Denuncio al mondo ed ai posteri con i miei libri tutte le illegalità tacitate ed impunite compiute dai poteri forti (tutte le mafie). Lo faccio con professionalità, senza pregiudizi od ideologie. Per non essere tacciato di mitomania, pazzia, calunnia, diffamazione, partigianeria, o di scrivere Fake News, riporto, in contraddittorio, la Cronaca e la faccio diventare storia. Quella Storia che nessun editore vuol pubblicare. Quelli editori che ormai nessuno più legge.

Gli editori ed i distributori censori si avvalgono dell'accusa di plagio, per cessare il rapporto. Plagio mai sollevato da alcuno in sede penale o civile, ma tanto basta per loro per censurarmi.

I miei contenuti non sono propalazioni o convinzioni personali. Mi avvalgo solo di fonti autorevoli e credibili, le quali sono doverosamente citate.

Io sono un sociologo storico: racconto la contemporaneità ad i posteri, senza censura od omertà, per uso di critica o di discussione, per ricerca e studio personale o a scopo culturale o didattico. A norma dell'art. 70, comma 1 della Legge sul diritto d'autore: "Il riassunto, la citazione o la riproduzione di brani o di parti di opera e la loro comunicazione al pubblico sono liberi se effettuati per uso di critica o di discussione, nei limiti giustificati da tali fini e purché non costituiscano concorrenza all'utilizzazione economica dell'opera; se effettuati a fini di insegnamento o di ricerca scientifica l'utilizzo deve inoltre avvenire per finalità illustrative e per fini non commerciali."

L’autore ha il diritto esclusivo di utilizzare economicamente l’opera in ogni forma e modo (art. 12 comma 2 Legge sul Diritto d’Autore). La legge stessa però fissa alcuni limiti al contenuto patrimoniale del diritto d’autore per esigenze di pubblica informazione, di libera discussione delle idee, di diffusione della cultura e di studio. Si tratta di limitazioni all’esercizio del diritto di autore, giustificate da un interesse generale che prevale sull’interesse personale dell’autore.

L'art. 10 della Convenzione di Unione di Berna (resa esecutiva con L. n. 399 del 1978) Atto di Parigi del 1971, ratificata o presa ad esempio dalla maggioranza degli ordinamenti internazionali, prevede il diritto di citazione con le seguenti regole: 1) Sono lecite le citazioni tratte da un'opera già resa lecitamente accessibile al pubblico, nonché le citazioni di articoli di giornali e riviste periodiche nella forma di rassegne di stampe, a condizione che dette citazioni siano fatte conformemente ai buoni usi e nella misura giustificata dallo scopo.

Ai sensi dell’art. 101 della legge 633/1941: La riproduzione di informazioni e notizie è lecita purché non sia effettuata con l’impiego di atti contrari agli usi onesti in materia giornalistica e purché se ne citi la fonte. Appare chiaro in quest'ipotesi che oltre alla violazione del diritto d'autore è apprezzabile un'ulteriore violazione e cioè quella della concorrenza (il cosiddetto parassitismo giornalistico). Quindi in questo caso non si fa concorrenza illecita al giornale e al testo ma anzi dà un valore aggiunto al brano originale inserito in un contesto più ampio di discussione e di critica.

Ed ancora: "La libertà ex art. 70 comma I, legge sul diritto di autore, di riassumere citare o anche riprodurre brani di opere, per scopi di critica, discussione o insegnamento è ammessa e si giustifica se l'opera di critica o didattica abbia finalità autonome e distinte da quelle dell'opera citata e perciò i frammenti riprodotti non creino neppure una potenziale concorrenza con i diritti di utilizzazione economica spettanti all'autore dell'opera parzialmente riprodotta" (Cassazione Civile 07/03/1997 nr. 2089).

Per questi motivi Dichiaro di essere l’esclusivo autore del libro in oggetto e di tutti i libri pubblicati sul mio portale e le opere citate ai sensi di legge contengono l’autore e la fonte. Ai sensi di legge non ho bisogno di autorizzazione alla pubblicazione essendo opere pubbliche.

Promuovo in video tutto il territorio nazionale ingiustamente maltrattato e censurato. Ascolto e Consiglio le vittime discriminate ed inascoltate. Ogni giorno da tutto il mondo sui miei siti istituzionali, sui miei blog d'informazione personali e sui miei canali video sono seguito ed apprezzato da centinaia di migliaia di navigatori web. Per quello che faccio, per quello che dico e per quello che scrivo i media mi censurano e le istituzioni mi perseguitano. Le letture e le visioni delle mie opere sono gratuite. Anche l'uso è gratuito, basta indicare la fonte. Nessuno mi sovvenziona per le spese che sostengo e mi impediscono di lavorare per potermi mantenere. Non vivo solo di aria: Sostienimi o mi faranno cessare e vinceranno loro. 

Dr Antonio Giangrande  

NOTA BENE

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WEB TV: TELE WEB ITALIA

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ANNO 2021

 

L’AMMINISTRAZIONE

 

OTTAVA PARTE

 

 

 

 

DI ANTONIO GIANGRANDE

 

 

  

 

 L’ITALIA ALLO SPECCHIO

IL DNA DEGLI ITALIANI

 

 

L’APOTEOSI

DI UN POPOLO DIFETTATO

 

Questo saggio è un aggiornamento temporale, pluritematico e pluriterritoriale, riferito al 2021, consequenziale a quello del 2020. Gli argomenti ed i territori trattati nei saggi periodici sono completati ed approfonditi in centinaia di saggi analitici specificatamente dedicati e già pubblicati negli stessi canali in forma Book o E-book, con raccolta di materiale riferito al periodo antecedente. Opere oggetto di studio e fonti propedeutiche a tesi di laurea ed inchieste giornalistiche.

Si troveranno delle recensioni deliranti e degradanti di queste opere. Il mio intento non è soggiogare l'assenso parlando del nulla, ma dimostrare che siamo un popolo difettato. In questo modo è ovvio che l'offeso si ribelli con la denigrazione del palesato.

 

IL GOVERNO

 

UNA BALLATA PER L’ITALIA (di Antonio Giangrande). L’ITALIA CHE SIAMO.

UNA BALLATA PER AVETRANA (di Antonio Giangrande). L’AVETRANA CHE SIAMO.

PRESENTAZIONE DELL’AUTORE.

LA SOLITA INVASIONE BARBARICA SABAUDA.

LA SOLITA ITALIOPOLI.

SOLITA LADRONIA.

SOLITO GOVERNOPOLI. MALGOVERNO ESEMPIO DI MORALITA’.

SOLITA APPALTOPOLI.

SOLITA CONCORSOPOLI ED ESAMOPOLI. I CONCORSI ED ESAMI DI STATO TRUCCATI.

ESAME DI AVVOCATO. LOBBY FORENSE, ABILITAZIONE TRUCCATA.

SOLITO SPRECOPOLI.

SOLITA SPECULOPOLI. L’ITALIA DELLE SPECULAZIONI.

 

L’AMMINISTRAZIONE

 

SOLITO DISSERVIZIOPOLI. LA DITTATURA DEI BUROCRATI.

SOLITA UGUAGLIANZIOPOLI.

IL COGLIONAVIRUS.

 

L’ACCOGLIENZA

 

SOLITA ITALIA RAZZISTA.

SOLITI PROFUGHI E FOIBE.

SOLITO PROFUGOPOLI. VITTIME E CARNEFICI.

 

GLI STATISTI

 

IL SOLITO AFFAIRE ALDO MORO.

IL SOLITO GIULIO ANDREOTTI. IL DIVO RE.

SOLITA TANGENTOPOLI. DA CRAXI A BERLUSCONI. LE MANI SPORCHE DI MANI PULITE.

SOLITO BERLUSCONI. L'ITALIANO PER ANTONOMASIA.

IL SOLITO COMUNISTA BENITO MUSSOLINI.

 

I PARTITI

 

SOLITI 5 STELLE… CADENTI.

SOLITA LEGOPOLI. LA LEGA DA LEGARE.

SOLITI COMUNISTI. CHI LI CONOSCE LI EVITA.

IL SOLITO AMICO TERRORISTA.

1968 TRAGICA ILLUSIONE IDEOLOGICA.

 

LA GIUSTIZIA

 

SOLITO STEFANO CUCCHI & COMPANY.

LA SOLITA SARAH SCAZZI. IL DELITTO DI AVETRANA.

LA SOLITA YARA GAMBIRASIO. IL DELITTO DI BREMBATE.

SOLITO DELITTO DI PERUGIA.

SOLITA ABUSOPOLI.

SOLITA MALAGIUSTIZIOPOLI.

SOLITA GIUSTIZIOPOLI.

SOLITA MANETTOPOLI.

SOLITA IMPUNITOPOLI. L’ITALIA DELL’IMPUNITA’.

I SOLITI MISTERI ITALIANI.

BOLOGNA: UNA STRAGE PARTIGIANA.

 

LA MAFIOSITA’

 

SOLITA MAFIOPOLI.

SOLITE MAFIE IN ITALIA.

SOLITA MAFIA DELL’ANTIMAFIA.

SOLITO RIINA. LA COLPA DEI PADRI RICADE SUI FIGLI.

SOLITO CAPORALATO. IPOCRISIA E SPECULAZIONE.

LA SOLITA USUROPOLI E FALLIMENTOPOLI.

SOLITA CASTOPOLI.

LA SOLITA MASSONERIOPOLI.

CONTRO TUTTE LE MAFIE.

 

LA CULTURA ED I MEDIA

 

LA SCIENZA E’ UN’OPINIONE.

SOLITO CONTROLLO E MANIPOLAZIONE MENTALE.

SOLITA SCUOLOPOLI ED IGNORANTOPOLI.

SOLITA CULTUROPOLI. DISCULTURA ED OSCURANTISMO.

SOLITO MEDIOPOLI. CENSURA, DISINFORMAZIONE, OMERTA'.

 

LO SPETTACOLO E LO SPORT

 

SOLITO SPETTACOLOPOLI.

SOLITO SANREMO.

SOLITO SPORTOPOLI. LO SPORT COL TRUCCO.

 

LA SOCIETA’

 

AUSPICI, RICORDI ED ANNIVERSARI.

I MORTI FAMOSI.

ELISABETTA E LA CORTE DEGLI SCANDALI.

MEGLIO UN GIORNO DA LEONI O CENTO DA AGNELLI?

 

L’AMBIENTE

 

LA SOLITA AGROFRODOPOLI.

SOLITO ANIMALOPOLI.

IL SOLITO TERREMOTO E…

IL SOLITO AMBIENTOPOLI.

 

IL TERRITORIO

 

SOLITO TRENTINO ALTO ADIGE.

SOLITO FRIULI VENEZIA GIULIA.

SOLITA VENEZIA ED IL VENETO.

SOLITA MILANO E LA LOMBARDIA.

SOLITO TORINO ED IL PIEMONTE E LA VAL D’AOSTA.

SOLITA GENOVA E LA LIGURIA.

SOLITA BOLOGNA, PARMA ED EMILIA ROMAGNA.

SOLITA FIRENZE E LA TOSCANA.

SOLITA SIENA.

SOLITA SARDEGNA.

SOLITE MARCHE.

SOLITA PERUGIA E L’UMBRIA.

SOLITA ROMA ED IL LAZIO.

SOLITO ABRUZZO.

SOLITO MOLISE.

SOLITA NAPOLI E LA CAMPANIA.

SOLITA BARI.

SOLITA FOGGIA.

SOLITA TARANTO.

SOLITA BRINDISI.

SOLITA LECCE.

SOLITA POTENZA E LA BASILICATA.

SOLITA REGGIO E LA CALABRIA.

SOLITA PALERMO, MESSINA E LA SICILIA.

 

LE RELIGIONI

 

SOLITO GESU’ CONTRO MAOMETTO.

 

FEMMINE E LGBTI

 

SOLITO CHI COMANDA IL MONDO: FEMMINE E LGBTI.

 

  

 

 

L’AMMINISTRAZIONE

INDICE PRIMA PARTE

 

 

SOLITO DISSERVIZIOPOLI. LA DITTATURA DEI BUROCRATI. (Ho scritto un saggio dedicato)

La Burocrazia Ottusa.

Il Diritto alla Casa.

Le Opere Bloccate.

Il Ponte sullo stretto di Messina.

Viabilità: Manutenzione e Controlli.

Le Opere Malfatte.

La Strage del Mottarone.

Il MOSE: scandalo infinito.

Ciclisti. I Pirati della Strada.

 

INDICE SECONDA PARTE

 

SOLITO DISSERVIZIOPOLI. LA DITTATURA DEI BUROCRATI. (Ho scritto un saggio dedicato)

L’Insicurezza.

La Strage di Ardea.

Armi libere e Sicurezza: discussione ideologica.

 

INDICE TERZA PARTE

 

SOLITA UGUAGLIANZIOPOLI. (Ho scritto un saggio dedicato)

Il Volontariato e la Partigianeria: Silvia Romano e gli altri.

Lavoro e stipendi. Lavori senza laurea e strapagati.

La Povertà e la presa per il culo del reddito di cittadinanza.

Le Disuguaglianze.

Martiri del Lavoro.

La Pensione Anticipata.

Sostegno e Burocrazia ai “Non Autosufficienti”.

L’evoluzione della specie e sintomi inabilitanti.

Malasanità.

Sanità Parassita.

La cura maschilista.

L’Organismo.

La Cicatrice.

L’Ipocondria.

Il Placebo.

Le Emorroidi.

L’HIV.

La Tripanofobia (o Belonefobia), ovvero la paura degli aghi.

La siringa.

L’Emorragia Cerebrale.

Il Mercato della Cura.

Le cure dei vari tumori.

Il metodo Di Bella.

Il Linfoma di Hodgkin.

La Diverticolite. Cos’è la Stenosi Diverticolare per cui è stato operato Bergoglio?

La Miastenia.

La Tachicardia e l’Infarto.

La SMA di Tipo 1.

L'Endometriosi, la malattia invisibile.

Sindrome dell’intestino irritabile.

Il Menisco.

Il Singhiozzo.

L’Idrocuzione: Congestione Alimentare. Fare il bagno dopo mangiato si può.

Vi scappa spesso la Pipì?

La Prostata.

La Vulvodinia.

La Cistite interstiziale.

L’Afonia.

La Ludopatia.

La sindrome metabolica. 

La Celiachia.

L’Obesità.

Il Fumo.

La Caduta dei capelli.

Borse e occhiaie.

La Blefarite.

L’Antigelo.

La Sindrome del Cuore Infranto.

La cura chiamata Amore.

Ridere fa bene.

La Parafilia.

L’Alzheimer e la Demenza senile.

La linea piatta del fine vita.

Imu e Tasi. Quando il Volontariato “va a farsi fottere”.

 

INDICE QUARTA PARTE

 

IL COGLIONAVIRUS. (Ho scritto un saggio dedicato)

Introduzione.

I Coronavirus.

La Febbre.

Protocolli sbagliati.

L’Influenza.

Il Raffreddore.

La Sars-CoV-2 e le sue varianti.

Il contagio.

I Test. Tamponi & Company.

Quarantena ed Isolamento.

I Sintomi.

I Postumi.

La Reinfezione.

Gli Immuni.

Positivi per mesi?

Gli Untori.

Morti per o morti con?

 

INDICE QUINTA PARTE

 

IL COGLIONAVIRUS. (Ho scritto un saggio dedicato)

Alle origini del Covid-19.

Epidemie e Profezie.

Quello che ci dicono e quello che non ci dicono.

Gli errori dell'Oms.

Gli Errori dell’Unione Europea.

Il Recovery Plan.

Gli Errori del Governo.

Virologi e politici, i falsi profeti del 2020.

CTS: gli Esperti o presunti tali.

Il Commissario Arcuri…

Fabrizio Curcio, capo della Protezione Civile.

Al posto di Arcuri. Francesco Paolo Figliuolo. Commissario straordinario per l'attuazione e il coordinamento delle misure sanitarie di contenimento e contrasto dell'emergenza epidemiologica Covid-19.

Fabrizio Curcio, capo della Protezione Civile.

 

INDICE SESTA PARTE

 

IL COGLIONAVIRUS. (Ho scritto un saggio dedicato)

2020. Un anno di Pandemia.

Gli Effetti di un anno di Covid.

Il costo per gli emarginati: Carcerati, stranieri e rom.

La Sanità trascurata.

Eroi o Untori?

Io Denuncio.

Succede nel mondo.

Succede in Germania. 

Succede in Olanda.

Succede in Francia.

Succede in Inghilterra.

Succede in Russia.

Succede in Cina. 

Succede in India.

Succede negli Usa.

Succede in Brasile.

Succede in Cile.

INDICE SETTIMA PARTE

 

IL COGLIONAVIRUS. (Ho scritto un saggio dedicato)

Vaccini e Cure.

La Reazione al Vaccino.

 

INDICE OTTAVA PARTE

 

IL COGLIONAVIRUS. (Ho scritto un saggio dedicato)

I Furbetti del Vaccino.

Il Vaccino ideologico.

Il Mercato dei Vaccini.

 

INDICE NONA PARTE

 

IL COGLIONAVIRUS. (Ho scritto un saggio dedicato)

Coronavirus e le mascherine.

Il Virus e gli animali.

La “Infopandemia”. Disinformazione e Censura.

Le Fake News.

La manipolazione mediatica.

Un Virus Cinese.

Un Virus Statunitense.

Un Virus Padano.

La Caduta degli Dei.

Gli Sciacalli razzisti.

Succede in Lombardia.

Succede nell’Alto Adige.

Succede nel Veneto.

Succede nel Lazio.

Succede in Puglia.

Succede in Sicilia.

 

INDICE DECIMA PARTE

 

IL COGLIONAVIRUS. (Ho scritto un saggio dedicato)

La Reclusione.

Gli Irresponsabili: gente del “Cazzo”.

Il Covid Pass: il Passaporto Sanitario.

 

INDICE UNDICESIMA PARTE

 

IL COGLIONAVIRUS. (Ho scritto un saggio dedicato)

Il tempo della Fobocrazia. Uno Stato Fondato sulla Paura.

Covid e Dad.

La pandemia è un affare di mafia.

Gli Arricchiti del Covid-19.

 

 

 

 

L’AMMINISTRAZIONE

OTTAVA PARTE

 

IL COGLIONAVIRUS. (Ho scritto un saggio dedicato)

·        I Furbetti del Vaccino.

Graziella Melina per "il Messaggero" il 9 giugno 2021. Mentre la campagna vaccinale procede spedita e gli hub sono presi d' assalto persino dai giovani, dietro le quinte non è infrequente assistere a qualche mugugno. Perché, seppure le inoculazioni siano le stesse, in realtà i vaccinatori sono pagati in modo differente. E non tutti ovviamente ne sono contenti. Per il momento la profilassi si svolge negli hub, ma presto potrebbe passare alle strutture del territorio. Proprio ieri il segretario nazionale della Federazione italiana medici di medicina generale, Silvestro Scotti, ha provato ad alzare la voce: «Basta open day - ha detto - bisogna vaccinare negli studi dei medici di famiglia per puntare sulla qualità della vaccinazione, somministrata da un medico che conosce bene il paziente che ha di fronte». In realtà, i medici vaccinatori che ora somministrano le dosi preferirebbero forse continuare con le inoculazioni negli hub. Per molti di loro, in effetti, il servizio è ben pagato. «Nel caso di medici dipendenti che somministrano il vaccino extra orario di lavoro - spiega Carlo Palermo, segretario nazionale dell'Anaao Assomed, l'associazione dei medici dirigenti ospedalieri - si tratta di produttività aggiuntiva, e quindi ogni ora viene pagata 80 euro lordi. Si chiama libera professione a favore dell'azienda, ed è regolata da leggi emanate durante l'emergenza. Sono stati stabiliti infatti finanziamenti ad hoc». La questione è diversa per gli specializzandi, che invece «vengono pagati 40 euro l'ora». Ma per tutti c' è un limite. «Non possono superare mediamente le 10 ore settimanali». Quindi, un medico può arrivare a guadagnare 3200 al mese, oltre allo stipendio; uno specializzando 1600, oltre alla borsa di studio. Per i medici di famiglia, i conti cambiano. «Se somministriamo il vaccino negli hub - sottolinea Pina Onotri, segretario generale del Sindacato medici italiani - ci vengono riconosciuti 6,16 euro a iniezione. Se invece lo facciamo nei nostri studi, abbiamo un surplus di 2,50 solo per la prima dose, per l'acquisto di dispositivi di protezione. Ricordiamo che gli Usca prendono 40 euro all'ora, altri medici che hanno risposto al bando di Arcuri 60. Mentre i peggio pagati siamo noi. Persino i farmacisti, nel Lazio prendono 12 euro a vaccino». I TEMPI Nel caso in cui la vaccinazione venisse fatta negli studi, molti medici lamentano però di non riuscire a conciliare la profilassi con le attività ordinarie. A meno che non si disponga di un periodo più lungo per completare le inoculazioni, come per la campagna antinfluenzale. E visto che ogni medico di famiglia può avere al massimo 1500 pazienti, i più organizzati alla fine potrebbero superare gli ottomila euro. Tra gli aspiranti vaccinatori, da diverso tempo anche i pediatri lamentano di essere stati tagliati fuori dalla campagna vaccinale. «Il protocollo di intesa che abbiamo sottoscritto quasi tre mesi fa - rimarca Paolo Biasci, presidente della Federazione italiana medici pediatri - rimanda ad accordi regionali. Prevedeva la vaccinazione dei caregiver, ossia dei genitori di pazienti fragili, che poi è stata fatta senza il nostro intervento. La prenotazione, infatti, è stata effettuata presso gli hub più o meno in tutte le regioni. Ora stiamo cercando di utilizzare quel protocollo per la vaccinazione dei bambini». Ma spetta alle Regioni stabilire un compenso. «Le tariffe vengono decise in base ad accordi regionali. Per la vaccinazione degli adulti si era stabilito un compenso di 6,16 lordi a somministrazione. Per i bambini mi auguro venga riconosciuto qualcosa di più». Se, come sperano, si arriverà a 15 euro a inoculazione, considerato che ogni pediatra nella fascia di età tra 12-16 anni ha in carico circa 200 bambini, a conti fatti si potrebbe arrivare a 3mila euro complessivi. Fuori dagli hub, pronti a vaccinare si sono pure i farmacisti. «Abbiamo firmato un accordo quadro nazionale che prevede 6 euro netti a inoculo - precisa Roberto Tobia, segretario nazionale di Federfarma - Poi, sono stati stipulati a livello regionale accordi integrativi con gli assessorati alla salute e, nella maggior parte dei casi, vanno a compensare spese che le farmacie devono sostenere per vaccinare. La disponibilità da parte nostra è massima, il problema è che devono arrivare i vaccini». Nel Lazio per la prima settimana sono stati distribuiti 25 dosi a farmacia (quindi 150 euro il compenso finale). «Speriamo di arrivare almeno a 100 a settimana, la potenzialità delle farmacie è sicuramente più elevata». E in un mese si potrebbe così arrivare a un compenso di 2400 euro. LA TERZA DOSE Intanto, c' è chi si sta attrezzando già per la terza dose. Nelle Marche si prevede di iniziare nell' ultima settimana di settembre, ricominciando dal personale sanitario.

Da “il Venerdì di Repubblica” il 4 maggio 2021. Cronaca della mia vaccinazione tanto attesa. Arrivo nel luogo dell'appuntamento, la coda in strada non solo è immensa ma anche scomposta, tutti che si spingono e si appiccicano sia pure con mascherine. Grido a una specie di sorvegliante immerso nel suo telefonino, sono un medico e sono molto arrabbiato per la vostra distrazione! Il giovanotto si spaventa e subito si dà da fare per tenerci separati. Entro nel padiglione, anche lì coda lunga e i soliti furbetti che con la scusa di dover fare la pipì, saltano la fila: e io grido, sono un giornalista di Repubblica e intendo denunciare la vostra incompetenza! Subito una serie di infermiere si dà da fare per ripristinare l'ordine. Mi vaccinano, mi dicono di fermarmi dieci minuti in una stanza: dopo trenta sono ancora lì e strepito «Sono un sacerdote e devo dire messa, non posso abbandonare i miei fedeli!» e in un baleno sono fuori! Un neofurbetto de Roma

La risposta di Natalia Aspesi: Non so da cosa ci venga questa voglia irrefrenabile di fregare gli altri, in ogni occasione: un po' credo come fosse un gioco, tanto per divertirsi a spese degli altri, un po' perché abbiamo bisogno di affermarci, di sentirci il più forte, meglio degli altri, l'eroe delle modeste vittorie che la vita ci concede. Guardi per esempio sui social: uno scrive una sua scemenza e subito gli altri gli rispondono a male parole per mostrare quanto il loro pensiero sia meglio: anche quando la penserebbero allo stesso modo. Uno degli orrori dei post mi pare sia proprio questo, il non far ragionare ma solo ingaggiare una battaglia a chi è più bravo. Quanto ai furbi del vaccino, che ce ne sono migliaia ad ogni livello, mi piacerebbe sapere quanti agli inizi erano no vax e adesso corrono a vaccinarsi. Però i furbetti piacciono molto, sono le star del momento, come quel giovanotto tutto grillino che ha più trasmissioni sulla rete del movimento, più su tutte le altre, e nel frattempo ha scritto una decina di libri, mentre un normale scrittore ne scrive uno ogni due o tre anni, o se davvero geniale, anche ogni dieci: parlo di Andrea Scanzi, giornalista, e lo nomino solo per dire che dopo aver pubblicato qui una letterina con mia risposta non adorante, ne ho ricevute una montagna: pochissime che mi davano ragione, tutte le altre mi sgridavano però devo dire, senza insulti, anzi molto deferenti. 

Da "Popotus - Avvenire" il 9 aprile 2021. Scoprirsi il braccio per la puntura, fare un bel sorriso sotto alla mascherina e clic: ecco fatto il "selfie del vaccino"! Mettersi in posa e scattarsi una fotografia nel momento esatto in cui si sta per ricevere la propria dose di vaccino anti Covid oggi non è affatto una cosa strana. Anzi, questo comportamento va molto di moda tra i personaggi famosi e i comuni cittadini. Se ne è accorto il New York Times - un quotidiano americano - che in un recente articolo si è domandato: perché mai dovremmo farci una foto mentre ci stanno facendo una puntura? Be', farsi immortalare durante la vaccinazione è un modo per dare il buon esempio e può servire a convincere a vaccinarsi le persone che ancora hanno paura dell' iniezione. «Se lo fa lui - pensa chi vede i selfie del vaccino - lo faccio anche io»; e questo è molto importante. I primi a mostrarsi davanti alle telecamere sono stati i politici, a cominciare dal presidente americano Joe Biden che ha ricevuto la sua dose in diretta tv; mentre il primo ministro greco si è presentato davanti all' obiettivo addirittura a petto nudo. Con il vaccino hanno posato anche l'imprenditore Bill Gates, il Dalai Lama e l' ex calciatore Pelé che alla vaccinazione indossava una maglia sportiva. Qualcuno invece ha deciso di fare l' esatto contrario: il presidente della Repubblica italiana Sergio Mattarella, per esempio, si è fatto fotografare mentre aspettava in coda la vaccinazione ma non ha voluto flash nel momento in cui la siringa è entrata in azione. La sua è stata una decisione apprezzata visto che, quando è esagerato, il selfie del vaccino rischia di diventare soltanto una scusa per fare pubblicità a se stessi più che al vaccino. Non è la prima volta che per fare pubblicità ai vaccini si usa la faccia (e il braccio) di persone famose, immortalate accanto all' infermiere di turno che completa l' iniezione davanti ai flash. Il caso più celebre è quello di Elvis Presley, un cantante famosissimo - all' epoca - che nel 1956 in uno studio televisivo si fece vaccinare (e fotografare) contro la poliomelite, una malattia che allora colpiva soprattutto bambini e ragazzi. L' anno prima alcune bellissime modelle francesi erano state immortalate mentre erano in fila per ricevere il vaccino contro il vaiolo, una malattia oggi scomparsa proprio grazie al successo di quelle iniezioni. Nel 1976 il presidente americano Gerald Ford posò sorridente mentre riceveva il suo vaccino contro un' influenza dell' epoca chiamata "suina"; nel 2009 fu il turno di Barack Obama, diventato presidente degli Stati Uniti, che si fece fotografare con una siringa contenete il vaccino antinfluenzale. Insomma, l' idea di conservare grazie a un' immagine il momento esatto del vaccino è vecchia e anzi, a ben vedere, è nata addirittura prima dell' invenzione della fotografia. Già alla fine del Settecento si diffusero disegni che rappresentavano le prime iniezioni contro i virus. Pensate che Edward Jenner, il medico britannico che creò il vaccino contro il vaiolo, fece realizzare delle immagini che lo ritraevano mentre somministrava una dose ai suoi figli; poi le distribuì per convincere i pazienti che l' antidoto che aveva inventato era talmente sicuro che non aveva paura di darlo nemmeno ai suoi stessi bambini.

Forse avete già diritto a vaccinarvi, ma nessuno ve lo ha ancora spiegato. Libero Quotidiano il 22 aprile 2021. Le regole per la campagna anti-Covid in Italia, come noto, variano sensibilmente da regione a regione, ma su alcuni punti c’è perfetta armonia. In particolare, le maglie per quanto riguarda i famosi “caregiver” (termine ormai abusato a causa dell’incredibile saga di Andrea Scanzi) sono abbastanza larghe e non c’è bisogno di particolari procedure. Una circolare del ministero ha chiarito che rientra nella categoria chiunque si prenda cura di un parente con le seguenti patologie:

Malattie respiratorie

Malattie cardiocircolatorie

Malattie neurologiche

Grave obesità (indice di massa corporea superiore a 35, cioè per un uomo alto 180 cm circa 115 chili)

Diabete/altre endocrinopatie

Insufficienza renale/patologia renale

Ipertensione arteriosa

Malattie autoimmuni/Immunodeficienze primitive

Malattia epatica

Malattie cerebrovascolari

Patologia oncologica

HIV

Disabili (legge 104)

Nota bene: non serve essere conviventi, basta dichiarare di dovervi prendere cura del vostro famigliare. E non in tutte le regioni è strettamente necessario prenotare: molti lettori ci segnalano di aver semplicemente chiamato un centro vaccinale per verificare la disponibilità di posti, ricevendo risposta affermativa. Si sono presentati e hanno fatto tutto. In Lombardia, per esempio, viene fornita un’autocertificazione che si può scaricare su Internet o compilare sul posto. Non serve passare dal medico.  Anzi, è consigliato presentarsi con il proprio parente direttamente il giorno della convocazione per il vaccino. Oppure si può prenotare sul portale (al massimo tre persone per ogni “soggetto fragile”) fornendo il codice fiscale e  il numero di tesserino sanitario dell’assistito. Nel Lazio la procedura è uguale, ma può iscriversi una sola persona per ogni malato. Per quanto riguarda gli oncologici, devono aver terminato i trattamenti non più di sei mesi fa. Come dicevamo, per i dettagli conviene fare una piccola ricerca sul portale della propria regione. Al di là di ciò, qui potete verificare quali sono le patologie che rientrano nella casistica.

P.s. l’impressione che ricavate da questa lettura è che la campagna vaccinale italiana sia nel caos? Liberi di pensarlo, ma vi diamo anche questo dato: il nostro Paese sta procedendo più velocemente degli Stati Uniti per quanto riguarda le somministrazioni. Gli Usa hanno usato meno dell'81% delle dosi distribuite, noi siamo oltre l'82%. Il problema è che a causa dei pessimi contratti stretti con le aziende farmaceutiche manca la materia prima: gli antivirus.

Camillo Langone per “il Foglio” il 15 aprile 2021, pubblicato da “Anteprima. La spremuta di giornali di Giorgio Dell’Arti”. Furono 12, su 1.225, i professori universitari che nel 1931 si rifiutarono di giurare fedeltà al regime fascista. Qualcuno mi dica quanti sono stati i professori universitari che nel 2021 hanno rifiutato di ricevere il vaccino in anticipo, per non scavalcare vecchi e malati. Undici? Dieci? Nove? Ancor meno? Magari tre professori di filosofia morale, due di pedagogia sociale? Fatemeli conoscere, voglio inchinarmi al loro cospetto... Ovviamente i no vax non contano, contano soltanto i docenti desiderosi di fare il vaccino però senza sottrarlo a persone più bisognose. I dodici eroi degli anni Trenta dimostrarono che, per quanto difficile, non è impossibile coniugare accademia e rettitudine. Se scoprissi che quest'anno nessun professore ha respinto lo schifosetto, stortignaccolo privilegio del vaccino anticipato dovrò dire che negli atenei italiani moralità e dignità sono estinte come il dodo dell'isola Maurizio. E che la definizione data nel 1909 da Gaetano Salvemini all'università di Napoli ("scuola superiore di mala vita") merita di essere rispolverata ed estesa.

"Io, psicologa, chiamata e poi cacciata al centro vaccinale": la lettera a Libero. Libero Quotidiano l'11 aprile 2021. Sono una psicologa, di quelle additate da Draghi con la frase «Smettete di vaccinare psicologi di 35 anni, priorità agli anziani». Sabato 10 aprile, alle ore 12, ricevo una telefonata da un numero privato. Rispondo ed è l’Ufficio Igiene che mi chiede se possa recarmi subito presso il centro vaccinale del mio Comune (Bisceglie, Puglia) per vaccinarmi «perché ora abbiamo disponibilità di dosi, poi potrebbe passare parecchio tempo per essere ricontattata». Rispondo che in mezz’ora sarei stata lì e così è stato.  Faccio la fila assieme a tanta altra gente e, dopo un’ora e mezza di attesa, quando finalmente mi siedo di fronte alla dottoressa che mi chiede il codice fiscale, il perché sia lì e quale sia il mio lavoro, ecco che la commedia del grottesco tocca il suo apice. Rispondo che «sono qui perché mi avete chiamata voi due ore fa» e che «nella vita faccio la psicologa psicoterapeuta e lavoro nel mio studio privato ed in un centro antiviolenza». Vedo l’espressione sul suo volto cambiare e mi sento dire «e no, gli psicologi li stiamo rimandando indietro. Però ora chiedo conferma alla mia collega». Arriva la conferma e la dottoressa mi congeda dicendomi «mi spiace, non può vaccinarsi. Sarà ricontattata». Ovviamente non sa neanche dirmi le tempistiche di questa nuova fantomatica chiamata. Personalmente sono rimasta sconcertata. Come può essere che una faccenda così seria vada in questo modo? Com’è possibile contattare persone per vaccinarle e poi rimandarle a casa senza vaccino?  Mi sono informata e ho scoperto che molti altri colleghi sono stati chiamati e poi fatti tornare indietro. Mi è stato detto che tutto è nato da una pessima gestione per cui gli psicologi sarebbero stati trattati a mo’ di tappabuchi, essendoci delle dosi di vaccino in più. Quando però quei buchi si sono tappati, perché al centro vaccinale si sono presentati altri over 80, noi psicologi siamo stati cacciati via, come fossimo l’ultima ruota del carro. Ora, caro Signor Premier e caro Signor Ministro della Salute, se il piano vaccinale l’avesse progettato e gestito mia nipote che ha tre anni, sono sicura che avrebbe funzionato meglio. Avete, giustamente, deciso l’obbligo vaccinale per tutti gli operatori sanitari e socio-sanitari, pena la sospensione dell’esercizio della professione; dopo un po’ vi siete ricordati che gli psicologi rientrano in questa categoria (vi era un attimo sfuggito!) e quindi l’obbligo è, ancora giustamente, anche per noi. Poi quella frase così infelice e discriminatoria sulla mia categoria (in assoluta antitesi con quanto da voi stessi deciso) e le Asl che vanno nel pallone. Di nuovo, caro Signor Premier e caro Signor Ministro della Salute, sono abituata a spingermi nei meandri più bui e contorti della mente e dell’animo umano, ma proprio non riesco a trovare un fil rouge nelle vostre parole e nel vostro (non) operato. Vi prego di illuminarmi. Non sto puntando i piedi come una bambina che vuole per forza il giocattolo (il vaccino in questo caso) ma trovo sconcertante, a tratti psicotica (per rimanere nell’alveo della mia professione), la vostra incoerenza. Io non sono una “furbetta”, non voglio rubare il posto a nessuno, io una coscienza ce l’ho. Sabato mattina stavo solo cercando di attenermi alle regole che voi avete deciso, non io. Infine, Signor Premier, ha avuto modo di leggere qualche ricerca scientifica in merito agli effetti psicologici della pandemia e al malessere e al disagio che questa ha provocato o accresciuto laddove preesistenti? Sa quanto è importante per i miei pazienti la possibilità di svolgere un percorso psicoterapeutico, soprattutto ora? E farlo in piena sicurezza, con gli operatori del settore il più possibile vaccinati? Signor Premier, Signor Ministro della Salute non vi chiamo con i vostri nomi e cognomi perché è al ruolo che ricoprite che mi rivolgo. La mia professione mi insegna ogni giorno quanto, per poter essere d’aiuto agli altri, io debba ascoltare, informarmi, cercare di capire, essere sinceramente interessata all’altro.  Ecco, seppur non siete psicologi, magari prendere spunto dalle caratteristiche che mettiamo in campo noi nella nostra professione per poter essere utili, potrebbe rendere più utili anche voi. Con delusione, dott.ssa Mariaceleste Petrelli

Vaccino, inchiesta a Biella: "Venti caregiver per un solo disabile". La denuncia del magistrato: ecco come saltano la fila. Libero Quotidiano il 10 aprile 2021. L'Asl di Biella sui "furbetti del vaccino" ha dato una risposta che non ha convinto il magistrato in pensione Antonio Rinaudo, responsabile dell'area giuridico amministrativa dell'Unità di Crisi del Piemonte. Rinaudo ha così inviato un esposto in Procura: "Ho trovato la relazione molto insoddisfacente. In un periodo in cui è andato smarrito ogni senso di solidarietà e in cui quella legata ai vaccini è diventata una monetizzazione del potere", ha spiegato il magistrato che è per una linea durissima contro i furbetti. Sono infatti sessanta gli iscritti al registro degli indagati nel Biellese. "Vengo considerato estremamente duro perché con me soltanto chi ha diritto può essere vaccinato, non concedo preferenze a nessuno. Neanche in quelle situazioni borderline in cui sarebbe facilissimo dire sì. Invece serve rigore", ha specificato Rinaudo parlando con il quotidiano La Stampa. Secondo Rinaudo bisogna occuparsi della galassia del volontariato. "E' aumentato il numero dei volontari ma bisogna capire se l'hanno fatto per dare una mano o volevano soltanto inserirsi. Lo stesso per i caregiver. Tutti sono diventati caregiver, un disabile se ne ritrova una ventina", precisa Rinaudo riferendosi proprio a quei familiari che assistono un loro congiunto ammalato e/o disabile. Lo stesso caso per cui è stato vaccinato Andrea Scanzi, il cui comportamento ha provocato una marea di polemiche. L'indagato più noto, il direttore dell'Unione Industriale Pier Francesco Corcione, ha voluto dire la sua spiegando di essere convinto di essere in regola, spiegando di aver, "ritenuto importante dare il buon esempio, perché considero il vaccinarsi un dovere sociale prima ancora che un diritto individuale". Ma secondo la Asl non avrebbe invece avuto alcun diritto quando  il 9 gennaio si vaccinò insieme con la commercialista Federica Casalvolone, con l'imprenditore Matteo Tempia e con l'avvocato Domenico Monteleone e a sua moglie Donatella Pelle. Le dosi Pfizer disponibili erano riservate ai sanitari.  

Mauro Zola per “la Stampa” il 10 aprile 2021. La risposta dell' Asl di Biella sui «furbetti del vaccino» non ha convinto il magistrato in pensione Antonio Rinaudo, responsabile dell' area giuridico amministrativa dell' Unità di Crisi del Piemonte, che ha inviato un esposto in Procura dando il via al caso giudiziario. «Ho trovato la relazione molto insoddisfacente», spiega Rinaudo, fautore della linea dura, anzi durissima contro i «furbetti». In un periodo in cui «è andato smarrito ogni senso di solidarietà» e in cui quella legata ai vaccini è diventata «una monetizzazione del potere». I sessanta iscritti al registro degli indagati nel Biellese rappresentano il peggior caso tra quelli emersi in Piemonte. «Che per il resto conta su una casistica eccellente». Anche grazie a una politica di tolleranza zero. «Vengo considerato estremamente duro perché con me soltanto chi ha diritto può essere vaccinato, non concedo preferenze a nessuno. Neanche in quelle situazioni borderline in cui sarebbe facilissimo dire sì. Invece serve rigore». E secondo Rinaudo resta ancora da esplorare la galassia del volontariato. «E' aumentato il numero dei volontari ma bisogna capire se l' hanno fatto per dare una mano o volevano soltanto inserirsi. Lo stesso per i caregiver. Tutti sono diventati caregiver, un disabile se ne ritrova una ventina». Se il giudizio dell' ex pm sull' operato dei dirigenti Asl è poco lusinghiero, questi puntano a farsi subito interrogare, con la speranza di uscire dall' indagine. «Una scelta doverosa sul piano etico - spiega il loro legale Domenico Duso -, in quanto funzionari pubblici». Fornisce una propria giustificazione anche l' indagato più noto, il direttore dell' Unione Industriale Pier Francesco Corcione, che si dice convinto di essere in regola e spiega di aver «ritenuto importante dare il buon esempio, perché considero il vaccinarsi un dovere sociale prima ancora che un diritto individuale». Secondo la stessa Asl non avrebbe invece avuto alcun diritto il 9 gennaio, quando si vaccinò insieme alla commercialista Federica Casalvolone, all' imprenditore Matteo Tempia, all' avvocato Domenico Monteleone e a sua moglie Donatella Pelle: erano i primi giorni e le dosi Pfizer erano riservate ai sanitari. E poi scelse non l' ospedale, ma una piccola casa di riposo.

Virginia Piccolillo per il “Corriere della Sera” il 9 aprile 2021. Tra i vaccinati che hanno saltato la fila anagrafica ricadendo nella categoria «altro», la più alta percentuale si trova in Sicilia, Campania, Calabria e Valle d' Aosta. Con il sospetto che si sia voluto favorire «gli amici degli amici», il presidente della Commissione antimafia, Nicola Morra, annuncia su Facebook che chiederà gli elenchi dei vaccinati. A scorrere i dati, l' anomalia balza agli occhi. Su 11.850.555 dosi, quelle non destinate a over 80, a ospiti delle Rsa, a operatori sanitari, a personale «non sanitario» o scolastico e alle forze armate sono state 2.236.752. Più della metà delle 4.106.273 dosi degli over 80. Un gruppo che attira l' attenzione dei pm. Ieri 23 avvisi di garanzia a Biella per dirigenti, avvocati, commercialisti e vertici dell' Asl vaccinati a gennaio con dosi per i sanitari. «Gli accertamenti proseguono» ha detto il procuratore di Teresa Angela Camelio. A Oristano in 15 avrebbero vaccinato chi non era in fila. Ben 695.235 somministrazioni ad «altri» sono censite in Sicilia, Campania, Calabria che subiscono l' aggressione di mafia, camorra e 'ndrangheta, fa notare Morra, che vi aggiunge anche la Valle d' Aosta e dichiara di aver concordato questa iniziativa con Paolo Lattanzio, coordinatore in Antimafia del comitato sulla prevenzione e repressione delle attività predatorie della criminalità organizzata durante l' emergenza sanitaria. «La sovrapposizione iniziale di criteri per le vaccinazioni - piattaforma unica, poi medici di base, poi sindaci, poi ancora piattaforme - ha generato caos sulla scelta delle priorità e, diceva Falcone, dove gli amministratori sono inadeguati, là governa la mafia. E così se in molte regioni, sud incluso, la priorità dei più fragili è stata rispettata, in quelle più infiltrate dalla criminalità no», spiega Morra. In Campania, dove le somministrazioni sono state poco meno di un milione, le dosi destinate ai fuori lista sono state 297.193, più di quelle agli over 80, 295.250. Stessa cosa in Sicilia: meno dosi agli anziani (213.164) che agli «altri» (301.329). Idem in Valle d' Aosta: 87.804 ai nonni e 88.867 ai fuori lista. In Calabria quasi alla pari dosi agli ultraottantenni (88.867) e ai «chissà-perché» (88.030). Le inchieste già lo rendono evidente. «Porta chi vuoi facciamo che gli facciamo il tampone a tutti... pure ai gatti», diceva, intercettato, Vincenzo Cesareo, direttore sanitario di Cetraro, indagato per truffa. «Vorrei vedere i dati scorporati per provincia», dice Morra convinto che i vaccini siano strumento di potere e consenso delle mafie. «Si rende conto che sono dati sensibili?» chiede Gennaro Migliore (Iv) appellandosi a presidenti di Camera e Senato contro l' iniziativa «più da Facebook che da Antimafia». «Rispetto i diritti di tutti - risponde Morra -. Ma c' è anche quello dell' Antimafia indagare sulla sanità, tra le maggiori fonti di guadagno delle mafie, come mostrò l' omicidio Fortugno».

Cesare Zapperi per il “Corriere della Sera” il 26 marzo 2021. Regione che vai, categorie che trovi. Fra avvocati, studenti di Medicina, costruttori di presidi sanitari e stretti collaboratori di politici, l'Italia dei furbetti (dal cartellino al vaccino, la filosofia è sempre la stessa) offre il suo ricco campionario di soggetti che, a cavallo tra regole e libere interpretazioni delle stesse, mettono la freccia di sorpasso e si garantiscono l'immunità dal Covid prima di anziani e pazienti fragili. In Campania, dove il presidente Vincenzo De Luca fu tra i primi ad attirarsi un vespaio di critiche per essersi proposto a braccio nudo come testimonial non richiesto della campagna vaccinale, è di questi giorni il caso sollevato dal consigliere regionale leghista Giampiero Zinzi sulla composizione piuttosto allargata dell'Unità di crisi per comprendervi collaboratori dello staff del governatore (dall'addetto alle relazioni esterne ad altri dirigenti) che nel loro incarico non sarebbero sottoposti a particolari rischi di contagio. Dalla Giunta regionale è stata diffusa una nota per sottolineare che «sono state rispettate le norme di legge». In Puglia sono state aperte due inchieste: una dei carabinieri del Nas, coordinata dalla Procura di Bari, e l'altra del Nirs, un nucleo ispettivo della Regione. Il Nas ha acquisito l'elenco dei vaccinati e ha constatato la presenza di un numero esagerato di operatori sanitari e di volontari (molti si sarebbero iscritti ad associazioni solo per avere il vaccino). Inoltre risultano vaccinati venti minorenni: 12 under 16 e otto 17enni. Tra gli immunizzati anche artigiani, cinque amministratori locali e commercianti mentre proseguono a spron battuto le iniezioni di tutti gli studenti della facoltà di Medicina di Bari, comprese le matricole. A Brindisi erano iniziate le vaccinazioni dei magistrati ma dopo le parole di Draghi e del commissario Figliuolo è stato imposto lo stop. Gli avvocati sarebbero arrivati dopo, ma non hanno fatto nemmeno in tempo a iniziare. La Toscana è la Regione che più ha fatto parlare di sé. Per almeno due ragioni. La prima è aver inserito tra le categorie con diritto di precedenza quelle degli avvocati (tra questi, per via del doppio ruolo, sono finiti anche alcuni politici nazionali, regionali e comunali) e dei magistrati. La seconda è aver previsto, sul portale dedicato alle prenotazioni, in fondo all'elenco dei soggetti vaccinabili con priorità una indefinibile categoria «altro» che ha aperto una breccia nella quale si sono infilate migliaia di persone. È per questo che risultano iscritti cuochi, camerieri, insegnanti di discipline sportive, professori d'orchestra, ballerine e modelle. I carabinieri hanno acquisito un elenco di 57 mila nomi per verificare quanti tra questi avevano davvero il diritto di precedenza. Un'inchiesta è stata avviata anche ad Arezzo per chiarire come vengono compilate le liste dei cosiddetti «panchinari» dopo che è scoppiata la polemica per la vaccinazione del giornalista Andrea Scanzi. In Sicilia nelle scorse settimane si è proceduto a immunizzare a prescindere dall'età avvocati e magistrati. Poi è arrivato lo stop. Dalla scorsa settimana si vaccinano a pieno ritmo i fragili. Per il particolare capitolo dei «furbetti del vaccino» sono state aperte alcune inchieste: nel mirino i centri di Ragusa, Petralia, il Giglio di Cefalù, Villa delle Ginestre, Fiera del Mediterraneo e Civico di Palermo. Ha fatto scalpore il caso del sindaco di Corleone, Nicolò Nicolosi, travolto dalle polemiche per avere usufruito tra i primi del vaccino. L'8 marzo ha annunciato le dimissioni (ha anche ricevuto una busta con un proiettile), ma i sindaci del territorio ieri gli hanno chiesto di ripensarci con un documento ufficiale. Ma qui e là da diverse zone d'Italia rimbalzano notizie di fascicoli aperti dalla magistratura per appurare se tutti i soggetti che si sono presentati ai centri di vaccinazione o sono in lista ne abbiano i requisiti. In Piemonte sono al lavoro gli inquirenti di Ivrea e di Biella (pare che un centinaio di autocertificazioni fossero poco rispondenti a verità). Un caso particolare, non classificabile come forma di furbizia ma certo poco lineare, si è verificato infine ieri a Chiuduno (Bergamo) dove tutte le dosi previste sono state inoculate malgrado il flop totale delle convocazioni regionali perché le persone si sono presentate grazie al passaparola.

Lorenzo De Cicco per “Il Messaggero” il 26 marzo 2021. Dopo la psicosi, i certificati fasulli. Per schivare la dose di AstraZeneca, vaccino autorizzato e iper-verificato dall'Aifa e dall'Ema, c'è chi ha inventato addirittura di essere «estremamente vulnerabile», presentandosi al centro dell'Asl col referto firmato dal medico di famiglia e chiedendo di avere Pfizer o Moderna. Peccato appunto che la «fragilità grave», talmente grave da giustificare il cambio del tipo di farmaco, fosse inventata. Hanno scoperto il trucco i sanitari delle Asl: finora sono stati accertati già 30 casi nel Lazio, 15 solo alla Nuvola, il centro congressi diventato il principale hub di somministrazione dell'azienda sanitaria Roma 2. Azienda che ora ha deciso di vederci chiaro, avviando controlli sugli attestati timbrati dai dottori.

LE ESENZIONI. Dopo il balletto sul limite d'età (prima fissato a 65 anni, poi sdoganato per tutti), per il siero prodotto dal colosso anglo-svedese AstraZeneca non ci sono quasi più limiti. A parte alcune patologie davvero gravi, una lista corta. Per esempio: non basta essere cardiopatici, bisogna avere uno «scompenso cardiaco in classe avanzata» oppure essere pazienti «post shock cardiogeno» per essere vaccinati obbligatoriamente con Pfizer o Moderna. Altro caso: non è sufficiente essere in sovrappeso, AstraZeneca non va iniettato soltanto agli obesi gravi, col «BMI», l'indice della massa corporea, superiore a 35. Vale a dire il livello di un uomo alto un metro e 80 che pesa oltre 115 chili. Qualche dottore però è stato di manica larga. Al punto di scrivere sul certificato che il mutuato da vaccinare, con la prenotazione per AstraZeneca già in tasca, era talmente «vulnerabile» da dover ricevere un siero diverso. Il raggiro, almeno in una trentina di casi, è stato scoperto dai medici dei centri vaccinali. Per i quali cambiare il tipo di dose all'ultimo minuto non è facile: alcuni hub infatti sono attrezzati per somministrare soltanto AstraZeneca, altri inoculano solo Pfizer o Moderna. Cambiare in corsa quindi rischia di stravolgere la programmazione, già resa precaria dall'arrivo a singhiozzo delle fiale nei super-congelatori. Il rischio è che, con una boccetta già aperta, la dose possa andare sprecata. Ecco perché l'Asl Roma 2, dove si è verificato il maggior numero di casi finora, sta indagando sui certificati. Per accertare le responsabilità dei dottori che li hanno firmati. «Negli ambulatori di base c'è molta pressione ultimamente», racconta Antonio Magi, presidente dell'Ordine dei medici di Roma. Gli strascichi della querelle su AstraZeneca, del tutto infondata a livello scientifico, si vedono ancora. Nonostante tutte le agenzie di controllo, sia quella europea che quella italiana, abbiano confermato la sicurezza e l'efficacia dell'antidoto. «Trattare con le persone non è sempre facile - dice Magi - molti pazienti sono ancora spaventati, senza motivo. C'è chi si presenta negli studi. Magari hanno anche patologie, ma lievi, non tali da giustificare il cambio di farmaco. Non basta essere malati: se ti presenti all'hub della Asl ingessato per una frattura, non è che puoi definirti fragile». Per il capo dell'Ordine ora deve passare un concetto: «Il tipo di vaccino non si può scegliere, anche se perfino le Asl e le farmacie stanno litigando per contendersi le fiale di Johnson & Johnson. Ma in questa fase dobbiamo vaccinare il prima possibile tutti, con le dosi che ci sono. È l'unico modo per ridurre la circolazione del virus».

Gli errori delle Regioni ci costano 150 morti al giorno. Claudio Marincola su Il Quotidiano del Sud il 25 marzo 2021. C’è una contabilità parallela alla serale elencazione quotidiana dei lutti: quelli che si sarebbero potuti evitare se tutte le Regioni non avessero proceduto in ordine sparso. Un calcolo che analisti e statistici conoscono bene. L’unità di misura è la morte: dai 150 ai 100 decessi da Covid in meno al giorno. Sarebbe bastato che anziché stabilire ognuna un suo criterio di priorità, un elenco delle categorie alle quali dare la precedenza, le regioni avessero vaccinato i più anziani, fragili e disabili, come è avvenuto in altri Paesi europei dove il virus con tutte le sue varianti è meno letale. I nostri 20 piccoli stati hanno seguito invece regole molto diverse tra loro. Chi ha vaccinato avvocati, chi giornalisti, chi operatori della giustizia, chi cuochi e addetti alle mense, mettendo tutti in un calderone, senza distinzione di età e percentuali di rischio. Persino con i sanitari che avevano la precedenza assoluta si sono seguiti criteri diversi, inserendo anche amministrativi in smart-working e operatori di servizi non proprio essenziali. Con un diversa impostazione della campagna vaccinale il conteggio sarebbe meno drammatica. Il professor Matteo Villa, ricercatore dell’Ispi (Istituto di politica internazionale), ha raccolto e analizzato i numeri della Pandemia. Spiega: «Con una campagna vaccinale concentrata sugli ultraottantenni avremmo dimezzato i decessi e invece li riduciamo solo di un quinto. A causa della diversa distribuzione dei vaccini – ha calcolato Villa – abbiamo tra i 150 e 100 morti in più al giorno. E questo ci dà l’idea di quanti danni può fare non aver centrato questa campagna. Nella prima fase il 16% di dosi è andato a persone che non ne avevano urgenza. Vuol dire che almeno 1 o 2 due dosi su 10 sono andate a chi avrebbe potuto aspettare. Si sono persi due mesi».

LOMBARDIA: 11 MILIONI PER UN SERVIZIO GRATUITO. Villa, – intervistato di recente da Radio1 – ha messo il dito nella piaga. «Con poche dosi a disposizione abbiamo deciso di darle a persone che forse, almeno non tutte, se lo meritavano. Persone non facenti parte del sistema sanitario e con un rischio molto basso, utilizzando oltretutto il Pfizer fino a rimanerne senza». In alcuni Paesi europei i benefici dei vaccini hanno già dato risultati incoraggianti. Noi stiamo ancora troppo indietro ma un piccolo miglioramento c’è. «Stanno diminuendo le vittime con più di 90 anni – ha rimarcato Villa – mentre la percentuale degli ultraottantenni vaccinati ha superato il 40 %». Sotto questo soglia, solo al 3% delle persone tra i 70 e 79 anni è stato somministrato il vaccino. Nel Regno Unito tutti gli over 50 sono stati vaccinati». Le dosi di AstraZeneca che ha ricevuto il Regno Unito (15 milioni) sono state di poco inferiori a quelle ricevute dal resto dei Paesi Ue. Ma qualcosa comunque non torna. Prendiamo le convocazioni. In alcune regioni, ad esempio la Lombardia, sono stati usati gli sms, in altre semplici telefonate, in altre istituita un’agenda. Sbagliando destinatari, con destinazioni in alcuni casi molto lontane dal luogo di residenza. E solo nelle ultime 48 ore si è cominciato a vaccinare i pazienti allettati. L’utilizzo di diverse piattaforme informatiche ha generato altro caos. Cinque regioni si sono rifiutate di utilizzare il portale gratuito di Poste italiane. Tra queste, inizialmente, la Lombardia, costretta a fare marcia indietro. Il Pirellone aveva preferito affidare il sistema delle prenotazioni ad un call center esterno sborsando più di 11 milioni di euro. Con risultati che ora sono sotto gli occhi di tutti e che hanno comportato alle le dimissioni in blocco del Cda di Aria Spa.

IL RIFIUTO DELLA TOSCANA: «FACCIAMO DA SOLI». In questa dissennata gestione del siero chi ha fatto peggio, contro ogni previsione, sono le regioni del Nord. La Basilicata, tanto per fare un esempio, entro il 3 aprile prossimo avrà somministrato la prima dose Pfizer a tutti gli over 80. Nel Lazio, che spera di tornare arancione, da domani si vaccinerà anche di notte accettando le prenotazioni delle classi 52/53. Ieri si è toccato il record delle 25 mila inoculazioni in un giorno. In Toscana il governatore Eugenio Giani si è rifiutato di armonizzare i portali della regione utilizzando per le prenotazioni Poste italiane. «Il nostro funziona regolarmente, cambiare in corsa sarebbe peggio», ha detto. Nessuna parola però sui 70 mila fragili che non sono riusciti a prenotarsi. Nelle Marche circa ventimila persone considerate categoria prioritaria, impiegati e amministrativi meno esposti al Covid , hanno già ricevuto la prima dose. Cosa che è riuscita ai non deambulanti over 80, impossibilitati a recarsi nei 15 punti vaccinali. Il consigliere regionale pd, Antonio Mastrovincenzo ha presentato un’interrogazione. Vuol vederci chiaro, capire come mai «1.888 persone che non sono personale sanitario, sono rientrate nella categoria degli addetti ai servizi in contatto con i pazienti mentre nelle Rsa solo in 145 hanno ricevuto il vaccino». Senza parlare delle 40 mila dosi avanzate, della cancellazione delle prenotazioni, delle fiale Astrazeneca destinate a pazienti incompatibili per le loro patologie, convocati e poi rimandati a casa. Non stiamo parlando dei furbetti. Ma del “modello Andrea Scanzi”. La corsia preferenziale per aggirare la fila adducendo la qualsiasi. I genitori malati, le fragilità presunte, l’inoculazione last minute per non disperdere il prezioso siero. In teoria, in Pandemia comanda lo Stato, come confermato di recente dalla Corte costituzionale. Definisce le categorie prioritarie, detta gli obblighi, indica le raccomandazioni vaccinali, fissa i paletti. Manca però un documento vincolante che stabilisca gli obiettivi regionali. Solo così, adottando un decreto ad hoc, lo Stato avrebbe potuto intervenire correggendo le inefficienze. In assenza di atti normativi resta solo un’offerta di collaborazione generica alle regioni. Aiuto che i governatori rispediscono regolarmente al mittente.

La Toscana ha vaccinato pure i maestri di danza prima di anziani e fragili. I Nas stanno verificando quanti di loro abbiano hanno ricevuto uno dei vaccini rivolti agli ultraottantenni, ai fragili, al personale sociosanitario e agli operatori del 118. Gabriele Laganà - Sab, 03/04/2021 - su Il Giornale.  La campagna di vaccinazione attuata in Toscana nel mirino dei Nas dei carabinieri di Firenze. I militari hanno controllato la lista del personale scolastico che nella Regione ha già ricevuto la prima dose di AstraZeneca, circa 72mila persone, scoprendo che tra loro ci sono anche insegnanti delle scuole di musica e delle scuole di danza, molte delle quali chiuse in questo periodo. Il Nucleo antisofisticazioni e sanità, come racconta La Nazione che ha portato alla luce il caso, sotto il comando del maggiore Andrea Davini sta lavorando per appurare quanti di loro abbiano hanno ricevuto il vaccino Pfizer, rivolto prioritariamente al personale sociosanitario e agli anziani over 80, e Moderna, utilizzato per pazienti fragili e operatori del 118. Non va dimenticato che in Toscana il numero di over 80 a cui è stata somministrata almeno la prima dose del farmaco anti-Covid risulta essere decisamente basso. Secondo gli ultimi dati aggiornati a ieri, infatti, sono oltre 220mila, a cui aggiungere i 19mila ospiti delle case di riposo, su circa 320mila soggetti totali. Per questo motivo il governatore Giani ha annunciato che l’Asl è pronta a supportare i medici di famiglia che, per un motivo o per un altro, non dovessero riuscire a vaccinare gli anziani inclusi in questa categoria a casa o in ambulatorio. L’obiettivo, come conferma il segretario Fimmg regionale Alessio Nastruzzi, è riuscire ad immunizzarli tutti entro metà maggio. Il numero degli ultraottantenni a cui è stata somministrata almeno una prima dose stona se paragonato alla generica voce di "altri vaccinati" che include oltre 170mila persone che si sono sottoposti alla prima inoculazione. Ma non è tutto. Perché anche i numeri, ben più piccoli, delle categorie prioritarie sono altro motivo di riflessione: oltre 46mila tra i 75 e i 79 anni, solo 7.300 tra i 70 e i 74, 32mila estremamente vulnerabili, 11mila operatori sociosanitari, oltre 16mila dirigenti medici, 11mila altro personale del comparto sanitario, oltre 7mila medici convenzionati e altrettanti amministrativi, oltre 4mila medici di medicina generale e, infine, 7mila tecnici del comparto. Proprio sulla voce "altri" il Nas ha rilevato una notevole presenza di personale non sanitario e non appartenente alle categorie prioritarie. Un caso su cui ora si farà luce. I ritardi e le presunte corsie preferenziali che potrebbero essere state utilizzate dai cosiddetti "furbetti del vaccino" non fanno altro che ritardare la fine dell’incubo coronavirus.

MISERIA E NOBILTÀ. I furbetti del vaccino e l’Europa - Servono Orgoglio Sud e Grande Nord che non ha nulla a che vedere con i carrozzoni regionali. Roberto Napoletano su Il Quotidiano del Sud il 25 marzo 2021. Un milione di amici degli amici dei Capetti delle Regioni e il disastro Lombardia. Non si può avere un Capo del governo italiano che detta le danze in Europa, scopre il doppio gioco di alcune multinazionali sui vaccini, e correre il rischio che i soliti Capetti delle Regioni del Nord moltiplichino il numero dei morti e blocchino il Paese con i soldi degli altri mentre si scopre che Bari ha una rete digitale veloce superiore a quella di Milano. Bisogna avere un’idea di Paese e perseguire un progetto organico di sviluppo che è incompatibile con la logica dei venti Staterelli. Miseria e Nobiltà. Non sono medici. Non sono infermieri. Non sono operatori sanitari. Non sono insegnanti. Non appartengono alle Forze dell’ordine. Sono perfetti sconosciuti. Non rientrano in nessuna delle categorie comprese nel piano vaccinale del ministero della Salute. Sono un milione. Sono gli amici degli amici dei Capetti delle Regioni. Hanno assorbito una dose su dieci delle fiale disponibili. Non hanno superato la ottantina. Non sono nemmeno nella fascia tra i settanta e gli ottanta. Avete capito bene: una dose su dieci è finita nel braccio sbagliato perché i micro interessi corporativi sgretolano anche le liste jolly; c’è sempre una corsia preferenziale per gli amici degli amici dei Capi degli staterelli del più ridicolo dei federalismi mondiali della irresponsabilità. Una vergogna assoluta. La Toscana del granduca Giani che ha la palma dell’ultimo posto per i vaccinati over 80 troneggia nella top ten di Gimbe dei “perfetti sconosciuti” anche se potrà dire che il doge veneto Zaia e il re della Sinistra Padronale emiliano-romagnola Bonaccini lo umiliano nella stessa classifica. Poiché nelle piccole e grandi clientele l’Italia riesce a essere unita, come potevano il re delle due Sicilie Musumeci e lo sceriffo campano De Luca non guidare le danze dei raccomandati e come poteva mancare nella lista perfino il mite Zingaretti che di certo non ha sfigurato con il suo Lazio nella campagna vaccinazioni? Questa è l’Italietta costitutiva dei furbi di uno Stato Arlecchino dove sono negati perfino i diritti di cittadinanza di venti milioni di persone nella sanità e nella scuola come nei trasporti senza che la borsa piena di trasferimenti pubblici impedisca alle Regioni più foraggiate d’Italia di fare spesso peggio di tutti e di eccellere in clientelismo perfino sui lutti da pandemia. Quello che sta succedendo in Lombardia, diciamocelo chiaro, è oltre ogni decenza: non c’è città piccola o grande della regione locomotiva dell’economia italiana dove ogni giorno centinaia di anziani non siano stati convocati per vaccinarsi nel posto sbagliato. Qui non si è riusciti per giorni e giorni a fare funzionare il sistema informatico più pagato d’Italia (Aria) e l’unica cosa che accade è un indecente balletto di responsabilità dove tutti sono contro tutti. Si arriva perfino a azzerare il Cda della società che ha sbagliato senza pudore lasciando al suo posto il capo azienda e consentendogli addirittura di attaccare il Commissario Bertolaso e i direttori generali della Regione. Siamo alla Sagunto lombarda e lo vogliamo dire chiaro chiaro: non siamo più disposti ad accettare il solito copione per cui il solito Bonaccini comincia a dire che non è colpa delle Regioni. Lombardia compresa, sua storica alleata in tutto. Esattamente come hanno fatto lui e gli altri con il trasporto locale costringendo il povero Conte a subire i loro ricatti per cui mentre l’alta velocità è stata costretta a viaggiare al 50% e non ha visto un euro di compensazione i Capetti hanno preteso l’80% di posti occupabili che poi senza controlli diventa il 100% più una compensazione in moneta sonante di un altro 20%. Per cui hanno perfino lucrato sulla pandemia per sistemare i loro bilanci e hanno fatto correre il virus fino a fare chiudere le scuole. Che per molti di loro sono sempre state meno importanti di tutto e di tutti. Da Rovigo alle privilegiatissime Valle D’Aosta e Friuli Venezia Giulia, dal Piemonte alla Liguria con i loro conti sanitari in rosso pre-Covid. Mentre brulicano scandali e inchieste con le solite corporazioni a dettare legge ovunque, i Capi dei carrozzoni regionali che hanno scavato voragini nel bilancio pubblico italiano degli ultimi dieci anni per finanziare clientele di ogni tipo, ripetono il solito copione che è quello del più incapace di tutti che parla e si atteggia come il primo della classe. Lo Stato è uno e l’Italia pure. Le scelte del governo sono state nette con il ruolo della protezione civile e la gestione unificata dell’emergenza. Le regole devono essere comuni e devono essere rispettate da tutti allo stesso modo. I Capi delle Regioni la smettano di fare le star in tv a sproposito e imparino a eseguire gli ordini con diligenza. Si applichino per fare, non per straparlare. Non si può avere un Capo del governo italiano che detta le danze in Europa, scopre il doppio gioco di alcune multinazionali sui vaccini, esercita una leadership riconosciuta da tutti che produce cambi di rotta nel Vecchio Continente e correre il rischio che i soliti Capetti delle Regioni moltiplichino il numero dei morti e blocchino il Paese con i soldi degli altri. Se nessuno ve lo ha mai detto così, noi ve lo diciamo in faccia: AVETE STUFATO! Questo è il governo di unità nazionale che deve fare la Nuova Ricostruzione. L’annuncio di 2800 assunzioni qualificate per rivitalizzare le pubbliche amministrazioni dei Comuni meridionali e la scoperta (dati Open Polis) che Bari ha una rete digitale ultra veloce superiore a quella di Milano ci dicono che si è imboccata finalmente la strada giusta e che troppi sono i luoghi comuni con cui il Paese deve fare i conti per rimettersi in carreggiata e tornare a correre. Servono Orgoglio Sud e il pragmatismo del Grande Nord che non ha proprio nulla a che vedere con i carrozzoni regionali e i loro Capetti. Bisogna avere un’idea di Paese e perseguire un progetto organico di sviluppo che è incompatibile con la logica dei venti Staterelli. Miseria e Nobiltà, appunto.

Figliuolo firma l'ordinanza: "Dosi vaccino rimaste date a chi è disponibile". Il nuovo commissario lo aveva annunciato a Che tempo che fa: "Se ci sono le classi prioritarie che possono utilizzarle bene, sennò si va su classi vicine e sennò chiunque passa va vaccinato". Federico Garau - Lun, 15/03/2021 - su Il Giornale. Sul delicato tema vaccini il generale Francesco Figliuolo, nuovo commissario straordinario per l'emergenza coronavirus, aveva annunciato un cambio di marcia e così ha fatto. Nell'ordinanza firmata in queste ultime ore, infatti, si legge che le dosi di siero rimanenti a fine giornata potranno essere destinate a chi sarà disponibile in quel momento. Intervenuto nel corso della trasmissione Che tempo che fa, Figliuolo aveva ancora una volta rimarcato l'importanza di agire in fretta. "Dobbiamo andare a regime con 500.000 vaccinazioni al giorno per arrivare a fine settembre con l'80% degli italiani vaccinati. Più vaccini, più personale, più vaccinatori, più centri dove vaccinare", aveva spiegato, aggiungendo di avere la massima fiducia nella popolazione. "Per la fine del mese arriveremo intorno a 15 milioni di dosi, nel prossimo trimestre 52 e in quello dopo 84", aveva aggiunto, riconoscendo anche il merito del presidente del Consiglio Mario Draghi per quanto riguarda la questione forniture. Con l'arrivo del vaccino Johnson&Johnson (monodose, stabile e più facile da trasportare), il commissario aveva quindi annunciato di attendere ben 25 milioni di dosi nel secondo e terzo trimestre. Durante il suo intervento a Che tempo che fa, Francesco Figliuolo aveva quindi rivelato di stare pensando anche alla somministrazione delle dosi di vaccino: "Questo discorso lo voglio approfondire, perché bisogna utilizzare il buonsenso. Se ci sono le classi prioritarie che possono utilizzarle bene, sennò si va su classi vicine e sennò chiunque passa va vaccinato. Questo bisogna fare".

L'ordinanza. Detto fatto. Proprio oggi è arrivata l'ordinanza firmata dal commissario straordinario per l'emergenza Covid. Nel documento si legge che "in sede di attuazione del Piano strategico nazionale dei vaccini per la prevenzione del Sars-Cov-2 richiamato in premessa, le dosi di vaccino eventualmente residue a fine giornata, qualora non conservabili, siano eccezionalmente somministrate, per ottimizzare l'impiego evitando sprechi, in favore di soggetti comunque disponibili al momento, secondo l'ordine di priorità individuato dal Piano nazionale e successive raccomandazioni". Insomma, l'obiettivo è proprio quello di non sprecare dosi di vaccino già di per sé così difficili da reperire. In particolare si fa riferimento ai sieri Pfizer e Moderna, che devono essere somministrati entro poche ore dall'apertura della fiala. Al termine della giornata, utilizzati o meno, i vaccini aperti devono essere buttati. Da qui la decisione del commissario di coinvolgere anche altre categorie rimaste al di fuori degli elenchi, rispettando comunque, quando possibile, le priorità.

Il piano vaccinale del Generale. Come essere vaccinati senza prenotazione, l’ordinanza anti spreco di Figliuolo. Redazione su Il Riformista il 16 Marzo 2021. L’obiettivo è quello di arrivare a “500mila somministrazioni al giorno” di vaccino, per immunizzare “almeno l’80% della popolazione entro il mese di settembre”. E per raggiungerlo, il Commissario straordinario Generale Francesco Paolo Figliuolo ha firmato un’ordinanza con cui dispone che “in sede di attuazione del Piano strategico nazionale dei vaccini per la prevenzione da SARS-CoV-2, le dosi di vaccino eventualmente residue a fine giornata, qualora non conservabili, siano eccezionalmente somministrate, per ottimizzarne l’impiego evitando sprechi, in favore di soggetti comunque disponibili al momento, secondo l’ordine di priorità individuato dal Piano nazionale e successive raccomandazioni”. Un provvedimento anti-spreco che segue le parole pronunciate qualche giorno fa a Che tempo che fa, in cui dichiarava che bisognava “vaccinare chiunque passi”. Al momento sono 2.003.391 gli italiani vaccinati con il richiamo delle due dosi, come risulta dai dati del ministero della Salute. Mentre sono 6.715.732 i vaccini somministrati in tutta Italia, pari all’85,1% delle 7.891.990 dosi finora distribuite a tutte le regioni. “Bisogna utilizzare il buonsenso”, è il pensiero del Commissario. “Se ci sono le classi prioritarie che possono utilizzarlo bene, altrimenti si va su classi vicine o sennò chiunque passa va vaccinato. Sarebbe delittuoso non vaccinare tutori e i caregiver”. E sulle forniture di vaccini ha assicurato: “A fine mese arriveremo a 15 milioni di dosi di vaccini, nel prossimo trimestre ne avremo 52 milioni, nel terzo 84 milioni di dosi. C’è stata una forte azione del presidente Draghi sui vertici delle case farmaceutiche, ho sentito quasi tutti gli amministratori delegati. Ad aprile inizierà ad arrivare Johnson &Johnson, un vaccino monodose, con circa 25 milioni di dosi nel secondo trimestre, che è come averne 50 milioni”. “Ci sarà un momento in cui – conclude – quando i vaccini arriveranno in massa, si potrà fare fuoco con tutte le polveri. Satureremo tutti i centri, tutti i punti: ci si presenterà e ci si vaccinerà, così si chiude la partita”.

Mauro Evangelisti per "il Messaggero" il 23 marzo 2021. Qualcosa non torna nella strategia delle vaccinazioni anti Covid in Italia: la fascia di età tra i 20 e i 29 anni, in cui per fortuna c' è un bassissimo tasso di letalità (0,001 per cento), è stata vaccinata molto di più di quella compresa tra i 70 e i 79 anni, per la quale invece quella percentuale è vicina al 10 per cento. Detta in modo brutale: tra i settantenni contagiati 1 su 10 muore, tra i ventenni 1 su 100.000. Ma l' Italia sta proteggendo più i secondi dei primi. I numeri fotografati a ieri pomeriggio lo spiegano. Vaccinati nella fascia di età 70-79 anni: 313.391; vaccinati tra i 20 e i 29 anni: 572.549. C' è un altro modo per raccontare questa storia: tra i 70 e i 79 anni sono morti 24.773 italiani, tra i 20 e i 29 anni i decessi sono stati 51, eppure vacciniamo più i ventenni.

GLI ULTIMI. Non solo in termini assoluti, ma anche in percentuale: ad oggi solo il 5 per cento dei settantenni ha ricevuto almeno una dose, tra i ventenni siamo ben oltre il 9 per cento. La classe di età tra i 70 e i 79 anni è penalizzata in qualsiasi confronto. Addirittura, se il paragone si fa con i cinquantenni (50-59) scopriamo che c' è un rapporto di uno a 5. Chiaro? Per ogni cinque cinquantenni vaccinati c' è appena un settantenne. Solo gli ottantenni, come è giusto che sia, sono stati immunizzati (prima dose) più dei cinquantenni. E anche quarantenni e trentenni hanno ricevuto più iniezioni dei penalizzati settantenni. Ma come siamo arrivati a questo paradosso per cui una delle classi di età con il tasso di letalità più alto (solo gli ultraottantenni sono più a rischio) è la meno vaccinata? In parte ha contribuito l' incertezza della partenza iniziale del vaccino di AstraZeneca, che era stato autorizzato solo per gli under 55 (ora non c' è più questo limite); in parte c' entra la sacrosanta decisione di proteggere gli operatori sanitari e le forze dell' ordine prima di tutti; ma la vera ragione del buco nero è il criterio delle «categorie da tutelare» che non solo ha rallentato la vaccinazione e offerto praterie a furbizie e corsie preferenziali, ma ha in sostanza penalizzato i settantenni. Nell' assai sindacabile casella delle «professioni a rischio» è stato inserito di tutto, dai magistrati agli avvocati ai giornalisti. Inoltre, si è scelto di puntare su scuole e università, per proteggere insegnanti e personale. In apparenza una buona idea, nella pratica l' inizio del caos, perché abbiamo vaccinato prima il giovane assistente universitario, il quarantenne tecnico di laboratorio dell' ateneo, l' atletico insegnante di ginnastica del liceo, mentre scuole e università sono chiuse ovunque. E intanto il 79enne, molto più a rischio visti i tassi di letalità, sta ancora aspettando e chissà quando potrà vaccinarsi in alcune regioni-lumaca. Altri Paesi, ad esempio Israele, hanno deciso di procedere con il principio delle fasce di età, in questo modo hanno perso meno tempo, sono stati molto più veloci, hanno protetto prima i più fragili e oggi vedono un crollo dei ricoveri, nell' interesse di tutti, anche di chi va a scuola. A completare un andamento poco comprensibile e frastagliato, visto che ogni Regione fa scelte differenti, c' è il ritardo nell' immunizzare i fragili. Pensare che, laddove gli anziani sono stati protetti - Rsa - i risultati si vedono. Il report dell' Istituto superiore di sanità spiega: «L' incidenza, nell' ultima settimana di febbraio e nelle prime di marzo, raggiunge valori sovrapponibili o inferiori a quelli della prima settimana di ottobre (0,6%), in controtendenza rispetto all' andamento generale dell' epidemia. Un calo di decessi si osserva tra fine gennaio e marzo 2021, fino a raggiungere lo 0,6% dei residenti di Rsa per anziani non autosufficienti».

INSUCCESSO. Osserva il professor Massimo Galli, primario di Malattie infettive del Sacco di Milano: «C' è stato un elemento a causare questo risultato di avere vaccinato più i ventenni dei settantenni: è più facile trovare i più giovani, perché sono operatori sanitari, dipendenti della scuola, membri delle forze dell' ordine; per gli anziani, invece, bisognava avere la capacità di organizzarsi e di portarli nei centri vaccinali. Ciò che è successo è sotto gli occhi di tutti». Abbiamo sbagliato a disperdere le forze in mille categorie - avvocati, magistrati, scuole, università - invece di concentrarle per proteggere chi rischia maggiormente la vita in caso di contagio? «Non sarebbe stato un errore puntare su alcune categorie se fossimo stati più rapidi nel vaccinare gli anziani. Le Regioni non hanno ancora finito gli ottantenni, non hanno gestito i grandi fragili. Ci sono stati anche problemi organizzativi, non conta solo la carenza di dosi. In Lombardia finalmente ci si è accorti che c' è un reale problema nel sistema di convocazione degli anziani».

IL PAESE DI "LEI NON SA CHI SONO IO".

Filippo Facci per "Libero quotidiano" l'11 marzo 2021. Tutti sono utili, solo io sono indispensabile: devono pensarlo in parecchi, questo pretesto per cercare di procacciarsi il vaccino prima di altri e, soprattutto, a discapito di altri: perché qui non si tratta solo di segnalare che un cialtrone è un cialtrone - siamo abituati - ma di ricordare che un vaccino illegittimo ritarderà un vaccino legittimo, e magari urgente, atteso magari da una persona anziana e a rischio. Ora, nel ricordare che un certo Sergio Mattarella si è vaccinato solo martedì - esempio di persona anziana e, forse, di categoria professionale non irrilevante - il semplice sbirciare la mappa dei furbetti del vaccino, anche superficialmente, lascia intendere che quella italiana sia davvero una malattia endemica. Sintomi: il bisogno di sentirsi a tutti i costi più furbi degli altri, più raccomandati, privilegiati, con una spruzzata eventuale di panico ansiogeno. Da dove cominciamo? Forse dalla Campania, dove le cosiddette «categorie prioritarie» hanno fatto sentire tutti prioritari e hanno risvegliato un po' tutte le categorie, complice un confuso piano vaccinale ereditato dal governo precedente (anche se il ministro della Sanità è lo stesso) dove la scarsa disponibilità di vaccini, la tipologia degli stessi, la corrispondenza a determinati target di età e alla loro conservazione sono tutte cose che possono orientare l'utilizzo verso determinate categorie. Insomma, non è semplice, ma dovrebbe essere possibile. Ci sono gli ultraottantenni, gli insegnanti ora anche universitari (a scuole chiuse) e naturalmente le forze dell'ordine: tutte categorie esposte. Ma a quanto pare si sentono molto esposti e necessari - oltre ai medici - anche i farmacisti, i biologi, i veterinari, i chimici, gli psicologi, i paramedici tipo infermieri e ostetriche. E poi ci sarebbero i fornitori di apparecchiature elettromedicali, gli assistenti dei dentisti, anche i giornalisti - da vergognarsi - e ovviamente i magistrati. Tutta gente che spinge, mentre un sacco di anziani aspettano. Ma un conto è chiedere vaccini (o pretenderli) e un altro è fare vere e proprie truffe da furbetti del vaccino, destinati a spuntare come funghi sinché non arriveranno farmaci sufficienti e potrà partire una vera campagna di massa. In Toscana, sulla piattaforma regionale per la prenotazione del personale scolastico - diviso in 24 categorie professionali precise, più la generica voce «altro» - si sono messe in lista e ormai vaccinate 58mila persone: tra queste, però, un migliaio è riuscito a figurare nella categoria «altro» con le scuse più fantasiose. Morale: la voce «altro» è sparita. Sino a oggi, poi, sempre in Toscana, la categoria degli avvocati era stata inserita tra il personale degli uffici giudiziari (che è ridicolo) ma sta di fatto che, su 8.600 vaccini fatti, oltre settemila sono andati proprio a loro, agli avvocati. E intanto ci sono, ricordiamo ancora, anziani che aspettano, e anche esponenti delle forze dell'ordi ne. Certo è un casino. È successo che qualche Asl, selezionando i vaccinandi in base all'esenzione dal ticket prevista per patologia, abbiano chiamato persone morte o altre che paradossalmente invocavano la privacy sui propri dati. Un altro mondo incasinato è quello dei volontari del soccorso 118: non ci sono piattaforme di prenotazione. A Milano hanno poco da tirarsela: hanno beccato 220 furbetti che si erano prenotati usando un link riservato degli ospedali; l'hanno scoperto il San Paolo e il San Carlo dopo una serie di verifiche e controlli incrociati. È tutta gente che era ben consapevole di non essere autorizzata: hanno tentato di fregare, punto. E intanto, sempre nel milanese, ci sono casi come quelli di una 95enne cui hanno fissato l'appuntamento a mezzanotte con un sms (per il mattino dopo alle 8.00) e questo per vaccinarsi a 30 chilometri di distanza. In Sicilia naturalmente fanno sempre le cose sul serio: fioccano indagini penali e delle procure di Palermo e di Termini Imerese. Sotto la lente di ingrandimento sono finiti i centri di vaccinazione di Corleone, Petralia Sottana, il Giglio di Cefalù, Villa delle Ginestre, Policlinico, Fiera del Mediterraneo e Civico di Palermo: non sappiamo che cosa stiano combinando, ma non promette tanto bene; ci sono state delle segnalazioni dei carabinieri del Nas su decine di presunti furbetti in veste di assessori, amministratori locali, un ex magistrato, addirittura un alto prelato ed esponenti delle forze dell'ordine a cui il vaccino è stato somministrato prima che rientrassero tra le categorie autorizzate. Avevano fretta. Sta di fatto che a Corleone, qualche giorno, fa si è dovuto dimettere il sindaco: questo dopo un'altra indagine dei Nas che ha rilevato come il primo cittadino e tutti gli assessori - tra questi il figlio del direttore sanitario dell'ospedale di Corleone - hanno avuto un vaccino Pfizer ciascuno, compreso di richiamo: anche se non figuravano in nessuna lista. La scusa-cazzata del sindaco è da incorniciare: si è vaccinato perché il suo ruolo comportava «enormi responsabilità nel contenere e prevenire il diffondersi della pandemia» e questo lo obbligava «a preservare il mio stato di salute per corrispondere quotidianamente ai tanti bisogni della comunità corleonese». Poveraccio, l'hanno obbligato. Accadeva mentre c'era quell'altro anziano siciliano che ancora aspettava il suo turno, come si chiama: Sergio Mattarella. Una persona evidentemente meno necessaria del sindaco di Corleone. Da un'isola all'altra, passiamo in Sardegna e precisamente a Sassari, dove il ragionamento è stato «se non mi vaccino io, allora neanche tu». Traduzione: le profilassi anti-Covid dei magistrati, previste dal tribunale di Sassari insieme a quelle del personale in servizio nei tribunali, sono state annullate perché hanno protestato indovinate chi? Gli avvocati. I quali - diversamente dalla sciocchezza che si erano inventati in Toscana - non sono stati inseriti tra il «personale giudiziario» e allora hanno fatto fuoco e fiamme. Le vaccinazioni avrebbero dovuto cominciare lunedì, ma le proteste dei legali erano già fioccate per esempio a Cagliari, col presidente Aldo Luchi che su Facebook aveva scritto un post intitolato «Come si alimentano le diseguaglianze». Un estratto: «La vaccinazione dei soli magistrati e del personale non farà altro che alimentare la percezione già molto diffusa di costoro come una casta, immagine che auspico la magistratura organizzata saprà smentire, dissociandosi apertamente da questa iniziativa settaria». Traduzione nostra: siamo una casta anche noi, il vaccino a noi niente? Morale: niente e nessuno. Meglio così. Aspettino il loro turno. In salute, se possibile.

Puglia, in un mese 7mila vaccinazioni anti Covid «anomale»: è caccia ai «furbetti». Lo sostiene il presidente della I commissione Sanità del Consiglio regionale, Fabiano Amati (Pd) che oggi ha ricevuto gli elenchi dei vaccinati per le verifiche sui chi non ne aveva diritto. La Gazzetta del Mezzogiorno il 16 Aprile 2021. In Puglia, solamente nella fase 1, tra dicembre e gennaio, sarebbero state effettuate oltre 7mila vaccinazioni anti Covid «anomale»: lo sostiene il presidente della I commissione Sanità del Consiglio regionale, Fabiano Amati (Pd) che oggi ha ricevuto gli elenchi dei vaccinati per le verifiche sui presunti «furbetti». «Limitando l’osservazione al periodo dicembre-gennaio - spiega - risultano 7.305 vaccinazioni anomale, prescindendo dagli operatori sanitari su cui c'è bisogno di approfondimento perché cresciuti a dismisura. Dicono questo, a prima vista, gli elenchi dei vaccinati sino al 12 aprile scorso». Secondo Amati, tra il 27.12.2020 - 31.01.2021, «risultano ammessi al beneficio della vaccinazione 6.593 operatori non sanitari in Rsa, 389 persone prive di indicazioni sulla categoria professionale di appartenenza, 243 persone adibite ad altra attività lavorativa a rischio, diversa cioè da quella di operatore sanitario in strutture ospedaliere o Rsa e 14 persone con attività a contatto con animali. Dati decisamente anomali». Sino al 12 aprile ci sono anche 66 minorenni vaccinati, di cui «23 per appartenenza a categoria non specificata, 34 alla categoria degli operatori sanitari, 5 operatori sanitari in RSA, 3 operatori scolastici e 1 forze di polizia». 

Nicola Apollonio per “Libero Quotidiano” il 16 aprile 2021. Prendo in prestito un vecchio adagio che ben ci sta per fotografare la difficile situazione che si è venuta a creare in Puglia nella campagna di vaccinazione contro il Covid-19: Piove sul bagnato! Il guaio è che non si tratta di una pioggerellina, ma di una specie di temporale. È sceso in campo persino l' autorevole giornale inglese Financial Times per dire che «la Puglia è forse il miglior esempio del sistema disfunzionale delle vaccinazioni», con particolare riferimento ai furbetti che mettono in pericolo la vita di molti anziani over 80. Ed è proprio questa la nota dolente che sta mettendo in ansia la fascia più debole della popolazione, costretta a dover fare i conti non solo con i vaccini che arrivano col contagocce ma, soprattutto, con quella massa di strafottenti catalogati nella categoria "altro". Quasi l' 8% delle somministrazioni effettuate in Puglia fino a pochi giorni fa (56mila su 708mila). Tanto che lo stesso commissario Francesco Paolo Figliuolo si è visto costretto a chiedere per la seconda volta al presidente Emiliano e all' assessore Lopalco di spiegare che cosa ci sia dentro quell'"altro", un calderone nel quale si sospetta che possano nascondersi i famigerati "furbetti", cioè tutte quelle persone che avrebbero ottenuto una somministrazione del vaccino senza averne titolo. Se ne stanno occupando anche i Nas su delega del pm barese Baldo Pisani, per verificare se corrisponde al vero ciò che si racconta, e cioè che una dose su 5 sia stata somministrata a persone che non rientravano nelle categorie previste dalle circolari del Dipartimento della salute. Ma si dice pure che qualcuno stia lucrando sul vaccino vendendo dosi in cambio di soldi, mentre ci sono persone quasi centenarie, come la signora Giuseppina Tundo di Aradeo, in provincia di Lecce, 96 anni, che da giorni aspetta di avere inoculato il famoso siero. Ora, tutto si può dire meno che il duo Emiliano-Lopalco abbia marciato spedito. Il fatto stesso che la Puglia si trovi ancora in fascia rossa vuol dire che i programmi e le strategie messe finora in atto non hanno funzionato come ci si auspicava. E per questo, giorni fa, richiesto dai capigruppo e promosso dalla presidente del Consiglio regionale Loredana Capone, si è avuto un incontro con l' assessore alla sanità Pierluigi Lopalco, presente anche il vice presidente di Anci Puglia, Domenico Vitto, durante il quale sono state rappresentate le tante difficoltà che hanno caratterizzato finora l' intera campagna di vaccinazione. Non esclusa la polemica sul personale sanitario che non si è ancora sottoposto alla vaccinazione e che lo stesso Lopalco ha definito «un rifiuto non corretto e non deontologico per medici e infermieri». Sulla vicenda ha fatto sentire la propria voce anche Fdi, secondo cui «la Puglia è impietosamente ultima in Italia per le vaccinazioni»; e ha tirato in ballo uno studio dei ricercatori di YouTrend dal quale risulterebbe che dare la priorità alle persone anziane sia la migliore strategia possibile per combattere e vincere la pandemia. Che è quello che vanno predicando da tempo alcuni politici accorti. Sembra, però, che in Puglia non voglia proprio tornare il sereno.

(ANSA il 28 aprile 2021) Una ventina di persone è indagata ed ha ricevuto l'invito a rendere interrogatorio nell'ambito delle indagini della Procura di Bari sui 'furbetti' del vaccino contro il Covid. Le ipotesi di reato sono di false dichiarazioni sulle qualità personali, truffa, inosservanza dei provvedimenti dell'autorità, falso ideologico e falso in documenti informatici. Le contestazioni fanno riferimento alle prime settimane della campagna vaccinale, perché da metà febbraio la Regione Puglia ha allargato le maglie con una serie di circolari. I 20 indagati, soprattutto residenti a Bari ed Altamura (Bari), risultano vaccinati come operatori sanitari, ma non lo sono. Si tratterebbe, ad esempio, di dipendenti di studi medici oppure di impiegati di aziende che hanno rapporti professionali con gli ospedali. Il falso ideologico e il falso in documentazione informatica riguarderebbero l'errata compilazione dei prestampati delle persone sottoposte a vaccinazione: per questo - è l'ipotesi accusatoria - i vaccinatori sarebbero stati complici dei vaccinati. La truffa è ipotizzata invece - sempre in concorso con il personale sanitario da identificare - perché alcune dosi sono state tolte agli aventi diritto. (ANSA).

Inchiesta sui furbetti, indagato anche sindaco del Barese. Replica immediata di Raimondo Innamorato, primo cittadino di Noicattaro: «Nessun privilegio». La Gazzetta del Mezzogiorno il 28 aprile 2021. C'è anche il sindaco di Noicattaro, Raimondo Innamorato, tra gli indagati della Procura barese nell'inchiesta sui «furbetti» dei vaccini. I magistrati, com'è noto, stanno inviando informazioni di garanzia a 53 persone, tra le quali alcuni noti imprenditori baresi, per aver usufruito della vaccinazione anti Covid, sebbene fuori dalle fasce d'età o dalle liste di soggetti fragili autorizzate. «Ho appreso di essere coinvolto nell’indagine sui "vaccinati fuori lista". Il 30 aprile sarò ascoltato per chiarire formalmente la mia posizione, già ampiamente rappresentata pubblicamente nei mesi scorsi»: ha scritto Innamorato sulla sua pagina facebook. «Avevo personalmente auspicato di avere la possibilità di chiarire il prima possibile la mia assoluta buona fede e serenità d’animo in questa vicenda. Fare chiarezza servirà a mettere la parola fine a questa vicenda e a ribadire la mia estraneità alle accuse che mi sono state rivolte in questi mesi». Innamorato, come da lui stesso raccontato all’epoca, è stato vaccinato il 6 gennaio. «Era il giorno dell’Epifania ed erano venute meno delle persone in lista - aveva spiegato il sindaco - . Non ho ricevuto alcun privilegio per il mio ruolo. C'era una dose di vaccino avanzata che sarebbe andata buttata e la Asl ha proposto a me di farla».

I CONTROLLI DEL NIRS. Puglia, tra i «furbetti» dei vaccini anche alcune decine di minorenni. L'accusa: «Tolte dosi a chi poi è morto». Si tratta di ragazzi tra i 14 e i 17 anni, che sono riusciti a vaccinarsi pur non avendone diritto. Con loro anche alcune decine di persone che hanno approfittato della dicitura "volontari". La Gazzetta del Mezzogiorno il 3 aprile 2021. Dallo scorso dicembre a metà febbraio in Puglia ci sono anche alcune decine di minorenni, tra i 14 e i 17 anni, che sono riusciti a vaccinarsi pur non avendone diritto. Con loro anche alcune decine di persone che hanno approfittato della dicitura 'volontari' ai quali era concesso il vaccino prima di una circolare regionale che ne ha specificato la tipologia, ovvero i volontari del servizio 118, quelli che portano le bombole a casa dei pazienti con il Covid, e quelli che lavorano nel servizio di emergenza-urgenza. Sembrerebbe anche che fino a marzo alcuni volontari del 118, pur avendone diritto, non avevano ancora fatto il vaccino perché mancavano le dosi. Sono questi alcuni dei dati che emergerebbero dalle inchieste del Nucleo ispettivo regionale sanitario (Nirs) su quanti si sarebbero vaccinati non avendone diritto, dichiarando in particolare di essere operatori socio-sanitari quando, all’inizio della campagna vaccinale, c'erano pochi controlli. Su come i minorenni abbiano potuto ottenere la vaccinazione, il coordinatore del Nirs, avvocato Antonio La Scala, non sa dare una spiegazione: «Non so come abbiano fatto, quel che è certo è che non ne avevano assolutamente diritto». Gli «sleali» che si sono vaccinati senza averne diritto «hanno tolto il vaccino a persone che ne avevano bisogno e che poi, in molti casi, sono morte». Lo afferma il coordinatore Nucleo ispettivo regionale sanitario (Nirs), avvocato Antonio La Scala, a proposito di quanti sono riusciti a vaccinarsi in Puglia, tra lo scorso dicembre e metà febbraio, pur non rientrando tra le categorie previste dal piano vaccinale. Tra questi, a quanto emergerebbe dalle indagini del Nirs, ci sono anche alcune decine di persone che hanno approfittato della dicitura 'volontarì ai quali era concesso il vaccino prima di una circolare regionale che ne ha specificato la tipologia. In merito ai volontari, infatti, La Scala spiega che in tanti sono andati a iscriversi ad associazioni di volontariato per ottenere il diritto a vaccinarsi. Poi la Regione ha specificato che avevano diritto solo i volontari del servizio 118, quelli che portano le bombole a casa dei pazienti con il Covid, e quelli che lavorano nel servizio di emergenza-urgenza.

Roberta Grima per ilgiornale.it il 7 aprile 2021. Vaccini al clero. Lunedì scorso un centinaio di sacerdoti della diocesi di Taranto e Castellaneta sono stati vaccinati nell'hub appositamente allestito nel seminario arcivescovile del capoluogo jonico. La notizia ha scatenato subito la polemica da parte di chi ha temuto che la somministrazione dei vaccini ai prelati potesse interferire sulla campagna vaccinale verso i più fragili, che attendono da tempo. Polemica inutile secondo il direttore generale dell'Asl tarantina Stefano Rossi, che fa sapere come proprio venerdì scorso siano partite le vaccinazioni alle categorie più deboli. Nell'ospedale tarantino "Moscati", 57 vaccini sono stati inoculati come prime dosi a cittadini con disabilità, 89 dosi, invece, sono state somministrate a dipendenti sanitari, caregiver che si prendono cura di persone emodializzate e a coloro che si occupano dei piccoli pazienti del reparto di oncoematologia pediatrica. Infine, presso l’ospedale di Castellaneta, sono stati vaccinati 108 pazienti oncologici. Le somministrazioni non si sono fermate nemmeno nei giorni di Pasqua e Pasquetta, quando erano previste le vaccinazioni dei caregiver dei minori di 16 anni con disabilità grave. Dunque secondo Rossi, la campagna vaccinale agli esponenti del clero, non avrebbe ostacolato quella dei più fragili, anche perché si tratta di due tipologie di vaccini diversi: Astrazeneca per i sacerdoti, Pfizer per i disabili. Il caso però ha fatto discutere non poco, coinvolgendo anche il prefetto Demetrio Martino che avrebbe raccolto la domanda dell'arcivescovo di vaccinare i religiosi per girarla poi all'Asl. Nessuna autorizzazione però fanno sapere dalla prefettura, che si sarebbe limitata a fare da tramite tra le due istituzioni. Immediata la risposta della Curia, secondo cui non c'è stata alcuna pretesa per la copertura vaccinale verso esponenti del clero. Si sarebbe solo posto un quesito al prefetto, segnalando la situazione delicata in cui gli stessi sacerdoti si trovano ad operare ogni giorno, stando a stretto contatto con gente e quindi esposti al possibile rischio di contagio. In questa pandemia sanitaria, le parrocchie hanno rappresentato un ruolo sociale importantissimo, un avamposto di solidarietà con consegna di pacchi alimentari, di sostegno anche economico per tante famiglie impoverite dal Covid, di ascolto. Per la curia un sacerdote ammalato di Covid o in quarantena significa anche un blocco dell'attività della parrocchia e di tutto quello che ne consegue per le famiglie che si recano in cerca di sostegno. La polemica che ne è scaturita si spiega con la "fame" di vaccini che c'è nel territorio, dove mancano all'appello ancora parte degli over 80. A guardare il piano anti Covid della regione Puglia però, dal 22 marzo è prevista la campagna vaccinale per persone che vivono o prestano servizio in comunità socio-sanitarie, civili e religiose. Una vaccinazione quindi da attuare indipendentemente dall'età, legittimata dalle indicazioni del piano vaccinale nazionale e regionale. Naturalmente dagli elenchi della Curia, sarebbero stati stralciati coloro che hanno già avuto il vaccino perché docenti o perché ultraottantenni ai quali le dosi sono state somministrate a partire dal 22 febbraio. Sulla vicenda tarantina sta indagando il Nirs, nucleo ispettivo regionale sanitario, per capire esattamente cosa sia accaduto, se ci siano stati favoritismi o meno, se si sarebbe dovuto mantenere la linea Draghi di completare i vaccini agli ultraottantenni categoria prima o invece andare avanti con le categorie successive, tenuto conto anche che, come sottolineato dall'arcidiocesi, i vaccini sono stati somministrati partendo dai sacerdoti più anziani e fragili.

Vaccini a parenti e amici, spuntano i primi nomi: i figli dei dentisti sono un caso in Puglia. Chiara Spagnolo su La Repubblica il 27 marzo 2021. Fra le posizioni al vaglio dei carabinieri del Nas c'è quella di un ingegnere di Turi e della moglie, come quella di tecnici informatici. Alcuni dati sugli operatori sanitari sembrano taroccati. C’è l’ingegnere con la moglie, alcuni ristoratori, tecnici informatici e un numero a prima vista eccessivamente alto di persone tra i 70 e i 79 anni già vaccinate, tra i nuovi casi sospetti di “indebita vaccinazione” che stanno verificando i carabinieri del Nas e gli ispettori del Nirs. Alcuni, come l’ingegnere di Turi e consorte, sono state ascoltate dai militari come persone informate sui fatti, per spiegare come mai il loro nome fosse tra i vaccinati della prima ora, ovvero in quelle liste che avrebbero dovuto contenere solo operatori sanitari e dipendenti e ospiti delle rsa. Gli elenchi acquisiti dal Nas si fermano a fine gennaio mentre il lavoro del Nirs - coordinato dall’avvocato Antonio La Scala - riguarda anche le vaccinazioni in corso. Incrociando i dati acquisiti presso i centri vaccinali con il calendario della Regione, è emersa la strana presenza di un numero molto elevato di persone tra i 70 e i 79 anni, la cui vaccinazione non è ancora iniziata come fascia di età. La sola Asl di Bari, per esempio, ha somministrato a questa categoria 7mila 57 dosi, 1.296 solo nell’ultima settimana. Tra i vaccinati potrebbero esserci alcuni ospiti delle rsa non ultraottantenni oppure qualche operatore sanitario richiamato in servizio di recente o professori universitari, ma i numeri sembrano comunque troppo alti considerato che in quel range rientrano generalmente pensionati e difficilmente può trattarsi di medici o insegnanti in servizio. Su tale questione sono in corso approfondimenti da parte del Nirs, che indaga anche sull’enorme quantità di operatori sanitari che risulta vaccinata. Stando al report pubblicato dal governo, in Puglia hanno ricevuto il vaccino 110mila 517 operatori sanitari su 140mila ovvero il 78,94 per cento, ben al di sotto della media nazionale che è dell’86,24 per cento, e 30mila sono ancora scoperti (ma pochissimi perché No Vax). Al Nirs, invece, di operatori sanitari vaccinati a inizio febbraio ne risultavano già 140mila (su 190mila dosi somministrate), segno che qualche dato è taroccato. Dove stia l’inghippo lo dirà soltanto il prosieguo degli accertamenti. Che non trascureranno la situazione degli enti di formazione ovvero le società che per conto della Regione svolgono corsi (al momento tutti bloccati) il cui personale è stato equiparato a quello scolastico e viene vaccinato, pur essendo quasi tutto fermo o in smart working. Altra questione da esaminare è quella dei figli di dentisti, che negli ultimi giorni sarebbero miracolosamente diventati assistenti di laboratorio negli studi dei genitori per conquistare il diritto al vaccino. In Puglia sono 545mila 601 le dosi somministrate a fronte delle 601mila 745 consegnate. E sabato 27 marzo, al Policlinico di Bari, partirà la vaccinazione per 1.000 persone trapiantate e in lista d'attesa. I pazienti verranno convocati direttamente dal centro di riferimento e non dovranno prenotarsi. Una campagna lampo è stata effettuata ieri alle Isole Tremiti, dove sono state vaccinate, oltre agli ultraottantenni, anche persone tra 60 e 79 anni e quelle estremamente vulnerabili, per un totale di circa 150 somministrazioni. Intanto il consigliere regionale pd Fabiano Amati ha ottenuto dalla Regione il via libera per ricevere gli elenchi dei vaccinati al fine di verificare possibili violazioni.

Vaccinati saltando le priorità: in Puglia un altro elenco di nomi sarà consegnato alla Procura. Chiara Spagnolo su La Repubblica il 28/3/2021. A Foggia ci sono 300 persone vaccinate senza l’indicazione della categoria a cui appartengono. A Bari un numero eccessivo di disoccupati, anche anziani, scoperti incrociando i dati della Regione con quelli dell’Inps. E poi oltre 1.000 'operatori sanitari' ultrasettantenni e i figli e i parenti di odontoiatri fatti passare per assistenti di studio. E ancora: coltivatori diretti, consulenti finanziari, bancari, artigiani. E quei 30mila operatori sanitari che nei conti del governo risultano in attesa di prima dose e negli elenchi pugliesi invece come già vaccinati. I nomi di persone che sono state vaccinate a titolo prioritario senza averne diritto sono tanti. Così come tanti sono gli ascolti che stanno effettuando i carabinieri del Nas e gli ispettori del Nirs, il Nucleo ispettivo della Regione. I primi stanno annotando nomi e giustificazioni fornite durante le audizioni nell’informativa che poi consegneranno al pm Baldo Pisani, i secondi invece metteranno insieme un elenco che sarà consegnato alla Procura ( a cui i primi 100 nomi erano stati già forniti) e al governatore Michele Emiliano. Sarà proprio lui a decidere cosa fare di quella lista, atteso che l’iniziativa giudiziaria è soltanto nelle mani della Procura. Il presidente della Regione, del resto, è stato colui che ha dato impulso alle verifiche e individuato l’avvocato Antonio La Scala come presidente del Nucleo ispettivo. Il lavoro concreto di scrematura adesso viene svolto dagli ispettori, che stanno spulciando gli elenchi di tutti centri vaccinali acquisendoli quasi quotidianamente e portando gli accertamenti fino alle categorie che hanno appena iniziato. I favori, del resto, sembra che siano stati fatti ovunque e che diversi siano gli stratagemmi utilizzati. In un paese della provincia di Taranto, per esempio, a dare indicazioni su persone da vaccinare sarebbe stato un sindaco. Altri primi cittadini, in Salento, sarebbero stati a loro volta vaccinati. E dagli elenchi di Noicattaro spuntano ancora stranezze, come una quindicina di nomi non associati ad alcuna categoria. Le verifiche, sia dei Nas sia del Nirs, procedono incrociando nomi con codici fiscali e poi anche con i dati forniti dall’Inps. Proprio grazie alla collaborazione dell’Istituto di previdenza è stato scoperto un numero di disoccupati che sembra eccessivo: alcuni di loro potrebbero essere collaboratori di aziende che lavorano per aziende sanitarie, ma altri presumibilmente sono imbucati. Un’altra questione su cui gli investigatori si stanno soffermando è quella degli operatori sanitari, perché non è chiaro come nei report del governo possa comparire quel dato che indica la “ popolazione sanitaria pugliese” composta da 141mila 318 persone. Né si capisce come possano risultare ancora 29mila 483 operatori sanitari in attesa della prima dose, quando la maggior parte delle aziende sanitarie pugliesi ha comunicato pubblicamente di avere raggiunto percentuali altissime di copertura, mai inferiori al 90- 95 per cento. Né la presenza dei No vax né quella di personale in ferie o malattia può giustificare un numero così elevato di non vaccinati. E del resto, stando agli accertamenti effettuati già a inizio febbraio, pare che la popolazione sanitaria pugliese sia inferiore alle 140mila unità indicate. Sul punto sarà importante anche il contributo che arriverà dagli Ordini professionali dai medici agli infermieri, le professioni sanitarie, gli assistenti sociali. Gli elenchi sono stati chiesti loro già da diverse settimane, ma al momento non sono stati inviati a chi deve controllarli.

PUGLIA. FARE CHIAREZZA SULLO SCANDALO VACCINAZIONI DENUNCIATO DA LACARRA (PD). Il Corriere del Giorno l'11 Marzo 2021. “E’ ora di chiarire se sia stata la Regione a permettere priorità differenti rispetto a quelle definite dallo Stato. Il silenzio di Emiliano e di Lopalco può insinuare la percezione che i veri furbetti siano stati loro con proprie Circolari e non chi ha osservate queste Circolari di cui si parla. Aspettiamo che Emiliano e Lopalco con voce istituzionale ammettano o smentiscano l’esistenza di queste loro circolari”. La Puglia ha utilizzato circa il 90% delle dosi ricevute del vaccino anti-Covid, circa 300mila pugliesi hanno ricevuto la prima dose. Secondo l’accusa del coordinatore regionale del PD, l’on. Marco Lacarra, fra questi ci sarebbero gli autori dei crimini vergognosi, ovvero i furbetti che sorpassando tutti hanno ricevuto la vaccinazione prima degli altri. I NAS faranno tutti i controlli, ma secondo Ignazio Zullo, capogruppo di Fratelli d’ Italia al Consiglio regionale pugliese, “la sensazione che si fa strada via via in questi giorni è che i furbetti non sono coloro che hanno avuto la dose, ma coloro hanno pensato e firmato circolari in deroga alle linee guide nazionali. Alle priorità stabilite dal Ministero della Salute secondo le quali dovessero prima essere vaccinati gli operatori sanitari e gli ultraottantenni“. La Regione Puglia ha esteso questa opportunità non solo a dipendenti di strutture sanitarie che non lavorano nei reparti, alcuni sono anche a casa in smart-working, ma anche a quelli di alcune Agenzie regionali ritenute “strategiche” per l’emergenza pandemica. “Insomma, è la Regione Puglia che ha preferito vaccinare i suoi amministrativi, tecnici, consulenti, dipendenti a progetto piuttosto che le categorie fragili? Si parla di deroghe emanate dalla Regione che noi non conosciamo, né la comunicazione istituzionale del presidente – così solerte nel pubblicizzare tutto – né l’assessore Lopalco in qualche sua comparsata in Tv ha spiegato se sono stati loro con proprie circolari a permettere che un dipendente di un’Agenzia regionale di vaccinarsi prima di un malato oncologico, o di un disabile o di un cardiopatico o di una persona affetta da malattia rara” aggiunge Zullo. “Affinché si tolga ogni dubbio, è ora di chiarire se sia stata la Regione a permettere priorità differenti rispetto a quelle definite dallo Stato. Il silenzio di Emiliano e di Lopalco può insinuare la percezione che i veri furbetti siano stati loro con proprie Circolari e non chi ha osservate queste Circolari di cui si parla. Aspettiamo che Emiliano e Lopalco con voce istituzionale ammettano o smentiscano l’esistenza di queste loro circolari. Sarebbe un bel chiarimento sui furbetti, se stanno in alto e alla testa che, con riferimento al pesce, è la prima ad andare in putrefazione.” conclude il capogruppo di Fratelli d’ Italia al Consiglio regionale pugliese.

Corsa al vaccino, avvocati, politici e giornalisti: quelli che saltano la fila per ricevere la dose. Alessandro Trocino su Il Corriere della Sera l'11 marzo 2021. Il caso Toscana, che poi ci ha ripensato. L’assessore Saccardi: «Non abbiamo rubato il posto a nessuno, Astrazeneca non era per anziani». L’apripista è stato il presidente della Campania Vincenzo De Luca che si è fatto vaccinare a sorpresa il 27 dicembre, ricevendo una delle prime dosi del vaccino Pfizer e sostenendo di averlo fatto per dare l’esempio. Contro di lui si sono scagliati tutti, da Matteo Salvini a Giorgia Meloni, con spreco di citazioni del Marchese del Grillo. Ora, però, il numero di politici vaccinati aumenta: in Toscana a decine si sono immunizzati, approfittando della norma che consentiva agli avvocati di avere priorità. Tra loro ci sono due esponenti di Italia viva, il senatore Francesco Bonifazi e l’assessore regionale Stefania Saccardi. Ma anche sindaci e assessori di ogni colore, dalla Lega a FdI fino al Pd. Saltare la fila non è un vizio solo nostrano: il governo greco del premier Kyriakos Mitsotakis si è vaccinato in massa. Così anche il premier della Repubblica Ceca Andrej Babis e la presidente della Slovacchia Zuzana Caputova. Buon esempio o privilegio? Il presidente Sergio Mattarella ha aspettato il suo turno e si è messo seduto in fila con gli altri. Joe Biden l’ha fatto subito, facendosi riprendere, tra gli elogi. L’ha fatto anche il sindaco di Corleone Nicolò Nicolosi, 78 anni, ma si è dovuto dimettere, tra le polemiche. I politici sono cittadini come gli altri oppure l’indignazione è il lascito della stagione dell’«uno vale uno»? Prendiamo la Toscana. Interpretando una circolare del ministero della Salute, ha inserito il personale dell’amministrazione giudiziaria, inclusi avvocati, magistrati e cancellieri, nelle categorie con diritto a vaccinarsi. Poi, travolta dalle polemiche, da lunedì ha cancellato la norma. Tre assessori/avvocati della giunta Nardella si sono vaccinati. Da Palazzo Vecchio si parla di «deriva populista», ma si rigetta la responsabilità della scelta su Stato e Regione. Bonifazi, che si è già fatto 36 giorni di Covid, preferisce non commentare, ma ricorda di esercitare quotidianamente la professione di avvocato. La Saccardi ha dato l’annuncio su Facebook ma è stata travolta dalle polemiche. Anche perché è avvocato, ma non esercita da anni. Al Corriere spiega: «Il requisito dell’esercizio non è stato richiesto a nessuno degli 8.000 avvocati vaccinati. Anche medici in pensione si sono vaccinati. Per essere iscritti all’ordine, poi, bisogna avere delle cause patrocinate e un fatturato che consenta il pagamento della cassa di previdenza. Rispondo ai requisiti». E ancora: «Ricordo che il vaccino AstraZeneca non era consentito a anziani, cronici, oncologici o fragili in generale». Il sindaco di Avola Giovanni Luca Cannata (Fratelli d’Italia) si è difeso con più enfasi, troppa: «Perché un malato oncologico è più a rischio di me? Lui può stare a casa ed evitare contatti». Il primo cittadino di Massa Francesco Persiani, leghista, tiene famiglia: «Non ho chiesto favoritismi, la regola ce lo consentiva. Mi sono confrontato in famiglia e mi hanno detto: papà, e se ti contagi? Ho scelto con il buon senso del padre di famiglia, ma non ho scavalcato nessuno. Noi non dobbiamo essere trattati né peggio né meglio degli altri». Francesco Micheletti, assessore FdI a Siena: «Sono avvocato e, incidentalmente, politico. Forse la scelta di vaccinare i legali è stata discutibile, ma non l’ho fatta io. Mi sono adeguato». Avvocati, ma anche giornalisti. In Campania l’ordine ha chiesto priorità. Dall’entourage di De Luca minimizzano: «Ma no, tutti ci hanno scritto, abbiamo risposto che quando sarà il momento, toccherà a loro. Ma prima ospedali e anziani». Davvero? Il presidente dei giornalisti campani Ottavio Lucarelli sembra dire una cosa diversa: «La Regione ha accolto le nostre richieste. La vaccinazione avverrà in parallelo con gli anziani over 80. L’informazione è servizio pubblico essenziale».

In lista senza averne diritto: scoperti 220 furbetti del vaccino. Milano, hanno prenotato all’Asst Santi Paolo e Carlo tramite il link per i medici. Ora sono stati cancellati. Pd e M5S attaccano: sistema inefficace. Giambattista Attanasio su Il Giorno il 10 marzo 2021. Duecentoventi persone hanno tentato di farsi vaccinare contro il Coronavirus benché non rientrassero né tra le categorie professionali né nella fascia d’età alle quali è riservata questa fase della campagna vaccinale. È successo all’Azienda Socio Sanitaria dei Santi Paolo e Carlo, che nel tardo pomeriggio di ieri ha diffuso una nota con la quale confermava e circostanziava quanto anticipato lunedì da un’inchiesta di Radio Popolare. In sintesi, secondo quanto riferisce l’Asst, in 220 sono riusciti ad appropriarsi del link interno riservato al personale medico inserito negli elenchi degli aventi diritto forniti da Ats Città Metropolitana di Milano. "Il sistema di prenotazioni interne all’Azienda – si legge nella nota dell’Asst Santi Paolo e Carlo –, grazie ad attente verifiche e controlli effettuati quotidianamente prima dell’accesso al Centro Vaccinale collocato presso il Centro Ospedaliero Militare prevede l’identificazione del soggetto avente diritto: il giorno antecedente l’appuntamento si effettuano controlli incrociati con l’elenco degli aventi diritto e, successivamente in loco, si prosegue con l’identificazione dell’individuo, la compilazione di autocertificazione del diritto alla somministrazione del vaccino e colloquio informativo con il medico". "Grazie ai controlli interni – precisa l’azienda sanitaria – sono state individuate, identificate ed eliminate dagli appuntamenti fissati 220 persone non aventi diritto, pari allo 0,4%, degli oltre 18mila vaccinati, che, consapevoli di non essere autorizzati, hanno tentato senza successo di ovviare le regole". "Il link – sottolinea poi l’Asst – è strettamente personale: ogni eventuale utilizzo improprio sarà segnalato alle autorità». Una vicenda, quella appena menzionata che, si precisa infine nella ntoa, nulla ha a che vedere «con le vaccinazione rivolte agli ultra 80enni per cui le prenotazioni sono gestite da Aria Spa". Inevitabile la polemica al Pirellone. "Il sistema di prenotazione della Regione Lombardia è una vergogna, ogni giorno si aggiunge un caso di malfunzionamento – attacca Pietro Bussolati, consigliere regionale del Pd –. Insieme alle fasi uno, uno bis e uno ter c’è stata anche la fase uno a caso". "Sulle prenotazioni vaccinali in Lombardia, e sulla campagna vaccinale in generale, la realtà sta superando il più terribile degli incubi – dichiara Massimo De Rosa, consigliere regionale del Movimento 5 Stelle –. Adesso scopriamo che sono state vaccinate persone che non fanno parte delle categorie prioritarie e che è possibile accedere, senza controlli, alle vaccinazioni. Assurdo". 

VACCINI, L’ANARCHIA DELLE REGIONI. ANCHE GLI USCIERI CATEGORIA PRIORITARIA. Nei servizi essenziali rientrano anche cuochi, centralinisti, addetti alle pulizie, camerieri, ma ogni Asl decide autonomamente. Claudio Marincola su Il Quotidiano del Sud l'11 marzo 2021. Prima regola: proteggere il personale sociosanitario, le Rsa, gli over 80, le persone vulnerabili e i disabili. Quindi gli operatori dei cosiddetti “servizi essenziali”. Ed è in questa zona franca, non meglio precisata, che si è aperta una breccia, un percorso facilitato verso il vaccino. La valutazione varia a seconda delle regioni, delle categorie coinvolte. Può variare anche da provincia a provincia, da comune a comune, da Asl ad Asl. Il sentiero è stretto ma il ventaglio delle possibilità ampio. Nel comparto dei “non sanitari” sono compresi anche cuochi, centralinisti, operai della manutenzione, addetti alle pulizie, camerieri delle mense, uscieri. Come considerali? Vaccinabili o no? Regione che vai “categoria prioritaria” che trovi.

AVVOCATI VACCINATI MA SOLO IN 4 REGIONI. Il caso più eclatante è quello degli avvocati. I giudici togati su base volontaria hanno potuto aderire alla campagna vaccinale. Loro no. Fanno eccezione la Toscana, che li ha accolti a braccia aperte e già inocula il siero anche gli under 55, considerandoli a tutti gli effetti “operatori del settore giustizia”, la Puglia, la Campania e la Sicilia, dove a metà marzo saranno tutti vaccinati. In Umbria, dove la diffusione della variante inglese ha fatto scattare ovunque zone rosse, la protesta corre sui social. Nel Lazio, che conta il maggior numero di iscritti, gli avvocati – “nel totale silenzio del ministero della Giustizia” – hanno firmato una petizione. “Chiediamo che tutti gli operatori della giustizia, nessuno escluso – chiarisce l’avvocato romano Filippo Carusi – vengano considerati categorie da vaccinare con priorità”. Cancellieri, ausiliari, segretari, la lista è lunghissima. “Siamo in Italia ma purtroppo sembra di stare in venti Paesi diversi – commenta l’avvocato Pietro Di Tosto, promotore della petizione che ha ricevuto sin dall’inizio tantissime adesioni – andiamo negli uffici giudiziari, incontriamo persone, andiamo in udienza, tutti i giorni siamo esposti al contagio. Se non verremo ascoltati andremo avanti e scriveremo una lettera al presidente della Regione Zingaretti perché venga data anche a noi la possibilità di vaccinarci”. In assenza di una direttiva che riconosca ai lavoratori di uno stesso settore pari trattamento si procede in ordine sparso. Si può svolgere lo stesso lavoro ed essere fragili in Lombardia ma non in Sicilia. O il contrario, La “fidelity card” che in una regione dà l’accesso alle procedure di immunizzazione può non valere in un’altra. Gli Ordini hanno fatto pressione a livello distrettuale per ottenere dalla propria regione l’inserimento nei rispettivi piani vaccinali. La presidente del Consiglio nazionale forense Maria Masi ha scritto alla ministra della Giustizia Anna Maria Cartabia. “Non è una questione di privilegio rispetto alla nostra categoria ma di riguardo alla funzione – si legge nella lettera –. Il Cnf ha aderito alla richiesta formulata dalla Associazione nazionale magistrati per inserire tutti gli operatori del comparto tra i soggetti ai quali va somministrato il vaccino in via prioritaria svolgendo un servizio essenziale”. “Ci troviamo – scrive ancora la Masi – nella situazione che sin dall’inizio si desiderava scongiurare di non parità di trattamento, non solo tra i diversi operatori della giustizia, ma anche all’interno della stessa categoria forense che alcune regioni hanno inserito nei piani di vaccinazione e altre no”.

