nel frattempo, invia alla moglie già fuggita foto e messaggi dalla città. Fino all’11 marzo, quando le conferma che è pronto a scappare. I due si parlano ancora per tre giorni. Poi, il silenzio. Così come nessuna notizia hanno avuto i familiari di Ihor Didkivskyi, muratore appassionato di arti marziali che si è offerto volontario per difendere la sua città. Lascia casa per l’ultima volta il 5 marzo.

Oleh Bilas, 55 anni, e Viacheslav Hordiichuk, 46, sono guardie di sicurezza, lavorano in una fabbrica di vetro. Per tre giorni si nascondono dai soldati russi, poi provano a scappare. Due giorni dopo la moglie di Viacheslav riceve una chiamata: entrambi sono stati uccisi durante la fuga.

Ma tra le vittime non c’è solo chi tenta di scappare. C’è anche chi esce di casa per andare a visitare parenti e conoscenti, assicurarsi che stiano bene e siano al sicuro. Per giorni, infatti, Bucha resta senza elettricità e le reti di comunicazione sono interrotte. Per questo il 40enne Ihor Samchenko, rifugiatosi con sua moglie e i suoi due figli in una cantina, decide di andare a trovare sua suocera. I suoi familiari non hanno contatti con lui per giorni, ma si convincono che sia a causa del blackout. Alla fine, alcuni amici decidono di andare a cercarlo. Vengono fermati da alcuni soldati russi: «Tornate indietro, o vi spareremo». Così la moglie di Ihor non può far altro che fuggire. Ma quando uscendo da Bucha percorrono Yablunska Street, si imbattono nel cadavere di Ihor, steso per terra coi vestiti che indossava quando li aveva salutati giorni prima. I familiari raccontano che la suocera di Ihor è morta di crepacuore dopo aver avuto la notizia.

Ihor Samchenko, 40 anni

Festeggiare durante una guerra? È quel che fanno Olena e Pavlo Valko per il loro 33esimo anniversario di matrimonio. Un anniversario interrotto dai carri armati russi che compaiono sulla strada, appena fuori dalla finestra. Pavlo si preoccupa subito della madre, che vive sola in una città vicina. Esce di casa per andare da lei, ma anche lui non si fa più vivo per settimane. Olena lo chiama per giorni, anche dopo che i russi hanno lasciato la città a inizio aprile. L’ultimo messaggio lo invia il 5 aprile.

Oleksandr Kovalevskyi, invece, lascia casa per cercare del cibo. E scompare, come tanti. Trascorre una settimana, poi sua moglie decide di andare a cercarlo. Percorrono appena pochi metri quando, su Yablunska Street, trovano il suo corpo. È un vicino a chiedere aiuto su un gruppo Telegram per spostare il cadavere. Nessuno risponde: il corpo di Oleksandr resta sull’asfalto per settimane.

Ha pagato con la vita l’affetto verso i suoi animali domestici Serhii Petrenko, rimasto a Bucha dopo aver fatto fuggire la moglie proprio per avere cura di loro. Intanto aiuta i volontari a raccogliere aiuti umanitari e a distribuirli. Il destino è comune a molte altre vittime: il suo cadavere viene ritrovato su Yablunska Street. Sua moglie, tornata a Bucha dopo settimane, adotta un cane randagio «che mi ricorda il mio Serhii».

I soldati russi non si fermano davanti a nessuno. Neppure davanti a Vitalii Vynohradov, decano del seminario di Bucha. «Era l’anima della famiglia», ricorda sua nipote, che ricostruisce le sue ultime ore: «Era uscito per andare al supermercato con un amico, Oleh Hryshchenko. Non sono più tornati, abbiamo cercato informazioni su Telegram». Dopo settimane, la nipote riceve una foto di due uomini senza vita su Yablunska Street e riconosce lo zio dal cappello. Era un regalo di sua madre.

Vitalii Vynohradov, 47 anni

Sull’asfalto viene ritrovato anche il cadavere di Oleh Verba, guardia in un cantiere di 54 anni, un sacco di patate poco lontano. Uscito per comprare del cibo, non è più rientrato. Così come sull’asfalto è rimasto il corpo di Yevhen Davydov, che all’inizio di marzo vuole far fuggire sua madre da Bucha. Inforca lo scooter dopo aver salutato la moglie che lo scongiura di fare attenzione perché «è pericoloso». Ci sono solo cinque minuti di strada tra la casa di Yevhen e quella di sua madre, ma Yevhen non ci è mai arrivato.

Ma i soldati russi non si sono limitati a uccidere decine di persone che percorrevano le strade di Bucha per scovare scorte di cibo o per raggiungere parenti e amici. LungoYablunska Street hanno setacciato le case una per una, trascinando con sé uomini decine di uomini dopo averli fatti spogliare e aver loro rubato il cellulare.

Dmytro Chaplyhin ha appena 20 anni e vive nella casa della nonna.Per giorni, filma le scene di guerra attorno a lui: colonne di fumo sollevate da bombardamenti e persino le truppe russe lungo le strade della città. Quando i russi sfondano la porta, trovano le immagini sul telefonino. Lo portano via, senza ascoltare le suppliche della nonna, che per giorni cammina fino alla base degli invasori per chiedere la liberazione di Dmytro. Senza sapere, però, che il ragazzo è già stato fucilato.

Se Dmytro si limita a filmare la guerra, alcune vittime imbracciano le armi e organizzano dei checkpoint lungo le strade per sorvegliarle e per ispezionare le auto che entrano in città. Tra loro Denys Rudenko, Anatolii Prykhidko e Vitalii Karpenko. Ma quando i russi arrivano non resta da far altro che scappare. Trovano rifugio a casa di Valerii Kotenko, che subito telefona alla moglie: «Non posso parlare per molto», dice a bassa voce mentre i soldati sono davanti alla porta, «temo che mi possano sentire». E infatti, il mattino dopo, tutti e quattro vengono fermati e portati nella base russa. Sul prato fuori dalla casa si trovano davanti il cadavere di Andrii Matviichuk. La stessa sorte tocca a loro: vengono fucilati assieme a Andrii Dvornikov, Sviatoslav Turovskyi, Andrii Verbovyi e Andrii Matviichuk.

Anche Mykhailo Romaniuk, 57 anni, decide di fare la guardia alle strade, che percorre sulla sua bicicletta. Un suo amico, che lo accompagna lungo Yablunska Street, ricorda: «C’è stato un rumore simile a un fischio, poi Mykhailo è caduto per terra. Un proiettile lo ha colpito alla testa».

Vitalii Karpenko, 28 anni, al checkpoint di Yablunska Street

Una volta assicuratisi il controllo di Yablunska Street, i russi creano uno sbarramento con due blindati: chiunque passi per la strada è un bersaglio. È un bersaglio Iryna Filkina, 52 anni, che il 5 marzo sale in sella alla sua bici e si dirige verso casa: «Sono una donna, non mi succederà nulla», dice per rassicurare i colleghi del negozio in cui lavora. I russi le sparano a vista: donna o uomo, per gli invasori non c’è differenza.

Il tesserino di Iryna ritrovato accanto al suo corpo dagli agenti ucraini

Iryna cade senza vita appena fuori dalla casa della famiglia Abramov, dove Oleh, 40 anni, si è rifugiato con la famiglia. Non passa molto: i russi entrano in casa e lo trascinano con sé. Lo spogliano, lo fanno inginocchiare e lo freddano, mentre la moglie urla disperatamente e inutilmente di non fargli del male. Quando vede il marito accasciarsi senza vita, prega i soldati di uccidere anche lei. Ma la risparmiano, e lei oggi racconta: «Si sono seduti davanti a me. Bevevano acqua, come se non fosse successo nulla».

Le uccisioni barbare continuano per settimane, mentre i soldati russi camminano lungo Yablunska Street tra i cadaveri che si fanno sempre più numerosi. C’è anche quello di Volodymyr Brovchenko, 68 anni, anche lui ucciso mentre era in bicicletta. Un suo amico ha trovato il corpo e ha cercato di toglierlo dall’asfalto, ma è dovuto scappare dopo essere stato ferito a una spalla da un proiettile.

Quando la guerra inizia, Maksym Kireev viene supplicato dalla fidanzata di lasciare Bucha. Lui però resto. E anche lui filma le esplosioni, che poi manda alla fidanzata e agli amici, che gli danno il soprannome di «Maksym l’impavido». Maksym resta in compagnia di un collega, Dmytro Shkirenkov, che intanto si è separato dalla moglie e dal loro figlio di 13 anni. Quando i russi li scovano, li portano vicino a una rotonda e gli sparano a bruciapelo. Un vicino vede tutto dalla sua finestra. Poi uccidono Oleksandr Chumak dopo avergli legato le mani. Oleksandr era rimasto a Bucha per difendere la città. Solo il giorno prima ha chiamato la moglie incinta. Dieci giorni dopo il suo omicidio, la moglie partorisce una bimba.

Queste sono 36 vittime, una piccola parte, identificate dalle autorità ucraine. Altre dozzine di cadaveri a Bucha e nelle città vicine sono ancora senza nome.

Le news sulla guerra del 25 dicembre. Marta Serafini inviata a Kiev e Redazione Online su Il Corriere della Sera il 25 dicembre 2022.

Le notizie di domenica 25 dicembre. Putin: «Pronti a negoziare, loro no». Kiev: «È falso». Erdogan: «L’Occidente provoca, non cerca la mediazione»

• La guerra in Ucraina è arrivata al 304esimo giorno.

• Strage a Kherson la vigilia di Natale: 16 civili morti.

• Usa e Ucraina preparano un piano di pace per febbraio.

• Kiev: «Mosca ha aumentato il numero di militari al fronte».

• Bucha, i volti e i nomi delle vittime: le loro ultime ore.

Ore 23:23 - Attacco mortale a Kherson, 64 civili feriti e almeno 16 morti

L’Ucraina sabato ha denunciato un atto di «terrore» e «vendetta» dopo un attacco russo al mercato di Kherson che ha provocato almeno 16 morti e 64 feriti, a dieci mesi dall’inizio dell’invasione delle truppe da Mosca. «Mentre le famiglie in Europa, Nord America e oltre preparano cene festive, dedicate un pensiero all’Ucraina che in queto momento sta combattendo contro il male», ha scritto su Twitter il ministro degli Esteri ucraino Dmytro Kouleba. Per il suo omologo della Difesa Oleskiï Reznikov, l’attacco a Kherson è «una vendetta contro i suoi abitanti che hanno resistito all’occupazione russa».

Kherson è stata liberata l’11 novembre dall’esercito ucraino dopo otto mesi di occupazione. «Mattina, sabato, vigilia di Natale, in centro. Queste non sono installazioni militari. Questa non è una guerra con regole fisse. Questo è terrore, questo è uccidere per intimidire e (trarre) piacere», ha criticato il presidente ucraino Volodymyr Zelensky sui social network . Secondo l’ultimo aggiornamento di questa mattina del governatore della regione di Kherson, Yaroslav Yanushevich, «per il momento abbiamo 64 civili feriti e 16 morti. Tra i feriti, 18 sono in gravi condizioni».

Ore 00:14 - Kherson, in tre muoiono durante operazione sminamento

Tre dipendenti dei servizi di emergenza statali ucraini sono morti domenica durante lo sminamento di un terreno nella regione di Kherson, quando è esplosa una mina. Lo scrive Ukrinform. Secondo quanto hanno scritto su Facebook i Servizi di emergenza, «tutti e tre prestavano nel Servizio di emergenza statale dell’Ucraina nella regione di Zhytomyr e si erano assunti il compito di sminare i territori della regione di Kherson liberati dal nemico».

Ore 09:02 - Il messaggio di Natale di Zelensky

In occasione del Natale, il presidente dell’Ucraina Volodymyr Zelensky ha rivolto a tutti i cittadini del Paese un messaggio di perseveranza e unità: «La libertà ha un prezzo alto. Ma la schiavitù ha un prezzo ancora più alto», ha detto in un video diffuso su Telegram. La maggioranza della popolazione ucraina è di fede ortodossa e celebra il Natale il 7 gennaio, ma molti si uniscono alle celebrazioni del 25 dicembre. «Qualcuno celebrerà questo Natale lungo la linea del fronte, qualcun altro celebrerà questo Natale in prigionia, ma ricordatevi che restituiremo la libertà a tutti gli ucraini. Non aspetteremo un miracolo. Il miracolo lo creeremo noi stessi», ha concluso Zelensky.

Ore 09:27 - Allarme aereo in diverse regioni dell’Ucraina

Questa mattina un allarme aereo è stato lanciato a Kiev e in diverse regioni dell’Ucraina. L’amministrazione della capitale ha esortato i cittadini a recarsi nei rifugi in seguito all’annuncio dell’allerta aerea. Anche a Mykolaiv, riferisce il sindaco della città nel sud del Paese, l’allarme aereo è stato avvertito.

Ore 11:02 - Putin: «L’Occidente vuole dividere la Russia, ma noi pronti a trattare»

In una intervista concessa il giorno di Natale alla tv di Stato russa, Vladimir Putin è tornato sulla guerra in Ucraina. Secondo alcune anticipazioni rese pubbliche dall’agenzia statale Ria Novosti, il presidente russo ha ribadito che «la politica dei nostri avversari geo-politici punta a separare la Russia», ma ha difeso l’invasione dell’Ucraina: «Siamo stati costretti a farlo per difendere le persone che vivono in quei territori». Nonostante le massicce ritirate del suo esercito dopo l’estate, Putin ripete ancora che «stiamo procedendo nella direzione giusta». Infine il numero uno del Cremlino ha affermato che la Russia «è pronta a sedersi al tavolo per negoziare» sulla base di condizioni «accettabili»: «Non siamo noi a rifiutare i negoziati, ma loro».

Ore 11:51 - Kiev ribatte alle parole di Putin: «Mosca non vuole negoziare»

Non si è fatta attendere la reazione ucraina alle parole pronunciate da Vladimir Putin durante un’intervista odierna, in cui il presidente russo ha sostenuto che la sua volontà di negoziare venga rifiutata dall’Occidente: «Putin deve tornare alla realtà: la Russia non vuole negoziati, ma cerca di evitare ogni responsabilità», ha scritto su Twitter Mikhaylo Podoloyak, consigliere del presidente dell’Ucraina Volodymyr Zelensky. «La Russia ha attaccato per sua decisione l’Ucraina e sta uccidendo cittadini. per questo la porteremo in tribunale», conclude Podolyak.

Ore 15:44 - Razzi russi su Kramatorks

Oleksandr Honcharenko, sindaco di Kramatorks, ha fatto sapere tramite Facebook che la città del Donetsk, nel Donbass, è stata colpita oggi da tre missili russi che sono caduti sulla zona industriale. Non ci sono morti secondo i primi accertamenti, ma il primo cittadino ha chiesto a tutti i cittadini di restare nei propri rifugi in quanto «il pericolo ancora non è finito».

Ore 16:24 - Secondo l’esercito ucraino, Mosca vuole aprire un altro fronte a est

Il portavoce del Gruppo delle forze orientali dell’esercito ucraino, Serhiy Cherevaty, ha affermato che l’esercito russo intende lanciare una nuova offensiva nell’est del Paese e aprire un nuovo fronte nella regione di Donetsk, oltre a quelli di Bakhmut e quello di Avdiivka. L’est dell’Ucraina, sottolinea Cherevaty, resta «il teatro principale delle operazioni militari, dove il nemico ha concentrato la maggior parte delle forze». La città dove i russi sarebbero pronti a concentrare gli attacchi è Lyman, 50 chilometri a nord di Bakhmut. «I militari ucraini non permettono al nemico di sfondare le nostre difese e infliggono perdite sistematiche», ha concluso Cherevaty, secondo cui «più di 50 occupanti sono stati uccisi e circa 80 feriti nella sola direzione di Bakhmut».

Ore 17:55 - Bielorussia: va a fuoco caccia Mig-31K con missili ipersonici

Un caccia MiG-31K che trasportava missili ipersonici Kinzhal ha preso fuoco nell’aeroporto di Machulyshchy, in Bielorussia. Lo ha riferito il media investigativo «Belarusian Hajun» su Telegram.

Ore 19:23 - Kirill ha inviato gli auguri di Natale a Papa Francesco

Il Patriarca di Mosca Kirill ha inviato un messaggio di auguri per il Natale a Papa Francesco. Lo riferisce il sito del Patriarcato. Kirill porge a Francesco i suoi auguri «per la festa della Natività di nostro Signore e Salvatore Gesù Cristo. Ti auguro il suo aiuto nel tuo ministero e anche pace e prosperità per il gregge che ti è stato affidato», si legge nel messaggio.

Ore 19:49 - Erdogan: l’Occidente provoca, non cerca la mediazione

Il presidente turco Recep Tayyip Erdogan ha sostenuto che l’Occidente ha solo provocato e non ha cercato di mediare nella crisi in Ucraina. «Sfortunatamente - ha detto Erdogan in un incontro con i giovani a Erzurume, secondo quanto riporta Ria Novosti - l’Occidente ha solo intensificato gli elementi di provocazione e non ha cercato di essere un mediatore» tra le due parti. «Noi come Turchia abbiamo invece assunto questo ruolo», in particolare «in relazione al corridoio del grano del Mar Nero», ha aggiunto.

Ore 22:10 - Medvedev: «L’obiettivo è abbattere il regime di Kiev»

La Russia non risparmierà nessuno sforzo per raggiungere gli obiettivi dell’operazione speciale in Ucraina e abbattere «il regime nazionalista» di Kiev: lo ha scritto il vicepresidente del Consiglio di sicurezza russo Dmitri Medvedev in un articolo sulla Rossiyskaya Gazeta, secondo quanto riferisce la Tass. «Faremo del nostro meglio per raggiungere l’obiettivo dell’operazione militare speciale, in modo che il regime disgustoso dei nazionalisti di Kiev cessi di esistere. Oggi, nessuno tranne noi può farlo. Iniziare l’operazione speciale è stata una decisione difficile ma necessaria», ha scritto l’ex presidente.

Ore 23:24 - Mosca: pronti a riavviare consegne di a Ue con gasdotto Yamal

Mosca è pronta a riprendere le forniture di gas all’Europa attraverso il gasdotto Yamal-Europa. Lo ha detto il vice primo ministro russo, Alexander Novak, in una intervista all’agenzia Tass. La Russia, aggiunge, prevede che, nonostante la guerra in Ucraina, alla fine di quest’anno avrà inviato 21 miliardi di metri cubi di gas naturale liquefatto in Europa. «L’Europa - osserva poi Novak - era un mercato chiave per la vendita dei nostri prodotti petroliferi. Aspettiamo e vediamo quali decisioni prenderanno a lungo termine. Al momento non abbiamo idea di come possa essere sostituito il nostro carburante».

La nuova corsa per l’Artico. Lorenzo Vita su Inside Over il 26 dicembre 2022.

In un mondo che sembra non avere più segreti per l’essere umano, l’Artico rappresenta per molti una sorta di prossimo (e forse ultimo) Eldorado che unisce l’interesse scientifico a quello più meramente economico, e dunque strategico. La regione più a nord della Terra, così remota e impossibile per larghi tratti della Storia umana, oggi non appare più un luogo misterioso né impraticabile, ma una regione che racchiude, come un enorme scrigno di terra e ghiaccio, quello che per le potenze mondiali è ancora qualcosa di fondamentale: materie prime e rotte che possono unire punti fino a oggi considerati impossibili da collegare.

Non deve sorprendere, dunque, che l’Artico, in questa spasmodica ricerca dell’essere umano verso nuove scoperte e risorse, ma anche nella più materiale volontà di avere un vantaggio sui rivali, venga considerato uno scenario potenzialmente rivoluzionario, palcoscenico selvaggio dove declinare la propria lotta. Le condizioni che si stanno creando sotto il piano ambientale e quello scientifico rendono più semplici l’esplorazione e lo sfruttamento sia sotto il profilo delle risorse che di quelle rotte. Mentre la rinnovata contesa internazionale tra Stati vede nell’Artico convivere e confliggere gli interessi delle tre maggiori potenze mondiali: Cina, Russia e Stati Uniti.

Le mire della Cina

Pechino cerca nel Polo Nord non soltanto la possibilità di sfruttare risorse inesplorate ma anche possibili nuove rotte che rappresentino una via d’uscita dall’utilizzo dalla “prigione” della via della seta: unico percorso attualmente disponibile via mare per raggiungere i ricchi mercati dell’Europa. Su questo tema, alcuni analisti storcono il naso: le rotte polari appaiono ancora come qualcosa di difficile concretizzazione e probabilmente anche troppo dispendiose, per tecnologie e spostamenti, rispetto a quelle più note che solcano Suez o circumnavigano l’Africa.

Ma sappiamo che la Cina, con le sue supercontainer e le sue indubbie capacità tecnologiche, non è una potenza che si ferma davanti a certi ostacoli. Il riscaldamento climatico, se continua con gli attuali ritmi, potrebbe in effetti sostenere questo sviluppo delle nuove rotte – oggi disponibili in pochissimi periodi dell’anno. E di certo il passaggio a nord-est, con la sua attuale “quiete” geopolitica e con la Russia a garantirne il tratto asiatico, può essere una rotta molto meno complicata di quella che passa per Malacca, Aden, Bab el Mandeb e Suez.

Le risorse in mano alla Russia

Se per Pechino l’Artico è una via, per la Russia esso rappresenta quel vasto mondo ghiacciato che per secoli è stato uno dei grandi ostacoli strategici allo sviluppo del Paese. Una massa d’acqua immensa, completamente sotto il controllo dei russi, ricca, ma inadatta alla vita e allo sfruttamento. Un tesoro sommerso dal ghiaccio che ha costretto zar, capi di partito e lo stesso Vladimir Putin, a “dimenticare” quel mare ma soprattutto a cercare lo sbocco altrove. Un incubo che ha sostanzialmente creato la dottrina russa e che ha incardinato le scelte della Terza Roma per secoli, fino ai giorni nostri.

E che se l’Artico fosse stato navigabile probabilmente sarebbe stato visto con minore interesse. Oggi, con le condizioni viste in precedenza, il grande nord rischia di non essere più quel muro di ghiaccio, gelo e acqua che ha chiuso la Russia. Ma la Federazione, costituendo il Paese che per migliaia di chilometri “possiede” quella regione, sa anche che deve proteggerlo da potenziali nemici. E lo fa partendo dall’idea che in larga parte risorse e rotte siano “sue”.

Il ruolo strategico per gli Usa

Dall’altro del mondo, il blocco occidentale, ha da tempo l’Artico sotto osservazione. Washington esplora da sempre le rotte del nord, con sottomarini e navi da ricerca che hanno spesso scandagliato e navigato quelle acque e egli abissi fino a raggiungere il Polo. Dai tempi della Guerra Fredda, l’Alto Nord è stato considerato un confine tra il blocco occidentale e quello sovietico, e può esserlo ancora oggi, specialmente con la rinascita militare della Russia e le mire polari della Cina. Gli Stati Uniti, sia attraverso gli alleati della Nato, sia attraverso una propria e autonoma strategia, vedono nell’Artico lo scenario di una nuova competizione globale per risorse e rotte.

E non è un caso che gli ultimi documenti strategici atlantici considerino quella regione un elemento sempre più importante, non solo da mantenere libero per la navigazione ma anche intatto sotto il profilo militare e politico nella sua parte terrestre, escludendolo dall’interesse russo e in parte asiatico. L’allargamento della Nato a Finlandia e Svezia rientra in parte anche in questo scopo: avere sotto la propria influenza e sotto l’ombrello militare e politico l’intera Scandinavia rafforza la posizione dell’Occidente in quella vasta regione settentrionale del mondo.

Per gli equilibri ambientali, climatici e quindi non solo della regione ma dell’intero ecosistema mondiale, questa corsa all’Artico racchiude inevitabilmente sfide complesse e non prive di enormi pericoli. Organizzazioni internazionali, grandi istituti di ricerca, governi coinvolti nell’area, il Consiglio Artico (unico organismo internazionale a riunire Paesi occidentali e Russia per la salvaguardia del grande Nord) continuano a lanciare allarmi: ogni sfruttamento rischia di generare un cambiamento radicale, immutabile e dannoso per l’intero pianeta. Ma la competizione strategica rischia di coprire il tutto con interessi che molto poco hanno a che vedere con la tutela di un ambiente fragile e fondamentale per l’uomo, e che spesso racchiudono l’obiettivo di evitare che una potenza prevalga sull’altra in una regione che può davvero cambiare, in un futuro non così lontano, gli equilibri geopolitici. Ma anche quelli della stessa vita sulla Terra.

La guerra bianca. Il nuovo ordine mondiale si decide sull’Artico. Marzio Mian su L’Inkiesta il 6 Dicembre 2022.

Il conflitto in Ucraina ha sancito la fine dell’eccezionalismo della convivenza pacifica nel Grande Nord, dove la Cina è attiva alleata della Russia contro la Nato. Putin è pronto a giocare su questo fronte la sua ultima partita

«Quella della Russia e della Cina nell’Artico è un’aggressione all’ordine internazionale…»

«Ammiraglio, con il dovuto rispetto, il suo intervento è pieno d’arroganza e alquanto paranoico…»

«Ho una domanda per lei, ambasciatore. Visto che la Cina si richiama tanto al principio di sovranità, allora perché non avete ancora condannato l’attacco russo all’Ucraina?»

«Non stiamo parlando d’Ucraina qui. La verità è che voi della Nato state approfittando di questo conflitto per espandervi nell’Artico e dominarlo. È un gioco molto pericoloso…»

Lo scambio avviene all’assemblea dell’Arctic Circle di Reykjavík a metà ottobre 2022. Dal palco sta parlando l’ammiraglio Rob Bauer, presidente del comitato militare Nato, quando l’ambasciatore cinese in Islanda si alza in prima fila e lo interrompe. Volti attoniti e brusio generale. I due si puntano l’indice l’un altro. […]

Pubblicamente, alle conferenze internazionali sull’Artico come quella islandese, non ricordo d’aver mai sentito pronunciare la parola «conflitto», un tabù ben custodito, per scaramanzia o ipocrisia. Il mantra della diplomazia artica era «cooperazione, stabilità, dialogo». Un modo per esorcizzare la realtà, e cioè quella d’una regione fragile non solo dal punto di vista ambientale, ma destinata a essere contesa con la forza perché non esistono accordi capaci di garantire la spartizione pacifica dell’unica area del mondo ancora non sfruttata e che nasconde quelle risorse di cui il mondo è affamato – ora soprattutto i minerali alla base delle tecnologie green e militari –, cruciali per alimentare il modello capitalista della crescita permanente.

Non s’è infatti mai visto che si presenta l’opportunità di mettere le mani su un nuovo continente e gli uomini le tengono in tasca. Non basta abbattere le statue di Cristoforo Colombo per cancellare la cultura dell’impero e del dominio, o pensare che il colonialismo sia archiviato soltanto perché i nuovi colonialisti usano parole corrette come «resilienza» e «inclusione».

Eppure le speciali regole d’ingaggio nelle relazioni artiche hanno resistito. Non secondario il fatto che tra le nazioni che s’affacciano sull’oceano polare ci sono due potenze, Russia e Stati Uniti, che si combattono in vario modo da oltre settant’anni, entrambe chiamate dalla stessa missione d’espandere la propria influenza e supremazia, e poi che ci siano confini polari condivisi da Nato e Russia.

Nasceva soprattutto da qui l’eccezionalismo dell’Artico: il dovere di collaborare e mantenere la stabilità nonostante tutto, nonostante l’oceano di ghiaccio fosse stato il teatro più caldo della Guerra fredda con i sottomarini nucleari che si davano la caccia come il gatto col topo. Lo spirito era quello indicato da Michail Gorbačëv a Ronald Reagan nel 1987, auspicando il disarmo dei missili a medio raggio dispiegati in Artico: «Facciamo del Polo un polo di pace» disse il leader sovietico davanti alla Flotta del Nord a Murmansk.

Il Consiglio artico, quando nacque nel 1996, era poco più d’una dichiarazione di buoni e pacifici intenti tra gli otto Paesi artici – oltre a Russia e Usa, Cana- da, Norvegia, Islanda, Danimarca (grazie alla Groenlandia), Svezia e Finlandia – che si proponevano di ritrovarsi allo stesso tavolo per lavorare assieme sulle questioni ambientali, sulla navigazione o sui diritti delle popolazioni indigene.

Non sulla sicurezza, perché non si trattava d’una organizzazione internazionale, ma d’un forum intergovernativo. Per diversi anni nessuno s’accorse dell’esistenza del Consiglio artico, frequentato da diplomatici pronti alla pensione; man mano che il ghiaccio si fondeva, e cominciavano a circolare le stime delle ricchezze sfruttabili e addirittura s’annunciavano rotte artiche alternative a Suez e Panama, allora sono arrivati i pezzi grossi, ministri degli Esteri, da Sergej Lavrov a Hillary Clinton.

E i Paesi che volevano contare sulla scena mondiale facevano a sportellate per essere ammessi come osservatori al club boreale, in primis la Cina. Quell’area rimasta ai margini della Grande Storia dell’umanità si trovava improvvisamente sotto i riflettori, al centro d’interessi globali.

Lo spirito di Gorby ha retto sotto molte tempeste, l’Artico è rimasto un luogo speciale, in parte perché è il totem della lotta al riscaldamento globale, la fetta di mondo che paga il prezzo più alto, dove sono più estreme le conseguenze della nostra hybris. E poi per quel tabú della guerra, un’ipotesi che non andava nemmeno contemplata lassù, fosse solo per la quantità di testate nucleari con cui Vladimir Putin piantona i suoi 22mila chilometri di costa polare.

Le crisi internazionali sono rimaste fuori dall’uscio del Consiglio artico, Stati Uniti e Russia hanno continuato a parlarsi, a studiare insieme lo smottamento del permafrost, la decimazione degli orsi, lo stravolgimento dell’ecosistema marino. Le guardie costiere dei Paesi artici non hanno cessato di condividere codici di navigazione per gestire gli inediti pericoli creati dal crescente traffico commerciale e turistico.

Il «patto del ghiaccio» tra gli Otto aveva superato anche l’annessione russa della Crimea nel 2014. Ma non l’invasione dell’Ucraina del 24 febbraio 2022. Sette Paesi artici hanno chiuso ogni collaborazione con la Russia, tra l’altro presidente di turno del Consiglio e titolare del 52 per cento di coste polari. L’Artico s’è spaccato

in due e s’è rotto il tabú della guerra. L’attenzione è sul Donbass e il Mar Nero, le mappe dei generali occidentali segnate in rosso riguardano il Grande Nord, il Mare di Barents e lo Stretto di Bering. «Dopo l’Ucraina è cambiato tutto. Ora la questione non è se ci sarà un conflitto nella regione polare, ma come evitarlo» mi ha detto Angus King, senatore indipendente del Maine: «Ciò che si prepara sul tetto del mondo è un problema di sicurezza nazionale per ogni Paese occidentale».

Con l’ingresso di Svezia e Finlandia nella Nato, il Consiglio artico è interamente euro-atlantico e di fatto il braccio politico della Nato. Dopo l’aggressione russa all’Ucraina, l’Alleanza ha presto accelerato verso una dottrina militare a trazione nordica, concentrando le sue attenzioni lì dove la Russia potrebbe sfidare l’articolo V del Patto atlantico perché è dove Putin ha ammassato la sua forza non convenzionale in grado di colpire l’Occidente con una gittata balistica più breve.

Da quello che ritiene il mare nostrum dei russi, lo zar proietta le sue ambizioni neo-imperiali, perché la Flotta del Nord, dalle acque polari, può collegarsi velocemente sia all’Atlantico sia al Pacifico. Nell’Artico, Putin protegge, armi (nucleari) in pugno, la sua cassaforte di gas e petrolio; ora che non può più confidare sulla barriera naturale dei ghiacci, su quei confini è pronto a giocarsi la partita finale. E, se servisse, a sparare l’ultimo colpo.

Nell’Artico tutto si tiene e tutto sembra convergere verso il peggio. Se Xi Jinping temporeggia sull’Ucraina, qui però è già militarmente alleato con Putin. Russia e Cina svolgono per la prima volta manovre navali congiunte nel Mare di Bering, hanno installato in due mesi – stando a quel che mi hanno detto al Dipartimento di Stato americano – una struttura integrata per la navigazione satellitare basata sulla piattaforma Huawei e il sistema di posizionamento BeiDou, l’alternativa cinese al gps utilizzato dalla Nato.

Non è un caso che, improvvisamente, Stati Uniti e Nato hanno alzato il tiro oltre Putin, parlando di «aggressione militare di Russia e Cina nell’Artico». Washington ha pubblicato in fretta e furia, sull’onda degli sviluppi seguiti al conflitto ucraino, la nuova National Strategy for the Arctic Region, dove s’avvisa la Russia che le verrà impedito «con ogni mezzo» di dominare l’Artico, ma molto spazio nel documento è riservato alla «minaccia militare cinese» e alle «finte basi scientifiche» nella regione. Le intelligence militari di alcuni Paesi euro-atlantici – come ho potuto verificare ascoltando varie fonti in Italia e Regno Unito – ritengono che Pechino e Mosca stiano dando per certa l’escalation nell’Artico.

Sarà Guerra bianca? «Quel che è certo è che il nuovo ordine mondiale si decide oltre il Circolo Polare» è il giudizio di Anton Vasiliev, ex ambasciatore russo in Islanda. «La Nato concentra le sue forze a nord-est approfittando dell’impegno russo in Ucraina. Sanno che la nostra esistenza dipende dal Grande Nord. Per noi anche l’embargo europeo al petrolio russo è un’azione ostile della Nato».

Lo scontro verbale alla conferenza di Reykjavík a metà ottobre 2022 è stato il momento in cui è finito un Artico, quello condannato alla pace, e ne sono nati due, condannati a scontrarsi. Non c’erano delegati russi, ma l’inviato speciale di Pechino per la regione polare, Feng Gao, ha parlato anche per Mosca. Annunciando che si andrà verso la creazione d’un Consiglio artico russo-asiatico, alternativo a quello dei sette Paesi occidentali e Nato. «Non riconosceremo mai un Consiglio artico senza la Russia» ha detto a brutto muso il diplomatico cinese.

Frasi che, a quelle latitudini, sono sembrate siluri. Non è più tempo di buone maniere, del bon ton di circostanza che s’usava verso un ambiente naturale in via di disfacimento e che disvela, insieme alle ricchezze, la nostra natura tracotante. Gli scenari di guerra che racconto in questo libro sono infatti gli stessi dove è già chiara, sul campo, la Waterloo del pianeta.

Il linguaggio è cambiato, ora è quello spietato della Storia che ingloba l’Artico, inquinandolo anche con le parole. Prima che spazio geografico, geopolitico o biologico, era soprattutto un’idea che nasce dal bisogno d’altrove, dalla speranza che vi sia infine un luogo diverso, senza Storia, dove le cose sono sempre state come sono, una parte del pianeta ibernata in un’immacolata, primordiale, purezza. Addio, mitica, ultima thule.

Percepita nei millenni lontana come una Luna, l’Artide in meno d’una generazione, con il cortocircuito climatico, è diventata luogo di conquista neo-coloniale; qualcuno sostiene che sia addirittura il Piano B dell’umanità in un globo sempre più desertificato, sovraffollato e scarso di risorse. Oggi non c’è regione del mondo dove le cannonate sparate in Ucraina rimbombino forte come nel Grande Nord.

Da “Guerra bianca. Il fronte artico“ di Marzio G. Mian, Neri Pozza, 304 pagine, diciannove euro.

Dossier: Corsa tra i ghiacci. Alaska, l’ultima frontiera americana verso l’Artico. Matteo Muzio il 28 Dicembre 2022 su Inside Over.  

Si può partire dal punto più a Nord, dalla città di Utqiagvik, per capire l’Alaska. Più che una città si tratta di un villaggio dove per trenta giorni all’anno, in pieno inverno, non c’è mai un minuto di luce. Solo questo ci dimostra che ci troviamo di fronte a uno territorio unico: lo Stato più esteso che è anche quello meno densamente popolato, forse l’unico dove avere un auto non basta per spostarsi, data la presenza del permafrost sotto le poche strade di terra battuta.

Dove gli effetti del cambiamento climatico si sentono da vicino, ma nel contempo non può fare a meno dell’estrazione del petrolio dal giacimento di Prudhoe, il più grande degli Stati Uniti. Da un così originale mix geografico, ne è nata una politica unica. Ovviamente per uno stato fondato nel 1959, con poche tradizioni di welfare state e con una memoria ancestrale che comincia con i cercatori d’oro del Klondike a inizio Novecento, il partito dominante è quello repubblicano, già presente prima del riconoscimento statuale in quello che allora era solo un territorio scarsamente popolato, con l’esclusione dei nativi, che ancora oggi costituiscono il 15% della popolazione.

L’Alaska e un’utilità tardiva

Oggi l’Alaska non incarna solo i tre voti elettorali delle elezioni presidenziali, ma è la porta con cui gli Stati Uniti d’America hanno accesso all’Artico e alle sue risorse naturali. Non solo: sin dalla Guerra Fredda è anche il punto in cui gli Stati Uniti sfiorano il territorio della Russia, che in quel periodo era la temibile Unione Sovietica. E pensare che quel territorio venne ceduto per 7 milioni e duecento mila dollari (pari a 144 milioni attuali) dall’impero zarista agli Stati Uniti nel 1867, durante la presidenza del dimenticabile Andrew Johnson, inadeguato successore del repubblicano Abraham Lincoln.

Una cifra irrisoria che però all’epoca sgravò San Pietroburgo da un grosso fastidio e per i primi quarant’anni non diede particolari vantaggi agli Stati Uniti che ancora non controllavano pienamente il proprio territorio. Nemmeno l’esercito giapponese, sbarcato nel territorio delle isole Aleutine nel 1942, ne trasse vantaggio per una potenziale invasione. Adesso però è uno Stato cruciale per le sue ingenti risorse energetiche e per la sua posizione fondamentale per contenere la presenza russa nell’Artico.

Adesso è uno Stato che ha grandi bisogni di rinnovo infrastrutturale, dato che la rete autostradale è ridotta ai minimi, con soli 1700 km di autostrade e un gran bisogno soprattutto di consolidare i ponti, sia autostradali che ferroviari. Anche le rotaie in realtà sono poca cosa, soltanto 756 km di cui 280 sono dedicati a una linea panoramica che viene usata per scopi turistici. Quindi, non troppo sorprendentemente, hanno ricevuto una bella fetta di finanziamento federale, grazie anche al voto dei due senatori repubblicani Lisa Murkowski e Dan Sullivan alla legge sulle Infrastrutture approvata lo scorso anno: 3,5 miliardi di finanziamento federale per mantenere e costruire nuove autostrade. Un finanziamento minore, ma non meno rilevante, è quello che riguarda le vie d’acqua: 180 milioni di dollari sono stati garantiti per garantire un sistema di trasporto via nave alle comunità native che vivono in territori non raggiunti dalle strade. Anche 73 milioni vengono dedicati all’acquisto di nuovi traghetti e alla costruzione di nuovi terminal. Per ridurre al minimo le difficoltà di muoversi in quello che viene definito lo stato dell'”Ultima Frontiera”.

L’unicità del The Last Frontier State

L’Alaska però è anche un laboratorio politico interessante, dopo decenni di dominio repubblicano d’establishment. Per quasi cinquant’anni è stato il collegio (sì, tutto lo stato elegge solo un deputato al Congresso di Washington) di Don Young, decano della Camera dei rappresentanti, così come per 36 anni ha garantito la rielezione a Ted Stevens, altra istituzione vivente del Senato. All’inizio degli anni 2000 lo stato ha fatto nascere la stella politica di Sarah Palin, incredibilmente ascesa prima alla carica di governatrice e poi candidata alla vicepresidenza con John McCain nel 2008: per una parte della destra del partito repubblicano, che allora si riconosceva nel movimento del Tea Party, era lei la guerriera che stavano cercando. La grande combattente delle guerre culturali contro il dominio che i progressisti esercitavano nei media e nella cultura. Risultato: l’abbiamo ritrovata negli scorsi anni a cantare travestita da orso in un talent televisivo ed è finita agli onori delle cronache per essersi fatta multare in un ristorante di New York durante le restrizioni pandemiche.

Quest’estate è tornata in politica per sfidare una democratica molto particolare, la giudice Mary Peltola, restia a sposare gli eccessi dei progressisti di Washington e ansiosa invece di conciliare le opposte esigenze della difesa dell’ambiente con la salvaguardia dei posti di lavoro. Dato che l’Alaska ha votato democratico alle presidenziali solo una volta e alla Camera lo ha fatto l’ultima volta nel 1970, sembrava una passeggiata per Palin, dato che il suo brand di guerriera culturale, poco interessata alle proposte concrete, sembrava le potesse garantire una vittoria facile. A sorpresa invece è prevalsa Peltola. E anche i due senatori repubblicani, Murkowski e Sullivan, sono molto moderati e disposti a collaborare con la presidenza di Joe Biden. 

In conclusione, in uno stato dove l’ambiente e il clima giocano una parte così importante, c’è bisogno di soluzioni di compromesso che spezzino il soffocante bipolarismo muscolare della politica americana. E l’Alaska produce questo strano brand di centrismo che può essere indossato indifferentemente dai democratici o dai repubblicani: l’importante è che si difendano gli interessi economici dello Stato e si evitino catastrofi ambientali. Compiti per cui le ideologie e i preconcetti servono a poco.

La guerra per le rotte dell’Artico. Davide Bartoccini il 28 Dicembre 2022 su Inside Over.

Per secoli e secoli regione dell’Artico ha visto le sue acque “bloccate” dalle impenetrabili banchise di ghiaccio; relegando quelle terre lontane e inospitali a polo estremo dell’esplorazione geografica e geofisica. I suoi confini, rivendicati da Russia, Stati Uniti, Norvegia, Danimarca, Islanda e Canada, dal manifestarsi di un recente processo di scioglimento dei ghiacci – che promettono di dare accesso a enormi giacimenti di preziose riserve di idrocarburi, minerali e metalli – aprono nel presente e nel futuro prossimo una questione che si preannuncia complessa quanto delicata. Una questione che sembra già prossima a condurre le grandi potenze, che si preparano a reclamare e difendere i propri interessi economici e commerciali, di fronte a un scontro certo per il dominio delle rotte che lo attraversano. Covando il rischio di una guerra nel cuore ghiacciato nell’Artico che potrebbe diventare in breve il punto più caldo del pianeta: almeno per transito di aerei, navi da guerra, e sottomarini nucleari.

Da oltre un decennio super potenze come la Federazione Russa, la Repubblica Popolare Cinese e gli Stati Uniti d’America, sono impegnate nello sviluppo e nel varo di imponenti navi rompighiaccio – talvolta a propulsione nucleare per concedere un’autonomia pressapoco illimitata – garantendo agli armatori il vantaggio della “consuetudine” nella conquista delle rotte commerciali che  giocheranno un ruolo chiave non solo nell’economia mondiale, ma nell’equilibrio geostrategico della regione che custodirebbe un quarto delle riserve mondiali di idrocarburi ancora non sfruttate nei suoi fondali.

Tali rivendicazioni hanno già provocato le prime tensioni e nuove controversie. Aumentando la pressione su un equilibrio già labile, nonché fondamentale per frenare – ove davvero si volesse frenare senza riserve – il surriscaldamento globale in parte provocato dalle nostre emissioni.

Un polo strategico da cui passano le sorti del mondo

Tanto sono importanti le rotte del Pacifico, tanto saranno importanti, una volta disciolti i giacchi, le rotte che tagliando l’Artico consentiranno a Pechino e a Mosca, ma non meno alle potenze minori che affacciano sulla regione, di risparmiare decine di migliaia di miglia nautiche per portare a destinazione il frutto dei propri interessi.

Era dai tempi della Guerra Fredda – oggi più calda che mai, dato il lento incedere della guerra in Ucraina – che non si concentrava tanto sull’Artico e i suoi asset. Ma dove oggi si possono incontrare le solitarie navi rompighiaccio di molti Paesi – perfino quelle della Corea del Nord – nei prossimi tempi potrebbero incrociarsi navi militari a salvaguardia di quei “confini”, siano ancestrali, riconosciuti o riconoscibili, di potenze avversarie che condividono lo stesso medesimo obiettivo: garantirsi il passaggio a “nord-est” nella Northern Sea Route anche in pieno inverno. E cercare di accaparrarsi con esso le risorse energetiche.

Basti pensare che un viaggio dal Giappone all’Europa attraverso una rotta marittima trans-artica, può durare un massimo di 10 giorni rispetto agli oltre 20 giorni previsti dalla rotte che sfrutta il Canale di Suez, per non parlare degli oltre 30 giorni da considerare per la rotta che doppia Capo di Buona Speranza e risale la costa dell’Africa.

Il conflitto ucraino incide sulla geopolitica nell’Artico

Secondo molti osservatori e non è certo questa l’occasione per dar loro torto, invasione dell’Ucraina da parte della Federazione Russia e l’impennata dei prezzi nel mercato degli idrocarburi, ha accelerato sensibilmente la corsa all’Artico intrapresa dalle grandi potenze per imporre il loro predominio.

Come ricordato da Bloomberg in un recente report, le conseguenze di questa “corsa al Polo nord” sono potenzialmente disastrose per il pianeta. E sul piano ambientale, e sul piano delle tensioni internazionali che dati gli attori interessati a porre la propria bandiera sui ghiacci, potrebbero raggiungere la massima tensione dai tempi della Guerra Fredda.

La nuova corsa per l’Artico. Lorenzo Vita il 26 Dicembre 2022 su Inside Over.

In un mondo che sembra non avere più segreti per l’essere umano, l’Artico rappresenta per molti una sorta di prossimo (e forse ultimo) Eldorado che unisce l’interesse scientifico a quello più meramente economico, e dunque strategico. La regione più a nord della Terra, così remota e impossibile per larghi tratti della Storia umana, oggi non appare più un luogo misterioso né impraticabile, ma una regione che racchiude, come un enorme scrigno di terra e ghiaccio, quello che per le potenze mondiali è ancora qualcosa di fondamentale: materie prime e rotte che possono unire punti fino a oggi considerati impossibili da collegare.

Non deve sorprendere, dunque, che l’Artico, in questa spasmodica ricerca dell’essere umano verso nuove scoperte e risorse ,ma anche nella più materiale volontà di avere un vantaggio sui rivali, venga considerato uno scenario potenzialmente rivoluzionario, palcoscenico selvaggio dove declinare la propria lotta. Le condizioni che si stanno creando sotto il piano ambientale e quello scientifico rendono più semplici l’esplorazione e lo sfruttamento sia sotto il profilo delle risorse che di quelle rotte. Mentre la rinnovata contesa internazionale tra Stati vede nell’Artico convivere e confliggere gli interessi delle tre maggiori potenze mondiali: Cina, Russia e Stati Uniti.

Le mire della Cina

Pechino cerca nel Polo Nord non soltanto la possibilità di sfruttare risorse inesplorate ma anche possibili nuove rotte che rappresentino una via d’uscita dall’utilizzo dalla “prigione” della via della seta: unico percorso attualmente disponibile via mare per raggiungere i ricchi mercati dell’Europa. Su questo tema, alcuni analisti storcono il naso: le rotte polari appaiono ancora come qualcosa di difficile concretizzazione e probabilmente anche troppo dispendiose, per tecnologie e spostamenti, rispetto a quelle più note che solcano Suez o circumnavigano l’Africa.

Ma sappiamo che la Cina, con le sue supercontainer e le sue indubbie capacità tecnologiche, non è una potenza che si ferma davanti a certi ostacoli. Il riscaldamento climatico, se continua con gli attuali ritmi, potrebbe in effetti sostenere questo sviluppo delle nuove rotte – oggi disponibili in pochissimi periodi dell’anno. E di certo il passaggio a nord-est, con la sua attuale “quiete” geopolitica e con la Russia a garantirne il tratto asiatico, può essere una rotta molto meno complicata di quella che passa per Malacca, Aden, Bab el Mandeb e Suez.

Le risorse in mano alla Russia

Se per Pechino l’Artico è una via, per la Russia esso rappresenta quel vasto mondo ghiacciato che per secoli è stato uno dei grandi ostacoli strategici allo sviluppo del Paese. Una massa d’acqua immensa, completamente sotto il controllo dei russi, ricca, ma inadatta alla vita e allo sfruttamento. Un tesoro sommerso dal ghiaccio che ha costretto zar, capi di partito e lo stesso Vladimir Putin, a “dimenticare” quel mare ma soprattutto a cercare lo sbocco altrove. Un incubo che ha sostanzialmente creato la dottrina russa e che ha incardinato le scelte della Terza Roma per secoli, fino ai giorni nostri.

E che se l’Artico fosse stato navigabile probabilmente sarebbe stato visto con minore interesse. Oggi, con le condizioni viste in precedenza, il grande nord rischia di non essere più quel muro di ghiaccio, gelo e acqua che ha chiuso la Russia. Ma la Federazione, costituendo il Paese che per migliaia di chilometri “possiede” quella regione, sa anche che deve proteggerlo da potenziali nemici. E lo fa partendo dall’idea che in larga parte risorse e rotte siano “sue”.

Il ruolo strategico per gli Usa

Dall’altro del mondo, il blocco occidentale, ha da tempo l’Artico sotto osservazione. Washington esplora da sempre le rotte del nord, con sottomarini e navi da ricerca che hanno spesso scandagliato e navigato quelle acque e egli abissi fino a raggiungere il Polo. Dai tempi della Guerra Fredda, l’Alto Nord è stato considerato un confine tra il blocco occidentale e quello sovietico, e può esserlo ancora oggi, specialmente con la rinascita militare della Russia e le mire polari della Cina. Gli Stati Uniti, sia attraverso gli alleati della Nato, sia attraverso una propria e autonoma strategia, vedono nell’Artico lo scenario di una nuova competizione globale per risorse e rotte.

E non è un caso che gli ultimi documenti strategici atlantici considerino quella regione un elemento sempre più importante, non solo da mantenere libero per la navigazione ma anche intatto sotto il profilo militare e politico nella sua parte terrestre, escludendolo dall’interesse russo e in parte asiatico. L’allargamento della Nato a Finlandia e Svezia rientra in parte anche in questo scopo: avere sotto la propria influenza e sotto l’ombrello militare e politico l’intera Scandinavia rafforza la posizione dell’Occidente in quella vasta regione settentrionale del mondo.

Per gli equilibri ambientali, climatici e quindi non solo della regione ma dell’intero ecosistema mondiale, questa corsa all’Artico racchiude inevitabilmente sfide complesse e non prive di enormi pericoli. Organizzazioni internazionali, grandi istituti di ricerca, governi coinvolti nell’area, il Consiglio Artico (unico organismo internazionale a riunire Paesi occidentali e Russia per la salvaguardia del grande Nord) continuano a lanciare allarmi: ogni sfruttamento rischia di generare un cambiamento radicale, immutabile e dannoso per l’intero pianeta. Ma la competizione strategica rischia di coprire il tutto con interessi che molto poco hanno a che vedere con la tutela di un ambiente fragile e fondamentale per l’uomo, e che spesso racchiudono l’obiettivo di evitare che una potenza prevalga sull’altra in una regione che può davvero cambiare, in un futuro non così lontano, gli equilibri geopolitici. Ma anche quelli della stessa vita sulla Terra.

La “Cortina di Ghiaccio”: la rete delle basi russe nell’Artico. Andrea Muratore il 27 Dicembre 2022 su Inside Over.  

La Russia si sta blindando nell’Artico per mettere in campo una catena di basi capaci di garantire a Mosca, potenza poco avvezza alla grande strategia marittima, ciò che nel resto del mondo a nessuno Stato è concesso: controllare un grande spazio marittimo sottraendolo alla sostanziale piena disponibilità degli Stati Uniti. E plasmando, di converso, un ritorno in forze nell’Artico, militare questa volta, dopo la grande corsa al Nord dell’epoca sovietica sulla scia di gas, petrolio e altri asset.

L’immenso Artico russo è strategico

La zona artica terrestre della Federazione Russa, presa singolarmente, sarebbe la settima nazione al mondo per estensione. Grande come India e Messico messe assieme, il territorio russo oltre il Circolo polare artico si estende per 5 milioni di chilometri quadrati e il suo profilo costiero è lungo quasi 25mila km. Cinque mari formano l’Oceano Artico russo dai confini con la Norvegia fino allo Stretto di Bering che lo separa dal Pacifico: Mare di Barents, del Mare di Kara, del Mare di Laptev, del Mare della Siberia orientale e del Mare di Chukchi.

L’Swp, istituto tedesco di affari internazionali e securitari, ricorda che “il 90% dell’attuale produzione russa di gas e il 60% della sua produzione di petrolio avvengono nell’Artico, che ha anche il 60% delle riserve di gas e petrolio della Russia”. E in sostanza “l’Artico consente alla Russia di perseguire una serie di obiettivi significativi”. Dell’economia si è detto. Il controllo sull’Artico, inoltre, in campo geopolitico “sostiene lo status del paese come grande potenza; economicamente”. Inoltre, in campo militare, “l’Artico e il subartico formano un bastione strategico per la deterrenza e la difesa”.

Da Kola, penisola al confine con la Finlandia, alle Isole Diomede, al fianco dell’Alaska, dove Usa e Russia distano pochi chilometri di mare, l’Artico russo si snoda per migliaia di chilometri e incontra centri decisivi; città come Murmansk e Arcangelo, dove arrivavano gli aiuti alleati all’Urss durante la Seconda guerra mondiale, sono assieme a isole come Novaya Zemlya, dove fu testata la più potente bomba termonucleare di sempre sessant’anni fa i simboli di una continuità col passato che oggi la Russia vuole rilanciare per blindare l’Artico. Una mosse che ha l’obbiettivo di interdire a ogni potenza rivale la navigazione nella Rotta Marittima Settentrionale aperta nell’oceano ghiacciato oltre il Circolo Polare.

La Cortina di Ghiaccio

Al contrario dell’Antartide, continente circondato da oceani, l’Artico è un grande mare circondato da terre. Ed è per il controllo delle rotte di accesso a quella che per gli Usa è la Northern Sea Route e per i cinesi la Via della Seta Polare che Mosca ha costruito quella che il Centre for Strategic and International Studies ha definito nel 2021 come “Cortina di Ghiaccio”. La rete, cioè, di installazioni militari, basi, strutture volta a rendere il più impermeabile possibile alle ingerenze esterne il Grande Nord di Mosca.

Il Csis nota che dal 2007 il governo di Vladimir Putin ha provveduto alla “riapertura di 50 postazioni militari dell’era sovietica precedentemente chiuse. Ciò include la ristrutturazione di 13 basi aeree, 10 stazioni radar, 20 avamposti di frontiera e 10 stazioni di soccorso di emergenza integrate. Alle unità delle forze speciali russe fa anche parte una brigata artica le cui truppe sono state schierate nella regione per esercitazioni e addestramento”. Nell’Artico dove fu testata la “Bomba Zar” sono oggi organizzati i lanci di missili da crociera ipersonici che secondo il Washington Examiner potrebbero avere nella regione la loro migliore via di avvicinamento agli States e sono testati droni sottomarini a propulsione nucleare.

Radar, caccia, missili: le forze di interdizione

In caso di conflitto con i Paesi Nato le strutture della “Cortina di Ghiaccio” si attiverebbero con forza. Negli ultimi anni lungo la penisola di Kola e il distretto di Nenets, e fino all’isola di Novaya Zemlya, vicino ai confini con la Norvegia, è stata sviluppata la rete di osservazione di cinque basi radar Rezonans-N con capacità di rilevare caccia stealth fino a 600 km di distanza, in grado di intercettare anche eventuali F-35 in decollo dalla Norvegia o, in futuro, dalla Finlandia. I radar russi sono progettati con rivestimenti antigelo tali da farli sopravvivere in operatività anche di fronte alle temperature glaciali del Grande Nord.

Il governo russo ha anche potenziato la capacità di deterrenza aerea diretta. Le basi aeree di Nagurskoye, vicino alle Svalbard e a metà strada tra Siberia e Groelandia, e Temp, che è a mezza via tra Arcangelo e l’Alaska, sono attrezzate per poter ricevere tutto l’anno cacciabombardieri Mig-31 operativi in continuità alla base di Rogachevo, su Novaya Zemlya, la maggiore isola dell’Artico russo. Spazio anche ai sistemi missilistici S-400 nella base aerea di Tiksi nella Russia centro-orientale. 

Sottomarini e rompighiaccio “riscaldano” il Grande Nord

C’è poi la questione delle forze marittime. I battelli della classe Sierra II, uno dei sottomarini d’attacco rapido più efficaci a disposizione della Russia, sono schierati nelle basi diffuse sui 25mila chilometri di coste tra cui spiccano Severomorsk-1 (Penisola di Kola) e Vidayevo. Dai classe Borel ai Kilo, dagli Oscar ai Victor, un’ampia gamma di battelli completa la disposizione: sottomarini d’attacco nucleari, sottomarini tradizionali e lancia-missili balistici consentono alla Russia di militarizzare gli abissi a piena forza. Dalle fregate classe Gorshkov ai cacciatorpediniere classe Ulyanov, molte unità sono state distaccate per operare nel Mediterraneo dopo lo scoppio della guerra in Ucraina.

Ma la flotta è pienamente capace di operare e vanta, ricorda il Csis, un asset decisivo: la più grande flotta al mondo di rompighiaccio, forte di 40 vascelli: “I rompighiaccio svolgono un ruolo cruciale non solo nel proteggere la costa russa, ma anche nel promuovere e osservare il commercio marittimo attraverso la rotta marittima artica”, che secondo il libro bianco russo per l’Artico rappresentano un obiettivo duale e convergente per assicurare il dominio nella regione. E proprio “la flotta rompighiaccio incarna la dualità della presenza militare della Russia, liberando il passaggio per navi militari e commerciali e fungendo da piattaforma scientifica mobile quando necessario. Alcuni rompighiaccio russi sono anche armati con missili da crociera Kalibr e sistemi di guerra elettronica”.

Nell’Artico non si dominerà il mondo né si metteranno in campo scenari decisivi in caso di una guerra. Ma poter decidere chi passerà e chi no nell’Oceano che si preannuncia essere, per cambiamenti climatici e apertura delle rotte del futuro, un teatro in divenire per i commerci e la competizione geopolitica alzerebbe indubbiamente il prestigio della Russia. Aprendo lo spazio per una territorializzazione di fatto degli spazi oceanici con un mix di penetrazione economica e controllo militare e fornendo istruzioni a chi (un esempio su tutti: la Cina nel Mar Cinese Meridionale) potrebbe replicare in teatri più caldi lo stesso approccio. E la prospettiva dell’emulazione è la più complessa quando si analizzano gli scenari geopolitici del Grande Nord. Importanti anche come monito per altri fronti di competizione tra le potenze.

Come sarebbe un conflitto nell’Artico. Paolo Mauri il 28 Dicembre 2022 su Inside Over.

L’Artico ribolle, e non per questioni legate al cambiamento climatico sebbene questo abbia una parte non secondaria in quanto sta accadendo alle più alte latitudini del globo.

Proprio la minore presenza dei ghiacci perenni sui mari a ridosso del Circolo Polare ha innescato un meccanismo per il quale i Paesi che vi si affacciano – e non solo – stanno guardando con maggiore interesse alla possibilità di sfruttare le risorse minerarie ivi presenti e alle possibilità date dall’apertura di nuove linee di comunicazione marittima, che porta con sé la costruzione di nuove infrastrutture e quindi la necessità di difenderle.

La difesa dei confini artici però non è l’unico punto nelle agende di quelle nazioni che condividono confini marittimi e terrestri in quella regione inospitale: meno ghiaccio sui mari, o comunque meno spesso, significa poter avere proiezione lungo una direttrice (quella diretta e passante per il Polo Nord) sino ad ora preclusa. Meno ghiaccio, come accennato, significa anche apertura di nuove rivendicazioni territoriali: la Russia, da tempo, ha in essere un contenzioso con gli altri Paesi artici riguardante la definizione della sovranità su un’ampia porzione di Mar Glaciale Artico, che Mosca vorrebbe far rientrare nella propria Zona di Esclusività Economica “allargata” stante la grandezza dello zoccolo continentale e altri limiti geologici dati dalle dorsali oceaniche, per poter sfruttarne le ricchezze minerarie, date non solo dagli idrocarburi ma anche, ad esempio, da depositi di manganese e ferro che si trovano sui fondali nella forma di noduli.

Un Artico che, quindi, si sta progressivamente militarizzando, con evidenti disparità tra quanto sta facendo la Russia, che ha varato una politica più incisiva fatta di nuove installazioni militari, ristrutturazione di quelle ereditate dal periodo sovietico e soprattutto la programmazione della costruzione di nuovi rompighiaccio – che facilmente sarebbero dual use, e quanto stanno facendo Stati Uniti e alleati, che risultano essere più indietro sebbene dispongano, potenzialmente, di capacità di proiezione militare maggiori rispetto a quelle russe.

Un conflitto per le isole

Come e dove sarebbe, quindi, un ipotetico conflitto per il controllo dell’Artico?

A giocare una parte fondamentale sarebbero le isole e gli stretti, pertanto si tratterebbe, sostanzialmente, di un conflitto di tipo aeronavale con importanti operazioni anfibie. L’Artico è contornato da arcipelaghi e grosse isole che giocano un ruolo cruciale per il controllo dello spazio aero-marittimo: Groenlandia, Svalbard, Jan Mayen, Terra di Francesco Giuseppe, Nuova Zemlja e Severnaja Zemlja senza considerare il vasto arcipelago canadese sono tutti punti di partenza per operazioni militari, e potenzialmente obiettivi.

Lo Stretto di Bering e gli accessi al Mare di Barents sarebbero, inoltre, teatro di confronto aeronavale in quanto passaggi obbligati cruciali per il traffico marittimo e quindi per la sicurezza delle linee di rifornimento. In particolare il ben noto Giuk Gap, tornerebbe – anzi, è già tornato – a essere fondamentale: i bracci marittimi che separano Groenlandia, Islanda e Regno Unito (da cui l’acronimo Giuk) sono infatti tornati a essere costantemente pattugliati dallo strumento aeronavale della Nato in quanto la Russia, da tempo – almeno dal 2008 quando ha ricominciato le crociere dei suoi pattugliatori marittimi e bombardieri – ha ricominciato a proiettarsi verso l’Oceano Atlantico.

A fine ottobre del 2019, ad esempio, non meno di 10 sottomarini della Voenno-Morskoj Flot, la marina russa, hanno attraversato più o meno contemporaneamente quei passaggi per dirigersi in Atlantico in una mossa che, per entità, non si assisteva dai tempi della Guerra Fredda.

Tornando a un ipotetico conflitto, il primo colpo sarebbe quasi sicuramente sferrato nelle profondità marine tranciando i cavi di comunicazione avversari in modo da rendere difficoltosi i collegamenti con gli avamposti nelle isole.

Ovviamente il campo di battaglia vero e proprio sarebbe diverso a seconda dell’attore che si rende protagonista assumendo l’iniziativa. Ipotizzando un attacco russo, molto probabilmente Mosca cercherebbe di assumere il controllo delle Svalbard a occidente e dell’isola di San Lorenzo e di San Matteo nel Mare di Bering a oriente.

Il controllo di questi territori assicurerebbe la sorveglianza sulla rotta artica e, grazie alle Svalbard, la possibilità di allungare il proprio braccio nel Mar Glaciale Artico instaurando una nuova zona Anti Acess / Area Denial con la possibilità di farne anche una base di partenza per colpire gli insediamenti alleati in Groenlandia e in Islanda.

Le condizioni ambientali, come detto, sono proibitive pertanto le operazioni verrebbero effettuate durante il periodo di contrazione del pack e approfittando della superiorità nel numero dei rompighiaccio, che diventano fondamentali per assicurare i rifornimenti.

La componente aerea sarebbe essenziale per il buon esito delle operazioni, e la Russia ha dimostrato di voler guardare al fronte artico più attentamente da questo punto di vista: rischieramenti di bombardieri strategici hanno cominciato a vedersi nella penisola di Kola, oltre a diverse missioni addestrative condotte nei cieli artici, a cui si aggiunge la presenza, per il momento saltuaria, di caccia MiG-31 in basi a ridosso e oltre il Circolo Polare, per testarne le doti in clima artico. Questo caccia, nella versione K, è in grado di lanciare il missile balistico ipersonico Kh-47M2 che è un'arma adatta per effettuare attacchi di alta precisione in profondità, sfruttando l'autonomia del velivolo lanciatore.

Come detto il conflitto sarebbe principalmente aeronavale: la flotta russa verrebbe mobilitata in tutte le sue componenti – di superficie, aerea e subacquea – per garantire la protezione dei convogli e delle operazioni di sbarco anfibio in un ambiente che conosce bene e che rappresenta, sin dai tempi della Guerra Fredda, il “bastione” da cui operano i suoi sottomarini lanciamissili balistici a propulsione nucleare.

Non è da escludere la possibilità di un'azione terrestre verso i porti e le basi nel nord della Norvegia violando la “neutralità” - che ormai non è quasi più tale – di Finlandia e Svezia per allargare la fascia di sicurezza delle proprie linee di comunicazione verso le isole, ma più plausibile sarebbe un pesante attacco missilistico nelle prime ore dell'attacco per mettere fuori uso le infrastrutture e i comandi.

Il contrattacco dell'Alleanza

La risposta della Nato sarebbe innanzitutto rivolta a interrompere i tentativi di sbarco e interdire le linee di navigazione (marittime e aeree) utilizzando lo strumento navale e aereo partendo dalle basi su cui può contare in Norvegia, Regno Unito, Islanda (Keflavik) e Groenlandia (Thule). Sicuramente verrebbero impiegati i gruppi di portaerei statunitensi e britannici e molto probabilmente, come attività preventiva, forze sarebbero dispiegate in Islanda, Norvegia e Groenlandia per fornire un deterrente contro possibili ulteriori invasioni.

Dall'Alaska e dagli avamposti nelle Aleutine partirebbe l'attività di contrasto agli sbarchi russi nel Mare di Bering, in particolare l'hub di riferimento sarebbe la base aerea di Elmendorf (nei pressi di Anchorage). Anche in questo fronte l'U.S. Navy sarebbe in prima linea coi suoi gruppi navali. Probabilmente, data la maggiore superiorità numerica e qualitativa, Nato e Usa otterrebbero facilmente la superiorità aerea rendendo molto difficile la sopravvivenza dei contingenti da sbarco russi e l'attività navale, anche se Mosca dovesse scegliere di concentrarsi su uno solo degli obiettivi individuati in precedenza.

Consolidata questa superiorità l'Alleanza procederebbe alla riconquista delle isole occupate con uno sbarco anfibio massiccio che verrebbe contrastato principalmente dall'aviazione russa e dalla componente sottomarina, riservando alle unità di superficie l'attività di interdizione a lungo raggio utilizzando missili da crociera antinave, che Mosca ha montato anche su unità minori come da prassi russa. La Nato, che non ha mai abbandonato l'addestramento in climi freddi, recentemente ha mostrato di aver aumentato questo sforzo addestrativo organizzando esercitazioni in Norvegia ma soprattutto in Islanda, dove si è vista anche la partecipazione di distaccamenti di Marines in assetto da sbarco, ovvero supportati da unità tipo Lhd (Landing Helicopter Dock), durante Trident Juncture 2018. Guardando a una carta geografica, infatti, l'Islanda – più della Norvegia a causa della sua vicinanza al confine russo – rappresenterebbe il fulcro delle operazioni Nato oltre il Circolo Polare, e infatti le manovre che si effettuano nell'isola riguardano principalmente la difesa delle linee marittime intorno ad essa.

Uno scenario comunque lontano

Da questa trattazione è stata volutamente esclusa l'attività nell'area del Baltico, che molto probabilmente avrebbe luogo in concomitanza con un assalto nell'Artico, perché esula dai fini della nostra trattazione e non è stata considerata la partecipazione di Finlandia e Svezia, in quanto nel momento in cui scriviamo non sono ancora formalmente entrate nell'Alleanza Atlantica.

Questo scenario che abbiamo dipinto è, ovviamente, del tutto ipotetico: riteniamo che la Russia, in questo momento e per alcuni anni a venire, non abbia la capacità di mettere in atto un'azione simile per via dell'erosione della sua capacità bellica nel conflitto in Ucraina. Capacità che, riteniamo, debba essere fortemente ridimensionata stante il corso degli eventi in quel teatro.

La Svastica sull’Antartide. Emanuel Pietrobon il 4 Dicembre 2022 su Inside Over. 

È dal XIX secolo che l’Antartide, il continente ghiacciato, è un’importante arena di confronto tra le grandi potenze. Oggi è una delle tante terre in cui vanno germogliando i semi della Terza guerra mondiale a pezzi, tra militarizzazione sottotraccia e giochi di spie. Ieri ospitò l’altro paragrafo glaciale della Guerra fredda. E l’altroieri, cioè durante la Seconda guerra mondiale, fu un obiettivo della Germania nazista.

Il mito della Nuova Svevia

La storia dell’ossessione antartica della Germania non inizia con Adolf Hitler, ma con Guglielmo II. La weltpolitik imponeva ai tedeschi di piantare ovunque la loro bandiera, dai Caraibi all’Oceania, perciò una prima spedizione antartica, guidata dal comandante Erich von Drygalski, fu organizzata fra il 1901 e il 1903. Poi, cause la Grande guerra e il successivo decennio nero, l’oblìo.

I tedeschi avrebbero dovuto attendere l’arrivo di Hitler per rimettere piede nel continente bianco. Berlino era alla ricerca di postazioni per la caccia alla balena, essendo il suo prezioso olio richiesto dall’industria nazionale, e l’Antartide sembrava il luogo perfetto in cui edificarne una. Anche perché, se fruttuosa, la spedizione avrebbe potuto soddisfare due obiettivi: uno economico, cioè la riduzione delle importazioni di olio di balena dalla Norvegia, e uno militare, ossia il possesso di una testa di ponte utile in caso di guerra.

La storia dimenticata dell’assalto nazista al Sudafrica

Nel dicembre 1938, nella più totale segretezza, il veterano della Marina tedesca Alfred Ritscher lasciò il porto di Amburgo alla volta dell’Antartide. Ritscher e l’equipaggio arrivarono nella costa della principessa Marta, parte di una più ampia regione che di lì a poco avrebbe reclamato la Norvegia – la terra della regina Maud –, poco più di un mese dopo.

Ritscher battezzò quella porzione di Antartide la Nuova Svevia, un omaggio alla nave catapulta sulla quale avevano viaggiato – la MS Schwabenland –, stabilendovi una base ed esplorandola da cima a fondo. Bandiere della Germania nazista furono piantate lungo la costa e colonne con in cima la svastica nell’entroterra.

A missione finita, nell’aprile dello stesso anno, Ritscher rincasò con più di diecimila fotografie aeree della Nuova Svevia e regioni adiacenti, equivalenti ad una mappatura territoriale dall’alto di circa 350mila chilometri quadrati di Antartide, e con dei rapporti oceanografici sui mari del polo sud e sull’Atlantico meridionale.

La Norvegia, venuta a conoscenza della spedizione nazista attraverso dei cacciatori di balene che avevano visto la nave catapulta in rotta verso il continente bianco, avrebbe reagito all’affronto estendendo le proprie rivendicazioni dalla costa della principessa Marta all’intera area mappata da Ritscher, chiamandola terra della regina Maud, ponendo fine alle ambizioni glaciali del Terzo Reich. O forse no.

Alla ricerca dei nazisti tra i ghiacci

Agosto 1946, la seconda guerra mondiale è finita da un anno quando un’imponente forza viene spostata dagli Stati Uniti al continente bianco. Una forza composta da 4.700 soldati, 33 aerei e 13 navi. Obiettivo dichiarato del dispiegamento, rispondente al nome di operazione Highjump, è la preparazione delle forze armate all’azione nei climi estremi. Passo necessario e propedeutico all’ingresso degli Stati Uniti in Antartide.

Ma Highjump potrebbe essere stata molto più di un’esercitazione avanzata. Highjump potrebbe aver perseguito, secondo letture controcorrente – e non per forza prive di senso –, anche un fine occulto: la ricerca di presunte installazioni naziste.

Gli Stati Uniti erano a conoscenza della grande trasmigrazione nazista verso le Americhe Latine e, seguendo le indiscrezioni ruotanti attorno la rete Odessa, si era fatta strada la convinzione, mai esplicitata, che da qualche parte tra il cono sud e l’Antartide i superstiti del Terzo Reich si stessero riorganizzando per un futuro colpo di mano.

Quando i nazisti tentarono l’assalto all’America Latina

Prove di attività naziste nel continente bianco non erano presenti. Dopo la spedizione di Ritscher, invero, Berlino avrebbe ufficialmente annullato le successive missioni in programma – almeno due – a causa dello scoppio del conflitto. Versione contestata dai pettegolezzi provenienti dall’Argentina, dove si parlava di basi sotterranee naziste nei pressi della penisola antartica, che il sensazionale approdo degli U-Boat 530 e 977 a Mar del Plata, sul finire della guerra, avrebbe contribuito in maniera determinante a investire di veridicità.

Gli Stati Uniti dovevano sapere se i superstiti del Terzo Reich avessero effettivamente costruito la vociferata Nuova Berlino nel continente bianco. E Highjump, secondo il filone cospirazionistico, avrebbe servito il proposito di scoprirla per distruggerla. Una teoria affascinante, ma che tale resterà fino a quando non emergeranno prove a suo supporto. Se mai emergeranno.

Il grande gioco per l’Antartide. Emanuel Pietrobon il 4 Dicembre 2022 su Inside Over.  

La fame di egemonia delle grandi potenze non conosce limiti. Esse ambiscono al dominio di qualsiasi terra sulla quale posino lo sguardo o sulla quale camminino. È nel loro dna. Un determinismo genetico che può essere solo inibito, ma non estinto. È così da sempre. E sempre sarà.

Grandi potenze, la loro diplomazia parla la lingua delle cannoniere, dei preti e dei commercianti. Tra loro è grande gioco, torneo delle ombre, ovunque si trovino risorse in abbondanza. Perciò ogni epoca, sebbene in modo diverso, è stata testimone di competizioni egemoniche, corse coloniali e guerre di conquista nei polmoni del pianeta – Latinoamerica e Africa centrale – e nel suo cuore – Asia centrale.

Il cambiamento climatico e il progresso tecnologico hanno poco alla volta portato le grandi potenze a combattersi per le, e alle, estremità del pianeta: i due poli. Ma, mentre della corsa all’Artico è dato sapere di più, sul grande gioco per l’Antartide si scrive di meno. Anche se, numeri e fatti alla mano, ciò che sta accadendo nel continente ghiacciato è tutto fuorché irrilevante e trascurabile.

Tutti pazzi per l’Antartide

Antartide, l’anti-Artide, è da quando Fabian Gottlieb von Bellingshausen ne scoprì l’esistenza, nel lontano 1820, che le grandi potenze avanzano rivendicazioni su di essa. Il diritto internazionale la scherma dalle attività militari e commerciali – sulla base del Trattato del 1959 –, ma se la storia insegna qualcosa è che nulla è perpetuo. E, difatti, cambiamento climatico e competizione tra grandi potenze stanno lentamente portando il continente bianco al centro dell’attenzione di vecchi e nuovi attori.

Nel sottosuolo antartico giacciono quantità indefinite di risorse naturali dal valore strategico, in particolare terre rare, oro, rame, uranio, petrolio e gas naturale. Estrarre questo tesoro non è possibile in ragione del Trattato del 1959, che del continente vuole preservare anche il fragile ecosistema, ma le necessità dell’economia globale e la sfrontatezza di alcuni giocatori sono suscettibili di alterare lo status quo. La Russia, ad esempio, sta investendo nella mappatura del sottosuolo e dei fondali, delle cui ricchezze elabora stime generose da dare in pasto al pubblico, con l’obiettivo implicito di stuzzicare l’appetito delle influenti lobby degli idrocarburi.

Risorse naturali a parte, l’Antartide è un magnete per le potenze di ogni taglia per via della situazione sui generis che la caratterizza. Perché è, nonostante le rivendicazioni territoriali di sette stati – la sola Australia vorrebbe per se stessa il 42% dell’intero continente –, una terra di nessuno. Vuoto di sovranità conclamata che la rende aperta alla contesa e nel quale si è inserita con vigore la Repubblica Popolare Cinese, che sull’Isola Inexpressible sta costruendo la sua quinta base.

Tensioni lungo la Buenos Aires-McMurdo

L’Argentina è la terza nazione più attiva in Antartide in termini di stazioni di ricerca – ben sedici – ed è anche, per ragioni geografiche, naturalmente votata a incidere sulle geografie del potere dell’Atlantico meridionale. Due fattori che potrebbero renderla, in futuro, un attore-chiave all’interno del grande gioco antartico.

Chi controlla l’Atlantico meridionale è proiettato sull’Antartide, perciò il Regno Unito custodisce e continuerà a custodire con gelosia la sovranità sulle Falkland/Malvine. E perciò la Cina, facendo leva sul rancore argentino per l’esito della guerra delle Falkland, sta corteggiando la classe dirigente biancoazzurra e investendo massicciamente tra Patagonia e Terra del fuoco allo scopo di minare l’egemonia regionale britannica – e, dunque, statunitense.

Parlare di asse sino-argentino è precoce, sebbene negli Stati Uniti si parli già di “ArgenCina“, ma ritenerne improbabile la materializzazione e sottovalutarne le potenziali implicazioni è altrettanto sbagliato. Pechino gestisce una stazione radiospaziale in Patagonia dal 2012 – che, di concerto con le basi antartiche, è potenzialmente in grado di permettere intelligence dei segnali a lungo raggio – e starebbe trattando per l’apertura di un porto nella Terra del fuoco, balcone sul continente bianco.

Il surriscaldamento del teatro argentino è la prova del fatto che la grande partita per l’Antartide non si giocherà soltanto sui ghiacci, ma anche nei loro dintorni. Ragion per cui è lecito attendersi scossoni lungo la Buenos Aires-McMurdo e un giorno, forse, la riapertura della questione Falkland/Malvine.

Ucraina Russia, le notizie sulla guerra di lunedì 26 dicembre. Marta Serafini inviata a Kiev e Redazione Online su Il Corriere della Sera il 26 Dicembre 2022.

Le notizie di lunedì 26 dicembre. Natale sotto le bombe in decine di città ucraine. Un drone di Kiev contro una base in Russia provoca tre morti. Papa: pace per un Paese martoriato. Putin non intende fare gli auguri a Biden

• La guerra in Ucraina è arrivata al 305esimo giorno.

• Secondo Erdongan l’Occidente provoca e non cerca una mediazione.

• Strage a Kherson la vigilia di Natale: 16 civili morti.

• Putin: «Noi pronti a negoziare, loro no». Kiev: «È falso».

• Bucha, i volti e i nomi delle vittime: le loro ultime ore.

Ore 04:01 - Missili russi piovono sulle città ucraine mentre Putin si dice aperto ai negoziati

Le forze russe hanno bombardato decine di città in Ucraina il giorno di Natale, mentre il presidente russo Vladimir Putin si è detto aperto ai negoziati, una presa di posizione Washington ha respinto come «una posa» a causa dei continui attacchi di Mosca. La Russia domenica ha lanciato più di 10 attacchi missilistici contro il Distretto di Kupiansk nella regione di Kharkiv, bombardato più di 25 città lungo la linea del fronte Kupiansk-Lyman e in Zaporizhzhia ha colpito quasi 20 città. È quanto ha dichiarato il massimo comando militare ucraino. Il ministero della Difesa russo ha dichiarato domenica di aver ucciso circa 60 militari ucraini il giorno precedente lungo la linea di contatto Kupiansk-Lyman e distrutto numerosi pezzi dell’equipaggiamento militare ucraino.

Nonostante l’ultima offerta di negoziato di Putin, non c’è fine in vista per il conflitto in corso da 10 mesi. «Siamo pronti a negoziare con tutte le persone coinvolte a soluzioni accettabili, ma dipende da loro — non siamo noi quelli che si rifiutano di negoziare», ha detto Putin alla televisione di Stato Rossiya 1 in un’intervista trasmessa domenica. Un consigliere del presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha detto che Putin deve tornare alla realtà e riconoscere che è la Russia che non vuole colloqui di pace.

«La Russia ha attaccato l’Ucraina e ne sta uccidendo cittadini — ha twittato il consigliere Mykhailo Podolyak —. Mosca non vuole trattative, ma cerca di evitare le responsabilità». Gli attacchi russi alle centrali elettriche hanno lasciato milioni senza elettricità, e Zelensky ha detto che Mosca mira a rendere gli ultimi giorni del 2022 bui e difficili.

Ore 06:24 - Tre militari uccisi dai rottami di un drone ucraino abbattuto nella base militare russa di Saratov

Tre militari russi sono rimasti uccisi lunedì dalla caduta del relitto di un drone ucraino, abbattuto mentre stava attaccando una base nella regione di Saratov. Lo riferiscono le agenzie di stampa russe, citando il ministero della difesa. È il secondo attacco alla base questo mese. Lo riferiscono agenzie russe citando il ministero della Difesa del Paese. «Il 26 dicembre, verso l’1:35 ora di Mosca, un velivolo ucraino senza pilota è stato abbattuto a bassa quota mentre era in avvicinamento all’aeroporto militare di Engels, nella regione di Saratov», ha dichiarato il ministero della Difesa russo. «A seguito della caduta del relitto del drone, tre militari russi dello staff tecnico che erano al campo d’aviazione sono stati feriti a morte». Il ministero ha aggiunto che le attrezzature aeronautiche non sono state danneggiate.

Ore 06:36 - Kuleba, chiediamo che Mosca esca dal Consiglio di sicurezza Onu

L’Ucraina prevede di chiedere oggi l’esclusione della Russia dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, ha dichiarato ieri il ministro degli Esteri ucraino Dmytro Kuleba. «Domani dichiareremo ufficialmente la nostra posizione. Abbiamo una domanda molto semplice: la Russia ha il diritto di rimanere un membro permanente del Consiglio di sicurezza e di far parte dell’Onu?» ha detto Kuleba parlando nella tarda serata di ieri durante una maratona televisiva nazionale in occasione del Natale.

«Abbiamo una risposta convincente e ragionata: no, non lo ha», ha affermato. Il ministro degli Esteri ucraino ha ricordato che la questione del seggio permanente della Russia nel Consiglio di sicurezza dell’Onu — tenuto anche da Stati Uniti, Regno Unito, Francia e Cina — è già in discussione negli ambienti diplomatici. Affermando che la questione non è ancora stata sollevata nelle conferenze stampa e nelle dichiarazioni pubbliche dei leader statali e di governo, Kuleba ha sottolineato che «a un livello inferiore, le persone si stanno già ponendo la domanda su cosa dovrebbe diventare la Russia per non rappresentare una minaccia per la pace e la sicurezza».

Ore 07:40 - Mosca: pronti a riaprire il gasdotto Yamal per l’Europa

Mosca è pronta a riprendere le forniture attraverso il gasdotto Yamal verso la Polonia: lo ha detto il vice primo ministro russo Alexander Novak all’agenzia Tass. «Il mercato europeo rimane rilevante e abbiamo le possibilità di riprendere il flusso» ha detto Novak citando nello specifico il gasdotto Yamal. A maggio Varsavia aveva rifiutando il diktat del Cremlino di pagare in rubli e Gazprom aveva chiuso i rubinetti del Yamal. Novak ha detto che c’è la possibilità di aggiungere approvvigionamenti attraverso la Turchia e che nel 2022 la Russia ha inviato in Europa 21 milioni di metri cubi di gas naturale liquefatto.

Ore 07:56 - Mosca: per un decennio niente relazioni normali con l’Occidente

La Russia può dimenticarsi normali relazioni con l’Occidente per un decennio a venire, in attesa dell’arrivo al potere della «prossima generazione di politici ragionevoli». Lo ha affermato il vicepresidente del Consiglio di sicurezza russo, Dmitry Medvedev, sottolineando che questa «non è una scelta» di Mosca. «Svilupperemo relazioni con il resto del mondo. Fortunatamente, è vasto e ci tratta normalmente».

Ore 08:39 - Medvedev: «Inutile qualsiasi dialogo con leadership»

«Qualsiasi colloquio con l’attuale amministrazione fantoccio ucraina è diventato assolutamente inutile». Lo ha affermato il vicepresidente del Consiglio di sicurezza russo Dmitry Medvedev, denunciando il sostegno dell’Occidente a Kiev con armi, addestramento di militari e aiuti economici.

Ore 08:43 - La Bielorussia schiera missili Iskander e sistemi S-400

La Bielorussia ha schierato sistemi missilistici tattici Iskander, in grado di trasportare testate nucleari, e sistemi di difesa aerea S-400 forniti dalla Russia. Lo ha riferito un alto funzionario del ministero della Difesa di Minsk, Leonid Kasinsky, sottolineando che i militari bielorussi «hanno completato la loro formazione nei centri di addestramento congiunti delle forze armate russe e bielorusse». «Questi tipi di armi sono oggi attivi e completamente pronti a svolgere compiti per lo scopo previsto». La notizia segue la recente visita del presidente russo Vladimir Putin a Minsk lo scorso 19 dicembre, tra i timori di un allargamento del conflitto in Ucraina con l’apertura di un nuovo fronte.

Ore 08:47 - A San Pietroburgo vertice informale Csi

In calendario oggi a San Pietroburgo un vertice informale dei leader della Comunità degli Stati indipendenti, un insieme di ex repubbliche sovietiche che comprende anche Armenia, Azerbaigian, Kazakistan, Kirghizistan, Moldavia, Tagikistan e Uzbekistan. Un meeting nel quale — secondo l’agenzia di stampa bielorussa Belta — i capi di stato «analizzeranno» quanto accaduto nel 2022 e discuteranno i piani per un rafforzamento della cooperazione. Il primo ad arrivare è stato proprio il presidente bielorusso Aleksandr G. Lukashenko giunto in Russia sabato, subito dopo la visita di Vladimir Putin a Minsk.

Ore 10:00 - Un artista svizzero «illumina» Kiev

(Marta Serafini, dalla nostra inviata a Kiev) La capitale ucraina sta soffrendo per la mancanza di elettricità dovuta alla guerra scatenata dall’invasione russa. A portare un po’ di luce e colore in città ci ha provato l’artista svizzero Gerry Hofstetter, che per due giorni ha illuminato gli edifici storici e più importanti della città. Hofstetter si è mosso con una squadra di quattro persone e un proprio generatore di corrente. Il percorso del tour di illuminazione non è stato annunciato in anticipo per motivi di sicurezza. Le proiezioni di motivi natalizi e altre immagini — come ritratti di defunti e colombe della pace sulla facciata della chiesa di Sant’Andrea — sono state visibili dal tramonto fino al coprifuoco. Le immagini saranno trasmesse in diretta streaming, così da raggiungere i soldati al fronte, ma anche le case e i rifugi del resto della popolazione. Secondo Hofstetter, diventato famoso per le sue spettacolari proiezioni su luoghi iconici del pianeta come ad esempio il Cervino, l’Ambasciata svizzera a Kiev ha sostenuto il progetto occupandosi della logistica sul posto.

Ore 10:08 - Quaranta attacchi nel giorno di Natale

La Russia ha lanciato «oltre 40 attacchi missilistici» in Ucraina nel giorno di Natale. Lo hanno riferito le forze armate di Kiev, sottolineando che proprio ieri il presidente russo Vladimir Putin aveva sostenuto di essere «pronto a negoziare». Nel mirino delle truppe di Mosca decine di città nelle regioni di Lugansk, Donetsk, Kharkiv, Kherson e Zaporizhzhia, ha precisato Kie, riferendo che il suo esercito ha sparato contro una ventina di obiettivi russi.

Ore 11:19 - Intelligence Gb: i russi posano mine per difendere le loro posizioni

Le truppe russe in Ucraina da ottobre sono dedite alla posa di mine anticarro e antiuomo, per difendere le posizioni da loro conquistate nell’est e nel sud dell’Ucraina, secondo quanto scrive il ministero della Difesa di Londra nell’ultimo bollettino dei servizi di intelligence. I campi minati — si legge nel rapporto — «costituiscono un ostacolo per truppe addestrate solo quando sono difesi dal fuoco e dalla vigilanza, che al momento sembrano far difetto alle forze russe stanziate nel teatro ucraino. La posa di mine in questo caso, dunque, non sarebbe conforme alle regole di guerra dettate dai manuali russi».

Ore 11:35 - Putin non farà gli auguri a Biden. E ai leader europei?

Vladimir Putin non ha intenzione di augurare a Joe Biden un felice anno nuovo perché l’attuale livello delle relazioni tra Mosca e Washington non presuppone «un momento per gli auguri», ha detto il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov. «Non ora. Ora siamo così immersi nella reciproca ostilità che probabilmente non c’è tempo di farsi gli auguri», ha detto lunedì Peskov ai giornalisti, rispondendo a una domanda della Tass. Il portavoce del Cremlino non ha risposto a una domanda sul fatto che il leader russo possa invece fare gli auguri di buon 2023 a leader di altri Paesi ostili. «Non posso dirlo con certezza», ha affermato. Peskov ha chiarito che il servizio stampa del Cremlino, come al solito, preparerà un elenco di coloro a cui Putin farà gli auguri.

Ore 12:19 - Il Papa: «Chiediamo la pace per un popolo martoriato»

«Rinnovo il mio augurio di pace nelle famiglie, nelle comunità parrocchiali e religiose, nei movimenti e nelle associazioni. Pace per quelle popolazioni tormentate dalla guerra, pace per la cara e martoriata Ucraina». Lo ha detto il Papa questa mattina, affacciandosi dalla finestra dello studio nel Palazzo Apostolico Vaticano per recitare l’Angelus con i fedeli e i pellegrini riuniti in Piazza San Pietro, aggiungendo che nella piazza ci sono «tante bandiere dell’Ucraina». «Chiediamo la pace per questo popolo martoriato», ha continuato il Pontefice.

Ore 12:28 - Il Cremlino: colloqui Putin-Xi prima della fine dell’anno

Vladimir Putin e il presidente cinese Xi Jinping avranno un colloquio entro la fine dell’anno. Lo ha riferito l’agenzia di stampa statale russa Tass senza fornire dettagli sui tempi e sul format dei colloqui, citando il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov.

Ore 12:42 - Mosca: neutralizzati 4 sabotatori ucraini al confine

Un gruppo di quattro sabotatori ucraini è stato «eliminato» in uno scontro a fuoco al confine nella regione russa di Bryansk. Lo ha riferito il servizio di sicurezza federale russo (Fsb). «Quattro sabotatori che cercavano di entrare nella regione di Bryansk dall'Ucraina sono stati eliminati in uno scontro armato il 25 dicembre 2022», ha riferito l'Fsb, aggiungendo che i sabotatori erano armati con armi da fuoco straniere, tra cui fucili mitragliatori SIG Sauer di fabbricazione tedesca e munizioni, dispositivi di comunicazione e navigazione, nonché attrezzature per commettere atti di sabotaggio e terrorismo, inclusi quattro ordigni esplosivi improvvisati per un totale di circa 40 chili di tritolo.

Ore 13:00 - Rischia la paralisi Rogozin, oggi operato

(Marta Serafini, inviata a Kiev) — L’ex vice premier russo Dmitry Rogozin, già responsabile del programma spaziale russo, rischia la paralisi a causa di una ferita da scheggia subita durante un attacco mirato a Donetsk. Un’operazione chirurgica per rimuovere le schegge dal suo corpo dovrebbe avere luogo oggi.

Ore 13:54 - Il giornalista Christo Grozev nella lista dei ricercati dalla Russia

(Marta Serafini, inviata Kiev) Il giornalista investigativo Christo Grozev di Bellingcat, la piattaforma di giornalismo open source che ha contribuito a investigare molti crimini di guerra russi sia in Ucraina che in altre regioni, è stato inserito nella lista dei ricercati in Russia.

Ore 14:30 - Zelensky: supereremo l'inverno perché sappiamo per cosa lottiamo

Zelensky è convinto che gli ucraini «sopravvivranno a questo inverno» proprio come hanno sopportato attacchi missilistici, minacce e ricatti nucleari, perché «sanno per cosa stanno combattendo». «Abbiamo resistito all'inizio della guerra, abbiamo sopportato attacchi, minacce, ricatti nucleari, terrore, attacchi missilistici. Sopporteremo questo inverno. Perché sappiamo per cosa stiamo combattendo» ha scritto su Telegram il presidente ucraino. Aggiungendo: «Stiamo andando avanti attraverso le asperità sino alle stelle, sapendo cosa ci aspetta alla fine della strada. Crediamo che le lacrime saranno sostituite dalla gioia, la disperazione sarà seguita dalla speranza e la morte sarà sconfitta dalla vita».

Ore 14:32 - Kiev esorta i residenti di Kherson a evacuare

Le autorità hanno esortato i residenti di Kherson d evacuare a causa dell'intensificarsi dei bombardamenti russi. Lo afferma su Telegram il ministero del Reintegro dei territori temporaneamente occupati, citato da Ukrinform. «I continui bombardamenti nemici su Kherson liberata stanno diventando sempre più frequenti e su larga scala. La situazione della sicurezza è stata molto tesa negli ultimi giorni», ha sottolineato il ministero. Nell'attacco russo a Kherson del 24 dicembre sono morti 16 civili e 64 sono rimasti feriti.

Ore 14:42 - Kiev: l’attacco alla base russa? Mosca se l’è cercato

Le esplosioni alla base aerea russa di Engels, nella regione di Saratov, sono la «conseguenza delle azioni di Mosca in Ucraina». Lo ha dichiarato il portavoce dell’Aeronautica di Kiev, Yuriy Ignat, come riporta il Kyiv Independent. «Se i russi pensavano che la guerra non li avrebbe colpiti nelle retrovie, si sbagliavano».

Ore 14:54 - Kiev chiede esclusione della Russia dall'Onu

L'Ucraina ha chiesto la rimozione della Russia dalle Nazioni Unite, dove Mosca può porre il veto a qualsiasi risoluzione come membro permanente del Consiglio di sicurezza. «L'Ucraina chiede agli Stati membri delle Nazioni Unite... di privare la Federazione Russa del suo status di membro permanente del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite e di escluderla dall'Onu nel suo insieme», si legge in una nota del ministero degli Esteri.

Ore 15:15 - Zelensky a Modi: l'India contribuisca al processo di pace

Zelensky, ha avuto una conversazione telefonica con il premier indiano, Narendra Modi, al quale ha detto di «contare sulla partecipazione» del suo Paese «all'applicazione della formula di pace ucraina, annunciata al G20» di Bali. «L'ho ringraziato per il sostegno all'Onu e gli aiuti umanitari», ha scritto su Telegram lo stesso Zelensky riferendo i contenuti del colloquio. Concludendo: «Gli ho augurato una produttiva presidenza del G20».

Ore 15:36 - Kiev: le nostre truppe non lontane da Kreminna, nel Lugansk

Il capo dell'amministrazione militare regionale di Lugansk, Sergy Gaidai, ha dichiarato in un post su Telegram che battaglie sono in corso a Kreminna, con le truppe ucraine «non lontane» dalla città. Lo riporta Sky News. «Il comando militare della Federazione Russa si è già trasferito da questa città a Rubizhny», ha aggiunto, sottolineando che è segno che la Russia potrebbe prepararsi a ritirarsi. Le dichiarazioni di Gaidai confermano quanto circolato nelle scorse ore sui social media, dove alcuni messaggi suggerivano che le forze ucraine potessero essere intorno al perimetro della città.

Ore 16:12 - Putin nomina Medvedev suo vice in Commissione militare-industriale

Putin ha nominato l'ex premier Dmitry Medvedev suo vice nella Commissione militare-industriale, secondo quanto riportato nel corrispettivo decreto presidenziale. Formalmente, Medvedev assume la carica di primo vicepresidente della Commissione: potrà tenere riunioni del complesso militare-industriale per conto di Putin e ha anche il diritto di «creare consigli e gruppi di lavoro nelle aree di attività della Commissione per esaminare questioni di sua competenza e preparare proposte per la loro soluzione». Medvedev è già vicepresidente del Consiglio di sicurezza della Federazione russa, anche qui nel ruolo di vice del presidente Putin. La Commissione militare-industriale è un organo permanente che organizza e coordina le attività degli organismi esecutivi federali nell'attuazione della politica statale sulle questioni militare-industriali.

Ore 16:33 - Analista russo: «Putin curato con farmaci antitumorali occidentali»

Continuano a circolare voci sulla presunta malattia del leader russo Vladimir Putin, malgrado finora non abbiano trovato alcuna conferma. Stavolta è stato lo storico e analista politico russo Valery Solovei a sollevare il tema con i media ucraini, affermando che lo zar 70enne starebbe assumendo farmaci antitumorali occidentali, gli unici in grado di rallentare la diffusione del cancro e di tenerlo in vita. «Posso dire che senza questa terapia estera» Putin non ci sarebbe più, ha detto Solovei al canale YouTube ucraino Odesa Film Studio, secondo quanto riferisce il New York Post. «Usa i trattamenti più avanzati e una terapia mirata che la Russia non è in grado di fornirgli». Ma anche con l'aiuto della medicina occidentale, Solovei ha affermato che «la fine è vicina, anche secondo i medici che lo stanno curando, perché nessun farmaco può avere successo per un tempo infinito».

Ore 18:55 - Kuleba: «Puntiamo a un summit di pace entro fine febbraio all’Onu»

Il governo dell’Ucraina punta ad avere un summit di pace entro fine febbraio, preferibilmente alle Nazioni unite e con il segretario generale dell’Onu Antonio Guterres come possibile mediatore, più o meno nel periodo dell’anniversario dell’inizio della guerra da parte della Russia. Lo ha detto il ministro degli Esteri ucraino, Dmytro Kuleba, in un’intervista ad Associated Press.

Ore 19:47 - Gli insulti della Wagner al capo di stato maggiore delle forze armate russe

(Marta Serafini, inviata a Kiev) Il reporter Christo Grozev di Bellingcat ha condiviso un video che mostra i membri della compagnia di mercenari russa privata, Wagner Group, che definiscono il capo di stato maggiore delle forze armate russe un «pezzo di m….a».

Il video mostra i combattenti di Wagner nella città ucraina in prima linea di Bakhmut, che si rivolgono a Valery Gerasimov e dicono: «Sei un pezzo di m...a. Dove sono le munizioni? Non abbiamo più munizioni qui».

Grozev riferisce che Yevgeny Prigozhin, l’uomo d’affari russo e fondatore del Wagner Group, ha detto di non avere «nulla da dire su questo video», il che secondo Grozev significa che l’alleato di Putin sta sostanzialmente sostenendo l’attacco a Gerasimov. Nelle scorse ore report dell’intelligence britannica hanno sottolineato come l’offensiva russa su Bakhmut sia rallentata. L’ Institute for the Study of War (ISW) ha citato un blogger militare russo che afferma che le forze ucraine abbiano respinto elementi della compagnia di mercenari privata russa, il gruppo Wagner, nelle stesse posizioni che detenevano giorni fa.

Ore 00:59 - Zelensky: «Circa 9 milioni di persone senza elettricità»

Il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, in un videomessaggio ha denunciato che da ieri sera «ci sono almeno 9 milioni di persone senza energia elettrica in varie regioni dell’Ucraina. Ma il numero e la durata delle interruzioni sta gradualmente diminuendo. Ci tengo a ringraziare tutti i lavoratori delle imprese energetiche, tutte le squadre di riparazione, grazie alle quali questo sabato e domenica, alla vigilia di Natale e a Natale, è stato possibile dare più energia alle persone».

«Ho avuto oggi un meeting speciale con funzionari governativi sul tema dell’energia e delle infrastrutture. Ci stiamo attrezzando per il prossimo anno, e non solo per i mesi invernali. Ci sono minacce che dobbiamo eliminare. Ci sono decisioni che vanno prese», ha aggiunto Zelensky.

Tonia Mastrobuoni per “il venerdì di Repubblica” il 26 Dicembre 2022.

"Lehrjahre", gli anni di apprendistato di Vladimir Putin, contrariamente a quelli del Wilhelm Meister creato da Goethe, non sono stati anni di svago o di passione per il teatro. Quando Putin arriva nel 1985 a Dresda per la sua prima missione all'estero come agente del Kgb, ha trentatré anni ed è sposato con Ljudmila Skrebneva da due: ha una figlia, un'altra in arrivo e da dieci anni è stato arruolato dai servizi segreti sovietici. 

In quella fase cruciale della sua vita verrà promosso a capo della sede, importante, delle spie sovietiche nella vecchia Germania Est. Da lì assisterà in prima fila alla "rivoluzione pacifica" che abbatterà il Muro di Berlino. Putin è infatti ancora in Germania quando finisce il "Secolo breve": in tutto ci passerà cinque anni, fino al ritorno precipitoso in un'Unione sovietica che si sta sciogliendo come neve al sole. Un periodo di intenso lavoro che ha contribuito a rendere il futuro presidente russo quello che è oggi.

Ottanta infiltrati

Il "metodo Putin", le sue tecniche di reclutamento degli agenti infiltrati in Occidente, la creazione del suo attuale "cerchio magico", la sua attività di contrabbando intorno alla Robotron, la grande azienda di Stato produttrice di elettronica: tutti questi segreti sono contenuti nei testi e nelle fotografie custoditi all'archivio federale di Dresda. L'archivio raccoglie i documenti della Stasi, i servizi segreti della vecchia Germania Est, ed è stato scandagliato dall'ex direttore degli archivi della Stasi di Berlino-Hohenschoenhausen, Hubertus Knabe, che negli ultimi mesi, e alla luce della guerra in Ucraina, ha riesaminato 500 pagine di documenti e foto su Putin.

In un intervento poche settimane fa sulla Frankfurter Allgemeine Zeitung, Knabe ha spiegato come da quelle carte emergano dettagli che lasciano intuire la traiettoria futura dell'autocrate che ha fatto ripiombare l'Europa nell'incubo della guerra. "I materiali non sono inediti, ma Knabe ha approfondito alcuni aspetti di Putin che ora sembrano più interessanti", argomenta Gianluca Falanga, storico italiano che ha lavorato a lungo negli archivi della Stasi ed è tra i maggiori esperti italiani di Germania Est, autore di Il ministero della paranoia. Storia della Stasi (Carocci), un viaggio dentro i famigerati servizi segreti della Germania Est.

 Falanga spiega che negli anni in cui Putin era a Dresda, tra i tedeschi dell'Est e il Kgb c'era l'accordo che dalla loro base in Germania i sovietici avrebbero evitato di condurre operazioni nella Ddr e che si sarebbero concentrati sull'Occidente. Non a caso a Dresda era stato rinvenuto un elenco di circa 90 pagine con i nomi di spie sovietiche in Occidente gestite da Putin. "Oggi quasi tutte quelle pagine sono andate perse. Ma si è scoperto che su ognuna figuravano un'ottantina di infiltrati. Li moltiplichi per novanta. Sarebbe stato un tesoro prezioso", osserva lo studioso. Un tesoro concentrato nelle mani dell'uomo che un giorno avrebbe guidato la Russia.

Quando cade il Muro

Una delle mansioni principali di Putin era quella "di individuare persone, di studiarne il profilo prima di avvicinarle e ottenerne la collaborazione", prosegue lo storico. Lo scopo era soprattutto spiare obiettivi militari Nato e americani. Ma le attività dell'ufficio di Dresda e dei suoi agenti potevano spaziare: dai documenti risulta che nel 1986, l'allora capo del Kgb di Dresda partecipò a un piano segreto del capo della Stasi, Erich Mielke, che avrebbe dovuto garantire sostegno finanziario e operativo a un nucleo di agenti, qualora la Germania Est fosse collassata. 

Tuttavia, Putin lavorava principalmente su altro: "Ingaggiare un agente non è una cosa che si fa in due mesi. Ci si lavora un periodo lunghissimo. Bisogna avere un'enorme pazienza e cura nell'osservare le persone in modo distanziato, nell'ombra. Bisogna diventare maestri nel tatticismo. Putin imparò a trovare il momento e il modo giusto per convincere, manipolare, raggirare. Una tecnica tipica di un cekista (uomo del Kgb, ndr) come lui era lanciare una provocazione e vedere come la persona reagiva. Un po' come fa adesso con la minaccia nucleare".

Il "metodo Putin", insomma, nasce anche a Dresda. Quando cadde il Muro di Berlino, novembre del 1989, anche nella sede periferica di Dresda la Stasi e il Kgb vissero momenti di panico. Gli agenti cominciarono a bruciare e ad annientare i loro archivi. Ma la risposta non si fece attendere: i cittadini dell'Est assaltarono le sedi della Stasi per scongiurare la distruzione dei documenti che attestavano quarant'anni di persecuzione. E la rabbia arrivò fino alle porte della sede del Kgb. Qui Putin affrontò la folla inferocita e la minacciò. "Se non vi fermate, darò l'ordine di sparare". Così, i manifestanti arretrarono.

 I documenti a Mosca

Knabe, rileggendo i documenti di Dresda, sostiene che Putin sia rimasto in realtà scioccato dalla caduta del Muro, e che neanche il Kgb fosse preparato alla fine della Ddr.  Falanga però non ne è convinto. "Putin e il Kgb reagirono molto rapidamente alla crisi di novembre del 1989. Credo che abbiano in qualche modo capito in tempo che la situazione era grave. E che abbiano riflettuto su come salvare dei pezzi della rete di infiltrati che avevano in Occidente. Ovviamente ciò non vuol dire che alcuni episodi drammatici non lo abbiano segnato". 

Ad esempio, suggerisce lo storico, il suicidio del capo della Stasi di Dresda, Horst Boehm. Qualcuno sostiene che il disprezzo per le piazze che Putin ostenta da anni con la repressione di ogni dissidenza interna, sia nato proprio in quelle settimane.

È legittimo chiedersi anche che fine abbiano fatto le spie reclutate da Putin in Occidente. Falanga ritiene "improbabile" che, anche dopo il crollo dell'Unione sovietica, quelle reti siano state del tutto smantellate. Perché se è vero che la Stasi e l'ufficio di Dresda del Kgb si misero " freneticamente" a bruciare e a distruggere documenti, lo storico è "abbastanza sicuro che una parte  siano stati portati via". Di più: "So per certo che una parte dei documenti della Stasi è stata portata a Mosca".

Cerchio magico

Quel che è certo è che alcuni attuali fedelissimi di Putin provengono dal periodo tedesco: il suo "cerchio magico" nasce a Dresda. Falanga ne elenca alcuni componenti. "Ci sono già Nikolaj Tokarev e Sergej Cemezov. Ma quello che emerge è soprattutto un metodo. Putin imparò come legarli a sé, a manovrarli. E più tardi divennero tutti capitani d'industria, top manager, uomini potenti. Oligarchi. Si scrive che Putin non controlli più una parte dei suoi oligarchi. Io non lo penso: credo che lui influenzi ancora notevolmente le persone che gli stanno intorno". 

Un altro compito importante svolto da Putin a Dresda era di natura industriale. La città era la sede di Robotron, una grande azienda di computer e informatica: "lui si occupava di recuperare tecnologie occidentali aggirando l'embargo".  

Guai in famiglia

Nei documenti ci sono anche i rapidi progressi nella carriera di agente segreto, registrati da Putin in quegli anni. Ma c'è anche  molta vita privata, il matrimonio con Ljudmila, le due figlie.  "Putin è ancora molto legato agli anni di Dresda" racconta Falanga "e vi è tornato spesso. Qui approfondì anche il suo tedesco insieme alla moglie. E ormai si sa, dall'interprete di Ljudmila, Lena S. che era in realtà spia dei servizi della Germania Ovest, che il loro matrimonio non era affatto idilliaco.

Lena era riuscita a diventare amica della moglie di Putin, e lei le confidò che la tradiva, che alzava anche le mani contro di lei, che lavorava come un ossesso". Infine, le fotografie. Quelle contenute nell'archivio mostrano un Putin "molto poco eccentrico, che si faceva notare poco, che aveva sempre un'aria concentrata e assorta". Nelle immagini lo si vede bere succhi di frutta mentre gli altri brindano a spumante, come a ostentare lucidità. E un assoluto controllo di sé.

Letizia Tortello per “la Stampa” il 30 dicembre 2022.

A Berlino, il caso della spia chiamata Carsten L. è stato considerato come «estremamente serio». Bisogna andare molto indietro nella storia, per trovare un livello così pericoloso e sofisticato di infiltrazione nei servizi segreti tedeschi (Bnd). Era il 1961 e si scoprì che Heinz Felfe, addirittura dirigente del dipartimento di controspionaggio sovietico, era in realtà un informatore del Kgb e aveva spiato la Germania per 17 anni. Aveva rivelato anche decine di operazioni della Cia.

Con l'aggressione dell'Ucraina, la minaccia rappresentata dallo spionaggio russo, dalle campagne di disinformazione agli attacchi informatici, hanno assunto un'altra dimensione. Dopo quasi un anno di indagini e in seguito a una soffiata da parte degli 007 occidentali, Berlino ha smascherato il presunto doppio agente, che ricopriva un ruolo delicatissimo nel Bundesnachrichtendienst: Carsten L. era capo del dipartimento di Technical Intelligence. Aveva accesso a documenti altamente classificati sulla guerra, condivisi con Washington, Londra e gli altri alleati. Informazioni coperte da segreto di Stato che la talpa avrebbe passato ai servizi russi. Se fosse così, rischierebbe l'ergastolo. 

Ma il lavoro sotterraneo del funzionario d'alto rango rappresenta un duro colpo per l'apparato di sicurezza tedesco. Berlino teme che altri agenti russi stiano spiando autorità, ministeri, aziende tedesche. E che Putin usi l'intero arsenale a disposizione per influenzare, infiltrarsi, sovvertire. Una guerra parallela alla guerra in Ucraina. Che riguarderebbe anche lo spionaggio industriale, nel tentativo di compensare il mancato accesso alla tecnologia occidentale a causa delle sanzioni. 

Soprattutto, nei settori dell'aerospazio, dell'elettronica, dei semiconduttori. La Germania era mal preparata a questo tipo di minacce, almeno quanto lo era a un conflitto militare. Dopo la caduta del Muro, l'Est è stato considerato amico per molti anni. Nel 2001, dopo l'11 settembre, il Bnd ha persino fermato per più di un decennio il controspionaggio, che indagava sui servizi segreti stranieri. La Russia era un partner nella lotta al terrorismo islamico e Putin al Bundestag dichiarava, applaudito: «La Guerra Fredda è finita».

Ad aprile scorso, dopo l'incontro dei capi delle intelligence europee a Parigi per cercare un fronte comune contro lo spionaggio del Cremlino, sono stati espulsi 600 funzionari in vari Stati, 40 da Berlino. I report di inizio 2022 ipotizzavano che più di 150 spie russe con accreditamento diplomatico stessero ancora lavorando nella sola Germania. Carsten L. pare sia riuscito a diventare il grande orecchio dei servizi tedeschi, superando severi controlli di sicurezza, in qualità di alto funzionario statale. Ha potuto filtrare, con buona probabilità, le comunicazioni top secret dell'Occidente su guerra, governi corrotti, terrorismo.

Le spie che diedero l'atomica a Stalin. Spesso spinti da un vero fervore ideologico, alcuni scienziati - traditori o eroi a seconda del punto di vista - passarono i segreti delle "armi finali" all'Unione Sovietica rubadoli a Stati Uniti e Regno Unito. Andrea Muratore il 16 Dicembre 2022 su Il Giornale.

Grandi scienziati diventati spie ma che oggi possiamo vedere, al contempo, come traditori e eroi. Traditori, perché passarono, spesso per ideologia, i segreti atomici e delle "armi finali" decisive per chiudere la Seconda guerra mondiale dagli Stati Uniti e il Regno Unito all'Unione Sovietica di Stalin. Eroi, col senno di poi, perché la parità atomica e l'incubo della mutua distruzione assicurata furono, in fin dei conti, il vero potere frenante, il katehon, contro la degenerazione della Guerra Fredda in Terza guerra mondiale.

Innescarono il riarmo, consegnarono i segreti dell'arma finale alla superpotenza comunista ai tempi di Iosif Stalin, piegarono alla politica la scienza. Ma quasi mai lo fecero per venalità e, anzi, proprio col loro agire fecero capire la necessità di regolamentare la competizione sugli armamenti per evitare un Far West nucleare.

Stalin, dal 1943, iniziò a desiderare ardentemente la bomba atomica. Risolta la fase più drammatica dell'aggressione nazista, diede al fedelissimo Lavrentij Beria il compito di strutturare politicamente il programma atomico guidato dal fisico Igor Kurcatov. A questo piano, lo spionaggio diede una sponda fondamentale per chiudere rapidamente il divario con l'Occidente, ai tempi ancora alleato dell'Urss, e portare Mosca al suo primo test atomico, condotto a Semipalatinsk, in Kazakistan, nel 1949.

Parliamo di un processo che i Paesi anglosassoni impegnati nella ricerca dell'atomica, anche dopo gli attacchi di Hiroshima e Nagasaki che ne svelarono al mondo l'impatto, avevano già iniziato a capire all'indomani della fine della Seconda guerra mondiale. La "Guerra Fredda", in un certo senso, iniziò a Ottawa, capitale del Canada, il 5 settembre 1945, tre giorni dopo la resa del Giappone agli Alleati. Quel giorno Igor Gouzenko, attaché all'ambasciata sovietica, chiese asilo in Canada portando decine di documenti compromettenti sullo spionaggio sovietico in Canada e negli Usa, comprendenti anche dossier sulle ricerche industriali volte all'ottenimento dell'arma atomica.

La rete di spie comprendeva l'economista Angela Chapman, il fisico Raymond Boyer e il deputato comunista Fred Rose, che passava ai sovietici i verbali delle sedute straordinarie e segrete dedicate alla discussione sui risultati americani del Progetto Manhattan.

Fondamentale, come ricorda Alfredo Mantici in Spie atomiche, anche l'operato di Klaus Fuchs, cittadino tedesco in fuga dal regime nazista riparato in Gran Bretagna. Fuchs fu allievo di Max Born ed è ritenuto uno dei più grandi teorici della storia del Novecento. Entrò a far parte dell'équipe di scienziati del laboratorio di Harwell per le ricerche atomiche, e fu messo a capo di un dipartimento nel 1942, per poi andare in America alla Columbia a lavorare al Progetto Manhattan l'anno successivo. Fuchs, nota Mantici, fu "l'inventore di un metodo per calcolare l'energia di un assemblaggio fissile estremamente critico" e controllare la trasformazione dell'uranio in plutonio, decisivo per costruire un'arma atomica. Prontamente consegnato all'Nkgb, l'onnipotente servizio segreto di Mosca, per tramite della spia Harry Gold, industriale chimico di Philadelphia figlio di cittadini russi. E negli ultimi anni, importante anche lo studio che ha portato al nome di un altro agente doppiogiochista, Oscar Seborer, cittadino americano che, come ricordato da Davide Bartoccini su Il Foglio, passò documenti particolarmente preziosi ai sovietici.

La storia di queste figure si incrocia con quella mitica dei Cambridge Five, i cinque agenti doppiogiochisti britannici al servizio dei sovietici che oltre a trasferire segreti a Mosca fecero opera di trasmissione di nomi e identità di doppiogiochisti attivi sul suolo sovietico al soldo dell'Occidente. Kim Philby (nome in codice: Stanley), Guy Burgess (nome in codice: Hicks), Donald Duart Maclean (nome in codice: Homer), Anthony Blunt (nome in codice: Johnson) e John Cairncross (nome in codice: Liszt). Tra questi Maclean, nota Gnosis, ebbe un ruolo decisivo tra le spie atomiche: "aveva accesso all’Atomic Energy Commission e non gli fu difficile sottrarre documenti che furono utilizzati dall’Unione Sovietica per mettere a punto la bomba atomica".

Ancor più profonda l'infiltrazione di Caincross: funzionario del Foreign Office britannico prima e del Tesoro poi che "trasmise quasi tutta la documentazione sulle strategie pianificate da Churchill nel War Cabinet, il Consiglio di Guerra, fornì notizie sui comitati creati per studiare l’applicazione delle scienze allo sforzo bellico e, probabilmente, fu il primo agente a informare i sovietici della decisione di inglesi e americani di costruire la bomba atomica.

Una storia complessa e decisamente oscura che ebbe più ramificazioni attorno al "cervellone" centrale di Mosca. Prescindendo dai giudizi morali sul regime stalinista, va detto che indubbiamente, però, l'atomica sovietica ebbe il duplice risultato di ottenere quel pareggio atomico tra superpotenze che fu alla base dell'equilibrio del terrore della Guerra Fredda e, dall'altro lato, di compattare il campo occidentale aiutando a riscoprire comunanze valoriali e identitarie oltre ogni differenza. Le spie atomiche, anche se non in contatto tra loro, accelerarono la storia. E sul fronte occidentale la loro avventura deve insegnare molto circa la necessità di mediare tra rivoluzioni scientifiche, applicazioni concrete e tutela della sicurezza quando si tratta di asset critici decisivi per la sicurezza nazionale. Perché, ieri come oggi, a far la differenza è il fattore umano.

La matrioska delle scommesse. Report Rai. PUNTATA DEL 26/12/2022

di Lorenzo Vendemiale

Report ha scoperto i dettagli dell’accordo che lega la Serie A a 1XBet.

La squadra di Report è stata a Kyiv nei giorni dell’attacco russo al centro della Capitale per raccontare la resistenza del calcio ucraino sotto le bombe e chi prova a speculare. L'inchiesta fa luce su 1XBet, colosso delle scommesse online con origini russe, che ha provato ad aprire un business in Ucraina in piena guerra. Il misterioso bookmaker intanto è riuscito a sbarcare anche nel nostro Paese, grazie a un sito con dominio italiano, ma già da anni si era infiltrato in Italia attraverso il calcio. Report ha scoperto i dettagli dell’accordo che lega la Serie A a 1XBet. Mentre alcuni club si fanno sponsorizzare anche da Liga Stavok, bookmaker ufficiale di Mosca: l’inchiesta svela quali sono le squadre che incassano soldi da questo contratto.

LA MATRIOSKA DELLE SCOMMESSE di Lorenzo Vendemiale immagini di Chiara D’Ambros grafiche Michele Ventrone

LORENZO VENDEMIALE FUORICAMPO A Kyiv la vita non si è mai fermata. Il popolo ucraino allena la sua resilienza anche col pallone. Interrotto a febbraio a causa dell’invasione, il campionato ucraino è ripreso in autunno

OLEKSII MYKHAILYCHENKO – VICEPRESIDENTE FEDERCALCIO UCRAINA Il presidente Zelensky in persona ha fortemente voluto la ripartenza del campionato, per dare morale al nostro popolo.

LORENZO VENDEMIALE FUORICAMPO Parlare di normalità però è impossibile. Le partite vengono giocate quasi tutte a Kyiv. Gli stadi sono blindati, perché riempirli di spettatori sarebbe troppo pericoloso, e ogni impianto deve essere dotato di un rifugio contro le bombe.

JURIJ VERNYDUB – ALLENATORE KRYVBAS Giocare in queste condizioni è molto difficile. Siamo lontani da casa, e senza i nostri tifosi. Gli allenamenti vengono continuamente interrotti dagli allarmi antiaerei.

LORENZO VENDEMIALE FUORICAMPO Jurij Vernydub un anno fa allenava in Moldavia, ed era diventato una star per aver battuto il Real Madrid. Quando è scoppiata la guerra, non ci ha pensato un secondo a mollare tutto

JURIJ VERNYDUB – ALLENATORE KRYVBAS Dovevo tornare, il resto non aveva senso. Nei primi mesi ho combattuto nella 152esima divisione. Ora sono di nuovo in panchina.

LORENZO VENDEMIALE FUORICAMPO Adesso il campionato si ferma per la sosta: anche il pallone dovrà sopravvivere a un lungo inverno senza elettricità. Dall’inizio del conflitto sono già scomparsi 25 club. E dopo l’annessione illegale di settembre, ci sono squadre che secondo Putin non appartengono neppure più all’Ucraina

OLEKSII MYKHAILYCHENKO – VICEPRESIDENTE FEDERCALCIO UCRAINA Luhans’k, Donetsk, Mariupol sono sempre città dell'Ucraina, e saranno sempre le nostre squadre.

LORENZO VENDEMIALE In un momento così difficile, ha senso pensare a una cosa futile come il calcio?

OLEKSII MYKHAILYCHENKO – VICEPRESIDENTE FEDERCALCIO UCRAINA Continuare a giocare è un altro modo di difendere i nostri confini, per noi oggi il pallone è un atto di resistenza. Per questo ci siamo candidati a organizzare i Mondiali del 2030. Perché significa che il nostro Paese esisterà ancora

LORENZO VENDEMIALE Sareste pronti ad accogliere e magari a giocare contro la nazionale russa?

OLEKSII MYKHAILYCHENKO – VICEPRESIDENTE FEDERCALCIO UCRAINA No comment, scusate!

SIGFRIDO RANUCCI IN STUDIO Mentre i riflettori del calcio mondiale erano accesi sul Qatar, in Ucraina si disputava il campionato di calcio sotto le bombe russe. Il calcio rappresenta una flebile fiamma accesa sulla resilienza ucraina ed è anche una forma di identità. Per questo l’Ucraina si è proposta di ospitare il Mondiale di calco nel 2030 con Spagna e Portogallo. La favorita è l’Arabia Saudita. Sarebbe una bella notizia perché significherebbe, se assegnassero la sede all’Ucraina, che la pace è stata siglata da tempo. Però che cosa è successo, che proprio poche settimane fa mentre i russi bombardavano Kyiv, i nostri inviati sono andati a vedere per raccontare il campionato di calcio che stava ricominciando. E che cosa hanno scoperto. Che ci sono dei russi che fanno affari proprio su quel campionato di calcio che stanno bombardando. Si tratta di bookmaker russi, un intreccio societario incredibile che arriva anche in Italia. Dove non solo scommettono sulle squadre italiane, ma le sponsorizzano anche. Aggirando le sanzioni. Il nostro Lorenzo Vendemiale.

FRANCESCO BARANCA – COMITATO ETICO FEDERCALCIO UCRAINA Questa partita che noi stiamo guardando in questo momento è offerta dal bookmaker russo, qua ci sono le quote

LORENZO VENDEMIALE FUORICAMPO Mosca specula anche sul pallone, come ci spiega l’italiano Francesco Baranca, che da anni è il responsabile trasparenza della Federcalcio ucraina

FRANCESCO BARANCA – RESPONSABILE COMITATO ETICO FEDERCALCIO UCRAINA Esiste un comparto che non è stato assolutamente toccato dalle sanzioni ed è il mondo protetto dei bookmaker russi

LORENZO VENDEMIALE Chi sono questi i bookmaker?

FRANCESCO BARANCA – RESPONSABILE COMITATO ETICO FEDERCALCIO UCRAINA Il bookmaker più famoso e più russofilo è Liga Stavok. E poi passiamo a 1xBet che pur non avendo licenza russa, è comunque conosciuto come essere di proprietà russa

LORENZO VENDEMIALE FUORICAMPO Proprio su 1Xbet a Kyiv è scoppiato uno scandalo. Il bookmaker ha addirittura provato ad aprire un business sul territorio ucraino

MIKHAIL MAKARUK – INFORMNAPALM Abbiamo scoperto che questa famosa agenzia di scommesse aveva ottenuto una licenza nel nostro Paese.

LORENZO VENDEMIALE In piena guerra? Come è stato possibile?

MIKHAIL MAKARUK – INFORMNAPALM Formalmente si trattava di una società tutta ucraina, senza legami con la Russia, ma le informazioni non erano complete.

LORENZO VENDEMIALE FUORICAMPO La commissione per il gioco d’azzardo ha concesso la licenza a una società chiamata “Your betting company” per il marchio 1XBet. Il caso, rivelato dal collettivo InformNapalm, arriva fino al palazzo del presidente Zelensky

MIKHAIL MAKARUK – INFORMNAPALM Zelensky ha spiegato che si tratta di una questione di sicurezza nazionale. Perché il problema non è solo l’utilizzo di denaro ucraino. Il vero pericolo è la raccolta di dati personali di nostri cittadini, che non si sa dove finiscono

LORENZO VENDEMIALE FUORICAMPO Ma chi si nasconde dietro 1xbet, un colosso da oltre un milione di scommettitori in tutto il mondo? Sul sito le informazioni cambiano a seconda del luogo di connessione. Uno dei copyright dice che è di proprietà di 1XCorp, società con licenza a Curacao. A gestire i servizi operativi è invece la Klafkaniro limited, a Cipro. Un labirinto di cui è impossibile venire a capo

LORENZO VENDEMIALE Curacao è il paradiso delle scommesse online

GIANGAETANO BELLAVIA – ESPERTO RICICLAGGIO È il paradiso dei gestori delle scommesse online Ogni giurisdizione offshore si crea delle legislazioni apposite. Le Antille Olandesi si occupano dei casinò online: la licenza gliela danno in due giorni e ce ne sono già 450 di casinò online

LORENZO VENDEMIALE Ma alla fine della fiera noi sappiamo chi sono i proprietari di questa benedetta 1Xbet?

GIANGAETANO BELLAVIA – ESPERTO RICICLAGGIO Impossibile saperlo. Il vero tema è: ma se uno vince gli pagano le scommesse? sì, fin quando decidono di pagargliele, ma quando decidono di non pagargliele più scompaiono

LORENZO VENDEMIALE FUORICAMPO È quello che è successo a Curacao. Nel paradiso caraibico 1XCorp è stata colpita da una sentenza di bancarotta

NARDY CRAMM – FONDAZIONE VITTIME DEL GIOCO ONLINE - CURAÇAO Alcuni giocatori sono venuti da noi, denunciando di essere stati truffati: gli avevano confiscato le vincite, o cancellato il conto.

LORENZO VENDEMIALE Quante sono le vittime che rappresentate?

NARDY CRAMM – FONDAZIONE VITTIME DEL GIOCO ONLINE - CURAÇAO 18, per un totale di circa un milione di dollari. Ma è solo la punta dell’iceberg.

LORENZO VENDEMIALE Lei ha avuto modo di guardare dentro 1XCorp. Che cosa ha trovato?

AREND DE WINTER – CURATORE FALLIMENTARE 1XCORP Niente! Non ci sono conti bancari, i soldi non arrivano qui. Ma la cosa più incredibile è che la sentenza non li ha fermati: si sono spostati su un’altra società con un’altra licenza

LORENZO VENDEMIALE FUORICAMPO A rivelare i veri proprietari di 1XBet ci avrebbe pensato un’inchiesta giudiziaria in Russia

COMITATO INVESTIGATIVO REGIONE DI BRYANSK - DA FORBES RUSSIA 29/12/2021 Tra il 2014 e il 2019 tre ricercati a livello internazionale hanno incassato entrate criminali per 63 miliardi di rubli

LORENZO VENDEMIALE FUORICAMPO A Cipro, nell’isola che custodisce i segreti di tanti oligarchi russi, vivono anche i tre imprenditori che secondo l’indagine sarebbero i beneficiari di 1XBet: Roman Semiokhin, Dimitry Kazorin e Sergey Karshkov. Gli imprenditori russi hanno sempre negato di essere i proprietari

ROMAN SEMIOKHIN - DA FORBES RUSSIA 29/12/2021 Abbiamo fatto la piattaforma, viene venduta in vari Paesi e ogni Paese ha il suo proprietario diverso

SERGEY KARSHKOV - DA FORBES RUSSIA 29/12/2021 È come il McDonald's. C'è un format, c’è un modello di business che viene ceduto. Ma le aziende non hanno niente a che fare con noi

LORENZO VENDEMIALE FUORICAMPO Così 1XBet è sbarcata anche nel nostro Paese. Grazie a una società italiana, nel cuore di Roma, domiciliata presso uno studio legale di settore. Report ha scoperto che in passato la proprietà era cipriota e nel Cda era presente un manager originario della stessa città dei tre imprenditori russi. Poi l’azienda è stata rivenduta in Spagna.

LORENZO VENDEMIALE Dottor Scoyni, mi dà un minuto per incontrarla

FABIO SCOYNI - PRESIDENTE CMOBET SRL No, scusi

 LORENZO VENDEMIALE Lei mi ha detto che è qui solo per avviare un business e una volta avviato lei si farà da parte. Ma per conto di chi questo business? Me lo può dire per favore

LORENZO VENDEMIALE Dottore, cioè i voglio solo delle informazioni

LORENZO VENDEMIALE FUORICAMPO Il sito italiano ha ricevuto l’attivazione proprio nelle ultime settimane, con regolare licenza. Ma il bookmaker era riuscito da tempo a infiltrarsi nel nostro Paese, grazie al pallone: infatti da anni sponsorizza la Serie A. Solo all’estero, però, perché in Italia una pubblicità del genere è illegale

VOLODYMYR ZVEROV – TELECRONISTA MEGOGO TV Eccolo, vedete ai lati delle porte. C’è la scritta 1XBet. E adesso anche su tutti i lati del campo, è ovunque

LORENZO VENDEMIALE Quindi non si tratta di qualche piccola pubblicità

VOLODYMYR ZVEROV – TELECRONISTA MEGOGO TV Questo è uno sponsor ufficiale!

LORENZO VENDEMIALE FUORICAMPO Il contratto è stato sottoscritto per la prima volta nel 2018 attraverso l’agenzia Interregional Sports Group. Secondo fonti confidenziali, l’accordo oggi vale 12 milioni di euro l’anno

LUIGI DE SIERVO – AMMINISTRATORE DELEGATO LEGA SERIE A Noi non abbiamo fatto un contratto direttamente con 1Xbet. Noi abbiamo venduto ad un'agenzia internazionale

LORENZO VENDEMIALE Voi non potete dire no questo sponsor non ci va bene

LUIGI DE SIERVO – AMMINISTRATORE DELEGATO LEGA SERIE A Questo è uno sponsor che preesisteva, ma nell'ultimo contratto il suo ruolo si è sostanzialmente ridotto

LORENZO VENDEMIALE FUORICAMPO Dalla Russia arriva almeno un altro sponsor, Liga Stavok. Qui non ci sono dubbi: si tratta di un bookmaker ufficiale di Mosca.

VOLODYMYR ZVEROV – TELECRONISTA MEGOGO TV Io faccio il telecronista del campionato italiano sulla tv ucraina. La prima volta che ho visto queste pubblicità, sono rimasto stupito. Adesso sono disgustato, e come me tanti tifosi che seguono la Serie A

LORENZO VENDEMIALE FUORICAMPO E la Federcalcio ucraina ha scritto una lettera di protesta alla Lega Serie A

LUIGI DE SIERVO – AMMINISTRATORE DELEGATO LEGA SERIE A La Lega non ha nessun rapporto diretto con questa cosa. Sono dei club singolarmente…

LORENZO VENDEMIALE Quali?

LUIGI DE SIERVO – AMMINISTRATORE DELEGATO LEGA SERIE A …che hanno un contratto nei confronti di un intermediario che ha venduto a questo partner. Quello che posso dirle è che dal quattro di gennaio non andrà più se non in un territorio specifico, quello russo

LORENZO VENDEMIALE Cioè di fatto parliamo tanto di sanzioni. Però è fattuale dire che la serie A prende soldi russi

FRANCESCO BARANCA – RESPONSABILE COMITATO ETICO FEDERCALCIO UCRAINA Teoricamente è una triangolazione, ma alla fine la sponsorizzazione di soggetti russi arriva alla serie A.

SIGFRIDO RANUCCI IN STUDIO 1Xbet somiglia più a una matrioska per il complesso intreccio societario. Ci scrivono da Cipro e dicono, noi non abbiamo legami con la Russia, ma è in Russia che sono stati perseguiti. Non ci dicono chi sono i proprietari e dove vanno a finire i soldi. Nel dubbio, in Ucraina, gli hanno strappato la licenza, anche perché temono per la tutela dei loro dati. Noi in Italia invece gli abbiamo spalancato le porte. Indirettamente ma consapevolmente. La nostra Lega calcio, guidata da De Siervo, non si è fatta troppe domande, non sa neppure con quale galassia delle società di 1XBet è collegata, anche perché l’advisor Isg non vuole dirlo. Mentre gli altri club non hanno neppure interrotto il contratto con un altro bookmaker russo, Liga Stavok. Scoperto dal nostro Lorenzo Vendemiale, attraverso l’intermediario Infront, hanno sponsorizzazioni Lazio, Torino, Empoli, Verona, Lecce, Spezia, Sampdoria, Salernitana, Udinese. Solo l’Atalanta ha rinunciato al contratto, per motivi etici. Ora noi ci chiediamo come conciliano Lega e club il fatto di scendere in campo con la fascia al braccio con scritto su pace, quando poi alle spalle hanno gli sponsor del Paese che bombarda.

Radio Mosca.  Report Rai. PUNTATA DEL 26/12/2022

di Manuele Bonaccorsi

Collaborazione di Federico Marconi

Le telecamere di Report sono andate a Mosca

Il potere di Putin, con il difficile andamento della guerra in Ucraina e le durissime sanzioni decise dai Paesi Occidentali, è davvero in crisi. Report ha solcato le piazze delle manifestazioni di sostegno alla guerra organizzate dal regime, ha intervistato politici e intellettuali e ha parlato con la gente comune, coi giovani e coi militari, con avvocati per i diritti umani e dissidenti, proprio nelle settimane in cui la mobilitazione parziale invocata dal presidente russo era al suo culmine. Con le ritirate di questo autunno dalla regione di Kharkov e da Kherson, nell’establishment moscovita cresce l’influenza dei falchi, che chiedono una ulteriore escalation militare. L’opinione pubblica, dove è ancora forte la retorica nazionalista, forgiata anche da notissimi influencer pro guerra, si schiera passivamente col presidente. I più moderati sono messi all’angolo, per il fallimento delle ipotesi di trattativa legate agli accordi di Minsk. Mentre l’opposizione liberale è ormai ridotta ai minimi termini, falciata da multe, fermi e arresti, ma specialmente dalla fuga di oltre 100mila cittadini russi, riparati all’estero per sottrarsi alle cartoline di precetto. Le sanzioni economiche non mordono. L’economia russa regge, e non è difficile trovare beni alimentari e di lusso provenienti dall’Europa. Ma la vera sfida, per l’industria, è fare a meno delle tecnologie occidentali.

RADIO MOSCA Di Manuele Bonaccorsi Collaborazione Federico Marconi Immagini Carlos Dias Montaggio Raffaella Paris – Riccardo Zoffoli Grafiche Michele Ventrone

SIGFRIDO RANUCCI IN STUDIO Vi mostreremo ora un reportage esclusivo. Il nostro Manuele Bonaccorsi è andato in Russia, un viaggio tra Mosca, Rostov sul Don e Donbass, all’ombra del potere di Putin che controlla un paese complesso, 140 milioni di abitanti, grande quattro volte come il continente europeo. Ecco con quali trucchi contengono il dissenso, l’opposizione, con quali trucchi agirano le sanzioni economiche e soprattutto a che punto è il consenso per Vladimir Vladimirovich?

MANUELE BONACCORSI FUORI CAMPO Mosca, 30 settembre. Mentre nel palazzo presidenziale Putin proclama l’annessione delle quattro regioni occupate in Ucraina, nella piazza Rossa si raccolgono i suoi sostenitori: un fiume di persone, oltre centomila, si accalca sotto le mura del Cremlino.

PRESENTATRICE Ciao Mosca! Ciao Russia! Diversi milioni di nostri fratelli che sono stati separati dal nostro Paese per trent'anni stanno tornando in Russia. Finalmente siamo insieme! Siamo la Russia!

MANIFESTANTE Siamo sconvolti dal fatto che tutti impongano sanzioni contro di noi. Siamo stati calunniati.

MANIFESTANTE 2 Abbasso Gorbačëv! I miei nonni hanno combattuto la grande guerra patriottica. E io ora sono qui, con la mia bandiera sulla piazza Rossa.

CANZONE SOVIETICA Ricordati di me, mia Patria! Ricordati di me, mia Patria! Per te, terra mia, andiamo a combattere! A combattere!

MANIFESTANTE 3 Non spegneremo il fuoco della Russia!

GENTE Patria! Libertà! Putin!

CANTANTE La verità è con noi e Dio è con noi.

MANUELE BONACCORSI FUORI CAMPO Sul palco si alternano alcune tra le star del panorama musicale russo come i Lyube, storico gruppo rock anni ’90, i cui testi sono sempre incentrati sulla vita dei militari. O il rapper Akim Apachev, nei suoi videoclip scorrono immagini dell’Azovstal e della battaglia di Mariupol.

MANIFESTANTE Io sono una insegnante e questi sono i nostri studenti. Siamo preoccupati ma crediamo che il nostro presidente risolverà tutto e lo sosteniamo.

MANUELE BONACCORSI Avete visto che ci sono state proteste contro la guerra a Mosca?

MANIFESTANTE Non sapevo che ci fossero state. Forse qualcuno è contrario ma si tratta di traditori.

MANUELE BONACCORSI FUORI CAMPO In Russia la guerra non è solo propaganda: è un’estetica. La si ascolta nella musica. La si vede nei memoriali della grande guerra patriottica, nei musei, nelle rotonde delle vie, ornate con i razzi Katjuša e carri T-34. Le famiglie conservano la memoria dei 27 milioni di morti della Seconda guerra mondiale, una tragedia che 80 anni non sono bastati a sbiadire.

FYODOR LUKYANOV – DIRETTORE DI RICERCA – VALDAI CLUB Prima del 24 febbraio molte persone credevano che la reazione dell'opinione pubblica russa a un’eventuale guerra sarebbe stata piuttosto negativa. L’Ucraina fa parte della nostra cultura, della nostra storia. Non è percepita come un nemico. Eppure, oggi non si vedono molti contrari. Si tratta di un profondo sentimento di risentimento che la popolazione russa prova dopo il crollo dell'Unione Sovietica. Alcuni territori, e sfortunatamente l'Ucraina è tra questi, sono visti come parte integrante del nostro Paese.

MANUELE BONACCORSI FUORI CAMPO Fyodor Lukyanov, direttore del think thank Valdai, è uno dei più noti intellettuali russi. È a tutti gli effetti un moderato. Poco prima del 24 febbraio non ebbe paura ad esporsi, dichiarando che la guerra non sarebbe scoppiata.

MANUELE BONACCORSI Qual è il vero obiettivo di questa campagna militare?

 FYODOR LUGYANOV – DIRETTORE DI RICERCA – VALDAI CLUB È una domanda a cui nessuno può rispondere per il semplice motivo che né Putin ne nessun altro ha mai espresso chiaramente gli obiettivi del conflitto. Possiamo sospettare che fosse un cambio di regime a Kiev ma è fallito. Oggi mi pare che l’obiettivo sia conquistare il più possibile. Secondo me i referendum paradossalmente sono un invito all’armistizio: questo è ciò che possiamo prendere. Ma gli Ucraini non vogliono arrendersi, dato il supporto militare Occidentale senza precedenti.

MANUELE BONACCORSI FUORI CAMPO Secondo l’ala moderata dell’establishment di Mosca la guerra si sarebbe potuta evitare. Nicolay Silaev, ricercatore dell’Università diplomatica Mgimo, era uno dei componenti della delegazione russa al tavolo degli accordi di Minsk, dove dal 2014 si trattavano le condizioni per la pace in Donbass, dopo la rivolta dei separatisti russofoni di Donetsk e Lugansk.

NICOLAI SILAEV – RICERCATORE ISTITUTO PER GLI STUDI INTERNAZIONALI UNIVERSITÀ MGIMO - MOSCA Al tavolo la Russia chiedeva solo una maggiore autonomia per queste aree, che sarebbero così tornate all'Ucraina: il diritto di mantenere il russo come lingua ufficiale, maggiori poteri alle autorità locali, la possibilità di concludere accordi commerciali con la Federazione Russa. A mio parere, erano proposte molto moderate e infatti a Donetsk molti separatisti non erano per nulla d’accordo..

MANUELE BONACCORSI FUORI CAMPO Silaev ci fornisce questi documenti diplomatici. Il 29 ottobre 2021, quattro mesi prima dello scoppio della guerra, il ministro degli Esteri russo Lavrov propone ai colleghi di Francia e Germania di “avviare la discussione su tutti gli aspetti giuridici del futuro regime delle regioni di Donetsk e Lugansk all'interno dell'Ucraina”, come previsto dagli accordi di Minsk. Il documento denuncia in particolare l’approvazione in Ucraina di una legge che impedisce l’uso del russo come lingua ufficiale e la presentazione al parlamento di Kiev, il 9 agosto, di una legge che avrebbe tolto il diritto di candidarsi alle elezioni a tutti i componenti dell’amministrazione indipendentista. Una legge, dice Lavrov, che se approvata “equivarrebbe al ritiro dagli accordi”. Il capo della diplomazia russa ne ricava un netto rifiuto. “La piattaforma della Russia contiene molte valutazioni che non sono condivise da Germania e Francia”, rispondono i due ministri europei che rinviano a un nuovo incontro l’11 novembre. Lavrov però rinuncia a partecipare e ribatte: “L'11 ottobre 2021 si è svolta una riunione tra Merkel, Macron e Putin. I due leader europei avevano promesso di chiedere al Presidente ucraino di ritirare il progetto di legge di Kyiv. “Questo non è accaduto e voi ne siete ben consapevoli”, conclude duro Lavrov.

MANUELE BONACCORSI È stato Putin però a decidere lo stop alle trattative.

NICOLAI SILAEV – RICERCATORE ISTITUTO PER GLI STUDI INTERNAZIONALI UNIVERSITÀ MGIMO - MOSCA Mi è sempre sembrato che le opinioni di Putin sulla politica internazionale siano molto più moderate di quelle di gran parte della classe dirigente russa. Pushkin diceva: «In Russia l’unico a essere europeo è il nostro governo».

MANUELE BONACCORSI FUORI CAMPO Anastasia Udalsova è una parlamentare eletta nelle fila del Partito Comunista. Animatrice, insieme ad Aleksey Navalny, delle proteste del 2011 contro Putin, è sposata con Sergei Udaltsov, noto attivista finito in carcere proprio per l’opposizione al presidente. Non è certo accusabile di essere una supporter di Putin. Eppure...

ANASTASIA UDALSOVA – DEPUTATA DELLA DUMA DI STATO Siamo forze patriottiche di sinistra, siamo critici sulla politica economica del governo ma lo sosteniamo pienamente sulla politica estera. Se c'è una critica, è questa: la guerra nel Donbass dura da otto anni e da allora noi chiediamo di intervenire militarmente in difesa dei cittadini del Donbass. Ora per fortuna la liberazione è iniziata.

MANUELE BONACCORSI Lei partecipò alle proteste che ci furono nel 2011, denunciando brogli nelle elezioni. Ci racconta come è cambiata la situazione da allora?

CARLOS DIAS Aspetta che c’è la polizia.

POLIZIOTTO La stanno intervistando su qualche tema?

ANASTASIA UDALSOVA – DEPUTATA DELLA DUMA DI STATO Sì, sul Donbass.

POLIZIOTTO E che tipo di commenti dà?

ANASTASIA UDALSOVA – DEPUTATA DELLA DUMA DI STATO Commenti patriottici, schiacciare il regime nazista. Cos’altro potrei dire?

POLIZIOTTO Naturalmente è necessario coordinare tutto con il servizio di sicurezza federale.

ANASTASIA UDALSOVA – DEPUTATA DELLA DUMA DI STATO Chiaro. Ci hanno detto di andarcene. Ora cancelleranno tutto.

POLIZIOTTO Sì, devono farlo in nostra presenza. Controlli.

MANUELE BONACCORSI FUORI CAMPO Alla fine, siamo costretti a cancellare una scheda, ma riusciamo a recuperarne il contenuto. Chiediamo alla parlamentare di rifare l’intervista ma smette di risponderci al telefono. Questa è la fattoria statale Lenin di Mosca. I suoi lavoratori vivono in questo quartiere della periferia della capitale, dotato di una chiesa, scuole, spazi sportivi. Nella piazza centrale il Partito comunista russo raccoglie aiuti umanitari da inviare al fronte. C’è anche l’anziano leader comunista Zyuganov, storico avversario di Eltsin e Putin alle presidenziali russe.

ZUBRIN NIKOLAI GRIGORIEVICH – PARTITO COMUNISTA DELLA FEDERAZIONE RUSSA Questo è il centoduesimo convoglio che dal 2014 va in Ucraina, nel Donbass. Da allora i comunisti hanno inviato aiuti per centinaia di milioni di rubli, tutti raccolti dalla gente comune, mentre gli oligarchi che per 30 anni hanno vissuto da parassiti sul patrimonio della Federazione Russa non hanno fatto niente.

BORIS LITVINOV – SEGRETARIO PARTITO COMUNISTA REPUBBLICA DEMOCRATICA DI DONETSK Ecco il tipo di divisa che stiamo inviando al fronte: tute da chirurghi e da infermiere. E farmaci, eccoli. Abbiamo un intero camion.

DIRIGENTE PARTITO COMUNISTA FEDERAZIONE RUSSA Nei momenti di pericolo noi russi diventiamo un unico organismo coeso che nessuno può distruggere. Perché dobbiamo salvare non solo il nostro mondo ma l'intera civiltà.

 MANUELE BONACCORSI FUORI CAMPO Le ritirate di questo autunno, dalla regione di Kharkov e da Kherson, non sembrano indebolire la retorica nazionalista. Anzi, stanno rafforzando nell’opinione pubblica l’influenza dei cosiddetti falchi. A partire da due personaggi. Evgenij Prigožin, capo del gruppo di militari mercenari Wagner: di recente ha realizzato un film molto crudo che racconta le gesta dei suoi uomini sul fronte ucraino. Poi c’è il presidente della Repubblica Cecena Ramzan Kadyrov, le cui truppe hanno dato un contributo fondamentale nella presa di Mariupol. Entrambi hanno pubblicamente criticato il potente ministro della Difesa Shojgu, accusando l’esercito di inefficienza e chiedendo un’ulteriore escalation militare.

OLEG BARABANOV – PROFESSORE UNIVERSITÀ MGIMO - MOSCA Abbiamo un fenomeno qui di una grossa popolarità dei giornalisti militari. E hanno milioni di followers.

MANUELE BONACCORSI E sono liberi di esprimere le loro critiche?

OLEG BARABANOV – PROFESSORE UNIVERSITÀ MGIMO - MOSCA Sì, perché nel Telegram non c'è censura. Loro sono totalmente pro-guerra, dicono che la Russia fa la guerra solo con la mano sinistra.

MANUELE BONACCORSI FUORI CAMPO Sembrerà assurdo ma in Russia molti dicono che il comportamento dell’esercito in guerra è stato corretto. Fin troppo corretto. Boris Rozhin è uno dei blogger che sta indirizzando verso l’escalation l’opinione pubblica russa. Il suo canale Telegram “Colonelcassad” è seguito da oltre 800 mila utenti. E fornisce aggiornamenti costanti dal fronte. È tra i cittadini russi sanzionati, accusato di commercio di armi.

BORIS ROZHIN – GIORNALISTA Nel 2014 ho fornito munizioni e armi alle milizie del Donbass. Non me vergogno affatto. È ciò che ogni persona perbene dovrebbe fare.

MANUELE BONACCORSI Dopo l’attacco al ponte di Kerch, la Russia ha usato dei missili su centri logistici e centri decisionali dell’Ucraina. Qual è la tua opinione su questo?

BORIS ROZHIN – GIORNALISTA Se questa tattica fosse stata applicata fin dall’inizio, avrebbe accelerato la fine della guerra. La Russia ha cercato in ogni modo di dimostrare che combatte principalmente contro le forze armate senza toccare infrastrutture industriali, di trasporto e logistiche. A differenza di come hanno fatto gli Usa in Serbia o Iraq, dove venivano bombardati anche quartieri residenziali. Abbiamo dato tempo all’Ucraina di armarsi. Per fortuna ora la Russia ha cambiato tattica.

SIGFRIDO RANUCCI IN STUDIO Putin pare l’unico uomo in grado di tenere in piedi un Paese così vasto e complesso. Non c’è da sperare neppure che si apra una breccia sulla strada per la pace e per gli oppositori perché anche chi lo accusava un tempo di brogli durante le elezioni oggi lo oggi lo appoggia nel conflitto armato. Così come lo appoggiano gli oppositori di sempre, i comunisti, che inviano aiuti al fronte. Se poi dovesse cadere Putin, c’è il rischio che il Paese finisca in mano a uno dei falchi, insomma, che abbiamo visto hanno grande potere e considerazione. E non si sarebbe da star tranquilli visto che il Paese possiede seimila testate nucleari. Mentre chi invece era fautore di un accordo di pace è finito piano piano in un vicolo cieco. Questa guerra ha radici nel 2014, quando le regioni russofone del Donetsk e Lugansk avevano chiesto l’autonomia, si era scatenata una guerra civile che aveva portato a 14 mila morti, poi cessata con gli accordi di Misk,che prevedevano che le due regioni, una volta rientrate sotto la giurisdizione ucraina mantenessero una vasta autonomia. Invece, che cosa è successo in questi anni, abbiamo visto nella corrispondenza che abbiamo mostrato che risaliva a quattro mesi prima del conflitto armato, Lavrov, ministro degli esteri che ai suoi colleghi Maas e Le Drian, tedesco e francese, e stigmatizza il fatto che il governo ucraino avesse approvato una legge che impediva alla lingua russa di essere la seconda lingua ufficiale in quelle regioni a maggioranza russofona e poi di aver presentato un progetto di legge che impediva di candidarsi a tutti coloro che avevano collaborato con le regioni indipendentiste, dopo che l’Ucraina aveva preso possesso delle due regioni. Questo atteggiamento aveva fatto irritare Lavrov che si era ancora più irritato quando aveva sentito la risposta dei colleghi tedeschi e francesi che non condividevano la linea russa e Lavrov fa saltare l’incontro dell’11 novembre. È a quel momento che saltano i dialoghi, si interrompono e che erano dialoghi già difficili, perché un mese prima si erano riuniti Putin, Macron e Merkel e Macron aveva preso l’impegno di fare opera di moral suasion nei confronti di Zelensky per far ritirare la legge. Promessa che andata vuota, non è stata mantenuta. Ora in una intervista Merkel, ha ammesso che gli accordi di Minsk hanno sostanzialmente consentito negli anni di armare l’Ucraina. Un concetto che è stato anche ripreso da Poroshenko, l’ex presidente ucraino, che ha detto: “quelli accordi di Minsk mi aiutarono a costruire le nostre forze armate”. Quello che emerge è che la pace non è stata perseguita da entrambe le parti. Una guerra che ha provocato 6mila morti tra i civili, 100mila fra i militari. Ma che percezione hanno della guerra a Mosca?