LETIZIA MORATTI: VACCINEREMO NELLE AZIENDE. Letizia Moratti assessore regionale al Welfare assicura che le categorie prioritarie verranno rispettate. Nel frattempo, però, presentando il piano della Regione Lombardia, ha annunciato ieri di essere pronta a lanciare il piano per vaccinare i lavoratori direttamente in azienda. E Confindustria Lombardia, che ha formato un protocollo con la regione, fa sapere che in questo modo si potranno immunizzare 400 mila dipendenti, “progetto che si potrebbe allargare alle loro famiglie”. E la fascia prioritaria? E se il criterio dei parenti venisse anche a medici, insegnanti, carabinieri e poliziotti? Chi decide? La scarsità delle dosi ha complicato la situazione, ridisegnato le priorità, stravolto le tempistiche. In questo ingorgo di piani, uno diverso dall’altro, piani che si sovrappongono, si confondono e ci confondono. Da oggi intanto dovrebbe iniziare nei penitenziari la vaccinazione dei detenuti.

MEDICI DI BASE NEL CAOS, SOLO 10 FIALE E SOLO IN 5 REGIONI. Ma non finisce qui. Ci sono anche i medici di base. Dove si procede, tanto per cambiare, in ordine sparso. Gli accordi per utilizzarli nella campagna di vaccinazione sono partiti solo in 5 regioni con 10 dosi per medico. Che vuol dire 10 fiale a settimana ogni 15 giorni. L’attesa per ricevere il vaccino potrebbe durare perciò mesi o anni. Le regioni dove i medici di medicina generale hanno iniziato a iniettare le fialette (per ora solo) agli over 80 sono Emilia-Romagna, Piemonte, Lazio, Val d’Aosta, Toscana e, limitatamente, la Campania, e solo in alcune Asl di Napoli. “Sarebbe opportuno stabilire chi fa cosa e suddividere la popolazione per evitare sovrapposizione e il problema di gestione dei richiami”, ha sommessamente suggerito Silvestro Scotti, segretario nazionale Fimmg. “Comprendo e faccio mie le preoccupazione di quei governatori che lanciano un appello per richiedere una maggiore disponibilità di sieri per i propri territori ma consiglio loro di evitare di ingaggiare sterili battaglie politiche alla ricerca di un capro espiatorio – si è inserito nel dibattito a distanza e ha suggerito il sottosegretario alla Salute Andrea Costa -. Il Paese ha bisogno di cooperazione tra le parti coinvolte e non della contrapposizione tra Stato e Regioni”. E su questo sono tutti d’accordo. La qualità dell'informazione è un bene assoluto, che richiede impegno, dedizione, sacrificio. 

Vaccino, la richiesta di somministrarlo prima a sindaci e parlamentari. Jacopo Bongini su Notizie.it l'11/03/2021. Un gruppo di trenta senatori ha chiesto che i parlamentari abbiano la priorità per il Vaccino, mentre alla Camera un Odg la chiede per i sindaci. Mentre in Italia continua – seppur a rilento – la campagna di somministrazione del vaccino anti Covid, a Roma politici di ogni schieramento chiedono che tra i soggetti prioritari debbano essere inseriti anche sindaci e parlamentari. Una richiesta motivata dalla necessità di far proseguire i lavori del Parlamento in un momento così delicato, ma che ha fatto storcere il naso a più di un esponente politico, che invece ha ritenuto inopportuna una mozione di questo tipo. L’atto con cui si chiede il vaccino ai parlamentari in via prioritaria, presentato a Palazzo Madama e firmato da trenta senatori tra cui Paola Binetti dell’Udc, sottolinea infatti: “In Senato attualmente ci sono almeno 15 senatori, che sono stati colpiti dal virus COVID-19, e nelle proiezioni che gli epidemiologi esperti fanno di questo indice, è realisticamente possibile supporre che entro la fine del mese potrebbero essere colpite almeno alte 50 persone, rendendo di fatto problematico lo svolgimento delle attività parlamentari”. A queste dichiarazioni fanno eco alla Camera quelle della deputata di Forza Italia Maria Teresa Baldini, che in un suo intervento ha dichiarato: “Noi dobbiamo dare il buon esempio, vaccinare i parlamentari è una questione di sicurezza, ma anche di rispetto verso chi è tenuto al distanziamento sociale ma vede noi in Aula ravvicinati. Nelle aule di Camera e Senato si riuniscono persone provenienti da tutta Italia a prescindere dal colore delle Regioni”. Nonostante le richieste rimangono però contrari all’iniziativa diversi esponenti politici, tra cui il leader della Lega Matteo Salvini che all’Adnkronos ha dichiarato: “”Io aspetto il mio turno, non ho fretta”, e il sindaco di Bari nonché presidente dell’Anci Antonio Decaro: “Alcuni parlamentari, con un ordine del giorno approvato alla Camera, chiedono di inserire i sindaci tra le categorie ammesse prioritariamente alla vaccinazione in qualità di autorità sanitarie locali. Li ringraziamo, ma ci sono tante categorie di lavoratori esposti e fragili, che dovrebbero essere vaccinati prima di noi. Noi sindaci aspetteremo il nostro turno”.

Jacopo Bongini. Nato a Milano, classe 1993, è laureato in "Nuove Tecnologie dell’Arte" all’Accademia di Belle Arti di Brera. Prima di collaborare con Notizie.it ha scritto per Il Giornale.

Selvaggia Lucarelli: "Vaccino ai giornalisti". Guido Crosetto: "Datele la mia dose". Libero Quotidiano l'11 marzo 2021. È ancora rissa social tra Guido Crosetto e Selvaggia Lucarelli. Tutta colpa della richiesta dell'ordine dei giornalisti di privilegiare la categoria nella vaccinazione contro il coronavirus. Una proposta che ha trovato la firma del Fatto Quotidiano d'accordo. "Non chiedo il vaccino - premette la Lucarelli - però questa cosa che i giornalisti siano nella lista delle categorie non utili a detta degli stessi giornalisti mi dispiace. In questo anno di paura, siamo stati noi a raccontare alla gente cosa succedeva, a denunciare, siamo stati non utili. Necessari". Evidentemente non la pensa allo stesso modo il fondatore di Fratelli d'Italia che non fa attendere il proprio commento: "Date il mio vaccino (sono persona particolarmente a rischio) a lei. Anche se non lo chiede......Vi ha avvisati". Come Crosetto sono in tanti a prendere di mira le parole della Lucarelli, il caso ha sollevato un polverone sui social, dove domina l'hashtag #VaccinoAiGiornalisti. Effettivamente ad oggi tra le categorie in lizza per il vaccino ci sono gli over 80, il personale della scuola e le Forze dell’Ordine. Mentre il governo si appresta a identificare cinque nuove categorie prioritarie in base all’età e alla presenza di condizioni patologiche. Ad esempio la dose anti-Covid potrà essere somministrata anche alle persone estremamente vulnerabili e di età compresa tra 70 e 79 anni. Insomma, tutti soggetti o in prima linea contro l'emergenza o ad altissimo rischio. Soggetti nei quali la Lucarelli aggiungerebbe anche i giornalisti. La motivazione non tarda ad arrivare e la concede lei stessa ai suoi "oppositori". "È già una categoria che gode di poca (pochissima) stima e spesso a ragione - cinguetta -, però forse bisognerebbe ricordare ogni tanto l’utilità di questo mestiere". E a chi le chiede quali giornalisti abbiano mai detto di essere "non utili", lei replica: "Molti. Ci sono direttori e giornalisti che hanno scritto “non mi piace la proposta di dare priorità ai giornalisti” ritenendo che sia prioritario vaccinare per esempio studenti, cassiere o badanti". Forse perché soggetti a stretto contatto con le persone.

Dagospia il 12 marzo 2021.

1 - DALL’ACCOUNT TWITTER DI SELVAGGIA LUCARELLI. Non chiedo il vaccino, però questa cosa che i giornalisti siano nella lista delle categorie non utili a detta degli stessi giornalisti mi dispiace. In questo anno di paura, siamo stati noi a raccontare alla gente cosa succedeva, a denunciare, siamo stati non utili. Necessari. È già una categoria che gode di poca (pochissima) stima e spesso a ragione, però forse bisognerebbe ricordare ogni tanto l’utilità di questo mestiere.

2 - LA RISPOSTA DI SELVAGGIA LUCARELLI AL “FOGLIO”. Il Foglio scrive che ho chiesto per me il vaccino, mentendo e deformando la realtà. Soprattutto, prende una foto di ballando con le stelle (la più scollata, badate bene) e cita solo quello, fingendo che non lavori per due testate e una radio. Il giornalismo, spiegato bene. E il capolavoro di mistificazione (e svalutazione ovviamente ai danni di una collega donna è di @SalvatoreMerlo, vicedirettore de @ilfoglio_it. Siete dei miserabili. Sarebbe interessante vedere cosa succederebbe se un qualsiasi giornale prendesse la foto scollacciata di una delle giornaliste molto protette dai colleghi, fingesse di ignorare che fa la giornalista, le attribuisse una frase falsa e le desse della cretina. Verrebbe giù il governo.

Salvatore Merlo per ilfoglio.it il 12 marzo 2021. Come accanto alla farmacia c’è la parafarmacia, come oltre ai medici ci sono i paramedici, così il cerotto sull’informazione lo mette il paragiornalista. Ebbene sì, il paragiornalismo dilaga nei social dove Selvaggia Lucarelli non solo richiede per sé il vaccino ma stabilisce il pandemicamente corretto dalla sua finestra fotografando i passanti assembrati a favore di grandangolo. “Questa cosa che i giornalisti siano nella lista delle categorie non utili mi dispiace”, twittava Lucarelli. Dopodiché comincia la disfida tra paragiornalismo e giornalismo. Se ne incarica Margherita Fronte, giornalista scientifica del mensile Focus. Cui la Lucarelli risponde: “Come e quanto si è occupata di Covid nell’ultimo anno?”. Così l’elegante ironia della Fronte –“è proprio  il giorno del mese in cui si presume io debba lavorare, la saluto” – si scontra con le competenze di una opinionista tuttologa del web e giurata di "Ballando con le stelle". Con il paragiornalismo, si sa, il giornalismo perde sempre. E’ come polemizzare con i cretini, si rischia lo scambio dei ruoli.   Ragione per la quale, pensandoci bene, questo articolo era meglio non farlo.

Dagospia il 12 marzo 2021. Riceviamo e pubblichiamo: Caro Dago, ma ancora con la Lucarelli? Fate capire: si è doluta che i giornalisti non compaiano tra le categorie anzitutte da vaccinare («siamo stati noi a raccontare… Siamo stati non utili: necessari») ma dimentica che lei nell’elenco dei giornalisti professionisti neppure compare: è una pubblicista, alias una delle 75.500 persone «per le quale il giornalismo non è la primaria occupazione e fonte di reddito». Nella sua spaventosa incompetenza dimostrata nello scrivere di Covid, poi, non consiglio di andare a controllare, e non lo consiglio neanche al mio peggior nemico. Riesce persino a lagnarsi, la nostra donna professionista (ecco, la professione meriterebbe un albo) perché il Foglio ha pubblicato una sua foto «scollata» o «scollacciata». Perché, ne esistono in cui non lo è? Compresa, forse, quella del passaporto. Filippo Facci

Dagospia il 12 marzo 2021. Dal profilo Facebook di Enrico Mentana. Mi vergogno mentre leggo che c'è chi ha chiesto di inserire i giornalisti tra le categorie con precedenza vaccinale. Ancora gran parte degli anziani deve ricevere la prima dose, il presidente della Repubblica ha atteso il suo turno settanta giorni, e noi dovremmo accodarci alla congrega dei salta file che raccontiamo e denunciamo ogni giorno? Un po' di coerenza, un po' di dignità. O altrimenti chiediamo scusa a Schettino.

Selvaggia Lucarelli per tpi.it il 12 marzo 2021. Da qualche giorno mi capitava di leggere tweet di colleghi giornalisti della serie “i vaccini ai giornalisti sono una sciocchezza”, “la priorità alle categorie più utili”, “la priorità a categorie più esposte” e così via. Alcune pronunciate da commentatori qualunque (spesso corredate dai soliti insulti all’amatissima categoria), altre proprio da giornalisti, perfino direttori. Mi è dispiaciuto leggere speciali classifiche dei presunti lavori più utili o dei lavori in cui si è presumibilmente più esposti, in cui va per la maggiore il solito tormentone populista “e allora gli operai?”, “allora i rider?”, “allora le commesse?”. Il discorso, tra l’altro, è scivoloso. Esistono commesse di boutique in cui entra un cliente al giorno e giornalisti che lavorano in smartworking o in redazioni con 4 gatti. Esistono cassiere di supermercati con migliaia di clienti al giorno e giornalisti che lavorano sul campo, che devono viaggiare, che vanno in ospedali, partecipano a conferenze stampa, che lavorano a stretto contatto con altre persone e così via. Non era certo mia intenzione fare classifiche di utilità ed esposizione al virus, anche perché, appunto, è una faccenda complessa, piena di variabili. Soprattutto, non era mia intenzione sostenere in alcun modo che i giornalisti debbano avere corsie preferenziali o che debbano scavalcare malati o persone fragili. I miei genitori devono ancora essere vaccinati, figuriamoci se me ne frega qualcosa di sgomitare per un vaccino. Semplicemente, vista la scarsa reputazione di cui godono la categoria e in generale tutti i mestieri che hanno a che fare con la parola, volevo ricordare che il giornalista potrà essere pure l’ultimo della fila a vaccinarsi, ma fa un lavoro necessario. Sì, necessario. Anche e soprattutto in pandemia, quando è complesso documentare, spostarsi, trovare interlocutori, quando è necessario vigilare e raccontare perché i cittadini sappiano cosa sta succedendo. I giornalisti hanno raccontato i focolai, le inefficienze, hanno denunciato reati, violazioni e trascuratezze, sono andati negli ospedali e nelle zone rosse, hanno raccontato cosa succedeva nel resto del mondo, hanno fatto domande a scienziati e politici, hanno riportato le storie di chi moriva. Hanno protetto e difeso anche quelle categorie che oggi si vaccinano giustamente per prime, gli anziani, i medici, gli infermieri, chi lavora nel pubblico. Hanno raccontato l’assenza di protezioni per questi lavoratori, i focolai in cui si sono trovati, le ingiustizie subite. Molte indagini sono nate dal lavoro dei giornalisti. Ci sono giornalisti che si sono ammalati, che hanno fatto ammalare le loro famiglie, che hanno lavorato giorno e notte. Eppure, quando si citano le categorie che hanno dato l’anima in quest’ultimo anno, quella dei giornalisti non è mai citata. I giornalisti sono degli stronzi, dei propagatori di fake news, dei servi, dei venduti, giornalai, pennivendoli. In più, si odiano tra di loro. Mi andava di ricordare l’utilità e l’importanza di questo lavoro, tutto qui (se fatto bene, certo, perché mica mi sfugge in quanti lo facciano male). Ho sbagliato. Dovevo ricordarmi cosa si rischia a parlar bene dei giornalisti. Si rischiano due cose: l’odio ormai insanabile degli odiatori dei giornalisti. E l’odio – facciamo il fastidio, quando va bene – dei giornalisti nei confronti dei giornalisti. Dunque scrivo che non voglio il vaccino ma che i giornalisti sono necessari e apriti cielo. Tra i commenti di dissenso, molti dei quali di colleghi, arriva quello di una giornalista che “prima le badanti ecc.. il vaccino non è una medaglia”. La giornalista è una collaboratrice di Focus (pochi articoli pubblicati in anni di collaborazione), dichiara di aver collaborato col Corriere e non c’è ragione di dubitare ma sul web non c’è traccia del suo lavoro per il Corriere. Dunque, più o meno nessuno ha letto i suoi articoli, né conosce la bravura. Dunque, non è esattamente una giornalista sul campo. Però lei decide che “noi giornalisti abbiamo questa tendenza stucchevole a sopravvalutare il nostro lavoro”. Che, detto da una scrivania, magari in smart working, in qualità di saltuaria collaboratrice, è, sì, un po’ stucchevole. Ma naturalmente, nonostante nessuno o quasi di chi commenta abbia mai letto quello che scrive, l’occasione per trasformare la vicenda in Focus/scienziata vs Ballando/sgallettata è troppo ghiotta. Improvvisamente si scopre che I GIORNALISTI VERI sono i collaboratori di Focus e sulla fiducia, senza manco aver mai letto nulla di quello che hanno scritto (lo saranno pure, eh, per carità, ma non si capisce perché loro più di chi scrive su La Stampa, per dire). Addirittura vengono promossi a “scienziati”. Gli altri, quelli che scrivono come me su due testate giornalistiche, che lavorano per una radio nazionale e così via, sono giornalisti finti. O comunque, un po’ meno giornalisti. Adesso sappiamo che è così. E quindi io divento quella sprezzante, non lei, quella che dalla sua sedia ci insegna che noi altri ci sopravvalutiamo, sottolineando inoltre che non dobbiamo avere la priorità per il vaccino, come se tra l’altro io l’avessi chiesta. Ma a quel punto, addio. La sgallettata esige il vaccino e tratta male “la scienziata” umile che invece cede il suo posto e ricorda che il giornalismo non deve prendersi troppo sul serio! Ma tu guarda. Io invece il mio lavoro lo prendo molto sul serio. Forse ho questa colpa. E lo ritengo molto serio anche perché c’è chi ci muore, per fare questo lavoro. É stucchevole, immagino, tenerlo bene a mente. É sopravvalutarne l’importanza, chiaro. E quindi i detrattori dei giornalisti si buttano a pesce, perché che goduria poter insultare, deridere, beffeggiare la giornalista seguita da un milione e mezzo di follower che si prende così sul serio mentre c’è la scienziata che boh, “non ho mai letto nulla di suo ma lei sì che è una giornalista, lo so e basta”. A quel punto arrivano altri giornalisti, i colleghi, che ci mettono il carico. Come perdere l’occasione di dare ragione a chi “ci sopravvalutiamo” (quelli che poi solidarizzano con chi prende 7 euro a pezzo, che voglio, dire, quello vale a ‘sto punto, che non si sopravvaluti). E quindi – da parte di colleghi – insulti, beffeggio, “spocchia”, “mitomane”, superiorità morale esibita (“Date il mio vaccino a chi ha più bisogno!” e anche le brioche, immagino). Bastava leggere la timeline su Twitter, era un corto circuito stupendo: odiatori di giornalisti e giornalisti finalmente compatti nel dire che i giornalisti non servono a una cazzo. Anzi no, che si sopravvalutano. In tutto questo, mi è capitato di vedere il like nel tweet “noi giornalisti, com’è stucchevole sopravvalutarsi” di un pezzo grosso di Repubblica, quella Repubblica che oggi titolava “Astazeneca, paura in Europa”. Ecco, se magari si prendesse un po’ più sul serio il proprio lavoro (e le conseguenze di un titolo del genere), non capiterebbe di fare titoli così. Ho visto Il Foglio, a firma del vicedirettore Salvatore Merlo, confezionare un “articoletto” immondo, sessista e denigratorio, con una mia foto scollata, riferimenti a Ballando con le stelle e il mio pensiero completamente manipolato (“la paragiornalista chiede per sé il vaccino”), roba da Libero. E infatti gli è andato prontamente dietro Libero, che “La Lucarelli vuole essere inoculata”. La finezza. Se solo l’1% di questo livore gratuito e rozzo, con tentativi di delegittimazione di colleghi, fosse caduto sulla testa di una, non so, Sardoni o Botteri o chiunque vi pare, oggi ci sarebbero state le barricate. Immaginate la Aprile definita da un vicedirettore “la gossippara di Oggi” con sue foto scollacciate o cazzate simili. Interverrebbe l’Ordine mondiale dei giornalisti. Ho visto così tanta merda buttata sui giornalisti (ben oltre me, proprio sulla categoria) e dai giornalisti sui giornalisti, ieri, che in effetti, a ben pensarci, avete ragione voi. Ha ragione la scienziata di cui avete libri e ritagli di articolo sul comodino: vi sopravvalutate.

PS – Per chi non comprendesse il perché un giorno a Il Foglio si sveglino e facciano quell’attacco contro una donna, svilendone la professione, è perché ultimamente sul Fatto ho commentato divertita alcuni loro titoli su “Renzi e il suo capolavoro”. Non potendo rispondere sul merito, perché poi mi avrebbero dato il ruolo di “interlocutore”, hanno aspettato l’occasione propizia per Ballando con le stelle contro la scienza. Ovviamente a loro della tizia non fregava un bel niente così come dell’argomento, ma entrambi servivano solo a delegittimare il nemico (Il Fatto). Una tecnica ben nota nel panorama maschilista delle redazioni. Mai entrare nel merito, mai considerarla collega e alla pari: una bella foto con le tette in vista e identificarla nel suo ruolo “più frivolo”, ignorando il resto. Insomma, Libero. O il Foglio, fate voi.

Francesca Galici per ilgiornale.it il 12 marzo 2021. Il mondo dei social, soprattutto quello di Twitter, è stato ieri investito da un'accesissima polemica che ha visto protagonista Selvaggia Lucarelli, giornalista del Fatto Quotidiano, e Margherita Fronte, firma di Focus. Tutto nasce dalla campagna a sostegno dell'ingresso dei giornalisti tra le categorie prioritarie per la ricezione del vaccino, in virtù del loro lavoro di informazione che, si presume, si svolga sul campo. Selvaggia Lucarelli si è detta fermamente favorevole a questa proposta, al contrario di molti altri giornalisti che, invece, ritengono di non avere motivi per godere di una priorità a discapito di altri lavoratori più esposti. Tra questi giornalisti si è schierata anche Margherita Fronte. "Non chiedo il vaccino, però questa cosa che i giornalisti siano nella lista delle categorie non utili a detta degli stessi giornalisti mi dispiace. In questo anno di paura, siamo stati noi a raccontare alla gente cosa succedeva, a denunciare, siamo stati non utili. Necessari", ha scritto Selvaggia Lucarelli. La firma de Il Fatto Quotidiano ha calcato la mano parlando di "categorie non utili", ma in molti, soprattutto colleghi, le hanno fatto notare che si tratta, piuttosto, di categorie prioritarie e non prioritarie. Tra questi anche Luca Sofri, direttore de Il Post. Tra chi ha voluto mettere l'accento su questo punto anche Margherita Fronte, che su Focus si occupa di informazione scientifica e che nell'ultimo anno ha trattato con frequenza argomenti inerenti il coronavirus. "È una richiesta inappropriata, tranne che per chi fa cronaca dai reparti di intensiva. Le badanti dovrebbero venire prima di noi. Anche chi guida i mezzi pubblici, i cassieri, i tassisti e tanti altri. Il vaccino non è la medaglietta per il lavoro svolto. Serve ad altro", ha scritto la Fronte, elencando una serie di lavoratori che, per tipologia di attività, hanno più possibilità di entrare a contatto con il virus. Escludendo, infatti, i giornalisti che operano in prima linea nei reparti ospedalieri e in tutti quei luoghi in cui esiste un'elevata possibilità di contagio, gli altri non hanno più possibilità di entrare in contatto con il coronavirus rispetto ad altre categorie di lavoratori. L'obiezione della Fronte, però, non è piaciuta a Selvaggia Lucarelli e da qui è nato un lungo botta e risposta tra le due, che ha visto la giornalista di Focus uscire vincente dal confronto, non fosse altro per il numero di like ricevuti dalle sue risposte rispetto a quelle della giornalista de Il Fatto Quotidiano. "Se lei, giornalista, ha capito "medaglietta" anziché "lavoro necessario" hanno ragione ad avere una considerazione così scarsa della nostra categoria", ha replicato stizzita la Lucarelli. Veloce la risposta della Fronte: "Tanti lavori sono necessari quanto il nostro. La nostra abitudine a sopravvalutarci è stucchevole". Sempre più nervosa, la giornalista del Fatto Quotidiano è caduta in una gaffe, insinuando che la sua collega di Focus non abbia mai scritto di coronavirus nell'ultimo anno e che, visto che Focus è un mensile, l'impegno della Fronte sarebbe meno importante del suo. "Non trovo neppure un suo articolo sul tema e focus è un mensile. Fa bene a non sopravvalutare il suo lavoro", ha scritto Selvaggia Lucarelli, ma di articoli relativi al coronavirus di Margherita Fronte ce ne sono diversi, facilmente rintracciabili con una rapida ricerca su Google. La giornalista di Focus ha provato a replicare ma la collega de Il Fatto, forse per orgoglio, non ha arretrato di un passo: "Ho cercato. Zero. Scriva tutti i giorni su un quotidiano, poi ne riparliamo". La polemica si chiude con la risposta di Margherita Fronte, che le ha fatto guadagnare una standing ovation social: "Capisco di cosa parla. Ho collaborato per 19 anni con il Corriere della Sera". La maggior parte degli interventi sono stati a favore di Margherita Fronte ma, soprattutto, contro quella sensazione di presunta superiorità che emerge dalle parole di Selvaggia Lucarelli, che l'ha portata a ricevere molti commenti indignati, più che per la sua presa di posizione, per le modalità di esposizione.

Vaccino ai giornalisti? Ottimo per i colleghi in strada e a rischio. Domenico Bonaventura, Giornalista, comunicatore, fondatore di Velocitamedia.it, su Il Riformista il 14 Marzo 2021. Voglio aprire questo pezzo con un “grazie” non di facciata. Ma serio, sentito e caloroso. Il mio “grazie” va al presidente dell’Ordine dei Giornalisti della Campania, Ottavio Lucarelli (a cui ho scritto anche in privato), che ha saputo come sempre svolgere in maniera esemplare il suo ruolo: tutelare gli iscritti. Quale miglior tutela della garanzia di un vaccino in tempi brevi? In questo momento storico, forse, nessuna. Tuttavia, a mio parere, proprio il momento storico impone grande onestà e severità, verso sé stessi e verso gli altri. Da sempre – ed è inutile che ce lo nascondiamo -, la categoria dei giornalisti si divide in giornalisti che stanno in strada a cercare notizie, a parlare con le persone e a girare posti e giornalisti che invece non fanno tutto questo. Dal momento che – naturalmente – l’Odg non può fare distinzione all’interno dei suoi iscritti (ed è anche giusto così: paghiamo tutti la quota annuale), credo che questa distinzione debba farla il singolo professionista. Non biasimo né giudico – ci mancherebbe – i colleghi che scelgono di cogliere questa opportunità. Non conosco le singole storie e situazioni, ma se anche le conoscessi non mi verrebbe in mente di esprimere un’opinione. E poi sono stato tentato anch’io, mica posso negarlo. Né tantomeno ambisco a essere esempio per qualcuno. Voglio solo fare un ragionamento legato alle priorità del momento. Non sono uno di quei giornalisti che scende in strada la mattina alla ricerca di notizie, che va negli ospedali a visitare reparti per documentare la situazione all’opinione pubblica. Non affianco a quello di giornalista altri lavori (l’insegnante, ad esempio) che potranno di qui a poco mettermi a contatto con altre persone. Due volte al mese seguo un Master a Roma, ma siamo sottoposti a un regime piuttosto rigido di controlli e tamponi e ci rivedremo tra quattro settimane, a lockdown finito (si spera). Le mie collaborazioni da giornalista non mi costringono a lasciare il luogo dove vivo. Gestire la comunicazione per i miei clienti – come io faccio stando comodamente seduto a casa – non mi espone a tutti i rischi a cui sono esposti i miei colleghi che invece scendono, escono, parlano, visitano, documentano. Oltretutto, proprio ieri, mentre riflettevo su quest’aspetto, sul mio telefono è arrivato un messaggio su Wapp. Andrea è un amico e un collega, padre di famiglia. Ha scritto al presidente De Luca per comunicargli la propria rinuncia al vaccino e chiedergli che quello riservato a lui venga invece fatto a suo figlio, che rientra tra gli individui considerati estremamente vulnerabili e che però non ha ancora un vaccino in calendario. Anch’io ritengo più giusto che venga vaccinato chi ha maggiore necessità di me ed è più vulnerabile di me (non della categoria: di me). Auspico perciò che la dose che mi sarebbe stata riservata venga “dirottata” su chi ne ha più bisogno. Eppure, resto un giornalista. Iscritto all’Ordine dei Giornalisti della Campania. Fieramente, aggiungo. Perché non so quanti colleghi in Italia potrebbero, al mio posto, chiudere questo pezzo ringraziando di cuore il loro presidente per l’opportunità che comunque gli ha concesso. Io c’ho riflettuto bene, mi sono preso tutte le 48 ore che la mail dell’Ordine concedeva. Mi sono confrontato con alcune persone – poche –, a cui ho parlato e a cui ho manifestato i miei dubbi di coscienza. E in coscienza, non ce la faccio.

Mentana replica al presidente dell’Odg che lo aveva etichettato “anima bella da salotto tv”. Il Corriere del Giorno il 17 Marzo 2021. Enrico Mentana: “Posso quindi con piena coscienza e cognizione di causa ribadire che mi vergognerei di ogni giornalista che pensasse di passare avanti agli ultrasettantenni, alle persone fragili, e a tante categorie più esposte, dagli operatori della nettezza urbana a quelli dei supermercati, che però non hanno il megafono di ordini professionali”. “Aggiungo qui, a scanso di equivoci e malizie, che mi vergognerei ancor di più di giornalisti che cercassero di evitare la vaccinazione”. Dopo il post del direttore del TgLa7, Enrico Mentana, che su Facebook aveva scritto: “Mi vergogno mentre leggo che c’è chi ha chiesto di inserire i giornalisti tra le categorie con precedenza vaccinale”, Il presidente dell’Ordine nazionale dei Giornalisti, Carlo Verna,  ha commentato: “Anima bella da salotto televisivo, il tuo è commento da casta che non viene spedita in assembramenti se non in ospedali”. chiarendo nel programma “Fatti e misfatti” su Canale 5 il senso della sua lettera di qualche settimana fa indirizzata al ministro della Salute, Roberto Speranza. “Noi non siamo decisori. Quando si rappresenta la categoria si deve agire nei codici del buon padre di famiglia, che nel caso specifico sta nel diritto-dovere di rappresentare delle situazioni. È evidente che le situazioni non siano tutte uguali, è evidente che chi opera negli studi può usare certe precauzioni e diversa la situazione di chi opera negli ospedali, come chi ha seguito ad esempio la crisi di governo con tanti giornalisti assembrati nel palazzo. Abbiamo solo il dovere di rappresentare le situazioni. Se si tengono in considerazione le categorie io ho il dovere di rappresentare i rischi a cui sono esposti i colleghi. Nessuno di quelli che sono obbligati a fare a un lavoro dovrebbero essere messi nelle condizioni di rischiare. Io ho usato una formula molto sobria nella lettera al ministro Speranza, spiegando che sarebbe essenziale la collaborazione degli editori. Per il resto mi rimetto al decisore. Noi non siamo una casta non possiamo esserlo soprattutto per come sono trattati i colleghi più esposti che spesso vengono pagati con un compenso iniquo” ha scritto Verna. Immediatamente e sempre via Facebook, è arrivata la replica di Enrico Mentana: “Dopo aver letto il mio post di questa mattina, il presidente dell’Ordine Nazionale dei Giornalisti Italiani, Carlo Verna, ha scandito una risposta non molto conciliante, ripresa dall’agenzia Ansa: “Anima bella da salotto televisivo, il tuo è commento da casta che non viene spedita in assembramenti se non in ospedali”. La stessa agenzia Ansa mi ha chiesto una replica. Eccola: “Annebbiato forse dalla paura, mi deve aver scambiato per un’altra figura professionale. Sono a capo di una redazione impegnata a ogni ora di ogni giorno. Ho quotidianamente la responsabilità del lavoro in esterna, sul campo, di decine di giornalisti e delle troupe con cui svolgono il loro servizio. Posso quindi con piena coscienza e cognizione di causa ribadire che mi vergognerei di ogni giornalista che pensasse di passare avanti agli ultrasettantenni, alle persone fragili, e a tante categorie più esposte, dagli operatori della nettezza urbana a quelli dei supermercati, che però non hanno il megafono di ordini professionali”. “Aggiungo qui, a scanso di equivoci e malizie, che mi vergognerei ancor di più di giornalisti che cercassero di evitare la vaccinazione”, ha concluso Mentana.

IL FATTO (O FALSO?) QUOTIDIANO TACE SULLA VACCINAZIONE DI SCANZI. E LA PROCURA DI AREZZO APRE UN’INDAGINE. Il Corriere del Giorno il 23 Marzo 2021. L’apertura di un procedimento penale da parte della Procura di Arezzo è stato avviato dopo la relazione informativa dei Carabinieri della polizia giudiziaria, consegna in Procura nella mattinata di ieri, accertamenti finalizzati per verificare che nelle procedure seguite non si configuri appunto qualche reato. L’azienda sanitaria ha intanto intrapreso, con il direttore generale Antonio D’Urso ed Evaristo Giglio, direttore del distretto sanitario e responsabile del centro vaccinale, una verifica interna che non si è ancora conclusa. La procura di Arezzo ha aperto un fascicolo modello 45, cioè conoscitivo, sul “caso Scanzi” (per il quale al momento si procede senza ipotesi di reato ) ed anche Eugenio Giani presidente della Regione Toscana ha annunciato di voler aprire un’istruttoria sulle liste dei “riservisti”. Un caso che da lunedì fa discutere sui social , con commenti divisi tra chi giudica un abuso la vaccinazione del giornalista toscano del Fatto Quotidiano, senza prenotazione e necessità di urgenza, e quei pochi spacciano l’ abuso del giornalista come “trasparenza” ! Il giornalista aretino ha difeso la sua scelta con le unghie e con i denti sconfinando secondo noi nel ridicolo e nell’assurdo! Giletti citando la testata TPI che ha sollevato la questione, ha fatto presente che questa famosa lista di “riserve” era pressoché segreta, non era online e comunque i cittadini non ne erano a conoscenza. “Una lista scritta a mano”, ha ricordato Giletti. Lecito chiedersi quindi perché Scanzi è riuscito ad entrarci, ancor prima che i suoi genitori vengano vaccinati  ed altri, che ne avevano magari più necessità, invece no? Peraltro i genitori di Andrea Scanzi non sono ancora vaccinati ma il paradosso deriva dal fatto che per over 80 e persone fragili è utilizzabile soltanto il vaccino Pfizer o Moderna, e non AstraZeneca. Attualmente in una clinica, come lui stesso dichiara in un suo post Scanzi usa parole forti: “Totale rovesciamento della realtà fai un gesto (totalmente lecito e quel giorno non facilissimo emotivamente) per aiutare la campagna vaccinale del tuo Paese dentro una pandemia, e quello che ottieni in risposta è ferocia pura, livore scriteriato e auguri di morte“, aggiungendo “Dopo il mio post la Asl della mia zona ha finalmente messo anche online (era ora!) la lista dei panchinari del vaccino. E le prenotazioni sono esplose. Tutto questo è accaduto anche grazie a me. Non dico che per questo vorrei un encomio, per carità: mi basterebbe un “grazie” (e da moltissimi e’ arrivato)“. Andrea Scanzi in un video pubblicato sui suoi seguitissimi profili social il 25 febbraio 2020 derideva coloro i quali si preoccupava per le notizie sul coronavirus che arrivavano dalla Cina nei giorni in cui si diffondevano i primi contagi anche nel nostro Paese. “Il Coronavirus è qualcosa di leggermente, sottolineo leggermente, più insidiosa di un qualsiasi cazzo di influenza“, diceva Scanzi nella clip diffusa sui social, la stessa in cui criticava fortemente chi indossava la mascherina. Da lì a qualche giorno l’Italia sarebbe entrata in lockdown totale a causa del collasso del sistema sanitario a causa degli alti contagi nel nord Italia. Durante il lockdown, Andrea Scanzi ha scritto il libro “I cazzari del virus” nel quale il giornalista aretino raccontava in che modo è stata affrontata la prima ondata dell’epidemia soprattutto da parte dei politici. Nella descrizione si legge che “di errori così, compiuti non a febbraio quando la situazione ancora incerta sembrava sotto controllo ma in piena emergenza, si può stilare una lista infinita“. Quindi, le sue dichiarazioni di febbraio erano relative a una “situazione ancora incerta”? Successivamente la scorsa estate Andrea Scanzi in Sardegna partecipava a una foto scattata da Luigi Di Maio insieme a un gruppo di altre persone, nessuno delle quali indossava la mascherina pur essendo tutti vicini, creando un piccolo assembramento, in un momento in cui le norme già li vietavano e venivano imposte le mascherine. Scanzi viene criticato e smentito dall’on. Maria Elena Boschi, di Italia Viva che gli attribuisce “una volgare mediocrità che non merita commento”, dandogli del bugiardo mettendo in discussione il suo presunto ruolo di caregiver: “Ha detto che doveva fare il caregiver dei suoi genitori e vorrei capire quando, visto che è sempre in giro“. Secondo l’ On. Boschi il giornalista Scanzi sarebbe bugiardo anche nell’affermare che ha potuto iscriversi alla lista di “riservisti” in quanto le regole in Toscana lo permettono: “No, le regole non sono così – afferma la Boschi – Scanzi non poteva vaccinarsi. In Toscana una come me – che è avvocato – avrebbe potuto vaccinarsi un mese fa. E chi tra i miei colleghi lo ha fatto, ha rispettato le regole. Se non l’ho fatto io, nonostante abbia voglia come tutti di tornare ad abbracciare i miei nipotini, è stato per evitare polemiche dei moralisti contro di me“. “Trovo quanto accaduto irresponsabile — denuncia il parlamentare toscano Stefano Mugnai, vice capogruppo alla Camera di Forza Italia —. Uno scandalo che si è interrotto solo grazie al governo Draghi che ha imposto di procedere per fasce di età (fatti salvi i fragili e fragilissimi) partendo dai più anziani e smentendo clamorosamente quanto deciso in Toscana“. “Qui siamo invasi dai De Luca e da tutti gli altri variopinti furbetti se è vero che un terzo delle vaccinazioni sono toccate a gentaglia che non ne aveva diritto ma che è riuscita a imbucarsi al posto di quelli che ce l’avrebbero avuto. Ma non mi risulta che nei loro confronti siano stati presi provvedimenti di qualche tipo. Eppure è stato un abuso, per la mia legge un reato, che forse è costato, o costerà, la vita a qualcun altro”. si leggeva il 10 marzo scorso da Orso Grigio, il  blog del signor Luciano Scanzi da Arezzo, che era indignato perla pubblicazione della foto del presidente Sergio Mattarella che aspettava il suo turno per vaccinarsi, che aveva fatto notizia. Orso Grigio (alias il padre del giornalista Andrea Scanzi) accusava i giornalisti: “Ecco, invece di esaltarvi per la normalità, con le vostre quasi del tutto inutili testate e con i vostri queruli talk, datevi un senso: denunciate gli abusi, condannate i privilegi, le ruberie, gli evasori, e tutto quello che ammorba la nostra società facendo sentire le persone per bene come dei marziani, e riducendo l’onestà a una mania da pervertiti”. aggiungendo: “Intendiamoci, io non sono un fanatico dei vaccini, aspetto naturalmente il mio turno come è giusto che sia, ma se ci sono delle regole vanno rispettate, e se ci sono delle priorità vanno definite chiaramente e poi rispettate anche quelle. E non, come invece succede, lasciare che ognuno, in ogni regione, possa fare il cazzo che vuole”. Ma adesso papà Scanzi tace. Ed il suo blog è sparito dalla rete internet. Così come è sparita anche la sua pagina Facebook ! Pure coincidenze o solo paura di essere svergognati? Ma il papà di Scanzi deve essersi molto distratto al punto di aver chiuso gli occhi giustificando il figlio firma di punta del Fatto Quotidiano che ha saltato la fila : “Mi sono messo in lista perché ne avevo diritto come caregiver che assiste i suoi genitori anziani e fragili”. Come non ridere quando sentendo parlare di “caregiver” immaginava genitori molto anziani e provati nel fisico dalla malattia, bisognosi di assistenza continua che l’encomiabile… Andrea correva ad assistere fra un collegamento tv e una diretta sui socialnetwork. Luciano, il padre di Andrea Scanzi, è nato nel 1952, mentre la moglie, mamma Fiorella Rossi Scanzi, è del 1949, e va in giro tranquillamente da solo, qualche volta con il figlio, ma su una potente moto Guzzi che è la sua passione. Andrea Scanzi così definiva papà Luciano nel giorno del suo compleanno: “Ha una Guzzi, 18 chitarre, 87 macchine fotografiche e un caleidoscopio…”. La mamma di Andrea Scanzi, Fiorella ha un suo profilo Facebook dove esterna con la stessa arroganza di suo figlio, attaccando c on un post il nostro collega Massimo Giletti , conduttore di “Non è l’ Arena” su La7, responsabile ( secondo noi meritevole !) di avere sollevato il “caso Scanzi-vaccino” domenica sera in trasmissione, e persino Vauro per avervi partecipando, con una battuta sul virus-vanesio che si era impossessato di Scanzi. Mamma Fiorella attacca: “Lei Vauro ha assecondato il gioco denigratorio messo in piedi da Giletti (se va bene) come sciocco servile giullare …per un attimo vecchio vanesio tornato al centro della scena del programma tv”, povera mamma…. guai a toccarle il figliuolo, qualunque cosa abbia fatto! L’apertura di un procedimento penale da parte della Procura di Arezzo è stato avviato dopo la relazione informativa dei Carabinieri della polizia giudiziaria, consegna in Procura nella mattinata di ieri, accertamenti finalizzati per verificare che nelle procedure seguite non si configuri appunto qualche reato. L’azienda sanitaria ha intanto intrapreso, con il direttore generale Antonio D’Urso ed Evaristo Giglio, direttore del distretto sanitario e responsabile del centro vaccinale, una verifica interna che non si è ancora conclusa. Sabato scorso cioè soltanto il giorno dopo della vaccinazione di Scanzi, è stato pubblicato online dall’ASL di Arezzo il modulo per iscriversi all’elenco dei “panchinari” una lista con le segnalazioni verbali dei medici di base da utilizzare in caso di dosi avanzate a fine giornata, secondo la direttiva del generale Figliuolo risalente al 15 marzo scorso. L’azienda sanitaria ASL di Arezzo ha intrapreso una verifica interna con il direttore generale Antonio D’Urso ed Evaristo Giglio, direttore del distretto sanitario e responsabile del centro vaccinale, che al momento non si è ancora conclusa. Il direttore D’Urso ha dichiarato : “L’accertamento prosegue, dobbiamo incrociare i dati in nostro possesso con quelli dell’Inps. Il caregiver deve rientrare negli stessi requisiti propri della legge 104 che prevede tra l’altro un’assistenza continuativa. E per esaurire la pratica abbiamo bisogno della parte previdenziale”. Una vicenda quella del caso Scanzi che ha portato alla luce il problema dei “riservisti” o “panchinari” del vaccino anti-Covid per non sprecare le dosi a livello nazionale. Lecito chiedersi se debba esistere o meno, come vada organizzata chi ne ha diritto considerato che le regioni, come Toscana e la Lombardia ad esempio prevedono delle regole e modalità diverse. Mentre sul portale ( vedi QUI) della Regione Lazio non c’è alcuna traccia! Questo il post del giornalista Scanzi subito dopo l’esplosione del “caso” che lo riguarda: “Ieri ho raccontato di essermi vaccinato come "panchinaro del vaccino". Dopo l’ordinanza del generale Figliuolo di lunedì scorso, che ribadiva di dover usare a fine giornata tutte le dosi a qualsiasi costo e di non sprecarne neanche mezza, ho detto al mio medico di base la frase che ho ripetuto ieri: “Se avanza una dose a fine giornata, non la vuole nessuno e la buttate via, io ci sono. Nel rispetto della legge e senza scavalcare nessuno (ci mancherebbe!)”. “Sono stato così inserito nella lista dei panchinari – continuava Scanzi – Una lista che a dire il vero esisteva anche prima dell’ordinanza di Figliuolo, ma che era meramente verbale. Per meglio dire, tu lo dicevi al tuo medico di base che, se ti reputava idoneo, segnalava il tuo nome al responsabile del piano vaccinale” aggiungendo con sfacciataggine “Nel mio caso, essendo figlio unico e “caregiver familiare” avendo due genitori nella categoria “fragili”, avrei comunque potuto vaccinarmi grazie a un’ordinanza regionale fortemente voluta anche dall’ottimo Iacopo Melio. Ma mi sono comunque iscritto anche nella lista, fino a ieri “solo” verbale e non online, dei panchinari del vaccino”. Peccato però che i due genitori “fragili” non si siano ancora vaccinati. Andrea Scanzi in barba alle regole, invece si. La ciliegina sulla torta (marcia) arriva dal “sodale-giornalista sindacalista” Paolo Borrometi, proiettato da un sito siciliano alla vicedirezione dell’ AGI, agenzia di stampa del Gruppo ENI, che così scrive su Twitter: “prova ribrezzo per le polemiche sul vaccino di Andrea Scanzi”“. Noi al suo contrario invece proviamo ribrezzo per chi pratica un giornalismo, schierato e militante sinistrorso.

(ANSA il 28 giugno 2021) - La procura di Arezzo chiede l'archiviazione per il caso del vaccino somministrato al giornalista aretino Andrea Scanzi, vicenda di marzo per cui venne criticato per "aver saltato la fila". Stando alle conclusioni del pm Marco Dioni, Scanzi non rientrava in alcuna categoria vaccinale di quel momento e dunque non aveva diritto ad anticipare la somministrazione. Tuttavia, dal punto di vista giuridico-legale, per la procura non si configura alcun reato nella condotta del giornalista. In virtù, viene spiegato, della riforma del reato di abuso d'ufficio, ipotesi su cui lavorava la procura, tale fattispecie penale non si è configurata. Perché vi sia reato di abuso di ufficio nella condotta di Scanzi, è stato ancora spiegato alla procura di Arezzo, occorre che la violazione sia a una legge o a un regolamento, cosa che per il pm Dioni non è accaduta in questo episodio. Dunque, sottolineano dalla procura, anche se eticamente il gesto può da taluni essere considerato censurabile, dal punto di vista giuridico non è penalmente perseguibile. Il 22 marzo scorso Scanzi aveva raccontato sui social di aver ricevuto il vaccino come 'riservista' e in qualità di caregiver familiare dei genitori. "Ho fatto il panchinaro del vaccino", aveva affermato, suscitando immediate polemiche. La procura di Arezzo, città dove gli fu fatto il vaccino, aprì un fascicolo. In questi mesi sono stati ascoltati i principali responsabili del servizio della Asl. Ora la richiesta di archiviazione.

Filippo Facci per "Libero quotidiano" il 29 giugno 2021. Poco spettabile Andrea Scanzi, vorremmo chiudere il caso del vaccino che ti hanno fatto senza che tu ne avessi diritto, saltando la fila. Chiuderla qui è la cosa migliore, anche perché altri (tipo il tuo giornale) ti avrebbero viceversa bollato sine die. Noi no. La procura di Arezzo ha chiesto l’archiviazione: ha scritto che non rientravi in nessuna categoria particolare e che non avevi diritto ad anticipare il vaccino, ma questo, secondo il pm, non ha configurato reati in virtù della riforma dell’abuso d'ufficio, riforma che dalle tue parti è stata combattuta ferocemente. Meno male che avete perso anche questa. Noi non auguriamo a nessuno conseguenze giudiziarie (non per queste cose) e ci basta che i fatti siano stati messi nero su bianco, sperando che il gip accolga l’archiviazione. Preso da ego-bulimia, il 22 marzo avevi raccontato ai lemuri dei tuoi social che avevi ricevuto il vaccino come «riservista» in qualità di «caregiver familiare». Due balle, come è stato accertato ascoltando i responsabili della Asl. Hai fatto tutto da solo, e hai continuato a descriverti come er mejo fico der bigoncio, a dire che volevi fare da esempio (tu) e a dire che tutti ti criticavano per invidia, o perché vorrebbero essere come te. Eri un banale cagasotto che ha cercato una corsia privilegiata, ma la nostra opinione su di te resta immutata. Bastava una parola prima, ci basterà in futuro.

Salvatore Mannino per "La Nazione - Arezzo" il 29 giugno 2021. Non aveva il diritto di vaccinarsi, anche se non ha commesso alcun reato. E’ il giudizio, non esattamente l’ideale in termini di immagine, col quale il Pm Marco Dioni chiede l’archiviazione del fascicolo sulla dose di Astrazeneca somministrata il 21 marzo ad Andrea Scanzi, il più popolare dei giornalisti aretini, influencer e opinion leader di prima grandezza nel panorama mediatico nazionale, uno che spesso si autodefinisce come il più seguito in Italia sui social, forte del suo milione di follower che però per quella dose galeotta gli ri rivoltarono contro, a lui che si considera, ed è considerato, un maestro nel girare in proprio favore il vento che spira su Facebook, Twitter e gli altri social media. Caso chiuso, anche se Scanzi non è mai stato indagato: quello nei suoi confronti è sempre rimasto un modello 45, cioè un fascicolo senza ipotesi di reato. La bufera che ne è nata, quella che portò alla temporanea sparizione del giornalista dagli schermi di Rai Tre («Carta bianca» di Bianca Berlinguer) e la 7 (Otto e mezzo di Lilli Gruber), quella che l’ha portato a difendersi con le unghie e coi denti dalla stanza di un lussuoso relais trentino in cui era in cura, quella anche che gli è costato il rimprovero di Marco Travaglio, direttore del suo giornale, il «Fatto Quotidiano, è rimasta una tempesta mediatica, di cui qualcuno dei tanti nemici che si è fatto negli anni per la sua penna tagliente, ha approfittato per regolare qualche conto, ma senza conseguenze giudiziarie. L’unico reato astrattamente ipotizzabile, l’abuso d’ufficio a carico del dirigente Usl che lo indirizzò all’hub del Palaffari, avrebbe richiesto un’espressa violazione di legge o atto avente forza di legge. Ma tutte le norme che regolano la vaccinazione sono linee guida, al massimo regolamenti amministrativi. E poi, scrive Dioni, i comportamenti non si sono mai elevati al rango del dolo, rimanendo colposi, cioè imprudenti o negligenti. Conviene comunque riassumere. Scanzi, almeno questo è il suo racconto, contatta il suo medico di famiglia e si dichiara disponibile a ricevere una dose di Astrazeneca fra quante ne avanzano dopo la giornata di iniezioni. Il dottore lo indirizza alla Usl e il direttore del distretto Evaristo Giglio, dopo qualche settimana, lo avvia al Palaffari dove avviene la vaccinazione. A che titolo? Lo stesso giornalista avanzerà più di uno scenario: semplice volontario per le dosi in eccesso, caregiver di genitori malati, testimonial. In realtà, secondo Dioni, «sulla scorta delle linee guida e delle raccomandazioni non aveva alcun diritto di essere vaccinato, non rientrando in alcune delle categorie delle linee guida», anche se «in quel momento la situazione era particolarmente confusa». In effetti, era il marzo difficile in cui la campagna di massa stentava ancora a decollare, specie in Toscana, coi quarantenni come Scanzi spesso vaccinati prima degli over 80 ancora in mezzo al guado e dei settantenni e sessantenni fermi al palo. Fu per questo che la confessione social del giornalista scatenò il dagli al «furbetto». Giglio, sentito sia nell’indagine Usl che in quella della procura, riconosce di aver sbagliato, «ritenendo che appartenesse alla categoria dei caregiver», anche se la certificazione sulla quale si basò era quella di un’omonima della madre di Scanzi. Colpa non dolo. Il passato appunto, il presente è fatto di un’archiviazione imminente.

CASO VACCINO: LA PROCURA DI AREZZO SALVA ANDREA SCANZI, MA NON DEL TUTTO….Il Corriere del Giorno il 29 Giugno 2021. Scanzi aveva commentato lo scorso 22 marzo sui social , sostenendo di aver ricevuto il vaccino perché “riservista”, “panchinaro” e in qualità di caregiver familiare dei genitori scatenando critiche e offese, che lo portarono alla sospensione per tre settimane dai programmi tv Rai e La7 in cui veniva invitato. In realtà quanto sosteneva Scanzi in realtà non era vero ed ha mentito...La Procura di Arezzo ha chiesto l’archiviazione per il caso del vaccino somministrato il 19 marzo 2021 al giornalista Andrea Scanzi, accusato di aver “saltato la fila” nel tardo pomeriggio del 19 marzo scorso all’hub vaccinale allestito al Centro Affari e Fiere della città toscana. Il giornalista toscano, secondo il pubblico ministero Marco Diorni, all’epoca in cui avvenne la somministrazione, Scanzi non aveva alcun diritto di anticipare la propria vaccinazione non rientrando in alcuna categoria vaccinale e quindi non aveva diritto ad anticipare la dose, ma dal punto di vista legale, con la sua “furbata” Scanzi non ha commesso un reato. Conseguentemente il gesto di Scanzi, nonostante sia discutibile eticamente, non è perseguibile in ambito giuridico, data la mancata sussistenza del reato di abuso di ufficio. La richiesta del pubblico ministero adesso è stato trasmesso al giudice per le indagini preliminari e sarà quest’ultimo a decidere se accogliere la richiesta di archiviazione su Scanzi. Scanzi aveva commentato l’accaduto lo scorso 22 marzo sui social , sostenendo di aver ricevuto il vaccino perché “riservista”, “panchinaro” e in qualità di caregiver familiare dei genitori scatenando critiche e offese, che lo portarono alla sospensione per tre settimane dai programmi tv Rai e La7 in cui veniva invitato. In realtà quanto sosteneva Scanzi in realtà non era vero ed ha mentito...La probabile archiviazione non è una pietra tombale su questa vicenda: ieri infatti il deputato Massimiliano Capitanio, capogruppo della Lega in Commissione Parlamentare du Vigilanza Rai, ha ricordato che la tv pubblica “ha atteso la pronuncia del pm per convocare il Comitato Etico e prendere una decisione circa la condotta del giornalista”.“Scanzi ha fatto il furbetto”, ha commentato anche la leghista Elena Maccanti, componente della commissione di Vigilanza Rai. Secondo i deputati toscani leghisti Manuel Vescovi e Rosellina Sbrana, Scanzi si è comportato “come i peggiori raccomandati”. Sulla stessa posizione, il deputato Michele Anzaldi di Italia Viva, segretario della commissione di Vigilanza Rai, che si chiede se “è eticamente accettabile che una trasmissione Rai retribuisca chi si è macchiato di un comportamento riprovevole”. Dopo l’annuncio della richiesta di archiviazione, nè Scanzi nè il FATTO QUOTIDIANO giornale dove lavora e scrive hanno ancora rilasciato alcuna dichiarazione al riguardo.

La regione rossa che vaccina prima i vip degli ottantenni. Nel tritacarne finisce anche il giornalista e scrittore Andrea Scanzi, il quale è stato vaccinato perché assiste i genitori anziani. "Ho rispettato le regole", scrive sul suo profilo social. Ignazio Riccio - Lun, 22/03/2021 - su Il Giornale. L’Asl di Arezzo ha aperto un’inchiesta interna in merito alla lista dei cosiddetti caregiver, ossia quelle persone che si prendono cura dei familiari ammalati o disabili in attesa del vaccino anti Covid. È polemica in Toscana poiché, se è vero che molti non si sono iscritti all’elenco, pur avendone i requisiti, altri hanno usufruito del beneficio. Tra questi, come riporta il quotidiano Il Giorno, c’è il giornalista e scrittore Andrea Scanzi, il quale è stato vaccinato venerdì scorso al Palaffari di Arezzo. Lo avrebbe fatto saltando la fila delle quasi quindicimila persone che hanno aderito all’iniziativa sul sito della Regione Toscana e che, come lui, hanno i genitori anziani o con patologie specifiche. Scanzi sarebbe rientrato tra i “riservisti”, chiamati all’ultimo momento qualora avanzino delle dosi non inoculate, destinate ad essere buttate nel cestino. Nulla di irregolare sembrerebbe, anche se sarà l’Asl a verificare i fatti, ma il gesto ha provocato malumori e proteste. Lo stesso giornalista, che aveva postato sul sulla sua pagina Facebook un messaggio in cui informava della sua avvenuta vaccinazione, è ritornato sulla vicenda. Sempre sui social ha commentato: “Questa polemica sulla mia vaccinazione non mi diverte. Per niente. Mi offende, mi ferisce, mi fa incazz… e oltrepassa qualsiasi forma di disonestà intellettuale. Come si fa a definirmi ‘furbetto’ se sono stato io, con orgoglio e dopo aver rispettato le regole, a dare la notizia del mio vaccino?”. In Toscana, comunque, c’è già un’altra indagine della Procura su coloro che avrebbero saltato la fila per ottenere la vaccinazione. Circa mille persone si sarebbero iscritte nella lista del personale scolastico e universitario sotto la voce “altro”, poi eliminata. Si tratta di musicisti, modelle, maestri di tennis e di altre categorie non protette; su questi "privilegiati" si sta indagando.

In Toscana ora il caos è totale: vaccinato solo il 5% degli over 80. In regione sono state inoculate più di 500mila dosi dei vaccini anti Coronavirus, ma le polemiche non accennano a placarsi, soprattutto per gli over 80. Resta ancora da chiarire anche l’episodio dello scambio delle pettorine della protezione civile all’esterno del Mandela Forum di Firenze a fine turno, proprio quando vengono chiamati i riservisti. Lì, il caos è stato generato dalla voce che un medico avrebbe vaccinato il figlio facendogli saltare la fila. Anche in questo caso l’Asl ha aperto un’indagine interna. Non è facile evitare i furbetti, in un sistema elefantiaco, senza precedenti in Italia. e le polemiche sono continue. L’ultima ha riguardato anche gli avvocati e ha investito la vicepresidente della regione Stefania Saccardi, iscritta all’ordine, alla quale, come agli altri novemila legali, è stato somministrato il vaccino.

Dagospia il 21 marzo 2021.

L’ho ripetuto spesso in questi giorni, sia in tivù che durante le #ScanziLive: “Se a fine serata avanza una dose di...

Pubblicato da Andrea Scanzi su Venerdì 19 marzo 2021

Ieri ho raccontato di essermi vaccinato come “panchinaro del vaccino”. Dopo l’ordinanza del generale Figliuolo di...

Pubblicato da Andrea Scanzi su Sabato 20 marzo 2021

Da "Huffingtonpost.it" il 21 marzo 2021. Il giornalista e scrittore Andrea Scanzi ha annunciato sulla sua pagina Facebook di essersi vaccinato nella lista di riserva messa a disposizione dalla Regione Toscana, in quanto caregiver familiare con due genitori considerati “fragili”. Sui social però c’è stata più di una critica nei confronti di Scanzi. Innanzitutto perché proprio la Regione Toscana è penultima nella vaccinazione degli over 80, con solo il 5% che ha ricevuto le due dosi. E poi perché fino a oggi la lista di riserva a cui si è iscritto Scanzi non si trovava. Tra i commenti al post di Scanzi, c’è chi scrive: “Ho seguito le Tue indicazioni: ho fatto proprio come Lei. Vediamo se funziona per “i comuni mortali” o vale solo per “amici degli amici”. Mentre un altro dice: Ho chiamato oggi il numero verde e l’operatore mi ha detto che non esiste attualmente nessuna lista per la somministrazione delle dosi che andrebbero buttate e che attualmente chiamano solo quelli che hanno in lista di prenotazione a seconda dell’età e delle patologi”. Un altro ancora: “Io penso che i “panchinari dei vaccini” dovrebbero prima essere quelli che sono in attesa di essere chiamati direttamente dall’ausl, persone che hanno patologie...”. C’è poi chi commenta: “Guardi Scanzi, io la stimo molto come giornalista, ma che lei ora si presenti come un eroe che ha fatto da cavia, dato l’esempio e favorito addirittura la diffusione delle liste di attesa mi pare troppo”.

Scanzi si vaccina come “riservista”, sul caso indaga l’Asl: bufera sul giornalista del Fatto Quotidiano. Fabio Calcagni su Il Riformista il 21 Marzo 2021. Nella Regione penultima in Italia per somministrazione della doppia dose di vaccino agli over 80, Andrea Scanzi riesce a farsi inoculare la prima dose. A raccontarlo è stato lo stesso giornalista toscano del Fatto Quotidiano su Facebook, che in un post sui social ha spiegato di essere riuscito ad entrare nella lista dei cosiddetti “panchinari” o “riservisti”. A spiegare cosa è accaduto è lo stesso Scanzi, 47 anni, che scrive ai suoi followers di aver fatto venerdì 19 marzo il vaccino di AstraZeneca “nel pieno rispetto delle regole” essendo figlio unico di due genitori  fragili e dunque potendo essere considerato un “caregiver”. Un procedimento “regolare, tutto alla luce del sole. Con buona pace di qualche imbecille (compreso qualche finto amico e pseudo-politico) che ha provato a fare polemica”, ha polemizzato Scanzi. Dubbi però condivisibili, visto che effettivamente in Toscana non esisteva una vera e propria lista dei “panchinari”, con il percorso pubblico della Asl Toscana sud est venuto a galla sabato, a seguito delle polemiche nate dal post di Scanzi. Ad ammetterlo è lo stesso giornalista del Fatto, che sottolinea come la lista dei panchinari esisteva anche prima dell’ordinanza di Figliuolo, “ma che era meramente verbale. Per meglio dire, tu lo dicevi al tuo medico di base che, se ti reputava idoneo, segnalava il tuo nome al responsabile del piano vaccinale”. Le accuse nei confronti di Scanzi tra i commenti non sono mancate: “Ho chiamato oggi il numero verde e l’operatore mi ha detto che non esiste attualmente nessuna lista per la somministrazione delle dosi che andrebbero buttate e che attualmente chiamano solo quelli che hanno in lista di prenotazione a seconda dell’età e delle patologi”, scrive un utente. Altri invece ricordano invece la parole pronunciate ad inizio pandemia da Scanzi, che si riferiva così al Coronavirus: “Non è  una malattia mortale porca di una puttana troia ladra”. Ma che vi sia il rischio che Scanzi abbia effettivamente saltato la fila lo ammette la stessa Asl, che secondo Il Tirreno ha aperto un’inchiesta interna per capire se il giornalista e scrittore aretino non abbia ricevuto una dose che poteva essere destinata a qualcun altro. “Stiamo facendo alcune indagini – spiega al Tirreno Simona Dei, direttrice sanitaria – per capire se davvero ne avesse diritto“. Sempre Il Tirreno specifica che la Regione ha chiarito all’Asl che Scanzi “non risulta fra i 18.822 caregiver indicati dai 70.801 fragilissimi che si sono registrati sul portale in questi giorni”. Avendo po la Asl sud est annunciato solo ieri di aver aperto elenchi dei “panchinari”, resta il dubbio su come Scanzi sia riuscito a vaccinarsi: il giornalista è andato fra i box di Arezzo Fiere senza essere stato avvertito?

DAGONOTA il 22 marzo 2021. Sapete dove era ieri Andrea Scanzi a fare la sua diretta Facebook in cui dava dei poveri imbecilli a tutti? All’Hotel Palace di Merano, dove l’opinionista per mancanza di opinioni va ogni anno a fare una settimana di “detox rigoroso”. Il caregiver ha mollato i genitori fragili è se n’è andato in un’altra regione, naturalmente per motivi di salute (come no).

Da corriere.it il 22 marzo 2021. «Era una vaccinazione legale, autorizzata e che rifarei. Una vaccinazione per cui larga parte degli italiani avrebbe dovuto ringraziarmi. L’ho fatta in un momento storico in cui nessuno o pochi italiani avrebbero voluto fare AstraZeneca: io ho voluto accettare l’invito di vaccinarmi proprio per dare un segnale agli italiani. Io mi fido della scienza e ci vado.  Non era un boccone da ghiotti, sia perché nessuno voleva fare quella vaccinazione sia perché nessuno si era iscritto a quella lista che esisteva ed era solo verbale. E che grazie a me è diventata pubblica». Andrea Scanzi torna a parlare della polemica che lo ha coinvolto dopo essersi sottoposto venerdì al vaccino anti Covid-19 con AstraZeneca nel centro vaccinale dell’hub della Fiera di Arezzo. Scanzi spiega di aver avuto la possibilità di sottoporsi al vaccino grazie ad una lista dei riservisti di cui ha chiesto al suo medico curante e che fino a qualche giorno fa era solo verbale, mentre - grazie alla sua testimonianza - è diventata pubblica e a cui si può accedere attraverso la compilazione di un modulo online.

Da sr71.it il 22 marzo 2021. Vaccinazione con polemiche per Andrea Scanzi, dopo l’annuncio della sua iniziativa di «vaccinarsi da panchinaro», la Asl ha effettuato alcune verifiche interne. L’azienda sanitaria ieri pomeriggio ha aperto un sito provvisorio per formalizzare la lista d’attesa per i candidati agli «avanzi di AstraZeneca». Fino ad allora, come dichiarato dallo stesso giornalista aretino, la lista dei panchinari era solo verbale. Secondo quanto riferisce la direttrice sanitaria Asl Toscana Sud Est, Simona Dei, ad appena un giorno dall’apertura del sito per i panchinari, sono 2500 le persone già iscritte, segno di una grande attenzione al tema della vaccinazione contro Covid19, nonostante lo stop and go subito da AstraZeneca. Il sito resterà aperto fino a martedì, quando sarà incluso nella piattaforma regionale, quella che abitualmente viene utilizzata da tutti i vaccinandi. La direttrice Dei, a seguito delle polemiche sulla «vicenda Scanzi», ha effettuato una verifica con i responsabili Asl della vaccinazione ad Arezzo Fiere, luogo dove venerdì sera si è recato Scanzi per ricevere l’iniezione. Secondo quanto riferisce Dei, il personale Asl ha gestito correttamente la pratica della somministrazione. Come da protocollo a Scanzi sono state richieste le informazioni necessarie all’accettazione. Il giornalista aretino, come ha scritto venerdì sera sulla sua pagina Facebook, ha dichiarato agli operatori di essere «caregiver» (ovvero assistente) dei propri genitori e quindi è stato ammesso alla vaccinazione. Alla direttrice Simona Dei è sufficiente questo per chiudere la pratica «salvo ulteriori sviluppi domani – ci ha detto al telefono – per noi la questione è chiusa, non possiamo sollevare dubbi preventivi sulla veridicità delle dichiarazioni di Scanzi, come su quelle di tutti gli altri ‘panchinari’, si tratta infatti di autodichiarazioni». Ieri sera Scanzi ha scritto in un post «Nel mio caso, essendo figlio unico e “caregiver familiare” avendo due genitori nella categoria “fragili”, avrei comunque potuto vaccinarmi grazie a un’ordinanza regionale fortemente voluta anche dall’ottimo Iacopo Melio. Ma mi sono comunque iscritto anche nella lista, fino a ieri “solo” verbale e non online, dei panchinari del vaccino. Tutto regolare, tutto alla luce del sole». In altre parole adesso la vicenda diventa politica e sono già nell’aria delle interrogazioni alla giunta regionale toscana, è infatti alla Regione che sono conservati i registri delle persone fragili, bisognose di «caregiver».

Non è l'Arena, Andrea Scanzi vaccinato. "Un caso strano, i suoi genitori...". Massimo Giletti svela il caos italiano. Libero Quotidiano il 22 marzo 2021. Il caso Andrea Scanzi arriva a Non è l'Arena e Massimo Giletti va dritto ala fonte. In collegamento con La7 c'è Evaristo Giglio, direttore del Distretto sanitario di Arezzo dove la penna del Fatto quotidiano ha avuto accesso al vaccino anti-Covid in quanto compreso una "lista delle riserve". In sostanza, Scanzi ha usufruito del vaccino rimasto al termine della giornata, siero che altrimenti sarebbe stato buttato. Ma a che pro, si sono chiesti molti, considerata la giovane età e la buona salute del giornalista? E quella lista, era accessibile ai comuni mortali o Scanzi ha usufruito della sua posizione per accedervi? "Prima di fare una prenotazione online - spiega il dirigente sanitario -, abbiamo fatto in modo tale di avere una lista cartacea comprendente persone che non erano riuscite a farsi vaccinare per un qualche problema, forze dell'ordine che avevano saltato il loro turno, disabili segnalati dai direttori sanitari di centri diurni". E Scanzi? "Mi è stato segnalato verso il 20-22 febbraio dal medico curante. A che titolo, gli ho chiesto, ha delle patologie? Mi è stato detto che lui ha due genitori fragili con patologie ascrivibili alle classi di persone vulnerabili e vaccinate in Toscana con il vaccino Moderna, e Scanzi dunque rientrerebbe in questa tipologia anche con la iscrizione online. Scanzi è finito in coda alla lista, abbiamo chiamato persone con priorità più alta". "Ma questa lista è precedente al commissario Figliuolo, risale al periodo di Arcuri dunque? - chiede Giletti - Questa storia è strana, basta chiamare il medico della mutua per finire nella lista? I genitori di Scanzi sono vaccinati?". "No, i genitori sono in lista per venire vaccinati", risponde Giglio. "Quindi abbiamo un paradosso - conclude Sallusti -, i genitori di Scanzi che sono vulnerabili non sono stati vaccinati e Scanzi, che è sano, sì". 

Da iltempo.it il 22 marzo 2021. Fulmini sui furbetti dei vaccini. “Qui siamo invasi dai De Luca e da tutti gli altri variopinti furbetti se è vero che un terzo delle vaccinazioni sono toccate a gentaglia che non ne aveva diritto ma che è riuscita a imbucarsi al posto di quelli che ce l’avrebbero avuto. Ma non mi risulta che nei loro confronti siano stati presi provvedimenti di qualche tipo. Eppure è stato un abuso, per la mia legge un reato, che forse è costato, o costerà, la vita a qualcun altro”. Firmato il 10 marzo scorso da Orso Grigio, il  blog del signor Luciano Scanzi da Arezzo. Indignato perché aveva fatto notizia la pubblicazione della foto del presidente Sergio Mattarella che aspettava il suo turno per vaccinarsi. Orso Grigio ribolliva contro noi giornalisti: “Ecco, invece di esaltarvi per la normalità, con le vostre quasi del tutto inutili testate e con i vostri queruli talk, datevi un senso: denunciate gli abusi, condannate i privilegi, le ruberie, gli evasori, e tutto quello che ammorba la nostra società facendo sentire le persone per bene come dei marziani, e riducendo l’onestà a una mania da pervertiti”. E aggiungeva: “Intendiamoci, io non sono un fanatico dei vaccini, aspetto naturalmente il mio turno come è giusto che sia, ma se ci sono delle regole vanno rispettate, e se ci sono delle priorità vanno definite chiaramente e poi rispettate anche quelle. E non, come invece succede, lasciare che ognuno, in ogni regione, possa fare il cazzo che vuole”. Parole da sottoscrivere. Ma a cui non è seguito nulla il primo giorno di primavera quando si è saputo che il figlio di Orso Grigio- al secolo Andrea Scanzi- si era appena vaccinato alla veneranda età di 46 anni in quella Toscana dove chi aveva diritto a quelle fiale per non rischiare la vita- gli ultraottantenni- non ha ricevuto ancora protezione nel 95% dei casi. Orso Grigio deve avere chiuso un occhio per l'amato figlio Andrea che ha fatto più o meno la stessa cosa di Vincenzo De Luca. Ma ne ha dovuti chiudere due per la giustificazione che il figlio firma di punta del Fatto Quotidiano ha dato per avere saltato la fila con salto triplo carpiato: “Mi sono messo in lista perché ne avevo diritto come caregiver che assiste i suoi genitori anziani e fragili”. Ecco forse anziano non me lo farei dire da mio figlio essendo nato nel 1952, più giovane pure di mamma Fiorella Rossi Scanzi, che è del 1949. Poi quando uno ha sentito dire “caregiver” si immaginava genitori molto anziani e provati nel fisico dalla malattia, bisognosi di assistenza continua che il generoso Andrea correva a dare fra un collegamento tv e una diretta social. Papà Luciano invece in giro va da solo, e talvolta sì con il figlio, ma su una potente moto Guzzi che è la sua passione. Luciano così è stato descritto dal figlio il giorno del suo compleanno: “Ha una Guzzi, 18 chitarre, 87 macchine fotografiche e un caleidoscopio...” Mamma Fiorella ha invece un suo profilo Facebook dove cavalca una grinta non da poco. Tanto da avere fulminato nel suo ultimo post Massimo Giletti per avere sollevato il “caso Scanzi-vaccino” domenica sera a “Non è l'Arena e Vauro per avervi partecipando facendo una battuta sul virus-vanesio che si era impossessato di Scanzi. “Lei Vauro”, ha tuonato mamma Fiorella, “ ha assecondato il gioco denigratorio messo in piedi da Giletti (se va bene) come sciocco servile giullare ...per un attimo vecchio vanesio tornato al centro della scena del programma tv”. E mammà la si capisce: guai a toccarle il figliuolo, qualunque cosa abbia combinato. Ma tutti gli altri – a cominciare da medici condotti e dirigenti della Asl di Arezzo- protagonisti di questa commedia dell'arte sullo “Scanzi vaccinato”, che parte hanno?

Francesca Galici per ilgiornale.it il 22 marzo 2021. Ha destato clamore la vaccinazione di Andrea Scanzi, giornalista quarantenne, che ha ricevuto la sua dose in quanto inserito nelle liste di riserva della Regione Toscana in qualità di caregiver dei suoi genitori. La percezione del coronavirus da parte di Scanzi nel corso dell'ultimo anno è cambiata profondamente da quando non la considerava più di una semplice influenza, fino a oggi che non si è sottratto alla vaccinazione. Era il 25 febbraio e Andrea Scanzi in un video pubblicato sui suoi seguitissimi profili social derideva chi, in quel momento, si preoccupava per le notizie sul coronavirus che arrivavano dalla Cina nei giorni in cui si diffondevano i primi contagi anche nel nostro Paese. "Il Coronavirus è qualcosa di leggermente, sottolineo leggermente, più insidiosa di un qualsiasi cazzo di influenza", diceva Scanzi nella clip diffusa sui social, la stessa in cui criticava fortemente chi indossava la mascherina. Da lì a qualche giorno l'Italia sarebbe entrata in lockdown totale a causa del collasso del sistema sanitario a causa degli alti contagi nel nord Italia. Proprio durante il lockdown, Andrea Scanzi ha scritto il libro I cazzari del virus, un volume nel quale il giornalista racconta in che modo è stata affrontata la prima ondata dell'epidemia soprattutto da parte dei politici. Nella descrizione si legge che "di errori così, compiuti non a febbraio quando la situazione ancora incerta sembrava sotto controllo ma in piena emergenza, si può stilare una lista infinita". Quindi, le sue dichiarazioni di febbraio erano relative a una "situazione ancora incerta"? Era estate, invece, quando Andrea Scanzi in Sardegna partecipò a una foto scattata da Luigi Di Maio insieme a un gruppo di altre persone. Niente da rilevare su questo, se non che nessuno dei componenti dello scatto non indossava la mascherina. Erano tutti vicini, creando un piccolo assembramento, in un momento in cui le norme già li vietavano e venivano imposte le mascherine. Tutto questo per arrivare alla vaccinazione effettuata. Andrea Scanzi si è legittimamente sottoposto all'inoculazione della sua dose perché si occupa attivamente della cura dei suoi genitori anziani e, quindi, fragili ed esposti al virus. La Regione Toscana, pur di non buttare dosi di vaccino ha creato delle liste di riserva per utilizzare quelle non somministrate agli aventi diritto delle liste principali. La parabola informativa di Andrea Scanzi sul virus è stata molto particolare e non si può dire che non abbia cambiato idea nel corso del tempo. In queste ore, Andrea Scanzi ha commentato la polemica sorta attorno alla sua vaccinazione: "Era una vaccinazione legale, autorizzata e che rifarei. Una vaccinazione per cui larga parte degli italiani avrebbe dovuto ringraziarmi. L’ho fatta in un momento storico in cui nessuno o pochi italiani avrebbero voluto fare AstraZeneca: io ho voluto accettare l’invito di vaccinarmi proprio per dare un segnale agli italiani. Io mi fido della scienza e ci vado". Andrea Scanzi, poi, prosegue: "Non era un boccone da ghiotti, sia perché nessuno voleva fare quella vaccinazione sia perché nessuno si era iscritto a quella lista che esisteva ed era solo verbale. E che grazie a me è diventata pubblica". Andrea Scanzi ha rivendicato la vaccinazione con AstraZeneca effettuata non appena l'Aifa aveva dato nuovamente il via libera al preparato. Scanzi ha ammesso che nessuna delle persone a lui vicine, tranne la compagna Sara, lo incoraggiava in questa decisione.

Il vaccino a Scanzi:  adesso indaga la Procura  In Toscana il faro dei Nas sulle liste dei riservisti. Marco Gasperetti su Il Corriere della Sera il 23/3/2021.

Scanzi: «Qui a mie spese. Iscritto in lista e chiamato dopo 25 giorni». Il sito Dagospia intanto ha puntato il dito sul fatto che Scanzi avesse lasciato la casa dei genitori per un soggiorno di una settimana di relax all’Hotel Palace di Merano e proprio da qui, lontano da casa, avesse poi annunciato la sua decisione di vaccinarsi come persona che si prendeva cura del padre e della madre. Presenza confermata dallo stesso Scanzi che però ha replicato duramente: «E quale sarebbe il problema? Vengo in questa clinica a mie spese. Ho fatto il vaccino rispettando le regole, mi sono iscritto in lista e sono stato chiamato dopo 25 giorni».

Anzaldi: «Sospendere il contratto di Scanzi con la Rai». Per Michele Anzaldi, tuttavia, deputato di Italia Viva e segretario della commissione di Vigilanza Rai, il contratto che Scanzi ha con la Rai (il giornalista è collaboratore di «Cartabianca») ora dovrebbe essere sospeso. Mentre il presidente della Regione Toscana Eugenio Giani ha annunciato che sul caso ci sarà un’istruttoria. Chi invece difende il giornalista è l’europarlamentare della Lega Susanna Ceccardi: «Se si è fatto fare un vaccino destinato a finire nella spazzatura ha fatto bene», scrive su Facebook, stigmatizzando il comportamento della Toscana che è tra le ultime regioni per vaccini agli over 80 anni.

Giani: «Abbiamo bisogno di dosi». Già, gli 80enni. La Toscana ha il primato per vaccinati sino a 59 anni ed è ultima nella fascia oltre gli 80 e adesso mancano i vaccini perché gli AstraZeneca non possono essere utilizzati sugli ottuagenari. «Trovo quanto accaduto irresponsabile — denuncia il toscano Stefano Mugnai, vice capogruppo alla Camera di Forza Italia —. Uno scandalo che si è interrotto solo grazie al governo Draghi che ha imposto di procedere per fasce di età (fatti salvi i fragili e fragilissimi) partendo dai più anziani e smentendo clamorosamente quanto deciso in Toscana». Il presidente della Regione Eugenio Giani parla di discorsi e chiacchiere. «Abbiamo bisogno di dosi. Al Palasport di Firenze si possono fare cinquemila vaccini al giorno e se ne somministrano mille, perché mancano sono le dosi».

I «furbetti del vaccino». Intanto proseguono a Firenze le indagini del Nas (ma in questo caso la procura per ora non ha aperto alcun fascicolo) per fare luce sui presunti furbetti che avrebbero ricevuto la vaccinazione senza averne diritto. Nel portale della Regione si sarebbero iscritti tra gli altri ballerine, modelle, professori d’orchestra, insegnanti di alcune discipline sportive, istruttori di scuola guida, cuochi e camerieri. I carabinieri starebbero verificando un elenco di 57 mila nomi per individuare chi si è spacciato per insegnante o altre categorie che avevano diritto alla vaccinazione. Un lavoro non facile, non solo per il numero di persone da controllare ma anche perché ci sono vaccinati che svolgono più professioni e dunque potrebbero essere in regola. Per capirlo occorreranno almeno un paio di mesi. E intanto si scopre che il sito di prenotazioni non controlla se gli iscritti abbiano diritto o meno alla vaccinazione.

Vaccini, il "caso Scanzi" finisce in procura: aperto un fascicolo ad Arezzo. Il fascicolo aperto è "a modello 45", ovvero senza indagati e senza ravvisare reati specifici e non sarebbe ancora stato affidato ad un pubblico ministero per avviare le indagini. Federico Giuliani - Lun, 22/03/2021 - su Il Giornale. La procura di Arezzo ha aperto un fascicolo conoscitivo sulla vicenda della vaccinazione di Andrea Scanzi. Il giornalista quarantenne era finito nell'occhio del ciclone per aver ricevuto, venerdì scorso, la sua dose poiché inserito nelle liste di riserva della Regione Toscana nei panni di caregiver dei suoi genitori.

Il fascicolo "a modello 45". Secondo quanto riportato dall'AdnKronos, il fascicolo aperto è "a modello 45", ovvero senza indagati e senza ravvisare reati specifici. Al suo interno, per adesso, sarebbero stati inseriti una serie di articoli di giornali che si sono occupati dell'intero caso. Tutto è nato da una segnalazione del nucleo di polizia giudiziaria dei carabinieri di Arezzo. I militari hanno raccolto tutto ciò che emerso sul caso: insieme alle notizie di stampa, anche le indicazioni dei programmi televisivi che si sono occupati del caso e le comunicazioni dello stesso Andrea Scanzi fatte attraverso i social. Il fascicolo conoscitivo non sarebbe ancora stato affidato ad un pubblico ministero per avviare le indagini. Nel frattempo, il presidente dell'Avis Toscana, Adelmo Agnolucci, ha provato a gettare acqua sul fuoco dichiarando, sempre all'agenzia AdnKronos, che "la vaccinazione di Andrea Scanzi è regolare". Agnolucci ha ricordato che è previsto nella normativa dei vaccini che "se si accudiscono persone fragili e a rischio, come lo sono i genitori anziani di Scanzi, si ha diritto al vaccino". Questo, tra l'altro, è previsto "anche per le badanti e per chi si prende cura in generale di soggetti fragili". Scanzi avrebbe quindi fatto ricorso a questa normativa e sarebbe "in regola"."Non ha fatto alcun intrallazzo per vaccinarsi prima", ha concluso il presidente parlando del giornalista.

Non si placano le polemiche. Eppure, considerando i ritardi sulle vaccinazioni agli anziani che affligono la Toscana, le polemiche faticano a placarsi. Nelle ultime ore, il diretto interessato ha così commentato la questione: "Era una vaccinazione legale, autorizzata e che rifarei. Una vaccinazione per cui larga parte degli italiani avrebbe dovuto ringraziarmi. L’ho fatta in un momento storico in cui nessuno o pochi italiani avrebbero voluto fare AstraZeneca". "Non era un boccone da ghiotti, sia perché nessuno voleva fare quella vaccinazione sia perché nessuno si era iscritto a quella lista che esisteva ed era solo verbale. E che grazie a me è diventata pubblica", ha quindi aggiunto Scanzi. Al giornalista è stata somministrata una dose del vaccino in quanto il suo nome era stato inserito nella lista della panchina vaccinale, occupandosi attivamente della cura dei genitori anziani, fragili e quindi esposti al virus. La Regione Toscana ha infatti creato liste di riserva per usare le dosi non somministrate agli aventi diritto inseriti nelle liste principali.

I ritardi della Regione Toscana. E qui si apre un altro fronte, strettamente collegato alla vicenda Scanzi. La Regione Toscana è accusata di essere in ritardo sulle vaccinazioni agli anziani. Agnolucci ha spiegato che "il capogruppo Pd in Consiglio regionale Vincenzo Ceccarelli e il presidente della Commissione sanità Enrico Sostegni hanno appena chiesto una verifica in Commissione Sanità all'assessore Simone Bezzini sull'andamento del piano vaccinale". Entrambi, ha proseguito Agnolucci, "chiederanno che le 120mila dosi di vaccini Pfizer e Moderna annunciate per le prossime due settimane vengano destinate agli ultraottantenni e ai portatori delle patologie più gravi, con l'obiettivo di completare la vaccinazione entro aprile grazie alla collaborazione dei medici di famiglia e, se questi non bastassero, attivando tutte le risorse necessarie per consentire il raggiungimento dell'obiettivo".

Anzaldi: "La Rai sospenda il contratto di Scanzi". Il deputato renziano Michele Anzaldi chiede che la Rai sospenda il contratto di collaborazione che il giornalista Andrea Scanzi ha per le sue ospitate nel programma Cartabianca. Francesco Curridori - Lun, 22/03/2021 - su Il Giornale. La vaccinazione di Andrea Scanzi, continua a far discutere. Ora il giornalista del Fatto Quotidiano, che ieri ha dato sui social una prima versione della vicenda, vorrebbe spiegare la sua posizione anche durante la trasmissione Cartabianca. Nel merito abbiamo sentito l'opinione del deputato renziano, Michele Anzaldi, segretario della commissione di vigilanza Rai.

Onorevole Anzaldi, crede sia positivo che il giornalista Scanzi esponga le sue ragione durante il talk show di Raitre?

"Credo che la vicenda Scanzi meriti chiarimenti ufficiali dalle istituzioni competenti, visto che il tema vaccini rappresenta una questione cruciale per tutti in questo momento. In attesa che la questione venga chiarita, anche a seguito dell’apertura di un fascicolo della Procura di Arezzo, la Rai dovrebbe sospendere il contratto che ha con Scanzi per le sue ospitate pagate a Cartabianca. Una sospensione in via cautelativa, anche per evitare eventuali violazioni del Codice Etico del servizio pubblico".

Quali violazioni si rischiano?

"Secondo il Codice Etico dell'azienda, i collaboratori devono adeguare le proprie azioni e i propri comportamenti agli impegni previsti dal codice stesso, primo fra tutti l’aderenza all’etica, 'approccio indispensabile per l’affidabilità Rai'. Tra i fondamenti del codice: 'astenersi dal compimento di atti illegali, illeciti, non conformi al comune senso di rettitudine e al comune senso dell’onore e della dignità'. Visto che ci sono verifiche in corso, annunciate dalla Asl e dalla Regione, credo sia doveroso attendere l'esito di queste verifiche prima di far tornare Scanzi a Rai3. Anche per evitare conflitti di interessi, oltre ad un potenziale danno d'immagine per la Rai".

A quale conflitto d'interessi si riferisce?

"Scanzi è un collaboratore fisso di Cartabianca, retribuito per scelta della trasmissione e della conduttrice. Quindi se gli venisse consentito in quella sede di difendersi avrebbe un evidente condizione di favore: difficile pensare che si troverebbe di fronte ad un contraddittorio duro e imparziale. Se vuole difendersi, vada come ospite in trasmissioni che non lo pagano. È opportuno evitare, quindi, che una trasmissione del servizio pubblico diventi un'occasione di servizio privato a Scanzi, che paradossalmente verrebbe non solo pagato trarrebbe anche un vantaggio d'immagine per vicende personali. La sospensione servirebbe anche a evitare imbarazzi alla Rai: chi può dire oggi che strascichi avrà questa storia, anche eventualmente in ambito giudiziario?".

Secondo il sito Dagospia, Scanzi ieri si trovava fuori dalla sua Regione dove ieri si era vaccinato in quanto "caregiver" dei suoi genitori.

Ecco, entrando nel merito della vicenda, lei cosa ne pensa?

"Anche su questo mi auguro che le autorità competenti facciano luce con celerità. Per come la vicenda è stata raccontata dal sito Dagospia alimenta molti dubbi e fa pensare che siamo di fronte ad un evidente caso di doppia morale, a cui alcune firme del Fatto Quotidiano non sono nuove. Sapere che tanti settantenni, cui spetta il vaccino astrazeneca e che sono tra i più a rischio mortalità per il covid, ancora non possono neanche prenotarsi, mentre un giornalista quarantenne si é già vaccinato lascia sbalorditi".

Dagospia il 22 marzo 2021. Dall’account facebook di Selvaggia Lucarelli. Per me Scanzi si può vaccinare, può andare da Chenot, può entrare in liste verbali accessibili solo a conoscenti/ amici/ amici di amici (grave errore della asl Toscana, che poi ha cercato di rimediare in tutta fretta il giorno dopo) ma su due cose non transigo: non ci si auto-definisce caregiver, per sostenere che si aveva il diritto a vaccinarsi. Bastava dire: avanzava un vaccino, ne ho approfittato e grazie a chi me lo ha permesso. Perchè i caregiver non sono figli premurosi come sicuramente sarà Andrea, ma persone che dedicano la loro vita all'assistenza e alla cura di persone con gravi disabilità e patologie.  Molte di queste persone sono costrette ad abbandonare il lavoro e convivono con la persona fragile. La differenza è importante, e non si deve fare confusione. Su questo non si può giocare, perchè anche in Toscana non sono ancora vaccinati nè (molti) caregiver nè (molti) soggetti fragili. E che Pierpaolo Sileri non ritenga questo passaggio fondamentale, ma si limiti a una difesa d'ufficio senza aggiungere altro,  fa parecchia impressione. La seconda cosa su cui non si può sbagliare, se ci si auto-promuove testimonial di Astrazeneca, è il continuare a dire "Ho fatto praticamente da cavia", "Mi sono preso il rischio", "Dovete ringraziare perchè tutti gli italiani terrorizzati non si volevano più fare il vaccino, io l'ho fatto", "La mia famiglia era in apprensione per me". Se c'è un modo sbagliato di rassicurare è dire che chi si vaccina fa da cavia, rischia, che paura. 12 milioni di persone solo nel Regno Unito e un milione in Italia si sono vaccinate con Astrazeneca, il vaccino è sicuro e non c'è alcun atto di eroismo, nel farselo. Gli eroi sono quelle persone fragili che attendono educatamente di vaccinarsi, rischiando di prendersi il virus ogni giorno. Spero che Scanzi ci rifletta. Per il resto, tirare fuori il suo vecchio video è una cazzata, questa polemica domani sarà nello sgabuzzino delle cose dimenticate e Andrea tornerà ad occuparsi di altro, per sua fortuna,  ma la questione caregiver e persone fragili non deve essere dimenticata. E non deve essere usata. Vaccinateli tutti e il prima possibile.

Filippo Facci per “Libero quotidiano” il 22 marzo 2021. Vabbeh, Scanzi, sei un cazzaro definitivo col timbro della Cassazione a sezioni riunite: hai ottenuto un primo risultato, sei riuscito a farmi telefonare e scovare proprio di domenica (inoltrata) dopo che altri quattro colleghi si erano dati per morti, introvabili o presi da impegni più seri (Cruciani, per esempio, era seduto sulla tazza del cesso). Io però sono dipendente di Libero e dopo quattro telefonate del direttore e una del vicedirettore (senza rispondere) ho dovuto richiamare, e arrendermi all' umiliazione: ed eccomi qui, a dover «scrivere» di un giornalista pubblicista (come la tua amica Lucarelli) che pur di farsi notare si darebbe fuoco, scrivere di un malato - voglio violare la privacy - affetto da disturbo narcisistico della personalità, il quale - parlo di te, bamboccio - di fronte al suo target di lemuri social è riuscito persino ad annunciare e a giustificare d' aver fatto il vaccino anti Covid a 47 anni: come se il dimostrarne almeno dieci di più fosse una giustificazione. Comunque bravo, bravo pirla, sei diventato uno spot istituzionale per la Toscana dei cazzari, regione già primatista di autentiche truffe da furbetti del vaccino, regione che sulla piattaforma per la prenotazione del personale scolastico, diviso in 24 categorie professionali più la generica voce «altro», ha visto infilarsi in migliaia sotto la voce «altro», con le scuse più fantasiose. Regione in cui la categoria degli avvocati era stata inserita tra il personale degli uffici giudiziari (ridicolo) col risultato che, su 8.600 vaccini fatti, oltre 7000 li hanno fatti loro, i fondamentali avvocati. Regione in cui, selezionando i vaccinandi in base alle esenzioni dal ticket previste per patologia, hanno tentato di convocare dei morti. Regione dove manca una piattaforma di prenotazione per i volontari del soccorso 118. Regione dove potrei farti nome e cognome di 93enni che sono lì che aspettano, perché hanno un sacco di malanni, chiaro, anche se difettano del disturbo narcisistico di personalità che invece domina te con sintomatologia crescente. Regione di Scanzi Andrea. Regione penultima nella vaccinazione degli over 80, con solo il 5 per cento che hanno ricevuto le due dosi. Il grave è questo, pezzo di aretino col vaccino: averlo raccontato, averlo declarato, averlo tronfiamente esibito lasciando scivolare un sottotesto tipo «vedete che fico che sono, io l' ho fatto e sono già salvo, è possibile, evidentemente voi siete imbranati». Vedi, è in questo che non capisci un cazzo, grande aretino. Credi che gli altri toscani non abbiano un medico di base da esortare. Credi che non ci avesse pensato nessuno, credi dunque che non abbiano fatto un favore specificamente a te. Se morivi dalla paura per il Covid, pace: potevi tenertelo per te, potevi evitare di raccontare d' esserti intrufolato come «panchinaro del vaccino» approfittando dell' ordinanza del generale Francesco Paolo Figliuolo, quella che raccomandava di esaurire a fine giornata tutte le dosi a qualsiasi costo. Allora - l' hai spiegato tu - hai telefonato al tuo medico di base (non è uno psichiatra, apprendiamo) e gli hai detto: «Se avanza una dose, se non la vuole nessuno e la buttate via, io ci sono». Era una prassi discrezionale: non c' era nessuna lista. Passi, quindi, che sia avanzata una dose (e non dovrebbe) e passi pure che possa esser capitato di doverla buttare (dovrebbe capitare ancora meno) ma non passa, vedi, quel tuo «non la vuole nessuno» riferito alla dose. Fa girare i coglioni che non hai: perché chi una dose la voglia - meglio: chi ne abbia davvero bisogno - io te lo troverei in due minuti, anche se sono un orso e vivo isolato, mentre tu evidentemente no, vivi come un criceto nella ruota dei social ma non l' hai trovato, disdetta. No, non credo che sia perché il tuo target medio è composto da minorati 13enni oppure, dal versante anziano, da Marco Travaglio e Selvaggia Lucarelli. Il fatto è un altro. Tu hai scritto di esserti mosso «nel rispetto della legge», ma forse dovevi scrivere «scavando nelle smagliature della legge», una circostanza che ti ha permesso di scavalcare un sacco di gente. Che poi quanto sia stata regolare, la tua procedura, è tutto da dimostrare: sì, perché il tremebondo Scanzi, che è un grande fico ma è anche l' unico cazzaro che non conosce nessuno che abbisogni del vaccino, si è auto-dichiarato un «caregiver familiare», ossia «colui che si prende cura e si riferisce a tutti i familiari che assistono un loro congiunto ammalato e/o disabile». Da qui la prima domanda non retorica, caro assistente di congiunti: i tuoi genitori sono stati vaccinati, vero? No, perché a noi non risulta, ma potremmo sbagliarci: illuminaci. Poi comunque c' è un' altra cosa: la Regione ha dichiarato che il cazzaro Scanzi «non risulta fra i 18.822 caregiver indicati dai 70.801 fragilissimi che si sono registrati sul portale». Potrebbero sbagliarsi anche loro.  Ma il cazzaro Scanzi avrebbe almeno potuto iscriversi - chiediamo - sulla piattaforma delle riserve? No, perché non c' era ancora nessuna piattaforma delle riserve: l' hanno fatta dopo il suo caso. Il cazzaro ha scritto che sarebbe stato «il responsabile di zona ad informarlo» di una dose a disposizione, ma «a noi non risulta» fanno sapere dalla Asl Sudest di Arezzo. Oh. Che confusione. Scanzi, forse qualcuno ce l' ha con te, saranno di sicuro degli invidiosi. Detto questo, girare le frittate non è difficile in sé: è difficile farlo davanti a gente capace di intendere, di volere e di ricordare. Ai lemuri tu hai spiegato che il tuo gesto voleva «esortare alla vaccinazione» e che grazie al tuo scrocco autorizzato, in Toscana, molti impareranno la prassi da «panchinaro dei vaccini». Eh sì, perché dopo l' esibizione della tua profilassi, altri lemuri ti hanno chiesto come fare, e tu gliel' hai spiegato: ma solo ora. Prima, per il loro bene, sei andato avanti tu. E per non sembrare che abbiano favorito uno pseudo-giornalista, ora, si inventeranno - vedrai - una lista d' iscrizione per panchinari: che poi sarà un elenco che quantifica delle inefficienze, a pensarci. Il punto, egregio cazzaro, è che non pensavano che avresti avuto il fegato di esibirti persino in questo, e raccontare tutto sbrodolandoti addosso. È che non resisti. Il disturbo narcisistico è una brutta bestia. Il semplice piacersi, e dare spettacolo di sé, sono un' altra cosa. L' unica cura per impedirti di sparare ogni cazzata che scorra nella tua parte destra del cervello, beh, sarebbe una martellata sul cranio: ma è una terapia ritenuta superata. Ma noi, come facciamo? Come facciamo, noi dotati di memoria, a non ricordare quando desti a tutti dei «deficienti» (25 febbraio 2020) perché giravano con la mascherina? Quando dicesti «è un semplice raffreddore, non una malattia mortale»? Quando insultasti i colleghi che giudicavi «allarmisti» per una «normale influenza»? Quando urlasti «Ma quale pandemia!... Mi stanno annullando le date teatrali!». Dopodiché, sdraiato a tappeto sotto Giuseppe Conte, sei passato a elogiare qualsiasi lockdown. «Scellerato far giocare Atalanta-Valencia», dicesti due mesi dopo, mentre cannoneggiavi quelli che in precedenza, con molta più moderazione, erano incappati nel tuo stesso svarione. Certo, hai ragione: tu problemi non ne hai, perché i tuoi seguaci non hanno memoria essendo animali (lemuri) e gli animali vivono solo il presente, beati loro. Ma chi invece ha memoria, maledetto te, è dannato due volte, perché finisce che lo chiamano anche di domenica per umiliarsi e scrivere questa cosa, che ti piacerà comunque, perché parla di te, di te, di te.

Dagospia il 23 marzo 2021. Riceviamo e pubblichiamo: Caro Dago, sulla vaccinazione di Scanzi si è già scritto tutto, credo che una riflessione in più andrebbe fatta. Il vaccino Pfizer subisce un processo per passare dai -80gradi in cui viene conservato alla forma iniettabile. Fatto questo processo se non viene iniettato si butta. Da qui il richiamo del Gen. Figliuolo a vaccinare chiunque passi per evitare di sprecare dosi preziose. Il vaccino AstraZeneca si conserva in un normale frigorifero ed è già pronto per essere iniettato. Quindi non va sprecato se qualcuno non si presenta. T.

LA PRECISAZIONE DI UN MEDICO DI FAMIGLIA. Sono un medico di famiglia e ho vaccinato la coorte degli insegnanti con Astra Devo smentire quanto pubblicato,il flacone da 11 dosi una volta aperto va finito entro 48 ore,si conserva si ma solo se non aperto. GP 

Dagospia il 23 marzo 2021. Dal profilo facebook di Andrea Scanzi. La cosa che più mi fa incazzare della vicenda vaccini è che abbiano messo in mezzo i miei genitori. Tutto avrei voluto fuorché questo. Io ci sono vaccinato a tutta ‘sta cloaca travestita da social. Ma loro no. Il tecnicismo sanitario li ritiene fragili, ma sono molto più forti di me. Non ho rubato il vaccino a nessuno e men che meno a loro, perché le persone fragili non possono fare Astrazeneca. Mi sono iscritto alla lista dei panchinari per rendermi disponibile a ricevere un’eventuale dose in casi estremi (dosi buttate via) e nel pieno rispetto delle regole. Ho le chat private che comprovano ogni cosa che dico. Non ho mai neanche lontanamente pensato di sfruttare le cartelle cliniche delle due persone a cui più sono legato. Ho solo detto al mio medico curante, ancor più dopo l’appello di Figliuolo otto giorni fa: “Se una dose la buttate via, io son qua. Nel pieno rispetto della legge. Altrimenti non chiamatemi”. Come ha spiegato il viceministro Sileri: “È doveroso che le Asl abbiano liste di riserva per non dover buttare dosi di vaccino in avanzo. Venerdì scorso, giorno in cui erano attese molte disdette, una di queste dosi è toccata ad Andrea Scanzi. Ne sono nate polemiche inutili: Scanzi ha dato il buon esempio”. Fine. Leggo persino ironie sul mio “ruolo” di figlio. Premesso che lascio il significato e i confini esatti (assai scivolosi) del “caregiver” ad altri, per una volta hanno ragione i latratori di professione: se caregiver è colui che dà la vita per assistere gli altri, allora sono mio padre e mia madre ad essere i caregiver del sottoscritto. Non viceversa. Entrambi hanno una cartella clinica che giustifica eccome la qualifica di fragili (e mi perdonerete se non andiamo oltre perché sono cazzi nostri), ma mia madre e mio padre sono molto più forti, giovani, dinamici, grintosi, generosi e caregiver di me. Per distacco. Un’ultima cosa. Mio padre, oggi, è stato travolto (nella sua pagina Orso Grigio) da uno shitstorm vergognoso di odiatori seriali. “Ti serve la badante”, “Sparati con tuo figlio”, “Vecchio rincoglionito”. Eccetera. Ora: premesso che mio padre, se vi trova per strada, fa come Tex e vi manda a spalare le miniere di carbone di messer Satanasso in persona, questi insulti ai miei genitori vi qualificano ulteriormente. Mi fate schifo, e la pagherete cara (in tribunale, eh. Per vostra fortuna son pacifista). Un abbraccio forte a mia madre e a mio padre, caregiver del sottoscritto e non viceversa. (La foto è di due anni fa. Lo dico per i sottosviluppati che erano già pronti a scrivere: “Ora fai pure assembramenti?”).

Marco Gasperetti per il "Corriere della Sera" il 23 marzo 2021. Quella vaccinazione da caregiver, ovvero come lui stesso ha spiegato come persona che si occupa dei genitori anziani fragili, è stata come un boomerang. Che ha provocato un vespaio di polemiche travolgendo Andrea Scanzi, giornalista, opinionista e volto noto della tv. Non solo il web si è messo a ribollire dividendosi tra chi giudica un abuso la scelta di Scanzi (i genitori non sembrano così vecchi e disabili, ha scritto qualcuno con tanto di foto) e chi invece lo loda per coraggio e trasparenza, ma adesso sul caso c' è anche un'indagine della procura di Arezzo diretta da Roberto Rossi, lo stesso magistrato del caso Banca Etruria. Per ora c' è solo l' apertura di un fascicolo conoscitivo. Non sono stati ipotizzati reati e tantomeno inviati avvisi di garanzia. La decisione dei magistrati toscani è stata presa dopo un' informativa dei carabinieri e adesso si vuole capire se le procedure seguite nella vaccinazione del giornalista siano state corrette. Il sito Dagospia intanto ha puntato il dito sul fatto che Scanzi avesse lasciato la casa dei genitori per un soggiorno di una settimana di relax all' Hotel Palace di Merano e proprio da qui, lontano da casa, avesse poi annunciato la sua decisione di vaccinarsi come persona che si prendeva cura del padre e della madre. Presenza confermata dallo stesso Scanzi che però ha replicato duramente: «E quale sarebbe il problema? Vengo in questa clinica a mie spese. Ho fatto il vaccino rispettando le regole, mi sono iscritto in lista e sono stato chiamato dopo 25 giorni». Per Michele Anzaldi, tuttavia, deputato di Italia Viva e segretario della commissione di Vigilanza Rai, il contratto che Scanzi ha con la Rai (il giornalista è collaboratore di «Cartabianca») ora dovrebbe essere sospeso. Mentre il presidente della Regione Toscana Eugenio Giani ha annunciato che sul caso ci sarà un' istruttoria. Chi invece difende il giornalista è l' europarlamentare della Lega Susanna Ceccardi: «Se si è fatto fare un vaccino destinato a finire nella spazzatura ha fatto bene», scrive su Facebook, stigmatizzando il comportamento della Toscana che è tra le ultime regioni per vaccini agli over 80 anni. Già, gli 80enni. La Toscana ha il primato per vaccinati sino a 59 anni ed è ultima nella fascia oltre gli 80 e adesso mancano i vaccini perché gli AstraZeneca non possono essere utilizzati sugli ottuagenari. «Trovo quanto accaduto irresponsabile - denuncia il toscano Stefano Mugnai, vice capogruppo alla Camera di Forza Italia -. Uno scandalo che si è interrotto solo grazie al governo Draghi che ha imposto di procedere per fasce di età partendo dai più anziani e smentendo clamorosamente quanto deciso in Toscana». Ma il presidente della Regione Giani replica. «Al Palasport di Firenze si possono fare cinquemila vaccini al giorno e se ne somministrano mille, perché mancano solo le dosi». Intanto proseguono a Firenze le indagini del Nas (ma in questo caso la procura per ora non ha aperto alcun fascicolo) per fare luce sui presunti furbetti che avrebbero ricevuto la vaccinazione senza averne diritto. Nel portale della Regione si sarebbero iscritti tra gli altri ballerine, modelle, professori d' orchestra, insegnanti di alcune discipline sportive, istruttori di scuola guida, cuochi e camerieri. I carabinieri starebbero verificando un elenco di 57 mila nomi per individuare chi si è spacciato per insegnante o altre categorie che avevano diritto alla vaccinazione. Un lavoro non facile, non solo per il numero di persone da controllare ma anche perché ci sono vaccinati che svolgono più professioni e dunque potrebbero essere in regola. Per capirlo occorreranno almeno un paio di mesi. E intanto si scopre che il sito di prenotazioni non controlla se gli iscritti abbiano diritto o meno alla vaccinazione.

DAGONOTA il 23 marzo 2021. L’apertura di un’indagine da parte della Procura di Arezzo fa tremare Andrea Scanzi. In una diretta Facebook ieri sera, in cui ha sclerato contro tutti, il giornalista (per mancanza di notizie) del “Fatto quotidiano” ha provato ad innestare a tutta forza una imbarazzante retromarcia: ora dice di non essersi mai definito “caregiver” dei suoi genitori! Peccato che ci sia la cronologia dei suoi post su Facebook a smentirlo. Ma sentiamo cosa ha detto ieri sera Scanzi. Ecco lo sproloquio al minuto 11.25 della sua diretta serale: “Se qualcuno in Procura mi vorrà chiamare, guarderà queste mie chat e scoprirà che io sono stato inserito nella lista dei panchinari in piena regola, su decisione del mio medico curante che l’ha poi sottoposta al direttore della Asl di Arezzo, senza mai, mai, mai tirare fuori il tema dei miei genitori. Io ho detto in ogni mio post, anzi in ogni mio commento whatsapp ai medici: se c’è la possibilità, alla luce di quello che ha detto Figliuolo, se dovete buttare via una dose, non rubo il posto a nessuno, e altrimenti la buttate via, chiamatemi. Non ho mai citato mio padre e mia madre, è stata la Asl, quando ho fatto il vaccino, a spiegarmi che, oltre ad essere nella lista dei vaccini e quindi a prescindere io avevo diritto al vaccino, ero anche uno dei rientrava nella categoria dei figli unici e avendo due genitori che, toccando ferro, stan da dio, ma hanno una cartella clinica che non è da dio per niente, alla luce di quell’aspetto c’era una motivazione ulteriore, suppletiva, per cui io ricevessi il vaccino. Quindi avevo due motivazioni. Non sono secondo alcuni un caregiver? Mai me ne sono vantato, me lo ha detto la Asl che sono un caregiver familiare”. Insomma, ora Scanzi sostiene di non aver tirato fuori lui la storia del caregiver dei suoi genitori. Peccato che basti andare a leggere il post che ha pubblicato la sera di venerdì 19 marzo, giorno in cui si è vaccinato, per verificare tutta un’altra versione. Basta andare nella cronologia delle modifiche per leggere la frase che quella sera Scanzi diffuse per giustificare la sua vaccinazione saltafila: “Così, nel pieno rispetto delle regole, mi sono messo garbatamente nella lista dei disponibili al vaccino a fine giornata, per non buttare via nessuna dose altrimenti gettata via. Categoria "caregiver", essendo figlio unico e avendo entrambi i genitori "fragili"”. Ieri sera, lunedì 22 marzo, alle ore 19.08, Scanzi ma modificato questa frase, cambiando versione, esattamente pochi minuti dopo che la Procura di Arezzo aveva fatto sapere dell’apertura di un’indagine giudiziaria sul caso. Ecco la nuova formulazione: “Così, nel pieno rispetto delle regole, mi sono messo garbatamente nella lista dei disponibili al vaccino a fine giornata, per non buttare via nessuna dose altrimenti gettata via. Categoria "panchinaro" e - come mi ha detto Asl - caregiver familiare, essendo figlio unico e avendo entrambi i genitori "fragili"”. E così, con una modifica postuma, Scanzi tenta di cancellare la bufala del caregiver e si traveste ora da “panchinaro”. Per i magistrati basterà? Staremo a vedere…

Dagospia il 23 marzo 2021. Dal profilo Facebook di Maria Elena Boschi. C’è un giornalista pagato dalla Rai, dal Fatto Quotidiano e da La7 per insultarci costantemente in TV. Si chiama Andrea Scanzi. La sua volgare mediocrità non merita commento. Ma ciò che io trovo vergognoso è che Andrea Scanzi, già sostenitore della tesi “il corona virus è solo un raffreddore”, si sia vaccinato in Toscana, non solo saltando la fila ma mettendo insieme una squallida lista di bugie. Ha detto che doveva fare il caregiver dei suoi genitori e vorrei capire quando, visto che è sempre in giro. Peraltro i suoi genitori fortunatamente stanno bene. Ha detto che si è iscritto a una lista “di riserva” e si è scoperto che la lista semplicemente non esisteva. Ha detto di aver rispettato le regole quando invece le ha violate in modo squallido, mentendo a tutti. Si dice: ma le regole in Toscana sono così. No, le regole non sono così. Scanzi non poteva vaccinarsi. In Toscana una come me - che è avvocato - avrebbe potuto vaccinarsi un mese fa. E chi tra i miei colleghi lo ha fatto, ha rispettato le regole. Se non l’ho fatto io, nonostante abbia voglia come tutti di tornare ad abbracciare i miei nipotini, è stato per evitare polemiche dei moralisti contro di me. Pensate che quando sono stata a Otto e Mezzo anziché parlare della crisi di governo mi hanno fatto il processo perché - in un parco pubblico - ho baciato il mio fidanzato abbassando la mascherina: chissà cosa avrebbero detto se mi fossi vaccinata, rispettando le regole ma prima di altri. Chissà se Lilli Gruber adesso incalzerà il suo opinionista prediletto Scanzi per il vaccino come ha fatto con me per un bacio con la mascherina abbassata. Scanzi infatti non aveva nessun titolo per saltare la fila: ha fatto prevalere la sua arroganza, le sue paure, le sue menzogne. E adesso dice addirittura che dovremmo ringraziarlo. Mi domando: ma perché gli italiani devono pagare con i soldi del canone Rai un uomo così? Perché ormai è chiaro che tipo di moralismo senza morale abita la redazione del Fatto Quotidiano: il loro odio contro di noi provoca due pesi e due misure, sempre. Ma la Rai? Chi ha deciso che dobbiamo pagare il canone per un bugiardo come Scanzi?

Da liberoquotidiano.it il 23 marzo 2021. Si è fregato da solo, Andrea Scanzi, e a dirlo è un suo prestigioso collega di Fatto quotidiano, il direttore del Fattoquotidiano.it Peter Gomez. In collegamento con Tiziana Panella a Tagadà, interviene commentando la vicenda di Scanzi, che si è vaccinato con il siero AstraZeneca inserendosi nella lista dei "riservisti". In altre parole, ha approfittato di dosi che altrimenti a fine giornata sarebbero state gettate. Il problema, però, è la modalità di iscrizione a quella lista, cartacea come spiegato dal direttore del Distretto sanitario di Arezzo e poco trasparente. In più, annunciando il vaccino Scanzi si era descritto come "caregiver" dei propri genitori, anziani e a rischio (loro, però, ancora in attesa della vaccinazione, paradosso tutto italiano). Dagospia dopo qualche ora lo ha beccato in un hotel-spa di Merano, fuori regione, e ben lontano dai genitori bisognosi del suo aiuto. Insomma, una serie di leggerezze clamorose. "Andrea credo avesse tutti i diritti di farlo - spiega Gomez -. Ma io sarei stato zitto, fossi stato in lui. Questa necessità che ha spesso Andrea, bravissimo collega, di essere notizia quando noi invece dobbiamo riportare le notizie, a mio parere è una cosa sbagliata. Non c'era nessun bisogno di comunicarlo sui social e dirlo al resto del mondo". "Tra l'altro - aggiunge la Panella - c'è un grosso punto interrogativo su come vengono fatte queste liste di riservisti, e quello apre tutto un terreno per chi vuole immaginare che ci sia dietro chissà quale raccomandazione. Regione e Asl che vai, soluzione che trovi". "Ti dirò di più - rincara Gomez - pur non apprezzando la polemica personale che ha fatto Maria Elena Boschi con Scanzi, perché ci sono delle ruggini personali, quando ha detto 'io sono avvocato e non mi sono vaccinata' ho apprezzato, perché è giovane. Esattamente come hanno fatto molti altri politici che pure avevano diritto di farlo, ed esattamente come hanno fatto persone che conosco che avevano diritto di farlo perché rientravano nelle categorie a rischio designate dalla Regione Lombardia e che hanno rinunciato perché, giovani, non volevano ritrovarsi fotografati e chiacchierati tra tanti anziani".

“IL BUON PETER HA DETTO UNA CAZZATA”. Dagospia il 24 marzo 2021. Trascrizione della diretta Facebook di Andrea Scanzi. Voglio ringraziare tantissimo, in questo mare magnum di merda che mi ha avvolto da quattro giorni, anche se soprattutto domenica e lunedì, già oggi un po’ meno, voglio ringraziare tra i tanti quelli che magari ancora non avevo ancora citato: ringrazio Paolo Mieli, è stato molto affettuoso e preciso in tv, Marco Damilano, Adriano Sofri, Luca Telese, Corrado Augias, Tomaso Montanari, Fabrizio Del Prete, Lorenzo Tosa, Iacopo Melio, Linus, Saverio Tommasi, il sottosegretario Sileri e mille mille mille altri. Voglio anche rispondere affettuosamente al mio amico Peter Gomez, che oggi a conferma del fatto che noi del “Fatto Quotidiano” siamo pazzi perché invece di difenderci tra di noi visto che molti ci odiano, ci facciamo anche le pulci a vicenda quando qualcuno di noi è in difficoltà, ma noi del Fatto Quotidiano siamo strampalati, perché siamo persino troppo liberi, tra virgolette. Peter ha detto “Scanzi ha agito nel giusto, è bravo ma ha un difetto, a volte crede di essere lui stesso la notizia” e questa è una critica che mi prendo e mi porto a casa perché ci può stare. Poi però il buon Peter ha detto una cazzata, caro il mio Peter, capita anche a te. Perché ha detto “Scanzi doveva vaccinarsi ma non doveva dirlo”. Mi sarei vergognato se l’avessi fatto Peter, perché se l’avessi fatto e non l’avessi detto intanto avrei dato la sensazione di uno che si vergognava e aveva qualcosa da nascondere e proprio non ho nulla da nascondere. Prima cosa. Seconda cosa se non l’avessi detto non avrei avuto l’effetto di invogliare tante persone a vaccinarsi, come è successo soprattutto nella mia città, perché c’è stato il boom di prenotazioni. A margine vi lascio anche immaginare quello che avrebbero potuto scrivere se tre giorni dopo fosse comparsa una foto del sottoscritto mentre si vaccinava: sarei stato ancora più coperto di merda rispetto a quanto già non lo sia. 

Da vigilanzatv.it il 24 marzo 2021. Gli ascolti Tv e i dati Auditel di martedì 23 marzo 2021 vedono, in prima serata, #Cartabianca con la difesa di Andrea Scanzi nel caso della vaccinazione che sta tenendo banco da giorni, e sulla quale ha aperto un fascicolo la procura di Arezzo (anche dopo le rivelazioni di Dagospia), sprofondare al 4.2% di share con soli 972.000 spettatori. Un risultato pericolosamente vicino alla soglia psicologica del 3%, che prefigura un flop colossale per la prima serata di Rai3. L'ospitata del giornalista del Fatto Quotidiano era finita nel mirino del Segretario della Commissione di Vigilanza Rai Michele Anzaldi, della Capogruppo di Italia Viva alla Camera Maria Elena Boschi e del Codacons. Ricordiamo che Scanzi è ospite fisso della trasmissione, pagato, ed è anche quello più assiduo con il maggior numero di presenze, come da dati rilevati dagli economisti Riccardo Puglisi e Tommaso Anastasia. Malgrado il putiferio mediatico, il programma di Bianca Berlinguer non ha decollato ed è stato di fatto doppiato da Stasera tutto è possibile (8.6% - 1.894.000 spettatori) su Rai2, dalle Iene su Italia1 (9.2% - 1.674.000) e anche dal rivale Giovanni Floris che, su La7 in una delle sue non esattamente più gratificanti performance, ha comunque racimolato il 4.9% di share con 1.156.000 spettatori. L'On. Anzaldi ha definito su Twitter la partecipazione di Scanzi a #Cartabianca "l'umiliazione del giornalismo", una "autoassoluzione senza contraddittorio", con l'aggravante di trasmettere un messaggio vergognoso, secondo il quale "fare di tutto per saltare la fila per il vaccino è giusto". 

Valentina Santarpia per corriere.it il 24 marzo 2021. «Tutto regolare, e il mio gesto ha anche dato un esempio a tanti altri». Così si difende Andrea Scanzi in tv, a Carta Bianca su Rai Tre, dalle accuse di aver approfittato della sua immagine pubblica per anticipare i tempi del vaccino, a cui è stato sottoposto il pomeriggio del venerdì 19 marzo, quando sono riprese le vaccinazioni con AstraZeneca. «Sono stato trattato come un serial killer. Mi aspettavo che molti mi attendessero al varco, anche se avevo fatto una cosa assolutamente lecita. Ma siamo andati ben oltre il diritto di critica. Quando io ci sono andato, era anche per dire: l'ho fatto io, fatelo anche voi. Da un bel gesto, ricevere così tanta melma, non me l'aspettavo». Scanzi, vaccinato attraverso una lista di riservisti, è stato preso di mira nei giorni scorsi sui social. Stasera ha provato a spiegare a Bianca Berlinguer come è andata. «Ho scritto al mio medico intorno al 26 febbraio, dicendogli che se fossero cambiate le regole o se fossero avanzate delle dosi, io ci sarei stato. Mi ha chiamato il 3 marzo, dicendomi che la Asl sud est Toscana aveva deciso di fare questa lista, perché molte dosi venivano buttate via», racconta Scanzi. «Gli ho risposto: se è tutto lecito, facciamolo. Lui mi ha solo detto che dovevo tenere conto di tre elementi: che poteva non chiamarmi nessuno, che dovevo essere ad Arezzo pronto in qualsiasi momento, e che dovevo essere disponibile a farmi qualsiasi vaccino». Poi c'è stata una «accelerazione»: «Il generale Figliuolo ha detto, il 14 marzo, che piuttosto che buttare le dosi sarebbe stato meglio darle a chi passava. Il 15 marzo ho confermato la mia disponibilità al medico e alla Asl. La Asl mi ha scritto venerdì pomeriggio alle 16, dicendomi che le dosi libere c'erano, e di tenermi pronto. Alle 18 mi hanno convocato per farmi vaccinare. Io ci sono andato, ma senza prevedere le conseguenze. Anzi, la notizia l'ho data io, davanti a due milioni e passa di persone, su Facebook. Mi sembrava anche una cosa bella: italiani, non abbiate paura, volevo dire. La lista dei riservisti di Arezzo online è stata creata infatti il giorno dopo la mia vaccinazione, e tanti prendendo il mio esempio si sono iscritti». Tra le accuse rivolte a Scanzi, quella di aver «rubato» un vaccino destinato ad altri, sfruttando la sua notorietà. Ma lui replica: «Non credo di essere stato il primo ad essere chiamato dalla Asl. Credo che ce ne fossero tanti. Io ero stato inserito il 3 marzo, e mi hanno chiamato il 19. La stessa Asl, la mattina successiva al mio vaccino, mi ha spiegato che ero già stato iscritto alla lista dei panchinari, e in più che il mio medico di famiglia mi aveva segnalato come figlio unico di genitori estremamente vulnerabili, e infatti il 17 marzo mia madre e mio padre si sono iscritti alla lista dei vulnerabili, ma non sono stati chiamati perché dovranno essere sottoposti a Moderna». Anche quest'aspetto, la definizione di caregiver data a Scanzi, ha scatenato le polemiche, con tanto di foto ripescata dagli archivi in cui si vede il conduttore in moto col papà. «Una foto di tre anni fa- spiega- La cartella clinica dei miei genitori è triste. Mio padre è cardiopatico e diabetico, e mia mamma è malata oncologica. Gli insulti se proprio dovete mandateli a me». La Procura di Arezzo intanto ha aperto un fascicolo e Eugenio Giani, presidente della Regione Toscana, ha annunciato un'istruttoria. Ma Scanzi dice di essere tranquillo, perché «era tutto lecito».