MANUELE BONACCORSI FUORI CAMPO Nonostante la mobilitazione parziale invocata da Putin, Mosca è una città da cui la guerra sembra lontana. Gli obiettivi fissati dal governo per la mobilitazione, a Mosca come a San Pietroburgo, non sono stati molto alti. Studenti universitari e lavoratori professionalizzati non ricevono le lettere di precetto.

GIOVANE1 Sto con la Russia.

GIOVANE 2 Credo che sia necessario pagare il proprio debito col paese che ti ha dato tutto: vita, educazione, istruzione.

GIOVANE 1 Putin ha fatto un ottimo lavoro per il nostro Paese. Auguri per il suo compleanno.

GIOVANE 1 Brindiamo a lei, Vladimir Vladimirovich!

GIOVANE 3 Mi piace questa guerra? No. Se voglio partecipare? No, ho parenti in Ucraina.

RAGAZZA È un disastro totale, a dire il vero. Ma resisto, sostengo il mio Paese e spero che la guerra finisca.

GIOVANE 5 La questione con l’Ucraina andrebbe risolta alla russa. A cazzotti. Destro, sinistro. Come facciamo noi. Senza esercito.

MANUELE BONACCORSI FUORI CAMPO La gran parte dei cittadini russi chiamati sotto le armi proviene dalle regioni orientali e caucasiche, le più povere. I militari partono silenziosamente per il fronte, volenti o nolenti. Nelle stazioni dei treni, nelle aree di servizio, in direzione sud, si incontrano facilmente. Alcuni di loro sono professionisti, altri volontari o di leva.

MANUELE BONACCORSI Dove siete diretti?

SOLDATI Andiamo a difendere la patria. Siamo russi. Non sappiamo mai dove stiamo andando. Non preoccupatevi, ci sarà pace ovunque. Certo, ci sarà la pace russa.

MANUELE BONACCORSI E chi la vince questa guerra?

SOLDATI Noi! Non vincerà nessuno. Ci sono sempre perdite in guerra e perdite molto grandi. Nessuno vincerà.

MANUELE BONACCORSI Siete convinti che questa guerra sia giusta. Perché?

SOLDATI Del tuo paese devi parlare bene oppure non devi dire niente. Il nazismo non passerà qui. A pensarci bene, qui il Presidente decide tutto. È tutta una questione politica. Ci è stato detto e noi ci siamo andati.

MANUELE BONACCORSI Cosa pensate del fatto che in Ucraina stiano morendo comunque tanti civili?

SOLDATI Vi dico che questi sono i nostri fratelli. Sono russi. Il mio cognome è ucraino. Abbiamo metà delle radici da lì, i nostri parenti. Non vogliamo questa guerra, vogliamo solo giustizia.

MANUELE BONACCORSI FUORI CAMPO Questo è un tribunale, al centro di Mosca. Oggi c’è una udienza che riguarda Marina Ovsyannikova, giornalista del primo canale della tv di Stato che aveva criticato in diretta l’invasione dell’Ucraina. Licenziata, era stata messa ai domiciliari dopo aver esposto in piazza un cartello con scritto: “Putin assassino”. Lui è il suo avvocato. Parla davanti alle telecamere dei pochi blog di opposizione rimasti in Russia.

DMITRY ZAKHVATOV - AVVOCATO DI MARINA OVSYANNIKOVA Ieri il magistrato ha chiesto di cambiare la condanna dagli arresti domiciliari alla detenzione, poiché dal 30 settembre 2022 la mia assistita non si trova più nel luogo dell'esecuzione.

MANUELE BONACCORSI Dove si trova adesso?

DMITRY ZAKHVATOV – AVVOCATO DI MARINA OVSYANNIKOVA Non sono informazioni che posso divulgare. Le accuse alla mia assistita si basano su leggi illegali. Attualmente ci sono circa 860 prigionieri politici in Russia. Questa cifra è più alta rispetto agli ultimi anni dell'Unione Sovietica.

MANUELE BONACCORSI FUORI CAMPO Chi vuole continuare ad opporsi sceglie la clandestinità. Come gli attivisti di Vesna, che si organizzano su Telegram e appendono volantini contro la guerra per la città. Ne troviamo uno anche noi- “Russi, non arruolatevi, rimanete vivi!”, dice il testo. Ma l’impressione è ormai che il problema dell’opposizione impensierisca molto poco il governo. In questo ponte sulla Moskova, vicino alla piazza Rossa, proprio nel luogo in cui nel 2015 venne assassinato il politico liberale Boris Nemtsov, si sono tre militanti antiputin. Non c’è polizia a controllarli.

OPPOSITORI Era il leader dell'opposizione democratica russa. È stato colpito alla schiena da un proiettile proprio qui.

MANUELE BONACCORSI Questo picchetto per la legge russa è legale?

OPPOSITORI È un memoriale spontaneo. Molte volte hanno provato a distruggerlo ma ultimamente i poliziotti ci aiutano quando capita che qualche balordo ci assale. Solo, le bandiere ucraine è vietato appenderle. Al mattino arriva qui appositamente un poliziotto a controllare che non ci siano drappi giallo-blu. Noi vogliamo che l'Ucraina vinca così la Russia cadrà a pezzi e Putin non ci sarà più.

MANUELE BONACCORSI C'è un'opposizione di massa in Russia che potrebbe ottenere qualche risultato?

OPPOSITORE Una parte significativa dei russi non capisce niente. Sono tutti zombi. Credono di essere ancora nell’Unione sovietica.

MANUELE BONACCORSI FUORI CAMPO Con la mobilitazione parziale il consenso di Putin è calato solo dall’83 al 77 per cento come certifica il Levada center, centro di analisi sull’opinione pubblica indipendente, che continua ad operare nonostante sia stato definito dal governo un “agente straniero”.

DENIS VOLKOV – DIRETTORE LEVADA CENTER – MOSCA Il motivo è che questo conflitto è stato percepito non come la guerra della Russia contro l'Ucraina, ma come la guerra dell'Occidente contro la Russia. Sono andati all'estero solo coloro che hanno i soldi per andarci. Si tratta di circa 100 mila persone.

MANUELE BONACCORSI FUORI CAMPO Molti di loro si sono recati in Georgia, il paese più vicino e uno dei pochi in cui i russi possono entrare senza un visto. A Tblisi, distante duemila chilometri da Mosca, si riuniscono in piazza per protestare contro la guerra.

MANIFESTANTE 1 L’annuncio della mobilitazione è arrivato due giorni prima del mio matrimonio. Mi sono sposato e sono subito partito in moto. Certo, è strano protestare fuori dalla propria patria ma è importante che si sappia che ci sono russi che sostengono l’Ucraina.

 MANIFESTANTE 2 Ho partecipato a molte manifestazioni quando ero a Mosca ma, in effetti, quelle proteste non ci hanno permesso di influenzare in nessun modo la situazione. Sembra non sia più possibile cambiare la Russia dall’interno.

MANIFESTANTE 4 In Russia manca la cultura della protesta. Dovrà arrivare una nuova generazione perché il mio paese cambi davvero.

SIGFRIDO RANUCCI IN STUDIO La strategia di Putin per disinnescare il dissenso è stata semplice: i giovani dell’alta borghesia che nelle grandi città protestavano per il conflitto armato, una volta che hanno sentito l’ordine di mobilitazione generale sono fuggiti. Putin non vedeva l’ora di aprirgli le frontiere perché sono andati a protestare a migliaia di chilometri da Mosca, i russi non li hanno visti, sentiti, né si son fatti condizionare. Poi invece per chi è restato e protesta, c’è una multa per la prima protesta di piazza di 30 mila rubli e alla seconda protesta finisci direttamente in carcere. Altro punto, Putin non ha reclutato i giovani che abitano, residenti a Mosca così hanno potuto continuare a fare la bella vita, non hanno alcuna percezione materiale della guerra. Chi ha reclutato Putin? i ragazzini provenienti dalle regioni più povere: Daghestan, Cecenia Siberia, Jacuzia. Ecco, sono i diseredati, quelli che non hanno voce in capitolo sulle politiche del governo. Il New York Times in un recente articolo che evidenziava le falle della guerra di Putin, ha sottolineato proprio l’impreparazione dei militari russi, sono mal vestiti, mal equipaggiati, mal armati, armi vecchie e senza munizioni, persino senza vivande. Poi comunicano con delle linee telefoniche che utilizzano codici criptati vecchi, degli anni Sessanta, e quindi vengono bucati. Ma attenzione che lo stesso tipo di protesta sulla impreparazione è arrivata anche dalle stesse truppe russe che con una lettera hanno evidenziato, stigmatizzato, la strage di Pavlivka: dove sono morti 300 militari russi questo perché un comandante voleva fare bella figura coi suoi superiori e sono caduti in una imboscata degli ucraini. Ecco, questo ha portato che il vicecapo dell’amministrazione russa, l’ex vice capo dell’amministrazione russa, di Kherson ha dichiarato: “il ministro della difesa Shoigu, dovrebbe spararsi per aver fatto arrivare la situazione ha questo punto”. La Russia aveva come idea di arrivare a Kiev in pochi giorni e ispirare il cambio di governo, aveva addirittura consigliato ai propri militari, agli ufficiali di portarsi dietro le divise da cerimonia con le medaglie per poter sfilare in maniera trionfale sulle strade della capitale. Ecco, ha fallito l’obiettivo. Questo da una parte per la resistenza ucraina e dall’altra per aver sopravvalutato la propria capacità militare. E dall’altra parte invece i governi occidentali hanno pensato di fiaccare il governo russo, e quindi la sua forza bellica, con le sanzioni economiche. Ma dopo nove mesi a che punto sono le sanzioni economiche? Quanto hanno indebolito la Russia?

MANUELE BONACCORSI FUORI CAMPO Nei supermercati di Mosca si trova un po’ di tutto. Questa è una catena specializzata proprio nei prodotti di importazione. Pasta italiana, birra tedesca, vino francese, ketchup americano sono ordinatamente in bella vista sugli scaffali.

MANUELE BONACCORSI Le sanzioni dell’Occidente come sono state interpretate dai russi?

DENIS VOLKOV – DIRETTORE LEVADA CENTER – MOSCA Semplice: le sanzioni non hanno determinato nessuna reazione. C'era molta preoccupazione all’inizio, a febbraio e a marzo. Ma i russi pensano: poco male, ora aumenteremo la nostra produzione interna.

MANUELE BONACCORSI FUORI CAMPO Ma c’è il trucco. Questi sono i magazzini Gum, il tempio del lusso occidentale a Mosca. Sulle vetrine dei marchi di moda c’è scritto: chiuso per motivi tecnici, per qualsiasi evenienza chiamate questo numero.

TELEFONISTA Gentile signore, se vuole acquistare qualsiasi prodotto basta andare sul nostro sito web.

IVAN TIMOFEEV – DIRETTORE RUSSIAN INTERNATIONAL AFFAIRS COUNCIL La strategia delle sanzioni semplicemente non funziona. L'Iran è sotto sanzione da più di 40 anni ma questo non ha portato al cambiamento del sistema politico. Lo stesso capita a Cuba e in Venezuela.

MANUELE BONACCORSI FUORI CAMPO Ivan Timofeev è ritenuto in patria uno dei massimi esperti di sanzioni.

IVAN TIMOFEEV – DIRETTORE RUSSIAN INTERNATIONAL AFFAIRS COUNCIL La lista delle sanzioni è piuttosto impressionante e, ad essere sincero, credevo che avrebbero avuto un effetto molto grave. È stata una previsione pessimistica: il sistema finanziario è riuscito a stabilizzarsi rapidamente e le imprese si stanno muovendo piuttosto efficacemente nella ricerca di nuovi mercati.

MANUELE BONACCORSI In quale settori le sanzioni hanno avuto più effetto?

IVAN TIMOFEEV - RUSSIAN INTERNATIONAL AFFAIRS COUNCIL Specialmente nell'elettronica ad alta tecnologia. Tuttavia, molte tecnologie possono essere prodotte anche internamente. Avremo tecnologie meno preformanti di quelle occidentali ma è meglio di zero, giusto?

MANUELE BONACCORSI FUORI CAMPO In Russia si fa di necessità virtù. McDonald ha abbandonato il Paese ed è stato acquisito da imprenditori locali. Il nome è diventato Vkusno i tochka, che tradotto vuol dire “gustoso e basta”. MANUELE BONACCORSI È identico!

MANUELE BONACCORSI FUORI CAMPO Ma se sostituire un panino è un compito assai facile, per quanto riguarda la meccanica le cose si fanno più complesse. A Rostov sul Don ha sede la Rostselmash, una delle più grandi fabbriche di trattori del mondo, fondata nel 1929. Produce mietitrebbiatrici di alta qualità, esportate in tutto il mondo. Questo è il reparto che produce le trasmissioni meccaniche.

INGEGNERE ROSTSELMASH Ognuna è composta da oltre 200 tenaglie. È una produzione molto complessa. MANUELE BONACCORSI Cosa è cambiato con le sanzioni?

INGEGNERE ROSTSELMASH In precedenza, i pezzi venivano acquistati in Germania e in Giappone. Ma abbiamo trovato altri produttori in Russia e alcune lavorazioni abbiamo cominciato a farle noi. Il nostro obiettivo è realizzare tutto all’interno e da due anni lavoriamo per farlo.

MANUELE BONACCORSI FUORI CAMPO Rostselmash ci spiega che dopo lo scontro della guerra le vendite si sono ridotte del 16 per centro a causa del crollo delle commesse nel mercato europeo e che l’azienda si sta rivolgendo adesso al mercato orientale. Ma le forniture dall’estero non si sono mai interrotte del tutto.

VITTORIO TORREMBINI – PRESIDENTE ASSOCIAZIONE IMPRENDITORI ITALIANI IN RUSSIA Sono sicuro che moltissime merci sanzionate arrivano. Naturalmente…

MANUELE BONACCORSI Tipo?

VITTORIO TORREMBINI – PRESIDENTE ASSOCIAZIONE IMPRENDITORI ITALIANI IN RUSSIA Pezzi di ricambio per gli aerei, pezzi di ricambio per o componenti per l'auto, arrivano. Certi componenti elettronici arrivano.

MANUELE BONACCORSI Ma dall’Italia o da..?

VITTORIO TORREMBINI – PRESIDENTE ASSOCIAZIONE IMPRENDITORI ITALIANI IN RUSSIA Da diversi paesi. Se io spedisco un componente elettronico in India nessuno può dirmi niente. E poi io non so se l'indiano lo rivende ai russi o no.

MANUELE BONACCORSI Quali sono le imprese italiane che sono state più colpite dalle sanzioni?

VITTORIO TORREMBINI – PRESIDENTE ASSOCIAZIONE IMPRENDITORI ITALIANI IN RUSSIA Tutte le imprese che lavorano nel settore dell’oil&gas e delle altre tecnologie, che hanno dovuto praticamente rinunciare a contratti miliardari. Se guardiamo i dati, noi perdiamo un 19-20 per cento di export.

MANUELE BONACCORSI A quanto ammonta?

VITTORIO TORREMBINI – PRESIDENTE ASSOCIAZIONE IMPRENDITORI ITALIANI IN RUSSIA Sono tre miliardi di euro.

MANUELE BONACCORSI FUORI CAMPO Vittorio Torrembini è il presidente dell’associazione delle imprese italiane in Russia. Ogni settimana riunisce i suoi iscritti per via telematica.

IMPRENDITRICE Poi avevo visto collegata Maria Tatarskaya della Ferrero, volevo chiedere come sta andando.

MARINA TATARSKAYA - RESP RELAZIONI ISTITUZIONALI FERRERO RUSSIA Non possiamo lasciare i bambini senza dolci,

IMPRENDITRICE Senza la Nutella non possono sopravvivere. Abbiamo fatto investimenti, dobbiamo proteggerli.

VITTORIO TORREMBINI – PRESIDENTE GIM UNIMPRESA Non possiamo lasciare i bambini senza dolci. Nel senso che non è che la Ferrero sta finanziando Putin. Non è che siamo qui per sostenere lo zar. Siamo qui per gli interessi del nostro Paese. Tutto lì.

MANUELE BONACCORSI Vi danno dei putiniani, quindi?

VITTORIO TORREMBINI – PRESIDENTE GIM UNIMPRESA Eh sì, in giro, perché siete ancora in Russia? Ma non capite che questo è un dittatore? Cosa state lì a fare? E allora le nostre aziende che sono in Cina cosa dovrebbero fare, dovrebbero chiudere domani mattina? Quelle che sono in Arabia Saudita? Cioè l'Italia è un Paese che si regge sulle esportazioni. E dove andiamo a vendere, su Marte?

SIGFRIDO RANUCCI IN STUDIO È un tema. La Russia ha perso quello che era il suo mercato principale per le materie prime, l’Europa, tuttavia il suo Pil si è ridotto solo del 3,4 percento. È aumentata l’inflazione al 12 percento, è poco superiore della media che viene calcolata nel continente europeo che è 10,6 percento. Ora abbiamo capito che la Russia non ha avuto il crollo, se qualcuno se l’aspettava ha fatto i calcoli sbagliati. Ha sostituito le tecnologie che importava con quelle autoctone e poi ha cercato nuovi mercati, sta costruendo un nuovo gasdotto il Power of Siberia 2 che porterà gas e petrolio in Cina. Ha aperto con il Medio Oriente, con l’India, con l’Africa. Insomma, che cosa ci insegna questo? Che in un mondo globalizzato se le sanzioni non sono globalizzate non hanno effetto. Sono armi spuntate, hanno un peso invece su quelle aziende, eccellenze, italiane che puntano sull’export. In Russia, l’abbiamo visto, continuano ad aggirare le sanzioni comprando attraverso triangolazioni con Paesi terzi, comprando attraverso la piazza globale che è internet, insomma mancano però le materie prime. Mancano le materie prime e mancano soprattutto in occidente. 

Paolo Valentino per corriere.it il 29 Dicembre 2022.

Quando il 26 settembre un’esplosione sottomarina danneggiò gravemente i tubi di Nord Stream I e Nord Stream II, i due gasdotti che collegano la Russia al Nord Europa adagiati sul fondo del Mar Baltico, quasi tutti i Paesi occidentali puntarono l’indice verso la Russia, ipotizzando l’ennesima operazione coperta, mirata a destabilizzare il mercato producendo un aumento dei prezzi. 

Mosca, da parte sua, invocando l’assurdità di un atto terroristico ai propri danni, accusò la Gran Bretagna di essere dietro l’attacco. Nessuna delle due accuse era suffragata da alcuna prova. Poca attenzione e commenti suscitò invece un tweet del deputato europeo ed ex ministro degli Esteri polacco, Radoslaw Sikorski, che pubblicò una foto del tratto di mare con la bolla provocata dal gas fuoruscito dai tubi, con il commento: «Thank you Usa», grazie Stati Uniti.

Sono passati tre mesi. E l’esplosione del Mar Baltico, probabilmente provocata da bombe lanciate da navi o messe sul fondo da sottomarini, rimane un mistero di difficile e forse impossibile soluzione. Soprattutto, nell’era della continua sorveglianza satellitare, nel pieno di una crisi energetica globale e con l’intera Europa in stato di allerta a causa della guerra in Ucraina, appare incredibile come un’imbarcazione o un sommergibile abbia potuto avvicinarsi in incognito all’infrastruttura più controversa dello scontro Russia-Occidente, depositare un ordigno e poi allontanarsi senza lasciare tracce.

Ma veramente non ne ha lasciate? La domanda è lecita, se è vero che l’indagine compiuta dal governo svedese ha concluso che dietro l’attacco ci sia un «attore statale», cioè che ci sia stata un’operazione di intelligence organizzata e gestita da un governo. Stoccolma però ha deciso di tenere segreti molti dettagli dell’inchiesta, alimentando l’ipotesi che in realtà il caso è stato risolto ma strategicamente è meglio non rivelarne le conclusioni. La linea ufficiale, riassunta nelle parole del capo del controspionaggio svedese Daniel Stenling, è: «Al momento non abbiamo prove, ma auspicabilmente le avremo». 

A complicare lo scenario è la notizia che Nord Stream AG, la società del gigante statale Gazprom proprietaria dei due gasdotti, nelle scorse settimane ha calcolato l’eventuale costo delle riparazioni, mettendo a punto diversi preventivi. Uno solo di questi interventi, secondo una fonte anonima citata dal New York Times, si aggirerebbe intorno ai 500 milioni di euro. Ovviamente, dando per buona l’ipotesi che sia stata Mosca a ordinare l’azione contro i suoi stessi gasdotti, la domanda è perché mai ora stia pensando di iniziare i costosissimi lavori di riparazione.

Ma come tutte le cose russe, il mistero è nascosto dentro un enigma. E come sempre nell’universo delle intelligence, nulla è come appare. Il ragionamento di chi accusa il Cremlino è che Putin abbia ormai dimostrato di saper usare il gas come un’arma. 

Già in agosto, il presidente russo ha chiuso il Nord Stream I, invocando problemi tecnici, poi a settembre ha detto che sarebbe rimasto chiuso a tempo indeterminato. Il 26 settembre è avvenuta l’esplosione, che ha danneggiato entrambi i gasdotti e che non va certo a vantaggio di Mosca, costretta ancora a pagare all’Ucraina i diritti di transito della vecchia condotta Druzba. 

Ma l’attacco ai due Nord Stream ha disarticolato i mercati, provocando un’impennata dei prezzi del gas e di fatto assicurando che rimangano alti ancora a lungo. Questo, secondo la teoria, costituirebbe un incentivo per gli Europei a far pressioni su Kiev per accettare un negoziato e porre fine alla guerra. Ulteriore effetto dell’esplosione, quello di essere un avvertimento russo per Paesi come Polonia e Norvegia, da poco collegati da un nuovo gasdotto, come a dire: «Possiamo farlo anche altrove». Indizio a favore di questa tesi: il 26 settembre il Nord Stream I non trasportava gas.

In realtà non c’è uno straccio di prova. L’improbabilità di un’operazione auto inflitta dei russi è palese. Gli omissis svedesi non aiutano l’accertamento della verità. I servizi di Stoccolma non vogliono neppure condividere tutte le loro conclusioni con altri servizi europei. Certo, episodi come la recente scoperta di una talpa russa nell’intelligence tedesca offrono un argomento alla loro diffidenza. 

Ma il mistero del Baltico rimane. Come rimane senza ulteriori spiegazioni quello strano cinguettio di Sikorski. Che fra l’altro è marito della giornalista americana Anne Applebaum, una delle maggiori e meglio connesse esperte della Russia e dei Paesi dell’Est.

Le ultime rivelazioni sul gasdotto Nord Stream svelano le bufale del mainstream. Enrica Perucchietti su L'Indipendente il 30 Dicembre 2022.

«Dopo mesi di indagini, numerosi funzionari affermano in privato che la Russia potrebbe non essere responsabile degli attacchi ai gasdotti Nord Stream». In un lungo articolo, il Washington Post spiega che non ci sono prove che la Russia sia in qualche modo coinvolta nelle esplosioni ai gasdotti Nord Stream1 e 2. «A questo punto non ci sono prove che la Russia sia dietro al sabotaggio», ha dichiarato un funzionario europeo interpellato dal quotidiano statunitense, aggiungendosi alle valutazioni di 23 funzionari diplomatici e dell’intelligence di nove Paesi intervistati nelle ultime settimane. Secondo la ricostruzione del Washington Post, «alcuni si sono spinti fino a dire che non pensano che la Russia sia responsabile».

Dal Cremlino è arrivata la reazione di Putin che giovedì, in conferenza stampa, ha rimarcato che il danneggiamento ai gasdotti «è un atto di terrorismo di Stato», aggiungendo che «chi è interessato al fatto che la fornitura di gas russo all’Europa passasse solo attraverso l’Ucraina, ha fatto saltare tutto».

Dopo le esplosioni, in maniera avventata, Zelensky aveva puntato il dito contro il Cremlino, definendolo un «attacco terroristico pianificato dalla Russia e un atto di aggressione nei confronti dell’Unione Europea», mentre le intelligence di alcuni Paesi UE avevano diffuso la notizia della presenza, qualche giorno prima, di alcune navi russe nella zona dei danneggiamenti.

Il ministero della Difesa russa, in un rimpallo di responsabilità, aveva respinto l’accusa e aveva incolpato pubblicamente la Royal Navy britannica di aver partecipato alla preparazione e attuazione del sabotaggio.

La stampa internazionale ha individuato da subito il “suo” colpevole: Putin. Per settimane ha insinuato che la responsabilità delle perdite dai due gasdotti Nord Stream fosse russa, sebbene tale pista fosse poco logica e semplicistica e a giovare dell’attacco fossero semmai altri Paesi (Polonia, Norvegia, Danimarca, Gran Bretagna e Stati Uniti).

Secondo fonti britanniche citate dal Times, lo scenario più probabile era che la Russia avesse lanciato un drone subacqueo con una carica esplosiva verso due diverse zone. Così per Sky Tg24, riprendendo un articolo di Spiegel, «i sospetti  puntano verso la Russia», mentre Fanpage abbracciava la teoria avanzata degli esperti del The Guardian, secondo cui «potrebbero essere stati i robot [russi] di manutenzione che operano all’interno della struttura del gasdotto durante lavori di riparazione». Ancora meno diplomatico Formiche.net: «Difficile non pensare a un atto ostile, come riscontrano diversi leader europei, mentre dietro agli eventi si intravvede la possibile trama di Putin».

La fatidica domanda cui prodest? non è stata presa in considerazione dai media di massa, concentrati nella consueta demonizzazione del nemico dell’Occidente. Non è stata nemmeno adottata la prudenza nel raccontare quello che è successo: per l’informazione italiana sarebbero stati i russi, a priori, a colpire il gasdotto, sebbene l’attentato sia stato compiuto in un mare controllato dalle forze Nato, sul quale incrociano navi dell’Alleanza atlantica.

Il Washignton Post ora dimostra che la stampa avrebbe dovuto mostrare più cautela nell’accusare Mosca. Anche perché, tra gli indiziati, ci sono anche gli Stati Uniti: Washington non ha mai fatto mistero della sua contrarietà al gasdotto Nord Stream 2 e per diversi anni si è opposta alla realizzazione del progetto, con lo scopo di impedire il vincolo tra Russia ed Europa.

Il 23 marzo 2021 il neosegretario di Stato USA Blinken, in una conferenza stampa insieme al segretario generale della Nato Jens Stoltenberg, dichiarava: «Il Nord Stream 2 è una pessima idea sia per l’Europa che per gli Stati Uniti» per poi aggiungere in maniera sibillina: «Il progetto è in contraddizione con gli obiettivi di sicurezza energetica dell’Unione europea».

Diversi analisti hanno ricordato una risposta del presidente Joe Biden che, in una conferenza stampa del 7 febbraio, alla presenza del cancelliere Scholz, aveva minacciato Mosca di ripercussioni: «Se la Russia invade, non ci sarà più un Nord Stream 2. Vi porremo fine. Vi assicuro, saremo in grado di farlo». Biden faceva eco alle dichiarazioni del sottosegretario di Stato Victoria Nuland che, una decina di giorni prima, aveva avvertito il Cremlino: «Se la Russia invade l’Ucraina, in un modo o nell’altro Nord Stream 2 non andrà avanti». E così è stato.

[di Enrica Perucchietti]

Ucraina Russia, le notizie sulla guerra del 27 dicembre. Marta Serafini inviata a Kiev e Redazione Online su Il Corriere della Sera il 27 dicembre 2022

Le notizie di martedì 27 dicembre. La Russia è pronta a riaprire il gasdotto Yamal verso l’Europa. Lavrov: «Denazificare il regime di Kiev»

• La guerra in Ucraina è arrivata al 306esimo giorno.

• Kuleba, ministro degli Esteri ucraino: «Puntiamo a un summit di pace entro fine febbraio all’Onu».

• Il Cremlino annuncia un colloquio tra Putin e Xi prima della fine dell’anno.

• Putin nomina Medvedev come suo vice nella Commissione militare-industriale.

• Kiev ha esortato i residenti di Kherson a evacuare la città.

Ore 04:35 - Il Cremlino: colloqui Putin-Xi prima della fine dell’anno

Vladimir Putin e il presidente cinese Xi Jinping avranno un colloquio entro la fine dell’anno. Lo ha riferito l’agenzia di stampa statale russa Tass senza fornire dettagli sui tempi e sul format dei colloqui, citando il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov.

Ore 04:42 - Putin nomina Medvedev suo vice in Commissione militare-industriale

Putin ha nominato l'ex premier Dmitry Medvedev suo vice nella Commissione militare-industriale, secondo quanto riportato nel corrispettivo decreto presidenziale. Formalmente, Medvedev assume la carica di primo vicepresidente della Commissione: potrà tenere riunioni del complesso militare-industriale per conto di Putin e ha anche il diritto di «creare consigli e gruppi di lavoro nelle aree di attività della Commissione per esaminare questioni di sua competenza e preparare proposte per la loro soluzione». Medvedev è già vicepresidente del Consiglio di sicurezza della Federazione russa, anche qui nel ruolo di vice del presidente Putin. La Commissione militare-industriale è un organo permanente che organizza e coordina le attività degli organismi esecutivi federali nell'attuazione della politica statale sulle questioni militare-industriali.

Ore 04:49 - Kiev esorta i residenti di Kherson a evacuare

Le autorità hanno esortato i residenti di Kherson d evacuare a causa dell'intensificarsi dei bombardamenti russi. Lo afferma su Telegram il ministero del Reintegro dei territori temporaneamente occupati, citato da Ukrinform. «I continui bombardamenti nemici su Kherson liberata stanno diventando sempre più frequenti e su larga scala. La situazione della sicurezza è stata molto tesa negli ultimi giorni», ha sottolineato il ministero. Nell'attacco russo a Kherson del 24 dicembre sono morti 16 civili e 64 sono rimasti feriti.

Ore 04:53 - Putin nomina Medvedev suo vice in Commissione militare-industriale

Putin ha nominato l'ex premier Dmitry Medvedev suo vice nella Commissione militare-industriale, secondo quanto riportato nel corrispettivo decreto presidenziale. Formalmente, Medvedev assume la carica di primo vicepresidente della Commissione: potrà tenere riunioni del complesso militare-industriale per conto di Putin e ha anche il diritto di «creare consigli e gruppi di lavoro nelle aree di attività della Commissione per esaminare questioni di sua competenza e preparare proposte per la loro soluzione». Medvedev è già vicepresidente del Consiglio di sicurezza della Federazione russa, anche qui nel ruolo di vice del presidente Putin. La Commissione militare-industriale è un organo permanente che organizza e coordina le attività degli organismi esecutivi federali nell'attuazione della politica statale sulle questioni militare-industriali.

Ore 04:58 - Kuleba: «Puntiamo a un summit di pace entro fine febbraio all’Onu»

Il governo dell’Ucraina punta ad avere un summit di pace entro fine febbraio, preferibilmente alle Nazioni unite e con il segretario generale dell’Onu Antonio Guterres come possibile mediatore, più o meno nel periodo dell’anniversario dell’inizio della guerra da parte della Russia. Lo ha detto il ministro degli Esteri ucraino, Dmytro Kuleba, in un’intervista ad Associated Press

Ore 05:03 - Kiev colpisce ancora in Russia e lancia il «vertice per la pace»

(Marta Serafini, nostra inviata) Tre militari russi morti. È lunedì mattina quando le immagini diffuse in rete mostrano un bagliore provenire dalla base aerea di Engels, vicino alla città di Saratov, nel sud della Russia. Secondo il ministero della Difesa di Mosca, si tratta di un drone ucraino abbattuto, i cui detriti, cadendo, hanno ucciso «tre membri del personale di servizio».

È la seconda volta nel giro di un mese che la base di Engels, costruita in epoca sovietica, e intitolata al filosofo Friedrich Engels, nonché sede del 121° reggimento dell’aviazione di bombardieri pesanti, compresi gli squadroni di bombardieri strategici Tu-95 e Tu-160 i cui missili hanno devastato le infrastrutture energetiche ucraine, viene colpita.

 Ore 05:10 - Mosca: pronti a riaprire il gasdotto Yamal per l’Europa

Mosca è pronta a riprendere le forniture attraverso il gasdotto Yamal verso la Polonia: lo ha detto il vice primo ministro russo Alexander Novak all’agenzia Tass. «Il mercato europeo rimane rilevante e abbiamo le possibilità di riprendere il flusso» ha detto Novak citando nello specifico il gasdotto Yamal. A maggio Varsavia aveva rifiutando il diktat del Cremlino di pagare in rubli e Gazprom aveva chiuso i rubinetti del Yamal. Novak ha detto che c’è la possibilità di aggiungere approvvigionamenti attraverso la Turchia e che nel 2022 la Russia ha inviato in Europa 21 milioni di metri cubi di gas naturale liquefatto.

Ore 05:03 - Kiev colpisce ancora in Russia e lancia il «vertice per la pace»

(Marta Serafini, nostra inviata) Tre militari russi morti. È lunedì mattina quando le immagini diffuse in rete mostrano un bagliore provenire dalla base aerea di Engels, vicino alla città di Saratov, nel sud della Russia. Secondo il ministero della Difesa di Mosca, si tratta di un drone ucraino abbattuto, i cui detriti, cadendo, hanno ucciso «tre membri del personale di servizio».

È la seconda volta nel giro di un mese che la base di Engels, costruita in epoca sovietica, e intitolata al filosofo Friedrich Engels, nonché sede del 121° reggimento dell’aviazione di bombardieri pesanti, compresi gli squadroni di bombardieri strategici Tu-95 e Tu-160 i cui missili hanno devastato le infrastrutture energetiche ucraine, viene colpita.

 Ore 05:10 - Mosca: pronti a riaprire il gasdotto Yamal per l’Europa

Mosca è pronta a riprendere le forniture attraverso il gasdotto Yamal verso la Polonia: lo ha detto il vice primo ministro russo Alexander Novak all’agenzia Tass. «Il mercato europeo rimane rilevante e abbiamo le possibilità di riprendere il flusso» ha detto Novak citando nello specifico il gasdotto Yamal. A maggio Varsavia aveva rifiutando il diktat del Cremlino di pagare in rubli e Gazprom aveva chiuso i rubinetti del Yamal. Novak ha detto che c’è la possibilità di aggiungere approvvigionamenti attraverso la Turchia e che nel 2022 la Russia ha inviato in Europa 21 milioni di metri cubi di gas naturale liquefatto.

Ore 05:22 - Zelensky: «Circa 9 milioni di persone senza elettricità»

Il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, in un videomessaggio ha denunciato che da ieri sera «ci sono almeno 9 milioni di persone senza energia elettrica in varie regioni dell’Ucraina. Ma il numero e la durata delle interruzioni sta gradualmente diminuendo. Ci tengo a ringraziare tutti i lavoratori delle imprese energetiche, tutte le squadre di riparazione, grazie alle quali questo sabato e domenica, alla vigilia di Natale e a Natale, è stato possibile dare più energia alle persone».

«Ho avuto oggi un meeting speciale con funzionari governativi sul tema dell’energia e delle infrastrutture. Ci stiamo attrezzando per il prossimo anno, e non solo per i mesi invernali. Ci sono minacce che dobbiamo eliminare. Ci sono decisioni che vanno prese», ha aggiunto Zelensky.

Ore 05:31 - Lavrov: «Dal Pentagono minacce di assassinio di Putin»

La denuncia arriva dal ministro degli Esteri russo, Sergey Lavrov, che in un’intervista all’agenzia Tass parla di dichiarazioni rilasciate da fonti «anonime» del Dipartimento della Difesa Usa. «Alcuni “funzionari anonimi” del Pentagono hanno effettivamente espresso la minaccia di sferrare un “attacco decapitante” al Cremlino, che in realtà è una minaccia di tentato omicidio del presidente russo - ha detto Lavrov -. Se tali idee sono davvero ponderate da qualcuno, allora questo qualcuno dovrebbe pensare meglio alle possibili conseguenze di tali piani», ha concluso il ministro degli Esteri russo.

Ore 07:46 - A Bakhmut situazione «difficile e dolorosa»

Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha affermato che i combattimenti nelle regioni orientali di Bakhmut e Kreminna e in altre aree del Donbass sono «difficili e dolorosi» per le truppe ucraine. Il governatore regionale di Donetsk Pavlo Kyrylenko ha aggiunto che oltre il 60% delle infrastrutture nella città di Bakhmut è stato parzialmente o completamente distrutto.

Ore 08:00 - Lavrov: denazificare l’Ucraina

«Le nostre proposte per la smilitarizzazione e la denazificazione dei territori controllati dal regime di Kiev, l’eliminazione delle minacce alla sicurezza della Russia provenienti da queste aree, compresi i nostri nuovi territori, sono ben note al nemico», ha detto il ministro degli Esteri russo Sergey Lavrov citato dall’agenzia russa Tass. «Il punto è semplice» — dice Lavrov rivolgendosi alle autorità ucraine — accettate queste condizioni «per il vostro bene. Altrimenti, la questione sarà decisa dall’esercito russo».

Ore 08:26 - Attacchi russi su Kherson

Le forze russe hanno lanciato nelle ultime 24 ore nuovi 40 attacchi contro la regione ucraina di Kherson, causando un ferito. Come ha affermato su Telegram il governatore della regione, Yaroslav Yanushevich, le truppe di Mosca hanno fatto uso d’artiglieria, mortai, carri armati e lanciarazzi multipli. In particolare, 11 attacchi sono stati lanciati contro la città di Kherson, riconquistata a novembre dalle forze ucraine: una persona ferita, danneggiati edifici residenziali e infrastrutture.

Ore 08:39 - Kiev: neutralizzati 4.500 attacchi informatici nel 2022

I servizi di sicurezza dell’Ucraina hanno neutralizzato più di 4.500 attacchi informatici russi dall’inizio dell’anno. Lo ha detto a My-Ukraine Ilya Vitiuk, capo del dipartimento di sicurezza informatica presso il Servizio di sicurezza dell’Ucraina (Ssu): «Il Paese aggressore lancia in media più di dieci attacchi informatici ogni giorno. Fortunatamente siamo entrati nel 2022 con otto anni di esperienza nella guerra ibrida. Al momento dell’invasione eravamo già preparati agli scenari peggiori», ha detto Vitiuk, spiegando che nel 2020 erano stati registrati quasi 800 attacchi informatici, saliti a più di 1.400 nel 2021, un dato che si è triplicato nel 2022.

Ore 10:12 - Lavrov minaccia: «Kiev accetti proposte o ci pensa l’esercito»

«Il nemico è ben consapevole delle nostre proposte sulla smilitarizzazione e la denazificazione dei territori controllati dal regime di Kiev, l’eliminazione delle minacce alla sicurezza della Russia che include i nostri nuovi territori (le repubbliche di Donetsk e Lugansk e le regioni di Kherson e Zaporizhzhia). Non resta molto da fare: accettare queste proposte in modo amichevole, o in caso contrario sarà l’esercito russo ad occuparsi della questione». Lo ha dichiarato il ministro degli Esteri russo Sergey Lavrov in un’intervista alla Tass.

Ore 10:13 - Incontro Putin-Lukashenko a San Pietroburgo

I presidenti della Federazione Russa e della Bielorussia Vladimir Putin e Alexander Lukashenko stanno avendo un colloquio al Museo Russo di San Pietroburgo. Lo riferisce Ria Novosti. «Ci incontreremo di nuovo e discuteremo di ciò che è di reciproco interesse», ha spiegato Putin.

Ore 10:13 - Lavrov: «Il Pentagono ha minacciato di assassinare Putin»

«Alcuni “funzionari anonimi” del Pentagono hanno minacciato di infliggere un “attacco decapitante” al Cremlino: volevano eliminare fisicamente il capo dello stato russo. Se tali idee sono effettivamente valutate da qualcuno, questo qualcuno dovrebbe riflettere molto attentamente sulle possibili conseguenze di tali piani». Lo ha detto il ministro degli Esteri russo, Sergei Lavrov, in un’intervista alla Tass.

Ore 10:20 - Deputato russo muore in India: caduto dal terzo piano

Pavel Antov, parlamentare russo del partito Russia Unita, che lo scorso giugno aveva criticato la guerra di Putin in Ucraina, è stato trovato morto domenica sera, dopo una caduta dal terzo piano di un hotel di Rayagada, nello Stato indiano dell’Odisha.

Le autorità indiane hanno ipotizzato con i media che Antov, trovato senza sensi in una pozza di sangue, si sarebbe suicidato in preda alla depressione per la scomparsa, due giorni prima, «apparentemente per un attacco cardiaco», dell’amico Vladimir Budanov, anche lui russo, che faceva parte del gruppo di quattro turisti arrivati all’hotel qualche giorno prima per festeggiare il 66esimo compleanno di Antov.

Recentemente Antov aveva criticato il presidente russo Vladimir Putin per la guerra in Ucraina, ritrattando in seguito le proprie dichiarazioni.

Ore 10:39 - Von der Leyen: «Da Ue oltre 77mila tonnellate di aiuti da febbraio»

«Da febbraio, l’Unione Europea ha spedito oltre 77mila tonnellate di materiale di assistenza in Ucraina. Ciò include forniture salvavita come medicine, cibo, articoli per il riparo e oltre a veicoli antincendio e ospedali mobili. La solidarietà dell’Europa con l’Ucraina sta solo diventando più forte». Lo scrive in un tweet la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen.

Ore 10:56 - «Miracolo di Natale» a Kherson: razzi su una chiesa ma non esplodono

Viene già chiamato «il miracolo di Natale». Il 23 dicembre, i russi hanno bombardato il centro di Kherson da Grady. Due razzi sono volati contro la chiesa cattolica che in quel momento era piena di persone e anche bambini, ma non sono esplosi. Uno è caduto e si è spezzato in due, l'altro è rimasto incastrato nel muro. Lo ha raccontato il vescovo cattolico latino di Odessa-Simferopol, monsignor Stanislav Szyrokoradiuk, durante la messa della veglia di Natale. La notizia è riportata dal sito della Chiesa cattolica latina in Ucraina, rilanciato in Italia dal Sir.

Durante l'omelia, il vescovo ha menzionato il bombardamento di Kherson, avvenuto il giorno prima, dicendo che ha già registrato molti casi miracolosi che si stanno verificando nel territorio della diocesi che comprende le città di Kherson e Mykolaiv. «Dio comanda. Una persona spara ma Dio controlla quel razzo», ha detto il vescovo. «Ci sono molti cattolici che digiunano ogni venerdì a pane e acqua per la vittoria, per i loro soldati. Kherson è stata pesantemente bombardata venerdì. Dopodiché, il nostro prete chiama e dice: "due razzi hanno colpito la chiesa. Tutti erano nel tempio. Le persone stavano pulendo: bambini, donne, due sacerdoti. Si stavano preparando per il Natale e? nessuno di questi razzi è esploso, lasciando solo buchi nel tetto. Uno è caduto e si è spezzato in due, l'altro è rimasto incastrato nel muro. Nessuno è esploso. Non è questa la grazia di Dio?" Questo significa che se preghiamo, se confidiamo in Dio, Dio controlla i razzi», ha sottolineato il vescovo Szyrokoradiuk. La Chiesa cattolica ucraina ricorda che il 24 dicembre 10 persone sono morte e 55 sono rimaste ferite a Kherson a causa dei bombardamenti russi.

Ore 11:09 - Ministero della Difesa inglese: «La Russia ha trasferito in Bielorussia carri armati»

«Elementi della prima armata delle Guardia russe sono stati probabilmente tra le forze russe che si sono recentemente spostate in Bielorussia». È quanto afferma il report quotidiano del ministero della Difesa del Regno Unito, osservando come si tratti di forze che necessitano di essere addestrate prima di poter essere utilizzate sul campo.

Ore 11:24 - Germania: «Una talpa avrebbe dato a Mosca informazioni sull'Ucraina»

Il dipendente del Bnd, i servizi segreti esteri tedeschi, arrestato mercoledì scorso per presunto spionaggio avrebbe anche passato all'intelligence russa valutazioni top secret sulla guerra in Ucraina. Lo scrivono Wdr e Ndr, come riporta Tagesschau. Gli ambienti di sicurezza, inoltre, sospetterebbero che il funzionario, Carsten L., fosse sotto ricatto da parte dei servizi di Mosca. L'uomo è stato arrestato mercoledì scorso, con l'accusa di tradimento, su ordine della Procura generale federale tedesca.

Ore 11:39 - Kiev: «La Russia venga espulsa dall'Onu»

«L'Ucraina chiede di espellere la federazione russa dall'Onu». Lo scrive il vicepresidente del parlamento ucraino, Oleksandr Korniyenko, via Twitter. «La Russia occupa territori stranieri», si legge nel tweet, «occupa seggi nelle organizzazioni internazionali. L'adesione della Russia all'Onu è illegittima. L'Ucraina non resterà in silenzio». Al tweet di Korniyenko si aggiunge una dichiarazione di ieri del ministero degli Esteri ucraino, secondo cui la Russia avrebbe occupato illegalmente il posto dell'Urss nel Consiglio di sicurezza dell'Onu dopo lo scioglimento dell'Unione Sovietica nel 1991: «Da un punto di vista giuridico e politico, la conclusione può essere una sola: la Russia è un usurpatore del seggio dell'Unione Sovietica nel Consiglio di sicurezza dell'Onu».

Ore 12:01 - Alexander Lambsdorff sarà il nuovo ambasciatore tedesco a Mosca

Alexander Lambsdorff, deputato liberale ed esperto di politica estera dei liberali della Fdp, dovrebbe diventare la prossima estate il nuovo ambasciatore tedesco in Russia. Lo riporta Spiegel, citando ambienti della coalizione di governo. Lambsdorff ha ripetutamente condannato con forza la guerra di aggressione russa contro l'Ucraina e negli scorsi mesi ha dichiarato di non ritenere possibile al momento una soluzione puramente diplomatica del conflitto. Già vicepresidente del parlamento Ue, diplomatico di formazione, Lambsdorff è discendente di una famiglia nobile tedesca. Attualmente, Ge'za Andreas von Geyr è in carica a Mosca come ambasciatore tedesco.

Ore 12:32 - Kiev: «Maggiori perdite dell'esercito russo a Bakhmut e Lyman»

Nelle ultime 24 ore «il nemico russo ha subito le maggiori perdite nelle direzioni Bakhmut e Lyman». Lo ha riferito lo Stato maggiore delle forze armate ucraine nell'aggiornamento di questa mattina. Secondo il report, l'esercito di Kiev ha respinto gli attacchi russi nelle aree di due insediamenti nella regione di Luhansk e sei nella regione di Donetsk. «Nelle direzioni Volyn, Polissya, Siverskyi e Slobozhanskyi la situazione non è cambiata in modo significativo», si legge nell'aggiornamento.

Ore 12:52 - Tass: «Guterres sarebbe pronto a mediare con l'accordo delle parti»

L'agenzia di stampa statale russa Tass ha raccolto una dichiarazione dell'ufficio del capo delle Nazioni Unite, secondo cui il segretario generale Antonio Guterres è pronto a mediare sul conflitto in Ucraina, a condizione che tutte le parti siano d'accordo con questa proposta.

Ieri il ministro degli Esteri ucraino Dmytro Kuleba, in un'intervista all'Associated Press, ha affermato che il governo di Kiev punta a tenere un vertice di pace entro la fine di febbraio alle Nazioni Unite con il segretario generale Antonio Guterres come possibile mediatore, proprio nel periodo del primo anniversario dell'invasione.

Ore 13:12 - Kiev: la Russia parla di pace solo per guadagnare tempo

I commenti della Russia sui negoziati di pace sono solo modi per il governo di Mosca di guadagnare più tempo. Lo ha affermato alla Cnn il consigliere del presidente ucraino Volodymyr Zelensky, Alexander Rodnyansky. «La Blitzkrieg è andata terribilmente storta per loro (i russi ndr) e lo sanno, quindi hanno bisogno di più tempo per riorganizzarsi e ricostruire le loro truppe», ha detto Rodnyansky. «Non dobbiamo cadere in quella trappola», ha detto.

Ore 13:31 - Kiev: famiglia sterminata da gruppo Wagner, morti anche 4 bimbi

Una famiglia di otto persone, tra cui quattro bambini, è stata uccisa a colpi d’arma da fuoco nella città di Makiivka, nella regione ucraina di Donetsk occupata dai russi. Una strage che Kiev ha attribuito ai mercenari del gruppo Wagner. Lo ha detto Petro Andriushchenko, consigliere del sindaco di Mariupol, fuggito quando la città nella regione di Donestk è stata conquistata dai russi, come riporta Ukrainska Pravda. Secondo Andriushchenko, tutti i cadaveri avevano ferite da arma da fuoco alla testa a bruciapelo.

Ore 14:15 - Allarme aereo in tutta l'Ucraina: in arrivo Mig russi

Allarme aereo in tutta l'Ucraina. Come scrive il gruppo di monitoraggio bielorusso Gayun si sono alzati in volo MiG-31K Kinzhaliv, così come l'aereo di tracciamento radar a lungo raggio Il-76 A-50 Serhiy Atayants. Entrambi gli aerei sono decollati dall'aeroporto bielorusso Machulyshchi.

Ore 14:22 - Kiev: «I russi hanno spostato gli aerei dopo attacco alla base Engels»

L'esercito russo ha spostato molti dei suoi bombardieri dalla base aerea di Engels ad altre località in seguito agli attacchi dell'Ucraina di ieri: lo ha dichiarato in tv il portavoce dell'aeronautica ucraina Yuriy Ihnat, come riferisce il Guardian.

Ore 14:26 - Podolyak: «Smilitarizzeremo la Russia, cacceremo gli invasori»

«Né la mobilitazione totale, né la ricerca spasmodica di munizioni, nemmeno i contratti segreti con l'Iran e neanche le minacce di Lavrov aiuteranno. La Russia deve affrontare la realtà. L'Ucraina smilitarizzerà la Federazione Russa, estromettendo gli invasori da tutti i territori occupati. Aspettate il finale in silenzio...». Lo scrive il consigliere presidenziale ucraino Mykhailo Podolyak su Twitter.

Ore 14:29 - La Lettonia dona altri 10 autobus alla città di Kiev

Il Consiglio comunale di Riga ha deciso di donare altri 10 autobus alla città di Kiev per collaborare alla ricostruzione del sistema di trasporto pubblico della capitale ucraina. Lo ha annunciato la società di trasporti pubblici Rigas Satiksme.

I dieci autobus saranno portati a Kiev alla metà di gennaio insieme a un carico di prodotti alimentari e igienici per gli abitanti della città raccolti in questi giorni grazie a una pubblica sottoscrizione.

Ore 15:03 - Kiev: «I russi bombardano la regione di Kherson, almeno un morto»

Una persona è stata uccisa e altre sono rimaste ferite a seguito del bombardamento dell'esercito russo sulla città di Oleshki, nella regione di Kherson. Lo riferisce il sindaco della cittadina, Yevhen Ryschuk, via Telegram, come riporta Ukrinform. L'attacco «ha rotto le finestre del grattacielo Zhytloselyshche 5A», si legge nel messaggio.

Ore 15:50 - Blinken: «Difenderemo le infrastrutture energetiche dell'Ucraina»

«Saremo a fianco dell'Ucraina per tutto il tempo necessario. Un inverno duro si prospetta per gli ucraini e noi lavoreremo senza sosta con il G7 e gli altri partner per riparare, sostituire e difendere l'infrastruttura energetica dell'Ucraina». Lo twitta il segretario di Stato americano Antony Blinken.

Ore 16:38 - Si rifiuta di combattere in Ucraina: condannato a 1 anno e mezzo di reclusione

Il tribunale militare di Petropavlovsk-Kamchatsky, nell'estremo oriente russo, ha condannato a un anno e otto mesi di reclusione un militare accusato di non aver eseguito un ordine e di essersi rifiutato di combattere in Ucraina: lo riportano diversi media, tra cui Meduza e l'edizione in lingua russa della Bbc. L'imputato ha presentato ricorso in appello contro la condanna di primo grado. Secondo Novaya Gazeta Europa, il tribunale sostiene che il 6 ottobre l'uomo avrebbe «violato la carta di servizio interno dell'esercito russo e la carta disciplinare dell'esercito russo» perché «consapevole che in Russia era stata annunciata la mobilitazione e rigettando l'idea di prendere parte alle ostilità» si sarebbe rifiutato di essere mandato in Ucraina.

Ore 16:48 - Zelensky: «Ho sentito e ringraziato Meloni»

«Ho ringraziato Giorgia Meloni per la solidarietà e il supporto all'Ucraina. Ho lodato lo stanziamento del governo italiano di ulteriori 10 milioni di euro in aiuti. Meloni mi ha informato che si sta valutando la questione della fornitura di sistemi di difesa aerea a protezione dei cieli ucraini. Abbiamo discusso del piano di pace». Lo scrive su Twitter il presidente ucraino Volodymyr Zelensky.

La premier ha anche confermato la sua intenzione di recarsi a Kiev e ha invitato il Presidente Zelensky a Roma.

Il colloquio, spiega Palazzo Chigi, ha fatto seguito alla conversazione telefonica che Meloni e Zelensky avevano avuto il 28 ottobre. Meloni ha rinnovato il pieno sostegno del Governo italiano a Kiev in ambito politico, militare, economico e umanitario, nel ripristino delle infrastrutture energetiche e nella futura ricostruzione dell'Ucraina. Meloni ha ribadito il massimo impegno dell'Italia per ogni azione utile per arrivare ad una pace giusta per la Nazione ucraina.

Ore 17:18 - Kiev: «Capodanno senza blackout se non ci saranno attacchi»

I blackout di emergenza in Ucraina non si applicheranno durante le vacanze di capodanno, a meno che i russi non inizieranno a bombardare le infrastrutture energetiche ucraine. Lo ha detto il primo ministro ucraino Denys Shmyhal durante l'odierna riunione di governo. «Comprendiamo che la Russia si sta preparando a continuare gli attacchi al sistema energetico ucraino, quindi siamo quotidianamente pronti a nuovi massicci bombardamenti. Può accadere in qualsiasi momento: oggi, domani o anche alla vigilia del nuovo anno. Voglio sottolineare: in assenza di bombardamenti, le vacanze di Capodanno passeranno senza blackout di emergenza», ha affermato Shmyhal.

Ore 17:32 - Mosca: «Da febbraio stop petrolio ai Paesi con price cap»

Il presidente russo Vladimir Putin ha firmato il decreto con il quale la Russia bloccherà le esportazioni di petrolio verso i Paesi che utilizzano il price cap a partire dal primo febbraio.

Ore 18:11 - Meloni a Zelensky: «Impegno per una pace giusta»

Su Twitter la premier Giorgia Meloni, riferendosi al colloquio telefonico con il presidente ucraino Zelensky, ha scritto: «Cordiale conversazione telefonica con Zelensky. Ho rinnovato il sostegno del Governo italiano a Kiev e ho ribadito il massimo impegno dell’Italia per ogni azione utile per arrivare ad una pace giusta. Ho confermato l’intenzione di recarmi a Kiev e ho invitato Zelensky a Roma».

Cordiale conversazione telefonica con @ZelenskyyUa. Ho rinnovato il sostegno del Governo italiano a Kiev e ho ribadito il massimo impegno dell'Italia per ogni azione utile per arrivare ad una pace giusta. Ho confermato l'intenzione di recarmi a Kiev e ho invitato Zelensky a Roma.

Ore 20:15 - Kiev, bombe russe sul reparto maternità di Kherson

«Oggi gli occupanti russi hanno sparato contro il reparto maternità di un ospedale di Kherson, nessuno è rimasto ferito». Lo ha reso noto il vice capo dell’ufficio presidenziale, Kyrylo Tymoshenko, riporta l’Ukrainska Pravda. «Kherson. I russi hanno bombardato il reparto maternità dell’ospedale. Hanno bombardato il luogo dove oggi sono nati due bambini - ha affermato -. Prima dell’attacco, i medici sono riusciti a completare un taglio cesareo. Ci sono cinque donne nell’istituto».

Ore 20:38 - Dal 10 gennaio esame in Senato del dl sulle armi a Kiev

Martedì 10 gennaio l’Aula del Senato esaminerà il dl sulle armi all’Ucraina. Lo ha annunciato il presidente Ignazio La Russa, indicando il calendario dei lavori per la ripresa nel 2023, dopo la conclusione della sessione di bilancio. «L’assemblea tornerà a riunirsi martedì 10 gennaio alle 16.30 - ha spiegato -. Il calendario della settimana dal 10 al 12 gennaio prevede la deliberazione sulla richiesta di procedura abbreviata per il disegno legge per l’istituzione di un fondo per le scuole per favorire l’organizzazione di viaggi della memoria nei campi di sterminio. Poi la discussione del decreto legge sulla cessione di equipaggiamenti e militari all’Ucraina. Poi ci sarà la votazione di 9 componenti effettivi e 9 supplenti della delegazione italiana presso l’assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa, che si riunirà in prima seduta il 15. Giovedì 12, se è finito tutto il resto, ci sarà sindacato ispettivo e alle 15 il question time».

Ore 22:23 - Zelensky: «Il 2023 sarà un anno decisivo»

Il presidente Volodymyr Zelenskyy ha affermato che l’Ucraina sta preparando le forze di difesa e sicurezza per il prossimo anno che sarà «un anno decisivo». «Continuiamo a preparare le forze di difesa e sicurezza dell’Ucraina per il prossimo anno. Questo dovrebbe essere un anno decisivo. Comprendiamo i rischi dell’inverno, capiamo cosa dobbiamo fare in primavera e, quindi, capiamo i risultati che l’intero settore della difesa e della sicurezza deve ottenere», ha dichiarato Zelensky nel suo videomessaggio serale citato dall’Ukrainska Pravda.

Secondo il leader ucraino, questa settimana «sarà importante per l’Ucraina dal punto di vista politico. Stiamo entrando nel prossimo anno e dobbiamo mantenere una comprensione comune dei nostri obiettivi nazionali». Questi obiettivi sono «la liberazione dell’Ucraina dal nemico, la ricostruzione, il ritorno degli ucraini a casa, l’ulteriore riavvicinamento dello stato con i partner chiave, l’apertura di nuove opportunità per l’Ucraina nel mondo».

Zelensky ha annunciato che presto presenterà «la sua opinione sull’attuazione di questi compiti nel messaggio annuale alla Verkhovna Rada (Parlamento) sulla situazione esterna e interna dell’Ucraina». Nel videomessaggio, Zelensky ha riferito di aver tenuto oggi una riunione dello Stato maggiore, durante la quale si è parlato della situazione a «Bakhmut, Kreminna e Donbass», le «possibili azioni del nemico nella direzione orientale e le nostre azioni».

Ore 01:52 - Kiev: colpito posto di comando russo nei territori occupati

Lo Stato maggiore di Kiev ha reso noto di aver colpito nelle ultime 24 ore un posto di comando russo nei territori occupati, un deposito di munizioni e alcuni concentramenti di truppe. Lo riferisce il sito Internet The Kyiv Independent.

Ore 02:17 - L’Ucraina teme attacchi massicci nella notte di Capodanno

Kiev teme massici attacchi russi la notte di Capodanno. Il ministro ucraino dell’Energia, Herman Halushchenko, ha espresso la sua preoccupazione parlando martedì alla televisione ucraina - come riportano diversi media internazionali - spiegando che la situazione energetica in Ucraina rimane «davvero difficile» a causa del rischio persistente di bombardamenti russi, e avvertendo che durante la notte di Capodanno potrebbe esserci «il massimo danno al sistema energetico».

Ore 01:57 - Kiev mostra le foto del reparto di maternità di Kherson bombardato

Il deputato ucraino Kyrylo Tymoshenko, vice capo dell’ufficio del presidente, ha pubblicato le foto del reparto di maternità dell’ospedale di Kherson dopo l’attacco russo. «Miracolosamente non ci sono state vittime» ha detto, aggiungendo che 2 bambini sono nati lì il 27 dicembre.

(ANSA il 27 dicembre 2022) - Viene già chiamato "il miracolo di Natale". Il 23 dicembre, i russi hanno bombardato il centro di Kherson da Grady. Due razzi sono volati contro la chiesa cattolica che in quel momento era piena di persone e anche bambini, ma non sono esplosi. Uno è caduto e si è spezzato in due, l'altro è rimasto incastrato nel muro. Lo ha raccontato il vescovo cattolico latino di Odessa-Simferopol, mons. Stanislav Szyrokoradiuk, durante la messa della veglia di Natale.

È quanto riporta il sito delle informazioni della Chiesa cattolica latina in Ucraina, rilanciato in Italia dal Sir. Durante l'omelia, il vescovo ha menzionato il bombardamento di Kherson, avvenuto il giorno prima, dicendo che ha già registrato molti casi miracolosi che si stanno verificando nel territorio della diocesi che comprende le città di Kherson e Mykolaiv. "Dio comanda. Una persona spara ma Dio controlla quel razzo", ha detto il vescovo. "Ci sono molti cattolici che digiunano ogni venerdì a pane e acqua per la vittoria, per i loro soldati. Kherson è stata pesantemente bombardata venerdì. Dopodiché, il nostro prete chiama e dice: 'due razzi hanno colpito la chiesa. 

Tutti erano nel tempio. Le persone stavano pulendo: bambini, donne, due sacerdoti. Si stavano preparando per il Natale e… nessuno di questi razzi è esploso, lasciando solo buchi nel tetto. Uno è caduto e si è spezzato in due, l'altro è rimasto incastrato nel muro. Nessuno è esploso. Non è questa la grazia di Dio?' Questo significa che se preghiamo, se confidiamo in Dio, Dio controlla i razzi", ha sottolineato il vescovo Szyrokoradiuk. La Chiesa cattolica ucraina ricorda che il 24 dicembre 10 persone sono morte e 55 sono rimaste ferite a Kherson a causa dei bombardamenti russi.

Da leggo.it il 27 dicembre 2022.

In India è morto Pavel Antov, uomo d'affari russo e deputato di uno dei consigli regionali. Secondo i media locali sarebbe caduto dal terzo piano del Sai International hotel, nella città di Rayagada, nell'India orientale, vicino al Golfo di Bengala. Lì Antov era con i suoi amici, riportano Ndtv e Odisha tv.

La polizia sta indagando sulla morte del ricco deputato russo in quello che sembra un suicidio. Due giorni prima della sua morte, un collega amico di Antov, l’uomo d’affari di 61 anni Vladimir Bydanov, è morto nello stesso albergo. Vicino al suo cadavere sono state trovate diverse bottiglie di vino, che fanno pensare ad un eccessivo consumo di alcol come causa della morte. 

Antov è stato il fondatore e vicepresidente del gruppo di società Vladimir Standard, un importante produttore russo di carne e insaccati. Nel 2019, il russo Forbes ha nominato Antov il deputato più ricco della Russia, quindi il suo reddito era di quasi 10 miliardi di rubli (circa 140 milioni di euro al tasso di cambio attuale).

Antov è stato molto critico nei confronti dell'invasione dell'Ucraina da parte di Putin. Un atteggiamento che ha fatto tornare di moda le morti "misteriose" che negli ultimi mesi hanno coinvolto personaggi e imprenditori di spicco dell'economia e della politica russa.

Missili, carri armati e palazzi in fiamme: la guerra nei disegni dei bambini. Storia di Nello Scavo su Avvenire il 28 dicembre 2022.

Un minaccioso carro armato russo punta il cannone nella direzione di una casa. All’interno, un neonato dorme nella culletta. L’immagine ferma il momento esatto dello sparo, ma già lascia presagire come andrà a finire. È solo un disegno, ma racconta un fatto vero. E in quei tratti scuri color pastello c’è tutta la guerra subita dai piccoli e decisa dai grandi.

Il polittico dell’aggressione è in quelle pagine in formato A4. Un atto d’accusa che da solo varrebbe un processo per l’infanzia rubata. Bisogna andare nelle “Scuole della pace” della Comunità di Sant’Egidio per farsi raccontare la verità che solo i bambini sanno dire. Perché quelli non sono semplici tratti di matite colorate, ma il tormento intimo del conflitto e dei suoi effetti collaterali sull’Ucraina del domani.

Anche l’Unicef ha pensato alla creatività per raccontare non solo a parole le paure dei bambini. Iryna, un’insegnante sfollata con la figlia di dieci anni dal Donbass a Zaporizhia, è volontaria in un centro per l’infanzia aperto dall’agenzia Onu per i più piccoli. «Dallo scoppio della guerra - racconta - ho notato un aumento dei colori scuri e di scene strazianti». Anche gli operatori della Comunità di Sant’Egidio in Ucraina osservano la medesima tendenza nelle loro “scuole”.

A Leopoli, a Kiev e in altri oblast si trovano quei centri che guardano già al dopo. Posti dove si parla di bombe, di missili, di aerei il cui volo faceva una volta sognare i più piccoli ma che oggi il solo rombo lontano fa presagire il mostro d’acciaio piomba volte volteggiando per sganciare altra morte. Altri imprimono sui fogli bianchi alcuni incubi ricorrenti. Come il ponte distrutto di Irpin, simbolo delle vie di fuga spezzate per intrappolare i civili e tenerli sotto i colpi dell’artiglieria.

Storie che ricorrono tra un disegno e una canzoncina di Natale, quando finalmente si scioglie il nodo in gola, e i bambini riescono a dare un nome ai propri incubi. Servono anche a questo le “Scuole della pace”, a non aver paura di sentirsi fragili, a non covare l’odio come unica risposta alla propria paura. «Guerra», «soldato», «resistenza», «mine», «strage», non sono parole da bambino.

Ma con queste bisogna fare i conti. I grandi chiamano i russi «orchi». E non serve altro per scavare un fossato tra vittime e carnefici.

Ma tra un incubo e un desiderio, i bambini tornano bambini, e nei loro sogni c’è la vita di prima, quella normalità che ora è un lusso anche solo desiderare. Si pensa a cose più urgenti. Oleksandra ha 7 anni e dice di aver bisogno di un cappotto nuovo. Davyd è il più piccolo di cinque fratelli, gli servono un paio di scarpe. Anastasiya ha perso tutti i suoi giocattoli e immagina di avere una Barbie. Non la chiede. Pensa che sia sciocco parlare di bambole in tempo di guerra. Dice solo di desiderarla, e quasi se ne vergogna.

«Tutti noi, adulti e bambini, siamo cambiati in modo significativo dall’inizio della guerra», dice Iryna, che è stata costretta a fuggire dalla propria casa e ha trovato riparo nella regione di Zaporizhia, certo non il posto più sicuro dell’Ucraina, ma almeno le trincee sono lontane e bisogna fare i conti solo con i missili. «È difficile per tutti noi - ripete -, ma abbiamo tutti bisogno di sostegno e sollievo».

Il lavoro dei volontari è duro. «Ma quando si aiutano gli altri, si scopre il senso della vita e della libertà - osserva Yuri Lifanse, uno dei coordinatori delle attività di Sant’Egidio in Ucraina -. Aiutare i più fragili è la libertà più grande perché, sostenendoli, si comunica direttamente con tanti tipi di persone diverse: dai senzatetto ai ministri e ai sindaci. E si fa l’apparentemente impossibile».

E chissà che un giorno i piccoli sopravvissuti alla guerra possano disegnare i missili che non esplodono e le vite che non andrano perdute. Come quelle del “miracolo di Natale” a Kherson. Lo ha ribattezzato così il vescovo cattolico latino di Odessa-Simferopoli, Stanislav Szyrokoradiuk. Ha raccontato dei due razzi russi puntati contro la parrocchia cattolica, in quel momento piena di famiglie e bambini. «Un missile è caduto, si è spezzato a metà ma non è esploso. L’altro - ha raccontato il presule - ha sfondato un muro della chiesa, ma non c’è stato nessuno scoppio».

Fuoco amico. L’esercito ucraino è pieno di rottami bellici russi, ma non sa (ancora) cosa farsene. Matteo Castellucci su L’Inkiesta il 28 Dicembre 2022

I liberatori si sono impadroniti di centinaia di mezzi militari nemici: vengono riparati e impiegati in battaglia contro i loro ex proprietari. La ritirata di Mosca ha involontariamente rifornito di armi pesanti Kyjiv, che va aiutata a recuperare questo arsenale

La manutenzione comincia dalla carrozzeria. Per prima cosa si rimuove la Zeta simbolo dell’invasione, poi si ripara il resto. Gli ucraini si sono impadroniti di centinaia di carri armati e mezzi militari russi dall’inizio della guerra. Le ritirate hanno reso involontariamente Mosca una delle principali fornitrici di armi pesanti di Kyjiv. L’esercito li chiama «trofei», esistono unità votate alla loro riconversione. Hanno già contribuito alla liberazione dei territori occupati: con l’aiuto degli alleati, possono essere decisivi per le prossime vittorie.

Quando non li fanno direttamente saltare in aria, gli ucraini riescono a catturare i tank. La media è quasi di uno su due. Secondo le ricostruzioni, hanno sottratto al nemico 527 carri a fronte di 922 distrutti. L’inventario del bottino include 251 veicoli corazzati, 569 blindati della fanteria, 94 mezzi per il trasporto delle truppe e 51 lanciarazzi multipli. Le stime si fondano su bollettini e persino video e foto dai social, ma è probabile che i numeri reali siano più alti, anche perché non tutto l’equipaggiamento confiscato viene filmato.

A sua volta, la Federazione ha predato alcuni asset: 143 carri, 72 veicoli corazzati e 89 blindati. Ma queste razzie sono avvenute soprattutto nelle prime fasi del conflitto, quando le truppe di Vladimir Putin erano (brevemente) riuscite a controllare regioni che avrebbero perso di lì alla primavera o all’estate. L’arretramento russo ha lasciato indietro, per esempio a Izyum, una sbalorditiva quantità di carri, mezzi e munizioni che hanno contribuito ad alimentare l’avanzata ucraina.

Recentemente un tank T-80 e un semovente 2S23 Nona Svk sono stati impiegati contro i loro ex proprietari sul fronte di Bakhmut, in Donbas. In precedenza, le armi strappate agli aggressori in rotta hanno permesso la riconquista di Kharkiv e di Lyman, i successi nell’Est del Paese che hanno poi indotto gli occupanti a ritirarsi da Kherson. «Ci hanno lasciato dei regali e ora sparano contro di loro, ci aiutano a ricacciarli indietro», è l’entusiasmo di un soldato alla Reuters.

I «trofei» da soli non bastano. Per ripararli ci vogliono a volte mesi, dipende dalle condizioni. Il T-80 e il mortaio di Bakhmut, per esempio, erano finiti nelle mani di Kyjiv a marzo. Solo una piccola parte dell’equipaggiamento proviene da depositi militari o magazzini ed è già pronta all’utilizzo. È il caso dei proiettili d’artiglieria, fabbricati con standard sovietici comuni alle forze ucraine. I mezzi troppo danneggiati vengono invece saccheggiati per ricavarne pezzi di ricambio.

Il processo per dare una seconda vita ai veicoli che possono essere recuperati è laborioso. Quando funziona, però, offre ai liberatori risorse strategiche che prima del 24 febbraio non figuravano nemmeno nei loro arsenali. Il Washington Post ha visitato l’officina di una divisione meccanizzata. «È ovvio che dovrebbero combattere il nemico e non essere bloccati in un hangar», si è sfogato il comandante, parlando di un Bmp-3.

Mancano i ricambi. Per alcuni modelli, va bene la componentistica ucraina; per altri occorre ripiegare sui veicoli catturati, ma non esiste (ancora) un database a cui attingere. Spesso, anche i mezzi “intatti” erano in cattive condizioni o già non funzionanti. Se gli ucraini sono in grado di aggiustare il loro materiale a ridosso delle prime linee, per quello inviato dagli Stati della Nato devono affidarsi a centri oltreconfine. Per esempio, un obice va spedito in Polonia, ma così lo si perde per settimane.

Ogni brigata oggi ha una squadra con il compito di cercare nei campi carri armati e altri mezzi abbandonati, per poi portarli nei siti di riparazione, dove scarseggia l’elettricità a causa dei bombardamenti terroristici di Putin. Gli ucraini hanno dimostrato una grande capacità di adattamento: combattono con materiale russo, o di derivazione sovietica, e con quello (più preciso) occidentale e americano.

Più di trenta nazioni hanno inviato aiuti militari a Kyjiv. In quella classifica, dopo Stati Uniti e Regno Unito, si trova la Polonia che ha mandato 230 carri armati insieme alla Repubblica Ceca. Se c’è preoccupazione tra gli alleati per le scorte sotto pressione, per esempio sui proiettili d’artiglieria o i lanciarazzi da spalla, è tanto più importante aiutare gli ucraini a riscattare le armi che il Cremlino voleva usare contro di loro. Invece sta perdendo una guerra dove ha lasciato sul campo, in un anno, dieci volte le vittime del fallimento decennale in Afghanistan.

È la prova che le sanzioni funzionano, proprio come i price cap faticosamente raggiunti sul petrolio e sul gas di Mosca. Nel caso del greggio, il tetto al prezzo adottato da G7, Unione europea e Australia varrà una contrazione del Pil peggiore di quella prevista dal Cremlino. In particolare, il deficit sarà più vasto del due per cento. Secondo il Financial Times, una delle lezioni del conflitto è «il ritorno della grande guerra», che si regge cioè su un imponente apparato industriale. Per Putin è sempre più difficile pagarsi un’«operazione speciale» in perdita, perché le contromisure dell’Occidente – quando riesce a essere unito – stanno erodendo l’economia russa.

Noi, la guerra e il fattore Xi. Ernesto Ferrante su L’Identità il 27 Dicembre 2022

Tre militari russi sono morti dopo essere stati colpiti dai detriti di un drone ucraino che aveva attaccato la base aerea di Engels, nei pressi di Saratov, a circa 500 km a nord-est del confine con l’Ucraina. Il ministero della Difesa di Mosca, citato dal quotidiano Kommersant, ha spiegato come le difese aeree hanno abbattuto l’aeromobile nemico che volava a bassa quota intorno alle 01,35 ora locale della scorsa notte. Il primo a riferire del raid era stato il governatore di Saratov Roman Busargin sul suo canale Telegram. La base, che ospita uno stormo di bombardieri strategici, era stata già presa di mira lo scorso 5 dicembre.

L’azione è stata di fatto rivendicata da Kiev. “E’ una conseguenza di quello che ha fatto la Russia”, ha detto Yurii Inhat, un portavoce delle Forze Aeree ucraine. “Se i russi pensavano che la guerra non avrebbe toccato nessuno nelle retrovie della Russia si sbagliavano di grosso. Quindi, come potete vedere, queste cose succedono sempre più spesso e speriamo che questo sia solo a beneficio dell’Ucraina”, ha proseguito Inhat.

I servizi di sicurezza della Russia hanno reso noto che un “gruppo di sabotaggio” composto da quattro ucraini è stato “liquidato” mentre cercava di penetrare nella regione di Bryansk. Lo riporta l’agenzia Ria Novosti, specificando che il tentativo è stato sventato lo scorso 25 dicembre. I quattro sabotatori avevano armi di provenienza straniera e quattro ordigni improvvisati.

Volodymyr Zelensky ha discusso con il premier indiano Narenda Modi del suo piano di pace. Lo ha reso noto lo stesso presidente ucraino su Twitter, precisando di aver parlato con Modi per “fargli gli auguri di successo per la presidenza del G20”. “E’ stata su questa piattaforma che ho annunciato la formula per la pace ed ora io conto sulla partecipazione dell’India per la sua applicazione”, ha aggiunto Zelensky.

Colloquio imminente anche tra Vladimir Putin e Xi Jinping. Lo ha reso noto ieri il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, senza fornire per il momento altri dettagli. La testata economica Vedomosti aveva già anticipato che il presidente russo e quello cinese si sarebbero parlati entro la fine di dicembre. Xi la scorsa settimana ha incontrato a Pechino l’ex presidente russo Dmitry Medvedev, ora vice presidente del Consiglio di Sicurezza russo.

“L’Ucraina si appella agli stati membri dell’Onu affinché privino la Russia del suo status di membro permanente del Consiglio di Sicurezza dell’Onu e che l’escludano dalle Nazioni Unite nel suo insieme”. E’ quanto si legge in una dichiarazione diffusa dal ministero degli Esteri ucraino. Il contenuto della nota era stato anticipato dal ministro Dmytro Kuleba in un intervento televisivo durante la notte di Natale: “Noi esprimeremo ufficialmente la nostra posizione. Abbiamo una domanda molto semplice: la Russia ha il diritto di rimanere membro permanente del Consiglio di Sicurezza dell’Onu ed essere all’interno delle Nazioni Unite?”, aveva detto Kuleba. Poi aveva aggiunto: “Noi abbiamo una risposta convincente e ragionata: no, non ha più questo diritto”. Il presidente della Duma di Stato russa Vyacheslav Volodin ha fatto sapere di ritenere giusta l’introduzione di tasse più elevate per i cittadini russi che hanno lasciato la Federazione. “È giusto cancellare le agevolazioni per coloro che hanno lasciato la Federazione Russa e introdurre un’aliquota fiscale più alta per loro”, ha scritto Volodin su Telegram, rivelando che sono in corso lavori “per cambiamenti rilevanti nella legislazione”, perché “la stragrande maggioranza della società non sostiene il loro atto credendo di aver tradito il proprio paese, parenti e amici”. Sergei Lavrov prevede un ridimensionamento dell’influenza occidentale. “Nel prossimo futuro assisteremo a una riduzione delle opportunità dell’Occidente, a una gravissima riduzione delle opportunità di guidare l’economia mondiale come vuole, e che lo voglia o no, dovremo negoziare”, ha affermato il ministro degli Esteri russo in un incontro di lavoro con i vertici dei media nazionali. Il capo della diplomazia non teme contraccolpi: “Abbiamo con chi sviluppare la cooperazione nell’economia, nel sociale, nella cultura, nello sport, alla fine. Punteremo su chi non ci ha mai deluso e con chi a volte abbiamo raggiunto compromessi molto difficili. Ma quando sono stati raggiunti nessuno ha mai ingannato nessuno. Con l’Occidente, è esattamente l’opposto”.

Ucraina Russia, le ultime notizie sulla guerra | Bombe su Kherson. L’ammiraglio De Carolis: navi russe nel Mediterraneo, le sorvegliamo. Marta Serafini inviata a Kiev e Redazione Online su Il Corriere della Sera il 28 dicembre 2022.

Le notizie di mercoledì 28 dicembre, in diretta. Kiev mostra le foto del reparto di maternità bombardato a Kherson. Il presidente Zelensky ringrazia l’Italia per l’aiuto, Giorgia Meloni lo invita a Roma

• La guerra in Ucraina è arrivata al 307esimo giorno.

• Zelensky e Giorgia Meloni hanno avuto un colloquio telefonico: si è discusso della possibile fornitura italiana di sistemi di difesa aerea a Kiev.

• Pavel Antov, parlamentare russo che aveva criticato la guerra di Putin, è stato trovato morto domenica dopo essere caduto da una finestra in India.

• Dopo l’incontro a Minsk, il presidente bielorusso Lukashenko e Putin si sono incontrati al Museo Russo di San Pietroburgo.

Ore 05:19 - Zelensky: «Il 2023 sarà un anno decisivo»

Il presidente Volodymyr Zelenskyy ha affermato che l’Ucraina sta preparando le forze di difesa e sicurezza per il prossimo anno che sarà «un anno decisivo». «Continuiamo a preparare le forze di difesa e sicurezza dell’Ucraina per il prossimo anno. Questo dovrebbe essere un anno decisivo. Comprendiamo i rischi dell’inverno, capiamo cosa dobbiamo fare in primavera e, quindi, capiamo i risultati che l’intero settore della difesa e della sicurezza deve ottenere», ha dichiarato Zelensky nel suo videomessaggio serale citato dall’Ukrainska Pravda.

Secondo il leader ucraino, questa settimana «sarà importante per l’Ucraina dal punto di vista politico. Stiamo entrando nel prossimo anno e dobbiamo mantenere una comprensione comune dei nostri obiettivi nazionali». Questi obiettivi sono «la liberazione dell’Ucraina dal nemico, la ricostruzione, il ritorno degli ucraini a casa, l’ulteriore riavvicinamento dello stato con i partner chiave, l’apertura di nuove opportunità per l’Ucraina nel mondo».

Zelensky ha annunciato che presto presenterà «la sua opinione sull’attuazione di questi compiti nel messaggio annuale alla Verkhovna Rada (Parlamento) sulla situazione esterna e interna dell’Ucraina». Nel videomessaggio, Zelensky ha riferito di aver tenuto oggi una riunione dello Stato maggiore, durante la quale si è parlato della situazione a «Bakhmut, Kreminna e Donbass».

Ore 05:25 - Kiev: colpito posto di comando russo nei territori occupati

Lo Stato maggiore di Kiev ha reso noto di aver colpito nelle ultime 24 ore un posto di comando russo nei territori occupati, un deposito di munizioni e alcuni concentramenti di truppe. Lo riferisce il sito Internet The Kyiv Independent.

Ore 05:28 - Kiev mostra le foto del reparto di maternità di Kherson bombardato

Il deputato ucraino Kyrylo Tymoshenko, vice capo dell’ufficio del presidente, ha pubblicato le foto del reparto di maternità dell’ospedale di Kherson dopo l’attacco russo. «Miracolosamente non ci sono state vittime» ha detto, aggiungendo che 2 bambini sono nati lì il 27 dicembre.

Ore 05:31 - L’Ucraina teme attacchi massicci nella notte di Capodanno

Kiev teme massici attacchi russi la notte di Capodanno. Il ministro ucraino dell’Energia, Herman Halushchenko, ha espresso la sua preoccupazione parlando martedì alla televisione ucraina - come riportano diversi media internazionali - spiegando che la situazione energetica in Ucraina rimane «davvero difficile» a causa del rischio persistente di bombardamenti russi, e avvertendo che durante la notte di Capodanno potrebbe esserci «il massimo danno al sistema energetico».

Ore 07:23 - Quasi 6900 vittime civili in Ucraina, dal 24 febbraio

(Marta Serafini, inviata a Kiev ) - Quasi 6.900 civili sono stati uccisi e oltre 10.900 feriti in Ucraina dall’inizio dell’operazione militare russa. Lo indica un rapporto aggiornato dell’Ufficio per i diritti umani delle Nazioni Unite, pubblicato oggi. «Dal 24 febbraio 2022...al 26 dicembre 2022, l’Ufficio dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani (Ohchr) ha registrato 17.831 vittime civili nel Paese: 6.884 morti e 10.947 feriti», si legge nel rapporto. Di queste, 2.116 vittime, con 483 morti e 1.633 feriti, sono state registrate nei territori controllati dalle truppe russe, ha indicato l’organismo delle Nazioni Unite per i diritti umani. Secondo le stime dell’Onu, delle 6.884 vittime, 2.719 erano uomini e 1.832 donne. Il numero comprende anche 175 ragazze e 216 ragazzi, oltre a 38 bambini e 1.904 adulti di cui non si conosce il sesso, ha aggiunto il dossier. I feriti comprendevano 2.364 uomini, 1.709 donne, 229 ragazze e 318 ragazzi, oltre a 253 bambini e 6.074 adulti di sesso sconosciuto, secondo l’Ohchr. La maggior parte delle vittime civili segnalate sono state provocate «dall’utilizzo di armi esplosive con effetti su vasta area, compresi i bombardamenti di artiglieria pesante, sistemi di razzi a lancio multiplo, missili e attacchi aerei», si legge nel rapporto. Il 24 febbraio, la Russia ha avviato un’operazione militare in Ucraina rispondendo alle richieste di aiuto delle repubbliche separatiste di Donetsk e Lugansk. Mosca ha ribadito ieri che lo scopo della sua operazione è la «smilitarizzazione e denazificazione» dell’Ucraina.

Ore 08:28 - Russi in mobilitazione generale potranno congelare sperma gratis

I cittadini russi che hanno preso parte alla mobilitazione parziale in Ucraina hanno il diritto di congelare gratuitamente il loro sperma nelle banche del seme. Lo ha annunciato Igor Trunov, presidente dell’Unione russa degli avvocati, all’agenzia di stampa Tass. Trunov ha spiegato che il ministero russo della Salute ha accolto la sua richiesta di assistenza finanziaria al piano, ovvero «ha concesso la possibilità di un sostegno finanziario dal bilancio federale per la conservazione e lo stoccaggio gratuito di cellule germinali (spermatozoi) per i cittadini mobilitati per partecipare all’operazione militare speciale per il 2022-2024».

Ore 08:31 - Civili in fuga da Kherson: «bombe di continuo, è spaventoso»

Centinaia di civili terrorizzati dai bombardamenti russi sono in fuga dalla città meridionale di Kherson, code di macchine si formano ai posti di blocco in uscita dall’area metropolitana. Lo scrive la Bbc pubblicando le foto delle auto in fila il 25 dicembre, proprio il giorno di Natale 400 residenti hanno abbandonato la loro città. «Prima i russi ci bombardavano da sette a 10 volte al giorno, ora sono 70-80 volte, tutto il giorno. È troppo spaventoso. Amo l’Ucraina e la mia cara città. Ma dobbiamo andare», ha raccontato una donna partita in treno con la famiglia. L’evacuazione è facilitata dal governo ucraino. L’esercito russo ha lasciato Kherson l’11 novembre scorso.

Ore 09:34 - Allerta anti-aerea a Kiev stamattina, poi rientrata

Stamattina un'allerta aerea è stata dichiarata a Kiev, la capitale dell'Ucraina, e le autorità hanno chiesto ai cittadini di mettersi al riparo. Lo ha riferito su Telegram l'amministrazione comunale di Kiev, che poco dopo ha dichiarato cessato l'allarmeOre 11:00 - Kiev: il comando russo ha lasciato Kreminna nel Luhansk

Il comando russo ha lasciato Kreminna, città occupata nella regione ucraina del Luhansk, e anche alcuni civili russi venuti in città per lavorare sono fuggiti. Lo riferisce su Telegram il governatore del Luhansk, Sergey Haidai, secondo il quale «dopo la liberazione di Kreminna ci sono due opzioni: spostarsi a Starobilsk, principale centro logistico della regione, o aiutare Bakhmut e andare a Rubizhne e Severodonetsk». Secondo Haidai, il comando militare russo di Kreminna si sarebbe spostato in altri insediamenti occupati.

Ore 10:01 - Medvedev: «Nemici dello Stato i russi che vogliono sconfitta, banditi a vita»

I russi che vogliono la sconfitta della cosiddetta operazione militare speciale lanciata da Mosca in Ucraina sono dei «traditori» e vanno considerati come «nemici dello Stato e della società», tanto da essere «banditi a vita» dal Paese. Lo ha detto il vice presidente del Consiglio di sicurezza russo Dmitry Medvedev, aggiungendo che a coloro che hanno lasciato la Russia «volendo la distruzione del Paese dovrebbe essere impedito di tornarvi fino alla fine dei loro giorni». Su Telegram, Medvedev ha anche detto che il ritorno dei «traditori sarà possibile solo dopo amnistia o pentimento pubblico».

Ore 11:43 - «Starlink di Musk importanti come lanciarazzi Usa»

Il ministro ucraino della Trasformazione digitale, Mykhailo Fedorov, in una recente intervista rilasciata ad Associated Press nel suo ufficio nella sede del ministero, ha paragonato la donazione dei terminali satellitari Starlink da parte di Space X per la connessione internet ai lanciarazzi multipli forniti dagli Stati Uniti in termini di importanza per la capacità dell’Ucraina di difendersi dall’invasione russa. «Migliaia di vite sono state salvate», ha detto Fedorov, sottolineando l’importanza delle comunicazioni mobili per scopi civili e militari durante la guerra. Fedorov ha riferito che i luoghi più difficili per mantenere il servizio sono le regioni di Donetsk, Zaporizhzhia, Odessa e Kiev, nel centro e nell’est del Paese. E spiega che a volte meno della metà delle torri di telefonia mobile funziona nella capitale Kiev perché gli attacchi aerei russi hanno distrutto o danneggiato le infrastrutture che le alimentano. L’Ucraina ha circa 30mila torri di telefonia mobile e il governo sta cercando di collegarle a generatori in modo che possano continuare a funzionare anche quando gli attacchi aerei danneggiano la rete elettrica. Ma al momento l’unica alternativa sono i sistemi satellitari come Starlink, su cui gli ucraini potrebbero fare maggiore affidamento se i blackout iniziassero a durare più a lungo. «Dovremmo capire che in questo caso gli Starlink e le torri, collegate ai generatori, saranno l’infrastruttura base per internet», ha detto Federov.

Ore 12:57 - Cremlino: Kiev prenda atto delle annessioni russe

Il Cremlino ha oggi ribadito che qualsiasi piano di pace in Ucraina dovrà prendere atto della “realtà a oggi”, vale a dire dell’annessione unilaterale da parte russa di quattro regioni ucraine. “Non ci può essere piano di pace per l’Ucraina che non prenda atto delle realtà di oggi riguardo il territorio russo, con l’ingresso di quattro regioni nella Russia”, ha affermato il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov.

Ore 13:00 - De Carolis: sorvegliamo le navi russe nel Mediterraneo

«Confermo la presenza di navi russe nel Mediterraneo. Per cui a noi il compito di sorvegliare il Mediterraneo e controllare da vicino queste navi. Un forte messaggio dal punto di vista della comunicazione strategica che l’alleanza dà». Lo ha detto il comandante in capo della Squadra Navale, ammiraglio di squadra Aurelio De Carolis, rispondendo ad una domanda dei giornalisti a margine della cerimonia di avvicendamento del Comando tattico dell’operazione Mediterraneo Sicuro (OMS), avvenuta oggi a bordo della nave anfibia San Giorgio, ormeggiata presso la stazione navale Mar Grande di Taranto.

Ore 13:15 - Il ministro della Difesa francese è a Kiev

Il ministro della Difesa francese Sebastien Lecornu è a Kiev. Lecornu si è recato al Muro della Memoria dei caduti per l’Ucraina per deporre una corona a nome della Francia e rendere omaggio ai soldati ucraini morti in guerra. Durante la visita il ministro francese terrà un incontro con i rappresentanti del ministero della Difesa e delle forze armate ucraini. Lekornu incontrerà anche il ministro della Difesa ucraino Oleksiy Reznikov, al termine del quale si terrà una conferenza stampa congiunta.

Ore 13:27 - Annullato il concerto della pianista filo-Putin alla Fenice dopo le polemiche

(Alice D’Este) La polemica è iniziata con un dibattito «squisitamente» social. «Questa è Valentina Lisitsa e pare che stia per fare un concerto al prestigioso Teatro La Fenice di Venezia. È conosciuta per le sue posizioni pro Putin e ha perfino fatto un concerto in maggio nella Mariupol occupata». Apriti cielo. Il messaggio lanciato nell’etere da Mariia Kramarencko ha fatto il giro del mondo con tutte le conseguenze del caso: reazioni a catena, Twitter in fiamme, telefonate di smentite e lettere di cancellazione evento.

Ore 14:39 - Nyt, il piano degli Usa per fermare i droni iraniani alla Russia

L’amministrazione Biden ha lanciato un ampio sforzo per fermare la produzione e la consegna di droni iraniani alla Russia per la guerra in Ucraina. Lo riporta il New York times citando fonti di intelligence. Il piano americano punta innanzitutto a «soffocare» la capacità dell’Iran di fabbricare i droni, quindi rendere più difficile per le forze di Mosca di lanciare i velivoli «kamikaze» e se questi due obiettivi non fossero raggiunti fornire agli ucraini le difese necessarie per abbatterli. Lo sforzo dell’amministrazione Biden, rivelano le fonti, è stato «ampliato ed accelerato» nelle ultime settimane dopo che, dall’analisi dei rottami dei droni iraniani è emerso che molte delle componenti sono made in America.

Ore 15:21 - Kiev, nuovi attacchi a est provocano mancanza di corrente

Il deficit di elettricità nella rete elettrica ucraina è cresciuto mercoledì a causa del bombardamento delle infrastrutture del gas nell’Ucraina orientale, secondo l’ultimo aggiornamento dell’azienda elettrica statale Ukrenergo. «A partire dal 28 dicembre, il deficit elettrico nel sistema è aumentato. Ciò è dovuto all’arresto di alcune unità di centrali elettriche a causa del bombardamento delle infrastrutture del gas nella regione orientale», ha affermato Ukrenergo in una nota citata dalla Cnn. Il deficit non ha causato ulteriori restrizioni di potenza a causa del «clima relativamente caldo», ha detto Ukenergo, ma ha aggiunto: «la capacità disponibile nel sistema non è sufficiente per soddisfare tutte le esigenze dei consumatori nel Paese. A tal proposito, tutte le regioni sono state informate sui limiti di consumo, il cui superamento comporta la necessità di blackout di emergenza». Negli ultimi tre mesi, la rete elettrica ha subito 9 attacchi missilistici e 12 con droni russi, secondo Ukrenergo.

Ore 15:58 - Appiccano un incendio all’ufficio di arruolamento russo: arrestati due anziani

Una coppia di circa 70 anni è stata arrestata a Podolsk, a Mosca, dopo aver tentato di dare fuoco all’ufficio di arruolamento militare locale. Lo riporta Sky News. Il marito, 70 anni, è stato filmato mentre cercava di dare fuoco all’edificio, ma è riuscito solo ad appiccare un piccolo incendio prima dell’arrivo della polizia. Aveva cosparso uno straccio di benzina e lo aveva messo sul telaio della finestra dell’edificio. Il pensionato ha poi acceso lo straccio. Si presume che il filmato sia stato girato dalla moglie dell’uomo, di 76 anni. L’incendio è stato rapidamente domato e non ha provocato feriti. I due pensionati sono stati arrestati dalla polizia.

Ore 16:21 - Espulso diplomatico dall’ambasciata della Lituania a Mosca

«Uno dei diplomatici dell’ambasciata lituana è stato dichiarato “persona non grata” e deve lasciare il territorio della Federazione Russa entro cinque giorni». Lo rende noto il ministero degli Esteri russo in una nota. L’espulsione del funzionario lituano è la risposta all’«espulsione ingiustificata» di un dipendente dell’ambasciata russa a Vilnius il 1° dicembre scorso. La decisione di Mosca è stata comunicata a Jurgita Cibulskiene, Incaricata d’Affari della Lituania in Russia, convocata oggi al ministero degli Esteri russo.

Ore 16:28 - Zelensky: a Bakhmut non c’è luogo non coperto di sangue

A Bakhmut, nel Donbass, «l’anno scorso ci vivevano 70mila persone. Ora vi sono rimasti solo pochi civili. Non c’è luogo che non sia coperto di sangue. Non c’è ora in cui non si senta il terribile rombo dell’artiglieria». Lo scrive il presidente ucraino Voldymyr Zelensky via Telegram, elogiando la città di Bakhmut, teatro di feroci scontri tra esercito russo e ucraino negli ultimi giorni. «Eppure, Bakhmut resiste», aggiunge Zelensky, «le nostre forze di difesa resistono. Il Donbass ucraino resiste».

Ore 16:32 - Odessa si smantella il monumento a Caterina La Grande

(Marta Serafini, inviata a Kiev ) «In conformità con la decisione della sessione del Consiglio comunale di Odessa, è iniziato il processo di smantellamento e spostamento del monumento ai “Fondatori di Odessa”. Secondo la decisione, il monumento sarà installato nell’Odessa Art Museum». Con questo tweet il console di Odessa Attilio Malliani ha annunciato la rimozione della statua di Caterina II, la zarina Caterina la Grande da una delle piazze principali. La statua – che in precedenza era stata imbrattata – è stata rimossa dalla piazza in seguito ad un referendum cittadino che si è tenuto in ottobre. Caterina, imperatrice di Russia e fondatrice della città, è ora vista come un simbolo dell’oppressione di Mosca e della guerra. Sulla rimozione dei simbolici sovietici e russi in Ucraina, qui un approfondimento.

In conformità con la decisione della sessione del Consiglio comunale di Odessa, è iniziato il processo di smantellamento e spostamento del monumento ai "Fondatori di Odessa".

Ore 16:58 - Zelensky: «Finora liberati più di 1.800 tra città e villaggi»

L'Ucraina è riuscita a liberare più di 1.800 tra città e villaggi dagli occupanti russi. Lo ha detto Zelensky nel suo discorso annuale alla Verkhovna Rada (Parlamento). Aggiungendo: «Ringrazio tutti gli Stati che ci aiutano a superare la tirannia russa proprio sul campo di battaglia», come riporta Ukrinform. «I soldati ucraini hanno cacciato gli invasori da Kiev, e questo è stato il primo punto di svolta nella guerra su vasta scala, ha mostrato la forza della nostra resistenza», ha affermato ancora il presidente ucraino, ricordando che i soldati hanno liberato l'isola dei Serpenti e «da allora ogni occupante sa quale unica risposta ascolterà dagli ucraini a una qualsiasi delle sue invasioni».

Ore 18:47 - Lavrov: con gli Usa contatti ma non c'è un canale di dialogo

I militari della Federazione Russa e degli Stati Uniti «mantengono i contatti e questo è positivo e utile ma in quanto tale non esiste un canale di dialogo tra Mosca e Washington». Lo ha affermato il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov, come riporta l'agenzia Ria Novosti. Per Lavrov gli Stati Uniti non consentono a Kiev di condurre negoziati di pace con Mosca, sperando di esaurire la Russia. «Ora tutti parlano di nuovo della necessità di colloqui, ma ci accusano subito di rifiutarci di negoziare, anche se Putin ha ripetutamente affermato che non ci sono proposte serie», ha dichiarato Lavrov. «L'esempio dell'incontro di Istanbul ha mostrato chiaramente che anche quella volta gli Stati Uniti hanno detto a Kiev di trattenersi: "Non ancora. Non avete esaurito la Russia nella misura in cui noi americani riteniamo sufficiente"».

Da ilmessaggero.it il 28 dicembre 2022.

Un'altra scomparsa misteriosa in Russia. Un ex capo dell'esercito russo con legami di lunga data con l'Ucraina è morto "improvvisamente" a Mosca all'età di 69 anni. A darne notizia la fabbrica di carri armati in cui lavorava, l'azienda di costruzione di macchine Uralvagonzavod: il più grande produttore di carri armati al mondo. Il generale si chiamava Alexei Maslov e lavorava recentemente come rappresentante internazionale, non ha fornito ulteriori spiegazioni.

Chi è il generale Maslov

Il generale Maslov, che è stato comandante in capo delle forze di terra russe dal 2004 al 2008, è deceduto il giorno di Natale in un ospedale militare di Mosca, ha dichiarato l'azienda. Uralvagonzavod lo ha definito "un comandante distinto che ha compiuto un valoroso viaggio da comandante di plotone a comandante in capo delle forze di terra". 

I legami con l'Ucraina

L'ex capo militare, originario di una regione russa confinante con l'Ucraina, aveva stretti legami con il Paese che la Russia ha invaso a febbraio. La carriera militare del generale Maslov è iniziata nell'Ucraina sovietica, dove ha studiato in una scuola superiore per comandanti militari a Kharkiv. In seguito è stato dislocato nei Carpazi, al confine con la Romania. Dopo un periodo di quattro anni al comando delle forze russe, il generale Maslov è stato nominato vice di Dmitry Rogozin, l'allora inviato russo alla Nato a Bruxelles.

Michele Farina per il “Corriere della Sera” il 28 dicembre 2022.Il volo: in comune con tante storie più o meno eccellenti di prominenti cittadini russi che hanno osato anche timidamente criticare lo zar Vladimir Putin c'è l'ultimo misterioso atto (forse coatto) della loro vita, il volo dalla finestra. Ora è entrato nella lista anche Pavel «Pasha» Antov, ricchissimo deputato di Vladimir (città a 200 km da Mosca) che militava nel partito dello zar omonimo, Russia Unita. 

La scorsa estate aveva pubblicamente definito «terroristici» gli attacchi sull'Ucraina, salvo poi fare marcia indietro sui ceci e dichiarare fiducia assoluta nel signore di Mosca. Assoluta e forse tardiva: il corpo senza vita di Antov è stato rinvenuto il giorno di Natale a migliaia di chilometri da casa, sotto la finestra della stanza che occupava al terzo piano di un albergo di Rayagada nello Stato di Orissa, in India.

Psichiatra di formazione con studi a San Pietroburgo, era diventato ricco (nel 2019 la rivista Forbes gli attribuiva un patrimonio di 180 milioni di euro) nella Russia post-sovietica, prima cimentandosi con un banco dei pegni e poi nel campo delle carni e dei salumi. Gioviale e iperattivo, amava molto viaggiare e si trovava in India con quattro amici per celebrare il suo 65esimo compleanno. Poche, rarefatte notizie sono arrivate dall'Orissa, Stato di 43 milioni di abitanti affacciato sul Golfo del Bengala. 

La guida che accompagnava i russi avrebbe scoperto Antov a terra in una pozza di sangue, sotto la sua finestra. Due giorni prima, il gruppo aveva già perso Vladimir Budanov, amico (non si sa quanto stretto) di Antov, ritrovato morto nella sua stanza d'albergo. Secondo gli inquirenti indiani citati dal canale Ndtv, l'industriale di Vladimir potrebbe essersi gettato nel vuoto perché sconvolto dalla scomparsa dell'amico.

Insieme stavano progettando anche un grande allevamento di polli ma il destino (o il Cremlino?) ci avrebbe messo lo zampino, interrompendo il sodalizio di affari e affetti. L'ambasciata russa in India ha subito fatto sapere che la polizia indiana non ha riscontrato elementi sospetti nella morte dei due concittadini: un malore fatale e un suicidio. 

L'amicizia è una questione molto seria, e i casi della vita infiniti. Eppure il gioco barbaro delle coincidenze e delle vendette richiama alla memoria i precedenti voli di russi non perfettamente allineati con il capo supremo. A settembre era caduto dal sesto piano di un ospedale di Mosca il presidente del Consiglio di amministrazione di Lukoil, gigante petrolifero: Ravil Maganov aveva 67 anni e nei giorni della sua scomparsa Mash , sito con buone fonti nelle forze dell'ordine russe, aveva sostenuto che il manager fosse in cura per problemi di cuore e che gli fosse stata diagnosticata una forma di depressione.

L'agenzia statale Tass aveva parlato di infarto, spiegando che Maganov avrebbe assunto anti-depressivi. Non sufficienti a impedirgli di gettarsi dalla finestra.

Depressione interiore o pressioni dall'alto (o alle spalle)? Lo scorso marzo il board di Lukoil aveva chiesto «la rapida fine del conflitto armato in Ucraina». A finire rapidamente non è stata la guerra ma la vita di Maganov. La sua storia si è aggiunta a una serie di suicidi e incidenti più o meno oscuri, iniziati già prima dell'invasione di febbraio e poi via via più frequenti. Da Leonid Schulman a Sergey Protasenya, personaggio importante nel settore del gas, trovato morto con la moglie e la figlia in un resort in Spagna. 

L'arma del delitto: un'ascia. Il volo dalla finestra è una modalità più complicata e meno credibile di inscenare una strage in famiglia. Più chiara, si fa per dire, è stata la scomparsa di Dan Rapoport, lettone che aveva fatto fortuna in Russia prima di diventare un puntuale critico di Putin: la notte della vigilia di Ferragosto è precipitato da un palazzo di Washington con un cappello in testa, le infradito arancioni e in tasca 2.620 dollari. Il re dei salumi di Vladimir ha seguito una traiettoria simile, volando giù da una finestra nella lontana città indiana di Rayagada, disperato per la morte improvvisa del suo compagno di viaggio. È il destino (o il Cremlino?) che ci ha messo lo zampino.

Da lastampa.it il 28 dicembre 2022.

Una scena filmata e diffusa sui canali telegram e social, mostra una donna che esprime le sue perplessità sulla necessità di un intervento militare in Ucraina. Viene accusata anche d essere lei stessa ucraina, lei risponde: "No, ci sono stata solo due volte in gioventù, non ho nemmeno conoscenti" e  poi mette in discussione il fatto che  i russi credano a tutto quello che viene raccontato : "la televisione è un grande potere" avverte, marcando poi sulle debolezze strutturali dell'esercito che è andato a combattere con mezzi inadeguati ("con stivali di gomma, hanno rubato tutto nell'esercito") ". Dopo un breve battibecco, la donna viene circondata da alcuni uomini che la strattonano, la gettano a terra e poi aperte le porte la gettano letteralmente giù dall'autobus.

“Nessuno può affrontarla oltre noi”. Il comandante della Squadra Navale della Marina Militare De Carolis: “Confermo presenza navi russe nel Mediterraneo”. Redazione CdG 1947 su Il Corriere del Giorno il  28 Dicembre 2022

Il comandante in capo della Squadra Navale Aurelio De Carolis: «Attività di controllo intensificata già da mesi, in sinergia con gli alleati»

Il comandante in capo della Squadra Navale, ammiraglio di squadra Aurelio De Carolis, rispondendo alle domande dei giornalisti a margine della cerimonia di avvicendamento del Comando tattico dell’operazione “Mediterraneo Sicuro” (OMS), con il contrammiraglio Riccardo Marchiò che ha ceduto l’incarico al contrammiraglio Stefano Frumento, avvenuta oggi a bordo della nave anfibia “San Giorgio“, ormeggiata presso la stazione navale Mar Grande di Taranto, ha confermato “la presenza di navi russe nel Mediterraneo. Per cui a noi il compito di sorvegliare il Mediterraneo e controllare da vicino queste navi. Un forte messaggio dal punto di vista della comunicazione strategica che l’alleanza dà“

“Quello che tengo a evidenziare – ha continuato l’ammiraglio De Carolis – è che come Marina Militare italiana ci muoviamo in un contesto pienamente sinergico con le altre Marine alleate che operano nel Mediterraneo e con tutte le altre operazioni” aggiungendo “Quelle dell’Unione Europea come l’operazione Irini, e della Nato come la ‘Sea Guardian’, e quella ancora più importante che vede permanentemente presente nel Mediterraneo la portaerei americana Bush, a bordo della quale sono stato il 15 dicembre. La nostra nave Doria era in quel momento incaricata di curarne la protezione aerea. Questo ci fa molto piacere“.

L’impegno della Marina italiana in attività operative si è intensificata già dall’inizio del 2022, ha spiegato ancora De Carolis, sottolineando che “questo si traduce in un maggior numero di navi in mare, dunque uno sforzo più intenso per i nostri equipaggi, tant’è vero che anche in occasione di queste festività sono diverse le nostre navi in mare, alcune delle quali partite proprio qui da Taranto“. L’ultimo mezzo italiano a ripartire in missione è stato il cacciatorpediniere Andrea Doria, dispiegato il 27 dicembre nel quadro della forza permanente Nato che opera nel Mediterraneo.

“La nostra Marina Militare si muove, nel Mediterraneo, in un contesto di sinergia internazionale con le marine alleate. Oggi abbiamo operazioni nel mare nostrum con l’Unione Europea in Irini e con la Nato in Sea Guardian, si lavora anche insieme alla Portaerei Usa Bush nel Gruppo Portaerei dislocato in area“. ha affermato il Sottosegretario alla Difesa Matteo Perego di Cremnago. “Oggi è cambiato il Comando anche dell’Operazione Nazionale Mare Sicuro, sempre nei nostri mari – continua -. L’ Ammiraglio Marchiò ha lasciato il Comando all’ Ammiraglio Frumento che passerà con gli equipaggi delle navi impegnate nella missione questi giorni di festività in mare, svolgendo la propria missione che sarà anche quella di sorvegliare da vicino la presenza delle navi russe in Mediterraneo. Auguri a tutti i militari impegnati in attività operativa in Italia e all’estero, e alle loro famiglie lontane che li supportano, l’Italia tutta è orgogliosa di voi“.

La flotta russa non è presente solo nel Mediterraneo, scenario strategico fondamentale anche solo per tenere “impegnate” le forze Nato in Europa. Si sono infatti concluse le esercitazioni navali congiunte tra la Russia e la Cina nelle acque del Mar Cinese Orientale, altro luogo caldo nello scacchiere militare e geopolitico mondiale. In particolare, nel corso delle manovre, i marinai russi e cinesi hanno praticato il rilascio delle navi catturate, nonché la ricerca di persone in difficoltà e il loro salvataggio. Inoltre le navi dei due Paesi, con il supporto dell’aviazione antisommergibile, hanno effettuato dei test della ricerca di un sottomarino nemico e hanno lanciato attacchi con bombe di profondità. Gli equipaggi delle navi hanno anche sparato con artiglieria su bersagli di superficie. Infine, i marinai hanno lanciato dei missili antiaerei e colpi di artiglieria contro obiettivi aerei. Redazione CdG 1947

Così Mosca ha messo fuori gioco il 90% dei droni ucraini. Federico Giuliani il 28 Dicembre 2022 su Inside Over.

Abbiamo più volte elencato gli errori commessi dalla Russia nella guerra in Ucraina, errori tanto tecnico-militari quanto a livello organizzativo e, più in generale, strategico. I più grossolani ed evidenti: aver intrapreso la cosiddetta operazione militare speciale attaccando lungo troppi settori e fronti, essersi affidata a poca fanteria per schermare i carri armati e – ed è forse la colpa più grave – aver allestito una logistica completamente inadeguata per un conflitto che si sarebbe presto trasformato in una guerra estenuante e lunga, senza contare l’eccessiva imprecisione nei colpi di artiglieria e le molteplici falle nei sistemi di comunicazione.

Eppure c’è anche qualcosa che ha funzionato nell’offensiva russa. Un punto di forza che Kiev dovrebbe analizzare a dovere al fine di realizzare un’adeguata difesa. In particolare, Mosca ha avuto fin qui un grande successo nella guerra elettronica. Bastare dare un’occhiata a cosa è successo sul campo di battaglia poche settimane dopo l’inizio della guerra.

Una volta che l’esercito russo ha dispiegato le sue infrastrutture di disturbo, i risultati non sono mancati. Come ha sottolineato Forbes, ben presto le truppe del Cremlino hanno iniziato a confondere i sofisticati sistemi degli ucraini, in primis i droni. Ebbene, la soppressione elettronica dei veicoli aerei senza pilota (UAV) dell’Ucraina ha arginato uno dei maggiori vantaggi che Kiev poteva vantare nei primi mesi della guerra.

L’importanza degli UAV per Kiev era e resta fondamentale. Grazie ai suoi droni, gli ucraini hanno messo in campo un’efficace capace di intelligence, di molto superiore rispetto a quella rivale. E che, in effetti, ha consentito all’esercito ucraino di sorprendere più e più volte le truppe rivali. In che modo? Rendendo il proprio arsenale di artiglieria più preciso del ben più numeroso arsenale russo formato da grossi cannoni e lanciarazzi.

In concreto, la guerra elettronica di Mosca ha impedito ai droni di Kiev di comunicare in maniera adeguata e distrutto la precisione dell’Ucraina. E proprio la sconfitta della precisione ucraina è stata decisiva per consentire ai russi di non essere spazzati via quando, superata l’ondata d’urto iniziale, gli uomini di Volodymyr Zelensky hanno reagito supportati dal blocco occidentale.

Non è un caso che, prima dello scorso 24 febbraio, l’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (OSCE) – che stava monitorando il rafforzamento militare di Mosca – aveva notato il dispiegamento di un gran numero di sistemi di guerra elettronica ad est dell’Ucraina e nei pressi del Donbass controllato dai russi.

Tra gli strumenti individuati, e quindi utilizzati dalla Russia, erano presenti i sistemi di intelligence dei segnali TORN e SB-636 Svet-KU, in grado di individuare le unità ucraine tracciando i loro segnali radio, gli RB-341V Leer-3, che combinano droni Orlan-10 trasportanti payload di disturbo cellulare su un KamAZ- 5350, e disturbatori radio R-934B Sinitsa e Zhitel R-330Zh, incaricati di bloccare i collegamenti satellitari.

Guerra elettronica

Per capire l’efficacia dei sistemi russi, basti pensare che già nel 2021 gli UAV dell’OSCE dovevano fare i conti con pesanti interferenze di segnale, talvolta al punto da non riuscire ad operare. Nel contesto della guerra ucraina, la capacità della guerra elettronica scatenata da Mosca è stata particolarmente temibile nel Donbass, e cioè là dove gli operatori russi avevano tutto il tempo e la sicurezza per impostare e coordinare le loro funzioni.

In ogni caso, l’azione di disturbo elettronica russa non ha funzionato bene nelle prime settimane del conflitto, e questo perché i battaglioni del Cremlino hanno attaccato e si sono ritirati troppo presto affinché i sistemi di disturbo potessero tenere loro passo. Da aprile in poi, i piloti dei caccia ucraini hanno iniziato a toccare con mano gli effetti del disturbo russo, ad esempio ritrovando le loro apparecchiature di navigazione soppresse e il loro radar fuori uso.

Non solo: le brigate e le batterie ucraine dipendevano dai droni per individuare le forze russe e colpirle. I sistemi di disturbo del Cremlino hanno confuso il GPS e interrotto i collegamenti radio, martoriando gli UAV di Kiev. Lo scorso febbraio Kiev controllava migliaia di droni; arrivati all’estate, stando agli analisti della RUSI, il 90% di loro era stato colpito o distrutto. Facile intuire le conseguenze del tutto: senza più droni, il fuoco ucraino è diventato sempre più impreciso, facendo guadagnare tempo alle truppe russe.

L’enigma di Kadena e il futuro dell’Indo-Pacifico. Federico Giuliani il 28 Dicembre 2022 su Inside Over.

Aumentare ulteriormente la presenza militare nell’Indo-Pacifico per scoraggiare la Cina dall’effettuare mosse azzardate, investendo ancora più risorse nell’area, oppure, al contrario, rimuovere i contingenti e lasciare operative soltanto quelle unità indispensabili per difendersi e attaccare in caso di emergenza, puntando quindi tutto sulla resilienza? È questo il dilemma che devono affrontare gli Stati Uniti nel bel mezzo di nuove e crescenti tensioni con la Repubblica Popolare Cinese.

Un dilemma, se così vogliamo definirlo, non inedito ma che è salito alla ribalta nel corso delle ultime settimane. Lo scorso 28 ottobre, l’aeronautica statunitense ha annunciato il ritiro dei caccia F-15C/D dalla base aerea di Kadena, a Okinawa, in Giappone, dopo ben 43 anni di onorato servizio. Poche ore prima gli Stati Uniti avevano pubblicato la loro strategia di difesa nazionale aggiornata, che indicava la Cina come la principale sfida per la sicurezza americana.

E allora per quale motivo gli Usa considerano Pechino una minaccia ma, allo stesso tempo, alleggeriscono la loro presenza nel Teatro indopacifico? Quella che potrebbe sembrare una contraddizione è in realtà una strategia “necessaria”.

La causa dell’apparente discrepanza risale ad una serie di decisioni sbagliate prese, negli ultimi tre decenni, dal Congresso e dai leader del Dipartimento della Difesa (DOD). Detto altrimenti, da 30 anni a questa parte gli Usa hanno investito nell’aviazione meno denaro rispetto ad ogni altro settore dell’esercito. Di conseguenza, l’Air Force adesso è più “antica”, più piccola e meno pronta di come non lo è mai stata nei suoi 75 anni di storia.

Tornando a Kadena, da qui ai prossimi due anni, una dozzina di F-22 Raptor sostituirà gli F-15, ma solo come misura provvisoria e non come soluzione a lungo termine. “Gli Stati Uniti continueranno a mantenere una presenza stazionaria a Kadena schierando temporaneamente velivoli più nuovi e più avanzati”, hanno informato dalla struttura militare. È vero che Washington sta modernizzando le proprie forze armate, nel tentativo di rimediare a vecchi errori, ma, allo stesso tempo, rischia di modellare al ribasso la sua postura nell’Indo-Pacifico. Ed è proprio su questo che si stanno consumando molteplici polemiche.

Le forze armate, le basi e gli accordi che formano la presenza militare americana all’estero costituiscono la spina dorsale delle strategie di deterrenza del Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti. La rimozione degli F-15 da Kadena ha letteralmente scatenato una tempesta di fuoco. L’annuncio Usa è stato seguito da numerose critiche, mosse anche da membri del Congresso e da esperti della difesa, molti dei quali hanno chiesto all’amministrazione Biden una maggiore postura nell’Indo-Pacifico per scoraggiare eventuali aggressioni cinesi a danno degli alleati asiatici.

L'”enigma Kadena”, come l’ha rinominato warontherocks, comprende il disallineamento tra le risorse impegnate da Washington e le sue priorità strategiche. Detto altrimenti, se davvero la Casa Bianca intende arginare la Cina non può pensare di farlo alleggerendo la propria presenza in Estremo Oriente.

La soluzione all’enigma non è né semplice né scontata, e chiama in causa il concetto di resilienza. Affinché la postura militare statunitense in Asia sia credibile in un eventuale combattimento, e affinché le sue forze armate contribuiscano efficacemente alla deterrenza, queste ultime devono essere in grado di resistere ad un attacco, sopravvivere a quell’attacco e quindi riprendere le operazioni per generare potenza di combattimento.

La riduzione delle forze Usa di base a Kadena, dunque, non sarebbe il segno che gli Stati Uniti starebbero abbandonando il Giappone o la First Island Chain. Al contrario, si tratterebbe di una misura prudente per ridurre la vulnerabilità degli aerei statunitensi in loco e, al contempo, aumentare la loro capacità di condurre operazioni di combattimento sostenute.

Kadena, inoltre, si trova in una posizione delicata, è particolarmente esposta al fuoco cinese e, in caso di offensiva di Pechino, un’enorme quantità di mezzi statunitensi presente sul suo territorio si ritroverebbe inerme, e senza più la capacità di contrattaccare.

I movimenti di Kadena rappresentano un primo, importante passo nella nuova postura statunitense nell’Indo-Pacifico: d’ora in avanti, Washington punterà sempre più sulla resilienza che non sulla postura.

Il Pentagono, sottolineano gli esperti, dovrebbe cogliere questa opportunità al fine di sfruttare al meglio tutte le risorse necessarie per garantire una distribuzione meno concentrata dei suoi mezzi nella regione, rotazionale e che consenta agli Usa una rapida transizione verso un piano di emergenza.

Concentrare mezzi su mezzi nelle singole basi, data la mancata modernizzazione in vari settori, in questa fase non farebbe nient’altro che esporre gli Stati Uniti di fronte a possibili offensive nemiche. Anche perché, dalla fine della Guerra Fredda fino a pochi anni fa, le forze armate statunitensi hanno operato da basi aeree quasi totalmente al sicuro da attacchi aerei e missilistici rivali.

Ebbene, quel periodo è finito da tempo. Specialmente nell’Indo-Pacifico, dove la Cina controlla adesso un gran numero di missili a lungo raggio e forze aeree sempre più moderne. Giusto per fare un esempio, i missili cinesi armati convenzionalmente possono oggi raggiungere la maggior parte delle basi americane nella regione, Guam inclusa. Ecco perché gli Stati Uniti devono incrementare la cooperazione con i propri partner locali.

Perché gli equilibri del Pacifico riguardano anche Europa (e Italia). Federico Giuliani l’1 gennaio 2023 su Inside Over.

Il Pacifico, o se vogliamo l’Indo-Pacifico, è l’ultimo epicentro della competizione tra Stati Uniti e Cina. Iniziato come guerra commerciale, e proseguito come confronto ideologico, il testa a testa sino-statunitense sta per entrare in una nuova fase. Molto più pericolosa delle precedenti, per il rischio di dare vita ad un conflitto militare vero e proprio, e pure più imprevedibile, per le molteplici e numerose variabili in campo.

La regione in questione ha infatti un peso geopolitico maggiore di quanto le sia ampiamente riconosciuto, in quanto il suo controllo effettivo consente al vincitore della contesa di dominare la scena globale. Per Washington, che si considera da sempre una potenza marittima, il Pacifico è l’autostrada prediletta che collega l’Occidente all’Oriente. La visione del mondo americanocentrica, inoltre, si basa sul mantenimento della libertà, oltre che sulla garanzia di sicurezza e stabilità.

Stiamo parlando di concetti che mal si sposano con la griglia interpretativa dell’altro attore protagonista, la Cina, che concepisce il pianeta come una “comunità dal futuro condiviso”, parla di “relazioni win-win” – dove gli affari non sono influenzati da ipotetiche mancanze democratiche degli altri partner – adotta una formula politica inedita, il “socialismo con caratteristiche cinesi”, agli antipodi rispetto al sistema Usa, e intende tornare al centro del palcoscenico internazionale a suo modo. Dal suo punto di vista, la Cina percepisce l’intera area indo-pacifica come una sorta di anticamera da superare per proiettare la propria forza – non solo economica – oltre i confini asiatici.

L’importanza dell’Indo-Pacifico

L’ostacolo principale che impedisce a Pechino di raggiungere l’agognato obiettivo è la cosiddetta strategia della catena di isole (Island Chain Strategy), concepita dall’allora Segretario di Stato Usa, John Foster Dulles, nel 1951, in piena Guerra Fredda. Dulles riteneva che il potenziale di un’alleanza sino-sovietica potesse essere limitato, o anche azzerato, stabilendo una catena contenitiva nel Pacifico occidentale sfruttando gli alleati locali.

La prima catena di isole inizia con le Isole Curili e termina tra il Borneo e la parte settentrionale delle Filippine. Nella versione più diffusa, la seconda catena di isole comprenderebbe le isole giapponesi di Ogasawara e Vulcano, oltre alle isole Marianne (fra cui l’isola di Guam, importante base militare Usa), che sono parte del territorio degli Stati Uniti. La terza catena, infine, inizia dalle Isole Aleutine e termina in Oceania, con un occhio di riguardo per le Isole Hawaii, anch’esse parte integrante del territorio degli Stati Uniti, nonché sedi di basi navali statunitensi. Ebbene, oggi queste catene rappresentano tre barriere che soffocano i sogni di gloria della Cina, schiacciandola lungo le proprie coste e, di fatto, impedendole di diventare (o tornare ad essere) una potenza marittima.

Con l’arrivo di Joe Biden alla Casa Bianca, gli Stati Uniti sono tornati ad inserire il Pacifico in cima all’agenda delle priorità. Washington ha elevato il Quad (Quadrilateral Security Dialogue), il gruppo che collega gli Stati Uniti all’Australia, all’India e al Giappone, ad un vertice regolare. Ha inoltre accettato di aiutare l’Australia a costruire sottomarini a propulsione nucleare nell’ambito del patto AUKUS con il Regno Unito. La strategia indo-pacifica della Casa Bianca, pubblicata nel febbraio 2022 (consultabile qui), ha inoltre menzionato alleati o alleanze più di 30 volte in un documento di 19 pagine.

Ma se gli Stati Uniti di Biden sono diversi da quelli di Donald Trump, anche la Cina di Xi Jinping è ben lontana dal Paese guidato da Deng Xiaoping o Hu Jintao negli ultimi decenni. Dopo anni in sordina, la Repubblica Popolare Cinese non si accontenta più di assumere un basso profilo e aspettare il momento giusto. Al contrario, afferma con forza i propri interessi nazionali e spinge a rivedere gli assetti regionali e internazionali. Xi, tra le altre cose, ha militarizzato il Mar Cinese Meridionale, dopo aver promesso al presidente Obama che non lo avrebbe fatto, incrementato la pressione per risolvere la questione taiwanese e scelto di rafforzare l’Esercito Popolare di Liberazione, marina compresa.

La variabile Ue

È impossibile tuttavia analizzare la sfida Usa-Cina nell'(Indo-)Pacifico senza parlare dell’Unione europea. Anche perché l’Indo-Pacifico crea il 60% del pil globale e due terzi della crescita globale, è la seconda destinazione delle esportazioni dell’Ue e ospita quattro dei dieci principali partner commerciali di Bruxelles. Le destabilizzazioni regionali mettono dunque a rischio affari e commercio.

Un chiaro segnale della direzione verso la quale stiamo andando è il forte rafforzamento militare della zona. La quota della spesa militare globale dell’Indo-Pacifico è passata dal 20% nel 2009 al 28% nel 2019 e sta aumentando ulteriormente. In altre parole, significa che i Paesi di questa regione stanno investendo molto nelle loro forze armate perché non sono sicuri di cosa riserverà il futuro. L’interesse delle potenze europee, dunque, è proprio questo: che l’ordinamento regionale resti aperto e regolamentato.

Le esportazioni europee verso i paesi dell’ASEAN, ad esempio, sono cresciute da 54 miliardi di euro nel 2010 a 85 miliardi di euro nel 2019, mentre le importazioni dai Paesi dell’ASEAN sono cresciute ancora di più, da 72 miliardi di euro nel 2019 a 125 miliardi di euro. Entro il 2050, l’ASEAN è destinata a diventare la quarta economia mondiale. E l’Ue non vuole restare in seconda o terza fila.

Sul campo militare, in passato l’Ue aveva sempre delegato i temi della difesa e della sicurezza dell’Indo-Pacifico agli Stati Uniti. Con l’avvento della Cina di Xi sono aumentate le esercitazioni militari congiunte tra le potenze europee e i vari partner locali, in concerto con la regia statunitense.

In ogni caso, poiché l’Ue non ha ancora assunto una posizione forte su nessuna delle questioni di sicurezza dell’Indo-Pacifico, finora Bruxelles è stata considerata come un attore secondario. Eppure, nel caso in cui le tensioni tra Washington e Pechino dovessero sfociare in uno scontro militare, a seconda di ciò che succederà, l’Europa rischia di finire nell’occhio del ciclone al fianco degli Usa. È per questo che il continente europeo non può che farsi trovare pronto di fronte a qualsiasi evenienza. FEDERICO GIULIANI

La battaglia per le risorse del Pacifico. Andrea Muratore il 4 Gennaio 2023 su Inside Over 

L’Oceano Pacifico è l’epicentro della grande partita geopolitica globale, è la massa d’acqua che copre da sola un terzo della superficie terrestre e su cui insistono gli Stati con l’economia più vasta del pianeta (Stati Uniti, Cina e Giappone sono ai primi tre posti per Pil), le nazioni a tasso di crescita più alto (dall’Indonesia al Vietnam) e una serie di nazioni, dalla Corea del Sud al Cile, dal Messico all’Australia, ambiziose per gli obiettivi su risorse naturali e commerci.

Il Pacifico è un “miracolo geologico” e naturalistico. Lo si nota guardando gli ecosistemi variegati in superficie (dal reef australiano alle Galapagos) e nei fondali (gli habitat non basati sul carbonio delle fosse oceaniche) ma anche apprezzando l’ampiezza delle sue fonti di materie prime ed energia, contese e desiderate dalle grandi potenze.

Gas e petrolio animano la sfida

Il primo terreno di scontro è quello sulle risorse più contese del presente: gas naturale e petrolio. A Occidente del Pacifico, la Cina è il maggior consumatore al mondo di entrambi. A Oriente, gli Stati Uniti usano a fini strategici il gas naturale, di cui sono i maggiori produttori mondiali, e hanno nell’Alaska, affacciata sul Pacifico, lo scrigno del loro sistema petrolifero.

L’Encyclopedia Britannica ricorda a tal proposito che “le principali aree del Pacifico sud-occidentale per l’esplorazione offshore di petrolio e gas sono nel Mar Cinese Meridionale – le acque al largo del Vietnam e al largo dell’isola di Hainan in Cina e sulla piattaforma continentale a nord-ovest dell’isola di Palawan nelle Filippine”, al centro di un’importante sfida geostrategica.

La “cintura di fuoco” del Pacifico non è solo quella dei vulcani che ha l’epicentro nell’arcipelago indonesiano e nelle Hawaii, ma anche quella umana del confronto tra le potenze laddove le risorse naturali diventano terreno di conflitto. E così diventa terreno “caldo” il Mar Cinese Meridionale per la contesa sulle Isole Spratly, ricchissime di gas e petrolio nel loro offshore, in cui si trovano strutture occupate da forze militari cinesi che si confrontano con quelle di Taiwan, della Malesia, delle Filippine e del Vietnam. Inoltre, anche il Sultanato del Brunei ha rivendicato una zona economica esclusiva nella parte sud-orientale delle isole Spratly, che comprende la disabitata Louisa Reef. Discorso simile per le Isole Paracelso contese tra Cina, Taiwan e Vietnam.

Petrolio e gas si trovano anche al largo delle Isole Curili e di Sakhalin dove il contrasto territoriale è invece tra Russia e Giappone. Le aree più “pescose” per questi preziosi idrocarburi, ricorda la Britannica, “includono anche l’area al largo delle isole Natuna e alcune aree al largo della costa di Sumatra in Indonesia”, cosa che fa di Giacarta un’importante potenza regionale, mentre “nel Pacifico meridionale, la produzione e l’esplorazione di idrocarburi si stanno svolgendo al largo dell’Australia nord-occidentale e settentrionale e nel bacino del Gippsland, al largo dell’Australia sudorientale”.

Sempre più strategiche, nel quadro della contesa globale per la transizione energetica e dell’ascesa del gas naturale a risorsa ponte tra fonti fossili e rinnovabili, diverranno nazioni apparentemente periferiche nell’ordine del Pacifico. Un caso su tutti è quello della Papua Nuova Guinea, nazione in cui ExxonMobil ha costruito un impianto di rigassificazione capace di produrre 8,3 milioni di tonnellate di Gnl l’anno dall’oro blu estratto nel cuore dell’isola degli uccelli del paradiso. L’agenzia di Canberra per gli investimenti esteri, Export Finance Australia, acquisirà per oltre 1,1 miliardi di dollari una partecipazione del 5% nell’impianto, cruciale per costruire una “cintura protettiva” capace di creare una catena del valore occidentale del gas e del petrolio in grado di contenere il dinamismo cinese.

La battaglia per le risorse minerarie

Non solo gas e petrolio, però, animano la partita delle risorse. Manganese, ferro, rame, nichel, titanio e cobalto, così come piccole tracce di altri metalli, si trovano in profondità nelle acque del Pacifico. La Britannica ricorda che “i minerali di solfuro marino, contenenti ferro, rame, cobalto, zinco e tracce di altri elementi metallici, sono depositati in grandi quantità vicino alle sorgenti idrotermali in acque profonde, come quelle che si trovano nel Pacifico al largo delle isole Galapagos e sulle creste Juan de Fuca e Gorda nella depressione di Okinawa e nel bacino di Manus al largo della Nuova Guinea”. Questo dà a Stati come Ecuador, Giappone, Papua Nuova Guinea e Indonesia (che controlla la metà occidentale della Nuova Guinea) un ruolo strategico crescente nella partita delle risorse che serviranno ad alimentare l’industria del futuro.

Strategica sarà sempre di più, in futuro, la Clarion Clipperton Zone (CCZ), la zona di frattura formata dall’accumulazione di più zolle continentali nel fondo dell’oceano, che forma un enorme regione di 4,5 milioni di chilometri quadrati, più grande dell’Europa occidentale, compresa tra le Sporadi Equatoriali, le Hawaii, Kiribati e il Messico, in cui si concentrano importanti risorse di terre rare ritenute decisive per la transizione energetica.

L’International Seabed Autorithy che governa la Ccz ha dato sinora 19 licenze di esplorazione per ricerche minerarie in acque profonde, tra cui la principale è quella della canadese The Metals Company (Tmc) nel piccolo Stato insulare di Nauru. “I  sostenitori dell’estrazione mineraria sostengono che questi metalli sono necessari per produrre batterie per veicoli elettrici e negli alimentatori di potenza che distribuiscono energia rinnovabile”, nota China Dialogue Ocean, ma c’è un grave problema per il rischio ambientale, come dimostrato dal documentario oceanografico del 2022 Blue Peril, realizzato da Interprt, un’agenzia norvegese che si occupa di ricerca ambientale, e Ozeanien Dialog, una Ong tedesca che intende proteggere gli Stati più periferici e insulari dell’Oceania.

La recente scoperta, nel cuore dell’area della Ccz bersagliata dalle compagnie minerarie, di vere e proprie aree-santuario per la fauna abissale in cui potrebbero esistere centinaia di specie animali rare e ignote alla scienza alza l’asticella per la tutela ambientale dell’area.

La “guerra” della pesca e le mosse cinesi

Last but not least, c’è la partita della pesca. Nei suoi 149 milioni di chilometri quadrati, l’Oceano Pacifico mostra la più ampia varietà di biodiversità tra le superfici marittime del pianeta. Le principali zone di pesca sono concentrate nel Mar Cinese Meridionale e nel Mar del Giappone, oltre al Mar di Celebes nell’arcipelago indonesiano. Altrove, zone del Pacifico sono importanti per singole risorse, come l’area di Macao o, all’estremo opposto dell’oceano, il Nicaragua per l’allevamento delle ostriche da perle e il Mar dei Coralli al largo dell’Australia per il procacciamento dell’analogo animale. In Alaska sono invece importanti le pesche dei salmoni e del pregiato granchio reale, mentre in Perù è concentrata la pesca dell’acciuga del Pacifico, importante a fini commerciali perché alla base della produzione di farine e olii di pesce.

Al di là delle ripercussioni alimentari e di biodiversità della partita della pesca, bisogna ricordare che essa ha anche un fronte geopolitico spesso sottovalutato, legato all’avventurismo della Cina e alla “militarizzazione” dei pescherecci. “Negli ultimi dieci anni la flotta di navi da pesca che battono la bandiera della Cina è cresciuta del 500% nell’oceano Pacifico centrale, il mare più ricco di pesce”, ha fatto notare nel 2021 un’inchiesta del Guardian e di Repubblica. “A farne le spese sono 17 piccoli Paesi del Pacifico centro-occidentale, tra cui Papua Nuova Guinea, Figi, Vanuatu, le isole Salomone e gli stati federati della Micronesia, oltre alla fauna acquifera di quella che è considerata l’area più fertile del Pianeta, che rischia di essere gravemente danneggiata o addirittura nel lungo termine di estinguersi”, ha commentato Repubblica. 290 le navi cinesi ufficialmente registrate, tra 1.600 e 3.400 quelle effettivamente operanti a caccia di acciughe, tonni, salmoni e altri animali, fondamentali per il mercato interno ma anche per il delicato sistema produttivo di molti contesti regionali a cui sfavore la Cina rischia di manipolare il mercato.

E non finisce qui. L’industria della pesca cinese, forte di 20 milioni di uomini e circa 500mila imbarcazioni, diventa la base per una proiezione strategica, essendo spesso pescherecci armati i primi “colonizzatori” mandati da Pechino negli atolli contesi con i Paesi confinanti e la pesca stessa la scusa per tentare di occupare aree contese. I diritti di pesca, hanno ricordato su queste colonne Lorenzo Vita e Paolo Mauri, sono spesso i primi contesi tra i diritti del mare tra le potenze e creare situazioni di fatto con la flotta illegale di pescherecci può contribuire alla strategia cinese di condizionare a favore di Pechino la grande sfida per le risorse che su ogni angolo del Pacifico si è aperta a tutto campo. Unendo analisi geopolitiche, sfide economiche e partite ambientali in un contesto unico e complesso.

Russia, i soldati sorpresi dagli infrarossi: un massacro, il video choc. Libero Quotidiano il 28 dicembre 2022

Un vero e proprio blitz fatale. I soldati russi si sono fatti sorprendere da una mossa dei militari ucraini che ha spiazzato completamente le truppe dello Zar. Un video che sta facendo il giro del web di fatto immortala l'operazione notturna in Donbass che ha inflitto pesanti perdite ai russi. I militari, come si vede nella clip, hanno provato a sfuggire all'occhio dei militari ucraini ma con scarsi risultati. Lo scenario di guerra è uno dei più caldi in questo momento. Il Donbass come è noto è la vera miccia per cui si è accesa la guerra tra Mosca e Kiev. E le notti, in questi contesti, possono riservare amare sorprese per i militari.

Ed è in una di queste, una delle ultime, che lo spostamento nelle tenebre di otto militari russi ha fatto scattare l'allarme sulle linee ucraine. Con i mirini a infrarossi che hanno in dotazione i militari delle 92esima brigata meccanizzata di Kiev per i militari russi non c'è stato scampo. Infatti in pochi istanti i soldati di Putin sono stati localizzati. A quel punto è scattata una pioggia di granate che non ha lasciato speranze ai soldati dell'armata russa.

In pochi secondi la fuga dei militari russi si è arrestata e di fatto gli ucraini hanno annullato il riposizionamento di questa piccola truppa. Storie di una notte di guerra. 

Gerasimov "pezzo di m***a". Putin, un terremoto al Cremlino. Libero Quotidiano il 27 dicembre 2022

"Un pezzo di m***a". A insultare e umiliare Valery Gerasimov, capo di Stato maggiore dell'esercito russo e referente militare del presidente Vladimir Putin in Ucraina, non è quale reduce del Battaglione Azov o un esponente del governo di Kiev. L'attacco, come riportato da Christo Grozev di Bellingcat, è contenuto in un video che ritrae alcuni ufficiali del Wagner Group, la temutissima organizzazione di mercenari cui ricorre il Cremlino in teatri di guerra particolarmente complicati. 

Il filmato è stato rilanciato dal quotidiano The Guardian e mostra appunto i combattenti del Wagner Group nella città ucraina sulla prima linea di Bakhmut che si rivolgono a Gerasimov e dicono: "Sei un pezzo di m***a. Dove sono i proiettili? Non abbiamo più proiettili qui". Grozev ha riferito che Yevgeny Prigozhin, imprenditore russo e fondatore del Wagner Group, ex cuoco personale di Putin vicinissimo allo Zar, ha dichiarato di non avere "nulla da dire su questo video". Secondo Grozev significa che l'alleato del presidente sta sostanzialmente dando il suo endorsement all'attacco a Gerasimov. Grozev, leader del gruppo di giornalismo investigativo Bellingcat (indicato come agente straniero in Russia), è stato inserito nella lista dei ricercati dal ministero degli Interni russo.

Tutto questo è accaduto nelle stesse ore in cui Putin ha nominato l'ex presidente Dmitry Medvedev primo vice presidente della commissione militare industriale. Il decreto comprende, oltre alla nomina dell'attuale vice presidente del Consiglio di Sicurezza russo (di fatto, il "supplente" dell'amico Putin), anche altri cambiamenti all'interno dell'organismo permanente creato per applicare la politica statale nel settore dell'industria bellica, per fornire supporto militare-tecnico alla Difesa, alla sicurezza nazionale e alle forze dell'ordine. Putin è il presidente della commissione. Il ministro della Difesa, Sergei Shoigu, il capo degli Stati Maggiori, il generale Gerasimov il segretario del Consiglio di sicurezza nazionale, Nikolai Patrushev, insieme ai capi dei servizi Fsb e delle altre agenzie di sicurezza, sono gli altri componenti della commissione. 

Kiev: il 90% dei residenti di Bakhmut ha lasciato la città. Minsk convoca l'ambasciatore ucraino.  Marta Serafini inviata a Kiev e Redazione Online su Il Corriere della Sera il 29 Dicembre 2022.

Le notizie di giovedì 29 dicembre. Pioggia di bombe in mattinata su diverse regioni. Un drone ucraino colpisce in Russia e distrugge un sistema di difesa aerea. Zelensky: grazie a noi ora l’Europa è più unita

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• La guerra in Ucraina è arrivata al 308esimo giorno.

• La città di Kherson è sotto attacco dei missili russi, per questo motivo l’esercito ucraino sta procedendo all’evacuazione dei civili.

• Il comandante in capo della Squadra Navale ha confermato la presenza di navi russe nel Mediterraneo.

• Zelensky alla nazione: mesi terribili ma non abbiamo perso l’umanità.

Ore 13:00 - De Carolis: sorvegliamo le navi russe nel Mediterraneo

«Confermo la presenza di navi russe nel Mediterraneo. Per cui a noi il compito di sorvegliare il Mediterraneo e controllare da vicino queste navi. Un forte messaggio dal punto di vista della comunicazione strategica che l’alleanza dà». Lo ha detto il comandante in capo della Squadra Navale, ammiraglio di squadra Aurelio De Carolis, rispondendo ad una domanda dei giornalisti a margine della cerimonia di avvicendamento del Comando tattico dell’operazione Mediterraneo Sicuro (OMS), avvenuta oggi a bordo della nave anfibia San Giorgio, ormeggiata presso la stazione navale Mar Grande di Taranto.

Ore 23:21 - Zelensky: «Finora liberati più di 1.800 tra città e villaggi»

L'Ucraina è riuscita a liberare più di 1.800 tra città e villaggi dagli occupanti russi. Lo ha detto Zelensky nel suo discorso annuale alla Verkhovna Rada (Parlamento). Aggiungendo: «Ringrazio tutti gli Stati che ci aiutano a superare la tirannia russa proprio sul campo di battaglia», come riporta Ukrinform. «I soldati ucraini hanno cacciato gli invasori da Kiev, e questo è stato il primo punto di svolta nella guerra su vasta scala, ha mostrato la forza della nostra resistenza», ha affermato ancora il presidente ucraino, ricordando che i soldati hanno liberato l'isola dei Serpenti e «da allora ogni occupante sa quale unica risposta ascolterà dagli ucraini a una qualsiasi delle sue invasioni».

Ore 01:53 - Zelensky, la guerra ha rafforzato l’unità dell’Europa

Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, nel suo discorso annuale al Parlamento ucraino, ha sostenuto che la guerra condotta dalla Russia contro il suo Paese ha rafforzato l’unità dell’Europa e che «nessuno in Occidente ha paura e avrà mai paura della Russia». «È stata l’Ucraina a unire l’Unione Europea. Si è visto che è possibile», ha detto Zelensky dall’aula del Parlamento. «E ora l’Europa si protegge. L’Europa supera le crisi. E questo nonostante le enormi risorse gettate dalla Russia per distruggere il nostro continente». «Per la prima volta nella storia, alcuni Paesi europei hanno riconsiderato l’idea di rimanere neutrali e stanno resistendo all’aggressione insieme a noi, insieme all’Ucraina», ha aggiunto. «Abbiamo aiutato l’Europa e la maggior parte del mondo a percepire che essere neutrali ora è, mi dispiace, ma è immorale». Zelensky ha poi affermato che i Paesi non sono più interessati «a sapere se la Russia li ascolterà», ma piuttosto «a sapere cos’altro aspettarsi dall’Ucraina, cos’altro l’Ucraina può dare all’Europa, cos’altro noi possiamo dare al mondo». Zelensky ha anche ringraziato i militari ucraini, definendoli “eroi” e ha detto che le potenti armi che l’Ucraina ha ricevuto hanno rafforzato il suo vantaggio. «E permettetemi di ricordarvi che un anno fa sembrava impossibile che il nostro Stato potesse avere i sistemi di difesa aerea “Patriot”. Ma ora abbiamo un accordo di questo tipo», ha detto. «Questo è un segno speciale di fiducia verso l’Ucraina. Questa è una vera alleanza con gli Stati Uniti d’America. Abbiamo raggiunto questo obiettivo».

Ore 02:21 - Sindaco Kharkiv: «La nostra città è nuovamente sotto attacco»

Il sindaco di Kharkiv, Ihor Terekhov, ha riferito che la città è stata attaccata dai russi due volte. Non sono state segnalate vittime.

Ore 02:44 - Zelensky: «Sono stati mesi terribili ma non abbiamo perso l’umanità»

«Non abbiamo perso la nostra umanità, anche se abbiamo attraversato mesi terribili. E non la perderemo, anche se ci aspetta anche un anno difficile. Raggiungeremo la vittoria. E dobbiamo farlo davvero insieme». Lo ha detto il presidente ucraino Volodymyr Zelensky nel suo video discorso serale. «Non dimenticate di dire grazie quando siete aiutati. Per favore, sostenete coloro che combattono per il nostro Paese», ha aggiunto.

Ore 03:16 - Consigliere Zelensky: dopo la morte di Putin? Sarà peggio

«La nostra gente pensa che la morte di (del presidente russo Vladimir) Putin sia la fine di tutto. Assolutamente no? Sarà peggio che con Putin». Lo ha detto il consigliere del presidente ucraino Volodymyr Zelensky, Oleksij Arestovich. Secondo lui, ai microfoni di Latynina Tv (canale youtube dell’oppositrice russa Yulija Latynina), dopo un eventuale decesso del leader del Cremlino, ci sarebbe un’altra guerra con la Russia.

Ore 05:41 - «Correte nei rifugi», allarme di attacchi aerei anche a Kiev

Intorno alle 6:00 di giovedì 29 dicembre, gli allarmi antiaerei hanno suonato nella capitale ucraina Kiev, così come nelle regioni meridionali di Kherson e Mykolaiv e nella regione occidentale di Zhytomyr. «Un’allerta aerea è stata annunciata nella capitale! Per favore, correte al rifugio!» ha pubblicato l’amministrazione militare della città di Kiev su Telegram. Finora, non ci sono stati attacchi confermati.

Ore 05:43 - Gli Usa: la Russia è in stallo su Bakhmut

Gli analisti dell’Istituto statunitense per lo studio della guerra ritengono che la Russia abbia raggiunto una situazione di stallo a Bakhmut, con «diversi indicatori a sostegno della valutazione secondo cui le forze russe intorno a Bakhmut hanno raggiunto il culmine». «La dottrina militare statunitense definisce il culmine come “il punto in cui una forza non ha più la capacità di continuare la sua forma di operazioni, attacco o difesa» e, scrive il Guardian, «quando una forza non può continuare l’attacco e deve assumere una posizione difensiva o eseguire una pausa operativa».

Ore 06:05 - Lavrov: nessun dialogo su “formula di pace” di Zelensky

La Russia non parlerà con nessuno sulla base della «formula di pace» proposta dal leader ucraino Volodymyr Zelensky, ha detto oggi il ministro degli Esteri russo Sergey Lavrov in un’intervista a Ria Novosti, aggiungendo che Kiev non è pronta al dialogo. “È ovvio che Kiev non è pronta per il dialogo. Proponendo ogni sorta di idee e ‘formule di pace’, Zelensky nutre l’illusione di ottenere, con l’aiuto dell’Occidente, il ritiro delle nostre truppe dal territorio russo delle regioni del Donbass, della Crimea, di Zaporizhzhia e Kherson, il pagamento dei danni dalla Russia, l’ammissione di colpa nei tribunali internazionali, ecc. Certamente non parleremo con nessuno in questi termini», ha detto Lavrov.

Ore 07:31 - Esplosioni a Kiev

(Marta Serafini, inviata a Kiev) Esplosioni in diversi quartieri di Kiev vengono segnalati in questi minuti dai residenti della capitale, secondo i media ucraini. Oleksiy Arestovych, Il consigliere presidenziale Oleksiy Arestovych ha scritto su Facebook che oltre 100 missili stavano arrivando in diverse ondate. L’amministrazione militare di Kiev ha avvisato i cittadini su Telegram che la difesa antiaerea sta funzionando. Il governatore di Zhytomyr Vitaliy Bunechko ha dichiarato che razzi russi stanno piovendo sulla regione. Il capo dell’amministrazione militare di Kryvyi Rih, riferisce che i missili vengono lanciati da navi nel Mar Nero, riporta il Guardian.

Ore 08:02 - Le immagini delle esplosioni a Kiev

Alcune immagini delle esplosioni a Kiev, pubblicate sui social Ore 08:33 - Esplosioni anche a Leopoli

(Marta Serafini, inviata a Kiev) Il sindaco di Leopoli Andriy Sadovy ha riferito che intorno alle 9:18 ora locale ci sono state esplosioni anche nella sua città senza dare ulteriori dettagli.

Ore 08:07 - Ancora esplosioni a Kiev

(Marta Serafini, inviata a Kiev) Ancora forti esplosioni in centro a Kiev.

Ore 08:20 - Pioggia missili sull’Ucraina: «La contraerea attiva»

«Dopo un attacco notturno di droni, la Russia ha attaccato massicciamente l’Ucraina con missili da crociera dal mare e dall’aria da diverse direzioni, ma la contraerea ucraina ha funzionato». È quanto riferisce il comando dell’Aeronautica Militare dell’esercito ucraino, che ha invitato i cittadini a cercare riparo. Nelle ultime ore sono stati segnalati attacchi anche su Zhytomyr, Kharkiv e Odessa, oltre che su Kiev e Kherson.

Ore 08:31 - Sindaco di Kiev: possibili blackout in città

(Marta Serafini, inviata a Kiev) Il sindaco di Kiev Klitscho ha avvisato della possibilità che ci siano blackout in città e ha invitato la popolazione a ricaricare i cellulari e a fare scorta di acqua.

Ore 08:39 - Missili russi su Leopoli, Kharkiv, Odessa e Sumy: città in blackout

Oltre che a Kiev e Kherson, esplosioni vengono segnalate dai governatori e dai sindaci di Leopoli (nell’ovest dell’Ucraina), che si trova lontano dalla linea del fronte, Kharkiv (a est), Odessa (a sud), Sumy (nord-est). Lo riportano agenzie e tv ucraine. Interruzioni di corrente sono state annunciate nelle regioni di Odessa, Dnipropetrovsk e Kryvyi Rih. Mykhailo Podolyak, consigliere di Zelensky, ha scritto su Twitter che oltre 120 missili sono stati lanciati in Ucraina questa mattina dalla Russia «per distruggere infrastrutture critiche e uccidere civili in massa».