Caro Andrea, perché non avresti dovuto fare quel vaccino. Gianluigi Nuzzi su Notizie.it il 22/03/2021. È facile prendersela con te, Andrea, che sei un ragazzo intelligente, brillante e di successo, e con tutti i giornalisti, sempre scambiati per una categoria che vive nell'oro e nei privilegi. Andrea Scanzi sa benissimo che i giornalisti sono considerati una casta di privilegiati, gente che, se proprio non è accomunata ai politici, poco ci manca. Quindi forse, Andrea, era inopportuno che tu facessi quella dose di vaccino, seppur da riservista, sebbene fosse tutto regolare. Tanta gente è in lista d’attesa e non sa che lo Stato è in cortocircuito per quanto riguarda la somministrazione dei vaccini, quindi è facile prendersela con te, Andrea, che sei un bel ragazzo, bravo, intelligente, brillante e di successo. Così dai l’immagine di uno che prende una cosa riservata alle fasce più esposte, e sicuramente i giornalisti non sono tra queste. Senza dimenticare che proprio noi giornalisti siamo una categoria di persone un po’ odiate per le fake news e la scarsa attendibilità di alcuni e, soprattutto, perché sembra che viviamo nell’oro e nei privilegi.

Gianluigi Nuzzi. Giornalista, ha iniziato a scrivere a 12 anni per il settimanale per ragazzi Topolino. Ha, poi, collaborato per diversi quotidiani e riviste italiane tra cui Espansione, CorrierEconomia, L'Europeo, Gente Money, il Corriere della Sera. Ha lavorato per Il Giornale, Panorama e poi come inviato per Libero. Attualmente conduce Quarto Grado su Rete4 ed è vicedirettore della testata Videonews. È autore dei libri inchiesta "Vaticano S.p.A." (best seller nel 2009, tradotto in quattordici lingue), "Metastasi", "Sua Santità" (tradotto anche in inglese) e "Il libro nero del Vaticano".

Alessandro Sallusti per “il Giornale” il 23 marzo 2021. Come noto, il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha aspettato pazientemente il suo turno di vaccinazione senza saltare la fila. Onore al presidente, anche se personalmente penso che il comandante in capo di un Paese debba essere messo in salvo prima degli ufficiali e dei soldati, non in quanto privilegiato, ma perché il destino di tutti i cittadini è nelle sue mani. E lo stesso direi per tutti quei politici e amministratori dai quali dipendono scelte decisive per il buon esito della guerra al Covid. Uno non vale uno, lo hanno capito anche i grillini che sulla bufala «uno vale uno» avevano costruito buona parte del loro successo elettorale del 2018. Detto questo, quasi ogni giorno siamo alle prese con casi di «furbetti del vaccino», persone cioè che attraverso vari stratagemmi ottengono la vaccinazione prima di altri aventi diritto. Anche qui non farei di tutta l' erba un fascio e provo a spiegarmi. Di «furbetti» ne esistono di varie categorie. La prima è quella dei «narcisisti compulsivi» tipo Andrea Scanzi, il giornalista del Fatto Quotidiano che pur di apparire sui giornali e fare parlare di sé ha ben pensato di rendere lui stesso nota con spiegazioni assai traballanti l' avvenuta furbata. Poi c' è la categoria del «lei non sa chi sono io» rappresentata da Nicola Morra, presidente Cinque Stelle della commissione Antimafia, che ha fatto irruzione con la sua scorta nell' ambulatorio di Cosenza insultando i medici (uno, spaventato, ha avuto anche avuto sintomi di infarto), che a suo dire erano incapaci di vaccinare gli anziani, suoi parenti compresi. Infine c' è il «furbetto per necessità», colui cioè che avrebbe diritto per età o patologie alla dose, ma che - non ottenendola - si arrangia per vie traverse in una sorta di legittima difesa dall' incapacità dello Stato. Morale: la prima categoria a mio avviso avrebbe semplicemente bisogno di un buon analista o, nei casi più gravi, di uno psichiatra; la seconda dovrebbe cercare un bravo avvocato, perché l' abuso di potere è tra i reati più odiosi; beati invece i rappresentanti della terza, che sono riusciti a mettere insieme il diavolo (il salto di fila) con l' acqua santa (il vaccino) e per questo andrebbero assolti. Ma vuoi vedere che, essendo in Italia, i Morra la faranno franca e il vecchietto sveglio, prima o poi, finirà nei guai e sottoposto alla pubblica gogna? Perché da sempre, per la nostra giustizia «uno non vale uno».

La polemica. Scanzi fa il caregiver, non lo sapevamo: ce lo rivela dirigente Usl di Arezzo. Aldo Torchiaro su Il Riformista il 25 Marzo 2021. Scanzi che passo io. L’opinion-maker più gradito dai populisti dalla doppia morale, Andrea Scanzi, si è fatto largo a gomitate per inserirsi quatto quatto col favore delle tenebre, tra i vaccinati della Usl di Arezzo, dove risiede. In tantissimi hanno puntato il dito contro un indebito privilegio. Per verificare l’accaduto abbiamo presentato una domanda di accesso agli atti con una Pec alla azienda sanitaria locale della Toscana Sud Est. La risposta proviene dal dr. Evaristo Giglio, Direttore Zona Distretto Arezzo, Casentino, Valtiberina ed è quella che segue, pubblicata integralmente: L’Asl Tse ha attivato sabato 20 marzo 2021 il portale sull’adesione delle dosi avanzate. Lo ha fatto in attesa della messa on line di quello regionale, atteso per i prossimi giorni. E nel rispetto dell’Ordinanza 2 del Generale Figiuolo del 16 marzo 2021. La panchina vaccinale è riservata alle persone che già adesso possono vaccinarsi con AstraZeneca. E cioè: personale docente e non docente; forze dell’ordine e forze armate; persone nate tra il 1941 ( che non abbiano ancora compiuto 80 anni) e il 1950; conviventi e caregivers delle persone estremamente vulnerabili individuate dal Piano Nazionale Vaccini del 10 Marzo 2021. Il Piano Vaccini individua alcune categorie di persone definendole “estremamente vulnerabili” in base a specifiche condizioni di malattia o a gravi condizioni di disabilità con handicap grave (articolo 3, comma 3 delle legge 104/92). Queste persone per potersi vaccinare devono avere già manifestato la loro volontà iscrivendosi al sito regionale nei giorni scorsi.  Per loro, il vaccino previsto è Pfizer Biontech o Moderna in funzione della disponibilità delle forniture. Inoltre, possono anche vaccinarsi i familiari conviventi ed i caregivers che forniscono assistenza continuativa in forma gratuita o a contratto alle persone con gravi condizioni di disabilità di cui sempre all’art. 3 comma 3 della Legge 104/92 (che appunto il Piano Vaccinale definisce come “estremamente vulnerabili”). Possono quindi accedere alla panchina vaccinale sia i conviventi delle persone affette dalle patologie sopra indicate sia i conviventi ed i caregivers delle persone con grave disabilità”. La specifica del dirigente medico va oltre: “Ultima precisazione: l’iscrizione nella lista della panchina non deve indurre il convivente o il caregiver a cancellarsi da liste nelle quali si è già iscritto in relazione alla sua attività professionale o alla sua età. Non solo: chi si iscrive nella panchina, qualora non abbia effettuato la prima dose al momento dell’apertura di future liste nelle quali rientra, è opportuno che si iscriva comunque a queste liste appena saranno aperte. Chi offre la sua disponibilità, dovrà garantire di essere in grado di raggiungere il centro vaccinale entro 20 minuti dalla telefonata che riceverà dal centro stesso. L’obiettivo è quello di evitare gli sprechi e consentire il totale utilizzo dei vaccini disponibili”. Fin qui tutto bene, ma le date non tornano. Torniamo a Andrea Scanzi? È lui ad aver scritto, sabato scorso, di essersi iscritto 25 giorni prima “alle liste”, che per ammissione del direttore della Usl, esistono solo da quattro giorni. Uno dei due non ce la racconta giusta, quindi. Ma andiamo avanti. Prosegue il documento di cui Il Riformista è in possesso: “L’Asl Tse ha avviata la campagna con il Pfizer il 30 dicembre 2020, con il Moderna il 7 gennaio 2021 e con AstraZeneca il 10 febbraio. Dalle prime settimane è emerso il problema delle dosi residue, quelle che qualora non somministrate avrebbero dovuto essere gettate. Nella logica di non sprecare nemmeno una dose, l’Asl ha sempre cercato di “recuperare” dalle liste di attesa soggetti aventi diritto e in “fila” per i giorni successivi. Nella prima fase con i sanitari, soprattutto ospedalieri: attività più semplice in quanto l’attività di vaccinazione veniva fatta direttamente in un’area dell’ospedale di Arezzo. Analoga procedura con i sanitari e i volontari del 118 ai quali era destinato Moderna. Con AstraZeneca la platea si è allargata. In attesa di disposizioni più precise da parte delle autorità centrali e regionali, è stato utilizzato il meccanismo di chiamare, in caso di dosi avanzate, soggetti aventi diritto e immediatamente disponibili. Per i familiari e i caregivers delle persone estremamente fragili, sono state accolte le segnalazioni pervenute da centri e istituti che ospitano soggetti fragili e, in alcuni casi, anche da medici di medicina generale. Ed è questo il caso di Andrea Scanzi, segnalato dal suo medico di medicina generale al Direttore della Zona distretto aretina, Evaristo Giglio, in qualità di caregiver di uno dei genitori in base alla legge 104. Lo logica costantemente applicata dalla Asl Tse di non sprecare dosi di vaccino e di destinarle agli eventi diritto immediatamente disponibili, ha trovato conferma nell’Ordinanza 2 del generale Figiuolo, pubblicata il 16 marzo 2021”. Qualcosa non quadra. Più di qualcosa. Tutti conosciamo gli impegni del celebre opinionista, sempre presente in tv, spesso su canali diversi nella stessa giornata. Scrivendo un libro dopo l’altro, gira l’Italia per presentarlo; una indiscrezione pubblicata da Dagospia lo ritrae in un grand hotel di Merano, negli scorsi giorni. Un soggiorno prolungato, dove non sappiamo se il Caregiver certificato dalla Usl aretina si trovasse per dedicarsi alla cura degli anziani genitori. Maria Elena Boschi non ha dubbi, nell’intemerata che gli ha dedicato su Facebook: “Trovo vergognoso che Andrea Scanzi, già sostenitore della tesi “il corona virus è solo un raffreddore”, si sia vaccinato in Toscana, non solo saltando la fila ma mettendo insieme una squallida lista di bugie. Ha detto che doveva fare il caregiver dei suoi genitori e vorrei capire quando, visto che è sempre in giro. Peraltro i suoi genitori fortunatamente stanno bene. Ha detto che si è iscritto a una lista “di riserva” e si è scoperto che la lista semplicemente non esisteva. Ha detto di aver rispettato le regole quando invece le ha violate in modo squallido, mentendo a tutti”. Aggiunge poi Maria Elena Boschi: “Si dice: ma le regole in Toscana sono così. No, le regole non sono così. Scanzi non poteva vaccinarsi”. Il ricordo di Boschi va a una puntata di Ottoemezzo rimasta negli annali, in cui la Gruber grondava fiele contro di lei. “Chissà se Lilli Gruber adesso incalzerà il suo opinionista prediletto Scanzi per il vaccino come ha fatto con me per un bacio con la mascherina abbassata. Scanzi infatti non aveva nessun titolo per saltare la fila: ha fatto prevalere la sua arroganza, le sue paure, le sue menzogne”. Certamente Scanzi potrà fugare ogni dubbio ed esibire il suo certificato di Caregiver, e quelli dei genitori malati. Oggi veniamo a sapere che se è un accompagnatore dedicato secondo la Legge 104, e noi gli crediamo. Sarà lui stesso, impegnandosi nell’attività di cura famigliare lontano dagli schermi, a darcene dimostrazione con i fatti.

Aldo Torchiaro per “Largomento.com” il 25 marzo 2021. L’Argomento ha deciso di andare a fondo e ha presentato una domanda di accesso agli atti con una Pec alla azienda sanitaria locale della Toscana Sud Est. La risposta proviene dal dr. Evaristo Giglio, Direttore Zona Distretto Arezzo, Casentino, Valtiberina ed è quella che segue, pubblicata integralmente: L’Asl Tse ha attivato sabato 20 marzo 2021 il portale uslsudest.toscana.it. Lo ha fatto in attesa della messa on line di quello regionale, atteso per i prossimi giorni. E nel rispetto dell’Ordinanza 2 del Generale Figiuolo del 16 marzo 2021. La panchina vaccinale è riservata alle persone che già adesso possono vaccinarsi con Astra Zeneca. E cioè: personale docente e non docente; forze dell’ordine e forze armate; persone nate tra il 1941 ( che non abbiano ancora compiuto 80 anni) e il 1950; conviventi e caregivers delle persone estremamente vulnerabili individuate dal Piano Nazionale Vaccini del 10 Marzo 2021. Il Piano Vaccini individua alcune categorie di persone definendole “estremamente vulnerabili” in base a specifiche condizioni di malattia o a gravi condizioni di disabilità con handicap grave (articolo 3, comma 3 delle legge 104/92). Queste persone per potersi vaccinare devono avere già manifestato la loro volontà iscrivendosi al sito regionale nei giorni scorsi. Per loro, il vaccino previsto è Pfizer Biontech o Moderna in funzione della disponibilità delle forniture. […] Inoltre, possono anche vaccinarsi i familiari conviventi ed i caregivers che forniscono assistenza continuativa in forma gratuita o a contratto alle persone con gravi condizioni di disabilità di cui sempre all’art. 3 comma 3 della Legge 104/92 (che appunto il Piano Vaccinale definisce come “estremamente vulnerabili”). Possono quindi accedere alla panchina vaccinale sia i conviventi delle persone affette dalle patologie sopra indicate sia i conviventi ed i caregivers delle persone con grave disabilità”. […] Torniamo a Andrea Scanzi? È lui ad aver scritto, sabato scorso, di essersi iscritto 25 giorni prima “alle liste”, che per ammissione del direttore della Usl, esistono solo da quattro giorni. Uno dei due non ce la racconta giusta, quindi. Ma andiamo avanti. Prosegue il documento di cui L’Argomento è in possesso: “L’Asl Tse ha avviata la campagna con il Pfizer il 30 dicembre 2020, con il Moderna il 7 gennaio 2021 e con AstraZeneca il 10 febbraio. Dalle prime settimane è emerso il problema delle dosi residue, quelle che qualora non somministrate avrebbero dovuto essere gettate. Nella logica di non sprecare nemmeno una dose, l’Asl ha sempre cercato di “recuperare” dalle liste di attesa soggetti aventi diritto e in “fila” per i giorni successivi. Nella prima fase con i sanitari, soprattutto ospedalieri: attività più semplice in quanto l’attività di vaccinazione veniva fatta direttamente in un’area dell’ospedale di Arezzo. Analoga procedura con i sanitari e i volontari del 118 ai quali era destinato Moderna. Con AstraZeneca la platea si è allargata. In attesa di disposizioni più precise da parte delle autorità centrali e regionali, è stato utilizzato il meccanismo di chiamare, in caso di dosi avanzate, soggetti aventi diritto e immediatamente disponibili. Per i familiari e i caregivers delle persone estremamente fragili, sono state accolte le segnalazioni pervenute da centri e istituti che ospitano soggetti fragili e, in alcuni casi, anche da medici di medicina generale. Ed è questo il caso di Andrea Scanzi, segnalato dal suo medico di medicina generale al Direttore della Zona distretto aretina, Evaristo Giglio, in qualità di caregiver di uno dei genitori in base alla legge 104, quella che può dare diritto all’assegno di accompagno. Lo logica costantemente applicata dalla Asl Tse di non sprecare dosi di vaccino e di destinarle agli eventi diritto immediatamente disponibili, ha trovato conferma nell’Ordinanza 2 del generale Figiuolo, pubblicata il 16 marzo 2021”. Molto si potrebbe obiettare: Scanzi sarebbe dunque un Caregiver, cioè una persona totalmente dedita alle cure assistenziali di un genitore malato, il quale genitore sarebbe tutelato dalla legge 104, quella che dà diritto all’assegno di accompagno. Benissimo. Ma come può un Caregiver girare l’Italia, trascorrere il tempo nelle dirette televisive, dedicarsi al lavoro per il Fatto o alla frenetica attività sui social, se nel contempo è Caregiver dedicato all’assistenza di un famigliare? Non vorremmo gettare sospetti sulla natura della dichiarazione di cui il direttore della Usl aretina si fa garante, ma a questo punto L’Argomento chiederà di acquisire i documenti del caso. Nel momento in cui ha avuto il via libera per il vaccino, a titolo di esempio, Scanzi era ospite dell’Hotel Palace di Merano, secondo informazioni non smentite pubblicate da Dagospia. Se è un Caregiver, è un pessimo Caregiver. Si può mentire a tutti, caro Scanzi. Ma non a un genitore malato. Indaga la magistratura, per fortuna. Chissà se indaga, nel silenzio, anche la sua coscienza.

Da "Il Tirreno" il 25 marzo 2021. Monica Bettoni, ex sottosegretaria alla Salute (quando ministra era Rosy Bindi) parla in fretta. Sta vaccinando nella grande sede del Centro Affari di Arezzo «dove non si sono mai buttate le dosi di AstraZeneca che, peraltro, può essere conservato per 48 ore fra 2 e -8 gradi in un frigorifero normale». La precisazione è rivolta al giornalista (toscano) Andrea Scanzi che su Facebook, qualche giorno fa, si era vantato di essersi fatto vaccinare come "caregiver" (persona che accudisce) dei suoi genitori, mettendosi in lista di attesa per le dosi d`avanzo. Quando poi è esplosa la polemica – non figura nella lista dei caregiver (perché non accudisce i genitori), non appartiene a categorie speciali, non si sa, insomma, perché sia stato chiamato e abbia saltato la lista – allora Scanzi si è fatto intervistare su Rai3 da Bianca Berlinguer a Cartabianca, programma di cui è collaboratore «per un compenso ignoto», polemizza Michele Anzaldi , deputato di Italia Viva e segretario della commissione di Vigilanza della Rai. «Mentre Scanzi sceglie da chi farsi intervistare, firmando una brutta pagina di giornalismo– insiste Anzaldi–il presidente del Consiglio, Mario Draghi viene in aula a scusarsi perché l`Italia ha abbandonato gli ultra 80enni in questa campagna vaccinale. E la Rai che cosa fa in questa vicenda? Invece di chiarire, manda in onda un`intervista a un proprio collaboratore, senza contraddittorio. Forse farebbe bene a ricordarsi che ha un Codice etico. E in base a questo Codice dovrebbe valutare se sospendere la collaborazione di questo giornalista, almeno fino a quando la magistratura non avrà chiarito la sua posizione». Del resto – aggiunge Anzaldi – oggi «per chiarire perché un giornalista possa vaccinarsi prima di un ultra ottantenne deve intervenire la magistratura che svolge il ruolo al quale hanno abdicato politica e istituzioni». Non tutte, precisa la dottoressa Bettoni, che ha anche ricevuto la croce di Cavaliere al merito per l`opera di volontariato prestata (con la protezione civile) per tre settimane in ospedale a Fidenza, nell`aprile 2020, in piena pandemia. «A quello che mi risulta – dice la dottoressa – nell`Asl Sud Est non è mai stata sprecata una dose di vaccino. E anche prima che venisse creata la lista d`attesa di chi è disponibile a una chiamata dell`ultimo minuto, nel caso fossero avanzate dosi veniva scorsa la lista dei pazienti compilata per priorità (di rischio). Perciò mi piacerebbe conoscere il medico di medicina generale che ha inserito Scanzi nella lista dei vaccinabili e quante segnalazioni analoghe ha presentato». Ad Anzaldi, invece, piacerebbe sapere perché il sindaco di Firenze difenda Scanzi «giornalista che ha inventato il sistema delle pagelle agli altri, ma quando scivola, rifiuta di farsi intervistare».

Claudia Guarino per "Il Tirreno" il 26 marzo 2021. Evaristo Giglio è il direttore della zona distretto di Arezzo. Non si fa intervistare. Affida a una nota dell’Asl di Arezzo l’assoluzione di Andrea Scanzi, il giornalista che è riuscito a farsi vaccinare come “familiare” e badante di genitori fragilissimi, anche se non lo è. La storia è nota: alcuni giorni fa Scanzi pubblica sul proprio profilo social la notizia di essere stato contattato dall’Asl Toscana Sud Est per essere vaccinato. Risultava inserito in una lista di “riservisti”, persone che avevano dato la disponibilità a essere chiamati anche all’ultimo momento per farsi vaccinare con le dosi avanzate di giornata. Quelle destinate a chi non si presenta all’appuntamento. Nella lista – racconta Scanzi – è stato inserito dal suo medico di famiglia perché, appunto, lui bada ai genitori anziani e malati. In questa ricostruzione ci sono, però, almeno tre elementi che non tornano: 1) Scanzi non è un badante (e neppure si è mai preso cura dei suoi genitori con quali non convive); 2) la lista dei riservisti nei quali sarebbe stato inserito è stata istituita venti giorno dopo di quando lui dichiara di essersi iscritto; 3) il giorno in cui dice di essere stato chiamato all’ultimo minuto non si trovava nell’Aretino ma (sembra) in un hotel a centinaia di chilometri. Malgrado questo, l’Asl Toscana Sud Est sostiene che la vaccinazione di Scanzi sia regolare. «Scanzi è stato segnalato dal suo medico di medicina generale al direttore della zona distretto aretina in qualità di “caregiver” di uno dei genitori in base alla legge 104 (sulla disabilità, ndr)». Ma Scanzi non risulta essere un caregiver. È un familiare. Ed è stato segnalato dal suo medico di famiglia. Perché ? In base a quale esigenza specifica? La disponibilità a non far sprecare una dose di vaccino? Se anche così fosse, probabilmente ci sarebbero stati altri assistiti più vicini di un giornalista alloggiato in un hotel in alta Italia. «Non escludo che una procedura del genere sia possibile e se l'Asl dice che è tutto regolare sicuramente lo è – commenta il dottor Lorenzo Droandi, presidente dell’ordine dei medici di Arezzo – sta di fatto che all’ordine dei medici non è arrivata alcuna comunicazione ufficiale dall’Asl (di segalare pazienti). E posso dire lo stesso anche come medico di medicina generale. Ancora ieri non avevo ricevuto niente per iscritto in cui mi si comunicava che avrei potuto fare una segnalazione del genere al direttore della zona distretto o a chi per lui». Allora come ha fatto Scanzi a vaccinarsi? L’Asl scrive: «In attesa di disposizioni più precise da Stato e Regione è stato utilizzato il meccanismo di chiamare, in caso di dosi (di AstraZeneca) avanzate, soggetti aventi diritto e immediatamente disponibili. Per i familiari e i caregiver delle persone estremamente fragili, che rientrano nel piano vaccini, sono state accolte le segnalazioni di centri e istituti che ospitano soggetti fragili e, in alcune circostanze, anche di medici di base». Droandi non nega che la segnalazione diretta da parte del medico di famiglia sia lecita. Ma si chiede: «Che cosa succederebbe se ci mettiamo a telefonare per tutti i caregivers? Ai miei pazienti dico che se ne hanno diritto e vogliono figurare, per così dire, nella “panchina” dei riservisti devono iscriversi alle liste e poi, qualora ci fosse un posto libero, saranno contattati».

Lorenzo Zacchetti per affaritaliani.it il 26 marzo 2021. “Una tempesta di merda” è l'efficace sintesi con la quale Andrea Scanzi sintetizza quello che gli sta capitando negli ultimi giorni. Dopo aver rivelato di essersi fatto inoculare il vaccino di AstraZeneca, il popolarissimo giornalista de “Il Fatto Quotidiano” è davvero nell'occhio del ciclone. Probabilmente è proprio l'enorme visibilità di Scanzi, che da tempo surclassa chiunque nelle classifiche dei giornalisti più “social” d'Italia, ad alimentare questa polemica, ritorcendosi contro di lui in una sorta di contrappasso molto italiano. È tipica della nostra cultura l'abitudine a correre in soccorso del vincitore, per poi farne un bersaglio al suo primo inciampo. Eppure, nella vicenda specifica c'è probabilmente stata qualche leggerezza comunicativa, ma non certo un privilegio che sarebbe davvero odioso, se solo fosse vero. “Ricordati che la notizia l'ho data io”, spiega Andrea Scanzi ad affaritaliani.it. “Se avessi voluto fare il furbo, lo avrei fatto di nascosto e non l'avrebbe mai saputo nessuno! L'ho fatto alla luce del sole perchè non avevo nulla da nascondere e anzi volevo dare un messaggio positivo all'opinione pubblica. Ho sbagliato a vaccinarmi? Accetto la critica, ma da qui a trattarmi da merda e costringere mio padre a chiudere il suo profilo Facebook per gli insulti ce ne corre. Non me lo merito io e tantomeno i miei genitori, che sono stressatissimi per questa vicenda”.

Proviamo a ricostruire la vicenda, partendo dall'inizio?

Certo. D'altra parte è tutto ben conservato nel mio telefono e, se un giorno qualcuno lo volesse vedere, non avrei difficoltà. Tutto comincia il 26 febbraio, quando io scrivo a Roberto, il mio medico curante, per dirgli: “So che come giornalisti non siamo considerati categoria a rischio (cosa che peraltro condivido), ma se cambia qualcosa, avvertimi. Ma solo nel pieno rispetto delle regole, cioè senza rubare il posto a nessuno e solo se altrimenti la dose viene buttata via”. Mi risponde che al momento non ci sono disponibilità e che in caso di novità mi farà sapere. Per tutta la settimana seguente non ci sentiamo.

E poi che cosa succede?

Roberto mi richiama il 4 marzo e mi dice: “Andrea, l'ASL Sud-Est Toscana (quella di Arezzo- Siena-Grosseto, dove abito io) ha deciso di fare una lista di fare una lista di 'panchinari' o 'riservisti'”. Non so da quanto tempo ci fosse tale lista, ma io l'ho appreso in quel momento. Io gli rispondo: “Ok... e ovviamente dò per scontato che sia tutto regolare”. Roberto mi assicura che non solo è tutto regolare, ma anzi è una cosa da incentivare, perché purtroppo molte delle persone in lista non si presentano all'appuntamento. A quel punto mi chiede se io sia ancora interessato a entrare nella lista. Io confermo e lui specifica: “Sappi però che quando (e se) ti chiameranno, non ci sarà preavviso: dovrai prendere la macchina e correre a Grosseto, a Siena, a Monte San Savino o dove ti manderanno. E ovviamente non potrai scegliere il vaccino, ma dovrai prendere quello che ci sarà”. Ovviamente dico che va benissimo, perché appunto intendo usufruire di dosi che altrimenti verrebbero buttate via. Ma nessuno mi chiama per tutta la settimana seguente, come spiego al mio medico quando mi chiama per avere un aggiornamento. Quando glielo dico, lui commenta: “Accidenti, speravo che la questione fosse già risolta”. Ed io: “E’ giusto che io aspetti, non sono una priorità, poi se un posto si libera ci sarò”.

Come cambia lo scenario, in quei giorni?

Domenica 14 marzo, con i vaccini di AstraZeneca al centro del dibattito pubblico, il Gen. Figliuolo va ospite da Fazio a “Che tempo che fa” ad annunciare una svolta. Il giorno dopo fa un'ordinanza che va proprio nella direzione dei “panchinari”, dicendo che se avanzano delle dosi bisogna prendere “il primo che passa”, a prescindere dall'età, e inoculargli la dose, altrimenti la si butta via. Lette queste cose, io scrivo al mio medico curante e al Direttore dell'ASL Arezzo per dire: “Vedo che la problematica dei panchinari, già sollevata ad Arezzo, è diventata dirimente anche a livello nazionale: sappiate che io non ho nessuna paura di fare il vaccino AstraZeneca”. Già allora ho pensato che, se mi fossi vaccinato con una dose altrimenti gettata via come poi è stato, sarebbe stato un bel segnale contro la paura di AstraZeneca. Quindi ho ribadito a medico e responsabile della vaccinazione ASL la mia disponibilità, nel pieno rispetto delle regole. Specifico che io, il Direttore dell'ASL, non l’ho mai visto: altro che raccomandato, magari gli sto pure antipatico per motivi politici, chi può dirlo?!

Poi, però, le vaccinazioni con AstraZeneca vengono sospese in via cautelativa...

Esatto. L'interruzione avviene martedì 16 e lo stop dura per tre giorni, nel corso dei quali io vado in televisione a ripetere sempre la stessa cosa: “Se quando riparte la vaccinazione mi chiamano, io ci vado di corsa, sempre che si tratti di dosi che altrimenti verrebbero buttate”. Ci sono le registrazioni a confermarlo: l'ho detto martedì 16 a “Carta Bianca”, mercoledì 17 ad “Accordi & Disaccordi” e giovedì 18 a “Otto e Mezzo”.

E venerdì 19 le vaccinazioni ricominciano...

Sì, ma sia ad Arezzo che in diverse altre città molte persone non si presentano all'appuntamento, turbate dall'allarme suscitato dalla vicenda. Il giovedì sera “Piazza Pulita” aveva mostrato un sondaggio nel quale emergeva che più del 60% degli italiani non si sarebbero presentati il giorno dopo alla vaccinazione AstraZeneca, avendone paura! A quel punto, inizio a pensare che forse mi avrebbero chiamato, anche se dal 3 marzo in avanti non si era ancora fatto vivo nessuno. Questo significa che, prima di me, ad Arezzo ne hanno chiamati tanti. E questo, detto per inciso, è un'ottima cosa, perché non ho mai pensato né ho mai detto di essere una priorità.

Vero, ma tu allora quando ti sei vaccinato?

Proprio il 19 marzo, nel primo giorno in cui il vaccino AstraZeneca è stato reimmesso nella campagna italiana. Con due messaggi su Whatsapp, alle 12 e alle 16, il Direttore dell'ASL di Arezzo mi dice di tenermi pronto. Mentre sto facendo una diretta Twitch, ricevo l’indicazione di recarmi al Centro Affari di Arezzo alle 18. E lì vengo vaccinato, peraltro da un personale meraviglioso.

Conosci perfettamente la comunicazione: non hai pensato che, vista la tua notorietà, qualcuno poi ti avrebbe accusato di essertene approfittato?

In effetti quando mi ha chiamato l'ASL ci ho pensato un po' su. Avevo una piena autorizzazione da parte del mio medico curante e dell'ASL stessa, ma immaginavo che andando a vaccinarmi un po' di polemica sarebbe venuta fuori. Non pensavo a qualcosa di così forte, ma un po' me l'aspettavo, sì. Ho deciso di andarci comunque sia per coerenza con quello che avevo detto pubblicamente in tivù nei tre giorni precedenti, sia perché ingenuamente ho ritenuto che potesse essere un bel gesto. Molti italiani si sono spaventati per la vicenda-AstraZeneca e ho pensato che, avendo oltre due milioni di fan su Facebook, potessi dare un contributo: sono un bischero di 46 anni che di scienza non capisce nulla, ma che nutre fiducia in quello che la scienza dice! Per questo l'ho fatto alla luce del sole: non avendo nulla da nascondere, cosa che ribadisco, pensavo di dare un bel messaggio!

Un messaggio allora diamolo: che tipo di reazioni collaterali hai avuto?

Assolutamente nessuna. Mi hanno vaccinato intorno alle 18.30 e quando sono tornato a casa non avevo neanche una linea di febbre. Quindi già venerdì sera ho fatto il post nel quale annunciavo di essermi vaccinato. Le reazioni sui social hanno avuto un andamento strano: da venerdì sera fino a domenica mattina i commenti erano tutti positivi. Poi è cominciata una tempesta di merda che non so da chi sia partita. La mia frase sugli italiani che “dovrebbero ringraziarmi”, estrapolata dal contesto di una diretta Facebook di venti minuti effettata domenica 21 marzo, effettivamente presa a sé stante è senza senso. Me ne rendo conto. In realtà volevo solo dire che intendevo dare un segnale alle persone che avevano paura: credo di aver dato un impulso al piano vaccinale e, oltretutto, il mio post ha contributo a mettere online quella lista di “panchinari” che, pur essendo regolarissima, fino ad allora era scritta a mano. È chiaro che questo è un elemento critico, ma dovrà spiegarlo l'ASL, mica io! Una volta in Rete, la lista ha avuto migliaia di iscrizioni, al punto che il sito è andato in tilt! A questo mi riferivo con la frase contestata: al fatto di aver aperto una breccia della quale c'era bisogno.

Sei stato duramente attaccato sull'uso della parola “caregiver”: come commenti questa cosa?

Ci sono stati attacchi pretestuosi da parte di chi mi odia a prescindere. È una cosa che fa parte del gioco, anche se mi dispiace per i miei genitori. Chiariamo però una cosa: io non mi sono mai, mai, mai definito “caregiver” e nemmeno ho parlato della casistica sanitaria dei miei genitori per entrare nella lista dei “panchinari”! È stato il mio medico curante, autonomamente, a inserirmi in tale lista, non in quanto caregiver – parola che né io né il mio medico abbiamo mai usato fino al vaccino – bensì in quanto “figlio unico di genitori estremamente vulnerabili”. Questa è la dicitura tecnica e, purtroppo, ci rientro a pieno titolo. Quando ho fatto il post venerdì sera dopo la vaccinazione, non ho nemmeno citato i miei genitori. La cosa è venuta fuori dopo. La mattina di sabato 20, il direttore dell'ASL di Arezzo mi ha chiamato per dirmi che stava montando la polemica ed ha aggiunto: “Lei ha scritto di aver diritto alla vaccinazione in quanto "panchinaro", ed è vero, ma le faccio presente che lei ha anche due genitori con una situazione clinica non propriamente invidiabile”.

Cioè, quale?

“Mi dispiace dover mettere in piazza queste cose, ma a questo punto dobbiamo farlo. Mio padre è cardiopatico, ha due infarti, vari stent, il diabete e un glaucoma. Mia madre è malata oncologica. Quando l'ho detto al Direttore dell'ASL, lui ha risposto che io non solo rientravo a pieno titolo nella categoria “figlio unico di genitori estremamente vulnerabili”, ma anche in quella di “caregiver familiare”. In un successivo post ho specificato questa cosa, peraltro comunicatami dall'ASL, e forse si è trattato di un errore comunicativo, ma non di una cosa falsa: è l'indagine interna alla ASL ad avere confermato che, secondo loro, io rientravo non solo nella categoria del figlio unico di genitori estremamente vulnerabili, ma anche (secondo l’ASL) nella macrocategoria del caregiver. Detto questo, è ovvio che non mi sento minimamente un “caregiver familiare”: sono vent';anni che non vivo con i miei genitori, i quali (toccando ferro) nonostante tutto sono autosufficienti. È chiaro se uno mi definisce “caregiver” e poi mi vede il giorno dopo in una clinica detox a 5 stelle pensa che io stia prendendo per il culo il prossimo, ma è stata l'ASL a definirmi in quel modo, anche se non penso di meritarlo. Fare il “caregiver” è una cosa nobile, significa vivere in funzione dell'assistenza di chi ne ha bisogno. Io no: giro l’Italia per il mio lavoro di giornalista e per gli impegni in teatro, mi sarebbe impossibile. È ovvio che se un giorno i miei genitori dovessero averne bisogno diventerei il loro “caregiver”, ma sono stato vaccinato in quanto “figlio unico di genitori estremamente vulnerabili”, come emerge anche dalle dichiarazioni del mio medico nell'inchiesta dell'ASL.

Proprio perché i tuoi genitori sono pazienti fragili, c'è chi ti rimprovera di esserti vaccinato prima di loro. Come rispondi?

Beh, chi dice queste cose non conosce le regole: mio padre ha 69 anni e mia madre 72, non hanno potuto essere vaccinati perché non rientrano negli Over 80. Non solo: proprio perché vulnerabili, non possono fare il vaccino di AstraZeneca e quindi hanno dovuto aspettare l'apertura di una nuova lista online, lunedì 15 marzo, nella quale la Regione Toscana ha inserito anche i pazienti estremamente vulnerabili. Si sono iscritti entrambi al portale e sono stati accettati mercoledì 17, ovvero due giorni prima della mia vaccinazione. Stanno aspettando il vaccino di Moderna e due giorni fa hanno ricevuto il codice per la prenotazione. Purtroppo non sono ancora riusciti a prenotarsi, perché appena sono entrati nel sito, questo è andato subito a puttane. Stanno aspettando...

I giornalisti no, ma in Toscana si è scelto di inserire gli avvocati tra le categorie da vaccinare prioritariamente: anche questo ha fatto molto discutere, ma si tratta comunque di decisioni dell'autorità sanitaria...

E' esattamente così. Ci sono molti aspetti discutibili in questa vicenda, come questa storia degli avvocati che ha fatto ridere tutta Italia. Ma sono tutte decisioni della ASL e se le regole sono queste, talora non proprio condivisibilissime, occorre prenderne atto. E sperare di migliorarle.

Invece riguarda te una questione di opportunità: c'è chi ha detto che forse non era il caso di entrare nella lista, in quanto personaggio pubblico. Che ne pensi?

Questa è una critica che accetto. Il sottosegretario alla Salute Sileri, che di queste cose ne capisce più di chi mi sta sparando addosso, ha ribadito più volte come io abbia agito nel giusto e nella più piena legalità. Una posizione condivisa, tra i tanti, anche dal Ministro Speranza e dal Governatore Zaia. Ecco: proprio Zaia, e più ancora Sileri, lo hanno detto chiaramente a “Cartabianca”: “L'unico errore di Scanzi è stato quello di essere Scanzi”. Il fatto che mi sia vaccinato io alimenta il retropensiero che sia stato un privilegio dovuto al fatto di essere famoso, e posso garantirti che se lo avessi fatto mi sputerei in faccia da qui all’eternità. Un'altra critica che accetto è sull'uso della parola “caregiver”, infatti ho poi meglio articolato il pensiero su Facebook, anche se è stata l'ASL a qualificarmi in questo modo alla fine dell’inchiesta interna alla mia vaccinazione. Faccio però presente una cosa, che tra l'altro ha spiegato bene anche il sindaco di Firenze Nardella, che peraltro ho spesso criticato in passato e quindi non aveva motivo alcuno di difendermi. Lo ha fatto, aggiungendo come in quei giorni convulsi in Toscana c'era confusione sul termine “caregiver familiare”, perché se lo si usa per definire chi materialmente presta assistenza è evidente che io non lo sono, ma se i miei genitori dovessero averne bisogno, a chi altro dovrebbero rivolgersi se non a me, che sono il loro unico figlio? Sia come sia, ho senz’altro fatto due o tre errori di comunicazione, ma ho agito nel giusto e nella legalità. In totale buona fede. E questa settimana da serial killer proprio non me la meritavo".

Le tre balle sul caso Scanzi. Dalla bufala del caregiver dei genitori alla lista fantasma fino alla telefonata al giornalista: tutto quello che non torna. Francesca Galici - Ven, 26/03/2021 - su Il Giornale. Andrea Scanzi poteva vaccinarsi. Non lo dice il giornalista de Il Fatto Quotidiano ma il direttore della zona distretto di Arezzo. Evaristo Giglio, infatti, con una nota ha sollevato Scanzi da ogni responsabilità sulla polemica nata attorno all'incoluzione del vaccino AstraZeneca, effettuata in veste di riservista. Ma Il Tirreno, quotidiano toscano, ha pubblicato un articolo con il quale ha messo in evidenza tre punti oscuri, in parte chiariti dallo stesso Scanzi in una successiva intervista. Scrive Claudia Guarino per Il Tirreno: "Scanzi non è un badante (e neppure si è mai preso cura dei suoi genitori con quali non convive)". L'appunto della giornalista si basa sulla classificazione come caregiver che sarebbe stata data ad Andrea Scanzi dalla Asl, che come tale l'ha inserito nelle liste dei panchinari del vaccino in quanto i suoi genitori sono persone fragili a causa di patologie pregresse. La Guarino, poi, continua: "La lista dei riservisti nei quali sarebbe stato inserito è stata istituita venti giorno dopo di quando lui dichiara di essersi iscritto". La lista dei panchinari, come più volte asserito da Andrea Scanzi, sarebbe stata esclusivamente verbale o, al limite, compilata a penna. Solo successivamente, in concomitanza con la polemica, Regione Toscana avrebbe provveduto a ufficializzarla. Infatti, dopo il caos scoppiato su Andrea Scanzi e la pubblicità della lista dei riservisti, in poche ore sono stati circa 6mila gli iscritti per ottenere le dosi non somministrate. Infine, c'è il terzo appunto della giornalista de Il Tirreno: "Il giorno in cui dice di essere stato chiamato all’ultimo minuto non si trovava nell’Aretino ma (sembra) in un hotel a centinaia di chilometri". Claudia Guarino fa riferimento a un'indiscrezione trapelata nelle ore precedenti secondo la quale il giornalista si sarebbe trovato a Merano, sulla quale però non esistono conferme. "Non escludo che una procedura del genere sia possibile e se l'Asl dice che è tutto regolare sicuramente lo è. Sta di fatto che all’ordine dei medici non è arrivata alcuna comunicazione ufficiale dall’Asl (di segalare pazienti). E posso dire lo stesso anche come medico di medicina generale", ha commentato a Il Tirreno il dottor Lorenzo Droandi, presidente dell’ordine dei medici di Arezzo. Droandi, poi, si chiede: "Che cosa succederebbe se ci mettiamo a telefonare per tutti i caregivers? Ai miei pazienti dico che se ne hanno diritto e vogliono figurare, per così dire, nella 'panchina' dei riservisti devono iscriversi alle liste e poi, qualora ci fosse un posto libero, saranno contattati".

Andrea Scanzi è tornato a dire la sua ai microfoni di Affaritaliani.it, rivendicando di aver dato lui stesso la notizia: "Ho sbagliato a vaccinarmi? Accetto la critica, ma da qui a trattarmi da merda e costringere mio padre a chiudere il suo profilo Facebook per gli insulti ce ne corre. Non me lo merito io e tantomeno i miei genitori, che sono stressatissimi per questa vicenda". Nella lunga intervista, quindi, Andrea Scanzi ha ricostruito l'andamento della sua vaccinazione, dai contatti con il medico curante fino a quelli con il direttore della Asl di Arezzo. Ha, quindi, rivelato quale sia il motivo dietro la sua priorità vaccinale in quanto "figlio unico di genitori estremamente vulnerabili". Ma non in veste di convivente, perché lui stesso ammette di non esserlo più: "Non mi sento minimamente un "caregiver familiare": sono vent';anni che non vivo con i miei genitori, i quali (toccando ferro) nonostante tutto sono autosufficienti. È chiaro se uno mi definisce “caregiver” e poi mi vede il giorno dopo in una clinica detox a 5 stelle pensa che io stia prendendo per il culo il prossimo, ma è stata l'ASL a definirmi in quel modo, anche se non penso di meritarlo".

Andrea Scanzi, "i colleghi del Fatto stanno godendo": indiscreto al veleno, occhio alla paginata sospetta. Libero Quotidiano il 26 marzo 2021. Ieri Dagospia si chiedeva come mai sull’edizione cartacea del Fatto Quotidiano non fosse stata spesa neanche mezza parola sul caso del salta-fila Andrea Scanzi. Oggi il quotidiano diretto da Marco Travaglio ha pubblicato un articolo a tutta pagina in cui viene massacrata la Toscana e quindi indirettamente anche il collega aretino che si è vaccinato da “riservista”: la cosa non sorprende, dato che sempre Dagospia aveva svelato che “la redazione non ha apprezzato l’ennesima ego-latrina del farfallone lampadato. Anzi, stanno tutti godendo”. “La Regione Toscana, in mano alla cosiddetta sinistra - si legge sul Fatto - quella che dovrebbe lavorare il più possibile per annullare le differenze sociali, è assolutamente deficitaria nel percorso dei vaccini”. In particolare sugli over 80: il Fatto cita l’esempio di una anziana con gravi patologie che richiedono una totale assistenza domiciliare; per lei non c’è ancora nessun vaccino. Questo perché AstraZeneca non si può usare e di Pfizer e Moderna non ce ne sono abbastanza. “Poi però c’è AstraZeneca e chi ottiene di farlo - si legge sempre sul Fatto - anche mettendosi in lista per evitare vengano buttate le dosi. Non mi fa scandalo ci siano le liste di chi si fa avanti, piuttosto chi non le sa gestire. La Regione Toscana ci ha fatto capire che tra le categorie fragili c’erano gli operatori dei tribunali e gli avvocati. Già dobbiamo assistere all’assurdità dei vaccini per tutti i docenti, anche quelli in Dad. Com’è possibile che un presidente di Regione possa decidere liberamente un’azione del genere, senza un diktat nazionale che possa sorpassare, di fronte a una tale emergenza e tragedia, le decisioni delle Regioni e impedire tali ingiustizie?”. 

Da lindro.it il 26 marzo 2021. Andrea Scanzi, giornalista de "Il Fatto Quotidiano" da qualche giorno agli onori della cronaca per via del vaccino fatto in lista di attesa sorpassando così gli altri, ha un’altra peculiarità per cui è noto: è un feticista (non) anonimo. «Quando ero single andavo alle feste fetish e le "mistress" mi camminavano sul corpo», raccontò in una intervista ad ‘Un giorno da pecora’. La sua perversione preferita è farsi camminare addosso da donne coi tacchi stellari e alla domanda se lo avesse mai fatto a quelle feste raccontò imperterrito: «Sì, non a quelle feste però ma con qualche mia ex. Ed in questi casi, meglio petto e schiena, che fanno meno male. D’altra parte in quel momento la tua compagna è la "mistress", la padrona». Inoltre, in altre interviste, ha dichiarato di prediligere i piedi femminili di cui è un attentissimo critico, un po’ come il professore di matematica Michele Apicella in ‘Bianca’ di Nanni Moretti. Scanzi Andrea è persona intelligente e se ha scelto di dichiarare tutto lo ha fatto da fine psicologo e sublime tattico, perché poi magari la cosa usciva fuori da sé e lo scandalo sarebbe stato bello pronto a sommergerlo. Resta il fatto che la tecnica è riuscita ed una volta auto rivelato che il Re –è il caso di dirlo- è nudo a nessuno gliene è fregato più di tanto ed, anzi, la sua carriera non solo non è stata inficiata da questo ‘vizietto’ ma è vieppiù decollata verticalmente essendo lo Scanzi presente è ubiquitario ovunque. Per lo Scanzi feticista è successo quello che avveniva con il marziano atterrato a Roma di Ennio Flaiano: dopo l’interesse iniziale, dopo un po’ nessuno se lo filava più. Misteri dei meccanismi della popolarità.

Caso Scanzi, Codacons denuncia la Berlinguer: "Risorse Rai utilizzate impropriamente". La conduttrice di Cartabianca è stata denunciata all'Ordine dei Giornalisti dal Codacons per aver consentito ad Andrea Scanzi "una difesa privata e senza contraddittorio" sui canali televisivi del servizio pubblico. Novella Toloni - Gio, 25/03/2021 - su Il Giornale.  "Mezzi e risorse della Rai, pagate dai cittadini, messe a disposizione di Andrea Scanzi per una difesa privata e senza contraddittorio". Con questa motivazione il Codacons ha denunciato Bianca Berlinguer all'Ordine dei Giornalisti. Nell'ultima puntata del format di Rai3 (in onda martedì 23 marzo) Bianca Berlinguer ha dato spazio al giornalista de Il Fatto Quotidiano per parlare della polemica scatenatasi in seguito alla sua vaccinazione come riservista della regione Toscana. Andrea Scanzi si è difeso dalle accuse di aver sfruttato un canale privilegiato per ottenere una dose di vaccino AstraZeneca al posto di soggetti fragili, in quanto caregiver che assiste i genitori anziani. Una difesa senza contraddittorio, quella andata in onda a Cartabianca, che ha scatenato la dura reazione del Codacons: "Grave il comportamento della Rai che ha ceduto il servizio pubblico ad un privato giornalista per farlo difendere. Denunciamo all'Ordine dei Giornalisti Bianca Berlinguer per aver messo il servizio pubblico e disposizione di Andrea Scanzi, consentendo al giornalista di utilizzare mezzi e risorse Rai - pagate dai cittadini - per una difesa senza contraddittorio". Bianca Berlinguer non è però l'unica ad essere finita nel mirino del Codacons. L'associazione dei consumatori ha pubblicato una nota ufficiale sul suo sito, nella quale annuncia di aver presentato un esposto alla procura di Arezzo contro la Asl Toscana Sud Est e contro la Regione Toscana. Il Codacons ha chiesto l'intervento delle autorità per verificare come Scanzi potesse rientrare nella "lista dei panchinari" in veste di caregiver - che si occupa dei genitori anziani - quando in realtà andava in tour con il suo spettacolo teatrale con oltre 150 repliche. "Le disposizioni del Ministero della salute - si legge nella nota ufficiale del Codacons - prevedono infatti il diritto alla vaccinazione solo per chi si prende cura in modo continuativo e costante di disabili o soggetti fragili: come può conciliarsi tale requisito con l'attività di Andrea Scanzi". Alla Procura l'associazione ha sollecitato, inoltre, una verifica sull'iniziale inesistenza della lista dei soggetti riservisti, il cui modulo di iscrizione sarebbe stato pubblicato on line dalla Asl Toscana Sud Est solo sabato scorso, ovvero il giorno dopo la vaccinazione di Scanzi. Dubbi sui quali dovrà ora pronunciarsi la Procura di Arezzo, per chiarire se Scanzi avesse realmente diritto alla vaccinazione prioritaria e se ci siano stati abusi da parte dell'Asl e della regione Toscana nella procedura seguita. Dalle dichiarazioni rilasciate proprio da Scanzi a Cartabianca, infatti, "sarebbe stata l'Asl a telefonare ripetutamente al giornalista per invitarlo al vaccino e non agli ultraottantenni aretini".

Aldo Grasso per il "Corriere della sera" il 25 marzo 2021. Bianca Berlinguer è sempre in lotta con l'audience e non si lascia sfuggire i «numeri» che possano aiutarla nell' impresa. Così #cartabianca ha aperto con Andrea Scanzi, nelle vesti provvisorie di Mauro Corona (Rai3, martedì). La vicenda che ha visto Scanzi esibirsi in video come panchinaro del vaccino è poco commendevole, meriterebbe soprattutto il silenzio. E invece no: Bianca ha voluto difendere a tutti i costi il suo ospite fisso, sapendo che la polemica avrebbe portato acqua al mulino degli ascolti. L'io della personalità di Scanzi è talmente strabordante da credere che l'intero universo ruoti attorno a sé, Bianca compresa: «Ho utilizzato la mia personalità, la mia popolarità, il mio seguito sui social e nel mondo reale» per portare il buon esempio. Forse la Berlinguer, tanto per equilibrare le parti, avrebbe potuto mostrare quel filmato di Scanzi di un anno fa in cui paragonava il Covid a un raffreddore e inveiva contro chi cercava misure restrittive con la stessa sfrontatezza compiaciuta, la stessa aggressività con cui ora chiede di essere ringraziato dal Paese per il motivo opposto. Finita la commedia all' italiana, non ci restano che Scanzi e # cartabianca , un programma ormai surreale. Abbiamo visto il «finanziere e scrittore» Guido Maria Brera difendere i driver, attaccare Bezos e il «capitalismo delle piattaforme», come se la finanza fosse qualcosa di simile al soccorrevole medico di base di Scanzi. Abbiamo visto Michela Murgia presentare il suo libro Stai zitta (si vende anche su Amazon) e non dire una sola parola su «Stai zitta, gallina!» di Corona. Abbiamo visto Luigi Sileri (il sottosegretario alla Salute che vive in tv) dare ragione a Scanzi e Simona Ventura spiegare agli italiani come devono curarsi contro il Covid. Adesso aspettiamo con ansia la puntata di Scanzi con Lilli Gruber. Cosa sarebbe successo se al posto di Scanzi ci fosse stato in panchina un Matteo Renzi?

DAGONOTA il 25 marzo 2021. Come mai sull'edizione cartacea del "Fattoquotidiano" non si proferisce parola sul caso del salta-fila e caregiver Andrea Scanzi? Peter Gomez lo ha randellato ma solo durante il programma “Tagadà” de La7, e sul sito che dirige è apparso questo articolo. Mentre dopo ben quattro giorni dal coming out vaccinale di Scanzi,  Marco Travaglio tace. Come mai?  Semplice, il cazzaro del vaccino è indifendibile, da una parte. Dall’altra, è il suo cocco. Mentre la redazione del ‘’Fatto’’ non ha apprezzato (eufemismo) l'ennesima ego-latrina del farfallone lampadato. Anzi, stanno tutti godendo per gli attacchi che sta ricevendo da quattro giorni.

Andrea Scanzi, la "risposta" di AstraZeneca: "Era così anche prima del vaccino". Libero Quotidiano il 25 marzo 2021. Da paladino del vaccino a "demente del vaccino", come si è auto-definito Andrea Scanzi. Il passo è brevissimo, soprattutto se di mezzo ci si mettono i social e i meme. Il caso è noto: la penna del Fatto quotidiano, 46 anni, si è fatto vaccinare con AstraZeneca ad Arezzo, essendosi iscritto, ha annunciato con orgoglio, alla lista dei riservisti. Coloro, cioè, che possono farsi vaccinare con le dosi rimaste inutilizzate alla fine della giornata e che altrimenti andrebbero buttate. Fin qui, tutto bene. Ma poi sono emersi dettagli controversi. Innanzitutto, la composizione "misteriosa" di questa lista, scritta a penna su un foglio. Quindi la qualifica di "caregiver" di Scanzi, vaccinato perché unico in grado di accudere i due genitori anziani e "fragili". Il paradosso è che loro, a differenza del figlio, sono ancora in attesa. Da quel momento, su Scanzi si è scatenata la classica  "shitstorm", una valanga di insulti, sberleffi e sospetti di essere un raccomandato o un privilegiato. Lui si è difeso, anche un po' goffamente, in tv e sui social. Pare che in redazione al Fatto non abbiano preso bene le sue uscite, e il direttore del Fattoquotidiano.it Peter Gomez lo ha pure dichiarato, ospite a La7 a Tagadà: "Lui crede di essere la notizia, quando invece il nostro compito è darle. Io l'avrei fatto e sarei stato zitto". E ora, su Twitter, ha preso a girare anche un godibilissimo meme con la (finta, ma verosimile e soprattutto credibile) risposta di AstraZeneca. Scanzi, posa piacionesca e sguardo killer, spiega. "Mi sono vaccinato con AstraZeneca e lo rifarei. Gli italiani dovrebbero ringraziarmi". Precisazione di AstraZeneca: Andrea Scanzi era così anche prima del vaccino!". Non ci resta che ridere. 

Contratto di Scanzi con Cartabianca sospeso, Anzaldi: “Serve trasparenza, la Rai faccia chiarezza”. Luigi Ragno su il Riformista il 27 Marzo 2021.

Onorevole Anzaldi, risulta anche a lei, come scrive Dagospia, che il contratto di Scanzi con la Rai e Cartabianca sarebbe stato sospeso?

“Trovo incredibile che a 24 ore da quando Dagospia, un sito sempre bene informato, ha lanciato l’indiscrezione sullo stop al contratto Rai di Scanzi, ancora non sia stata fatta alcuna chiarezza: la notizia è vera o no? Che aspetta la Rai, che può contare su un ampio ufficio stampa la cui responsabile è stata addirittura promossa a direttore con quadruplo scatto di carriera in 3 anni grazie a M5s, a smentire o confermare? Perché questa ennesima mancanza di trasparenza?”.

Dagospia sostiene che la notizia verrebbe dalla commissiome di Vigilanza: che ne pensa?

“Non so se qualcuno in commissione di Vigilanza sia informato di questa vicenda, di certo il presidente Barachini non ci ha detto nulla”.

Lei è stato il primo a chiedere la sospensione del contratto a Scanzi: lo ritiene ancora un provvedimento necessario?

“La sospensione doveva essere il minimo, dopo le prime notizie uscite, per tutelare la Rai da eventuali sviluppi. Invece a Scanzi è stata data addirittura la prima serata su Rai3, cosa che non ha fatto nemmeno la tv commerciale. Anche La7 ha avuto l’accortezza di non ospitare Scanzi questa settimana a Otto e mezzo, la Rai invece ha addirittura presentato come un modello chi salta la fila, mentre Mattarella e Draghi aspettano il loro turno come tutti gli italiani. Ennesima pagina nera di questi vertici del servizio pubblico, è sempre più urgente nominare un nuovo Cda”.

Vittorio Feltri sul vaccino di Andrea Scanzi: "Ha tutta la mia solidarietà. Anche se mi dà del consumatore accanito di gin". Libero Quotidiano il 28 marzo 2021. In questi giorni è stata alimentata la polemica contro il furbetti del vaccino, ossia coloro che aggirando i vincoli burocratici sono riusciti in qualche modo a ricevere l'iniezione salvifica. Il caso Scanzi poi è montato a dismisura diventando uno scandalo francamente eccessivo. Personalmente disapprovo chi si impossessa di qualcosa che non gli spetta di diritto, tuttavia nella fattispecie dell' immunizzazione bisogna compiere delle precisazioni, ovvero concedere agli astuti alcune attenuanti che sconfinano in esimenti. Infatti il cosiddetto piano vaccinale non si è rivelato all' altezza delle attese, per una semplice ragione: scarseggiavano e scarseggiano ancora le dosi necessarie a proteggere tutti dalla malattia. Sissignori. Il problema italiano non consiste nella organizzazione, per quanto imperfetta, bensì nella mancanza della materia prima: il siero in grado di sconfiggere il morbo. A causa di tale carenza è aumentata giorno per giorno nella gente di ogni ceto la paura di infettarsi e di fare una brutta fine. Il rischio di andare al cimitero dopo atroci sofferenze era ed è tale da costringere chiunque a trovare una soluzione pro vita.

E così è cominciata la caccia al vaccino. Una reazione del tutto giustificata. Il popolo è ricorso a ogni arma e ad ogni sotterfugio per garantirsi l'immunità. Qualcuno ce l' ha fatta, altri no. Ovvio che coloro che sono rimasti a secco siano irritati al punto da condannare coloro che al contrario sono riusciti di sfroso a farsi bucare il braccio. Non c' è nulla di più umano, ma è disumano attaccare con ferocia gli individui che hanno conquistato un brandello di salute. Ai quali, compreso Scanzi che mi dà del consumatore accanito di gin, liquido da me mai ingerito, va tutta la mia solidarietà. In assenza di vaccini per la massa è naturale: i cittadini si arrangiano per procurarseli con i mezzi di cui dispongono, inclusa la scaltrezza, giudicata di norma scorretta quando, invece, è l' ancora di salvezza dei disperati.

In sintesi, mi pare più opportuno prendersela con un governo incapace di assicurare la salute a chiunque piuttosto che con coloro i quali, abbandonati dalle istituzioni, se la sono assicurata per conto proprio. Con destrezza. Ossia un' arte indispensabile per sopravvivere in un Paese che se non fosse di merda sarebbe addirittura divertente.

Da liberoquotidiano.it il 27 marzo 2021. Ieri Dagospia si chiedeva come mai sull’edizione cartacea del Fatto Quotidiano non fosse stata spesa neanche mezza parola sul caso del salta-fila Andrea Scanzi. Oggi il quotidiano diretto da Marco Travaglio ha pubblicato un articolo a tutta pagina in cui viene massacrata la Toscana e quindi indirettamente anche il collega aretino che si è vaccinato da “riservista”: la cosa non sorprende, dato che sempre Dagospia aveva svelato che “la redazione non ha apprezzato l’ennesima ego-latrina del farfallone lampadato. Anzi, stanno tutti godendo”. “La Regione Toscana, in mano alla cosiddetta sinistra - si legge sul Fatto - quella che dovrebbe lavorare il più possibile per annullare le differenze sociali, è assolutamente deficitaria nel percorso dei vaccini”. In particolare sugli over 80: il Fatto cita l’esempio di una anziana con gravi patologie che richiedono una totale assistenza domiciliare; per lei non c’è ancora nessun vaccino. Questo perché AstraZeneca non si può usare e di Pfizer e Moderna non ce ne sono abbastanza. “Poi però c’è AstraZeneca e chi ottiene di farlo - si legge sempre sul Fatto - anche mettendosi in lista per evitare vengano buttate le dosi. Non mi fa scandalo ci siano le liste di chi si fa avanti, piuttosto chi non le sa gestire. La Regione Toscana ci ha fatto capire che tra le categorie fragili c’erano gli operatori dei tribunali e gli avvocati. Già dobbiamo assistere all’assurdità dei vaccini per tutti i docenti, anche quelli in Dad. Com’è possibile che un presidente di Regione possa decidere liberamente un’azione del genere, senza un diktat nazionale che possa sorpassare, di fronte a una tale emergenza e tragedia, le decisioni delle Regioni e impedire tali ingiustizie?”.

Da liberoquotidiano.it il 28 marzo 2021. "Il Paese dei furbetti" lo definisce Bruno Vespa dopo aver osservato i dati diffusi dal governo circa la vaccinazione. "Ci si può chiedere come possano dormire sereni i presidenti e gli assessori alla Sanità di Sardegna (6.3 %), Toscana (10.47 %) e delle altre sei regioni italiane che hanno vaccinato meno del venti per cento dei loro cittadini che hanno più di ottant’anni", si chiede l'editorialista del Giorno inorridito di fronte alle cifre dell'ennesimo flop. "Alla fine di dicembre - infatti - si è detto che subito dopo il personale autenticamente sanitario sarebbero stati vaccinati i 4 milioni 442 mila italiani che hanno più di ottant’anni". Risultato? "Tre mesi dopo un milione e mezzo di essi deve ancora ricevere la prima dose, mentre sono stati vaccinati 8 milioni 700 mila italiani". Chi siano stati i benefattori delle dosi contro il coronavirus non è dato sapersi, ma l'immaginazione non ha bisogno di grande sforzo. A elencare i furbetti, e senza alcuna pietà, ci pensa lo stesso Vespa: "Nel Belpaese delle raccomandazioni, stavolta si è superato il limite. Avvocati, magistrati, studenti, docenti universitari che fanno solo didattica a distanza spesso con contrattini di poche ore. E poi amici, parenti, giornalisti di grido che si camuffano da figli unici premurosi e si difendono mentre stanno cacciando via le loro nobili tossine in un albergo prestigioso", tuona il conduttore di Porta a Porta in chiaro riferimento al suo collega Andrea Scanzi. La firma del Fatto Quotidiano non ha mancato di farsi notare e, con la scusa del "caregiver", ha usufruito di una vaccinazione che non gli spettava. "Che vergogna e che tristezza -  sono gli unici commenti che possono uscire a Vespa -. Eppure questi nostri amministratori, leggendo dei 457 morti di ieri e delle migliaia delle ultime settimane, come fanno a non chiedersi se qualcuno avrebbero potuto salvarlo?".

Da video.corriere.it il 29 marzo 2021. «Prima non era mai stato preso in considerazione, perché per quanto mi riguarda si poteva aspettare anche un altro mese o forse un altro anno. Da parte mia non c’è stata assolutamente nessuna forzatura da questo punto di vista. Quando mi chiamò il suo medico io gli dissi che prima di Scanzi ce n’erano tanti altri. Quindi lui poteva aspettare. Ma il medico di base del giornalista gli ha detto che Scanzi avrebbe aspettato, l’importante è che prima o poi fosse stato chiamato al momento opportuno. Ho ricevuto altre telefonate anche dallo stesso Scanzi, evidentemente gli hanno dato il mio numero… Mi ha detto, guardi, non so se il medico le ha accennato la mia situazione, io sono sempre disponibile quando voi potete. E io gli ho risposto che sarebbe passato del tempo, perché abbiamo altre priorità», Così il direttore sanitario di Arezzo, Evaristo Giglio, in un intervista telefonica a «Non è l'Arena» in onda su La7.

Da iltempo.it il 29 marzo 2021. A non è l'Arena, Massimo Giletti torna sul caso di Andrea Scanzi che, pur non avendone i requisiti, ha fatto il vaccino AstraZeneca prima di tanti altri che ne avevano diritto. Il tutto sostenendo di averne fatto richiesta a febbraio, ma solo come “panchinaro”, cioè nel caso in cui una dose a fine giornata non fosse stata utilizzata e avesse rischiato di essere buttata (da un flaconcino di vaccino si estraggono più dosi e ogni dose va utilizzata entro sei ore dalla diluizione). In realtà, come ricorda anche Giletti, è conservabile in frigorifero anche per 48 ore. Innanzitutto, non tornano le date e le motivazioni: Scanzi, infatti, cambia versione più volte, nonostante ci siano i suoi stessi video e i suoi post a confermare ogni ricostruzione da lui fatta. Per fortuna c’è il dottor Evaristo Giglio, direttore dell’Asl di Arezzo, che conferma quello che dice Scanzi. Ma non la data: che è quella del 20/22 febbraio e non quella del 15 marzo. E quando Scanzi è stato vaccinato, spiega il direttore generale del distretto sanitario Antonio D'Urso, i caregiver non erano ancora stati inseriti dal governo nella lista dei possibili "panchinari". Anche se "le verifiche sul caso di Scanzi sono ancora in corso". Intervistato telefonicamente dall’inviata del programma Francesca Carrarini, il medico Giglio dà una “versione particolare” che però Giletti aveva deciso di non mandare in onda lo scorso 21 marzo. Nella telefonata, il dottor Giglio spiega: “Scanzi, da quello che lui e il suo medico di famiglia hanno detto, sarebbe un caregiver di questi famigliari ammalati che risultano nella lista dei vulnerabili”. Come verificarlo? “Non è uno stato di polizia - spiega il medico - così che io possa andare a vedere se è vero. Se a me il medico di famiglia fa una segnalazione del genere lo metto lì in attesa. Scanzi era l’ultimo di questa lista. Anzi, si è trovata una situazione convincente per cui, avanzando queste due dosi e con lui che da tempo aveva chiesto di essere chiamato come “panchinaro. Prima non era mai stato preso in considerazione, perché per quanto mi riguarda si poteva aspettare anche un altro mese o forse un altro anno. Da parte mia non c’è stata assolutamente nessuna forzatura da questo punto di vista. Quando mi chiamò il suo medico io gli dissi che prima di Scanzi ce n’erano tanti altri. Quindi lui poteva aspettare. Ma il medico di base del giornalista gli ha detto che Scanzi avrebbe aspettato, l’importante è che prima o poi fosse stato chiamato al momento opportuno”. E qui una novità. Spiega Giglio: “Ho ricevuto altre telefonate anche dallo stesso Scanzi, evidentemente gli hanno dato il mio numero…” E cosa gli avrà chiesto? E Giglio: “Mi ha detto, guardi, non so se il medico le ha accennato la mia situazione, io sono sempre disponibile quando voi potete. E io gli ho risposto che sarebbe passato del tempo, perché abbiamo altre priorità”.

Francesco Curridori per ilgiornale.it il 29 marzo 2021. "Dopo l'inchiesta di Non è l'arena e le interviste ai responsabili Asl di Arezzo che smentiscono Scanzi sul vaccino, si riunisca subito il Comitato per il Codice Etico Rai e risponda in modo netto e definitivo: è accettabile che l'opinionista continui ad essere pagato dalla Rai?". Il renziano Michele Anzaldi continua a chiedere chiarezza sulla vicenda che ha coinvolto il cronista del Fatto. "Mentre Cartabianca ha esaltato senza contraddittorio il modello saltafila di Scanzi, dalla tv commerciale e Giletti è arrivata una lezione di giornalismo e onestà intellettuale, con un'inchiesta che ha fatto chiarezza. E La7 ha sospeso la collaborazione. La Rai fa finta di nulla?", scrive ancora su Twitter il deputato di Italia Viva. Nella puntata di ieri del programma di Massimo Giletti, infatti, è andata in onda un'intervista al direttore sanitario di Arezzo Evaristo Giglio che ha spiegato perché Andrea Scanzi non aveva i requisiti per ricevere il vaccino come "panchinaro". Ma, oltretutto, ha mentito. Anzitutto il vaccino Astrazeneca, come ricorda anche Massimo Giletti, è conservabile in frigorifero anche per 48 ore e, pertanto, Scanzi mente quando sostiene che ci fosse il rischio che la dose che gli è stata somministrata venisse buttata. In secondo luogo, secondo Giglio, "si poteva aspettare anche un altro mese" prima di vaccinare il giornalista del Fatto. "Scanzi, da quello che lui e il suo medico di famiglia hanno detto, sarebbe un caregiver di questi famigliari ammalati che risultano nella lista dei vulnerabili”, ma spiega il medico: “Non è uno stato di polizia così che io possa andare a vedere se è vero. Se a me il medico di famiglia fa una segnalazione del genere lo metto lì in attesa". E aggiunge: "Quando mi chiamò il suo medico io gli dissi che prima di Scanzi ce n’erano tanti altri. Quindi lui poteva aspettare. Ma il medico di base del giornalista gli ha detto che Scanzi avrebbe aspettato, l’importante è che prima o poi fosse stato chiamato al momento opportuno”. Insomma, le pressioni sono tante sia da parte del medico di base sia da Scanzi che chiama personalmente il dottor Giglio per ribadirgli la sua disponibilità. E nel merito la sua ex collega Sandra Amurri attacca: "Non è che uno si sveglia la mattina ed è caregiver... ha cercato di mettere le pezze ma è andata male! Anche avesse avuto il diritto a vaccinarsi, avrebbe dovuto dire chiamate altri che ne hanno bisogno più di me".

Ora tutti scaricano Scanzi. Anche Antonio D'Urso, direttore generale della Asl Toscana sud est, mette in evidenza le incongruenze della versione data da Scanzi: "Ha dichiarato di essere un caregiver, come ha fatto anche in alcune interviste in televisione. Il piano nazionale vaccinazione indica come caregiver le persone che sono indicate dalla persona disabile. Gli uffici stanno verificando questo". Ma, Scanzi non avrebbe in ogni caso potuto vaccinarsi come caregiver: "La vaccinazione con Astrazeneca - spiega D'Urso - in questo momento è limitata ad alcune categorie: personale scolastico, personale delle forze armate e delle forze dell'ordine, persone tra i 70 anni compiuti e gli 80 da fare. Se Scanzi non aveva queste caratteristiche non poteva accedere alla vaccinazione". Infine, c'è il problema della data della somministrazione che inchioderebbe il cronista del Fatto: "Il decreto parla di conviventi e di caregiver e questi ultimi sono venuti fuori con il piano vaccino del 13 marzo. Fino ad allora i caregiver, come le persone fragili, non venivano vaccinati"...

Caso Scanzi, il giornalista sospeso da CartaBianca. "Ho scelto di sospendere la partecipazione di Andrea Scanzi a Cartabianca ma spero di riaverlo presto". Lo ha annunciato questa sera Bianca Berlinguer, in attesa della decisione del comitato etico della Rai. Roberto Vivaldelli - Mar, 30/03/2021 - su Inside Over il 30 marzo 2021. Niente Cartabianca per Andrea Scanzi. Il giornalista ed opinionista del Fatto Quotidiano, nonostante la sua presenza fosse stata confermata nel pomeriggio, non ha partecipato questa sera al programma di Rai3 condotto da Bianca Berlinguer: sulla vicenda della vaccinazione di Scanzi, infatti, è stata attivata la Commissione per il Codice Etico della Rai che in queste ore sta valutando se decidere sull'eventuale sospensione del suo contratto con il programma della terza rete. Il giornalista, al centro delle polemiche, aveva raccontato sui social di aver ricevuto una dose di Astrazeneca ad Arezzo come riservista e in qualità di caregiver familiare dei suoi genitori. "Permettetimi una precisazione - ha affermato Bianca Berlinguer, che questa sera ha condotto il programma da casa, dove si trova in isolamento -. A questo talk di Cartabianca avrebbe dovuto partecipare anche Andrea Scanzi, invitato da me in trasmissione e al centro di molte polemiche perché accusato di aver saltato la fila per il vaccino che ha ottenuto con il via libera e l'autorizzazione Asl di riferimento. Lo avevo invitato anche in questa puntata di Cartabianca ma qualche ora fa ho appreso dalle agenzie, qui in isolamento, che la Rai avrebbe investito il Comitato etico di questa scelta, se Scanzi avesse dovuto essere confermato o meno a Cartabianca. A questo punto, per mia responsabilità, per una scelta mia, ho deciso di sospendere la sua partecipazione e ne ho parlato anche con lui, ma io spero di riaverlo con noi presto". Nel frattempo, il "caso Scanzi" continua a far discutere. Secondo il deputato di Italia Viva e segretario della commissione di Vigilanza Rai, Michele Anzaldi, la decisione del Comitato etico della Rai è tardiva: "Dopo oltre 10 giorni dall'emergere del caso vaccino di Scanzi, l'apertura di un fascicolo in Procura, le verifiche della Asl, le inchieste di Non è l'arena e Il Tirreno che hanno smontato la versione data dal giornalista, le critiche trasversali arrivate da giornalisti come il direttore del Corriere Fontana e il direttore del sito del Fatto Gomez, insomma dopo tutto questo alla fine anche la Rai batte un colpo e annuncia l'attivazione del Comitato per il Codice Etico per decidere sul contratto che il giornalista ha con Cartabianca come opinionista a pagamento" sottolinea Anzaldi. "Un'attivazione davvero tardiva - incalza -che ho chiesto più di una settimana fa e che poteva essere effettuata prima di proporre Scanzi saltafila addirittura come modello in prima serata su Rai3, a Cartabianca". "Ora il Comitato Etico - prosegue Anzaldi -si riunisca subito e decida rapidamente, il danno di immagine che il servizio pubblico sta subendo da questa vicenda è gravissimo. Intanto, per rispetto del buonsenso e anche del lavoro del Comitato stesso, tutte le ospitate di Scanzi vengano immediatamente sospese".

Così la Asl ha "scaricato" Scanzi. A far "vacillare" e a porre seri dubbi sulla versione del giornalista del Fatto Quotidiano è stata - fra le altre - l'inchiesta condotta dal programma di La7, Non è l'Arena. Evaristo Giglio, direttore sanitario di Arezzo e intervistato dal programma condotto da Massimo Giletti, ha spiegato che Andrea Scanzi "prima non era mai stato preso in considerazione, perché per quanto mi riguarda si poteva aspettare anche un altro mese o forse un altro anno. Da parte mia non c’è stata assolutamente nessuna forzatura da questo punto di vista. Quando mi chiamò il suo medico io gli dissi che prima di Scanzi ce n’erano tanti altri. Quindi lui poteva aspettare. Ma il medico di base del giornalista gli ha detto che Scanzi avrebbe aspettato, l’importante è che prima o poi fosse stato chiamato al momento opportuno. Ho ricevuto altre telefonate anche dallo stesso Scanzi, evidentemente gli hanno dato il mio numero…Mi ha detto, guardi, non so se il medico le ha accennato la mia situazione, io sono sempre disponibile quando voi potete. E io gli ho risposto che sarebbe passato del tempo, perché abbiamo altre priorità". Anche Antonio D'Urso, direttore generale della Asl Toscana sud est, ha messo in evidenza alcune incongruenze della versione data da Scanzi: "Ha dichiarato di essere un caregiver, come ha fatto anche in alcune interviste in televisione. Il piano nazionale vaccinazione indica come caregiver le persone che sono indicate dalla persona disabile. Gli uffici stanno verificando questo". L'Asl Toscana sud est consegnerà alla procura di Arezzo i risultati di un'ispezione interna relativa alla vicenda. La procura di Arezzo, al momento, ha aperto un fascicolo a modello 45, quindi senza indagati e senza ipotesi di reato, per poter espletare una serie di accertamenti.

(ANSA il 30 marzo 2021) La procura di Arezzo riceverà nelle prossime ore dalla Asl Toscana Sud Est i risultati di un'ispezione interna riguardante la vicenda del vaccino Astrazeneca somministrato al giornalista aretino Andrea Scanzi, vicenda che ha assunto ulteriore rilievo dopo la trasmissione "Non è L'Arena" condotta su La 7 da Massimo Giletti in cui è stato intervistato il direttore generale della Asl Toscana Se, Antonio D'Urso. Il direttore D'Urso aveva ricordato come la procedura utilizzata per il vaccino anti Covid a Scanzi, iscrittosi nelle liste dei riservisti come 'caregiver' in una data in cui "la panchina" non era aperta questa categoria, fosse già sotto esame della Asl per un'attenta ispezione interna. Ora, secondo quanto si apprende, le conclusioni della Asl saranno consegnate alla procura di Arezzo che, al momento, ha aperto un fascicolo a modello 45 per espletare una serie di accertamenti ed eventualmente ipotizzare, qualora vi si profilasse, un possibile reato. La documentazione, si apprende ancora da fonti vicine all'inchiesta, sarà esaminata nei prossimi giorni.

Caregiver? Non poteva vaccinarsi. Un asterisco ora incastra Scanzi. Il piano vaccinale è chiaro: i caregiver vaccinati solo se assistono i disabili. Non basta avere genitori "vulnerabili" per ottenere la dose. Giuseppe De Lorenzo - Gio, 01/04/2021 - su Il Giornale. L’asterisco, piccolo piccolo, si trova nelle Raccomandazioni ad interim sui gruppi target della vaccinazione anti Covid-19. Si tratta del documento con cui il Ministero della Salute ha aggiornato le priorità sulle categorie da vaccinare: dopo sanitari, Rsa e 80enni, spazio alle “elevate fragilità” e ai 70enni. Cosa c’entra tutto questo con Andrea Scanzi? Semplice: quell’asterisco alle Tabelle 3 e 4 demolisce definitivamente - se ancora ce n’era bisogno - la favola del giornalista caregiver dei genitori vulnerabili. Anche fosse davvero la persona che assiste diligentemente gli avi, infatti, Scanzi non avrebbe comunque diritto ad una dose perché non convive con babbo e mamma. Andiamo con ordine. Come noto il 20 marzo l’opinionista del Fatto annuncia urbi et orbi sulla sua pagina Facebook si essersi fatto iniettare AstraZeneca al Centro Affari di Arezzo. Beato lui. La gente si chiede: come diavolo ha fatto un 47enne cronista a trovare una dose? Sul momento lui la spiega così: a fine giornata, quando c’è il rischio di cestinare il vaccino, “si contattano quelle persone che hanno dato la loro disponibilità a essere vaccinati, laddove però facenti parti di determinate categorie”, nel suo caso “il caregiver familiare in quanto figlio unico di genitori facenti parte della categoria dei fragili”. Convinto di aver fatto del bene al Paese, forse inconsapevole - o forse no - della possibile polemica, Scanzi finisce in un putiferio. Ha scavalcato la fila? Per carità, dice lui: ero solo un “panchinaro”, anche se la lista era “solo verbale”, insomma “tu lo dicevi al tuo medico di base che, se ti reputava idoneo, segnalava il tuo nome al responsabile del piano vaccinale”. E così, mentre gli ottantenni devono ancora finire il giro (la Toscana procede al rallentatore) e i 70enni non hanno visto neppure l’ombra di una dose, lui se ne va nella clinica detox col siero in corpo. Che culo. Ma perché il medico di base l’avrebbe reputato “idoneo”? “Essendo figlio unico ed essendo ritenuto dalla Asl caregiver familiare” (aridaje) e “avendo due genitori nella categoria fragili, avrei comunque potuto vaccinarmi”. Chiaro? Tralasceremo qui la presunzione di essere “ringraziato” da “larga parte degli italiani”. Così come lo scontro con Maria Elena Boschi, la sospensione dai programmi e le robe tipo: “Io sono ricco e loro no”, “io sono caruccio e loro no”, “io ce l’ho fatta e loro no”. Lo stesso dicasi per le telefonate al povero responsabile dell’Usl di Arezzo, cui il nostrissimo ha telefonato direttamente (chi di noi non ha il numero del direttore del distretto?). E lasceremo da parte anche il fatto che la categoria di caregiver gli si addice pochino, come lui stesso alla fine ha ammesso (“sono mio padre e mia madre ad essere i caregiver del sottoscritto, non viceversa”). Concentriamoci invece sul fatto che il fustigatore (degli altri) ha pestato una cacca. E che la pezza è stata peggio del buco. Stando a quanto dichiarato dal direttore dell’Usl Evaristo Giglio, infatti, Scanzi gli è stato segnalato come possibile panchinaro dal medico di base giustificando il diritto con le patologie dei genitori. L’Usl ne ha preso atto e, senza verificare oltre, l’ha iscritto a piè di lista. Bene. Magari la forzatura l’ha fatta il medico curante, magari l’Usl ha sbagliato qualcosa, non lo sappiamo. Fatto sta che in base al piano vaccinale italiano - caregiver o meno - Scanzi non avrebbe dovuto avere diritto di accedere alla panchina. A Cartabianca, dopo aver detto che non avrebbe reso nota la cartella clinica dei genitori, Scanzi ha rivelato le patologie di cui sono affetti i suoi cari. Non le ripeteremo, per rispetto della privacy. Però abbiamo controllato: effettivamente babbo e mamma rientrano nella tabella delle “persone estremamente vulnerabili”, diventate con le ultime raccomandazioni la “categoria 1” cui dedicare gli sforzi vaccinali. Il 10 marzo infatti il ministero della Salute ha rivisto le priorità sulle vaccinazioni decidendo di dare la precedenza, nell’ordine, a: 1) elevate fragilità (persone estremamente vulnerabili e disabilità grave); 2) persone di età compresa tra i 70 e i 79 anni; 3) 60enni; 4) persone con comorbidità; 5) resto della popolazione. E i caregiver? Ecco il punto: per buona parte delle patologie che fanno rientrare tra i “vulnerabili”, il Piano (così come la Regione Toscana) prevede l’inoculazione solo ed esclusivamente per il malato. Altre malattie invece permettono di allargare la somministrazione, ma solo “ai conviventi”. L’asterisco si trova su 7 delle 30 patologie totali. Ci sono pure quelle dei genitori di Scanzi? Poco importa. Intanto perché Scanzi non convive più con loro (grazie a Dio). Secondo perché il caregiver in questa tabella non è proprio nominato. Appare solo poco più sotto, alla tabella 4, in cui si indicano le disabilità gravi (fisica, sensoriale, intellettiva e psichica): solo in questi casi, definiti ai sensi della legge 104/1992, occorre “vaccinare familiari conviventi e caregiver che forniscono assistenza continuativa in forma gratuita o a contratto”. Stando a quanto da lui detto a Cartabianca e scritto sui post, non pare i suoi genitori rientrino in questa categoria. E comunque visti i tanti impegni non sembra che lui fornisca assistenza "continuativa".

Ps: Scanzi poteva iscriversi alla panchina senza rientrare nella categoria di convivente o caregiver? No. Lo spiega una nota dell'Usl Toscana Sud Est consegnata al Riformista (leggi qui) e anche il portale della Regione: "Per iscriversi è necessario entrare sul portale di prenotazione nella categoria di appartenenza". Se non sei convivente di un "vulnerabile" o caregiver di un disabile non puoi farlo.

In Toscana è bufera sui vaccini. E ora il caso finisce in procura. Marco Curcio, consigliere comunale della Lega di Prato, ha fatto un esposto per far luce sulle 80mila dosi di vaccino "fantasma" al personale sanitario. Francesca Galici - Gio, 01/04/2021 - su Il Giornale. La campagna vaccinale in Toscana è nel caos. Dopo il caso di Andrea Scanzi e il servizio di Piazzapulita sulle vaccinazioni al personale del settore giudiziario, compresi i praticanti che per la maggior parte non raggiungono i 30 anni di età, e il ritardo sulle vaccinazioni agli over 80, potrebbe aggiungersi un'altra grana per l'amministrazione di Eugenio Giani. Il consigliere comunale di Prato in quota Lega, Marco Curcio, ha presentato un esposto presso la procura della Repubblica di Prato per fare luce sulle vaccinazioni al personale sanitario della regione, dopo la diffusione dei dati della campagna vaccinale. La questione dei "vaccini fantasma" per quanto riguarda il personale socio-sanitario è stata aperta da qualche giorno alla luce dei numeri che non corrisponderebbero. Come spiega Marco Curcio, infatti, dati Istat alla mano sono poco più di 70mila gli impiegati inquadrati come personale socio-sanitario. Eppure nei dati delle vaccinazioni risultano somministrate più di 230mila dosi a soggetti appartenenti a queste categorie. "Serve fare luce su una questione che riguarda oltre 80mila dosi di vaccino che non si sa perché sono andati ad alcuni cittadini e non invece a persone veramente fragili, come ad esempio agli over-80 per i quali la Toscana arranca nelle ultime posizioni in Italia", ha detto il leghista. Per il consigliere di Prato, i numeri in eccesso potrebbero riferirsi al personale amministrativo, "quindi non a contatto con i pazienti". Se così fosse, "si tratterebbe di assumersi la responsabilità di questa scelta che non ha messo i più fragili davanti a tutti". Marco Curcio, quindi, si rivolge al governatore della Regione Toscana: "Non si tratta di accusare qualcuno in particolare, ma nessuno meglio del presidente della Regione, Eugenio Giani, potrebbe dare una risposta ai cittadini toscani che stanno ancora aspettando". Proprio per questa ragione, il consigliere ha deciso di agire per fare luce: "Siccome a presentare interrogazioni e altri atti in Comune spesso rispondono che i dati non sono in loro possesso, che la competenza non è comunale e così via, vorrà dire che sarà la Procura a fare luce su questa vicenda". Il consigliere si è presentato nella locale caserma dei Carabinieri, "per illustrare i fatti di cui siamo stati informati a mezzo stampa senza alcuna contro-risposta della Regione". "Le persone anziane, o i fragilissimi, o i malati che stanno ancora aspettando hanno diritto di sapere non solo quando sarà il loro turno, ma anche perché qualcuno gli sarebbe passato avanti e perché questo sarebbe stato consentito da una scelta politica della Regione", ha concluso Marco Curcio.

Rai: caso Scanzi, attivato il Comitato per il Codice etico. (ANSA il 30 marzo 2021) La Rai - a quanto si apprende - ha attivato il Comitato per il Codice Etico per valutare il caso di Andrea Scanzi, dopo le polemiche sulla somministrazione del vaccino al giornalista del Fatto quotidiano, opinionista di Cartabianca su Rai3, che ha raccontato sui social di aver ricevuto una dose di Astrazeneca ad Arezzo come "riservista" e in qualità di "caregiver" familiare dei suoi genitori. Intanto la procura di Arezzo - che ha aperto un fascicolo conoscitivo, senza ipotesi di reato - ricevera' nelle prossime ore dalla Asl Toscana Sud Est i risultati di un'ispezione interna sulla vicenda.

(Adnkronos il 30 marzo 2021) - L'avvicinarsi del weekend di Pasqua, con l'Italia in zona rossa, gli spostamenti consentiti solo all'estero, i vaccini: saranno questi alcuni delgi argomenti della puntata di stasera di #cartabianca, in onda alle 21.20 su Rai3. Ospiti di Bianca Berlinguer Pier Luigi Bersani, Articolo uno, Massimo Galli, direttore Malattie infettive Ospedale Sacco di Milano, Matteo Bassetti, direttore Clinica Malattie infettive Ospedale San Martino di Genova, Simona Ventura, Paolo Mieli, giornalista e scrittore, Andrea Scanzi, Il Fatto Quotidiano, Maurizio Belpietro, direttore La Verità e Panorama, Roberta Villa, giornalista scientifica, Federico Rampini, La Repubblica, Silvia Avallone, scrittrice, Michele Mirabella, conduttore di Elisir, Mara Maionchi ed Enrico Lucci.

(Adnkronos il 30 marzo 2021) - La Asl Toscana Sud Est, tramite il direttore generale Antonio D'Urso, consegnerà nelle prossime ore alla procura di Arezzo i risultati dell'ispezione interna relativa alla vicenda del vaccino AstraZeneca somministrato al giornalista aretino Andrea Scanzi, avvenuta nel pomeriggio del 19 marzo all'hub vaccinale allestito al Centro Affari e Fiere di Arezzo. Il 22 marzo il procuratore Roberto Rossi ha aperto un fascicolo a modello 45, quindi senza indagati e senza ipotesi di reato, per poter espletare una serie di accertamenti sul caso Scanzi. Gli ultimi passi della verifica interna all'operato dell'azienda sanitaria hanno riguardato il ruolo di Scanzi come carigiver, ovvero come assistente designato della madre malata e bisognosa di cure in base alla legge 104. Intanto, il direttore dell'Asl Toscana sud est, Antonio D'Urso, intervistato per la trasmissione 'Non è l'Arena' su La 7, ha ricordato come la procedura utilizzata per il vaccino anti Covid a Scanzi, iscrittosi nelle liste dei riservisti come caregiver in una data in cui "la panchina" non era aperta per quella categoria, fosse già sotto esame della Asl per un'attenta ispezione interna.

Il direttore del Corriere fulmina Andrea Scanzi. Fontana lo stende con due parole. Da iltempo.it il 30 marzo 2021. Sempre più indifendibile. Nessuno è più dalla parte di Andrea Scanzi, il giornalista del Fatto quotidiano che è riuscito a ricevere i vaccino anti-Covid come "riservista" in una lista non ufficiale - lo sarebbe stato dopo qualche giorno - in Toscana affermando tra l'altro di averne diritto in quanto caregiver dei genitori. A fulminare il giornalista e opinionista tv arriva un pezzo da novanta del giornalismo made in Italy, ovvero il direttore del Corriere della Sera Luciano Fontana. "Cosa penso del 'caso Scanzi'? Non ho parole. Uno, per aver cercato di farlo; due per averlo usato come una sorta di arma mediatica da pubblicizzare". Due schioppettate da via Solferino sono quelle pronunciate da Fontana a Un giorno da pecora, il programma di Radio 1 Rai condotto da Geppi Cucciari e Giorgio Lauro oggi lunedì 29 marzo. Ma cosa ha sbagliato Scanzi? "È una cosa che non fa bene alla professione” commenta Fontana. Scanzi però sostiene di essersi iscritto ad una sorta di lista di 'panchinari', precisano i conduttori. “Non lo so, questa panchina non la conosco. Non so come si fa e la stragrande maggioranza delle persone non lo sanno. Comunque era una panchina un po' strana, fatta su un foglio... lasciamo stare”.  Il direttore del Corriere stende così un velo pietoso. Poi Fontana ha rivelato di esser stato querelato da Matteo Renzi. Più precisamente "per un'inchiesta sulla fondazione Open, mi è arrivata a casa una richiesta di risarcimento danni di 200mila euro. Aspettiamo la causa, speriamo bene, io sono abbastanza sicuro di quanto abbiamo scritto, non ho molto da temere. Renzi però ha querelato a raffica”. Cosa intende dire? “Un giorno mi ha chiamato e gli ho detto che mi era appena arrivata la querela. E lui mi ha risposto: 'l'ho mandata anche a te? Evidentemente ne aveva fatte a tanti altri su quella inchiesta che non si ricordava”, ha spiegato il direttore a Un Giorno da Pecora.

Il Fatto garantista con Scanzi. La goffa difesa di Travaglio: "Ha solo parlato troppo". Francesco Maria Del Vigo - Mer, 31/03/2021 - su Il Giornale. Alla fine, dopo giorni e giorni di polemiche su tutti i quotidiani nazionali, i siti web, i social, le tv, le radio e qualunque mezzo di comunicazione possibile, anche il Fatto Quotidiano si è occupato di Andrea Scanzi nel suo ultimo ruolo di «panchinaro del vaccino». In realtà, indirettamente, il quotidiano di Travaglio se ne era già occupato. Ma senza fare nome e cognome. Perfidia massima. Perché, nel caso di Scanzi non è un favore, ma la maggior violenza che gli si possa infliggere. Cinzia Monteverdi, ad della società editrice del quotidiano, lo scorso 26 marzo aveva infatti firmato un lungo articolo nel quale denunciava il malfunzionamento delle vaccinazioni in Toscana: sua madre, ottantenne e disabile, senza siero mentre giovani quarantenni lo avevano già ricevuto. Non serviva un raffinato investigatore per capire a chi fosse indirizzata la pubblica reprimenda. Ieri si è mosso direttamente Travaglio, rispondendo alla mail di un lettore infastidito dal presunto scippo di vaccino. Il direttore del Fatto, facendo un insolito sforzo di garantismo, difende (stancamente) Scanzi. Certo, lui non lo avrebbe mai fatto, ma in fondo il giornalista - sostiene Travaglio - ha rispettato le famose linee guida di Figliuolo. Opinabile, ma se ne occuperà la Asl che sta indagando sul caso. Nel frattempo, dopo essere stato oscurato da La7 ora il giornalista è sotto la lente della Rai che ha attivato la Commissione per il codice etico. Ma per Travaglio è tutto normale: «Semmai Andrea ha poi esagerato con la profluvie di parole usate per difendersi sui social e in tv, arrivando a dire che tutti dovrebbero ringraziarlo come testimonial anti No Vax e che era il caregiver dei genitori. Ma non ha saltato alcuna fila e non rubato alcuna fiala. Insomma troppo rumore per troppo poco, anche se a quel rumore a contribuito anche lui». Quindi, per il neo garantista Travaglio, sbandierare ai quattro venti una scusa traballante (Scanzi si è autoproclamato caregiver dei genitori, non lo ha mai dimostrato) è un peccato veniale, aver tempestato di telefonate il suo medico e pure il direttore della Asl di Arezzo pietendo un vaccino prima degli altri è tollerabile, perché «Scanzi è un ipocondriaco terrorizzato dal Covid» e l'unica colpa del povero Andrea è «aver parlato troppo». Che, in sostanza, significa aver parlato: perché è stato il giornalista stesso, raggiungendo l'acme della tronfiaggine, ad aver raccontato in mondovisione la sua furbata. La morale è semplicissima: hai fatto un gran casino, almeno potevi stare zitto. Travaglio consiglia a Scanzi l'omertà. Il cortocircuito è perfetto.

La polemica sul vaccino. Per Travaglio e Gomez Scanzi non ha violato la legge, Anzaldi: “E allora perché la procura ha aperto un fascicolo?” Luigi Ragno su Il Riformista il 30 Marzo 2021. Non si placa la polemica sul vaccino di Andrea Scanzi. Il giornalista del Fatto Quotidiano, infatti, è stato criticato da Peter Gomez, mentre è stato difeso da Marco Travaglio. Se Gomez in una intervista a MowMag.it ha detto che “Ci sono cose che la legge consente di fare e Andrea mi pare abbia seguito la legge, fino a prova contraria, ma non per forza sei tenuto a farle“. Travaglio si è lanciato a spada tratta a difesa del suo editorialista con un post su Facebook: “Scanzi non ha saltato file né rubato fiale: ha solo parlato troppo“. Entrambi, partendo da punti di vista differenti, dicono che Scanzi non ha fatto nulla di illecito. E allora, si chiede il deputato di Italia Viva Michele Anzaldi, se era consentito dalla legge “perché la procura di Arezzo ha aperto un fascicolo? Evidentemente non è vero che la legge glielo permette…“. Inoltre Anzaldi sottolinea che “Se anche fosse consentito dalla legge, cosa vuol dire? Ad esempio anche per i furbetti dell’Inps la legge prevedeva che potevano richiedere il bonus, ma sono stati giustamente criticati dall’opinione pubblica e principalmente dal Fatto Quotidiano. Ed era una cosa stra-legale. Come mai ora il Fatto Quotidiano con Travaglio giustifica Scanzi?“. Anzaldi conclude: “La vera emergenza è tutelare le fasce deboli, cioè gli anziani e quindi i genitori di Scanzi, non Scanzi stesso“.

Caro Anzaldi, si è garantisti anche con i “nemici” come Scanzi. La campagna dei renziani è andata in porto: Andrea Scanzi è stato cancellato da tutte trasmissioni tv del "regno". Ma non si è garantisti a giorni alterni. Daniele Zaccaria su Il Dubbio il 31 marzo 2021. E così Andrea Scanzi è stato cancellato da tutti gli schermi del regno. Dopo La7 anche Rai3 ha infatti sospeso la collaborazione con il giornalista che avrebbe “saltato la fila” per ottenere di straforo la sua dose di vaccino AtraZeneca. Sarà contento Michele Anzaldi che fino a ieri invocava purghe e provvedimenti esemplari nei confronti del reprobo. E sarà contenta Maria Elena Boschi che si chiedeva indignata come mai gli italiani «dovrebbero pagare il canone per ascoltare un bugiardo come Scanzi?». Un bel capovolgimento, non c’è che dire: i renziani sul pulpito giustizialista e i nipotini di Marco Travaglio travolti dalla pubblica gogna. Fa impressione constatare con quanta naturalezza e con quanto zelo gli animatori di Italia Viva siano passati dal banco degli imputati a quello dell’accusa. Pensate alle parole dell’ex ministra Boschi che per anni ha subito le contumelie, l’ironia da caserma e le allusioni sessiste del Fatto Quotidiano e che ora si ritrova a scimmiottare gli stessi cliché populisti. E fanno ancora più impressione le frasi del segretario della Commissione di viglilanza Anzaldi, per il quale Scanzi non soltanto ha violato il codice etico della Rai ma ha senza dubbio infranto la legge «altrimenti la procura di Arezzo non avrebbe aperto un fascicolo » (sic). Ma non erano gli stessi Boschi e Anzaldi che, quando i grillini e i loro organi di informazione randellavano Matteo Renzi per l’inchiesta Consip o per le vicende giudiziarie del padre Tiziano, parlavano scandalizzati di presunzione di innocenza?Questa grottesca vicenda è rivelatrice della doppia morale e del garantismo straccione che alberga nella nostra vita politica. Basta un colpo di vento e ti ritrovi dall’altra parte della barricata a bullizzare il nemico. Proprio come farebbe uno Scanzi qualunque.

Salviamo il soldato Scanzi dai linciaggi alla…Scanzi. Daniele Zaccaria su Il Dubbio il 30 marzo 2021. Così l’influencer Andrea Scanzi avrebbe “saltato la fila”, aggiudicandosi la sua bella dose di vaccino AstraZenaca alla Asl di Arezzo. Lo ha fatto prima di altre persone che ne avevano diritto, dichiarandosi caregiver dei familiari anziani e vulnerabili. Una “paraculata”, come si dice sulle sponde del Tevere, che però ha scatenato un linciaggio mediatico ai limiti del ridicolo. La trasmissione Non è l’Arena dell’aspirante pm Massimo Giletti gli ha addirittura consacrato un’inchiesta giornalistica poche ore dopo che La7 aveva annunciato la sospensione della sua collaborazione. Incalzato da Giletti, il deputato di Italia Viva e segretario della commissione di Vigilanza Rai Michele Anzaldi chiede che Scanzi venga cacciato anche dalla tv pubblica per indegnità. Sulla vicenda si stia muovendo anche la procura di Arezzo che ha aperto un fascicolo. Chissà per scoprire quali misteriosi risvolti. Sembra davvero un Paese di esaltati, una comunità che ha smarrito il senso della misura e che annega ogni opinione nel giustizialismo mitomane, un Paese in cui l’umore dei social detta l’agenda quotidiana dell’indignazione. E che adora sbattere nella polvere coloro che fino al giorno precedente esaltava come eroi. Scanzi, per impiegare il suo stesso petulante lessico, ha fatto il “furbetto”, proprio come fanno milioni di italiani che ogni giorno “saltano la fila”, perché se “uno vale uno” non si vede per quale motivo i vip di ogni risma dovrebbero comportarsi diversamente dal cittadino x. E per la prima volta si è ritrovato dall’altra parte della barricata subendo le valanghe di fango populista che normalmente, lui e il suo giornale da oltre un decennio riservano ai nemici politici. Persino il suo maestro e direttore Marco Travaglio lo ha difeso con la freddezza di una serpe, spiegando che “Andrea è un ipocondriaco terrorizzato dal Covid”, ma sottolineando poi che lui un gesto così inopportuno non lo avrebbe “mai fatto”. Auguriamo al buon Scanzi di tornare presto sugli schermi de La7 e di continuare le sue ospitate in Rai. Con un suggerimento: si preoccupi meno degli avversari e faccia più attenzione alle coltellate degli amici.

Andrea Minuz per “il Foglio” il 4 aprile 2021. Non ci piacciono i suoi pamphlet. Le copertine grossolane, troppo colorate, gli orrendi acronimi nel titolo: “Salvimaio”, “Renzusconi”. Peggio che “apericena”. Non ci piacciono i suoi articoli, i suoi editoriali, le sue dirette social, i collegamenti a “Otto e mezzo”, immortalato tra Mark Knopfler e Clint Eastwood, davanti al pannellone del Fatto Quotidiano. Non ci piacciono i suoi spettacoli teatrali tratti dai suoi libri, con Scanzi in penombra e in calzamaglia, lo sguardo ispirato e il microfono ad archetto. Di Scanzi, non ci piace quasi nulla. Soprattutto non ci piace e non ci è mai piaciuto il “Metodo Scanzi”. La denuncia facile, il fango gratuito, il moralismo becero, una visione della politica da rappresentate d’istituto col “chiodo” e la kefiah. Ma la “cancel culture” applicata a Scanzi, come fosse un Mozart o uno Shakespeare qualsiasi bandito dalle Università, non ci va proprio giù. Scanzi sospeso dalla tv italiana, in via del tutto precauzionale e temporanea, in attesa dei pronunciamenti dell’Ema, del Comitato per il Codice Etico della Rai (ma che cos’è?), della Asl Toscana Sud Est, del Tar del Lazio, della Procura di Arezzo e probabilmente di quella di Trani non è certo un bello spettacolo. Non c’è neanche motivo di scomodare il “garantismo”. Sarebbe bastato ospitarlo la volta scorsa con un minimo di contraddittorio, anziché mandarlo in onda in un monologo senza interruzioni, per poi cancellarlo nella puntata successiva, come hanno fatto a “CartaBianca”. Sarebbe bastato percularlo a dovere in quell’occasione. Mettersi a ridere di fronte quell’autodifesa scellerata e allo stesso tempo meravigliosa. Dargli una pacca sulla spalla. Ora ci toccano invece pure le “inchieste” di Giletti e gli editoriali complottisti sull’opinionista scomodo, al centro di un “Arezzogate” e un regolamento di conti tutto toscano. Che Scanzi torni subito in tv, quindi. Che sia da esempio e dia testimonianza, nel gran teatro dei talk-show, dello scarto tra Paese Reale e Paese Legale. Che si faccia difendere da Travaglio, che spiega come Scanzi sia stato vittima della sua ipocondria, e gli ipocondriaci, si sa, sono capaci di tutto. Anche di scrivere “ho le chat private che comprovano ogni cosa che dico”.  D’altro canto, considerate voi se questo è un “caregiver”. Che lavora nel Fatto. Che non conosce pace, che lotta per mezzo like ogni giorno sui social. Che si autoproclama testimonial per AstraZeneca e AstraZeneca cambia subito nome. Che si immola per la Patria nell’ora più buia e la Patria in tutta risposta gli scatena contro le Asl, le procure e il Comitato Etico della Rai, qualunque cosa esso sia. No, non può essere. Scanzi ce lo meritiamo eccome. E ce lo teniamo così.

Roberto Vivaldelli per ilgiornale.it il 31 marzo 2021. Niente Cartabianca per Andrea Scanzi. Il giornalista ed opinionista del Fatto Quotidiano, nonostante la sua presenza fosse stata confermata nel pomeriggio, non ha partecipato questa sera al programma di Rai3 condotto da Bianca Berlinguer: sulla vicenda della vaccinazione di Scanzi, infatti, è stata attivata la Commissione per il Codice Etico della Rai che in queste ore sta valutando se decidere sull'eventuale sospensione del suo contratto con il programma della terza rete. Il giornalista, al centro delle polemiche, aveva raccontato sui social di aver ricevuto una dose di Astrazeneca ad Arezzo come riservista e in qualità di caregiver familiare dei suoi genitori.  "Permettetimi una precisazione - ha affermato Bianca Berlinguer, che questa sera ha condotto il programma da casa, dove si trova in isolamento -. A questo talk di Cartabianca avrebbe dovuto partecipare anche Andrea Scanzi, invitato da me in trasmissione e al centro di molte polemiche perché accusato di aver saltato la fila per il vaccino che ha ottenuto con il via libera e l'autorizzazione Asl di riferimento. Lo avevo invitato anche in questa puntata di Cartabianca ma qualche ora fa ho appreso dalle agenzie, qui in isolamento, che la Rai avrebbe investito il Comitato etico di questa scelta, se Scanzi avesse dovuto essere confermato o meno a Cartabianca. A questo punto, per mia responsabilità, per una scelta mia, ho deciso di sospendere la sua partecipazione e ne ho parlato anche con lui, ma io spero di riaverlo con noi presto". Nel frattempo, il "caso Scanzi" continua a far discutere. Secondo il deputato di Italia Viva e segretario della commissione di Vigilanza Rai, Michele Anzaldi, la decisione del Comitato etico della Rai è tardiva: "Dopo oltre 10 giorni dall'emergere del caso vaccino di Scanzi, l'apertura di un fascicolo in Procura, le verifiche della Asl, le inchieste di Non è l'arena e Il Tirreno che hanno smontato la versione data dal giornalista, le critiche trasversali arrivate da giornalisti come il direttore del Corriere Fontana e il direttore del sito del Fatto Gomez, insomma dopo tutto questo alla fine anche la Rai batte un colpo e annuncia l'attivazione del Comitato per il Codice Etico per decidere sul contratto che il giornalista ha con Cartabianca come opinionista a pagamento" sottolinea Anzaldi. "Un'attivazione davvero tardiva - incalza -che ho chiesto più di una settimana fa e che poteva essere effettuata prima di proporre Scanzi saltafila addirittura come modello in prima serata su Rai3, a Cartabianca". "Ora il Comitato Etico - prosegue Anzaldi -si riunisca subito e decida rapidamente, il danno di immagine che il servizio pubblico sta subendo da questa vicenda è gravissimo. Intanto, per rispetto del buonsenso e anche del lavoro del Comitato stesso, tutte le ospitate di Scanzi vengano immediatamente sospese".

Da leggo.it il 31 marzo 2021. Il caso Andrea Scanzi va avanti e si arricchisce anche di un botta e risposta tra Michele Anzaldi, deputato di Italia Viva e segretario della commissione di Vigilanza Rai, e il papà del giornalista Luciano Scanzi, conosciuto su Facebook col nome di "Orso Grigio". La vicenda è relativa al vaccino Astrazeneca somministrato al giornalista aretino iscritto a una presunta lista di "riservisti" che ha assunto ulteriore rilievo dopo la trasmissione "Non è L'Arena" condotta su La 7 da Massimo Giletti in cui è stato intervistato il direttore generale della Asl Toscana Se, Antonio D'Urso. «Grazie a indiscrezioni raccolte dalle agenzie di stampa abbiamo appreso che la Rai, dopo giorni di silenzio, sta effettuando approfondimenti sul caso Scanzi. Quanto durano? I cittadini che pagano il canone quanto devono ancora aspettare prima di veder rispettato il Codice Etico?». Sotto a questo post pubblicato da Michele Anzaldi sono arrivate le risposte polemiche del papà di Andrea Scanzi. «E dimmi, di quale codice etico parli, lo stesso di Renzi?», commenta Luciano Scanzi che poi insiste e aggiunge: «Davvero non hai di meglio da scrivere che la stessa cosa da una settimana, peraltro con un seguito in linea col partito che rappresenti?».

Da video.corriere.it il 31 marzo 2021. «Avevo invitato Andrea Scanzi in trasmissione. Come sapete, è finito al centro delle polemiche per aver ricevuto il vaccino saltando la fila, era una sua richiesta accolta dalla Asl di riferimento. Lo avevo invitato anche in questa puntata, è stato tutto l’anno con noi. Ma stando in isolamento, ho appreso che la Rai - non ne sapevo nulla - avrebbe investito il Comitato etico della scelta di vedere se poteva essere confermato o no nella trasmissione. Per mia responsabilità, per mia scelta, ho deciso di sospendere la sua partecipazione a questa puntata, ne ho parlato anche con lui. Ma spero di riaverlo con noi presto a Cartabianca»: così Berlinguer in diretta su Rai Tre. Il giornalista, lo scorso 19 marzo, si era recato all’hub vaccinale allestito al Centro Affari e Fiere di Arezzo, facendosi vaccinare con una dose AstraZeneca presentandosi come `riservista´ e in qualità di `caregiver´ familiare , prima di molte altre persone che ne avevano diritto. Da qui sono scaturite numerose polemiche.

Dagonews il 31 marzo 2021. Come mai la Rai ha impiegato così tanto tempo per sospendere il contratto di Andrea Scanzi dopo le infuocate polemiche sulla sua vaccinazione "anticipata"? Perché Raitre, dove il "caregiver di se stesso" pascola in zona "Cartabianca", è presidiata dal direttore para-grillino Franco Di Mare. Ma allora perché si è scomodato persino il misterioso e impalpabile "Comitato etico"? Perché qualcuno nel Pd, molto vicino a Enrico Letta, ha fatto presente a Di Mare che il comportamento di Scanzi, cordialmente detestato al Nazareno, è stato "inqualificabile". E' il remake, a parti politiche inverse, di quel che accadde con Mauro Corona dopo l'insulto ("Stai zitta, gallina!") rivolto a Bianca Berlinguer. Lo scrittore-montanaro fu sospeso dopo che una furibonda esponente apicale del Movimento Cinquestelle prese per le recchie Di Mare e lo sgrullo' da capo a piedi chiedendo la testa di Corona. E Bianca Berlinguer? Subisce e patisce. Ma da perfetta zarina quale è stata, si agita e smania, rivelando la mai sopita ambizione di spadroneggiare in casa sua (come ai tempi del Tg3). Per non fare la figura di palta di quella che tace e incassa, ha fatto credere ai telespettatori che ci fosse il suo zampino dietro lo stop a Scanzi ("Ho deciso di sospendere la sua partecipazione a 'Cartabianca'"). A proposito di Rai: che idee ha Enrico Letta per la tv pubblica? Non ha ancora preso il mano il dossier ma è molto convinto della necessità di valorizzare gli "interni" (come Andreatta e Del Brocco). per i ruoli di vertice.

Andrea Scanzi, bomba di Dagospia: "Chi ha spinto per cacciarlo da Rai e CartaBianca". Il nome: ferocissima vendetta politica? Libero Quotidiano il 31 marzo 2021. “Come mai la Rai ha impiegato così tanto tempo per sospendere il contratto di Andrea Scanzi dopo le infuocate polemiche sulla vaccinazione "anticipata"?”. Se lo chiede Dagospia, che si risponde anche da solo alla marzulliana maniera. “Perché Rai 3, dove il "caregiver di se stesso" pascola in zona Cartabianca, è presidiata dal direttore para-grillino Franco Di Mare”. Non a caso il giornalista del Fatto Quotidiano è stato un ospite fisso di Bianca Berlinguer per tutto l’anno, almeno fino a quando non è intervenuto il Comitato etico della Rai. Il quale in realtà ancora non aveva deciso se Scanzi poteva essere confermato o no nella trasmissione. A giocare d’anticipo è stata proprio la Berlinguer: “Per mia responsabilità, per mia scelta, ho deciso di sospendere la sua partecipazione a questa puntata, ne ho parlato anche con lui. Ma spero di riaverlo con noi presto”. Sempre secondo Dagospia il Comitato etico si è scomodato perché “qualcuno nel Pd, molto vicino a Enrico Letta, ha fatto presente a Di Mare che il comportamento di Scanzi, cordialmente detestato al Nazareno, è stato ‘inqualificabile’”. In pratica si tratterebbe del remake, a parti politiche inverse, di quel che è accaduto con Mauro Corona dopo l’insulto rivolto alla Berlinguer (“Stai zitta, gallina”): “Lo scrittore-montanaro - si legge su Dagospia - fu sospeso dopo che una furibonda esponente apicale del Movimento Cinquestelle prese per le recchie Di Mare e lo grullo da capo a piedi chiedendo la testa di Corona”. 

Andrea Scanzi, la peculiare difesa di Marco Travaglio: "Il vaccino? Ipocondriaco e terrorizzato. Ma ha sbagliato a parlare troppo". Libero Quotidiano il 31 marzo 2021. A correre in soccorso di Andrea Scanzi, silurato ormai da tutti i programmi televisivi, Marco Travaglio. Il Fatto Quotidiano dopo settimane di bufera si è deciso a parlare del giornalista che scrive proprio per le sue stesse colonne. Nonché l'uomo che indisturbato - fino a poco fa - si è fatto somministrare una dose di vaccino contro il Covid senza averne i requisiti. Questa è la cronaca raccontata dalla Asl di Arezzo, perché quella raccontata dal direttore del Fatto Quotidiano è ben diversa. "Semmai Andrea ha poi esagerato con la profluvie di parole usate per difendersi sui social e in tv, arrivando a dire che tutti dovrebbero ringraziarlo come testimonial anti No Vax e che era il caregiver dei genitori. Ma non ha saltato alcuna fila e non rubato alcuna fiala. Insomma troppo rumore per troppo poco, anche se a quel rumore a contribuito anche lui". è il commento di Travaglio che dimentica le linee guida imposte dal governo e ribadite dall'azienda sanitaria locale della Toscana Sud Est. "La panchina vaccinale è riservata alle persone che già adesso possono vaccinarsi con AstraZeneca - si legge nella nota firmata dal direttore Evaristo Giglio -. E cioè: personale docente e non docente; forze dell’ordine e forze armate; persone nate tra il 1941 ( che non abbiano ancora compiuto 80 anni) e il 1950; conviventi e caregivers delle persone estremamente vulnerabili individuate dal Piano Nazionale Vaccini del 10 Marzo 2021". Una "scusa traballante" la definisce il Giornale che su Travaglio non ci va per il leggero: "È un peccato veniale, aver tempestato di telefonate il suo medico e pure il direttore della Asl di Arezzo pietendo un vaccino prima degli altri è tollerabile, perché 'Scanzi è un ipocondriaco terrorizzato dal Covid' e l'unica colpa del povero Andrea è 'aver parlato troppo'". Il tutto si racchiude per il quotidiano di Sallusti in un semplice consiglio che Travaglio avrebbe dato al suo figliol prodigo: "Hai fatto un gran casino, almeno potevi stare zitto. Travaglio consiglia a Scanzi l'omertà. Il cortocircuito è perfetto". 

Dal "Fatto quotidiano" il 31 marzo 2021. Il Comitato Etico della Rai "valuta una sospensione" per Andrea Scanzi su Rai3. Con tutto quel che si vede in tv, la vera notizia è che la Rai ha un Comitato Etico.

Francesco Maria Del Vigo per "il Giornale" il 31 marzo 2021. Alla fine, dopo giorni e giorni di polemiche su tutti i quotidiani nazionali, i siti web, i social, le tv, le radio e qualunque mezzo di comunicazione possibile, anche il Fatto Quotidiano si è occupato di Andrea Scanzi nel suo ultimo ruolo di «panchinaro del vaccino». In realtà, indirettamente, il quotidiano di Travaglio se ne era già occupato. Ma senza fare nome e cognome. Perfidia massima. Perché, nel caso di Scanzi non è un favore, ma la maggior violenza che gli si possa infliggere. Cinzia Monteverdi, ad della società editrice del quotidiano, lo scorso 26 marzo aveva infatti firmato un lungo articolo nel quale denunciava il malfunzionamento delle vaccinazioni in Toscana: sua madre, ottantenne e disabile, senza siero mentre giovani quarantenni lo avevano già ricevuto. Non serviva un raffinato investigatore per capire a chi fosse indirizzata la pubblica reprimenda. Ieri si è mosso direttamente Travaglio, rispondendo alla mail di un lettore infastidito dal presunto scippo di vaccino. Il direttore del Fatto, facendo un insolito sforzo di garantismo, difende (stancamente) Scanzi. Certo, lui non lo avrebbe mai fatto, ma in fondo il giornalista - sostiene Travaglio - ha rispettato le famose linee guida di Figliuolo. Opinabile, ma se ne occuperà la Asl che sta indagando sul caso. Nel frattempo, dopo essere stato oscurato da La7 ora il giornalista è sotto la lente della Rai che ha attivato la Commissione per il codice etico. Ma per Travaglio è tutto normale: «Semmai Andrea ha poi esagerato con la profluvie di parole usate per difendersi sui social e in tv, arrivando a dire che tutti dovrebbero ringraziarlo come testimonial anti No Vax e che era il caregiver dei genitori. Ma non ha saltato alcuna fila e non rubato alcuna fiala. Insomma troppo rumore per troppo poco, anche se a quel rumore a contribuito anche lui». Quindi, per il neo garantista Travaglio, sbandierare ai quattro venti una scusa traballante (Scanzi si è autoproclamato caregiver dei genitori, non lo ha mai dimostrato) è un peccato veniale, aver tempestato di telefonate il suo medico e pure il direttore della Asl di Arezzo pietendo un vaccino prima degli altri è tollerabile, perché «Scanzi è un ipocondriaco terrorizzato dal Covid» e l'unica colpa del povero Andrea è «aver parlato troppo». Che, in sostanza, significa aver parlato: perché è stato il giornalista stesso, raggiungendo l'acme della tronfiaggine, ad aver raccontato in mondovisione la sua furbata. La morale è semplicissima: hai fatto un gran casino, almeno potevi stare zitto. Travaglio consiglia a Scanzi l'omertà. Il cortocircuito è perfetto.

Da "la Verità"  l'1 aprile 2021. Dopo la decisione di sospendere Andrea Scanzi dalla puntata di martedì sera di Cartabianca, la conduttrice Bianca Berlinguer ha spiegato durante la trasmissione: «Come sapete è finito al centro delle polemiche per aver ricevuto il vaccino saltando la fila; era una sua richiesta accolta dalla Asl di riferimento. Lo avevo invitato anche in questa puntata, è stato tutto l'anno con noi. Ma stando in isolamento (per un contatto con un positivo, tanto che la trasmissione è andata in onda dalla sua casa, ndr), ho appreso che la Rai, e io non ne sapevo nulla, avrebbe investito il comitato etico della scelta di vedere se poteva essere confermato o no nella trasmissione. Per mia responsabilità, per mia scelta, ho deciso di sospendere la sua partecipazione a questa puntata, ne ho parlato anche con lui. Ma spero di riaverlo con noi presto a Cartabianca». Sulla vicenda del vaccino a Scanzi in qualità di riservista e di cargiver dei suoi genitori, la Procura di Arezzo ha aperto un fascicolo. Sempre sul fronte delle vaccinazioni in Toscana, ieri il governatore Eugenio Giani riguardo ai pazienti fragili ha detto: «Attendiamo l'arrivo dei vaccini Moderna». «Se le persone non hanno ricevuto dalla Asl le telefonate è solo perché ancora siamo incerti sull'arrivo di Moderna, perché doveva arrivare stasera, ma allo stato attuale non ci sono notizie certe». Giani è al centro delle polemiche proprio perché tre dosi di Moderna su quattro sarebbero andate a «operatori non sanitari»: se impiegate in altro modo avrebbero potuto aumentare le coperture delle categorie a rischio.

Aldo Torchiaro per ilriformista.it il 2 aprile 2021. Camera e Senato hanno pubblicato i bandi: da oggi chiunque può far pervenire la propria candidatura per entrare nel Cda Rai. Ma uno non vale uno, a viale Mazzini. Soprattutto tra ospiti e opinionisti ce ne sono alcuni che hanno avuto più spazi di altri, nelle trasmissioni. E giornalisti che hanno ricevuto una regolare rendita da gettone, prelevati direttamente dal canone pagato dai telespettatori per favorire qualcuno in particolare. Il caso è emerso in corrispondenza del contestato vaccino di Andrea Scanzi: il volto più caro ad alcune trasmissioni è stato sospeso, e con questa sospensione decade il beneficio economico sulla cui entità si cerca adesso di fare luce. «Ho chiesto conto alla Rai delle decisioni sul contratto con l’opinionista a pagamento Andrea Scanzi», ci dice il deputato di Iv, Michele Anzaldi. La legge sulla trasparenza vale per tutti ma si infrange sugli scogli di viale Mazzini, da dove il porto delle nebbie impedisce di conoscere l’ammontare degli emolumenti. Del caso è stato investito il Comitato Etico del servizio pubblico. Le promozioni-lampo e le improvvise svolte di carriera di questo finale di partita impongono una presa di posizione forte del Governo, che in queste ore ha attivato un tavolo di crisi vero e proprio, coordinato dal capo di Gabinetto di Draghi, Antonio Funiciello. Le accuse sono gravi. Anzaldi ha presentato due interrogazioni parlamentari che rimbalzano contro il muro di omertà che sta dietro al celebre Cavallo. La Rai a trazione Cinque Stelle e centrodestra, figlia del primo governo Conte, avrebbe non solo promosso internamente i giornalisti amici (è ormai prassi consolidata) ma valorizzato economicamente alcune figure esterne, sponsorizzate e pagate in quanto firme di testate vicine alla governance. Altra prassi: gli ospiti ricevono un gettone in accordo con le trasmissioni. «Una corresponsione economica che dipende da quante puntate, dall’audience del programma, dalla fascia oraria. Ci sono accordi tra programmi e ospiti», ci dice una fonte riservata dagli uffici che contano. «Gli ospiti fissi concordano un gettone diverso da quelli estemporanei, è chiaro. Perché garantiscono una presenza costante». Ma il caso di Scanzi è diverso. «Non stiamo parlando di gettoni, ma di contratti. Hai un reddito annuale, una certezza. Non è un rimborso per essere passato una sera in tv», precisa Michele Anzaldi, che ha presentato due interrogazioni parlamentari rimaste inesitate. «Avere un contratto come opinionista Rai è la cosa più aleatoria del mondo. Con quale criterio hanno deciso che uno del Fatto Quotidiano, senza selezione alcuna, viene preso sotto contratto per fare le sue sparate pubbliche in prima serata?», si chiede il deputato, membro della Commissione di Vigilanza. Di quali cifre parliamo è il mistero cui nessuno, tantomeno la Vigilanza Rai stessa, riesce a venire a capo. «La mia idea è che si parli di 1500 euro a puntata. Almeno. Ma perché attribuire un contratto da 1500 euro al giorno a un giornalista piuttosto che a un altro? Perché i Cinque Stelle lo hanno indicato?», continua Anzaldi. «Scanzi va in tv a insultare, a dare del cazzaro a questo e a quello, e i contribuenti lo pagano 1500 euro al giorno? Perché il servizio pubblico usa il canone senza alcuna selezione per i giornalisti?». Le domande di Anzaldi finiscono in un buco nero. Facciamo insieme i conti: quattro sole ospitate a settimana valgono seimila euro. Fanno 24 mila euro al mese. Ma a chiederne conferma, nessuno risponde. E dire che un responsabile del procedimento ci sarebbe: gli ospiti vengono decisi dalle Reti, i contratti vengono fatti dalle direzioni, e dei contratti il responsabile si chiama Andrea Sassano, delle Risorse televisive. Ma le trattative sono riservate, negoziali. E vale per tutti i programmi, quando la produzione è interna. L’Azienda ha una crisi di ascolti, una raccolta pubblicitaria difficile, il piano industriale non è partito. Un quadro a tinte fosche, ma si fanno contratti esterni con opinionisti già pagati dalle proprie testate: un bonus extra su cui la declamata Trasparenza (una sezione del sito Rai si chiama così, ma è una vetrina senza niente dentro) fatica a fare luce. Il governo Draghi è al lavoro sul dossier Rai, in vista del cambio dei vertici. Della questione si starebbero occupando il sottosegretario Garofoli, il capo di gabinetto di Palazzo Chigi Funiciello, il direttore generale del Mef Rivera e il ministro Giorgetti. Ma la lottizzazione va avanti a tambur battente e proprio in queste ultime due settimane si sono succedute promozioni fulminee a dir poco singolari. Ci torna su Michele Anzaldi: «La vergogna della Mazzola, nominata direttore Ufficio Studi Rai quando neanche tre anni fa era redattore ordinario, offende non me ma tutti i giornalisti che aspettano anni per fare carriera. È una vergogna, come quella di aver avuto Scanzi sotto contratto solo per insultare i politici a lui avversi, rimarrà agli atti come un abominio della lottizzazione fatto sotto il governo Draghi. Glielo dico perché si sappia che nella storia della Rai, chi un giorno scriverà il libro riporterà come sotto il miglior presidente del Consiglio possibile ci si è fatti fregare da questi qua».

Lettera a Natalia Aspesi, pubblicata dal “Venerdì di Repubblica” il 5 aprile 2021. Mi scusi se le poniamo un quesito di cui un po' ci vergogniamo ma non sappiamo resistere. Secondo lei chi è più in torto tra quello Scanzi orgoglioso di essersi fatto vaccinare senza averne ancora il diritto o la folla di indignati che ha intasato il web per augurargli ogni male?

La risposta di Natalia Aspesi: Io vedevo Otto e mezzo per simpatia verso Lilli Gruber e ho smesso quando ho capito che questo giovanotto sarebbe stato un appuntamento fisso: mi ricordo ancora un suo giacchino di pelle nera piena di catene e le mani con anelli, antipatico anche solo da vedere. Devo avergli portato fortuna perché ormai è una star, un opinionista ricercato, i suoi libri vendono milioni, fondasse un suo partito anziché portar gramo ai poveri pentastellati, batterebbe anche Salvini. Forse questa volta ha osato troppo anche perché, come ha ricordato Aldo Grasso, era di quelli che ritenevano il Covid-19 meno di un raffreddore. Ma il martellare dei talk show ci ha cancellato la memoria e anche il senno. Ammesso che ne valga un pensiero, credo che questo Scanzi possa dire quel che vuole a suo danno, ma sarebbe una bella cosa, per ora impossibile, non tenerne affatto conto.

Dagospia l'8 aprile 2021. Dalla pagina facebook "Orso Grigio" di Luciano Scanzi. E allora: perché non è stata fatta, a livello di comuni, o di asl, di polisportiva o di chi cazzo volete voi, una graduatoria in base a età, categorie e patologie? Un programma così avrebbe potuto farlo e gestirlo chiunque, perfino io me la sarei cavata. E poi, in base a questo, convocare le persone, invece di permettere che ogni Regione mostrasse al mondo la propria incapacità. Come ha fatto la mia adorata Toscana, che ha creato una piattaforma di prenotazione assurda, fatta male e non funzionante che, dopo averti tenuto lì fino a notte inoltrata, a evocare tutti i santi conosciuti e anche quelli non ancora noti, ti buttava fuori con un laconico “la procedura non è andata a buon fine, ma non preoccuparti, non è colpa tua”. Lo so che non è colpa mia, cazzo, e non mi preoccupo per la mia incapacità, ma per la vostra, visto che decidete anche della mia vita. Quella procedura adesso è chiusa e ai pazienti ‘fragili’ è stato comunicato che verranno chiamati direttamente. Ci sono arrivati perfino loro. Dopo tre mesi. E tutta questa nassa, al di là delle motivazioni mediche, ci spiega anche l’etimologia del termine “pazienti”. E voglio dire una cosa anche sulle categorie e sulle priorità. I primi a essere vaccinati dovevano essere i vecchi, poi le categorie più a rischio e i più fragili per patologie o altro, e quindi procedere per età. Non sembrava così difficile, alla luce di quando detto sopra, anche dovendo districarsi fra le varie tipologie di vaccini da utilizzare e su come dovessero essere utilizzate, secondo indicazioni ormai più casuali e statistiche che mediche. Ora, si trattava di decidere chi fossero quelli più a rischio. Bene per gli addetti alle strutture sanitarie, bene per gli addetti alla sicurezza e le forze dell’ordine, e bene anche per gli insegnanti. Ci sarebbe qualche distinguo, ma va bene uguale. C’è però un’altra categoria che è stranamente sfuggita a tutte le classificazioni: gli operatori dei supermercati. Eppure sono quelli che anche nei periodi più rosso-restrittivi sono sempre stati a contatto con chiunque, e quasi sempre senza controlli adeguati. Hanno avuto, e hanno ancora, a che fare con qualsiasi tipo di soggetti, da quelli più ignoranti e strafottenti che facevano come gli pare, a quelli che la mascherina la usavano come sciarpa e comunque facendo bene attenzione che non coprisse il naso, a quelli che magari dovevano stare in quarantena ma non avevano nessuno che gli andasse al supermercato a fare la spesa. E senza mai poter fiatare ne’ lamentarsi, perché si sa, il cliente ha sempre ragione, anche quando è un po’ stronzo. Ma di loro non frega un cazzo a nessuno, a riprova che questo piccolo mondo antico fatto ancora di lavoratori, impiegati e operai, di gente che strappa a fatica il proprio diritto alla vita, è ormai dimenticato, sacrificato sull’altare del Nuovo Mondo di questa fava. Cosa? Chi? I sindacati?

Il papà di Scanzi adesso è una furia: "Vaccini? Graduatoria a livello di chi c... volete voi". Orso Grigio indignato per il sistema di prenotazione della Regione Toscana prende poi le difiese dei dipendenti dei supermercati, esclusi dalle categorie a rischio. Ancora silenzio, però, sul figlio vaccinato a 46 anni. Federico Garau - Gio, 08/04/2021 - su Il Giornale. Luciano Scanzi, alias Orso Grigio, torna a tuonare sulla propria pagina Facebook, lamentandosi questa volta dei ritardi accumulati dalla Regione Toscana nel programma di vaccinazione degli anziani e di tutti quei soggetti considerati categorie a rischio. Una lunga tirata in cui ad essere presi di mira sono il sistema di prenotazione ed il rispetto delle precedenze. "Perché non è stata fatta, a livello di comuni, o di asl, di polisportiva o di chi ca**o volete voi, una graduatoria in base a età, categorie e patologie? Un programma così avrebbe potuto farlo e gestirlo chiunque, perfino io me la sarei cavata", è il duro commento di Luciano Scanzi, che aggiunge: "E poi, in base a questo, convocare le persone, invece di permettere che ogni Regione mostrasse al mondo la propria incapacità". A deludere Orso Grigio è la sua "adorata Toscana", rea di aver creato una piattaforma di prenotazione definita dallo stesso "assurda". "Fatta male e non funzionante", sbotta Scanzi, "che, dopo averti tenuto lì fino a notte inoltrata, a evocare tutti i santi conosciuti e anche quelli non ancora noti, ti buttava fuori con un laconico 'La procedura non è andata a buon fine, ma non preoccuparti, non è colpa tua'". Insomma, Luciano Scanzi torna a lanciare strali, proprio come quando tempo addietro decise di scagliarsi contro i cosiddetti "furbetti del vaccino", andando direttamente a prendersela con il presidente della Regione Campania. "Qui siamo invasi dai De Luca e da tutti gli altri variopinti furbetti se è vero che un terzo delle vaccinazioni sono toccate a gentaglia che non ne aveva diritto ma che è riuscita a imbucarsi al posto di quelli che ce l’avrebbero avuto", aveva commentato Orso Grigio nel suo blog. E ancora: "Io non sono un fanatico dei vaccini, aspetto naturalmente il mio turno come è giusto che sia, ma se ci sono delle regole vanno rispettate, e se ci sono delle priorità vanno definite chiaramente e poi rispettate anche quelle". Eppure, persino questa volta, Luciano Scanzi non dice una parola sulla vicenda del figlio Andrea, riuscito ad aggiudicarsi il vaccino a soli 46 anni. Non proprio una categoria a rischio come quelle da lui menzionate, insomma. Adducendo la giustificazione di aver fatto richiesta di ricevere il siero in quanto "caregiver" dei genitori anziani, il giovane Scanzi era passato addirittura davanti agli 80enni. "I primi a essere vaccinati dovevano essere i vecchi, poi le categorie più a rischio e i più fragili per patologie o altro, e quindi procedere per età", scrive Orso Grigio nel suo sfogo."Non sembrava così difficile. Ora, si trattava di decidere chi fossero quelli più a rischio. Bene per gli addetti alle strutture sanitarie, bene per gli addetti alla sicurezza e le forze dell’ordine, e bene anche per gli insegnanti. Ci sarebbe qualche distinguo, ma va bene uguale. C’è però un’altra categoria che è stranamente sfuggita a tutte le classificazioni: gli operatori dei supermercati". Questi dipendenti, spiega l'uomo, sono costantemente a contatto con le persone, eppure non sono tutelati. "Hanno avuto, e hanno ancora, a che fare con qualsiasi tipo di soggetti, da quelli più ignoranti e strafottenti che facevano come gli pare, a quelli che la mascherina la usavano come sciarpa e comunque facendo bene attenzione che non coprisse il naso", ricorda indignato Orso Grigio. "Ma di loro non frega un ca**o a nessuno, a riprova che questo piccolo mondo antico fatto ancora di lavoratori, impiegati e operai, di gente che strappa a fatica il proprio diritto alla vita, è ormai dimenticato, sacrificato sull’altare del Nuovo Mondo di questa fava". Tutto giustissimo, ma sulla vicenda del figlio ancora nessuna parola.

I numeri dell'abuso di carcere in Italia. Costa più Scanzi in tv che un giorno di ingiusta detenzione. Tiziana Maiolo su Il Riformista il 10 Aprile 2021. Se nella stessa giornata capita di apprendere che persino nell’anno della pandemia lo Stato italiano ha dovuto risarcire con 46 milioni di euro i danni prodotti da ingiuste detenzioni ed errori giudiziari e nello stesso tempo che l’Italia è pari solo alla Turchia per sovraffollamento nelle carceri, almeno per un giorno sono un po’ tutti obbligati a occuparsene. La notizia c’è. E se si scopre che nel nostro Paese c’è un tasso pari al 120,3% (numero di reclusi ogni 100 posti letto) rispetto ai 115 della Francia piuttosto che ai 102 della Danimarca e che siamo anche primi in Europa per numero di prigionieri che hanno più di 50 anni, sicuramente saranno in molti a dire “poverini” e magari a proporre di costruire più carceri. Perché siamo di cuore grande, anche se dimentichiamo di domandarci come e perché più di 50.000 persone vivano la proprio vita, o una parte di essa, chiuse in una gabbia. Non vogliamo vedere né sapere. E ancor meno vogliamo trovare il bandolo della matassa, quel puntino rosso da cui, un giorno, tutto ha avuto inizio. Il giorno in cui hanno bussato alla tua porta alle sei del mattino e non era il lattaio. Al deputato di Azione, Enrico Costa e ai suoi collaboratori Benedetto Lattanzi e Valentino Maimone di “errorigiudiziari.com” il merito di aver elaborato e diffuso i numeri della strage. Strage di carcere ingiusto, strage di errori giudiziari. È una piccola porzione del tutto, sono numeri che potremmo tranquillamente raddoppiare o anche decuplicare per avere davvero il polso della nostra quotidiana ingiustizia. Perché questi numeri ci dicono quanto denaro lo Stato ha sborsato per risarcire, tra le tante vittime, quelle che hanno chiesto il risarcimento e tra loro quelle che l’hanno ottenuto. Infatti molti non chiedono, a volte perché non sono informati del proprio diritto o perché, dopo magari dieci anni di tormenti e vessazioni, non hanno proprio più voglia di pensare all’ingiustizia subita, vogliono chiudere gli occhi e cercare di pensare ad altro. Poi ci sono quelli che la domanda la presentano, ma poi la richiesta viene loro respinta, spesso perché nei primi giorni di custodia cautelare, quando si è ancora un po’ stravolti, si sono avvalsi della facoltà di non rispondere al magistrato. Anche se in seguito vengono assolti, quel primo gesto di rifiuto viene considerato un’insubordinazione, come se uno avesse detto “mi dichiaro prigioniero politico”. Se sei contro lo Stato, lo Stato è contro di te e non riconosce più i tuoi diritti. Occhio per occhio, insomma. I numeri della strage sono spaventosi. Dal 1991 al 2020 lo Stato ha speso 870 milioni di euro per riparare 29.869 casi di detenzione ingiusta o errori giudiziari. Paga lo Stato, ma non i magistrati, perché siamo sempre in attesa dell’araba fenice, una decente legge sulla responsabilità civile delle toghe. Ma è orripilante il fatto che neanche le responsabilità disciplinari vengano mai riconosciute per le ingiuste detenzioni e gli errori giudiziari (ammesso che si tratti sempre di “errori”, ci sono accanimenti che urlano vendetta). Per questo motivo Enrico Costa ha proposto che, ogni volta che sarà riconosciuta l’esistenza di un’ingiusta detenzione, il provvedimento venga inviato automaticamente al titolare dell’azione disciplinare. Sempre se ci fidiamo del Csm “rinnovato” dopo le vicende di Luca Palamara e tutti gli altri. I numeri più agghiaccianti sono nelle Regioni del sud, dove non solo c’è la maggior presenza di criminalità organizzata e maggior esercizio della giurisdizione, ma anche dove si sparge con maggiore facilità l’uso e l’abuso dell’applicazione dei reati associativi, spesso fondati sul nulla, ma utili per arrestare, intercettare e fare conferenze stampa. Il record di risarcimenti è del distretto di Napoli, che da nove anni è nelle posizioni di testa per numero di risarcimenti, 101 soltanto nel 2020 per esempio. Ma la vera strage è quella calabrese, la terra dove invano il procuratore generale Otello Lupacchini, durante la cerimonia di apertura dell’anno del 2019 (la sua ultima, prima di essere “punito” proprio per questo) aveva lanciato l’allarme contro i troppi casi di ingiusta detenzione nel distretto di Catanzaro. Undici mesi dopo, nel dicembre dello stesso anno, partirà l’operazione “Rinascita Scott” del procuratore Gratteri, con centinaia di arresti poi dimezzati da diversi giudici. E proprio il distretto di Catanzaro negli ultimi nove anni ha il record italiano per l’entità dei risarcimenti versati, 51 milioni di euro. E chissà che cosa ci aspetta nei prossimi anni, visto che l’attuale procuratore capo è lì soltanto dal 2016. Il problema è dunque partire da quel puntino rosso che costituisce il bandolo della matassa: perché e come si finisce in carcere quando suonano la mattina e non è il lattaio? Perché tanti magistrati ritengono che la detenzione sia l’unica forma possibile di pena? E ancora: perché in nome di una inesistente obbligatorietà dell’azione penale, tanti pm vanno in cerca del “reo” per attribuirgli in seguito qualche reato? Oggi lo ammette persino Tonino Di Pietro, ma un tempo erano gli stessi magistrati di sinistra a denunciare il fenomeno del “tipo d’autore”. Oggi è silenzio. E dobbiamo accontentarci dei numeri sui risarcimenti. Se pensiamo però di metterci il cuore in pace, visto che comunque nessun magistrato paga mai né in termini di denaro né di sanzione disciplinare, ma comunque qualche risarcimento da parte dello Stato arriva, si sappia che in ogni caso a chi ha sofferto ingiustamente il carcere e lunghi anni di tormenti processuali arrivano solo gli spiccioli. Circa 235 euro per ogni giornata di cella, calcola chi sa fare i conti. Il che significa che la mia libertà vale duecento euro? Il tempo di una vittima innocente vale sei volte meno di una comparsata di Scanzi da 1.500 in un programma Rai? Perché non invertire le cifre, visto che questi spiccioli sono l’unica soddisfazione rimasta per chi è stato vittima?

Scanzi, in Rai tutto tace su vaccino e compenso: “Guadagna 24mila euro per insultare”. Aldo Torchiaro su Il Riformista l'1 Aprile 2021. Camera e Senato hanno pubblicato i bandi: da oggi chiunque può far pervenire la propria candidatura per entrare nel Cda Rai. Ma uno non vale uno, a viale Mazzini. Soprattutto tra ospiti e opinionisti ce ne sono alcuni che hanno avuto più spazi di altri, nelle trasmissioni. E giornalisti che hanno ricevuto una regolare rendita da gettone, prelevati direttamente dal canone pagato dai telespettatori per favorire qualcuno in particolare. Il caso è emerso in corrispondenza del contestato vaccino di Andrea Scanzi: il volto più caro ad alcune trasmissioni è stato sospeso, e con questa sospensione decade il beneficio economico sulla cui entità si cerca adesso di fare luce. «Ho chiesto conto alla Rai delle decisioni sul contratto con l’opinionista a pagamento Andrea Scanzi», ci dice il deputato di Iv, Michele Anzaldi. La legge sulla trasparenza vale per tutti ma si infrange sugli scogli di viale Mazzini, da dove il porto delle nebbie impedisce di conoscere l’ammontare degli emolumenti. Del caso è stato investito il Comitato Etico del servizio pubblico. Le promozioni-lampo e le improvvise svolte di carriera di questo finale di partita impongono una presa di posizione forte del Governo, che in queste ore ha attivato un tavolo di crisi vero e proprio, coordinato dal capo di Gabinetto di Draghi, Antonio Funiciello. Le accuse sono gravi. Anzaldi ha presentato due interrogazioni parlamentari che rimbalzano contro il muro di omertà che sta dietro al celebre Cavallo. La Rai a trazione Cinque Stelle e centrodestra, figlia del primo governo Conte, avrebbe non solo promosso internamente i giornalisti amici (è ormai prassi consolidata) ma valorizzato economicamente alcune figure esterne, sponsorizzate e pagate in quanto firme di testate vicine alla governance. Altra prassi: gli ospiti ricevono un gettone in accordo con le trasmissioni. «Una corresponsione economica che dipende da quante puntate, dall’audience del programma, dalla fascia oraria. Ci sono accordi tra programmi e ospiti», ci dice una fonte riservata dagli uffici che contano. «Gli ospiti fissi concordano un gettone diverso da quelli estemporanei, è chiaro. Perché garantiscono una presenza costante». Ma il caso di Scanzi è diverso. «Non stiamo parlando di gettoni, ma di contratti. Hai un reddito annuale, una certezza. Non è un rimborso per essere passato una sera in tv», precisa Michele Anzaldi, che ha presentato due interrogazioni parlamentari rimaste inesitate. «Avere un contratto come opinionista Rai è la cosa più aleatoria del mondo. Con quale criterio hanno deciso che uno del Fatto Quotidiano, senza selezione alcuna, viene preso sotto contratto per fare le sue sparate pubbliche in prima serata?», si chiede il deputato, membro della Commissione di Vigilanza. Di quali cifre parliamo è il mistero cui nessuno, tantomeno la Vigilanza Rai stessa, riesce a venire a capo. «La mia idea è che si parli di 1500 euro a puntata. Almeno. Ma perché attribuire un contratto da 1500 euro al giorno a un giornalista piuttosto che a un altro? Perché i Cinque Stelle lo hanno indicato?», continua Anzaldi. «Scanzi va in tv a insultare, a dare del cazzaro a questo e a quello, e i contribuenti lo pagano 1500 euro al giorno? Perché il servizio pubblico usa il canone senza alcuna selezione per i giornalisti?». Le domande di Anzaldi finiscono in un buco nero. Facciamo insieme i conti: quattro sole ospitate a settimana valgono seimila euro. Fanno 24 mila euro al mese. Ma a chiederne conferma, nessuno risponde. E dire che un responsabile del procedimento ci sarebbe: gli ospiti vengono decisi dalle Reti, i contratti vengono fatti dalle direzioni, e dei contratti il responsabile si chiama Andrea Sassano, delle Risorse televisive. Ma le trattative sono riservate, negoziali. E vale per tutti i programmi, quando la produzione è interna. L’Azienda ha una crisi di ascolti, una raccolta pubblicitaria difficile, il piano industriale non è partito. Un quadro a tinte fosche, ma si fanno contratti esterni con opinionisti già pagati dalle proprie testate: un bonus extra su cui la declamata Trasparenza (una sezione del sito Rai si chiama così, ma è una vetrina senza niente dentro) fatica a fare luce. Il governo Draghi è al lavoro sul dossier Rai, in vista del cambio dei vertici. Della questione si starebbero occupando il sottosegretario Garofoli, il capo di gabinetto di Palazzo Chigi Funiciello, il direttore generale del Mef Rivera e il ministro Giorgetti. Ma la lottizzazione va avanti a tambur battente e proprio in queste ultime due settimane si sono succedute promozioni fulminee a dir poco singolari. Ci torna su Michele Anzaldi: «La vergogna della Mazzola, nominata direttore Ufficio Studi Rai quando neanche tre anni fa era redattore ordinario, offende non me ma tutti i giornalisti che aspettano anni per fare carriera. È una vergogna, come quella di aver avuto Scanzi sotto contratto solo per insultare i politici a lui avversi, rimarrà agli atti come un abominio della lottizzazione fatto sotto il governo Draghi. Glielo dico perché si sappia che nella storia della Rai, chi un giorno scriverà il libro riporterà come sotto il miglior presidente del Consiglio possibile ci si è fatti fregare da questi qua».

Scanzi-Boldrini, la storia mai letta degli ipocriti rossi. Racconto semiserio sulle polemiche che hanno investito Andrea Scanzi e Laura Boldrini. Giuseppe De Lorenzo - Ven, 26/03/2021 - su Il Giornale. I riferimenti a fatti e persone non sono volutamente casuali, ma la ricostruzione è completamente inventata. All’interno della cucina che ha curato e pulito negli ultimi otto anni, Lilia, collaboratrice domestica moldava, guarda sconfortata il suo potente datore di lavoro. “Non posso venire a lavorare anche il sabato - dice - E poi per meno ore di quante ne faccio adesso. Parto ogni giorno da Nettuno per raggiungere Roma… così non converrebbe più”. Di fronte a lei, altezzosa come sempre, c’è Laura Boldrini, ex presidente della Camera, deputata della sinistra, una vita spesa a sostenere le cause degli stranieri e delle donne.

“Io ho bisogno di qualcuno anche il sabato”, ribatte lei.

“Mi dispiace signora. Così non posso accettare: venire da lì per sole tre ore di lavoro non ha senso”.

“Allora dovremo chiudere il nostro rapporto”, replica inflessibile la padrona di casa. “Ti pagherò il tfr e quando previsto dal contratto. Poi amici come prima”.

Sul volto di Lilia cade un velo di tristezza. Boldrini non dovrebbe comportarsi come un capitalista qualsiasi: da lei non si sarebbe aspettata così poca empatia. Decide allora di farsi coraggio: “Signora mi scusi… dovrebbe anche versarmi gli scatti di anzianità”.

“Quanti soldi sono?”

“Beh, direi circa tremila euro: sa, di questi tempi ogni soldino in più aiuta…”.

Boldrini fa una smorfia. Prende dalla borsetta il cellulare, digita il numero dal commercialista e attende la risposta. Dopo qualche minuto di silenzio passato in ascolto, rimette a posto il telefono e si rivolge alla colf: “La dottoressa mi conferma che la cifra è un po’ inferiore, cara Lilia. Avrai solo quanto ti spetta”.

“Non è vero, glielo giuro”.

“Facciamo così: tu parlane col Caf, io con la mia commercialista. Appena troviamo un accordo ti darò quanto previsto dalla legge”.

Passano pochi minuti di silenzio. Lilia è a pezzi. “Otto anni a sgobbare in silenzio e questa si impunta su 3mila euro?”. Il pensiero le martella in testa con così tanto ardore che teme di averlo urlato ad alta voce. La pancia ribolle rabbia, il cuore dolore. Improvvisamente le guance le rigano il viso, ma evita di singhiozzare. È in quel momento che si rende conto di aver perso il lavoro proprio adesso che trovarne uno è un terno al lotto. “Ci sarà un altro impiego così?”.

Fuori dalla finestra intanto il sole riscalda una Capitale al solito mite. Il coronavirus ha da poco allentato la presa su un’Italia ancora scossa dalla crisi pandemica: migliaia di morti, un Pil in calo dell’8,8%, il blocco dei licenziamenti, la cassa integrazione, i ristori che non arrivano. Entrambe guardano l’orizzonte. In cucina cala uno strano silenzio. Poi all’improvviso Laura guarda Lilia piangere e, come colpita da quel gesto dignitoso, si blocca. I pensieri le si accavallano in testa: “E se stessi sbagliando tutto?”. Lei, paladina dei diritti delle donne, madrina delle pari opportunità, in meno di un attimo afferra al volo: si rende conto che lasciare per strada la signora che per anni le ha fatto da colf, in un momento così drammatico per il mercato del lavoro, sarebbe un’ingiustizia. Soprattutto per colpa di un capriccio del sabato. Privare di un contratto una donna che in tanti anni non ha dato alcun problema, improvvisamente appare all’ex Presidente della Camera uno schiaffo a tutti i lavorator* in difficoltà. “In fondo in fondo, ho un reddito di 108mila euro all’anno”, pensa tra sé e sé la deputata, “e Montecitorio il mio stipendio non ha mancato di versarlo neppure nei momenti più drammatici della pandemia”.

Così si gira verso la collaboratrice e, sorridendo, le dà la buona notizia:
“Senti Lilia, fai finta di nulla. Continua pure a lavorare per me dal lunedì al venerdì. Per il sabato farò uno sforzo, cercherò qualcun altro cui fare un nuovo contratto. Mi costerà di più, ma in questo momento mi sembra più corretto”.

“Grazie signora”, singhiozza la colf.

“Ah, e ho deciso di darti anche un premio di produzione da 3mila euro: credo facciano più bene a te che a me”.

Il volto di Lilia si illumina di gioia: “Lei sì è una donna meravigliosa, una vera militante di sinistra e un politico coerente”.

Intanto nel silenzio del lussuoso Hotel Palace di Merano, Andrea Scanzi si sta guardando allo specchio. È da poco finita l’ultima puntata di Otto e Mezzo. “Quanto sono bello e quanto sono bravo”, sorride sottovoce.

“Anche oggi li ho stesi tutti: vedrai domani come cresco nelle interazioni social. Sarò ancora il giornalista italiano più potente di tutta la Rete”.

Improvvisamente squilla il telefono.

“Pronto?”, risponde Scanzi.

“Salve Andrea, sono il medico di base”.

“Dottore, mi dica”.

“Guarda che può darsi che ti chiamino per fare un vaccino: come avevi chiesto sei stato inserito nella lista dei riservisti”.

Scanzi, un po’ sorpreso, non sta più nella pelle: “Va bene, cosa devo fare?”

“Niente: devi aspettare che ti chiami il referente dell’Asl. Però ti avverto: non potrai scegliere quale vaccino farti inoculare e dovrai essere qui ad Arezzo, perché ti chiameranno all’ultimo”.

“Ottimo, non mancherò”.

Messo giù il cellulare, Scanzi torna a osservare il suo riflesso allo specchio. “Mi farò vaccinare e poi lo racconterò a tutti, così sai che figata: like a non finire, condivisioni che si sprecano. Potrei pure diventare il testimonial di AstraZeneca, mica ho paura dei trombi io”.

Qualche giorno dopo, arriva la chiamata dall’Asl. Scanzi carico a pallettoni si presenta al centro vaccinale aretino, tira giù la maglietta nera da simil rockettaro e protende il braccio con fare eroico. Passano 15 minuti, nessuna controindicazione. Scanzi torna verso casa in sella alla moto e già sulle dita sente prudere le parole del prossimo post. “Deve spaccare”, dice. “Anzi: faccio un video che è pure meglio e magari diventa virale come quello in cui dicevo che il coronavirus era poco più di una influenza”.

Appena parcheggia la moto davanti casa, squilla di nuovo il telefono. È Peter Gomez.

“Direttore, come ti butta?”

“Ciao Andrea, ho saputo che sei andato a fare il vaccino. È vero?”

“Sì Peter, una figata. Adesso lo sparo su Facebook, Youtube, Instagram, Twitch, e se riesco mi faccio intervistare pure da Lilly. Che te ne pare?”

“No fare cazzate, Andrea. Avrai anche fatto tutto nelle regole, ma non andare a sbandierarlo ai quattro venti. Qui ci sono 80enni che non hanno visto uno straccio di dose, persone che rischiano di crepare. Mica come te”.

“Ho capito ma io sono un caregaver, i miei genitori sono fragili”.

“Ecco appunto, e perché allora non hai inserito loro nelle liste dei riservisti?”

“Ehm…”

“Senti Andrea, tienitela per te questa cosa. Se poi esce vabbè, ma è meglio non fare gli spacconi. Pensa ai politici toscani, o agli avvocati, che avrebbero potuto vaccinarsi e hanno deciso di evitare. Quando sei un personaggio pubblico a queste cose devi pensare. Non fare il gradasso”.

Scanzi chiude la chiamata un po’ irritato. Ma pensieroso. “Forse Peter ha ragione. Meglio se evito: cosa avrei scritto io di Maria Elena Boschi se si fosse vaccinata saltando la fila? Anche se si fosse iscritta seguendo tutte le regole, avrei scritto: ‘E che cazzo, prima gli anziani e poi i privilegiati renziani’. Forse è meglio se me lo tengo per me”.

A quel punto mette il cavalletto alla moto, rientra in casa, poggia le chiavi sul bel piatto all’ingresso. E mentre sale le scale riflette: “Ora che ci penso, quando la scorsa estate uscì la notizia dei deputati che, in pieno lockdown, hanno chiesto e ottenuto il bonus partite iva da 600 euro, io mi incazzai come un riccio”.

Entrato in camera, si mette subito al pc per ripescare quel vecchio post. É datato 9 agosto. Scanzi lo rilegge rapidamente: “Direi il massimo dello schifo… Sarebbe bello conoscere questi sei nomi.… Non appena li saprò, li pubblicherò su questa pagina… Che bella gente esiste al mondo…”.

Quelle frasi hanno un effetto dirompente su Scanzi: “E che cazzo… a pensarci bene pure quei 5 parlamentari avevano rispettato tutte le regole, come me col vaccino. Se ho bacchettato loro, dovrei redarguire pure me stesso.

a davvero ragione Peter: per coerenza è meglio se me ne sto zitto e buono”.

Roma, palazzo Montecitorio. Squilla il cellulare di Laura Boldrini.
“Onorevole, sono Roberta da Lodi”.

“Salve Roberta, dimmi”.

“Senta mio figlio sta male. Non riesco più a venire da Lodi tre giorni alla settimana per farle da collaboratore parlamentare. Posso continuare a lavorare in smartworking?”

Boldrini, irritata, sbuffa senza timore di nascondere il disappunto: “No Roberta, mi dispiace. Ho bisogno di persone che stiano qui”.

“Ma scusi, in fondo le devo solo tenere l’agenda. Poi lei mi fa prenotare il parrucchiere, le visite mediche. Non mi dica che mi vuole lì perché devo andarle a ritirare le giacche dal sarto, i trucchi e i pantaloni. Sarei una collaboratrice parlamentare, non la sua schiava”.

“Ora non fare la vittima”, replica Boldrini, “ti pago anche per questo”.

Dopo un attimo di silenzio, Roberta si fa coraggio: “Ecco, a proposito di stipendio. Con 1.200/1.300 euro al mese non riesco a viverci. Da quei soldi devo togliere i costi di alloggio a Roma e i treni da Lodi. È troppo. Come do da mangiare ai miei figli?”

“Fai poco la spiritosa: col lockdown non sei mai venuta a Roma e hai risparmiato. E poi lavorare con me è un privilegio, mica uno lo fa per viverci. Se i problemi sono questi, è meglio se dividiamo le nostre strade”.

Roberta piange e riattacca la chiamata. Boldrini è soddisfatta: non si è fatta fregare. Cammina per i corridoi della Camera e pensa di fare un post su Facebook. Dopo una mezz’ora telefona all’addetto stampa: “Ciao Mario, scrivi qualcosa sulle mamme lavoratrici. Un bel post sule donne che sono costrette a doversi licenziare perché col coronavirus, le zone rosse e le scuole chiuse devono scegliere tra la famiglia e il lavoro. Il governo deve garantire bonus babysitter. E i datori di lavoro non possono costringerle a scegliere tra i figli e la carriera. È una battaglia di civiltà”.

“Onorevole mi scusi…”

“Dimmi Mario, che c’è?!”

“Ho parlato con Roberta poco fa, mi ha detto che non le ha permesso di restare in smartworking col figlio malato e che quindi si è dovuta dimettere. Non le sembra un po’ incoerente mettersi a pontificare sui diritti delle donne lavoratrici?”

“Ehm…”
“Io eviterei”.

Laura allora capisce l’errore. Vuole riparare. Richiama subito Roberta ma il telefono suona a vuoto. “Dai Roberta rispondi, ti prego”. Il telefono continua a squillare. Una, due, tre volte. Niente. “Tuut… Tuuut…

Tuut…”. Boldrini riprova. Uno, due, tre squilli. Nulla. Poi all’improvviso…. DRIIIN DRIIIN DRIIIN
In quell’istante suona la sveglia.

Sia Scanzi che Boldrini si svegliano di soprassalto, tutti sudati. Lui è nel letto col suo pigiama di lino, lei in camicia da notte tutta sola in casa. Fuori la luna è ancora alta. Dopo un attimo di smarrimento, i due capiscono: per fortuna era tutto solo un brutto sogno. La colf riassunta, il silenzio sul vaccino, la collaboratrice parlamentare lasciata in smartworking: tutto finto. E senza saperlo, a chilometri di distanza l’uno dall’altra, dicono all’unisono: “Che incubo. Nella vita mostrarsi coerenti va bene. Ma è sempre meglio non esagerare”. Così l’indomani lasceranno a casa Lilia, faranno dimettere Roberta e racconteranno al mondo di essersi vaccinati in barba agli ottantenni che muoiono di Covid. Facendo l'esatto contrario di quello che normalmente predicano. Alla faccia della coerenza dei bacchettoni radical chic.

Il giallo sul medico che ha vaccinato Scanzi. Federico Garau il 13 Aprile 2021 su Il Giornale. Neppure "Non è l'Arena" è riuscita a reperire il dottor Romizi, pubblicamente ringraziato proprio dal giornalista. Secondo Andrea Scanzi non ci sarebbe niente di esecrabile nella vaccinazione da lui ricevuta, anzi, come da lui dichiarato, gli italiani dovrebbero ringraziarlo per quanto fatto: ciò nonostante, al momento risulta impossibile estendere tali "ringraziamenti" anche al medico che ha reso possibile tutto questo. Ci ha provato, invano, anche Massimo Giletti, ma non risulta possibile davvero in nessun modo celebrare le gesta del dottor Romizi, che ha contribuito a renderci un po' tutti debitori nei confronti del giornalista. "Larga parte degli italiani avrebbe dovuto ringraziarmi perché mi sono vaccinato in un momento storico in cui nessuno avrebbe voluto fare il vaccino AstraZeneca. Io ho accettato proprio perché volevo dare un segnale agli italiani", aveva infatti dichiarato Scanzi dopo il polverone sollevato dalla vicenda. Oltre ad aver difeso quanto fatto, tra l'altro, il giornalista aveva giocato la carta "caregiver" per giustificare la liceità dell'inoculazione del siero AstraZeneca. "Mi sono messo in lista perché ne avevo diritto come caregiver che assiste i suoi genitori anziani e fragili", si era poi giustificato Scanzi. Per fortuna, tuttavia, nessuno dei suoi genitori si trova in condizioni tali da richiedere la costante assistenza di un caregiver da premiare con la somministrazione del vaccino anti-Covid. Luciano, alias Orso Grigio, classe '52, è anche solito cavalcare la sua moto Guzzi, un mezzo che ama alla follìa. Lo stesso "Orso Grigio" che sui social si è scagliato senza giri di parole contro i "furbetti" del vaccino, in primis il governatore della regione Campania. "Qui siamo invasi dai De Luca e da tutti gli altri variopinti furbetti se è vero che un terzo delle vaccinazioni sono toccate a gentaglia che non ne aveva diritto ma che è riuscita a imbucarsi al posto di quelli che ce l’avrebbero avuto", commentava infatti Luciano Scanzi dal suo blog."Ma non mi risulta che nei loro confronti siano stati presi provvedimenti di qualche tipo. Eppure è stato un abuso, per la mia legge un reato, che forse è costato, o costerà, la vita a qualcun altro". Nessuna parola, tuttavia, sulla vicenda del figlio, che aveva anche ringraziato pubblicamente il suo medico per la vaccinazione. Ecco perché "Non è l'Arena" si è dedicata alla ricerca del dottor Romizi. Inutili gli sforzi dell'inviata Francesca Carrarini: impossibile riuscire in alcun modo a reperirlo nè in studio nè tantomeno a casa per ottenere una sua dichiarazione in merito alla vicenda. La procura delle Repubblica di Arezzo ha aperto un fascicolo conoscitivo per indagare sulla vaccinazione di Scanzi, che in tv aveva così dichiarato: "Ho scritto al mio medico il 26 febbraio dicendogli che sapevo che non rientro in nessuna categoria. Se cambiassero le regole e nel pieno rispetto delle regole e per evitare che la dose venisse buttate via ho chiesto se potessero chiamarmi. Lui mi chiama il 3 marzo e mi dice al telefono: 'Andrea, l’Asl ha detto che ha scoperto che molte dosi vengono buttate via'. Io gli ho risposto di procedere se tutto fosse stato lecito". Sulla liceità della vaccinazione, avvenuta lo scorso 19 marzo, indagano ora gli inquirenti. Magari da loro il dottor Romizi si farà trovare.

Non è l'arena, Andrea Scanzi incastrato dal suo medico: "Mi ha chiesto lui di essere vaccinato, non conosco i suoi genitori". Libero Quotidiano il 19 aprile 2021. "Sono il medico di Andrea Scanzi, mi ha chiamato lui per chiedermi di fare il vaccino". A Non è l'arena su La7 l'inviata di Massimo Giletti riesce finalmente ad avere un confronto con il dottor Roberto Romizi, dopo settimane di tentativi andati a vuoto. In evidente imbarazzo, il medico accetta di rispondere ad alcune domande sul caso che ha scandalizzato mezza Italia. Il giornalista del Fatto quotidiano si era fatto vaccinare ad Arezzo, iscrivendosi alla lista dei cosiddetti "riservisti". "È stato lui a contattarmi per dirmi che voleva farsi il vaccino? Questo mi sembra scontato - esordisce il medico -. Mi ha scritto per chiedermi questo, senza voler passare avanti a nessuno". Una cosa però la vuole mettere in chiaro: "Non conosco i genitori", passaggio cruciale visto che Scanzi ha giustificato la sua vaccinazione con la motivazione di essere figlio unico di due genitori anziani e in fascia a rischio (e non ancora vaccinati, al momento in cui il giornalista si è fatto somministrare il siero di AstraZeneca) e dunque deputato ad accudirli. "Il termine "caregiver" non mi ricordo che lo abbia usato - precisa il dottor Romizi -. Ha detto di avere i genitori fragili, affetti da patologie importanti". "Neanche mi ha chiamato, mi ha scritto", puntualizza ancora il dottore ai microfoni di Non è l'Arena, prima di infilarsi nel suo studio e "sparire". Dopo qualche ora, manda un messaggio alla inviata di Giletti: "La stampa ha forse riportato involontariamente varie imprecisioni sul mio ruolo, che è stato solo quello di mettere in contatto Scanzi con la Asl". In sostanza, Scanzi è stato scaricato pure dal suo medico curante.

Il medico smonta così Scanzi: "Mi ha chiamato lui per farsi il vaccino". Luca Sablone il 18 Aprile 2021 su Il Giornale. Il medico di base del giornalista mette le cose in chiaro a Non è l'arena: "Mi ha scritto per farsi somministrare il vaccino per la presenza di genitori fragili, ma io non li conosco". Alla fine il medico di base ha deciso di parlare e di fare chiarezza sul caso che ha coinvolto Andrea Scanzi. Il dottor Roberto Romizi ha rilasciato alcune dichiarazioni ai microfoni di Non è l'arena destinate ad animare ulteriormente la vicenda nei prossimi giorni. Il programma condotto da Massimo Giletti su La7, dopo aver ricostruito le piroette compiute dal giornalista de Il Fatto Quotidiano sulle varie versioni fornite, ha mandato in onda il servizio in cui Romizi ha raccontato la sua versione dei fatti. "È stato lui a contattarmi per dirmi che voleva farsi il vaccino? Questo mi sembra scontato. Mi ha scritto per chiedermi questo, senza voler passare avanti a nessuno", ha dichiarato il medico di base. Che comunque ha precisato di non avere nulla a che fare con i genitori di Scanzi. Sarebbe stato proprio il giornalista a scrivere al suo medico, chiedendogli dunque di sottoporsi alla somministrazione dell'antidoto a causa della presenza dei genitori fragili. Il dottor Romizi però non ricorda di aver tirato in ballo la questione del caregiver: "Il termine 'caregiver' non mi ricordo che lo abbia usato. Ha detto di avere i genitori fragili, affetti da patologie importanti. Sono il medico solo di Scanzi, i genitori non li conosco". Va ricordato che Scanzi aveva chiesto di non mettere in mezzo la madre e il padre. Peccato però che lo stesso Scanzi, in una diretta sul proprio profilo Facebook, aveva messo le mani avanti: "Nel pieno rispetto delle regole, mi sono messo garbatamente nella lista dei disponibili al vaccino a fine giornata. Per non buttare via nessuna dose altrimenti gettata via. Categoria caregiver familiare, essendo figlio unico e avendo entrambi i genitori fragili". Infine il medico di base del giornalista ha mandato un messaggio su WhatsApp all'inviata di Non è l'arena. Romizi ha tenuto a specificare che il suo ruolo si sarebbe limitato solamente a mettere in contatto Scanzi con la Asl: "Una precisazione per esempio è che il medico di famiglia può solo vaccinare un suo paziente over 80 e non ha nessun potere decisionale sugli altri". Già a fine marzo Scanzi era stato messo all'angolo dal dottor Evaristo Giglio, direttore dell'Asl di Arezzo: "Si è trovata una situazione convincente per cui, avanzando queste due dosi e con lui che da tempo aveva chiesto di essere chiamato come ‘panchinaro’. Prima non era mai stato preso in considerazione, perché per quanto mi riguarda si poteva aspettare anche un altro mese o forse un altro anno".

"Ho ricevuto il vaccino per ultimo". Il fidanzato della Boschi rompe il silenzio. Novella Toloni il 13 Aprile 2021 su Il Giornale. L'attore, a tre giorni dallo scoppio della polemica, ha rotto il silenzio sulla sua vaccinazione, pubblicando su Instagram una serie di "prove". Ha atteso tre giorni Giulio Berruti prima di replicare alle critiche scatenatesi in seguito alla sua vaccinazione. Per farlo ha deciso di fare le cose per bene. Ha pubblicato il suo commento in risposta alla polemica di un follower. Poi ha condiviso lo screenshot dell'sms che l'Asl Roma 1 gli ha inviato per comunicargli la data della somministrazione e ha persino pubblicato la testimonianza di una collega medico, di 28 anni, che confermava di averlo ricevuto prima di lui. Insomma, ci ha messo proprio tutto, non sia mai che qualcuno pensi male. Come a dire: "altro che vaccinato perché fidanzato di" (Maria Elena Boschi, ndr). La somministrazione del vaccino AstraZeneca ricevuta tre giorni fa da Giulio Berruti avrebbe seguito, secondo quanto riferito dall'attore, l'iter regolare che coinvolge i medici della regione Lazio. "Nel Lazio si prevedeva di vaccinare, a detta dell'ordine dei medici, 'tutti gli odontoiatri entro il mese di febbraio'. Ho tantissimi colleghi medici e odontoiatri più giovani di me tutti vaccinati da tempo. Io a detta dell'Asl sono risultato tra gli ultimi". L'attore poteva scegliere di tacere ma invece ha replicato facendo delle prove (oltre che della somministrazione) un vanto e l'ondata di critiche lo ha travolto ancora di più. La pubblicazione su Instagram della foto in cui si mostrava mentre riceveva la prima dose di vaccino aveva infiammato il web sabato scorso. Tutti a chiedersi perché un attore così giovane potesse aver ricevuto già la sua dose di vaccino. L'attore non era intervenuto per chiarire i motivi, ma a farlo ci avevano pensato i suoi fan. "Lui è anche odontoiatra e quindi lo avrà ricevuto in quanto medico", avevano chiarito alcuni follower che lo seguono da tempo. Questo però non aveva placato le critiche, che sono continuate ad arrivare copiose sotto il post social di Giulio Berruti. "Non capisco questa smania di spettacolarizzare il fatto che lei si sia vaccinato. Prevale l'attore che è in Lei?", aveva chiesto sarcastico un follower. Un quesito che si sono posti in tanti, perché va bene vaccinarsi, ma "foto, video e quant'altro anche no", ha concluso un altro utente. Una domanda a cui Giulio Berruti ha deciso di dare finalmente risposta, a tre giorni dallo scoppio della polemica, e con tanto di "sermone": "Prevale la voglia di spiegare alle persone con l'esempio che la scienza e la medicina, per quanto inesatte, saranno sempre meglio di qualche blog complottista o di strampalate teorie da bar sulla pericolosità dei vaccini". E così si è giustificato pubblicamente con tanto di pubblicazione del messaggio ricevuto dall'Asl romana il 31 marzo (con la data della prima somministrazione) e testimonianza a suo favore di una dottoressa sua amica.

Morra e i giornali lanciano la crociata contro i “furbetti” del vaccino. Il presidente dell'antimafia chiede l'elenco dei vaccinati, quelli che in un modo o nell'altro sono riusciti ad aggirare la fila e anticipare la somministrazione. Paolo Delgado su Il Dubbio il 9 aprile 2021. L’ultima versione dell’untore 2.0 sono “i furbetti”, cioè tutti quelli che in un modo o nell’altro sono riusciti ad aggirare la fila e anticipare la vaccinazione. Sbattuti in prima pagina. Colpiti da avviso di garanzia, come è successo a Biella. Il presidente dell’Antimafia Nicola Morra vuole addirittura l’elenco dei vaccinati nelle Regioni dove la voce “Altri”, quella nella quale si anniderebbero i paraventi di turno, è più folta. Non è una novità assoluta. Un tempo, nelle guerre vere, campagne del genere prendevano di mira “gli speculatori” e “i sabotatori”. In questa pandemia l’ingrata parte è toccata ai giovinastri festaioli, poi agli incauti “negazionisti” spesso colpevoli di non tenere alta la mascherina in un viale semideserto.Sia chiaro: “i furbetti” ci sono davvero, in tutto il mondo e in Italia, come da tradizione, forse più che altrove. Il presidente Draghi ha fatto benissimo a denunciarne l’esistenza e fa anche meglio a cercare di rimettere in ordine un piano vaccinazione caotico e dunque esposto a ogni “furbata”. Ma la faccenda va vista nelle sue reali dimensioni e nella sua parabola, per evitare la solita campagna persecutoria, l’ennesima versione del “dagli all’untore”. I succitati “Altri” sono in effetti tanti: 2 mln e 300mila vaccinati che non rientrano nelle categorie considerate prioritarie nella vaccinazione. Ma in questa massa rientrano anche quelli che pur non essendo over 80 dovevano essere vaccinati appena possibile comunque, come gli over 70 e le persone particolarmente fragili. È anche vero che alcune Regioni hanno considerato in modo a dir poco molto estensivo i cosiddetti “servizi essenziali”, ma questa è una responsabilità delle Regioni non di chi, facendo parte di quelle categorie, si è legittimamente vaccinato. Ma soprattutto all’origine del caos, con relativi abusi a volte consapevoli ma spesso no, c’è l’errore commesso all’inizio su AstraZeneca. Conviene ricordare che in un primo momento il vaccino era stato vietato agli over 55: insomma era a disposizione solo di quelle fasce d’età più giovani che figurano oggi escluse da quelle alle quali “lo si consiglia”, secondo la grottesca formula in voga da qualche giorno, cioè agli over 65. Ci sono volute settimane prima che il Consiglio superiore di Sanità e il ministero della Salute alzassero il limite d’età ma solo fino ai 65 anni, dunque ancora con esclusione delle fasce di età più a rischio. Infine, l’8 marzo scorso, più o meno un mese fa, è arrivata la circolare che permetteva a tutti di vaccinarsi con AstraZeneca.Il problema è che l’Italia, avendo l’Unione europea comprato soprattutto quei vaccini in nome del risparmio, si è trovata con una quantità di fiale, pur se inferiore alle attese, che non potevano essere usate per mettere al riparo chi ne aveva più bisogno. Il limite di età ha anche impedito di impostare il piano vaccinale come logica avrebbe comandato, cioè dando la priorità alle fasce d’età più a rischio, alle persone più fragili e certo anche ai servizi essenziali, intesi però con qualche rigore e non estensivamente, limitati cioè ai soggetti effettivamente a rischio. Non essendo possibile affidarsi alla logica, e anzi al semplice buon senso, la vaccinazione ha dovuto puntare sulle “categorie più a rischio”, formula opaca sia perché non indicava con chiarezza rigida di quali categorie si trattasse ma soprattutto perché non operava distinzioni all’interno delle medesime categorie. Compito peraltro tutt’altro che semplice, la casistica essendo in questi casi spesso individuale. Draghi ha citato nella sua conferenza stampa gli psicologi solo per sentirsi rispondere da un furioso presidente dell’Ordine David Lazzari che gli psicologi non stanno affatto chiusi nei loro studi ma operano spesso a stretto contatto con le persone e dunque andavano considerati effettivamente “categoria a rischio”. Non significa che il caos istituzionale italiano non ci abbia messo del suo. La follia del Titolo V della Costituzione, la peggior riforma costituzionale che si potesse immaginare in termini di efficienza e operatività, ha ovviamente colpito. Ogni Regione si è mossa in disordine sparso. Le pressioni della categorie ci sono state eccome. Ma a spalancare i cancelli è stato quell’errore iniziale. Forse era inevitabile. Non si tratta di sostituire un capro espiatorio con un altro. Correggere le storture derivate da quell’errore è davvero fondamentale e urgente. Però evitando di inventarsi qualche colpevole da additare al pubblico ludibrio o alle corti di giustizia.

UN MEDICO PRESENTA ESPOSTO AI CARABINIERI CONTRO IL SENATORE MORRA (M5S) DOPO LA SUA IRRUZIONE A COSENZA. ECCO IL CONTENUTO. Il Corriere del Giorno il 30 Marzo 2021. In una diretta Facebook, mezzo prediletto di comunicazione degli esponenti del M5S, Morra ha segnato un clamoroso autogol, sostenendo le prerogative parlamentari per giustificare la sua arrogante incursione presso la Asp cosentina, ed anche sull’uso abbastanza spericolato di una scorta che è a sua disposizione per difenderlo dalla mafia e non dai medici, ammettendo lui stesso che i due militari che erano a sua protezione sono stati di fatto costretti a richiedere le generalità delle persone incontrate presso il presidio sanitario. Il dottor Mario Marino, direttore Igiene pubblica Direttore dipartimento di prevenzione dell’Asp di Cosenza ha presentato un esposto nei confronti del senatore Nicola Morra presidente della Commissione Antimafia, dopo la sua irruzione con la quale chiedeva spiegazione per la mancata vaccinazione di alcuni suoi familiari. Il medico ha messo tutto, nero su bianco: dall’ irruzione alla sfuriata, compresa la telefonata di Morra al sottosegretario alla salute Pierpaolo Sileri, anch’egli esponente del M5S. Morra lo scorso 18 febbraio è stato espulso insieme agli altri 14 dissidenti, dal reggente del movimento Vito Crimi , ha deciso di espellere lui per aver votato  in Senato, dopo che avevano votato No alla fiducia contro le decisioni politiche del Movimento, e ciò nonostante non ha lasciato come avrebbe dopvuto il suo incarico alla Commissione Antimafia. Secondo l’esposto presentato del dottor Marino ai Carabinieri, Morra si sarebbe presentato negli uffici dell’Asp di Cosenza con “un tono minaccioso e arrogante“, “incurante delle buone maniere“. Il presidente della Commissione Antimafia, secondo la versione del dirigente, si è scagliato contro Marino e i medici dello staff incolpando lo stesso dirigente dell’Asp perché due suoi parenti ottuagenari non erano ancora stati chiamati per la somministrazione del vaccino. Nell’esposto si legge testualmente: “in data 20/03/2021 tra le 09.30 e le 10:00 circa si presentava nei locali Asp di Serra Spiga un signore che ho riconosciuto essere Nicola Morra, Senatore della Repubblica, accompagnato da due persone che ho compreso essere personale di scorta. Irrompeva quindi nel mio ufficio di Direttore del Dipartimento, interrompendo le attività lavorative proferendo frasi concitate ed accusatorie nei confronti degli operatori sanitari (ad esempio, ‘siete inefficienti e disorganizzati’). All’interno dell’ufficio erano presenti insieme allo scrivente anche il Dott. Vincenzo Gaudio ed il Dott. Pierluigi Coscarelli, i quali erano intenti con me a discutere sulla pianificazione della settimana a venire del piano vaccinale”. Prosegue l’esposto del dottor Marino: “Il Senatore affermava di essersi personalmente presentato per chiedere le ragioni per le quali due suoi parenti non erano stati ancora chiamati per essere sottoposti alla somministrazione del vaccino. In particolare il Senatore Morra riferiva con tono minaccioso ed arrogante di essersi recato in precedenza presso gli Uffici di Via degli Alimena, n. 53, ex Sede della Uoc Igiene Pubblica, lamentando di non aver trovato nessun operatore della struttura operativa che dirigo. Intimidito dall’atteggiamento del Senatore, sommessamente riferivo che in via degli Alimena non vi è più la sede di Igiene Pubblica. Incurante di ciò che io avevo riferito e considerati i toni agitati del Senatore, lo invitavo a moderare i termini, chiedendogli di collaborare per porre rimedio alle problematiche collegate al piano vaccinale. Rimasi meravigliato in quanto nessuna domanda e nessuna richiesta veniva formulata dal Senatore Morra sull’andamento del piano vaccinale della provincia di Cosenza limitando il suo interesse unicamente ai suoi parenti“. Nello stesso esposto poi si evidenzia: “Incurante della mia proposta, il Senatore rimarcava il ruolo istituzionale da lui ricoperto e con tono agitato, utilizzando il cellulare, chiamava a suo dire il viceministro Sileri. Cosa realmente avvenuta in quanto attraverso il servizio viva voce del telefono portatile ha preteso che rispondessi alle domande del viceministro. Quest’ultimo era evidentemente imbarazzato anche perché la conversazione veniva continuamente interrotta dalle urla del senatore Morra. Spiegai al viceministro che da quattro giorni era attiva una piattaforma regionale per le prenotazioni on line, pertanto le stesse prenotazioni non avvenivano per il tramite dell’ufficio che dirigo ma attraverso la piattaforma regionale. Insoddisfatto evidentemente dal comportamento del viceministro, il Senatore contattava il commissario regionale alla sanità calabrese, Dr. Longo“. Secondo l’esposto del dirigente sanitario calabrese , “anche in questo caso si è ripetuta la stessa scena vissuta in precedenza con l’Onorevole Sileri. Telefono con modalità viva voce e tentativo di spiegare al Dr. Longo ciò che era accaduto con il viceministro. La conversazione veniva continuamente interrotta dal Senatore, il quale, ancora una volta incurante delle buone maniere e del ruolo da lui ricoperto, esprimeva delle riserve sulla circostanza che i suoi parenti ancora non erano stati chiamati per essere poi sottoposti a vaccinazioni. Spiegai al Senatore che erano stati compilati gli elenchi per l’area urbana di Cosenza e Rende. Il Senatore pretendeva di consultare il predetto elenco al fine di verificare se fossero presenti i nominativi dei suoi parenti. Entrammo nella stanza per la verifica dei nominativi e unitamente a due miei collaboratori il Senatore iniziava a consultare l’elenco“. L’esposto così prosegue: “Accertatosi che non vi fosse alcuna prenotazione delle persone che gli interessavano, decideva di abbandonare gli uffici Asp. Mentre lui sbraitava, una delle persone della scorta chiedeva al sottoscritto le generalità intimando al sottoscritto di fornire i documenti d’identità. Stesse richieste venivano avanzate nei confronti del Dott. Coscarelli e del Dott. Gaudio. A quale titolo l’uomo di scorta del Senatore procedeva alla identificazione del personale dell’ufficio di prevenzione, procedendo peraltro alla copia dei documenti d’identità attraverso le fotografie effettuate con il cellulare?“. Infine l’esposto, dopo aver dato “della presenza, al momento del verificarsi dei fatti”, oltre del Dott. Gaudio e del Dott. Coscarelli, di altri dieci dottori, conclude: “Pertanto si chiede a Codesto Spettabile Ufficio di Procura presso il Tribunale di Cosenza di voler indagare e conseguentemente accertare tutti i fatti che, sulla scorta di quanto narrato, si ritengono di pregio giudiziario, allo scopo di censurare la condotta, sotto un profilo squisitamente penale, del Senatore Morra e della sua scorta”. In una diretta Facebook, mezzo prediletto di comunicazione degli esponenti del M5S, Morra ha segnato un clamoroso autogol, sostenendo le prerogative parlamentari per giustificare la sua arrogante incursione presso la Asp cosentina, ed anche sull’uso abbastanza spericolato di una scorta che è a sua disposizione per difenderlo dalla mafia e non dai medici, ammettendo lui stesso che i due militari che erano a sua protezione sono stati di fatto costretti a richiedere le generalità delle persone incontrate presso il presidio sanitario. Una giornata ad alta tensione che oggi è diventata un dettagliato resoconto richiesto dai piani alti del Comando generale dell’ Arma dei Carabinieri a Roma. Il presidente della Commissione antimafia Nicola Morra, ha sostenuto che il suo blitz è legato alla sua attività di ispezione in quanto parlamentare eletto in Calabria, scrivendo: ” Questa ispezione è avvenuta a seguito di segnalazioni di cittadini che mi chiedevano d’intervenire vista la scarsità di vaccini ricevuti dai calabresi e, quindi, anche in provincia di Cosenza. Non vedo nulla di strano se il Presidente della Commissione parlamentare antimafia, parlamentare eletto in Calabria, si interessa ed interviene per cercare di aiutare il sistema delle vaccinazioni che in Calabria fa acqua da tutte le parti – lo dicono i numeri. L’ispezione eseguita sabato è una prerogativa di un parlamentare e penso sia dovere di qualunque rappresentante delle Istituzioni provvedere affinché il diritto alla salute venga rispettato anche in Calabria, anche in provincia di Cosenza“. Delle dichiarazioni che vengono smentiti dai medici e dal personale sanitario presente ai fatti. La parola adesso alla magistratura chiamata ad accertare fatti e responsabilità.

Carlo Macrì per il “Corriere della Sera” il 22 marzo 2021. Il presidente della commissione Antimafia Nicola Morra sabato scorso, scortato, è stato protagonista di un' incursione negli uffici della centrale operativa territoriale dell' azienda sanitaria di Cosenza, in contrada Serra Spiga. Sino a qualche settimana fa il centro si occupava delle prenotazioni dei vaccini, oggi competenza della Regione Calabria che ha istituito una piattaforma informatica, in collaborazione con Poste Italiane. Con tono definito «furente», Morra si è scagliato contro il direttore Mario Marino e contro i cinque medici dello staff, tra cui due donne, indicandoli come «incapaci» perché «non in grado di gestire la somministrazione dei vaccini». Nel corso della discussione ha chiesto agli agenti di scorta di identificare tutti i medici presenti. «Il senatore Morra si è presentato in ufficio e ha chiesto chi fosse il responsabile. Subito dopo, ha iniziato ad inveire contro di me incolpandomi del fatto che due suoi parenti, ottuagenari, non erano stati ancora chiamati per la somministrazione del vaccino», dice il direttore Marino con voce flebile per via del malore avuto dopo il «blitz» di Morra. «Ho cercato di tranquillizzarlo, facendolo entrare nella mia stanza, ma non c' è stato verso. Il senatore ha continuato ad aggredirmi verbalmente dicendomi che non siamo all' altezza del nostro compito. Non contento, ha chiamato al telefonino il viceministro alla Salute Pierpaolo Sileri e Guido Longo, commissario ad acta della Regione Calabria, lamentandosi con loro che a Cosenza la campagna di vaccinazione andava a rilento e che non ci sono persone all' altezza per gestire questa emergenza». Il presidente dell' Antimafia contestava a Marino il fatto che da giorni al numero verde per le prenotazioni vaccinali nessuno rispondeva. A nulla sono valse le spiegazioni di Marino, il quale ha cercato di chiarire a Morra che quel numero non era più attivo e che bisognava prenotarsi utilizzando la piattaforma. Non pago della risposta, il presidente dell' Antimafia ha chiesto poi di consultare l' elenco delle persone che si erano prenotate. «Siccome noi non dovevamo nascondere nulla glielo abbiamo fatto vedere, anche perché continuava a sbraitare contro di me e contro gli altri dottori presenti». Neanche quest' apertura, non dovuta da parte dell' ufficio, ha tranquillizzato Morra. «Continuava ad essere rabbioso» dice ancora Marino. «Ad un certo punto se l' è presa pure con i medici di base che non avevano comunicato i nomi degli anziani da vaccinare». La discussione è durato circa un' ora. Poi il senatore, che ieri non è stato reperibile per fornire la propria versione, ha sbattuto la porta ed è andato via. Lasciando steso su un divano con dolori al petto il direttore. Per lui è stato necessario l' intervento di un cardiologo. «Noi lavoriamo da un anno senza sosta dalle 8 alle 20 e ci dobbiamo sentire offesi anche da chi dovrebbe tutelarci» ha concluso Marino, pronto a querelare il presidente dell' Antimafia.

Alessia Candito per repubblica.it il 22 marzo 2021. Il dirigente Asp che lamenta un blitz alla centrale operativa vaccinale di Cosenza e annuncia querele per abuso di potere e interruzione di pubblico servizio contro il senatore Nicola Morra e il parlamentare che rivendica il diritto a fare “ispezioni, che è prerogativa parlamentare, per verificare l’efficacia della campagna vaccinale”. In mezzo, la Calabria che con il 71% delle dosi somministrate è ancora agli ultimi posti per numero di vaccinazioni, in cui la piattaforma informatica di prenotazione è entrata in funzione con più di un mese di fuso orario rispetto al resto d'Italia e dove più volte è capitato che l'appuntamento per la somministrazione si trasformasse in un assembramento autorizzato di anziani e soggetti fragili. Sono versioni diametralmente opposte quelle del dottor Mario Marino, medico legale oggi direttore Igiene pubblica Direttore dipartimento di prevenzione dell'Asp di Cosenza, e del senatore e presidente della commissione parlamentare Antimafia, Nicola Morra, sulla visita del parlamentare alla centrale operativa territoriale per i vaccini. Stando al racconto del medico, Morra si sarebbe presentato urlando alla sede di Serra Spiga, chiedendo conto e ragione del mancato funzionamento del numero verde attivato per permettere agli anziani di prenotare il vaccino. "Spento" contestualmente all'entrata in funzione della piattaforma informatica secondo il dirigente Asp. “Indicato dall’unico dipendente Asp che abbia trovato in servizio”, ancora in funzione e con voce registrata che invita a lunghe quanto inutili attese, per il senatore. Lo avrebbe sperimentato lui stesso - dice - tentando di prenotare il vaccino per gli anziani zii della moglie, ultraottuagenari ma non ancora contattati dall'Asp. “Davvero non so perché l'ha fatto, cui prodest? Forse per via dei suoi due parenti, sicuramente indiretti perché parenti della moglie, che non erano stati vaccinati? – lamenta il medico - L'ha probabilmente interpretata come lesa maestà ma quei due parenti non erano neanche prenotati, perché chiamavano al numero sbagliato”. Nessun favoritismo o questione personale, ribatte Morra, che rivendica di aver agito "perchè il diritto alla salute venga rispettato anche in Calabria, anche in provincia di Cosenza” e già che c’è puntualizza “mi farebbe piacere che mi si spiegasse come avrei perorato la causa dei miei suoceri e secondo altri, dei miei genitori. Purtroppo i miei genitori e mio suocero sono venuti a mancare tempo fa, mentre mia suocera si è già vaccinata quindici giorni”. È vero, dice il senatore, una lunga chiacchierata con Marino c’è stata, ma senza urla o scontri. “Ci siamo anche salutati cordialmente sulla porta del reparto” sostiene Morra.  E la formale identificazione patita dal dirigente sanitario da parte dei due uomini di scorta che seguono il parlamentare? “Lui e un altro medico non avevano la mascherina” sostiene il presidente della commissione antimafia “era atto dovuto”. Non l’ha letta così il dottore Marino, che ai media denuncia una vera e propria aggressione da parte del senatore. Verbale, certo, ma così violenta da provocargli un malore. "Questo è sicuramente abuso di potere, ma credo che querelerò Morra anche per interruzione di pubblico servizio, perché la sua 'visita' ha interrotto il nostro lavoro" annuncia invece Marino, che si è affrettato a riferire l’episodio il commissario dell'Azienda sanitaria provinciale di Cosenza Vincenzo La Regina. Morra invece, riferisce il dottore, "ha chiamato il viceministro alla Salute Pierpaolo Sileri e il commissario ad acta della sanità calabrese, Guido Longo, con i quali non credo abbia fatto una gran bella figura". Vero, conferma il parlamentare, le telefonate ci sono state ma solo per “migliorare il servizio prenotazione e tutto quanto riguardi la somministrazione vaccinale in Calabria”. Né il commissario regionale, né il numero due del ministero hanno - quanto meno per adesso - ritenuto di commentare alcunché, mentre il presidente facente funzioni di Regione Calabria, Nino Spirlì, si è limitato a un "Morra chi?". Il caso ha sollevato un polverone, ma Morra non sembra turbato. “Non vedo nulla di strano se il Presidente della Commissione parlamentare antimafia, parlamentare eletto in Calabria, si interessa ed interviene per cercare di aiutare il sistema delle vaccinazioni che in Calabria fa acqua da tutte le parti”. E poi fa notare “nonostante ad oggi la macchina di somministrazione del vaccino funzioni poco e male questi scarsi risultati non hanno in alcun modo scalfito le retribuzioni dei dirigenti, che dovrebbero garantirci ben altri numeri per le vaccinazioni e ben altri livelli d'assistenza sanitaria in un'azienda sanitaria provinciale con circa 1 miliardo di debiti". Un riferimento velato agli oltre 700mila euro di straordinari pagati al personale dell’Asp di Cosenza preposto alla prevenzione e al monitoraggio del Covid, finiti al centro di diverse interpellanze di un altro pentastellato, Francesco Sapia? Forse. 

Le reazioni. Nel frattempo, l'episodio è diventato un caso politico. "Morra si dimetta, da tutto. Solidarietà ai medici colpiti" dice il leader della Lega, Matteo Salvini. Interviene subito anche Giorgia Meloni per Fdi, che annuncia: "Andremo fino in fondo a questa vicenda e se tutto ciò corrispondesse al vero Morra farebbe bene a dimettersi immediatamente: un comportamento del genere è inaccettabile e indegno per qualsiasi rappresentante delle Istituzioni, figuriamoci per il Presidente della commissione Antimafia". E il capogruppo del Pd in Antimafia, Franco Mirabelli, sottolinea: "Usare il proprio ruolo, e addirittura la scorta, per sollecitare interventi che nulla hanno a che fare col proprio mandato è un abuso inaccettabile soprattutto per chi, come chi presiede la commissione Antimafia, dovrebbe fare della correttezza dei comportamenti e del rispetto delle regole la propria bussola".

Morra: «Non vedo nulla di strano nella mia ispezione all'Asp. E i miei genitori e mio suocero sono morti». Il Quotidiano del Sud il 22 marzo 2021. “Ho dovuto prendere atto che le modalità di prenotazione non sono efficaci soprattutto per chi, magari anziano, non ha dimestichezza con internet ed i siti-web”. Così Nicola Morra, in un comunicato, in cui chiarisce la sua posizione a seguito dell’ispezione nell’Asp di Cosenza in viale degli Alimena per fare un controllo (dal quale sono venute fuori molte polemiche, LEGGI), “esattamente come ho fatto ad ottobre scorso – ricorda Morra – sempre nei locali di Serra Spiga e nei sette giorni addietro quando ho incontrato il Commissario dell’Asp di Cosenza per offrire la mia disponibilità nel sostenere l’azione vaccinale”. “Mi farebbe piacere – scrive il senatore M5S e presidente della Commissione parlamentare Antimafia – che mi si spiegasse come avrei perorato la causa dei miei suoceri e secondo altri, dei miei genitori. Purtroppo i miei genitori e mio suocero sono venuti a mancare tempo fa, mentre mia suocera si è già vaccinata quindici giorni addietro poiché rientrante per ragioni anagrafiche nelle categorie a rischio”. Morra dice di essere andato nei locali dell’Asp di Serra Spiga e di aver incontrato il responsabile della centrale operativa territoriale Mario Marino “che ho messo telefonicamente in contatto con il sottosegretario Pierpaolo Sileri, con Giuseppe Longo, commissario regionale alla sanità, e con Vincenzo La Regina commissario dell’Asp cosentina al fine di migliorare il servizio prenotazione e tutto quanto riguardi la somministrazione vaccinale in Calabria”. Un’ispezione nata dopo “segnalazioni di cittadini che mi chiedevano d’intervenire vista la scarsità di vaccini ricevuti dai calabresi e, quindi, anche in provincia di Cosenza. Non vedo nulla di strano – specifica ancora Morra – se il presidente della Commissione parlamentare antimafia, parlamentare eletto in Calabria, si interessa ed interviene per cercare di aiutare il sistema delle vaccinazioni che in Calabria fa acqua da tutte le parti e lo dicono i numeri. Nonostante ad oggi la macchina di somministrazione del vaccino funzioni poco e male, questi scarsi risultati non hanno in alcun modo scalfito le retribuzioni dei dirigenti che dovrebbero garantirci ben altri numeri per le vaccinazioni e ben altri livelli d’assistenza sanitaria in un’azienda sanitaria provinciale con circa un miliardo di debiti”. “L’ispezione eseguita sabato – conclude Morra – è una prerogativa di un parlamentare e penso sia dovere di qualunque rappresentante delle Istituzioni provvedere affinché il diritto alla salute venga rispettato anche in Calabria, anche in provincia di Cosenza”.

Lei non sa chi è Morra…Se il capo dell’Antimafia si improvvisa ispettore. Nicola Morra colpisce ancora. E scopriamo che oltre a contrastare le cosche, il capo dell’Antimafia si sente in dovere anche di scendere in trincea contro il virus. Rocco Vazzana su Il Dubbio il 22 marzo 2021. Nicola Morra colpisce ancora. Però stavolta non si accanisce sugli elettori della defunta Jole Santelli, colpevoli di aver votato una malata oncologica, se la prende “solo” col dirigente dell’Asp di Cosenza per il malfunzionamento del piano vaccinale. O almeno di questo è convinto il senatore ex Movimento 5 Stelle dopo aver chiamato invano un numero verde per la prenotazione delle fiale. Morra non sa che quell’utenza non è più operativa – da quando per vaccinarsi bisogna iscriversi a una piattaforma online – e aspetta pazientemente oltre 17 minuti al telefono, ascoltando un messaggio preregistrato, poi perde le staffe e si reca fisicamente negli uffici dell’azienda sanitaria. Anche perché ad aspettare l’immunizzazione ci sarebbero anche degli zii ultraottuagenari di sua moglie. E con tanto di scorta al seguito incaricata di prendere le generalità di tutti i presenti, il senatore Morra irrompe nella sede di Serra Spiga (Cs) e chiede conto delle “inspiegabili” disfunzioni del sistema. Perché oltre a contrastare le cosche, scopriamo che il capo dell’Antimafia si sente in dovere anche di scendere in trincea contro il virus. È lui stesso a dirlo, in un video pubblicato su Facebook per smentire la versione del dirigente dell’Asp che ha già annunciato querela contro l’ex grillino per per abuso di potere e interruzione di pubblico servizio. L’ispezione, spiega Morra, nasce «al fine di governaere la pandemia nel miglior modo possibile». E per questo motivo, evidentemente, il politico si sarebbe fatto consegnare l’elenco delle prenotazioni, dopo aver contattato telefonicamente il viceministro alla Salute, Pierpaolo Sileri, e il commissario ad acta della sanità calabrese, Guido Longo. Nel frattempo per il dirigente dell’Asp spaventato dal blitz si è reso necessario l’intervento di un cardiologo.

Morra e i vaccini ai parenti, la rabbia del medico aggredito: «Dovrebbe combattere la mafia…» Lucio Meo martedì 23 Marzo 2021 su Il Secolo d'Italia. I vaccini “preferenziali” tengono banco in Italia, non solo quelli di Andrea Scanzi ma anche quello – che sarebbe stato chiesto per i suoceri – dal presidente dell’Antimafia, il grillino dissidente Nicola Morra. Il presidente dell’Ordine dei medici di Cosenza, Eugenio Corcioni, ha intenzione di andare fino in fondo sull’irruzione di Nicola Morra nella Asl per chiedere la vaccinazioni dei parenti della moglie: ha avviato un’indagine conoscitiva su quanto accaduto, chiedendo al dottor Marino una relazione su quello che è successo, firmata da tutti i medici che erano presenti, dunque attori della vicenda. “Quando mi arriverà la relazione, faremo le nostre valutazioni”, dice all’AdnKronos  commentando il blitz di Nicola Morra, senatore del M5S nel centro vaccinale dell’Asp di Cosenza. Un’indagine alla quale seguirà, con tutta probabilità, quella della magistratura, visto che il medico vittima dell’aggressione non ha, a sua volta, intenzione di accettare la versione data da Morra. “Il blitz rientrava tra le mie prerogative”. “Stasera vado dall’avvocato per mia tutela e valuteremo se ci sono gli estremi per querelare il senatore Morra. Ho già redatto la mia memoria”, dichiara all’AdnKronos il dottor Mario Marino, direttore Igiene pubblica Direttore dipartimento di prevenzione dell’Asp di Cosenza, che torna sulla vicenda e ribadisce la sua versione dei fatti sul blitz del senatore del M5S, Nicola Morra, presidente della Commissione Antimafia, che sabato scorso si è presentato negli uffici della centrale operativa territoriale dell’Asp aggredendo verbalmente, secondo quanto riferito dal dirigente, sia Marino sia i medici dello staff, definendoli “incapaci” di gestire le vaccinazioni e incolpando Marino perché due suoi parenti non erano ancora stati chiamati per la somministrazione del vaccino. Parla anche alla luce del video postato dallo steso Morra su Facebook. “La vicenda che si è verificata è grave – spiega Marino all’Adnkronos -, non ho inventato nulla, tutto ciò che ho raccontato è la pura verità. Morra si è presentato urlando e chiedendo informazioni per due suoi parenti di cui conosciamo i nomi ma non li comunichiamo per privacy. Mai fino ad ora abbiamo detto che tali nomi corrispondevano a suoceri e/o similari, perché non è compito nostro indagare”. Morra, aggiunge il dirigente dell’Asp, “non è venuto a chiedere come si sta sviluppando la vaccinazione degli ottuagenari a Cosenza, ma si è presentato per chiedere come mai questi parenti non erano stati vaccinati. E lo ha fatto aggredendo verbalmente i medici preposti alla gestione delle vaccinazioni in un momento di emergenza. Ma poi lui non è uno sceriffo che può entrare in un ufficio pubblico facendo chiedere alla sua scorta i documenti a tutti. Questa non è intimidazione?”. Subito dopo il dottor Marino sottolinea: “Io avevo la mascherina, non l’ho mai tolta. Quello che dice Morra per giustificare la richiesta di documenti da parte della scorta non è vero. Solo per un attimo il mio collega l’ha abbassata”. Infine, il dirigente dell’Asp conclude con l’AdnKronos: “Io sono in malattia dopo il malore avuto a seguito della vicenda. Mi hanno pregato di ritornare, ora domani vado nuovamente dal cardiologo, sicuramente questa settimana resterò a casa. Ma voglio pormi e porre una domanda: perché Morra invece di battersi contro la mafia si batte contro i medici dell’Asp?”.

  Massimiliano Panarari per "La Stampa" il 23 marzo 2021. Il triangolo no, non l' avevo considerato. E, invece, la polemica quella sì che (Nicola Morra) l' aveva considerata. Perché il senatore già pentastellato è un autentico magnete di polemiche, «piatto ricco mi ci ficco» - specie se si tratta di questioni che riguardano la Calabria, la sua regione d' elezione (e di elezioni), dove ha fatto il professore liceale di filosofia, conservando l' inclinazione per la citazione dotta. Morra, infatti, nelle controversie ci sguazza golosamente. Qualche volta, invece, vien da pensare che ne avrebbe fatto volentieri a meno, come nel caso dell' episodio salito ieri agli "onori" della cronaca. L' antefatto si è svolto sabato scorso, quando il presidente della commissione Antimafia si è presentato con la scorta al centro vaccinale dell' Asp di Cosenza per un sopralluogo improvvisato. Motivazione ufficiale: effettuare un'«ispezione, che è prerogativa parlamentare, per verificare l' efficacia della campagna vaccinale». Ma il blitz è finito tra le urla, e il dirigente Asp Mario Marino lo ha accusato di aggressione, minacce e «abuso di potere», dal momento che il vero intento della "spedizione punitiva" del senatore sarebbe stato quello di fare pressioni per ottenere la vaccinazione di alcuni parenti della moglie. Di qui il coro di proteste, con la richiesta immediata di dimissioni dal centrodestra, e toni poco teneri anche da parte degli ex compagni di partito. Sulla replica del senatore si tornerà tra poco, perché davvero esemplare della forma mentis e della narrativa - sofismi compresi - del grillismo. Antiberlusconiano integrale e anti-Pd intransigente, big di prima fila della fase iniziale del Movimento, Morra è un autentico custode della «cultura del sospetto» e del fondamentalismo originario dell' autoproclamata «rivoluzione grillina». Con un cursus honorum (assai accelerato, come per parecchi esponenti della generazione degli «antemarcia») che lo ha traghettato in poco tempo dal meetup all' ingresso, nel 2013, in Senato. Dove è stato vicepresidente della commissione Affari costituzionali, quindi capogruppo e, dopo le elezioni del 2018, ha assunto la presidenza di quella Antimafia. Commissione parlamentare delicata e importante per il Paese, come pure centrale a livello simbolico per quel M5S che sulle battaglie per la legalità (e, al medesimo tempo, sul populismo giudiziario usato come una clava contro gli avversari politici) ha edificato le proprie fortune. Una postazione dalla quale il pugnace uomo politico non si è appunto fatto mai mancare dispute e controversie. Tanto da incappare anche in alcune gaffe alquanto spiacevoli, di cui ha rivendicato spesso orgogliosamente la paternità sostenendo di non avere paura di apparire «politicamente scorretto». Come le sue dichiarazioni del novembre scorso a Radio Capital sulla malattia oncologica di Jole Santelli, e quelle sul voto in Calabria «irrecuperabile», «dimostrazione che ogni popolo ha la classe politica che si merita», seguite da una tale ondata di sconcerto da costringerlo a scusarsi. D' altronde, Morra il recidivo aveva già dato fuoco alle polveri sul tema poco tempo prima, quando aveva detto di non avere votato nelle regionali della Calabria il candidato presidente del M5S. Un gusto per la provocazione che, in qualche modo, però, si tiene con l' ortodossia pentastellata delle origini, a cui si considera nei secoli fedele. E nel nome della cui eredità ha contestato la recente espulsione da una formazione politica che, invece, è perennemente in Movimento e metamorfosi. Ma la maledizione (autoinflitta) della nemesi continua a collegare, peggio di una catena di Sant' Antonio, molti dei grillini e affini. Nati per dare un roboante sfratto alla casta, una volta entrati nel Palazzo si sono accorti che ci si sta niente affatto male, e hanno finito per adottarne costumi e malcostumi. Come quello di un certo nepotismo e clientelismo (termine che usiamo nell' accezione politologica, e non in quella giustizialista che tanto piaceva nei dintorni delle 5 Stelle), di cui la Parentopoli al Comune di Roma di queste ore è solo l' ultima manifestazione. E, difatti, la replica del senatore Morra alle accuse - contenuta in un video su Facebook perché, come da tradizione (e disintermediazione) pentastellata, «non mi fido più di tanti giornalisti» - suona un po' come un' arma di distrazione di massa. Altra peculiare specialità grillina.

Grazia Longo per "la Stampa" il 23 marzo 2021.

Dottor Marino, il senatore Morra dice che il suocero è morto e la suocera è già vaccinata.

«E che c' entra? Io non ho mai riferito di aver ricevuto proteste per i suoceri. Morra mi ha aggredito verbalmente perché nelle prenotazioni dei vaccini non risultavano due parenti della moglie. Forse degli zii. La verità è che si sta arrampicando sugli specchi».

Eppure Morra insiste di essere venuto a lamentarsi in difesa dei comuni cittadini.

«Ma quali comuni cittadini? Ci ha fornito i nomi e le date di nascita di questi parenti over 80, un uomo del 1933 e una donna del 1937. E quando non li ha trovati sulla lista ha fatto il pazzo».

Che cosa le ha detto?

«Che sono incompetente e inefficiente perché lui aveva provato a telefonare al numero verde per le prenotazioni ma non rispondeva nessuno. Ho provato a spiegargli che il numero non era più valido e che ora funziona la piattaforma in collaborazione con le Poste ma lui non voleva sentire».

Perché?

«Secondo lui gli ultra ottantenni non sanno usare Internet e a nulla sono valse le mie rassicurazioni sul fatto che si può anche prenotare telefonando al Cup o attraverso il postino. Ha pure chiamato al telefono il viceministro alla Sanità Sileri e il commissario alla Sanità calabrese Guido Longo».

Come hanno reagito?

«Li ha chiamati con il viva voce: Sileri è rimasto di stucco e ha provato a dire che le cose erano cambiate. Lo stesso ha fatto Longo».

E così Morra si è calmato?

«Macché, era ancora più infuriato, ha chiesto ai due suoi poliziotti di identificare me e i miei colleghi e ha continuato a inveire, tanto che ho cominciato ad avere fitte al cuore».

È stato costretto a rimanere a casa per il malessere?

«Proprio così, ho la pressione a 180. Domani (oggi per chi legge) vado dai carabinieri a denunciarlo per abuso di potere, interruzione di servizio e pure per falso».

Nicola Morra e la scorta in ospedale, quello che non si sapeva. Francesco Storace lo inchioda: "Perché l'hanno fatto?" Libero Quotidiano il 23 marzo 2021. Nicola Morra, presidente della commissione antimafia, continua a fare gaffe dopo l'enorme clamore politico che ha registrato il suo blitz in un centro vaccini calabrese. Stavolta, a sottolineare e a criticare l'errore del grillino, è Francesco Storace dalle colonne del Tempo. "Nella piazzata che si sarebbe svolta l'altroieri nella As1 di Cosenza, avrebbe ragione solo su un punto, quando si è parlato dei suoi suoceri, come riferivano le fonti giornalistiche locali. Ma le successive dichiarazioni del dottor Mario Marino, responsabile del centro visitato da Morra, continuano ad attribuirgli parenti da vaccinare. Se la vedranno loro in tribunale, se ci saranno le querele annunciate reciprocamente e una volta tanto non contro l'informazione", chiarisce Storace. Che evidenzia l'errore di Morra: "I due video, ciascuno a distanza di due ore e mezzo dall'altro, con cui il presidente della commissione antimafia ha tentato di chiarire la propria posizione. In entrambe le dirette facebook Morra non ha ovviamente risposto alle domande del caso. Non solo se è vero quel che dice il dottor Marino sui parenti da vaccinare, ma anche sull'uso abbastanza spericolato di una scorta che è a sua disposizione per difenderlo dalla mafia e non dai medici. Lo ha ammesso lui stesso: i due agenti che stanno a sua protezione si sono messi a chiedere le generalità delle persone incontrate presso il presidio sanitario". scrive l'ex senatore. Storace, infine, evidenzia l'inopportunità istituzionale di alcuni atteggiamenti di Morra che non sono piaciuti neanche alle forze dell'ordine. "La cosa grave è proprio l'identificazione dei presenti da parte dei due poliziotti, che ha suscitato le ire di qualche rappresentante sindacale. E la Federazione Sindacale della Polizia di Stato ad esprimere 'massima vicinanza ai colleghi coinvolti in questa triste vicenda, che auspichiamo non sia reale, immaginando lo stato di imbarazzo al quale sono stati costretti ad "operare", dopo le notizie trapelate in queste ore rispetto al blitz del presidente della Commissione parlamentare antimafia, Nicola Morra, negli uffici dell'Azienda sanitaria provinciale di Cosenza''", conclude Storace.

La polemica. Morra archivia “l’honestà”: con l’irruzione all’Asl di Cosenza si macchia di un reato odiato dai grillini. Tiziana Maiolo su Il Riformista il 23 Marzo 2021. Quando il Presidente della Commissione bicamerale Antimafia ha saputo quel che era successo alla Asp di Cosenza, dove un energumeno di nome Nicola Morra aveva preso a male parole il dirigente fino a fargli perdere i sensi per un malore, al grido di “onestà onestà” ha immediatamente chiamato la Procura della repubblica e denunciato il fatto e l’autore. Per diversi motivi. Prima di tutto perché in terra di Calabria (regione che lui conosce bene perché sua moglie è di quelle parti) se c’è qualcuno che minaccia e intimidisce, è bene che se ne occupi subito il dottor Gratteri, che quanto meno un concorso esterno in associazione mafiosa non nega a nessuno. E poi, se è vero che l’energumeno si è presentato addirittura accompagnato da una scorta (si presume) armata, che avrebbe proceduto all’identificazione di tutti i presenti, il fatto sarebbe addirittura oltraggioso nei confronti di chi fa con abnegazione il proprio dovere quotidiano in difesa dei cittadini onesti. È chiaro infatti che l’energumeno avesse poco a che fare con il partito degli onesti, dal momento che, insieme ai reati di ingiuria e minaccia, si macchiava anche di uno dei delitti più odiati, perché anche immorali, dal Presidente dell’Antimafia, cioè il traffico di influenze. Infatti con la sua protesta il cittadino Nicola Morra esigeva un privilegio per la propria famiglia, con l’immediata vaccinazione di suoi due parenti, che, diceva, al contrario di tutti gli ottantenni di Cosenza e forse d’Italia non erano ancora stati punti all’avambraccio sinistro. Mentre i dipendenti dell’Asp, tra malori e svenimenti cercavano di spiegare all’energumeno che se voleva aiutare i suoi familiari doveva collegarsi con l’apposita piattaforma informatica, proprio come si faceva con quella intestata a Rousseau, il cittadino Nicola Morra afferrava il telefono e mostrava ai poveri incapaci come si fa per ottenere il bene agognato, il vaccino anti-covid. Prima si chiama il sottosegretario alla salute Sileri: Pierpaolo, ma lo sai che i mie parenti sono gli unici ottantenni di tutto il mondo a non esser stati ancora vaccinati? Poi si passa al Commissario straordinario della Calabria Guido Longo: ma lei lo sa che come l’ho messa lì la posso togliere? Ci metto Giuseppe Conte che adesso è disoccupato e lei va a casa. L’ultima legnata è per il commissario dell’Asp di Cosenza Vincenzo La Regina, anche se ormai è terminata la riserva di minacce. L’ultimo pensiero del cittadino Nicola Morra, prima di allontanarsi con la sua scorta, è di disprezzo per tutti questi calabresi che sicuramente (ne sono certo, pensa tra sé) avevano votato per la presidente della Regione Jole Santelli pur sapendola gravemente malata. «Se però -aveva detto – ai calabresi questo è piaciuto, è la democrazia, ognuno dev’essere responsabile delle proprie scelte». Così rimugina, mentre scattano ai suoi polsi le manette del procuratore Gratteri, mandato dal presidente della Commissione parlamentare antimafia. Concorso esterno in associazione mafiosa.

Da ilmattino.it il 16 marzo 2021. Gentile Direttore Monga, il maledetto Coronavirus ha portato via anche Raoul Casadei, il re del liscio, a 83 anni. Una persona splendida e con la musica nel suo Dna. Casadei è l’ultimo personaggio noto rapito alla vita. Ma penso, in precedenza, a Lucia Bosé, l’architetto Vittorio Gregotti, al giornalista Pino Scaccia, al vescovo di Caserta monsignor D’Alise, a Stefano D’Orazio dei Pooh, allo scrittore cileno Luis Sepulveda, al regista coreano Kim Ki-Duk. Insomma, il virus non fa differenze di casta, età, condizione. Gli oltre centomila decessi in Italia sono la dimostrazione della forza di questa pandemia, che si sta combattendo con il vaccino. È importante è non mollare e fare discriminazioni. Tutti insieme torneremo a sorridere. Franco Petraglia Cervinara

Risposta del direttore Federico Monga. Caro Franco, se, come ricorda lei, la letalità del Coronavirus è democratica, ovvero colpisce indipendentemente dallo stato sociale, economico o culturale altrettanto deve essere la campagna vaccinale per combattere l’epidemia. In questi giorni abbiamo assistito, invece, a una vergognosa e goffa corsa al privilegio da parte di alcuni rappresentanti delle corporazioni. Purtroppo tra questi si è distinto anche Ottavio Lucarelli, il presidente dell’Ordine dei Giornalisti della Campania che ha provato, grazie al presidente De Luca invano, a far saltare la fila alla categoria in nome non si capisce di quale diritto o maggior rischio. Tanti lavoratori hanno contatti quotidiani e ravvicinati con altre persone. Non vedo una vera ragione, se non la difesa di casta, perché i giornalisti debbano venire prima delle cassiere dei supermercati o di un conducente di autobus o degli operai di un’industria metalmeccanica. Gli unici criteri da seguire, invece, sono la fragilità sanitaria e l’età. Solo per queste due variabili è dimostrato un legame con la letalità da Covid. Allora insistiamo, e battiamoci, perché si faccia in fretta ma aspettiamo tutti il nostro turno. In fila. Democraticamente. Come hanno fatto il virus e il presidente degli italiani Sergio Mattarella.

Alessandro Trocino per il “Corriere della Sera” il 12 marzo 2021. L'apripista è stato il presidente della Campania Vincenzo De Luca che si è fatto vaccinare il 27 dicembre: «L'ho fatto per dare l'esempio». Ora il numero di politici vaccinati aumenta: in Toscana a decine si sono immunizzati, approfittando della norma che consentiva agli avvocati di avere priorità. Tra loro ci sono due esponenti di Italia viva, il senatore Francesco Bonifazi e l'assessore regionale Stefania Saccardi. Ma anche sindaci e assessori di ogni colore. Saltare la fila non è un vizio solo nostrano: il governo greco del premier Kyriakos Mitsotakis si è vaccinato in massa. Così anche il premier della Repubblica Ceca Andrej Babis e la presidente della Slovacchia Zuzana Caputova. Buon esempio o privilegio? Il presidente Sergio Mattarella ha aspettato il suo turno e si è messo seduto in fila con gli altri. Joe Biden l'ha fatto subito, tra gli elogi. Come il sindaco di Corleone Nicolò Nicolosi, 78 anni, che però si è dovuto dimettere. I politici sono cittadini come gli altri oppure l'indignazione è il lascito della stagione dell'«uno vale uno»? Prendiamo la Toscana. Ha inserito avvocati, magistrati e cancellieri nelle categorie con priorità. Poi, travolta dalle polemiche, da lunedì ha cancellato la norma. Tre assessori/avvocati della giunta Nardella si sono vaccinati. Da Palazzo Vecchio si parla di «deriva populista». Bonifazi, che si è già fatto 36 giorni di Covid, preferisce non commentare, ma ricorda di esercitare quotidianamente la professione di avvocato. La Saccardi su Facebook è stata travolta dalle polemiche: è avvocato, ma non esercita da anni. Al Corriere spiega: «Il requisito dell'esercizio non è stato richiesto a nessuno degli 8.000 avvocati vaccinati. Anche medici in pensione si sono vaccinati. Per essere iscritti all'ordine, poi, bisogna avere delle cause patrocinate e un fatturato che consenta il pagamento della cassa di previdenza. Rispondo ai requisiti». E ancora: «Ricordo che il vaccino AstraZeneca non era consentito a anziani, cronici, oncologici o fragili in generale». Il sindaco di Avola Giovanni Luca Cannata (Fratelli d'Italia) si è difeso con più enfasi, troppa: «Perché un malato oncologico è più a rischio di me? Lui può stare a casa ed evitare contatti». Il primo cittadino di Massa Francesco Persiani, leghista, tiene famiglia: «Non ho chiesto favoritismi, la regola ce lo consentiva. Mi sono confrontato in famiglia e mi hanno detto: papà, e se ti contagi? Ho scelto con il buon senso del padre di famiglia, ma non ho scavalcato nessuno. Noi non dobbiamo essere trattati né peggio né meglio degli altri». Francesco Micheletti, assessore FdI a Siena: «Sono avvocato e, incidentalmente, politico. Forse la scelta di vaccinare i legali è stata discutibile, ma non l'ho fatta io. Mi sono adeguato». Avvocati, ma anche giornalisti. Il presidente dell'ordine nazionale Carlo Verna aveva chiesto «priorità per chi garantisce l'informazione in situazioni di rischio». In Campania dall'entourage di De Luca minimizzano: «Ma no, tutti ci hanno scritto, abbiamo risposto che quando sarà il momento, toccherà a loro. Ma prima ospedali e anziani». E il presidente dei giornalisti campani Ottavio Lucarelli dice: «La vaccinazione avverrà in parallelo con gli over 80. L'informazione è servizio pubblico essenziale».

Emanuele Lauria per “la Repubblica” il 28 marzo 2021. Il suo sfogo, in rete, è già diventato una hit: «Sono talmente incazzato per il fatto di essere stato preso per il culo quando ho detto che i politici avrebbero dovuto essere vaccinati, che oggi ammazzerei qualcuno. Perché noi siamo la casta, capito, e non ci spetta nulla. Agli altri, poveri, magistrati, avvocati, sì... E a noi niente». Così parlò, dal pulpito della presidenza dell'Assemblea regionale siciliana, Gianfranco Micciché. Palazzo dei Normanni, Palermo, interno sera: il numero uno dell'Ars ha appena saputo di un caso di Covid che riguarda un collaboratore di un dirigente della Regione e che rischia di fare esplodere un focolaio. Perde la pazienza, si sbraccia, manda tutti i consiglieri a casa: «Ma io l'avevo detto, era scientifico che succedeva».

Cominciamo dall'inizio, un mese fa più o meno.

«Affermai che eravamo a rischio, noi deputati regionali, perché sapevo che durante la Finanziaria il Palazzo che ospita l'Assemblea quadruplica almeno i suoi frequentatori. Ma fui messo sotto tiro dagli odiatori seriali, la facile lettura fu quella di Micciché che difendeva i privilegi della casta. Ecco, è questa lettura che mi ha fatto incazzare».

Intendeva dire che i politici devono vaccinarsi prima degli altri?

«Quando dissi quelle cose si ragionava ancora, in diverse regioni, per categorie a rischio. E sinceramente credo che io e i miei colleghi rischiamo di più di un magistrato quando le aule di giustizia sono chiuse o di un prof universitario che da un anno fa lezioni a distanza. O no?»

Si rende conto che ci sono over 80 che ancora non sono riusciti a vaccinarsi?

«Me ne rendo conto eccome: hanno tutto il diritto di farlo subito. Io ritengo che l'ordine di priorità per categorie, in materia di vaccinazioni, è una cosa demenziale. Ha fatto benissimo Draghi, e non ringrazierò mai abbastanza Renzi per avere favorito il suo arrivo a Palazzo Chigi, a instaurare un ordine basato solo su età e patologie».

Quindi non reclamate più alcuna corsia preferenziale.

«Proprio per nulla. Io ho solo lanciato l'allarme di fronte a una sessione di lavoro del parlamento siciliano che minacciava di creare assembramenti. Non sono stato ascoltato ma dileggiato, in un Paese in cui ormai vince sempre la demagogia. Purtroppo avevo ragione io, e mi fa tristezza dirlo: l'autista del Ragioniere generale della Regione è stato contagiato, diverse persone sono state poste in quarantena fra cui lo stesso dirigente che in questi giorni ha fatto moltissimi incontri. Siamo in attesa dell'esito dei tamponi. Speriamo che non scoppi un focolaio, sennò gli infetti potrebbero essere centinaia».

Converrà che ci sono stati molti casi di Covid anche alla Camera e al Senato e nessuno ha chiesto di vaccinare prima i parlamentari.

«Però il problema i presidenti se lo sono posto, e hanno fatto bene. Montecitorio l'ho frequentato a lungo da deputato, il Senato lo conosco bene. Ci sono spazi che permettono di lavorare con maggiore serenità rispetto all'Ars».

Per il vaccino aspetterà il suo turno.

«Guardi, essendo cardiopatico potrei già vaccinarmi. Andrò appena possibile e mi metterò in fila. Ma anche su questo permettetemi di andare controcorrente: un Paese che applaude Mattarella perché ha aspettato il suo turno è un Paese eticamente fallito. Il Capo dello Stato, la massima figura del nostro ordinamento, il capo delle nostre forze armate, avrebbe dovuto fare per primo il vaccino. Senza polemiche e dibattiti. Ma ormai i demagoghi hanno vinto, sono rassegnato».

Vaccino, l'europarlamentare di Forza Italia Aldo Patriciello sotto accusa: "Ha saltato la fila". Carla Ferrante Libero Quotidiano il 12 marzo 2021. Stanno venendo a galla tutte le «vittime del privilegio» - per dirla alla Gandolfo Librizzi, il sindaco di Polizzi, in Sicilia, salito agli onori delle cronache per aver goduto del vaccino anti-Covid 19 insieme al suo vice sindaco, il medico in pensione, Angela Madonia, nonostante non ne avessero ancora diritto. Al contesto machiavellico, che non conosce limite alla spregiudicatezza di chi sogna il potere "divino" della salute, fa eco quello della vergogna che non conosce discolpa. Dopo i casi dei furbetti in Sardegna, in Toscana e in Sicilia, in un'altra regione, in Molise, già travolta dall'indagine in corso sul commissario ad acta della sanità accusato di omissione di atti d'ufficio e abuso di ufficio, i furbi vengono a galla uno ad uno. E non c'è pietà che regga. Non basta la toppa a coprire il buco, lo "scandalo" ha colpito. A finire nel registro dei furbetti l'eurodeputato Aldo Patriciello, di Forza Italia, che a sua discolpa in un post su facebook apparso qualche ora dopo le indiscrezioni, scrive: «Vaccinarmi non è stato solo un diritto, ma un vero e proprio obbligo che ho avvertito come forma di rispetto nei confronti delle centinaia di collaboratori, medici, infermieri, personale amministrativo, addetti alla manutenzione, con cui quotidianamente vengo a contatto per motivi di lavoro. Tutto ciò anche per aderire scrupolosamente alle disposizioni del Commissario all'emergenza Covid che raccomandano di vaccinare chiunque graviti stabilmente nelle strutture ospedaliere e sanitarie, a qualunque titolo». Qual è il titolo di Patriciello? Lo riferisce sempre lui nel post: «Imprenditore a capo di un gruppo sanitario che opera in sei regioni italiane». E quando tutto sembrava rientrato nella normalità, ecco che spuntano nuove indiscrezioni, che travolgono sempre l'europarlamentare. Questa volta tra gli imbucati spuntano i dipendenti del circuito tv che ruota intorno alla famiglia Patriciello. A vaccinarsi, saltando la fila, sono stati alcuni giornalisti e operatori video dell'emittente locale. A scatenare lo scandalo, pare sia stato proprio un selfie scattato da un giornalista e postato sui social network. A gettare acqua sul fuoco divampato in pochissimo tempo, le giustificazioni affidate da un altro giornalista dell'emittente a un quotidiano online «Nessun cattivo esempio, i giornalisti hanno continui rapporti con le cliniche del Neuromed, quindi soggetti a rischio contagio». Una bella gatta da pelare per l'europarlamentare. Intanto la Procura vuole vederci chiaro e manda i Nas a indagare. Requisiti negli uffici dell'Asrem faldoni di documenti e i registri delle vaccinazioni. L'Asrem, intanto, mette le mani avanti. Il dg dell'azienda sanitaria, Oreste Florenzano, spiega il procedimento di consegna delle dosi alle strutture sanitarie accreditate con il sistema sanitario regionale. In buona sostanza le strutture private hanno inviato il numero di dipendenti da vaccinare e l'Asrem senza battere ciglio ha inviato le dosi. «Asrem - spiega Florenzano - effettua i controlli analitici solo sui propri punti vaccinali. Sappiamo chi sono le persone che noi vacciniamo». Del chi, del come e del quando fuori dalle loro quattro mura all'Asrem poco importa. Il responsabile delle vaccinazioni e delle consegne per Florenzano ha un solo nome ed è il commissario ad acta Giustini, ad un passo dalla sostituzione.

Vaccino, non solo la Binetti: i nomi dei 34 politici che chiedono a Speranza subito una dose. Libero Quotidiano il 14 marzo 2021. 34 senatori hanno chiesto al ministro della Salute, Roberto Speranza, di vaccinare "con urgenza" tutti gli onorevoli che siedono sui banchi di Palazzo Madama. "Perché considerando sia l'età media che il ruolo che svolgiamo, non siamo meno a rischio di docenti, membri delle forze armate e altre categorie considerate prioritarie dal nuovo piano urgente per le vaccinazioni". Così c'è scritto in una interrogazione, del 4 marzo scorso, nata su iniziativa di Paola Binetti (Udc). La senatrice ha spiegato anche di "non voler saltare la fila, ma solo di considerare le circostanze". L'interrogazione ha trovato largo seguito a Palazzo Madama. Ma i firmatari dell'interrogazione non sono tutti over 80. L'età media, ha scoperto il Tempo, di questi parlamentari è di 60,5 anni. Il governo Draghi ha infatti deciso di vaccinare con il principio a scalare. Partendo da chi ha un'età più avanzata e scendendo progressivamente verso le fasce più giovani. I firmatari dell'interrogazione ritengono di lavorare in prima linea come poliziotti, carabinieri, insegnanti, medici ed infermieri. In Senato attualmente ci sono 15 senatori, che sono stati colpiti dal virus Covid-19, e nelle proiezioni che gli epidemiologi esperti fanno di questo indice, è realisticamente possibile supporre che entro la fine del mese potrebbero essere colpite almeno 50 persone, rendendo di fatto problematico lo svolgimento delle attività parlamentari. Situazione altamente probabile", si legge nell'interrogazione. I firmatari dell'interrogazione chiedono a Speranza inoltre se "non ritenga ormai utile, necessario e improcrastinabile procedere alla vaccinazione urgente dei senatori". Qualcuo prova a spiegare: "Non c'è alcun privilegio di casta è una retorica che non porta a nulla di buono. Il punto non è salvare dal contagio il singolo parlamentare, ma riconoscere la funzione pubblica della categoria. Io non ho particolari smanie di vaccinarmi subito, ma il Parlamento va rispettato, spiega Andrea Cangini, 52 anni, di Forza Italia. Silvia Vono di Italia Viva, 52 anni compiuti oggi domenica 14 marzo, parla di "ruolo del parlamentare a tutela dei cittadini: non è una questione di casta, ma di logica e di buon senso". Gabriella Giammanco, la più giovane dei firmatari con i suoi 43 anni è di Forza Italia: "Aspetterò il mio turno volentieri, ho sottoscritto l'interrogazione per solidarietà nei confronti della senatrice Binetti, una donna di 77 anni che viaggia, incontra persone e trascorre ore in un'Aula piena di gente", spiega sempre al Tempo. Ci sono anche i primi pentiti come Michelina Lunesu, 66 anni, della Lega. "Non avevo letto bene il testo, l'ho interpretato male. Pensavo che la Binetti volesse chiedere a Speranza solo quando noi senatori saremo vaccinati. Non appena mi sono resa conto dell'errore, ho ritirato la mia firma". 

Diodato Pirone per "il Messaggero" il 4 marzo 2021. Nel Paese delle corporazioni l' una contro l' altra armate e del lei non sa chi sono io non poteva non scoppiare una guerra civile a bassa frequenza anche sui vaccini. Al grido prima a me l' Italia sembra marciare unita come mai, dalla Lombardia alla Sicilia, per rivendicare una corsia preferenziale alla fiala. A Milano a far scoppiare il putiferio è stata una delle incredibili lentezze di una Regione che sembra aver smarrito lo smalto dell' efficienza meneghino. Pur conservando gelosamente nei suoi frigo ben 356.000 vaccini sul milione consegnato, Regione Lombardia ha deciso di dividere in figli e figliastri gli addetti all' istruzione iniziando a vaccinare il personale delle Università prima di quello dei licei e delle primarie. Non l' avesse mai fatto! I sindacati si sono subito inalberati, per non parlare dei bidelli e degli impiegati delle scuole primarie e secondarie. I giornali locali sono stati inondati da lettere di protesta: prof. di liceo contro baroni, presidi contro rettori. Risultato? Tutto fermo. A ieri sera in tutta la Lombardia risultavano vaccinati la bellezza di 516 professori (sempre di più dei 139 della Sardegna, ma è una magra consolazione) contro i risultati napoleonici raggiunti nel frattempo dalle Regioni terrone: 50.794 prof. somministratati in Campania, 31.358 in Puglia; 26.288 nel Lazio; 18.471 in Sicilia. Già, la Sicilia. Qui lo scontro fra categorie sulle vaccinazioni è una zuffa di tutti contro tutti. Gli avvocati hanno ufficialmente chiesto a Palazzo delle Aquile di essere considerati una categoria a forte rischio. E la Regione Sicilia (peraltro in compagnia di Toscana e Lombardia) ha accettato. «E allora noi che cosa siamo carne da macello?», è il senso di una piccatissima mail spedita alla Regione (e ai giornali) da Filcams Cgil, Fisascat Cisl e Uiltucs Uil a nome delle migliaia di commessi dei supermercati e dei negozi. Missiva letta anche dai consiglieri regionali siciliani che ovviamente hanno chiesto anche loro - nonostante la dura opposizione degli eletti 5Stelle - di essere inseriti negli elenchi dei servizi essenziali cui assicurare l' immediata vaccinazione. Che incauti, questi avvocati siciliani. Loro malgrado hanno finito per aprire un feroce conflitto all' interno della loro stessa categoria. Perché il Consiglio dell'Ordine degli Avvocati di Roma ha scritto al ministero della Giustizia di «riportare un minimo di razionalità nella schizofrenia delle Regioni» per cui gli avvocati siciliani, toscani e lombardi sembrano aver acquisito un diritto in più rispetto ai loro colleghi delle altre 17 Regioni. Che tutto questo ambaradam sia incostituzionale? La domanda non sfiora i notai che hanno fatto ufficialmente presente al ministero della Sanità la pericolosità del loro delicato lavoro che li espone a molti incontri in luoghi chiusi. Ma anche i giornalisti pugliesi non sono da meno. Sono quasi tutti in smart working ma hanno chiesto alla loro Regione di essere vaccinati immediatamente in quanto servizio essenziale, al pari di forze dell'ordine, forze armate e insegnanti. Altre categorie che si distinguono nello sgomitìo corporativo? Un posto d' onore spetta ai magistrati. Sono già stati inseriti nella «corsia preferenziale della profilassi», traduzione burocratese del privilegio, ma anche qui le falangi della categoria hanno perso pezzi: chissà perché i magistrati tributari sono stati esclusi dalla corsa al vaccino a differenza dei loro colleghi ordinari, amministrativi, contabili e militari. E naturalmente i tributari strillano. Abbastanza inutilmente, però, perché i vaccini restano un miraggio irraggiungibile e quei pochi disponibili alcune Regioni se li tengono ben stretti nei loro frigoriferi. Per incapacità? O perché ai presidenti di Regione piace scegliere fior da fiore quale corporazione privilegiare?

F. Pac. per il "Corriere della Sera" il 3 marzo 2021. L'allarme è scattato a Padova, dove hanno dovuto anche bloccare il sistema informatico che gestisce gli appuntamenti per le somministrazioni. Tra dosi non consegnate, poco personale medico e molte fiale rimaste nel congelatore, la macchina dei vaccini deve fare i conti anche con i furbetti della doppia prenotazione. Cioè gente che non vuole aspettare il suo turno e le prova tutte pur di vedersi inoculato il farmaco prima del dovuto rispetto al calendario delle somministrazioni. Entrando nello specifico e stando all' ultimo caso che ha svelato il Gazzettino, parliamo di insegnanti padovani che dopo aver prenotato la loro dose, hanno provato a riservare (usando le proprie credenziali) un altro appuntamento anche per un parente, utilizzando il portale a loro dedicato. Secondo la locale azienda sanitaria locale (la Ulss 6 Euganea) i casi scoperti sarebbero una decina, ma è prematuro definire il perimetro del fenomeno. C' è chi parla di oltre una cinquantina di episodi. Al riguardo, anche al ministero della Salute vogliono capire se, a livello nazionale, truffe simili si siano verificate in altre parti d' Italia. Il meccanismo della truffa è abbastanza semplice. A Padova come in altre Regioni d' Italia, gli insegnanti - categoria che viene immunizzata in via prioritaria visto l' alto contatto con altre persone, in primis gli studenti - devono collegarsi a un portale apposito per prenotare la prima dose del vaccino AstraZeneca. Per farlo devono inserire nominativo e codice fiscale, prima di vedersi fissato un appuntamento. Si fa tutto online e anche velocemente. Qualcuno, confidando nella fortuna e in barba alle regole, ha pensato bene che il meccanismo fosse aggirabile: si è collegato una seconda volta alla pagina web della Regione, ha di nuovo inserito il proprio codice fiscale, ma stavolta ha cambiato il nome di battesimo, sostituendo al suo quello di un parente. Peccato per loro che all' Ulss Euganea un dipendente più attento e zelante del dovuto si sia accorto che qualcosa non andava. L' azienda locale, infatti, deve controllare che ci sia corrispondenza tra i dati inseriti online dai singoli e quelli presenti nei registri forniti dai provveditorati. Un funzionario dell' Ulss 6 ha scoperto che in alcuni casi a uno stesso codice fiscale corrispondevano più appuntamenti. Pensava a un errore, ma andando a fondo ha notato che cambiava il nome, non il cognome, del destinatario della fiala.

STOP AGLI APPUNTAMENTI. Da qui la decisione di bloccare il portale e ricontrollare tutta la lista. Il direttore generale dell' Azienda Ulss 6 Euganea, Paolo Fortuna, ora non esclude di informare la magistratura. «Ci siamo resi conto - spiega - dell' uso del codice fiscale per più prenotazioni, e abbiamo fatto una pulizia applicando ulteriori filtri al sistema».

Come detto, ora si vuole capire se nel resto d' Italia ci sono state truffe simili. Tenendo conto che chi attesta il falso con un' autocertificazione, stando all' articolo 76 dpr 445 2000, rischia fino a 2 anni di carcere. Nel Lazio, fanno sapere ambienti vicini alla Regione, che qualcuno avrebbe tentato lo stesso blitz, ma in maniera più rozza: fingendosi insegnante. Inutile dire che sarebbero stati subito scoperti, perché il portale pretende anche di conoscere la scuola di appartenenza. Sempre nel Veneto, un paio di settimane fa, si era venuto a conoscenza di cliniche private che, sfruttando il sistema della panchina - cioè fornire le dosi di chi non si è presentato a un altro soggetto per non buttarle - avevano inserito in lista medici, che non avevano diritto in via prioritaria al farmaco. In quest' ottica va ricordato che i Nas - dall' Emilia Romagna alla Sicilia - hanno passato ai raggi X le cartelle di 540 persone vaccinate in tutt' Italia, perché grazie ad amici medici compiacenti, avrebbero ottenuto l' immunizzazione prima del dovuto. Proprio in Sicilia la giunta Musumeci ha approvato un decreto che impedisce ai furbetti di ottenere la seconda dose, dopo aver in maniera proditoria ottenuto la prima. È stato presentato anche un ricorso al Tar di Catania, prontamente respinto dal locale tribunale amministrativo. A Napoli il pm Simone De Roxas, del pool reati che indaga contro la pubblica amministrazione, ha ipotizzato che alla prima maxi vaccinazione alla Mostra d' Oltremare circa 30 persone si siano intrufolate tra i medici e abbiano ottenuto il farmaco, pur non avendone diritto.

I NUMERI. A metà gennaio da più parti - e sottraendo le dosi conteggiate solo a livello nazionale e non in quello locale - si ipotizzò che circa 100mila persone avevano ottenuto l' inoculazione senza motivo. Un numero che poi è stato ridimensionato quasi della totalità, con gli inquirenti - le indagini non sono ancora chiuse - che sono arrivati alla conclusione che i furbetti fossero per lo più medici in pensione o non in prima linea, che avrebbero più semplicemente saltato la fila.

Lorenzo De Cicco per "Il Messaggero" il 10 marzo 2021. Arrivano i prof per il vaccino anti-Covid. Anzi no, sono matricole dell'università che hanno provato a saltare la fila della profilassi spacciandosi per insegnanti. Senza baffi finti e occhiali, i medici dell'Asl Roma 2 ci hanno messo poco a scoprire il trucco: «Sembravano davvero troppo giovani», raccontano. Cinque giorni fa hanno rispedito indietro un gruppo di 15 universitari, tutti arrivati all'hub vaccinale della Nuvola, inaugurato dal presidente Mattarella, muniti di certificato di prenotazione scaricato dal portale della Regione Lazio. Il certificato era vero, ma i ragazzi non avevano i requisiti: le vaccinazioni per il comparto scuola infatti, come la Regione ripete in loop da quasi un mese, riguardano soltanto prof, bidelli e impiegati. Non gli studenti, che devono mettersi in coda e aspettare il proprio turno, non essendo una categoria a rischio.

IN LISTA. Qualcuno ha tentato lo stesso di piazzarsi sulla corsia preferenziale, sfruttando il fatto che il sito web dove ci si prenota (prenotavaccino-covid.regione.lazio.it) chiede solo il codice fiscale e l'istituto o l'ateneo di appartenenza. Ecco allora la trovata: spacciarsi per professori, anche se si è solo studenti. L'imbroglio, almeno per i 15 universitari scoperti alla Nuvola, è sfumato a un passo dalla siringa di precisione con cui i sanitari iniettano il vaccino AstraZeneca. Medici e infermieri, insospettiti dalla giovane età dei vaccinandi che già scoprivano il braccio, hanno iniziato a indagare e le frasi di circostanza iniziali - un vago: «siamo dell'università» - si sono sbriciolate dopo un paio di domande ben poste. Fino all'ammissione, che sa molto di furbata: «Scusate, avevamo capito male, pensavamo che si potessero vaccinare anche gli studenti...».

LE VERIFICHE. Potrebbe non essere il primo episodio. Tanto che l'Asl Roma 2 ha avviato una serie di controlli per verificare se ci siano stati altri tentativi. Subodorando le possibili smargiassate (smargiassate gravi, in questo caso, perché ogni dose di vaccino che non arriva ai destinatari con priorità è sottratta a chi ne ha davvero bisogno) l'assessore alla Sanità del Lazio, Alessio D'Amato, ha invitato gli esperti delle aziende sanitarie locali a tenere la guardia alta. Fin dal 18 febbraio, quando sono partite le prenotazioni per i professori e per il personale tecnico-amministrativo della scuola e degli atenei, tra i 18 e i 65 anni. «Le prenotazioni - ha spiegato D'Amato - sono per i docenti delle scuole e dell'università e non per gli studenti over 18 che potranno farlo dal loro medico di famiglia quando arriverà il proprio turno. Verranno effettuate verifiche a tappeto». Che hanno permesso di scoprire le 15 matricole in lista. Per i liceali il trucco non era di facilissima riuscita. «Abbiamo controllato: nei nostri elenchi abbiamo un solo docente con 19 anni», spiega Rocco Pinneri, il direttore dell'Ufficio scolastico regionale. Il discorso cambia per il mondo dell'università, popolato da prof a contratto e assistenti. Stavolta però la trufferia non è riuscita. E i controlli, assicurano dall'Asl, proseguiranno. Le prenotazioni per il comparto dell'Istruzione si sono chiuse domenica scorsa, 132 mila persone hanno fissato un appuntamento: oltre 50 mila hanno già ottenuto la prima dose, altre 80 mila aspettano. Ma la ricevuta della prenotazione non basterà per ottenere la puntura: tocca essere prof o bidelli sul serio.