Ore 08:42 - A Kiev un missile abbattuto ha colpito un edificio residenziale

(Marta Serafini, inviata a Kiev) L’amministrazione militare della città di Kiev ha affermato che un missile russo abbattuto nella capitale ha colpito un «edificio privato» sulla riva orientale (sinistra) del fiume Dnipro. Almeno quattro esplosioni sono state udite in tutta Kiev.

Ore 08:48 - Drone ucraino in Russia colpisce un sistema di difesa aerea

Secondo quanto riportano le agenzie russe, un drone ucraino ha colpito il distretto di Unechsky nella regione russa di Bryansk, distruggendo un sistema di difesa aerea S-300. A Belgorod la difesa aerea è entrata in funzione, come ha comunicato il governatore regionale, Vjacheslav Gladkov, secondo cui non vi sarebbero vittime, mentre le informazioni su possibili danni sono ancora in aggiornamento. In un messaggio su Telegram Gladkov ha precisato che uno dei frammenti di un missile è caduto allo svincolo della strada Komsomolskij-Mayskij, si è verificato un incendio che è stato prontamente spento.

Ore 09:10 - A Kiev civili nella metropolitana durante gli attacchi

(Marta Serafini, inviata a Kiev) Come sempre durante gli attacchi aerei i cittadini di Kiev sono scesi nella metropolitana. Come raccontato qui, le fermate diventano un rifugio sicuro mentre in superficie cadono i frammenti dei droni e dei missili abbattuti dalla contraerea ucraina. In foto una fermata della metro questa mattina durante l’allerta aerea.

Ore 09:36 - A Kiev ci sono feriti. Il 90% di Leopoli senza luce

(Marta Serafini, inviata a Kiev) Il sindaco di Kiev Vitaliy Klitschko ha scritto su Telegram che nella capitale ci sono state diverse esplosioni. Secondo la tv 5 Kanal, i detriti di un missile abbattuto dalla contraerea ucraina nel quartiere di Darnytskyi hanno colpito un edificio residenziale provocando due feriti. Subito dopo è scoppiato un incendio. Danneggiato una delle strade principali nel centro della capitale. Altre fonti parlano di tre feriti, compresa una minore. Intanto a Leopoli, la principale città dell'Ucraina occidentale, è rimasta per il 90% senza elettricità dopo il bombardamento russo dell'infrastruttura energetica: «Il sindaco Andriy Sadovy ha dichiarato su Telegram che il 90% della città è senza elettricità, tram e filobus non funzionano più, potrebbero esserci tagli all'acqua».

Ore 09:39 - «Ecco il terrore di Capodanno»

(Marta Serafini, inviata a Kiev) «Ecco come appare il terrore del Capodanno russo», ha scritto il vicepresidente dell'ufficio del presidente Kyrylo Tymoshenko e ha postato le immagini delle conseguenze dell'attacco russo nel distretto di Darnytsia, alla periferia della città di Kiev.

Ore 09:51 - A Odessa rimossa la statua della zarina Caterina II

(Marta Serafini, inviata a Kiev) Intanto è stata rimossa nella notte la statua della zarina Caterina II di Russia a Odessa che sarà trasportata in un museo. La decisione è stata presa dall’amministrazione cittadina, dopo un referendum cittadino e dopo che la statua è stata vandalizzata più volte. Al posto della zarina, fondatrice della città, ora campeggia una bandiera ucraina.

Ore 10:00 - Lavrov: «Il piano di pace di Kiev? Zelensky si illude»

«Proponendo idee e "formule di pace" di ogni tipo, Zelensky coltiva l'illusione di ottenere, con l'aiuto dell'Occidente, il ritiro delle nostre truppe dal territorio russo nel Donbass, in Crimea, a Zaporizhzhia e nella regione di Kherson, il pagamento di risarcimenti da parte della Russia, l'apparizione "di colpevolezza nei tribunali internazionali" e simili». Lo ha affermato il ministro degli Esteri russo, Sergei Lavrov, in un'intervista a Ria Novosti. «È chiaro che Kiev non è pronta al dialogo», ha aggiunto, «naturalmente, non parleremo con nessuno in questi termini».

Ore 10:04 - Kiev: 16 missili russi distrutti dalla difesa aerea nella capitale

Le forze di difesa aerea ucraine hanno distrutto 16 missili russi sopra la capitale: lo ha detto il sindaco di Kiev Vitaliy Klitschko su Telegram.

Ore 10:40 - Allerta aerea finita a Kiev

Ore 10:48 - Il 40% dei cittadini della capitale è senza elettricità

Il 40% dei residenti di Kiev è senza elettricità dopo l'attacco missilistico: lo dice il sindaco di Kiev, Vitali Klitschko, fornendo un aggiornamento sulla situazione su Telegram. «Gli ingegneri energetici stanno attualmente lavorando per ripristinare l'alimentazione», spiega.

Ore 11:15 - Kiev condanna la barbarie russa: «Non esiste neutralità»

«Barbarie senza senso. Queste sono le uniche parole che mi vengono in mente vedendo la Russia lanciare un altra pioggia di missili contro le pacifiche città ucraine prima di Capodanno». Lo ha affermato il ministro degli Esteri ucraino, Dmytro Kuleba, alla luce del massiccio attacco missilistico sferrato dalle truppe russe in tutto il Paese. «Non può esserci `neutralità´ di fronte a tali crimini di guerra di massa - ha aggiunto il capo della diplomazia - Fingere di essere `neutrali´ equivale a schierarsi dalla parte della Russia».

Ore 11:16 - Mosca: «Attivata difesa anti-aerea a 500 km dall’Ucraina»

Le difese aeree russe hanno distrutto un oggetto non identificato nel distretto di Engels della Regione di Saratov, a 500 chilometri dal confine con l’Ucraina. Lo dichiara il governatore regionale Roman Busargin sul suo canale Telegram, come riporta la Tass. «Le difese aeree erano al lavoro sul territorio del distretto di Engels. Un oggetto non identificato è stato distrutto. I servizi di emergenza sono stati inviati sul posto. Non c’è alcuna minaccia per la sicurezza dei residenti», ha dichiarato il governatore. Nell’ultimo mese la base aerea militare di Engels è stata colpita due volte da droni.

Ore 11:22 - Kiev: «Abbattuti 54 su 69 missili russi lanciati stamattina»

L’esercito ucraino ha dichiarato di aver abbattuto 54 dei 69 missili lanciati oggi sul paese dall’esercito russo. Dopo l’attacco di oggi, il 40% dei residenti di Kiev è senza elettricità dopo l’attacco missilistico, ha detto il sindaco della capitale Vitaly Klitschko.

Ore 11:35 - L’intelligence di Kiev alla «Bbc»: «I combattimenti sono a un punto morto»

La guerra in Ucraina è attualmente a un punto morto poiché né l’Ucraina né la Russia possono fare progressi significativi. Lo ha detto il capo dell’agenzia di intelligence militare ucraina, Kyrylo Budanov, in un’intervista all’emittente televisiva «Bbc». «La situazione è semplicemente bloccata», ha dichiarato Budanov, «non si muove nulla». Dopo che le truppe ucraine hanno riconquistato la città meridionale di Kherson a novembre, Budanov ha affermato che la Russia è «ora completamente in un vicolo cieco» e sta subendo perdite molto significative. Tuttavia, ha aggiunto, le forze ucraine non hanno ancora le risorse per andare avanti in più aree. «Non possiamo sconfiggerli in tutte le direzioni in modo completo. Non vediamo l’ora di ricevere nuove forniture di armi e l’arrivo di armi piu’ avanzate», ha concluso.

Ore 11:55 - Habeck: «L’invasione russa terminerà con una sconfitta militare»

L’invasione russa dell’Ucraina si concluderà con una sconfitta militare, «il presidente russo Vladimir Putin sta perdendo questa guerra sul campo di battaglia», perché l’esercito ucraino sta ricevendo armi dall’Europa, dalla Nato e dagli Stati Uniti e le sta usando abilmente e strategicamente, con intelligenza ed eroismo». A dichiararlo è stato il ministro dell’Economia tedesco e vicecancelliere, Robert Habeck. «Nessuno avrebbe potuto immaginare che il 2022 si sarebbe concluso in questo modo», ha detto, in un’intervista alla Dpa. «Appoggio il fatto che la Germania, assieme agli alleati, sostenga l’Ucraina in modo tale che possa vincere la guerra», ha aggiunto.

Ore 12:09 - Putin e Xi si parleranno in videoconferenza domani

Il presidente russo, Vladimir Putin, e quello cinese Xi Jinping avranno un colloquio domani sui «problemi regionali più scottanti». Lo ha detto il portavoce del portavoce, Dmitry Peskov. «Stiamo preparando una comunicazione tra il presidente Putin e il presidente Xi, che avverrà domani mattina, orario di Mosca. Sarà in videoconferenza, c’è un collegamento chiuso tra i due capi di Stato», ha spiegato. Secondo Peskov, la prima parte della conversazione sarà pubblica, poi la conversazione proseguirà a porte chiuse. I capi di Stato discuteranno delle relazioni bilaterali russo-cinesi.

Ore 12:38 - Kiev: «Molti danni alle reti elettriche ucraine»

Il ministro dell’Energia ucraino Herman Halushchenko ha riferito che il pesante attacco russo di questa mattina ha prodotto danni agli impianti di produzione di energia elettrica e alla rete energetica del Paese nonostante l’eccellente lavoro della difesa aerea. Lo riporta il Kyiv Independent. Il ministro ha spiegato che la situazione energetica è particolarmente difficile nei distretti di Kiev e Odessa, oltre che nell’Ucraina occidentale. In precedenza la compagnia elettrica Dtek ha dichiarato che a Odessa nella regione di Dnipropetrovsk sono stati costretti a interrompere l’energia elettrica.

Ore 12:40 - Putin annuncia la costruzione di quattro sottomarini nucleari

Il presidente russo Vladimir Putin ha annunciato la costruzione di quattro nuovi sottomarini nucleari. Il capo dello Stato ha parlato in videoconferenza alla cerimonia del lancio dell’incrociatore sottomarino nucleare Imperatore Alessandro III. «Nell’ambito dell’attuale programma statale di armamento saranno costruiti altri quattro sottomarini nucleari, che garantiranno la sicurezza della Russia per i decenni a venire», ha detto Putin. Il presidente ha osservato che i vettori di missili nucleari russi «non hanno analoghi al mondo», e le nuove navi sottomarine e di superficie sono attrezzate con moderni sistemi di navigazione e comunicazione, nonché di armi di precisione. Putin ha ribadito che la Russia aumenterà il ritmo della costruzione di vari tipi di navi da guerra, preparerà i marinai tenendo conto dell’esperienza acquisita durante l’operazione militare speciale in Ucraina e «farà di tutto per proteggere i suoi interessi negli oceani del mondo».

Ore 12:42 - Minsk: «Un missile antiaereo ucraino è caduto in Bielorussia»

Un missile antiaereo ucraino è caduto in Bielorussia. Lo ha denunciato Minsk. I russi hanno lanciato un massiccio attacco missilistico stamane in tutta l’Ucraina, sparando oltre un centinaio di proiettili ai quali ha risposto la contraerea ucraina.

Ore 13:06 - Meloni: «Le scelte del Cremlino non ricadano su popolo russo»

I rapporti culturali tra Italia e Russia sono «solidi e antichi» ed è per questo «ho difeso la scelta fatta dalla Scala di Milano» di inaugurare la stagione con un’opera russa. Così la presidente del Consiglio Giorgia Meloni nel corso della conferenza stampa di fine anno. «Non credo che le scelte che il governo russo sta facendo debbano ricadere sul popolo russo», ha sottolineato.

Ore 13:27 - Kiev: le mine hanno già causato 185 morti dall'inizio della guerra

Dall'inizio dell'invasione russa, le mine terrestri hanno provocato 185 morti e 404 feriti in Ucraina: lo ha reso noto il Servizio emergenze dell'Ucraina in un messaggio di Telegram. E annuncia: «Se vedete la parola "Mine", non fatevi avanti». Il capo dell'amministrazione regionale di Kharkiv, Oleh Syniehubov, ha esortato ancora una volta i residenti della regione alla prudenza, soprattutto nei territori liberati. Questa regione è la più contaminata dei territori che sono stati liberati dalle forze ucraine.

Ore 13:35 - Borrell: ennesimo attacco insensato russo, nessuna impunità

«L'ennesimo insensato e massiccio attacco missilistico russo all'Ucraina, che ha distrutto indiscriminatamente infrastrutture e strutture mediche, prendendo deliberatamente di mira e uccidendo i civili. Non ci sarà impunità per i crimini di guerra russi. Il nostro sostegno all'Ucraina continuerà, senza sosta». Lo ha scritto su Twitter l'alto rappresentante per la politica estera Ue Josep Borrell.

Ore 13:43 - «Qui ora è tutto distrutto»

(Marta Serafini, inviata a Kiev) SOBBORGO DI DARNYTSKYI - «Qui ora è tutto distrutto, ci hanno colpito questa mattina e mia nipote è rimasta ferita insieme a mia figlia. Ora sono entrambe all’ospedale». La signora Tatiana, 74 anni, rovista tra le macerie della sua casa colpita questa mattina da un missile nella periferia sud Est di Kiev. «Anche un altro uomo è rimasto ferito», aggiunge. I soccorritori sono al lavoro per rimuovere le macerie. Questa mattina in uno degli attacchi più grandi dall’inizio della guerra le forze russe hanno sganciato missili e droni provenienti dal Mar Nero e da altre direzioni. 54 dei 69 missili sganciati in totale sono stati abbattuti secondo le forze ucraine.

Ore 14:00 - Meloni: penso di andare a Kiev prima del 24 febbraio

Durante la conferenza stampa di fine anno la premier Giorgia Meloni ha detto che pensa di andare a Kiev prima del 24 febbraio (data dell'invasione russa ). «L'Italia è pronta a farsi garante di un eventuale accordo di pace, e penso di recarmi a Kiev prima della fine di febbraio, prima cioè dell'anniversario dell'invasione del 24 febbraio». Riguardo a una possibile conferenza internazionale di pace, Meloni ha quindi detto di essere «ovviamente favorevole a tutto quello che possiamo fare per favorire la pace. Bisogna sapere però che il tema della pace non si ottiene solo rivendicandolo, bisogna lavoraci concretamente e avere segnali dalle parti in campo, e oggi non ci sono grandi segnali in particolare dalla Russia».

Ore 14:43 - Bielorussia su missile sul suo territorio: non c'è nulla da temere

Ha ridimensionato la vicenda del missile caduto in territorio bielorusso Oleg Konovalov, il commissario militare responsabile per la regione di Brest, dove è avvenuto l'incidente. I residenti «non hanno assolutamente nulla di cui preoccuparsi. Purtroppo, queste cose accadono», ha dichiarato in un messaggio video postato sui social.

Ore 15:03 - Kiev: oggi uno degli attacchi più massicci da inizio guerra

I russi hanno lanciato «uno degli attacchi missilistici più massicci dall’inizio dell’invasione su vasta scala, negli ultimi giorni dell’anno». Lo scrive su Twitter il ministero della Difesa ucraino. «Sognano che gli ucraini festeggino il nuovo anno nell’oscurità e nel freddo. Ma non possono sconfiggere il popolo ucraino», ha aggiunto. Secondo i dati preliminari, l’aeronautica ucraina ha affermato che le forze russe hanno lanciato 69 missili da crociera oggi e che ne hanno abbattuti 54, insieme alle forze di difesa ucraine. La forza aerea ha aggiunto di aver anche respinto attacchi con droni Shahed. In precedenza Mykhailo Podolyak, consigliere del presidente Volodymyr Zelensky, aveva dichiarato in un post su Twitter che la Russia aveva lanciato più di 120 missili nell’attacco di oggi, senza fornire ulteriori dettagli.

Ore 15:21 - Putin: «Su nuove navi le armi più moderne»

Il presidente russo Vladimir Putin ha partecipato in collegamento video alla cerimonia di entrata in servizio di tre nuove navi della Marina militare russa, tra cui il sommergibile nucleare Generalissimus Suvorov: lo riporta la Tass, secondo cui un altro sommergibile nucleare, l'Alessandro III, è stato varato oggi e deve essere sottoposto ad alcuni test a partire da giugno. «Aumenteremo il ritmo e il volume di costruzione di navi di varia progettazione, dotandole delle armi più moderne, condurremo l'addestramento operativo e di combattimento dei marinai tenendo conto dell'esperienza acquisita, anche durante l'operazione militare speciale», ha detto Putin riferendosi alla guerra in Ucraina.

Costruito nello stabilimento Sevmash di Severodvinsk, nella Russia nord-occidentale, il Generalissimus Suvorov è il secondo sottomarino di serie del Progetto Borei-A e appartiene alla quarta generazione di sottomarini nucleari armati con missili, siluri e sistemi di navigazione, radiotecnici e idroacustici di ultima generazione. Il sottomarino, riporta inoltre Interfax, è dotato di un'elevata manovrabilità e una bassa segnatura acustica. La serie di sottomarini nucleari di quarta generazione Borei e Borei-A, armati con missili balistici intercontinentali Bulava, costituirà il nucleo delle forze navali strategiche nucleari per i prossimi decenni, ha dichiarato l'esercito russo.

Ore 15:34 - Kiev, truppe avanzate di 2,5 km verso Kreminna in 7 giorni

Nell'ultima settimana, le truppe ucraine sono avanzate di 2,5 km in direzione della città di Kreminna, nella regione di Lugansk. Lo riporta Ukrainska Pravda, citando il vice capo della direzione operativa principale dello stato maggiore delle forze armate ucraine, Alexei Gromov. «I nostri soldati continuano le operazioni offensive nell'area della città di Kreminna. Durante la settimana, i difensori dell'Ucraina sono avanzati fino a 2,5 km in direzione dell'insediamento indicato», ha detto il funzionario durante un briefing.

Ore 15:42 - Minsk, missile ucraino abbattuto da nostri sistemi di difesa

Il ministero della Difesa della Bielorussia sostiene che le sue forze di difesa aerea avrebbero abbattuto un missile guidato S-300 «lanciato dal territorio ucraino» attorno «alle 10 di oggi» ora locale, quando la Russia è tornata a bombardare l'Ucraina con un massiccio attacco missilistico. Lo riporta la Tass. Secondo la Bielorussia, frammenti del missile sarebbero stati ritrovati nei pressi della cittadina di Gorbakha, nella regione di Brest. Stando a quanto riporta il sito internet della Reuters, il commissario militare della regione di Brest, Oleg Konovalov, ha minimizzato quanto avvenuto in un videomessaggio pubblicato sui social media dall'agenzia di stampa statale BelTA, affermando che i residenti locali non hanno «assolutamente nulla di cui preoccuparsi» e che «sfortunatamente queste cose accadono».

Ore 16:37 - Minsk convoca l'ambasciatore ucraino per missile abbattuto

L'ambasciatore dell'Ucraina in Bielorussia è stato convocato al ministero degli Esteri di Minsk per ricevere la forte protesta in relazione all'incidente nel quale - secondo quanto sostiene la Bielorussia - un missile antiaereo ucraino è stato abbattuto in territorio bielorusso. Lo ha riferito ai giornalisti l'addetto stampa del ministero degli Esteri bielorusso Anatoly Glaz, citato da BelTA. «Oggi, le forze di difesa aerea bielorusse hanno abbattuto un missile S-300 ucraino sul territorio della Bielorussia. Si tratta di un incidente molto grave, e la parte bielorussa prende la questione il più seriamente possibile», ha detto Glaz. «A questo proposito, l'ambasciatore dell'Ucraina Igor Kizim è stato convocato oggi al ministero degli Esteri bielorusso» per ricevere «la protesta» di Minsk. «Abbiamo chiesto che la parte ucraina conduca un'indagine approfondita su tutte le circostanze del lancio di questo missile, assicuri alla giustizia i responsabili e adotti misure globali per prevenire il ripetersi di tali incidenti in futuro, che potrebbero portare a conseguenze catastrofiche per tutti», ha sottolineato il portavoce.

Ore 16:39 - Kiev, 11.000 soldati russi si addestrano in Bielorussia

Circa 11.000 soldati russi e oltre 400 unità del loro equipaggiamento militare si trovano attualmente nei campi di addestramento bielorussi: lo ha reso noto in un briefing a Kiev il vice capo del Dipartimento operativo dello Stato Maggiore, il generale di brigata Oleksiy Hromov, come riporta Ukrinform. «La situazione lungo il confine di Stato dell'Ucraina con la Repubblica di Bielorussia rimane sotto controllo e stabile. Il nemico continua ad aumentare il suo livello di addestramento, conducendo addestramenti sul territorio bielorusso, dove attualmente sono presenti fino a 11.000 persone e più di 400 unità di armi e attrezzature militari della potenza occupante», ha detto Hromov. «Oggi, il gruppo di truppe russe dispiegate in Bielorussia, nelle regioni di Bryansk e Kursk della Federazione Russa è la metà di quello utilizzato per l'attacco a Kiev nel febbraio di quest'anno: 22.000 contro 45.500», ha sottolineato osservando che anche nel caso del coinvolgimento di tutte le unità militari bielorusse da combattimento provenienti dalle forze di terra e le forze per le operazioni speciali, il gruppo congiunto ammonterebbe a circa 30.000 unità.

Ore 16:40 - Kiev, due civili uccisi ieri in attacchi russi

Due civili sono stati uccisi e altri 12 sono rimasti feriti in Ucraina durante gli attacchi russi di ieri: lo ha reso noto su Telegram il vice capo dell'Ufficio del presidente ucraino, Kyrylo Tymoshenko, come riporta Ukrinform. In particolare, una persona è stata uccisa nella regione di Zaporizhzhia e un'altra nella regione di Kherson. Ieri le forze russe hanno preso di mira un totale di otto regioni ucraine.

Ore 17:03 - Kiev, oltre 1.100 corpi di civili scoperti in 4 regioni liberate

Dall'inizio della liberazione nelle regioni di Mykolaiv, Donetsk, Kherson e Kharkiv, la polizia ucraina ha rinvenuto 1.116 corpi di civili. Lo ha annunciato un funzionario di polizia durante un briefing a Kiev, secondo quanto riportato da Ukrinform. «Dall'inizio delle misure di liberazione dall'occupazione nelle regioni di Donetsk, Mykolaiv, Kherson e Kharkiv, sono stati scoperti i corpi di 1.116 civili, tra cui 31 bambini. I corpi di tre persone sono stati trovati ieri nella regione di Kherson», ha detto il funzionario. Gli investigatori sostengono di aver documentato 5.398 crimini di guerra nelle aree liberate dai russi. In totale, dall'inizio della guerra, la polizia ha aperto più di 53.700 procedimenti penali per reati commessi da militari russi e dai loro complici. La scorsa settimana, 36 tombe di persone uccise durante l'occupazione russa sono state scoperte in un cimitero a Kherson.

Ore 17:25 - Kiev, oggi colpite dieci regioni in attacco russo

L'attacco sferrato oggi dalle forze russe sull'Ucraina ha colpito 10 regioni del Paese ferendo cinque persone: lo ha reso noto il portavoce del Servizio di Emergenza di Stato, Oleksandr Khorunzhyi, come riporta Ukrinform. «Per quanto riguarda i massicci attacchi missilistici sull'Ucraina, hanno colpito dieci regioni, 28 obiettivi sono stati danneggiati. Diciotto di essi sono edifici residenziali privati, e il resto sono infrastrutture critiche... Tre uomini, una donna e un bambino sono rimasti feriti durante i bombardamenti», ha affermato Khorunzhyi.

Ore 17:41 - Kiev, il 90% dei residenti di Bakhmut ha lasciato la città

Quasi il 90% dei residenti della città Bakhmut, nella regione di Donetsk, ovvero più di 70.000 persone, ha lasciato l'area, mentre 8.700 persone continuano a vivere sotto i bombardamenti: lo ha reso noto su Facebook il sindaco di Bakhmut, Oleksii Reva, come riporta Ukrinform. «Nonostante la difficile situazione della sicurezza, l'evacuazione dei residenti di Bakhmut continua. Quasi il 90% dei residenti della comunità di Bakhmut, che conta più di 70.000 persone, si è già trasferito in regioni più sicure o ha lasciato temporaneamente il territorio dell'Ucraina. Circa 8.700 residenti di Bakhmut rimangono nella comunità e vivono sotto costante bombardamenti», ha scritto il sindaco.

Ore 18:15 - Russia: «Politico picchiato durante una perquisizione in casa»

Il politico russo e professore universitario Mikhail Lobanov sarebbe stato picchiato durante una perquisizione nella sua abitazione e condannato poi a 15 giorni di arresto amministrativo con l'accusa di «disobbedienza alla polizia»: è quanto viene denunciato nei social network del politico, stando a Radio Liberty. «Mikhail è riuscito a comunicare che durante la perquisizione è stato picchiato al volto e al petto. C'era del sangue sul pavimento dell'appartamento», dice il messaggio ripreso da Radio Liberty. Secondo la testata, l'appartamento di Lobanov è stato perquisito stamattina nell'ambito di un procedimento penale che vede l'ex deputato Ilia Ponomaryov accusato di «diffusione di false informazioni sull'esercito russo» nell'ambito di una nuova legge bavaglio che di fatto proibisce di criticare l'invasione dell'Ucraina. Secondo la moglie di Lobanov, la polizia non ha permesso al politico di contattare un avvocato e gli ha chiesto di firmare dei documenti. «Durante la perquisizione, un investigatore ha fatto il nome di Ponomaryov, che Lobanov non conosce e col quale non ha legami. Tutti gli apparecchi sono stati sequestrati», si legge su un post sulla pagina Facebook di Lobanov secondo Radio Liberty.

Ore 19:14 - Leader ceceno Kadyrov dice di accettare scuse del Papa

Oggi, dopo la consegna di una medaglia ricevuta dalla Guardia Nazionale russa per «il rafforzamento della cooperazione militare, anche con altri paesi», il capo della Repubblica Cecena, Ramzan Kadyrov, ha detto di accettare le scuse di papa Francesco per le sue parole sui ceceni e buriati. Lo riferisce l'agenzia russa Ria Novosti, citata dal sito d'informazione vaticana Il Sismografo. Il 15 dicembre scorso, la portavoce ufficiale del ministero degli Esteri russo, Maria Zakharova, aveva affermato che era pervenuta una nota diplomatica (senza precisare se verbale o scritta) del cardinale Pietro Parolin con le scuse per le parole del Papa sui ceceni e i buriati. Zakharova aveva detto che con questa dichiarazione l'incidente poteva essere considerato chiuso e che la Russia contava d'ora in poi su una continua interazione costruttiva con il Vaticano.

Oggi è toccato al leader ceceno accettare le scuse della Santa Sede. «Siamo lieti che si siano resi conto del loro errore e si scusino. Accettiamo le scuse, ma diciamo a tutti: state attenti, non toccate i nostri sentimenti, specialmente i ceceni», ha risposto Kadyrov. Il Pontefice, in un'intervista alla rivista dei gesuiti statunitensi `America´, aveva affermato che la massima crudeltà durante la guerra in Ucraina era opera di soldati cresciuti al di fuori della tradizione russa, citando come esempio i buriati e i ceceni. Il ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov aveva osservato `a caldo´ che la dichiarazione del Papa non aiutava né le autorità del Vaticano né alla risoluzione del conflitto in Ucraina.

Ore 19:32 - Kiev, missile in Bielorussia possibile provocazione Mosca

In merito al missile abbattuto oggi in territorio bielorusso, l'Ucraina «non esclude una deliberata provocazione» da parte della Russia per «coinvolgere la Bielorussia nella sua guerra». Lo ha affermato in una nota il ministero della Difesa ucraino. «La parte ucraina non esclude una deliberata provocazione da parte dello stato terrorista russo, che ha tracciato una tale rotta per i suoi missili da crociera al fine di provocarne l'intercettazione nello spazio aereo sopra il territorio della Bielorussia», afferma il ministero nel comunicato, dicendosi «pronto» a partecipare a un'indagine sulle circostanze di questo «incidente».

Ore 19:46 - Kiev, almeno 3 civili uccisi dagli attacchi russi in Ucraina

Almeno tre persone sono state uccise e sette sono rimaste ferite negli attacchi missilistici lanciati oggi dai russi in Ucraina, secondo gli ultimi dati forniti dal Servizio di emergenza statale ucraino. L'addetto stampa del servizio, Oleksandr Khorunzhyy, ha detto alla Cnn che due persone sono state uccise nella regione nord-orientale di Kharkiv, mentre una persona è stata uccisa nella regione orientale di Donetsk. Nella regione di Kiev, quattro persone sono rimaste ferite negli attacchi, mentre due sono rimaste ferite nella regione di Kharkiv e una nella regione occidentale di Ivano-Frankivsk.

Ore 20:22 - Usa valutano invio di veicoli da combattimento Bradley

Gli Stati Uniti valutano l'invio in Ucraina di veicoli da combattimento Bradley. Lo riporta l'agenzia Bloomberg citando alcune fonti, secondo le quali una decisione definitiva non è ancora stata presa. Gli analisti ritengono che l'invio dei Bradley aumenterebbe le capacità di combattimento sul terreno di Kiev.

Ore 22:13 - Zelensky si congratula con Netanyahu, rafforzare legami

«Congratulazioni al primo ministro Netanyahu per la formazione del nuovo governo. Auguro successo sulla strada per il benessere e la sicurezza di Israele. Confermo la disponibilità dell'Ucraina a una stretta collaborazione per rafforzare i nostri legami e affrontare sfide comuni, raggiungere la prosperità e la vittoria sul male». Lo ha dichiarato il presidente ucraino Volodymyr Zelensky in un messaggio su Twitter.

Ore 01:05 - Zelensky: la maggior parte dell’Ucraina è senza corrente dopo ultimi raid

«La maggior parte delle regioni» dell’Ucraina è senza corrente elettrica a causa dei raid russi di oggi (giovedì 29 dicembre, ndr) sul Paese. Lo ha detto il presidente ucraino Volodymyr Zelensky. «La situazione è particolarmente difficile nella regione di Kiev e nella capitale stessa, nella regione di Leopoli, a Odessa, Kherson e dintorni, a Vinnytsia e in Transcarpazia», ha detto Zelensky nel consueto videomessaggio serale diffuso dai suoi social. Il presidente ucraino ha inoltre riferito che «54 missili e 11 droni d’attacco sono stati abbattuti» e ha ringraziato l’aeronautica militare, le forze di difesa aerea ucraine, «che oggi hanno respinto con successo un altro attacco russo».

Ore 03:29 - Allarme antiaereo a Kiev e nelle regioni centrali dell’Ucraina

Le sirene d’allarme antiaereo sono state attivate nella capitale Kiev e in tre regioni dell’Ucraina centrale nelle prime ore di oggi, secondo quanto riportano l’agenzia russa Tass e il Kyiv Independent. L’allarme è scattato nell’oblast di Kiev e in quelli di Kirovograd e Cherkasy. I cittadini sono stati invitati dalle autorità a rimanere nei rifugi.

Quanti militari russi morti: "Blitz con gli infrarossi". La fotosequenza dell'agguato ucraino. Giada Oricchio su Il Tempo il 29 dicembre 2022

L’invasione dell’Ucraina da parte della Russia continua senza sosta. Oggi il Paese del presidente Volodymyr Zelensky si è svegliato sotto una pioggia di attacchi: oltre 120 missili in diverse regioni e blackout in molte città (il 40% degli abitanti di Kiev è rimasto senza elettricità). Nonostante ciò, la resistenza va avanti e la documenta il canale Twitter @TpyxaNews English.

Nel breve filmato si vede un blitz vincente dei soldati ucraini durante un’operazione notturna nella regione del Donbass che la Federazione russa si è annessa con un referendum farsa a fine settembre. Un manipolo di soldati russi si stava riposizionando con il favore dell’oscurità, ma grazie ai mirini a infrarossi, in dotazione alla 92esima brigata, le truppe di Kiev li hanno localizzati e  hanno contrattaccato. E’ partita una batteria di granate che non ha lasciato scampo agli occupanti.   

Sul fronte dei negoziati si registra una nuova battuta d’arresto. Il ministro degli Esteri russo, Sergei Lavrov, in un'intervista a Ria Novosti, è tornato ad alzare la voce: “Proponendo idee e formule di pace di ogni tipo, il presidente Zelensky coltiva l'illusione di ottenere, con l'aiuto dell'Occidente, il ritiro delle nostre truppe dal territorio russo nel Donbass, in Crimea, a Zaporizhzhia e nella regione di Kherson, il pagamento di risarcimenti da parte della Russia, la dichiarazione di ‘colpevolezza nei tribunali internazionali’ e simili. È chiaro che Kiev non è pronta al dialogo. Non parleremo con nessuno in questi termini”.

Rick Mave per “la Stampa” il 29 Dicembre 2022.

Allo scoppio della guerra, dieci mesi fa, il corpo militare ucraino pubblicava un post su Facebook in cui chiedeva a tutti i cittadini che possedevano un drone di donarlo al governo per aiutare nelle operazioni di sorveglianza. Dai droni Bayraktar turchi a quelli kamikaze iraniani fino all'impiego di quelli civili dal costo di poche centinaia di euro, l'utilizzo dei droni ha cambiato il corso della guerra e il modo in cui i conflitti saranno combattuti nel futuro. 

Dzhyhit, guerriero del Caucaso e Hagrid, il mezzogigante guardiacaccia della saga di Harry Potter, sono i due giovani soldati ucraini che incontriamo sulla strada all'entrata di Bakhmut, utilizzano solo nomi di battaglia per motivi di sicurezza. Ci lampeggiano con i fari del loro fuoristrada ricoperto di fango e senza fanali.

Hagrid ha il passamontagna perché non vuole farsi riprendere in viso, ha paura che i militari russi possano riconoscerlo e accanirsi contro la sua famiglia che vive in un territorio occupato nella regione di Kherson. Saliamo sul loro fuoristrada e andiamo a circa tre chilometri dal fronte a far volare un drone super leggero verso le linee nemiche per comunicare le coordinate delle posizioni russe che l'artiglieria ucraina a sua volta bombarderà. 

Le strade di campagna che percorriamo ad alta velocità sono una distesa di fango e pozzanghere, superiamo qualche postazione ucraina poi, dopo venti minuti, ci fermiamo, uno dei due scende per controllare che non ci siano pericoli. Quando torna alla macchina ci dice di seguirlo, cominciamo a correre tra gli alberi e gli arbusti imbiancati dalla neve, bisogna essere veloci per non essere individuati dai droni russi. Attraversiamo una radura ed entriamo in un avvallamento dove poterci riparare in caso di bombardamento.

Dzyhit prepara il drone, Hagrid con un fucile automatico gli copre le spalle e sorveglia l'area. Lo fanno alzare in cielo e quindi lo dirigono verso le posizioni russe, ci spiegano che bisogna essere rapidi in quanto ci sono dei dispositivi che riescono ad identificare il controllo remoto del drone e a geolocalizzarlo, quindi a bombardarne la posizione. 

D'improvviso, tra i costanti e ripetuti echi dei bombardamenti che ci sovrastano, sentiamo un sibilo di bomba vicinissimo che ci fa lanciare tutti a terra nel minor tempo possibile. Non succede nulla ma c'è apprensione tra i soldati, Hagrid si guarda intorno, Dzyhit è accovacciato per terra e attraverso una radiotrasmittente invia le coordinate. Poco dopo vediamo dallo schermo del telecomando del drone l'artiglieria ucraina colpire, missione compiuta, lo fanno rientrare.

Appena atterrato il drone, un militare corre via verso l'auto, l'altro recupera il velivolo telecomandato, lo smonta e comincia a correre, questo è il momento più pericoloso, ci dicono, bisogna uscire il più in fretta possibile dall'area che potenzialmente può essere colpita. 

Corriamo fino all'automobile che ci attende a motore acceso e con le portiere aperte. Saltiamo su. In quindici minuti di guida sfrenata, sgommate e derapate siamo fuori pericolo da un attacco russo. Ci riportano alla nostra auto e ci salutiamo. La mattina seguente andiamo a trovarli in una casa dove preparano esplosivi per il drone, delle piccole bombe - di tritolo e polvere da sparo - da attaccare al velivolo e sganciare sul nemico.

Dzyhit è in una stanza con una luce frontale di colore rosso a smontare munizioni di lanciagranate AGS17 e AGS40, le modifica affinché queste una volta sganciate tocchino terra ed esplodano. Vediamo che su un comodino ne ha svariate da preparare, mentre sul davanzale di una finestra ci sono altri droni, alcuni, racconta, sono russi, colpiti e abbattuti. Finita la preparazione delle bombe, prende un elemento di plastica che si aggancia al drone per trattenere la bomba finché questa non venga sganciata, racconta che il pezzo è stato disegnato al computer e stampato in 3D.

Per assicurarsi che tutto funzioni vi posiziona una bomba priva di carica esplosiva e fa delle prove di volo in casa, dice che il rischio maggiore è che la bomba si sganci mentre il drone sorvola le loro teste o le posizioni ucraine e colpisca il bersaglio sbagliato. I due ragazzi sono amici sin dall'infanzia, entrambi di Odessa, Hagrid ha raggiunto Dzyhit per aiutarlo e non lasciarlo da solo, ben sapendo, che se gli succederà qualcosa il suo amico si prenderà cura dei suoi quattro figli. Combattono una guerra tecnologica utilizzando computer, stampanti 3D, droni e iPad per la libertà della loro terra.

Andrea Deugeni per “Milano Finanza” il 29 Dicembre 2022.Il sostegno americano al presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, nel conflitto con la Russia non arriva soltanto dalla Casa Bianca. Anche BlackRock, il più grande asset manager del mondo con circa ottomila miliardi di dollari in portafoglio, è sceso in campo per collaborare con Kiev. 

Lo scopo? Aggregare masse di capitali pubblici e privati da destinare alla ricostruzione del Paese, alle prese dal 2014 con la guerra nelle regioni separatiste del Donbass e martoriato da oltre 300 giorni di bombardamenti dopo l'invasione militare da parte di Mosca.

E chi meglio del colosso a stelle e strisce di gestione del risparmio fondato da Larry Fink può mettere a servizio del governo ucraino expertise tecnica e una rete mondiale di contatti con investitori di ogni tipo per raccogliere i fondi necessari a rimettere rapidamente in piedi, una volta terminate le ostilità, il Paese. 

Secondo quanto riferito ieri dall'agenzia di stampa nazionale di Kiev, Ukrinform, Zelensky e Fink hanno discusso in videoconferenza del coordinamento di potenziali investitori per la ricostruzione dell'Ucraina. 

In base agli accordi preliminari stipulati all'inizio dell'anno fra il ceo di BlackRock e il numero uno ucraino, fresco di visita a Washington al presidente americano Joe Biden, il financial market advisory team del gestore che lavora a stretto contatto con istituzioni finanziarie, authority e governi di tutto il mondo in maniera separata dalla squadra dei gestori, sta studiando da diversi mesi un progetto per costruire una piattaforma per raccogliere i fondi da convogliare poi alle spese post-belliche. 

I due hanno concordato di concentrarsi nel breve termine sul coordinamento degli sforzi di tutti i potenziali investitori e partecipanti alla ricostruzione del Paese, incanalando gli investimenti nei settori più rilevanti e d'impatto per l'economia ucraina.

Si partirà dunque dalle infrastrutture energetiche, dalla rete idrica e da quella di trasporto, asset colpiti dalla Russia per mettere in ginocchio Kiev non solo militarmente. Per organizzare meglio l'operazione, alcuni dirigenti di BlackRock visiteranno l'Ucraina nel 2023. A novembre l'asset manager e il ministero dell'Economia ucraino avevano firmato un memorandum d'intesa sulla consulenza, dopo un incontro ad hoc a settembre fra Fink e Zelensky. 

In base a stime risalenti ad agosto della World Bank, la ricostruzione potrebbe costare circa 350 miliardi di dollari. Altri calcoli portano invece il conto a 1.000 miliardi. Lo scorso giugno l'istituto di economia dell'Università di Kiev denunciava danni strutturali per 95,5 miliardi che avrebbero avuto bisogno di 550 miliardi di fondi pubblici e 200 miliardi di fondi privati per il ripristino materiale e socio-economico del Paese. In tutto 750 miliardi. A settembre, la stima dei danni da parte del governo ucraino è salita a 127 miliardi.

L'allora premier italiano Mario Draghi prevedeva un nuovo Piano Marshall tra i 250 e 500 miliardi.

Zelensky vola a Davos e appalta l’Ucraina del futuro al fondo Blackrock. Giorgia Audiello su L'Indipendente il 30 Dicembre 2022.

Il presidente ucraino Volodomyr Zelensky ha annunciato che parteciperà al prossimo raduno del World Economic Forum (WEF) che si terrà come di consueto il mese prossimo – dal 16 al 20 gennaio – a Davos nelle Alpi svizzere: il presidente interverrà in un panel intitolato “Restoring Security and Peace” il 18 gennaio, insieme al segretario generale della NATO, Jens Stoltenberg, e al giornalista della CNN, Fareed Zakaria. Secondo alcune fonti, Zelensky parteciperebbe al forum di Davos anche per firmare nuovi accordi per la ricostruzione post-bellica con Blackrock, la società d’investimenti più grande del mondo, dopo che all’inizio dell’anno l’amministrazione ucraina aveva già stipulato degli accordi col colosso finanziario circa servizi di consulenza su come investire i fondi per la ricostruzione del Paese martoriato dalla guerra. Anche il CEO di Blackrock, Larry Fink, infatti, sarà protagonista del Forum, intervenendo il 17 gennaio nel panel intitolato “Rilanciare il commercio, la crescita e gli investimenti”, insieme al fondatore del WEF, Klaus Schwab, al capo dell’Organizzazione mondiale del commercio, al primo ministro belga e al vicecancelliere e ministro dell’economia tedesco. Blackrock, del resto, è uno dei principali “partner” del WEF, essendo finanziatore globale dell’agenda ESG – Environmental (ambiente), Social (società) e Governance) – promossa da Davos.

Mercoledì, l’ufficio presidenziale ucraino ha rilasciato una dichiarazione in cui afferma che «In conformità con gli accordi preliminari raggiunti all’inizio di quest’anno tra il capo dello Stato e Larry Fink, il team di BlackRock ha lavorato per diversi mesi su un progetto per consigliare il governo ucraino su come strutturare i fondi per la ricostruzione del Paese”. Il comunicato ha sottolineato inoltre che «Volodymyr Zelensky e Larry Fink hanno concordato di concentrarsi a breve termine sul coordinamento degli sforzi di tutti i potenziali investitori e partecipanti alla ricostruzione del nostro Paese, incanalando gli investimenti nei settori più rilevanti e di impatto dell’economia ucraina». La collaborazione con Blackrock si affianca al piano per la ricostruzione dello stato ucraino discusso nella Ukraine Recovery Conference 2022, cui avevano partecipato l’estate scorsa 41 paesi e 19 organizzazioni internazionali, mettendo a disposizione una cifra pari a 750 miliardi di dollari. Tuttavia, il piano prevede che in cambio dei prestiti, Kiev faccia delle riforme sul piano economico che comprendono, tra le altre cose, la privatizzazione di buona parte del sistema industriale pubblico del Paese. A ciò si aggiungono quindi le mire di Blackrock sulle aziende di Kiev: l’obiettivo, infatti, è quello di promuovere gli interessi dei milioni di investitori del colosso finanziario che possiede già un’enorme quantità di azioni nelle più importanti società e banche del mondo.

Già a settembre, Zelensky aveva reso noto che «L’obiettivo del fondo è quello di creare opportunità per gli investitori sia pubblici che privati di partecipare alla ricostruzione e al ringiovanimento dell’economia di mercato in Ucraina, offrendo rendimenti equi e giusti agli investitori». Due mesi dopo, il gigante americano è riuscito a siglare un memorandum d’intesa con Kiev e si apprende che alcuni leader del fondo hanno in programma di recarsi in Ucraina nel 2023, probabilmente anche per monitorare l’andamento del processo di privatizzazione. Il rischio è quello che l’intero settore pubblico ucraino venga svenduto alla finanza internazionale, cosa già accaduta in passato per quanto riguarda il settore agricolo del Paese: quest’ultimo, infatti, è ormai quasi interamente nelle mani di multinazionali americane e occidentali – quali Monsanto, Cargill e Du Pont – come attestato anche dal documento “The corporate takeover of ukraine agriculture”, redatto dall’Oakland Institute. La guerra in Ucraina ha avuto, dunque, un duplice effetto: da una parte, quello di allontanare la Russia dall’Europa dal punto di vista commerciale e diplomatico; dall’altro, quello di agevolare la vendita dei beni pubblici di Kiev agli investitori occidentali. In entrambi i casi, a guadagnarci sono gli Stati Uniti d’America, sia dal punto di vista economico che della politica estera.

Il World Economic Forum sarà quindi, tra le altre cose, la sede per discutere del futuro dell’Ucraina e della sua ricostruzione che, in base alle condizioni (im)poste, finirà per coincidere con acquisti a prezzi di saldo per le corporation e gli investitori finanziari. Se la guerra sul campo condotta da Mosca ha certamente distrutto l’Ucraina, dunque, la distruzione della sua sovranità economica e del patrimonio industriale pubblico, invece, potrebbe essere portata a termine proprio dalle potenze occidentali e in particolare dalla finanza americana. [di Giorgia Audiello]

Il genocidio di Mosca. La Russia continua indisturbata a rapire e deportare migliaia di bambini ucraini. Maurizio Stefanini su L’Inkiesta il 30 Dicembre 2022

Come denuncia un editoriale del Washington Post, il despota del Cremlino ha pianificato il sistematico rapimento di minori ucraini come componente essenziale della strategia di invasione dell’Ucraina. Finora sono almeno undicimila i bimbi sottratti alle loro famiglie

C’è davvero un genocidio nel Donbas, e anche in altre zone dell’Ucraina. Ma è Putin che lo sta facendo, e lo confessa pure, anzi se ne vanta! Non è infatti il genocidio farlocco agitato dai propagandisti putiniani (e ripetuto, ahimè, da Berlusconi), con la cifra di «14.000 vittime» costruita mettendo assieme tutte le vittime di un conflitto montato per otto anni da agenti del Cremlino: compresi i caduti ucraini; e compresi i civili dell’aereo Boeing 777-200ER della Malaysia Airlines che si trovava in volo tra Amsterdam e Kuala Lumpur e che, ha attestato una sentenza olandese, fu abbattuto per responsabilità di cittadini russi e loro complici locali al servizio di Putin. Ai sensi del Diritto Internazionale, ricorda il Washington Post, costituisce genocidio la politica di cui il governo russo si vanta, di prendere bambini ucraini alle loro famiglie per «rieducarli» come «buoni russi».

A livello di codici penali nazionali sarebbe sequestro di persona, con l’aggravante di essere commesso ai danni di minorenni. Come riferimenti storici il sequestro dei bambini cristiani per trasformarli in scherani ferocissimi del potere ottomano, i giannizzeri, è una pagina particolarmente infame della storia dell’espansionismo islamico. Ma anche le potenze «occidentali» fino a un passato più o meno recente si resero colpevoli di politiche di educazione forzata di bambini di popoli indigeni per i quali oggi infatti in molti stanno chiedendo scusa. Come per la stessa guerra di aggressione russa all’Ucraina, sono cose che il passato dell’umanità ha conosciuto, anche di recente. Esattamente come per la reintroduzione della schiavitù da parte dell’Isis, la cosa inaudita è voler riproporre oggi cose del genere, nel momento che finalmente la coscienza dell’umanità era sembrata consegnarle alla pattumiera della Storia.

Come ricorda appunto l’editoriale del Washington Post, Putin sta commettendo un genocidio, secondo la definizione data dalle istituzioni e dalle organizzazioni internazionali «La guerra è caotica, inspiegabile e devastante per i bambini coinvolti in essa», inizia il testo. «Ma la guerra non può essere una scusa per togliere i bambini ai genitori e alla loro nazione, come sta facendo ora la Russia in Ucraina. Ciò è specificamente proibito dalla Convenzione delle Nazioni Unite sulla prevenzione e la punizione del crimine di genocidio del 1948. Il trasferimento di bambini ucraini in Russia – e i tentativi di fare loro il lavaggio del cervello, eliminando la loro lingua e cultura – è un crimine di genocidio che richiede essere giudicato».

Purtroppo, il rapimento di minori era stato pianificato dalle autorità russe come componente essenziale della strategia di invasione dell’Ucraina. L’editoriale cita un precedente articolo in cui si descrivono i meccanismi usati dalla Russia per appropriarsi dei bambini ucraini. «Vladimir Putin ha emesso un decreto a maggio che rende più facile per i russi adottare bambini ucraini, e il commissario russo per i diritti dei bambini Maria Lvova-Belova, che “sostiene apertamente la pratica di spogliare i bambini della loro identità ucraina e insegnare loro ad amare la Russia”, sta “vigorosamente” perseguendo questa politica».

In recenti dichiarazioni alla televisione ufficiale, la Lvova-Belova ha spiegato come ha trasformato i minori rapiti, facendo sì che gli insulti a Putin dei piccoli «si trasformino in amore per la Russia». Il numero di bambini ucraini rapiti dalla Russia non è chiaro. Ma Daria Herasymchuk, responsabile ucraina dei diritti dei bambini, stima che almeno undicimila bambini siano stati sottratti ai genitori.

Come ricorda il Washington Post, «il sequestro di questi bambini sembra violare il trattato, che pretende di vietare gli atti “con l’intento di distruggere, in tutto o in parte, un gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso”. Il trattato vieta “il trasferimento forzato di bambini dal gruppo a un altro gruppo”. Alcuni esperti di diritto internazionale hanno sostenuto che la convenzione sul genocidio proibisce anche atti volti a distruggere la cultura, la lingua e la religione di un gruppo protetto, compreso quello dei bambini. I fatti che la signora Lvova-Belova e il signor Putin hanno riconosciuto sull’assimilazione dei bambini ucraini in Russia e lo sradicamento della loro cultura forniscono la prova dell’intenzione di commettere un genocidio come definito dal trattato». 

Per la precisione, l’articolo II dice: «Nella presente Convenzione, per genocidio si intende ciascuno degli atti seguenti, commessi con l’intenzione di distruggere, in tutto o in parte, un gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso, come tale: a) uccisione di membri del gruppo; b) lesioni gravi all’integrità fisica o mentale di membri del gruppo; c) il fatto di sottoporre deliberatamente il gruppo a condizioni di vita intese a provocare la sua distruzione fisica, totale o parziale; d) misure miranti a impedire nascite all’interno del gruppo; e) trasferimento forzato di fanciulli da un gruppo a un altro.». 

Quella Convenzione fu redatta dopo i crimini di guerra nazisti. Il Washington Post confronta infatti ciò che sta facendo Putin con i piani della Germania nazista. «La disposizione del trattato sul genocidio è stata adottata nel ricordo delle atrocità naziste, compreso un piano guidato da Heinrich Himmler per rapire bambini dalla Polonia e collocarli in orfanotrofi tedeschi o con famiglie tedesche per essere cresciuti tedeschi». Appunto, «le prime condanne nei processi per crimini di guerra nazisti furono per rapimento di minori. Il procuratore Harold Neely disse che “non è una difesa per un rapitore affermare di aver trattato bene la sua vittima”, osservando che “questi bambini innocenti sono stati rapiti allo scopo di essere indottrinati con l’ideologia nazista ed educati come ’buoni’ tedeschi”. Questo serve ad aggravare, non a mitigare, il reato”.

Conclusione: «la Russia, successore dell’Unione Sovietica, è parte della convenzione sul genocidio. Ma Putin ha mostrato scarso rispetto per il diritto internazionale o le norme di qualsiasi tipo nella sua guerra per abbattere la democrazia dell’Ucraina e del suo popolo. Lui e altri funzionari russi complici di crimini di genocidio contro i bambini devono essere ritenuti responsabili».

Lessico per la vittoria. Dizionario dei nuovi termini introdotti dalla guerra in Ucraina. Matteo Castellucci su L’Inkiesta il 30 Dicembre 2022

I neologismi, le espressioni ironiche e le parole che abbiamo imparato in questi dieci mesi. Da «borscht» a «javelin» a «discoteca» come sinonimo dei bombardamenti andati a segno sui russi, fino agli «orchi di Mordor»

Vladimir Putin ci ha messo dieci mesi a chiamare la guerra con il suo nome. Le parole sono importanti, dopo il 24 febbraio ne abbiamo imparate di nuove. Così in Ucraina un invito in «discoteca» può significare qualcosa di diverso dall’andare a ballare, alle ragazze si regalano mazzi di cotone e San Javelin è un protettore laico. In questo nuovo lessico si intrecciano termini coniati nel 2014, l’antefatto dell’invasione, con i neologismi sbocciati dall’inventiva o dal senso dell’umorismo degli ucraini. Qui abbiamo riassunti i principali. Costituiscono una forma di resistenza, perché l’ironia è un’arma incruenta ma efficace come un missile Patriot.

“Another Love”

In questo vocabolario, dove procederemo in ordine alfabetico, non può mancare la colonna sonora di chi lotta contro l’oscurantismo, a Kyjiv come a Teheran. Il brano del cantautore inglese Tom Odell risale al 2013, ma è stato riesumato sui social e in particolare su TikTok, dov’è diventata virale una versione corale di voci femminili a un concerto. Le strofe, struggenti e cariche di una sofferenza stanca che però non si arena nella rassegnazione, sono diventate l’inno di una generazione in lotta contro gli oppressori. Sono suonate anche in Iran. Una specie di nuova “Bella ciao”.

Appeasement

È una delle parole del Novecento che ci siamo sorpresi a (ri)pronunciare nel 2022. Le concessioni del primo ministro inglese Neville Chamberlain al Reich nazista non bastarono a disinnescare il Secondo conflitto mondiale. Anzi. Si è evocato lo «spirito di Monaco», dal nome della conferenza di pace che nel 1938 consegnò la Cecoslovacchia ad Adolf Hitler senza consultare il governo di Praga, di fronte al rischio di cedere a un altro fanatismo totalitario e imperialista, quello di Mosca. Ma «l’appeasament con la Russia non ha mai funzionato e mai funzionerà», come ha ammonito la presidente del Parlamento europeo, Roberta Metsola.

Bavovna

Con «cotone», ci si riferisce ai bombardamenti ai danni del nemico. Quando Kyjoiv centra gli obiettivi, lo Stato maggiore e la propaganda del Cremlino si rifiutano di ammetterlo, provano a negare in modo surreale, parlando di generiche «esplosioni», boati o colpi molto forti. La parola è hlopok, ma è omofona e omografa a quella della fibra tessile, bavovna in ucraino. I liberatori hanno iniziato a chiamare così gli attacchi ai magazzini russi, a sfregio del negazionismo. Non fiori, ma cotone: va di moda regalare mazzi di questa pianta candida.

Borscht

È sinonimo di casa. Ogni famiglia custodisce e tramanda la ricetta di questa zuppa che dovrebbe diventare il terzo colore della bandiera ucraina. Gli ingredienti: patate, carota, barbabietola, cipolla, cavolo cappuccio, aglio, pomodoro, aromi, brodo di carne o di fagioli, cotti a fuoco lento per un’ora e mezza. Va trovato il giusto equilibrio tra il sapore aspro e dolce. Molto più di una semplice minestra, il piatto a luglio è diventato Patrimonio dell’Umanità. Era la pietanza regina nei libri di cucina dell’Urss, che provò invano ad appropriarsene. Proprio come con l’Ucraina.

Come va con i russi?

Spoiler: non bene. È una delle frasi più famose. «Rusnya» è un dispregiativo per intendere i russi: con «sho po rusni?» ci si chiede come stiano. La risposta è «rusni pyzda!», cioè «i russi si sono fanculizzati». Si stima siano morti centomila soldati della Federazione nell’operazione speciale fallimentare di Putin: dieci volte quelli dello sprofondo decennale in Afghanistan. Rimanda all’epoca sovietica anche lo slang per indicare i caduti, «duecento», dal peso in chili delle bare che tornavano dalla tomba degli imperi.

Chornobaity

È un verbo. Deriva dalla città di Chornobaivka, nella regione di Kherson. All’inizio della guerra, l’esercito russo si era attestato qui, istallando depositi di munizioni. Gli ucraini li hanno centrati una ventina di volte, ma nonostante le perdite il nemico rioccupava le vecchie posizioni. «Chornobaity» significa commettere di continuo lo stesso errore, pagandone le conseguenze.

Discoteca

Non si tratta di andare a ballare. Non in senso letterale, almeno. «Discoteca» è un sinonimo di azione militare. Un’altra immagine curiosa ma evocativa è «candelabro»: descrive un’esplosione al fosforo nel cielo, una specie di fuoco d’artificio bianco. «A zero» è la linea del fronte, mentre «il seminterrato» allude sarcasticamente a cosa succede a chi finisce nelle mani degli occupanti, che si sono lasciati dietro una scia di torture e massacri. A Bucha, a Irpin, ovunque siano passati.

Finlandizzazione

Il vocabolo, mutato dall’equilibrio di Helsinki durante la Guerra fredda, ipotizza(va) per l’Ucraina una condizione simile a quella del Paese scandinavo: neutrale e formalmente indipendente, ma esposto all’influenza di un vicino ingombrante (ieri l’Urss, oggi la Russia). Uno scenario del genere, che avrebbe sacrificato Kyjiv, piaceva ai russofili ansiosi di una trattativa arrendevole e di una resa disarmata. Lo hanno smentito i trionfi della controffensiva. Intanto la Finlandia ha abbandonato la neutralità storica per entrare nella Nato e la sua premier, Sanna Marin, ricorda l’unica formula possibile per la pace: la guerra si ferma solo se la Russia lascia l’Ucraina.

In-tre-giorni

La parola ucraina è «Затридні», si scrive tutto attaccato. Sfotte la boria degli invasori, convinti che la capitale sarebbe caduta «in tre giorni». Dieci mesi dopo, Kyjiv è sempre lì. Libera. Il nemico invece è stato ricacciato indietro. Oggi l’espressione condensa piani irrealistici, idee in cui qualcuno crede ciecamente destinate però a sgretolarsi al contatto con la realtà. Come la fantomatica potenza bellica di Mosca.

Koloradi

È il nome degli scarafaggi della patata del Colorado, un parassita funesto, deleterio per le coltivazioni. L’insetto ha un corpo striato di nero e arancione, i colori dell’ordine di San Giorgio che listano le Zeta e le divise degli invasori. Per estensione, vengono derisi così i separatisti filorussi al soldo del Cremlino. Un altro termine, appioppato soprattutto ai collaborazionisti, è «gauleiter». Rispolvera un lemma tedesco, era la carica degli ufficiali nazisti incaricati di governare le regioni occupate.

Javelin

Una divinità terrena e benigna è invece San Javelin. Meme e persino tatuaggi celebrano questi missili anticarro. Il lanciatore portatile è diventato un’icona profana, degna di una reliquia. Prodotti su larga scala dal 1997, sono stati una delle forniture degli alleati occidentali più apprezzate sul campo. La loro capacità di sfondare la corazza dei tank di Mosca è proverbiale. Sono un fenomeno culturale, con tanto di icona sacra, a effigie di una pagina social che raccoglie fondi per il Paese.

Macronita

Nelle interminabili settimane di escalation, il presidente francese Emmanuel Macron passava settimane al telefono con Vladimir Putin. A giudicare dai risultati, deve aver parlato con la segreteria telefonica. In Ucraina non hanno apprezzato il suo atteggiamento: un’apertura che sembrava fin troppo ansiosa di ascoltare le condizioni del dittatore, seguita da un’antologia di dichiarazioni controverse. Somiglia all’inquilino dell’Eliseo chi si mostra terribilmente preoccupato per qualcosa, ma poi non fa nulla di tangibile per aiutare. C’è anche una versione dedicata al cancelliere tedesco: fare come Scholz vuol dire promettere e promettere, ma non mantenere mai gli impegni. Un omaggio al ministro della Difesa russo, Sergei Shoigu, è invece «shoiguing», cioè fingere sul lavoro che tutto stia andando secondo i piani quando si è «nella merda fino al collo».

Nato

L’Alleanza atlantica non è mai stata così cool. Quanti non addetti ai lavori sapevano che faccia avesse il segretario generale Jens Stoltenberg prima del confitto? Oppure cosa fossero gli articoli 4 e 5 del Patto. Gli Stati membri hanno sostenuto gli sforzi bellici di Kyjiv, ma qui li citiamo per poter trascrivere una barzelletta stupenda raccontata dal presidente ucraino Volodymyr Zelensky durante l’intervista di David Letterman.

«Due ebrei di Odessa si incontrano. Uno chiede all’altro: “Che si dice?”.

— C’è la guerra.

— Una guerra? quale guerra?

— La Russia si scontra con la Nato.

— Seriamente?

— Ti dico di sì.

— E come sta andando?

— Beh, settantamila soldati russi sono morti. Le scorte di missili sono quasi esaurite e un sacco di equipaggiamento è danneggiato, distrutto.

— E la Nato?

— La Nato non è ancora arrivata».

Nave russa, vai a farti fottere.

D’accordo, non è una parola sola. Ma è già Storia la risposta della guarnigione dell’isola dei Serpenti, sul mar Nero, di fronte alle minacce di un incrociatore russo. Il nemico intimava la resa, altrimenti avrebbe bombardato. «Nave russa, vai a farti fottere» ribattono via radio i tredici soldati (poi liberati) che presidiavano quello snodo strategico. Stampato su adesivi e francobolli, il messaggio è assurto a slogan, simbolo – in un rinnovo del mito delle Termopili – del coraggio di opporsi a forze soverchianti. L’ammiraglia in questione, la Moskva, sarebbe stata affondata ad aprile dai missili Neptune sparati dagli ucraini. «Fare la fine della nave russa» è un modo di dire per cui non servono spiegazioni.

Non-ce-ne-sono

Anche qui, la grafia non prevede spazi. «Ihtamnetu» prende in giro, rovesciandola, una frase di Putin che negava la presenza di soldati russi in Donbas dopo il 2014. Era l’ennesima menzogna, a cui troppi media in Occidente hanno creduto per convenienza, connivenza o entrambe. Nonostante gli accordi di Minsk in due edizioni, il «conflitto congelato» nella regione era già costato quattordicimila caduti prima del 2022.

No fly zone

I leader ucraini hanno chiesto a più riprese agli alleati di aiutarli a «chiudere lo spazio aereo» sopra il Paese. Ricordate? Gli alleati hanno disatteso queste speranze, attenti a evitare quello che Mosca avrebbe interpretato come un coinvolgimento diretto nel conflitto, ma hanno inviato sistemi di contraerea vitali per intercettare le bombe russe e i droni kamikaze. Gli Stati Uniti hanno moltiplicato gli sforzi per impedire all’Iran di fabbricare gli ordigni, che in alcuni casi contengono componentistica occidentale.

Orchi di Mordor

Le truppe nemiche vengono chiamate così, come la mostruosa soldataglia al servizio del Male nella saga del Signore degli Anelli. In un caso la fanteria obbedisce a un signore oscuro e proviene da una terra desolata, imprigionata nelle tenebre di un passato che non passa e invidiosa dei progressi dei popoli confinanti; l’altra esiste solo nella fantasia di Tolkien. Sauron come Putin, insomma. Le armate di entrambi calano da Mordor.

Operazione militare speciale

È una delle distorsioni con cui il Cremlino ha provato a falsificare la realtà. Nello stesso sottogenere troviamo «mobilitazione parziale». Accostamenti ossimorici in assonanza con la «non belligeranza» che si era inventato Benito Mussolini, prima di trascinare pure lui un Paese al disastro. In Russia è vietato chiamare «guerra» l’invasione su larga scala di una nazione libera e sovrana. Recentemente Putin ha rotto il tabù, millantando come al solito di volere la pace. I comuni cittadini che avevano rigettato l’inganno semantico, invece, sono accusati di «screditare le forze armate» e puniti con pene fino a quindici anni di carcere.

Palyanytsia

Significa «pane fatto in casa». È una parola in codice. I soldati russi non riescono a pronunciarla, perché troppo difficile da articolare per chi non parli l’ucraino. Il 21 giugno è apparsa sul New York Times, come ha certificato l’account Twitter che tiene questa speciale contabilità.

Rascismo

È una crasi tra «Russia» e «fascismo». Racchiude crimini di guerra e volontà d’annientamento. Il suo simbolo è la zeta. Il 24 febbraio ha segnato uno spartiacque nella traiettoria della Federazione: non può essere più considerata “solo” un’autocrazia. È cominciato l’ultimo esperimento putiniano, la costruzione di un regime totalitario, fondato su questa ideologia aberrante. È la presunta superiorità «spirituale» di un nazionalismo razzista, una xenofobia claustrofobica, la conversione bellica dell’economia sotto sanzioni, l’imperialismo di matrice coloniale, l’idolatria della morte che – bollinata dal patriarca Kirill – darà «la vita eterna».

Slava Ukraini!

Anche leader e capi di Stato stranieri hanno adottato il motto. Si forgia nelle lotte per l’indipendenza del 1917-21, anche allora contro la spregevole dominazione russa che sarebbe sfociata nel genocidio dell’Holodomor. Traduzione: «Gloria all’Ucraina». Al grido si risponde con «Heroiam slava!», cioè «gloria agli eroi».

TikTok army

L’esercito di TikTok. Sono le bande cecene di Ramzan Kadyrov, iperattive sui social ma ridotte a carne da cannone sul campo di battaglia, alla stregua delle altre minoranze non etnicamente russe della Federazione. Non reggono il confronto con le truppe regolari e i loro upload su TikTok, intrisi di autocelebrazione, sono serviti agli ucraini per geolocalizzarli. E bombardarli.

Trattore

Tra le iconografie più memorabili della guerra c’è sicuramente questa. Un mezzo agricolo ucraino che traina un carro armato russo ridotto a rottame di lamiera. Online c’è una vera e propria compilation. Come per il manipolo dell’isola dei Serpenti, anche questo scatto è finito sui francobolli. Riproduce la caparbietà dei difensori, capaci di smentire tutti i pronostici. Proprio come un trattore, prezioso in tempo di pace, che sconfigge un tank foriero di morte. «Avviare il trattore» ora significa ricorrere a qualcosa di inaspettato, un’arma segreta per sbaragliare gli avversari.

Ucrainizzare

È il contrario di «denazificare», il pretesto delirante di Putin. Invece sono state le forze di Kyjiv a «ucrainizzare» l’esercito nemico. I nazisti, insomma, stavano a Mosca. Le colonne russe avrebbero dovuto marciare al contrario. I soldati ucraini, carichi di equipaggiamento all’avanguardia, sono soprannominati «cyborg», le loro divise «pixel» per la texture che le mimetizza. «Avatar», ispirato al film di Cameron, è invece un fante ubriaco.

Ultimo

Vietato dirlo. Era una superstizione dell’aviazione: mai parlare di «ultima riunione», per esempio. Porta male, è una premonizione di morte. Meglio usare «krajne», difficile da tradurre, ma meno assoluto e più vicino ai nostri «al limite», «sull’orlo». L’accorgimento si è diffuso nella società civile, dove tutti conoscono qualcuno al fronte. Più di semplice scaramanzia, è la commemorazione in vita di chi rischia di morire per noi.

Zeta

Nell’alfabeto cirillico non esiste, eppure campeggia sui carri armati e sui veicoli degli invasori. È diventata l’icona dell’«operazione militare speciale» e pure del rascismo (vedi sopra). Tra le ipotesi sulla sua adozione: la direzione dell’avanzata, verso Ovest (Zapad), e il nome di Zelensky, nemico pubblico numero uno del Cremlino. Le sfere militari russe hanno avvalorato «Za pobedu», «per la vittoria». In Ucraina circola una battuta: «È una mezza svastica, perché l’altra metà se la sono rubata in magazzino». Deride al tempo spesso la miseria dell’esercito nemico e la corruzione sistemica che ha contribuito a indebolirlo.

A questo dizionario, forse, manca una parola. Ci permettiamo di aggiungerla.

Ucraina, sinonimo di coraggio indomito e di libertà. 

(Si ringraziano per l’aiuto Yaryna Grusha Possamai e Kateryna Kovalenko)

Gianfranco Ferroni per veritaeaffari.it il 29 Dicembre 2022.

Al Pd non piace più Romano Prodi

“Romano Prodi fa l’antiamericano”, dicono nel Pd. Tutta colpa del fondo che è stato pubblicato dal quotidiano romano Il Messaggero, intitolato “Nessun ambasciatore, il conflitto economico tra Usa ed Europa”. 

Cosa ha scritto l’ex premier? “Come nella vita, così anche in politica, i grandi amori vanno custoditi e coltivati: ogni matrimonio ha bisogno di manutenzione. Questo semplice pensiero mi è più volte venuto in mente riflettendo sulla particolare evoluzione dei rapporti fra gli Stati Uniti e l’Europa, per secoli uniti come padre e figlio. Un rapporto in cui il ruolo di padre è stato a lungo riservato all’Europa, ma che si è invertito con le due guerre mondiali, nelle quali è stata l’America a venire in soccorso al vecchio continente, aiutandolo prima a salvarsi e poi a crescere sempre più forte”.

La demolizione di Biden

Un prologo che non lascia sperare bene, e infatti il seguito è tutto contro l’America guidata da Joe Biden: “Nella mia non breve esperienza, ho avuto la possibilità di osservare la complessità di questi rapporti nella politica dei diversi presidenti americani e mi sono reso conto della necessità di esercitare un’attenta manutenzione perché tali rapporti non si deteriorino eccessivamente. 

Se, ritornando ai miei diretti ricordi, penso ai presidenti appartenenti alla famiglia Bush (intendo sia il padre che il figlio) vi erano tra di noi diversità politiche e quindi anche decisioni non condivise, ma erano ancora discussioni in cui tutti ci ritenevamo membri di una stessa famiglia”.E “poi è arrivato Clinton che non era nato con un particolare legame con l’Europa, ma che lo ha poi costruito in conseguenza della sua sensibilità politica e della sua evoluzione culturale. Quindi è seguito Obama, presidente certo di grande spessore, ma per cui, nella sua visione globale, Roma e Singapore erano la stessa cosa. A lui è seguito Trump che vedeva l’Europa solo come un rivale (se non quasi un nemico), sia dal punto di vista politico che economico. Infine, da un paio di anni, abbiamo Joe Biden, un presidente americano molto attento a ricostruire i rapporti politici e militari con l’Europa, ma poco preoccupato per il progressivo deterioramento delle relazioni economiche fra il vecchio e il nuovo continente”.

 Le critiche

Colpito e affondato l’attuale inquilino della Casa Bianca, Prodi discetta: “Il ruolo americano è sostanzialmente dominante. Nel campo economico, invece, la distanza è sempre maggiore. La divergenza più rimarcata dai media riguarda naturalmente il prezzo del gas, fonte di vita per molti settori industriali. La differenza fra i prezzi americani ed europei è abissale. È vero che gli Stati Uniti hanno aumentato la loro fornitura di gas all’Europa ma, ovviamente, ad un livello di prezzo che ha raggiunto anche cinque volte quello delle imprese americane. 

Nulla da obiettare perché questo è il mercato, ma molti osservano che nulla è stato fatto per mitigare gli effetti, e quindi il disagio, che tutto questo provoca. Sentimento identico riguarda le sanzioni nei confronti della Russia, un provvedimento logico e necessario, ma che incide in modo quasi esclusivo nei confronti dei nostri produttori”.

 E dopo aver criticato i sussidi decisi a favore delle aziende americane per 500 miliardi di dollari, ecco il gran finale prodiano, accusando Biden di non aver “ancora indicato il nome dell’ambasciatore americano in Italia”, a due anni dal suo insediamento. Per il professore “si tratta di una situazione anomala non solo fra paesi fratelli, ma anche fra paesi cugini. Mi risulta, tra l’altro, che mentre la sede di Roma è oggi ancora vacante, da quasi un anno e mezzo l’ambasciatore americano a Singapore si è regolarmente insediato”.

Zelensky: «Manteniamo le posizioni nel Donbass». Liberato un villaggio nel Lugansk. Marta Serafini inviata a Kiev e Redazione Online su Il Corriere della Sera il 30 Dicembre 2022.

Le notizie di venerdì 30 dicembre. Nella giornata di giovedì oltre 120 attacchi missilistici russi sulle città dell’Ucraina, l’emergenza energetica è sempre più grave

• La guerra in Ucraina è arrivata al 309esimo giorno.

• Colloquio tra Putin e Xi: «Vogliamo rafforzare la cooperazione militare»

• La città di Kherson è sotto attacco dei missili russi, per questo motivo l’esercito ucraino sta procedendo all’evacuazione dei civili.

Ore 00:10 - Ucraina: disposti a inchiesta su missile caduto in Bielorussia

L’Ucraina è disposta ad aprire un’inchiesta sul missile antiaereo caduto in territorio Bielorussia, alla quale potranno partecipare esperti provenienti da Paesi non legati alla Russia: lo ha reso noto il Ministero della Difesa di Kiev. “La parte ucraina, pur riservandosi il pieno diritto di difendere e proteggere il proprio spazio aereo, è pronta a condurre un’inchiesta obbiettiva sull’incidente avvenuto il 29 dicembre sullo spazio aereo bielorusso in risposta ad un massiccio attacco missilistico russo”, si legge nel comunicato diffuso dal Ministero.

Ore 00:16 - Kiev, il 90% dei residenti di Bakhmut ha lasciato la città

Quasi il 90% dei residenti della città Bakhmut, nella regione di Donetsk, ovvero più di 70.000 persone, ha lasciato l’area, mentre 8.700 persone continuano a vivere sotto i bombardamenti: lo ha reso noto su Facebook il sindaco di Bakhmut, Oleksii Reva, come riporta Ukrinform. «Nonostante la difficile situazione della sicurezza, l’evacuazione dei residenti di Bakhmut continua. Quasi il 90% dei residenti della comunità di Bakhmut, che conta più di 70.000 persone, si è già trasferito in regioni più sicure o ha lasciato temporaneamente il territorio dell’Ucraina. Circa 8.700 residenti di Bakhmut rimangono nella comunità e vivono sotto costante bombardamenti», ha scritto il sindaco.

Ore 5:10 - Usa valutano invio di veicoli da combattimento Bradley

Gli Stati Uniti valutano l'invio in Ucraina di veicoli da combattimento Bradley. Lo riporta l'agenzia Bloomberg citando alcune fonti, secondo le quali una decisione definitiva non è ancora stata presa. Gli analisti ritengono che l'invio dei Bradley aumenterebbe le capacità di combattimento sul terreno di Kiev.