Vittorio Feltri contro Mario Draghi: "Vaccino ai prof con le scuole chiuse? Gli si è chiuso il cervello". Libero Quotidiano il 15 marzo 2021. Il direttore Vittorio Feltri analizza la situazione del Paese nel primo giorno di lockdown mascherato: "Da questa mattina è stato chiuso tutto, siamo zona rossa. La solita storia come lo scorso anno. La mia impressione è che siano chiusi anche i cervelli dei nostri ministri, compreso quello del presidente del Consiglio, Mario Draghi. Non si capisce che senso abbiano certi provvedimenti così restrittivi quando è provato che nei Paesi dove non c'è stata una restrizione così rigida le cose non sono andate peggio che i Italia, tant'è che l'Italia ha il record dei morti, che sono 100 mila. In ogni caso vorrei segnalarvi un'altra assurdità che è stata pensata e portata avanti dai nostro governanti. Hanno pensato di vaccinare gli insegnanti: le scuole sono chiuse, ma i prof vengono vaccinati. Per quale motivo? La risposta che ti danno è che se si vogliono riaprire le scuole bisogna immunizzare i professori. E gli alunni? Allora gli alunni non devono essere protetti? Bisogna capire che o si vaccina tutta la popolazione oppure dare la dose alle persone in base alla professione con dei criteri che non sono logici è una grandissima sciocchezza che si aggiunge a tutte quelle che non vi ho neanche elencato perché le conoscete meglio di me. Intanto la nostra economia ovviamente sta andando in malora e per tutta risposta il governo chiude, chiude, chiude... peccato che abbia chiuso anche i cervelli dei ministri.    

La terapia anti-Covid per il personale giudiziario. Ecco il vaccino per giudici e cancellieri, ma non per gli avvocati…Viviana Lanza su Il Riformista il 9 Marzo 2021. Magistrati e personale amministrativo del comparto giustizia. Nel piano vaccinale stabilito dalla regione Campania i prossimi a essere vaccinati contro il Covid saranno loro. La notizia è stata data dal presidente della Corte d’Appello Giuseppe De Carolis e dal procuratore generale Luigi Riello, d’intesa con l’avvocato generale Antonio Gialanella. La decisione di procedere alla somministrazione del vaccino alle categorie del comparto giustizia è stata presa  dopo un confronto tra i vertici degli uffici giudiziari napoletani e il governatore Vincenzo De Luca. Che sia un modo per accelerare un po’ i ritmi della giustizia? Se lo augurano in tanti, soprattutto gli avvocati che in quanto liberi professionisti non sono contemplati in queste direttive che sono invece rivolte al personale della magistratura, quindi giudici e pm, e al personale amministrativo, quindi cancellieri, funzionari, assistenti. Anche l’Ordine degli avvocati ha chiesto di avere una priorità nel piano vaccinale in considerazione del fatto che i legali sono parte integrante della giustizia intesa come servizio essenziale. Si vedrà. Intanto il prossimo step riguarderà magistrati e dipendenti della cittadella giudiziaria. Napoli come Milano, quindi. Circa un mese fa le organizzazioni sindacali del personale amministrativo avevano scritto ai vertici degli uffici giudiziari di essere ammessi tra le categorie da vaccinare con una certa priorità in questa fase 2 del piano vaccinale proprio portando l’esempio della Corte d’Appello di Milano che in questo senso si era già pronunciata ottenendo il via libera dalla Regione Lombardia. Ora c’è la decisione anche su Napoli. Per i tempi bisognerà attendere la disponibilità delle dosi. Quindi, dopo le forze dell’ordine, si procederà a vaccinare gli altri operatori dei servizi pubblici essenziali, tra i quali quelli del comparto giustizia. «L’accoglimento della richiesta è motivo di soddisfazione tenuto conto della importante ed essenziale funzione che tutti noi svolgiamo», si legge nella nota di De Carolis e Riello. In attesa della data per cominciare, è stato nominato un referente distrettuale che provvederà a raccogliere i dati di tutti i magistrati e il personale amministrativo che intendevano vaccinarsi contro il Covid. E c’è da sperare che presto toccherà anche agli avvocati visto che il presidente dell’Ordine Antonio Tafuri aveva già avanzato la richiesta di inserire la categoria nel piano vaccinale della Regione e dalla Regione era arrivato, se non ancora un formale provvedimento, comunque una promessa che aveva acceso le speranze. Il vaccino, quindi, è la chiave non solo per contestare la pandemia, ma anche per riportare la giustizia ai suoi ritmi ordinari. Da ieri la Campania è in zona rossa, la curva dei contagi indica che il Covid è ancora una minaccia, gli spostamenti sono limitati, le misure di sicurezza devono essere al massimo. E tutto questo ha delle inevitabili ripercussioni, per il momento, sui tempi della giustizia, sul numero di udienze che è possibile fissare ogni giorno, sul numero di magistrati, cancellieri, avvocati e utenti che possono frequentare le aule. 

L’ultimo “agguato” di Travaglio ai diritti: non vaccinate gli avvocati. «Pure Campania e Sicilia danno la precedenza agli avvocati, mentre anziani e vulnerabili restano in lista d’attesa», scrive il Fatto Quotidiano, a cui fa eco il Domani. Ma quella dei vaccini agli avvocati è questione troppo seria per “buttarla” in polemica. Davide Varì su Il Dubbio il 12 marzo 2021. «Pure Campania e Sicilia danno la precedenza agli avvocati, mentre anziani e vulnerabili restano in lista d’attesa». È la nuova campagna del Fatto Quotidiano – chi altri sennò? – che proprio non riesce ad uscire dalla logica manichea dall’amico-nemico (Carl Schmitt ricorda qualcosa?) cercando ogni volta di aprire nuovi fronti di scontro. E non per amore marxista del “conflitto” ma solo per manganellare virtualmente chi si ostina a rivendicare diritti per tutti, ma proprio tutti, gli operatori della giurisdizione. L’altra perla di giornata arriva dal Domani il quale, imbracciato il fucile del populismo pauperista, si chiede il motivo per cui un avvocato dovrebbe essere vaccinato prima di un operaio. «Perché un operaio non ha un Ordine che lo protegge», risponde retoricamente il commentatore del Domani con la tessera dell’ordine dei giornalisti in tasca. Il quale, evidentemente, non ha una causa pendente da anni e non è in attesa di giudizio nelle patrie galere. Altrimenti, ne siamo certi, cambierebbe idea e capirebbe all’istante che avvocati e magistrati sono fondamentali per la tenuta del nostro Stato di diritto e per il rispetto del giusto processo. E qui non stiamo citando né Schmitt né Marx, ma l’articolo 111 della nostra Costituzione. Ma quella dei vaccini agli avvocati è questione troppo seria per “buttarla” in polemica. Per quel che ci riguarda abbiamo cercato di affrontarla evitando il più possibile posizioni troppo rigide o corporative e così abbiamo ospitato anche il parere di chi pensa, o teme, che dare la precedenza agli avvocati – oltre che ai medici, agli infermieri e ai magistrati – possa essere vissuto come una sorta di ingiustificato privilegio. L’impressione, però, è che questa lettura sconti la cattiva coscienza di chi, in questi anni, ha lavorato per raccontare l’avvocatura come un mondo composto da professionisti che aiutano i disonesti (presunti) a farla franca. Un modello caricaturale e inaccettabile che è servito per dividere il mondo della giustizia in buoni e cattivi. Una pratica manichea e fasulla che ha fatto la fortuna di un “club” politico-mediatico-giudiziario che ha cercato di smantellare o indebolire il nostro Stato di diritto. Ed è proprio questo il punto: non v’è dubbio che buona parte della difesa dello Stato di diritto passi per la toga degli avvocati italiani. E tutti, anche i più scettici, non potranno non ammettere che la difesa delle garanzie e delle libertà dei cittadini è fondamentale per il bene e la salute della nostra fragile democrazia. E allora, una volta messi al sicuro medici, infermieri, operatori sanitari e tutti coloro che in questo anno di pandemia hanno lottato come leoni contro questo virus subdolo e terribile, ecco, dopo aver fatto tutto questo, dobbiamo mettere al sicuro anche chi difende i nostri diritti e manda avanti la giurisdizione. E per capire che i vaccini agli avvocati non sono un privilegio ma un diritto di cui beneficiano tutti gli italiani, soprattutto quelli che hanno subito durezze e lentezze della giustizia italiana, bisognerebbe rovesciare quel racconto caricaturale e ingiusto che ha diffamato i nostri avvocati.  Ma del resto questo è uno dei motivi per cui ogni giorno mandiamo in stampa questo giornale.

Vaccini e giustizia. Avvocati “casta”: una leggenda populista. Gian Domenico Caiazza su Il Riformista il 14 Marzo 2021. Due regioni italiane – Toscana e Sicilia – ritengono di individuare, tra le categorie a rischio Covid meritevoli di essere vaccinate con criteri di priorità, anche – e sottolineo: anche – gli avvocati. I quali, come è noto, vivono quotidianamente da protagonisti le attività di un servizio pubblico essenziale, quello della Giustizia. Frequentano i Tribunali, trascorrono a volte molte ore in aule di norma male areate e prevalentemente anguste, insieme a giudici, pubblici ministeri, cancellieri, testimoni ed imputati, oltre a frequentare le carceri per incontrare i propri assistiti. Puntualmente, scoppia la polemica. La “casta” degli avvocati viene iscritta di ufficio nella categoria dei tracotanti furbetti che scavalcano la fila. Ecco i soliti potenti, i soliti odiosi privilegiati. Chiariamo subito che trovo io per primo inconcepibile che la scelta delle priorità di vaccinazione, in un contesto epidemico così drammatico, sia affidato a scelte discrezionali di questa o quella Regione. La scelta deve essere unica sul piano nazionale, affidata alle ponderate valutazioni degli esperti di epidemie e di profilassi sanitarie, ovviamente con adeguate e trasparenti motivazioni pubbliche. Aggiungo che non ho gli elementi sufficienti per valutare, in termini comparativi con altre categorie, la razionalità della scelta operata da quelle due Regioni. Fatte queste premesse, la reazione mediatica e social di indignazione verso questo presunto privilegio è straordinariamente indicativa della idea becera, populista e qualunquista che si ha, in larghissima parte della pubblica opinione, della figura sociale e professionale dell’avvocato. Se andate sul portale della Regione Toscana dove si prenotano le vaccinazioni, non troverete ovviamente – tra le categorie prioritarie – quella degli avvocati, bensì quella del “personale degli uffici giudiziari”, ovviamente in attività. Lo stesso vale per la Regione Sicilia. Vengono dunque vaccinati magistrati, personale di cancelleria di ogni ordine e grado, e ovviamente anche gli avvocati. Forse dovrei cancellare quell’“ovviamente”? Ho l’impressione di sì, ed è questo il punto. Leggo articoli e assisto a servizi televisivi sulla odiosa casta degli avvocati. Io stesso sono stato garbatamente invitato a rendere ragione di questo privilegio (del quale purtroppo personalmente non fruisco, come la stragrande maggioranza degli avvocati italiani). Come mai nessun articolo sulla casta dei cancellieri, o su quella dei magistrati, o su quella degli ufficiali giudiziari? Sono questi riflessi pavloviani che dobbiamo analizzare, per comprendere con chiarezza in quale Paese viviamo. E cioè in un Paese con una cultura illiberale profondamente e radicalmente diffusa, che ha da sempre nella denigrazione della figura dell’avvocato una delle sue più inconfondibili manifestazioni. Dall’azzeccagarbugli manzoniano all’”avvocatone” (scrivono proprio così, certi analfabeti) dei ricchi e dei potenti, non c’è verso di vedere semplicemente riconosciuto nell’avvocato un libero professionista che – con particolare riguardo alla figura dell’avvocato penalista – assolve ad una funzione di garanzia indispensabile in qualunque società umana, in ogni epoca della storia: la difesa dei diritti di libertà della persona di fronte alla micidiale potestà punitiva dello Stato. Niente da fare, siamo una “casta”, facciamo parte degli uomini e delle donne potenti e privilegiate di questo Paese. Ci sarebbe da sganasciarsi dalle risate, se non fosse una questione troppo seria. Penso alle decine di migliaia di colleghi, giovani e meno giovani, che portano avanti con dignità ma spesso con difficoltà una vita professionale dispendiosa e non adeguatamente remunerativa; penso ai tanti colleghi durissimamente provati da questo anno di pandemia, quando non travolti e costretti a reinventare la propria dimensione professionale. Penso al nostro trattamento sanitario e previdenziale, semplicemente ridicolo. Penso alla presunta casta degli avvocati in Parlamento, sempre evocata ma non si comprende in relazione a quali successi lobbistici, che attendiamo di conoscere con ansia. Può darsi, allora, che la scelta della Toscana e della Sicilia possa essere discutibile. Ma se giornali, tv e social tacciono su magistrati e cancellieri, che ne beneficiano nella medesima misura, mentre il simbolo odioso di quella scelta diventa automaticamente l’avvocato, magari subito raffigurato – nell’immaginario collettivo – con il suo doppiopetto di alta sartoria, l’orologio di pregio al braccio e la fuoriserie in attesa, beh allora lasciatemelo dire: vergogna, vergogna, vergogna!

La Giustizia fuori dal piano vaccinale. Ma è polemica sugli avvocati: «I furbetti si mettano in fila…» La polemica deflagra proprio nel giorno in cui alcuni lotti di vaccino anti-Covid AstraZeneca sono stati sospesi in diversi Paesi europei, Italia compresa. Simona Musco su Il Dubbio il 12 marzo 2021. Furbetti che saltano la fila. Nuovi privilegiati. Caste che si autoproteggono. Così vengono definiti gli avvocati, colpevoli di aver chiesto parità di trattamento rispetto agli altri componenti del comparto giustizia – magistrati e personale amministrativo – nell’ambito della campagna vaccinale. Una richiesta che si fonda su un unico, incontestabile, motivo: la Giustizia è un servizio pubblico essenziale. Un’affermazione che trova il suo fondamento nella Costituzione, che all’articolo 24 stabilisce l’inviolabilità del diritto alla difesa e della tutela dei propri interessi per via giudiziaria, ma anche nell’articolo 1 del decreto legislativo 146/1990. Nulla di inventato, dunque. Anche perché pure nel pieno della pandemia, sostengono i Coa di tutta Italia che da settimane si rivolgono alle istituzioni per dirimere la questione, avvocati, magistrati e personale amministrativo non si sono mai sottratti al loro dovere, «proprio perché la Giustizia non va in quarantena e tanto meno può essere posta in quarantena la tutela dei diritti». La polemica deflagra proprio nel giorno in cui alcuni lotti di vaccino anti-Covid AstraZeneca sono stati sospesi in diversi Paesi europei, Italia compresa, anche a seguito della morte di un militare a Siracusa, 24 ore dopo la somministrazione del vaccino. A imbracciare le armi sono anche i politici. Matteo Salvini, leader della Lega, dice no agli avvocati tra le categorie prioritarie. «Ho parlato con il commissario Figliuolo per arrivare ai 500mila vaccini quotidiani a partire dai più fragili. Per quanto mi riguarda i politici e le altre categorie possono essere vaccinate alla fine». Non è da meno il ministro per gli Affari regionali Mariastella Gelmini: «Basta con le furberie. Ognuno rispetti il suo turno». La novità è che il nuovo piano nazionale dei vaccini, definito anti-furbetti, elimina dalle categorie prioritarie proprio quella della Giustizia. E ciò anche a seguito delle polemiche sorte in Toscana, dove a usufruire del vaccino destinato agli avvocati sono stati anche alcuni politici, o in Sardegna, dove la campagna vaccinale era iniziata solo per i magistrati e poi interrotta senza alcuna spiegazione. Il fatto ha destato non poco scalpore. Così come in altre regioni, gli avvocati – nello specifico il Coa di Cagliari – si erano fatti promotori di un appello, assieme alla presidente della Corte d’Appello e al procuratore generale, affinché tutti gli operatori della giustizia – avvocati, magistrati e personale – fossero inseriti tra le categorie prioritarie dalla Regione. «Nel farlo – spiega Aldo Luchi, presidente del Coa di Cagliari – abbiamo inteso che la cosa riguardasse tutti, non solo noi avvocati. Invece abbiamo saputo che a Sassari avrebbero vaccinato solo magistrati e cancellieri». Una scelta che, secondo Luchi, rischiava di essere intesa come un privilegio. Da qui la protesta social: «La priorità nella somministrazione dei vaccini (come avvenuto in altre Regioni) può essere giustificata unicamente dalla circostanza inconfutabile che la Giustizia sia un servizio essenziale, ma in questo caso deve riguardare tutti gli operatori, e certamente gli avvocati che, tra tutti, sono i più esposti al rischio di contagio. La vaccinazione dei soli magistrati e personale è del tutto inutile e non trova alcuna giustificazione, se non la disparità di trattamento tra lavoratori di pari dignità e parimenti indispensabili, e l’evidente disinteresse della politica per il funzionamento della Giustizia – aveva sottolineato -. La vaccinazione dei soli magistrati e personale non farà altro che alimentare la percezione, già molto diffusa, di costoro come una casta, immagine che auspico la magistratura organizzata saprà smentire, dissociandosi apertamente da questa iniziativa settaria, come spero che faranno le istituzioni e le associazioni forensi locali, allo stato silenti». La campagna vaccinale, mercoledì, è stata interrotta, ma al momento non è dato sapere perché. E ora, con il nuovo piano vaccinale, le cose per gli operatori della Giustizia potrebbero complicarsi. Il piano suggerisce cinque categorie prioritarie: le persone ad elevata fragilità, quelle di età compresa tra 70 e 79 anni, quelli tra i 60 e i 69 anni, persone con comorbidità di età inferiore ai 60 anni e il resto della popolazione. Rimangono tra le categorie prioritarie il personale docente e non docente, scolastico e universitario, le Forze armate, di Polizia e del soccorso pubblico, servizi penitenziari e altre comunità residenziali. La strada è in salita, ma le Regioni, così come già hanno fatto Sicilia e Toscana, potrebbero, sulla base della loro autonomia organizzativa, decidere di inserire anche gli operatori della Giustizia tra coloro da vaccinare in via prioritaria. A recapitare l’appello alla ministra della Giustizia Marta Cartabia, mercoledì, erano stati il Consiglio nazionale forense e l’Organismo congressuale forense, che con due distinte note avevano evidenziato la necessità di evitare disparità, non solo tra i diversi protagonisti del settore, ma anche a livello territoriale. E ieri, al termine di una giornata convulsa, è arrivato anche l’appello dell’Unione delle Camere penali. «Penso che gli avvocati siano una delle categorie sicuramente più esposte al contagio, perché operano quotidianamente, per molte ore al giorno, negli spazi chiusi dei tribunali. Quindi se si ragiona in termini di esposizione al rischio e di essenzialità del servizio, a meno che non si voglia mettere in discussione il servizio giustizia, credo che fare una polemica su questo sia veramente privo di senso», ha sottolineato il leader dei penalisti Giandomenico Caiazza.

Sicilia, la Giustizia “espulsa” dal piano vaccinale. La Regione decide di adeguarsi al piano nazionale, escludendo i servizi essenziali. Il presidente del Coa di Palermo: «Scelta inaccettabile». Simona Musco su Il Dubbio il 13 marzo 2021. Caos. Forse l’unica parola per descrivere la situazione è questa. Perché dopo la pubblicazione del nuovo piano vaccinale, la Regione Sicilia, tra le poche che aveva deciso di inserire gli avvocati, assieme al resto del comparto Giustizia, tra le categorie prioritarie per il vaccino, ha deciso di fare dietrofront. Tutto, dunque, bloccato, con buona pace di chi stava aspettando il proprio turno. «In linea con il nuovo piano vaccinale varato dal governo nazionale, prosegue la vaccinazione dei siciliani over 80, della fascia 70-79 anni, del personale scolastico e universitario docente e non docente, delle forze armate di polizia e del soccorso pubblico, dei servizi penitenziari italiani, delle comunità residenziali», si legge in una nota della Regione siciliana, spiegando che «seguendo le disposizioni del nuovo piano nazionale che ha bloccato di fatto la somministrazione del vaccino sul target dei cosiddetti “servizi essenziali”, anche in Sicilia si proseguirà con le vaccinazioni programmate per età anagrafica e non per categoria». «Scelta inaccettabile», commenta il presidente dell’Ordine di Palermo, Giovanni Immordino. «Non è possibile essere stati riconosciuti fra i soggetti che svolgono un servizio pubblico essenziale e ora tornare sui propri passi e ci viene detto che non ci vaccineremo. È inaccettabile, soprattutto dopo che molti di noi hanno già effettuato le prenotazioni fino a metà aprile – ha dichiarato -. Non entro nel merito delle scelte del Governo, ma è ovvio che gran parte del nostro lavoro si effettua in presenza e quindi il rischio di contagio è alto. Sono state avviate interlocuzioni con la Regione per garantire almeno il rispetto della prenotazione effettuate». Il nuovo piano suggerisce cinque categorie prioritarie: le persone ad elevata fragilità, quelle di età compresa tra 70 e 79 anni, quelli tra i 60 e i 69 anni, persone con comorbilità di età inferiore ai 60 anni e il resto della popolazione. Rimangono tra le categorie prioritarie il personale docente e non docente, scolastico e universitario, le Forze armate, di Polizia e del soccorso pubblico, servizi penitenziari e altre comunità residenziali. La strada è in salita, ma le Regioni potrebbero, sulla base della loro autonomia organizzativa, decidere di inserire anche gli operatori della Giustizia tra coloro da vaccinare in via prioritaria. A recapitare l’appello alla ministra della Giustizia Marta Cartabia, mercoledì, erano stati il Consiglio nazionale forense e l’Organismo congressuale forense, che con due distinte note avevano evidenziato la necessità di evitare disparità, non solo tra i diversi protagonisti del settore, ma anche a livello territoriale. E nei giorni scorsi è arrivato anche l’appello dell’Unione delle Camere penali. «Penso che gli avvocati siano una delle categorie sicuramente più esposte al contagio, perché operano quotidianamente, per molte ore al giorno, negli spazi chiusi dei tribunali. Quindi se si ragiona in termini di esposizione al rischio e di essenzialità del servizio, a meno che non si voglia mettere in discussione il servizio giustizia, credo che fare una polemica su questo sia veramente privo di senso», ha sottolineato il leader dei penalisti Giandomenico Caiazza. Nel frattempo, l’Ordine degli avvocati di Palermo ha avviato un’interlocuzione con Roma per «garantire le prenotazioni già effettuate».

Vaccini, la giustizia è servizio essenziale e noi avvocati ne facciamo parte come gli altri. La vaccinazione di una sola parte degli attori della giurisdizione non avrebbe alcuna utilità al fine di far ripartire la Giustizia, oggi gravemente limitata. Il commento del presidente del Coa di Cagliari Aldo Luchi. Aldo Luchi su Il Dubbio il 14 marzo 2021. Ho scoperto di avere superpoteri. Ho scoperto di avere il potere di indurre il Governo ad escludere il comparto Giustizia dall’elenco delle categorie aventi diritto alla vaccinazione prioritaria.  Io non ci credo, ma c’è chi lo afferma con sicurezza.  E non avrei alcun motivo di non credere a tanta attestazione di stima, se non fosse che suona più come un’excusatio non petita. Accade che si attribuisca ad un mio post, che riaffermava il principio – scontato, a modo di vedere mio e di tanti altri, tra i quali alcuni illustri magistrati – che tutti gli operatori della giustizia hanno pari dignità, la (presunta) mancata vaccinazione dell’intero comparto Giustizia sardo.  E per farlo si afferma che la programmata e poi annullata vaccinazione dei magistrati di Sassari sarebbe stata diretta attuazione della richiesta formulata contestualmente dai tre vertici distrettuali della Giustizia (magistratura giudicante, magistratura requirente ed avvocatura) alla Azienda Sanitaria Regionale, a favore di tutti gli operatori del Distretto. Chiariamoci, non metto in dubbio che un’Azienda pubblica, ricevuta una richiesta da tre autorità, decida di rispondere ad una diversa autorità e di programmare soltanto con quest’ultima (su sei ricadenti nello stesso Distretto) l’attività richiesta dalle prime. È certamente andata così. Però mi restano alcuni dubbi.  Se l’iniziativa era, come si afferma, nel “solco tracciato dal documento a firma del Presidente della Corte d’Appello, del Procuratore Generale e del Presidente dell’Ordine degli Avvocati di Cagliari, con il quale si auspicava l’inserimento di tutti gli operatori nel piano vaccinale, avvocati compresi” perché annullarla?  Ed in quel caso non sarebbe stato semplicissimo smentire “una polemica strumentale, sterile e fuorviante“, semplicemente pubblicando i documenti che comprovavano la programmazione delle somministrazioni?  Ma soprattutto, se le cose stessero così, che senso avrebbe ricorrere all’iperbole argomentativa di tentare di attribuire a quella “polemica” una situazione che è conseguenza di una decisione del Governo?  Una decisione, ancorché si ometta di dirlo, che avrebbe determinato che oggi soltanto i magistrati ed il personale di Sassari sarebbero vaccinati, perché l’avvocatura era tanto “appresso” che, alla luce delle modifiche al Piano Nazionale, sarebbe rimasta comunque esclusa.  Allora sì che, come paventato, i cittadini avrebbero potuto percepire come privilegio la vaccinazione.  E rimane il fatto, anch’esso omesso, che la vaccinazione di una sola parte degli attori della giurisdizione non avrebbe, in ogni caso, alcuna utilità al fine di far ripartire la Giustizia, oggi gravemente limitata.  Lo hanno affermato chiaramente e coralmente anche l’OCF, il CNF e l’ANM: il comparto Giustizia costituisce un servizio essenziale e gli avvocati ne sono parte imprescindibile. Chi pensa o accetta che vengano “appresso” alle altre figure sbaglia. Sono certo che questo sia chiaro a tutti, come sono certo di non avere superpoteri.

 «Nessun favoritismo a Sassari, ma ora né avvocati né magistrati sono vaccinati». L'intervento del presidente del Coa di Sassari dopo la polemica sulle vaccinazioni. Giuseppe Conti, *Presidente del Consiglio dell’Ordine degli avvocati di Sassari, su Il Dubbio il 13 marzo 2021. Ho seguito con stupore crescente i commenti che hanno accompagnato la vicenda legata alla somministrazione dei vaccini a magistrati e personale amministrativo del foro sassarese e ne ricavo l’idea che si tratti di una polemica strumentale, sterile e fuorviante che dai social è rimbalzata su alcuni mezzi di informazione. Si è gridato allo scandalo ritenendo improvvida l’iniziativa mirata alla somministrazione del vaccino agli operatori del locale comparto Giustizia, con priorità rispetto a non si sa bene chi. Va detto che alcune affermazioni riprodotte appaiono immediatamente condivisibili, come quella che ritiene ingiusto favorire una categoria a scapito di altre maggiormente a rischio o accettare di essere vaccinati prima dei più fragili così come auspicare il riconoscimento del diritto alla vaccinazione dei magistrati e del personale amministrativo soltanto nell’ambito di un piano vaccinale o ancora, valutare come essenziale ricomprendere gli avvocati nel novero degli operatori del settore giustizia. È il trionfo dell’ovvio. Non si tratta di ingiustificati privilegi riconosciuti alla “casta” come avventatamente sostenuto da taluno, ma della ineludibile necessità di garantire l’esercizio di un servizio pubblico essenziale per la vita democratica di un paese. Il Palazzo di Giustizia, per naturale vocazione, costituisce uno dei principali luoghi dove necessariamente si realizzano quotidiane concentrazioni di persone, dal magistrato al personale amministrativo, dagli addetti alla vigilanza che sottopongono a controllo un flusso continuo di visitatori all’avvocato come alla Polizia Giudiziaria e buon ultimo al cittadino che deve poter accedere per esercitare i suoi sacrosanti diritti. Tutto questo avviene regolarmente da oltre un anno pur in condizioni estremamente difficili, grazie alla migliore organizzazione possibile e al senso di responsabilità di tutti gli operatori appena menzionati. Fatta questa lunga ma necessaria premessa, per evitare il frutto avvelenato delle insinuazioni, giova ricordare come il nostro “comparto Giustizia” si è mosso lungo il solco tracciato dal documento a firma del Presidente della Corte d’Appello, del Procuratore Generale e del Presidente dell’Ordine degli Avvocati di Cagliari, con il quale si auspicava l’inserimento di tutti gli operatori nel piano vaccinale, avvocati compresi. Informati dai Capi dei nostri Uffici Giudiziari in occasione della periodica Conferenza permanente, il 26 febbraio abbiamo appreso che la campagna vaccinale sarebbe iniziata da lì a poco. Quando l’Autorità sanitaria locale richiese l’invio degli elenchi dei magistrati, del personale e appresso degli avvocati, non c’era ragione di diffidare della correttezza dell’operato da parte dell’autorità sanitaria che aveva preso in seria considerazione quanto autorevolmente auspicato dai firmatari summenzionati. Allora come oggi non si aveva ragione di dubitare della congruità del piano vaccinazioni varato dall’Azienda Sanitaria locale sicuramente concordato a livello regionale, così come è ragionevole escludere che dietro questa operazione si celasse alcun intento prevaricatore a scapito di ultraottantenni o altre categorie di aventi maggior diritto. La magistratura come l’Ordine Forense di Sassari, ben consapevoli delle difficoltà e dello sforzo organizzativo che i grandi numeri impongono sia in riferimento alla disponibilità dei vaccini in quantità sufficiente, sia in relazione alla tempistica che avrebbe impegnato gli operatori dell’Azienda Sanitaria, hanno fornito il loro contributo mettendosi a disposizione e trasmettendo i rispettivi elenchi. Sappiamo come è andata a finire. Ufficialmente per ragioni legate a difficoltà organizzative – ipotesi tutt’altro che fantasiosa per chi non ama la semplificazione e ha la minima conoscenza dei problemi – la somministrazione nel comparto Giustizia è stata sospesa e i vaccini disponibili sono tornati in frigorifero. Resta inspiegabile l’esultanza di chi si compiace del blocco delle vaccinazioni gratuitamente affermando che avrebbe prevalso “il senso di responsabilità di quella parte della magistratura” che si sarebbe dissociata dall’iniziativa per due semplici ragioni: la prima perché non è dato sapere quale sia “quella parte della magistratura” e la seconda perché la sostenuta dissociazione non risulta da nessuna parte. Pensar male, si sa, è peccato ma visti gli interventi polemici che si sono susseguiti a proposito di vaghe disparità di trattamento, presunti privilegi e della fantasiosa idea che l’Avvocatura sassarese sarebbe stata esclusa dal piano vaccinale a vantaggio dei magistrati e del personale amministrativo, viene da domandarsi quali siano i motivi di tante gratuite insinuazioni. L’Avvocatura sassarese ha sempre tenuto i contatti con l’Autorità Giudiziaria locale sotto il segno della massima collaborazione nell’interesse collettivo. Non si comprende per quale misteriosa ragione il nord Sardegna avrebbe dovuto rifiutare la somministrazione e attendere il via libera da parte dell’Autorità Giudiziaria o dell’Avvocatura cagliaritana. Si sostiene che avrebbe prevalso il buon senso ma, in realtà, il comparto Giustizia e gli avvocati sassaresi, per il momento, non saranno vaccinati. Se davvero la ragione della retromarcia dell’Azienda Sanitaria fosse conseguenza delle citate prese di posizione, non resta che domandarsi chi dobbiamo ringraziare.

Tra i furbetti del vaccino anticipato ci sono gli avvocati e perfino i magistrati. Le otto toghe della Dna che sono riuscite a farsi vaccinare all’aeroporto di Fiumicino. Francesco Viviano su Il Quotidiano del Sud il 17 marzo 2021. In  tutte le aule di giustizia dei tribunali italiani campeggia la scritta “La Legge è Uguale per Tutti”. Ma spesso non è così. Negli ultimi giorni, in questo grave momento di pandemia con il Covid che ci minaccia, abbiamo assistito ad episodi veramente squallidi, per non usare altri termini più appropriati ma a rischio di querela. Mentre c’è gente che muore, novantenni che non sono stati ancora vaccinati,  persone veramente a rischio che non riescono ad ottenere il vaccino, di qualunque tipo esso sia, ci sono stati tentativi, a volte riusciti dei “furbetti” del vaccino, che scavalcano con vari stratagemmi la fila per essere vaccinati prima degli altri, prima di quelli che ne avevano e ne hanno diritto. E tra i vari tentativi di “scavalcare” gli aventi diritto ci sono stati anche quelli delle cosiddette “categorie” privilegiate. Non stiamo parlando di medici, infermieri, personale ospedaliero, delle forze dell’ordine, che ne hanno il sacrosanto diritto, ma di magistrati, avvocati ed anche giornalisti. Che hanno invocato e preteso di essere vaccinati prima degli altri perché si ritengono categorie “a rischio”. Ma a rischio di che?  Non solo ma quando si è paventato il rischio che questo privilegio già avviato potesse essere revocato (molti avvocati e parecchi  magistrati sono già  riusciti a vaccinarsi) s’è scatenato il putiferio perché loro (magistrati ed avvocati ai quali si è poi aggiunta la categoria dei giornalisti) e quindi hanno convocato assemblee, hanno fatto intervenire i vertici delle loro categorie che con documenti ed appelli ufficiali, hanno rivendicato il diritto di vaccinarsi prima degli altri, di quelli veramente a rischio. Addirittura l’Anm, l’Associazione nazionale magistrati, che in passato è stata presieduta dal noto pm Luca Palamara, quando la regione siciliana aveva bloccato, con ritardo, la vaccinazione già avviata per i magistrati e gli avvocati, ha fatto un comunicato ufficiale, diffuso a tutte le agenzie di stampa, di questo incredibile tenore. La giunta esecutiva dell’Associazione nazionale magistrati di Palermo critica lo stop alla somministrazione del vaccino, comunicata dall’assessore regionale alla Salute, Ruggero Razza, sulla base di una disposizione del governo nazionale che ha ordinato di proseguire solo sulla base dell’età e non per categorie. La campagna di vaccinazione, già partita in Sicilia per magistrati e avvocati, rimane così a metà, anche se chi ha già ricevuto la prima dose AstraZeneca avrà regolarmente la seconda, fra tre mesi. L’Anm «esprime sorpresa e rammarico per l’inattesa sospensione dell’avviata campagna di vaccinazione, che nel settore giustizia, per magistrati, personale amministrativo e avvocati, rischia di vanificare, con differenziazioni tanto casuali quanto disfunzionali, lo stesso obiettivo che la campagna correttamente si prefiggeva, ossia la dovuta attenzione a un servizio essenziale che oggi risulta invece escluso dal piano strategico nazionale». L’Anm aggiunge: «Siamo convinti che sia indispensabile un ripensamento da parte delle autorità preposte e che si debba procedere a un immediato ripristino della campagna di vaccinazione già avviata nell’esclusivo interesse di tutti i cittadini che ogni giorno affollano le aule di giustizia, anche in tempi di pandemia». Sic! E, sulla stessa lunghezza d’onda, anche gli avvocati con qualcuno ha addirittura paventato un ricorso al Tar (Tribunale amministrativo regionale) per far revocare il blocco della vaccinazione per la loro categoria. Incredibile, ma tutto vero. Vero anche il fatto che ben otto magistrati della Dna (Direzione Nazionale Antimafia) sono riusciti a farsi vaccinare all’aeroporto di Fiumicino, provocando una polemica che non si è ancora risolta, tra la Dna, e la Croce Rossa Italiana. Intanto diciamo chi sono questi otto magistrati della Dna che sono riusciti a vaccinarsi pur non avendone diritto: Marco Del Gaudio, Antonio Laudati, Roberto Pennisi, Domenico Gozzo e Maria Vittoria De Simone. Quest’ultima è una dei vice del procuratore Federico Cafiero De Raho che presiede la struttura Antimafia. I pm hanno tra i 53 e i 67 anni e hanno ricevuto la dose nell’hub di Fiumicino divenuto il simbolo della campagna vaccinale in Italia dopo la visita del premier Draghi di alcuni giorni fa. Ma come hanno fatto? E da qui la polemica tra Dna e Cri. «Questa è una vicenda alla luce del sole. Non c’è stato nessun tipo di furbizia o sotterfugio», ha affermato il procuratore Cafiero De Raho.  Che ha aggiunto: «Oltre a quelli con diritto legato a situazioni personali – dice Cafiero De Raho — , altri magistrati della Dna, che provengono da regioni dove le vaccinazioni per i magistrati erano già previste, come la Puglia, Sicilia e altre regioni del nord, hanno proceduto con la vaccinazione in accordo con le Aziende sanitarie del loro territorio».  Insomma De Raho ha qualche difficoltà a chiarire questa vicenda dalla quale in qualche modo ha preso le distanze. «È stata offerta questa possibilità ad alcuni colleghi – ha affermato De Raho – che viaggiano ripetutamente tra Roma e altre. Hanno avuto l’indicazione di poter godere della vaccinazione. La Asl ha ritenuto che i magistrati potessero vaccinarsi in quanto svolgono un servizio essenziale». Ma le Asl romane e la Cri smentiscono di avere autorizzato la vaccinazione dei magistrati della Dna e chiariscono che possa essersi trattato di un errore perché in quel giorno venivano vaccinati gli investigatori della Dia (direzione investigativa antimafia) e questo avrebbe potuto provocare una confusione con la Dna (Direzione Nazionale Antimafia). Insomma un vero e proprio squallore dal quale non è rimasto fuori l’Ordine dei Giornalisti che per bocca del suo presidente, Verna, ha appoggiato la richiesta di magistrati ed avvocati invocando anche la vaccinazione per i giornalisti. «Chiediamo che sia valutato con attenzione il momento di quando tocchi a chi fa informazione, in particolar modo a chi svolge servizio esterno».

(ANSA il 29 marzo 2021) - L'Anm già sapeva che sarebbe stato prorogato lo stato di emergenza per l'attività giudiziaria (domani per decreto il termine sarà portato al 31 luglio), così come conosceva la scelta del governo di procedere alle vaccinazioni per classi di età . Temi che erano stati al centro del colloquio con la ministra Marta Cartabia del 18 marzo scorso. E' quanto si apprende da fonti di via Arenula. In quella occasione l'Anm aveva chiesto l'inserimento dei magistrati tra i soggetti da vaccinare con priorità, ma Cartabia aveva ribadito la linea del governo, in nome del principio di uguaglianza e per evitare la competizione tra le categorie.

I magistrati "minacciano" il governo Draghi: “Vaccinateci o blocchiamo l’attività nei tribunali”. Carmine Di Niro su Il Riformista il 29 Marzo 2021. Prime scintille tra magistrati e governo Draghi. In un documento dell’Associazione Nazionale Magistrati infatti le toghe a “rallentare immediatamente tutte le attività dei rispettivi uffici”, arrivando a non escludere “nei casi più estremi, anche la sospensione dell’attività giudiziaria non urgente”. Ma da dove arriva arriva questo aut-aut all’esecutivo? I magistrati chiedono a gran voce di essere vaccinati prima degli altri, dimenticando che nel nuovo piano predisposto dal generale Figliuolo, nuovo commissario per l’emergenza, non ci sono più riferimenti a categorie professionale ma solo a fasce d’età. Lo stesso presidente del Consiglio Mario Draghi pochi giorni fa in Parlamento aveva bacchettato le Regioni per aver trascurato o rallentato la vaccinazione degli anziani, i più a rischio di contrarre forme gravi di Covid-19, in favore di “gruppi che vantano priorità probabilmente in base a qualche loro forza contrattuale”. Ed ecco uscire fuori pubblicamente i gruppi di cui parlava il premier, con il sindacato delle toghe che accusa il governo che “considera il servizio giustizia con carattere di minore priorità rispetto ad altri servizi essenziali già sottoposti a vaccinazione, tanto da non ritenere doveroso rafforzare le condizioni che ne consentano la prosecuzione senza l’esposizione a pericolo per gli operatori”. Una mossa che passa pubblicamente come l’ennesima difesa corporativa: da febbraio 2020 i più esposti al virus sono i lavoratori dei supermercati e della logistica, che a differenza delle toghe hanno mostrato maggiore responsabilità nel non sottoporre a ricatti l’esecutivo con minacce di sciopero. Un tema, quello della vaccinazione delle toghe, già discusso nei giorni scorsi tra la ministra della Giustizia Marta Cartabia e i vertici dell’Anm: la titolare del dicastero di via Arenula già all’epoca aveva sottolineato che, seppur la giustizia rappresenti un servizio essenziale per il Paese, andavano rispettati i criteri di uguaglianza presenti nel piano vaccinale e quindi non procedere per categorie ma per classi di età. Un messaggio evidentemente non arrivato all’Anm, che minaccia di scioperare se non vi sarà un vaccino per i magistrati…

Mariateresa Conti per “il Giornale” il 29 marzo 2021. I giudici italiani lanciano l' aut-aut al governo Draghi. Non per la riforma della giustizia, non per la lunghezza dei processi. No, l' ultimatum che sa quasi di ricatto, con tanto di minaccia di interrompere o rallentare l' attività fino a fermarla, è per reclamare quello che le toghe ritengono un diritto: essere vaccinate in via prioritaria. Con buona pace di chi non fa parte della casta magistratura eppure corre, lavorando col pubblico, analoghi rischi. Scende in campo la giunta esecutiva dell' Associazione nazionale magistrati. Dopo un primo documento votato all' unanimità da tutte le correnti qualche settimana fa dopo che la riorganizzazione del piano ha escluso i giudici dalle categorie da vaccinare in via prioritaria (alcuni, prima del contrordine, ce l' hanno fatta, in varie regioni), adesso si passa alla dichiarazione di guerra: «L' Amn - si legge nella nota della giunta - invita i dirigenti degli uffici giudiziari, con la sollecitudine che la gravità del momento richiede, ad adottare, a tutela della salute, energiche misure organizzative al fine di rallentare immediatamente tutte le attività dei rispettivi uffici, senza escludere, nei casi più estremi, anche la sospensione dell' attività giudiziaria non urgente». La nota del sindacato delle toghe sembra quasi una requisitoria: «Il nuovo piano strategico vaccinale - si legge - modificando le linee guida approvate dal Parlamento nel dicembre 2020, non prevede più, tra i gruppi target di popolazione cui offrire il vaccino in via prioritaria, i lavoratori del comparto giustizia. Il Governo considera dunque il servizio giustizia con carattere di minore priorità rispetto ad altri servizi essenziali già sottoposti a vaccinazione. Tale decisione, oltre a destare disagio e sconcerto per la totale sottovalutazione dell' essenziale e improcrastinabile servizio giustizia, appare in assoluta antitesi con gli obiettivi di riduzione dei tempi dei processi imposti dall' Ue e richiamati dalla ministra Cartabia». Per l' Anm «l' esclusione del comparto giustizia dalla programmazione vaccinale, specie in un momento di grave recrudescenza dell' emergenza pandemica, imporrà sin da subito il sensibile rallentamento di tutte le attività giudiziarie che devono essere necessariamente svolte in presenza, donde l' inevitabile allungamento dei tempi di definizione dei processi». Il sindacato dei giudici ricorda che «un anno fa era stata disposta la temporanea sospensione dell' attività giudiziaria (ad eccezione di poche tipologie di procedimenti urgenti)», mentre adesso «negli uffici giudiziari di tutta Italia si continua a lavorare con le stesse modalità del periodo antecedente la pandemia, con l' unico precario e insoddisfacente meccanismo di cautela costituito dalla disciplina emergenziale». In coda l' ordine ai dirigenti di rallentare l' attività «ove dovessero inspiegabilmente mancare interventi normativi - che l' elevato e prevedibile numero di contagi e di vittime tra gli operatori di giustizia impongono - volti alla limitazione dell' attività giudiziaria». Il ministero della Giusizia ha fatto sapere che la proroga dell' emergenza processi sino a fine luglio è nel dl Covid che arriverà domani. Pronta la replica del sottosegretario alla Giustizia Francesco Paolo Sisto: «La preoccupazione è comprensibile e legittima. In questa scia, non posso che assicurare e confermare che il servizio giustizia certamente non è da meno rispetto ad altri servizi essenziali».

I MAGISTRATI CONTRO IL GOVERNO: “LA GIUSTIZIA NON E’ TRA LE PRIORITA’ PER IL COVID”. Il Corriere del Giorno il 29 Marzo 2021. Per i vertici dell’ Anm, il “nuovo piano strategico vaccinale, modificando le linee guida approvate dal Parlamento nel dicembre 2020, non prevede più, tra i gruppi target di popolazione cui offrire il vaccino in via prioritaria, i lavoratori del comparto giustizia”. Dunque secondo l’Associazione magistrati, “il Governo considera il servizio giustizia con carattere di minore priorità rispetto ad altri servizi essenziali già sottoposti a vaccinazione, tanto da non ritenere doveroso rafforzare le condizioni che ne consentano la prosecuzione senza l’esposizione a pericolo per gli operatori”. L’Anm, l’associazione nazionale dei magistrati ancora una volta si contrappone allo Stato invitato “i dirigenti degli uffici giudiziari ad adottare, a tutela della salute, energiche misure organizzative al fine di rallentare immediatamente tutte le attività dei rispettivi uffici, senza escludere, nei casi più estremi, anche la sospensione dell’attività giudiziaria non urgente“. Il sottosegretario alla Giustizia Francesco Paolo Sisto (Forza Italia) ha espresso comprensione per le ragioni delle toghe. “La preoccupazione espressa da magistrati, avvocati e personale rispetto ai rischi di contagio negli uffici giudiziari è comprensibile e legittima”, ha affermato, “in questa scia, non posso che assicurare e confermare che il servizio giustizia certamente non è da meno rispetto ad altri servizi essenziali“. “La situazione di chi lavora nel settore giudiziario – aggiunge Sisto – merita un urgente e utile approfondimento, che mi impegno a sollecitare, affinché l’emergenza pandemica, che già si è trasformata in emergenza economica, non diventi anche una catastrofe per l’amministrazione della giustizia“. Da qui l’invito dell’ Anm a rallentare le attività “ove dovessero inspiegabilmente mancare interventi normativi, che l’elevato e prevedibile numero di contagi e di vittime tra gli operatori di giustizia impongono, volti alla limitazione dell’attività giudiziaria sull’intero territorio nazionale“. Nel documento, il sindacato delle toghe sottolinea che “è notizia di questi giorni che il Governo prorogherà le misure più rigide di contenimento del rischio del contagio, mantenendo la chiusura degli esercizi commerciali sulla quasi totalità del territorio nazionale e la vigenza di forti restrizioni alla libertà di circolazione dei cittadini”. “L’attuale situazione epidemica – rilevano i magistrati – non differisce molto da quella di un anno fa ed è semmai aggravata dal fatto che la diffusione del virus ed il livello di saturazione degli ospedali colpiscono oggi drammaticamente tutto il territorio italiano. Tuttavia, mentre un anno fa era stata disposta la temporanea sospensione dell’attività giudiziaria (ad eccezione di poche tipologie di procedimenti urgenti), attualmente negli uffici giudiziari di tutta Italia si continua a lavorare con le stesse modalità e con gli stessi ritmi del periodo antecedente la pandemia, con l’unico precario e insoddisfacente meccanismo di cautela costituito dalla disciplina emergenziale, che peraltro, seppure limitata ad alcune attività processuali e sostanzialmente insufficiente soprattutto per il settore penale, non risulta neppure prorogata benché ne sia prossima la scadenza“. Inoltre, aggiungono ancora i vertici dell’ Anm, il “nuovo piano strategico vaccinale, modificando le linee guida approvate dal Parlamento nel dicembre 2020, non prevede più, tra i gruppi target di popolazione cui offrire il vaccino in via prioritaria, i lavoratori del comparto giustizia“. Dunque secondo l’Associazione magistrati, “il Governo considera il servizio giustizia con carattere di minore priorità rispetto ad altri servizi essenziali già sottoposti a vaccinazione, tanto da non ritenere doveroso rafforzare le condizioni che ne consentano la prosecuzione senza l’esposizione a pericolo per gli operatori”: una decisione, questa, che “oltre a destare disagio e sconcerto per la totale sottovalutazione dell’essenziale ed improcrastinabile servizio giustizia – si legge ancora nel documento – appare in assoluta antitesi con gli obiettivi di riduzione dei tempi dei processi imposti dall’Unione Europea e richiamati dalla ministra Cartabia nelle linee programmatiche esposte recentemente al Parlamento”. Questo perché – conclude l’Anm – “l’esclusione del comparto giustizia dalla programmazione vaccinale, specie in un momento di grave recrudescenza dell’emergenza pandemica, imporrà fin da subito il sensibile rallentamento di tutte le attività giudiziarie che devono essere necessariamente svolte in presenza, donde l’inevitabile allungamento dei tempi di definizione dei processi“. 

VACCINI O PROCESSI. LA REALTA’ CANCELLATA DALL’EGO DEI MAGISTRATI. Il Corriere del Giorno il 29 Marzo 2021. Alessandro Barbaro, editoriale tratto dall’ Huffington Post. Rivendicare in questo clima una priorità assistenziale come un diritto sindacale vuol dire vivere sulla luna e tradire il ruolo che l’emergenza assegna alle élite. Le quali mai come oggi sono utili al Paese, se condividono responsabilità, non se estraggono e distribuiscono dividendi sull’economia di guerra di una pandemia. La magistratura scelga finalmente di farsi rappresentare dai più degni. Si fa fatica a crederci: i magistrati criticano il governo che non li ha inseriti nelle categorie da vaccinare con priorità, e minacciano di sospendere l’attività giudiziaria. Sembra una “fake news”, e invece è un reality, uno show dove la realtà è sfigurata dall’Ego dei partecipanti, chiusi in una stanza senza finestre da cui guardano il mondo convinti di starne al centro. Il comunicato porta la firma dell’Anm e alle 19.12 di ieri irrompe sulla rete dell’Ansa con il suo consueto lessico sindacalese: “Il nuovo piano strategico vaccinale, oltre a destare disagio e sconcerto per la totale sottovalutazione dell’essenziale e improcrastinabile servizio giustizia, appare in assoluta antitesi con gli obiettivi di riduzione dei tempi dei processi, imposti dall’Unione Europea e richiamati dalla ministra Cartabia nelle linee programmatiche esposte recentemente al Parlamento”. Tanto appare improcrastinabile la funzione giudiziaria che se ne raccomanda l’immediato “rallentamento e, nei casi più estremi, la sospensione”. Si fa fatica a crederci: i magistrati non sanno che il nostro Paese ha lasciato scoperti dall’immunità i più fragili per proteggere le categorie? Non sanno quale prezzo di morti e di dolore paghi l’Italia al suo inguaribile corporativismo? Allora sarà il caso di rinfrescar loro la memoria con qualche dato. La scorsa settimana, quando il premier Mario Draghi ha censurato in Parlamento il ritardo nella vaccinazione degli anziani, gli “over 80” immunizzati rappresentavano meno del 40 per cento. Un milione 800 su 4 milioni e mezzo. Eppure in questa fascia di età si conta il 62 per cento di tutti i decessi per Covid. Che vuol dire? Che nella settimana tra il 15 e il 22 marzo 1.700 dei 2.800 pazienti morti si sarebbero potuti salvare, se solo tutti gli anziani avessero ricevuto almeno una dose di siero. Ce n’era la possibilità, poiché 8 milioni di fiale erano state già somministrate. Ma, come si legge sul sito del Ministero della Salute, due milioni e mezzo erano state destinate al personale sanitario, stimato per eccesso in un milione 400 mila unità, 700mila al personale scolastico, e un milione a una categoria definita genericamente “Altro”, nella quale alcune Regioni hanno infilato di tutto, e tra questo tutto c’erano anche i magistrati.  Tant’è vero che il procuratore capo di Catanzaro Nicola Gratteri, preoccupato di smentire chi lo dipinge come un no-vax, assicura che i pm del suo ufficio sono tutti vaccinati. Com’è accaduto? Tu dici “personale sanitario” e il vaccino finisce ai diciottenni iscritti al primo anno di medicina o ostetricia. Tu dici “personale scolastico”, e a immunizzarsi sono i docenti a contratto di sociologia dei pesci rossi all’Università di Vattelappesca, in smart working da un anno. Tu dici “caregiver”, e chi non ha un genitore anziano da assistere, anche se abita a centinaia di chilometri di distanza e magari lo si va a trovare una volta all’anno? Così gli anziani sono finiti in coda. Ancor meno protetti erano e sono tutt’ora gli “over 70”. Che in Italia sfiorano i 10 milioni e mezzo e rappresentano l’86 per cento delle morti per Covid. La percentuale di vaccinati una settimana fa era sotto il 20 per cento. Se invece di distribuire vaccini secondo le pressioni delle categorie sulle istituzioni, si fosse scelto il solo criterio anagrafico, i morti per Covid sarebbero stati già da tempo quasi azzerati. Come del resto è accaduto in Gran Bretagna, dove prima hanno vaccinato gli “over 90” al 95 per cento, poi con gradualità anagrafica hanno coperto l’intera popolazione sopra i 65 anni. Dopo l’intervento di Draghi in Parlamento qualcosa è cambiato. Gli “over 80” immunizzati con almeno una dose sono oggi tre milioni, circa due su tre. Ma resta ancora un milione e mezzo di loro senza alcuna copertura. Per risparmiare altre morti si dovrebbe sospendere la vaccinazione di tutte le categorie, e procedere unicamente per diritto di anzianità e di accertata vulnerabilità. Se Draghi avesse potuto disporlo, lo avrebbe certamente fatto. Ma il rispetto dell’autonomia delle Regioni e le difficoltà organizzative di riprogrammare l’intero piano lo hanno indotto a una mera raccomandazione. Un Paese che ha pagato al Covid un tributo di 108mila morti deve interrogarsi se le sue inefficienze e i suoi egoismi non siano complici della strage. Non per aprire inutili inchieste, che pretendano di risolvere con il diritto penale ciò che invece spetta alla responsabilità politica e civile di una comunità. Ma per comprendere senza ambiguità che il corporativismo è stato in Italia il primo alleato della pandemia. Fin da quando il virus è dilagato nei nostri confini grazie a una medicina di base inesistente. A tutt’oggi la partecipazione dei medici di famiglia alla lotta al Covid è marginale. Ma la rigidità delle categorie ha impedito anche di aprire le scuole in estate, di rafforzare i trasporti pubblici, di adeguare molte strutture dell’economia e della società all’emergenza. E, da ultimo, di evitare che la campagna dei vaccini fosse sporcata e ridimensionata dai privilegi. Nessuno perciò può provare “disagio” e neanche “sconcerto” se la macchina della Salute rimette gli anziani nel suo radar. I tribunali civili sono in smart working da tempo. Nel penale alcune Corti d’appello svolgono le loro cause da remoto. Ciò non ha impedito rallentamenti e ritardi che i cittadini già pagano duramente. Rivendicare in questo clima una priorità assistenziale come un diritto sindacale vuol dire vivere sulla luna e tradire il ruolo che l’emergenza assegna alle élite. Le quali mai come oggi sono utili al Paese, se condividono responsabilità, non se estraggono e distribuiscono dividendi sull’economia di guerra di una pandemia. La magistratura scelga finalmente di farsi rappresentare dai più degni.

Che gaffe i magistrati! Ma i diritti non possono restare in lockdown. La nota stonata dell’Anm ha avuto un effetto clamoroso: riunire il campo populista e quello antipopulista sotto il vessillo dell’anticasta giudiziaria. Ma qui si tratta di tutelare la giustizia. Davide Varì su Il Dubbio il 30 marzo 2021. La nota stonata dell’Anm ha avuto un effetto clamoroso: ha messo d’accordo tutti. E, dato ancora più sorprendente, ha messo d’accordo tutti sulla Giustizia: il campo di battaglia politico più virulento degli ultimi trent’anni. La richiesta dei magistrati (richiesta con allegata la minaccia di bloccare tutto) di una via preferenziale per i vaccini ha infatti unito amici e nemici delle procure. I primi, di salda formazione anticasta, hanno immediatamente sentito puzza di bruciato e denunciato il tentativo dei magistrati di reclamare privilegi corporativi; i secondi – che invece aborrono da sempre qualsiasi deriva populista – stavolta non hanno resistito al richiamo viscerale della battaglia contro le procure invocando l’indignazione generale. Insomma, l’Anm è riuscita nel miracolo di riunire il campo populista e quello antipopulista sotto il vessillo dell’anticasta giudiziaria. Ma siamo certi che la nota dell’Anm possa essere liquidata come richiesta di un insopportabile privilegio? Prima di tutto chiariamo un punto: il comunicato del sindacato dei magistrati ha un “sapore” sgradevole e deve essere sfuggito di mano a qualcuno che non ha colto la temperatura di un Paese che in questi anni è stato concimato con manciate di odio e populismo. Ed è singolare che questo errore di valutazione arrivi proprio dalle procure, da chi, cioè, ha partecipato a quella semina. Ma accanto alla sacrosanta indignazione per un comunicato inopportuno – inopportuno nei toni, nei tempi e nella forma – va detto che alcune delle preoccupazioni delle toghe hanno alcuni elementi di verità. E l’incomprensione nasce da una messa a fuoco sbagliata. Qui non si tratta (solo) di tutelare la salute dei magistrati e degli avvocati, né di reclamarne un incomprensibile “privilegio” o una indebita priorità; qui si tratta di tutelare la giustizia. Che altro non è se non le migliaia di persone in attesa di giudizio, spesso in galera, che attendono un’udienza, un permesso o una carta bollata che tarda sempre più ad arrivare ma che per molti di loro può voler dire la libertà: vedi il caso di Napoli, dove i penalisti denunciano ritardi drammatici da parte del Tribunale della libertà che ricadono sui loro assistiti. Un paragone calzante, seppure con i dovuti distinguo e le dovute proporzioni, potrebbe essere quello con la categoria dei medici. La salute dei nostri operatori sanitari è stata giustamente considerata fondamentale e prioritaria perché si tratta di persone che da mesi sono impegnate in prima linea a combattere contro questo virus. Dunque la loro salute è la premessa per la nostra salute; e la tutela del singolo va a vantaggio di tutta la comunità. Poi ci sono i nostri anziani: sono le persone più fragili ed esposte e per questo vanno protette immediatamente. Infine le persone con malattie croniche o tutti coloro che in qualche modo sono più esposti di noi. Ma una volta messa al sicuro la tenuta del nostro sistema sanitario, è plausibile pensare a come mettere al sicuro la nostra giustizia. Perché lì ci stiamo giocando una partita altrettanto importante per la nostra comunità: quella dei diritti, delle garanzie e delle nostre libertà. E allora speriamo di poter tornare a parlare di giustizia con serenità perché, come detto, a pagarne le spese sono soprattutto le migliaia di italiani che sono da mesi e da anni in attesa di giudizio. Che non è grave quanto una malattia, ma poco ci manca.

Vaccini, bufera sui magistrati. L’Anm fa un passo un indietro. Reazioni (di sdegno) compatte dopo la nota dell'Anm che "minaccia" di sospendere le attività giudiziarie se il governo non estende alle toghe l'accesso prioritario al vaccino. Via Arenula ribadisce la linea: «Le regole non si cambiano». Simona Musco su Il Dubbio il 29 marzo 2021. Prima l’invito ai dirigenti degli uffici giudiziari ad «rallentare immediatamente tutte le attività» senza escludere, nei casi più estremi, «anche la sospensione». Poi il passo indietro di Giuseppe Santalucia, presidente dell’Associazione nazionale magistrati, per chiarire che le toghe non hanno minacciato alcuna sospensione, bensì posto il problema della sicurezza nei luoghi della giustizia. In mezzo ci sta il chiarimento al vetriolo di via Arenula, che con poche parole ha ribadito il proprio niet ai magistrati: il piano vaccinale non sarà rivisto. E, dunque, il comparto giustizia, comprensivo di tutti i suoi attori, non rientrerà in alcuna categoria prioritaria. Storia chiusa, se non fosse che per tutta la giornata di ieri la questione ha tenuto banco, sollevando un vespaio di polemiche, interne anche al mondo stesso della magistratura. Perché se, da un lato, il sindacato delle toghe, parlando a nome dell’intera categoria, ha lamentato una mancata proroga (poi smentita dalla ministra Marta Cartabia) della normativa emergenziale, denunciando i rischi per il comparto giustizia, a causa di udienze che procedono a ritmi frenetici e luoghi poco sicuri, dall’altro Magistratura Democratica, corrente di sinistra delle toghe, ha bollato come «errore» lo scatto in avanti di Anm.

Le richieste dei magistrati e la replica di via Arenula. «Attualmente negli uffici giudiziari di tutta Italia si continua a lavorare con le stesse modalità e con gli stessi ritmi del periodo antecedente la pandemia, con l’unico precario e insoddisfacente meccanismo di cautela costituito dalla disciplina emergenziale, che peraltro, seppure limitata ad alcune attività processuali e sostanzialmente insufficiente soprattutto per il settore penale, non risulta neppure prorogata benché ne sia prossima la scadenza», si leggeva nella prima nota di Anm. Che lamentava, appunto, il depennamento dei lavoratori del comparto giustizia dal nuovo piano strategico. Per il sindacato delle toghe questa scelta avrebbe un unico significato: «Il Governo considera il servizio giustizia con carattere di minore priorità rispetto ad altri servizi essenziali già sottoposti a vaccinazione». Scarsa tutela, dunque, a fronte della richiesta europea di velocizzare i processi. Le conseguenze, per Anm, sono presto dette: «Il sensibile rallentamento di tutte le attività giudiziarie che devono essere necessariamente svolte in presenza, donde l’inevitabile allungamento dei tempi di definizione dei processi». Da qui l’invito ai capi degli uffici, in assenza di interventi normativi, «ad adottare, a tutela della salute, energiche misure organizzative al fine di rallentare immediatamente tutte le attività dei rispettivi uffici, senza escludere, nei casi più estremi, anche la sospensione dell’attività giudiziaria non urgente». Ma la replica di via Arenula non si è fatta attendere. L’Anm, infatti, aveva discusso del tema con la ministra Cartabia lo scorso 18 marzo, incontro dal quale i magistrati erano usciti con la consapevolezza non solo della proroga dello stato d’emergenza per l’attività giudiziaria, prevista per oggi, fino al 31 luglio, ma anche la scelta di proseguire con le vaccinazioni per classi di età. Già allora l’Anm aveva chiesto di ripercorrere le orme del ministro Alfonso Bonafede, che aveva chiesto l’inserimento del comparto giustizia nel piano vaccinale. Ma Cartabia ha ribadito la linea del governo, «in nome del principio di uguaglianza e per evitare la competizione tra le categorie». Posizioni che, ha fatto sapere via Arenula, «i magistrati sembravano aver compreso». Da qui la replica di Santalucia, che negando qualsiasi tipo di «minaccia» («non ne abbiamo il potere») di sospensione ha ribadito la possibilità, in caso di udienze affollate, di «rallentare» l’attività. Cosa che, di fatto, già avviene: sono diversi gli uffici in Italia che hanno già rimandato ad altra data i processi meno urgenti, organizzando le udienze in modo da evitare il più possibile gli assembramenti. Ma ciò, a causa di tribunali a volte fatiscenti, non sempre è possibile. «I magistrati sono l’unica categoria che in caso di malattia non può essere sostituita. Tutti gli altri, i cancellieri, i carabinieri, i poliziotti, gli avvocati, possono essere sostituiti ma i magistrati no. Se l’attività di un magistrato, in funzione requirente ma ancor più in funzione giudicante, salta questo ha un effetto a catena su tutto il sistema giudiziario che si blocca», ha ribadito a LaPresse Luca Poniz, ex presidente dell’Anm. Un «grido d’allarme» raccolto dal sottosegretario alla Giustizia Francesco Paolo Sisto, che si è detto preoccupato per i casi in continua crescita nelle aule dei Tribunali (è di pochi giorni fa la notizia della morte del procuratore aggiunto di Napoli Luigi Frunzio). «Credo sia opportuno provare ad aiutare i capi degli uffici con indicazioni tali da consentire che il diritto alla salute venga tutelato al meglio anche nei luoghi della giustizia», ha dunque affermato. Ma contro le toghe si sono schierati diversi politici: da Matteo Salvini a Maurizio Gasparri, passando per Davide Faraone, il dissenso è stato trasversale, rispolverando la vecchia etichetta dei «furbetti del vaccino».

I distinguo di Md. Ma non tutte le anime della magistratura sono d’accordo. Tant’è che Md, pur chiedendo interventi per garantire a magistrati, avvocati, personale amministrativo e cittadini condizioni di sicurezza, ha invocato «tutele prioritarie per le persone più fragili, per età e condizioni personali, e per le categorie più esposte, come i sanitari». E criticando, così, la prospettazione di una possibile sospensione dell’attività giudiziaria. «Abbiamo commesso un errore – si legge in una nota a firma della segretaria generale Mariarosaria Guglielmi -. Abbiamo trasmesso, come magistratura, un messaggio sbagliato, e dobbiamo prenderne atto: non quello della richiesta di interventi urgenti a tutela di tutti coloro che lavorano ed entrano nei palazzi di giustizia, ma voler porre “condizioni” rispetto allo svolgimento del servizio e considerarci come “categoria” che rivendica una tutela prioritaria».

La reazione dell’avvocatura. Non si è fatta attendere la replica del Consiglio nazionale forense, che sin dal principio, assieme all’Anm, ha sottoposto al ministero i rischi interni ai tribunali per i lavoratori del comparto giustizia. E chiedendo norme certe, ma non a patto di frenare ulteriormente la macchina giudiziaria. Il Cnf ha espresso «preoccupazione e stupore» per «l’invito» dell’Anm a rallentare l’attività giudiziaria. «Rispetto alle considerazioni sulla funzione essenziale della giustizia non possiamo che aderire, ma se l’Anm, così come scrive nel suo documento, considera la giustizia un servizio essenziale non è allora verosimile una richiesta di un ulteriore rallentamento o addirittura una rinnovata sospensione dei processi che arrecherebbe danni come sempre in primo luogo ai cittadini, privati così del loro diritto di tutela, e rischia di apparire come una mera rivendicazione di privilegio – afferma l’organo politico dell’avvocatura -. Senza dimenticare che l’attività dei tribunali è già rallentata da oltre un anno per la pandemia ed è certo che lo stato di emergenza sullo svolgimento in sicurezza delle udienze sarà prorogato al 31 luglio 2021». Sia, dunque, il ministero a stabilire come risolvere le difficoltà del settore. A patto, però, che non accada come nelle scorse settimane, durante le quali la campagna vaccinale è andata avanti con «disparità territoriali», ma facendo sì «che la priorità sia da riconoscere alle situazioni di oggettiva fragilità». Stessa linea quella dell’Organismo congressuale forense, che ha invocato dialogo e non ultimatum. «Il tema della vaccinazione degli operatori della Giustizia è un tema che ci unisce – ha spiegato il coordinatore Giovanni Malinconico – ma un conto è porre il tema, un altro è proporsi in termini così perentori e minacciare di rallentare le udienze, aggiungendo ulteriori ritardi a una Giustizia che invece avrebbe bisogno non di correre ma di volare, per recuperare tutto il tempo perso». Tra i primi a reagire anche i giovani avvocati, che hanno subito espresso «sconcerto» per la posizione dell’Anm. «L’Anm dovrebbe prodigarsi per cercare di garantire lo svolgimento di tutte le attività giudiziarie in sicurezza – si legge in una nota di Antoni De Angelis, presidente dell’Aiga – a partire dalla fissazione delle udienze per fasce orarie, anche pomeridiane. Oggi chi rischia di più il contagio nei Tribunali sono proprio gli avvocati, costretti a lunghe attese per lo svolgimento delle udienze».Magistrati già vaccinati in molte regioni. E non manca nemmeno la replica di Gian Domenico Caiazza, presidente dell’Unione delle Camere penali. Che prendendo spunto dalle recenti dichiarazioni del procuratore capo di Catanzaro, Nicola Gratteri, ha posto la questione sotto un altro punto di vista. «La determinazione dei criteri di priorità nelle vaccinazioni deve essere unica a livello nazionale», ha dichiarato, considerando ovvio che, dopo le categorie più fragili, la giustizia rientri tra quelle prioritarie. «Ovviamente, e sono lieto che Anm lo sottolinei con chiarezza, senza distinzioni al proprio interno, come purtroppo avviene in alcune regioni dove si vaccinano magistrati e personale di cancelleria, ma non gli avvocati. Per esempio: il Procuratore di Catanzaro dott Gratteri ha dichiarato che nel suo ufficio “sono tutti vaccinati”. Possiamo conoscerne le ragioni?». Ma non accade solo in Calabria. Sono diverse le regioni dove la vaccinazione dei magistrati (e in alcuni casi degli avvocati) era già stata avviata. Una situazione a macchia di leopardo fortemente denunciata da Antonino Galletti, presidente dell’Ordine degli avvocati di Roma. Che oggi dice no allo «sciopero bianco» proposto da Anm. «Gli avvocati italiani hanno continuato a lavorare a tutela dei diritti e delle libertà dei propri assistiti durante la prima, la seconda e la terza ondata e continueranno a farlo – ha sottolineato -. E invitano le forze politiche e le parti sociali a discutere senza pregiudizi sulle reciproche posizioni, ma pure senza dettare pericolosi aut aut che non fanno il bene di nessuno».

Il sottosegretario Sisto sta con le toghe: “Vaccino a magistrati e avvocati è richiesta responsabile”. Il sottosegretario Sisto difende la scelta dell'Anm di chiedere il vaccino. Dura l'Aiga: "Oggi chi rischia di più il contagio nei Tribunali sono gli Avvocati". Il Dubbio il 30 marzo 2021. “Non vedo nell’allarme lanciato dall’Anm un tentativo di condizionamento quanto, piuttosto, la richiesta responsabile di un approfondimento sui rischi che si corrono nei tribunali italiani: questo vale per i magistrati, per gli avvocati, per il personale di cancelleria cosi’ come per i cittadini che si avvalgono del servizio giustizia. D’altra parte, la nostra edilizia giudiziaria molto spesso rende impossibile evitare gli assembramenti”. Cosi’ a Radio24 il Sottosegretario alla giustizia Francesco Paolo Sisto. “Il piano vaccinale non e’ in discussione – ha proseguito -, ma pretendere che non si segnalino criticita’ mi sembra troppo. Solo ieri, a Bari, ho notizia di due magistrati contagiati, di cui uno membro di un collegio, con conseguenze evidenti su tutti i soggetti che hanno avuto contatti diretti. Situazioni come questa, moltiplicate per i vari uffici sul territorio, non possono non generare preoccupazioni di rallentamenti nell’amministrazione della giustizia, servizio primario con un ruolo nevralgico anche ai fini del Recovery Fund. In tale linea credo sia opportuno provare ad aiutare i capi degli uffici con indicazioni tali da consentire che il diritto alla salute venga tutelato al meglio anche nei luoghi della giustizia”, ha concluso. L’Aiga, Associazione Italiana Giovani Avvocati, esprime “sconcerto per il comunicato dell’Associazione Italiana Magistrati, in cui si afferma che la mancata vaccinazione in via prioritaria dei lavoratori del comparto giustizia comporterà un sensibile rallentamento di tutte le attività giudiziarie”. E “non comprende la ragione per cui i magistrati dovrebbero comunque ricevere il vaccino in via prioritaria”, vista la decisione del governo di procedere alle vaccinazioni seguendo esclusivamente il criterio anagrafico. “L’Anm, anziché invitare i Capi degli Uffici Giudiziari ad adottare ‘energiche misure organizzative al fine di rallentare immediatamente tutte le attività dei rispettivi uffici’, dovrebbe prodigarsi per cercare di garantire lo svolgimento di tutte le attività giudiziarie in sicurezza, a partire dalla fissazione delle udienze per fasce orarie, anche pomeridiane” afferma il presidente dell’Aiga Antonio De Angelis. “Oggi chi rischia di più il contagio nei Tribunali sono proprio gli Avvocati, costretti a lunghe attese per lo svolgimento delle udienze in luoghi ove non è possibile rispettare il distanziamento sociale” osservano la vice presidente Simona Tarantino e la responsabile della Conferenza degli Eletti Mariella Sottile.

Dagospia il 29 marzo 2021. Dal profilo facebook di Enrico Mentana. Quindi il sindacato dei magistrati, Anm, chiede una corsia privilegiata nella fila ai vaccini in nome della priorità giustizia. Ovviamente è l'ennesima categoria che mette avanti l'interesse generale per nascondere quello corporativo (ci hanno provato anche i vertici dei giornalisti). Si dà però il caso che del sistema giustizia facciano parte anche altre categorie, come ad esempio gli indagati e gli imputati, oltre a tutte le altre figure che ruotano attorno al settore: è da loro che hanno paura di essere contagiate le toghe? E non vale il principio di reciprocità? E comunque tutti i magistrati, avvocati, giornalisti e aspiranti saltafila vari sono meno a rischio di un addetto alla cassa di un supermercato. Mettiamoci in fila tutti, dietro agli anziani e ai più fragili.

LA PRETESA DELLE TOGHE. Carlo Nordio per il Messaggero il 29 marzo 2021. Come se non bastassero il colossale pasticcio combinato dall' Europa nella contrattazione e nella distribuzione dei vaccini, e quello dello Stato nell' omettere, fino all' intervento di Draghi, un criterio omogeneo e razionale della loro somministrazione. Come se non bastassero gli incomprensibili e scandalosi privilegi concessi da varie Regioni nella concessione di un farmaco salvavita a chi in pericolo di vita non versava. Come se non bastassero il crollo della fiducia dei cittadini nell' Europa, dimostratasi inetta, e nello Stato, dimostratosi fino a ieri disattento e confusionario. Come insomma se non bastasse l' ondata di sospetto che si è abbattuta sulle varie istituzioni preposte a gestire questa aggressione del Covid che da guerra lampo si è trasformata in drole de guerre, cioè in una strana guerra gestita da ciascuno come meglio gli pare, ecco l' ultima notizia: l' Anm, l' Associazione nazionale magistrati, non solo lamenta che «le linee guida del Parlamento non prevedono più, tra i gruppi target di popolazione cui offrire il vaccino in via prioritaria, i lavoratori del comparto giustizia», ma adombra addirittura, pur nel velato linguaggio burocratese, «la sospensione dell' attività giudiziaria non urgente». Credo che il cittadino, a cominciare dagli anziani magistrati come chi scrive, ne abbia tratto una sensazione di sorpresa, di disgusto e di ribellione. Sorpresa per un atteggiamento che farà precipitare - ammesso che ci sia ancora lo spazio per precipitare dopo le rivelazioni di Palamara - la credibilità delle toghe nella considerazione generale. Disgusto per una manifestazione di presunzione che sconfina nell' arroganza. E ribellione perché la larvata minaccia di sospensione è tanto più grave in quanto proveniente da chi dovrebbe garantire la legalità e, vorremmo dire, anche la Giustizia e il buon senso. Perché questo nostro sgomento? Perché il raziocinio e la solidarietà civile indicano, come prioritarie, due sole categorie. La prima è quella degli operatori sanitari, per la semplice ragione che se scoppia un incendio le prime maschere antigas le devi dare ai pompieri incaricati di spegnerlo. E la seconda è quella dei soggetti fragili, equamente divisi secondo le fasce di età e la sofferenza di patologie che ne aumentano il rischio. Tutte le altre possono accampare, e magari lo fanno, criteri diversi: la scuola, la produzione industriale, il commercio, la cultura, il rito religioso ecc. Ma solo dopo l' esaurimento delle altre due, come finalmente pare abbia deciso questo governo. Quanto ai magistrati, la loro professione non è più a rischio di tante altre. Al contrario. L' autorità, e anche la forza, di cui dispongono, consentono controlli rigorosissimi agli accesi alle aule di giustizia. E, sia detto a onore di moltissimi presidenti, queste precauzioni sono state rispettate senza alcuna conseguenza negativa, dimostrando che, con un' adeguata organizzazione l' inevitabile rallentamento dei processi non aumenta più di tanto la crisi della Giustizia. Per questo chiedere, o addirittura pretendere, una corsia preferenziale, è ingiustificato dal punto di vista razionale, e odioso sotto quello etico. E comunque, tanto per citare il solito Fouché, se non è un crimine è anche peggio, è un errore. Un' ultima considerazione. Il governo sta apprestando, pare, un decreto legge che conferisca uno scudo penale ai medici impegnati nella vaccinazione. Per piacere, faccia presto. La notizia che alcuni di loro sono stati indagati per aver inoculato un vaccino approvato dall' autorità, disciplinato dalla legge e imposto dalla deontologia, credo abbia fatto il giro del mondo, esponendoci al ridicolo. Se i camici bianchi, che per fortuna si sono dimostrati assai più responsabili delle toghe, minacciassero di sospendere le vaccinazioni, come l' Anm minaccia di fare con i processi, i cittadini potrebbero essere tentati di rivolgersi al generale Figliuolo per chiedergli di suonare, se non la tromba del Giudizio, forse quella dell' Adunata.

Vaccini e magistratura: la polemica. Articolo 101 contro l’Anm. Redazione su Il Riformista il 31 Marzo 2021. Dopo la presa di posizione dell’Anm, è ancora polemica su vaccinazioni antiCovid e operatori della giustizia. Ieri sono intervenuti i magistrati della lista Articolo 101 a sottolineare come l’invito a vaccinare prima i magistrati sia «inaccettabile» e «molto pericoloso perché riflette e alimenta una concezione della magistratura, gerarchizzata e verticistica, con caratteri antitetici a quelli scolpiti dalla Costituzione a garanzia del legale, indipendente e imparziale esercizio della giurisdizione». La “stella polare”, continuano gli esponenti di Articolo 101, va trovato nel “principio di uguaglianza”, mentre il documento dell’Anm, «rischia di far sì che la magistratura sia vista dall’opinione pubblica, non solo a causa degli scandali ai quali non si è ancora iniziato a porre rimedio, come “magistropoli” ma persino come “castopoli”». E, tra le toghe, c’è anche chi ha deciso di revocare la sua adesione all’Anm: è il caso della pm di Roma Antonia Giammaria, «a seguito dell’ennesima prova di incapacità della dirigenza dell’Anm di tutelare l’intera categoria dei magistrati, magari proponendo soluzioni sensate e utili per l’esercizio della giurisdizione in questa fase».

Alfonso Bonafede, quando da ministro chiese il vaccino ai magistrati: la lettera del grillino. Libero Quotidiano il 31 marzo 2021. L'ex guardasigilli Alfonso Bonafede una settimana prima di lasciare il Ministero di Grazia e Giustizia ha scritto una lettera, inviata l'8 febbraio e protocollata l'11, al dipartimento Protezione civile. "Si chiede di includere tutti gli operatori del comparto giustizia, attività essenziale e di rilievo costituzionale, tra quelli cui assegnare priorità nella distribuzione del vaccino anti-Covid 19", il testo della missiva. "Tra l'altro il normale funzionamento dell'attività giudiziaria nel suo complesso deve essere vieppiù assicurato ai fini della piena e fattiva ripresa dell'intero sistema economico e sociale del Paese in linea con gli obiettivi individuati nel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza", un altro passaggio della richiesta del Guardasigilli dimissionario in quei giorni. Quello di Bonafede è stato solo "l'ultimo gentile cadeau al Potere che nel suo ministero per tre anni ha fatto il bello e il cattivo tempo, cioè la magistratura. Del resto, l'ex ministro non aveva mai nascosto la sua propensione per gli ideali giustizialisti, in linea con la filosofia del suo movimento, né tantomeno aveva negato che nella singolare gerarchia dei Poteri del suo ideale di Stato, quello giudiziario è sempre venuto prima di tutti gli altri", scrive Augusto Minzolini sul Giornale. Chiarendo così il significato politico dietro la lettera inviata alla Protezione civile. Ma Bonafede con questa sua iniziativa alla fine, "ha messo nei guai la sua categoria prediletta. Perché l'arrivo delle varianti e della terza ondata, l'aumento dei contagi e dei decessi, le terapie intensive, hanno fatto accendere i riflettori sulla campagna di vaccinazione nazionale". Difatti il governo Draghi, stretto dall'emergenza, ha ignorato quella lettera-richiesta, mandando su tutte le furie l'Anm, che ha criticato la modifica delle linee guida del piano vaccinale e ha poi minacciato un rallentamento dell'attività giudiziaria. Nel vecchio piano non si fa menzione della magistratura tra le categorie privilegiate a cui è riconosciuta una priorità nella vaccinazione.  

IO SO' IO. Mattia Feltri per "la Stampa" il 30 marzo 2021. Raffrontate le due scene. Scena numero uno, la protesta dei ristoratori. Sono scesi in strada a Milano con le mascherine e i cartelli, e nei prossimi giorni replicheranno a Bologna, a Napoli, a Roma. Protestano perché non lavorano da un anno, o lavorano a metà servizio, o soltanto con la consegna a domicilio e, dicono, non è questione di irresponsabilità ma di sopravvivenza (i primi a pagare, questa è un' aggiunta mia, sono stati sguatteri e lavapiatti, spesso stranieri, spesso assunti in nero). Non chiedono né sostegni né vaccini, chiedono di lavorare. Scena numero due, la protesta dei magistrati. Il loro sindacato ha diffuso una nota per esprimere «disagio e sconcerto» poiché l' illustre corporazione non è stata inserita fra quelle da vaccinare prioritariamente (sacrilegio!), e pertanto saranno costretti a rallentare lo svolgimento delle mansioni, o in casi estremi a sospenderle. Per dirla meglio, i ristoratori sono alla canna del gas e chiedono di lavorare di più, anche senza vaccino; i magistrati continuano a ricevere lo stipendio e, senza vaccino, vogliono lavorare di meno. Era difficile descrivere meglio il concetto di diseguaglianza fra i garantiti e i non garantiti, fra chi non mangia se non si rimbocca le maniche e chi mangia comunque, in prossimità della crapula, ma lo stesso si lagna e con accenti di protervia. Era difficile immaginare - rubo il lampo a Carlo Nordio - un' esemplificazione più spettacolare della Giustizia che non sa che cosa sia la giustizia. Era difficile trovare due immagini così simili e così distanti a rappresentare la tragedia nella tragedia del nostro povero Paese.

VACCINAZIONE AI MAGISTRATI CARTABIA SBUGIARDA L'ANM E GLI AVVOCATI PROTESTANO. Michela Allegri per "il Messaggero" il 30 marzo 2021. Il giorno dopo la bufera, il tentativo è quello di correggere il tiro. «Nessuna minaccia di sospensione dell' attività giudiziaria - dice il presidente Giuseppe Santalucia - L' Anm non sospende nulla, non ha mai pensato di farlo. Abbiamo rappresentato a chi ha compiti organizzativi di valutare se ruoli stracarichi e udienze affollate possano convivere con la recrudescenza del virus. Quella nota non era una richiesta di vaccinazione prioritaria». Sul banco degli imputati, questa volta, almeno in astratto, finiscono i magistrati. Dopo la diffusione della nota, con la quale il sindacato delle toghe invitava i dirigenti degli uffici a sospendere l' attività giudiziaria non urgente, in risposta alla decisione del Governo di procedere con la campagna vaccinale seguendo il criterio dell' età anagrafica, arriva anche una bacchettata da parte del ministero della Giustizia. Nessuna replica ufficiale da parte della Guardasigilli, ma da via Arenula mettono le cose in chiaro: la presa di posizione dell' Anm è difficile da comprendere, visto che, durante un colloquio con la ministra Marta Cartabia, oltre a parlare della proroga delle misure emergenziali fino al 31 luglio - c' è uno specifico punto nel decreto che arriverà oggi in Cdm -, si era discusso anche dei vaccini. L'Anm conosceva da allora la scelta del Governo di procedere per classi di età. Una linea condivisa dalla Cartabia e considerata fondamentale per evitare competizioni tra categorie. Tanto che, di fronte alla richiesta avanzata dal sindacato delle toghe di inserire i magistrati tra i soggetti da vaccinare con priorità, la Guardasigilli aveva risposto negativamente. A Roma, a piazzale Clodio, nel più grande tribunale d' Europa, la presa di posizione dell' Anm suscita opinioni differenti. Negli uffici della Procura alcuni pensano che il ragionamento del sindacato delle toghe dovrebbe valere unicamente per il personale giudiziario maggiormente a contatto con il pubblico e, soprattutto, che deve affrontare diverse ore di udienza in aule piccole, scarsamente arieggiate, con un viavai continuo di persone. Il vaccino prioritario, però, non può valere per tutti: «In molti svolgono soprattutto mansioni di ufficio, incontrano poche persone, hanno la possibilità di organizzare gli appuntamenti. Non avrebbe senso vaccinarli prima degli anziani». Dall' altro lato, l' ex presidente dell' Anm, Eugenio Albamonte, sottolinea che, in realtà, «nessuno vuole privilegi. Ci sono solo persone che lavorano a pieno ritmo, come se non ci fosse l' emergenza sanitaria, e che pongono un problema: se non è possibile vaccinarsi, allora è necessario ridurre gli afflussi ai tribunali, senza arrivare allo stallo dello scorso anno». Non sono d' accordo con l' Anm, invece, gli avvocati. Il presidente della Camera penale di Roma, Vincenzo Comi, sottolinea che «È necessario rispettare le priorità vaccinali delineate. Non ha senso cercare di difendere o tutelare una sola categoria, le battaglie devono essere per i cittadini e una Giustizia rapida ed efficiente è un diritto». In questi giorni, inoltre, a Roma è in corso un' astensione degli avvocati per protestare sulle disfunzioni del processo penale telematico. «Imporre il proprio punto di vista, minacciando l' interruzione delle udienze è un metodo che non possiamo condividere - dice invece il presidente del consiglio dell' ordine di Roma, Antonino Galletti - Il fatto di essere inclusi nell' elenco delle categorie, che secondo Anm dovrebbero essere vaccinate in via prioritaria, non può indurci ad accettare come soluzione quella di proporre uno sciopero bianco che rallenti ulteriormente la Giustizia». Ma la polemica rimbalza da Nord al Sud. «La campagna vaccinale deve proseguire rapidamente con regole uniformi, dando priorità agli anziani e ai soggetti fragili», dice Ezia Maccora, vicepresidente dell' ufficio Gip di Milano, che si è ammalata di Covid l' anno scorso. «Sono stata ricoverata e ho visto tante persone care ammalarsi e alcune perdere la vita. Ma non voglio passare avanti a nessuno e aspetto il mio turno come è giusto che sia», aggiunge, sottolineando però che «in alcuni settori della giustizia le condizioni di lavoro non sono adeguate». I rischi più alti sono per gli operatori del settore penale: in molti tribunali - Roma compresa - le aule sono inadeguate ad ospitare in sicurezza i processi. A preoccupare il Governo, comunque, sono anche le decisioni autonome delle Regioni. In Abruzzo, per esempio, è stata avviata la vaccinazione di magistrati e personale giudiziario di cancelleria. A disporlo è una delibera approvata dalla Giunta abruzzese il 22 marzo, che inserisce tra la «popolazione target» per il vaccino anche gli «operatori a vario titolo qualificati Ufficiali di Polizia Giudiziaria, compreso il personale operante presso le Procure della Repubblica ed i Tribunali». Una decisione che ha suscitato molte polemiche. I primi a insorgere sono stati ancora una volta gli avvocati. «La determinazione dei criteri di priorità nelle vaccinazioni deve essere unica a livello nazionale», dice Gian Domenico Caiazza, presidente dell' Unione nazionale camere penali italiane.

La legge è uguale per tutti dicono le toghe, ma davanti ai vaccini non vale. Corporazioni e sindacati insieme con le amministrazioni regionali trasformate in piccoli regni e repubbliche autonome. Paolo Guzzanti su Il Quotidiano del Sud il 30 marzo 2021. È incredibile? No, purtroppo è credibilissimo il tentativo di alcuni magistrati – non osiamo pensare che siamo tutti e neppure la maggioranza – i quali di fatto minacciano di bloccare ancor più di quanto già non sia bloccata la macchina giudiziaria, se ai cittadini togati non verrà assicurata la priorità nelle vaccinazioni. Non è una cosa nuova. Anche gli avvocati hanno avanzato la stessa richiesta sostenendo che coloro che svolgono un servizio pubblico in mezzo al pubblico meritano una protezione speciale contro il Covid. Sarebbe una richiesta ragionevole se di vaccini ne esistessero in quantità sufficienti per tutti, mentre così non è. E lo sappiano tutti, probabilmente anche quegli encomiabili servitori dello Stato. Il punto qual è? Che nella fase in cui non ci sono vaccini per tutti, si devono – dovrebbero – vaccinarsi per primi coloro che appartengono alle fasce d’età su cui si accanisce la mortalità, non la morbilità. Chi rischia la pelle – statistiche alla mano – ha un’età compresa fra i sessantacinque e gli ottantacinque anni. Naturalmente si registrano purtroppo anche migliaia. Di casi di persone che muoiono di Covid in età più giovani, ma si tratta di eccezioni e statisticamente non sono di più di quelli che ogni anno muoiono di influenza. Anzi, neppure: per uno straordinario caso epidemiologico, da un anno nessuno muore più di influenza perché le misure anti-Covid – distanziamento, mascherina e igienizzazione – hanno stroncato l’influenza normale. Tuttavia, in Italia per ora abbiamo soltanto una previsione per una decina di milioni di vaccini fino all’inizio dell’estate, in un Paese di oltre sessanta milioni di abitanti. Ciò dovrebbe avere come conseguenza quella di dare l’assoluta precedenza secondo fasce d’età. Come si sta facendo a macchia di leopardo in alcune regioni e città. Ma l’Italia è anche il Paese delle corporazioni: noi giornalisti siamo una corporazione (e c’è chi reclama il vaccino del cronista), lo sono medici ed avvocati, magistrati e farmacisti, falegnami e musicisti, attori ed autisti, tassisti e ferrovieri, ciascuno col suo specialissimo rapporto col pubblico, con le sue esigenze e naturalmente un forte spirito di corporazione. Corporazioni e sindacati, insieme alle amministrazioni regionali trasformate in piccoli regni e repubbliche autonome. Questa situazione arlecchinesca e paradossale è in buona parte responsabile dei disastri sanitari che ancora accompagnano l’epidemia del Covid e le risposte sbagliate o carenti o fuorviate per contenerlo. Una di queste consiste nel cedimento alle pressioni corporative a tutte le categorie che minacciano di incrociare le braccia o ridurre il lavoro sotto la soglia minima mai raggiunta, facendo valere il principio secondo cui nessuno può essere tenuto a lavorare in condizioni di salute minacciate da un morbo. Ed è qui che dovrebbe intervenire, insieme al buon senso e allo spirito di servizi durante un evento mostruoso come una pandemia che ha già causato circa centoventimila morti (così dice l’Istat, al di là delle valutazioni sanitarie: dal 2020 mancano all’appello 380 mila persone fra morti e non nati) di cui oltre il novanta per cento appartenenti alla fascia d’età degli over settanta. Noi troveremmo anche comprensibile che i magistrati ultrasettantenni (ma ce ne sono?) chiedessero una corsia privilegiata insieme a tutti gli statali e i lavoratori che per dovere d’ufficio hanno ogni giorno a che fare con il pubblico. Ma davvero l’età dei magistrati che chiedono la corsia privilegiata superano i settanta? Coloro che hanno dai venticinque ai sessantacinque anni, statistiche alla mano, sono anch’essi soggetti all’infezione – la quale dipende sua volta soltanto dalla imperfetta osservanza delle norme di distanziamento e dalle altre misure obbligatorie –   ma non alla mortalità. Naturalmente nessuno è contento se prende un Covid sintomatico pericoloso quanto o meno una normale influenza e tutti vorremmo – vogliamo – essere tutelati. Ma nel momento attuale, assegnare le fiale disponibili a chi non ha l’età in cui si muore significa sottrarle a coloro che invece quell’età ce l’hanno. E dunque la sottrazione di un farmaco che salva vite ad una specifica quantità di persone per assegnarlo a chi non corre rischio di morire, ci sembra una cosa veramente inconcepibile. Naturalmente vale sempre, per tutte le categorie specialmente del pubblico impiego, il potere della minaccia: se non mi dai quel che chiedo, io interrompo o rallento il servizio. Trattandosi poi del servizio della giustizia, già così carente, zoppicante, spesso sulle cronache per vicende non tutte edificanti (cosa che accade anche a tante altre categorie, giornalisti compresi), la richiesta perentoria di dirottare un certo numero di fiale destinante ai settanta-ottantenni a persone molto più giovani che non rischiano la pelle (sempre statistiche alla mano), ci sembra una richiesta che difficilmente potrebbe portare maggior prestigio a chi la richiede, o addirittura la impone. La qualità dell'informazione è un bene assoluto, che richiede impegno, dedizione, sacrificio. 

L'Anm finisce al capolinea «Che errore, siamo Castopoli». Il sindacato delle toghe esplode sui vaccini, gli iscritti dicono no ai privilegi. Pm di Roma straccia la tessera. Luca Fazzo - Mer, 31/03/2021 - su Inside Over il 30 marzo 2021. Il documento è ancora lì, intonso, sulla home page dell'Associazione nazionale magistrati, l'onnipotente sindacato delle toghe, in tutta la sua chiarezza. È la risoluzione che il gruppo ristretto dei capi dell'Anm ha diffuso per pretendere la corsia preferenziale per il vaccino anti Covid: e di cui ora, di fronte al putiferio che ne è seguito, nessuno si assume più la paternità. Nemmeno Magistratura democratica, la corrente di sinistra che non solo tre giorni fa ha votato il documento, ma ha in Peppe Santalucia, presidente dell'Anm, un suo uomo di punta. E tra chi proprio non può nascondere la mano fioccano i distinguo, le interpretazioni ardite; si invoca il fraintendimento, la forzatura, la macchina del fango, il livore. Invece il documento è fin troppo chiaro, con il messaggio mandato dalle toghe al paese: se non ci vaccinate il servizio giustizia rallenterà. Il problema è che il surreale diktat dell'Anm non arriva solo nel pieno della peggior pandemia dell'ultimo secolo. Arriva nel pieno del ciclone che poco prima ha colto in pieno la magistratura italiana, svelandone (almeno in parte) le trame occulte del potere. L'Anm, il cui ex presidente Luca Palamara è diventato eroe eponimo dello scandalo, era da mesi alla ricerca disperata di una ripresa di credibilità. Beh, se avessero voluto farsi del male a tutti i costi, non avrebbero potuto essere più efficienti. Infatti ieri sull'Anm piomba addosso di tutto. I più duri sono i magistrati di Articolo 101, la non-corrente che le sigle storiche della Magistratura vedono come il fumo negli occhi e accusano di populismo e fanatismo, ma che sta vedendo crescere i suoi consensi in modo esponenziale tra i giudici di base, quelli da sempre tagliati fuori dai giochi di potere. Articolo 101 parla di «Castopoli» e accusa i vertici dell'associazione di stare «perdendo ogni contatto con la realtà». «Non vogliamo pensare che si volesse istigare alla interruzione di un pubblico servizio». Ma il disastro è tale che a ripudiare il comunicato sono anche magistrati che all'Anm sono iscritti da anni. Il capo della Procura di Cremona, Roberto Pellicano, per anni pm a Milano, accusa i vertici di avere avanzato «una rivendicazione corporativa di cui proprio non si sentiva il bisogno»; la pm romana Antonia Giammaria va ancora più in là e restituisce la tessera dell'Anm in segno di dissenso per «assurde soluzioni saltafila che hanno solo l'effetto di gettare ulteriore discredito sulla categoria, salvo poi fare ancor più dannose marce indietro, peraltro peggiori del danno ormai arrecato». Insomma, una giornataccia in cui fa quasi tenerezza l'unico che si prende l'onere di difendere l'Anm, il procuratore di Lodi Domenico Chiaro che si domanda perché il «livore» della stampa non sia stato riservato anche alla corsia privilegiata concessa ai prof universitari. Per il resto, una catastrofe, di cui l'eco agita anche le chat interne alla categoria, il tradizionale sfogatoio contro le malefatte dei politici dove stavolta a venire presi di mira sono invece i vertici della categoria. Su tutto, la sensazione che davvero una stagione della magistratura italiana stia volgendo alla fine, e come accade in momenti simili viene meno anche quel po' di lucidità che serve almeno a limitare i danni. (Alle 22,05 di ieri sera il comunicato saltafila continua ad essere ancora lì, sul sito dell'Associazione, senza che nessuno si sia preso cura di toglierlo o almeno di spiegarlo)

Potenza della casta. Magistrati privilegiati, chiedono il vaccino e vengono accontentati: corsia di sorpasso per la casta. Aldo Torchiaro su Il Riformista il 27 Febbraio 2021. Un vaccino, subito, per tutti i magistrati. Perché una Casta che si rispetti la distanza dagli altri la deve porre a partire dalle questioni essenziali. La salute è un diritto per tutti, ma per dirla con Orwell, alcuni ne hanno più diritto di altri. Ed ecco pronta una corsia preferenziale per dare il vaccino AstraZeneca subito alle toghe under-54 con vaccinazioni prioritarie prenotabili immediatamente tramite il portale delle prime regioni che hanno aderito. Toscana, prima di tutte. Poi Emilia-Romagna, Piemonte e Puglia. In assenza di una direttiva nazionale, sono le Regioni a decidere. E a macchia d’olio tante stanno valutando in questi giorni di concedere la corsia di sorpasso ai giudici. Peccato che la coperta sia corta: se si dà priorità ai magistrati, ad altre categorie arriverà più tardi. I diabetici protestano: per loro contrarre il Covid-19 sarebbe mortale, ma nella piramide purtroppo vengono dopo alle toghe. Il ministro della Salute Roberto Speranza aveva presentato lo scorso 2 dicembre al Parlamento le linee guida del Piano strategico per la vaccinazione Covid-19, integrato poi nel Decreto 2 gennaio 2021, tenendo i magistrati fuori dalle categorie prioritarie: i Palazzi di Giustizia a rilento, i servizi erogati con il contagocce, scongiurato qualsiasi contatto con il pubblico, al Ministero non era sembrato il caso di inserire le toghe tra le categorie a maggior rischio. La scala delle priorità è stata poi elaborata dagli uffici del ministero della Salute, del Commissario Straordinario per l’Emergenza, dell’Istituto Superiore di Sanità, di Agenas e Aifa. Come previsto dal Piano stesso, l’8 febbraio 2021 è stato pubblicato il documento che aggiorna le categorie e l’ordine di priorità per la seconda fase della campagna vaccinale contro il Covid-19 in base all’evoluzione delle conoscenze e alle informazioni sui vaccini disponibili. L’alea si fa largo tra le pieghe delle “Raccomandazioni ad interim sui gruppi target della vaccinazione anti-SARS-CoV-2/Covid-19”. Alla Categoria 6 si parla di soggetti di età inferiore a 55 anni senza condizioni che aumentano il rischio clinico. Alla luce dell’approvazione del vaccino di AstraZeneca e delle indicazioni fornite da AIFA, durante la seconda fase di vaccinazione, le Raccomandazioni prevedono che «si procederà a vaccinare soggetti (…) con priorità di somministrazione per il personale scolastico e universitario docente e non docente, per le Forze armate e di Polizia, per i setting a rischio quali penitenziari e luoghi di comunità e per il personale di altri servizi essenziali». L’Anm vede l’opportunità di inserirsi. Ma è sul piano locale che si muovono le Procure. Il Procuratore generale presso la Corte d’Appello di Firenze, Marcello Viola, è stato il primo a rivolgersi al Presidente della Toscana, Eugenio Giani. E ha chiesto di integrare l’ammissione al sospirato antidoto anti-Covid per chi svolge un servizio essenziale. «Ho fatto presente che esercitiamo un servizio pubblico essenziale, costituzionalmente garantito», sottolinea il dr. Viola. «L’ho chiesto – insieme al Presidente della Corte d’Appello – per tutto il comparto giustizia. Voglio che tutti coloro che lavorano nei palazzi della giustizia siano tutelati». Anche la Regione Piemonte ha varato una campagna vaccinale ad hoc per i magistrati e gli avvocati chiedono di essere coinvolti. E protesta di non essere stato coinvolto Domenico Palmas, presidente dell’Unione degli ordini forensi di Piemonte e Valle d’Aosta. «Per far ripartire e operare in piena sicurezza il pianeta giustizia – scrive – riteniamo che la vaccinazione debba essere estesa anche agli avvocati, oltre che ai lavoratori delle pubbliche amministrazioni per il fatto di intendere come Servizio Pubblico quello collettivamente svolto da tutti». Le stesse proteste si registrano a Bologna e a Napoli, dove a macchia d’olio fanno presa, trovando ascolto più sensibile che altrove, le richieste dei magistrati di essere messi in corsia di sorpasso. Ed ecco il caso della Puglia, Regione governata da un magistrato in congedo, chiamato a dare priorità alla sua categoria. L’Assessore alla Sanità della Puglia fissa addirittura il calendario delle priorità, rovesciato rispetto alla frequentazione con il pubblico: i magistrati verranno vaccinati a marzo, annuncia, mentre gli avvocati a partire da aprile. Ricevere il vaccino prima degli altri, con l’arrivo della terza ondata, il propagarsi delle varianti e la riduzione della disponibilità dei vaccini forniti, è la più grande dimostrazione di potenza, e forse di prepotenza. «È il modo con cui la casta si comporta da sempre», taglia corto Marco Taradash, PiùEuropa, che segue da vicino il caso dei vaccini nella sua Toscana. «I magistrati hanno ridotto l’attività e non la aumenteranno dopo aver fatto il vaccino; che ora pretendano di avere la priorità sugli altri, fa ridere. All’interno dei tribunali sono quelli che hanno meno contatti con gli altri. Conducono vite isolate e servite. È un privilegio senza ragione, di casta e basta”. Il senatore Franco Dal Mas, Forza Italia, ha rivolto una richiesta di chiarimento al Ministro della salute, Speranza, e alla titolare della Giustizia, Cartabia: «Si consideri semmai tutto insieme il comparto giustizia, vaccinando gli avvocati prima o insieme». Il presidente della commissione Giustizia al Senato, Andrea Ostellari, Lega, si spinge oltre: ha chiesto di conoscere lo stato della campagna vaccinale nelle carceri. Perché in questa piramide rovesciata si pensa troppo ai privilegi del vertice e quasi mai ai diritti degli ultimi, i più colpiti.

Giuseppe Scarpa per “il Messaggero” il 14 marzo 2021. Un tentativo di equiparare i magistrati della Direzione nazionale Antimafia alle forze dell'ordine. Un escamotage per permettergli di ottenere la somministrazione del vaccino anti-Covid 19 nel Lazio. Anche se la Regione Lazio non ha inserito le toghe tra le categorie a rischio e quindi prioritarie, al contrario di quanto avvenuto altrove, come in Sicilia. E così alcuni dei 20 magistrati della Dna avrebbero ottenuto ugualmente la somministrazione del prezioso farmaco.

LA VICENDA. Una vicenda estremamente delicata, almeno secondo una nota scritta dal procuratore nazionale antimafia Federico Cafiero De Raho ai primi di marzo che, di suo pugno spiegava che la «Croce Rossa aveva dichiarato la disponibilità a vaccinare i soli magistrati che riteneva assimilabili alle forze dell' ordine». Tuttavia la Cri fa sapere che le liste dei soggetti da vaccinare le stilano le Asl e non di certo la Croce Rossa. Insomma una secca smentita che pone un primo interrogativo: chi ha cercato di equiparare le toghe della Dna alle forze dell' ordine per permettergli la somministrazione del farmaco?

LA POLEMICA. È opportuno precisare che nel prosieguo della nota Cafiero De Raho sottolinea che non è certo l' equiparazione alle forze dell' ordine la strada da percorrere per essere vaccinati e che chiunque, all' interno della Dna, decida di farlo, lo farà fuori dalle scelte dell' ufficio. Una presa di posizione autorevole che tuttavia nulla dice su chi, e secondo quale criterio, abbia scelto di assimilare le sole toghe della Dna alle forze dell' ordine mentre il resto della categoria - almeno nel Lazio - ne resterebbe per adesso esclusa. Tra l' altro, ed è questo un altro aspetto rilevante, alcuni magistrati della direzione nazionale antimafia sarebbero stati appunto vaccinati nel Lazio. Una questione che avrebbe suscitato alcune reazioni proprio tra le toghe. Anche perché la vicenda investirebbe quello che è considerato il gotha della magistratura italiana, ovvero la direzione nazionale antimafia e antiterrorismo, la Dna. E in questo scenario da furbetti del vaccino che riguarda alcuni magistrati eccellenti, potrebbero essere chiamati altri magistrati per fare chiarezza.

Il caso dei magistrati che hanno già la dose. La reazione di De Raho. Venti giudici appartenenti alla Dna sarebbero riusciti a ottenere la somministrazione della dose dell’antidoto contro il Covid. Scoppia la polemica. Ignazio Riccio - Dom, 14/03/2021 - su Il Giornale.  La Regione Lazio, a differenza della Sicilia, non ha inserito i magistrati tra le categorie a rischio, le quali, in maniera prioritaria, hanno diritto a ricevere la vaccinazione anti Covid-19. Eppure, come riporta il quotidiano Il Messaggero, venti giudici appartenenti alla Direzione nazionale antimafia sarebbero riusciti a ottenere la somministrazione della dose di vaccino equiparando la loro struttura a quella delle forze dell’ordine, che rientrano di diritto tra le categorie protette. L’episodio non è passato inosservato e rischia di avere importanti strascichi, dato che il procuratore nazionale antimafia Federico Cafiero De Raho, all’inizio del mese, ha diramato una nota in cui evidenziava come la Croce Rossa italiana si era detta disponibile a vaccinare solo i magistrati che riteneva equiparabili alle forze dell’ordine. L’organizzazione di volontariato, dal canto suo, ha spiegato che le persone da vaccinare sono scelte dalle Asl e che loro non c’entrano nulla nella decisione riguardante i magistrati laziali. Una presa di posizione che alimenta le incertezze su chi ha cercato di equiparare i giudici della Direzione nazionale antimafia alle forze dell’ordine. Cafiero De Raho, in ogni caso, ha specificato che non è questa la strada da seguire per essere vaccinati, aggiungendo: “Chiunque all’interno della Dna decidesse di vaccinarsi lo dovrà fare fuori dalle scelte dell’ufficio”. Resta, però, il mistero su chi abbia deciso di inserire tra le categorie a rischio i venti magistrati della Direzione nazionale antimafia e su quale metodo sia stato utilizzato per escludere le altre toghe nel Lazio. La vicenda sicuramente non verrà accantonata, dato che, a quanto pare, ci sarebbero state reazioni tra i giudici laziali, che vogliono vederci chiaro su questo presunto favoritismo. Un’indagine potrebbe essere avviata a tal proposito, per approfondire e fugare ogni dubbio sugli eventuali furbetti del vaccino. Saranno certamente ascoltate le altre toghe, per fare chiarezza su un episodio che coinvolgerebbe esponenti di rilievo della magistratura, appartenenti all’importante struttura della Direzione nazionale antimafia.

Vaccini, il caso dei magistrati: ecco chi sono i 5 accusati di avere saltato la fila. Fulvio Fiano il 15 marzo 2021 su Il Corriere della Sera. Sono otto i pm della Direzione nazionale antimafia che hanno approfittato dell’occasione di rientrare nella lista degli aventi diritti al vaccino anti Covid, attirando sulla Dna i sospetti di aver goduto di favoritismi. Si tratta di Marco Del Gaudio, Antonio Laudati, Roberto Pennisi, Domenico Gozzo e Maria Vittoria De Simone. Quest’ultima è una dei vice del procuratore Federico Cafiero De Raho che dirige la struttura. I pm hanno tra i 53 e i 67 anni e hanno ricevuto la dose nell’hub di Fiumicino divenuto il simbolo della campagna vaccinale in Italia dopo la visita del premer Draghi tre giorni fa. A questi nomi si aggiungono quelli di tre colleghi che per pregresse “fragilità” hanno priorità diverse rispetto a quella della categoria di appartenenza. Come i primi siano arrivati a farsi iniettare il vaccino non è ancora chiaro: «Questa è una vicenda alla luce del sole. Non c’è stato nessun tipo di furbizia o sotterfugio», assicura il procuratore Cafiero De Raho. Ma l’imbarazzo sulla vicenda è percepibile anche dale spiegazioni, in parte diverse tra loro, via via fornite. L’ultima è quella che avanza l’ipotesi per la quale i magistrati abbiano avuto accesso alla somministrazione in base alla loro regione di provenienza: «Oltre a quelli con diritto legato a situazioni personali — dice Cafiero De Raho — , altri magistrati della Dna, che provengono da regioni dove le vaccinazioni per i magistrati erano già previste, come la Puglia, Sicilia e altre regioni del nord, hanno proceduto con la vaccinazione in accordo con le Aziende sanitarie del loro territorio». Sono state quindi le Asl locali ad assistere i pm nelle procedure da seguire e far ottenere loro il farmaco già dieci giorni fa quando la lista di categorie era ancora in discussione? Gozzo e Pennisi sono siciliani, Del Gaudio e De Simone campani, Laudati pugliese. La presa di distanza del capo della Dna è in un’altra considerazione: «Io, che ho quasi 70 anni, ho deciso di attendere assieme a tutti gli altri magistrati». L’altra spiegazione, precedente a questa, l’ha fornita il direttore generale della Asl Roma 4, responsabile dell’hub di Fiumicino, Giuseppe Quintavalle. Si sarebbe trattato di un errore materiale di una funzionaria, che ha confuso la sigla Dia, la direzione investigativa antimafia della polizia, con Dna, estendendo agli appartenenti a questa ultima la possibilità di vaccinarsi. Lo stesso Quintavalle, che ha avviato un’indagine interna, oggi preferisce non commentare: «una storia chiusa». Già ieri, però, aveva escluso che la convocazione ai magistrati fosse partita dai suoi uffici, come invece sostiene Cafiero De Raho: «Ci hanno contattati via mail, ho chiesto se l’iniziativa includeva tutti gli amministrativi, mi hanno detto di no e quindi ci siamo fermati e attendiamo di essere inseriti insieme a tutti gli altri magistrati». Di fatto, nessuno dei pm beneficiari del vaccino ha dubitato di averne diritto finché questa finestra è rimasta aperta. Negli stessi giorni c’era stato uno scambio di mail tra la Dna e la Croce Rossa, che secondo Cafiero De Raho si offriva di vaccinare «i magistrati assimilabili alle forze dell’ordine». La Cri, dal canto suo, puntualizza di avere un ruolo solo operativo nella somministrazione dei vaccini e di non aver formulato liste.

Covid, l'Anm a Draghi: "Non siamo furbetti, ma il vaccino è indispensabile. Priorità per il mondo della giustizia". Liana Milella su La Repubblica il 13 marzo 2021. In assenza di una tutela sanitaria, secondo le toghe, il rischio è quello di rallentare o addirittura interrompere un servizio essenziale se, soprattutto negli uffici piccoli, dovessero aumentare i positivi. Subito una proroga delle misure emergenziali per i processi penali e civili. Subito la vaccinazione per i magistrati, per il personale del mondo della giustizia, per gli avvocati. E subito anche un incontro con Draghi e Speranza. A chiederlo sono i magistrati dell'Anm. Che in un'angosciata assemblea oggi dicono: "Faremo e garantiamo il nostro lavoro con la passione di sempre, ma dobbiamo essere messi nelle condizioni di poterlo fare senza diventare noi stessi un veicolo del Covid". E, con un riferimento alla sentenza della Corte costituzionale pubblicata appena ieri e redatta dal giudice Augusto Barbera - che boccia il tentativo di legislazione autonoma della Valle D'Aosta - le toghe denunciano il rischio che si vada a misure differenti tra Regione e Regione, proprio in dissenso con quella sentenza che invece incardina, nel solo Stato centrale, le misure necessarie per affrontare la pandemia, escludendo quindi scelte autonome dei poteri periferici. È netto il messaggio che i giudici, dalla tribuna dell'Anm, rivolgono al premier Mario Draghi e al ministro della Salute Roberto Speranza. "Non siamo né vogliamo essere dei furbetti, né tantomeno presentarci come una categoria privilegiata  - dicono i magistrati che intervengono uno dopo l'altro all'assemblea dell'Anm - ma bisogna garantire alla collettività un servizio sicuro, assicurando a tutti gli operatori, magistrati, personale, avvocati, le garanzie contro il virus. Il nostro è un servizio essenziale, non si può interrompere, ma deve essere reso anche con senso di responsabilità". A lanciare il segnale dell'emergenza è il segretario dell'Anm, Salvatore Casciaro, toga di Magistratura indipendente, per il quale l'esclusione, tra i servizi cui non viene garantita la vaccinazione, anche dei  magistrati, rappresenta un vulnus. Perché la decisione "non mostra la dovuta attenzione per il nostro mondo e per i possibili contraccolpi, derivanti da eventuali focolai di contagio, sulla continuità del servizio reso ai cittadini". "Dall'altro - dice ancora Casciaro - la decisione sembra non tenere in debito conto le reali condizioni di lavoro degli operatori costretti a lavorare, con frequenti contatti con un notevole numero di persone, in uffici giudiziari privi di adeguati sistemi di areazione e di spazi idonei ad assicurare il rispetto delle misure di distanziamento sociale". Nasce da qui un dibattito con molte voci - tra cui tante toghe al femminile, Lilli Arbore, Paola Cervo, Paola Maddalena, Silvia Albano, Ida Moretti e altre - che confermano l'analisi di Casciaro. E dicono: la vaccinazione prioritaria non è "un privilegio per una casta, ma una misura giusta e necessaria". Ancora "l'esclusione è un paradosso ingiusto". E poi: "Non siamo furbetti, ma bisogna garantire alla collettività un servizio sicuro, garantendo a tutti gli operatori le garanzie anti virus. Perché il nostro è un servizio essenziale, e deve essere reso con senso di responsabilità".  Ovviamente le toghe chiedono anche a Draghi e alla ministra della Giustizia Marta Cartabia la proroga immediata delle misure speciali per i processi, vista la nuova ondata pandemica.

Da Santalucia netto no al sorteggio per l'Anm. Altro tema in discussione è, ancora una volta, quello del futuro sistema con cui eleggere le toghe del Csm. Il presidente dell'Anm Giuseppe Santalucia boccia nettamente l'ipotesi del sorteggio. "Non ritengo accettabile - dice Santalucia - che l'unica riforma possibile debba consistere nella compressione del diritto di elettorato (attivo e passivo) dei magistrati, anche di tutti quelli, e sono la gran parte, che non hanno colpe da emendare. Non penso che si possa restituire libertà al Csm privando i magistrati di diritti di cui dalla Costituzione repubblicana in poi hanno goduto. Considero un progetto di retroguardia culturale quello che muove dall'implicita premessa dell'inadeguatezza etica dei magistrati, sin dal loro ingresso in carriera, della loro debolezza di fronte alle lusinghe del potere e alle pressioni dei gruppi di potere". Una posizione molto netta, che contrasta con quella, favorevole invece al sorteggio, di Magistratura indipendente che fa parte della giunta Anm ed esprime anche il segretario generale Casciaro. Ma Santalucia è contrarissimo e pone in sequenza una serie di interrogativi da cui, secondo lui, si evidenzia la negatività del sorteggio: "Un magistrato a cui si dice, e che supino accetta, che non può praticare la libertà di associazione nel modo più trasparente, democratico e apartitico possibile, che non può scegliere coloro a cui la Costituzione affida il compito di preservare le precondizioni di una giurisdizione all'altezza del ruolo sarà più forte o più debole di fronte al potere?". E ancora: "Il Csm, strappato all'orizzonte di un'ancora possibile legame ideale con la platea dei magistrati amministrati, sarà più autorevole o ne verrà fuori fiaccato e indebolito nel confronto tra gli attori della sfera pubblica?".  Secondo Santalucia queste sono "domande necessarie, che non eludono e non celano la drammatica realtà di una vistosa crisi dell'associazionismo e dell'autogoverno della magistratura". Infine, conclude Santalucia, "non si può e non si deve smarrire la strada di una ricostruzione fedele a un disegno costituzionale di cui siamo tra i custodi e non i proprietari, liberi come tali, di concorrere al suo sfascio in nome dei più nobili ideali di moralità e indifferenza ai vantaggi personali. Il sistema elettorale va cambiato, nel senso di restituire al magistrato elettore la più ampia libertà di scelta, di fare arretrare - e fortemente - i gruppi associativi nel momento della espressione del voto, di consentire al Csm d'essere rappresentativo delle varie sensibilità. E le possibilità tecniche ci sono, penso tra i possibili, al sistema del voto singolo trasferibile, o a quello uninominale per plurimi collegi con candidature individuali con collegamento extracollegio".