Ore 05:29 - Zelensky: la maggior parte dell’Ucraina è senza corrente dopo ultimi raid

«La maggior parte delle regioni» dell’Ucraina è senza corrente elettrica a causa dei raid russi di oggi (giovedì 29 dicembre, ndr) sul Paese. Lo ha detto il presidente ucraino Volodymyr Zelensky. «La situazione è particolarmente difficile nella regione di Kiev e nella capitale stessa, nella regione di Leopoli, a Odessa, Kherson e dintorni, a Vinnytsia e in Transcarpazia», ha detto Zelensky nel consueto videomessaggio serale diffuso dai suoi social. Il presidente ucraino ha inoltre riferito che «54 missili e 11 droni d’attacco sono stati abbattuti» e ha ringraziato l’aeronautica militare, le forze di difesa aerea ucraine, «che oggi hanno respinto con successo un altro attacco russo».

Ore 05:31 - Allarme antiaereo a Kiev e nelle regioni centrali dell’Ucraina

Le sirene d’allarme antiaereo sono state attivate nella capitale Kiev e in tre regioni dell’Ucraina centrale nelle prime ore di oggi, secondo quanto riportano l’agenzia russa Tass e il Kyiv Independent. L’allarme è scattato nell’oblast di Kiev e in quelli di Kirovograd e Cherkasy. I cittadini sono stati invitati dalle autorità a rimanere nei rifugi.

Ore 05:42 - Kiev: abbattuti i droni russi lanciati contro la città

Il governatore dell’Oblast di Kiev, Oleksiy Kuleba, ha riferito che le forze di difesa aerea hanno abbattuto tutti i droni russi che avevano come obiettivo le infrastrutture della regione. Lo riferisce Kyiv Independent. I rapporti preliminari indicano che nessuno dei droni ha raggiunto i propri obiettivi.

Ore 08:31 - Da Gb rilevatori di metalli e kit anti-bombe

La Gran Bretagna ha inviato a Kiev più di 1.000 rilevatori di metalli e 100 kit per la disattivazione delle bombe per aiutare a bonificare i campi minati ucraini. Lo riporta il Guardian. «L’uso delle mine antiuomo da parte della Russia e gli attacchi alle infrastrutture civili sottolineano la scioccante crudeltà dell’invasione di Putin», ha detto il ministro della Difesa britannico, Ben Wallace. «Quest’ultimo pacchetto di aiuti del Regno Unito aiuterà l’Ucraina a bonificare in sicurezza terreni ed edifici mentre reclama il suo legittimo territorio», ha aggiunto.

Ore 08:35 - Mosca, arrestato cittadino ucraino che pianificava attacco

Il servizio di sicurezza russo Fsb ha arrestato un cittadino ucraino che stava pianificando un attacco terroristico nel Caucaso del Nord su ordine dei servizi speciali ucraini: lo ha reso noto lo stesso Fsb alla Tass. All’inizio del mese, «l’Fsb ha sventato un tentativo di un sostenitore del nazismo ucraino di commettere un attacco terroristico su ordine dei servizi speciali ucraini», ha aggiunto il servizio di sicurezza russo.

Ore 09:20 - Il teatro Arcimboldi cancella lo spettacolo di Polunin

(Irene Soave) Cancellato Sergei Polunin, il ballerino filo-Putin, dal cartellone del teatro milanese degli Arcimboldi, dove aveva in programma per il 28 e il 29 gennaio la sua sola esibizione italiana in «Rasputin - Dance Drama». Lo ha comunicato al Corriere il direttore degli Arcimboldi Gianmario Longoni. La decisione è stata presa «d’accordo con la compagnia. Non c’è il clima per rappresentare uno spettacolo d’arte e trarne le sensazioni corrette. Forse il clima è cambiato per sempre». Il riferimento è alla campagna lanciata da associazioni della diaspora ucraina e bielorussa per chiedere al teatro e al Comune di Milano di cancellare lo show.

Per molti critici Polunin è il più grande ballerino vivente; per tutti è il più controverso. Ucraino di Kherson, ma filorusso tanto da avere sul petto tre tatuaggi di Putin (e un «sole nero» nazista), è noto al grande pubblico per il videoclip 2015 di «Take me to Church», di Hozier. Negli anni ha detto frasi come «Putin è la mia luce» e attaccato donne, obesi, neri. Gli Arcimboldi e il Comune di Milano hanno ricevuto nei giorni scorsi centinaia di messaggi. Lo stesso è accaduto a Polunin all’Opéra di Parigi, a Berlino, a Praga. Seguita a esibirsi in Russia, dove ha partecipato a uno show per finanziare l’Armata.

Ore 09:45 - Kiev, ieri 81 raid russi sulla regione di Kherson

Ieri, 29 dicembre, l’esercito russo ha bombardato 81 volte la regione di Kherson, secondo quanto riferito da Yaroslav Yanushevych, capo dell’amministrazione militare locale su Telegram e ripreso da Ukrinform. «Gli occupanti russi hanno bombardato il territorio della regione di Kherson 81 volte. Il nemico ha sparato contro insediamenti pacifici in tutta la regione, impiegando artiglieria, sistemi MLR e mortai», ha detto Yanushevych. Secondo il funzionario, la città di Kherson è stata attaccata 27 volte. Colpiti un negozio, varie infrastrutture sensibili, imprese industriali, nonché un certo numero di case e condomini. A seguito del bombardamento, un civile è rimasto ferito. In precedenza, due persone erano rimaste ferite in un attacco che ha colpito una clinica per le malattie cardiache a Kherson.

Ore 10:02 - Zelensky: «Combattiamo per valori che uniscono Europa e mondo»

«Stiamo combattendo per l’Ucraina, per i valori che uniscono l’Europa e il mondo democratico, per il valore globale della vita. Per tutto ciò che lo Stato terrorista sta cercando di distruggere. Non è facile, è difficile, ma sono fiducioso che ce la faremo e che l’aggressione russa fallirà, in modo che tutti gli altri potenziali aggressori del mondo non osino ripetere ciò che fa il russismo»: lo scrive oggi su Telegram il presidente ucraino Volodymyr Zelensky.

Ore 10:04 - Al via incontro on-line, Putin invita Xi a Mosca

È cominciato il colloquio in collegamento on-line tra il presidente russo, Vladimir Putin, e quello cinese, Xi Jinping. Putin ha invitato Xi a Mosca il prossimo anno. La Tass riporta che Putin avrebbe definito le relazioni russo-cinesi come «le migliori di sempre», oltre a essere «un modello di cooperazione». La replica di Xi è stata: «Pronti a partnership globale». Putin ha anche invitato il leader cinese a Mosca, affermando la visita sarà «il principale evento politico dell’anno per le relazioni bilaterali», e inoltre «dimostrerà al mondo la forza dei legami russo-cinesi su diverse questioni chiave».

 Ore 10:11 - Putin a Xi: «Vogliamo rafforzare la cooperazione militare»

Vladimir Putin ha detto a Xi Jinping che Mosca intende rafforzare la cooperazione militare e tecnico-militare tra Russia e Cina. Lo riporta la Tass. Putin e Xi parlano in collegamento video.

Ore 10:13 - Putin: «Gli scambi commerciali con la Cina aumenteranno del 25% a fine anno»

Nonostante «il ricatto di alcuni Paesi occidentali», gli scambi commerciali tra la Russia e la Cina aumenteranno del 25 per cento a fine del 2022. Lo ha dichiarato il presidente russo Vladimir Putin nel corso dei colloqui in videoconferenza con l’omologo cinese Xi Jinping. «Nonostante le sfavorevoli condizioni esterne, le restrizioni illegittime e il ricatto diretto da parte di alcuni Paesi occidentali, Russia e Cina sono riusciti a garantire un tasso di crescita record del fatturato reciproco, che aumenterà del 25 per cento secondo i risultati del fine anno», ha osservato Putin. Con questa dinamica, ha aggiunto, «saremo in grado di raggiungere in anticipo il nostro obiettivo di 200 miliardi di dollari entro il 2024».

Ore 11:02 - Putin: «Aspetto Xi a Mosca in primavera»

Il presidente russo Vladimir Putin ha detto di attendere il presidente cinese Xi Jinping a Mosca nella primavera del 2023 per una visita di Stato. «Non ho dubbi che troveremo l’occasione per incontrarci di persona. Ti aspettiamo, caro presidente, caro amico, la prossima primavera con una visita di Stato a Mosca», ha detto Putin a Xi Jinping in un colloquio in collegamento video. Lo riporta la Tass.

Ore 11:09 - Nuovo allarme esplosioni a Kiev

(Marta Serafini, inviata a Kiev) Nuovo allarme ed esplosioni a Kiev dopo l’attacco di ieri su tutto il Paese che solo nella capitale ha ferito 3 persone. La sirena ha suonato anche nella notte, quando secondo la Difesa ucraina sono stati abbattuti dei droni Shahed sulla città.

Ore 11:41 - Calenda incontra ambasciatore Melnyk

Ho incontrato l’ambasciatore Yaroslav Melnyk per fare il punto della situazione dopo la mia visita in Ucraina. L’ho aggiornato sulle azioni concrete che stiamo mettendo in atto per aiutare il popolo ucraino”. Lo scrive su Twitter Carlo Calenda, leader del Terzo Polo- si legge in una nota - dopo il colloquio avuto questa mattina con l’ambasciatore ucraino in Italia.

Ore 12:01 - Kiev: russi hanno lanciato 16 droni nella notte, tutti abbattuti

La Russia ha tentato di attaccare l’Ucraina la notte scorsa con 16 droni Shahed-131/136, ma la difesa aerea ucraina ha abbattuto tutti gli obiettivi: lo hanno reso noto le forze armate ucraine, come riportano i media locali. «Sono stati lanciati in totale 16 Shahed» dalle direzioni sud-est e nord, ha spiegato l’esercito. Da parte sua, il sindaco di Kiev, Vitaliy Klitschko, ha detto che i russi hanno lanciato sette droni contro la capitale, sottolineando che due sono stati distrutti durante il loro avvicinamento e cinque sui cieli della città. «I droni nemici di fabbricazione iraniana sono stati distrutti dai combattenti dei comandi aerei Est e Centro, nonché da unità di difesa aerea di altri componenti delle Forze di difesa dell’Ucraina», ha affermato l’esercito.

Ore 12:05 - Mosca: «Bombe ucraine su regione Belgorod, colpita industria»

Le forze ucraine hanno colpito oggi una società industriale nella città di Shebekin, nella regione russa di Belgorod al confine con l’Ucraina: lo ha reso noto il governatore della regione, Vyacheslav Gladkov, come riportano i media ucraini. «Non ci sono vittime. I proiettili hanno colpito l’area di un’impresa industriale: le finestre sono rotte, la recinzione è danneggiata», ha detto Gladkov. Secondo il governatore, le esplosioni nella regione continuano, ma al momento non ci sono notizie di altri siti danneggiati, né di feriti o vittime.

Ore 12:06 - Putin: «Commercio Russia-Cina da record nonostante difficoltà»

Il bilancio commerciale tra Russia e Cina ha raggiunto livelli record «nonostante le sanzioni e i ricatti occidentali», ha affermato il presidente russo Vladimir Putin durante i colloqui con il leader cinese Xi Jinping, aggiungendo che l’obiettivo di aumentare i volumi commerciali a 200 miliardi di dollari sarebbe stato raggiunto prima del previsto. Lo riporta la Tass. «Nonostante l’ambiente esterno sfavorevole, le restrizioni illegittime e il ricatto diretto di alcuni Paesi occidentali, Russia e Cina sono riuscite a garantire tassi record di crescita del fatturato commerciale reciproco», ha affermato il presidente russo. Il fatturato commerciale «è aumentato di circa il 25%», ha osservato, aggiungendo che tali dinamiche consentirebbero ai due Paesi «di raggiungere il livello auspicato di 200 miliardi di dollari entro il 2024». «Nel periodo gennaio-novembre il fatturato commerciale è cresciuto del 36% raggiungendo i 6 miliardi di dollari», ha detto Putin, rilevando «un forte aumento del commercio agricolo».

Ore 12:13 - Putin non invierà gli auguri a Biden, Macron e Scholz

Vladimir Putin non invierà gli auguri di buon anno a Joe Biden, Olaf Scholz, Emmanuel Macron ed agli altri leader dei Paesi «ostili». Lo riferisce il Cremlino, aggiungendo che il premier ungherese Viktor Orban e il presidente serbo Aleksandar Vucic saranno gli unici leader europei che riceveranno gli auguri. Lo riporta la Tass.

Ore 12:21 - Kiev, quattro civili morti nell’attacco russo di ieri

Quattro civili sono stati uccisi e altri otto sono rimasti feriti in Ucraina a causa del massiccio bombardamenti russo di ieri: lo ha reso noto su Telegram il vice capo dell’Ufficio del presidente ucraino, Kyrylo Tymoshenko, come riporta Ukrinform. In particolare, una persona è stata uccisa nella regione di Donetsk e tre sono morte nella regione di Kharkiv.

Ore 12:31 - Putin ha inviato auguri nuovo anno a Berlusconi

Il presidente russo Vladimir Putin ha inviato gli auguri di Natale e per il nuovo anno ad alcuni ex ed attuali capi di Stato e di governo stranieri, tra cui Silvio Berlusconi. Ne dà notizia la Tass citando il servizio stampa del Cremlino. Il leader russo si è rivolto anche al presidente cinese Xi Jinping, al presidente uscente del Brasile Jair Bolsonaro e a quello venezuelano Nicolas Maduro. Niente auguri invece per l’ex cancelliera della Germania Angela Merkel, fa notare la Tass, mentre gli auguri sono stati rivolti all’ex cancelliere Gerhard Schroder, al centro di feroci critiche per la vicinanza a Mosca.

Ore 12:43 - Xi: «Bene la disponibilità russa a una soluzione pacifica»

«La Cina accoglie con favore la posizione della Russia che non respinge una soluzione pacifica per la crisi ucraina». Lo ha affermato il presidente Xi Jinping nel colloquio con Vladimir Putin, secondo quanto riporta la Tass. «Abbiamo sottolineato il fatto che la parte russa non ha mai escluso la possibilità di risolvere il conflitto in Ucraina attraverso colloqui diplomatici. La Cina accoglie con favore tale posizione», ha detto Xi. I colloqui di pace non possono sempre andare bene, ha affermato il presidente cinese, citato dalla Tass. «Tuttavia, non bisogna rallentare gli sforzi, la pace alla fine arriverà», ha osservato. Pechino continuerà ad assumere una posizione obiettiva sulla questione ucraina e a svolgere un ruolo costruttivo nella sua soluzione, ha concluso il presidente cinese nel colloquio con Putin.

Ore 13:08 - Xi, Cina pronta a riapertura graduale dei confini con Russia

La Cina è pronta al ripristino graduale dei traffici transfrontalieri con la Russia. Lo ha detto il presidente cinese Xi Jinping, secondo la Tass.

Ore 13:27 - Kiev, a Capodanno coprifuoco e niente fuochi d’artificio

Per la notte di Capodanno a Kiev non sarà annullato il coprifuoco dalle 23 alle 5 del mattino e i fuochi d’artificio saranno vietati: lo ha comunicato l’amministrazione della capitale ucraina ricordando ai cittadini di pianificare in anticipo il rientro a casa per il 31 dicembre. Le restrizioni riguardano anche il divieto di fermarsi per strada e in altri luoghi pubblici fuori dagli orari consentiti, così come l’indicazione di raggiungere i rifugi più vicini in caso di allarme aereo.

 Ore 14:18 - Il rabbino capo di Mosca in esilio: «Ebrei lasciate il Paese»

Pinchas Goldschmidt, rabbino capo di Mosca in esilio all’estero dallo scorso luglio, sollecita la comunità ebrea a lasciare la Russia fino a che è ancora possibile e prima che vengano considerati come capri espiatori della crisi che si abbatterà sul Paese in conseguenza all’invasione dell’Ucraina.

Ore 14:46 - Putin omaggia Pelé: «Tanti russi amano il calcio grazie a lui»

«Grazie al suo talento, le sue qualità uniche, un modo di giocare bellissimo e affascinante, il calcio è diventato lo sport preferito da milioni di persone, anche in Russia»: questo che Vladimir Putin ha fatto di Pelé in un telegramma di cordoglio inviato al presidente brasiliano Jair Bolsonaro. «Edson Arantes do Nascimento era un figlio eccezionale del popolo brasiliano», si legge nel messaggio diffuso dal Cremlino di cui dà notizia la Tass, «ho avuto la fortuna di incontrare quest’uomo eccezionale (nel dicembre 2017 a un evento in vista dei mondiali in Russia del 2018, ndr), e conserverò per sempre il miglior ricordo di lui».

Ore 16:03 - Zelensky ai vertici militari: rafforzare la difesa aerea

La situazione operativa al fronte, il rafforzamento della difesa aerea e il ripristino del sistema energetico ucraino sono stati i temi al centro di una riunione tenuta dal presidente ucraino Volodymyr Zelensky con i vertici della Difesa e militari, riferisce Ukrinform citando il servizio stampa del presidente. «Sono stati ascoltati rapporti sulla situazione operativa al fronte e possibili azioni del nemico nell'immediato futuro. I partecipanti all'incontro si sono concentrati sulla fornitura di armi e mezzi per le unità impegnate nei punti più caldi», si legge, mentre si specifica che i partecipanti all'incontro hanno affrontato anche la questione del rafforzamento della difesa aerea dell'Ucraina, in particolare, per la protezione delle infrastrutture critiche. È stato poi fornito un aggiornamento sulla ripresa delle infrastrutture energetiche del Paese dopo l'ultimo attacco missilistico russo.

Ore 17:43 - Aiea: forti esplosioni vicino alla centrale Zaporizhzhia

Gli esperti dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica (Aiea) hanno affermato di aver sentito forti esplosioni vicino alla centrale nucleare di Zaporizhzhia. Lo riporta l’agenzia Ria Novosti.

Ore 18:25 - Zelensky sente il premier greco Mitsotakis

Zelensky, ha reso noto su twitter di aver avuto un colloquio telefonico con il premier greco Kyriakos Mitsotakis. «Ho ringraziato per i calorosi auguri per il popolo ucraino e per il sostegno alla difesa nell’anno in corso. Mi è stato assicurato lo stesso livello di supporto anche nel prossimo. Abbiamo delineato attività congiunte», ha scritto il presidente ucraino.

Ore 19:41 - Zelensky: nel Donbass manteniamo le nostre posizioni

«Ho tenuto una riunione dello Stato Maggiore, la 45esima di quest'anno. La chiave è la regione di Donetsk e Luhansk. Il nostro Donbass, dove continuano le battaglie più feroci. Bakhmut, Soledar, Kreminna... Manteniamo le nostre posizioni. Ci sono anche aree del fronte dove stiamo lentamente avanzando. Ringrazio tutti i nostri soldati che garantiscono questo. Siete dei veri eroi!». Sono le parole del presidente Zelensky nel consueto messaggio serale. «Abbiamo discusso - aggiunge - della situazione a sud, al nostro confine. Rifornimento di armi. Un maggiore rafforzamento della difesa aerea. Quest'anno non solo abbiamo mantenuto le nostre difese aeree, ma le abbiamo rese più forti che mai. Nel 2023 la difesa aerea ucraina diventerà più forte ed efficace».

Ore 23:07 - Kiev: liberato un villaggio nel Lugansk

L' esercito ucraino ha liberato il villaggio di Novoselivske, nella regione di Luhansk, alcuni militari russi sono stati catturati. Lo afferma l'amministrazione militare regionale di Lugansk, come riporta Unian. Il villaggio è ora controllato dall'esercito ucraino.

Ore 01:33 - Bach, Cio: sanzioni sportive contro Russia e Bielorussia devono restare

Le sanzioni sportive imposte a Russia e Bielorussia per l’invasione dell’Ucraina devono rimanere saldamente in vigore nel 2023. Lo ha ribadito il capo del Comitato olimpico internazionale Thomas Bach. «Le sanzioni contro gli stati e i governi russo e bielorusso devono e rimarranno saldamente in vigore», ha affermato Bach nel messaggio di fine anno. «Stiamo sostenendo gli atleti e i membri della comunità olimpica ucraina ovunque, con tutta la nostra solidarietà. Nel nuovo anno - ha sottolineato - gli atleti ucraini possono contare sul pieno impegno per questa solidarietà da parte del Cio e dell’intero Movimento Olimpico. Vogliamo vedere una squadra ucraina forte ai Giochi Olimpici di Parigi 2024 e ai Giochi Olimpici Invernali di Milano Cortina 2026».

Ore 01:36 - Usa, preoccupazione per il sostegno cinese alla Russia

Gli Stati Uniti sono preoccupati dal sostegno cinese alla Russia nel contesto dell’invasione dell’Ucraina e stanno monitorando le attività di Pechino: lo ha reso noto il Dipartimento di Stato americano. «Stati Uniti ed Europa hanno avvertito la Repubblica Popolare cinese delle conseguenze della fornitura di assistenza militare alla Russia o di assistenza nell’elusione delle sanzioni», ha detto il portavoce

Ore 02:52 - Kiev: alla Russia serviranno 10 anni per ripristinare le forze armate

La Russia potrebbe impiegare fino a 10 anni per ripristinare le sue forze armate dopo le perdite in Ucraina, secondo Kiev. La previsione è del ministro della Difesa ucraino Oleksii Reznikov, citato dal Kyiv Independent. Reznikov afferma anche che l’esercito russo deve affrontare una carenza di armi ad alta precisione, avendone utilizzato già la maggior parte del suo arsenale. Tale carenza, secondo il ministro della Difesa ucraino, riguarderebbe anche i missili balistici Iskander.

Dalla A di Amini alla Z di Zelensky: la doppia cover di 7. Dedicata a Mahsa, uccisa in Iran, e al leader ucraino. Viviana Mazza su Il Corriere della Sera il 30 Dicembre 2022.

Dopo le rivolte scoppiate in seguito all’omicidio di Masha, migliaia di ragazze e ragazzi sono stati imprigionati nel Paese degli Ayatollah, quasi 500 uccisi. Escono di casa e salutano come se non dovessero tornare più

Una manifestazione in memoria di Mahsa Amini: al momento in Iran sono quasi 19 mila i ragazzi e le ragazze rinchiusi in prigioni dove si viene torturati e stuprati

Questo servizio, che è stato pubblicato sul numero di 7 in edicola il 30 dicembre, ha dato vita ad una parte della doppia copertina che il magazine del Corriere ha dedicato all’anno appena trascorso, con una carrellata di personaggi e storie - dalla A di Amini alla Z di Zelensky - che raccontano, con un alfabeto di persone e parole, eventi e protagonisti del 2022. Lo proponiamo online per i lettori di Corriere.it

Z come Zelensky. L’ex attore va alla guerra: ogni notte, dal 24 febbraio, racconta l’Ucraina assediata. Lorenzo Cremonesi su Il Corriere della Sera il 30 Dicembre 2022.

Venuto dal nulla, noto come protagonista di Servo del Popolo, è diventato un leader populista e ha vinto le elezioni nel 2019. Quando Biden dopo l’attacco russo gli offrì aiuto per fuggire, gli ha risposto «Ho bisogno di munizioni, non di una via di fuga»

Volodymyr Zelensky, 44 anni, con la vice presidente americana Kamala Harris (a sinistra) e la speaker della Camera Nancy Pelosi al Congresso di Washington il 21 dicembre scorso

Questo servizio, che è stato pubblicato sul numero di 7 in edicola il 30 dicembre, ha dato vita ad una parte della doppia copertina che il magazine del Corriere ha dedicato all’anno appena trascorso, con una carrellata di personaggi e storie - dalla A di Amini alla Z di Zelensky - che raccontano, con un alfabeto di persone e parole, eventi e protagonisti del 2022. Lo proponiamo online per i lettori di Corriere.it

Ci sono momenti nelle biografie dei leader politici importanti che marcano indelebilmente le loro esistenze e la storia della loro epoca. Spesso si manifestano con azioni repentine e incisive, sono scelte dettate dall’urgenza, eppure le loro conseguenze diventano pietre miliari, dividono un’era dall’altra. Winston Churchill maturò in meno di una notte il discorso delle «lacrime e sangue», che spiegò al popolo inglese il motivo per cui occorreva combattere con le armi l’espansionismo militare di Hitler. Gandhi divenne «il padre della nazione» indiana di fama internazionale grazie alle campagne pacifiste di non cooperazione col regime coloniale dei primi Anni 20. Per Volodymyr Zelensky quel momento si palesò molto presto dopo l’invasione militare russa del 24 febbraio. Avvenne all’alba del 26, le teste di cuoio russe stavano penetrando nel cuore di Kiev con l’intenzione di catturare, se non assassinare, il presidente e il suo entourage. Da Washington Joe Biden lo esortava a fuggire, si offriva di mandare i commando migliori, che in elicottero avrebbero potuto salvarlo. «Ti porteremo in Polonia, nei Paesi Baltici o dove preferisci per installare il tuo governo in esilio e coordinare la resistenza armata», gli disse il presidente americano.

Munizioni e corso della storia

Ma fu allora che avvenne qualche cosa di inaspettato e per molti europei addirittura fastidioso per come irrompeva negli schemi del “quieto vivere” dominante nelle società occidentali, cresciute dopo il 1945 nell’illusione che si possano sempre e comunque dirimere le crisi con il mercanteggiamento, la diplomazia e la mediazione. «Il combattimento è qui, per le nostre strade; io ho bisogno di munizioni, non di una via di fuga», disse Zelensky. E la storia prese un corso completamente diverso da quello che aveva pianificato Putin con arrogante sicurezza.

La decisione

Attenzione: ciò non era per nulla scontato ed è bene insistere su questo punto, anche perché quella scelta lui l’ha ribadita con gli appelli «alla resistenza ad oltranza» nei discorsi notturni alla nazione e al mondo ogni notte, dal 24 febbraio. Una scelta vincente confermata nella sua visita, di dieci ore, il 21 dicembre a Washington, accolto da eroe da Joe Biden e dal Congresso americano. Zelensky, con l’ormai immancabile maglia verde da soldato, ha raccolto il sostegno militare e politico dell’occidente e la sua nuova centralità sulla scena internazionale contro un Putin in evidenti difficoltà, isolato e il cui esercito da tempo ha perso l’iniziativa. Ma la storia va capita nelle incertezze del momento in cui si svolge, troppo semplice giudicare col senno del poi. E in quel momento era data per certa la rapida vittoria russa: la ritenevano scontata tutti i massimi esperti di cose militari, i politologi e gli storici. Non c’era verso che gli ucraini potessero resistere; anche gli americani valutavano che, al meglio, i combattimenti importanti si sarebbero esauriti nel giro di un mese. A Kiev sarebbe nato presto un governo fantoccio asservito al volere di Mosca. E il presidente defenestrato sarebbe comunque finito male: ucciso, sparito, prigioniero, criticato dalla sua gente, comunque irrisorio.

Dalla commedia alla realtà

Ma, tutto sommato, chi era Zelensky? Un attore, un politico populista 44enne venuto dal nulla e destinato a finire presto nel dimenticatoio della storia. La sua vittoria contro Petro Poroshenko alle presidenziali del 2019 era figlia della sua fama in Servo del Popolo, una commedia diffusa sui social, in cui recitava in russo, la sua lingua madre, il ruolo di un presidente deciso a fare la guerra ai corrotti e rilanciare la legge contro i poteri forti. Putin credeva di averlo in mano, anche perché proprio lui, Zelensky, nel 2014 aveva condotto la campagna degli attori contro i politici ucraini che volevano mettere al bando la cultura russa, e poi da presidente si era detto continuamente disposto a cercare un compromesso politico con Mosca, che manu militari si era presa la Crimea e adesso armava e finanziava le cosiddette “repubbliche indipendenti” di Donetsk e Lugansk. Talmente inesperto era questo presidente che neppure aveva creduto sino in fondo agli allarmi lanciati dagli americani già agli inizi autunno 2021 circa «l’inevitabilità» dell’aggressione russa e ancora il 28 gennaio scorso, se la prendeva con i media locali e internazionali accusandoli di essere «troppo allarmisti». I nazionalisti del reggimento Azov lo detestavano per essere completamente avulso dalle questioni militari. (continua a leggere dopo i link e le foto della doppia copertina di 7 in edicola il 30 dicembre)

I rischi

Ecco allora che diventa evidente la grandezza di Zelensky: il suo personaggio domina sulle cronache del 2022 ed è destinato a condizionare il futuro prossimo del nostro continente. E ciò per il fatto che in realtà Zelensky è un europeo che ragiona come tale. Anche lui sino al 23 febbraio non crede che Putin possa sferrare un attacco brutale come quello che ha fatto. Anche lui ama la nostra cultura, le nostre scuole, le nostre vacanze, le nostre seconde case, la nostra libertà di viaggiare. Crede nella pace, non vuole la guerra, gli sembra assurdo morire in combattimento, cerca il dialogo con Putin. Eppure, quando poi la guerra avviene e lo minaccia personalmente, mette a rischio la vita di sua moglie e dei suoi due bambini, allora sceglie di combattere e di morire se necessario. Sarebbe molto più scontato e prevedibile se fosse un militante della Azov. Non lo è, ma lo diventa in seguito all’aggressione e con lui il Paese intero.

Quando lo scorso 24 ottobre lo abbiamo intervistato per un’ora nel suo ufficio nel centro di Kiev ci ha subito colpito per il suo desiderio spontaneo di comunicare. Commentando le dichiarazioni filo-Putin di Silvio Berlusconi, ha insistito per parlare in inglese. E così anche per spiegare come mai oggi, a differenza dei primi giorni di guerra, esige che Putin si ritiri non solo dai territori occupati dal 24 febbraio, ma sui confini internazionali del 1991. «Putin si è comportato come un criminale terrorista. Non credo più a una sua parola. Ora stiamo vincendo, sarebbe assurdo fermarci», ha detto. Zelensky resterà al suo posto e continuerà a chiedere agli alleati di stare al suo fianco.

I despoti hanno le ore contate. Marco Gervasoni il 31 Dicembre 2022 su Il Giornale.

C' è un mito che fortunatamente ci lascia, con questo 2022. È quello del despota postmodermo, dell'uomo forte, del tiranno «democratico». Solo un anno fa Putin, Xi Jinping, Erdogan, gli ayatollah iraniani, e anche Orban, sembravano sentire nelle loro vele il vento della storia. Erano temuti, non solo all'interno del loro paesi, governati con un dispotismo che da amarissimo, quello cinese, arrivava fino al dolce di Orban, ma anche fuori, nei paesi liberi; ed erano ammirati. Si sprecavano le parole di miele dei Sarkozy e delle Merkel, dei Macron e dei Scholz, e dei Trump, verso Putin, ma soprattutto, Trump a parte, verso il dittatore comunista cinese. Proprio Sarkozy l'aveva spiegato, in una conferenza di qualche anno fa: saranno anche despoti, ma sono efficienti. E soprattutto, non sono sottomessi alla volatilità del potere esecutivo, tipico dei regimi liberali. In fondo poi, sono eletti, no? Pure gli ayatollah lo sono, e persino Xi Jinping afferma di esserlo, a suo modo. Peccato che Russia, Ungheria, Turchia siano delle democrazie plebiscitarie, l'Iran una demoteocrazia, la Cina un sistema a partito unico. Fino a un anno fa si credeva che, in nome della efficienza, si potesse sacrificare anche la libertà - l'idea era persino penetrata nella sua patria par excellence, gli Usa. E invece oggi tutto è rovesciato. Putin non è più infallibile, anche se usa gli stessi metodi sanguinari del passato. La Cina di Xi Jinping è un disastro per il Covid. L'Iran è economicamente allo sfascio, e pure Turchia e Ungheria navigano in malmostose acque. Soprattutto in Cina e in Iran, abbiamo avuto la prova che la libertà non è un sentimento occidentale, ma universale. E che i popoli non vogliono essere schiavi. E, a proposito di occidente, un anno fa sembrava diviso, ripiegato, abbattuto, fino nella sua avanguardia, gli Usa. Ora invece ha ripreso vigore e senso, ha dimostrato forza, e quello che sembrava il sonnolento Joe, il presidente Biden, si sta dimostrando all'altezza della missione della difesa della libertà, assai più dei suoi due predecessori. A cosa si deve tutto questo? A numerosi fattori, come sempre, ma il merito va all'esempio che il popolo ucraino ha esibito e che sta ancora prodigando, nella sua resistenza all'invasione russa. Gli ucraini hanno mostrato che si può, ancora, nel centro dell'Europa, morire per la patria e per la libertà; e per la libertà della patria. Immaginiamo cosa sarebbe successo se Putin non avesse riscontrato resistenza: oggi i despoti starebbero brindando. E invece sono contestati, almeno in Cina e in Iran, oppure stanno perdendo la guerra, mentre si illudevano di potere solo vincere, come Putin. Auguriamoci allora che passino un nuovo anno ancora peggiore.

Esercito russo allo sbando, via il comandante nel Donbass. Pioggia di missili su Kherson. Luigi Guelpa il 31 Dicembre 2022 su Il Giornale.

Il Giornale l'aveva anticipato 4 giorni fa, ieri è arrivata la comunicazione ufficiale del Cremlino: il tenente generale Yevgeniy Nikiforov prende il posto del colonnello Sergei Kuzovlev al comando delle truppe russe impegnate nel Donbass. È il quarto cambio della guardia ordinato da Putin nell'area più calda del conflitto, ma le perplessità sulla scelta di Nikiforov sono state sollevate dagli analisti internazionali. Conosciuto come il «macellaio di Tbilisi» per i crimini commessi in Georgia, porta in dote il fallimento dell'invasione di Kiev durante le prime settimane del conflitto. Era stato lo stesso Nikiforov a garantire al ministro della Difesa Shoigu che si sarebbe trattata di un'operazione lampo, di un gioco da ragazzi. Ma l'avanzamento sulla capitale, attraverso l'area di Chernobyl, si era poi tramutato in un fallimento colossale che aveva mandato all'aria l'architettura dell'Operazione Speciale.

L'MI6 britannico ha osservato che il continuo ricambio di alti ufficiali riflette divisioni interne sulle mosse future nella guerra da parte di Shoigu. Putin punta quindi su un nome nuovo, ma al tempo stesso vecchio e discusso, per tentare un sussulto nello scontro. La leadership di Mosca inoltre ha deciso di iniziare una nuova ondata di arruolamenti dal 5 gennaio a causa delle pesanti perdite al fronte. Lo rivela il capo degli 007 ucraini Budanov, ribadendo l'intenzione di Mosca di mobilitare fino a 5 milioni di persone se necessario. L'establishment della Russia manifesta tuttavia sempre più dubbi sulle tattiche che Putin sta utilizzando in Ucraina ed è divisa, come riporta il Washington Post, fra quelli che vogliono una fine delle operazioni e chi preme per un'escalation con il coinvolgimento diretto della Bielorussia.

Da parte sua il presidente ucraino Zelensky chiede il rafforzamento della difesa aerea e una nuova fornitura di armi nei punti nevralgici del conflitto. Si spera soprattutto nell'arrivo dei missili balistici Atacms, che hanno una gittata fino a 300 km, e di moderni droni. Il ministro degli Esteri Kuleba resta alla finestra e manifesta un cauto ottimismo: «È vero che riceviamo più supporto di quanto ne abbia ricevuto qualsiasi Paese nel XXI secolo, ma siamo in guerra, e le armi non bastano mai».

Sul campo la battaglia continua e nel 309º giorno di combattimenti i russi hanno sferrato un centinaio di raid aerei con missili e colpi di artiglieria sulla regione di Kherson. Il solo capoluogo è stato colpito per 32 volte. I razzi nemici hanno devastato negozi, infrastrutture, industrie e appartamenti privati. Nella città di Semenivka (Chernihiv) gli invasori hanno bombardato con cannoni d'artiglieria. Ci sarebbero vittime civili, mentre l'elettricità è stata interrotta. Tre missili da crociera Kalibr sono stati lanciati da una nave russa verso il territorio di Odessa, mentre alcuni ordigni sono esplosi nell'area del canale d'acqua che collega la vicina centrale termica di Zaporozhye con il fiume Dnepr, a circa 2 km di distanza dal sito nucleare di Zaporizhzhia. In risposta le forze armate di Kiev hanno abbattuto nella notte 16 droni kamikaze Shahed iraniani diretti sulla capitale, colpito la sede di un'impresa industriale nella città di Shebekin, nella regione russa di Belgorod, e attaccato sei aree di attrezzature militari, cinque depositi di munizioni e una stazione radar. Diversi di questi attacchi sono stati concentrati su Sebastopoli, come si vede dai video che circolano sui social.

Putin cerca la sponda cinese: "Nuova cooperazione militare". Ma Xi lo gela: "Ora la pace". Matteo Basile il 31 Dicembre 2022 su Il Giornale.

All'angolo, isolato dal mondo, sfiduciato dall'interno, alle prese con una crisi economica senza precedenti. Ma Vladimir Putin non molla. Va avanti con la sua folle impresa bellica in Ucraina e cerca un alleato che lo sostenga. La mossa della disperazione dello Zar è quella di provare a coinvolgere l'unico stato forte che non lo ha ancora palesemente spernacchiato, la Cina, anche a costo di prostrarsi al Dragone. Sarebbe un asse del male tremendo e pericolosissimo per l'Occidente ma finora i risultati ottenuti sembrano pochini. Ci ha provato, e continua a provarci Putin. Ieri ha organizzato anche una videoconferenza di fine anno con Xi Jinping per «rinsaldare la partnership» e ribadire quanto importanti siano i rapporti tra i due stati ma più di tanto, Xi, non ci sente. Puntando sul rapporto di amicizia e di collaborazione radicato, il presidente russo infatti ha detto, tra le altre cose, di volere rafforzare la cooperazione militare con la Cina, chiedendo implicitamente di trasformare l'asse in alleanza, ricevendo però in cambio una risposta vaga e diplomatica che sa tanto di «no grazie».

«Naturalmente, un posto speciale nell'intera gamma della cooperazione russo-cinese, nelle nostre relazioni sono occupate dalla cooperazione militare e tecnico-militare, che aiuta a garantire la sicurezza dei nostri Paesi e mantenere la stabilità in regioni chiave. Miriamo a rafforzare l'interazione tra le forze armate russe e cinesi», ha detto Putin nella prima parte della conferenza, quella pubblica. Ma il leader di Pechino si è dimostrato parecchio freddo sul tema, anzi, evocando ancora una volta la pace. «La Cina accoglie con favore la posizione della Russia che non respinge una soluzione pacifica per la crisi ucraina», ha detto Xi, quasi a pungolare l'amico e alleato. «Abbiamo notato che la parte russa non ha mai escluso la possibilità di risolvere il conflitto in Ucraina attraverso negoziati diplomatici. La Cina approva questa posizione. È necessario non indebolire gli sforzi, e alla fine la pace arriverà», ha aggiunto Xi Jinping, spiegando che la posizione cinese sul conflitto resterà «obiettiva» per svolgere un ruolo costruttivo nella sua soluzione. Non esattamente la base per ottenere quanto serve alla momento alla Russia, ovvero soldi, armamenti e un appoggio internazionale che vede Mosca isolata, fatta eccezione per stati canaglia come l'Iran. Il leader cinese, peraltro alle prese con il caos Covid nel suo Paese con tutte le problematiche internazionali che ne derivano, è autoritario, spietato anche, ma certo non uno sprovveduto. Inimicarsi l'Occidente schierandosi apertamente con chi ha invaso uno Stato sovrano, significherebbe gettarsi a capofitto in un conflitto che di fatto non lo sfiora nemmeno e che metterebbe la Cina in condizioni difficili, con interessi economici globali che Pechino si guarda bene dal mettere a rischio.

Eppure Putin le sta tentando tutte. Nel colloquio ha sottolineato l'importanza della partnership russo-cinese anche come fattore stabilizzante, previsto un aumento del 25% del fatturato tra i due Paesi e invitato Xi Jinping a Mosca per la prossima primavera. «Ti aspettiamo, caro presidente, caro amico, per la prossima primavera in visita di Stato a Mosca», ha detto Putin. Troppo poco per risolvere le difficoltà russe, sotto gli occhi del mondo ma anche delle classi più influenti del Paese. Come sottolinea il Washington Post, Putin infatti sarebbe nel mirino anche delle élite russe, una volta fedelissime alleate del presidente russo. L'invasione dell'Ucraina ha spaccato l'opinione pubblica e in molti sarebbero pronti a mollare il leader. Che, non a caso, cerca sponde all'estero che per ora non producono i risultati sperati. Non proprio un fine anno memorabile dalle parti del Cremlino.

La videoconferenza: energia, guerra, partnership, l'Occidente. Putin e Xi Jinping pronti alle sfide del 2023: “Rafforziamo la cooperazione militare”. Antonio Lamorte su Il Riformista il 30 Dicembre 2022

Critiche all’Occidente, la guerra in Ucraina e la partnership energetica, la pianificazione di una visita di stato che “dimostrerà a tutto il mondo i forti legami russo cinesi” e che diventerà “il principale evento politico dell’anno nelle relazioni bilaterali”. Come annunciato, prima della fine del 2022 il Presidente russo Vladimir Putin e il Presidente cinese Xi Jinping hanno avuto una conversazione in videoconferenza. “Nel prossimo anno continueranno intensi scambi bilaterali, non ho dubbi, e troveremo l’opportunità di incontrarci di persona. Ti aspettiamo, caro presidente, caro amico, per la prossima primavera in visita di Stato a Mosca“, l’invito di Putin al suo omologo.

L’alleanza “senza limiti”, com’era stata definita già l’anno scorso prima che scattasse l’invasione russa dell’Ucraina, passa soprattutto attraverso la comune ostilità nei confronti del mondo occidentale. Pechino “è disposta a lavorare con la Russia e tutte le forze progressiste del mondo che si oppongono all’egemonismo e alla politica di potere“, ma anche al protezionismo, all’unilateralismo e al bullismo, ha detto Xi. Difetti attribuiti all’Occidente ma in particolar modo agli Stati Uniti. Il Presidente cinese ha individuato un bivio nelle relazioni internazionali in questa fase “turbolenta”: un ritorno alla Guerra Fredda o la ricerca di una via per il “benessere dell’umanità”. Per il Presidente cinese “i fatti” hanno “ripetutamente dimostrato che il contenimento e la repressione sono impopolari e che le sanzioni e le interferenze sono destinate a fallire”.

Pechino intanto si è detta pronta a una partnership globale con la Russia e ha elogiato Mosca perché “non si è mai rifiutata di risolvere il conflitto attraverso negoziati diplomatici“. Conflitto esploso in Ucraina proprio per l’invasione lanciata da Putino lo scorso febbraio. E verso il quale la Cina ha sempre rifiutato di farsi coinvolgere a pieno. Xi ha comunque sottolineato che “la strada verso i colloqui di pace non sarà agevole, ma finché gli sforzi non verranno abbandonati, la prospettiva della pace esisterà sempre“. La Cina, da parte sua manterrà una posizione “obiettiva ed equa” sul conflitto e assicura che “svolgerà un ruolo costruttivo nella soluzione pacifica” della crisi. Secondo quanto riportato dalla Tass Putin ha detto a Xi Jinping che Mosca intende rafforzare la cooperazione militare e tecnico-militare tra Russia e Cina.

All’ordine del giorno anche la questione energetica: Mosca è diventata una dei principali fornitori di gas e petrolio della Cina, il principale di greggio. 13,8 miliardi di metri cubi nei primi undici mesi del 2022 tramite la condotta Power of Serbia, consegne sensibilmente aumentate dopo l’inizio dell’operazione russa in Ucraina e il via alle sanzioni inflitte dai Paesi occidentali. Putin all’imposizione di un tetto al prezzo del petrolio russo da parte dei Paesi dell’Unione Europea ha risposto con un decreto che bloccherà le esportazioni verso i Paesi che adotteranno il price cap da febbraio.

Antonio Lamorte. Giornalista professionista. Ha frequentato studiato e si è laureato in lingue. Ha frequentato la Scuola di Giornalismo di Napoli del Suor Orsola Benincasa. Ha collaborato con l’agenzia di stampa AdnKronos. Ha scritto di sport, cultura, spettacoli.

Annalisa Cangemi per fanpage.it il 30 dicembre 2022.

Il sito web del Cremlino informa che Vladimir Putin ha fatto gli auguri di buon anno ad alcuni ex ed attuali capi di Stato e di governo stranieri, tra cui Silvio Berlusconi e Gerhard Schröder, considerati da vent'anni amici del presidente russo. 

Ne dà notizia la Tass citando il servizio stampa del Cremlino. Il leader russo si è rivolto anche al presidente cinese Xi Jinping, al presidente uscente del Brasile Jair Bolsonaro e a quello venezuelano Nicolas Maduro. Niente auguri invece per l'ex cancelliera della Germania Angela Merkel, fa notare la Tass, mentre gli auguri sono stati rivolti all'ex cancelliere Gerhard Schroeder, a cui vengono indirizzate feroci critiche per la sua vicinanza a Mosca.

Secondo quanto specifica il Cremlino, Putin ha inviato gli auguri a "ai leader di Abkhazia, Azerbaigian, Armenia, Bielorussia, Kazakistan, Kirghizistan, Tagikistan, Turkmenistan, Uzbekistan, Ossezia del Sud, Bolivia, Brasile, Ungheria, Venezuela, Vietnam, India, Cina, Cuba, Nicaragua, Serbia, Siria, Turchia".  

"Putin si è congratulato con alcuni ex capi di Stato e di governo stranieri per il Natale e il nuovo anno imminente, in particolare Silvio Berlusconi, Robert Kocharyan (ex presidente armeno), Nursultan Nazarbayev (ex presidente kazakho), Serzh Sargsyan (ex presidente armeno), Gerhard Schroeder (ex cancelliere tedesco)", si legge nel messaggio.

Il rapporto speciale che c'è tra Berlusconi e Putin ha portato il settimanale britannico The Spectator a rilanciarel'ipotesi di un ruolo da mediatore per l'ex premier e leader di Forza Italia, in un possibile negoziato di pace per porre fine alla guerra in Ucraina. Si trattava però di una possibilità suggerita da Vittorio Sgarbi, il quale sosteneva che "Silvio Berlusconi crede che solo lui possa attirare al tavolo delle trattative il suo vecchio amico Vladimir Putin e intende provarci prima di Natale".

La notizia era stata anche commentata dal Cremlino, attraverso il portavoce Dmitry Peskov: "Il Presidente Putin ha ripetutamente affermato che siamo sempre pronti ad accogliere qualsiasi sforzo per il mantenimento della pace e a sostenere tali sforzi", precisando però che bisognerebbe convincere Volodymyr Zelensky,e non Valdimir Putin: "Se bisogna ‘attirare' qualcuno al tavolo, sarebbe meglio attirare da qualche parte Zelensky", aveva aggiunto Peskov. 

Non è pervenuta alcuna notizia circa un colloquio tra Berlusconi e Putin per avviare un negoziato di pace, e a quanto risulta non ci sarebbero stati contatti in tal senso. 

Del resto l'eventualità che Berlusconi potesse agevolare una trattativa di pace con Putin era stata già smentita dal numero due di Forza Italia e vicepremier, Antonio Tajani: "Non si va a Mosca così liberamente. Io in passato avevo detto che Silvio Berlusconi e Angela Merkel sarebbero stati dei buoni mediatori, magari in ambito Onu, vista la loro conoscenza personale con Putin pur in una chiara collocazione atlantica. Ma questa proposta ormai è superata dai fatti", aveva detto il ministro degli Esteri, chiudendo la questione.

Riccardo Staglianò per “il Venerdì-la Repubblica” il 30 dicembre 2022.

Un attimo finire in Caoslandia, il campionato dei Paesi instabili che va dall'Africa al Medio Oriente fino al Latinoamerica. D'altronde già confiniamo con i Balcani e, di fatto, con Libia e Tunisia. «Se il mare attorno a noi s' incendiasse e la circolazione da e verso gli oceani ne fosse pregiudicata, il nostro Paese si troverebbe a lottare per la sopravvivenza» scrive Lucio Caracciolo in La pace è finita (Feltrinelli), un sapienziale trattato che mette in guardia gli Stati, a partire dal nostro, dalla confortevole quanto perniciosa illusione che ci si possa disinteressare di geopolitica. La disciplina di cui questo sessantottenne romano, dopo i primi passi nella rivista della Fgci e la militanza a Repubblica dalla fondazione (prima cronista parlamentare poi capo del politico), è diventato sinonimo vivente. 

Da quando, su suggerimento dell'amico francese che aveva fondato l'analoga rivista Hérodote, convinse l'editore Carlo Caracciolo («Nessuna parentela, ma una bella amicizia») a fondare Limes nel 1993. «La guerra in Jugoslavia ci aiutò. Ristampammo subito il primo numero e da allora non ho mai smesso di divertirmi», dice nella sala riunioni del mensile che ha da poco festeggiato anche il terzo anno di una scuola «non accademica» in cui insegnano ai giovani perché, nel mondo, succede quel che succede. Nella fase storica in cui gli esperti di politica internazionale hanno preso il posto dei virologi come guide per decrittare un presente minaccioso, ha conosciuto un'esposizione mediatica senza pari: «Non era nel mio carattere, ma mi piace discutere e anche confliggere, se serve.

E senz' altro ha fatto bene alla rivista i cui numeri sono triplicati». Il libro - coltissimo, densissimo, che non disdegna giochi di parole e il conio di un certo numero di neologismi come quello che apre questo articolo - tiene insieme le radici profonde con gli epifenomeni, non temendo di rimarcare verità fattuali che il derby politico e il wrestling social spesso arruolano nella blasfemia giustificazionista (tipo l'avvicinamento del confine Nato da 1.500 a 400 chilometri dal confine russo). 

E si chiude con l'invito a trarre spunto dal realismo del trattato di Versailles «prima che la guerra in Ucraina dilaghi fuori controllo o che scoppi il conflitto per Taiwan» non necessariamente per arrivare a una «vera pace - orizzonte coperto da troppe nubi - ma verso una successione di tregue e intese limitate, sulla base della garanzia reciproca non scritta ma effettiva della rinuncia a sovvertire il regime avverso, fosse solo per non doversi caricare i costi della gestione di un popolo umiliato e offeso». Con l'auspicio che l'Italia possa promuovere un tale percorso. A lui, che ci ricorda pagina dopo pagina come siamo immersi nella Storia fino al collo, abbiamo chiesto di ripercorrere questo anno vissuto pericolosamente. 

A memoria sua quanto bisogna tornare indietro per ritrovare un anno così?

«Al 1989 quando, in meno di un anno, passammo dal Muro di Berlino al suo abbattimento e all'unificazione tedesca, mettendo le premesse per la disintegrazione del patto di Varsavia e dell'Unione sovietica. Un cambio di paradigma analogo a quello che stiamo vivendo i cui assestamenti potremo capire forse tra un paio di anni». 

Si pensò allora che la Storia fosse finita, come da titolo di un fortunato saggio di Francis Fukuyama che lei fa a pezzi nel suo libro

«Finita era la pace, non la Storia. Perché la Guerra fredda non era affatto un paradigma negativo ma l'unico equilibrio possibile per evitare la guerra calda che avrebbe distrutto l'Europa, sterminato noi europei e dilagato nel pianeta. Mentre oggi la competizione è ormai al grado bellico (Russia contro Usa in Ucraina) o vi è vicina (Cina contro Usa per Taiwan). A rischio di degenerare in guerra mondiale in cui potremmo essere fatti fuori tutti. Quella sì incontestabile fine della Storia».

Ecco, affrontiamo i fronti più caldi a partire dall'Ucraina: a che punto siamo?

«Assodato che nessuno dei due contendenti può davvero vincere, c'è da determinare rispettivamente in che misura perderanno entrambi. Il che significa che la guerra è destinata a durare, sperabilmente con qualche intervallo, ma la vera pace è lontana. D'altronde anche le radici del conflitto affondano a un secolo fa quando una nazione in formazione, l'Ucraina, decise di emanciparsi dall'impero russo. Spero solo che la soluzione non richieda lo stesso tempo». 

All'inizio, tranne i servizi Usa, si sono sbagliati quasi tutti nel prevedere l'invasione, lei compreso. Cosa abbiamo imparato?

«Mi sembrava che Putin sarebbe dovuto impazzire per ficcarsi in una situazione da cui difficilmente poteva uscire bene e ritenevo più probabile che facesse leva sugli ucraini russofili per condizionare il futuro di quel Paese. Però questa razionalità esterna non teneva conto della ratio di Putin di tentare il colpo di Stato. Ma qui entriamo in una logica diversa, quella di considerare reale ciò che, a detta del capo, dovrebbe esserlo. Se c'è una cosa che insegna la geopolitica è proprio di considerare, e anche empatizzare con, i punti di vista molto lontani dal proprio».

Per lunghi mesi anche da noi c'è stata un'inedita polarizzazione e sembrava bastasse amare Dostoevskij per venir considerato putiniano: perché?

«C'è stata una fase eccitata, tipo scontro di civiltà, con Putin paragonato a Hitler e i russi ai nazisti. Paragoni paradossali spiegabili con l'emozione e un certo grado di disinformazione.

Ora viviamo una fase opposta, col disincanto accentuato in buona parte dell'opinione pubblica e di molti governi per cui la guerra dovrebbe finire alla svelta, anche male, perché - anche se in maniera incommensurabilmente inferiore - ne paghiamo anche noi le conseguenze».

Sta parlando dei contraccolpi economici delle sanzioni

«Non solo economici. Chi le ha immaginate, America e alleati europei, voleva dimostrare innanzitutto l'unità del blocco occidentale. Tranne poi scoprire il contrario, ovvero che la Nato è un'alleanza che comprende i polacchi, molto antirussi, i turchi a metà strada, i tedeschi refrattari a rompere con Mosca e i baltici che vorrebbero sparisse dalla faccia della terra. E l'Italia con una posizione simile a quella tedesca, anche se molto meno esplicita». 

A un certo punto si è cominciato a parlare di atomica come uno degli esiti possibili: com' è possibile uno sdoganamento del genere?

«Cambiamo prospettiva. Com' è possibile che le maggiori potenze producano migliaia di armi nucleari senza poi vagheggiarne l'uso? Durante la Guerra fredda esisteva la dottrina Mad, "deterrenza mutua assicurata". Americani e sovietici erano diversi su tutto tranne che sulla grammatica: si capivano e fingevano addirittura che l'una potenza valesse come l'altra per scongiurare il conflitto atomico. 

Ora non si capiscono più, anche perché il lavoro di analisi e spionaggio americano è tutto concentrato sulla Cina, e quindi si parla di armi atomiche tattiche di "potenza minore" che, a scanso di equivoci, sarebbero comunque venti volte Hiroshima». 

Nel libro liquida l'ingenuità di Reagan di sconfiggere l'impero del male e il suicidio imperiale di Gorbaciov. Non ha dubbi che si stesse meglio nella Guerra fredda, vero?

«(Caracciolo mi guarda costernato per l'ingenuità della domanda) Noi certamente sì. Ovviamente a spese degli europei che stavano sotto i sovietici. Secondo la sintesi di Kennedy per cui "much better a wall than a war". Era un mondo ordinato in cui l'Italia contava e la pace sembrava addirittura un orizzonte eterno. Oggi i confini, il limes, sono tutti in discussione».

All'inizio dell'invasione russa altro argomento tabù era parlare del coinvolgimento Nato e Usa. È così?

«Ci voleva molta fantasia per sostenere che la pur straordinariamente coraggiosa resistenza fosse alimentata solo dall'eroismo ucraino. Quando è stata resa possibile da almeno otto anni di aiuti americani, britannici e occidentali che le hanno permesso di avere l'esercito più potente d'Europa.

Una confusione iniziale in cui anche i media hanno responsabilità, avendo fornito una rappresentazione astorica del conflitto, che prescinde dal contesto e racconta la guerra come la cronaca nera, con una successione di orrori presentati come fossero assurde eccezioni». 

Abbiamo sfiorato davvero la Terza guerra mondiale?

«Sì, fino a quando Stati Uniti e Cina, ma anche Russia, hanno stabilito che non si poteva entrarci per il Donbass. Il momento decisivo è stato il 15 novembre, il giorno del missile russo prontamente travestito da ucraino caduto in territorio polacco. In quel frangente le potenze hanno dimostrato tutta la loro saggezza.

Mentre in Italia già si diceva "prepariamoci a difendere la Polonia" Biden e Xi dichiaravano che 1) il missile non era russo 2) comunque era finito oltre confine per errore 3) era addirittura ucraino. Specificazione, quest' ultima, che serviva anche come segnale a Kiev di darsi una regolata». 

A proposito di Usa e Cina, a che temperatura è la loro sfida?

«Il punto più basso si è toccato al momento della visita della speaker del Congresso Nancy Pelosi a Taiwan. La guerra ha portato un riavvicinamento. Per i russi la partita ucraina sembra questione di vita o di morte, per i cinesi no. Anzi per Pechino Kiev era un partner cruciale sia come fornitore di cereali che come passaggio fondamentale per la Via della seta. 

All'inizio Pechino aveva creduto a Mosca quando diceva che il conflitto si sarebbe risolto in tre giorni e aveva avvisato i propri connazionali in Ucraina di esporre la bandiera cinese alla finestra per evitare che russi sparassero loro. Poi, al vertice di Samarcanda, l'"amicizia senza limiti" era diventata più tesa».

Rischiamo davvero un altro conflitto globale per Taiwan?

«Voglio sperare di no. Ma Taiwan è importante perché i cinesi la considerano propria e gli americani han deciso che non dovrà esserlo mai perché si trova tra Mar cinese meridionale e orientale, tra Cina, Giappone e Filippine, l'area asiatica dove gli americani hanno più soldati proprio per bloccare la proiezione cinese verso gli oceani. Se Pechino controllasse gli stretti dove passano rotte commerciali diverrebbe egemone». 

A proposito di talassocrazia, di recente ha scritto dell'importanza del canale di Sicilia: perché il ponte non è necessariamente "di destra"?

«La geopolitica va oltre gli schieramenti. Un Paese legittima la propria influenza nel mondo anche con grandi opere che contribuiscono a far apprezzare il suo marchio. L'olimpiade di Roma del 1960 fu un formidabile trampolino di lancio per noi, così come il tunnel sotto la Manica. Unire la Sicilia alla terraferma sarebbe un moltiplicatore per il nostro Meridione dal momento che, in una crisi demografica generalizzata, perdiamo proprio più persone nel Sud e nell'Italia appenninica. Possiamo perdere, oggi demograficamente, domani geopoliticamente, metà del Paese?».

Tantopiù che il post-Ucraina non significherà per noi confini terrestri più sicuri, o sbaglio?

«La nostra sponda adriatico-balcanica uscirà ulteriormente destabillizzata dalla guerra in Ucraina, il cui confine è più vicino a Trieste di quanto la città giuliana lo sia da Napoli. Cosa ne sarà di quella wasteland dopo la fine della guerra? E chi si accollerà la ricostruzione? Non l'America».

E sul fronte marittimo?

«Ci troveremo, nei fatti, confinanti con Turchia (già presente in Cirenaica) e Russia (impegnata in Tripolitania). Il tutto come effetto del conflitto che abbiamo perso con la Francia sul futuro della Libia. La trascuratezza verso le nostre frontiere è molto pericolosa».

Mentre ragioniamo di possibili conflitti futuri ce ne sono altri presenti. 

L'Iran è infiammato da proteste con pochi precedenti: come le valuta?

«È una crisi profonda con radici antiche. Il problema, come insegnava Mao, è che il potere nasce dalla canna del fucile e quello ce l'hanno i pasdaran, che non hanno intenzione di cederlo.

Dall'altra parte ci sono donne coraggiose, una popolazione giovane, contro un potere soffocante e stupido che confidano di poter portare al suicidio». 

Si riaccende anche lo scontro tra Kosovo e Serbia...

«La verità è che le guerre jugoslave non sono mai davvero finite. Furono sedate grazie all'intervento americano ma il Kosovo reso indipendente con l'omonima guerra in realtà controlla solo l'85 per cento del territorio che Pristina ritiene suo. E il rischio di guerra guerreggiata c'è». 

Il ritiro dall'Afghanistan che Paese ha lasciato? Nel libro scrive che è stato «il prologo del 24 febbraio»: in che senso?

«Nel senso che quella ritirata precipitosa dà l'idea di un'America ripiegata su se stessa, sui suoi problemi interni. Il risultato più importante è aver rafforzato i talebani lasciando loro un arsenale simile a quello oggi fornito agli ucraini»..

Altre guerre che ignoriamo a nostro rischio e pericolo?

«Non dove si spara ma bisogna allargare la definizione. La dimensione cibernetica sta diventando primaria e può fare danni anche peggiori dell'atomica dal momento che, facendo saltare le infrastrutture, può mettere in ginocchio un Paese, come si vede anche in Ucraina. Per non dire delle infowars in cui i media classici contano meno di prima rispetto a singoli con un cellulare dal fronte». 

Descrive un'Europa fuori gioco, ininfluente: nessuna speranza?

«Come disse Kissinger "ne parliamo come se avesse numero telefono" ma l'Europa, al di là dell'idea, non esiste tant' è che, a segnalarne la genericità, scrivo Leuropa senza apostrofo. Vi sembra che Von der Leyen, per dire, rappresenti Macron? È nata per iniziativa americana, dal piano Marshall alla Nato, ed è stata tenuta insieme da una loro attiva presenza. Tant' è che ora che questa presenza è in declino vengono fuori i singoli interessi, particolari e inconciliabili. Si vede soprattutto con i Paesi dell'Est, che stanno vivendo la loro fase risorgimentale: avremmo preteso da Mazzini e Cavour, non appena conquistata la sovranità, di scioglierla in un modello pensato da altri? Ecco non possiamo farlo neppure con polacchi e ungheresi, sebbene io preferisca di gran lunga il nostro modello al loro. Ma vogliamo far finta che sia possibile».

Racconta gli Stati Uniti come un "Antimpero in crisi" e paventa addirittura la possibilità di una seconda guerra di secessione: tra chi e chi?

«Tra l'America rossa e quella blu, intesi come stati repubblicani e democratici. Ormai la polarizzazione è tale che ci si sposa più tra bianchi e neri che tra democratici e repubblicani. Sono gruppi che differiscono in tutto: concezione della vita (vedi aborto), canone storico (una nazione fondata da schiavisti o da liberatori di colonialisti?), con più armi che abitanti. Perciò l'America è occupata più a pensare a se stessa che al resto del mondo. È un problema nuovo per tutti».

America che non soffre le sanzioni a Mosca di cui noi «paghiamo prezzi altrettanto alti di quelli che imponiamo ai russi». Si chiede: «sanzionare, cioè autosanzionarsi all'infinito?». 

Ma che alternative ci sono?

«In ogni guerra la priorità è non spararsi sui piedi. Quindi, ammesso che abbiano senso, ragioniamo. Certamente hanno causato più problemi per noi e non hanno fermato i russi. Quindi magari avremmo dovuto valutare di mandare più armi e più soldi all'Ucraina a patto di decidere cosa vogliamo in cambio, tipo dire - come fanno gli americani - che con quegli aiuti possono fare alcune cose e non altre e pretendere di avere un peso al tavolo negoziale. Una volta messe le sanzioni è difficile toglierle. 

Ma possiamo convincerci in modo più intelligente. Dicendo: vogliamo che voi resistiate, esistiate innanzitutto, ma stabilite dove volete/potete arrivare. Se alla fine avremo milioni di ucraini in giro per il mondo e un Paese alla fame, i primi a pagare saranno gli ucraini». 

Per il nuovo anno cosa dobbiamo aspettarci?

«Intanto una tensione molto forte tra noi, Germania e Paesi nordici quando ci sarà da ridiscutere il Patto di stabilità. Per questo la crisi franco-italiana va sanata rapidamente altrimenti finiremo male tutti e due. Non dimentichiamo che la nostra crescita post Covid è dovuta alla sospensione del patto di stabilità che per noi è più un Patto di instabilità e decrescita, basta vedere gli ultimi vent' anni. E poi spero che sia l'anno della sospensione, non della fine, della guerra in Ucraina. Kiev deve respirare ma anche Mosca, che ha già perso 100 mila uomini. Comunque finisca ci sarà sempre un confine comune».

Che fine faranno Donbass e Crimea?

«Se parliamo di territori non si va da nessuna parte. Intanto smettere di sparare. Poi col tempo si discuterà. L'Ucraina non può rinunciare ai confini del '91 così come la Russia non può tornare dov' era prima del 24 febbraio. Dovremo convivere con questa situazione».

Estratto dell’articolo di Daniele Raineri per “la Repubblica” il 30 dicembre 2022.

A questo punto la battaglia per la piccola città di Kreminna e quella per la città di Bakhmut, ottanta chilometri più a Sud, sono diventate le due sfide gemelle che decideranno chi si prende l'intero Donbass. I soldati ucraini sono in vantaggio attorno a Kreminna, tenuta ancora in queste ore dai soldati russi, e se la prendessero potrebbero avanzare in profondità nella regione di Lugansk. Fonti locali dicono a Repubblica di avere visto militari e mezzi russi lasciare Kreminna e spostarsi verso Est, ma non è una prova definitiva e se la città fosse caduta gli ucraini lo avrebbero già annunciato su tutti i canali: per ora non è successo.

Tra aprile e giugno i governi occidentali realizzarono che gli ucraini erano in grado di vincere uno scontro convenzionale contro i russi e cominciarono a mandare armi pesanti ai soldati ucraini nel Donbass, inclusi pezzi d'artiglieria e lanciarazzi Himars, ma era ormai troppo tardi per rovesciare sul breve termine il rapporto di forze con le divisioni russe.

I soldati di Putin conquistarono tutte le città della regione di Lugansk - come Kreminna, Rubizhne, Lysychansk e Severodonetsk - e cacciarono indietro gli ucraini di una quarantina di chilometri prima che la situazione si stabilizzasse.

Adesso i soldati ucraini stanno facendo in avanti le stesse strade che in estate avevano fatto all'indietro. Come scrive il Washington Post, dispongono di una mappa digitalizzata del territorio che consente di vedere in tempo reale gli spostamenti e le posizioni di ogni singola unità russa - anche di un solo carro armato - grazie al sostegno dei militari e dell'intelligence americana. L'intelligenza artificiale esamina le foto satellitari (non soltanto quelle militari, ma anche quelle dei satelliti commerciali) e riconosce, metro per metro, la presenza militare della Russia in Ucraina.

Questo tipo di intelligence, così minuziosa e localizzata, consente agli ucraini di vedere dove le difese russe sono più deboli. È così che a settembre hanno sfondato nella regione di Kharkiv, ma il Donbass è sempre una faccenda differente, i russi hanno preparato molte linee fortificate di difesa e il governo Putin ha ordinato negli ultimi tre mesi una mobilitazione di massa proprio per non cedere più terreno. Più a Sud, i russi tentano da sei mesi di conquistare la piccola città di Bakhmut. Se riuscissero, questa volta sarebbero loro ad avanzare in profondità nella regione di Donetsk. Non sta andando bene per loro.

I soldati ucraini in queste settimane descrivono lo spettacolo senza senso delle ondate successive di soldati russi mandati avanti a morire su terreno scoperto, una dopo l'altra. Questa ostinazione suicida è frutto di un calcolo politico: il capo della forza mercenaria Wagner, Evgenij Prigozhin, vuole provare a Putin di essere più efficiente e quindi più utile dell'esercito regolare. Bakhmut doveva essere il trofeo di Prigozhin, entrerà nella storia russa come il luogo di una strage senza significato. […]

Bianchi in una notte. Il dolore per la guerra all’Ucraina, l’odio per l’aggressore e l’amore che vincerà su tutto. Yaryna Grusha Possamai su L’Inkiesta il 31 Dicembre 2022.

In oltre 300 giorni, il popolo ucraino ha scoperto risorse all’interno di se stesso, fondi ai quali forse nessuno accede mai nella vita se non nelle situazioni critiche e ha infine compreso una frase spesso pronunciata dai nonni

No, non ci saranno le conclusioni di quest’anno, perché non c’è niente da concludere, l’evento che ha sconvolto le nostre vite non è concluso, la guerra è in corso, sono in corso le atrocità che l’esercito russo commette sul territorio ucraino, in corso ci sono la violenza e il dolore che oltrepassano il varco tra il 2022 e il 2023 e si allungano con una coda velenosa nei mesi dell’anno nuovo come una piovra. Quanto eravamo ingenui con i buoni propositi per il 2020, quando la pandemia ci ha scompigliato qualsiasi piano. Quanto eravamo ingenui con i buoni propositi per il 2022, quando dopo 2 anni di pandemia la guerra si è allargata da alcuni territori del Donbas a tutto il paese dell’Ucraina. Non c’è nessuna famiglia in Ucraina, e siamo in 41 milioni in Ucraina, che non sia stata direttamente urtata dall’onda di terrore chiamata guerra. Direttamente o indirettamente ci siamo dentro tutti. Nell’anno passato, in 310 giorni di guerra, abbiamo conosciuto cose che non avevamo mai conosciuto prima, abbiamo scoperto risorse all’interno di noi stessi, abbiamo scoperto quei fondi ai quali forse nessuno accede mai nella vita se non nelle situazioni critiche.

Abbiamo scoperto che cosa sia il dolore, profondo, lacerante, fisico, che penetra nelle ossa, che distorce il viso. Le rughe intorno alla bocca, agli occhi, sulla fronte sono diventate solchi che sprofondano sempre di più fino al cranio. Le nostre teste sono diventate bianche, come in quella frase che dicevano i nostri nonni e noi non l’avevamo mai capita fino a poco fa: «diventare bianchi in una notte». Siamo diventati bianchi in diverse notti fino a non riconoscere il colore dei nostri capelli.

Abbiamo provato la paura di non avere un domani, di non sopravvivere, di perdere le persone più care, di diventare orfani in un tratto. La paura che ci ha fatto reagire, fare qualcosa, arruolando ciascuno al suo fronte da militare, da volontario, da medico, da giornalista. A volte la paura ci ha bloccato, a volte ci ha fatto scappare. Tutti i nostri sentimenti in una guerra sono leciti. Di illecito qui c’è solo la guerra.

Abbiamo provato e tuttora continuiamo a provare odio. L’odio che ci è stato inflitto, quasi imposto a comando da un pulsante che fa partire i missili sui civili o che fa premere un grilletto che spara pallottole nei corpi dei difensori ucraini. L’odio devastante, forte, preciso e mirato. L’odio per quelle bare che tornano a casa con i corpi dei ragazzi pacifici che fino al giorno prima facevano i buoni propositi per il 2022: finire l’università, magari sposarsi, fare finalmente quel benedetto passaporto e compiere il primo viaggio oltre i confini dell’Ucraina. Invece hanno scelto di proteggere le loro famiglie e le famiglie degli altri, hanno scelto di proteggere, non hanno scelto di avere la guerra in casa. L’odio per le bare che non tornano e restituiscono solo il silenzio straziante, una speranza cieca come le città senza elettricità, di poter comunque un giorno rivedere la persona più cara. Magari non è stata uccisa, magari è stata solo catturata, è solo dispersa e presto troverà il modo il mettersi in contatto. L’odio per le fosse comuni con tutta la gente che ci è finita dentro senza aver avuto diritto nemmeno alla sepoltura, una sepoltura che poteva avvenire dopo una lunga vita e dopo una morte naturale, invece ci sono file di cumuli di erra senza un nome e senza una croce.

Nell’obitorio di Bucha, la città liberata negli ultimi giorni di marzo, ci sono ancora corpi non riconosciuti. L’odio per tutte quelle faccine di bambini che presto diventeranno facce adulte ma con un trauma che non andrà via presto, che irromperà nei momenti meno opportuni, nelle piazze affollate, nei posti circoscritti, con le persone più care quando cade qualsiasi difesa protettiva.

Abbiamo scoperto cosa è importante e cosa non lo è più: le foto di famiglia, qualche indumento della madre e una vecchia pipa del padre sono diventati tesori che non possono essere comprati a nessun prezzo, che non possono essere sostituti con niente e scambiati con niente. Il materiale ha assunto un valore simbolico, è diventato un legame, una parte di noi che non potrà essere mai recuperata, perché giace sotto le macerie. Gli ucraini hanno lasciato la casa con una valigia sola senza mai avere un ritorno, come una lumaca con la casa attaccata al proprio corpo, in attesa di poterne ricostruire un’altra da quello zaino.

Abbiamo scoperto che cosa è la solidarietà, la gente sconosciuta che aspetta sui binari i profughi, che lascia le carrozzine alla stazione per le madri ucraine, che apre le porte della propria casa a persone sconosciute, che dona soldi, vestiti, cibo, generatori senza volere indietro niente. Quel calore delle mani umane che si sente anche se si indossa un guanto. Solidarietà e rispetto che ci siamo guadagnati con la risposta decisa all’aggressore russo.

E l’amore? Abbiamo provato l’amore in questo 2022? Quanto amore c’è nel donare i soldi all’esercito ucraino per salvare la vita di un padre, di una sorella, di un figlio, di una madre? Quanto amore c’è nel curare e incoraggiare le persone che arrivano mutilate dal fronte. Quanto amore c’è nell’uscire a fare il turno di notte in un ospedale, nel reparto di maternità che viene poi bombardato? Nell’uscire in piazza in una città europea per stare tutti insieme a rincuorarci. Quanto amore c’è nel parlare con le persone care, parlare oggi, scrivere che gli vuoi bene perché domani potrebbe non arrivare.

L’amore infinito, che traspira dai video delle città liberate, dell’incontro dei soldati in rotazione dal fronte che abbracciano i loro figli, l’amore che si manifesta nello sposarsi lì direttamente sul fronte, in uniforme. L’amore di chiedere scusa e ritrovare la persona con cui ci si è persi di vista per anni. L’amore nell’allacciare i cavi dell’elettricità abbattuti dopo l’ennesimo attacco russo. L’amore nel curare le aiuole della capitale con le sirene che piombano dal cielo. L’amore di attaccare alla busta i francobolli con il trattore che trascina il carro armato russo. L’amore nel calpestare mille palchi con il nodo finalmente sciolto alla bocca per poter parlare di tutto questo. Che sia il proposito dell’amore, quello sincero, il proposito degli ucraini per il 2023. Perché l’amore vincerà su tutto.

Sotto la propaganda niente. L’anno in cui abbiamo capito che per combattere i tiranni dobbiamo smettere di mitizzarli. Matteo Castellucci su L’Inkiesta il 31 Dicembre 2022.

Nel 2022 l’Occidente si è fatta prendere di sorpresa per l’ultima volta (si spera). Sono evidenti i piani criminali, quanto la fragilità degli autocrati: la loro caduta dipende dalle democrazie liberali. Ricordiamolo nel 2023

I tiranni si possono combattere, nel 2022 ce lo siamo ricordato. Leadership mitizzate, mai abituate a perdere, hanno sbattuto contro una realtà fallimentare. Russia, Iran, Cina, Bielorussia, Ungheria, le loro succursali a Mar-a-Lago e nel mondo. A questi «capi carismatici» si è ritorta contro l’auto-narrazione da vincenti. Sta a vedere che eravamo noi ad alimentarla quest’aura di impunità. I nostri media sono ossequiosi nel trascrivere repliche ufficiali di poteri spregevoli, di cui «vanno capite le ragioni», e sedotti dal fascino dell’«uomo forte», i cui «trionfi» si sono sgretolati non appena abbiamo smesso di raccontarli come tali, non appena l’Occidente si è ricompattato dopo anni di arrendevolezza.

Vladimir Putin non ha un buon rapporto con gli insuccessi. All’alba del suo ventennio al potere, nell’agosto del 2000, preferì lasciar morire affogato l’equipaggio del sottomarino nucleare “Kursk” (centosette persone) che accettare l’aiuto straniero, offerto da Regno Unito e Norvegia. Sta perdendo il conflitto in Ucraina dal 24 febbraio, ma nessuno deve averglielo detto. Anche perché la morìa di oligarchi – l’ultimo è Pavel Antov, “caduto” due giorni fa dalla finestra di un albergo in India – potrebbe indurre alla prudenza il cerchio magico del Cremlino.

Un po’ come quando si tace una notizia sgradevole per risparmiarla a un parente anziano, gliela si dà annacquata o in ritardo. Solo che il «nonno» in questione siede su seimila testate nucleari e andrebbe processato per crimini di guerra. Nel 2022 ai piani alti della cleptocrazia ci sono stati decessi a dozzine, parecchi spacciati per suicidi. Esprimere critiche, anche felpate o involontarie, al governo di Mosca accorcia significativamente l’aspettativa di vita nella Federazione. Da quelle parti, «defenestrare» non è un eufemismo per la fine della carriera politica.

L’assassinio è un «lavoro sporco» (mokroye delo in russo). Può servire a togliere di mezzo un individuo scomodo, rappresaglia per un tradimento vero o fasullo. Spesso rappresenta un messaggio. A volte i mandanti non vogliono nemmeno depistarci: se avvelenano, lasciano residui che suggeriscano, «come un biglietto da visita», un omicidio. Non abbastanza, però, perché sia dimostrabile la responsabilità dei Servizi russi. L’informazione è connivente quando si presta a questi giochi, facendosi manipolare perché trasmetta un avvertimento.

Abbiamo avvalorato la fama di sicari implacabili, da romanzo spionistico, anche di fronte a errori marchiani, come quando Alexei Navalny ha smascherato con una telefonata i suoi goffi attentatori. L’immaginario collettivo è rimasto intrappolato nella narrativa, l’allucinazione di Putin che cavalca orsi a torso nudo, anche quando la realtà confutava la propaganda di Stato. Qualcosa di simile è avvenuto con la fantasmagorica potenza militare russa. Attesa per settimane, mentre gli ucraini sfatavano anche quel mito meglio di qualsiasi debunking, con sgomento degli opinionisti che avevano magnificato «il secondo esercito del mondo».

La corruzione metastatica aveva drenato miliardi di rubli. Fissavamo un gigantismo di facciata, senza accorgerci che si trattava di villaggi Potëmkin. Lo stesso stratagemma – una finzione posticcia – veniva adottato per nascondere le caserme in rovina durante le visite ufficiali. La peggiore politica, che aveva inviato osservatori e delegazioni in Donbas, si sgola perché l’Ue addolcisca le sanzioni «che fanno più male a noi». È surreale credere a un inganno di cui persino una parte dell’élite russa ha iniziato ad accorgersi. Senza neppure la scusante di essere tenuti in ostaggio.

Il 2022 è l’anno in cui abbiamo capito che per contrastare i tiranni dobbiamo smettere di mitizzarli, in cui la fragilità dei regimi autocratici ha messo a nudo la loro inadeguatezza come «modelli» alternativi. Il modello, semmai è Kyjiv. Quella «illiberale» non solo non è democrazia, ma non funziona nemmeno meglio. È vero il contrario. Davanti allo sprofondo di Putin, all’incapacità cinese di contenere i contagi, è brillato il controesempio degli Stati liberali, con tutta la loro farraginosità. È bastato che l’Occidente si unisse perché evaporassero decenni di fake news.

Mentre cerca di smerciare sottoprezzo gas e petrolio all’India, Putin non è mai stato così isolato. I suoi alleati non se la passano meglio. Abbraccia Alexander Lukashenko, che resta in carica solo grazie alla repressione sponsorizzata dal Cremlino, però non riesce a convincerlo ad aprire un secondo fronte. Ha mobilitato trecentomila disgraziati, non ha più armi né equipaggiamento, eppure li scaraventerà in tritacarne come quello di Bakhmut, dove cresce l’influenza della Wagner in quell’ultimo irrigidimento totalitario chiamato rascismo.

Alla vigilia dell’invasione, il dittatore ha incassato una cooperazione «senza limiti» con Xi Jinping e pare avergli portato sfiga. Dieci mesi dopo, a Pechino è esplosa in casa una bomba pandemica – sembra un replay del 2020 solo che l’Occidente ha i vaccini – dopo quella del dissenso in autunno. La retorica bellica ha smesso di funzionare quando s’è incrinato il patto con la popolazione. In un bilaterale virtuale ieri i due si sono ripromessi «collaborazione strategica» e, magari, di vedersi dal vivo in primavera. Ottimisti.

Putin non può più contare sulla sua quinta colonna americana. Anche se è ancora molto influente tra i repubblicani, dove accusa la concorrenza del più giovane Ron De Santis, Donald Trump è un ex presidente azzoppato. Era convinto di stravincere le Midterm: da re Mida al contrario, ha fatto perdere molti dei candidati che ha benedetto. L’annuncio di correre per la Casa Bianca serve anche e soprattutto a oscurare i guai giudiziari di un golpista ed evasore. L’ala alt-right del Gop, però, può complicare i nuovi aiuti da quarantacinque miliardi di dollari.

Al macellaio russo resta l’asse con Teheran. Arrivano dall’Iran (e dalla Corea del Nord) i droni kamikaze e le bombe che continuano a piovere sull’Ucraina. La presa degli ayatollah però scricchiola: una nuova generazione si ribella all’oscurantismo di un Medioevo senza fine e rigetta il velo come strumento di oppressione. È l’alba di una rivoluzione? Le rivolte «sembrano sempre impossibili il giorno prima, e sempre inevitabili il giorno dopo». Le donne iraniane ci ricordano che le teocrazie possono crollare. Non dobbiamo fare l’errore di crederle eterne: a Mosca, a Pechino, a Minsk.

Il Cremlino ragiona per «sfere d’influenza». Quella di Mosca è stata amputata con l’aggressione insensata a Kyjiv. Georgia e Moldavia hanno affiancato l’Ucraina nella richiesta di entrare nell’Unione europea, Svezia e Finlandia hanno riscritto una storica neutralità per ripararsi sotto l’ombrello della Nato. Il brand di Putin è diventato tossico, ha perso ogni attrattiva (salvo in certi salotti televisivi italiani). I gruppi politici che avevano intrattenuto relazioni con Russia Unita si sono affrettati a cercare di cancellare quel passato.

Soffiare sul fuoco dei Balcani, sulle tensioni in Kosovo, dà le dimensioni della disperazione di Mosca. Dopo il presidente serbo Aleksandar Vučić, un altro fiancheggiatore è il primo ministro ungherese Viktor Orbán. Budapest per mesi ha fatto ostruzionismo sulle sanzioni e ha ottenuto esenzioni che minavano l’unità europea. Oggi vieta il transito di armi sul suo territorio e usa il dossier ucraino per ricattare i Ventisette. Nulla di nuovo. Alla fine capitola sempre. Prima o poi dovrà pagare le conseguenze di questa ambiguità.

È un autocrate pure l’autoproclamatosi pacificatore, Recep Tayyip Erdoğan. Il presidente turco ha officiato i negoziati falliti, si è intestato la riapertura dei corridoi del grano sul mar Nero. «È un dittatore con cui dobbiamo fare i conti», insuperata formula draghiana. Nel dubbio l’Italia gli vende munizioni navali. Il sultano è instabile come la lira turca. Agita la repressione del «terrorismo» e ordina sentenze politiche perché perde consensi. A giugno 2023 si vota, chissà se entro allora avrà sollevato il veto sull’ingresso di Stoccolma ed Helsinki nell’Alleanza atlantica.

«La cosa scioccante è che i crimini di guerra, i sistematici eccidi di massa, le deportazioni e le torture in Ucraina sono una ripetizione delle atrocità del Cremlino in passato – ha scritto la premier estone Kaja Kallas (una delle nostre donne europee dell’anno) –. Da febbraio molti si sono chiesti “perché?” Perché la Russia sta conducendo una guerra genocida contro l’Ucraina? La mia risposta è sempre: guardate la Storia. L’Urss è scomparsa, l’imperialismo no. L’uso della forza è continuato contro la Moldavia, poi la Georgia, la Crimea e il Donbas. Troppi fuori dalla Russia hanno sottovalutato questi eventi. L’aggressione su larga scala dell’Ucraina non avrebbe dovuto essere una sorpresa».

Il 2022 è l’anno in cui il mondo libero smette di farsi prendere di sorpresa. Ci ha messo sotto gli occhi la fallibilità dei tiranni, a cui possiamo attivamente contribuire. Abbiamo appreso che la loro statura temibile era spesso un (nostro) artificio prospettico. In retrospettiva, sono evidenti le falle nei loro trionfi. Avremmo potuto evitarli, ma non le abbiamo viste, come non abbiamo creduto a chi ce le indicava. Sotto la propaganda niente. Il 2023 può essere l’anno in cui cadrà qualcuno di loro: ora sappiamo che dipende dalle democrazie occidentali. Da noi.

Ucraina Russia, le notizie del 31 dicembre 2022. Marta Serafini inviata a Kiev e Redazione Online su Il Corriere della Sera il 31 Dicembre 2022.

Le notizie di sabato 31 dicembre, in diretta: coprifuoco anche nella notte dell’ultimo dell’anno nella capitale ucraina

Artiglieria in azione vicino Bakhmut (Afp)

• La guerra in Ucraina è arrivata al 310esimo giorno.

• Continuano a cadere missili su Kiev, Kherson e altre città. Esplosioni a Zaporizhzhia, vicino alla centrale nucleare.

• Zelensky: «Nel Donbass manteniamo le posizioni, avanzando lentamente».

• Colloquio tra Putin e Xi: «Vogliamo rafforzare la cooperazione militare».

• Pace o nuove offensive? Lo stallo dell’inverno.

Ore 04:57 - Kiev: liberato un villaggio nel Lugansk

L' esercito ucraino ha liberato il villaggio di Novoselivske, nella regione di Luhansk, alcuni militari russi sono stati catturati. Lo afferma l'amministrazione militare regionale di Lugansk, come riporta Unian. Il villaggio è ora controllato dall'esercito ucraino.

Ore 05:01 - Bach, Cio: sanzioni sportive contro Russia e Bielorussia devono restare

Le sanzioni sportive imposte a Russia e Bielorussia per l’invasione dell’Ucraina devono rimanere saldamente in vigore nel 2023. Lo ha ribadito il capo del Comitato olimpico internazionale Thomas Bach. «Le sanzioni contro gli stati e i governi russo e bielorusso devono e rimarranno saldamente in vigore», ha affermato Bach nel messaggio di fine anno. «Stiamo sostenendo gli atleti e i membri della comunità olimpica ucraina ovunque, con tutta la nostra solidarietà. Nel nuovo anno - ha sottolineato - gli atleti ucraini possono contare sul pieno impegno per questa solidarietà da parte del Cio e dell’intero Movimento Olimpico. Vogliamo vedere una squadra ucraina forte ai Giochi Olimpici di Parigi 2024 e ai Giochi Olimpici Invernali di Milano Cortina 2026».

Ore 05:02 - Usa, preoccupazione per il sostegno cinese alla Russia

Gli Stati Uniti sono preoccupati dal sostegno cinese alla Russia nel contesto dell’invasione dell’Ucraina e stanno monitorando le attività di Pechino: lo ha reso noto il Dipartimento di Stato americano. «Stati Uniti ed Europa hanno avvertito la Repubblica Popolare cinese delle conseguenze della fornitura di assistenza militare alla Russia o di assistenza nell’elusione delle sanzioni», ha detto il portavoce

Ore 05:02 - Kiev: alla Russia serviranno 10 anni per ripristinare le forze armate

La Russia potrebbe impiegare fino a 10 anni per ripristinare le sue forze armate dopo le perdite in Ucraina, secondo Kiev. La previsione è del ministro della Difesa ucraino Oleksii Reznikov, citato dal Kyiv Independent. Reznikov afferma anche che l’esercito russo deve affrontare una carenza di armi ad alta precisione, avendone utilizzato già la maggior parte del suo arsenale. Tale carenza, secondo il ministro della Difesa ucraino, riguarderebbe anche i missili balistici Iskander.

Ore 05:07 - Kiev: timori per attacchi nella notte di Capodanno

Il ministero della Difesa ucraino teme un massiccio attacco russo nella notte di Capodanno sulla capitale Kiev e su altri obiettivi. E’ quanto riferiscono i media locali. La preoccupazione dell’intelligence ucraina è che Mosca voglia condurre un’azione dimostrativa per celebrare l’inizio del nuovo anno. Proprio per questo timore, anche nella notte di San Silvestro sarà in vigore il coprifuoco a Kiev e in altre città.

Ore 05:19 - IL PUNTO MILITARE - Pace o nuove offensive? Ecco cosa sta succedendo

(di Andrea Marinelli e Guido Olimpio) I fronti con cambiamenti minimi, i pesanti bombardamenti russi, le esigenze per la difesa: queste le ultime note sul taccuino militare.

Logoramento delle forze

Il capo dell’intelligence ucraina Kyrylo Budanov ha dichiarato alla BBC che la guerra è di nuovo in fase di stallo, nessuna delle parti riesce a prendere il sopravvento nelle aree di maggior attrito. Così gli schieramenti si logorano con perdite consistenti, situazione raccontata da testimonianze ma anche dai video che trapelano. A volte sembra di rileggere un copione con Kiev priva degli equipaggiamenti necessari (munizioni in quantità, corazzati, velivoli) per poter dare una nuova spallata. Le forniture Nato continuano, però richiedono dei tempi lunghi, specie quando si parla di apparati complessi. Mosca si affida ai rinforzi schierati in queste settimane, spedisce i militari nel «tritacarne», divide il peso tra i mercenari della Wagner e le truppe regolari.

Ore 05:37 - Schierati 20 mila soldati per difendere Mosca nella notte di Capodanno

Circa 20.000 militari saranno dispiegati per la difesa «aerea e missilistica» di Mosca nella notte di Capodanno. Lo ha comunicato il ministero della Difesa russo secondo quanto riporta l’agenzia Ria Novosti. I soldati saranno impiegati in parte per scopi speciali di difesa aerea e missilistica e con altri compiti di vigilanza di obiettivi sensibili.

Ore 08:00 - Gran Bretagna, possibili nuovi raid per minare morale popolazione

Due giorni fa le forze russe hanno lanciato un’altra ondata di attacchi missilistici a lungo raggio in tutta l’Ucraina, ancora una volta mirando principalmente alla rete di distribuzione elettrica. A riferirlo è un tweet del ministero della Difesa britannico in uno dei consueti aggiornamenti d’intelligence. Da ottobre la Russia si è attenuta a un modello generale che prevede un’intensa ondata di attacchi ogni sette-dieci giorni, si spiega.

Le forze di Mosca stanno «quasi certamente seguendo questo approccio nel tentativo di sopraffare le difese aeree ucraine». L’aggiornamento prevede tuttavia la «possibilità realistica che la Russia rompa questo schema per colpire di nuovo nei prossimi giorni, nel tentativo di minare il morale della popolazione ucraina durante le vacanze di Capodanno».

Ore 08:48 - Kiev, 200 soldati russi uccisi a Kherson in un giorno

Duecento soldati russi sono stati uccisi in un solo giorno nell’oblast di Kherson, nel sud dell’Ucraina. Lo riporta l’esercito di Kiev, facendo riferimento all’esito degli scontri dello scorso 29 dicembre.

Lo stesso giorno 115 soldati russi sono rimasti feriti nell’oblast di Zaporizhzhia, nell’Ucraina meridionale, dove si trova la centrale nucleare più grande d’Europa.

Ore 08:49 - Kiev ai cittadini russi: «Mosca prepara una nuova mobilitazione, fuggite»

Il ministro della Difesa ucraino, Oleksii Reznikov, ha avvertito i cittadini russi che il Cremlino sta preparando una nuova ondata di mobilitazione e prevede di chiudere il confine entro una settimana. «So per certo che hai circa una settimana prima di avere ancora una scelta», ha detto, parlando in russo, in un discorso video trasmesso ieri.

«All’inizio di gennaio le autorità russe chiuderanno le frontiere agli uomini, dichiareranno la legge marziale e avvieranno una nuova ondata di mobilitazione. I confini saranno chiusi anche in Bielorussia». Anche Kyrylo Budanov, capo della direzione dell’intelligence ucraina, aveva anticipato nei giorni scorsi che la Russia sta pianificando una nuova mobilitazione dal 5 gennaio perché mancano gli uomini al fronte di guerra. Reznikov ha anche tenuto a precisare che quest’ultima ondata di arruolamento riguarderà «gli abitanti delle grandi città russe».

Secondo il Kiyv Independent, Mosca e San Pietroburgo sono state risparmiate dalle campagne di mobilitazione del Cremlino, che invece hanno interessato in maniera pesante le minoranze etniche in altre regioni russe, i cui uomini sono stati chiamati ad arruolarsi in maniera sproporzionata.

Ore 09:48 - Bombardamenti russi sulla regione di Sumy

Questa notte e ancora questa mattina le forze aeree russe hanno lanciato missili su alcuni villaggi della regione di Sumy, nel nordest dell’Ucraina. Lo ha dichiarato alla stampa locale il capo dell’amministrazione regionale Dmitro Zhivitsky: «Oggi, dopo le 8.00 del mattino, i russi hanno aperto il fuoco di artiglieria sulla comunità di Krasnopillia. Ci sono stati tre attacchi». Nella notte sono stati colpiti cinque comuni a ridosso del confine con la Russia: due di questi avrebbero subito danni alle infrastrutture civili.

Ore 12:47 - Il ministro della Difesa russo Shoigu: «Inevitabile la nostra vittoria»

«La nostra vittoria è inevitabile». Lo ha affermato Sergei Shoigu, ministro della Difesa della Russia, nel suo messaggio di fine anno ai miliatri dell’Armata: «L’imminente festa di capodanno rimane non solo una buona tradizione popolare, ma acquista anche un significato più profondo, essendo un simbolo delle nostre speranze per un futuro pacifico. La nostra vittoria, come l’arrivo del nuovo anno, è inevitabile».

Ore 13:16 - Dieci esplosioni nel centro di Kiev

Una decina di esplosioni sono state udite nelle zone residenziali di Kiev questa mattina, dopo che un allarme aereo era risuonato in tutto il Paese. Poco dopo il governatore della regione di Kiev aveva lanciato un allarme sulla possibilità che avvenissero attacchi missilistici. Le esplosioni nella capitale sono state confermate su Telegram dal sindaco Vitaliy Klitschko. Anche a Kharkiv e a Zaporizhzhia sono avvenute esplosioni.

Ore 13:40 - Un morto dopo le esplosioni a Kiev

Dalla nostra inviata a Odessa — Secondo le prime informazioni diffuse dal sindaco Vitaly Klitschko un uomo anziano è stato ucciso e 20 persone sono rimaste ferite nel distretto di Solomianskyi a seguito delle esplosioni nella zona residenziale durante l'attacco missilistico russo. Una persona è in condizioni critiche. Tra i feriti anche un giornalista giapponese. I soccorritori sono al lavoro, l’allerta è ancora in corso. Secondo l’amministrazione della città un hotel è rimasto danneggiato dall'attacco missilistico russo in corso. Si tratta dell’hotel Alfavito nel centro di Kiev. Danneggiato anche il Palace of Ukraine, sede di norma dei concerti di fine anno. (Marta Serafini)

Ore 14:15 - Il discorso di fine anno di Putin

Ha parlato per nove minuti, il messaggio di fine anno più lungo da che guida la Russia. E ha scelto un'ambientazione insolita: non le sale del Cremlino, ma il quartier generale del distretto militare meridionale, a Rostov sul Don. Lì, circondato dai militari, il presidente russo Vladimir Putin si è rivolto ai suoi concittadini: «L'anno sta volgendo al termine: è stato un anno di decisioni difficili e necessarie, di passi importanti per ottenere la piena sovranità della Russia e il consolidamento della nostra società. Ha dimostrato che la difesa della Patria è il nostro sacro dovere verso gli antenati e discendenti», ha esordito lo Zar.

Che poi ha difeso la scelta di invadere l'Ucraina e accusato l'Occidente: «La correttezza morale e storica è dalla nostra parte. Oggi noi combattiamo per proteggere il nostro popolo nei nostri territori storici. L'Occidente ha mentito sulla pace, stava preparando un'aggressione. Per anni ci hanno assicurato sulla pace, ma hanno incoraggiato in ogni modo i neonazisti».

E ancora: «Le élite occidentali usano cinicamente l'Ucraina e il suo popolo per indebolire e dividere la Russia. Non abbiamo mai permesso a nessuno di farlo, e non lo permetteremo».

Ore 16:26 - Esplosioni in un aeroporto in Crimea

Su alcuni canali Telegram è stato riportato che nel pomeriggio sono avvenute delle esplosioni nell'aeroporto di Dzhankoi, in Crimea, utilizzato dalle forze di occupazione russe come base militare. Poco dopo, anche l'esercito ucraino ha confermato le esplosioni. L'aeroporto, secondo le prime ricostruzioni, sarebbe stato colpito da un'arma ad alta precisione, ma finora nessuna delle due parti ha rilasciato dichiarazione ufficiali in proposito.

Ore 23:09 - Il messaggio di fine anno di Zelensky

«Il 2022 ci ha ferito al cuore. Abbiamo pianto tutte le lacrime», lo afferma il presidente dell'Ucraina Volodimir Zelensky nel suo messaggio di fine anno. «Abbiamo gridato tutte le preghiere. 311 giorni. Abbiamo qualcosa da dire su ogni minuto. Ma la maggior parte delle parole non sono necessarie. Non abbiamo bisogno di spiegazioni, di decorazioni. Abbiamo bisogno di silenzio. Per ascoltare. Abbiamo bisogno di pause. Realizzare». «Non sappiamo con certezza cosa ci riserverà il nuovo anno 2023. Voglio augurare a tutti noi una cosa: la vittoria. E questo è l'aspetto principale. Un augurio a tutti gli ucraini. Che quest'anno sia l'anno del ritorno. Il ritorno del nostro popolo. I guerrieri alle loro famiglie. I prigionieri alle loro case. Gli sfollati interni alla loro Ucraina. Restituzione delle nostre terre. E chi è temporaneamente occupato sarà libero per sempre. «Ritorno alla vita normale. Ai momenti felici senza coprifuoco. Alle gioie terrene senza raid aerei. Restituzione di ciò che ci è stato rubato. L'infanzia dei nostri figli, la serena vecchiaia dei nostri genitori. «Che il nuovo anno porti tutto questo. Siamo pronti a lottare per questo. È per questo che ognuno di noi è qui. Sono qui. Siamo qui. Siete qui. Sono tutti qui. Siamo tutti ucraini. Gloria all'Ucraina! Buon anno!»

Ucraina Russia, le notizie del 1° gennaio. Marta Serafini, inviata a Kiev, e Redazione Online su Il Corriere della Sera l’1 Gennaio 2023.

Le notizie di domenica 1° gennaio: coprifuoco anche nella notte dell’ultimo dell’anno nella capitale ucraina

Questa diretta è stata chiusa. Trovate a questo link il nuovo articolo con tutte le notizie di oggi, in diretta, sulla guerra in Ucraina.

• La guerra in Ucraina è arrivata al 311esimo giorno.

• Continuano a cadere missili su Kiev, Kherson e altre città. Esplosioni a Zaporizhzhia, vicino alla centrale nucleare. La capitale è stata colpita poco dopo lo scoccare della Mezzanotte.

• Il messaggio di fine anno di Zelensky: «Non sappiamo con certezza cosa ci riserverà il 2023. Voglio augurare a tutti noi una cosa: la vittoria».

Ore 00:22 - Esplosione a Kiev, difesa antiaerea in azione

Un'esplosione è risuonata sopra Kiev a meno di un'ora dall'inizio del 2023. Lo ha reso noto il sindaco aggiungendo che il sistema di difesa aerea stava «funzionando» per difendere la città dagli attacchi russi. «Esplosione udita nella capitale. La difesa aerea sta funzionando», ha detto Vitali Klitschko su Telegram dopo l'esplosione avvenuta intorno alle 00.35 ora locale

Ore 07:13 - Borrell: «Ue al fianco di Kiev anche nel 2023»

«Siamo decisi a continuare a stare al fianco dell’Ucraina, anche nel 2023»: così il l’alto rappresentante Ue per gli Affari esteri e la Politica di sicurezza Josep Borrell. «Nel 2022 la Russia ha deciso di abbandonare completamente gli impegni per i diritti umani fondamentali e di attaccare l’Ucraina e la sicurezza globale», ha scritto Borrell sul suo account Twitter.

Ore 07:17 - Zelensky, il discorso in russo: «L’Ucraina non perdonerà»

(Marta Serafini, inviata a Kiev) Gli attacchi sono continuati su Kiev pochi minuti dopo che Zelensky ha pronunciato il suo primo discorso di Capodanno in tempo di guerra.

Ha detto: «Non sappiamo con certezza cosa ci porterà il nuovo 2023. Voglio augurare a tutti noi una cosa: la vittoria. E questa è la cosa principale. Che quest’anno sia l’anno del ritorno. Il ritorno del nostro popolo. Soldati - alle loro famiglie. Prigionieri – alle loro case. Immigrati - nella loro Ucraina. Il ritorno delle nostre terre. E i temporaneamente occupati diventeranno per sempre liberi. Ritorna alla vita normale. A momenti felici senza coprifuoco. Alle gioie terrene senza avvisi aerei. Il ritorno di ciò che ci è stato rubato. L’infanzia dei nostri figli, la tranquilla vecchiaia dei nostri genitori».

Gli attacchi di Capodanno sono andati avanti per tutta la notte di sabato con una raffica di oltre 20 missili da crociera in tutta l’Ucraina, in quello che il difensore civico per i diritti umani dell’Ucraina, Dmytro Lubinets, ha definito «terrore alla vigilia di Capodanno».

L’attacco di sabato - il secondo attacco missilistico di Mosca in tre giorni - ha danneggiato gravemente un hotel a sud del centro di Kiev e un edificio residenziale in un altro distretto. Un giornalista giapponese tra i feriti e portato in ospedale, ha detto Klitschko.

Zelensky ha risposto agli attacchi di sabato - e al discorso di Capodanno di Vladimir Putin in cui ha incolpato l’Occidente per aver provocato la guerra - con un messaggio al popolo russo, consegnato in russo. «Il tuo leader vuole dimostrare di avere le truppe dietro di sé, è avanti. Ma si sta nascondendo. Si nasconde dietro le truppe, i missili, le sue residenze, i palazzi. Si nasconde dietro di te, brucia il tuo paese, il tuo futuro», ha detto. «Nessuno perdonerà per il terrore. Nessuno al mondo ti perdonerà. L’Ucraina non perdonerà».

Vyacheslav Gladkov, il governatore della regione russa meridionale di Belgorod, al confine con l’Ucraina, ha affermato che a causa dei bombardamenti notturni della periferia della città di Shebekino, ci sono stati danni alle case, ma nessuna vittima. L’Ucraina non ha mai rivendicato pubblicamente la responsabilità di eventuali attacchi all’interno della Russia, ma li ha definiti karma per l’invasione russa.

Ore 07:33 - I discorsi paralleli di Putin e Xi Jinping, e che cosa si nasconde sul futuro della guerra nelle loro parole

(Federico Rampini) Quali messaggi contiene l’ultima telefonata tra Vladimir Putin e Xi Jinping, con cui i due leader hanno concluso il 2022? Il rapporto fra le due superpotenze anti-occidentali rimane saldo, e la loro «cooperazione strategica» farà un passo avanti in occasione della prossima visita di Xi a Mosca. Nella versione cinese però la guerra in Ucraina viene per la prima volta definita una «crisi internazionale», un’espressione negativa che Xi aveva evitato in passato. Di qui a ipotizzare una divergenza o perfino un conflitto, il passo è troppo lungo. La Cina sta pagando un prezzo per il conflitto lanciato da Putin, e la conseguenza più probabile è che… alzerà il prezzo del suo appoggio alla Russia.

Ore 07:36 - Kiev: «Ieri respinti attacchi russi in 9 villaggi

Le forze ucraine hanno respinto ieri gli attacchi russi vicino a nove villaggi, mentre Mosca ha lanciato 31 attacchi missilistici, 12 raid aerei e oltre 70 attacchi con lanciarazzi multipli: lo ha reso noto su Facebook lo Stato Maggiore delle Forze Armate di Kiev, come riporta Ukrinform.

I russi, si legge nel rapporto dell’esercito, hanno preso di mira le infrastrutture civili nelle regioni di Chernihiv, Sumy, Kiev, Khmelnytskyi, Donetsk, Zaporizhzhia, Mykolaiv e Kherson. Non ci sono per il momento notizie di eventuali feriti o vittime. Inoltre, le forze russe hanno lanciato 13 droni kamikaze di fabbricazione iraniana (Shahed-136), che sono stati distrutti dalla contraerea ucraina.

La minaccia di attacchi aerei e missilistici nemici rimane su tutto il territorio nazionale, scrive l’esercito. Le forze ucraine hanno respinto gli attacchi russi nelle aree di Stelmakhivka, Ploshchanka e Bilohorivka nella regione di Lugansk e di Soledar, Bakhmutske, Bakhmut, Ozarianivka, Maryinka e Pobieda nella regione di Donetsk.

Ore 07:44 - Ritorno a Gorodnya: l’orfanotrofio che non c’è

(Marta Serafini, inviata a Gorodnya) «Lì un tempo c’era la latrina. Noi ragazze ci andavamo sempre in coppia, avevamo paura. E quello è il laghetto dove pescavamo». Gorodnya, 30 chilometri dal confine con la Russia e la Bielorussia, epicentro della guerra. La superficie dello stagno ora è ricoperta di ghiaccio. Liuba ha 28 anni. Gli occhi da donna, le guance ancora da bambina.

All’orfanotrofio di Gorodnya, Liuba è cresciuta, dai 6 ai 17 anni. Con lei altri 300 bambini. È la vigilia di Natale, quello cristiano. «Qui festeggiamo il 7 gennaio secondo la tradizione ortodossa però voglio portare un po’ di regali ai bambini». Il cancello di metallo verde cigola. Sulla porta l’abbraccia Larissa, amministratrice dell’orfanotrofio. «Ben tornata, vieni al caldo». Dentro, un gruppo di bambini è seduto in classe. Aspetta.

Ore 09:41 - Kiev: «Abbattuti 45 droni kamikaze russi nella notte di Capodanno»

La contraerea ucraina ha distrutto la notte scorsa 45 droni kamikaze Shahed-131/136 di fabbricazione iraniana lanciati dalle forze russe: lo ha reso noto su Telegram il servizio stampa del Comando delle Forze aeree, come riporta Ukrinform. «Nella notte tra il 31 dicembre 2022 e il primo gennaio 2023, gli invasori russi hanno attaccato l’Ucraina con droni kamikaze Shahed-131/136 di fabbricazione iraniana. Quarantacinque droni d’attacco sono stati distrutti grazie al lavoro della difesa aerea dell’Aeronautica Militare in collaborazione con la difesa aerea di altri elementi delle Forze di Difesa dell’Ucraina», si legge nel messaggio. «Tredici droni sono stati abbattuti nel 2022 e 32 nel 2023», precisa il Comando.

Ore 09:43 - «Putin in cura per un cancro a febbraio»: il report dell’intelligence danese

(Marco Bruna) Il presidente russo Vladimir Putin non soffre di una malattia incurabile, ma di forti dolori cronici: lo riferiscono i servizi di intelligence militare danesi (Fe), secondo cui, al momento dell’invasione dell’Ucraina, il leader russo era in cura per una forma di cancro. Proprio la malattia potrebbe avere influenzato la sua decisione di lanciare l’«Operazione speciale».

Ore 10:20 - Kiev: «Mosca ha ancora missili per 3 attacchi su larga scala»

La Russia ha a disposizione missili da crociera per lanciare al massimo altri tre attacchi su larga scala contro l’Ucraina: lo ha detto in una conferenza stampa il vicecapo dell’intelligence di Kiev, Vadym Skibitsky, come riporta Rbc-Ucraina. «I russi hanno un deficit oggi. È principalmente correlato ai missili balistici Iskander. Come si può vedere, usano questo tipo di armi da molto tempo. Si tratta di balistica. E lo stock di (missili) Kalibr sta per esaurirsi», ha detto Skibitsky. «I nostri calcoli sono molto semplici - ha aggiunto -. Il massimo di cui la Russia è capace sono due o tre missioni di attacco della stessa potenza che abbiamo visto negli ultimi tempi», ha aggiunto spiegando che, secondo gli standard militari russi, le armi ad alta precisione sono i missili da crociera Kh-101, Kh-555 e i Kalibr. Secondo l’alto ufficiale la produzione di missili in Russia continua, sebbene sia leggermente diminuita. Il capo dell’intelligence ucraina, Kyrylo Budanov, aveva stimato di recente che Mosca ha ancora circa 150 missili, che potrebbero essere sufficienti per due massicci attacchi su larga scala contro l’Ucraina.

Ore 10:39 - Papa: «Preghiamo per chi vive giorni festa nella violenza e nella guerra»

«Preghiamo la Madre in modo speciale per i figli che soffrono e non hanno più la forza di pregare, per tanti fratelli e sorelle colpiti dalla guerra in molte parti del mondo, che vivono questi giorni di festa al buio e al freddo, nella miseria e nella paura, immersi nella violenza e nell’indifferenza! Per quanti non hanno pace acclamiamo Maria, la donna che ha portato al mondo il Principe della pace». Così Papa Francesco nel corso dell’omelia per la Messa della Solennità di Maria Santissima Madre di Dio e nella ricorrenza della 56.ma Giornata Mondiale della Pace sul tema: «Nessuno può salvarsi da solo. Ripartire dal Covid-19 per tracciare insieme sentieri di pace».

Ore 11:16 - Mattarella: «Bisogna sostenerne il popolo martire»

«L’inaccettabile aggressione russa all’Ucraina, con il suo pesante carico di morte e di sofferenze, oltre che di gravissime conseguenze al livello regionale e globale, impone di sostenere quel popolo che con sollecitudine pastorale Ella ha definito “martire”». Lo afferma il presidente della Repubblica Sergio Mattarella in un messaggio a Papa Francesco in occasione della Giornata Mondiale della Pace.

Ore 11:25 - Media: «Su Kiev anche un drone russo con scritta “Buon Anno”»

Uno dei droni kamikaze lanciati dalla Russia sulla capitale ucraina Kiev la notte di Capodanno portava la scritta `Buon Anno´: lo riporta in un tweet il Kyiv Post, che pubblica un’immagine pubblicata dal capo della polizia della regione di Kiev, Andriy Nebytov, con i frammenti del velivolo e il messaggio delle forze russe.

Ore 12:06 - Kiev: «Ventenne uccisa da bombardamento russo ieri nell’ovest»

Una ragazza di 22 anni è morta a causa dei bombardamenti russi di ieri su Khmelnytskyi, città dell’Ucraina occidentale. «La giovane era stata ricoverata in ospedale in gravissime condizioni dopo l’attacco alla nostra città, è morta per le ferite riportate», ha reso noto il capo dell’amministrazione militare regionale Sergy Gamalii, come riportano i media ucraini. E ha aggiunto che otto civili sono rimasti feriti nell’attacco, tra cui due donne che sono in gravi condizioni. I missili lanciati ieri dall’esercito russo sulla città hanno colpito una struttura militare e 13 edifici residenziali. Un’altra persona era morta ieri nei raid di Mosca su Kiev.

Ore 13:44 - Mosca: «Raid su fabbriche droni ucraine, sventati attacchi»

I raid di ieri sull’Ucraina hanno preso di mira fabbriche di droni e siti di lancio. Lo riferisce il ministero della Difesa russo, citato da Interfax, spiegando di aver così sventato i tentativi di Kiev di compiere «attacchi terroristici» contro la Russia.

Ore 14:06 - Il tweet del ministero degli Esteri inglese: «Cessate le importazioni di gas liquefatto russo»

Il ministero degli Esteri russo (UK Foreign, Commonwealth and Development Office), attraverso il canale twitter ufficiale, ha annunciato che cesserà di importare il gas liquefatto russo. «Vogliamo smettere di finanziare la guerra illegale di Putin e invitiamo altri paesi del mondo a ridurre la loro dipendenza dalla Russia».

Ore 17:27 - Il mistero della donna in divisa che compare nel messaggio di Capodanno di Putin

Nel suo messaggio di Capodanno Vladimir Putin è apparso affiancato da truppe che avrebbero combattuto in Ucraina. In realtà, secondo le accuse di molti osservatori (compresi alcuni reporter di Cnn e Bild), avrebbe arruolato «attori» che recitassero la parte dei soldati mentre brindava per elogiare i loro sforzi bellici. L’attenzione è stata catturata in particolare da una donna bionda.

Sebbene sia in mimetica, il sospetto è che abbia più presenza scenica che esperienza al fronte. Questo perché la misteriosa donna sembra essere già comparsa in una serie di photo opportunity con Putin: in tuta arancione impermeabile da marinaio su una barca, poi con il velo sul capo da credente devota in chiesa. 

Ore 17:41 - Mosca potrebbe essere a corto di missili

La Russia continua nella strategia per fiaccare il morale del nemico, devasta infrastrutture e rete elettrica, costringe la resistenza a impiegare risorse enormi, spera di incidere sulla produzione industriale, stravolge e toglie vite di innocenti. Lo spionaggio ucraino, intanto, tiene il conto dei «colpi». E ipotizza che l’esercito russo sia a corto di alcuni tipi di missili. A Bakhmut, ad esempio, l’Armata sparava 60 mila proiettili d’artiglieria al giorno: ora sarebbe scesa a 19-20 mila. Quali sono le implicazioni? 

Ore 18:39 - Stoltenberg: «Dobbiamo essere pronti a sostenere Kiev a lungo termine»

I paesi occidentali devono essere pronti a fornire sostegno «a lungo termine all’Ucraina» poiché la Russia «non mostra segni di cedimento». Lo ha affermato il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, in un’intervista alla Bbc. Secondo Stoltenberg la Russia «è pronta a continuare la guerra e anche a tentare di lanciare potenzialmente una nuova offensiva».

Ore 19:21 - Zelensky: «I russi hanno paura perché perdono. Si sente»

«Quarantacinque droni Shahed sono stati abbattuti la notte di Capodanno, 33 dall’Air Force e altri 12 dalla difesa aerea delle forze di terra». Ad affermarlo, nel suo messaggio serale, è il presidente dell’Ucraina, Volodymyr Zelensky. Per Zelensky, secondo quanto riferisce Ukrainska Pravda, il sentimento di unità degli ucraini è in netto contrasto con la paura che ha prevalso in Russia: «Hanno paura. Si sente. E giustamente hanno paura. Perché perdono. Droni, missili, tutto il resto non li aiuteranno. Perché siamo insieme. E loro hanno paura».

Ore 23:45 - Nuovo attacco con droni kamikaze

L’esercito russo ha lanciato un nuovo attacco aereo contro obiettivi in Ucraina utilizzando i cosiddetti droni kamikaze, riferisce l’agenzia di stampa statale Ukrinform, secondo cui due gruppi di droni Shahed di fabbricazione iraniana sono stati avvistati vicino a Mykolaiv, nel sud dell’Ucraina. «Allarme aereo, due gruppi di droni», ha scritto il capo dell’amministrazione militare regionale Vitali Kim in un messaggio pubblicato su Telegram. Gli allarmi aerei sono stati lanciati in tutto il sud del paese.

Ore 00:49 - Ucraina: esplosioni in oblast Kiev, Zaporizhzhia e Dnipro

Ancora una notte di attacchi da parte dell’esercito russo. Esplosioni vengono segnalate nelle regioni ucraine di Kiev, Zaporizhzhia e Dnipropetrovsk. Lo riportano i media locali e russi, aggiungendo che l’allarme antiaereo è scattato in diversi oblast del Paese. Il Kyiv Independent parla di deflagrazioni avvenute nelle prime ore della notte nella capitale ucraina, con l’Amministrazione militare cittadina che conferma di aver attivato la contraerea. L’emittente Strana riporta di un’esplosione a Dnipro. L’agenzia Tass parla di tre deflagrazioni segnalate a Zaporizhzhia e di una a Melitopol. L’allarme antiaereo è scattato nelle regioni di Kiev, Dnipropetrovsk, Zaporizhzhia, Kherson, Mykolaiv, Kirovohrad, Vinnytsia, Cherkasy e Poltava.

"Un farmaco alla base dei suoi 'attacchi'". “Putin in cura per un cancro mentre decideva l’invasione in Ucraina”: il report dell’intelligence danese. Redazione su Il Riformista l’1 Gennaio 2023

Nelle ore decisive per l’invasione dell’Ucraina il presidente russo Vladimir Putin sarebbe stato in cura per una forma di cancro assumendo un farmaco che potrebbe avere influenzato la sua decisione di lanciare l’operazione speciale, lo scorso 24 febbraio. Putin – come sostengono i servizi di intelligence militare danesi (Fe) – non soffrirebbe di una malattia incurabile, ma di forti dolori cronici.

Uno dei fattori che hanno scatenato il più grande conflitto in Europa dalla Seconda guerra mondiale, scrive il quotidiano danese Berlingske, è stato probabilmente il farmaco che il presidente russo stava assumendo in quel momento. “Le manie di grandezza sono uno degli effetti collaterali più noti collegati al tipo di trattamento ormonale che stava seguendo Putin”, spiega uno degli esperti del Danish Defence Intelligence Service, intervistato da Berlingske.

Nel rapporto risalente al 2021, la Fe dava come “molto probabile” un altro mandato di Putin dopo le prossime elezioni presidenziali, che si terranno nel 2024. Nel 2022 i servizi militari danesi hanno corretto questa stima: la conferma di Putin alla presidenza fino al 2029 diventa adesso soltanto “probabile”. “Qualcuno potrebbe pensare di rimuoverlo dall’incarico a causa della salute cagionevole”, ha detto un ufficiale dell’intelligence. L’agenzia ipotizza che Putin soffrirebbe di forti dolori cronici dopo diverse cadute e incidenti: “Ecco perché cerca di sedersi e aggrapparsi alle cose. Lo fa per alleviare il dolore”.

Il rapporto ricorda che la salute di Putin, come riferito da vari media, sarebbe peggiorata dopo una caduta da cavallo negli anni 2000. Negli ultimi anni si sarebbe anche infortunato durante le lezioni di judo e hockey. Gli esperti dell’Fe non si aspettano che Putin muoia a causa delle sue condizioni di salute ma ritengono che nel tempo l’élite russa pretenderà una persona più forte al timone del Paese. “Abbiamo la forte impressione che una parte dell’establishment capisca che stanno andando nella direzione sbagliata”, ha aggiunto l’ufficiale dell’intelligence militare danese.

Nei mesi scorsi, la prima speculazione sulla salute di Putin ha riguardato la schiena, ovvero possibili problemi alla colonna vertebrale per pregressi traumi sportivi, come accennato da Lukashenko, o addirittura una neoplasia al midollo spinale, la cui sintomatologia sarebbe compatibile con alcune difficoltà deambulatorie e certe irrequietezze posturali di Putin. Un’altra ipotesi sulle patologie di Putin riguarda la possibilità che una forma di long covid possa aver prodotto una nebbia cognitiva.

Altri sostengono invece che soffrirebbe di disturbi cerebrali causati dalla demenza, conseguenze del morbo di Parkinson, oppure avrebbe attacchi di rabbia provocati dai trattamenti con gli steroidi per curare il cancro. A tornare sui presunti problemi di salute del presidente russo è stato anche il Daily Mail, che cita fonti di intelligence occidentali vicino al Cremlino.

Sono rimbalzate in Rete e sui giornali anche teorie su un possibile cancro alla tiroide di Putin. Lo ha svelato un’inchiesta di Proekt, media russo indipendente specializzato in giornalismo investigativo, che mostra l’elenco dei medici che accompagnano il presidente nei suoi viaggi tra cui Alexei Shcheglov, Yaroslav Protasenko e Yevgeny Selivanov, che avrebbero visitato Putin per un lungo periodo, quando “apparentemente aveva problemi alla schiena”, e in tempi più recenti lo zar avrebbe chiesto il supporto di “uno specialista in cancro alla tiroide che è andato a trovarlo 35 volte in quattro anni nella sua residenza di Sochi”.

Soldatessa, marinaia e fedele devota: le tante «comparse» della donna misteriosa accanto a Putin. Alessandra Muglia su Il Corriere della Sera l’1 Gennaio 2023.

La donna sarebbe uno degli «attori» di cui si è circondato il presidente russo per il suo discorso di Capodanno registrato in una base militare. Con lei ci sarebbero altri volti ripresi al suo fianco in altri eventi. L'ironia della premio Nobel Matviichuk: «Anche i figuranti scarseggiano»

Nel suo messaggio di Capodanno Vladimir Putin è apparso affiancato da truppe che avrebbero combattuto in Ucraina. In realtà avrebbe arruolato «attori» che recitassero la parte dei soldati mentre brindava per elogiare i loro sforzi bellici.

L'accusa è rimbalzata sui social, rilanciata anche da reporter di testate autorevoli come Cnn e Bild, mentre circolano pure nuove indiscrezioni sullo stato di salute dello zar: in particolare una nuova analisi dell'intelligence occidentale afferma che Putin avrebbe deciso di attaccare l'Ucraina a febbraio sotto effetto di farmaci antitumorali che inducono stati di megalomania come effetti collaterali.

Tra i primi a ironizzare sulle «comparse» per Putin è Tadeusz Giczan, già caporedattore di Nexta, media bielorusso dell'opposizione. «Una soldatessa, una marinaia e una cristiana devota. Dio si muove in un modo misterioso » ha twittato riferendosi alla donna bionda con la coda alla destra di Putin, mentre pronuncia il suo discorso. Julian Röpcke, caporedattore politico della Bild, ha rilanciato anche un video in cui la si vede raccontare che i soldati russi feriti non vogliono essere evacuati dal campo di battaglia perché desiderano continuare a combattere con i loro compagni. «Anche il dittatore sembra annoiato da questa orrenda propaganda» commenta Röpcke.

Sebbene sia in mimetica, il sospetto è che abbia più presenza scenica che esperienza al fronte. Questo perché la misteriosa donna — secondo alcune segnalazioni sui social — sarebbe già comparsa in una serie di photo opportunity con Putin: in tuta arancione impermeabile da marinaio su una barca, poi con il velo sul capo da credente devota in chiesa.

Con lei altri volti «ricorrenti» come ha notato Clarissa Ward, corrispondente internazionale della Cnn, con una domanda: «Chi è lei? Una guardia del corpo? Un'attrice?» e facendo notare che «ci sono altre facce che appaiono in entrambe le foto a destra».

Anche due suoi «compagni» erano stati avvistati nel filmato in barca con Putin e alla funzione religiosa, sempre al fianco del presidente russo.

Alcuni hanno sostenuto che la donna misteriosa sia Sergukhina Larisa Borisovna, parlamentare della Duma di Russia Unita, il partito di Putin. Sempre lei era delle «mamme speciali» dei soldati ricevute a novembre al Cremlino.

Il presidente era già stato accusato lo scorso maggio di aver inscenato una visita a un ospedale militare usando «attori»: uno dei «soldati feriti» sarebbe anche apparso nei panni dell'operaio in una precedente visita in una fabbrica.

L'ipotesi è che il ricorso a «controfigure» fidate sia il modo ormai abituale di Putin per portare avanti la sua propaganda di leader acclamato dalla gente comune evitando però i rischi di qualsiasi contatto ravvicinato — visto anche il calo del consenso per la guerra in Ucraina.

Ora sarebbe costretto anche a ricorrere allo stesso cast, notano con ironia alcuni commentatori sui social. A iniziare dalla co-vincitrice del premio Nobel per la pace 2022 Oleksandra Matviichuk, la 39enne ucraina avvocata e attivista per i diritti umani: «Putin voleva copiare Zelensky, che è venuto dai difensori ucraini a Bakhmut. Ma dopo dieci mesi di guerra su vasta scala, anche gli attori scarseggiano in Russia».

Il caso rimbalzato sulla stampa internazionale. La comparsa di Putin, il ‘mistero’ sulla donna onnipresente nelle foto dello Zar: la propaganda russa la schiera come soldatessa, fedele devota e marinaia…Carmine Di Niro su Il Riformista il  2 Gennaio 2023

Onnipresente e in più, in posa sempre accanto al presidente russo Vladimir Putin: prima come soldato, poi come membro di un equipaggio su una nave, quindi come fedele in una Chiesa.

È la donna che in questi giorni ha attirato le attenzioni della stampa internazionale: a sollevare il caso è stato per primo il giornalista bielorusso Tadeusz Giczan, già caporedattore di Nexta, media di opposizione a Minsk.

Quest’ultimo ha notato infatti che una donna bionda, molto visibile in primo piano durante il discorso di fine anno di Putin, era apparentemente presente in almeno altre due occasioni, sempre molto visibile vicina al numero uno del Cremlino.

Scavando a ritroso, altri giornali e reporter hanno scoperto altre foto in cui la stessa donna che compare nel video di fine anno girato in una base militare è presente in altre circostanze sempre assieme al presidente russo. Non solo: assieme a lei altre persone sono presenti, con ruoli diversi, in foto recuperate online di Putin.

Il ruolo della “misteriosa bionda” e degli altri personaggi che compaiono accanto al presidente russo resta sconosciuto e al momento si possono fare solo delle ipotesi: vi è la possibilità che si tratti di attori o guardie del corpo, ruoli che potrebbero anche coincidere vista la nota ‘psicosi’ del presidente russo per la sua sicurezza personale; altra ipotesi è che lo Zar, che per mesi avrebbe vissuto sostanzialmente isolato per timore di contagiarsi col Covid-19, si circondi sempre delle stesse persone per ragioni sanitarie.

Sulla vicenda è intervenuta con ironia anche la co-vincitrice del premio Nobel per la pace 2022 Oleksandra Matviichuk, attivista per i diritti umani e avvocato ucraino: “Putin voleva copiare Zelensky, che è venuto dai difensori ucraini a Bakhmut. Ma dopo dieci mesi di guerra su vasta scala, anche gli attori scarseggiano in Russia“.

L’uso di “controfigure” da parte del regime russo non è una novità. Lo scorso maggio Putin era stato accusato di aver inscenato una visita a un ospedale militare usando degli attori: uno dei soldati feriti visitati dallo Zar sarebbe anche apparso nei panni dell’operaio in una precedente visita in una fabbrica da parte del leader del Cremlino.

Carmine Di Niro. Romano di nascita ma trapiantato da sempre a Caserta, classe 1989. Appassionato di politica, sport e tecnologia

Ucraina Russia, le notizie del 2 gennaio sulla guerra. Marta Serafini, inviata a Kiev, e Redazione Online su Il Corriere della Sera il 2 Gennaio 2023

Ancora blackout a Kiev, colpita da droni russi. Kiev ha colpito una base russa a Makiivka nel Donetsk occupato e ha rivendicato l'attacco. Mosca: «Morti 63 soldati russi». Ma secondo gli ucraini sarebbero 400 le vittime dell'Armata

• La guerra in Ucraina è arrivata al 312esimo giorno.

• Continuano a cadere missili su Kiev, Kherson e altre città. Esplosioni a Zaporizhzhia, vicino alla centrale nucleare. La capitale è stata colpita poco dopo lo scoccare della Mezzanotte.

• Il messaggio di fine anno di Zelensky: «Non sappiamo con certezza cosa ci riserverà il 2023. Voglio augurare a tutti noi una cosa: la vittoria».

• Il mistero della donna in divisa che compare nel messaggio di Capodanno di Putin.

• Mosca potrebbe essere a corto di missili.

Ore 04:35 - Borrell: «Ue al fianco di Kiev anche nel 2023»

«Siamo decisi a continuare a stare al fianco dell’Ucraina, anche nel 2023»: così il l’alto rappresentante Ue per gli Affari esteri e la Politica di sicurezza Josep Borrell. «Nel 2022 la Russia ha deciso di abbandonare completamente gli impegni per i diritti umani fondamentali e di attaccare l’Ucraina e la sicurezza globale», ha scritto Borrell sul suo account Twitter.

Ore 04:43 - Zelensky, il discorso in russo: «L’Ucraina non perdonerà»

(Marta Serafini, inviata a Kiev) Gli attacchi sono continuati su Kiev pochi minuti dopo che Zelensky ha pronunciato il suo primo discorso di Capodanno in tempo di guerra.

Ha detto: «Non sappiamo con certezza cosa ci porterà il nuovo 2023. Voglio augurare a tutti noi una cosa: la vittoria. E questa è la cosa principale. Che quest’anno sia l’anno del ritorno. Il ritorno del nostro popolo. Soldati - alle loro famiglie. Prigionieri – alle loro case. Immigrati - nella loro Ucraina. Il ritorno delle nostre terre. E i temporaneamente occupati diventeranno per sempre liberi. Ritorna alla vita normale. A momenti felici senza coprifuoco. Alle gioie terrene senza avvisi aerei. Il ritorno di ciò che ci è stato rubato. L’infanzia dei nostri figli, la tranquilla vecchiaia dei nostri genitori».

Gli attacchi di Capodanno sono andati avanti per tutta la notte di sabato con una raffica di oltre 20 missili da crociera in tutta l’Ucraina, in quello che il difensore civico per i diritti umani dell’Ucraina, Dmytro Lubinets, ha definito «terrore alla vigilia di Capodanno».

L’attacco di sabato - il secondo attacco missilistico di Mosca in tre giorni - ha danneggiato gravemente un hotel a sud del centro di Kiev e un edificio residenziale in un altro distretto. Un giornalista giapponese tra i feriti e portato in ospedale, ha detto Klitschko.

Zelensky ha risposto agli attacchi di sabato - e al discorso di Capodanno di Vladimir Putin in cui ha incolpato l’Occidente per aver provocato la guerra - con un messaggio al popolo russo, consegnato in russo. «Il tuo leader vuole dimostrare di avere le truppe dietro di sé, è avanti. Ma si sta nascondendo. Si nasconde dietro le truppe, i missili, le sue residenze, i palazzi. Si nasconde dietro di te, brucia il tuo paese, il tuo futuro», ha detto. «Nessuno perdonerà per il terrore. Nessuno al mondo ti perdonerà. L’Ucraina non perdonerà».

Vyacheslav Gladkov, il governatore della regione russa meridionale di Belgorod, al confine con l’Ucraina, ha affermato che a causa dei bombardamenti notturni della periferia della città di Shebekino, ci sono stati danni alle case, ma nessuna vittima. L’Ucraina non ha mai rivendicato pubblicamente la responsabilità di eventuali attacchi all’interno della Russia, ma li ha definiti karma per l’invasione russa.

Ore 04:49 - Il mistero della donna in divisa che compare nel messaggio di Capodanno di Putin

Nel suo messaggio di Capodanno Vladimir Putin è apparso affiancato da truppe che avrebbero combattuto in Ucraina. In realtà avrebbe arruolato «attori» che recitassero la parte dei soldati mentre brindava per elogiare i loro sforzi bellici.

L’accusa è rimbalzata sui social, rilanciata anche da reporter di testate autorevoli come Cnn e Bild, mentre circolano pure nuove indiscrezioni sullo stato di salute dello zar: in particolare una nuova analisi dell’intelligence occidentale afferma che Putin avrebbe deciso di attaccare l’Ucraina a febbraio sotto effetto di farmaci antitumorali che inducono stati di megalomania come effetti collaterali.

Ore 05.00 - Mosca potrebbe essere a corto di missili

La Russia continua nella strategia per fiaccare il morale del nemico, devasta infrastrutture e rete elettrica, costringe la resistenza a impiegare risorse enormi, spera di incidere sulla produzione industriale, stravolge e toglie vite di innocenti. Lo spionaggio ucraino, intanto, tiene il conto dei «colpi». E ipotizza che l’esercito russo sia a corto di alcuni tipi di missili. A Bakhmut, ad esempio, l’Armata sparava 60 mila proiettili d’artiglieria al giorno: ora sarebbe scesa a 19-20 mila. Quali sono le implicazioni?

Ore 05:06 - Zelensky: «I russi hanno paura perché perdono. Si sente»

«Quarantacinque droni Shahed sono stati abbattuti la notte di Capodanno, 33 dall’Air Force e altri 12 dalla difesa aerea delle forze di terra». Ad affermarlo, nel suo messaggio serale, è il presidente dell’Ucraina, Volodymyr Zelensky. Per Zelensky, secondo quanto riferisce Ukrainska Pravda, il sentimento di unità degli ucraini è in netto contrasto con la paura che ha prevalso in Russia: «Hanno paura. Si sente. E giustamente hanno paura. Perché perdono. Droni, missili, tutto il resto non li aiuteranno. Perché siamo insieme. E loro hanno paura».

Ore 05:12 - Nuovo attacco con droni kamikaze

L’esercito russo ha lanciato un nuovo attacco aereo contro obiettivi in Ucraina utilizzando i cosiddetti droni kamikaze, riferisce l’agenzia di stampa statale Ukrinform, secondo cui due gruppi di droni Shahed di fabbricazione iraniana sono stati avvistati vicino a Mykolaiv, nel sud dell’Ucraina. «Allarme aereo, due gruppi di droni», ha scritto il capo dell’amministrazione militare regionale Vitali Kim in un messaggio pubblicato su Telegram. Gli allarmi aerei sono stati lanciati in tutto il sud del Paese.

Ore 05:22 - Ucraina: esplosioni nella notte in oblast Kiev, Zaporizhzhia e Dnipro

Ancora una notte di attacchi da parte dell’esercito russo. Esplosioni vengono segnalate nelle regioni ucraine di Kiev, Zaporizhzhia e Dnipropetrovsk. Lo riportano i media locali e russi, aggiungendo che l’allarme antiaereo è scattato in diversi oblast del Paese. Il Kyiv Independent parla di deflagrazioni avvenute nelle prime ore della notte nella capitale ucraina, con l’Amministrazione militare cittadina che conferma di aver attivato la contraerea. L’emittente Strana riporta di un’esplosione a Dnipro. L’agenzia Tass parla di tre deflagrazioni segnalate a Zaporizhzhia e di una a Melitopol. L’allarme antiaereo è scattato nelle regioni di Kiev, Dnipropetrovsk, Zaporizhzhia, Kherson, Mykolaiv, Kirovohrad, Vinnytsia, Cherkasy e Poltava.

Ore 06:05 - Kiev, abbattuti 20 bersagli aerei dell’aviazione russa

Venti bersagli aerei russi sono stati abbattuti dalla difesa aerea ucraina questa notte. Lo riferisce Kiev Independent riprendendo informazioni fornite dall’amministrazione militare della città di Kiev. Nel distretto di Desnyanskyi della città, i balconi e le finestre di un grattacielo sono stati danneggiati dai detriti. Rimane attivo l’allerta antiaereo in città.

Ore 07:35 - Nel Lugansk si combatte per il controllo dell’autostrada

È in corso, in Ucraina, una battaglia per il controllo di una autostrada strategica nell’Est del Paese, controllata dalla Russia. Così riferisce l’intelligence della Difesa britannica. «Da cinque giorni le forze russe e ucraine combattono per il controllo dell’autostrada P66, a nord della città di Kremina, nella regione di Lugansk, sotto controllo russo». Si tratta, continua l’analisi, di «una via di rifornimento fondamentale per la sezione settentrionale del fronte russo del Donbass dalla regione russa di Belgorod. Il suo utilizzo è stato interrotto dall’artiglieria ucraina a partire da ottobre», e se l’Ucraina riuscirà a riprenderne il controllo «molto probabilmente minerebbe ulteriormente la difesa russa di Kremina», valutano gli analisti britannici.

Ore 07:40 - Da Kiev: un diciannovenne ferito, 20 droni russi fermati dall’antiaerea

(Marta Serafini, inviata a Kiev) Altre ondate di droni hanno colpito infrastrutture critiche nella capitale ucraina, Kiev, e nelle aree circostanti questa notte. Alle 3 del mattino di lunedì, i sistemi di difesa aerea ucraini hanno distrutto 20 droni sopra Kiev, ha detto la sua amministrazione militare. L’allerta è durata 4 ore. I detriti di un drone distrutto hanno colpito il distretto nord-orientale di Desnianskiy di Kiev, ferendo un 19enne che è stato successivamente portato in ospedale, ha detto il sindaco della città Vitali Klitschko. Il distretto, situato sulla riva sinistra del fiume Dnipro, è principalmente una zona residenziale e il distretto più popoloso della capitale. Il comando militare regionale nell’est dell’Ucraina ha detto che i sistemi di difesa aerea hanno distrutto nove droni Shahed di fabbricazione iraniana sulle regioni di Dnepropetrovsk e Zaporizhzhia nelle prime ore di lunedì.

Ore 08:13 - Interruzioni di corrente e riscaldamento a Kiev dopo i raid

I raid aerei russi di questa notte contro la capitale dell’Ucraina hanno danneggiato le infrastrutture energetiche, causando interruzioni di corrente e riscaldamento, ha detto il sindaco della città, Vitali Klitschko.

«A seguito dei bombardamenti notturni della capitale, le strutture delle reti energetiche sono state danneggiate. Ci sono state interruzioni di corrente in città. Di conseguenza, ci sono impianti di fornitura di calore senza energia», ha scritto in un aggiornamento questa mattina presto. Klitschko ha aggiunto che l’approvvigionamento idrico di Kiev non è stato invece interessato da guasti conseguenti agli attacchi.

Ore 08:59 - Melitopol, colpita una base russa

Secondo il sindaco in esilio di Melitopol, Ivan Fedorov, una base militare russa è stata colpita vicino alla città occupata, nell’Ucraina sud-orientale. Secondo Ria Melitopol questa mattina alle 5 locali ci sono state esplosioni tra i villaggi di Myrne e Severnye, dove si trova la base russa. Nell’area operano le truppe del leader ceceno Ramzan Kadyrov.

Ore 09:28 - Attacchi nel Donetsk a Capodanno, i russi: «Morti e feriti»

Un attacco alla città ucraina orientale di Makiivka, nella regione di Donetsk, ora occupata dalle forze di Mosca, avrebbe causato diverse vittime e feriti, dopo che è stato colpito e danneggiato un quartiere militare. L’amministrazione insediata da Mosca nella regione di Donetsk ha dichiarato che almeno 25 razzi sono stati lanciati contro l’area durante la notte di Capodanno. Secondo quanto riferito da un funzionario filorusso, Alexey Kulemzin, un «edificio del Centro per la creatività dei bambini e dei giovani» è stato danneggiato negli attacchi a Makiivka. E Daniil Bezsonov, un altro funzionario sostenuto dalla Russia nella regione, ha precisato che l’attacco ha provocato «morti e feriti»: «Il numero esatto è ancora sconosciuto», ha aggiunto.

Ore 10:07 - Attacchi nel Donetsk, «centinaia» di soldati russi morti

Diverse persone sono morte e altre sono rimaste ferite in un attacco lanciato ieri dalle forze di Kiev contro «un alloggio militare» russo nella città ucraina di Makiivka, nella regione di Donetsk (est) occupata dalle forze di Mosca: lo conferma il Guardian.

Secondo i media ucraini sarebbero morti «centinaia» di soldati russi; funzionari filorussi hanno indicato che il numero delle vittime è ancora sconosciuto.

Ore 11:44 - Che cosa sappiamo dell’attacco alla base russa di Makiivka, finora

Fonti ucraine sostengono che Kiev avrebbe ucciso circa 400 soldati russi e ne avrebbe feriti altri 300 in un attacco missilistico a Makiivka, una città nella regione ucraina del Donetsk che le truppe russe hanno occupato.

L’attacco sarebbe avvenuto pochi istanti dopo le 24 nella notte tra il 31 dicembre e l’1 gennaio, e avrebbe colpito una scuola all’interno della quale si erano stabiliti militari russi.

Le autorità filorusse hanno ammesso che l’attacco ci sia stato, ma non hanno confermato il numero di vittime né di feriti.

Daniil Bezsonov, uno dei leader filorussi della regione, ha detto che il bombardamento è stato condotto con gli HIMARS, un sistema missilistico fornito dagli Stati Uniti all’Ucraina.

Alcuni canali social, che sembrano essere collegati alle forze di sicurezza russe, affermano che nell’attacco a Makiivka sarebbero morti 45 soldati russi mobilitati, per lo più reclutati dalla regione di Saratov.

Vladimir Solovyov, voce della propaganda russa, ha detto che il numero di militari russi uccisi è «significativo», ma «nemmeno vicino» alla cifra di 400.

Il giornalista investigativo Christo Gozev ha postato le immagini della scuola prima dell'attacco, e di quella che sarebbe la scuola ora, dopo il bombardamento: l'edificio appare raso al suolo. Aric Toler, reporter che lavora al sito Bellingcat, ha postato un video che mostra la devastazione dell'edificio.

Ore 11:59 - Girkin critica Mosca e conferma attacco Kiev a Makiivka

(Marta Serafini, inviata a Kiev) L’ex ufficiale dei servizi russi Igor Girkin, conosciuto come Strelkov (il fuciliere) che più volte ha criticato la gestione della guerra in Ucraina, ha confermato sui social che una scuola adibita ad alloggi per il personale militare russo mobilitato è stata quasi completamente distrutta a Makiivka, in Donetsk. Girkin ha scritto che in seguito all’arrivo dei missili ucraini è esplosa la zona dove si trovavano i militari così come «praticamente tutto l’equipaggiamento militare che si trovava vicino all’edificio senza il minimo segno di mimetizzazione». «Per quanto riguarda il numero delle vittime - non ci sono ancora dati definitivi, poiché molte persone sono considerate disperse (lasciate sotto le macerie). In ogni caso - il numero di morti e feriti è di molte centinaia, ci sono numeri approssimativi di 200, ma non li conosco e lo annuncerò in seguito», ha affermato Girkin. «I nostri generali non imparano in linea di principio, sebbene loro stessi - dopo i pogrom del quartier generale dell’estate - preferiscano stare lontano dalla posizione delle truppe - fuori dal raggio dei missili del nemico», ha aggiunto.

Ore 12:53 - Mosca, nel 2023 in campo i missili a lungo raggio

Le autorità russe hanno annunciato che quest’anno parteciperà alla guerra in Ucraina anche la cosiddetta «aviazione a lungo raggio», vale a dire il ramo delle forze aerospaziali di Mosca responsabile del lancio di missili nucleari e convenzionali a lunga gittata da aerei piuttosto che da postazioni a terra: lo ha detto il comandante dell’aviazione a lungo raggio, Sergei Kobilash, come riportano i media russi. «È previsto l’uso dell’aviazione nei corsi di addestramento operativo e di combattimento» con l’obiettivo di «migliorare le capacità pratiche e operative nei sistemi di controllo automatico e di informazione delle armi di alta precisione», ha affermato Kobilash.

Secondo i dati ufficiali, le Russia dispone di bombardieri strategici Tu-95MS e Tu-160, nonché di bombardieri a lungo raggio Tu-22M3. Questi aerei sono dotati di capacità nucleare, sebbene possano anche utilizzare armi convenzionali, compresi i missili da crociera. Mosca sarebbe già ricorsa all’aviazione a lungo raggio per bombardare l’Ucraina.

Ore 12:55 - Von der Leyen chiama Zelensky: Ue con voi finché necessario

«Nella prima chiamata del nuovo anno con il presidente Zelensky ho espresso il mio sincero sostegno e i migliori auguri per il 2023 al popolo ucraino. L’Ue è al vostro fianco, finché sarà necessario. Sosteniamo la vostra eroica lotta. Una lotta per la libertà e contro la brutale aggressione». Lo scrive la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, su Twitter.

Ore 13:10 - Kiev: almeno 5 feriti in attacco russo a mercato in Kherson

Nell'attacco russo che ha colpito questa mattina un mercato a Beryslav, nella regione di Kherson, sono rimaste ferite almeno 5 persone, tre delle quali sono «in gravi condizioni». Lo riferisce governatore di Kherson Yaroslav Yanushevych, come riportato da Kyiv Indipendent. Secondo Yanushevych, Beryslav potrebbe essere stata attaccata dalla vicina città di Kakhova.

Ore 13:37 - Accoltellato sacerdote ortodosso a Vinnytsia, è grave

Un sacerdote della Chiesa ortodossa ucraina legata al Patriarcato di Mosca è stato accoltellato da uno sconosciuto a Vinnytsia, nell'Ucraina centrale, e si trova ricoverato in gravi condizioni. «L'arciprete Anthony Kovtonyuk, è stato accoltellato alla gola», hanno riferito le autorità ecclesiastiche locali in una nota in cui si precisa che i fatti sono accaduti nella chiesa dell'Intercessione della Madre di Dio.

Ore 14:12 - Kiev: ci stiamo preparando a un nuovo massiccio attacco russo

Nessuno sa, ad eccezione della leadership russa, se la Federazione colpirà l'Ucraina alla vigilia e a Natale, che alcuni ucraini celebrano il 7 gennaio, ma ci stiamo preparando a un nuovo massiccio attacco. Lo ha dichiarato il portavoce delle Forze armate ucraine Yuriy Ignat a Canale 24, come riferisce Unian. «Ce lo aspettiamo, ci stiamo preparando. Vediamo che ci sono stati attacchi per tre giorni di fila. Non sappiamo ancora che cosa hanno pianificato. Dobbiamo solo preparare e mantenere asciutta la polvere, le persone devono essere pronte», ha detto.

Ore 14:22 - Attacco a Makiivka, Mosca: morti 63 soldati russi

Il ministero della Difesa russo ha comunicato che sono 63 i soldati russi uccisi nell'attacco a Mikiivka. Lo riporta l'agenzia Tass.

Ore 14:49 - Zelensky ringrazia l'Ue: a gennaio attesa prima tranche di aiuti

«Felice di iniziare l'anno con una conversazione con Ursula von der Leyen. L'ho ringraziata per il sostegno dell'Ue. A gennaio aspettiamo la 1° tranche dell'assistenza macrofinanziaria, il 1° lotto di lampade led, scuolabus, generatori e case modulari. Passi coordinati per quanto riguarda il vertice Ue-Ucraina. Ci sentiamo sostenuti e stiamo andando verso la vittoria insieme». Sono le parole di Zelensky su Twitter, dopo aver avuto un colloquio telefonico con la presidente della Commissione europea von der Leyen.

Ore 15:03 - Esercitazioni congiunte Russia-Bielorussia prolungate fino all'8

Le forze armate russe bielorusse hanno prorogato le loro esercitazioni congiunte fino all'otto gennaio. Lo riferisce Belaruski Hajun, un media indipendente bielorusso che monitora le attività militari, tramite il suo canale Telegram. Viene fatto notare che le esercitazioni congiunte, sono iniziate il 29 aprile, ovvero da 36 settimane.

Ore 15:34 - Mosca: russi localizzati a Makiivka per l'uso dei cellulari

L'elevato utilizzo dei cellulari da parte dei soldati russi arrivati a Makiivka, nel Donetsk, ha permesso alle forze ucraine di localizzare la struttura militare e di sferrare un attacco che la notte di Capodanno. L'attacco «è stato causato dall'uso attivo dei telefoni cellulari da parte dei militari in arrivo», riferiscono le forze dell'ordine della repubblica di Donetsk, come riporta la Tass, «il nemico ha usato un complesso di ricognizione Echelon per identificare l'attività dei cellulari e la posizione» di chi li stava usando.

Ore 15:37 - Raid russi su Legione straniera ucraina, «uccisi 70 mercenari»

Le forze armate russe hanno colpito i punti di dispiegamento temporaneo della cosiddetta Legione straniera ucraina nella Repubblica popolare di Donetsk e nella regione di Kharkiv, uccidendo più di 70 mercenari stranieri. Lo riferisce l'agenzia Tass che cita il portavoce del ministero della Difesa russo, tenente generale Igor Konashenkov. «Le forze aerospaziali russe hanno sferrato colpi di alta precisione contro i punti di dispiegamento temporaneo della Legione straniera vicino a Markovo e Kramatorsk nella Repubblica Popolare di Donetsk e a Novoosinovo nella regione di Kharkiv, uccidendo più di 70 mercenari stranieri e ferendone oltre 100», ha riferito Konashenkov.

Ore 17:00 - La contraerea di Mosca abbatte un drone ucraino in territorio russo

Le difese aeree di Mosca hanno abbattuto un drone ucraino mentre si avvicinava alla città russa di Voronezh. Lo ha reso noto il governo regionale, precisando che l'intercettazione del veicolo senza pilota è avvenuta di notte e che non ci sono state vittime e né danni.

Ore 17:53 - Kiev rivendica l'attacco a Makiivka

Kiev si è attribuita la responsabilità dell'attacco contro le forze russe nella regione orientale ucraina di Donetsk, che secondo Mosca ha causato la morte di 63 soldati. «Il 31 dicembre, fino a 10 unità di equipaggiamento militare nemico di vario tipo sono state distrutte e danneggiate» nella città di Makiivka, nella regione orientale di Donetsk, si legge in una nota dello Stato maggiore delle forze armate ucraine, secondo cui le «perdite» umane sono ancora da definire.

Ore 17:04 - Famoso montatore di film ucraino ucciso al fronte

Il famoso montatore ucraino Viktor Onysko è stato ucciso al fronte. Lo ha reso noto il ministero della Difesa ucraino su Twitter. «Così tanti ucraini coraggiosi e talentuosi stanno sacrificando le loro vite in questa guerra contro le orde dell'oscurità per proteggere la loro patria. Possa la luce della memoria dei nostri eroi risplendere eternamente», si legge nel tweet. Sua moglie Olga Birzul ha scritto in un post su Facebook ripreso dalla Cnn: «Il mio cuore rimarrà per sempre nel terribile anno 2022. Perché sei rimasto lì. Il mio eroe. Il mio amore. Il mio tutto. Non so come vivere e respirare senza di te. Io non so se potrò mai più sognare», «l'unica cosa che ho da te è una bambina di 9 anni con i tuoi occhi grigi».

Ore 17:42 - L'attacco ucraino alla caserma russa nel Donbass cosa significa

(Andrea Marinelli e Guido Olimpio) Gli ucraini rispondono al martellamento quotidiano sulle loro città, riuscendo a infliggere colpi: devastante quello su una caserma dei russi a Makiivka, nella regione orientale di Donetsk, sferrato nella notte di Capodanno. In questa località del Donbass la resistenza ha centrato un edificio che ospitava un reparto uccidendo dozzine di riservisti. Quasi 400 secondo Kiev mentre per gli invasori sarebbero «meno di cento», una sessantina di soldati. Perdite importanti ammesse direttamente da Mosca solo oggi, dopo aver cercato di minimizzare.