Vaccino, Antonio Socci racconta lo scandalo: in Toscana prima i magistrati dei disabili. Antonio Socci su Libero Quotidiano il 14 marzo 2021. Due terzi degli oltre 100mila decessi per il Covid-19, in Italia, sono avvenuti da ottobre in poi (il 30 settembre infatti i morti erano circa 35mila). Questo dato mostra il fallimento del governo Conte, come ha spiegato il sociologo Luca Ricolfi nel libro «La notte delle ninfee (come si malgoverna un'epidemia)». Infatti sugli errori fatti da giugno in poi non c'è nessuna attenuante, perché il ritorno autunnale del contagio era stato ampiamente previsto dagli esperti. Accanto a questo bilancio devastante del governo nazionale c'è il colossale fallimento dell'Unione Europea nell'operazione di acquisto dei vaccini. Sommando i due disastri (e la passività del governo Conte anche sulla possibile produzione di vaccini in Italia) abbiamo il triste risultato che ci sta oggi di fronte. L'attuale governo Draghi sta meritoriamente cercando di correggere gli errori del precedente esecutivo e della Ue, ma mettere in sicurezza il Paese in tempi brevi non è facile, sembra un compito immane. Dicevo dei vaccini. È stato assurdo puntare, per un anno, tutto e solo sul futuro arrivo dei vaccini, senza occuparsi delle cure precoci domiciliari che erano possibili subito e che hanno dimostrato di essere importanti per evitare aggravamenti della malattia, conseguenti ricoveri e possibili decessi. Tuttavia è chiaro che prevenire è sempre meglio che curare e i vaccini sono decisivi per eludere la malattia e debellare la pandemia. Sui vaccini è stata fatta una narrazione propagandistica sconcertante a Natale, all'arrivo scortato del furgone con le prime dosi. Che si sia trattato di una sceneggiata lo dimostra il fatto che, dopo quello strombazzato primo arrivo, i vaccini in Italia restano tuttora un miraggio: la campagna vaccinale non è partita o è partita malissimo e si è subito arenata (a differenza di piccoli paesi come la Serbia). Un fallimento epocale. È chiaro che pure i vaccini hanno i loro limiti e potrebbero avere anche conseguenze indesiderate in rari casi. Ma questo è vero per tutti i farmaci. In generale il bilancio fra possibili rischi e benefici certi è assolutamente favorevole al vaccino perciò - ha detto Draghi - ora dobbiamo mettere velocemente in piedi una campagna vaccinale di massa se vogliamo uscire dal tunnel, ferme restando le altre necessarie precauzioni e la necessità di seri protocolli di cura come quello predisposto dalla Regione Piemonte. A proposito di Regioni, la narrazione prevalente tende a sottolineare gli errori delle amministrazioni di Centrodestra. Ma le Regioni rosse come sono messe? Consideriamo la Toscana che ho potuto osservare da vicino. A sollevare il velo sul suo operato è stato un autogol di Stefania Saccardi, nella passata giunta assessore Pd alla sanità e al welfare e oggi vicepresidente della Regione e assessore all'agricoltura di Iv. La Saccardi il 5 marzo sulla sua pagina Facebook annunciava trionfalmente di essersi vaccinata in quanto iscritta all'Ordine degli avvocati (come lei altri politici-avvocati che però hanno evitato di suonare le trombe per farlo sapere). Naturalmente è subito scoppiato il finimondo. Cosa era accaduto? Lo ha sintetizzato il Corriere della sera: «La Toscana ha inserito avvocati, magistrati e cancellieri nelle categorie con priorità. Poi, travolta dalle polemiche, da lunedì ha cancellato la norma». Qualcuno ha parlato di «deriva populista» perché è stato osservato che sono ben più a rischio le cassiere del supermercato e gli autisti del tram. Ma è vero. Poi ci sono i soggetti più fragili. Perfino un quotidiano «antipopulista» come Repubblica, parlando delle polemiche scoppiate in varie parti d'Italia, ha scritto: «Passi per gli insegnanti (per provare a tenere aperte le scuole), per le forze dell'ordine e i militari, ma a vedersi passare avanti magistrati, avvocati, personale amministrativo, studenti di medicina, ausiliari del traffico e magari anche gli "onorevoli", i più fragili, le persone con gravi patologie, i disabili non ci stanno». In effetti il governo Draghi ha subito disposto di rimettere al centro le categorie più deboli. Tuttavia alle parole poi non seguono i fatti. Almeno per ora. Posso dirlo - se è permessa una testimonianza personale - per esperienza diretta: ad oggi in Toscana ci sono novantenni non vaccinati e quel che è peggio disabili gravi, estremamente vulnerabili, non vaccinati e senza informazioni su vaccinazioni future. Giovedì scorso ho scritto direttamente all'indirizzo mail predisposto per segnalazioni dalla Giunta regionale toscana. Mi hanno risposto quel giorno stesso che «da domani dovrebbero essere aperte le prenotazioni per pazienti fragili attraverso il portale». Ovviamente l'indomani non è stata aperta nessuna prenotazione su quel portale. Inoltre al numero verde che in quella mail di risposta mi avevano indicato («il numero regionale dedicato ai vaccini»), a cui mi sono rivolto per chiarimenti, mi hanno gentilmente risposto che «sarete contattati dall'Ausl». Informazione che è esattamente opposta a quella contenuta nella mail, dove si diceva che bisognava prenotarsi sul portale. In ogni caso, al momento in cui scrivo, tutto è fermo. La questione dei disabili non riguarda solo la fragilità delle loro condizioni di salute che li mette fortemente a rischio. C'è molto di più e le persone che se ne prendono cura sanno quello che può accadere. Ne ha scritto sulla Stampa Gianluca Nicoletti, a proposito del suo ragazzo: «Non potrei nemmeno immaginare l'inferno che si aprirebbe per lui se fosse colpito da Covid». Parlava dell'autismo: «Qualcuno riesce a immaginare un ricovero per queste persone? Il loro isolamento in una struttura Covid? O peggio che mai in terapia intensiva? Riuscireste a immaginare cosa possa significare per un autistico infilarsi in un casco? O avere dei tubi in gola per respirare?». Personalmente ci penso con angoscia per persone a me vicine, che ben conosco e che non possono muoversi, parlare e vedere, ma che sono del tutto coscienti e hanno bisogno di una continua presenza. Se la prospettiva del ricovero e della terapia intensiva è un incubo per tutti noi, per queste persone è molto, molto peggio. Perciò potevano e dovevano essere protette per prime. Invece nulla. Nonostante le mie ripetute richieste di date certe la Regione Toscana non si degna di dare risposte. Intanto però ha vaccinato avvocati giovani e sani. Si dirà che il vaccino AstraZeneca non era adatto per persone con gravi patologie. Sì, ma (evitando qui di polemizzare sulla mancanza di vaccini Pfizer e Moderna) l'AstraZeneca poteva almeno essere usato per coloro che si prendono cura quotidianamente dei soggetti fragili e che potrebbero involontariamente infettarli. Proprio ieri, inoltre, le Misericordie di Firenze hanno protestato con la Regione Toscana («meno proclami, più concretezza») perché i loro duemila volontari, in prima fila nell'emergenza Covid, non hanno avuto il vaccino. D'altra parte anche gli insegnanti, a cui era stata data la precedenza per AstraZeneca, in Toscana sono stati vaccinati solo in parte. In compenso nei giorni scorsi è scoppiata una polemica e, secondo il Corriere della sera (edizione fiorentina), i Nas avrebbero scoperto che ci sarebbero «centinaia di casi» con «profili di irregolarità» sui vaccini che erano destinati al «personale docente». Perché quei vaccini sarebbero andati - scrive il Corriere - anche a «maestri di tennis, studenti, istruttori del Coni, insegnante di trombone, modella in accademia e istruttore di autoscuola». Vedremo. Non bisogna buttar la croce addosso a nessuno senza prima capire. Magari alla fine tutti dimostreranno che era loro diritto fare quel vaccino. Lo spero. Resta il fatto che i vaccini sono maledettamente rari e chi più ne avrebbe bisogno è ancora senza.

Da adnkronos.com il 9 marzo 2021. Vaccino contro il Coronavirus per il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. Il capo dello Stato è arrivato in mattinata, poco prima delle 12, all'ospedale Lazzaro Spallanzani di Roma per sottoporsi alla vaccinazione anti-Covid. Al Presidente della Repubblica è stata somministrata la dose di vaccino anti-Covid Moderna, come previsto per i pazienti della sua età. Dopo la somministrazione, il Presidente ha lasciato l'ospedale romano dove era giunto all'ora prevista per la vaccinazione come da prenotazione, secondo la procedura seguita dal Capo dello Stato, così come aveva annunciato nel messaggio di fine anno. "Io mi vaccinerò appena possibile, dopo le categorie che, essendo a rischio maggiore, debbono avere la precedenza". "Era vicino a me e mi ha salutato, gran bella persona", ha detto Wilma, appena uscita dallo Spallanzani dopo aver ricevuto la prima dose di Moderna. "Ero vicino al presidente ma sinceramente ero troppo nervoso per salutarlo", ha confessato Mario, 80 anni, anche lui vaccinato con il presidente. Ad accogliere Mattatella il direttore sanitario dello Spallanzani Francesco Vaia e l'assessore alla Sanità della Regione Lazio, Alessio D'Amato. Il presidente della Repubblica ha seguito la tempistica prevista dalla Regione Lazio, visto che compirà 80 anni il prossimo 23 luglio. "La scienza - aveva sempre affermato rivolgendosi agli italiani il 31 dicembre scorso - ci offre l’arma più forte, prevalendo su ignoranza e pregiudizi. Ora a tutti e ovunque, senza distinzioni, dovrà essere consentito di vaccinarsi gratuitamente: perché è giusto e perché necessario per la sicurezza comune". "Vaccinarsi è una scelta di responsabilità, un dovere. Tanto più per chi opera a contatto con i malati e le persone più fragili. Di fronte a una malattia così fortemente contagiosa, che provoca tante morti, è necessario tutelare la propria salute ed è doveroso proteggere quella degli altri, familiari, amici, colleghi".

Nicola Zingaretti, la gaffe sulla foto di Sergio Mattarella vaccinato: chi spunta, ex segretario in confusione totale. Libero Quotidiano il 09 marzo 2021. Sergio Mattarella che si vaccina contro il Covid allo Spallanzani di Roma è la notizia del giorno. Tanto che diversi esponenti della politica italiana hanno voluto celebrare lo storico momento con un post sui social. Tra loro anche Nicola Zingaretti, il segretario dimissionario del Partito democratico. “Una potente immagine di voglia di normalità, di vita, di riscatto per l’Italia. Vaccinare, vaccinare, vaccinare. Lavoriamo per la speranza. Grazie Presidente!”, ha scritto Zingaretti sia su Instagram che su Facebook. Peccato, però, che alla bella didascalia sia stata allegata un’immagine fotoscioppata. La foto originale, infatti, ritrae Mattarella seduto all’interno del centro vaccinale in attesa della dose di Moderna. Ma dopo la diffusione dello scatto, sono stati creati numerosi meme per la postura del presidente, che ricorda un po’ quella di Bernie Sanders durante il giuramento del presidente Usa Joe Biden. Una delle tante creazioni del web, come riporta il sito Open, è finita proprio nel post celebrativo di Zingaretti, che deve aver fatto un po’ di confusione tra le foto. Nel post iniziale di Zingaretti, insomma, proprio dietro Mattarella compariva Sanders. A seguito di una segnalazione la foto è stata prontamente rimossa da Instagram, anche se non si riscontrano archivi o salvataggi che riportino il fatto. Mentre su Facebook, come verificato e riportato da Open, nella cronologia delle modifiche del post pubblicato alle ore 14:35 si nota la sostituzione dell’immagine intorno alle ore 15:02 di questo pomeriggio. 

Felice Manti per "il Giornale" il 9 marzo 2021. Fiale di vaccino buttate (anche 30 a sera) e amici degli amici vaccinati con appuntamenti carbonari al calar delle tenebre. Basta indossare una pettorina gialla, fingersi un volontario e infilarsi dentro l' hub. Succede nella rossa Firenze, e sicuramente succederà altrove. Ma quello che l' altra sera hanno documentato le Iene (stasera in onda su Italia 1) fa rabbia comunque. L' ha scoperto un consigliere regionale di Fratelli d' Italia, che complice la sua carica istituzionale è riuscito a infilarsi nel Mandela Forum di Firenze. «Alcuni volontari della misericordia, della Protezione civile, mi hanno contattato per raccontarmi che al ogni giorno siccome all' orario di chiusura intorno alle 18 avanzano diversi vaccini, già preparati nelle siringhe che non possono essere ricongelati, succede che gli operatori che stanno all' interno a somministrarli chiamano gli amici, i parenti, altri soccorritori, altri volontari di altre associazioni e vengono portati dopo l' orario di chiusura del Mandela all' interno e ricevono il vaccino», dice l' esponente Fdi alle telecamere delle Iene. Il dramma è un altro, che quando sono finiti gli amici degli amici, i vaccini che avanzano vengono buttati via. Ironia della sorte proprio ieri il sindaco di Firenze Dario Nardella su Facebook si beava dell' esatto contrario: «Proseguono le vaccinazioni al Mandela Forum, il sistema funziona e nessuna fiala viene sprecata». All' inviato delle Iene Filippo Roma uno dei «furbetti» ammette: «Ho approfittato di una corsia preferenziale, pur avendone tutti i diritti in quanto soccorritore. Sono stato chiamato intorno alle 18-18:30 dal Mandela Forum, un amico mi ha detto guarda sono avanzate delle dosi del vaccino se ce la fai ad arrivare qui in venti minuti, te la facciamo. Ho visto che c' erano una ventina di fiale. Quelli non somministrati li buttavano, ci hanno detto, perché erano praticamente aperti dalla mattina e dice che hanno una validità intorno alle 12 ore e di conseguenza purtroppo venivano smaltiti nei rifiuti speciali». Insomma, un bel pasticcio. Anche perché secondo quello che riferiscono alle Iene gli «scrocconi» del vaccino, lo spreco di preziose fiale è una scena che si ripete tutte le sere. Venti, trenta fiale alla volta gettate nell' immondizia. A confermare l' orribile spreco sono gli stessi volontari, ripresi a loro insaputa da una telecamera indossata dal consigliere regionale Fdi, a cui un' infermiera ha proposto un vaccino di straforo: «Se vuole glielo fo, piange il cuore anche a me sentir dire che vengono buttati via i vaccini».

"Ti faccio il vaccino o lo butto". Così le dosi vanno ai furbetti. Nel più grande hub vaccinale della Toscana spuntano i furbetti del vaccino: dosi ad amici, parenti e politici. Le fiale avanzate vengono smaltite. Francesca Galici - Mar, 09/03/2021 - su Il Giornale. Le aziende farmaceutiche non hanno finora adempiuto agli obblighi sul quantitativo di dosi previsto da contratto, hanno ridotto in maniera arbitraria le forniture e, comunque, milioni di dosi giacciono nei frigo del nostro Paese in attesa di essere somministrate. Le vaccinazioni vanno a rilento e l'immunità di gregge è sempre più lontana. Non tutti gli anziani e i soggetti fragili hanno ricevuto la dose spettante ma ci sono i furbetti che, invece, vengono vaccinati in modo più o meno spedito. È quanto accade, per esempio, in Toscana nel più grande hub vaccinale di Firenze. Il Tempo ha riportato un'indagine condotta da Le Iene hanno scoperto e denunciato pratiche fuori protocollo per la somministrazione dei vaccini, che favoriscono spesso soggetti ai quali attualmente non spetterebbe la dose. "Avanzano delle dosi, vieni che ti facciamo il vaccino", sarebbe questa la frase che viene ripetuta più spesso alla sera al Mandela Forum di Firenze al telefono. I destinatari delle chiamate sono amici, parenti, volontari delle associazioni ma anche amici di amici. E se nemmeno con amici e parenti si riescono a coprire le dosi? Sì buttano, come documentato da Le Iene nella puntata che andrà in onda questa sera: "Anche una trentina al giorno". Nel servizio, la iena Filippo Roma viene accompagnata nell'hub di Firenze da Francesco Torselli, consigliere regionale di FdI in Toscana. A rivelare quanto accade al Mandela Forum sono stati alcuni operatori della Protezione civile, che venuti a sapere delle pratiche scorrette hanno informato l'esponente del consiglio regionale. "Ogni giorno all'orario di chiusura avanzano diversi vaccini, già preparati nelle siringhe. Non possono essere ricongelati, così gli operatori chiamano gli amici, i parenti, altri soccorritori, altri volontari di altre associazioni e vengono portati tutti all'interno. E lì ricevono il vaccino. Il dramma è un altro, che quando sono finiti gli amici degli amici, i vaccini che avanzano vengono buttati via", hanno detto i volontari. L'indagine de Le Iene ha portato a individuare uno dei "furbetti", che ai microfoni di Filippo Roma ha confessato: "Sono stato chiamato intorno alle 18-18:30 e mi hanno detto: 'Guarda sono avanzate delle dosi del vaccino, se ce la fai ad arrivare qui in 20 minuti, te la facciamo'. Sono andato e me lo hanno fatto". Un altro furbetto ha poi aggiunto: "In una bacinellina c'erano diverse siringhe. Sicuramente più di una decina. E c'erano diversi vaccini avanzati. Ci hanno detto che li buttavano, perché erano aperti dalla mattina e hanno una validità di 12 ore". Il piano de Le Iene prosegue ed è Torselli a entrare nell'hub con una telecamera nascosta. Si qualifica e gli viene proposto ricevere la dose. Il consigliere rifiuta ponendo la questione etia ma il medico insiste: "Il problema dei vaccini è che questi qui non vengono rimessi in frigorifero. Quindi, se lo volete fare, io ve lo fo. E me la piglio io la responsabilità. Il mio collega ha chiamato la moglie per farglielo, quindi se vuole glielo faccio". Messo alle strette dall'inviato, un medico del centro ha ammesso: "Se uno si trova in emergenza, un vaccino prima di buttarlo è meglio farlo a qualcuno" Informato da Le Iene, il sindaco Dario Nardella si è detto sorpreso di quando scoperto grazie a Filippo Roma e si è mostrato rigoroso. "Se sarà confermato, è un fatto gravissimo", ha detto il sindaco, invitando a non generalizzare.

Firenze: dosi buttate via e vaccini ad amici, mogli e figli? Le Iene News il 09 marzo 2021. A fine giornata al Mandela Forum di Firenze, il centro vaccinale più importante della Toscana, le dosi avanzate verrebbero date a parenti e amici degli operatori o addirittura buttate via perché scadono 12 ore dopo essere state preparate nelle siringhe. Le denunce e le testimonianze, compreso un uomo che ammette e fugge. Il sindaco Nardella: “Se viene confermato, è gravissimo”. Stasera a Le Iene con Filippo Roma e Marco Occhipinti dalle 21.10 su Italia1. Dosi avanzate di vaccino anti Covid somministrate agli “amici degli amici” oppure buttate via quando i conoscenti sono finiti. Alcune testimonianze raccontano che succederebbe al Mandela Forum di Firenze, il centro vaccinale più importante della Toscana, mentre nel paese mancano i vaccini. Ne parliamo con il servizio di Filippo Roma e Marco Occhipinti stasera a Le Iene dalle 21.10 su Italia1. Tra le testimonianze raccolte, la prima è di Francesco Torselli, un consigliere Regionale FdI che sostiene: “Alcuni volontari mi hanno contattato per raccontarmi che al Mandela Forum ogni giorno, siccome all’orario di chiusura avanzano diversi vaccini già preparati nelle siringhe che non possono essere ricongelati, succede che gli operatori che stanno all’interno a somministrarli chiamano gli amici, i parenti, altri volontari di altre associazioni e vengono portati dopo l’orario di chiusura del Mandela all’interno e ricevono il vaccino. Il dramma è un altro, che quando sono finiti gli amici degli amici, i vaccini che avanzano vengono buttati via!”. Ma possibile che si somministrino vaccini agli amici degli amici dopo l'orario di chiusura e addirittura si buttino dosi di vaccino avanzate? La Iena incontra il primo cosiddetto “furbetto dei vaccini” che in realtà ha solo saltato la fila. Però riferisce che quel giorno sarebbero avanzate una trentina di dosi di vaccini e che a fine giornata sarebbero stati buttati. Il motivo dello spreco sembra essere questo: una volta preparata la dose del vaccino nella siringa, dopo un certo numero di ore, se non viene inoculato il farmaco non è più valido per la somministrazione. Un secondo “furbetto” racconta: “All’inizio della scorsa settimana sono andato a fare il vaccino AstraZeneca perché contattato da uno dei nostri referenti che era all’interno perché stavano avanzando le dosi e quindi se non l’avessimo fatte le avrebbero buttate via”. “Hai visto tante dosi di vaccino che stavano avanzando?”, gli chiede la Iena. “Sì, nella bacinellina ce ne era diverse siringhe. Sicuramente più di una decina, tieni conto che c’erano 19 box, quindi, se la matematica non è un’opinione ovviamente c’erano diversi vaccini avanzati”, risponde. “E i vaccini che alla fine non vengono somministrati a nessuno che fine fanno?”, continua Filippo Roma “A noi hanno detto che li buttavano, perché erano praticamente aperti dalla mattina e hanno una validità intorno alle 12 ore e di conseguenza purtroppo venivano smaltiti nei rifiuti speciali. Basterebbe un minimo di organizzazione in più, prevedere delle liste diciamo di overbooking per poter non buttare via questi vaccini”, conclude il ragazzo. Un terzo furbetto ammette di essersi vaccinato, poi scappa a gambe levate. A questo punto è il consigliere regionale Torselli a entrare nel centro vaccinale per capire se anche i medici confermano quanto sembra stia succedendo: “Sono un consigliere regionale, sono venuto a vedere come funziona tutto”, dice Torselli, “se vuole la vacciniamo”, esclama un medico rivolgendosi a lui, “se mi vaccina guardi qualsiasi scelga lei la marca, il modello”, continua Torselli, “no, no, ma lei è matto, domani vado in copertina sul Fatto Quotidiano!”. “No, non va in copertina perché purtroppo stanno avanzando, quindi se vuole vaccinarsi io lo vaccino volentieri”, gli risponde il medico. Ma Torselli conclude: “Non lo posso fare per un’etica, cioè vengo qui come consigliere regionale sarebbe orribile”. Da questa testimonianza sembrerebbe proprio emergere che in quel centro vaccinale non solo vengano proposti vaccini a categorie che non ne avrebbero bisogno, ma che all’atto del rifiuto i medici insistano. E mentre il consigliere parla con un medico che conferma sia lo spreco che il malcostume, Filippo Roma assiste a questa scena: si vede un uomo sulla quarantina, appena arrivato in moto, avviarsi a piedi verso l’entrata del centro vaccinale, dove ad attenderlo c’è quello che sembra un volontario, che gli va incontro, gli sussurra qualcosa all’orecchio e lo aiuta anche a infilarsi il gilet giallo, di quelli utilizzati dai volontari. Poco dopo è la volta di una ragazza, anche questa volta il volontario l’aiuta a mettersi la pettorina gialla e poi l’accompagna verso l’entrata. Eppure il sindaco di Firenze Dario Nardella fa un'ottima propaganda delle vaccinazioni al Mandela Forum: “Le vaccinazioni al Mandela Forum. È il centro più efficiente della Regione: nonostante gli scarsi rifornimenti, il sistema funziona e nessuna fiala viene sprecata”, scriveva solo poche ore fa attraverso un post sulla sua pagina Facebook. Ecco cosa ha detto a Filippo Roma che, per capire meglio come stanno le cose, l’ha incontrato.

Filippo Roma: Sindaco, volevamo informarla di una cosa.

Dario Nardella: Sì.

Filippo Roma: Lei ha scritto su un post…

Dario Nardella: Sì.

Filippo Roma: …Nessuna fiala viene sprecata.

Dario Nardella: Esatto.

Filippo Roma: Lei è sicurissimo che vada proprio così esattamente, 100%?

Dario Nardella: Beh, un sindaco si deve anche fidare di quello che i propri collaboratori responsabili gli dicono.

Filippo Roma: Perché sa che abbiamo scoperto?

Dario Nardella: Sì.

Filippo Roma: Che lì al Mandela Forum a fine turno i vaccini che avanzano vengono somministrati a volte ad amici degli amici che vengono chiamati all’ultimo, e i vaccini che proprio invece avanzano e basta vengono addirittura buttati.

Dario Nardella: Guardi, se questa cosa è confermata è un fatto gravissimo, inaccettabile, e io ne parlerò oggi stesso con Prefetto, Questore, perché una cosa del genere in un periodo in cui le persone sono preoccupate, i vaccini non arrivano, perché è evidente che un fatto del genere se confermato sarebbe anche un grave illecito.

Filippo Roma: Un altro medico addirittura con il vaccino avanzato ha vaccinato la moglie.

Dario Nardella: Il modo peggiore per celebrare la “festa della donna” direi.

Filippo Roma: Ci dispiace avergliela un po’ rovinata.

Dario Nardella: Queste sono pratiche che non vanno bene, chiamare il parente, la moglie o il coso è assolutamente sbagliato, quindi io vi ringrazio perché quello che voi state facendo è un servizio alla comunità che ci permette di intervenire tempestivamente perché questo non avvenga più una pratica del genere è inaccettabile.

Filippo Roma: Sindaco, mi sa che gli tocca modificare il post a questo punto!

Dario Nardella: Ehhhh sì, ehhh bravo! Infatti oggi che avrò una diretta Facebook alle 17.30 lo dirò pubblicamente, proprio su Facebook dove ho messo quel post!

Filippo Roma: Grazie ancora!

Dario Nardella: Salve.

Vaccini: Nas acquisiscono liste vaccinati in Toscana. (ANSA il 12 marzo 2021) - FIRENZE, 12 MAR - I carabinieri del Nas di Firenze hanno acquisito le liste dei vaccinati di tutta la Toscana per verificare eventuali irregolarita' nelle somministrazioni, dopo il servizio girato dalla troupe della trasmissione 'Le Iene', e al momento non ancora andato in onda, all'hub del Mandela Forum nel capoluogo toscano, da cui emergerebbe che diverse dosi sarebbero state buttate via o somministrate a parenti e amici. Sotto le lente d'ingrandimento, secondo quanto riportato oggi dal Corriere Fiorentino, ci sarebbero quasi 60mila dosi. Le verifiche, condotte d'iniziativa dai carabinieri che hanno acquisito documentazione negli uffici della Regione Toscana, riguarderebbero i vaccini iniettati nel mese di febbraio alle persone rientranti nella categoria "personale scolastico universitario docente e non". I primi accertamenti dei Nas inviati in un report al ministero della Sanità, si spiega sempre sulle pagine del Corriere Fiorentino, avrebbero fatto emergere centinaia di casi che presentano profili di irregolarità. Tra i vaccinati infatti risulterebbero tra l'altro anche figure come maestro di tennis, studenti, istruttore di autoscuola, modella in accademia. I militari hanno anche inviato un'annotazione di polizia giudiziaria alla procura per informare i magistrati.

Vaccini in Toscana, aperte 2 inchieste «Trovate centinaia di irregolarità» Simone Innocenti per il “Corriere Fiorentino” il 12 marzo 2021. C’è un mese di vaccinazione che non torna, sostengono i carabinieri del Nas di Firenze che nei giorni scorsi hanno fatto un controllo negli uffici della Regione Toscana e più precisamente a quelli della «sanità digitale e innovazione».  È un periodo particolare ed è relativa al mese dello scorso febbraio: le dosi finite sotto la lente sono quasi sessantamila. Esattamente: 57.887. Tutte le pratiche sono state acquisite dal Nas e sono relative alla categoria del «Personale scolastico universitario docente e non». L’accertamento del Nas non rientra, almeno per il momento, in alcun fascicolo di indagine. Ma rientra nell’ambito delle competenze dei militari del Nucleo antisofisticazioni che, pochi giorni dopo, hanno mandato un report al Ministero della Sanità. Per dire questo: i primi accertamenti avrebbero portato a una «certificazione di centinaia di casi che dai primi riscontri presentano profili di irregolarità». Il perché viene spiegato subito dopo: la somministrazione di quei vaccini del febbraio scorso sarebbe stata fatta in diversi casi «a soggetti non rientranti nella categoria del ‘Personale docente universitario e non’”». A chi sarebbero stati somministrati anche quei vaccini? La lista compilata dai carabinieri del Nas è questa: «Maestri di tennis, studenti, istruttori del Coni, insegnante di trombone, modella in accademia e istruttore di autoscuola». I carabinieri hanno inviato un’annotazione di polizia giudiziaria alla Procura per informare di quanto accaduto. E la magistratura ha aperto un fascicolo «esplorativo», senza alcuna ipotesi di reato. I carabinieri dovranno dunque stabilire diverse cose, a partire dal tipo di registrazione che avviene sul sito internet della Regione: può essere che qualcuno sia riuscito a prenotare usando uno stratagemma. Magari sfruttando nella piattaforma regionale — divisa in 24 categorie professionali — registrandosi sulla voce «altro». E, con scuse bislacche, a farsi vaccinare al posto di colui al quale il vaccino sarebbe stato destinato: il «Personale scolastico universitario e non». Una categoria ben diversa dalla modella in Accademia e dall’istruttore di autoscuola. Capire se — nel corso delle indagini — tutto questo sia avvenuto e stabilire di chi siano le eventuali responsabilità è il lavoro che in questi giorni i carabinieri del Nas stanno facendo. Questi accertamenti viaggiano in parallelo con quelli nati dopo le anticipazioni di presunte irregolarità che sono state denunciate nel servizio delle Iene forse in onda stasera su Italia 1. Subito dopo il reportage, il Nas è andato — senza alcuna delega formale — ad acquisire le liste delle persone che si dovevano vaccinare. La procura aveva poi aperto un fascicolo conoscitivo «modello 45», senza ipotesi di reato né indagati, per effettuare accertamenti preliminari sulle presunte irregolarità nella somministrazione dei vaccini al Mandela forum di Firenze. Dosi avanzate, non somministrate, «gettate oppure date agli amici»: è quello che sarebbe accaduto al Mandela, hub vaccinale, secondo quanto documentato dal servizio andato in onda lo scorso 9 marzo in serata su Canale 5. I carabinieri, prima che la Procura aprisse l’indagine, avevano acquisito negli uffici dell’Asl documentazione. Asl che aveva poi spiegato: «Dal giorno di inizio delle vaccinazioni fino all’8 marzo, presso l’hub sono state somministrate 17 dosi di vaccino in più rispetto a quelle ricevute: in alcuni casi, dell’undicesima dose estratta dalle fiale multidose del vaccino, possibilità esplicitata dall’Aifa solo pochi giorni fa». La Procura però ha formalmente delegato la polizia giudiziaria a fare luce su tutto questo. Nelle prossime ore si farà un punto nell’ufficio del procuratore aggiunto Luca Turco. Intanto il governatore Eugenio Giani è intervenuto sulla questione dei vaccini al Mandela: «È un processo fisiologico, in tutte le cose della vita: se qualcuno cerca di avvantaggiarsi senza rispettare le regole sarà punito secondo le regole di questo Stato, e noi saremo inflessibili». «Ritengo che sia importante — ha aggiunto — fare, operare, dare più possibile velocità al processo vaccinale. Vedo che la Asl questo lo sta facendo, e io li sto incoraggiando, e sto ringraziando tutti gli operatori per lo sforzo che stanno facendo per poter vaccinare. Il vaccino va dato a quelle che sono le categorie essenziali in una comunità, la sanità, la scuola, la giustizia, poi devi passare per forza di cose all’età».

Vaccini, il Nas indaga su 540 dosi somministrate abusivamente a parenti e amici. Giuliano Foschini e Fabio Tonacci su La Repubblica il 23/1/2021. All'ospedale Madonna dell'Alto di Petralia Sottana, nel Palermitano, su 1.121 vaccinazioni effettuate (dati aggiornati al 21 gennaio) ce ne sono 333 sotto inchiesta. Una su quattro, arrotondando per difetto. I carabinieri del Nas, delegati dalla procura di Termini Imerese, stanno facendo accertamenti perché a prima vista risultano essere somministrazioni sospette fatte a chi non rientra nelle categorie previste dalle direttive del governo. Non sono anziani delle Rsa, non è personale sanitario, non sono amministrativi né lavoratori delle Asl. Sono invece veterinari, dipendenti pubblici, commercialisti, braccianti agricoli, insegnanti, poliziotti, politici, sindaci, amici degli amici. I cosiddetti "furbetti del vaccino", per dirla con una definizione assai abusata ma indubbiamente efficace. Gli investigatori hanno capito che a Petralia Sottana c'era qualcosa che non andava da un post su Facebook scritto il 5 gennaio da una dottoressa in pensione, soddisfatta per aver ricevuto la dose. "Sarebbe stato più corretto vaccinare chi è in prima linea", le risponde un amico in un commento. Che poi è il punto della questione. E non riguarda certo solo l'ospedale palermitano.

Ad oggi i carabinieri del Nucleo Antisofisticazione guidati dal generale Paolo Carra stanno facendo approfondimenti su 540 dosi arbitrariamente erogate in alcuni centri del territorio nazionale. Le procure di Modena, Ragusa, Reggio Emilia, Forlì, Trapani e Palermo hanno disposto indagini per valutare se, oltre all'inopportunità di scavalcare in lista chi è più esposto al Covid-19, si possa ravvisare il reato di abuso di ufficio. Non è escluso infatti che qualcuno abbia fatto pesare il nome o la carica. Ha fatto molto discutere, al riguardo, la pretesa del governatore della Campania Vincenzo De Luca di farsi vaccinare al Cotugno di Napoli durante il V-Day del 27 gennaio. A Scicli è saltato il responsabile del punto somministrazioni dell'ospedale Busacca per 24 dosi finite a chi non era nella lista, deferito per peculato e interruzione di pubblico servizio. Tra i destinatari: sua moglie, i parenti della dottoressa che lo ha sostituito. l'ex direttrice sanitaria, cinque ex sindaci, un preside in pensione, la figlia di una dirigente dell'azienda sanitaria provinciale di Ragusa. E ancora: la figlia, il marito e la madre di un'altra dirigente apicale dell'Asp di Ragusa. "Una organizzazione premeditata", sibila il direttore generale dell'Asp di Ragusa, Angelo Aliquò, dopo aver letto il resoconto dell'istruttoria interna. "Quando un intero nucleo familiare che non ne ha diritto riesce a ottenere la vaccinazione vuol dire che dietro c'è una organizzazione. Non è stato un fatto estemporaneo legato alla necessità di non sciupare le fiale ormai scongelate, ma un vero e proprio atto di arroganza".

Rimanendo in Sicilia ma spostandoci a Salemi (Trapani), il Nas ha scoperto 140 vaccinazioni sospette su 546 al presidio "Vittorio Emanuele II": le dosi Pfizer sono state fatte a insegnanti e dipendenti del comune di Gibellina, ai vigili urbani di Gibellina e Calatafimi Segesta. Siamo ad almeno 540 furbetti, dunque. Su questi stanno indagando. Ma non è detto che siano gli unici. 

Medici a quota 300 morti "Almeno immunizzateci". Luca Fazzo, Domenica 24/01/2021 su Il Giornale. Da Gallarate, vicino Varese, a Grumo Appula in provincia di Bari. Da Bologna a Terrazzo, duemila anime tra Verona e Rovigo. Non conosce zone bianche o zone rosse, il sacrificio silenzioso dei medici italiani sul fronte del coronavirus. Ieri si supera quota trecento morti: e forse non sarebbe eccessivo paragonarli ai trecento delle Termopili, immaginarli come guerrieri in camice bianco che si sono battuti per fermare l'avanzata del nemico. Ma questi, a combattere sono stati mandati senza armi. Fin dall'inizio, dottori di ogni settore - dai medici di famiglia agli specialisti dei reparti di rianimazione - hanno denunciato la carenza dei più banali dispositivi di protezione, dai guanti monouso alle mascherine. Ma ieri dalla federazione nazionale degli Ordini dei medici arrivano i dati più disarmanti: anche adesso, nelle settimane cruciali della prima campagna vaccinale, i sanitari sono stati lasciati in seconda fila. Dovevano essere loro i primi a ricevere la profilassi, in realtà solo una parte delle dosi disponibili è stata iniettata a loro, o agli infermieri o agli anziani delle Rsa: su un milione e 300mila dosi, quasi quattrocentomila sono finite a chi non ne avrebbe avuto diritto. Centinaia di migliaia di medici continuano a restare al loro posto senza lo scudo del vaccino. Sono due, ieri, i decessi che fanno raggiungere la triste vetta dei trecento medici caduti. A Reggio Calabria muore Bartolo Tarsia, medico di medicina generale, ovvero medico di base: aveva sessantanove anni, si era ammalato visitando un paziente, a fine anno era risultato positivo al tampone molecolare, per le prime settimane era riuscito a restare a casa; il 7 gennaio fa il peggioramento delle sue condizioni aveva costretto a ricoverarlo in ospedale, poi il passaggio in terapia intensiva. Tutto inutile. Poche ore prima di lui, a Gallarate era spirato Agostino Consolaro: era in pensione, ma in tutti questi mesi aveva continuato a visitare i pazienti bisognosi. Una dedizione che gli è stata fatale. I dati raccolti dall'Ordine documentano come la seconda ondata del Covid, arrivata a metà autunno, abbia investito la categoria con la stessa violenza della prima: centoventi morti solo dall'1 ottobre. É la prova, secondo il presidente della federazione nazionale, Filippo Anelli, che solo la vaccinazione di massa dei medici può permettere alla categoria di affrontare l'emergenza senza venire travolta dai contagi. Per questo Anelli trova scandaloso il dato delle 400mila dosi inoculate fuori dalle categorie previste: «È inaccettabile vedere persone che non svolgono un'attività così rischiosa essere sottoposte al vaccino e osservare una larga parte della professione medica non ancora vaccinata». I dati cono inequivocabili, «il 25 per cento dei decessi è nel comparto sanità», vuol dire che in Italia un morto su quattro è un medico o un infermiere. E questo dato «vanno sommati i medici di medicina generale che costituiscono oltre la metà dei caduti nella seconda fase della pandemia». La Federazione denuncia anche come la campagna vaccinale abbia discriminato una parte importante della categoria: «In molte regioni i colleghi che operano nelle strutture private accreditate non sono stati ancora ricompresi nella campagna vaccinale. Come si fa a escludere una parte così importante della professione dalla possibilità di proteggersi?». E Anelli ricorda anche una categoria particolare, i dentisti, che per ovvi motivi non possono imporre la mascherina ai loro pazienti, e quindi sono esposti particolarmente al rischio: ma spesso anche loro vengono esclusi dalla vaccinazione.

Caos vaccini, 400mila dosi agli amministrativi: “Non chiamateli furbetti ma trascurati i medici”. Antonio Lamorte su Il Riformista il 24 Gennaio 2021. Il caso è esploso con le parole di Filippo Anelli, presidente della Federazione nazionale degli Ordini dei Medici Fnomceo: “Solamente 790.251 le dosi di vaccino somministrate agli operatori sanitari, su un totale di 1.312.275. Ben 397.583 dosi sono state invece iniettate a personale non sanitario e non appartenente alle altre aree a rischio come ad esempio quelle degli ospiti delle Rsa e degli over 80. È inaccettabile vedere persone che non svolgono un’attività così rischiosa essere sottoposte al vaccino e osservare una larga parte della professione medica non ancora vaccinata”. Un’accusa lanciata ieri, nel giorno in cui il numero dei medici morti a causa del coronavirus ha toccato quota 300. Quasi 400mila vaccini non sono andati dunque a personale sanitario. E quindi Anelli non le manda a dire. “Il personale medico non è solo quello del Servizio sanitario nazionale, che pure è duramente colpito: solo tra le denunce all’Inail – ha spiegato – il 68,8%, e il 25% dei decessi, è nel comparto sanità. E, per i medici, tali denunce riguardano esclusivamente i dipendenti (di ospedali, case di cura e di riposo, istituti, cliniche e policlinici universitari, residenze per anziani e disabili). Ai quali, per avere un quadro della situazione, vanno sommati i medici di medicina generale, che costituiscono oltre la metà dei caduti nella seconda fase della pandemia”. “Ci sono poi i liberi professionisti, tra i quali gli Odontoiatri, che, per la peculiarità degli interventi che svolgono, sono particolarmente esposti al rischio d’infezione – ha continuato Anelli – ci sono i colleghi che operano nelle strutture private accreditate: questi professionisti, in molte Regioni, non sono ancora stati ricompresi nella campagna vaccinale”. E quindi Anelli si è chiesto come fosse possibile escludere “una parte così importante della professione dalla possibilità di proteggersi? A tutti i medici va garantita la vaccinazione, senza distinguo inutili e ingiusti”. L’invito e l’appello al Governo, agli amministratori regionali, aveva chiosato, ”è quello di rispettare i medici. Di avere rispetto per tutti coloro che sono deceduti oggi per salvaguardare i cittadini”. Parole, quelle del Presidente Fnomceo, che hanno aperto un caso. E sul quale è tornato lo stesso Anelli in un’intervista a Open. Non ha negato episodi inaccettabili (parla di “furbetti”) di dosi distribuite a parenti e amici. Il punto è però quello degli amministrativi: addetti delle imprese di pulizia e alla sicurezza che rientrano nella categoria di massima priorità. “Il punto è che è stato dimenticato una parte del mondo sanitario, che fuori dagli ospedali rischia e muore”, come per esempio pneumologi che lavorano fuori dall’ospedale, odontoiatri, esperti in malattie infettive, internisti, farmacisti. “Sugli amministrativi non dico che non abbiano il diritto di essere vaccinati e capisco che un ospedale vada avanti anche grazie a loro, ma se il programma vaccinale procede per valori di rischio, allora è inaccettabile che medici e operatori sanitari siano stati esclusi”. Anelli sollecita una risposta tempestiva e una revisione di priorità da parte del commissario straordinario all’emergenza e alla campagna vaccinale Domenico Arcuri. “Un sistema che ha fallito completamente”, aggiunge Anelli, considerando che tra i 300 medici morti (la lista è costantemente aggiornata sul sito della federazione) ci sono molti professionisti al momento non coinvolti nella campagna. 

Centomila vaccinati fuori lista: la beffa a sanitari e anziani delle Rsa. La Repubblica l'11 gennaio 2021. Furbetti ma anche molti amministrativi delle Asl autorizzati nella mappa aggiornata dei 700 mila protetti. I carabinieri del Nas acquisiscono le liste degli vaccinandi. Il caso Emilia Romagna. Prima i più deboli e i più a rischio, si diceva così all'inizio della campagna vaccinale. I più deboli, cioè gli ospiti delle residenze per anziani, e i più a rischio, ossia medici e infermieri a contatto con i malati Covid. E non lo si diceva per caso: proteggerli significava salvar loro la vita e, dunque, ridurre la pressione sul sistema sanitario. Le cose, invece, stanno andando troppo spesso al contrario. Il prete, il manager, la zia. Il popolo dei salta fila nella corsa all'immunità. Don Umberto, parroco di Modica, 81 anni tra due settimane, la racconta candidamente così: «Mi ha chiamato un amico che lavora come amministrativo nel pool di vaccinazione a Scicli, mi ha detto che c’erano dei vaccini in più che bisognava utilizzare entro due giorni e sono andato. Sono ultraottantenne, ho altre patologie e ho capito che alla Asl non avevano una lista di persone da chiamare».

Fabio Tonacci per "la Repubblica" il 12 gennaio 2021. Prima i più deboli e i più a rischio, si diceva così all'inizio della campagna vaccinale. I più deboli, cioè gli ospiti delle residenze per anziani, e i più a rischio, ossia medici e infermieri a contatto con i malati Covid. E non lo si diceva per caso: proteggerli significava salvar loro la vita e, dunque, ridurre la pressione sul sistema sanitario. Le cose, invece, stanno andando troppo spesso al contrario. Per questo i carabinieri del Nas stanno acquisendo in diverse Regioni l' elenco dei vaccinandi, per verificare se, nella compilazione, ci sono stati abusi tali da configurare ipotesi di reato. L'ultimo aggiornamento indica che, sul totale di 701.623 vaccinati, abbiamo 558.155 operatori sanitari e sociosanitari, 47.488 ospiti delle strutture residenziali (Rsa) e ben 95.980 soggetti classificati «personale non sanitario». Categoria sufficientemente generica per inglobare tutti coloro che, indipendentemente dall' età, gravitano nell' universo delle Asl e degli ospedali: gli amministrativi che lavorano in ufficio, gli addetti alla manutenzione e alle pulizie, i manager, i cuochi e i camerieri delle mense, i centralinisti, gli uscieri, gli specialisti che non lavorano direttamente con i contagiati. Oltre ovviamente ai furbi: gli amici degli amici, le mogli dei dottori, politici locali, qualche fortunato dell' ultimo minuto. Una parata di saltafila che raccontiamo in questa pagina. Nelle intenzioni di chi l' ha pensata e progettata, la Fase 1 della campagna doveva avere un altro andamento, privilegiare i più vulnerabili e riservare una quota minore ai «non sanitari». Che invece oggi sono il doppio degli anziani delle Rsa. Intendiamoci, ogni persona vaccinata in più è in sé una buona notizia. Ma visto che le fiale sono contingentate e i produttori (Pfizer- BionTech e, da oggi, anche Moderna) fanno fatica a distribuire milioni di dosi in tutta Europa con la velocità che la crisi pandemica necessiterebbe, governo e struttura commissariale avevano indicato alle regioni delle priorità. Che sono state ribaltate. Repubblica ha avuto accesso ai dati scorporati regione per regione, aggiornati alle 19 di ieri sera, che non compaiono nel cruscotto pubblicato dalla struttura del commissario Arcuri. Andiamo con gli esempi: in Campania, su 68.138 vaccinati ci sono 1.262 anziani delle Rsa e 10.583 di personale non sanitario; in Calabria 10.940 vaccinati di cui 1.190 non sanitari e zero Rsa; in Sicilia 61.694 vaccinati di cui 1.328 ospiti delle case di riposo e 8.719 non sanitari; nelle Marche hanno vaccinato appena 145 ospiti Rsa e 1.834 non sanitari; nel Lazio su 66.773 vaccinati 6.019 sono non sanitari e 4.356 gli anziani; in Lombardia 69.712 vaccinati, 10.397 personale non sanitario, appena 1.631 anziani delle case di riposo; infine il caso limite dell' Emilia Romagna, dove a fronte di 71.293 somministrazioni, 4.765 sono state dedicate alle Rsa e 21.341, quattro volte di più, ad amministrativi, dipendenti, pulitori, impiegati. Il risultato è che la fascia di età più coperta è quella 50-59 anni (195 mila somministrazioni), contro i 16 mila della 70-79, i 20 mila della 80-89 anni, i 15 mila della over 90. Poiché vaccinare tutti gli ultraottantenni può diminuire, secondo alcune stime, il tasso di morti per Covid del 50 per cento, al governo si fa strada l' ipotesi di includerli nella prima fase della campagna (adesso il loro inserimento negli elenchi è a fine febbraio). Si valuta anche di anticipare la somministrazione agli insegnanti, per accelerare la riapertura delle scuole. L' inversione delle priorità, messa in evidenza dai dati scorporati per regione, preoccupa il ministero della Salute, anche perché nelle prossime settimane il sistema dovrà gestire un numero sempre maggiore di fiale. Tra ieri e oggi i camion della Pfizer consegneranno altre 470 mila dosi e per le 12 di stamani è atteso presso la sede dell' Istituto superiore di sanità il primo furgone col vaccino di Moderna: 47 mila dosi, a cui se ne aggiungeranno altre 47 mila la prossima settimana.

Non chiamiamo furbetti quelli che “rubano” il vaccino a chi ne ha più diritto.  Alessio Lasta su Notizie.it il 03/02/2021. Me li immagino questi imbucati nei mesi duri della prima ondata a chiamare eroi quei medici e infermieri a cui oggi hanno tolto il vaccino per impossessarsene. Le parole sono importanti. Appunto. Per questo nella vicenda degli imbucati dei vaccini dobbiamo dare alle parole il loro valore. Si tratta di circa 350mila persone in tutta Italia che non rientrano nel target cui spetta la priorità, come prevedono le linee guida del Ministero della Salute per questa prima fase. Vi prego, non chiamateli – non chiamiamoli – furbetti, con questo uso tutto italiano del vezzeggiativo o del diminutivo, buoni quando alla sanzione morale si sostituisce un grosso “massì” collettivo. Son furbetti, son furbini. Qualcosa insomma per cui vadano bene un’alzata di spalle, mezzo sorriso a denti stretti o un assolutorio “c’è di peggio”. Ma che cosa c’è di peggio che togliere il vaccino a medici, infermieri, personale sanitario, operatori socio sanitari che lavorano nella prima linea dei nostri ospedali, e che si mettono quotidianamente a rischio per salvare vite umane, magari sulla linea del fronte delle nostre terapie intensive o dei reparti Covid? Me li immagino, questi imbucati, a marzo o aprile, nei mesi duri della prima ondata. A condividere sui social l’hashtag #andràtuttobene. Oppure a spellarsi le mani negli applausi dai balconi (pure di questa assurda retorica siamo rimasti vittime, allora). O ancora, che ne so, a chiamare “eroi” medici e infermieri i cui occhi segnati dalla fatica e i cui visi rigati dal segno delle mascherine abbiamo visto tutti. E di cui (quasi) tutti ormai ci siamo dimenticati. Ho realizzato per “Piazzapulita”, su La7, un’inchiesta nel ragusano. A Scicli il 6 gennaio erano state scongelate 40 dosi in più di vaccino. Così hanno chiamato tutti. Per non sprecarlo, avevano detto. E in centinaia – complice anche il prete del paese che lo aveva annunciato dal pulpito – si sono accalcati pretendendolo fino a quasi arrivare alla zuffa, quando le dosi in più erano finite. “Ma come – li si è sentiti urlare – “sono da due ore in fila e non me lo fate? Non è giusto”, come se la pretesa di qualcosa che non ci spetta diventasse essa stessa diritto. Come se nessuno di quelli in coda si fosse passato una mano sulla coscienza e avesse anche solo pensato di non mettersi in coda, per far sì che quelle dosi in più andassero magari agli anziani ricoverati nelle Rsa, al personale infermieristico che ancora il vaccino non l’aveva visto, agli operatori socio sanitari che ogni giorno varcano le porte dei nostri ospedali. Macché. Sono qui e lo pretendo. È l’arroganza che fotte questo benedetto Paese. E l’arroganza non contempla il bene comune, ma solo il proprio particolare, la propria roba, per dirla con Verga. Anche quando la roba non è propria, ma di tutti. Perché, mettiamocelo in testa, il vaccino è un bene comune a cui tutti hanno diritto gratuitamente. Ma tant’è. Quello che mi fa più incazzare però non è l’errore umano di chi ha scongelato troppe dosi di vaccino il 6 gennaio a Scicli. Ché uno dice ok, c’è stato un errore, erano i primi giorni della vaccinazione. No. Perché di imbucati ce ne sono stati a Ragusa, Comiso, Pozzallo, Modica anche nei giorni successivi, fino all’11 o 12 gennaio, quando poi il caso è scoppiato, i Nas hanno iniziato le indagini, la Regione s’è svegliata dal torpore e tutti sono venuti a conoscenza di questa autentica vergogna. Cui si aggiunge una clientela da far spavento. Perché si sono vaccinati il marito e la figlia trentunenne della responsabile dell’ufficio risorse umane dell’Asp di Ragusa, cinque ex sindaci di Scicli, due di loro di professione preside e ingegnere, non proprio la prima linea dell’emergenza sanitaria. Così come una giornalista, che di giorno fa l’insegnante precaria, da sette anni l’addetta stampa di una parlamentare Cinque Stelle e poi, a tempo perso, aiuta pure il marito, medico, nel proprio studio. Una multitasking di tutto rispetto, non c’è che dire. Né possiamo poi stupirci se nell’elenco dei vaccinati a sgamo ci sia anche un ventiseienne. “Soffro di bronchite e ho catarro d’inverno – mi ha detto – mio padre, che è medico, mi ha messo in lista e io l’ho fatto. Ma non ritengo di averlo sottratto a nessuno”. Certo, come no. La lista ha altri nomi e novità sono attese nei prossimi giorni. Quello che mi ha colpito è che nemmeno una volta, nemmeno per sbaglio ho sentito pronunciare una parola sempre più rara: scusa, ho sbagliato. Nemmeno per l’anticamera del cervello è passato per la mente a queste persone che il loro comportamento, pur non rappresentando allo stato attuale un illecito penale, potesse essere considerato, almeno sul piano morale, indecente. Zero. Mai un’assunzione di responsabilità. Piuttosto il contrario: una meschina difesa della propria posizione, un’adduzione di giustificazioni da far impallidire, come se si fossero dimenticati delle categorie a rischio, dei cinquecento morti al giorno che ancora oggi ci sono. Come se tutto questo non contasse nulla di fronte al proprio tornaconto. Ora l’assessore alla Salute della Regione siciliana ha annunciato che per queste persone non ci sarà la seconda dose di vaccino. Che un po’, mi viene da dire, rappresenta uno spreco ulteriore, visto che queste stesse persone prima o poi verranno vaccinate. Caro assessore, il segnale è ottimo, ma adesso arrecherebbe un ulteriore danno, sprecando una dose a cranio. Ci ripensi. Altrimenti assisteremmo al trionfo della solita logica: il recinto si chiude quando i buoi sono ormai scappati.

Alessandra Ziniti per "la Repubblica" il 12 gennaio 2021. Don Umberto, parroco di Modica, 81 anni tra due settimane, la racconta candidamente così: «Mi ha chiamato un amico che lavora come amministrativo nel pool di vaccinazione a Scicli, mi ha detto che c' erano dei vaccini in più che bisognava utilizzare entro due giorni e sono andato. Sono ultraottantenne, ho altre patologie e ho capito che alla Asl non avevano una lista di persone da chiamare ». Il giorno dopo, dietro la porta del centro di vaccinazione della Rsa della vicina Scicli, c' era una calca di 150 persone, molte delle quali arrivate da Modica a caccia di qualche dose "avanzata". A far partire involontariamente il passaparola proprio don Umberto: «Sì, l' ho detto io nella messa dell' Epifania che c' era questa opportunità. Non mi pareva che fosse una cosa sbagliata, ho incontrato anche due ragazzi quella sera che si vaccinavano». Dalla Sicilia alla Puglia, dalla Campania all' Emilia Romagna, si scopre che nelle fila delle categorie con massima priorità (operatori della sanità e ospiti delle Rsa), ma anche nella falla dei residui inutilizzati delle fiale, si sono già inserite diverse migliaia di persone, persino più di 1.400 giovanissimi tra i 16 e i 19 anni, che non avrebbero avuto alcun diritto a essere immunizzati prima delle persone più fragili o esposte. «Operatori sanitari e sociosanitari in prima linea» e «personale e ospiti dei presìdi residenziali per anziani », recitano vagamente le linee guida del ministero della Salute per le categorie che hanno diritto alla somministrazione prioritaria. Ma le Regioni hanno fatto ognuna come gli pare. A Bologna, ad esempio, hanno già vaccinato i lavoratori multiservizi delle ditte che hanno in appalto alcuni servizi sanitari ospedalieri, a Bari gli addetti alle pulizie e persino i loro familiari che poi hanno comunicato l' avvenuta vaccinazione al loro medico di famiglia, allibito perché lui, invece, ancora non è neanche in lista. Conquistare una dose di Pfizer è una medaglia da esibire. Le foto sui social con il bollino "Fatto vaccino anticovid 19" si sprecano. E non sono certo tutti «operatori sanitari e sociosanitaria in prima linea» quelli che dichiarano apertamente di aver saltato la fila. Professori universitari e manager, dirigenti amministrativi e impiegati, segretari e collaboratori di studi. Basta avere in qualche modo a che fare con la parola sanità e avere un medico in famiglia per andare a bussare alla porta dei centri di vaccinazione alla ricerca di un amico. A Brindisi, spulciando nei registri dei vaccinati, sono venuti fuori i nomi di una decina di mogli di medici in pensione, come ha dichiarato lo stesso direttore generale della Asl, Giuseppe Pasqualone. Lo scongelamento "per errore" di tutta la scorta dell' ospedale avrebbe costretto i vaccinatori ad allargare la platea dei fortunati per non sprecare le fiale. Davanti all' evidenza dei fatti, rispondono tutti così i vaccinatori colti in castagna: «Avanzavano dosi, piuttosto che buttarle...». Perché, ovviamente, sono loro a contattare gli amici che non possono inserirsi nella regolare compilazione dei moduli online riservati alle categorie con alta priorità. Ed ecco, ad esempio, dai registri degli ospedali di Bari e della Bat venire fuori i nomi di operatori scolastici, poliziotti (la questura ha aperto un' inchiesta interna), soggetti istituzionali. Ancora a Bari, ecco le fiale per cento giovanissimi studenti del corso di laurea in scienze infermieristiche, e così a Catania sei studenti universitari, scelti come simbolo (ma di che?) dal rettore dell' Università, sono stati tra i primi vaccinati. E poi rettori, manager di aziende sanitarie, dirigenti amministrativi, informatori scientifici. Nei piccoli centri, come Polizzi sulle Madonie, più di un amministratore non ha resistito alla tentazione di imitare il governatore campano De Luca e saltare la fila. A Napoli, nelle lunghissime file di medici sotto la pioggia ad attendere il vaccino, decine di infiltrati. Alla Mostra d' Oltremare ne hanno smascherati 41: tra loro, un noto avvocato e mogli, fidanzate, figli di medici spacciati come collaboratori di studi medici. A quelli veri, prima di iniettare la dose, è stato persino chiesto di esibire la busta paga.

Vaccino e tamponi agli amici, indagato un dirigente medico dell'Asp di Cosenza. Il Quotidiano del Sud il 14 gennaio 2021. Un medico dell’Azienda sanitaria di Cosenza in servizio, direttore sanitario dello Spoke Ospedaliero di Cetraro-Paola, è indagato dalla Procura di Paola per avere somministrato indebitamente il vaccino anti Covid 19 a suoi amici e per aver sottoposto illegittimamente soggetti a lui vicini a tamponi per l’individuazione del virus nelle strutture che dirige. L’indagato – che secondo le indagini dei carabinieri del Nas di Cosenza si è anche appropriato di presidi medici ospedalieri che poi dispensava a conoscenti – è stato anche raggiunto da una interdizione dal lavoro per 12 mesi perché usava a fini personali l’auto di servizio. Il provvedimento, emesso dal gip su richiesta del procuratore di Paola Pierpaolo Bruni, è stato notificato al medico dai carabinieri del Gruppo Tutela Salute di Napoli ed è giunto nell’ambito di un’indagine svolta dal Nucleo Antisofisticazioni e Sanità di Cosenza. Sono in corso perquisizioni domiciliari oltre che acquisizioni documentali negli uffici della Pubblica Amministrazione. Il provvedimento è stato adottato in quanto il medico è accusato di peculato. Inoltre è indagato per truffa, falso in atti pubblici e turbata libertà nella scelta del contraente, oltre che per ulteriori ipotesi di peculato aventi ad oggetto farmaci ed altri presidi medici ospedalieri. Le indagini, andate avanti per 10 mesi con intercettazioni telefoniche ed ambientali, oltre che a servizi di osservazione e pedinamento, hanno consentito agli investigatori di accertare una serie di condotte di peculato dell’auto aziendale con la quale, secondo l’accusa, il professionista avrebbe, tra l’altro, accompagnato amici e parenti in aeroporto, si è recato a fare acquisti al centro commerciale Ikea di Salerno, avrebbe portato a pranzi e cene, anche fuori regione, i propri familiari ed altri soggetti a lui legati da vincoli personali. Nel corso delle indagini è anche emerso che il medico avrebbe effettuato indebitamente, sin da giugno 2020, tamponi molecolari per la ricerca del Covid19 a beneficio di numerosi soggetti a lui vicini. Infine avrebbe anche effettuato l’indebita vaccinazione contro il virus su persone a lui legate da rapporti amicali.

Sindaco di Noicattaro si vaccina contro il Covid, scoppia la polemica: «Avrebbero buttato la dose». «Era il giorno dell’Epifania ed erano venute meno delle persone in lista» ha spiegato Innamorato. La Gazzetta del Mezzogiorno il 12 Gennaio 2021. Rischia di finire in polemica in Puglia la vaccinazione contro il Covid del sindaco di Noicattaro (Bari), Raimondo Innamorato (M5S), che non apparterrebbe ad alcuna delle categorie interessate dal vaccino in questa prima fase. La notizia è riportata da alcune testate web locali. «Era il giorno dell’Epifania ed erano venute meno delle persone in lista - ha spiegato il sindaco in tv - una dose di vaccino era avanzata. Ho chiesto alla Asl di contattare altri soggetti, ma mi hanno ribadito che avevano già provato invano. Mi hanno fatto comprendere che diversamente quella dose sarebbe stata gettata».

IL CHIARIMENTO DEL SINDACO - «Si vuol far passare un messaggio distorto. Non ho ricevuto alcun privilegio per il mio ruolo. C'era una dose di vaccino avanzata che sarebbe andata buttata e la Asl ha proposto a me di farla». Chiarisce così il sindaco di Noicattaro, Raimondo Innamorato, la vicenda che lo ha visto al centro di polemiche nelle ultime ore per aver ottenuto il vaccino Covid, pur non essendo inserito negli elenchi delle categorie per le quali è prevista la vaccinazione in questa prima fase. "I miei avversari politici, che sono in campagna elettorale, stanno distorcendo l’episodio accomunandolo a quello di De Luca, quando non è assolutamente così - dice Innamorato - . Non è stata sottratta la possibilità ad un altro. La dose sarebbe stata inutilizzata». «Era il 6 gennaio, il giorno dell’Epifania - ricostruisce il sindaco - e io ero al Comune a lavorare, facendo la solita ricognizione dei contagiati. In mattinata ho sentito telefonicamente il Dipartimento di prevenzione della Asl che stava somministrando i vaccini. Alle 15 del pomeriggio mi hanno richiamato chiedendomi se volessi fare il vaccino, perché rispetto alle dosi, che si preparano scongelando il quantitativo necessario per le fiale da inoculare, avevano avuto due defezioni all’ultimo momento, hanno cercato tra le categorie prioritarie ma nessuno era disponibile. Così me lo hanno proposto. Ho fatto notare più volte che sarebbe stato opportuno contattare altri, ma mi hanno detto di averlo fatto senza esito». Per ovviare a questo «sarebbe opportuno - ipotizza Innamorato - fare una lista di persone di riserva da vaccinare che si rendano disponibili».

Vaccino a De Luca, il chirurgo del Cotugno: «La sua fiala doveva essere la mia. Ma non è l'unico». Da leggo.it Martedì 29 Dicembre 2020. Continuano le polemiche sul vaccino anti coronavirus al Governatore della Campania Vincenzo De Luca, che non rientrava tra coloro da vaccinare nei primi giorni, ma che ha deciso lo stesso di farsi iniettare la prima dose del vaccino Pfizer appena arrivato. In un'intervista al quotidiano Il Mattino, il chirurgo dell'ospedale Cotugno Luigi Ricciardelli, 51 anni, da 13 in servizio nella stessa azienda, ha dato la sua opinione sul caso, da "primo degli esclusi" del vaccino. La dose di De Luca, dice Ricciardelli, doveva essere sua «o di un altro collega in fila o di un infermiere. Non ne faccio una questione personale». «Sono stato il primo a operare un paziente colpito dal coronavirus al Cto, durante la prima ondata della pandemia, e assicuro consulenze mediche anche al pronto soccorso del Cotugno e dello stesso Cto. Ma non perché più bravo, solo per dovere: fanno lo stesso altri professionisti. Io sono uno dei tanti, non un eroe», ha aggiunto nell'intervista a Maria Pirro del Mattino. «De Luca ha una personalità forte, qualsiasi sua decisione credo avrebbe scatenato reazioni», ha specificato. Ma oltre a De Luca, anche altri sono stati inseriti con criteri diversi dalla 'prima linea', spiega Ricciardelli: «Secondo le raccomandazioni del ministero della salute, pubblicate sul sito istituzionale, il vaccino avrebbe dovuto essere somministrato esclusivamente a medici e infermieri e ospiti delle residenze sanitarie assistenziali e, io ritengo, in particolare agli operatori in servizio nei Covid Center, in rianimazione, in chirurgia, in pneumologia, al pronto soccorso e in infettivologia, e non anche a dipendenti o dirigenti amministrativi». «Sia chiaro: anche loro hanno diritto alla fiala, al secondo giro a mio avviso, in quanto non hanno contatti diretti con gli ammalati».

Lorenzo De Cicco per “il Messaggero” il 6 gennaio 2021. In almeno quattro ospedali romani si sono già visti i carabinieri del Nas. I militari del Nucleo Antisofisticazione e Sanità dell'Arma hanno chiesto a medici e dirigenti di controllare gli scarti delle dosi del vaccino anti-Covid, per vedere se le quantità annotate nei registri delle somministrazioni corrispondono a quanto prelevato dalle boccette Pfizer. Il sospetto è che qualcuno, prosciugando il fondo delle prime, preziose fiale dell'antidoto al coronavirus, possa poi rivendere il siero sfruttando canali paralleli. E naturalmente illegali. Manovre sottobanco, che oltraggerebbero l'intera categoria dei camici bianchi. Un battaglione di medici e infermieri che proprio nel Lazio sta producendo uno sforzo che non ha pari in Italia, macinando iniezioni al ritmo più spedito di tutte le altre regioni. «I Nas fanno bene a indagare - dice il presidente dell'Ordine dei medici di Roma, Antonio Magi - chi fa giochetti nascosti con le fiale del vaccino Covid danneggia tutti, perché ogni goccia che non va ai pazienti in lista è una goccia sprecata». Proprio dopo le segnalazioni di alcuni dottori sono partiti i controlli dell'Arma, che hanno già ispezionato alcuni ospedali convertiti dal vaccine-day del 27 dicembre in centri per la profilassi. Anche se sull'operazione nulla trapela dal Nas di Roma, ai responsabili delle strutture sono stati chiesti i registri dove vengono annotati i nomi delle persone sottoposte alla vaccinazione e, in parallelo, sono stati controllati gli scarti. A caccia di discrepanze, appunto, tra le quantità formalmente inoculate e quelle presenti o non presenti nei flaconi. L'obiettivo è verificare se le segnalazioni arrivate siano fondate. Col sospetto che esista un traffico sotterraneo, che sfrutterebbe i residui delle fiale somministrate, le ultime gocce in sostanza, per poi sommarle tra loro e immetterle sul mercato nero. Il monitoraggio sta avvenendo a livello nazionale, non solo a Roma. La procedura dell'Aifa per somministrare il vaccino Pfizer-BioNTech prevede l'uso di una siringa da 3 millilitri, con cui si preleva il liquido di diluizione, che si inietta poi nel flacone multidose. A quel punto ogni persona dovrebbe ricevere 0,3 millilitri di vaccino. Ma qualche goccia nel fondo può rimanere. I residui. Che messi insieme, stilla dopo stilla, possono fare gola. Del resto nel dark web c'è chi è stato disposto a spendere tra i 300 e i mille euro per una singola dose. Quasi sicuramente farlocca. La stessa Agenzia del Farmaco, nelle faq sul nuovo vaccino, sconsiglia qualunque operazione online, anche perché il prodotto potrebbe essere «oltre che inefficace, pericoloso per la salute». E il Ministero della Sanità il 19 dicembre è intervenuto per condannare «la presenza di offerte sul web di farmaci non autorizzati o di dubbia provenienza», invitando «ad attenersi solo alle indicazioni fornite dagli organi ufficiali». Il cybercrime farmaceutico da inizio pandemia è tenuto sotto stretta osservazione dal Ministero, proprio attraverso gli esperti del Nas. Pochi giorni prima di Natale (e del vaccine-day), i carabinieri della sezione Analisi del Reparto operativo hanno oscurato due siti che smerciavano presunti vaccini anti-Covid e sieri contro l'influenza, vendibili, questi ultimi, solo su ricetta del medico. Entrambi gli indirizzi erano agganciati a server stranieri, con riferimenti a gestori schermati. Di fatto, non individuabili. In uno dei due portali, all'apparenza una piattaforma di e-commerce simile in tutto ai colossi del settore, i carabinieri hanno scoperto addirittura una tendina con una sezione «Sars-Cov-2», dove venivano reclamizzati 3 presunti vaccini contro il coronavirus, ordinabili anche dall'Italia. Ora non più. L'altro sito prometteva l'immunità contro l'influenza, in un momento in cui il vaccino contro il virus stagionale era faticosamente reperibile in tante regioni, per problemi di produzione delle case farmaceutiche. Due operazioni, gli oscuramenti realizzati dai Nas, che confermano ancora una volta l'esistenza di truffe e speculazioni sulle paure che vorticano attorno al Covid. Speculazioni che anche le gocce di una fiala possono fertilizzare. Lorenzo De Cicco.

Scicli, avanzano 30 dosi di vaccino: pazienti scelti col passaparola e scoppia il caso. La Repubblica l'8/1/2021. Erano avanzate circa 30 dosi di vaccino anti Covid dal programma predisposto dal distretto sanitario che aveva previsto 120 somministrazioni da completare in una giornata. Ma alcune persone non si sono presentate per motivi vari ed allora è scattato il "reclutamento" con il passaparola per non essere costretti a gettare le dosi nella spazzatura, vaccinando così anche pazienti non appartenenti alle categorie previste. Una volta appresa la notizia, decine di persone si sono recate presso la sede della Rsa dell'Ospedale di Scicli protestando per la scarsa trasparenza circa le modalità di somministrazione del vaccino. A sollevare formalmente la questione è stato il sindaco Enzo Giannone, che si è rivolto con una nota al direttore generale dell'Asp di Ragusa, Angelo Aliquò, per conoscere i tempi e le modalità di somministrazione del vaccino presso i presidi sanitari del territorio.

Alessia Candito per repubblica.it il 15 gennaio 2021. L'ultima accusa è di aver somministrato tamponi e vaccini non secondo necessità e priorità, ma in nome dei rapporti di amicizia e parentela. Per i magistrati della Procura di Paola guidata da Pierpaolo Bruni, il dottore Vincenzo Cesareo, interdetto per 12 mesi dalla professione e indagato per truffa, falso in atti pubblici e turbata libertà nella scelta del contraente, da tempo avrebbe usato mezzi e bilanci degli ospedali di Cetraro e Paola di cui era direttore sanitario per scopi molto personali. Dall’auto dell'ospedale a visite, esami e tamponi fatti avere ad amici e parenti, nella sua attività professionale Cesareo – emerge dalle oltre 600 pagine di ordinanza – si sarebbe sempre fatto guidare da interessi privati piuttosto che da regolamenti e protocolli pubblici. Lo hanno scoperto i carabinieri dei Nas di Cosenza che per circa dieci mesi hanno seguito e intercettato il dottore, che neanche nei mesi più duri della pandemia ha smesso di utilizzare mezzi e servizi dell’ospedale come sue esclusive proprietà. O di subordinare le proprie mansioni a interessi e impegni privati. Alla riunione per l’attivazione di posti Covid non si presenta, accampando una scusa, ma in realtà ha solo in programma una giornata con l’amante. Quando si scopre un focolaio in una Rsa che fa temere un’impennata di ricoveri e lui viene sollecitato ad attivarsi, opta per dedicarsi allo shopping. “Trovate i letti. Trovate, se è il caso, i ventilatori. Preparate tutto perché potrebbero arrivare pazienti, se non arrivano da Cosenza, arrivano dal territorio” lo incalza al telefono la commissaria straordinaria dell’Azienda sanitaria provinciale di Cosenza, Cinzia Bettellini. Ma a lui quell’allarme non sembra fare né caldo né freddo. “Che me ne fotte di via Alimena (sede dell’Asp) – dice ridendo ad un altro interlocutore – vado per corso Mazzini, in quel negozio nostro che ci sono belle svendite”. In almeno un paio di occasioni, lo “disturbano” per riunioni o problemi in ospedale mentre è al mare o al ristorante, ma lui è rapidissimo ad inventare incontri in corso con l’allora commissario ad acta, Saverio Cotticelli, o da quella dell’Asp, Bettellini, scaricando oneri e compiti sulle spalle di altri colleghi. Quando però c’è da far lavorare i reparti per scopi strettamente personali, il dottore è prontissimo. Fin troppo. “Come regola qui tamponi non se ne possono fare sempre. Come regola qua possono fare i tamponi a quelli che devono operare o ricoverare. Cesareo adesso sta esagerando – si lamenta un dipendente dell’ospedale, ascoltato dalla microspia che gli investigatori hanno piazzato sulla macchina di servizio dell’ospedale – L’ha fatto fare a tutti quelli della squadra di pallone di Fuscaldo”. Non è l’unico caso. Per gli inquirenti, si contano per decine le occasioni in cui ha permesso l’esecuzione di tamponi “totalmente avulsa da qualsiasi urgenza” e rendono “lapalissiano che il comportamento del Cesareo appaia come un favore personale”. A chiunque glielo chieda, il dottore nei mesi in cui in Calabria si mendicavano test e reagenti, permetteva di sottoporsi all’esame. Lo hanno fatto gli operai in arrivo da fuori regione impiegati nel cantiere di un amico, un ragazzo che doveva fare l’esame da bagnino e un altro che doveva presentare il test per lavorare fuori regione, le badanti reclutate da conoscenti per assistere anziane, gli amici degli amici. Cesareo dice di sì a tutti, che il tampone si fa a “tutti, tutti anche i gatti”. Per i magistrati, sono tutti elementi che mostrano “la chiara attitudine a piegare con spregiudicatezza e disinvoltura la gestione di posizioni e utilità di rilievo pubblico a fini privati” e la concreta possibilità che tali comportamenti si ripetano all’infinito. Anche per visite ed esami – è emerso dalle indagini - amici e parenti di Cesareo non sono mai stati tenuti a rispettare le infinite liste di prenotazione. Bastava una telefonata e nel giro di un paio di giorni ottenevano le prestazioni richieste. O venivano istruiti dal dottore sugli escamotage necessari per dribblare le procedure. Ad un uomo che aveva necessità di una Tac al gomito da portare a Bologna dove da tempo aveva in programma un intervento, Cesareo suggerisce: “Vai al pronto soccorso, dici che sei caduto, ti fa male e te la fai fare. Ci sono io. Eventualmente mi chiami tanto io alle otto meno un quarto sono qua”. Ed in effetti quando la dottoressa di turno si mette di traverso perché “c’è un iter medico che va seguito” è Cesareo a contattarla personalmente per obbligarla a prescrivere l’esame richiesto. Insomma, per il dottore l’ospedale era una sua proprietà. Come del resto succedeva persino con l’auto dell’azienda. Il dottore ci faceva di tutto. La usava per scarrozzare parenti e amici, per andare a fare la spesa spostandosi in tutta la zona per raggiungere caseifici, macellerie e negozi, per lo shopping nei centri commerciali, o per esplorare località di mare e di montagna alla ricerca di ristoranti e agriturismi e persino per gite fuori regione. È con la Panda in dotazione all’ospedale, insieme ai familiari che il 4 settembre va a Napoli per una passeggiata in centro, per poi fare tappa all’Ikea per fare acquisti sulla via del ritorno. Ma gli episodi si contano a decine. “La prassi di utilizzare l’auto dell’ufficio per ragioni private e personali – si legge nelle carte -  lungi dall’essere trascorsa o risalente, è pienamente attuale, collaudata e sistematica”. Uno “spregiudicato uso della cosa pubblica” lo definiscono i magistrati. Ragioni buone, si legge nel provvedimento, perché in attesa che l’inchiesta si concluda, Cesareo il camice  bianco non lo porti più per almeno 12 mesi.

Avanzano dosi di vaccino e lo danno ai parenti: polemica sugli operatori sanitari a Modena. Alla fine della seduta vaccinale, con alcune dosi di vaccino avanzate e in scadenza, alcuni operatori hanno chiamato i loro parenti, tra le quali una minore: l'Ausl di Modena ha aperto un'istruttoria. Francesca Galici, Giovedì 07/01/2021 su Il Giornale. In Italia il piano vaccinale prosegue più o meno secondo i piani in questa prima fase nella quale vengono vaccinati gli operatori sanitari. A ieri erano 318mila i vaccini somministrati nel nostro Paese, che sta procedendo a ritmo incalzante. Tuttavia non mancano le polemiche e una tra le più spinose arriva da Modena, dove l'Ausl locale ha aperto un'istruttoria per verificare le procedure adottate da alcuni sanitari che, a fine giornata, hanno somministrato le dosi di vaccino avanzate ai loro congiunti. A denunciare i fatti è stata la Gazzetta di Modena. La procedura standard nel caso in cui avanzino dosi di vaccino già ricomposte è quella di contattare altri operatori sanitari che hanno dato il loro consenso alla vaccinazione, soggetti presenti in ospedale oppure prenotati per i giorni successivi. Non dev'essere sprecata nemmeno una dose: è questa la parola d'ordine negli ospedali italiani. Siccome le dosi già pronte hanno una durata massima di 6 ore è necessario che vengano inoculate il prima possibile. "Quanto avvenuto ieri, dunque, non risponde ad alcuna direttiva o indicazione fornita dall’Azienda", scrive l'Ausl di Modena in merito alla polemica che sta scuotendo la città e avendo ampia risonanza nazionale. L'azienda sanitaria lo definisce "un errore grave" ed è pronta ad andare a fondo nella vicenda. Il caso più eclatante è quello di un volontario di pubblica assistenza, che opera sotto l'insegna dell'AVAP, che a fine giornata ha chiesto (e ottenuto) di somministrare le dosi anche alle sue figlie, tra le quali una minore, che non erano nella lista degli operatori da vaccinare. L'uomo ha poi pubblicato tutto sui social network e a quel punto è esplosa la polemica. A segnalare quanto accaduto all'ospedale di Baggiovara, nei pressi di Modena, sono stati proprio alcuni medici e operatori che sono venuti a conoscenza del post condiviso dall'uomo. Con la presunzione della buona fede, nell'intento di non far scadere le dosi del vaccino già pronte, si sarebbe violato il rigidissimo protocollo nazionale. È l'Ausl a ricostruire la dinamica di quanto accaduto: "A fine seduta vaccinale pomeridiana, avendo espletato la procedura prevista e avanzando ancora alcune dosi inutilizzate, alcuni operatori al lavoro nel punto vaccinale, in totale autonomia, hanno pensato di contattare alcuni propri congiunti, con l’idea di non sprecare dosi che non avrebbero potute essere utilizzate il giorno successivo. Appena venuti a conoscenza di ciò, gli altri professionisti presenti hanno subito informato il responsabile del Punto vaccinale e la Direzione aziendale, che hanno dato perentorie indicazioni di bloccare immediatamente qualsiasi iniziativa in tal senso. Purtroppo però i vaccinatori, assolutamente non al corrente di quanto stava accadendo, avevano già somministrato alcuni vaccini. Dunque si è venuti a conoscenza che le persone contattate non erano tra gli aventi diritto soltanto a vaccinazione già avvenuta". Pare che l'idea di convocare i congiunti sia nata alla luce dell'impossibilità di non riuscire a contattare altri sanitari per la somministrazione. Tuttavia, l'Ausl ha ribadito che darà un memorandum del protocollo e si è scusata con la popolazione, impegnandosi "a garantire la massima trasparenza, così come è stato fatto fin dall’inizio, nelle procedure di somministrazione e utilizzo del vaccino". Intanto, anche i Nas di Parma hanno avviato gli accertamenti preliminari per verificare l'accaduto. Solo successivamente si valuterà un eventuale rilievo penale.

Micol Lavinia Lundari per repubblica.it l'8 gennaio 2021. L'Ausl si scusa e teme un'ombra sulla campagna vaccinale, mentre il commissario per l'Emergenza Domenico Arcuri parla di "reato contro la Salute" per le dosi di vaccino che alcuni operatori hanno inoculato su propri pazienti, a fine giornata, nell'ospedale modenese di Baggiovara. E' successo il 5 gennaio: alcune dosi (sei, per la precisione) del vaccino anti-Covid, che non era state somministrate perché chi era in lista non si era presentato, erano state a quel punto somministrate a figli e parenti dagli operatori che martedì sera erano di turno al centro unico vaccinale, dopo che gli stessi avevano tentato invano di contattare professionisti della sanità che ne avrebbero avuto diritto. Dosi che erano destinate ad essere buttate via se non fossero state somministrate entro fine giornata. Un episodio che l'Ausl modenese definisce senza giri di parole "un errore grave", annunciando un'istruttoria e promettendo la massima trasparenza. I Nas hanno avviato un'indagine e oggi pomeriggio si sono presentati all'ospedale di Baggiovara, mentre il commissario per l'Emergenza Domenico Arcuri commenta durissimo: "Per quanto ne so, le persone coinvolte in questa vicenda sono state preposte ad assolvere altre funzioni e a non somministrare più. C'è un reato supremo del quale non per forza deve occuparsi il codice penale: è il reato contro la Salute, che va contro la morale". Per Stefano Bonaccini, presidente dell'Emilia-Romagna, quelli attuati sono "comportamenti inaccettabili".

Sui social le foto del vaccino alle figlie. Secondo la ricostruzione dell'accaduto, è stato proprio per evitare che le dosi andassero buttate che gli operatori hanno deciso di 'convocare' i congiunti, non riuscendo a mettersi in contatto con altri sanitari. In particolare un volontario di un'associazione di pubblica assistenza che prestava servizio al centro vaccinale ha contattato le figlie, di cui una minore, per vaccinarle con le dosi avanzate, condividendo poi le foto sui social.

Ausl: "Non è quello che prevede la direttiva". "Quando alla fine della giornata di vaccinazione rimangono alcune dosi già ricomposte, poiché la loro durata è di sole sei ore e non possono dunque essere utilizzate il giorno successivo, vengono contattati operatori sanitari che hanno dato la disponibilità ad essere vaccinati (persone già presenti in ospedale oppure già prenotate in altre giornate) al fine di non sprecare nessuna dose", spiega l'Ausl di Modena in una nota, chiarendo cosa prevede il protocollo in merito alle dosi rimaste perché qualcuno non si è presentato all'appuntamento per il vaccino, o non è stato ritenuto idoneo. "Una procedura", puntualizza l'Ausl, "stabilita nell’ambito del gruppo di lavoro per un utilizzo efficiente delle dosi, nel rispetto delle indicazioni ministeriali: non sprecarne nessuna invitando alla somministrazione persone aventi diritto al vaccino. Quanto avvenuto ieri, dunque, non risponde ad alcuna direttiva o indicazione fornita dall’Azienda". Dopo l'episodio è stato ribadito "l’assoluto divieto di iniziative autonome che escano da quelle previste per l’erogazione dei vaccini". L'Ausl "si scusa con tutti i cittadini e si impegna a garantire la massima trasparenza, così come è stato fatto fin dall’inizio, nelle procedure di somministrazione e utilizzo del vaccino".

"Episodio getta ombra su campagna vaccinale". Silvana Borsari, referente unica a livello provinciale della cabina di regia sul vaccino, chiede "davvero scusa a tutti, anche ai professionisti che stanno lavorando, per questa cosa che non doveva succedere e che sta creando abbastanza disagio per la risonanza che ha avuto, piu' che per il fatto in sé". "Dispiace moltissimo, anche personalmente - aggiunge - che questo episodio comunque spiacevole, e in assoluta buona fede, abbia gettato una luce non trasparente su questa campagna vaccinale, che invece qui e in tutta l'Emilia-Romagna sta andando molto bene".

Bonaccini: "Comportamenti inaccettabili". In serata interviene anche il presidente della Regione Stefano Bonaccini. "Può essere che chi coinvolto abbia agito in buona fede", scrive, "ma non ci possono essere deroghe di alcun tipo rispetto alle procedure definite e a comportamenti inadeguati, che diventano inaccettabili. Bene ha fatto la Asl ad avviare subito una verifica interna e a prendere i dovuti provvedimenti. Qui se ci sono degli errori non passano sotto silenzio e chi ne ha responsabilità paga".

Insorge l'opposizione. "Casi anche a Bologna". Sulla vicenda modenese insorge l'opposizione a viale Aldo Moro. "L'Ausl di Modena e la Regione facciano chiarezza su quanto accaduto e individuino al più presto i responsabili di questa vergogna", attacca il consigliere della Lega Stefano Bargi. "La giunta prenda posizione e spieghi ai cittadini come sia potuto accadere che, mentre buona parte del personale medico e sanitario è ancora in attesa di una chiamata, a Baggiovara siano state vaccinate persone senza alcun grado di priorità". Per la pentastellata Silvia Piccinini il caso "dimostra come ad oggi sulla programmazione degli interventi ci sia ancora molto da fare". E a quanto risulta, continua Piccinini, "anche in altre realtà dell'Emilia-Romagna, come per esempio Bologna, il caso delle dosi di vaccino in eccesso a fine giornata sembra essere una costante quasi quotidiana. Per questo non è accettabile che la gestione di questi casi venga portata avanti così come fatto a Modena.

Brindisi, presidente Ordine dei Medici scrive alla Asl: «Vaccinate persone fuori lista». Avviate verifiche. La lettera dopo alcune segnalazioni. La Gazzetta del Mezzogiorno il 09 Gennaio 2021. «Nella giornata di lunedì 4 gennaio risulterebbero effettuate vaccinazioni a soggetti che non facevano parte dell’ordine di priorità». Lo scrive il presidente dell’Ordine dei medici di Brindisi, Arturo Oliva, in una nota indirizzata al direttore generale della Asl, Giuseppe Pasqualone. Dopo le segnalazioni giunte da «diversi iscritti» in questi primi giorni di profilassi, il presidente dell’Ordine sollecita la puntuale identificazione delle persone prima della somministrazione, «ricordando che in questa prima fase la vaccinazione è riservata agli operatori sanitari in attività nel Servizio sanitario nazionale». Il presidente dell’Ordine dei medici chiede inoltre alla Asl di Brindisi di rendere pubblico il cronoprogramma di massima delle vaccinazioni degli operatori sanitari, per «evitare - sottolinea - incomprensioni e disorientamento». La nota è stata inviata «nell’ambito della collaborazione tra istituzioni che contraddistingue i rapporti tra questo ordine e la direzione generale dell’Asl».

ASL BRINDISI AVVIA VERIFICHE - «Il cronoprogramma delle vaccinazioni con l’indicazione delle categorie interessate da questa prima fase è stato trasmesso anche all’ordine dei Medici della provincia di Brindisi per operare nella massima trasparenza. Abbiamo voluto rispondere in maniera concreta alla segnalazione che ci è giunta dal presidente Arturo Oliva su presunte vaccinazioni ad alcune persone che non rientravano nell’ordine di priorità: su questo punto stiamo effettuando una specifica attività di verifica». Lo specifica in una nota il direttore del Servizio di Igiene e Sanità pubblica della Asl, Stefano Termite, aggiungendo che «lo stesso dottor Oliva ha accolto con favore la nostra proposta di collaborazione in questo percorso con l’obiettivo di informare e reclutare medici e odontoiatri della provincia di Brindisi». Il presidente Oliva, in una nota indirizzata al dg dell’Asl di Brindisi, aveva evidenziato che «lunedì 4 gennaio risulterebbero effettuate vaccinazioni a soggetti che non facevano parte dell’ordine di priorità». Secondo quanto viene riferito dall’Asl, tra ieri e oggi sono state vaccinate oltre 700 persone: operatori e ospiti della residenza sociosanitaria assistenziale San Francesco d’Assisi di Brindisi, operatori sanitari della Asl al Di Summa, negli ospedali Perrino e Camberlingo di Francavilla Fontana e nel Pta di Fasano. Tra l’altro, entro martedì 12 gennaio è previsto l'arrivo di altre 2mila 300 dosi del vaccino Pfizer da destinare alla provincia di Brindisi. Il numero complessivo delle persone da vaccinare nella prima fase è pari a 7mila persone, tra "operatori sanitari e territorio e personale e degenti delle residenze assistenziali». Il 18 gennaio è programmato l’avvio delle operazioni di richiamo per quanti si sono vaccinati il 27 dicembre, nel «vaccine day».

Puglia a quota 35mila vaccini, ma non mancano i furbetti: tra loro prof e forze dell'ordine. Tra i vaccinati anche personale scolastico e appartenenti alle forze dell'ordine. «Non è consentito». Massimiliano Scagliarini su La Gazzetta del Mezzogiorno l'11 Gennaio 2021. La Puglia ha superato quota 35mila vaccinazioni, pari a oltre il 70% delle 48mila dosi finora consegnate dalla Protezione civile. Nei giorni di piena operatività, quelli in cui le scorte lo permettono, i 40 ospedali attivi sono riusciti a garantire 5mila somministrazioni. Un buon risultato anche se le polemiche non mancano: perché, oltre ai medici e alle altre categorie che ne hanno diritto, negli ambulatori è riuscito a infilarsi anche qualcuno che avrebbe dovuto attendere. Sabato a Brindisi è scoppiata la denuncia del presidente dell’Ordine: ha puntato il dito contro le mogli dei medici in pensione («Una decina», secondo il direttore generale della Asl, Giuseppe Pasqualone) che avrebbero ricevuto la vaccinazione. «Un errore», conferma la Asl. Ma non sarebbe stato l’unico. Almeno scorrendo l’elenco per categorie che il Dipartimento Salute ha compilato sulla base delle comunicazioni delle Asl. Elenco che, adesso, dovrà essere sottoposto a controlli. Tra Bari e la Bat, ad esempio, risulterebbero vaccinati una decina di «operatori scolastici». Sempre nella Bat è stato censito un appartenente alle forze dell’ordine oltre che un «soggetto di interesse istituzionale». In numerosi ospedali (da Bari al Salento) la vaccinazione è stata somministrata anche al personale delle Sanitaservice (gli addetti alle pulizie e al facchinaggio), già previsto nel piano per la prima fase insieme ai dipendenti amministrativi delle Asl. E altri ospedali hanno censito tra i vaccinati anche «studenti», senza specificare: potrebbe trattarsi di studenti di medicina come di studenti delle scuole superiori. «Non possiamo vaccinare nessuno che non sia incluso all’interno delle categorie identificate - dice il capo dipartimento salute, Vito Montanaro -, e cioè personale sanitario, ospiti delle Rsa e personale delle funzioni di supporto, rigorosamente in ordine di priorità secondo quanto stabilito». Ovvero prima i medici e il personale sanitario degli ospedali, preferibilmente dei reparti covid. Poi le funzioni di supporto, cioè tutti quegli operatori (anche esterni) che per vari motivi risultano a contatto con i pazienti. Infine tutti i dipendenti delle aziende sanitarie. «Più corriamo - dice Montanaro - più siamo sicuri che tra un mese o un mese e mezzo non correremo più rischio di contagi negli ospedali e nelle Rsa». La Puglia ha ottenuto una disponibilità di 95mila dosi a fronte di una richiesta di 106mila. Ma con l’ok dell’Aifa per estrarre 6 dosi anziché 5 da ciascuna fiala, si è saliti a 113mila persone potenzialmente vaccinabili. Nel totale - spiegano dalla Regione - rientra tutto il mondo del 118, ma anche tutte le associazioni di volontariato che garantiscono l’assistenza domiciliare, oltre che i medici di medicina generale e i pediatri (compresi i collaboratori di studio), e tutta la sanità privata accreditata. «Quando avremo vaccinato tutti - dice Montanaro - dovrebbe esserci anche un piccolo residuo che consentirà di vaccinare odontoiatri, farmacisti e specialisti privati. Ma sempre con il via libera del ministero e sempre mantenendo la scorta del 30% necessaria a garantire il richiamo. Gli errori? Possono capitare, ma speriamo che non siano state utilizzate dosi al di fuori di quanto autorizzato». Nel caso di Brindisi denunciato dall’Ordine dei medici è ad esempio emerso che l’ospedale aveva «scongelato» tutta la scorta di dosi, che a quel punto doveva necessariamente essere utilizzata entro poche ore. La Asl dovrà accertare se si sia trattato di un errore oppure di una scelta finalizzata a favorire qualche amico. A ogni vaccinazione corrisponde un modulo anagrafico (il consenso informato) che consente di tenere traccia di chi la riceve, e il totale delle dosi consegnate deve coincidere con quelle somministrate: ecco perché dagli elenchi emergono anche categorie non previste. Oggi intanto dovrebbero essere consegnati altri 25 «vassoi» della Pfizer (195 fiale ciascuno) per un totale di circa 29mila dosi. In settimana potrebbero arrivare anche le prime dosi del vaccino americano Moderna, leggermente più semplici da gestire dal punto di vista logistico. Dalla prossima settimana diventerà fondamentale la gestione delle scorte, perché sarà necessario tenere da parte la quota per la seconda dose: da lunedì 18 nei laboratori partirà una sorta di doppio turno. E dal 25 gennaio quelli del «vax day» di dicembre dovrebbero essere immuni al covid.

Francesco Bonazzi per "La Verità" il 9 gennaio 2021. Si fa presto a sentenziare «reato contro la Salute», come ha fatto prontamente il commissario all'emergenza Domenico Arcuri, ma più passano le ore e più lo scandalo dei vaccini anti-Covid somministrati ai parenti rischia di sgonfiarsi. Un po' perché parrebbe un caso isolato a Modena e dintorni (e relativo a sole sei dosi), un po' perché a fine giornata i vaccini non iniettati e scongelati andrebbero comunque buttati e poi perché se c'è un alto numero di disdette o rifiuti è dura trovare nuovi pazienti in poche ore. In ogni caso, i carabinieri del Nas dell'Emilia-Romagna stanno indagando, dopo la folle bravata di alcuni parenti di sanitari di Modena che si sono vantati su Facebook di aver fatto il vaccino prima degli altri. Il giorno dopo il clamore per quello che sarebbe il tipico caso di «familismo amorale» all'Italiana, il presidente dell'Emilia-Romagna, Stefano Bonaccini ha preso il tema alla lontana, ma certo non a caso a parlato di «straordinari» per vaccinare tutti i cittadini. Intervistato da Mattino5, il governatore dem ha annunciato: «Noi come Emilia-Romagna vogliamo essere pronti a raddoppiare o triplicare il numero di dosi somministrate». Per poi aggiungere di aver già allertato «i direttori delle Asl per tenerci pronti anche per aperture notturne, se serve». E forse, con le aperture notturne delle quali ragionava ieri Bonaccini, non ci sarebbero stati alibi per i sanitari modenesi che martedì hanno dato ai parenti i vaccini avanzati. La loro linea difensiva, sia con gl'ispettori dell'Asl sia con i carabinieri, è facile immaginare che sarà proprio quella del «se no, li avremmo dovuti buttare». Al di là dello scandalo nazionale, colpisce che invece le cronache locali riportino una versione dei fatti che indurrebbe a qualche cautela. Ieri, per esempio, l'edizione bolognese del Corriere della sera iniziava la sua cronaca da Modena così: «Alcune dosi di vaccino avanzate a fine giornata sarebbero state buttate». Alcuni operatori sanitari dell'Usl di Baggiovara hanno quindi chiamato i propri familiari per somministrarli a loro, «anche se non appartenevano alle fasce aventi diritto al vaccino nella prima fase». Stesso registro per Repubblica, che sulle pagine nazionali cavalcava la vicenda («I vaccini in eccesso iniettati ai parenti. Arcuri: Immorale», questo il titolo), ma su quelle locali faceva un resoconto più articolato, con un finale a sorpresa, in cui la consigliera regionale dei 5 stelle, Silvia Piccinini, sganciava una piccola bomba: «Anche in altre realtà dell'Emilia-Romagna, come per esempio Bologna, il caso delle dosi di vaccino in eccesso a fine giornata sembra essere una costante quasi quotidiana». Per questo, concludeva la pentastellata, «non è accettabile che la gestione di questi casi venga portata avanti così come fatto a Modena». Che non sia accettabile chiamare i parenti, in barba a tutte le graduatorie e a tutte le liste, è evidente e nessuno può metterlo in discussione. Tuttavia ieri è intervenuta con buon senso e misura anche Silvana Borsani, direttrice sanitaria dell'Ausl di Modena, per la quale si tratta di «un episodio spiacevole», ma «fatto in buona fede da parte delle persone coinvolte». L'idiozia delle foto postate su Facebook proverebbe che si è trattata di una leggerezza, ancorché decisamente antipatica. Diversamente, ci sarebbe stata la più completa omertà. In ogni caso, ben più utile dello stracciarsi le vesti sarebbe che la macchina commissariale e regionale delle vaccinazioni evitasse che il caso delle dosi «da buttare» a fine giornata legittimasse le soluzioni più creative che, in Italia, si sa, non mancano mai. Al momento, da varie Asl, risulta che le fiale stiano in frigo mediamente due giorni, contro i cinque giorni del massimo possibile, come hanno spiegato anche dalla regione di Bonaccini dopo il caso di Modena. Però si tratta di una spiegazione parziale, in quanto bisognerebbe capire che succede quando si arriva vicino alla scadenza. In particolare, visto che nei primi giorni c'è stato un tasso di «obiezione di coscienza» al vaccino ben superiore al previsto, e del quale però le autorità non parlano volentieri per ovvi motivi e perché non hanno ancora deciso una risposta al problema che sia minimamente costituzionale, la gestione delle liste è sicuramente complicata. Se si fa l'esempio di una struttura media, come quella della provincia emiliana, con meno di 300 somministrazioni al giorno, è chiaro che a fine giornata una ventina di «buche» è difficile da gestire, senza sprecare fiale. Insomma, per evitare che vaccini scongelati (e pagati) finiscano nei cassonetti, bisogna azzeccare le stime e avere una struttura capace di rintracciare rapidamente le persone che sarebbero in lista per il giorno dopo. Solo che il vaccino contro il Covid-19 non è esattamente un rene da trapiantare e non tutti hanno la reperibilità di un paziente in lista d'attesa per un organo vitale. Ma per Arcuri, un uomo impermeabile a ogni scandalo, il caso modenese delle chiamate ai parenti è gravissimo: «C'è un reato supremo del quale non per forza deve occuparsi il codice penale: è il reato contro la salute, che va contro la morale». Ci voleva lui, l'eroe delle mascherine e degli appalti acrobatici raccontati dalla Verità per spiegarci finalmente che cosa s'intende con l'espressione «facili moralismi».

·        Il Vaccino ideologico.

Bergamo: virus, spie e vaccini. Un'operazione di intelligence. Non per spiare le basi Nato ma per ottenere tutti i segreti sul Covid e sul modo di contrastarlo. Ecco come la missione "Dalla Russia con Amore" ha permesso al Cremlino di difendersi dal virus e realizzare di corsa Sputnik-V. Ingannando il governo italiano. Gianluca di Feo e Floriana Bulfon. Coordinamento multimediale di Laura Pertici. Grafiche e video a cura di Gedi Visual su La Repubblica il 17 giugno 2021. Quando nella tarda serata di domenica 22 marzo 2020 sulla pista di Pratica di Mare si sono aperti i portelloni dei grandi Ilyushin decollati da Mosca, nessuno degli ufficiali italiani mandati ad accoglierli aveva la minima idea di cosa stessero scaricando. Ventiquattr'ore prima, l'arrivo del contingente militare era stato concordato in un colloquio telefonico tra il presidente Putin e il premier Conte, che aveva spiazzato sia la Farnesina sia i generali tagliandoli fuori dall'organizzazione di quella spedizione senza precedenti: una missione dell'esercito russo nel territorio di un Paese della Nato.

Russia, Vladimir Putin alla guerra del vaccino. Messaggio all'Oms: "Inspiegabile ostracismo, liberate Sputnik". Francesco Storace su Il Tempo l'8 dicembre 2021. Vladimir Putin non intende stare a guardare nella lotta globale alla pandemia e vuole che cessi l'ostracismo contro il vaccino russo Sputnik. Di più: chiede che se ne occupi l'Oms e affida il messaggio al presidente della Croce ROssa internazionale, l'italiano Francesco Rocca. E promette cooperazione. È lo scenario che si apre dopo i colloqui delle ultime ore in call da Mosca. Nella capitale russa c'era proprio Rocca, il presidente era invece a Sochi, dalla dacia da cui si è collegato anche col suo omologo americano, Biden, con il quale invece di vaccini e pandemia non avrebbe parlato. Di ritorno dalla missione, Rocca ricava che Putin voglia far capire all'Occidente che il vaccino russo conviene a tutti. E se si vuole contrastare la pandemia con la cooperazione a livello globale, l'Oms deve pretendere la fine del contrasto al siero di Mosca. La federazione russa non vuole certo aprire un fronte di belligeranza, ma stando a quanto viene a sapere il presidente della Croce Rossa, il tema è anche rappresentato da soli 50 Paesi in cui lo Sputnik ha accesso e non si capisce perché. Anche Putin si è vaccinato come decine di milioni di cittadini del suo grande Paese e possono farlo in tutto il mondo, dice con particolare orgoglio. La sostanza è la richiesta di un trattamento equo, perché non si spiegano altrimenti i ritardi dell'organizzazione mondiale della sanità. 

A Rocca Putin non lo dice, nei 45 minuti di colloquio, ma chissà se pensa a grinfie degli States dietro quelle che appaiono perdite di tempo. E alla Croce Rossa internazionale il presidente russo affida un mandato di rappresentanza delle sue istanze. «Noi comunque saremo disponibili a farci parte attiva per l'equità della distribuzione dei vaccini», assicura nella sostanza del colloquio. «Questo è il cuore del problema - dice Rocca - perché il Covax (ovvero la distribuzione dei sieri nei paesi più poveri) non basta più. Anche qui troppi ritardi». Ma che farà Putin sulla pandemia rispetto alle richieste della Croce Rossa dopo Covax? «Si è impegnato a lavorare per l'equità nella distribuzione del vaccino. Covax doveva vaccinare tutti i sanitari delle aree più povere, ma non è stato neppure finanziato». Insomma, c'è bisogno di un cambio di strategia a livello globale. E Putin ha scelto la giornata mondiale del volontariato per interloquire con la Croce Rossa, il che rappresenta anche una novità nelle politiche negoziali della federazione russa. Colloqui su temi umanitari che solitamente erano affidati a delegati del Presidente, ora vengono gestiti in prima persona. L'occasione dell'incontro è stato il cambio della guardia al vertice della Croce Rossa russa, dove un giovane medico 27enne ha preso il posto della presidente in carica, anziana d'età. Sviluppando un'azione di solidarietà, finalmente anche a livello internazionale e non solo interno.

È la partita della diplomazia sotterranea che si rivela più utile agli obiettivi perseguiti. Putin ha colto il ruolo delle Croci Rosse nazionali, essenziali per la vita all'interno dei paesi dove operano. Le popolazioni locali non vedono i volontari come truppe straniere di occupazione. «L'esempio viene dall'Afghanistan - racconta Rocca - i contatti ci sono anche con i talebani grazie al riconoscimento della nostra indipendenza e della neutralità della nostra missione». Adesso, il tavolo decisivo torna a Ginevra, dove la stessa Croce Rossa e l'Oms hanno sede. E la discussione servirà a comprendere finalmente che il contrasto alla pandemia che ha decimato il mondo ha necessità dell'impegno solidale (e finanziario e scientifico) ha bisogno di tutti i Grandi della terra.

Dall’efficacia alla protezione: le ultime verità sul vaccino Sputnik. Federico Giuliani su Inside Over il 16 settembre 2021. Dove eravamo rimasti con lo Sputnik V? Lo scorso inverno, quando la comunità scientifica e gli enti regolatori occidentali stavano ragionando su quali vaccini anti Covid approvare, il prodotto russo e i suoi omologhi cinesi finirono nell’occhio del ciclone. Nonostante la necessità di accelerare le campagne vaccinali appena iniziate, c’erano troppe poche informazioni per concedere il semaforo verde ai vari Sinopharm, Sinovac e Spunik. L’Unione europea e gli Stati Uniti preferirono puntare sui propri vaccini. Anche se sarebbe più corretto dire sui vaccini americani, visto che AstraZeneca, l’unico realizzato nel Vecchio Continente, finì presto cannibalizzato da Pfizer, Moderna e Johnson & Johnson, e che i tanto attesi vaccini francesi e tedeschi non riuscirono a vedere la luce in tempo per far fronte alle fasi più acute dell’emergenza (li stiamo aspettando ancora oggi). In quelle settimane convulse, lo Sputnik venne approvato da un numero via via crescente di Paesi, tra cui San Marino e l’Ungheria. Nel marzo 2021, l’Ema iniziava la revisione ciclica dello Sputnik per valutarne la conformità agli standard dell’Unione europea “in materia di efficienza, sicurezza e qualità”, mentre il 20 dello stesso mese l’Istituto Spallanzani di Roma ne annuncia la sperimentazione al fine di constatare la sua efficacia sulle varianti e sull’uso come richiamo per chi ha ricevuto la dose di un altro vaccino. La strada sembrava in discesa.

Il primo studio. Lo Sputnik uscì tuttavia gradualmente dai radar. Del resto, la carenza di vaccini non era più una spada di Damocle, e i governi potevano pur sempre contare sul trio Pfizer-Moderna-Johnson & Johnson. La Russia cercò quindi di spingere lo Sputnik in altri scenari, come in America Latina, Africa e Sud Est Asiatico. Nel frattempo, a maggio, le autorità russe registravano il vaccino monodose Sputnik Light. Come ebbe modo di spiegare il Fondo per gli investimenti diretti, mentre Sputnik V era formato da due dosi di altrettanti adenovirus, la versione Sputnik Light impiegava come dose unica la prima dose di Sputnik V. La nota che accompagnava l’uscita di quel vaccino spiegava che il prodotto aveva dimostrato “un livello di efficacia di quasi l’80%” e altrettanto efficace “contro tutti i nuovi ceppi di coronavirus”. Niente da fare: lo Sputnik (entrambe le versioni) continuava ad essere un vaccino esotico, destinato ad altri Paesi e ad altre latitudini. Adesso sono stati diffusi un paio di studi che confermano le buone capacità del vaccino russo, molte delle quali, in parte, già annunciate illo tempore dagli stessi russi. Partiamo dal primo, intitolato Vaccine Effectiveness against Referral to Hospital and Severe Lung Injury Associated with COVID-19: A Population-Based Case-Control Study in St. Petersburg, Russia, e pubblicato come documento preprint. In seguito a uno studio realizzato da un gruppo indipendente di ricercatori in quel di San Pietroburgo, è emerso che l’efficacia dello Sputnik contro l’ospedalizzazione su 13,893 individui (1,291 vaccinati; 495 ospedalizzati) è risultata pari all’81%. La stessa, sarebbe compresa tra il 68% e l’88% con probabilità del 95%.

Il secondo studio. Arriviamo così al secondo paper, intitolato Effectiveness of the first component of Gam-COVID-Vac (Sputnik V) on reduction of SARS-CoV-2 confirmed infections, hospitalisations and mortality in patients aged 60-79: a retrospective cohort study in Argentina, pubblicato da EclinicalMedicine di The Lancet. In uno studio effettuato in Argentina su 40mila anziani, Sputnik Light ha mostrato un’efficacia compresa nella fascia 78,6-83,7%, cioè un intervallo superiore a quello dei vaccini a due iniezioni. In particolare, l’efficacia del vaccino per prevenire le infezioni confermate in laboratorio è stata del 78,6%, mentre per la riduzione dei ricoveri e dei decessi, rispettivamente dell’87,6% e dell’84,8%. Ricordiamo che Sputnik Light è registrato in molti Paesi come vaccino autonomo, ma può anche essere impiegato come richiamo. Vari studi clinici hanno dimostrato che un mix tra Sputnik Light e vaccini come AstraZeneca e Moderna, fornisca ottimi risultati nella lotta contro il coronavirus. Non sappiamo se in futuro ci saranno altre ondate consistenti di Covid ma, in relazione al passato, sappiamo che Sputnik era ed è un vaccino sul quale sarebbe servito e servirebbe fare maggiore chiarezza. Tanto da Mosca che dagli enti regolatori occidentali.

Perché i vaccini di Russia e Cina hanno (in parte) fallito la loro missione geopolitica? Federico Giuliani su Inside Over l'8 agosto 2021. Sono stati i primi a infondere un barlume di speranza all’umanità nel momento più delicato della pandemia di Sars-CoV-2. I vaccini anti Covid realizzati da Russia e Cina hanno trovato spazio su tutti i media tra l’estate e l’autunno del 2020. Lo scorso agosto, proprio in questo periodo, le agenzie battevano una notizia sensazionale: l’istituto Gamaleya di Mosca era riuscita a sviluppare “il primo vaccino contro il coronavirus”. A dire il vero l’annuncio arrivò direttamente da Vladimir Putin che, da abile comunicatore e leader politico, si prese il centro della scena. “Stamattina è stato registrato il vaccino contro il coronavirus per la prima volta al mondo. Funziona in modo abbastanza efficace, garantisce un’immunità stabile e ha superato tutti i controlli necessari”, spiegò il presidente russo l’11 agosto 2020. Lo Sputnik V era diventato realtà. A salvare il mondo dal virus, pensarono in molti, non sarebbe stata una potenza occidentale, bensì la tanto bistrattata Russia, accusata da una buona parte della comunità internazionale di non essere una democrazia e via dicendo. Nel giro di poche settimane, Mosca iniziò a esportare il proprio vaccino in giro per il mondo, registrando ogni progresso diplomatico su un sito appositamente creato per celebrare i traguardi tagliati dallo Sputnik. Nello stesso momento che il vaccino russo stava muovendo i suoi primi passi, oltre la Muraglia, anche la Cina era pronta a lanciare i suoi vaccini. Prima della fumata bianca ufficiale, nel periodo compreso tra ottobre e novembre, alcune amministrazioni locali cinesi avevano iniziato a somministrare il prodotto a categorie di lavoratori a rischio.

Una vittoria a metà. Le aspettative geopolitiche riposte da Russia e Cina sui loro vaccini erano altissime. Aver bruciato gli Stati Uniti, e più in particolare le potenze occidentali, su un tema tanto caldo quanto strategicamente rilevante avrebbe potuto consentire a entrambe le nazioni di guadagnare terreno fertile a scapito dei rispettivi rivali. Soprattutto agli occhi dei Paesi in via di sviluppo e di quei governi attratti dai modelli politico-economici guidati da Vladimir Putin e Xi Jinping. Se in un primo momento la cosiddetta guerra dei vaccini aveva consentito sia a Mosca che a Pechino di ripulire le loro immagini a livello internazionale, in un secondo momento la contesa iniziò a prendere una direzione ben precisa. Complice una struttura non adeguata ai sogni di gloria riposti nello Sputnik, i russi hanno ben presto assistito al ritorno di fiamma dal Dragone, padrone assoluto della scena in quanto a numero di dosi esportate nei cinque continenti. C’è però una terza fase da considerare, la fase iniziata in concomitanza con la comparsa delle varianti del Covid. Vari esperti hanno sottolineato un aspetto non da poco: molti dei Paesi che avevano fatto affidamento sui vaccini cinesi – è il caso di Thailandia e Malesia, giusto per citarne un paio – hanno assistito a un’impennata dei contagi. E questo, sempre secondo tale ipotesi, confermerebbe che i vaccini non occidentali sarebbero meno efficaci. Come se non bastasse, né lo Sputnik (che in Russia non avrebbe convinto più di tanto la popolazione) né i vaccini cinesi sono fin qui stati autorizzati dagli enti regolatori europei o americani (potrebbe invece accadere il contrario). Detto in altre parole, Russia e Cina sono state in grado di attirare l’attenzione della comunità internazionale, ed entrambe potranno senza ombra dubbio continuare a giocare il jolly rappresentato dai loro vaccini; allo stesso tempo è però probabile che Putin e Xi non si aspettavano di dover fare i conti con la terza fase, coincidente con la rimonta dei vaccini occidentali.

Ombre e successi parziali. Come ha scritto il settimanale Time, Cina e Russia pensavano (e speravano) che la pandemia avrebbe consentito loro di dimostrare al mondo di essere scientificamente innovativi e più generosi rispetto ai Paesi occidentali, più lenti a lanciare i vaccini e accusati di essere egoisti nei confronti dei Paesi in via di sviluppo. I vaccini cinesi sono stati utilizzati in oltre 80 Stati, potendo godere di vantaggi economici (meno cari rispetto alla concorrenza) e tecnici (conservazione più semplice, in normali frigoriferi e non a temperature glaciali). Il punto è che, mentre i prodotti Pfizer-BioNTech e Moderna vantano tassi di efficacia superiori al 90%, il cinese Sinovac, ad esempio, sarebbe in grado di prevenire la malattia sintomatica nel 51% dei vaccinati e le forme più gravi della stessa nel 100% dei casi. Inoltre, gli studi hanno testato i vaccini cinesi solo contro la versione del Covid emersa alla fine del 2019 in quel di Wuhan, senza tener conto del peso delle varianti. Lo Sputnik russo, invece, pur essendo definito “sicuro ed efficace” dagli studi internazionali, risulta controverso per altre ragioni. Intanto è stato approvato dal Ministero della Sanità russo nell’agosto 2020, cioè un mese prima della pubblicazione dei risultati degli studi di fase 1 e 2, e prima ancora che fosse iniziato il suo studio di fase 3. C’è poi un problema a livello di produzione e non mancano diversi gialli, come quello sollevato dai funzionari slovacchi, secondo i quali le dosi di Sputnik ricevute dalla Russia “non avevano le stesse caratteristiche e proprietà” delle dosi di Sputnik fornite dalla Russia per la valutazione negli studi internazionali. Certo, anche se i vaccini Pfizer e Moderna risulterebbero (il condizionale è d’obbligo) più efficaci contro la variante Delta, i vaccini cinesi e russi, come ripetono vari scienziati, fanno comunque la loro parte.

Dagotraduzione dal DailyMail l'8 giugno 2021. Gli scienziati russi hanno sviluppato, primi al mondo, un vaccino contro il Covid per gli animali domestici. Si chiama Carnivac-Cov, è stato registrato a marzo e secondo i ricercatori protegge dal virus al 100%. Anche se non ci sono prove che il Covid passi dagli animali all’uomo, i casi di animali infettati sono stati numerosi in tutto il mondo.  In cani militari sono stati i primi ad essere vaccinati in Russia, prima della loro partecipazione alla parata della piazza Rossa il 9 maggio. Il Covid è stato un problema serio specialmente per i visoni. In Danimarca l’epidemia ha costretto il paese ad abbattere milioni di esemplari e a chiudere l’industria delle pellicce fino al 2022. «Questi animali possono ammalarsi di coronavirus in massa. Quindi il vaccino è davvero necessario» ha detto Nadezhda Rakhmanina, virologa russa. «È il primo e attualmente l’unico vaccino contro il coronavirus per gli animali» ha aggiunto Konstantin Savenkov, del Servizio federale russo per la sorveglianza veterinaria e fitosanitaria. «Questo particolare vaccino è necessario, prima di tutto, nell'allevamento di animali da pelliccia». «L'anno scorso sono stati descritti casi di morte di massa di animali da pelliccia all'estero, inclusa la Danimarca. In generale, gli animali da pelliccia sono suscettibili a molte malattie infettive dell'uomo, hanno persino una suscettibilità all'influenza... Nell'ultimo anno, non è stato dimostrato che gli animali domestici possano essere una fonte di infezione da Covid-19 per l'uomo. Ci sono casi isolati di infezione nei gatti, che sono stati descritti e provati. Ma non ci sono ancora [prove] di massa».

Matteo Bassetti contro l'Oms: "Ok al vaccino cinese? Molto perplesso: non esistono studi che ne dimostrino l'efficacia". Libero Quotidiano il 02 giugno 2021. Sputnik no, ma Sinovac sì. L'Organizzazione mondiale della sanità è ancora ferma sul via libera al vaccino anti-Covid russo, ma ha concesso l'ok a quello cinese. Una notizia che ha fatto saltare sulla sedia Matteo Bassetti. L'infettivologo del San Martino di Genova, attraverso un post su Facebook, esprime tutto il suo dissenso definendo quella dell'Oms una scelta fin troppo celere. "Sono molto perplesso", mette le mani avanti aggiungendo che al momento non ha ancora letto "alcuno studio scientifico che supporti l’efficacia di questo vaccino". Da qui il più duro degli attacchi a chi di sanità dovrebbe occuparsi: "Che l’Oms torni ad occuparsi di sorvegliare sulla salute nel mondo e lasci alle società scientifiche e agli enti regolari il compito di valutare farmaci e vaccini. Eviterebbe altre brutte figure e di perdere ulteriore credibilità". Non a caso l'organizzazione ha concesso il benestare a Sinovac d'urgenza, assicurando comunque che rispetta tutti gli standard internazionali di sicurezza, efficacia e anche di fabbricazione. Quello di Bassetti è uno sfogo che viene da lontano, da quando l'Oms si è scagliata contro l’uso del Remdesivir nel trattamento del Covid. Il tutto - è l'accusa - "basandosi su un unico studio fatto da loro molto criticato. Remdesivir ha dimostrato, in numerosi altri studi randomizzati controllati, di funzionare nella terapia del Covid meglio del placebo e di altri farmaci, tanto che quasi tutte le società scientifiche internazionali ne raccomandano l’utilizzo". Per l'esperto impegnato a combattere il Covid in prima linea quello del vaccino di Pechino "è una ulteriore possibilità" nella lotta al virus "ma i dati di efficacia non mi sembrano straordinari. Al momento mi interessa più Curevac e gli altri vaccini occidentali". Accantonati i dubbi, Bassetti resta fermo sulle sue posizioni: il vaccino va fatto. "Tra i 60 e i 69 anni hanno la sindrome di Superman e dicono no al vaccino. Il problema è che si sentono super forti e non si vaccinano, non è un problema della struttura commissariale", aveva già detto a L'Aria Che Tira su La7 lasciandosi andare a un appello ai più restii. 

Sputnik, informazioni false dal Brasile contro il vaccino: la Russia accusa gli Usa di boicottaggio. Lorenzo Mottola su Libero Quotidiano il 30 aprile 2021.

Lorenzo Mottola. Milanese sulla quarantina, storico bocconiano, nel senso che la Bocconi l'avevo cominciata, ma poi mi sono laureato in storia (altrimenti mica sarei qui a fare il giornalista). Caporedattore centrale di Libero da parecchi anni, mi occupo principalmente di politica. Ma anche di pandemie, quando qualche genio decide che è giunto il momento di scoprire di cosa sa un pipistrello alla piastra. Su questo blog cercheremo di trattare di tutto. La questione dello Sputnik sta degenerando in un’incredibile spy-story. Nelle ultime ore le autorità che gestiscono gli accordi di fornitura del vaccino russo hanno pubblicamente accusato gli Stati Uniti di boicottare la diffusione nel mondo del loro farmaco. Per sostenere la tesi, sui social network gestiti dall’istituto che produce l’antivirus – il Gamaleya di Mosca - è stato diffuso un documento del dipartimento della salute di Washington, nel quale gli americani spiegano di essere riusciti a convincere il Brasile a non firmare contratti di fornitura con l’amministrazione di Vladimir Putin. "Hanno confermato di aver convinto loro i sudamericani, ma simili iniziative non sono etiche e mettono a rischio la vita della gente”, si legge in un post su Twitter. Dietro lo scontro c’è la bocciatura rifilata al siero russo da parte delle autorità sanitarie brasiliane. Tutta la vicenda in effetti ha degli aspetti molto curiosi. Gli scienziati sudamericani nei giorni scorsi hanno diffuso un documento nel quale si affermava che lo Sputnik potrebbe potenzialmente nocivo, perché conterrebbe virus in grado di replicarsi. La notizia ha rapidamente fatto il giro del pianeta. Molti virologi italiani hanno dichiarato che si trattava della dimostrazione dell’inefficacia del vaccino, oggi distribuito in mezzo mondo. Nel giro di poche ore, tuttavia, sono emersi alcuni “dettagli” che hanno rimesso in discussione tutta la storia. A quanto pare, in Brasile non è stato effettuato alcun test sul farmaco. Gli scienziati dell’Anvisa (equivalente locale dell’agenzia del farmaco italiana) hanno spiegato di aver elaborato il loro studio “sulla base dei dati arrivati dalla Russia”. I dirigenti dell’istituto Gamaleya hanno citato le parole di Gustavo Mendes, un alto funzionario dell'Anvisa che avrebbe affermato che l'agenzia brasiliana "non ha ricevuto campioni del vaccino da testare" e non "non ha eseguito un test per un adenovirus replicato". I russi, di conseguenza, hanno annunciato di essere pronti a citare in giudizio l’Anvisa, con l'accusa di "aver diffuso consapevolmente informazioni imprecise". Ieri mattina i brasiliani hanno quindi spiegato di essere pronti a rivedere le loro posizioni e il loro no all’utilizzo dell’antivirus realizzato nell’Europa dell’est. "I dati forniti possono essere rivisti, corretti e inviati di nuovo”, ha detto, Antonio Barra Torres, il capo dell'agenzia. Nel frattempo la Turchia si è aggiunta alla lunga lista dei Paesi dove l’utilizzo dello Sputnik è stato legalizzato. Tra questi, c’è anche San Marino, che da questa estate offrirà ai turisti una dose di siero russo, purché si soggiorni per almeno sei notti nella Repubblica. Unico problema: la regola prevede che i cittadini italiani non possano accedere all’iniziativa, almeno finché l’agenzia europea del farmaco non avrà autorizzato l’uso dell’antivirus di Mosca.

Vaccini e pandemia: la scommessa del Cile. Federico Giuliani su Inside Over il 3 aprile 2021. Il Cile conta circa 19 milioni di abitanti. All’inizio di aprile, il 36.3% della sua popolazione aveva ricevuto almeno una dose di vaccino. L’obiettivo del governo cileno è ambizioso: raggiungere la fantomatica immunità di gregge entro la metà del 2021. Di questo passo, visto e considerando che il Paese si trova quasi a metà strada, gli esperti ritengono che il traguardo prefissato potrà essere tagliato senza troppi problemi. Ma come ha fatto una piccola – e spesso dimenticata – nazione dell’America Latina ad allestire un modello di vaccinazione efficace ed efficiente, anche più di quello organizzato dall’Europa? Secondo quanto riportato dal South China Morning Post, la chiave del successo cileno è aver scommesso sul vaccino cinese Sinovac. Il CoronaVac, da somministrare attraverso l’iniezione intramuscolare di due dosi, ricevute a distanza di un paio di settimane l’una dall’altra, avrebbe avuto un ruolo primario nel trionfo vaccinale del Cile. E questo, nonostante Sinovac non abbia ancora rilasciato i dati della fase finale dei suoi test.

Il segreto del Cile. Tutto è iniziato nel maggio di un anno fa, quando il Cile doveva fare i conti con una delle situazioni epidemiologiche più complesse della regione, se non del mondo. Il suo sistema sanitario era descritto dai media come prossimo al collasso. In quel preciso momento, le autorità decisero di intavolare le prime discussioni con i produttori di potenziali vaccini, indipendentemente dalla loro provenienza geografica. Il Cile ha quindi prima acconsentito alla conduzione di studi clinici sui vaccini sul proprio territorio, e poi ha aperto le porte agli antidoti per un loro successivo lancio a livello nazionale. Risultato: oggi c’è chi parla di “modello Cile” per indicare l’ottimo piano d’azione precoce allestito dal governo. Il segreto del Cile – se così vogliamo chiamarlo – è stato quello di procurarsi dosi da più fonti (e fronti), in particolare dalle case farmaceutiche cinesi. Oltre 6.6 milioni di persone hanno ricevuto almeno un vaccino, mentre più di 3.5 milioni – cioè quasi un quinto del totale – entrambe le dosi.

Il ruolo di Sinovac. C’è un aspetto da sottolineare con particolare attenzione. In Cile, la maggior parte delle dosi inoculate sono targate Sinovac. Il viceministro del Commercio cileno, Rodrigo Yanez, ha spiegato che il Paese ha fatto una scommessa sul vaccino cinese in questione. Allo stesso tempo, le autorità si sono mosse rapidamente per acquistare anche il Pfizer-BioNTech. “Direi che la strategia è stata quella di mettere le uova in cestini diversi e di avviare i colloqui con le aziende farmaceutiche molto presto. Sbbiamo iniziato a maggio dello scorso anno”, ha detto Yanez, aggiungendo di aver ricevuto 12 milioni di CoronaVac e 1.3 milioni di Pfizer. Soffermiamoci sulla casa farmaceutica cinese. Ha condotto gli studi clinici di fase 3 in Cile, e questo ha permesso allo Stato sudamericano di avere una sorta di accesso anticipato alle dosi. Al netto dell’indifferenza generale mostrata da una parte dell’opinione pubblica nei confronti dei vaccini cinesi, l’80% della popolazione anziana cilena ha fin qui ricevuto dosi principalmente dal prodotto realizzato da Sinovac. Un vaccino, questo, che a detta dello stesso Yanes ha mostrato un “profilo di sicurezza e una generazione di anticorpi estremamente buoni”. Gli scienziati cileni sono al lavoro per condurre ulteriori analisi sul vaccino Sinovac. Una volta completate, tutte le ricerche saranno rilasciate per poter essere liberamente consultate.

Sputnik, il vaccino che viene dal freddo. Report Rai PUNTATA DEL 12/04/2021 di Manuele Bonaccorsi, Lorenzo Vendemiale, collaborazione di Edoardo Garibaldi, immagini di Alessandro Spinnato, grafica di Giorgio Vallati, montaggio di Andrea Masella e Riccardo Zoffoli. Efficacia dichiarata altissima (92%), prezzo contenuto (10 dollari a dose), scarsi effetti collaterali: mentre in Europa mancano i vaccini e le dosi arrivano con il contagocce, tutti parlano di Sputnik V. Il siero russo però in Europa non arriva e la sua autorizzazione si sta trasformando in un giallo. Per Ema il dossier sarebbe ancora incompleto, i russi invece dicono che è tutto pronto e aprono le porte dei loro stabilimenti. Gli inviati di Report sono stati a Mosca, nelle fabbriche che producono il vaccino, dove nemmeno gli ispettori europei sono ancora ancora riusciti a entrare. E hanno scoperto che l’ispezione avverrà soltanto a metà maggio, quindi per vedere Sputnik in Europa dovremo aspettare almeno due mesi. Attraverso le interviste esclusive ad Alexander Gintsburg, capo dell'Istituto Gamaleya che ha scoperto la formula, e ai più alti responsabili del progetto, Report mostrerà perché lo sbarco di Sputnik in Europa non è solo una questione scientifica, ma anche una complessa partita geopolitica, e svelerà la reale capacità produttiva delle fabbriche russe, per rispondere alla domanda che tutti si pongono: Sputnik è davvero la soluzione ai problemi dell’Europa? Con immagini e testimonianze inedite l’inchiesta racconterà anche come sta andando la campagna vaccinale in Russia, un Paese che oggi vive come se il Coronavirus non esistesse.

IL VACCINO CHE VIENE DAL FREDDO di Manuele Bonaccorsi e Lorenzo Vendemiale collaborazione di Edoardo Garibaldi immagini di Alessandro Spinnato montaggio di Andrea Masella e Riccardo Zoffoli.

SIGFRIDO RANUCCI IN STUDIO Tutti parlano di Sputnik, tutti vorrebbero Sputnik. Ma cosa sappiamo del vaccino russo? Intanto che è stato il primo vaccino al mondo ad essere registrato: agosto del 2020; poi che è basato su un meccanismo simile a quello di Astrazeneca, con gli adenovirus. Sappiamo anche che la prima dose è composta in maniera diversa dalla seconda dose - unico vaccino anche in questo -; che la sua efficacia, scrive la prestigiosa rivista scientifica Lancet, è vicino al 92%; che ci sarebbero pochi effetti collaterali. aTutto questo si basa sulle poche informazioni che hanno dato i russi. Però la pochezza delle informazioni, ha fatto sì che si creasse intorno a questo vaccino un alone di mistero. Proprio per dipanarlo, noi siamo andati in Russia. Però, fatemelo dire, è stato più facile per noi avere le porte aperte in Russia – per questo ringraziamo le autorità di governo – che parlare con l’EMA. Siamo andati laddove Sputnik viene fabbricato, abbiamo parlato con chi Sputnik l’ha scoperto, e anche con chi detiene la cassaforte: il capo, il responsabile del fondo sovrano russo che è il proprietario del vaccino. E, in tutto questo che cosa abbiamo scoperto? Che noi italiani abbiamo avuto anche un ruolo: abbiamo avuto il merito di esportare il virus in Russia. Questo, almeno secondo loro. I nostri Manuele Bonaccorsi, Lorenzo Vendemiale e Alessandro Spinnato

MANUELE BONACCORSI FUORI CAMPO Partiamo da Mosca alle 4 del mattino, quando è ancora buio. Direzione, Yaroslavl, 300 chilometri a nord est della capitale russa. Le strade dissestate dal disgelo rendono il viaggio molto lungo, oltre 4 ore. Qui sorge la fabbrica R-Pharm, uno dei 7 centri industriali dove si produce lo Sputnik V.

MANUELE BONACCORSI FUORI CAMPO All’ingresso ci chiedono di fare un tampone. Per motivi di sicurezza potremo filmare solo alcuni locali. Abbiamo due ore di tempo, poi si avvierà un nuovo ciclo di produzione e dovremo uscire. La fabbrica è blindata, si accede solo con una speciale autorizzazione del governo russo.

OLEG GONTAREV – DIRETTORE DELLA PRODUZIONE R-PHARM Le cellule vengono coltivate e qui vengono infettate con il coronavirus. Il risultato è la sostanza farmaceutica attiva. Qui la sostanza viene diluita in un liquido sterile, che permette al nostro vaccino di essere stabile

MANUELE BONACCORSI Cosa stanno facendo questi tecnici, in questo momento?

OLEG GONTAREV – DIRETTORE DELLA PRODUZIONE R-PHARM Qui i flaconi vengono sterilizzati a 320 gradi e lì dietro avviene il riempimento

MANUELE BONACCORSI FUORI CAMPO Qui a Yaroslavl fabbricano tutti i componenti del vaccino dalla A alla Z. Questo permette di accorciare i tempi. Nella fabbrica stanno producendo anche una versione secca del vaccino, che potrebbe risolvere i problemi di trasporto e stoccaggio.

OLEG GONTAREV – DIRETTORE DELLA PRODUZIONE R-PHARM Attualmente il nostro vaccino può essere trasportato solo a -18 gradi. Con la forma liofilizzata riteniamo che possa resistere a temperature tra i 2 e i 6 gradi, e forse più alte

MANUELE BONACCORSI è già autorizzata questa forma?

OLEG GONTAREV – DIRETTORE DELLA PRODUZIONE R-PHARM è in procinto di essere registrata.

MANUELE BONACCORSI FUORI CAMPO Sputnik, però, non può essere utilizzato in tutta Europa fino a quando Ema, l’agenzia del farmaco, non lo avrà approvato. Prima dovrà verificare la validità dei dati scientifici ma anche il rispetto dei protocolli di qualità nei siti di produzione. Molti temevano che la Russia non avrebbe permesso l’ingresso degli ispettori in siti strategici per la sicurezza nazionale. E invece entreranno

TATIANA NAVOIČIK – CAPO DEL LABORATORIO STERILE R-PHARM È scritto qui, nel calendario... ecco, dal 17 al 21 maggio. Sarà un evento storico, perché per noi l'audit europeo è qualcosa di nuovo e sentiamo una grande responsabilità. Perché ci sono standard diversi tra Ue e Russia.

MANUELE BONACCORSI Gli ispettori dell’EMA vedranno proprio la linea produttiva?

TATIANA NAVOIČIK – CAPO DEL LABORATORIO STERILE R-PHARM Per cinque giorni guarderanno solo la produzione sterile. E in cinque giorni si può vedere tutto.

MANUELE BONACCORSI FUORI CAMPO Questo però significa anche che per avere Sputnik in Europa bisognerà aspettare almeno due mesi. La pandemia ha avvicinato due mondi diversi, che fino ad oggi non si erano praticamente mai parlati.

ALEXANDER GINTSBURG – DIRETTORE ISTITUTO GAMALEYA Prima di ora non avevamo mai avuto contatti con l’Ema né con l’americana FDA. Abbiamo sempre lavorato sul mercato dell’Urss e della Russia, senza esportare

MANUELE BONACCORSI FUORI CAMPO Alexander Gintsburg oggi è uno degli uomini più famosi e rispettati di Russia. È lui che ha scoperto Sputnik V, all’interno dell’istituto pubblico Gamaleya. Oggi sullo Sputnik c’è il sigillo di una prestigiosa rivista come Lancet, da cui si evince un’efficacia del 92%. Ma i risultati provengono da un’unica sperimentazione, effettuata in una sola città, Mosca. Alcuni scienziati hanno messo in luce delle incongruenze nello studio Lancet. E i dati grezzi non sono mai stati resi pubblici.

MANUELE BONACCORSI Noi, in Europa, siamo abituati ad avere molti dati e molte informazioni pubbliche. possiamo sperare che il vostro Istituto renda pubblica una più ampia quantità di informazioni sul vostro vaccino?

ALEXANDER GINTSBURG – DIRETTORE ISTITUTO GAMALEYA Daremo tutto a EMA, e quando disporrà di queste informazioni potrete chiederle a loro. Io vado in vacanza da 15 anni a Montecatini e per quanto ne so dai miei numerosi conoscenti e amici, in Italia sono tutti ansiosi di venire qui e farsi vaccinare con lo Sputnik V.

MANUELE BONACCORSI FUORI CAMPO A far storcere la bocca agli esperti europei è stata anche la velocità del lancio dello Sputnik V, il primo vaccino registrato al mondo, ad agosto 2020. E somministrato ancora prima, a marzo, senza nemmeno aspettare i test.

VLADIMIR GOUSCHIN – CAPO DEL LABORATORIO ISTITUTO GAMALEYA In questa stanza abbiamo elaborato il primo prototipo dell’adenovirus per lo Sputnik

MANUELE BONACCORSI Che periodo era esattamente?

VLADIMIR GOUSCHIN – CAPO DEL LABORATORIO ISTITUTO GAMALEYA Era febbraio 2020.

MANUELE BONACCORSI Praticamente la Russia ha avuto prima il vaccino anti-Covid del Covid stesso

VLADIMIR GOUSCHIN – CAPO DEL LABORATORIO ISTITUTO GAMALEYA Esatto. Ci mancava il virus. Perché tu puoi anche avere il vaccino, ma finché non hai la malattia vera non capisci se funziona. Ma ci ha dato una mano proprio l’Italia. Perché il virus l’ha portato qui un cittadino italiano

MANUELE BONACCORSI Avete testato il vaccino su voi stessi, come cavie.

ALEXANDER SEMIKHIN – CAPO DELLE TECNOLOGIE ISTITUTO GAMALEYA Semplicemente sapevamo che il vaccino avrebbe funzionato, perché abbiamo grande esperienza con questa piattaforma. MANUELE BONACCORSI Questo in Europa non sarebbe stato possibile.

ALEXANDER SEMIKHIN – CAPO DELLE TECNOLOGIE ISTITUTO GAMALEYA non potevamo permetterci di perdere persone per i contagi. Così il 90% dei dipendenti dell’istituto ha deciso di vaccinarsi, ancora prima dei test. Come vedete, siamo tutti ancora qui e stiamo bene

ALEXANDER GINTSBURG – DIRETTORE ISTITUTO GAMALEYA Nessun vaccino al momento della registrazione, sia in America che in Europa, aveva superato completamente la terza fase delle sperimentazioni cliniche. Chi ci accusa di mancanza di etica su questo, lo fa con furbizia. Provate a chiedere ai parenti dei tre milioni di morti di Covid-19, se avrebbero accettato di iniettare ai loro cari un vaccino che ha mostrato brillanti risultati nella prima e seconda fase

MANUELE BONACCORSI FUORI CAMPO Questo è uno dei tanti temi sul tavolo di Bruxelles, che vuole capire meglio come si sono svolti i trials clinici. Proprio in queste ore gli uomini Ema sono a Mosca per una prima analisi dei documenti

ALEXANDER GINTSBURG – DIRETTORE ISTITUTO GAMALEYA La Federazione Russa è aperta e fornirà tutte le informazioni. Se poi queste informazioni soddisferanno gli standard formali dell'EMA, questo non lo so. La mia opinione è che per fornire Sputnik alla popolazione europea siano più utili contatti bilaterali con singoli stati rispetto a quelli con organismi burocratici come l’Ema. Perché penso che, al di là della valutazione scientifica, ci sarà quella economica e politica che purtroppo inciderà molto sulla decisione finale.

MANUELE BONACCORSI FUORI CAMPO non è un caso che nell’Ue il vaccino russo sia già stato comprato dall’Ungheria di Orban e dalla Slovacchia, due paesi critici con Bruxelles L’approvazione di Sputnik V non è più solo una questione scientifica. è al centro di uno scontro politico. Sputnik oggi è stato approvato in quasi 60 Paesi, dall’Argentina alla Corea del Sud, passando per l’Algeria e la Turchia.

ALEXANDER SEMIKHIN – CAPO DELLE TECNOLOGIE ISTITUTO GAMALEYA Al momento, in Russia dovremmo essere in grado di produrre 60-70 milioni di dosi entro l’estate

MANUELE BONACCORSI Non sono molte, bastano a coprire sì e no il 20% della popolazione russa

ALEXANDER SEMIKHIN – CAPO DELLE TECNOLOGIE ISTITUTO GAMALEYA Speriamo di aumentare

MANUELE BONACCORSI FUORI CAMPO Il Fondo sovrano del governo Russo, che gestisce la commercializzazione dello Sputnik, ha proposto a molti Paesi esteri accordi che prevedono di produrre in loco le dosi, garantendo il trasferimento delle loro conoscenze, senza diritti legati ai brevetti.

ALEXANDER SEMIKHIN – CAPO DELLE TECNOLOGIE ISTITUTO GAMALEYA Stiamo lavorando perché inizi la produzione all’estero, stiamo facendo delle visite in diverse fabbriche per condividere la nostra tecnologia e far sì che altri Paesi producano lo Sputnik. Dopo aver visto quello che sta succedendo nel mondo, abbiamo deciso che non faremo del nostro vaccino un segreto.

MANUELE BONACCORSI FUORI CAMPO Ma non è solo altruismo, o diplomazia. Il problema è che a Mosca hanno scoperto il vaccino, ma non riescono a fabbricarlo in grandi quantità.

LORENZO VENDEMIALE Quante dosi sareste in grado di consegnare all’Ue e quando?

KIRILL DMITRIEV – CEO FONDO SOVRANO RUSSO A partire da giugno, siamo pronti a consegnare 50 milioni di dosi all’Europa. Non sono tantissime, lo sappiamo, però potrebbero essere d’aiuto. Invece il responsabile degli acquisti in Europa dice di non aver bisogno di Sputnik. Non abbiamo ricevuto questo trattamento in nessun’altra parte del mondo.

MANUELE BONACCORSI FUORICAMPO Kirill Dmitriev è l’uomo del vaccino russo. Ritenuto uno dei più stretti e fidati collaboratori del presidente Putin, è a capo del Fondo sovrano russo. Tutta la delicata partita di Sputnik è nelle sue mani, a partire dai rapporti con l’Europa. Con cui i rapporti sono piuttosto difficili, specialmente dopo il niet del commissario europeo Breton, che ha dichiarato: non avremo bisogno dello Sputnik.

LORENZO VENDEMIALE a noi però è stato detto che la vostra capacità produttiva totale è piuttosto limitata. Difficilmente basterà anche per l’Ue.

KIRILL DMITRIEV – CEO FONDO SOVRANO RUSSO La nostra capacità raddoppia ogni mese. è l’Ue che non vuole. Vi rivelo una cosa. Un mese fa abbiamo inviato una lettera ufficiale alla Commissione europea, per dire che eravamo pronti a cominciare le negoziazioni per la vendita dello Sputnik. Non ci hanno nemmeno risposto. Se non siamo già in Europa, è per una questione politica e per gli interessi dei big pharma occidentali. La Commissione europea ha parlato praticamente con tutti i produttori, tranne che con noi. Questo non è più nazionalismo del vaccino, questo è razzismo del vaccino.

MANUELE BONACCORSI FUORICAMPO Ma mentre l’Ue tiene la porta di Sputnik più chiusa che aperta, il telefono di Dmitriev squilla senza sosta.

KIRILL DMITRIEV – CEO FONDO SOVRANO RUSSO abbiamo iniziato una trattativa col governo tedesco, Abbiamo alcuni accordi con delle Regioni italiane.

LORENZO VENDEMIALE Con chi state parlando esattamente in Italia?

KIRILL DMITRIEV – CEO FONDO SOVRANO RUSSO Posso solo dire che ricevo chiamate dall’Italia ogni giorno, dai massimi vertici del governo e da diverse regioni. Abbiamo anche un accordo con un’azienda italiana, l’Adienne, per produrre Sputnik. Vi posso anticipare che nel giro di due, tre settimane, potremmo avere già i primi lotti di Sputnik prodotti in Italia pronti per la validazione. Se poi l’Ema non approverà il nostro vaccino, vuol dire che queste dosi le esporteremo fuori dall’Europa

MANUELE BONACCORSI Avete parlato anche col primo ministro Draghi?

KIRILL DMITRIEV – CEO FONDO SOVRANO RUSSO Non ho intenzione di rivelarlo.

SIGFRIDO RANUCCI IN STUDIO Da una parte l’Unione Europea "non risponde neppure alle mie lettere", dice Dmitrev, che è capo del fondo sovrano russo. "Dall’altra ho il telefono bollente perché mi chiamano tanti stati che hanno bisogno del vaccino". Ora, qual è il retropensiero? "Voi avete paura della Russia e per questo non vi vaccinate con Sputnik. Se da una parte è vero che la Russia vende il suo per fare politica, è anche vero il contrario: i paesi occidentali, la comunità europea, non acquista Sputnik per questioni politiche, perché fa politica. Se il problema è invece di trasparenza come dice Gintsburg, che il vaccino lo ha inventato, ‘potete stare tranquilli perché noi a Ema daremo tutte le carte possibili". "E siamo anche pronti" continua Dmitriev "a fornire tutte le dosi di cui avete bisogno. Entro giugno, 50 milioni di dosi". Però poi noi abbiamo anche capito che poi questa grande capacità produttiva forse non c’è. E infatti qual è la strategia che hanno adottato in Russia? Prendono accordi con gli stati e poi dicono "prendetevi la nostra tecnologia, il nostro segreto del vaccino producetelo da soli". Ha firmato contratti per produrre all’estero oltre un miliardo di dosi. Con questo metodo hanno in qualche modo stipulato per un miliardo di dosi. È un po’ il contrario di quella che è la politica strategia dell’occidente e delle big pharma che invece i brevetti e la tecnologia se la vogliono tenere stretti. Insomma. Abbiamo capito che è in atto in questo momento un braccio di ferro geopolitico, ma anche industriale, economico e strategico. Ma dello Sputnik forse c’è bisogno e c’è desiderio di avere più vaccini. Il mistero è la contraddizione che abbiamo in Russia qual è? Che proprio loro che ce l’hanno, tanto desiderio di farsi i vaccini non ne hanno.

MANUELE BONACCORSI FUORI CAMPO La vaccinazione di massa in Russia è iniziata lo scorso 5 dicembre, prima che in Occidente. E non ci sono categorie che abbiano la precedenza. Basta prenotarsi in un poliambulatorio come questo.

MANUELE BONACCORSI Posso chiederle quanti anni ha signora?

SIGNORA 87 anni Mi raccomando, vaccinate tutti gli italiani col nostro vaccino russo... Spuntik v è sicuro ed è il miglior vaccino del mondo

MANUELE BONACCORSI quante dosi riuscite a somministrare ogni giorno?

NATALIA SCHINDRYAEVA – CAPO CLINICA DI STATO MOSCA N.2 facciamo un lavoro di informazione attivo su tutta la popolazione grazie all’aiuto dei media

MANUELE BONACCORSI ma il numero, non so se anche lui ci può aiutare. Il numero nazionale delle vaccinazioni in russia

NATALIA SCHINDRYAEVA – CAPO CLINICA DI STATO MOSCA N.2 Fate questa domanda al ministero della salute

MANUELE BONACCORSI FUORI CAMPO Neppure il responsabile della comunicazione che ci segue sa darci il dato che cerchiamo e forse non è felicissimo della nostra domanda

MANUELE BONACCORSI Quanti vaccini avete fatto in questo ambulatorio?

NATALIA SCHINDRYAEVA – CAPO CLINICA DI STATO MOSCA N.2 ogni giorno circa 50 persone.

MANUELE BONACCORSI 50 vaccini al giorno in questo ambulatorio, sono pochi?

NATALIA SCHINDRYAEVA – CAPO CLINICA DI STATO MOSCA N.2 poi ci sono i punti di vaccinazione senza prenotazione, nei centri commerciali, e lì c'è più gente.

MANUELE BONACCORSI FUORI CAMPO finita la nostra intervista, il centro vaccinale è così: deserto. Stessa storia si ripete al Depo, uno dei luoghi della movida moscovita, nel pieno centro della Capitale. Al piano superiore è stato allestito un ambulatorio fornito di tutto. Qui non ci sono liste d’attesa: chiunque vuole, senza prenotazione, può venire a vaccinarsi. Quando arriviamo il centro è vuoto. Poi si riempie, per mezz’ora. Contiamo una decina di pazienti. Tutti desiderosi di parlare.

RAGAZZO ho 34 anni, e voglio rimanere sano a lungo, per questo mi vaccino. Il 95% dei miei amici si è già vaccinato, tutti pensiamo che questo vaccino sia il più efficace del mondo

MANUELE BONACCORSI FUORI CAMPO Ma le nostre riprese si prolungano più del previsto e il centro si svuota nuovamente. Per mezz’ora, neppure una persona viene a farsi vaccinare. E non siamo autorizzati a chiedere informazioni ai responsabili del centro. La sera torniamo di nuovo al Depo, insieme alla nostra traduttrice, moscovita doc. Sembra di prendere una macchina del tempo e tornare al 2019. Qui si vive come se non esistesse il Coronavirus. Non ci sono restrizioni, chiusure, coprifuoco. Nessun obbligo di mascherina. Ma non è merito dei vaccini

MANUELE BONACCORSI Non siete preoccupati?

RAGAZZA 1 A dire il vero non abbiamo paura del virus. E cosa devo fare? Chiudermi in casa? ma io non voglio perdere i miei anni, perché nessuno mi restituisce questi anni

MANUELE BONACCORSI Ma allora chi di voi è vaccinato con lo Sputnik?

RAGAZZA 1 Nessuna. Nessuno di noi no

MANUELE BONACCORSI FUORI CAMPO In Russia Solo il 6% del totale ha ricevuto una dose. Non è un caso. Secondo una ricerca del Levada Center, il più importante centro indipendente moscovita che realizza sondaggi non controllati dal governo, solo un russo su 3 è pronto a vaccinarsi.

DENIS VOLKOV – VICEDIRETTORE LEVADA CENTER il 60% della popolazione non crede che il Coronavirus sia una malattia pericolosa. L’altra ragione è che pensano che il vaccino non sia stato testato a sufficienza.

LORENZO VENDEMIALE Ma come sta andando la campagna vaccinale in Russia?

DENIS VOLKOV – VICEDIRETTORE LEVADA CENTER Direi che semplicemente non esiste una campagna vaccinale in Russia. A Mosca ci si può vaccinare facilmente, ma pochi lo fanno. Putin sa bene come convincere il suo popolo a fare qualcosa, quando vuole. Ma non è questo il caso.

LORENZO VENDEMIALE Come ve lo spiegate?

DENIS VOLKOV – VICEDIRETTORE LEVADA CENTER Questo è anno di elezioni: il governo preferisce non irritare le persone.

MANUELE BONACCORSI FUORI CAMPO E in effetti il presidente Putin, che ha sempre amato farsi riprendere “in azione” questa volta ha deciso di vaccinarsi senza telecamere

DENIS VOLKOV – VICEDIRETTORE LEVADA CENTER lo ha fatto quasi di nascosto. Sullo Sputnik l’attenzione è tutta rivolta verso l’esterno, Sputnik è uno strumento di geopolitica. Probabilmente è il più grande risultato raggiunto dai tempi della fine dell’Unione Sovietica.

SIGFRIDO RANUCCI IN STUDIO Il paradosso è che a noi farebbe comodo Sputnik, ma non l’abbiamo; loro che ce l’hanno, invece, non hanno tanta fantasia di vaccinarsi. Quello che più sorprende però è che sembra che in Russia non ci sia un problema Covid: zero mascherine, zero distanziamento sociale, tutto aperto. Eppure, viaggiano con una media di 10mila contagi ogni giorno e circa 400 morti. Se non hanno però tanta fantasia di vaccinarsi, c’è bisogno in tante zone del mondo di vaccini. Ci sono delle zone dove si vaccina solo l’1% della popolazione il virus cammina, corre e si muta. E, in tema di varianti, per quello che riguarda la resistenza di Sputnik alle varianti del coronavirus, sappiamo che hanno preso direttamente un accordo con lo Spallanzani di Roma e Gintsburg che quel vaccino lo ha scoperto, ci ha detto in maniera riservata che lo Sputnik è efficace con la variante inglese, lo è un po’ meno con la sudafricana.

Sputnik V, sì o no? Ecco tutto quello che c’è da sapere. Emanuel Pietrobon su Inside Over il 3 aprile 2021. Lo Sputnik V, il vaccino contro il Covid19 realizzato dall’Istituto Gamaleya di Mosca con il contributo determinante del Fondo russo per gli investimenti diretti (RDIF, Russian Direct Investment Fund), ha provocato discordia, divisione e inquietudine nel mondo occidentale sin dall’11 agosto dell’anno scorso, giorno in cui il presidente russo Vladimir Putin ne ha svelato al pubblico l’avvenuta registrazione. Neanche la recensione positiva di The Lancet, una delle riviste mediche più prestigiose del globo, ha potuto nulla contro la campagna di denigrazione e demonizzazione messa in moto da politici e mezzi di informazione occidentali, che hanno semplicemente alterato la narrativa: non è pericoloso perché inefficace – un’accusa insostenibile dopo il verdetto inequivocabile di Lancet –, ma perché si tratterebbe di un’arma geopolitica utile al Cremlino per seminare caos all’interno della Comunità euroatlantica. Naturalmente, come spesso accade in questi casi, una verità limpida è stata offuscata, prima resa caliginosa e dopo distorta, da un’accorta opera di disorientante e polarizzante guerra informativa. Insieme, in questo lavoro di verifica dei fatti, cercheremo di combattere la disinformazione nell’unica maniera possibile, ovverosia rispondendo in maniera neutra ed imparziale ai quesiti più urgenti sullo Sputnik V: È efficace? Se sì, quanto? È vero che i russi hanno un’opinione negativa sul vaccino? È vero che la Russia starebbe vendendo più dosi di quante ne abbia inoculate? È realmente una leva geopolitica? E, non meno importante, perché l’Unione Europea tarda a sanzionarne l’ingresso nel mercato comunitario?

Sputnik V è un vaccino inefficace: Falso. Lo Sputnik V è efficace, sicuro e privo di effetti collaterali indesiderati. Questa è la sentenza di The Lancet, una delle riviste scientifiche più prestigiose del settore, che lo scorso 2 febbraio ha analizzato i dati relativi alla seconda fase di sperimentazione e concluso che il vaccino presenti un’efficacia del 91,6%. Nel mese di novembre, un’analisi dei dati commissionata dal Fondo russo per gli investimenti diretti aveva raggiunto una simile conclusione: efficacia del 92%. L’elevato tasso di efficacia dello Sputnik V, corroborato sia in patria sia all’estero, lo rende uno dei vaccini più affidabili e prestanti tra quelli attualmente in circolazione e commercializzazione, superiore, ad esempio, al Sinopharm (86%), al Johnson & Johnson (85%) e all’AstraZeneca (82,4%),

La Russia non sta vaccinando la propria popolazione: Falso. La Russia ha avviato una campagna di immunizzazione della popolazione, sebbene presenti un tasso di vaccinazione piuttosto basso – 8,1 immunizzati ogni 100 abitanti, cioè poco meno del 5% della popolazione totale –, ma urgono delle precisazioni a scopo esplicativo. In Russia, innanzitutto, la vaccinazione è una scelta libera e volontaria – perciò i numeri sono ovviamente inferiori a quelli che mostrano nazioni in cui l’immunizzazione è stata resa obbligatoria – e, inoltre, come ha sottolineato Federico Giuliani sulle nostre colonne, “la Russia non ha problemi di carenza vaccinale e la situazione epidemiologica non sembrerebbe essere grave quanto quella registrata nella maggior parte dei Paesi europei […] [perché] dai 28mila contagi giornalieri rilevati alla metà di dicembre, la Russia è passata oggi a fare i conti con poco meno di 10mila nuovi casi quotidiani”. Esplicato in altri termini: la campagna di immunizzazione sta andando a rilento perché la scelta di vaccinarsi è su base volontaria e l’emergenza sanitaria è momentaneamente sotto controllo – tanto che quasi tutte le misure di contenimento sono state rimosse –, non per l’esistenza di problemi di fiducia alla base – gode dell’approvazione del 69% del personale medico – e neanche per un disinteresse da parte governativa, poiché punti vaccinali sono stati eretti anche nei luoghi più impensabili, dai ristoranti ai centri commerciali.

La Russia presenta delle problematiche in termini di capacità produttiva: Vero. La Russia ha un deficit in termini di capacità produttiva: è tanto limitata – 33 milioni di dosi di Sputnik V fabbricate nel mese di marzo – che neanche degli investimenti massicci nell’incremento dei livelli di output per unità permetterebbero di soddisfare in tempi brevi, o comunque adeguati, le commesse ottenute dal Fondo russo per gli investimenti diretti in ogni continente: accordi con oltre cinquanta Paesi per un totale di un miliardo e 400 milioni di dosi da inviare.

I deficit di produttività impediranno alla Russia di tenere fede agli accordi: Falso. Il Cremlino ha trovato la soluzione al problema: delocalizzare all’estero la produzione dello Sputnik V, più nello specifico in quei Paesi muniti di impianti all’avanguardia e con elevate capacità produttive. La strategia della delocalizzazione ha condotto il Fondo russo per gli investimenti diretti a siglare accordi di produzione in loco con venti entità in dieci nazioni, tra le quali India, Cina e Corea del Sud. I numeri della strategia della produzione appaltata ad esterni sono indicativi della volizione del Cremlino di rispettare gli impegni presi sino ad oggi con oltre cinquanta nazioni del globo: l’indiana Virchow Biotech dovrebbe produrre duecento milioni di dosi, la sudcoreana GI Rapha dovrebbe fabbricarne centocinquanta milioni e la cinese Yuanxing dovrebbe realizzarne sessanta milioni.

Il Cremlino ha mentito sulla richiesta di registrazione presso l’Ema: Falso. Il Fondo russo per gli investimenti diretti ha presentato ufficialmente la domanda di registrazione dello Sputnik V all’Agenzia europea per i medicinali (EMA, European Medicines Agency) nella giornata del 29 gennaio. Le autorità europee, inizialmente silenti sul fatto, in seguito hanno accusato il Cremlino di aver mentito sull’effettivo inoltro della richiesta, salvo poi essere smentite il 19 febbraio, quando i principali media russi hanno pubblicato su Twitter i documenti comprovanti gli avvenuti contatti tra il Fondo e l’Ema.

Il processo di approvazione è iniziato tardivamente: Vero. Il processo di rolling review, ovverosia la fase di valutazione propedeutica all’approvazione (e alla commercializzazione), ha avuto inizio soltanto il 4 marzo, cioè a distanza di oltre un mese dalla presentazione della domanda di registrazione.

Il prolungamento delle tempistiche è un ostacolo inaggirabile: Falso. Le lentezze dell’Ema, imputabili a ragioni squisitamente politiche, hanno incoraggiato un numero crescente di stati membri dell’Ue ad avviare trattative parallele con il Fondo russo per gli investimenti diretti in maniera tale da aggirare il processo di approvazione – volutamente ritardato, sembrerebbe –; tra questi l’Ungheria, la Slovacchia e l’Austria.

Il Cremlino ha avviato trattative soltanto con gli stati membri dell’Ue: Falso. Il Fondo russo per gli investimenti diretti sta cercando di scavalcare l’ostacolo Ema anche in un altro modo: apertura di canali di dialogo con i grandi privati. Risaltano, a questo proposito, gli accordi per la produzione in loco siglati con la svizzera Adienne Pharma & Biotech e i negoziati con la tedesca R-Pharm Germany GmbH, l’azienda alla quale si deve l’apertura della procedura di rolling review da parte dell’Ema.

Valeria Robecco per “il Giornale” il 26 marzo 2021. Joe Biden gioca al rialzo sulla campagna vaccinale negli Usa, e promette che nei suoi primi cento giorni alla Casa Bianca verranno somministrate 200 milioni di dosi, il doppio di quando previsto inizialmente. Poco prima dell' atteso collegamento video al Consiglio europeo riunito a Bruxelles, il presidente americano ha tenuto la sua prima conferenza stampa da quando si è insediato a Pennsylvania Avenue, annunciando quello che lui stesso ha definito un «target ambizioso». Ai leader dell' Unione, invece, ha ribadito come gli Stati Uniti siano determinati a rivitalizzare l' alleanza con il Vecchio Continente e a lavorare insieme sul fronte della distribuzione globale di vaccini anti-Covid efficaci e sicuri, deludendo così chi si aspettava l' annuncio di una fornitura diretta di dosi ai Ventisette. Un collegamento breve quello di Biden, una mezz' ora in tutto: niente di operativo, ma un segnale importante, con un totale cambio dei toni rispetto al suo predecessore Donald Trump. «È ora di ricostruire la nostra alleanza transatlantica», ha dichiarato da parte sua il presidente del Consiglio europeo Charles Michel, il quale lavora all'incontro con Biden fin dai primi giorni del suo arrivo alla Casa Bianca. Oltre a puntare a un' alleanza tra l'Unione Europea e gli Stati Uniti sui vaccini come strumento di diplomazia a livello globale per promuovere i valori della democrazia occidentale, scalzando Cina e Russia. Dopo la partecipazione del segretario di Stato Usa Antony Blinken alla due giorni di ministeriale Nato a Bruxelles e l' incontro con la presidente della Commissione europea Ursula Von der Leyen per parlare della «collaborazione» nella lotta al Covid, Biden è il primo presidente americano a parlare ai 27 dal 2009, quando a intervenire era stato Barack Obama in occasione del summit Usa-Ue di Praga, che si era svolto in concomitanza con la riunione informale del Consiglio europeo. Per il premier Mario Draghi, la partecipazione dell' inquilino della Casa Bianca all' Eurosummit «conferma la reciproca volontà di imprimere, dopo un lungo periodo, nuovo slancio alle relazioni tra l' Unione e gli Stati Uniti». Nel corso della conferenza stampa, Biden ha anticipato di voler costruire «un' alleanza di democrazie per discutere del futuro», con in cima all' agenda le sfide poste dalla Cina, che punta alla leadership mondiale. «Finché ci sono io non succederà», ha avvertito: «L' America tiene in alta considerazione il concetto di libertà e tiene ai diritti umani. Fino a quando Pechino continuerà a violare così brutalmente i diritti umani, noi continueremo senza sosta a richiamare l' attenzione del mondo per far sapere quello che succede». «Conosco Xi Jinping da tempo, è una persona intelligente - ha proseguito -. Abbiamo parlato per due ore, gli ho detto chiaramente che non vogliamo un scontro, ma una competizione, e una concorrenza leale». Tuttavia, il presidente ha insistito che il Dragone deve rispettare le regole internazionali. Mentre sulla Corea del Nord gli Usa si stanno confrontando con gli alleati: «Se sceglierà un' escalation ci sarà una risposta - ha sottolineato -. Ma sono pronto anche a qualche forma di diplomazia, a condizione di una denuclearizzazione». E sul ritiro delle truppe Usa dall' Afghanistan, Biden ha spiegato che «non resteranno a lungo», ma sarà difficile rispettare il termine del primo maggio.

Fabrizio Dragosei per il "Corriere della Sera" il 31 marzo 2021. La Russia offre il suo Sputnik V a tutto il mondo e finora lo ha già esportato in parecchi Paesi, dal Venezuela a San Marino. Una campagna di propaganda politica ben orchestrata, sostengono Stati Uniti e diversi critici europei del Cremlino, visto che in patria le persone inoculate sono ancora pochissime e visto anche che per far fronte alle sue necessità Mosca è costretta a importare dosi dall'estero. Proprio così. Lo Sputnik vola verso La Paz e viene offerto all'Unione Europea. Ma poi a Mosca le dosi arrivano, ad esempio, dalla Corea del Sud: «I vaccini sono Sputnik V sviluppati in Russia e prodotti dalla compagnia farmaceutica coreana Hankook Korus Pharm». Altre dosi potranno provenire dall'India con la quale la Russia ha raggiunto importanti accordi di produzione. E anche quelle promesse a decine di Paesi in tutto il globo saranno quasi certamente inserite nelle fiale in stabilimenti esteri. Qualche giorno fa il Fondo russo che si occupa della commercializzazione del siero aveva promesso oltre 310 milioni di dosi. Contemporaneamente sono state strette intese di produzione con parecchi Paesi, compresi alcuni europei: Italia, Spagna, Francia, Germania. Il maggior produttore al mondo sarà sicuramente l'India dove sono state siglate intese con la Virchow Biotech (200 milioni di dosi), la Stelis Biopharma (200 milioni) e la Gland Pharma (252 milioni). Dalla Corea del Sud saranno complessivamente sfornate 150 milioni di dosi e 63 milioni arriveranno dalla cinese Shenzhen Yuanxing Gene-tech Co. Uno dei maggiori problemi dello Sputnik è la mancanza di un via libera da parte dell'Agenzia europea del farmaco (Ema) che ha iniziato il processo di controllo e revisione ma si sta muovendo con i piedi di piombo (anche troppo, per alcuni). Ma la questione non è solo questa e le preoccupazioni espresse anche dalla presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen appaiono più che giustificate: «Ci chiediamo come mai la Russia stia offrendo teoricamente milioni e milioni di dosi mentre non fa sufficienti progressi nel vaccinare la sua popolazione». Effettivamente in patria le cose continuano ad andare a rilento, nonostante i ricorrenti annunci trionfalistici delle autorità. Vladimir Putin, che è stato immunizzato solo pochi giorni fa, ha fatto sapere che 4,3 milioni di persone hanno ricevuto entrambe le dosi (6,3 se si considera solo la prima iniezione). Numeri assai bassi visto che la popolazione russa è di 146 milioni e gli adulti (i vaccinabili) sono 110 milioni. I piani sono di coinvolgere 68 milioni di persone entro luglio o agosto. Ma forse anche prima «se la produzione aumenterà e la campagna proseguirà», ha detto la vicepremier Tatiana Golokova. Ai ritmi attuali, sarà assai difficile. La Commissione europea, secondo quanto ha affermato Draghi, avrebbe accertato che al massimo i vari stabilimenti in patria e all'estero possono produrre 55 milioni di dosi dello Sputnik. Decisamente troppo poche. In Russia la gente non si fida molto, e questo è stato rilevato anche da sondaggi indipendenti: quasi il 60 per cento degli interpellati ha detto di non avere intenzione di ricorrere al vaccino. Tra l'altro, il Paese è totalmente «aperto» (tutto funziona, mascherine solo sui trasporti e nei negozi) e la gente non ha la sensazione del pericolo, nonostante i dati poco rassicuranti. Quasi novemila casi al giorno, con 300 morti e un totale di quattro milioni e mezzo di infettati con oltre duecentomila decessi. Tutti i dati relativi a produzione, distribuzione, export, eccetera appaiono coperti dal più stretto riserbo, per non dire vero e proprio segreto di Stato. Due volte il Corriere ha chiesto cifre precise al Fondo e in entrambi i casi non ha ricevuto alcuna risposta. In base a quanto ha ricostruito il New York Times, lo Sputnik viene prodotto in sette aziende private che agiscono su licenza. Ma sarebbero scarsamente incentivate a incrementare il lavoro visto che vengono pagate molto poco (addirittura al di sotto dei costi, secondo una fonte). Poi hanno seri problemi tecnologici. «Sfortunatamente la Russia non produce affatto macchinari biotech e quindi dobbiamo aspettare che arrivino pezzi dall'estero», ha dichiarato un consulente delle società farmaceutiche private. E questo, al di là degli effetti propagandistici degli accordi, è probabilmente uno dei motivi per i quali il Fondo russo sta spingendo tanto per raggiungere intese di produzione all'estero. Lì le aziende hanno il know-how e i meccanismi per mettere veramente in orbita lo Sputnik.

"Produciamo Sputnik in Italia. Vi racconto perché è efficace". La Adienne di Monza entro 15 giorni richiederà il primo via libera dell’Aifa per la commercializzazione del vaccino russo. Se l’Ema non approva in tempo, lo Sputnik "italiano" andrà all’estero. Martina Piumatti - Gio, 01/04/2021 - su Il Giornale. Mentre Ema e istituzioni Ue ancora tentennano, il vaccino russo conquista il mondo dell’impresa. Che si sta muovendo in proprio. E la prima azienda europea selezionata dal fondo sovrano di Mosca per la produzione dello Sputnik V, la Adienne Pharma e Biotech, è italiana. Si trova a Caponago, nel cuore del distretto farmaceutico della Brianza, e sarà in grado di coprire l’intero processo produttivo del siero russo. Antonio Di Naro, presidente e fondatore di Adienne, ha spiegato a IlGiornale.it, perché la reticenza delle istituzioni europee è priva di fondamento scientifico. “Non ci sono dubbi su efficacia e sicurezza anche rispetto agli altri vaccini. Poi - avverte Di Naro - se l’Ue dice di non averne bisogno ci sono altri 47 paesi che già lo usano e che sono pronti ad acquistarlo”.

Come l’Adienne è arrivata a siglare un accordo di produzione dello Sputnik V?

Inizialmente siamo stati contattati dalla Camera di Commercio Italia-Russia di Mosca, che stava raccogliendo nominativi di aziende italiane che avessero esperienza nella produzione di prodotti biologici. Aziende da presentare poi al fondo sovrano russo. Noi abbiamo partecipato a questa selezione e siamo stati scelti come prima azienda europea. E un mese e mezzo fa abbiamo siglato l’accordo per produrre il vaccino.

Dal punto di vista giuridico c’è una cessione del brevetto o l’acquisto della licenza?

Dal punto di vista giuridico non abbiamo acquistato nessun brevetto. Noi siamo produttori per conto del fondo sovrano russo che gestisce gli accordi di produzione dello Sputnik V. Per cui nessuna cessione di licenza, ma un contratto tra privati. Loro ci garantiscono un tech transfer che è attualmente in corso e che consiste nel trasferimento di cellule, virus e di tutte le informazioni necessarie per la produzione.

Le istituzioni nazionali e regionali che ruolo hanno avuto nell’operazione? Vi hanno contattato?

Per questa trattativa non hanno avuto alcun ruolo perché si tratta di un accordo commerciale tra privati. Il governo non è stato coinvolto nell’operazione tra il fondo sovrano russo e Adienne. In seguito ci hanno contattato e devo dire che sul fronte regolatorio c’è una buona collaborazione. C’è un interesse da parte loro, ma logicamente tutto si concretizzerà quando il vaccino sarà validato da parte dell’Ema. Non ho ancora nessun contatto con il ministero dello Sviluppo economico ma penso che lo avrò presto. Per ora, dal punto di vista pratico ci confrontiamo solo con solo con il ministero della Salute, proprio perché maneggiamo cellule e virus. E poi ci sono già dei contatti con Regione Lombardia che si è interessata e con Confindustria, specifico Confindustria e non Farmindustria.

Tecnicamente che ruolo avrà la sede di Caponago nel processo produttivo del vaccino?

L’azienda è in grado di coprire l’intero ciclo produttivo, dalla materia prima fino al flacone confezionato. Dalla Russia ci arrivano le cellule e il virus. Poi noi infettiamo le cellule, le facciamo crescere, le carichiamo con dei terreni di coltura all’interno dei bioreattori dove si moltiplicano. C’è una fase di upstream e poi una di downstream, dove avviene la purificazione con delle apparecchiature specifiche. E infine c’è il confezionamento in flaconi.

Quali sono le prossime tappe della tabella di marcia verso la commercializzazione dello Sputnik "italiano"?

Ora siamo veramente agli sgoccioli del processo di technology transfer, che consiste nell’importare il know how di produzione dall’istituto Gamaleya di Mosca che ha messo a punto il vaccino a noi. Penso terminerà in un paio di settimane e dopo inizieremo a fare il primo lotto di validazione su piccola scala. Per poi farne successivamente altri che dovranno essere tutti approvati dall’Aifa, indipendentemente dalla validazione dello Sputnik da parte dell’Ema, l’ente regolatore europeo. L’agenzia italiana del farmaco dovrà uscire a ispezionare Adienne in entrambi casi. Nel caso in cui lo Sputnik venga approvato dall’Ema e anche nel caso in cui non venga approvato. Perché è sempre l’Aifa che deve autorizzare l’esportazione verso altri paesi al di fuori dell’Europa dove il farmaco è stato registrato. Quindi noi dipendiamo dall’ispezione dell’Aifa. Dopo possiamo partire con la commercializzazione del vaccino dove verrà richiesto. Il nostro obiettivo è fare tutto al più presto possibile. Stiamo lavorando tantissimo con la pressione dei media addosso, che per fortuna è un po’ diminuita, e altre linee produttive da portare avanti. Però abbiamo dato priorità ai vaccini. E una volta ottenuta l’autorizzazione alla commercializzazione noi avremo un impianto, quello di Caponago, dedicato esclusivamente alla produzione del vaccino 24 ore su 24. Questo per quanto riguarda la produzione e il rilascio in commercio. Per quanto riguarda, invece, la distribuzione in Europa, subordinata all’approvazione dell’Ema, saranno i governi a mettersi d’accordo con il fondo sovrano russo.

L’approvazione da parte di Ema è ancora in corso e da parte delle istituzioni Ue pare esserci una certa cautela, se non diffidenza verso lo Sputnik. Perché?

Io ho in mano dei dati che parlano di un vaccino efficace al 91,6%. Non solo secondo quanto riportato nei documenti presentati all’Ema, ma anche come documentato da un articolo pubblicato su una rivista autorevole e di prim’ordine come The Lancet. Secondo punto, è un vaccino che si conserva in frigorifero e dunque ha una stabilità buona. Terzo, non bisogna dimenticarsi che arriva da un centro di ricerca, il Gamaleya, che scoprì il vaccino contro l’ebola. La piattaforma è uguale tra l’anti ebola e lo Sputnik. Quindi ecco perché ci hanno messo poco a tirar fuori il vaccino. Poi se le loro metodiche non rientrano nelle specifiche europee questo non lo so. So solo che si parla di un buon, anzi di un ottimo vaccino. E lo giudico nel confronto con gli altri, considerando gli eventi avversi e i gradi di efficacia.

Cosa c’è allora dietro la reticenza di Bruxelles? Forse il peso di pressioni geopolitiche?

Le dichiarazioni in merito della Commissione europea probabilmente sono dettate più da altre motivazioni. Non scientifiche, perché non ci sono dubbi sull’efficacia. Poi, c’è da ricordare una cosa: lo Sputnik V è composto da due vaccini diversi. È fatto da un adenovirus 26 e da un adenovirus 5. Ecco perché i tempi di produzione dello Sputnik non sono i tempi di produzione degli altri vaccini. Per arrivare a una confezione di Sputnik V, dobbiamo produrre due vaccini diversi. Ed è una differenziazione che garantisce un’efficacia maggiore.

Il commissario Ue responsabile del piano vaccini comunitario Henry Breton ha dichiarato: “Priorità ai vaccini prodotti sul territorio europeo. Non abbiamo assolutamente bisogno dello Sputnik V”. Lei, che in Europa lo Sputnik lo produrrà, cosa risponde?

Rispondo che ci sono tanti altri paesi fuori dall’Europa che hanno bisogno dello Sputnik. Non solo San Marino, ma altri 46 Paesi in cui viene attualmente usato. Poi, quando abbiamo firmato l’accordo, non l’abbiamo firmato solo per l’Europa. È una produzione che facciamo a livello mondiale. Quindi, una volta ottenuta l’autorizzazione per la commercializzazione e l’export, io posso produrre e poi mandare il prodotto in Argentina, in Brasile e in qualsiasi altro Paese che ha stipulato un contratto di acquisto.

Fabio Di Todaro per “La Stampa” il 26 marzo 2021. Il convitato di pietra della «scalata» ai vaccini dell'Unione Europea ha un nome e un Paese di riferimento: Sputnik e la Russia. Per ragioni politiche, prima che scientifiche, in pochi menzionano il vaccino sviluppato dall'Istituto di Ricerca Gamaleya di Mosca. Ma parlando ai deputati della commissione salute, la direttrice dell'Agenzia del Farmaco Emer Cooke ha ribadito che l'Europa è ormai pronta a ispezionare i siti di produzione del vaccino anti Covid-19 annunciato da Vladimir Putin lo scorso 11 agosto e ormai utilizzato in oltre 50 Stati nel mondo. A fare da apripista, nel Vecchio Continente, al momento sono stati soltanto l'Ungheria, la Slovacchia e San Marino. Nel frattempo, la comunità scientifica rimane divisa. Aldilà dell'efficacia, rimangono i dubbi legati alla capacità produttiva della Russia. Potrebbe essere sufficiente al punto da permettere all'Europa di imprimere un'accelerata decisa alla campagna vaccinale? Dopo settimane di schermaglie verbali sulle autorizzazioni, da Bruxelles sembra esserci un'apertura. E anche i singoli Stati, nell'ultima settimana sia Angela Merkel sia Mario Draghi, stanno guardando al farmaco che proviene dall'Est. La frase del premier «Se non lo fa l'Europa, si procederà in un altro modo», con riferimento alla vicenda Sputnik - sembra aver incassato un sostegno bipartisan. Da qui anche l'interesse mostrato nei confronti dell'iniziativa dello Spallanzani, pronto a stringere un'intesa con i colleghi dell'istituto Gamaleya (che lo ha sviluppato) per avviare una sperimentazione clinica in Italia. L'efficacia di Sputnik è stata documentata in uno studio pubblicato sulla rivista «The Lancet» il 2 febbraio. Il lavoro ha riassunto le conclusioni di una sperimentazione di fase 3 condotta su oltre ventimila individui. Il vaccino russo è risultato efficace nel prevenire lo sviluppo della malattia nel 91% dei casi. Un dato simile a quello registrato dai farmaci messi a punto da Pfizer-Biontech e Moderna: i primi a essere utilizzati anche in Italia. Rispetto ai due vaccini a mRna, Sputnik V usa però un approccio differente: la tecnologia a vettore virale, la stessa impiegata nei farmaci sviluppata da AstraZeneca e Johnson&Johnson. L'obbiettivo è comunque sempre il medesimo: far produrre al sistema immunitario gli anticorpi diretti contro la proteina spike di Sars-Cov-2. Ma più che all'efficacia, i dubbi su Sputnik appaiono però legati alla sicurezza e alla capacità produttiva della Russia. Perché, a fronte di un farmaco potenzialmente così valido, la Russia non ha ancora presentato un dossier completo all'Agenzia Europea del Farmaco? È questa la domanda principale che, legittimamente, aleggia tra gli scettici. Molti dei quali sono convinti che i Paesi che ne hanno approvato l'uso ricorrono a standard molto meno stringenti per valutare la sicurezza dei nuovi principi attivi. Quanto ai numeri, quelli della campagna vaccinale russa sono molto vaghi. Sembra che a essere state vaccinate siano all'incirca 4 milioni di persone: su un totale di 144 milioni di abitanti. Se questi numeri fossero veri, come potrebbe la Russia aiutare un'Europa in difficoltà a dare impulso alla sua campagna vaccinale? Aprile sembra essere il mese giusto per provare a risolvere questo rebus.

Così lo Sputnik V ha spaccato il governo slovacco. Emanuel Pietrobon su Inside Over il 30 marzo 2021. In Slovacchia all’emergenza sanitaria è subentrata la crisi politica. È accaduto, infatti, che la decisione del governo Matovic di dare semaforo verde ad un accordo con il Fondo sovrano russo per l’acquisto di un ingente carico di Sputnik V – due milioni di dosi – abbia comportato il collasso del già fragile esecutivo multicolore. L’evento potrebbe sorprendere i più, ma sulle nostre colonne avevamo pronosticato lo scenario instabilità quando i negoziati tra le parti erano ancora in corso e il carico era in attesa di essere spedito a Bratislava. Perché in Slovacchia, come nel resto d’Europa, in questi mesi si sta scrivendo uno dei capitoli più importanti del braccio di ferro tra Stati Uniti e Russia, ovverosia quello della “dominanza vaccinale“.

Il vaccino della discordia. Igor Matovic, primo ministro slovacco, nella giornata del 28 marzo ha posto fine al ciclo di polemiche innescato da una parte del proprio esecutivo e dai partiti di opposizione annunciando le proprie dimissioni nell’ambito del “caso Sputnik”. L’annuncio è giunto al culmine di un mese di intenso dibattito, poi sfociato in crisi, che ha visto sei ministri rassegnare le dimissioni in segno di protesta. Le consultazioni tra i partiti di maggioranza per il rimpasto di governo sono cominciate informalmente il giorno successivo, cioè con l’inizio della nuova settimana, e stanno vedendo la partecipazione del presidente, Zuzana Caputova, in qualità di intermediario e negoziatore. Fonti slovacche asseriscono che la carica potrebbe essere assunta da Eduard Heger, attuale titolare del ministero delle Finanze e membro dello stesso partito di Matovic, Gente Comune. Heger, secondo le stesse indiscrezioni, avrebbe già accettato il posto e starebbe sondando il terreno per capire cosa come distribuire i ministeri.

Le origini della crisi. Le dimissioni di Matovic erano inevitabili: l’esecutivo era nato già fragile – in quanto composto da ben quattro partiti solo in parziale sintonia tra loro – e la questione Sputnik ha accentuato le divisioni esistenti. Due le forze politiche che, in particolare, hanno strumentalizzato l’affare concluso tra Matovic e il Fondo sovrano russo per provocare una crisi: Libertà e Solidarietà – in possesso di tre ministeri – e Per il popolo – a capo di un dicastero. Gli esponenti dei suddetti avevano chiesto le dimissioni di Matovic dopo che questi aveva autorizzato l’arrivo in patria di una prima partita di 200mila dosi di Sputnik V, parte di una più ampia commessa di due milioni, nonostante la loro contrarietà e, soprattutto, senza il loro consenso. Il primo ministro, infatti, aveva aggirato astutamente il veto posto da Per il popolo facendo asse con Marek Krajci, titolare del ministero della Salute e membro di Gente Comune,  chiedendogli di avvalersi dei propri poteri straordinari per varare un decreto emergenziale dettato da ragioni di salute pubblica. Krajci aveva acconsentito alla richiesta del primo ministro, permettendo l’arrivo all’aeroporto di Kosice della prima partita il primo marzo scorso. A partire da quel momento, materializzatosi l’accordo della discordia, avrebbe avuto inizio la caduta libera di Matovic, pressato dai piccoli ma fondamentali partitini della coalizione, dall’opposizione e dai sondaggi. La partita, peraltro, è rimasta in magazzino perché nessuno ha avuto il “coraggio” di avviarne la somministrazione negli ospedali in assenza del via libera dell’Agenzia europea per i medicinali.

Una crisi prevedibile. Noi, ad ogni modo, avevamo previsto che “acconsentire alla richiesta–ordine di Matovic” avrebbe comportato inevitabilmente il rischio “di indebolire la solidità di un governo sfaccettato, ed eterogeneo, tenuto in piedi esclusivamente dal concerto”. Nulla di sorprendente, comunque, perché lo Sputnik V è stato prima demonizzato a priori e dopo, una volta comprovata la sua efficacia, trattato alla stregua di un'”arma geopolitica” da evitare ad ogni costo. Ne consegue, alla luce dell’inquadramento dell’intera questione nel contesto della nuova guerra fredda tra Stati Uniti e Russia, con riferimento al paragrafo della “dominanza vaccinale”, che “in assenza di maggioranze di governo schiaccianti e composite, portare a compimento l’acquisto di un vaccino geopoliticamente divisivo quale è lo Sputnik V può risultare più arduo del previsto”. La Slovacchia è l’evidenza lapalissiana del punto di cui sopra: non ha importanza che sia in corso la pandemia più grave della storia recente dell’umanità, gli eventi mostrano e dimostrano come il calcolo politico prevalga (spesso) sull’interesse collettivo. Poche nazioni appartenenti al blocco occidentale hanno avuto la forza e trovato il coraggio di sfidare l’alt imposto da Washington, come la piccola (ma coesa) Ungheria, mentre la stragrande maggioranza si è autocondannata all’eterna attesa di una panacea che tarda ad arrivare.

Salvini fa il centralista: disco rosso alle Regioni nell'acquisto di Sputnik. Il segretario in soccorso a Draghi. Domani sarà a Budapest con Orbàn e Moraviecki. Sabrina Cottone - Mer, 31/03/2021 - su Il Giornale. Dire che Matteo Salvini ha riscoperto il centralismo potrebbe suonare strano solo se il controllo dall'alto sul partito non facesse parte della natura della Lega. Altrimenti come spiegarsi gli appellativi «capo» e «capitano»? Oggi l'esigenza del leader leghista di mostrarsi autorevole, affidabile e indiscusso interlocutore del premier Mario Draghi per conto dei suoi, riporta d'attualità il tema. Promette di comportarsi bene: «Non faremo l'opposizione di noi stessi». Debutta tentando di mettere ordine nel caos delle iniziative regionali per i vaccini che minaccia Draghi: «Stiamo lavorando come governo per una produzione vaccinale italiana, bene fanno i Paesi europei che si stanno rivolgendo altrove», ma le iniziative e le richieste di autorizzazione toccano, appunto, al governo. Il segretario sceglie l'appuntamento con la stampa estera per mettere in mostra che detta la linea, dallo Sputnik per il quale le Regioni (anche leghiste) devono «aspettare il via libera dell'Ue», fino ai più ampi temi di politica internazionale. Si ripete senza sorprendere sul no allo ius soli («Siamo il Paese d'Europa che concede più cittadinanze, non vedo motivo di modificare la legge, la cittadinanza non è una giostra, meglio scegliere a 18 anni»), ma sul tema non risultano divergenze nella Lega. Sfoggia la sua ininterrotta amicizia con i Paesi del gruppo di Visegrad (giovedì l'incontro a Budapest con i premier ungherese e polacco), attacca la Turchia e la Cina (sulla vendita Iveco), mentre il responsabile del dipartimento Esteri sia il vice della Lega e ministro del governo Draghi, Giancarlo Giorgetti, che proprio ieri ricordava «l'ambizione» per l'Italia «di costituire con Francia e Germania il triangolo portante dell'impalcatura europea». Da quando lavora a un nuovo gruppo al Parlamento europeo per uscire dall'isolamento di Id, Salvini ipotizza di affidare il settore Esteri all'ex ministro e a lungo europarlamentare Lorenzo Fontana, «quello che conosce meglio i meccanismi». Il passaggio di consegne in ogni caso non è ancora avvenuto. Salvini assicura che sul Piano vaccinale la geopolitica non conta, nemmeno se è in discussione l'approvvigionamento del vaccino russo Sputnik. Così, mentre Vincenzo De Luca, presidente della Regione Campania, autonomista del Sud, si è lanciato in un aspro testa a testa con Draghi per difendere il diritto di «prenotare» il vaccino per conto proprio, portando dietro di sé il governatore della Sicilia, Nello Musumeci, Salvini si allinea obbediente a Draghi: «Spero che l'Ue si esprima sullo Sputnik, se funziona allora dico perché no? Ma dobbiamo aspettare l'ok Ue, non possono essere le singole regioni a approvvigionarsi». Uno stop che vorrebbe rimettere ordine tra i desideri di fuga in avanti nelle regioni leghiste e non solo. Se è vero che Giovanni Toti, Liguria, Stefano Bonaccini, Emilia Romagna, e Massimiliano Fedriga, Friuli Venezia Giulia, il governatore leghista più vicino a Salvini, si erano già espressi per attendere il via libera delle autorità sanitarie per l'acquisto da Roma, il presidente del Veneto, Luca Zaia, si era mostrato possibilista: «So che le regioni possono acquistarlo direttamente». Le parole di Salvini suonano come una risposta diretta anche a lui. Ieri la proposta di unire i gruppi Id e i Conservatori europei è stata nuovamente accolta con scetticismo dagli interessati, ma il segretario progetta di andare avanti con i premier. La sfida è con la Spagna sulle Baleari: «Con la Sardegna non c'è partita».

Zaia provoca Draghi: "Avevo ragione io". Il Premier: "Ema deciderà tra 3-4 mesi". De Luca sposa Sputnik e attacca il Governo: “Un disastro, in Campania faremo da soli”. Redazione su Il Riformista il 26 Marzo 2021. Per immunizzare tutta la Campania entro autunno “dobbiamo fare 60mila somministrazioni al giorno e ad oggi non abbiamo i quantitativi necessari”. Parte da questo presupposto il governatore Vincenzo De Luca per annunciare la stipula di un contratto di fornitura, a spese della regione, “con un’azienda che produce Sputnik, un vaccino aggiuntivo perché non è tra quelli trattati dall’Unione europea. Lo abbiamo prenotato per avere i vaccini necessari per immunizzare 4,5 milioni di cittadini con doppia dose”. Il contratto diventerà operativo “immediatamente dopo l’approvazione di Ema o di Aifa. Ci stiamo muovendo sulla linea indicata da Draghi: se non abbiamo risposte dall’Unione Europea andremo avanti anche da soli per la parte aggiuntiva“. Da qui l’appello di De Luca alle autorità sanitarie di seguire tempi di verifica rapidi, ricordando che Sputnik “è già usato a San Marino e in altri 60 Paesi del Mondo, ha una copertura del 92% ed è stato valutato positivamente da una delle riviste scientifiche più autorevoli del mondo. Credo che lo Spallanzani stia facendo con i ricercatori russi un lavoro di verifica. Se chiudiamo questa partita nell’arco di un mese – osserva il governatore – avremo la possibilità noi e tutti i cittadini italiani di poter contare su una quantità di vaccini davvero importante in una condizione di sicurezza. Quindi sollecitiamo Governo e Aifa a muoversi, perché sono tempi di guerra, non di ordinaria amministrazione”. De Luca annuncia poi che “una volta coperte le esigenze dei nostri concittadini, metteremo a disposizione di tutto il Paese la quantità restante. Intendiamo muoverci in un contesto di solidarietà nazionale e di aiuto reciproco se la disponibilità sarà importante”. In precedenza, nel corso della diretta, l’attacco al Governo: “La mia opinione è questa: se c’è una critica vera da fare è al Governo nazionale, non alle Regioni che hanno solo due responsabilità: alcune, soprattutto del Centro-Nord, hanno premuto troppo per aprire tutto prima del tempo, e alcune Regioni hanno delle criticità evidenti. Ma sono criticità che vanno individuate con precisione nella Regione chiamata in causa, non il sistema delle Regioni. Per il resto, se non ci fossero state le Regioni e avessimo avuto il Governo italiano con i livelli di efficienza che ha mostrato, l’Italia sarebbe andata al disastro“. L’attacco al Governo è tutto nei numeri: “Ad oggi abbiamo 190mila vaccini in meno rispetto al Lazio con gli stessi abitanti, 30mila rispetto all’Emilia Romagna con 1,3 milioni di abitanti in meno, uguali rispetto al Piemonte con 1,5 milioni di abitanti in meno, 20mila in meno rispetto a Veneto con 900mila abitanti in meno. Lombardia ha più del doppio con il 40 per cento della popolazione in più. Un altro disastro“. “Abbiamo mandato una sollecitazione al nuovo commissario di governo, il generale Figliuolo, perché entro il mese di aprile sia ripristinata l’equità nella distribuzione di vaccini”. Lo ha annunciato il presidente della Regione Campania, Vincenzo De Luca, durante la consueta diretta di Facebook del venerdì. “Il commissario ha introdotto il criterio 1 vaccino per ogni persona, e abbiamo detto che va bene, è passo in avanti – aggiunge De Luca – a condizione che recuperiamo ciò che non abbiamo avuto nei tre mesi che abbiamo alle spalle”.

LA REAZIONE DI ZAIA – “Ogni governatore decide cosa fare. Non ho nulla contro la Campania, ma se comprano lo Sputnik e il Governo non dice niente, significa che avevo ragione io”. Lo ha detto Luca Zaia, presidente della Regione Veneto, nel punto stampa di aggiornamento sulla situazione sanitaria. “Significa che le Regioni possono comprare vaccini – ha affermato – a me è stata raccontata la storiella che le Regioni non potevano rifornirsi in maniera autonoma. E’ falso”. “Mi hanno rotto le scatole per nulla”, ha aggiunto.

DRAGHI: “EMA SI PRONUNCERA’ TRA 3-4 MESI” – “Qui c’è in gioco la salute, la vita, la morte, e noi dobbiamo sempre cercare il coordinamento europeo, far di tutto per rafforzarlo” ha ricordato il premier Mario Draghi in conferenza stampa. “Poi se non si vede una soluzione, è chiaro che dovremo cercare altre strade. Però starei attento a fare questi contratti perché ieri la presidente della Commissione ha messo in luce il fatto che, parlando col fondo di investimenti che ha in mano la proprietà della produzione del vaccino Sputnik, loro possono produrre un massimo di 55 milioni di dosi, di cui il 40% in Russia e il 60% in vari siti internazionali. E non è stata ancora presentata formale domanda all’Ema, che non si prevede si pronunci prima di 3-4 mesi. Quindi se va bene il vaccino sarebbe disponibile nella seconda parte dell’anno”.

"Nessuno compra lo Sputnik": è lite tra Bonaccini e De Luca. Stefano Bonaccini silura Vincenzo De Luca, che ha acquistato il vaccino Sputnik prima dell'autorizzazione dell'Ema e dell'Aifa. Francesca Galici - Dom, 28/03/2021 - su Il Giornale. Scontro tra Stefano Bonaccini e Vincenzo De Luca sul vaccino Sputnik. Il governatore della Campania e quello dell'Emilia Romagna sono compagni di partito nel Pd ma questo non ha impedito a Bonaccini di aprire la polemica con il suo collega. De Luca, infatti, pare già acquistato le dosi di vaccino Sputnik senza aspettare l'ok dell'Ema, tanto meno quello dell'Aifa. "Nessuna Regione italiana può acquistare i vaccini per conto proprio, per come stanno le regole oggi, se le regole cambieranno vedremo. Sicuramente nessuna Regione può acquistare vaccini senza l'autorizzazione degli enti regolatori che vigilano su sicurezza ed efficacia", ha detto il governatore dell'Emilia Romagna a Mezz'ora in più, il programma di Rai3 di Lucia Annunziata. La polemica di Stefano Bonaccini non è sul merito del vaccino russo, per il governatore dell'Emilia Romagna già in passato ha sollecitato l'acquisto per incrementare il potenziale vaccinale del nostro Paese. Ma Stefano Bonaccini non ha mai preteso l'arrivo dello Sputnik senza l'autorizzazione delle autorità di controllo. Ma è l'atteggiamento di Vincenzo De Luca, che ha anticipato le mosse dell'Ema e dell'Aifa ad aver innervosito il governatore dell'Emilia Romagna. Con Lucia Annunziata, Stefano Bonaccini ha fatto il punto sulla situazione vaccinale in Italia e ha difeso le modalità di lavoro del governo. "Finora non è mancata l'organizzazione, sono mancate le dosi", ha accusato Stefano Bonaccini. "Tra aprile e giugno arriveranno 52 milioni di dosi, altri 80 milioni entro settembre. Nella seconda metà di aprile arriverà Johnson&Johnson, l'unico vaccino monodose. Se si fa un calcolo, abbiamo il numero sufficiente per vaccinare tutti gli italiani che lo vorranno", ha sottolineato il governatore dell'Emilia Romagna facendo il punto sull'immediato futuro. Domani, per altro, Stefano Bonaccini partecipaerà all'incontro con Mariastella Gelmini, Francesco Paolo Figliuolo e Fabrizio Curcio: "Domani non ci sarà Draghi. Quello che diremo è che ci sarà da stringere i bulloni". Il governatore dell'Emilia Romagna ha rivelato che nei prossimi giorni ci saranno anche altri incontri con le alte autorità dello Stato per pianificare la campagna vaccinale: "Avremo un altro incontro anche con Franco sul Recovery Plan e la prossima settimana avremo un'altra riunione anche con Draghi". Stefano Bonaccini, poi, si è scagliato anche contro gli operatori no vax: "Condivido che infermieri e medici siano vaccinati. È scandaloso che chi deve tutelare la propria vita e quella degli altri rimanga al proprio posto se non si vuole vaccinare".

Per il Governo l'approvazione arriverà non prima di 3 o 4 mesi. Sputnik in Campania, De Luca attacca il governo: “Invece di dare numeri a vanvera, faccia le verifiche: basta un mese”. Rossella Grasso su Il Riformista il 28 Marzo 2021. Il caso Sputnik infiamma la polemica. Continuano gli attacchi a distanza del presidente della Regione Campania, Vincenzo De Luca al Governo. Il Governatore ha infatti stipulato un contratto di fornitura, a spese della regione, con un’azienda che produce Sputnik, un vaccino aggiuntivo perché non è tra quelli trattati dall’Unione europea. “Lo abbiamo prenotato per avere i vaccini necessari per immunizzare 4,5 milioni di cittadini con doppia dose”, ha detto durante la diretta del venerdì.

Rincarando: “Il contratto diventerà operativo immediatamente dopo l’approvazione di Ema o di Aifa. Ci stiamo muovendo sulla linea indicata da Draghi: se non abbiamo risposte dall’Unione Europea andremo avanti anche da soli per la parte aggiuntiva“. Ma la replica del premier Mario Draghi non ha tardato ad arrivare: “Non si prevede che l’Ema si pronunci su Sputnik prima di tre, quattro mesi – spiega Draghi – Non si prevede che quel vaccino sia disponibile prima della seconda parte dell’anno” .

E soprattutto sulla Campania: “Mi riservo di esaminare la parte giuridica di questi ultimi contratti – avverte il premier – ma ricordo che qui c’è in gioco la salute, la vita e la morte degli individui. Dobbiamo sempre cercare il coordinamento europeo, cercare di rafforzarlo. Poi se non si vede una soluzione, è chiaro che dovremo cercare altre strade. Starei attento a fare questi contratti”. E durante una visita domenicale a Camposano (Napoli), dove la Asl Na 3 Sud ha inaugurato Centri di vaccinazione pubblico-privati per pazienti in dialisi, non ha perso l’occasione di attaccare ancora il governo sul tema: “Mi auguro che il Governo, anziché raccontare numeri a vanvera, si impegni affinché l’Alfa verifichi i vaccini Sputnik in tempi rapidi, non nell’arco di mesi”. “Non siamo nell’ordinaria amministrazione, ma in guerra – ha aggiunto – e poiché sono vaccini già somministrati a milioni di cittadini, si può tranquillamente testarne l’efficacia in un mese, non in 6. È quello che chiediamo a Governo e Aifa”. Ancora: “Se avremo la disponibilità aggiuntiva di vaccini pensiamo di procedere per categorie economiche”. Il presidente della Regione Campania, Vincenzo De Luca, visitando a Camposano uno dei 10 punti vaccinali allestiti dall’Asl Napoli3 per vaccinare i dializzati, anticipa le priorità che saranno seguite dopo aver messo in sicurezza le categorie più fragili, dopo ultraottantenni, fragili e over 70. “La categoria più in sofferenza – rileva De Luca – in questo momento è quella del turismo in Italia, in Campania in particolare. Se noi avessimo 500 mila dosi disponibili, potremmo somministrare il vaccino a tutta la popolazione di Ischia, Capri, Procida, Costiera Sorrentina e Amalfitana e il Cilento”. Per il governatore da qui partirebbe il rilancio dell’economia “perchè in Campania dobbiamo sempre muoverci su due piani: la sanità, che è la priorità la vita della gente, ma anche il pane, il lavoro”.

Cristina Zagaria e Paolo De Luca per repubblica.it il 26 marzo 2021. Si apre il "caso Campania". Vincenzo De Luca ringrazia l'ambasciata a Mosca e intanto arrivano le prime reazioni all'annuncio che la Campania ha comprato il vaccino Sputnik. La mossa della Campania, viene commentata anche dal premier Mario Draghi. Che, durante la sua conferenza stampa, afferma che su Sputinik "non è stata ancora presentata una formale domanda all'Ema: ma l'Ema sta facendo una review e non si prevede si pronunci prima di tre, quattro mesi". Poi l'avvertimento: "Mi riservo di esaminare la parte giuridica di questi ultimi contratti" per l'acquisto di Sputnik, "ma ricordo che qui c'è in gioco la salute, la vita e la morte degli individui. Dobbiamo sempre cercare il coordinamento europeo, cercare di rafforzarlo. Poi se non si vede una soluzione, è chiaro che dovremo cercare altre strade. Starei attento a fare questi contratti". E dopo le anticipazioni di Repubblica, era stato lo stesso governatore della Campania, Vincenzo De Luca, a "ringraziare l'ambasciata italiana a Mosca per il supporto fornito nel contratto per la fornitura del vaccino Sputnik", confermando così la strategia della regione per approvvigionarsi dei vaccini in modo "autonomo". Strategia messa sotto accusa dal governatore del Veneto, Luca Zaia: "Non è grappa barricata direi...". Cosi' Zaia ha commentato l'acquisto di dosi di vaccino Sputnik da parte della Regione Campania. "Prendo atto che il Governo italiano, non dicendo nulla, conferma che le Regioni possono comprare i vaccini. E allora la storiella che ci hanno raccontato che si puo' rifornire solo l'Europa, che poi distribuisce agli Stati membri che poi distribuiscono alle Regioni è una farsa. Io non ho nulla contro la Campania, ma se non c'è nulla da dire allora hanno rotto le palle a me per niente... Sto ancora aspettando che mi dicano se hanno verificato se i vaccini che ci avevano proposto c'erano o meno".

Il contratto della Campania. Ma in realtà cosa ha fatto la Campania? La Regione, attraverso la società in house So.re.sa, che gestisce servizi per la sanità , ha chiuso un accordo per avere vaccino anti-Covid 19 Sputnik, dopo negoziazioni con l'operatore economico Humana vaccine rappresentato dalla Rdif Corporate Centre Limited liability Company per la fornitura del vaccino. L'efficacia del contratto, però, è condizionata all'autorizzazione di Ema e Aifa. Humana vaccine è stato l'unico operatore economico degli 11 contattati dalla Regione a manifestare disponibilità a fornire alla Campania un vaccino. Già nella delibera di giunta del 2 marzo scorso, la Regione aveva stabilito di attivare ogni canale per verificare la possibilità di acquisire sul mercato, nel rispetto delle disposizioni di legge, in conformità agli standard di sicurezza, dosi vaccinali ulteriori rispetto a quelle disponibili per il territorio regionali, e aveva demandato alla So.re.sa ogni adempimento di questo indirizzo. La diretta Facebook del governatore E oggi in diretta Facebook il governatore De Luca parla di numeri dei vaccini ( "La Regione darà sul suo sito tutti i numeri delle persone vaccinate, ogni giorno verso le 12, per evitare fraintendimenti" ) e di priorità: "Vorremmo vaccinare tutto il personale sanitario, le forze dell'ordine, il personale scolastico, ma anche, se sarà possibile, gli studenti delle scuole superiori, per riaprire le scuole". E De Luca pensa anche a una "campagna di vaccinazione per il comparto turistico. Ischia, procida, la Costiera sorrentina". L'obiettivo di De Luca è di fare "ogni giorno 60.000 vaccini, vuol dire un milione e ottocentomila somministrazioni al mese se tutto va bene e ci sono i vaccini". La Campania "vuole vaccinare più di nove milioni di persone entro l'autunno". Su Sputnik, De Luca spiega in diretta Facebook la posizione della Campania: "questo vaccino ci serve e lo abbiamo prenotato, contro ogni tipo di ricatto delle case farmaceutiche" e sollecita l'Aifa e il governo a "muoversi perchè siamo in tempi di guerra". De Luca parla di "mobilitazione straordinaria per tornare alla vita normale" e mostra in diretta il passaporto vaccinale della Campania: "L'Europa discute del Green Pass, noi lo abbiamo fatto". La diretta di De Luca si chiude con un ammonimento ("Non servono manifestazioni, sappiamo quali sono i problemi" )e una raccomandazione ("A Pasqua state attenti, non rischiamo. Rispettiamo le regole, per riaprire e riaprire per sempre, senza soluzioni a metà").

Vaccino Sputnik, i "dubbi"  di Galli e Crisanti. Adnkronos.com il 25 marzo 2021. Il vaccino Sputnik è “intelligente, innovativo”. Ma i dubbi non mancano. Il professor Massimo Galli e il professor Andrea Crisanti rispondono alle domande sul vaccino russo, da più parti indicato come possibile ‘rinforzo’ per la campagna di vaccinazione in Europa e, in particolare, in Italia. "Inizialmente non c'erano elementi di giudizio. Poi è arrivato un lavoro su Lancet, il vaccino utilizza 2 vettori virali diversi che probabilmente ne aumentano l'efficacia. E' un vaccino intelligente, stimolante anche dal punto di vista scientifico”, dice Galli, responsabile del reparto malattie infettive dell’ospedale Sacco di Milano, alla trasmissione Accordi & Disaccordi. L’impiego del vaccino Sputnik passa per la valutazione e per l’approvazione da parte dell’agenzia europea del farmaco, che esaminerà i dati quando verranno presentati. “Mi auguro che i dati arrivino dove devono arrivare. Dai dati a disposizione, in Russia e anche in Cina la gente vaccinata non è molta. La domanda è: non c'è una potenzialità produttiva in Russia? Non so quanto vaccino 'pronto' ci sarebbe se venisse chiesto", dice Galli sollevando il proprio principale dubbio sull’utilizzo del farmaco russo. Per Crisanti, invece, il punto interrogativo -se c’è- è legato ad un altro aspetto. "Sputnik è un vaccino innovativo, ma i vaccini a vettori virali hanno una ripetibilità limitata: difficilmente lo stesso vettore può essere usato contro le varianti. I vaccini a vettori hanno limiti contro le varianti", dice il direttore del Laboratorio di Microbiologia e Virologia dell'Azienda ospedaliera di Padova e docente di Microbiologia dell'ateneo cittadino. "Arrivare a 500mila vaccini al giorno è una scalata. In Inghilterra hanno mobilitato infermieri, medici di famiglia, pediatri. Serve lo sforzo corale di un popolo", dice. Per impiegare Sputnik, serve il semaforo verde dell’Ema. “L'agenzia Ema non agisce per moto proprio, ma per proposte che vengono presentate. Se non c'è nessuno che dimostra all'Ema la documentazione necessaria, questa non fa nulla perché non agisce per iniziativa". 

Dagoreport il 24 marzo 2021. Chi lo conosce sa che Mario Draghi è un uomo misurato, prudente e abile nel trafiggere solo in punta di fioretto. Eppure l'esasperazione per una pandemia apparentemente ingovernabile, il caos vaccini e gli egoismi dei suoi interlocutori lo hanno caricato a molla. Oggi in Senato ha preso a scudisciate le regioni per le "differenze inaccettabili" nell'attuazione del piano vaccinale. Ha preso a ceffoni i governatori che "trascurano i loro anziani in favore di gruppi che vantano priorità probabilmente in base a qualche loro forza contrattuale". SuperMario ne ha anche per Bruxelles: "In sede europea, dobbiamo esigere dalle case farmaceutiche il pieno rispetto degli impegni contrattuali. L’Unione Europea deve fare pieno uso di tutti gli strumenti disponibili, incluso il Regolamento UE per l’esportazione dei vaccini, approvato il 30 gennaio. Questo regolamento fa chiarezza sulla distribuzione dei vaccini al di fuori dell’Ue". L'ex governatore della Bce ha avuto modo di recapitare a Bruxelles un messaggio di inusuale durezza: ha chiesto a Ursula Von der Leyen (e alla sua dante-causa Angela Merkel) di non usare i vaccini come arma di pressione politica verso Londra o Mosca. Ha fatto capire, senza giri di parole, che se l'Unione europea non sarà in grado di fornire al nostro paese le scorte necessarie a una campagna vaccinale massiva, l'Italia farà ricorso al vaccino russo, rompendo la "conventio ad excludendum" verso lo Sputnik che aleggia in Europa. Che sia proprio "l'americano" Draghi ad aprire a Mosca per risolvere i problemi sanitari rivela quanto inefficiente sia stata la gestione dell'approvvigionamento di vaccini da parte della Commissione europea. Il suo messaggio a Ursula è stato: "Il vaccino non ha nazionalità". Dunque, meno chiacchiere e formalismi e più senso pratico. Senza una larga copertura vaccinale non sarà possibile rimettere in moto l'economia e anche lo stesso Recovery plan, con i suoi 209 miliardi, diventerà inutile.  

G.P. per "Il Messaggero" il 24 marzo 2021. Corrono veloci le vaccinazioni nel Regno Unito e in Israele, e molti tra gli addetti ai lavori, spiegano che «ciò è possibile perché non hanno l'Ema, l'European medicine agency». Del resto, in fase di approvazione del vaccino AstraZeneca, quando doveva arrivare l'ok per l'utilizzo, l'autorità sanitaria centrale della Ue ci ha messo un mese in più rispetto alla Gran Bretagna che, grazie a questo ritardo, è riuscita ad acquisire lo straordinario vantaggio sulla campagna vaccinale rispetto agli altri Paesi dell'Unione.

LE LITI. A gennaio scorso, poi, mentre l'Ema continuava a posticipare l'autorizzazione per le dosi anglo-svedesi, in una sorta di commedia del ridicolo, le autorità della Commissione litigavano con l'azienda per gli impegni non mantenuti nelle consegne. Ora il nuovo fronte è quello che riguarda il vaccino russo Sputnik. Verrà sperimentato allo Spallanzani di Roma, anche se l'European medicine non ha ancora dato l'ok e ha deciso di inviare gli ispettori in Russia il 10 aprile prossimo. Tutto questo mentre Covid e varianti continuano a tenere sotto scacco praticamente l'Europa intera. Lo scontro tra il commissario Ue per il Mercato interno, Thierry Breton, e il presidente Vladimir Putin, che si è vaccinato ieri con uno dei tre composti sviluppati in Russia, sembra aver innescato una reazione a catena dagli effetti indecifrabili. Anche se l'iter di valutazione europeo proseguirà e il composto verrà testato in Italia sulle tre varianti del coronavirus più temibili in questo momento: inglese, brasiliana e sudafricana. A questo scenario, già parecchio complicato, si sta aggiungendo la campagna velenosa dei no vax sulla Rete. Con l'effetto di ritardare ulteriormente le vaccinazioni tra defezioni e paure. Nel frattempo, in attesa di una approvazione che si annuncia già molto lunga, la Russia si aspetta che, dopo l'Ungheria, altri Paesi dell'Ue approvino il vaccino a prescindere dalla valutazione dell'Ema.

IL CHIARIMENTO. L'ad del fondo sovrano russo, Kirill Dmitriev, responsabile della distribuzione internazionale del siero, ha chiarito che negli Stati che daranno via libera al vaccino, le prime dosi potrebbero arrivare già il mese prossimo. «Se sarà approvato probabilmente dopo giugno potremo consegnare 100 milioni di dosi a 50 milioni di persone nell'Ue entro tre, quattro mesi - ha dichiarato -. Aspettiamo una delegazione dell'Ema a metà aprile e speriamo che la decisione sullo Sputnik V sia puramente scientifica, e non politica».

Vladimir Putin attacca l'Ue che snobba il vaccino Sputnik: "Difendono le case farmaceutiche o i cittadini europei?" Libero Quotidiano il 22 marzo 2021. Vladimir Putin si è vaccinato e nello stesso giorno è tornato ad attaccare l’Europa sullo Sputnik V. In particolare il leader del Cremlino ha definito “strane” le dichiarazioni di Thierry Breton, commissario europeo per il mercato interno e incaricato per la campagna di vaccinazione anti-Covid, che in un’intervista ha incautamente e illogicamente affermato che l’Ue “non ha assolutamente bisogno dello Sputnik V”. Breton è stato accusato di essere fazioso dal Russian Direct Investment Fund, dopodiché si è beccato pure la replica di Putin: “Non costringiamo nessuno a fare nulla. Ma ci interroghiamo sugli interessi difesi da queste persone, quelli delle case farmaceutiche o quelli dei cittadini europei?”. Nonostante ciò, il dialogo tra la Russia e l’Ue sullo Sputnik V sta andando avanti: pare infatti che nella giornata di oggi, lunedì 22 marzo, ci sia stato un colloquio telefonico tra Charles Michel - presidente del Consiglio europeo - e lo stesso Putin. Tema di discussione la revisione a blocchi dei dati del vaccino russo da parte dell’Ema. Marco Cavaleri, responsabile vaccini e prodotti terapeutici per Covid-19 dell’Agenzia europea del farmaco, ha rilasciato alcune dichiarazioni all’Adnkronos sullo Sputnik V: “Noi andiamo avanti con la valutazione dei dati disponibili e con le ispezioni ai siti produttivi, che sono in programma il mese prossimo. A fine aprile faremo il punto della situazione e capiremo meglio la tempistica di una potenziale autorizzazione, qualora i dati la supportassero”.

Cosa c'è dietro il no della Ue a Sputnik? Perché la richiesta all'Ema è stata bloccata per un mese e mezzo? Perché l'Ue dice di non aver bisogno del siero russo? Che partita è in gioco? Andrea Indini - Mar, 23/03/2021 - su Il Giornale. Fra tre settimane gli esperti dell'Agenzia europea per i medicinali (Ema) si recheranno in Russia. La data è stata fissata: il 10 aprile. È il primo passo per la procedura di autorizzazione dello Sputnik V. Una procedura che arriva piuttosto avanti nel tempo nonostante il vaccino prodotto dal Centro Gameleya sia stato il primo ad essere registrato. Da allora (era l'agosto dello scorso anno) ha ricevuto il via libera da una cinquantina di Stati e in diciotto viene già somministrato. Non nell'Unione europea, però, dove trova resistenze sia negli uffici dell'Ema sia nelle altre sedi di Bruxelles. Giusto oggi il commissario europeo incaricato della campagna dei vaccini, Thierry Breton, parlando al tiggì della francese TF1, ha definitivamente chiuso le porte allo Sputnik V. "Non ne avremo assolutamente bisogno", ha sentenziato. "Daremo priorità ai vaccini fabbricati sul territorio europeo". Una chiusura che non sembra motivata da basi scientifiche. Secondo un nuovo studio su oltre 20mila volontari pubblicato dalla rivista scientifica The Lancet, l'efficacia del ritrovato russo sarebbe infatti del 91,6%, in linea con gli altri vaccini già approvati dall'Ema.

I ritardi dell'Europa. Non più di una settimana fa il presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, aveva minacciato il blocco delle dosi prodotte nel Vecchio Continente. Non producendo abbastanza vaccini per soddisfare il fabbisogno degli Stati membri, Bruxelles non si può infatti permettere che ne escano più di quelli che entrano. Ad oggi sono in vigore accordi con quattro società farmaceutiche (Pfizer-BioNTech, AstraZeneca, Moderna e, da pochi giorni, Johnson & Johnson) ma, se si vuole arrivare a coprire il 70% dei cittadini europei entro l'estate, è necessario ampliare (e non poco) il raggio d'azione. Ad oggi l'Ema sta guardando ad altri tre preparati. Uno è Curevac, altro vaccino a Rna messaggero. "Speriamo di poter approvare intorno a giugno", ha spiegato a Che tempo che fa il responsabile della strategia per le minacce alla salute e i vaccini dell'Ema, Marco Cavaleri. Poi c'è Novavax che si basa sull'azione della proteina Spike e sul sistema che ne potenzia la risposta immunitaria. "Probabilmente slitterà a giugno o poco dopo - ha spiegato Cavaleri - c'è qualche problema con la produzione". Il terzo vaccino è il russo Sputnik V. Ha già iniziato la revisione a cicli e all'Ema stanno guardando tutti i dati per essere, dicono, "più veloci per autorizzarlo quando il dossier sarà completato". Il 10 aprile voleranno a Mosca per le prime ispezioni. "Poi - ha concluso Cavaleri - cercheremo di capire per quando avremo tutti i dati che saranno necessari per potere eventualmente approvare questo vaccino".

Lo stop a Sputnik V. Nonostante le difficoltà incontrate negli ultimi mesi, l'Unione europea è ferma nello sbarrare la strada al vaccino di Vladimir Putin. Sebbene Breton abbia assicurato di non aver bisogno del siero russo, è più probabile che dietro alla scelta europea ci sia il timore che un eventuale accordo possa rafforzare economicamente e politicamente il leader del Cremlino. Non è stata, infatti, presa bene la decisione dell'Italia di rompere il fronte europeo e andare per la propria strada decidendo di produrre autonomamente il siero. Come riporta l'agenzia Agi, l'accordo, siglato la scorsa settimana dal fondo sovrano statale russo che detiene il brevetto, il Russian Direct Investment Fund (Rdif), e dall'azienda farmaceutica italo-svizzera Adienne Pharma&Biotech, "produrrà il vaccino in due stabilimenti, in Lombardia e nel Centro Italia", arrivando a "fornire 10 milioni di dosi tra luglio 2021 e gennaio 2022". Per allora l'Ema già avrà dato l'autorizzazione? Difficile pronosticarlo. Intanto, scrive il Moscow Times, Mosca avrebbe trovato l'intesa con aziende di altri Paesi Ue, come Francia, Spagna e Germania. Secondo i vertici dell'Rdif, dietro ai ritardi di Bruxelles ci sarebbero "pregiudizi politici". Altrimenti non si riuscirebbe a spiegare perché, pur avendo presentato all'Ema la domanda di registrazione il 21 gennaio, la decisione di iniziare la valutazione è arrivata soltanto il 4 marzo. Anche Putin è rimasto ovviamente perplesso dalle dichiarazioni di Breton. "Queste persone rappresentano e difendono gli interessi di chi? - si è chiesto - quelli di alcune aziende farmaceutiche o dei cittadini dei Paesi europei?".

Il precedente di AstraZeneca. Sputnik V non è certo il primo vaccino su cui si scontrano i diversi interessi dell'Unione europea. Anche la sospensione di AstraZeneca ha gettato diverse ombre sul piano vaccinale di Bruxelles. Come ha fatto notare Gian Micalessin sul Giornale, all'indomani del blocco reso inevitabile dal blitz tedesco, che ha obbligato il resto d'Europa a fare altrettanto, sono iniziate le pressioni per sostituire l'azienda inglese a favore del tandem tedesco-americano di Pfizer-BioNTech, assicurando a Berlino un maggior numero di dosi. Nel giro di tre giorni l'Ema ha chiuso la pratica assicurando l'efficacia e la sicurezza del vaccino di Oxford. Capitolo chiuso, ma non troppo. La partita resta aperta e rischia di giocarsi sulla pelle delle persone.

All’Europa serve Sputnik: Draghi e Merkel rilanciano sul vaccino russo. Andrea Muratore su Inside Over il 20 marzo 2021. Mario Draghi e Angela Merkel si sono trovati per due volte in poche settimane su fronti opposti nella partita vaccinale europea: dapprima, a fine febbraio, il premier italiano ha stoppato la mossa della Cancelliera tedesca e di Emmanuel Macron, che volevano inviare 13 milioni di dosi dell’Unione Europea in Africa; più recentemente, Draghi e Macron hanno invece fatto asse ritenendo precipitosa la mossa della Germania di sospendere per motivi cautelari AstraZeneca, seguita a cascata da tutta Europa. Le dinamiche politiche europee però, di questi tempi, evolvono velocemente, spinte anche dalla necessità pragmatica di contrastare con l’arma vaccinale l’incedere della pandemia. L’Italia sta mettendo a terra il piano studiato dal generale Figliuolo per accelerare la campagna vaccinale, in Germania la Cancelliera è sommersa di critiche e pressioni per una svolta analoga. Roma e Berlino guardano dunque con sempre maggiore interesse a un altro vaccino, il russo Sputnik, che con pragmatismo entra con crescente insistenza nei calcoli politici dei due governi.

Le aperture parallele a Sputnik. La Merkel, sottoposta alla pressione dei governatori regionali, soprattutto dell’Est, che chiedono di aumentare l’arnamentario di vaccini a disposizione, alle prese con i tempi lunghi che richiederà l’entrata a regime del maxi-polo di Marburgo per la produzione delle dosi e in una fase di acuta incertezza politica, recentemente dopo essersi confrontata con i Lander non ha escluso l’ipotesi di andare in solitaria su Sputnik, dichiarando: “La Germania utilizza tutti i vaccini autorizzati dall’Ema. Io preferirei un’ordinazione europea. Se questa non dovesse arrivare, cosa di cui non ho indicazioni, dovremmo percorrere una via tedesca, questo sarebbe possibile. E lo faremmo anche”. Parole molto simili a quelle pronunciate da Mario Draghi nella prima conferenza stampa, a seguito della presentazione del Decreto Sostegni, nella serata del 19 marzo: “Se l’Ue prosegue su Sputnik bene, sennò si procedere in un altro modo. Con pragmatismo si deve cercare il coordinamento europeo, se non si riesce a mantenerlo si possono vedere altre strade”.

Perché Sputnik conviene. Interessante eterogenesi dei fini: partendo da una posizione di distanza, Merkel e Draghi individuano in Sputnik un possibile game-changer della campagna vaccinale. Questo per un’ampia serie di ragioni. In primo luogo, la necessità di mettere a sistema la crescente capacità produttiva che l’Unione Europea e i Paesi membri vogliono mobilitare. L’Italia, in particolare, è stata già indicata dal Russian Direct Investment Fund (Rdif) che finanzia Sputnik come uno dei Paesi chiave per aumentare la produzione del siero nel prossimo futuro; Thierry Breton e Giancarlo Giorgetti hanno dialogato da tempo sul tema e anche un uomo attento a fiutare gli umori del Cremlino come il banchiere Antonio Fallico, di recente, ha aperto alla possibilità di una crescente produzione di Sputnik nella Penisola. Non basato sull’Rna messaggero come Pfizer, Sputnik è un vaccino ad adenovirus che va incontro alle capacità produttive nazionali. Per la Germania, invece, si tratterebbe di rafforzare la saldatura economica con la Russia che in questi anni si sta sostanziando in una partnership a tutto campo. In secondo luogo, per la volontà comune che, di fatto, Germania e Italia hanno di dare una scossa alle strategie europee. La Merkel ha pagato lo scotto di aver condizionato l’intera Europa in maniera fuorviante su AstraZeneca, mentre Draghi chiede un cambio di passo alla Commissione: entrambi hanno dunque l’interesse a vedere un’accelerazione nella responsabilità di una Commissione von der Leyen a lungo titubante nell’assumersi impegni strategici sul fronte dell’autorizzazione al vaccino russo. Il pungolo di una possibile via autonoma nazionale da parte di Berlino e Roma può fungere da stimolo.

Uno schiaffo agli Usa? Niente affatto. Terzo punto è la questione del rapporto con la strategia vaccinale degli Stati Uniti. Anche dopo aver doppiato in anticipo la soglia dei cento milioni di vaccinati, nota l’Huffington Post, “Washington non rinuncia al suo protezionismo sui vaccini: Biden ha detto di volerli esportare verso Messico e Canada, territori considerati di diretta influenza statunitense. Ma non in Europa”. Questo ha spinto Angela Merkel a non rinnegare l’asse economico con Vladimir Putin, anche dopo la buriana scoppiata tra Washington e Mosca negli ultimi giorni, ma ha reso meno titubante sul fronte Sputnik anche il governo Draghi. Inizialmente, il premier ha provato a smarcarsi assieme alla Farnesina e alla Regione Lombardia dall’accordo siglato dal Rdif e dalla società svizzera Adienne Pharma & Biotech, che ha uno stabilimento a Caponago in Brianza, per produrre il siero russo presso Mosca. Troppo forti le pressioni in tal senso di Washington, che ha imposto sanzioni a diversi laboratori coinvolti nella ricerca su Sputnik, ancora incerte le linee di comunicazione tra Mosca e Roma dopo la nascita del nuovo governo, in continua evoluzione le dinamiche della pandemia. Poi è subentrato un doveroso pragmatismo: il governo Draghi non è sospettabile di scarsa adesione ai principi-guida dell’atlantismo, nel Recovery Fund “tecnologico” ha imposto una forte discontinuità con il governo Conte II e di fatto ridotto le possibilità di inserimento cinesi, a suo modo rappresenta per Washington un interlocutore di maggiore affidabilità rispetto a Merkel e Macron, ma alleanza con gli Usa non vuol dire necessariamente appiattimento su ogni dossier. Il “sovranismo” vaccinale degli Usa dà, in un certo senso, libertà d’azione anche all’Italia sul fronte Sputnik, vaccino che peraltro è prodotto in Russia sfruttando la tecnologia di infilamento italiana e i macchinari del Gruppo Marchesini, azienda parmense leader della “packaging valley” emiliana. Segno di una sinergia industriale che l’Italia avrebbe tutto l’interesse a replicare sul suolo nazionale.

Orban aveva visto giusto? La questione vaccinale è fortemente “politica”, questo è chiaro da tempo, ma la politica è per definizione l’arte del compromesso. Le convergenze parallele di Draghi e Merkel li hanno portati, dopo diversi screzi, alla comune scelta di non escludere dal calcolo della campagna vaccinale il siero russo. E questa è a suo modo una decisione dal grande peso politico. Su cui è possibile pensare alla strutturazione di un dialogo a livello comunitario. E che porta, col senno di poi, a definire tutt’altro che irresponsabile la scelta di chi, come il premier ungherese Viktor Orban, si era smarcato in anticipo dalla demonizzazione più “geopolitica” che scientifica del siero russo. Perché preservare la vita dei propri cittadini deve essere, per ogni governo, la priorità assoluta in questa fase pandemica. Indipendentemente dalla bandiera dei vaccini che si sceglie di adottare.

Da “la Repubblica” il 13 marzo 2021. C' è un «primo contratto tra un' azienda italiana e un' azienda titolare di un brevetto. Continueremo a sviluppare la capacità produttiva di vaccini in Italia». A dare l' annuncio dell' avvio della fase due del piano vaccini - dopo la somministrazione, la produzione - è stato ieri il premier Mario Draghi, a valle di un lavoro che da settimane, prima l'ormai ex commissario Domenico Arcuri e ora il Ministro dello Sviluppo economico Giancarlo Giorgetti, hanno compiuto. La prima azienda a partire sarà la Patheon Thermo Fisher, multinazionale del farmaco che ieri ha firmato una lettera di intenti per la produzione di un vaccino nel nostro Paese. È una multinazionale con sedi in tutto il mondo - la principale negli Stati Uniti mentre in Europa base ad Amsterdam - e che in Italia ha due stabilimenti, a Ferentino, nel frusinate, e a Monza. In questi anni, anche grazie a contributi pubblici, hanno investito molto in ricerca e sviluppo. Al momento non vogliono rivelare che tipo di vaccino sarà prodotto: è un fatto però che l' azienda collabori negli Stati Uniti stabilmente con la Pfizer e che, nei giorni scorsi, nel tavolo organizzato al Mise era detto fosse l' azienda con il miglior knowhow per la produzione di vaccini a mRna, il principio su cui si basano Pfizer e Moderna. Patheon Thermo Fisher sarà la prima. Ma non sarà l' unica azienda italiana a produrre vaccini. Ci sono almeno quattro aziende in grado di poter partire con la produzione a fronte di investimenti di non meno di 20 milioni euro. Il problema sono i tempi: non si può partire prima di otto mesi da oggi. Sul tavolo del governo c' è per esempio la proposta dell' azienda pugliese Lachifarma che si è detta pronta a «una capacità produttiva complessiva di 250 milioni di dosi». In questi giorni alcune delle aziende italiane sono state contattate anche da emissari russi che vorrebbero produrre in Italia il vaccino Sputnik. A giugno, invece, potrebbe andare in produzione il vaccino tutto italiano di ReiThera: le sperimentazioni partiranno in questi giorni ma i dati fino a oggi disponibili sono assolutamente incoraggianti.

ESCLUSIVO. Vaccini offshore: fuga dal fisco per l’azienda dello Sputnik made in Italy. Vittorio Malagutti su L'Espresso il 12 marzo 2021. L’imprenditore Antonio Di Naro, bergamasco con domicilio svizzero, ha trasferito in Lussemburgo la quota di controllo della sua Adienne, la società che ha siglato un accordo con il fondo sovrano di Mosca. Risultato: tasse per poche migliaia di euro su 90 milioni di profitti e un’indagine dell’Agenzia delle entrate. La fabbrica in Brianza, gli uffici a Lugano e i soldi nel paradiso fiscale. Si trova in Lussemburgo e non in Svizzera, come è stato scritto nei giorni scorsi, la cassaforte finanziaria della Adienne, l’azienda che produrrà in Italia il vaccino russo contro il Covid, lo Sputnik. L’accordo con Mosca è stato siglato mesi fa e pare impossibile che 10 milioni di dosi saranno davvero disponibili entro fine anno, al contrario di quanto ha di recente annunciato il presidente della camera di commercio italo russa, Vincenzo Trani. Di certo però gli eventuali profitti dell’operazione potranno godere dello scudo garantito dal fisco del Granducato, che, come noto, ha la mano leggera sulle holding che spostano la propria sede da quelle parti. Si spiega così la scelta di Antonio Di Naro, l’imprenditore che insieme alla moglie Alessandra Berardi ha fondato e controlla la società con sede a Caponago, non lontano da Monza, finita in questi giorni sotto i riflettori per via dell’accordo siglato con il fondo sovrano russo. Sette anni fa, Di Naro ha costituito in Lussemburgo la holding Ondina a cui ha trasferito il controllo del gruppo di famiglia. Una mossa azzeccata, almeno a giudicare dai bilanci. Tra il 2015 e il 2016, Ondina ha pagato circa 6 mila euro di imposte su quasi 90 milioni di profitti. Adienne, valutata oltre 130 milioni di euro, è l’unica partecipazione di rilievo nel portafoglio della holding, a cui fanno capo anche altre piccole aziende in Italia in Svizzera. Strada facendo, però, l’imprenditore lombardo, 54 anni, una lunga carriera alle spalle da manager di imprese farmaceutiche, ha inciampato nel fisco di Roma. L’Agenzia delle entrate gli ha contestato l’elusione delle norme sulla tassazione di 25 milioni di dividendi versati da Adienne alla holding lussemburghese. La controversia si è chiusa nel 2019 con il pagamento di un milione circa tra interessi e sanzioni, oltre alle imposte dovute. Va detto che l’azienda italiana macina da anni profitti in gran quantità grazie alla Tepadina, un farmaco oncologico che però a fine 2020 è diventato generico. Di Naro ha quindi preferito vendere la licenza, puntando su nuovi prodotti e quindi adesso si trova nella situazione ideale per mettersi al lavoro per conto dei russi. Le competenze scientifiche non mancano davvero, visto che, come Di Naro ha dichiarato in un’intervista a Repubblica, Adienne «ha lavorato nel settore dei salvavita oncologici sviluppandoli dalla ricerca fino alla produzione». Anche i soldi non sono un problema. A fine 2019, a cui si riferisce l’ultimo bilancio approvato, l’azienda lombarda aveva in cassa liquidità per oltre 10 milioni. Nello stabilimento brianzolo, dove lavorano una cinquantina di dipendenti, è concentrata tutta l’attività produttiva, mentre ricerca e amministrazione sono a Lugano, in un palazzo poco distante dal centro città. Di Naro, originario di Bergamo, risulta domiciliato in Canton Ticino. La holding lussemburghese Ondina controlla la Adienne elvetica che a sua volta possiede l’omonima ditta lombarda. Tutto in famiglia: Di Naro e la moglie sono gli unici amministratori della società lombarda. In Svizzera invece siede nel board di Adienne anche la manager Silvana Minoretti, meglio conosciuta a Lugano come ex deputata del locale Gran Consiglio (il Parlamento). Minoretti è una militante della Lega dei Ticinesi, la versione svizzera del partito di Matteo Salvini, da sempre in prima linea nella propaganda contro gli immigrati italiani.

LE FAKE NEWS SUL VACCINO RUSSO. In Lombardia tutti pazzi per lo Sputnik ma chissà se, quando e per chi verrà prodotto. Il presidente Fontana esulta, la Regione prende le distanze e l’opposizione infierisce: non ci state a capire niente. Michelangelo Bonessa su Il Quotidiano del Sud l11 marzo 2021. Tutti pazzi per lo Sputnik. C’è, non c’è, lo vendono qui, lo vendono lì. La notizia dell’avvio della produzione su suolo lombardo ha fatto impazzire la stampa italiana e non solo: siamo in un periodo di carenza di dosi, tanto che il premier Draghi ha bloccato pochi giorni fa le esportazioni fuori dall’Europa, dunque l’idea che ce ne sia un altro pronto a essere sfornato a ripetizione ha scaldato gli animi. Tanto più che la Lega di Matteo Salvini spinge da settimane per comprare il vaccino russo nonostante non sia stato approvato dalle autorità sanitarie europee. Le notizie su milioni di dosi pronte a essere sfornate in Italia e per l’Italia si sono rincorse, fino alla stroncatura della stessa azienda che le ha bollate come fake news. Perché nel caos mediatico si sono pure confuse l’Agenzia italiana del farmaco e l’Agenzia europea per i medicinali, in un’infodemia su cui è scivolata anche Regione Lombardia. Appena si è saputo dell’accordo per mettere in cantiere lo Sputnik nella sede di Caponago (piccolo comune brianzolo) della Adienne Pharma&Biotech, Attilio Fontana ha esultato su Twitter, riuscendo a creare un mezzo caso diplomatico: mentre lui festeggiava, l’assessorato al Welfare diffondeva una nota in cui sottolineava di non aver alcun collegamento con gli accordi per la produzione del vaccino. Ecco dunque che l’opposizione ha avuto buon gioco nel chiedere quale fosse la posizione reale di Palazzo Pirelli: “Il presidente Fontana dovrebbe chiarire se il pensiero di chi guida la Regione Lombardia corrisponde al post di giubilo per la produzione del vaccino russo Sputnik in Lombardia o, invece, alla fredda dichiarazione con cui la stessa Regione ha preso le distanze dalla vicenda. Ormai Regione Lombardia parla a due voci, sempre più spesso contrastanti, e non si capisce da che parte voglia andare – ha dichiarato il capogruppo del Pd in Regione Fabio Pizzul -. Quanto a Sputnik sono settimane che la Lega tifa per il vaccino prodotto in Russia e sono settimane che la Regione insiste perché i vaccini vengano prodotti anche dalle nostre aziende. Pare di capire che la Regione non abbia avuto alcun ruolo nell’accordo per la produzione locale di Sputnik che non è ancora autorizzato da Ema e da Aifa. Tra l’altro, se il vaccino russo fosse prodotto qui sarebbe una beffa, perché sarebbe destinato interamente all’esportazione e non ai cittadini lombardi, a meno che non intervenga nel frattempo l’autorizzazione. Regione dovrebbe almeno chiarire se si limita a fare il tifo per la Russia di Putin e a sostenere la sua politica estera tramite il vaccino o se lavora per garantire che i cittadini lombardi siano vaccinati nel minor tempo possibile: al momento le risposte ci paiono contraddittorie”. L’equivoco ha preso dimensioni tali da indurre Letizia Moratti, vicepresidente e assessore al Welfare, a precisare la situazione: “Non c’è stato nessun coinvolgimento da parte di Regione. Sono accordi definiti a livelli diversi. Dichiarare che è una bella notizia non significa dire che la Regione è stata coinvolta. Non c’è stata nessuna differenza di prese di posizione”. Ennesimo inciampo nella comunicazione di un Fontana forse sempre più stanco. Ma il tema dello Sputnik resta aperto e in un certo senso riecheggiano le parole dell’ex presidente Barack Obama sulla “generazione dello Sputnik”. Perché si riferiva a una generazione che doveva lavorare sul riscatto. E così è anche se in questo caso i russi non sembrano nemici, ma alleati: come ha spiegato lo stesso titolare della Adienne Pharma&Biotech Antonio Francesco Di Naro è stata la Camera di Commercio Italo-Russa a metterli in contatto con il fondo sovrano russo che stava cercando un’azienda europea che potesse produrre lo Sputnik ne aveva contattate anche altre e siamo stati selezionati noi. Ma i lavori sono appena agli inizi: “Non abbiamo né tempi né dosi, quanto si dice oggi sui media è completamento falso, è un accordo di produzione per il vaccino e attualmente non posso dirle quando inizieremo a produrlo perché siamo ancora in una fase di trasferimento tecnologico – ha affermato – è la prassi: ci sono i processi di autorizzazione, di validazione, si chiede all’authority di uscire, in questo caso l’Aifa. Non produciamo caramelle quindi occorrono i tempi giusti prima di metterli in commercio. Noi aspetteremo l’Aifa, perché l’Ema serve solo se si vuole vendere all’interno dell’Europa – ha precisato – Non abbiamo avuto nessun contatto con le autorità ministeriali e non sappiamo dove saranno destinate le dosi, la produzione viene fatta perché è propedeutica a generare dei dati, poi efficacia ed efficienza vengono validate della autorità competenti”. Tra una fake news e un caso mediatico di Regione Lombardia arriva anche la notizia  che altre due aziende su suolo italiano sono pronte a produrre il vaccino russo dopo l’accordo firmato con il Fondo Russo per gli Investimenti Diretti (RDIF). Lo avrebbe confermato Antonio Fallico, presidente di Banca Intesa Russia, a un’agenzia. Tutti pazzi per lo Sputnik. 

Lorenzo Bagnoli Gianluca Paolucci per "La Stampa" l'11 marzo 2021. I fondi del Vaticano, i flussi di denaro da Mosca verso l'Italia «attenzionati» da Bankitalia, il microcredito in Russia fatto però dal Lussemburgo. Fino all'annuncio, martedì, dell'accordo per produrre in Italia il vaccino russo Sputnik. A tenere insieme storie così distanti, come hanno ricostruito La Stampa e IrpiMedia, è Vincenzo Trani, avvocato, finanziere e presidente della Camera di commercio italo-russa. Vincenzo Trani è stato tra i primi italiani a testare lo Sputnik V sulla propria pelle. Abita in Russia da oltre un decennio e ha fondato nel 2008 il gruppo Mikro Kapital, che per quanto operi principalmente in Russia ha il cuore in Lussemburgo. Tra i suoi finanziatori non mancano nomi illustri. Sei milioni di euro arrivarono ad esempio al fondo di Trani dalla Segreteria di Stato vaticana, tramite il fondo Centurion di Enrico Crasso. A chiedere di valutare l'investimento, dice oggi Crasso, è il Segretario di Stato Pietro Parolin. Per 27 anni gestore del patrimonio della Segreteria, Crasso è uno degli indagati nello scandalo del palazzo londinese di Sloane Avenue. I soldi però fanno anche il percorso inverso e dal fondo di Trani vanno in quello di Crasso: nel gennaio 2020 è proprio Mikro a investire nel fondo Centurion. Che poco c'entra con la Russia e niente con il microcredito. Nella stessa inchiesta sui fondi del Vaticano un nome chiave è quello di Gianluigi Torzi. Broker residente a Londra, Torzi è indagato anche nella vicenda che riguarda la mutua assistenza "Cesare Pozzo". Al centro dell'ipotesi di truffa, obbligazioni ad alto rischio emesse dal veicolo Csi Healthcare, parte della società lussemburghese B Securitization, per poi confluire in altri bond emessi dalla SPV Project 1513. Proprietario di B Securitization è E.ico D.ieletto, a capo di numerose società in Lussemburgo, Regno Unito, Irlanda e Svizzera. A Londra i destini di E.ico D.ieletto tra il 2014 e il 2017 sono stati strettamente legati a quelli di Vincenzo Trani. Hanno fondato insieme General Invest Ltd, di cui inizialmente Trani e D.ieletto erano entrambi soci e azionisti. I due finanzieri hanno poi preso la propria strada, ma il rapporto d'affare sembra continuare anche oggi. Sul sito di Aleph Group sono numerose le pubblicazioni che promuovono le attività di Mikro Kapital e una fonte sentita da La Stampa sostiene di aver ricevuto l'offerta di un investimento nel fondo lussemburghese da D.ieletto. Trani, interpellato, dice di non avere più alcun rapporto con D.ieletto. Per comprendere l'origine dei successi di Vincenzo Trani e Mikrocapital bisogna riavvolgere il nastro al 2016. È allora che il finanziere si affaccia sui tavoli che contano. Il teatro è quello dello Spief di San Pietroburgo, l'annuale forum del gotha politico-economico russo. L'evento più atteso è il bilaterale tra l'allora premier Matteo Renzi e Vladimir Putin. L'organizzazione è affidata come sempre a Conoscere Eurasia, l'associazione guidata da Antonio Fallico. Mikro Kapital compare tra i main sponsor dell'evento, insieme a nomi del calibro di Banca Intesa, Leonardo, Pirelli. Da allora non ha più smesso. A giugno 2016 un pagamento all'associazione Conoscere Eurasia del valore di 125 mila euro è finito sotto i radar dell'Unità d'informazione finanziaria di Bankitalia come possibile attività sospetta. Il valore della transazione è compatibile con quanto era richiesto per diventare uno degli sponsor principali.

Giuliano Foschini, Fabio Tonacci e Rosalba Castelletti per "la Repubblica" l'11 marzo 2021. «Sì, i russi hanno contattato la mia azienda e mi hanno chiesto di produrre lo Sputnik V». Chi parla è un industriale che lavora nel campo della biomedicina. Nel suo laboratorio, di medie dimensioni, sono installati macchinari necessari per realizzare vaccini basati su adenovirus. Come quello russo e come quello di AstraZeneca. L' industriale, con cui Repubblica ha interloquito a condizione di non pubblicarne il nome, figura nella lista dei possibili interessati all' appello del ministro Giorgetti, che punta entro il 2021 a sviluppare una filiera autoctona con l' investimento pubblico di 200 milioni di euro. «Per un' azienda che ha già il know-how, servono in media 20-30 milioni per la conversione degli impianti. Gli emissari dei russi mettono sul tavolo risorse quattro volte superiori ». La nuova corsa alla Luna Siamo ancora alla corsa alla Luna. Che nel 2021 non è più un satellite bucherellato dove poggiare il piede per primi, ma il predominio del mercato mondiale dei vaccini anti-Covid. I contendenti sono aumentati, la logica è rimasta la stessa. Da una parte il blocco occidentale, con le multinazionali statunitensi Pfizer, Moderna e Johnson&Johnson a fare da apripista con la sponda della Commissione europea. Dall' altra parte, cinesi e russi.  Entrambi hanno sviluppato un vaccino "di Stato". I russi hanno battezzato il proprio - e non a caso - Sputnik V, come il primo satellite artificiale spedito in orbita. Lo stanno vendendo a mezzo mondo, soprattutto nel continente africano. Per promuoverlo utilizzano ogni mezzo. Per produrlo, dato che in Russia non hanno siti con capacità sufficiente a soddisfare la domanda globale, fanno scouting tra aziende estere. Presentandosi con valigette piene di depliant, progetti di technology transfer (trasferimento di tecnologia indispensabile per la fabbricazione) e contratti preliminari ( Memorandum of Understanding) in cui chiedono l' impossibile e sono disposti a pagarlo bene. «C' è un problema: vorrebbero che iniziassimo in tre-quattro mesi», spiega l' industriale. «Nessuno ad oggi è pronto a farlo. Se ne riparla alla fine dell' anno. Io sono a disposizione del mio Paese. L' Italia deve essere in grado di produrre vaccini. Quali, poi, si vedrà. Sarà il mercato a stabilirlo».

Il passo troppo lungo. L' attivismo degli emissari di Mosca è spiegabile con due obiettivi del Cremlino. Il primo è di pura propaganda: dimostrare insieme la qualità dello Sputnik e l' efficienza della macchina industriale russa. Il secondo è ingaggiare laboratori che producano le dosi che non riescono a realizzare in patria. La Russia è stata il primo Paese al mondo a lanciare, lo scorso dicembre, la vaccinazione di massa contro il Covid-19. Al 9 marzo, secondo il sito Gogov.ru, oltre cinque milioni di persone (il 3,5 per cento della popolazione) hanno ricevuto almeno una delle due dosi previste. Cifre gonfiate, secondo alcune inchieste indipendenti, perché non corrispondono alle statistiche diffuse dalle singoli regioni. L' ultimo sondaggio di Levada Tsentr mostra che il 58% dei russi sospetti del vaccino nato nel centro biotech Gamaleja. Una percentuale che, dice a Repubblica il direttore della ricerca dell' istituto Aleksej Levinson, è correlata con l' eccesso di propaganda: «La gente capisce che il Cremlino sta usando il vaccino per scopi politici».

La grande corsa. All' estero la diffidenza iniziale ha cominciato a diradarsi dopo che lo scorso 2 febbraio uno studio su Lancet ne ha certificato l' efficacia al 91,6%. Oggi più di 50 Paesi hanno ordinato lo Sputnik, 49 lo hanno autorizzato e 15 aziende in 11 Stati - tra cui India, Corea del Sud, Brasile e Kazakhstan - hanno siglato accordi col Fondo russo per gli investimenti diretti (Rfid). Sputnik si sta facendo strada non solo tra gli alleati post-sovietici, sudamericani e africani, ma anche tra nazioni tradizionalmente vicine agli Stati Uniti e persino nell' Unione. La scorsa settimana l' Agenzia europea per i medicinali (Ema) ha avviato il cosiddetto processo di "rolling review" che la cancelliera Angela Merkel, nonostante le frizioni con Mosca per il caso Navalnyj, si è offerta di accelerare. Ungheria e Slovacchia hanno autorizzato in autonomia il vaccino russo, Lussemburgo e Repubblica Ceca si apprestano a farlo. Per soddisfare la domanda, l' Rfid ha firmato un accordo con l' azienda biofarmaceutica svizzera Adienne Pharma&Biotech, che ha il laboratorio a Monza, e ha contattato i tedeschi della Idt Biologika. La ricerca è frenetica: nelle ultime ore il Fondo sovrano ha puntato in Emilia una società vicina al fallimento in possesso di un bioreattore.

La disinformatia. Per aumentare il "soft power" dello Sputnik V il Cremlino ricorre - secondo l' intelligence occidentale - alla disinformazione. Il Global Engagement Center del Dipartimento di Stato americano ha identificato quattro pubblicazioni pseudo-scientifiche che sollevano dubbi sul vaccino Pfizer. «I siti che le hanno messe online sono collegati ai servizi segreti russi e fanno parte dell' ecosistema della loro disinformazione», ha detto al Wall Street Journal un delegato del Global Engagement Center. Mosca ha replicato attraverso il portavoce del Cremlino, Dmitrj Peskov. «Non c' entriamo niente. Se dovessimo trattare ogni pubblicazione negativa sul nostro Sputnik come un' operazione dei servizi americani impazziremmo, perché ne escono ogni giorno, a ogni ora, sui media anglosassoni ».

“La Russia preferisce venderlo all’estero…”. Ma la verità sullo Sputnik è un’altra. Federico Giuliani su Inside Over il 12 marzo 2021. C’è una certa eccitazione sulla pista di atterraggio dell’Aeroporto internazionale di Città del Messico. È appena atterrato un volo cargo con il secondo lotto del vaccino russo Sputnik V. Uomini in pettorina verde stanno scaricando il materiale, formato da 200 mila dosi che si aggiungono alle precedenti 200 mila già ricevute da Mosca. “La nostra gratitudine alla Federazione Russa e al presidente Vladimir Putin per il suo sostegno”, ha affermato il ministro degli Esteri messicano, Marcelo Ebrad, precisando, su Twitter, che i nuovi arrivi serviranno per somministrare le seconde dosi di vaccinazioni già avviate. Il Messico è soltanto uno dei tanti Paesi ad aver autorizzato il vaccino sviluppato dall’Istituto Gamaleya. Contratto da 24 milioni di fiale complessive che, da qui ai prossimi mesi, dovranno contribuire a dar vigore alla campagna vaccinale messicana. L’ultima nazione, nell’ordine di tempo, ad aver concesso il via libera allo Sputnik è la Giordania. In tutto, leggendo i “record” segnalati dal Fondo russo di investimenti diretti (Rdif), il vaccino di Mosca è stato approvato in 49 Paesi con una popolazione totale di oltre 1.3 miliardi di persone. E la lista, mentre starete leggendo questo articolo, potrebbe nel frattempo essersi ulteriormente allungata.