Ore 18:03 - La Russia concentra gli sforzi su Bakhmut

La Russia continua a concentrare i suoi sforzi principali su Bakhmut e ha aperto il fuoco 224 volte in questa direzione nelle ultime 24 ore, secondo il portavoce del gruppo orientale delle forze armate ucraine, Serhii Cherevatyi. «Ci sono stati 34 combattimenti e un attacco aereo. Il nemico ha perso 213 persone nell'area», ha detto Cherevatyi alla televisione ucraina. «In altre direzioni, come Kupyansk, Lyman e Avdiivka, hanno cercato di migliorare la propria posizione tattica, conducendo anche azioni di controffensiva, ad esempio nell'area di Stelmakhivka e Bilohorivka nella direzione di Lyman».

Ore 18:33 - Comandante ucraino: liberato 40% territori occupati da febbraio

L'esercito ucraino ha liberato il 40% dei territori occupati dai russi dopo l'invasione del 24 febbraio. Lo ha detto su Telegram il comandante in capo delle forze armate ucraine, generale Valerii Zaluzhnyi, secondo quanto riferiscono i media ucraini. «Ogni giorno, le forze armate non combattono non solo per l'Ucraina, ma anche per l'Europa, che è vicina a noi in spirito, per il mantenimento della pace, la sicurezza e la libertà in tutto il mondo. E vinceremo», ha scritto Zaluzhnyi.

Ore 19:23 - «Le fabbriche militari russe lavorano 24 ore su 24»

Le fabbriche in Russia che producono attrezzature militari stanno lavorando senza sosta e hanno ritirato le vacanze di Capodanno ai dipendenti. Lo ha affermato il ceo della Rostec, il conglomerato di fabbriche militari della difesa russa, Sergei Chemezov. «Le fabbriche di Rostec coinvolte nell'adempimento dei contratti statali - ha detto alla Tass - lavorano quasi 24 ore su 24 e il loro personale mostra sacrificio e comprensione in relazione all'aumento del carico di lavoro».

Ore 20:02 - L’esercito di volontari che telefona a caso ai russi per smascherare le bugie di Putin sulla guerra

Contro l’invasione russa dell’Ucraina è sceso in campo un «esercito» molto particolare, che cerca di disinnescare la guerra con le parole. Lo ha fondato a marzo scorso uno scrittore ed esperto di pubblicità lituano, Paulius Senuta, 46 anni, insieme a un gruppo di esperti di tecnologie informatiche, ed è formato da volontari, per lo più lituani, ma anche russi che vivono all’estero: in tutto 51 mila persone. «Armati» di un generatore di numeri casuali, che ha creato un database di 40 milioni di numeri di telefono, telefonano in Russia senza conoscere l’identità di coloro che rispondono e cercano di parlare della guerra in Ucraina.

Ore 20:33 - Difesa aerea in azione a Sebastopoli: abbattuto un drone

Un drone è stato abbattuto sul Mar Nero vicino a Sebastopoli, e la difesa aerea è stata attivata nella regione della Crimea. Lo riferito il governatore della città Mikhail Razvozhayev sul suo canale Telegram. «La difesa aerea è stata attivata a Sebastopoli. Secondo i rapporti preliminari, un drone è stato abbattuto sopra il mare. Tutti i servizi funzionano normalmente», ha detto Razvozhayev.

Gruppo Wagner, la rivelazione che ribalta la guerra: "Avanzata russa difficile". Libero Quotidiano il 03 gennaio 2023

A Bakhmut l’esercito ucraino ha creato "cinquecento linee di difesa", quindi l’avanzata procede delle forze russe con grande difficoltà. Lo ha affermato Yevgeny Prigozhin, fondatore del gruppo di mercenari Wagner, citato da Ria Novosti. "Bakhmut è una fortezza. I ragazzi si scontrano casa per casa", ha detto Prigozhin, soprannominato "il cuoco di Putin". "Oggi, al mattino, hanno preso una casa e hanno sfondato le difese. Ma dietro questa casa c’è una nuova linea di difesa, e non solo una. Quante di queste linee di difesa ci sono a Bakhmut? Se diciamo 500, probabilmente non sbagliamo: ogni 10 metri c’è una linea di difesa".

Intanto il numero di militari russi uccisi a Makiivka, nell’Ucraina orientale occupata dai russi, è "in fase di chiarimento". Lo ha comunicato l’esercito ucraino nel suo ultimo aggiornamento in cui ha reso noto che "fino a 10 unità di equipaggiamento militare nemico di vario tipo sono state distrutte e danneggiate nell’area". In precedenza, l’esercito ucraino aveva affermato che circa 400 soldati russi erano stati uccisi e altri 300 feriti, senza riconoscere direttamente un proprio ruolo. Il ministero della Difesa russo ha affermato che "63 militari russi" sono morti nell’attacco. Insomma la guerra si fa sempre più dura e adesso a comandare le operazioni è arrivato il "generale inverno". Una variabile in più che può decidere le sorti della battaglia.

Soldati russi morti in Ucraina, strage nel Donetsk con i missili Himars sulla caserma. Giada Oricchio su Libero Quotidiano il 02 gennaio 2023

Centinaia di vittime nell’esercito russo: la resistenza ucraina avrebbe sferrato un colpo durissimo al Cremlino. Quando siamo giunti ormai al 312esimo giorno di invasione e all’alba del nuovo anno, fonti governative di Kiev (ancora in blackout) hanno fatto sapere di aver ucciso 400 soldati russi e di averne feriti altri 300 a Makiivka, città nella regione del Donetsk, occupata illegalmente dalle forze armate russe.

L’attacco con i missili americani Himars è avvenuto a cavallo tra la notte del 31 dicembre e l’1 gennaio e ha colpito l’obiettivo pianificato: una scuola usata come quartier generale dai militari di Putin. Le autorità filorusse hanno confermato la notizia senza però specificare se vi siano state vittime o feriti, alcuni canali social hanno riferito di 45 soldati morti, mentre Vladimir Solovyov, volto noto della propaganda russa, ha ammesso che il numero dei militari rimasti uccisi è “significativo, ma non vicino ai 400”. 

Intanto, come riporta il “Corriere.it”, il giornalista investigativo Christo Gozev ha postato su Twitter le immagini dell’ex edificio scolastico adibito a base prima e dopo l’attacco: adesso è un cumulo di macerie. Sul fronte opposto, ci sono 5 feriti civili, di cui 3 in gravi condizioni, nel bombardamento di un mercato a Beryslav, nella regione di Kherson.

Ucraina, 400 militari russi uccisi a Capodanno mentre erano a tavola. Il Tempo il 02 gennaio 2023

Il nuovo anno inizia con non poche difficoltà per l'esercito russo sul territorio ucraino. Secondo quanto riportato dalle Forze armate di Kiev, ben 400 soldati russi sarebbero stati colpiti e uccisi la notte del 31 dicembre durante un attacco alla base del personale militare russo a Makiivka, nel Donetsk. Altri 300 invece sarebbero rimasti feriti. Lo riportano i media ucraini, che pubblicano anche le foto e i video del luogo, ora distrutto, dove si trovavano i militari russi, molti dei quali mobilitati. 

Secondo Alexander Sladkov, corrispondente di guerra del canale televisivo Rossiya, nella base presa di mira dagli ucraini c'erano perlopiù russi mobilitati. Il colpo alla base sarebbe stato sferrato intorno alla mezzanotte, mentre i soldati dell'esercito di Mosca erano a tavola per festeggiare il Capodanno. Ma non è tutto. Perché la notte scorsa le forze di Kiev sarebbero riuscite ad abbattere anche 41 droni russi: lo ha reso noto l'esercito ucraino su Telegram.  

"Nella notte tra l'1 e il 2 gennaio 2023, gli invasori russi hanno lanciato un attacco massiccio con droni kamikaze Shahed 131/136 di fabbricazione iraniana. Come risultato del lavoro di combattimento, la difesa delle Forze aeree, in collaborazione con altre componenti dell'esercito ucraino, ha distrutto tutti i droni d'attacco - hanno fatto sapere gli ucraini -. Unità missilistiche antiaeree, aerei da combattimento delle Forze aeree e gruppi di fuoco mobili sono stati coinvolti nel respingere l'attacco. Le attrezzature e le armi fornite all'Ucraina dai nostri partner occidentali sono sempre più coinvolte".  

Guerra Ucraina, il missile russo saltare in aria la base delle forze speciali a Khmelnitsky. Il Tempo il 02 gennaio 2023

Un'esplosione potentissima e un fungo alto decine di metri che fa ipotizzare che, all'interno, ci fossero riserve di munizioni. Il missile russo colpisce la base delle forze speciali ucraine nella città di Khmelnitsky, nella regione occidentale dell'Ucraina, non lontano dalla Moldavia. La caserma della più famosa unità di spetsnaz ucraini, l'Ottavo SSO, viene completamente distrutta.

L'Ottavo SSO sin dall'inizio della guerra ha condotto incursioni dietro le linee russe, sabotando ponti e depositi. Sarebbero questi reparti speciali a coordinare gli assalti dei droni ucraini a lungo raggio.

La controffensiva nel Donetsk. Gli ucraini bombardano Makiivka, caserma russa rasa al suolo dai missili HIMARS: “Centinaia di morti”. Redazione su Il Riformista il 2 Gennaio 2023

Sono giorni chiave quelli in corso in Ucraina, dove il conflitto innescato dalla truppe russe è giunto ormai al 312esimo giorno. Mentre infatti dal Cremlino continuano a piovere missili sulla capitale Kiev, su Kherson e nei pressi di Zaporizhzhia, vicino alla centrale nucleare, non si ferma neanche la controffensiva ucraina.

Il più pesante è avvenuto nella notte tra il 31 dicembre e l’1 gennaio a Makiivka, città nella regione ucraina del Donetsk che le truppe russe hanno occupato da tempo.

Missili ucraini avrebbero colpito un edificio, una scuola professionale, che faceva da alloggio a personale militare di varie unità militari russe. Le autorità filorusse che controllano la città, che fa parte di quel Donetsk “tecnicamente” annesso da Mosca con un referendum farsa, hanno effettivamente confermato che l’attacco c’è stato.

“Ci sono stati morti e feriti, il numero esatto è ancora sconosciuto“, ha ammesso Daniil Bezsonov, rappresentante dei separatisti filo-russi nella regione di Donetsk, in un aggiornamento su Telegram nella tarda serata di domenica.

Ma per Kiev, che canta vittoria, si sarebbe trattato di un evento-svolta. Secondo fonti ucraine il bombardamento contro la base russa ha ucciso circa 400 soldati e ne avrebbe feriti altri trecento. Bombardamento avvenuto con i missili HIMARS (High Mobility Artillery Rocket System) forniti dagli Stati Uniti, come confermato anche sulla sponda russa.

L’HIMARS è un sistema di artiglieria lanciarazzi ad alta mobilità: si tratta in sostanza di camionette sulle quali vengono montati dei lanciarazzi capaci di sparare missili che coprono una distanza fino a 80 chilometri.

Il grado di distruzione dell’attacco ucraino a Makiivka viene testimoniato dalle immagini postate sui social da Christo Gozev, giornalista investigativo del noto sito Bellingcat: Gozev ha postato le immagini della scuola prima dell’attacco e dopo il bombardamento, con la struttura quasi completamente rasa al suolo.

Anche alla vigilia di Capodanno, come ricorda l’Agi, l’esercito ucraino aveva sostenuto di aver ucciso 200 soldati russi in un attacco vicino alla città di Nova Kakhovka nella regione di Kherson. Per l’attacco a Makiivka il giornalista Vladimir Solovyov, volto e voce della propaganda russa, ha detto che il numero di militari russi uccisi è “significativo”, ma “nemmeno vicino” alla cifra di 400, come riferito da Kiev.

Quei super lanciarazzi sono (anche) italiani. Precisissimi e letali, fanno tremare il Cremlino. Nel pacchetto di aiuti militari inviati a Kiev anche gli Mlrs: missili guidati da gps che arrivano fino a 100 chilometri e possono colpire pure obiettivi nascosti. Fausto Biloslavo su Il Giornale il 3 Gennaio 2023

I moderni lanciarazzi multipli occidentali, terrore delle truppe russe, sono anche italiani. Due Mlrs previsti dal quinto e ultimo pacchetto di aiuti militari all'Ucraina ancora del governo Draghi. Razzi di precisione Himars hanno polverizzato la notte di Capodanno un centro di smistamento dei riservisti russi vicino a Donetsk. Quattrocento morti secondo Kiev, 63 ammessi da Mosca, ma gli stessi blogger militari filo Putin confermano perdite pesanti. Mlrs è il sistema lanciarazzi multiplo in versione europea simile agli Himars americani. La gittata è minore, dai 70 chilometri ottimali ad un massimo di 100, ma la potenza di fuoco e la precisione, grazie al sistema Gps, praticamente uguale. L'Italia ha fornito due batterie semoventi corazzate provenienti dalle 22 in linea presso il reggimento di artiglieria Superga, a Portogruaro.

Gli Mlrs donati all'Ucraina sono lanciarazzi montati su un veicolo cingolato, più lento rispetto a quello ruotato degli Himars, ma adatto ai campi di battaglia accidentati del Donbass. Rispetto al cugino Usa ha il doppio dei tubi di lancio (12) ognuno armato con un razzo da 277 millimetri che trasporta circa 300 chilogrammi di esplosivo. Noi non lo facciamo in rispetto ad una convenzione internazionale, ma gli ucraini potrebbero utilizzare razzi armati con bombe a grappolo, che probabilmente hanno causato la pesante distruzione dell'attacco di Capodanno. La potenza di fuoco dei 12 razzi, che volano a 1.100 chilometri l'ora, può saturare un'area fino a 200mila metri quadrati.

Sul sito della Difesa si legge che l'Mlrs garantisce «una precisione che permette l'impiego in operazioni volte a colpire anche obiettivi puntiformi quali, ad esempio, bunkers o postazioni nemiche». Non solo: «Possiede un sistema di auto-caricamento e auto-puntamento altamente automatizzato ed è dotato di un computer di controllo del fuoco che integra le operazioni del veicolo e della rampa di lancio».

Durante il primo impiego operativo nella guerra per la liberazione del Kuwait, gli iracheni avevano soprannominato il bombardamento con i lanciarazzi a guida satellitare «pioggia d'acciaio» proprio per la potenza e rapidità di tiro. Il comando russo li considera assieme, agli Himars, l'arma più temibile degli ucraini. Il Cremlino ha pavento addirittura l'escalation nucleare quando è stato deciso l'invio di questi sistemi d'arma a Kiev.

L'ultimo pacchetto di aiuti del precedente governo ha previsto anche un'altra arma di artiglieria efficace sul campo di battaglia ucraino. A cominciare da Bakmut, la piccola Stalingrado ucraina, e Melitopol dove le forze di Kiev vorrebbero spezzare in due il fronte russo. I Pzh2000 sono obici semoventi che tirano proiettili di 155 millimetri fino a 40 chilometri di distanza con direzione computerizzata. Il caricamento automatico permette di sparare venti colpi in tre minuti. Sei obici, che costano 9 milioni di euro ciascuno, sarebbero stati destinati all'Ucraina.

Il governo Meloni ha prorogato gli aiuti militari a Kiev per tutto il 2023, ma non ancora deciso il sesto pacchetto di forniture. L'Italia sarebbe disponibile a rafforzare la difesa dei cieli ucraini. Secondo indiscrezioni francesi potremmo fornire una moderna batteria di missili Samp/T, Aster, che ha «capacità di avanguardia nel contrasto delle minacce aeree e dei missili balistici tattici a corto raggio» con un raggio d'azione di 150 chilometri. Gianandrea Gaiani, direttore di Analisi Difesa fa notare che «il problema sarà quanti missili abbiniamo ai lanciatori. Se ne hai pochi l'autonomia è di qualche settimana» per intercettare quelli russi. E per un sistema d'arma del genere va debitamente istruito il personale ucraino. L'addestramento di 15mila militari di Kiev nella Ue è già iniziata a Brzeg, in Polonia e nei paesi baltici. L'Italia ha dato la sua disponibilità, ma per ora nessun soldato ucraino è arrivato nelle nostre caserme.

Zelensky firma un decreto che abolisce la libertà di stampa. Piccole Note (i suoi interventi sembrano essere anti ucraina n.d.a) su Il Giornale il 3 Gennaio 2023

Riprendiamo da un articolo di Anushka Patil pubblicato sul New York Times il 30 dicembre: “Giovedì il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha firmato un disegno di legge che amplia il potere del governo sui mezzi di informazione, una norma che secondo gli organi di stampa potrebbe erodere la libertà di informazione nel Paese”.

Prima i partiti, poi la stampa

“Nonostante il fatto che alcune delle disposizioni più rigorose della legge siano state allentate per rispondere alle critiche precedenti, sono rimaste serie preoccupazioni sull’indipendenza dell’organismo di regolamentazione, hanno affermato venerdì media nazionali e internazionali, aggiungendo che stavano ancora studiando i dettagli della legislazione finale, composta da 279 pagine”.

“La legge estende le prerogative dell’autorità di regolamentazione delle trasmissioni televisive ucraine per coprire i mezzi di informazione online e cartacei. Le bozze precedenti davano all’autorità di regolamentazione il potere di multare i media, revocare le loro licenze, bloccare temporaneamente i siti online senza un ordine del tribunale e di richiedere che le piattaforme dei social media e i giganti tecnologici come Google rimuovano contenuti contrari alla legge”.

Un ulteriore giro di vite, dopo quello che ha visto il governo di Kiev mettere fuorilegge tutti i partiti e le forze di opposizione. Tale sviluppo si spiega con le ristrettezze imposte dalla guerra, ovviamente, ma sembra andare oltre le ragionevoli necessità, stando anche a quanto riferisce il Nyt.

La “censura” esiste se esiste una opposizione

Alcune considerazioni a margine. Anzitutto tale misura indica che, nonostante le restrizioni già esistenti e la soppressione delle opposizioni, nel Paese c’era un’insofferenza nei confronti del governo, che iniziava a emergere in siti, Tv e giornali, altrimenti non si spiega l’esigenza di un più severo controllo.

L’altra considerazione riguarda i resoconti dei media mainstream, che da tempo riferiscono che il popolo si è stretto attorno al suo presidente e sostiene la sua decisione di resistere alla Russia fino allo stremo, rigettando negoziati e compromessi.

Evidentemente non hanno mai letto le notizie e le fonti di informazione che preoccupano così tanto il governo da decidere per un ulteriore giro di vite e che certo riflettono l’opinione di parte – quanto grande non lo sappiamo, né forse mai lo sapremo – della popolazione (che, ricordiamo, aveva votato per Zelensky perché facesse la pace con la Russia).

Né evidentemente hanno mai parlato veramente con la gente del posto, se non con interlocutori selezionati (prima o dopo), altrimenti tale sostegno a Zelensky non apparirebbe così unanime come riferiscono usualmente nei loro resoconti. Insomma, la decisione di Kiev evidenzia che tali rapporti sono mera propaganda.

La democrazia ucraina e l’autoritarismo russo

In terzo luogo, la decisione di sopprimere – o controllare che dir si voglia – ogni forma di libertà, politica e di informazione, non sembra rispecchiare né lo slogan tanto in voga per la guerra ucraina, che vede una lotta tra una democrazia, quella di Kiev, contro l’autoritarismo, quello russo; né lo slogan che vede in Kiev un baluardo che, per conto dell’Occidente, sta difendendo le regole fondate sul diritto che hanno retto il mondo nel post Seconda guerra mondiale.

Inoltre c’è una discrasia di fondo. Quando il nemico è percepito come oppressore, e come tale è dipinta la Russia, in genere le forze politiche di un Paese tendono a fare fronte comune, come accadde in Italia contro il nazi-fascismo. Nel caso ucraino tale convergenza non si è data, anzi si assiste a un preoccupante unipolarismo, sempre più stringente. L’assenza di tale fronte comune può non ledere l’immagine di una Russia come stato autoritario, ma certo non aiuta a percepire il governo ucraino come una democrazia.

Il fatto che l’Occidente stia sostenendo in modo tanto incondizionato un governo così autoritario non può non preoccupare. L’urgenza di contrastare la Russia non può passare sopra tutto, altrimenti si cade nella trappola di Pinochet, che fu sostenuto in maniera incondizionata solo perché la sua alternativa erano i “rossi”.

Una bizzarria ulteriore viene registrata nel sottotitolo del New York Times: “I parlamentari che hanno approvato il disegno di legge hanno affermato che aiuterebbe a soddisfare le condizioni per l’adesione all’Unione europea”. Davvero per entrare nella Ue occorre limitare la libertà di stampa in questo modo? Sarebbe interessante cosa ne pensa un altro Parlamento, quello cosiddetto europeo…

Armi e soldi a pioggia…

Infine, cosa non meno importante, va considerato che l’Ucraina in questi mesi è letteralmente inondata di armi e di soldi provenienti dal blocco occidentale. Tali flussi avevano già scarsi controllo in loco, ora non ne hanno alcuno. Ciò non può che alimentare il traffico di armi internazionale, preoccupazione peraltro già presente in passato (vedi Responsible Statecraft), e la corruzione, di cui l’Ucraina è preda da tempo.

L’ultima considerazione è registrata anche da un recente rapporto del CSIS (Center for Strategic & International Studies), peraltro molto ben disposto nei confronti dell’Ucraina, sul quale si legge: “Ricercatori esperti in anti-corruzione hanno anche scoperto che la guerra tende ad esacerbare i rischi di corruzione. Gli sforzi per promuovere l’integrità e individuare le responsabilità dei funzionari disonesti spesso non hanno priorità rispetto alle ragioni della salvaguardia della sicurezza nazionale. L’urgenza e la segretezza degli appalti nel settore della difesa e l’afflusso di assistenza straniera, tra gli altri fattori, creano nuove opportunità di corruzione in un momento in cui lo stato e la società civile hanno una capacità ridotta di monitorare e indagare sui comportamenti illeciti”.

È classica scoperta dell’acqua calda, ma in un momento come questo, nel quale la realtà è distorta al parossismo tanto che i media vendono per vere anche le fole più astruse, anche una simile scoperta è rivoluzionaria.

Guerra in Ucraina. Successi ed errori: i servizi segreti in Ucraina. L'ultimo libro di Aldo Giannuli, intitolato Spie in Ucraina (editore Ponte alle grazie) accende i riflettori sulla longa manus dei servizi segreti in Ucraina. E ricostruisce le dinamiche più nascoste della guerra in corso. Federico Giuliani su Il Giornale il 3 Gennaio 2023

Le cronache dei corrispondenti, le dichiarazioni dei leader politici, le testimonianze dei civili e le analisi degli esperti rappresentano soltanto la punta dell'iceberg della guerra in Ucraina.

Più in profondità, immerso in un mare di incertezze, troviamo il lavoro oscuro delle intelligence. La mano invisibile dei servizi segreti – russi, ucraini e occidentali - ha plasmato il conflitto, nel bene e nel male, dalle sue battute iniziali al presente, tra valutazioni errate e colpi di genio. Scopriamo così che le vittorie e le sconfitte raccontate dai media di tutto il mondo hanno autori senza nome. Non tanto Vladimir Putin, Volodymyr Zelensky o qualche generale pluridecorato, bensì, per usare un termine molto generico ma d'impatto, le cosiddette "spie".

L'ultimo libro di Aldo Giannuli, Spie in Ucraina (editore Ponte alle grazie), tocca proprio questa interessante tematica. E lo fa ricostruendo la vicenda ucraina alla perfezione, dotando il lettore di tutti gli strumenti cognitivi necessari per districarsi nella complessa contesa in corso.

Alle origini della guerra in Ucraina

Il libro di Giannuli passa in rassegna tutte le dinamiche e i retroscena della guerra in Ucraina. Si parte con una eccellente ricostruzione dei fattori alla base della cosiddetta "operazione militare speciale" voluta da Putin. Il capo del Cremlino, all'inizio della sua presidenza, fu esplicito: "O la Russia sarà una grande una potenza o non sarà affatto". Gli analisti occidentali etichettarono tuttavia questa frase come una mera trovata propagandistica, sottovalutandone la reale portata programmatica.

Ma senza conoscere la storia, la cultura e le particolarità russe, passate in rassegna da Giannuli con rara profondità, è impossibile comprendere l'attuale sistema politico guidato da Putin. Allo stesso tempo, è utopico sperare di capire come abbia fatto l'Ucraina a non esser stata travolta dall'onda d'urto di Mosca senza conoscere il background storico-culturale di Kiev.

La collaborazione tra i servizi ucraini e quelli occidentali

Nel passaggio successivo il volume accende i riflettori sulla longa manus dei servizi segreti in Ucraina, ovvero il nucleo dell'intero testo. Innanzitutto, se Kiev è riuscita a tener testa all'Orso russo, dotato di risorse e armamenti considerevoli, lo deve per lo più al legame esistente tra ucraini e servizi occidentali, statunitensi in primis.

Un primo indizio di questa collaborazione sarebbe stato segnalato dall'uccisione di una quindicina di generali russi, localizzati grazie al traffico telefonico. Lo scorso 2 maggio fu il New York Times a dare notizia del ruolo dei servizi Usa nella vicenda, irritando l'amministrazione Biden.

Un altro caso per il quale si è parlato di cooperazione tra i diversi servizi schierati contro i russi è stato il fallito sbarco delle truppe del Cremlino a Hostomel, nonché il mancato assassinio di Zelensky. Per non parlare dell'attacco ucraino del 12 agosto a Popasna, che portò alla distruzione del comando della Wagner.

Il ruolo delle spie

I servizi di intelligence sono stati coinvolti in tempi diversi nella fornace ucraina. Prima, sottolinea Giannuli, i servizi russi hanno studiato il terreno e avviato le operazioni di penetrazione. Quasi in contemporanea gli americani hanno monitorato l'addensamento delle truppe russe al confine ucraino e previsto l'invasione, ed è lecito supporre che in questa fase si siano attivati anche i cinesi.

I servizi ucraini sembravano invece increduli, non preparati al pericolo imminente, anche se su questo permangono numerosi dubbi. Soltanto in seguito, probabilmente, si sono mobilitati i servizi britannici, polacchi e baltici, seguiti da quelli rumeni, slovacchi e boemi. Per ultimi sono invece venuti i restanti europei: francesi, italiani e tedeschi.

Giannuli elenca dunque ipotesi, passa in rassegna prove, più o meno evidenti, e invita i lettori a riflettere su quanto avvenuto. Per comprendere il ruolo e le scelte dei servizi, e il significato stesso della guerra in corso, è necessario inserire i fatti attuali in un contesto, capire la Russia profonda e la lunga storia della Russia come "impero a trazione militare". Ed è per questo che Spie in Ucraina si candida a diventare un libro fondamentale per interpretare il mosaico ucraino.

La Francia riarma, Macron investe 400 miliardi in armi. Basteranno? Marco Valle su Inside Over il 2 Gennaio 2023

In questi giorni all’Eliseo ma anche ai Ministeri della Difesa e delle Finanze vi è molto fermento (e qualche segreto imbarazzo…). Nonostante il clima festivo le riunioni si intrecciano e si sovrappongono senza requie. Entro gennaio il presidente Emmanuel Macron dovrà presentare la nuova “Loi de programmation militare” (LPM), ovvero il piano d’investimenti 2024-2030 per le forze armate transalpine, e sottoporlo a marzo al Parlamento.

Un puzzle complicato. I nuovi scenari bellici ad Est hanno bruscamente interrotto la lunga, sonnacchiosa (e assai sparagnina) routine governativa — un susseguirsi costante di tagli al budget della Difesa con disastrose conseguenze sui mezzi e i sistemi d’arma convenzionali— che tanto aveva fatto brontolare i generali col kepì. Un caso su tutti. Nel luglio 2017 l’allora capo di stato maggiore, il generale Pierre de Villiers, si dimise clamorosamente in aperta polemica con l’appena nominato Macron per protestare contro l’ennesimo colpo basso. Il neo presidente, dimentico delle tante promesse fatte in campagna elettorale, sforbiciò di colpo 850 milioni di euro il già risicato bilancio delle forze armate causando uno scontro durissimo con l’istituzione militare.

Torniamo all’oggi. Il conflitto ucraino, sommato alle difficoltà crescenti nell’ex Africa francese e alla penuria estrema degli arsenali — ormai quasi completamente svuotati dopo anni di lesina e dai troppo generosi aiuti a Kiev —, impone ormai un radicale cambio di paradigma politico e strategico e soprattutto tanti, tantissimi quattrini. Se la Francia vuole restare una potenza militare credibile sono necessari almeno 400 miliardi di euro spalmati su sette anni: cento miliardi e rotti in più della precedente LPM 2019-2025. Un investimento pesantissimo ma già insidiato dall’inflazione, dai costi dell’energia oltre che dalla corsa mondiale agli armamenti. Dunque si prospetta un percorso disseminato d’imprevisti e infinite variabili che costringerà i legislatori a scelte difficili.

Come si legge nella “Revue national stratégique”, il documento preparatorio alla LPM presentato da Macron a Tolone lo scorso 8 novembre, la Francia investirà non solo nelle nuove tecnologie (difesa cibernetica e sicurezza spaziale) ma cercherà di forgiare nuovamente un dispositivo capace di condurre operazioni convenzionali ad alta intensità privilegiando artiglieria e carri armati — drasticamente ridotti nell’ultimo trentennio — e si doterà, alla luce delle lezioni ucraine, di droni d’ultima generazione. Uno sforzo industriale importante che necessita però di munizionamento adeguato e ingenti stock di pezzi di ricambio e, dato non secondario, anzi — di personale più giovane e meglio addestrato. Sul terreno servono soldati giovani e motivati.

Da qui, anche in vista dei Giochi olimpici dell’estate 2024, il bisogno di rimpolpare, raddoppiando i 40 mila effettivi oggi disponibili, i ranghi della Riserva dell’Esercito (CESR) composta da ex militari e destinati per lo più alla sorveglianza del territorio nazionale nell’operazione “Sentinelle” e compiti similari.

A fare le spese della nuova LPM saranno i programmi ritenuti meno urgenti posticipando (o cancellando) la consegna di nuove fregate e sommergibili, di altri jet Rafale e di veicoli blindati leggeri. Ma la vittima più illustre rischia d’essere la tanto attesa nuova portaerei. Gli analisti considerano ormai defunto il progetto PANG — la portaerei di nuova generazione a propulsione nucleare, che doveva sostituire nel prossimo decennio l’ormai acciaccata “Charles de Gaulle” ormai in linea dal 1994 e sempre più spesso ormeggiata in cantiere per continui lavori di manutenzione. Per la vecchia signora dei mari la pensione è sempre più lontana.

MARCO VALLE

Pentagramma e moschetto. La musica ha accompagnato (o denunciato) le guerre di ogni epoca. Carlo Piccardi su L’Inkiesta il 3 Gennaio 2023

Armonie e ritmi di ogni genere hanno rappresentato, sostenuto e anche contestato i conflitti armati. Il critico musicale Carlo Piccardi rintraccia il legame tra due mondi solo apparentemente distanti dai tempi di Machiavelli fino a oggi

Al gennaio del 1788 risale La battaglia K 535, contraddanza composta da Mozart un mese prima che Giuseppe II dichiarasse guerra ai turchi. Il clamore della percussione «alla turca» e il penetrante suono dell’ottavino che attraversano le trame di questa svagata musica da ballo, destinata proprio a quell’imperatore, ne erano quindi il preannuncio, tant’è che la Wiener Zeitung ribattezzò la modesta composizione mozartiana col titolo L’assedio di Belgrado.

Era infatti quello il «grosser Schall» che si era impresso minacciosamente nella memoria dei viennesi fin dall’assedio subìto dalla capitale asburgica nel 1529, quando le cronache riferivano della presenza fragorosa nell’esercito ottomano di una banda di trombe, zampogne, tamburi, piatti, campanelli e triangolo.

Trombe, pifferi e tamburi sono sempre stati in prima fila nelle armate a incitare i soldati all’assalto. Niccolò Machiavelli non mancò di considerare tale componente nel trattato intitolato L’arte della guerra, in cui Fabrizio, dialogando con Cosimo, afferma:

«Vorrei che ciascuno connestabole avesse la bandiera e il suono. Sarebbe pertanto composto uno battaglione di dieci battaglie, di tremila scudati, di mille picche ordinarie, di mille estraordinarie, di cinquecento veliti ordinarii, di cinquecento estraordinarii; e così verrebbero ad essere seimila fanti, tra quali sarebbero mille cinquecento capidieci e, di più, quindici connestaboli con quindici suoni e quindici bandiere, cinquantacinque centurioni, dieci capi de’ veliti ordinarii, e uno capitano di tutto il battaglione, con la sua bandiera e il suo suono.

[…] Vuolsi adunque che la prima e ultima fila d’ogni centurie sieno capidieci; il connestabole con la bandiera e con il suono stia nel mezzo della prima centuria degli scudi; i centurioni in testa d’ogni centuria ordinati».

In tale trattato, stampato nel 1521 e dedicato al cardinale Giulio de’ Medici, queste considerazioni si collegano allo sfoggio di sapienza umanistica, tanto da riprendere pari pari dalle antiche testimonianze il racconto degli inverosimili effetti prodotti dalla musica nelle contese:

«Deono adunque i fanti camminare secondo la bandiera e la bandiera muoversi secondo il suono; il quale suono, bene ordinato, comanda allo esercito; il quale, andando con i passi che rispondano a’ tempi di quello, viene a servare facilmente gli ordini. Onde che gli antichi avieno sufoli, pifferi e suoni modulati perfettamente; perché, come chi balla procede con il tempo della musica e, andando con quella, non erra, così uno esercito, ubbidendo nel muoversi a quel suono, non si disordina.

E però variavano il suono, secondo che volevano variare il moto e secondo che volevano accendere o quietare o fermare gli animi degli uomini. E come i suoni erano vari, così variamente gli nominavano. Il suono dorico generava costanzia, il frigio furia; donde che dicono che, essendo Alessandro a mensa e sonando uno il suono frigio, gli accese tanto l’animo, che misse mano all’armi. Tutti questi modi sarebbe necessario ritrovare; e quando questo fusse difficile, non si vorrebbe almeno lasciare indietro quegli che insegnassono ubbidire al soldato; i quali ciascuno può variare e ordinare a suo modo, pure che con la pratica assuefaccia gli orecchi de’ suoi soldati a conoscerli. Ma oggi di questo suono non se ne cava altro frutto in maggiore parte, che fare quel rumore».

Al di là dei dotti riferimenti, vi risalta l’importanza che Machiavelli attribuiva alla musica nella funzione simbolica, in combinazione con il vero simbolo rappresentato dalla bandiera. Oltre al ruolo incitante nel combattimento, essa era chiamata quindi a costituire un emblema in cui riconoscersi, da cui trarre la forza di sentirsi uniti per raggiungere un fine comune.

Nel prosieguo delle sue argomentazioni egli entra anche nel dettaglio, a differenziare in modo stupefacente vari tipi e gradi di interventi sonori. Così nel dialogo di Fabrizio con Luigi leggiamo: «E, perché l’importanza di questo comandamento dee nascere dal suono, io vi dico quali suoni usavano gli antichi. Da’ Lacedemoni, secondo che afferma Tucidide, ne’ loro eserciti erano usati zufoli; perché giudicavano che questa armonia fusse più atta a fare procedere il loro esercito con gravità e non con furia. Da questa medesima ragione mossi, i Cartaginesi, nel primo assalto usavano la citera. Aliatte,re de’ Lidi, usava nella guerra la citera e i zufoli; ma Alessandro Magno e i Romani usavano i corni e le trombe, come quelli che pensavano, per virtù di tali istrumenti, potere più accendere gli animi de’ soldati e fargli combattere più gagliardamente.

Ma come noi abbiamo, nello armare lo esercito, preso del modo greco e del romano, così nel distribuire i suoni serveremo i costumi dell’una e dell’altra nazione. Però farei presso al capitano generale stare i trombetti, come suono non solamente atto a infiammare l’esercito, ma atto a sentirsi in ogni romore più che alcuno altro suono. Tutti gli altri suoni che fussero intorno a’ connestaboli e a’ capi de’ battaglioni, vorrei che fussono tamburi piccoli e zufoli sonati, non come si suonano ora, ma come è consuetudine sonargli ne’ conviti. Il capitano adunque, con le trombe, mostrasse come quando si avesse a fermare o ire innanzi o tornare indietro, quando avessono a trarre l’artiglierie, quando muovere gli veliti estraordinarii, e, con la variazione di tali suoni, mostrare all’esercito tutti quegli moti che generalmente si possono mostrare; le quali trombe fussero di poi seguitate da’ tamburi. E in questo esercizio, perch’egli importa assai, converrebbe assai esercitare il suo esercito. Quanto alla cavalleria, si vorrebbe usare medesimamente trombe, ma di minore suono e di diversa voce da quelle del capitano».

Per quanto oggi siamo poco propensi a comprendere e ad accettare tale tipo di teorizzazione, non possiamo sottrarci alla constatazione ne del fascino dei suonatori scozzesi di cornamusa segnalati fin dal XIV secolo, nella Battaglia di Bannockburn. Di quelle antiche teorie, nella concreta dimostrazione di una capacità motivante al combattimento, essi sono infatti più di un riflesso. Li ritroviamo a Waterloo e nella guerra di Crimea a incitare i soldati all’attacco con effetto galvanizzante.

Nella Prima guerra mondiale non solo furono presenti nella sanguinosa offensiva della Somme, ma comparvero su tutti i fronti in cui era impegnato l’esercito britannico, sia su quello occidentale sia in Russia, in Macedonia, in Turchia, in Egitto, in Palestina, in Mesopotamia e perfino in India, con un tributo di sangue che ne vide 500 uccisi e 600 tra feriti e invalidi, provenienti, sì, dai reggimenti scozzesi ma anche dai numerosi battaglioni anzacs (giunti da Australia, Nuova Zelanda, Africa e Canada).

La diramazione coloniale della Gran Bretagna fece sì che troviamo le pipe bands anche nelle truppe di filiazione scozzese che facevano capo ai sikh, ai gurkha, ai pathan e droga al servizio della corona. Nella Seconda guerra mondiale intervennero a El Alamein, a Dieppe, sulle spiagge della Normandia e nell’attraversamento del Reno. Persino nella Seconda guerra del Golfo in Iraq (2003), quando lo spazio acustico della battaglia era saturato dai suoni meccanici dell’arsenale tecnologico e dall’assordante scoppio delle bombe, nelle compagnie scozzesi c’era ancora posto per l’accompagnamento di pungenti cornamuse.

Era quella in fondo anche la declinazione occidentale della banda dei giannizzeri, procedente di pari passo con stragi di teste tagliate e terra bruciata, che fu per l’Europa il terrorizzante annuncio sonoro di barbarica invasione. Si tratta di una fama radicata e testimoniata a vari livelli.

Da “Il suono della guerra” di Carlo Piccardi, Il Saggiatore, 688 pagine, euro 36,00.

La rabbia di Mosca dopo l'attacco a Makiivka. Colpito un hotel di giornalisti nel Donbass, non ci sono vittime. Marta Serafini, inviata a Kiev e Redazione Online su Il Corriere della Sera il 3 Gennaio 2023.

Le notizie sulla guerra di martedì 3 gennaio. Zelensky avverte il Paese del rischio di una guerra di logoramento portata avanti dai «terroristi russi»

• La guerra in Ucraina è arrivata al 313esimo giorno.

• A Capodanno la resistenza ha centrato un edificio che ospitava soldati russi nel Donbass: Mosca ha ammesso 63 vittime, per Kiev sono 400.

• Un esercito di volontari telefona a caso ai russi per smascherare le bugie di Putin sulla guerra.

• Nella notte nuovi bombardamenti russi hanno colpito le regioni di Kiev, Zaporizhzhia e Dnipropetrovsk causando feriti e blackout.

• L’Ue ha confermato che a breve partiranno le prime tranche degli aiuti finanziari a Kiev, annunciando anche l’invio di generatori, lampadine e scuolabus.

Ore 01:09 - Kiev, vertice con Ue il prossimo 3 febbraio

L'Ucraina e l'Unione Europea terranno un vertice a Kiev il 3 febbraio per discutere del sostegno finanziario e militare. Lo ha dichiarato lunedì l'ufficio del Presidente Volodymyr Zelensky in un comunicato. Zelensky ha discusso i dettagli dell'incontro ad alto livello con il Presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen durante la sua prima telefonata dell'anno. «Le parti hanno discusso i risultati attesi del prossimo vertice Ucraina-UE che si terrà il 3 febbraio a Kiev e hanno concordato di intensificare i lavori preparatori», si legge nel comunicato.

I leader hanno parlato della fornitura di armi «adeguate» e di un nuovo programma di assistenza finanziaria all'Ucraina da 18 miliardi di euro (19 miliardi di dollari), con Zelensky che ha spinto per l'invio della prima tranche questo mese. Il mese scorso, l'Unione Europea ha spianato la strada alla concessione degli aiuti all'Ucraina con un cosiddetto «megadeal» che includeva l'adozione di un'aliquota fiscale globale minima del 15%. La decisione ha fatto seguito a un accorato appello di Zelensky a non lasciare che le dispute interne al blocco dei 27 paesi ostacolassero il sostegno a Kiev.

Ore 02:15 - Reporter tedesco di «Bild» ferito da scheggia in esplosione

Un giornalista di «Bild» è stato ferito alla testa da una scheggia dopo un'esplosione in Ucraina. Lo ha reso noto lo stesso quotidiano tedesco. Il reporter, Bjorn Stritzel, ha comunicato in seguito che la ferita non è grave e di essere in buone condizioni.

Ore 04:51 - Media, 538 coscritti russi morti in ultimi 3 mesi

Almeno 538 coscritti russi mobilitati sono morti negli ultimi tre mesi, secondo la Bbc News Russian e il sito di notizie indipendente russo Mediazona che indica le vittime nome per nome. L’età media dei morti è di 30-35 anni. «Le perdite effettive tra coloro che sono stati mobilitati potrebbero essere molto più elevate, poiché molte segnalazioni di soldati uccisi in Ucraina da ottobre non indicano il loro status. Quindi a volte è impossibile dire se una persona ha prestato servizio come soldato professionista, combattente volontario o coscritto, riferisce la Bbc aggiungendo che solo nell’ultima settimana sono stati uccisi 46 russi mobilitati.

Alla fine ottobre la Russia ha affermato di aver mobilitato 300.000 coscritti con un’età media di 35 anni. Circa 80.000 sono stati inviati in Ucraina di cui quasi la metà in prima linea, secondo il ministro della Difesa russo Sergey Shoigu. Un’analisi di Mediazona stima che circa 492.000 uomini siano stati arruolati nell’esercito russo da quando il presidente Vladimir Putin ha annunciato la «mobilitazione parziale» di 300.000 uomini il 21 settembre.

Ore 05:48 - Zelensky: «Mosca pianifica l’uso prolungato di droni iraniani per logorarci»

La Russia sta pianificando una lunga campagna di attacchi con droni iraniani per «logorare» l’Ucraina. Lo ha detto lunedì il presidente Volodymyr Zelenskiy. «Abbiamo informazioni secondo cui la Russia sta pianificando un lungo periodo di attacchi usando i droni Shahed», ha detto Zelenskiy nel suo video notturno indirizzato alla nazione. «Probabilmente sta puntando al logoramento. Della nostra gente, delle nostre difese antiaeree, della nostra energia». L’Ucraina, ha detto il leader, deve «agire e fare di tutto affinché i terroristi russi falliscano nel loro obiettivo, così come hanno fallito in tutti gli altri».

Ore 07:15 - L’attacco ucraino su Makiivka (63 soldati russi uccisi)

Dalla nostra inviata Marta Serafini

Kiev — Le immagini satellitari scattate dalla società statunitense Planet Labs datate 20 dicembre e 2 gennaio mostrano le conseguenze dell’attacco ucraino alla città di Makiivka, controllata dai russi. Mosca ha ammesso che 63 militari russi sono stati uccisi nell’attacco (gli ucraini sostengono invece che le vittime siano 400).

Ore 07:19 - Raid su hotel in Donbass

Dalla nostra inviata Marta Serafini

Kiev — Danneggiato in un raid un hotel in Donbass alle porte di Kramatorsk, utilizzato come base dai giornalisti che «coprono» la guerra a Est. Si tratta dell’Hotel Man. Qui il momento dell’esplosione mentre un collega francese è in diretta. Non paiono esserci feriti o vittime per fortuna.

Ore 07:34 - Stoltenberg: alcuni Paesi Nato chiedono più spese militari

Alcuni Paesi della Nato vorrebbero aumentare le spese militari, tenendo l’attuale barra del 2% del Pil (che alcuni non hanno ancora raggiunto) come obbiettivo minimo. Lo ha detto Jeans Stoltenberg, Segretario generale dell’Alleanza, in un’intervista all’agenzia tedesca Dpa. Stoltenberg non ha specificato quali siano gli Stati favorevoli ad alzare i livelli di spesa. «Ne discuteremo nei prossimi mesi», ha detto il norvegese: «Vogliamo arrivare a un accordo entro il summit che si terrà a Vilnius a luglio».

Ore 07:56 - Progozhin: l’avanzata russa a Bakhmut è difficile, gli ucraini hanno 500 linee di difesa

«L’avanzata delle truppe russe a Bakhmut in Donetsk è complicata. Lì l’esercito di Kiev ha creato cinquecento linee di difesa». Parola di Yevgeny Prigozhin, capo del gruppo di mercenari Wagner e amico personale di Putin, all’agenzia di stampa statale russa Ria Novosti . «Bakhmut è una fortezza. I nostri militari combattono per il controllo di ogni singolo edificio», ha detto Prigozhin, «e dopo la conquista di un edificio non si può dire che la difesa dell’esercito ucraino sia stata sfondata».

Ore 08:08 - Intelligence Gb: improbabile svolta russa a Bakhmut

È improbabile che la Russia raggiunga una svolta significativa vicino a Bakhmut, nelle prossime settimane, riporta l’ultimo bollettino sulla guerra dell’intelligence militare britannica. Ciò è dovuto in parte al fatto che la Russia sta probabilmente conducendo operazioni offensive nell’area solo a livello di plotone o di sezione. «A metà dicembre, l’esercito russo e le forze della Wagner hanno aumentato la frequenza degli assalti di fanteria intorno a Bakhmut, tuttavia, molte di queste operazioni sono state scarsamente supportate», ha osservato il ministero della Difesa. «Negli ultimi dieci giorni, l’Ucraina ha impegnato rinforzi significativi per difendere il settore e la frequenza degli assalti russi si è ridotta rispetto al picco di metà dicembre. Entrambe le parti hanno subito perdite elevate».

Ore 08:30 - Kiev e la caccia alle spie fra i religiosi ortodossi

(Marta Serafini, inviata a Kiev) Non si ferma la caccia alle spie nelle chiese ortodosse ucraine. Ieri — a pochi giorni dal Natale ortodosso che si celebra il 7 gennaio — l’arciprete Anthony Kovtonyuk della Chiesa legata al Patriarcato di Mosca è stato accoltellato alla gola da uno sconosciuto a Vinnytsya, nell’Ucraina centrale. Kovtonyuk non è morto ma è in gravi condizioni. Ed è stato ferito proprio davanti all’altare della sua chiesa, quella dell’Intercessione della Madre di Dio. Quello di Vinnytsya è solo l’ultimo episodio di una lunga serie di veleni, vendette e odio che dal 24 febbraio agita la Chiesa ortodossa ucraina.

Ore 08:54 - Il ladro del murale di Bansky rischia 12 anni di carcere

È stato incriminato a Kiev per furto sotto legge marziale il presunto ladro del murale di Bansky a Hostomel. Rischia fino a 12 anni di carcere. «Era a conoscenza del valore dell’opera e intendeva venderla e usare quanto guadagnato. Ha cercato l’aiuto di persone non al corrente delle sue intenzioni, a cui aveva garantito di avere i permessi necessari per smantellare il murale», ha affermato il Procuratore generale.

Ore 09:01 - Kherson bombardata 80 volte in 24 ore, due vittime

Nel corso delle ultime 24 ore l'esercito russo ha bombardato la regione di Kherson per 80 volte, due civili sono stati uccisi e nove feriti: ha riferito il capo dell'amministrazione militare regionale Yaroslav Yanushevich. «Il nemico ha attaccato gli insediamenti della regione con artiglieria, lanciarazzi, mortai e carri armati», ha detto Yanushevich.

Ore 09:28 - Il punto militare | Perché l’inverno non ha fermato la carneficina: ecco come prosegue la guerra

(Andrea Marinelli e Guido Olimpio) La lunga guerra marcia seguendo tre assi: i fronti terrestri in stallo o quasi; i duelli a distanza con i bombardamenti; la catena dei rifornimenti. L’inverno ha rallentato le operazioni di ampio respiro, ma non ha arrestato la carneficina. Molto dura la battaglia attorno a Bakhmut e nella regione orientale. La Wagner prova a sfondare usando riservisti, mercenari, ex detenuti come carne da cannone. E i cannoni li divorano. Gli ucraini contro-manovrano cercando di assicurarsi il controllo di snodi stradali e pagano il loro tributo di vite. Gli osservatori continuano a prevedere una prossima avanzata ucraina in direzione di Melitopol e seguono le mosse degli invasori, con le ipotesi su una ripresa di un attacco da nord o persino con il coinvolgimento della Bielorussia. Siamo solo agli scenari, con molte variabili e poche conferme.

Ore 09:54 - Danneggiato l'albergo dei giornalisti a Kramatorsk

Il raid che ieri sera intorno alle 20 ha colpito un hotel a Kramatorsk, usano come base dai giornalisti inviati nell'Ucraina dell'Est, ha danneggiato la struttura alberghiera. Durante le esplosioni il reporter della «Bild» Bjorn Stritzel è stato ferito alla testa da una scheggia mentre cenava. Stritzel ha detto: «Il luogo dell'esplosione si trova fuori dal raggio dell'artiglieria russa e quindi forse si è trattato di un drone». Il giornalista ha affermato anche che ci sono state diverse esplosioni, e alcuni colleghi francesi che erano in diretta hanno filmato l'arrivo di un razzo a Kramatorsk :Paul Gasnier, Heloise Grégoire e Theo Palfrai erano in onda su TF1-TMC da Kramatorsk quando l'esplosione di un missile è entrata nell'inquadratura.

Ore 10:50 - Zelensky: «Siamo tutti combattenti al fronte»

Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha pubblicato su Telegram una selezione di immagini della guerra accompagnate da un messaggio: «Non ci sono piccole azioni in una grande guerra. Non ce ne sono di inutili. Ognuno di noi è un combattente. Ognuno di noi è al fronte. Ciascuno di noi è la base della difesa. Combattiamo come una squadra: l'intero Paese, tutte le nostre regioni».

Ore 11:07 - Kiev: in 2 giorni distrutto il 100% dei droni lanciati dai russi

«La difesa antiaerea ucraina ha distrutto 84 droni di fabbricazione iraniana nei primi due giorni del nuovo anno. Cioè, il 100% dei droni lanciati dalle truppe russe», ha dichiarato in tv il portavoce dell'aeronautica militare Yuriy Ignat. «Questi risultati non sono mai stati raggiunti prima», ha sottolineato. Secondo Ignat, da settembre le forze ucraine hanno distrutto quasi 500 droni nemici.

Ore 11:18 - Kiev: l'obiettivo è tornare ai confini del 1991

«La battaglia per il Sud continua», «Il compito è chiaro: tornare ai confini del 1991. Succederà sicuramente». Lo scrive via Telegram il capo dell'ufficio di presidenza ucraino Andryi Yermak, riferendosi quindi anche ai territori della Crimea e delle due repubbliche separatiste di Donestk e Lugansk. «Il nemico riceve una dura risposta per il bombardamento di Kherson. Le azioni del nostro esercito sono ragionevoli ed efficaci. Il nemico sta subendo perdite», si legge nel messaggio.

Ore 12:25 - Mosca: attacco di Kiev contro un ospedale a Zaporizhzhia

Le truppe ucraine hanno bombardato questa notte un ospedale nella città di Tokmak, nella regione di Zaporozhzhia. Lo ha riferito a Ria Novosti Vladimir Rogov, membro dell'amministrazione regionale. «Alle quattro del mattino, armi pesanti hanno colpito diversi ospedali di Tokmak. Il numero delle vittime è in fase di accertamento», ha dichiarato Rogov.

Ore 12:46 - Colpita con artiglieria una città nel Donetsk, un civile morto

Questa mattina le truppe russe hanno sparato con l'artiglieria su una zona residenziale della città di Kurakhovo, nella regione di Donetsk, uccidendo un civile e ferendone altri due. I colpi hanno centrato un condominio e danneggiato un impianto di approvvigionamento idrico. Lo riferisce il capo dell'amministrazione regionale Pavel Kirilenko, citato dall'Ukrainska Pravda. Kirilenko ha osservato che l'intera regione di Donetsk è pericolosa per i civili e ne ha chiesto l'evacuazione.

Ore 12:53 - Blogger russo premiato da Putin: il numero di morti a Makiivka forse è più alto

Un noto blogger militare russo, a cui il presidente Vladimir Putin ha conferito personalmente al Cremlino il 20 dicembre il riconoscimento dell«Ordine del coraggio, ha espresso dubbi sul bilancio ufficiale delle vittime della caserma russa a Makiivka. Semyon Pegov, che blogga con lo pseudonimo di «WarGonzo», ha pubblicato oggi un video di cinque minuti sul suo canale Telegram discutendo di quella che ha definito la «tragedia di Makiivka». «Nonostante la dichiarazione ufficiale del Ministero della Difesa, il numero esatto delle vittime è ancora sconosciuto», ha detto Pegov nel video, aggiungendo che si sta ancora cercando sotto le macerie.

Ore 13:13 - Zelensky sente Rutte: focus su rischio escalation al fronte

«Ho avuto una telefonata con il primo ministro dei Paesi Bassi Mark Rutte. Abbiamo parlato del rischio di escalation al fronte e delle potenziali sfide, nonché delle nostre esigenze di difesa per una risposta adeguata. Contiamo su passi concreti da parte dei nostri partner per massimizzare il rafforzamento dell'Ucraina al prossimo Ramstein». Lo ha scritto su Telegram il presidente ucraino Volodymyr Zelensky.

Ore 13:22 - La rabbia di Mosca per l'attacco alla base russa nel Donetsk

Cresce la rabbia in Russia per l'uccisione dei soldati nella base di Makiivka nel Donetsk: nazionalisti russi e altri i legislatori hanno chiesto una punizione per i comandanti che hanno ignorato i pericoli per le truppe. A quanto pare, l'enorme esplosione, nella notte di Capodanno, che ha causato la distruzione dell'edificio dove si trovavano i soldati, è stata generata dal fatto che nello stesso edificio c'era anche un deposito di munizioni, come riportano alcuni blogger russi. Secondo Mosca, che normalmente non comunica il numero dei caduti nel conflitto, nell'attacco sono morti 63 militari, mentre secondo Kiev le vittime sarebbero centinaia. In risposta all'attacco subito, nella serata di ieri Mosca ha lanciato missili nel Donbass contro le postazioni ucraine, colpendo un hotel di giornalisti, senza fare vittime.

Ore 14:22 - Kiev accusa due generali russi degli attacchi ai civili

(Marta Serafini, inviata a Kiev) Come sottolinea su Twitter l’esperta ucraina Maria Avdeeva, Kiev per la prima volta accusa due comandanti russi per aver devastato le città ucraine. Uno dei due è il generale Serhii Kobylash, comandante dell'aviazione russa a lungo raggio. Kobylash è responsabile dei bombardamenti di Mariupol. È accusato di aver ordinato «massicci attacchi missilistici contro edifici residenziali, ospedali e infrastrutture critiche in varie regioni dell'Ucraina». Kobylash è nato a Odessa. Ha partecipato alla guerra in Cecenia e in Georgia. In una sua recente dichiarazione Kobylash ha detto che l'aviazione strategica russa continuerà a bombardare oggetti civili in Ucraina nel 2023.

Ore 14:39 - Kiev: due persone uccise da mine antiuomo a Kherson

Due persone sono rimaste uccise in un'esplosione causata da mine antiuomo, lasciate dalle truppe russe nel distretto di Beryslav nell'Oblast di Kherson. Lo ha riferito il governatore dell'oblast Yaroslav Yanushevych, come riporta il Kyiv Indipendent. Secondo Yanushevych, le vittime erano in auto quando si sono imbattuti nella mina russa vicino al villaggio liberato di Mala Oleksandrivka.

Ore 14:56 - Esplosioni nella regione russa di Belgorod

I cittadini di Novy Oskol, nella regione russa di Belgorod, hanno segnalato esplosioni in città. Lo riporta il canale Telegram My Belgorod, secondo cui una struttura militare ha preso fuoco. Il governatore regionale Vyacheslav Gladkov non ha commentato queste informazioni.

Ore 15:26 - Macron: l'Ucraina ha bisogno del nostro sostegno più che mai

Il presidente francese Emmanuel Macron ha ribadito che l'Ucraina «ha bisogno del nostro sostegno più che mai», nel suo incontro oggi a Parigi con il primo ministro svedese Ulf Kristersson.

Ore 15:40 - Lavrov a ministro Israele: rafforzare la nostra cooperazione

Il ministro degli Esteri russo Serghei Lavrov e quello israeliano Eli Cohen hanno avuto oggi una conversazione telefonica durante la quale Lavrov ha detto che Mosca è pronta ad «un lavoro congiunto per rafforzare la cooperazione bilaterale». Lo riferiscono le agenzie russe. Il colloquio ha riguardato anche la situazione in Ucraina.

Ore 15:42 - Kiev: nuova camera di tortura scoperta nella regione di Mykolaiv

Le forze dell'ordine ucraine hanno scoperto una nuova camera di tortura nella regione di Mykolaiv, nel villaggio di Oleksandrivka liberato. Lo ha reso noto l'ufficio del procuratore generale, scrive Ukrinform. In base alle prime indagini, «i russi hanno arrestato illegalmente e brutalmente torturato i residenti locali che si sono rifiutati di collaborare con loro». Le vittime sono state soffocate con sacchetti di plastica, ma anche percosse con oggetti pesanti e sottoposte a scariche elettriche. Nel corso di un'ispezione sono stati rinvenuti degli strumenti usati per le torture. Sono in corso le indagini per identificare i responsabili di questi crimini.

Ore 15:51 - Zelensky: «Con Sunak prese decisioni concrete»

Zelensky ha detto di aver preso delle «decisioni concrete» col primo ministro britannico Sunak durante una telefonata. «Insieme al primo ministro del Regno Unito Rishi Sunak, abbiamo discusso di un'ulteriore cooperazione nel campo della difesa. Abbiamo concordato di intensificare i nostri sforzi per avvicinarci alla vittoria già quest'anno. Abbiamo già decisioni concrete a riguardo», ha scritto il presidente ucraino su Twitter.

Ore 16:02 - Tajani: vogliamo la pace, che sia giusta

Tutti vogliamo la pace, «ma deve essere una pace giusta». Lo ribadisce il ministro degli Esteri Antonio Tajani rispondendo a domande sulla guerra in Ucraina durante il programma di Rai Uno «Oggi è un altro giorno».

«Abbiamo chiesto all’Iran di interrompere le esecuzioni e aprire un dialogo con i manifestanti perché quello che stava accadendo per noi era inaccettabile», ha detto Tajani, rispondendo sulla recente convocazione dell’ambasciatore iraniano a Roma. «La pena di morte è una linea rossa che noi non possiamo tollerare, possiamo però per esempio dialogare sul nucleare», ha aggiunto.

Ore 16:03 - Decreto di Putin per risarcimenti ai caduti e feriti in Ucraina

Il presidente russo Vladimir Putin ha firmato oggi un decreto sui risarcimenti ai feriti e alle famiglie dei caduti nell’operazione militare in Ucraina. Tra le misure previste vi è il pagamento di cinque milioni di rubli (circa 66.000 euro) alla famiglia di ciascun militare ucciso e tre milioni di rubli a ciascun ferito.

Ore 16:42 - Lituania, nel 2023 Ucraina sconfiggerà i russi, vittoria vicina

«Nel 2023 la Lituania continuerà il suo sostegno militare all’Ucraina. Questo deve essere l’anno in cui l’Ucraina sconfiggerà l’aggressore». È l’augurio del presidente lituano Gitanas Nauséda su Twitter. «La Lituania invierà equipaggiamento militare, munizioni e fornirà addestramento militare all’Ucraina - promette Nauséda -. È fondamentale aumentare il ritmo del sostegno di tutti gli alleati. La vittoria è vicina».

Ore 17:12 - Il tweet del Ceo Oleksandr Kamyshin: «Le ferrovie ucraine tra le migliori d’Europa»

Il capo delle ferrovie ucraine Oleksandr Kamyshin annuncia che una delle guide turistiche più famose al mondo ha inserito la linea Chisinau—Kiev, ossia quella che collega la Moldavia con la capitale ucraina, nella lista delle tratte più interessanti per il 2023, a fianco della linea ligure che passa da Monterosso e dalle Cinque Terre e insieme a quella e di quella che va da Amburgo a Stoccolma.

Ore 17:46 - Putin ordina proiezione documentari su offensiva russa in Ucraina

Il presidente russo Vladimir Putin ha ordinato oggi al suo governo di organizzare entro febbraio la proiezione nei cinema di «film documentari»sull’offensiva delle forze moscovite in Ucraina. Il ministero della Cultura dovrà dunque «presentare proposte per garantire la proiezione di film documentari nazionali nelle reti cinematografiche su temi relativi all’operazione militare speciale, alla lotta alla diffusione dell’ideologia neonazista e neofascista», si legge in un messaggio pubblicato sul sito web del Cremlino. La Russia ha giustificato la sua offensiva in Ucraina in particolare con la volontà di «denazificare» il Paese, con il Cremlino che ha accusato il presidente ucraino Volodymyr Zelensky e le autorità di Kiev di collusione con circoli ultranazionalisti. La Russia ha già approvato diverse leggi per controllare la narrativa sulla sua «operazione militare speciale». In particolare, la legge punisce severamente chiunque diffonda quelle che i tribunali considerano «menzogne» sulle forze armate.

Ore 18:17 - Putin ordina di utilizzare gli ospedali civili per i feriti

Vladimir Putin ha incaricato il ministero della Salute e il ministero della Difesa di utilizzare gli ospedali civili per la cura e la riabilitazione dei militari feriti nell’«operazione militare speciale». I due dicasteri, scrive l’agenzia di stampa Tass, dovranno presentare entro il 15 gennaio un rapporto sulla possibilità di utilizzare le strutture mediche civili che fanno capo al ministero della Salute.

Ore 18:41 - La gestione della battaglia: il tridente di Kiev e i contrasti di Mosca

Preparazione, ricerca dei bersagli, esecuzione. È il tridente usato da Kiev per gestire questa fase del conflitto e tener testa al nemico. A Mosca, invece, litigano sugli ultimi rovesci e Vladimir Putin ordina risarcimenti ai parenti dei caduti (qui il punto militare di Marinelli e Olimpio).

Ore 18:47 - Governatore pagherà spese legali a ginnasta Kuliak

Il governatore della regione di Kaluga, Vladislav Shapsha, ha annunciato che pagherà personalmente le spese legali del ginnasta russo Ivan Kuliak, squalificato per un anno dalle competizioni dalla Federazione Internazionale di Ginnastica (Fig) per essere salito sul podio in una gara internazionale a Doha vinta dall’ucraino Ilia Kovtun con la lettera `Z´ sulla canottiera. Il fatto risale al 5 marzo scorso. Kuliak ha applicato il simbolo associato all’operazione militare russa in Ucraina scattata il 24 febbraio scorso. Oltre alla sospensione, la Fondazione etica della ginnastica ha chiesto al ventenne ginnasta di restituire la medaglia di bronzo e il premio in denaro (505 euro) e pagare le spese legali (2.000 euro). Il governatore Shapsha è membro del partito Russia Unita di Vladimir Putin.

Ore 19:12 - Zelensky al premier norvegese: grazie per sostegno sull’energia

Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha sentito al telefono il premier norvegese Jonas Gahr Store al quale ha parlato «dei rischi di escalation al fronte». Il leader ucraino ha riferito su Twitter di aver delineato al primo ministro del paese scandinavo «le attuali esigenze di difesa dell’Ucraina» e di averlo «ringraziato per il sostegno fornito alla nostra infrastruttura energetica e per aver finanziato i volumi di gas necessari per il periodo invernale».

Ore 19:34 - Kiev, 500 soldati russi uccisi o feriti a Kherson

Le forze ucraine hanno ucciso o ferito in un attacco d’artiglieria nella regione di Kherson. E’ quanto sostiene lo Stato maggiore di Kiev, fornendo il bilancio - che non è stato verificato in modo indipendente - dell’attacco del 31 dicembre scorso nei pressi del villaggio di Chulakivka. Lo Stato maggiore ha anche dato notizia di un attacco contro le unità russe il primo gennaio nel villaggio di Fedorivka, senza fornire dettagli sul numero delle vittime. Fedorivka e Chulakivka sono entrambi situati sul lato sudorientale del fiume Dnipro. Ieri le Forze armate ucraine avevano rivendicato l’uccisione la notte di capodanno di 400 soldati russi in un attacco con missili Himars contro Makiivka, nel Donetsk, mentre Mosca ha confermato la morte «solo» di 63 militari.

Ore 01:51 - Usa: il nostro appoggio all’Ucraina avrà sostegno bipartisan

«Abbiamo totale fiducia che il nostro approccio all’Ucraina avrà sostegno bipartisan» al Congresso americano. Lo ha detto il portavoce del dipartimento di Stato Usa, Ned Price, in un briefing con la stampa, sottolineando che gli Stati Uniti «saranno al fianco di Kiev per tutto il tempo necessario». «Abbiamo avuto da parte di membri del 118esimo Congresso di entrambi i partiti la parola che il sostegno all’Ucraina proseguirà», ha aggiunto il portavoce.

Ore 01:52 - Mosca ammette 89 morti nell’attacco ucraino a Makiivka

Sono 89, secondo Mosca, i soldati russi morti nel corso dell’attacco ucraino nel centro di addestramento russo di Makiivka, nel Donetsk occupato. Dopo un iniziale silenzio, il ministero della Difesa russo aveva ammesso la perdita di 65 militari. Seconfo fonti di Kiev invece le vittime sarebbero 300, forse anche 400. Mosca ha confermato che l’attacco è stato condotto dalle forze di Kiev dopo aver localizzato il bersaglio seguendo le tracce dei cellulari dei soldati russi.

Ore 02:07 - Bombe russe su Zaporizhzhia, allarme aereo in varie zone dell’Ucraina

Una persona è rimasta ferita ieri sera in un attacco russo alla periferia di Zaporizhzhia, nell’Ucraina meridionale: lo ha reso noto su Telegram il capo dell’amministrazione militare regionale, Oleksandr Starukh, come riporta Ukrainska Pravda. «Ancora una volta il nemico ha colpito con missili la periferia di Zaporizhzhia. A seguito dell’attacco, è scoppiato un incendio in una infrastruttura civile», ha scritto Starukh. Sempre ieri sera, poco prima della mezzanotte, sono scattati allarmi aerei nelle regioni di Donetsk, Charkiv, Poltava e Dnipropetrovsk.

Ore 03:19 - Un altro cittadino russo morto in India, nuovo mistero

Un terzo cittadino russo è morto in India in due settimane dopo la scomparsa del parlamentare Pavel Antov e del suo amico Bydanov Vladimir. Secondo quanto riporta l’Independent, il corpo di un ingegnere navale di Murmansk - Sergey Milyakov - è stato trovato ieri a bordo della nave M B Aldnah, nel porto di Paradip, nel distretto di Jagatsinghpur dello Stato dell’Odisha. Non si conosce ancora la causa del decesso. Milyakov, 51 anni, era il capo ingegnere della nave, che era diretta a Mumbai dal porto di Chittagong, in Bangladesh, via Odisha. La sua morte segue quella di Vladimir il 22 dicembre scorso, per arresto cardiaco, e quella il 24 dicembre di Antov, caduto dal terzo piano di un hotel di Rayagada, sempre nello Stato dell’Odisha.

La guerra in Ucraina è già costata all’Italia 76 miliardi di euro. Salvatore Toscano su L'Indipendente il 3 Gennaio 2023

Le sanzioni alla Russia, le speculazioni sulla borsa del gas e i rincari seguiti alla guerra in Ucraina sono già costati alle casse italiane 76 miliardi di euro solo per contenere l’impatto del caro energia su famiglie e imprese. È questo l’ammontare raggiunto dopo la finanziaria da 35 miliardi del governo Meloni, 21 dei quali destinati proprio a mitigare i rincari energetici. Stanziamento che si va a sommare ai 46 miliardi messi in campo dal governo Draghi in tre diversi decreti aiuti e ai 9,1 miliardi stanziati a novembre nel primo decreto aiuti del governo Meloni. Si tratta oltretutto di una stima per difetto, in quanto non considera i costi in termini di perdita della produttività delle imprese, di erosione dell’economia reale e del potere d’acquisto delle famiglie.

Con la diplomazia ormai “posata in un angolo e poi dimenticata” e una tregua tra Ucraina e Russia lontana, si fatica a ritornare a quella normalità tanto invocata dopo le ondate di coronavirus. Un’emergenza di fronte alla quale l’Italia si è impegnata a limitare la propria sovranità sottoscrivendo un accordo con l’Unione Europea: il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. 209 miliardi di euro, spalmati nel corso di sei anni, in cambio di 528 vincoli da rispettare, pena il congelamento dei fondi. Di recente, il governo Meloni ha annunciato il raggiungimento dei 55 vincoli preventivati per il 2022, clausola fondamentale per sbloccare la terza rata da 21 miliardi di euro. La stessa cifra è stata destinata dall’esecutivo alla mitigazione del caro energia nell’ultima manovra finanziaria e rappresenta quasi un quarto delle risorse italiane spese per mitigare l’impatto economico della guerra in Ucraina. [di Salvatore Toscano]

Dopo 10 mesi di sanzioni…la Russia è entrata nelle prime 10 economie mondiali. Giorgia Audiello su L'Indipendente il 3 Gennaio 2023

Nonostante gli innumerevoli pacchetti di sanzioni che l’Occidente ha varato contro la Russia e le previsioni di fallimento nel breve periodo della sua economia da parte delle istituzioni europee e americane, secondo i dati del Fondo monetario internazionale, nel 2022 Mosca è entrata nella classifica delle prime 10 economie mondiali, collocandosi al nono posto e scavalcando Italia – che si colloca al decimo posto – Brasile e Corea del sud per prodotto interno lordo (Pil). La medesima tendenza proseguirà nel 2023, anno in cui è previsto che la Russia mantenga la posizione attuale in classifica. Nel 2022, Mosca ha registrato un Pil pari a 2.133,1 miliardi di dollari, anche grazie al rafforzamento del valore del rublo e all’aumento dei prezzi delle materie prime, tra cui quelle energetiche, di cui la Russia è una grande produttrice. A fronte della resistenza dell’economia moscovita, si registra – al contrario – una tendenza alla recessione di molte tra le principali economie occidentali: è di oggi, ad esempio, la notizia riportata dal Financial Times secondo cui il Regno Unito affronterà la recessione peggiore e più lunga delle economie del G7, ma anche quella secondo cui la decisione della BCE di aumentare i tassi di interesse metterà in difficoltà molti Stati europei, tra cui l’Italia, considerata l’anello debole della zona euro.

I risultati dell’economia russa e soprattutto l’apprezzamento del rublo contraddicono la narrazione dominante che per mesi è stata portata avanti dalle istituzioni europee circa l’efficacia delle sanzioni: la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, nell’aprile del 2022, in un’intervista al quotidiano tedesco Bild, aveva affermato che «le sanzioni ogni settimana entrano più a fondo nell’economia russa: le esportazioni verso la Russia sono crollate del 70%, 700 aerei russi hanno perso la licenza per mancanza di pezzi di ricambio e aggiornamenti software. Centinaia di grandi aziende e migliaia di esperti stanno voltando le spalle al Paese. Secondo le attuali previsioni, il prodotto interno lordo in Russia crollerà dell’11%. Il fallimento nazionale della Russia è solo questione di tempo». Ora si apprende, invece – dai dati dell’FMI – che in un contesto di recessione globale, i Paesi della zona euro saranno quelli più colpiti dal rallentamento economico. Dunque, se le sanzioni hanno indubbiamente creato dei problemi a Mosca, allo stesso tempo non ne hanno decretato quel crollo che il mondo occidentale si attendeva e auspicava. Hanno indebolito notevolmente, invece, la forza commerciale del Vecchio continente rallentandone la produzione industriale a causa degli alti costi energetici.

Anche lo stesso FMI ha dovuto rivedere più volte le stime di crescita dell’economia russa: inizialmente, infatti, aveva previsto una contrazione della crescita dell’8,6%, a luglio la previsione era scesa al 6% e ad ottobre al 3,2%. Intanto, l’economia moscovita ha dimostrato la sua enorme resistenza grazie alle manovre della governatrice della Banca centrale russa, Elvira Nabiullina, e all’apprezzamento del rublo, dovuto in buona parte dalla mossa strategica del Cremlino di esigere i pagamenti delle forniture energetiche in rubli piuttosto che in dollari o euro. Tutto ciò ha scosso gli interi equilibri economici internazionale dando il via a nuovi sistemi di pagamento globali che stanno progressivamente intaccando l’egemonia del dollaro come moneta di riferimento negli scambi internazionali.

Il ministro delle finanze russo, Anton Siluanov, ha affermato che il calo del Pil russo nel 2022 è stato pari al 2,7%, spiegando anche che nel 2023 il calo potrebbe continuare: «Gli ultimi dati mostrano che il PIL per l’anno in corso scenderà a circa il 2,7%, è ancora possibile che il calo continui l’anno prossimo, secondo le nostre previsioni», ha asserito. Anche l’economia di Mosca, dunque, è stata colpita dal rallentamento globale e dalle sanzioni occidentali. Tuttavia, queste ultime non solo non hanno avuto l’effetto dirompente desiderato dall’Occidente, ma hanno anche aperto le possibilità all’emergere di nuovi sistemi finanziari e nuove rotte commerciali proprio come antidoto alle sanzioni. Non a caso, il primo ministro russo Mikhail Mishustin ha dichiarato in una riunione del governo che le previsioni negative degli analisti occidentali sulla situazione economica in Russia non si sono avverate. In particolare, «il PIL del paese per 11 mesi è diminuito solo del 2% rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso, nonostante tutte le sanzioni», ha affermato.

La classifica stilata in base ai dati dell’FMI non mette solo in luce l’inesattezza delle analisi e delle previsioni occidentali riguardo al crollo di Mosca, ma mostra anche come l’economia occidentale sia destinata nel medio-lungo periodo ad essere soppiantata dalle potenze asiatiche se la tendenza media di crescita proseguirà nello stesso modo: l’India, infatti, quest’anno ha sostituito il Regno Un