Gli ultimi dubbi degli esperti. A novembre, nonostante gli scienziati russi avessero diffuso i risultati delle prime analisi effettuate sullo Sputnik, dimostrando un’efficacia del siero pari al 92%, lo Sputnik fu travolto dalle polemiche. L’accusa più ripetuta da parte della comunità occidentale era una: la Russia sta bluffando. Secondo questa lettura, Mosca non avrebbe rispettato alcun requisito di sicurezza, pensando soltanto a espandere il proprio soft power nel mondo, e per di più danneggiando l’immagine dei vaccini occidentali. La situazione è cambiata a febbraio, quando i dati forniti dai russi sono stati confermati dalla prestigiosa rivista The Lancet. A quel punto, gli ordini per ottenere lo Sputnik hanno preso il volo. Il vaccino russo ha quindi trovato terreno fertile pure in Europa, anche se l’Ema, l’Agenzia europea del farmaco, ha annunciato l’avvio dell’iter per la sua revisione soltanto il 4 marzo, in mezzo a mille polemiche. Eppure, nonostante in Europa non ci siano vaccini a sufficienza per tutti, nel Vecchio Continente c’è chi continua a fare lo schizzinoso in merito a quali sieri autorizzare e quali respingere. Ovviamente, poiché è sviluppato da Mosca – e qui potremmo parlare della russofobia latente e ben radicata in certi ambienti – lo Sputnik deve essere guardato con estremo sospetto. Tra gli ultimi interventi sul tema, dobbiamo segnalare le dichiarazioni di Andrea Crisanti, direttore del dipartimento di Microbiologia dell’Università di Padova. “Sputnik usa una tecnologia molto simile a quella di AstraZeneca, con tutti i vantaggi e i problemi dei vaccini di questo tipo, che hanno una vivibilità bassissima, nel senso che non sono in grado di inseguire le varianti. quindi non vedo il perché di tutta questa eccitazione”, ha spiegato Crisanti a Sky Tg 24. L’esperto, sempre riferendosi allo Sputnik, ha quindi aggiunto: “Bisognerebbe chiedere alla Russia perché lo vende anziché immunizzare i propri cittadini. Il problema di questo vaccino è che ci deve essere qualcuno che prende tutti i dati e li presenta all’Ema che li verifica. È molto semplice, un farmaco viene approvato quando c’è qualcuno che chiede che venga approvato”.

Una lettura diversa. Tralasciando gli aspetti tecnici, è interessante soffermarci sul piano vaccinale della Russia. Veramente, come dice Crisanti, il governo russo preferisce vendere lo Sputnik all’estero anziché vaccinare i propri cittadini? Dobbiamo fare due considerazioni. La prima è che la Russia non ha problemi di carenza vaccinale, e che la situazione epidemiologica – stando agli ultimi dati – a Mosca non sembrerebbe essere grave quanto quella registrata nella maggior parte dei Paesi europei. Dai 28 mila contagi giornalieri rilevati alla metà di dicembre, la Russia è passata oggi a fare i conti con poco meno di 10 mila nuovi casi quotidiani. Le cifre inerenti alle vaccinazioni mostrano una lenta ripresa delle inoculazioni, con una media di 4.59 dosi somministrate ogni 100 persone; un valore distante da quello del Regno Unito (35.02) o di Israele (103.70), ma con situazioni e contesti diversi da considerare. Non è inoltre vero che il governo russo preferisce vendere all’estero lo Sputnik, visto che le autorità hanno, ad esempio, allestito cliniche un po’ ovunque per agevolare la campagna di vaccinazione nazionale. A Mosca c’è una struttura ad hoc incastonata nel lussuoso centro commerciale GUM, dove i cittadini possono passare una giornata tra le esclusive boutique prima di salire al piano superiore e farsi iniettare lo Sputnik. Ma ne troviamo un’altra anche nel bel mezzo del ristorante Depo Moscow e perfino una nell’Helikon, un importante teatro dell’opera. Dunque, se la Russia dà l’impressione di concentrarsi più all’estero che non in patria, è perché in Europa c’è una prateria lasciata incolta dalle case farmaceutiche occidentali. Last but not least, va bene essere diffidenti nei confronti del vaccino russo. Ma che dire dei quasi 50 enti regolatori di altrettanti Paesi che hanno autorizzato, in varie forme, il siero sviluppato dall’Istituto Gamaleya? Difficile pensare che siano tutti formati da incompetenti o pazzi scriteriati.

Da ansa.it il 12 marzo 2021. La Russia non vuole imporre lo Sputnik V a nessuno, non c'è alcuna "operazione diplomatico-propagandistica" in corso, semmai la volontà di condividere un vaccino ritenuto efficace perché qui si tratta "della vita e della salute dei cittadini" e "la lotta alla pandemia richiede convergenza e unione delle forze". L'ambasciatore della Federazione russa Sergey Razov, in un'intervista esclusiva all'ANSA, interviene dopo le polemiche seguite all'annuncio della prossima produzione dello Sputnik in Lombardia da parte dell'azienda italo-svizzera Adienne Pharma&Biotech. Dicendosi "sconcertato" dalle strumentalizzazioni e assicurando come per il momento non via sia alcun ruolo attivo della sua ambasciata nella promozione di accordi strettamente "commerciali".

ANSA - Ambasciatore, l'intesa con Adienne per la produzione dello Sputnik in Lombardia è un accordo fra privati. Ma noi sappiamo che ci sono altre trattative per portare la produzione in Italia. Voi ne siete parte, vi è una regia dell'ambasciata? E c'è stato, o c'è, un ruolo di mediazione del governo italiano o di alcune forze politiche?

RAZOV - "L'intesa da lei menzionata tra la società svizzera Adienne Pharma&Biotech, i cui impianti di produzione sono situati sul territorio della regione italiana della Lombardia, e il Russian Direct Investment Fund - un fondo sovrano di investimento della Federazione Russa - è il risultato di negoziati diretti. Secondo i dati del RDIF, la produzione del vaccino Sputnik V in detta azienda farmaceutica potrebbe essere avviata tra alcuni mesi. Per quanto riguarda il ruolo dell'ambasciata, posso dire che noi, nei limiti delle nostre competenze, prestiamo il massimo sostegno allo sviluppo della collaborazione italo-russa nella battaglia contro l'infezione da coronavirus, ma non siamo coinvolti, in nessuna forma, in trattative commerciali".

ANSA - L'accordo annunciato in Italia ha però creato polemiche in Europa. A suo avviso si sta politicizzando la campagna vaccinale? E chi lo sta facendo?

RAZOV - "Ritengo controproducente farsi guidare da qualsiasi considerazione geopolitica quando si tratta della vita e della salute dei cittadini. La lotta alla pandemia richiede convergenza e unione delle forze. I vertici della Russia hanno ripetutamente dichiarato la propria disponibilità a qualsiasi forma di cooperazione con i partner europei nella lotta alla pandemia e nella campagna vaccinale. Ne approfitto per chiarire definitivamente un punto: non abbiamo alcuna intenzione di imporre a chicchessia i nostri prodotti. A questo proposito, francamente, suscitano vero sconcerto le interpretazioni comparse su alcuni media italiani a proposito di una sorta di offensiva diplomatico-propagandistica per introdurre il vaccino russo e addirittura di una "colonizzazione vaccinale" dell'Europa da parte della Russia. Il coltivare delle fobie, inclusa la russofobia, è una cosa poco producente. Ancora una volta responsabilmente dichiaro che noi non imponiamo nulla a nessuno. L'Ambasciata riceve, da parte di regioni, aziende private, organizzazioni e persone fisiche, numerose richieste di acquisto e molte proposte di produzione del vaccino russo per l'Italia. La nostra posizione è oltremodo trasparente: la Russia è aperta a tutte le forme reciprocamente accettabili di collaborazione, tuttavia le relative richieste devono essere presentate tramite i canali governativi ufficiali. RDIF, com'è noto, ha presentato, nel rispetto delle modalità previste, la richiesta di certificazione di Sputnik V all'Agenzia Europea per il farmaco. L'Ema ha annunciato l'inizio della relativa revisione clinica (rolling review) del dossier di registrazione del vaccino russo. Auspichiamo un veloce (scevro da politicizzazione ed eccessiva burocrazia) completamento di tale procedimento. Nove stati europei, tra i quali anche alcuni membri della Ue, hanno approvato individualmente l'utilizzo di Sputnik V senza aspettare il completamento della registrazione del farmaco russo presso Ema. Nel complesso, il vaccino russo è stato approvato da 49 paesi con una popolazione globale superiore a 1,3 miliardi di persone".

ANSA - Bruxelles sostiene che la Russia non ha neanche la capacità di produrre dosi sufficienti di Sputnik per la propria popolazione, figurarsi per quella europea. Mosca ha invece parlato della possibilità di inviare 50 milioni di dosi all'Europa da giugno. È realistico? E se sì da dove verrebbero queste dosi?

RAZOV - "In Russia lo Sputnik V è prodotto in sei fabbriche farmaceutiche. La domanda interna del farmaco è soddisfatta completamente. Si sta organizzando la produzione in 10 siti internazionali, tra cui Bielorussia, India, Cina, Brasile e Corea del Sud. E dunque, mi pare, le previsioni cui Lei accennava sono assolutamente realistiche".

ANSA - Oltre a Italia, Spagna, Germania e Francia, ci sono altri Paesi europei candidati alla produzione del vaccino russo?

RAZOV - "In Europa, oltre agli Stati da lei citati, si sta valutando la questione di organizzare la produzione del vaccino in Austria".

ANSA - Come ritiene si stia muovendo in Europa il governo Draghi? E, secondo Lei, può giocare un ruolo di distensione tra Mosca e Bruxelles, al momento molto tesi?

RAZOV - "Naturalmente non sta a me esprimere giudizi sulla politica o sull'azione del governo italiano. In merito alla politica di Bruxelles nei confronti della Russia dobbiamo con dispiacere constatarne il carattere estremamente contraddittorio, dovuto in larga misura all'applicazione del principio dell'unanimità nella soluzione delle questioni più importanti delle relazioni con il nostro Paese. In pratica, la politica generale concordata della Ue non di rado è ostaggio di un noto e piccolo gruppo di Paesi dell'Unione Europea. Per quanto riguarda l'Italia, alla quale ci legano tradizionali rapporti di amicizia, constatiamo che le principali forze politiche sono concordi nel ritenere importanti la normalizzazione e il miglioramento delle relazioni tra la Russia e l'Unione Europea. In questo contesto noi, naturalmente, abbiamo prestato attenzione alle parole pronunciate dal Primo Ministro Draghi durante il suo intervento programmatico al Senato, in merito all'importanza di rafforzare i meccanismi del dialogo con il nostro Paese".

Tra burocrazia e diffidenza: è “giallo” sull’approvazione dello Sputnik in Europa. Federico Giuliani su Inside Over il 3 marzo 2021. Sputnik sì, Sputnik no. Il processo che dovrebbe portare all’approvazione del vaccino russo da parte dell’Ema, l’Agenzia europea del farmaco, ha finalmente mosso i primi passi. Nel caso in cui dovesse arrivare la fumata bianca, di fatto, si potrebbero spalancare le porte dell’Europa per il siero sviluppato dall’Istituto Gamaleya di Mosca. Che, ricordiamolo, al momento è utilizzato da 39 Paesi sparsi in tutto il mondo, anche in Europa. L’ultimo governo europeo ad aggiungersi alla lista, infatti, è stato quello slovacco, preceduto da San Marino, Serbia e Ungheria. Secondo quanto riportato dal Corsera, la questione Sputnik è caldissima e, proprio in questi giorni, sta rimbalzando tra l’Ema e il Fondo russo (Rdif) incaricato di gestire la commercializzazione dell’antidoto anti Covid. Nel frattempo, mentre aumentano le pressioni indirette sull’Unione europea, con diversi Paesi membri che hanno mostrato palesi segnali di insofferenza nei confronti del goffo piano vaccinale allestito dai burocrati di Bruxelles, ecco emergere un giallo in merito all’approvazione dello Sputnik. È l’Europa che non vuole adottare il vaccino russo, oppure è Mosca a non essersi mostrata disponibile? Riordinare tutti i tasselli del mosaico è un’impresa complessa. In ogni caso, pare che Mosca abbia inviato la documentazione necessaria ad Amestrdam, all’indirizzo dell’Agenzia europea del farmaco, ma dall’Ema negano di aver mai ricevuto qualcosa.

Un ritardo evitabile. Il fondo russo avrebbe scritto alla stessa Ema lo scorso 25 gennaio, e pochi giorni dopo, il 29 gennaio, avrebbe caricato online la domanda di registrazione del siero. Alcune fonti sostengono che il Rdif abbia sbagliato indirizzo e che abbia caricato il materiale sul Cesp, ovvero il portale del Comitato dei capi delle agenzie mediche dei vari Paesi (il Common European Submission Portal), che non agisce in nome dell’Ema. L’Agenzia europea del farmaco, il 10 febbraio, ha diffuso una nota sul proprio sito in cui sottolineava di non aver ricevuto domande da Mosca. I russi hanno smentito il comunicato, pubblicando a loro volta una copia della documentazione. Passano i giorni, e arriviamo al 15 febbraio: il 15, l’Ema avrebbe inviato una lettera a Mosca, spiegando che erano stati nominati tre esperti per valutare lo Sputnik. Il punto è che, anziché procedere spediti lungo questa direttiva, la pratica si è arenata in una sorta di battaglia tra burocrazie. Mosca ha sostenuto per giorni di aver presentato la richiesta all’Agenzia europea, la quale ha negato. Morale della favola: almeno 20 giorni di ritardo nella procedura accumulati per equivoci, mancate risposte e incomprensioni burocratiche. Adesso il processo dovrebbe essersi messo in moto, anche se – nonostante la necessità di dosi – continuano a esserci i soliti nodi da sciogliere, tra cui – sostengono altre fonti – i dubbi sugli stessi vaccini russi e la necessità da parte delle autorità europee di accedere ai dati grezzi del siero e ai siti produttivi. In ogni caso, l’Europa ha fame di vaccini e la Russia non vede l’ora di farsi avanti per fornire il “suo” Sputnik.

La “vittoria morale” di Mosca. Ricapitolando: l’Rdif, a dicembre, chiede all’Ema la cosiddetta scientific review, il primo passo – come ha sottolineato l’Ansa – per accedere alla procedura di registrazione finale. A febbraio il fondo annuncia la conclusione della review, e i media russi pubblicano la notizia che tanti stavano aspettando: è iniziato l’iter di approvazione dello Sputnik in Europa. A quel punto, l’Ema entra in campo smentendo l’Rdif, che a sua volta pubblica su Twitter lo screenshot dell’avvenuta richiesta. Lancet, intanto, pubblica uno studio in cui evidenzia che il siero di Mosca è efficace al 91,6% ed è sicuro. Da quel momento in poi, la campagna di commercializzazione dello Sputnik V spicca il volo, al netto delle diffidenze dell’Ue. Adesso resta soltanto da capire se Bruxelles avrà davvero intenzione di lasciar da parte le frizioni politiche con la Russia per garantire la salute dei cittadini europei.

Marco Antonellis per tpi.it il 10 marzo 2021.Lo Sputnik V “made in Putin” entra a tutti tondo nel dibattito italiano (ed europeo) sui vaccini. L’azienda farmaceutica italo-svizzera Adienne Pharma&Biotech ha firmato un accordo con il Russian Direct Investment Fund (RDIF), che tratta la distribuzione dello Sputnik all’estero, per produrre il vaccino russo in Italia, presso gli stabilimenti di Caponago, a Monza. Si tratta di una prima assoluta per il vecchio continente; in poche parole l’Italia sarà per la Russia la porta d’ingresso nella vecchia Europa, per la gioia del partito leghista che da settimane tifava per il vaccino russo. Ma se a Bruxelles non hanno preso per niente preso bene la “svolta” italiana a favore del vaccino di Putin, perplessità non sarebbero mancate nemmeno da parte del grande alleato d’oltreoceano. Riservatamente ma fermamente nelle scorse ore sull’asse Washington-Roma sarebbero già stare espresse perplessità in merito all’operazione “proprio ora che gli Stati Uniti stanno partendo con una grande controffensiva nei confronti dell’ex Unione sovietica” spiegano ambienti molto bene informati. Il punto è che l’amministrazione Biden starebbe approntando una vera e propria rappresaglia contro la Russia per le attività di cyber-attacchi contro agenzie e società governative americane venute alla luce negli ultimi mesi. Azioni che potrebbero essere accompagnate anche da sanzioni economiche. Insomma, proprio mentre la Casa Bianca sta per partire al contrattacco con un’azione in grande stile nei confronti della Russia, l’Italia apre le porte allo Sputnik. E qui viene il bello perché la Casa Bianca sta monitorando con grande attenzione il tentativo della Russia di diffondere disinformazione sui vaccini anti-Covid Moderna e Pfizer. Gli Stati Uniti hanno già identificato tre pubblicazioni online dirette dai servizi di intelligence russi che “diffondono molti tipi di disinformazione, incluso sui vaccini Pfizer e Moderna, nonché organizzazioni internazionali, conflitti militari, proteste e qualsiasi questione divisiva che possono sfruttare”, ha detto recentemente la portavoce di Biden, Jen Psaki. Aggiungendo che “combatteremo con ogni strumento che abbiamo”. E proprio per evitare imbarazzanti “incidenti diplomatici”, da palazzo Chigi si sono affrettati a prendere le distanze dall’operazione e a far sapere che si tratta solamente di un’iniziativa privata. Con buona pace delle dichiarazioni di giubilo dei leghisti.

Giuliano Foschini e Fabio Tonacci per repubblica.it il 10 marzo 2021. Con un’accelerazione che riesce a spiazzare contemporaneamente Regione Lombardia, Palazzo Chigi e Commissione Europea, facendo esultare la Lega sovranista e Forza Italia, la Camera di Commercio Italo-Russa (ente milanese privato) annuncia che l’Italia sarà il primo Paese europeo a produrre le dosi dello Sputnik V. “Sarà coinvolto lo stabilimento della Adienne Srl a Caponago, a Monza, a partire da luglio - spiega Vincenzo Trani, presidente della Camera di Commercio Italo-Russa -  È stato firmato un accordo tra l’amministratore delegato Kirill Dmitriev del Russian Direct Investment Fund (Fondo governativo del Cremlino, ndr) e l’azienda italiana. Produrranno 10 milioni di dosi entro l’anno”. L’intesa maturata sull’asse Milano-Mosca, tanto caro a una certa ala del partito di Salvini, e a Salvini stesso, sembra però destinata a generare più polemiche che altro. Andiamo con ordine.

L’esultanza di Lega e di Forza Italia. Le prime reazioni di alcuni esponenti della Lega sono entusiastiche. “E’ un bellissimo segnale e motivo di orgoglio per la Brianza”, si affretta a dire l’onorevole Massimiliano Capitanio. E un leghista della prima ora come il senatore Roberto Calderoli aggiunge: “I 200 milioni liberati ieri dal ministro Giorgetti per la produzione nazionale di vaccini, l’accordo per produrre Sputnik in Italia, la pressione politica sulla Commissione Ue e sull’Ema (Agenzia europea del farmaco, ndr) per lo sblocco degli antidoti di Johnson & Johnson e Sputnik segnano un cambio di passo”. Anche Forza Italia, attraverso il coordinatore nazionale Antonio Tajani, rivendica a sé un ruolo: “Siamo stati i primi a chiedere all’Ema di autorizzare lo Sputnik, utilizziamo ogni strumento possibile per sconfiggere il Covid-19”. E però, su tutta la partita, si allunga l’ombra della propaganda del governo di Mosca.

La Farnesina non sapeva e Bruxelles prende le distanze. Intanto perché, a differenza di quanto sostengono alla Camera di Commercio Italo-Russa, non risulta che sull’“operazione Sputnik” sia stata fornita alcuna esplicita approvazione da parte dell’ambasciata italiana a Mosca, che si è limitata a mettere in contatto gli italiani con il fondo russo per possibili investimenti, ma non in ambito vaccini. E la Commissione Ue, attraverso uno dei portavoce, fa sapere che “attualmente non sono in corso colloqui per integrare lo Sputnik V nella strategia Ue sui vaccini”. Se uno Stato membro intende procedere d’iniziativa, lo farà sotto la propria responsabilità.

Trani, l’uomo di Mosca in Italia. Il presidente Vincenzo Trani è uomo assai conosciuto dal Cremlino. È in contatto con Antonio Fallico, presidente di Banca Intesa Russia. Il quale ha appena annunciato che ci sono altre due aziende italiane interessate alla produzione del vaccino russo sono due: “Molto note nel settore - spiega Fallico - sono nella fase finale delle trattative con il Fondo russo”. Il nome di Trani spunta anche nelle carte dell’indagine vaticana su monsignor Becciu e i fondi della Santa Sede attraverso la Mikro Kapital, di cui è fondatore. “Una volta mi arrivò l’indicazione di investire 30 milioni in Mikro Kapital, che fa prestiti a piccole imprese”, ha raccontato in un’intervista Enrico Crasso, che per 27 anni è stato gestore del patrimonio riservato della Segreteria di Stato. Trani, che ha sempre difeso l’operato dell’ex ministro Salvini all’epoca dello scandalo del Metropol e di Savoini, era anche presente alla cena a Villa Madama organizzata nel luglio del 2019 in onore della visita in Italia del presidente Vladimir Putin.

Sputnik non è autorizzato. Il farmaco russo non è approvato dall’Agenzia europea del farmaco, che giusto in queste ore ne comincia la cosiddetta “rolling review”, la procedura di analisi prodromica alla valutazione finale. Dunque, se anche dallo stabilimento di Caponago (che fa parte della società biofarmaceutica Adienne Pharma & Biotech, con sede a Lugano) uscissero all’improvviso milioni di fiale, non sarebbero utilizzabili e somministrabili in Europa. Non solo. Le autorità sanitarie russe dovrebbero aprire i laboratori agli ispettori ema, permettendo loro di verificare tutte le fasi della produzione, e rendere disponibili i dati dei trial clinici per fasce e per tipo di popolazione sottoposta al campione.

L’irritazione di Palazzo Chigi. Ora, il punto è che l’accelerazione salutata con giubilo dalla Lega non è stata minimamente concordata né con la Regione Lombardia (“non ne sapevamo niente, siamo estranei all’accordo”) né soprattutto con Palazzo Chigi. La strategia Draghi, per come è stata declinata sinora dal ministro Giorgetti, punta a sostenere aziende italiane dotate di bioreattori in grado di produrre i vaccini già autorizzati: Pfizer-BionTech, AstraZeneca e Moderna. Non sono tante quelle che, nel Paese, hanno le strumentazioni necessarie, dunque si capisce l’irritazione del governo di fronte alla “colonizzazione” da parte del fondo russo di una delle aziende candidate. “Adienne - confermano dalla Camera di Commercio Italo-Russa - ha il bioreattore per produrre i vaccini basati su adenovirus”. Come quello di AstraZeneca, per intenderci, a cui l’Italia si affida per la campagna vaccinale di massa.

Le manovre russe. È evidente, però, che la partita che si sta giocando attorno al vaccino non è, soltanto, di natura sanitaria. Dietro ci sono manovre di politica estera perchè oggi quelle fiale pesano molto più di qualsiasi tipo di armi. Lo sa anche la nostra intelligence che da mesi sta seguendo le manovre attorno a Sputnik. Non è un caso che Mosca abbia scelto San Marino per dimostrare all’Europa la bontà del suo vaccino. E non è un caso che a muoversi in Italia siano stati direttamente Dmitriev, il capo del fondo sovrano russo, e Vincenzo Trani che in Italia è considerato il riferimento diretto di Putin. Dmitriev, prima di arrivare alla Adienne di Monza, aveva contattato altre aziende offrendo lo stesso pacchetto.

Dove verrà prodotto il vaccino di Putin in Italia. Paolo Mauri su Inside Over il 10 marzo 2021. Il vaccino russo anti Covid-19 denominato “Sputnik V” (V per vaccino), sarà prodotto in Italia nello stabilimento dell’azienda farmaceutica italo-svizzera Adienne Pharma&Biotech situato a Caponago, in provincia di Monza e Brianza. A renderlo noto è stato un comunicato della Camera di Commercio Italo-Russa nella giornata di martedì 9 marzo. Apprendiamo così che le trattative per delocalizzare parte della produzione del ritrovato russo sono cominciate mesi fa, almeno a ottobre 2020, col supporto dell’ambasciata italiana a Mosca. Secondo quanto riportato dall’ente, “l’amministratore delegato Kirill Dmitriev del Russian Direct Investment Fund (Rdif) ha confermato di aver raggiunto un accordo con l’azienda Adienne Pharma&Biotech per la produzione dello Sputnik V in Italia, siglando il primo contratto europeo per la produzione locale del vaccino. La partnership permetterà di avviare la produzione già dal mese di luglio 2021, il processo produttivo innovativo aiuterà a creare nuovi posti di lavoro e permetterà all’Italia di controllare l’intero processo di produzione del preparato. Questo consentirà la produzione di 10 milioni di dosi entro la fine dell’anno”. Si tratta della prima produzione del vaccino russo in Europa, sebbene alcuni Paesi, come l’Ungheria, la Slovacchia e (a breve) la Repubblica Ceca ne abbiano già approvato l’utilizzo. Lo Sputnik V, infatti, è in corso di valutazione da parte dell’Ema, l’ente europeo che presiede alla valutazione e certificazione dei farmaci per la loro distribuzione, ed è stato recentemente al centro di un (ulteriore) caso diplomatico quando Christa Wirthumer-Hoche, presidente del consiglio di amministrazione dell’agenzia, ha detto che il vaccino è “qualcosa di comparabile alla roulette russa”. Le reazioni di Mosca sono state immediate, affidante anche ai social. Sul profilo Twitter creato appositamente per diffondere notizie e pubblicizzare il ritrovato medico, la Russia fa sapere che “pretendiamo scuse pubbliche da Christa Wirthumer-Hoche dell’Ema per i suoi commenti negativi sugli stati dell’Ue che approvano direttamente Sputnik V. I suoi commenti sollevano seri interrogativi sulla possibile interferenza politica nella revisione dell’Ema in corso. Sputnik V è approvato da 46 nazioni”. Lo Sputnik V, infatti, è in corso di valutazione da parte dell’Ue, attraverso l’Ema, ed in questa fase, fanno sapere dalla Commissione Europea, “sono in corso colloqui per integrare il vaccino Sputnik nella strategia vaccinale dell’Ue. Siamo fiduciosi che le nostre forniture consentiranno all’Ue di raggiungere l’obiettivo di vaccinare il 70% della popolazione europea entro l’estate”. Sul ritrovato russo, tra i primi ad essere stato messo in circolazione, si sollevano voci dissonanti. Lo scorso febbraio, come riporta Scienze Fanpage, il team “Sperimentazioni Vaccini” dell’Istituto Nazionale per le Malattie Infettive (Inmi) Lazzaro Spallanzani di Roma, che ha condotto un’accurata revisione dei dati sperimentali disponibili, forniva risultati confortanti in merito all’efficacia e alla sicurezza di Sputnik V. L’approfondita indagine svolta dai ricercatori italiani ne ha dunque certificato la bontà, ed è stata inviata una relazione positiva al ministro della Salute Roberto Speranza, che così si trova nella condizione di poter fornire dati all’Unione Europea – e in particolar modo all’Ema – affinché venga dato un via libera rapido per la distribuzione del vaccino. Lo Sputnik V è stato messo a punto già ad agosto scorso, quando la Russia aveva dato il via alla sua sperimentazione: il Gam-Covid-VacLyo, patrocinato dal Gamaleya Research Institute, è poi stato rapidamente approvato ed è cominciata la campagna vaccinale.

Sul vaccino russo si è sollevata quasi subito una cortina fumogena di propaganda e disinformazione per cercare di minarne la reputazione. In base a un recente studio scientifico effettuato sul farmaco pubblicato sull’autorevole rivista scientifica The Lancet, però, è stato dimostrato che lo Sputnik V ha un’efficacia del 91,6%. Se si considera che all’inizio della pandemia, quando ancora non esisteva un vaccino approvato, l’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms) avrebbe ritenuto accettabile una preparazione con un’efficacia minima del 50%, solo questo dato è sufficiente a sottolineare la validissima protezione offerta da Sputnik V. Essa è leggermente inferiore a quella dei due vaccini di Pfizer-Biontech e Moderna, rispettivamente del 95% e del 94%, ma sensibilmente superiore alla preparazione di AstraZeneca (tra il 60% e l’82% alla distanza di inoculazione della seconda dose). È anche superiore a quella vaccino candidato (non ancora approvato per l’uso di emergenza) di Johnson & Johnson-Janssen Pharmaceutica, pari al 66% ma basato su una singola dose ed è di poco maggiore a quello di Novavax, che si attesta all’89,2%. Questi numeri fanno quindi dello Sputnik V uno dei vaccini più efficaci che ci siano in circolazione. La decisione di produrre il vaccino russo in Italia coglie di sorpresa la politica nostrana, che si affretta a smarcarsi da quello che è “un accordo privato”. Da palazzo Chigi si sono affrettati a prendere le distanze dall’operazione e altrettanto hanno fatto alla Regione Lombardia che fa sapere, in una nota, che “da notizie di stampa di un accordo tra Adienne Pharma Biotech e il fondo governativo russo Russian Direct Investment Fund per la produzione in Italia del vaccino Sputnik. Regione Lombardia sottolinea la propria estraneità rispetto all’accordo citato, di cui è venuta a conoscenza solo in via indiretta tramite i media. Tale accordo risulta infatti esclusivamente di profilo di diritto privato tra i contraenti”. In ballo, infatti, non c’è solo una questione “commerciale” ma un sottile gioco geopolitico che vede coinvolta la Russia e gli Stati Uniti. La nuova amministrazione americana sta infatti assumendo una postura più decisa nei confronti di Mosca, messa da subito nel mirino attraverso una nuova linea di contrasto che riguarda principalmente il caso Navalny, l’Ucraina, la Bielorussia, il Trattato New Start, la Cyber Warfare e la Siria. In particolare, e proprio sui vaccini, si è aperto un nuovo fronte che si intreccia a doppio filo con quello della guerra cibernetica: recentemente è stato confermato un attacco telematico proprio all’Ema che ha riguardato il vaccino Usa di Pfizer, nel tentativo di alterare i dati sulla sua certificazione e così screditarne l’efficacia e la sicurezza agli occhi del pubblico, come nota Marco Antonellis su Tpi. Gli Stati Uniti, poi, sostengono di avere identificato tre pubblicazioni online dirette dai servizi di intelligence russi che “diffondono molti tipi di disinformazione, incluso sui vaccini Pfizer e Moderna, nonché organizzazioni internazionali, conflitti militari, proteste e qualsiasi questione divisiva che possono sfruttare”, come ha detto recentemente la portavoce di Biden, Jen Psaki. Aggiungendo che “combatteremo con ogni strumento che abbiamo”. La Russia, quindi, potrebbe presto essere al centro di nuove sanzioni da parte di Washington, e siamo certi che alla Casa Bianca non abbiano digerito il recente accordo privato per la produzione del vaccino Sputnik V in Italia. Se davvero la produzione dovesse essere avviata, quindi se non dovesse intervenire qualche ente statale a bloccarla in qualche modo, il nostro Paese si troverebbe nella paradossale situazione di avere in casa un ritrovato medico efficace ma inutilizzabile (per il momento) per via delle lentezze burocratiche dell’Ue, che, a questo punto, è lecito pensare subisca le pressioni da parte degli Stati Uniti per allungare i tempi della certificazione del vaccino russo.

Vaccino, Filippo Facci contro l'Europa: "Iniziata la guerra e Bruxelles si è fatta fregare ancora". Libero Quotidiano il 10 marzo 2021. Si fa brutta, perché sta venendo fuori che a invischiare le cose e a centellinare i vaccini sono direttamente alcune Big Pharma, cioè: qui non c'entra più la burocrazia comunitaria o la lentezza pachidermica dell'Ema, l'agenzia del farmaco, ma pare proprio che qualche azienda stia consegnando non in base ai contratti firmati con la Ue (non in base, perciò, alle necessità prestabilite) (...) (...) ma solo in base a chi ha pagato di più, anche se magari è sopraggiunto per ultimo. Obiezione: e le penali previste dai contratti europei per le consegne incomplete e tardive? È tutto calcolato: il surplus offerto dai migliori pagatori extra-europei coprirebbe evidentemente le sanzioni, dunque a qualche Big Pharma potrebbe comunque convenire: gli interessa vendere e darebbero priorità anche all'Antartide, se da laggiù qualcuno li strapagasse per portare dei vaccini ai pinguini. È stato Mario Draghi a far scoprire il giochino, il primo ad aver vietato l'export di una partita di vaccini (250mila) che gli anglo-svedesi di AstraZeneca stavano per esportare dall'Italia all'Australia anziché distribuirli nel Vecchio Continente. Il diktat di Draghi sta facendo scuola in tutta Europa e, anche se per ora non sembra aver sbloccato le cose, le ha rese chiare: le consegne di AstraZeneca infatti continuano a procedere al rallentatore come se l'azienda non avesse recepito il messaggio, peraltro ribadito anche dalla Commissione Europea di Ursula von der Leyen. Da Bruxelles, infatti, fanno sapere che AstraZeneca sta ugualmente tenendo stoccati nei magazzini molti vaccini, forse aspettando che il blocco delle esportazioni sia revocato, così da procedere semplicemente in un secondo momento a esportare per esempio in Australia. Che è proprio la ragione per cui probabilmente la Commissione potrebbe prorogare il blocco, speriamo.

Linea dura - Il capogruppo europeo del Ppe, Manfred Weber, conforta la tesi: «È chiaro che finché AstraZeneca non rispetterà i contratti», quelli siglati con l'Unione, «dovremo fare una valutazione molto attenta di ogni singola richiesta di esportazione di vaccini dall'Europa». Traduzione: da qui non esce più una fiala sinché non ci danno quelle che ci spettano, perché quelli non stanno onorando i contratti e si stanno rivelando inaffidabili. Un guaio, perché tutto il vecchio Continente ci contava molto. Ecco perché anche altri stati europei hanno chiesto alla Commissione di bloccare ogni esportazione di AstraZeneca da qualsiasi suo stabilimento sito in Europa. E non è certo una crudeltà verso gli australiani, visto che hanno un tasso di mortalità praticamente inesistente e registrano pochi casi di contagio. Non è peraltro un problema di tutte le Big Pharma: c'è la statunitense Pfizer, per esempio, che dopo qualche problema iniziale ora sta rispettando tempi e consegne. Ma AstraZeneca no, sta facendosi i cavoli propri confidando evidentemente che l'Unione glielo permetta ora e in futuro. Poi c'è anche molta attesa per il cosiddetto vaccino di Janssen (prodotto dalla statunitense Johnson and Johnson) che l'Ema europea dovrebbe autorizzare proprio domani, vaccino che è considerato un potenziale punto di svolta perché è monodose e perché può essere conservato in un normale frigorifero, quindi in farmacia o nello studio di un medico di famiglia; ma, anche qui, c'è da incrociare le dita. Bisogna vedere se le dosi pattuite arriveranno nei tempi previsti, e a questo punto non c'è più niente di scontato. Johnson and Johnson è stata finanziata dagli Usa, ed è vero, Joe Biden sinora ha mostrato di non rivendicare gli unilateralismi che aveva Donald Trump: ma anche negli Usa è in gioco la vita dei cittadini, e per la nuova amministrazione ci sono promesse da mantenere. L'Unione Europea si aspetta gratitudine perché il vaccino BioNTech sviluppato con Pfizer (statuniternse) è stato finanziato dalla stessa Unione, ma la gratitudine non è mai stata un grande propellente politico.

Diplomazia vaccinale - In ogni caso l'ha anche detto il supponente commissario europeo Thierry Breton: il problema è solo la produzione dei vaccini che solo Ue e Usa possono risolvere su larga scala. Breton l'ha detto anche per snobbare i continui riferimenti al vaccino Sputnik prodotto dai russi, che assieme alla Cina - questa la vulgata che gira a Bruxelles - stanno usando le loro scarse quantità di vaccini solo per fare diplomazia vaccinale. Detto questo, che cosa succederebbe se anche Biden dovesse pensare solo ai suoi cittadini americani? Ci sarebbe il rischio di un avvitamento: l'Unione Europea sarebbe costretta a far notare che Johnson and Johnson produce i suoi vaccini anche in Europa, laddove l'esport verso gli Usa potrebbe essere bloccato. Certo nessuno si augura di arrivare a questo punto, però dalle parti di Bruxelles sono piuttosto nervosi.

L'ULTIMA TEGOLA. E questo anche perché Johnson and Johnson sta già cominciando a mettere le mani avanti. Da Bruxelles infatti è filtrata la notizia che l'azienda avrebbe comunicato di avere qualche problema di produzione: e parliamo di 55 milioni di dosi di vaccino previsti nel secondo trimestre di quest' anno, e complessivamente di 200 milioni di dosi entro la fine del 2021. Ne ha scritto l'agenzia Reuters. La Commissione europea per ora non ha replicato: si limita a tenere contatti stretti con tutti gli sviluppatori di vaccini anche se non ce n'è nessuno, per capirci, che ha annunciato consegne in anticipo. La loquace presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, ha detto che le cose con BioNTech/Pfizer e con Moderna filano lisce, ma non appunto con AstraZeneca, che secondo gli accordi doveva cominciare a produrre prima ancora che il vaccino fosse approvato dall'Ema. In pratica, l'azienda doveva precostituire degli stock aspettando il via libera: così hanno fatto BioNTech/Pfizer e Moderna. Invece AstraZeneca non l'ha fatto. L'autorizzazione c'è, gli stock no: quelli che ci sono li stanno tenendo per l'Australia. Insomma: anche la von der Leyen ha fatto capire che se AstraZeneca non intensificherà gli sforzi (semplicemente per rispettare i contratti europei) potrà scordarsi di esportare partendo dal Vecchio Continente. Il blocco dell'export è previsto per tutto marzo, e AstraZeneca ha un atteggiamento attendista, per ora. Forse l'azienda ritiene che l'Unione non prolungherà il blocco, ossia che in Europa siano cedevoli e un po' scemi. Non sarebbero gli unici a pensarlo, visto che per validare una soluzione così semplice - il blocco dell'export di vaccini dall'Europa - ha dovuto pensarci Mario Draghi, l'ultimo arrivato in ordine di tempo.

UE E MOSCA, TENSIONE SU SPUTNIK È UN CASO LA PRODUZIONE IN ITALIA. Fabrizio Dragosei per il "Corriere della Sera" il 10 marzo 2021. Ue e Russia ai ferri corti sullo Sputnik, mentre l' Italia sarà quasi certamente il primo Paese europeo a produrre il vaccino russo. L' Unione Europea per ora fa i conti senza il farmaco di Mosca, puntando invece sui prodotti occidentali. E il presidente del Consiglio europeo Michel liquida come «operazioni molto limitate ma fortemente pubblicizzate» quelle annunciate dai russi, come, forse, la licenza concessa all' azienda italiana. Licenza della quale anche il nostro governo non sapeva nulla. Tanto il ministero per lo Sviluppo economico che quello degli Esteri hanno fatto sapere di non essere stati informati in anticipo. L'iniziativa russa di mettere un piede dentro la Ue tramite la fabbrica italiana sembra dunque aver creato qualche problema a livello politico. E sono scintille tra l' Ema e il Fondo statale russo che commercializza lo Sputnik. Lo avrebbe capito chiunque che parlare di «roulette russa» a proposito del vaccino di Mosca avrebbe scatenato un putiferio. E così è stato: la frase pronunciata dalla presidentessa dell' Ema è stata presa molto male in Russia dal portavoce di Putin: «Una affermazione scorretta», ha detto Dmitrij Peskov, mentre il Fondo ha chiesto le scuse ufficiali. A poco è servita una spiegazione fornita non dall' Ema ma dall' agenzia austriaca per la Sanità, di cui Christa Wirthumer-Hoche è capo dal 2013. Si tratta di un equivoco, dicono gli austriaci, la frase «riguardava il fatto che un ampio uso del vaccino senza sufficienti dati su sicurezza, qualità ed efficacia sarebbe una negligenza». La signora «non si riferiva alla sicurezza dello Sputnik». Dall'Ema è venuta invece la precisazione che qualsiasi decisione si baserà su dati scientifici e non sarà viziata da fattori politici come temono a Mosca. Ad Amsterdam precisano che l' esame dei dati «continuerà fino a quando non saranno disponibili prove sufficienti per la domanda formale di autorizzazione all' immissione in commercio». Ma quando avverrà? I tempi appaiono ancora lunghi e proprio per questo l' Ema viene criticata da più parti. Secondo indiscrezioni, una missione di tecnici partirà per Mosca solo ai primi di aprile per controllare i siti produttivi russi. Poi, chissà. Nel frattempo lo Sputnik viene realizzato anche in molti altri stabilimenti, dall' Argentina all' India. A fine mese entrerà in funzione una fabbrica in Bielorussia. Lunedì è stata annunciata l' intesa con la società brianzola Adienne (con sede legale in Svizzera) che sfornerà a partire da luglio dieci milioni di dosi entro il 2021. I russi stanno trattando anche con altre aziende italiane, francesi, tedesche, spagnole e austriache. Il presidente del Fondo Dmitriev dice di aver costituito con 10 Paesi un partenariato per la produzione. In Russia le dosi prodotte sono state almeno 14 milioni. Dmitriev afferma che l'obiettivo è un miliardo entro il 2021 e che il farmaco è stato richiesto da 46 Paesi, con una popolazione di 1,2 miliardi; secondo solo al vaccino Pfizer. Questo per lo Sputnik. Ma è iniziata la produzione anche del vaccino scoperto a Novosibirsk (EpiVacCorona).

Giuliano Foschini e Fabio Tonacci per "la Repubblica" il 10 marzo 2021. Da alcune settimane bussano alle porte delle più importanti aziende farmaceutiche italiane dei signori con una valigetta in mano: portano dépliant di un vaccino, le istruzioni per realizzarlo e la promessa di una valanga di denaro. Questi signori si presentano come emissari di Krill Dmitriev, l' amministratore delegato del Russian Direct Investment Fund, il Fondo sovrano del Cremlino. Stanno cercando laboratori disponibili a produrre lo Sputnik V, il vaccino russo non ancora approvato dall' Agenzia del farmaco europea (Ema). Non sono millantatori, sono uomini del governo di Mosca che lavorano a un' operazione su vasta scala seguita personalmente dal presidente Vladimir Putin. E quei laboratori li hanno trovati: uno almeno, forse tre ditte pronte a produrre Sputnik in Italia. In quelle valigette ci sono però due interessi, enormi, della Russia. Il primo è dimostrare all' Occidente la forza del loro Paese in un momento delicatissimo nella lotta alla pandemia, con gli Stati Ue che chiedono vaccini e i fornitori americani in affanno costretti a tagliare le consegne. L' operazione di colonizzazione dell' Europa è studiata nei particolari, ed è cominciata consegnando lo Sputnik al piccolo stato di San Marino. Il messaggio rivolto ai cittadini dell' Unione è chiaro: mentre le multinazionali occidentali continuano a non rispettare gli impegni di consegna, ci sono i russi pronti a offrire le dosi. In quest' ottica va letta l' imponente campagna di disinformazione sull' efficacia dei vaccini Astra-Zeneca, Moderna e Pfizer condotta da apparati della propaganda russa (anche se il Cremlino ha smentito un ruolo di regia in questa vicenda) raccontata nei giorni scorsi dal Wall Street Journal e documentata dai servizi di intelligence statunitensi. Il secondo interesse del governo di Putin nella «diplomazia dei vaccini» ha a che fare con i contratti di fornitura che ha firmato con i Paesi del continente africano. Non avendo capacità produttiva sufficiente sul proprio territorio per soddisfare la richiesta, sta facendo scouting tra i siti privati che hanno a disposizione bioreattori compatibili con lo Sputnik, saltando ogni contatto con i governi. Se volesse vendere il prodotto secondo canali ufficiali dovrebbe prima avere l' autorizzazione dell' Ema. E per ottenerla dovrebbe aprire le porte dei propri laboratori agli ispettori Ue. Se, invece, e qui si capisce il senso dell' operazione del Cremlino, stabilimenti europei dovessero cominciare a produrre autonomamente quelle fiale, per avere l' ok basterà andare a Monza, dove ha sede la Adienne Srl, che ieri ha annunciato di aver firmato un accordo per produrre a luglio lo Sputnik (10 milioni di dosi entro l' anno). Oppure nel Lazio, o ancora, nel Salento dove si trovano altre aziende che sono state contattate per produrre dosi destinate a Paesi africani. Resta però la fattibilità. Perché se una certa politica - la Lega, su tutte e più in generale il centrodestra esultano - Palazzo Chigi non nasconde la sua irritazione: nulla sapeva prima dell' annuncio. Perché non era previsto: Ema non ha autorizzato. Se mai dovesse mai essere prodotto in Italia il Governo si troverebbe in un cortocircuito: approvare l' export o bloccarlo come con Astrazeneca? C'è poi un ulteriore elemento, cruciale. Ieri la Camera di commercio italo-russa, l' ente milanese privato che ha annunciato l' intesa con l' Adienne, ha fatto intendere che tutto fosse stato fatto in accordo con la Farnesina. A Repubblica però non risulta che sull' operazione Sputnik sia stata fornita alcuna esplicita approvazione da parte dell' ambasciata italiana a Mosca, che si è limitata a mettere in contatto gli italiani con il fondo russo per possibili investimenti. Ma non in ambito vaccini.

Sputnik V, studio rivela: «Anticorpi anti-Covid nel 100% dei vaccinati». Ilaria Minucci su Notizie.it l'8/03/2021. Un nuovo studio realizzato in Argentina ha dimostrato l’efficacia del vaccino russo Sputnik V e la presenza di anticorpi nel 100% dei vaccinati. Un recente studio scientifico condotto in Argentina ha dimostrato che il vaccino russo Sputnik V, sintetizzato contro il coronavirus, produce anticorpi neutralizzanti individuabili a livello ematico in tutti i soggetti vaccinati. I risultati della ricerca argentina sullo Sputnik V sono stati diramati negli ultimi giorni, in occasione di un confronto tecnico-scientifico organizzato online al quale hanno partecipato i ricercatori e le direzioni dell’Inmi Spallanzani Irccs di Roma, del Centro nazionale di ricerca epidemiologica e microbiologica Nicolaj Gamaleya e del Fondo Russo di Investimento. In questo contesto, quindi, è emerso che il vaccino russo, prodotto presso il Centro Gamaleya di Mosca, si attesta come uno dei farmaci anti-Covid più efficaci e promettenti sinora realizzati a livello internazionale. La scoperta dei ricercatori argentini giunge nello stesso periodo in cui l’Ema ha annunciato di aver iniziato le valutazioni sul siero che potrebbe essere, a breve, somministrato nei Paesi membri dell’Unione Europea. A proposito dello Sputnik V, gli istituti che hanno partecipato all’incontro tecnico-scientifico online hanno ribadito: «Esiste la necessità di instaurare rapporti stabili di collaborazione scientifica finalizzati allo sviluppo e alla valutazione clinica di nuove strategie vaccinali e terapeutiche. Si provvederà presto a stilare un protocollo d’intesa tra i due istituti. Inoltre, sono stati analizzati anche i dati relativi a nuovi aspetti degli studi di impatto nella popolazione anziana e nei confronti delle varianti emergenti del SARS-CoV-2». Sulle necessità di avviare una collaborazione con il Centro Gamaleya di Mosca, si è espresso anche il direttore sanitario dell’Irccs Spallanzani di Roma, Francesco Vaia, che ha dichiarato: «È la prima volta che due grandi istituti di ricerca si mettono insieme per lavorare ai vaccini e alle terapie anti-Covid. Abbiamo superato la logica della geopolitica – e ha aggiunto – hanno anche detto che sugli over 60 il loro vaccino può raggiungere una copertura del 99%. Ma noi questi dati vogliamo vederli. Ce li manderanno». In merito alle potenzialità e all’efficacia dello Sputnik V è intervenuto anche il virologo dell’ospedale Sacco di Milano, Massimo Galli, che ha esternato alcune considerazioni rispetto al vaccino russo: «Sputnik nasce teoricamente male per motivi mediatici e con grande scetticismo dalla componente scientifica occidentale per l’assenza di dati. Poi ci sono stati dati interessanti seguiti da dati importanti della sperimentazione di fase 3 e non si può che considerarlo un vaccino importante e interessante. Anche perché c’è un aspetto particolare: si tratta, infatti, di un vaccino con adenovirus vettore nel quale vengono utilizzati due adenovirus diversi come vettori uno per la prima e uno per la seconda riducendo di molto quella interferenza che il sistema immunitario umano potrebbe avere reagendo contro gli adenovirus in questione». Anche in questo caso, quindi, l’esperto non ha celato il proprio sostegno al siero russo. Al momento, lo Sputnik V è pronto per essere distribuito in 38 Nazioni dislocate a livello internazionale e prevede, al pari degli altri farmaci sinora sintetizzati, una duplice inoculazione. Il vaccino, come spiegato dal dottor Galli, si basa sull’azione di due differenti virus della famiglia degli adenovirus, detti Ad26 e Ad5. I due adenovirus sono stati modificati in modo tale da trasportare il gene necessario per la produzione della proteina spike, tipica del Covid-19, che il SARS-CoV-2 impiega per infettare le cellule dell’organismo umano. Il siero russo, quindi, sfrutta la tecnica del vettore virale alla quale fanno riferimento anche i farmaci prodotti da AstraZeneca e Johnson&Johnson. Nel caso dello Sputnik V, tuttavia, i due adenovirus vengono iniettati nei soggetti che si sottopongono alla vaccinazione separatamente e in tempi diversi. Con la prima dose, infatti, viene inoculato soltanto l’Ad26 mentre, con la seconda dose, da somministrare a distanza di 21 giorni dalla prima, viene immesso nell’organismo l’Ad5. In questo modo, si riesce a stimolare in modo rapido ed efficace la risposta immunitaria umana.

Gli Usa sanzionano i centri di ricerca che hanno lavorato a Sputnik. Andrea Muratore su Inside Over il 6 marzo 2021. Joe Biden ha firmato le prime sanzioni imposte dagli Stati Uniti alla Russia nel corso del suo mandato, e lo fa in un settore scivoloso: colpendo aziende e individui coinvolti, secondo i rapporti di Washington, nell’avvelenamento dell’oppositore Alexei Navalny gli Stati Uniti hanno coinvolto nella mossa anche istituti e figure chiave per la ricerca al vaccino Sputnik V in una fase in cui questo arriva a pochi passi dal via libera alla diffusione anche nel continente alle porte di Mosca, l’Europa, e in diversi Stati alleati della superpotenza. Le sanzioni colpiscono nel contesto del Ministero della Difesa russo e sono tenute, nel sito ufficiale del Dipartimento di Stato, separate da quelle mirate esplicitamente a controbattere le manovre di Vladimir Putin sul caso Navalny, come a mandare un esplicito messaggio politico: anche lo Sputnik V è, implicitamente, nel mirino di Washington. Le sezioni di Sergiev Posad, Kirov e Yekaterinburg del 48esimo Centro di ricerca del ministero della Difesa russo, fondato nel 1937 ai tempi di Stalin per gestire la produzione di armi non convenzionali e il 33esimo centro di ricerca (sanzionato dal Dipartimento del Tesoro) hanno contribuito attivamente alla ricerca su Sputnik, che Mosca ha internalizzato utilizzando gli apparati tecnologici e scientifici della Difesa nazionale. “Hanno in passato lavorato ai programmi contro l’ebola guidati dal 48esimo centro”, ricorda Formiche, alcuni personaggi obiettivo delle sanzioni: “I colonnelli Viacheslav Kulish, Alexej Smirnov e il docente dell’Accademia militare di medicina Alexander Yumanov a capo della missione” umanitaria e militare compiuta dai russi nelle province di Brescia e Bergamo nella primavera scorsa. Una missione che già allora gli analisti Gabriele Natalizia e Salvatore Santangelo avevano ritenuto funzionale, tra le altre cose, a un massiccio data mining volto a acquisire informazioni biometriche e sanitarie sul Covid-19 nelle aree in cui aveva impattato di più per accelerare la corsa al vaccino. Le sanzioni Usa, in questo contesto, sembrano voler penalizzare in maniera mirata due istituti molto strategici per la politica di ricerca del Cremlino e, al contempo, mandare un messaggio a alleati e partner. Ovvero segnalare che nella loro ottica anche l’accesso a Sputnik è ritenuta una questione politica. Tutto ciò nonostante la precaria situazione vaccinale dell’Europa, le ripetute conferme in campo medico-scientifico della bontà del vaccino, le scelte di diversi Paesi (compreso San Marino, nel cuore del Vecchio Continente) di rifornirsi con lo Sputnik, la diffusione globale che l’antidoto di Mosca sta avendo. E la stessa convenienza per le società americane che con i loro impianti europei avrebbero tutto da guadagnare dall’avvio della produzione di Sputnik nel Vecchio Continente. Far sospettare anche solo un legame remoto tra gli istituti accusati di aver prodotto il veleno che ha colpito Navalny e lo Sputnik V significa gettare un fiammifero nel già secco pagliaio dei rapporti tra Washington e Mosca. E compiere un atto politico problematico che, dal punto di vista degli States, difficilmente produrrà dividendi politici. La contrapposizione inauguratasi ai tempi di Barack Obama e mai veramente sopita da Donald Trump si fonda sulla sostanziale accettazione da parte dell’Europa della forma (sanzioni, esclusioni da summit come il G7 e via dicendo) del contenimento anti-russo. Ma già da tempo, complici soprattutto le mosse della Germania, il fronte del totale accerchiamento di Mosca scricchiola. Tentare di rivitalizzarlo sul caso Navalny è già di per sé una mossa complessa; far rientrare lo Sputnik nel perimetro del contrasto alla Russia rappresenterebbe, per Joe Biden, un madornale errore. Per ora il richiamo esplicito a Sputnik non compare nel testo delle sanzioni Usa:ma se in futuro, quando il vaccino moscovita si diffonderà in Europa Washington dovesse usare il riferimento ai laboratori e ai militari coinvolti nelle sanzioni come arma politica contro Mosca, questo potrebbe creare un evitabilissimo cortocircuito nelle relazioni transatlantiche.

E sulla cura si incarta pure l'ideologia rossa. Logica vorrebbe, di fronte alla gravità della crisi, che tutti si ispirassero ad un sano pragmatismo con un unico obiettivo: assicurare al Paese il maggior numero di vaccini. Augusto Minzolini - Ven, 05/03/2021 - su Il Giornale. Logica vorrebbe, di fronte alla gravità della crisi, che tutti si ispirassero ad un sano pragmatismo con un unico obiettivo: assicurare al Paese il maggior numero di vaccini. In fondo sarebbe la «ratio» naturale che dovrebbe guidare partiti che sostengono un governo tecnico-politico come quello di Mario Draghi. E il primo a dare l'esempio è stato proprio il premier: ieri ha bloccato, per le inadempienze contrattuali nei confronti della Ue delle Big Pharma, 250mila dosi che dovevano partire dallo stabilimento di AstraZeneca di Anagni per finire in Australia; il giorno prima il Dragone, che pure ha studiato dai Gesuiti, non ci ha pensato due volte a stoppare a Bruxelles l'invio di 13 milioni di dosi di vaccini in Africa, visto che in Europa scarseggiano per non parlare della situazione in Italia. Appunto, «pragmatismo»: lo stesso che ha portato Silvio Berlusconi a guardare verso il vaccino russo; o ha spinto Matteo Salvini a ragionare sul possibile uso dello Sputnik e ad incontrare ieri l'ambasciatrice indiana per verificare se qualche dose possa arrivare anche da lì. Un «pragmatismo» simile ha fatto sì che Stefano Bonaccini, governatore dell'Emilia e possibile successore di Zingaretti alla guida del Pd, dicesse, pure stando agli antipodi sul piano politico dal leader della Lega, che per lui la strada russa andrebbe esplorata. Uguale «pragmatismo» ha fatto sussurrare a Matteo Renzi, mercoledì sera al telefono, con un filo di voce: «Hanno fatto bene, sono d'accordo con loro». Oppure ha indotto Benedetto Della Vedova, fresco di nomina alla Farnesina e che ha l'Europa nello stemma di partito, a teorizzare: «Non c'è un'alternativa inconciliabile tra il seguire la Ue e contemporaneamente guardarsi attorno: si possono fare benissimo le due cose insieme». Eppure, specie a sinistra o nei commenti sui giornali, non sono pochi quelli che sulla battaglia dei vaccini innalzano una barriera ideologica, più o meno camuffata, cioè adottano lo schema dello stare qui o di là. «A me Salvini è l'ironia sulle iniziative del leader della Lega di Arturo Scotto, braccio destro del ministro della Sanità, Roberto Speranza sembra Totò che cerca di vendere la fontana di Trevi. La proposta sull'acquisizione dello Sputnik non è soltanto uno sgarbo istituzionale, ma un'invasione in un campo non suo». Scotto parla per conto di Speranza e ripropone lo schema o stai con l'Europa o fuori. Un assurdo: perché la pandemia ha dimostrato che l'Italia senza l'Europa, senza quella terapia intensiva che è stata ed è per noi la Bce, non avrebbe potuto e non potrebbe sopravvivere. Quindi, volenti o nolenti, a parte gli stolti o gli struzzi, che mettono la testa sotto la sabbia, il virus ha fatto diventare l'europeismo patrimonio di tutti. Poi, ogni protagonista della scena politica lo può declinare come vuole, condendolo però, per spogliarlo di ogni venatura ideologica, con un sano pragmatismo. In fondo, se vuoi star bene in Europa, devi parafrasare un proverbio che tira in ballo Dio: uno dei più antichi proverbi popolari recita «aiutati che Dio ti aiuta». Ecco la filosofia di un europeismo «pragmatico» dovrebbe essere più o meno la stessa: «aiutati che l'Europa ti aiuta». E, magari, questo è il corollario, potresti anche aiutare tu l'Europa, perché se trovi una strada «nuova», potrebbe essere seguita anche dalla Ue e dagli altri 27 Paesi. Non per nulla ieri Draghi, bloccando quelle 250mila dosi di AstraZeneca, ha osato quello che finora nessun altro Paese Ue aveva avuto il coraggio di fare. Lui, convinto liberale e sostenitore del libero mercato, di fronte alla tragedia, con pragmatismo, ha assunto una decisione «autoritaria» sul mercato. Più o meno come Bonaccini, di fronte alla tragedia della «variante inglese» del virus, non si è fatto problemi ad appoggiare la proposta di Salvini. Eh sì, perché l'emergenza, la tragedia, il dramma, per essere affrontati con efficacia richiedono una dose elevata di coraggio politico e, appunto, di pragmatismo. Boris Johnson, per fronteggiare la variante inglese, ha addirittura modificato i protocolli d'uso dei vaccini, optando per la somministrazione di una sola dose a tutti. Gli è andata bene. Il nostro Paese che ora si prepara ad affrontare la terza ondata, senza avere le dosi che avevano a disposizione gli inglesi e, magari, speriamo di non scoprirlo, senza avere un numero di terapie intensive tale da poter fronteggiare un virus che nella sua trasformazione è diventato il 38% più contagioso, ha bisogno di coraggio e di pragmatismo simili. Per cui Draghi ha silurato Borrelli, alla Protezione civile, e Arcuri come Commissario per l'Emergenza e ha affidato all'esercito la campagna di vaccinazione. E lui, ex presidente della Bce, europeista fino al midollo, ha inaugurato spinto della consapevolezza della gravità della crisi - un nuovo protagonismo nelle decisioni, a volte polemico, del nostro Paese nella Ue. Ovviamente, nessuno si è opposto nella sua maggioranza extra-large. Ma c'è chi mastica amaro. Soprattutto, gli orfani di Conte, perché altrimenti dovrebbero ammettere di aver sbagliato, o, almeno, di non aver avuto il coraggio di osare in un recente passato. Se oggi, ad esempio il ministro per lo Sviluppo Giorgetti mette in campo le industrie italiane per produrre il vaccino, perché la stessa cosa non è stata organizzata o, almeno teorizzata, tre, quattro mesi fa, dal suo predecessore? No, secondo la filosofia di Conte e compagni, era meglio delegare, per non assumersi nessuna responsabilità: o alle Regioni, o all'Europa. E, magari, per coprire la propria assenza di coraggio trasformare «l'europeismo» in un'ideologia: i buoni europeisti di qua, i cattivi di là, magari dietro al profilo di Salvini. Una mezza follia in piena pandemia. Che alla fine si è scontrata con la realtà. Tant'è che non si sono accorti che si stava andando verso il governo Draghi; oppure che, di fronte all'emergenza e nella nuova fase politica del governo di salvezza nazionale, non ti puoi condannare al ruolo di guardiano di un vecchio bidone come la coalizione giallorossa. Nicola Zingaretti ieri, con le su dimissioni, ha pagato questo errore. Già, l'ideologia nell'emergenza ha fatto il suo tempo, magari un giorno quando l'emergenza sarà superata ritornerà. «Che senso ha dividersi riflette il renziano Gennaro Migliore tra chi dice che bisogna affidarsi all'Europa e chi, nel contempo, cerca di affiancare allo sforzo europeo anche altro: perché le due cose insieme non le puoi fare?». «Sono le solite dispute ideologiche aggiunge il piddino Matteo Orfini che piacciono solo ai giornali». «Certo che siamo europeisti osserva il leghista Alessandro Benvenuto ma questo non significa che non dobbiamo anche esplorare altre ipotesi oltre a quelle che offre la Ue. Che ti frega! Questo è il momento di provarle tutte per avere più vaccini». Già, è il momento di guardare alla sostanza e non alla «pseudo» ideologia.

·        Il Mercato dei Vaccini.

Pfizer converte i no vax (pagando). Ecco come sta preparando la pillola anti-Covid. Franco Bechis su Il Tempo il 15 dicembre 2021. Ieri Pfizer ha divulgato i risultati della sperimentazione in seconda fase della sua pillola anti-Covid che si chiamerà Paxlovid. Il colosso americano ha chiesto e attende l'autorizzazione all'uso in emergenza (come per i vaccini) alla Food and Drug Administration, l'ente di vigilanza farmacologica americano che ha seguito passo a passo e condiviso con Pfizer i dati della sperimentazione e quindi non avrà bisogno di lungo tempo per dare o negare la sua autorizzazione. Vi spiegherò poi come funziona la cura, ma è molto interessante capire come è stata fatta questa sperimentazione, perché non era affatto facile mettere insieme il campione dei volontari.

Per una ragione principale: era necessario fossero no vax, che non avessero ricevuto fin qui né la prima né la seconda e figuriamoci poi la terza dose di vaccino. Ma non bastava, visto il tipo di sperimentazione: oltre ad essere no vax, era necessario pure che avessero avuto da poco una esposizione al virus perché restati a contatto stretto con qualche positivo, o essere loro stessi con sintomi della malattia da non più di cinque giorni. Dunque un no vax che abbia paura di essere stato contagiato o che abbia contratto il virus da poco e in forma lieve, disposto a buttarsi fra le braccia del simbolo di Big Pharma mondialmente più noto e a diventare proprio per Pfizer una cavia umana nella sperimentazione del medicinale. Sembrerebbe una condizione impossibile, direte voi: come cercare un ago nel pagliaio.

E' vero che una multinazionale ha come pagliaio il mondo, ma nel giro di pochissimo tempo (più giorni che settimane) Pfizer ha trovato gli aghi: 2.246 no vax adulti arruolati per la sperimentazione in fase due del suo candidato antivirale orale. Il 41% di quel campione è stato trovato negli stati Uniti, il restante 59% in Europa, Sudafrica e alcuni paesi asiatici. Quel che non hanno potuto le campagne di vaccinazione, i discorsi dei virologi, dei politici e del sistema mediatico, è riuscito invece al colosso farmaceutico grazie allo specchietto per allodole più antico del mondo: la moneta. Non sappiamo quanto abbia offerto Pfizer ad ognuno dei volontari, ma è stato più che convincente. Una lezione per i governi di tutto il mondo.

Quei 2.246 volontari per altro sono stati assai più utili di quelli usati da altre cause farmaceutiche in sperimentazioni analoghe, perché la fase 2/3 del Paxlovid è stata un successo: ha ridotto dell'89% il rischio di ospedalizzazione o morte per qualsiasi causa rispetto al placebo fornito in contemporanea. A dire il vero il rischio di morte è stato ridotto del 100%, visto che a 28 giorni di distanza dalla somministrazione della pillola antivirale Pfizer non si è registrato alcun decesso. E' andata meglio della prima fase della sperimentazione, al contrario di quel che è accaduto con la pillola Merck, la cui protezione è crollata nel proseguire la prova clinica. Non solo, durante la prova di Pfizer una delle sostanze usate per comporre il Paxlovid si è dimostrata efficace contro tutte le varianti del coronavirus, Omicron compresa. 

La cura si basa su due sostanze: il Nirmatrelvir creato nei laboratori Pfizer che serve a bloccare un enzima di cui il coronavirus ha bisogno per replicarsi, e il Ritonavir che serve a rallentare il metabolismo in modo che il Nirmatrelvir rimanga attivo nell'organismo per un tempo sufficientemente lungo senza degradarsi. Insieme costituiscono il Paxlovid, che deve essere somministrato due volte al giorno per cinque giorni con due compresse da 150 mg con Nirmatrelvir (300 mg al giorno) e una compressa da 100 mg di Ritonavir. Il farmaco va assunto da chi è stato a contatto diretto con un positivo o accusa sintomi lievi del coronavirus entro il quinto giorno dalla loro insorgenza. Se arriverà in commercio grazie ai no vax che hanno fatto da cavia, proprio per quella fetta di popolazione (per quel mercato in sostanza) è stato immaginato, anche se la pillola potrà essere usata naturalmente anche dai vaccinati contagiati che potranno in modo semplice rafforzare la protezione che si stava erodendo. 

Visto che stiamo parlando di Pfizer, vi offro due notizie. Una cattiva e una buona. Quella cattiva è che nei piani di business dell'azienda la produzione del vaccino è immaginata (con numeri ancora da definire) per circa 10 anni almeno. La notizia buona è che i tecnici di Big Pharma hanno prelevato il sangue di contagiati da Omicron e di contagiati dalla versione primitiva del virus facendo esami di laboratorio in vitro più che confortanti. Il sangue dei vaccinati con tre dosi ha prodotto di fronte a Omicron lo stesso numero di anticorpi che una doppia dose di vaccino produceva contro la versione base del virus, e quasi il triplo degli anticorpi di fronte alla variante Delta. Omicron quindi non buca il vaccino, ma si è più certi della protezione solo se si è fatta la terza dose.

Francesco Borgonovo per “La Verità” il 13 dicembre 2021. Il bello è che non l'hanno nemmeno creato loro, il vaccino. A svilupparlo sono stati i laboratori dell'azienda tedesca Biontech, guidata dal turco Ugur Sahin, il quale ha deciso d'investire tutte le sue risorse nello sviluppo del farmaco anti Covid. Pfizer è arrivata dopo, e ha in effetti permesso l'industrializzazione del vaccino a partire da marzo 2020, realizzando quello che qualcuno ha definito «il più grande colpo di marketing nella storia dei prodotti farmaceutici Usa». Un affare che, nel 2021, dovrebbe portare nelle casse del colosso americano qualcosa come 36 miliardi di dollari. Del resto Pfizer è quasi monopolista: controlla circa l'80% del mercato dei vaccini nell'Ue e il 74% di quello americano. Com'è stato possibile? A giovare, e non poco, è stata proprio l'alleanza con Biontech, la quale non si è limitata a portare in dote gli esiti della ricerca: anche la provenienza tedesca dell'azienda ha pesato non poco. Biontech ha ricevuto dal governo germanico 375 milioni di euro di fondi per la ricerca, e li ha portati a frutto. Grazie alla spinta politica di Berlino, il vaccino Pfizer-Biontech è riuscito - come La Verità ha raccontato dettagliatamente nei mesi scorsi - a surclassare i concorrenti. Giova ricordare, a questo proposito, cosa accadde intorno a metà marzo, quando anche l'Italia decise di sospendere l'utilizzo delle dosi di Astrazeneca. Il ministro Roberto Speranza comunicò che la decisione di bloccare le inoculazioni era «emersa a seguito di una valutazione dell'istituto tedesco per i vaccini, il Paul Ehrlich Institut». Non serve una vocazione complottista per comprendere quanto il caos su Az abbia giovato al connubio tedesco americano. Il punto, però, è esattamente questo: ogni volta che si tenta di approfondire le questioni legate alla produzione e commercializzazione del vaccino cala implacabile la medesima accusa di dietrologia. Si viene dipinti come i «soliti no vax» che se la prendono pregiudizialmente con Big Pharma e ripetono i consueti stereotipi sulle case farmaceutiche. Almeno così funziona in Italia. All'estero, invece, qualcosa si è mosso: negli ultimi giorni si sono concentrati su Pfizer due pesi massimi del giornalismo internazionale, ovvero l'emittente britannica Channel 4 e il Financial Times. Quest'ultimo ha realizzato una corposa inchiesta (tradotta e ripubblicata qui da Internazionale) che prova a fare luce sul comportamento della gigantesca azienda farmaceutica statunitense. Un'azienda che, scrive il giornale economico, «ha il potere di fissare i prezzi e di scegliere quale Paese viene prima in una lista d'attesa poco trasparente, anche a causa dei programmi di richiamo vaccinale che ora i Paesi ricchi vorrebbero accelerare». Collocandosi in posizione dominante sul mercato dei sieri, di fatto Pfizer esercita un enorme potere, anche politico. «E cosa intenda fare dopo», scrive il Financial Times, «è un mistero, perché l'azienda mantiene segreta buona parte dei contratti che ha stipulato e vincola anche gli scienziati indipendenti con accordi di non divulgazione». Tale segretezza, com'è facile capire, è particolarmente rilevante nel momento in cui la casa farmaceutica ha la possibilità di fissare i prezzi delle dosi. Anche per questo, nota il Ft, a differenza di Biontech ha rifiutato i fondi del governo tedesco: «Per mantenere il controllo completo delle vendite, inclusa la questione cruciale dei prezzi». Il Financial Times ha intervistato sull'argomento Moncef Slaoui, «incaricato dall'amministrazione statunitense di garantire la fornitura di vaccini». Tutto fuorché ostile a Big Pharma, Slaoui «è rimasto sconvolto dal fatto che la Pfizer chiedesse un prezzo così alto» e «sostiene di aver criticato apertamente Albert Bourla (59 anni, ad dell'azienda in ottimi rapporti con tutti i «grandi del mondo», ndr) perché cercava di trarre vantaggio dalla pandemia». Un'accusa ribadita, ai microfoni della britannica Channel 4, anche da Tom Frieden, già direttore del Cdc americano sotto Obama: «Se ti stai concentrando solo sulla massimizzazione dei tuoi profitti e sei un produttore di vaccini... sei un profittatore di guerra». Come ha riportato il Guardian, altro autorevole quotidiano inglese, «l'indagine di Channel 4 rivela l'analisi di un esperto di ingegneria biologica che afferma che il vaccino Pfizer costa solo 76 centesimi per la produzione per ogni colpo. Secondo quanto riferito, è stato venduto per 22 sterline a dose al governo inglese». Intendiamoci: una casa farmaceutica ha tutto il diritto di fissare i prezzi che ritiene opportuni, e va detto che, nel caso del vaccino anti Covid la richiesta avrebbe potuto essere anche molto più esosa. Alla fine, Pfizer ha fissato un prezzo di 19,50 dollari a dose «nel contratto iniziale con gli Usa e con altri Paesi occidentali. Ma questo era comunque quattro volte il prezzo di una singola dose della J&J e cinque volte quello di una dose di Az». In ogni caso, non sembra che i governi occidentali, a partire dal nostro, abbiano opposto molta resistenza: per avere il siero erano pronti ad accettare praticamente ogni condizione, e pure a escludere gli Stati africani, alcuni dei quali sono ancora in attesa delle forniture minime promesse. Secondo il Ft, «il successo del vaccino Pfizer è stato costruito non sui brillanti risultati della sua ricerca, ma sulla capacità di produzione che nel 2021 è aumentata vertiginosamente». I concorrenti, ad esempio Astrazeneca, hanno invece avuto molte difficoltà ad aumentare la produzione. Anche per questo Pfizer è riuscita a siglare un accordo per 1,8 miliardi di dosi con l'Ue, frutto di un fitto scambio di messaggi e chiamate tra Bourla e Ursula von der Leyen. «Un impegno così grande di solito si traduce in una riduzione dei prezzi», chiosa il Ft. «Invece la Pfizer li ha aumentati di oltre un quarto rispetto al livello concordato all'inizio: da 15,50 euro a 19,50. Von der Leyen ha accettato». Un altro ottimo affare. Infatti Pfizer «prevede che nel 2022, sulla base dei contratti già firmati a metà ottobre, incasserà 29 miliardi di dollari grazie al vaccino». Anche a fronte di cifre tanto imponenti, ci si sarebbe aspettata maggiore trasparenza, dalle istituzioni (nazionali e internazionali) e pure dall'azienda. Zain Rizvi, direttore della ricerca presso l'organizzazione dei consumatori americana Public Citizen, ha dichiarato a Channel 4 che «c'è un muro di segretezza che circonda questi contratti ed è inaccettabile, in particolare in una crisi di salute pubblica». Che Big Pharma non fosse un circolo della beneficenza era piuttosto chiaro. Appena meno chiaro è il motivo per cui gli occidentali abbiano accettato il pacchetto senza scomporsi. Comunque sia, ormai i giochi sono fatti. Anzi, all'orizzonte già si presenta il nuovo business: le cure per il Covid. E chissà se, anche stavolta, a guidarci nelle trattative sarà la paura.

Vaccini, obbligo e preparati genici. Il conflitto di interessi dei coniugi Von der Leyen. Rec News l'8 Dicembre 2021. L’incarico in Orgenesis, azienda biotecologica specializzata in preparati mRNA, e lo scambio di messaggi privati con l’ad di Pfizer Albert Bourla Getty Images eiko Von der Leyen, marito del presidente della Commissione europea Ursula Von der Leyen (all’anagrafe Ursula Gertud Albrecht), risulta essere direttore medico nel team di gestione di Orgenesis, azienda biotecnologica specializzata nelle terapie cellulari e geniche che vengono utilizzate nei vaccini a mRna. La moglie – che ha affermato che si debba iniziare a parlare di obbligo vaccinale – negli scorsi mesi ebbe uno scambio di messaggi privati con l’ad di Pfizer Albert Bourla. Il conflitto di interessi macroscopico (che dovrebbe suscitare richieste di chiarimento e di dimissioni) è stato raccontato da Affari Italiani.  

Vaccino, obbligo in Ue? E il marito di Ursula occupato in terapie geniche. Legami tra i von der Leyen e le aziende dei vaccini? Dalla corrispondenza di Ursula col capo di Pfizer al marito che lavora in un'azienda di terapie geniche. Antonio Amorosi Venerdì, 3 dicembre 2021 su Affari Italiani. Ursula von der Leyen sta pensando all’obbligatorietà dei vaccini per i cittadini Ue. Tutti i dubbi e la mancata trasparenza del sistema. Il presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen sta pensando alla possibilità dell’obbligo dei vaccini per tutti gli abitanti dell’Unione Europea. D’altronde “l’appello a non vaccinarsi è un appello a morire”, ha detto il premier Mario Draghi. Vaccino o morte, ecco il tema. 

Tre civette nel comò. Sollevare dubbi su questo argomento e quello relativo alla salvezza che portano i decisori politici, equivale a disertare, a mettere in discussione la sicurezza stessa della collettività e delle singole persone. Nella società del Covid sono spariti i dubbi e i conflitti di interessi, anche solo potenziali, tra scienziati-medici, politici e case farmaceutiche.

E’ diventato normale che la Commissione Europea tenga nascosti i contratti dei vaccini anti-Covid. I contratti sono in larga parte oscurati ed è negata l’autorizzazione a divulgare le informazioni contenute.

E’ normale che parte della comunità scientifica non abbia accesso ai dati grezzi delle sperimentazioni che hanno portato alla creazione dei vaccini e non abbia accesso alle autopsie post reazioni avverse, quando vengono eseguite. E’ normale minimizzare lo scandalo Pfizergate, pubblicato dal British Medical Journal, che rivela falsificazioni nei trial medici. E’ vietato affermare che i più potenti fondi di investimento e le banche, che pensano a fare soldi e non a salvare persone, sono dentro le principali società farmaceutiche coinvolte nella vaccinazione anti Covid di massa. E gli italiani non possono neanche azzardarsi a sostenere che sui farmaci le uniche informazioni che ricevono i medici nostrani siano dalle case farmaceutiche. Nè si può riferire dell’influenza esercitata dall’industria farmaceutica, con la promozione dei propri prodotti, sul comportamento dei singoli medici, delle istituzioni e dei politici. Non esiste conflitto di interessi tra politica, medici e industrie farmaceutiche: non può esistere. Esiste solo la dicotomia vaccino o morte, quando anche l’ISS sostiene che chi è colpito dalla Sars-Cov-2 va incontro a una mortalità possibile molto bassa, del 2%. Quella della MERS-CoV era del 34%, della SARS-CoV-1 era del 9,6%, dell'Ebola del 50% e il vaiolo del 30%.

Vaccini anti Covid: Ema, Aifa, le agenzie regolatorie e i condizionamenti politici

Durante il Covid è diventato un tabù mettere in discussione l’indipendenza e la santità dei soggetti coinvolti. Sarà sicuramente tutto normale. Come il fatto che le industrie farmaceutiche, attraverso i loro pagamenti, supportino l'86% del bilancio dell'Agenzia EMA, l'agenzia dell'Unione Europea che valuta i farmaci. Non era meglio che l’EMA, per una maggiore indipendenza, fosse finanziata integralmente dal bilancio della UE e che a sua volta questa riscuotesse tasse dall'industria farmaceutica? I politici pensano di no. Il direttore esecutivo dell'EMA è nominato dal Cda dell'EMA, su proposta della Commissione Europea. Così come in Aifa, agenzia italiana del farmaco, le nomine dei vertici sono fatte dal Ministro dell'Economia e delle Finanze, dal Ministro della Salute e dalla Conferenza Stato-Regioni. Quindi la politica pesa negli organismi di vigilanza, in questo intreccio tra scienziati-medici e decisori politici. Non abbiamo dubbi che i vertici delle agenzie regolatorie siano tutti indipendenti, sopra le parti, poco inclini a farsi condizionare da politica, carriera e denaro. Ma ci chiediamo: è ancora lecito porsi la domanda su quanto questi vertici resterebbero al loro posto se esprimessero pareri diametralmente opposti a quelli dei decisori politici che li hanno nominati!? Ma non è possibile in epoca di vaccino o morte.

L'indagine su uno scambio di messaggi tra Ursula von der Leyen e l'Ad di Pfizer

Uno degli attori principali di tutta questa partita è la Commissione Europea e il suo presidente, la tedesca Ursula von der Leyen.

Alcuni mesi fa von der Leyen è stata al centro della richiesta dell’ufficio del difensore civico dell'Unione, Emily O'Reilly, di fare chiarezza sullo scambio di messaggi tra lei e l'amministratore delegato di Pfizer, Albert Bourla. Parliamo degli sms, mandati e ricevuti dai due durante i negoziati sulla fornitura all’Ue di 1,8 miliardi di dosi del vaccino anti-Covid. La questione è stata sollevata dal New York Times che ha posto diverse domande, mai affrontate dai media in Italia. Gli sms rientrerebbero nel concetto di “documento” previsto dal regolamento 1049/2001, il quale stabilisce che in caso di mancata diffusione pubblica i richiedenti possano rifarsi al difensore civico. La Commissione europea ha ricevuto una richiesta di accesso allo scambio di messaggi da un giurista olandese, Martijn Nouwen, ma ha presentato un diniego sostenendo fossero stati tutti cancellati. Ogni mese, la Commissione Europea cancella diverse migliaia di email e sms e i messaggi WhatsApp non vengono archiviati.

Per questo il caso ha portato a una denuncia al difensore civico che ha aperto l'indagine. Ma siamo in un deja vu a fronte di un precedente, già nel 2019 la von der Leyen fu criticata per un cellulare “ripulito”, ritenuto prova chiave in uno scandalo di appalti al ministero della Difesa tedesca che lei guidava e che era molto prodigo di finanziamenti a società private. Il cellulare non conteneva più gli scambi di messaggi tra le persone coinvolte.

Vaccino anti Covid. Heiko, il marito di Ursula von Der Leyen, dirigente in azienda di terapia genica per i vaccini

In questo intreccio tra interessi medico-scientifici e politica è esploso in questi giorni in rete il capitolo riguardante il marito della von Der Leyen.

Heiko von Der Leyen risulta infatti essere, come direttore medico, nel team di gestione di Orgenesis, azienda di biotecnologia americana specializzata in terapie cellulari e geniche, proprio le stesse tecnologie coinvolte nei vaccini a mRna utilizzate dalle più note case farmaceutiche contro il Covid. Sarà un caso ma sono le stesse su cui la moglie Ursula ha chiuso in fretta i contratti d’emergenza con Pfizer, al centro di numerosi dubbi e diatribe.

Nel maggio 2020 Orgenesis annuncia con grande enfasi a CNN Business una piattaforma di vaccini contro il COVID-19: “la Società ha lavorato in modo aggressivo negli ultimi mesi per riutilizzare la sua piattaforma di vaccini cellulari mirati ai tumori solidi per l'uso contro le malattie virali”.

Ovviamente in un'epoca di “vaccino o morte” non è dai dubbi che arrivano le soluzioni. E neanche dalle domande che ci si aspetta la salvezza. Le parole del noto imprenditore francese Francois Ducrocq su twitter sintetizzano, in qualche modo, gli interrogativi che si pongono i lettori europei: “Ursula van der Leyen, il nostro principale acquirente di vaccini in centinaia di milioni di unità, ha un marito, Heiko, che gestisce Orgenesis, una società di biotecnologie specializzata in terapia genica. Così è più chiaro”.

Alla luce di tutti questi intrecci e sovrapposizioni, non ci possono essere piani B oltre la vaccinazione, quelli tanto auspicati dal filosofo italiano Massimo Cacciari.

Oltre la vaccinazione non può esserci niente. 

E poi come non credere all'intento salvifico dell'inarrestabile vaccinazione della von der Leyen che guida la crociata dell'Unione Europea? 

Dagotraduzione da The Hill l'1 dicembre 2021. Winfried Stöcker, medico milionario tedesco, è accusato di aver vaccinato circa 20.000 persone con un vaccino contro il Covid da lui inventato. A raccontare la storia è stato il quotidiano Irish Times. Stöcker, che è anche il proprietario dell’aeroporto di Lubecca in Germania, insiste sul fatto che il vaccino, che ha chiamato “Lubecavax”, è efficace al 97% per prevenire il Covid, è sicuro da distribuire, e va somministrato in tre dosi per una vaccinazione completa. La polizia è arrivata sulla scena di uno dei siti di vaccinazione di Stöcker domenica e ha interrotto le operazioni di vaccinazione mentre circa 200 persone erano in fila in attesa di ricevere la dose. Quando la polizia è arrivata, i medici avevano già somministrato 50 vaccini. L’avvocato di Stöcker, però, ha negato che l’uomo debba affrontare accuse penali e ha detto che non era presente in clinica quando venivano somministrati i vaccini. I pubblici ministeri di Lubecca stanno indagando su quattro medici coinvolti nel presunto centro di vaccinazione di Stöcker. Il dottore ha spiegato di non aver presentato il suo vaccino per l’approvazione per via dei tempi troppo lunghi e dei costi milionari. «Abbiamo una responsabilità nei confronti dei pazienti, non dello stato, ma la polizia ha fermato tutto» ha detto Stöcker secondo il Times. Stöcker afferma di aver testato il vaccino autoprodotto su se stesso e su 100 volontari prima di renderlo pubblico a circa 20.000 persone.  Il medico ha dichiarato sui suoi vaccinati, che «circa 2.000 di loro sono sotto osservazione, e fino ad oggi non sono stati notati effetti collaterali. Ci sono state infezioni virali in 10 persone».

Fa meglio politica Big Pharma di gran parte dei nostri governi. Franco Bechis su Il Tempo il 30 novembre 2021. Ci sono i no vax, quelli ideologici (piccola parte), e quelli che semplicemente hanno mille paure che li tengono lontani dal vaccino (qualche milione solo in Italia)? Prima soluzione, quella dei governi di gran parte dell'Occidente: dito puntato contro, emarginazione dalla vita attiva, predicozzo ogni sera e magari il tutto condito anche da parole forti per farli vergognare un po'. Efficacia? Scarsina, a vedere i ben pochi smossi dal green pass e nei primi giorni dal super green pass: è più grande -razionale o irrazionale che sia non importa- la paura del vaccino rispetto a quella di una vita sempre più ristretta dai divieti. Seconda soluzione -quella che oggi riferisce nel suo articolo Dario Martini raccontando uno straordinario incontro di alcuni top manager Pfizer con gli analisti finanziari di Wolfe Resaearch- diametralmente opposta: considerare i no vax alla pari dei vaccinati e trovare una idea in grado di convincerli a proteggersi da un virus che non guarda in faccia a nessuno. Certo Pfizer fa business, che è la sua ragione di vita, e considera tutti uguali: potenziali clienti. Ma la filosofia dovrebbe essere la stessa dei governanti: i governati sono tutti uguali, e bisogna trovare soluzioni più che alzare palizzate e chiudere tutti in recinti. La Pfizer- lo spiega benissimo in quell'incontro finanziario- si è messa a pensare cosa poteva fare per loro, venendo incontro a quella paura e non deridendola. Si è messa a studiare e alla fine è venuta fuori una soluzione: si chiama Paxlovid, ed è la pillola anti-Covid. Gli analisti finanziari hanno chiesto loro: “Ma perché una pillola? Non pensate così di farvi concorrenza da soli, con uno strumento semplice che via farà vendere meno vaccini e alla fine guadagnare assai meno?”. Loro hanno risposto: “ma no, chi si è vaccinato ha provato il beneficio, e farà i richiami necessari. Noi però sappiamo che milioni e milioni di persone nel mondo non si vaccinano o perché non possono per vari motivi medici, o perché semplicemente hanno paura di quell'iniezione. Noi la pillola l'abbiamo messa a punto per dare uno strumento valido per evitare ospedalizzazioni e decessi anche ai non vaccinati”. Non so quanto la scommessa sia azzeccata, ma le premesse ci sono: una pillola è simile a quelle che prendi per farti passare il mal di testa, fare andare giù la febbre o fare passare piccoli malanni a cui siamo da sempre abituati. Non ha grande durata protettiva, e quindi non vale il vaccino. Ma in fondo come ne hai presa una, ne prendi poi un'altra. Al momento l'efficacia della pillola Pfizer già provata dalla sperimentazione contro le gravi forme di Covid è molto alta: intorno al 90%, assai superiore a quella dei concorrenti della Merck (dove i risultati sono stati una doccia gelata: 30% di protezione). Se le autorità di regolazione daranno l'approvazione, Pfizer ha pronto un robusto piano di comunicazione per convincere i riottosi al vaccino a proteggersi in quel modo più semplice. Non so se l'impresa alla fine riuscirà, ma che proprio Big Pharma abbia cercato una strada per raggiungere anche quella possibile fascia di consumatori che sulla carta odiano proprio Pfizer & c, è una lezione ai politici di tutto il mondo e senza dubbio a quelli di non altissimo livello che abbiamo in Italia. Le ragioni del business sono più forti di quella politica fragile che ormai non è in grado di convincere nemmeno i familiari stretti (che spesso manco li votano), ma diventano un vero modello di governo. Un paese si tiene insieme così: includendo, trovando soluzioni buone per tutti, anche molto particolari per qualcuno. Non prendendo a calci nelle parti basse chi non ti segue anche quando questo ti sembrasse del tutto irrazionale, non gettando benzina sul fuoco degli odi vicendevoli, favorendoli pure come sta accadendo. Continuiamo a leggere come l'Italia di Mario Draghi sia un modello per tutto il resto del mondo, e ci si inorgoglisce quando altri paesi copiano il metodo green pass e giù di lì. Io credo invece che sia proprio il modello da non seguire, il più pericoloso in assoluto per la tenuta di una comunità. Per ovvie ragioni in queste ore stavo leggendo sui loro siti cosa sta facendo il governo sudafricano davanti alla nuova variante. Non alza steccati, non divide la gente, ma va al sodo: anche lì si sono vaccinati in milioni, ma sono ancora troppo pochi. Che si fa, si spara ai riottosi che sono pure la maggioranza? No, si cerca di convincerli a proteggersi. Il ministro della salute ogni giorno parla a loro con dolcezza, si fa affiancare da chi sa dare le ragioni della vaccinazione meglio di lui. E prova a ingolosire – un po' perfino a corrompere- i no vax con metodi che qui derideremmo. Se vai all'hub a vaccinarti, ti offro due voucher Uber a mie spese per la corsa d'andata e quella di ritorno. Una volta fatto il vaccino riceverai in premio un buono spesa del governo da spendere subito nel tuo supermercato di fiducia. E mi raccomando, tieni stretto il certificato vaccinale perché ogni settimana girano le palline della lotteria del vaccino, e ci sono migliaia di premi per chi ha fatto la puntura. Ogni settimana quel governo se ne inventa una, coinvolge sponsor per offrire quei premi e alza così la percentuale dei vaccinati. E' un metodo magari un po' tribale, ma molto politico, come lo è quello della pillola Pfizer. Ma sono molto meglio di quelli che usiamo qui. 

Clamoroso: le Big Pharma del vaccino non pagano (quasi) le tasse sulle fiale. Il Tempo il 16 novembre 2021. Pfizer e Moderna pagano pochissime tasse sui giganteschi utili incassati con la vendita dei vaccini in tutto il mondo. Secondo una inchiesta pubblicata dal quotidiano MF Pfizer ha pagato 1 miliardo di euro sui 16 miliardi di utili incassati nei primi 9 mesi del 2021 grazie ai vaccini. Moderna 500 milioni di euro sui 6,3 miliardi di utili da vaccino. Solo la tedesca Biontech ha pagato tasse senza eludere il fisco: 3,2 miliardi di euro sui 7,1 miliardi di utili incassati nei primi nove mesi. Ma come hanno fatto ad eludere le tasse i due colossi Usa? Semplice: trasferendo gli utili in società controllate con residenza in paradisi fiscali o paesi a tassazione ridotta e segreto bancario assicurato. Moderna lo ha fatto spostando gli utili in Delaware e in Svizzera, nonostante avesse ricevuto 4 miliardi di dollari pubblici come contributo alla ricerca sul vaccino. Pfizer ha trasferito gli utili incassati in una società di diritto olandese. Il Covid fa volare gli affari delle multinazionali farmaceutiche.

Sintesi dell'articolo di Isabella Bufacchi per "Il Sole 24 Ore" pubblicata da "La Verità" il 23 novembre 2021. A fine anno la città tedesca di Magonza registrerà entrate fiscali straordinarie per 1 miliardo di euro grazie alle tasse sui profitti pagate dalla società Biontech, che ha la sede proprio nel capoluogo della Renania Palatinato, in via della Miniera d'oro 12. Nei primi nove mesi del 2021 i ricavi totali della casa farmaceutica, che ha creato con Pfizer uno dei vaccini più importanti nella lotta al Covid, sono lievitati a 13,4 miliardi di euro rispetto ai 136,9 milioni dello stesso periodo del 2020. I profitti netti sono stati di 7,1 miliardi di euro contro 351 milioni, e le imposte sul reddito sono pari a 3,2 miliardi. Il sindaco, Michael Ebling, investirà gli introiti aggiuntivi per tagliare le tasse societarie per tutte le aziende, abbattere il debito comunale e insediare 100 aziende innovative con 5.000 nuovi posti di lavoro.

Vaccino J&J, le cifre dei ricoverati dopo l'inoculazione: nei numeri la verità sul siero. Libero Quotidiano il 17 novembre 2021. I dati raccolti da Johnson&Johnson sull’efficacia del suo vaccino e soprattutto di una dose di richiamo hanno spinto l’azienda a presentare all’Ema (Agenzia europea per i medicinali) la richiesta per un pacchetto completo che include la dose singola più quella di richiamo. In sostanza quello di J&J sembra essere un vaccino molto sicuro, che protegge dal Covid al 75% nella somministrazione unica e quasi al 100% con il richiamo. “Stanno circolando dati che possono generare confusione - ha dichiarato l’azienda in una nota - vogliamo essere sicuri che la serie di dati più affidabile e completa sull’efficacia del nostro vaccino sia compresa. Evidenze sempre più robuste supportano un programma di vaccinazione con un vaccino autorizzato che fornisce benefici alle persone in base ai rischi associati al Covid. I dati dimostrano che il vaccino di Johnson&Johnson fornisce protezione quando viene somministrato come dose singola per una risposta efficace in tempi di emergenza pandemica. Quando si somministra una dose di richiamo, la forza di protezione aumenta ulteriormente, soprattutto contro i positivi sintomatici”. I dati raccolti sono molto importanti e soprattutto incoraggianti: l’efficacia di J&J contro le forme gravi di Covid è al 75% con una singola dose, ma sale addirittura al 100% con la seconda. “L’azienda - si legge ancora nella nota - si aspetta anche di condividere nuovi dati che confermino la durata e l’efficacia sostenuta nel tempo del vaccino J&J e la sua capacità di potenziare i vaccini contro Covid a mRna nelle prossime settimane”.

Lettera di Pierluigi Panza a Dagospia il 5 dicembre 2021. Sono un sì vax, ho appena fatto la terza dose, ma non ho capito perché il mio Stato mi impedisca di scegliere il vaccino da somministrarmi. Nel mio piccolo, sulla base di quello che sono stato in grado di comprendere, giusto o sbagliato che sia, mi ero orientato da subito per fare Pfizer. Ricevuta una lettera dalla segreteria di una università preso la quale faccio lezione mi si imponeva una prima dose di AstraZeneca il 18 marzo con aggiunto che, nel caso non ci si fosse presentati si sarebbe finiti dopo “tutti i vaccinati” (!). Erano i giorni in cui AstraZeneca era al centro del dibattito sui media per i casi connessi di trombosi… ma così o niente: eravamo dei “privilegiati”. Con un po’ di timore ci si fa vaccinare. Nelle settimane successive i miei amici, sorelle, nani, ballerine si fanno tutti le loro due belle dosi di Pfizer e possono andare negli Stati Uniti: io no. Tutti i medici e virologi amici si sono già vaccinati con Pfizer e, come loro, gli anziani. Credo anche diversi ministri. Nelle prime settimane di giugno AstraZeneca è di nuovo al centro delle polemiche: alcuni Paesi lo fanno solo agli ultra sessantenni, altri Paesi solo agli under sessantenni, alcuni no alle donne… In questo clima, passati i tre mesi, io devo fare la seconda dose: ovviamente AstraZeneca. Passa l’estate e - non stiamo ad indagare perché - sparisce dall’Italia il vaccino AstraZeneca. Quando si inizia a parlare di terza dose, prima dopo sei mesi e poi dopo cinque, vado sul sito della mia Regione (si ringraziano Colao, la transizione digitale, il ministero per la semplificazione perché alla burocrazia di un tempo abbiamo scoperto che c’è qualcosa di peggio: la burocrazia digitale) e prenoto il giorno che mi danno. Arrivo di fronte, anche questa volta, alla solita neolaureata in medicina che mi chiede se sto bene, se ho avuto reazioni, se ho avuto, il COVID ecc…Niente, sto benissimo. Ma allora, a questo punto, poiché sto seguendo i dettami del mio Stato e il mio Stato ha a disposizione tre vaccini, Pippo, Pluto e Paperino, la dottoressa mi dovrebbe chiedere quale intendo fare. Altrimenti, lo Stato potrebbe stabile di offrire Pippo gratuitamente e gli altri a pagamento (e io posso scegliere). Bene: per quale ragione io non ho potuto fare Pfizer nemmeno alla terza dose? Se io ho messo da parte i miei risparmi per curarmi al meglio potrò scegliere il vaccino più costoso e pagarlo? No, io sto bene, devo fare il meno costoso, anche se controverso o quello da smaltire in magazzino, non posso  andare negli Stati Uniti ed era del tutto inutile che mi facessi un mio piccolo studio su quale vaccino preferire, sebbene basandomi sulle grottesche affermazioni o scritti dei virologi. Che poi vaccino e vacca hanno la stessa radice. Infatti vai al centro vaccinale, efficientissimo grazie al generale, ma un po’ in stile timbratura delle vacche, e ti timbrano con quello che pare a loro, che hanno al momento, perché intanto tu sei un cittadino scemo e non ti spetta alcuna scelta. Se ci sarà un quarto richiamo dirò che sono allergico ai pollini e alla pasta asciutta: magari mi faranno il sospirato Pfizer (che magari è pure il peggiore, ma sarò libero di sceglierlo?).

La lettera: " Rivoglio fare Johnson & Johnson ma lo Stato mi obbliga a Pfizer". Ecco perché ha ragione. Il Tempo il 04 novembre 2021. L'Aifa ha deciso. Gli italiani che si sono sottoposti al vaccino monodose Johnson & Johnson dovranno fare il richiamo con un vaccino a mRna  (Pfizer o Moderna), a sei mesi di distanza dalla prima dose. Una svolta per circa un milione e mezzo di italiani che a partire da maggio scorso hanno scelto il siero di Janssen, che non è più somministrato in Italia.  A tal proposito, riceviamo e pubblichiamo di seguito la lettera di un lettore de Il Tempo che contesta la scelta appena comunicata da Aifa. Le scrivo con riferimento al Vostro articolo in oggetto per rappresentare quanto segue, che spero vivamente Lei voglia pubblicare, volendomene io assumere ogni responsabilità. Ho scelto, in scienza e coscienza, di vaccinarmi con il siero di Johnson & Johnson, in quanto nutro serie perplessità e preoccupazioni sui vaccini a mRna e sugli effetti collaterali a medio e lungo termine, perplessità e preoccupazioni che non sono scemate neanche dopo essermi documentato.  Come asserito da moltissimi scienziati e, ancora stamattina, dal sottosegretario alla Salute Dott. Pierpaolo Sileri, il vaccino «Johnson & Johnson è "molto efficace" e "molto valido", per cui non è vero che chi lo ha fatto è oggi "a rischio"» (fonte iltempo.it, Via libera dell’Aifa al richiamo di Johnson & Johnson, ma con Pfizer o Moderna). La domanda che faccio a Lei, nella speranza che voglia approfondire la questione, è perché io debba essere costretto – ammesso e non concesso che sia disposto a farla – a subire una terza dose eterologa e non possa scegliere di fare un richiamo omologo, come permesso dalla FDA negli Stati Uniti. Questa appare essere, molto semplicemente, una dittatura sanitaria camuffata, posta in essere da chi prima ha fatto investire ingenti risorse pubbliche nel vaccino a vettore virale (Astrazeneca), per poi sposare la causa dei vaccini a mRna e imporlo a tutti, sempre e comunque, senza passare per il Parlamento, come imposto dall’art. 32 della nostra bellissima Costituzione, ma pretendendo di farlo per atto amministrativo. Cui prodest? La risposta la sappiamo tutti: perché c’è qualcuno che ci guadagna, come il Vostro giornale bene spiega oggi nell’articolo "Vaccino d’oro per Pfizer. L’azienda Usa insegue il profitto, lo scandalo sono i conflitti d'interesse". Ciò che Le chiedo è di dare voce a questa battaglia di libertà per il milione e mezzo di vaccinati con il siero di Johnson & Johnson: consentire a ciascuno di loro la libera scelta circa la terza dose, omologa o eterologa, a scelta del vaccinando, come si fa negli Stati Uniti. Se siamo adulti e possiamo votare liberamente, allora possiamo anche scegliere il vaccino che vogliamo farci inoculare. Con stima e cordialità. Avvocato Filippo Manca

Di seguito la risposta del direttore de Il Tempo, Franco Bechis: Caro avvocato, non posso che darle pienamente ragione. Lei ha tutto il diritto di scegliersi il vaccino fra quelli autorizzati dall’Ema e dall’Aifa, e Johnson & Johnson lo è. Non sono uno scienziato e quindi non so dirle se fa una buona scelta o no. Ma devo dire che proprio gli scienziati sono quelli che provocano più sfiducia sui vaccini e sulla retorica che li accompagna, visto che nei mesi hanno detto tutto e l’esatto contrario di tutto. Purtroppo non vengono grandi sicurezze nemmeno dalla lettura dei verbali delle riunioni del Comitato tecnico scientifico, al cui interno le ragioni scientifiche hanno circolato assai poco, sconfitte quasi sempre dalla ragione di Stato o dalla opportunità politica. Ad esempio la decisione di spostare i tempi della seconda dose di Pfizer e Moderna fu adottata dal Cts non per valutazioni scientifiche (non avevano letteratura né studi in proposito, perché nessun altro lo aveva fatto), ma dopo avere capito dal commissario Francesco Paolo Figliuolo che le dosi necessarie a proseguire con quel ritmo non c’erano anche per ritardi nelle consegne delle case farmaceutiche. Fu quello il motivo per cui la seconda dose fu spostata più avanti di due settimane e più, e con la scienza non aveva nulla a che vedere. Allo stesso Cts sanno benissimo, per avere ricevuto prima due studi analitici milanesi e successivamente anche un analogo studio da Roma che su specifiche categorie di pazienti fragili (che non cito per non aumentare il loro dramma) i due vaccini a mRna hanno avuto scarsissimo effetto, con una protezione di molto inferiore al 50%. Nella maggiore parte dei vaccinati quella informazione che con la dose Pfizer o Moderna avrebbe dovuto essere trasmessa, non è arrivata a segno: l’iniezione ha avuto lo stesso effetto di un bicchiere d'acqua bevuto per dissetarsi. Al contrario nei pochi casi in cui a quei pazienti è stato somministrato il vaccino AstraZeneca, la protezione c’è stata con una efficacia superiore al 60%. Visti quei dati, ero certo che avrebbero di conseguenza immaginato di somministrare a quella platea una terza dose di vaccino a vettore virale, che ha una efficacia almeno doppia di quelli a mRna. Invece si è corsi a fare loro la terza dose di Pfizer o Moderna. In privato uno dei virologi più noti e spesso intervistato da tv e giornale mi ha manifestato tutto il suo sconcerto in questo caso davvero da scienziato: «Vorrei che mi dessero una sola ragione al mondo per cui pensino che possa funzionare una terza dose dello stesso vaccino che non ha avuto alcun effetto con la prima e con la seconda dose». Se le scelte scientifiche sono queste, allora non c’è dubbio: bisogna dare a chiunque la possibilità di scegliersi il vaccino da fare. Se non sarà quello giusto almeno si sbaglia da soli assumendosene la responsabilità. Franco Bechis

Così Pfizer ha ottenuto il monopolio dei vaccini. Federico Giuliani su Inside Over il 12 novembre 2021. Tassello dopo tassello, un passo dietro l’altro. BNT162b2, commercializzato con il nome di Comirnaty, è riuscito a farsi strada quasi ovunque, fino a diventare il vaccino anti Covid più diffuso in Occidente. Oggi, il prodotto realizzato dalla multinazionale americana Pfizer e dall’azienda tedesca BioNTech ha letteralmente surclassato la concorrenza. Il Pfizer-BioNTech è stato il primo vaccino della storia contro il Sars-CoV-2 a ricevere l’approvazione da parte di un governo. Il 2 dicembre 2020, l’Agenzia di regolamentazione dei medicinali e dei prodotti sanitari del Regno Unito (Mhra), ha dato il via libera al suo utilizzo in via emergenziale, seguita dalla Commissione europea (21 dicembre), dall’Agenzia italiana del farmaco (22 dicembre) e dall’Organizzazione mondiale della sanità (31 dicembre). La cronologia temporale ha aiutato Pfizer-BioNTech ma sarebbe riduttivo guardare soltanto al calendario per spiegare la sua diffusione. Anche perché poco dopo il suo ingresso in scena, il BNT162b2 è stato accompagnato da altri vaccini: AstraZeneca, Moderna e il monodose Johnson & Johnson. Anzi: questo avrebbe potuto mettere all’angolo il candidato di Pfizer e BioNTech, visto che la concorrenza poteva vantare caratteristiche piuttosto interessanti, a cominciare da un prezzo per ciascuna dose molto più basso (AstraZeneca), una capacità di conservazione più semplice (in normali frigoriferi anziché a temperature di -70 gradi) e l’offerta di un ciclo vaccinale completo formato da una sola dose (Johnson & Johnson, poi allungato a due dosi).

La scalata del vaccino Pfizer-BioNTech

Come ha fatto, allora, il vaccino di Pfizer-BioNTech a imporsi in una maniera simile? In principio condivideva il trono dei vaccini anti Covid assieme ai prodotti lanciati da AstraZeneca e Moderna, seguiti dal monodose Johnson & Johnson. In un secondo momento, il Pfizer-BioNTech è riuscito a sbaragliare la concorrenza. AstraZeneca, che sembrava pronta a prendersi la fetta più grande della torta, è finita ai margini del ring travolta da mille polemiche sui presunti effetti causati dai suoi vaccini su alcune categorie di persone. Oggi il ChAdOx1 è ancora utilizzato nel Regno Unito, in Australia e in numerosi Paesi in via di sviluppo africani, latinoamericani e asiatici.

In Unione europea, Johnson & Johnson ha scontato, proprio come l’AstraZeneca, il fatto di essere un farmaco a vettore virale. Alla fine sono rimasti in due a contendersi la vetta della piramide: Moderna e Pfizer-BioNTech. Alcuni studi sembrerebbero premiare il primo, soprattutto per quanto riguarda la prevenzione del ricovero ospedaliero e l’insorgere di gravi forme del Covid-19 nei pazienti infetti; altri stenderebbero invece un tappeto rosso al secondo. Alla fine, gli accordi e le motivazioni burocratiche (ma non solo quelle) hanno premiato – almeno dal punto di vista mediatico – Pfizer-BioNTech (travolto tuttavia recentemente dal famigerato Pfizergate)

Uno sguardo al futuro

Secondo quanto riportato da Oxfam ed Emergency, grazie a un investimento pubblico di oltre 8,3 miliardi di dollari (in Europa e Stati Uniti) nel 2020, Pfizer, BioNTech e Moderna avrebbero registrato ricavi per 26 miliardi di dollari nel primo semestre dell’anno, con margine di profitto superiore al 69% nel caso di BioNTech e Moderna. L’aumento del prezzo di ogni dose (in alcuni vasi fino a 24 volte il costo di produzione, ma su questo c’è ancora tanta nebbia) ha consentito di ottenere alle tre aziende ricavi eccellenti. I tre nomi citati, fino a questo momento, hanno inoltre deciso di non condividere tecnologie e know-how. Sia chiaro: nonostante le mille polemiche, fino a prova contraria, dal punto di vista legale non c’è niente di male in tutto questo. Si tratta di una legittima strategia aziendale portata avanti in un momento particolare, che può piacere o non piacere. Poiché però le società in questione non sono ong, il loro obiettivo è quello di cercare ricavi.

Nel lungo periodo, aver piantato solide radici in Occidente potrebbe garantire a Pfizer e BioNTech un futuro molto roseo. Ugur Sahin e Ozlem Tureci, co-fondatori di BioNTech hanno spiegato al quotidiano La Repubblica che “la pandemia è stata il battesimo di fuoco per la tecnologia mRna (la tecnologia alla base del vaccino Pfizer-BioNTech, ndr)” e che “i prossimi cinque-dieci anni potrebbero portare a un cambiamento di paradigma in molti dei vaccini esistenti”. L’azienda potrebbe utilizzare la medesima tecnologia per sconfiggere tumori e Hiv. Ottenere la fumata bianca dopo un exploit simile potrebbe garantire un successo economico al quadrato.

PANDEMIE & FINANZA. LE CORAZZATE IN CAMPO E BILL GATES SUPERSTAR. Andrea Cinquegrani su La Voce delle Voci il 10 Novembre 2021. Pandemie, bioterrorismo, emergenze climatiche in salsa finanziaria. Ecco i tre ingredienti base sui quali intende agire la nuova rouling class che sta emergendo rapidamente e costruendo quel ‘Great Reset’ nel quale saremo governati (e al quale saremo sottomessi) nei prossimi decenni. Facendo conto su una leva fondamentale: il terrore, la paura per quello che sta succedendo intorno a noi e che solo i Poteri forti delle neo Elite saranno in grado di contrastare. E per combattere queste guerre possiamo contare su alcuni nuovi strumenti operativi, sempre messi a disposizioni delle tanto umanitarie elite: il ‘Planet Finance’, la ‘Glasgow Financial Alliance for Net Zero’ (GFANZ) e, tanto per giocare meglio alle biologic wars, i ‘Germ Games’ nuovi di zecca. A questo punto non resta che passare in rapida carrellata tanto ben di Dio. 

TUTTI NEL ‘PLANET’

‘Planet Finance’ non è altro che una super sovrastruttura finanziaria in grado di orientare e dirigere immensi flussi di liquidità, monetaria e virtuale, condizionando totalmente i mercati valutari e controllando gli scambi commerciali a livello globale. Insomma, un vero e proprio Moloch che detterà l’agenda economico-finanziaria internazionale. Al timone di Planet Finance è stato scelto un noto economista francese, Jacques Attali, convinto globalista che spesso e volentieri ha vestito i panni dell’accademico ‘illuminato’. Ma qual è il dietro le quinte? Chi sono i burattinai che tirano le fila in questo palcoscenico da mille e una notte? Le grandi banche d’affari, i maxi fondi d’investimento: proprio quelle sigle che, guarda caso, sono le proprietarie delle più cospicue fette azionarie dei colossi di Big Pharma. Basta infatti scorrere l’elenco soci delle stars dei vaccini, ad esempio, per rendersene conto: grosse quote societarie di Pfizer, Moderna, AstraZeneca, Johnson & Johnson sono detenute da istituti di credito, compagnie d’assicurazione, hedge fund. Ma ecco i nomi dei protagonisti in campo, con Planet Finance: BlackRock in pole position, ossia il più potente fondo al mondo; poi Bank of America, Citibank, Banco Santander, HSBC, London Stock Exchange Group, Singapore Exchange e, last but not least, David Rockfeller Fund. Tutti insieme, d’amore e d’accordo, per creare un nuovo sistema di ‘governance finanziaria globale’. Potendo contare sulla fedele collaborazione delle maggiori istituzioni finanziarie globali e nazionali, tra cui in primis la Banca Mondiale e il Fondo Monetario Internazionale.

I PANZER DI GFANZ

Ecco come entra in campo la sinergia con ‘GFANZ’. Per la serie: quando i super ricchi diventato tanto umani e caritatevoli. Il ‘sistema’ previsto, come dettagliano gli esperti, “permetterà a queste istituzioni di fondersi con gli interessi del private banking; un sistema che di fatto arriva a erodere la sovranità nazionale tra i paesi, in particolare tra quelli in via di sviluppo, costringendoli a creare ambienti di affari ritenuti ‘favorevoli’ agli interessi dei membri della nuova alleanza. In sostanza, i potenti interessi bancari che compongono il gruppo spingono l’intero sistema finanziario globale a loro vantaggio, con il pretesto attuale di promuovere la sostenibilità, la green economy”. La nuova alleanza, la ‘Glasgow Financial Alliance for Net Zero’ che si sta celebrando in queste giornate scozzesi di COP26, è stata lanciata ad aprile scorso da John Kerry, l’inviato speciale del capo della Casa Bianca Joe Biden per i cambiamenti climatici. Il progetto, poi, vede la partecipazione di calibri come Janet Yellen, il Segretario del Tesoro negli Usa e – non dimentichiamolo – ex Presidente della strategica ‘Federal Reserve’; e come Mark Carney, dal canto suo inviato speciale delle Nazioni Unite per l’azione e la finanza per il clima, nonché ex numero uno della Bank of England e della Bank of Canada. Una figura strategica, quella di Carney, il quale è anche consigliere finanziario del premier britannico Boris Johnson e, soprattutto, agisce fianco a fianco, nella neo ‘Alliance’, del miliardario a stelle e strisce ed ex sindaco di New York Michael Bloomberg. Quest’ultimo, Bloomberg, è al timone delle navigatissime ‘Bloomberg Philantropies’ e della ‘Climate Finance Leadership Initiative’ (CFLI), in prima fila nella battaglia del secolo, capeggiando gli sforzi statunitensi per combattere i cambiamenti climatici e ‘proteggere’ (sic) l’ambiente. Proprio come intende fare il numero uno al mondo, su questo fronte: Bill Gates, of course. 

SUPER BILL A TUTTO CAMPO

Quel magico Bill Gates che, giorni fa, ha tenuto un memorabile speech al prestigioso think tank ‘Policy Exchange’, intervistato da un pezzo da novanta come Jeremy Hunt, presidente del ‘Health Select Committee’. Uno dei punti focali toccati dal fondatore di Microsoft ha riguardato proprio i ‘Germ Games’, i ‘Giochi dei microbi’, una via di mezzo tra un’Olimpiade e una simulazione pandemica. Proprio come era avvenuto esattamente due anni fa, appena prima dell’esplosione del covid, e cioè ad ottobre 2019, in occasione di ‘Event 201’, che incredibilmente anticipava proprio quel tragico scenario lì lì per verificarsi. Ecco come ricostruisce i fatti il sito di controinformazione ‘Renovatio 21’. “Gates ha lanciato un messaggio alle autorità internazionali, inclusa l’Organizzazione Mondiale della Sanità (di cui è il primo finanziatore privato e tra i primi finanziatori tout court): devono assolutamente agire contro la minaccia rappresentata dal bioterrorismo. E il modo migliore per prevenire la minaccia bioterrorista, secondo Gates, sono i ‘Germ Games’”. Queste le parole del magnate filantropo: “Ci vorrà probabilmente circa un miliardo all’anno per una task force sulla pandemia a livello dell’OMS, che sta facendo la sorveglianza e in realtà fa quelli che chiamo ‘Germ Games’ dove si effettuano le esercitazioni”. Cifra che subito lievita di non poco, perché, a suo parere, “Stati Uniti e Regno Unito dovrebbero spendere decine di miliardi in ricerca e sviluppo” su questo fronte. E ancora, proclama il Vate: “Ci sono epidemie causate naturalmente ed epidemie causate da bioterrorismo che potrebbero essere anche molto peggiori di quelle che abbiamo vissuto oggi e, tuttavia, i progressi della scienza medica dovrebbero darci strumenti con cui potremmo fare notevolmente meglio”. Tra l’altro, dovrà esserci un “nuovo modo” per produrre vaccini in grado di fermare meglio la trasmissione di un virus. Ammaestra Gates: “Sapete, non avevamo vaccini che bloccano la trasmissione. Abbiamo vaccini che ti aiutano con la salute, ma hanno solo leggermente ridotto la trasmissione. Ci vogliono nuovi vaccini”. E’ un fiume in piena, Mago Bill: “Dovremo fare vaccini a buon mercato, avere grandi fabbriche, sradicare l’influenza, sbarazzarci del comune raffreddore, fare vaccini semplicemente con un piccolo cerotto che ti metti sul braccio, cose che saranno incredibilmente utili anche negli anni in cui non avremo pandemie”. Ma in tutti noi saranno inseriti – sottopelle – comodi e pratici chip in grado non solo di veicolare vaccini, ma anche di orientare le nostre azioni, trasformandoci in tanti robottini. Procede a grandi falcate, come si vede, quel traguardo del ‘vaccino universale’ del quale ha di recente parlato, in un’intervista al ‘Corriere della Sera’, Richard Hatchett, il Ceo della ‘Coalition of Epidemic Preparedness Innovation’ (CEPI), la maxi coalizione, appunto, capeggiata dalla ‘Bill & Melinda Gates Foundation’, cui aderiscono il ‘Wellcome Trust’griffato ‘Glaxo’ (una delle star di Big Pharma) e una serie di paesi (UE, Regno Unito, India, Giappone). E si è esibito, Super Bill, anche in una non allegra profezia, nel corso dello speech al ‘Policy Exchange’ think tank. Eccola calda calda: “La prossima epidemia potrebbe avere origine sullo schermo del computer di un terrorista intenzionato a utilizzare l’ingegneria genetica per creare una versione sintetica del virus del vaiolo”.

Non è che poi succede come con ‘Event 201’?

Da una profezia all’altra, torniamo indietro di oltre 40 anni. Quando, nel 1970, l’allora segretario di Stato Usa, Zbigniew Brzezinski, già vide nella sua sfera di cristallo e preconizzò: “Lo Stato nazione che ha rappresentato l’unità fondamentale della vita organizzata dell’uomo, ha cessato di essere la principale forza creatrice: le banche internazionali e le società multinazionali agiscono e pianificano in termini ben più avanzati rispetto ai concetti politici della Stato nazione”. E così è stato. E sempre più rischia concretamente di essere.

Il Pfizergate e la parabola discendente del colosso tecno-farmaceutico. Rec News dir. Zaira Bartucca il 6 novembre 2021. Le rivelazioni del British Medical Journal sulle “pratiche inadeguate” dell’organizzazione di ricerca Ventavia, cui Pfizer aveva affidato la sperimentazione del Comirnaty .

Nuova tegola su Pfizer. Una parabola discendente quella del colosso tecno-farmaceutico: a novembre del 2020 l’annuncio in pompa magna: la multinazionale dai ricavi d’oro ha pronto il preparato “anti-covid” a mRNA, sfornato assieme a BioNTech SE. “Il candidato al vaccino – si affretterà a dire Pfizer – è risultato essere più del 90% efficace nella prevenzione della COVID-19 in partecipanti senza evidenza di precedente infezione da SARS-CoV-2 nella prima analisi provvisoria di efficacia. L’analisi ha valutato 94 casi confermati di COVID-19 nei partecipanti allo studio. Lo studio ha arruolato 43.538 partecipanti, con il 42% con background diversi, e non sono stati osservati seri problemi di sicurezza; Continuano a essere raccolti dati di sicurezza e di efficacia aggiuntiva

Apparentemente incoraggiante – ma nemmeno poi tanto – se non che da lì in poi una serie di eventi scuotono le fondamenta della nascitura campagna di somministrazione di massa dei preparati genici Pfizer. Micheal Yeadon – esperto in biochimica, tossicologia e farmacologia respiratoria con un passato da dirigente nella multinazionale del farmaco, chiede fin da subito di andarci con i piedi di piombo: il “vaccino” – dirà – non è stato testato a sufficienza, quindi è assurdo pianificarne l’inoculazione in miliardi di persone. Dichiarazioni lungimiranti le sue. A gennaio, a campagna avviata da poco, si interrompe bruscamente la vita del dottor Gregory Micheal, colpito dalla trombocitopenia immunitaria acuta che da lì a poco diverrà tristemente nota. A parlare per primo di correlazione – quella che in Italia si farà sempre fatica ad ammettere – dalle colonne del New York Times è il dottor Jerry L.Spivack, esperto di malattie del sangue del polo specialistico John Hopkins Medicine.

Yeadon non è l’unico. La catena di decessi causati da Pfizer nel giro di pochi giorni porta la Cina a chiedere la sospensione del preparato genico. L’Italia di Conte e delle primule di Arcuri, intanto, assiste e insiste incurante. Arriva anche la volta di Israele, che sotto l’ora deposto Netanyahu inaugura uno dei regimi sanitari più cruenti (il primo a introdurre il lasciapassare verde) che farà registrare oltre cinquanta casi ufficiali di miocarditi tra gli under 30 inoculati con Pfizer. Non un bel biglietto da visita per una multinazionale sporcata irrimediabilmente dall’orribile contenzioso di Kano: migliaia di bambini uccisi o resi disabili dal Trovan, l’antibiotico prodotto dall’azienda che sta investendo tutto sulla modifica del DNA umano, spesso senza che i destinatari dei preparati ne siano sufficientemente consapevoli. Già a dicembre dello scorso anno a mettere in guardia da possibili danni irrimediabili ci pensava una dottoressa italiana, che parlava di “iniezioni di materiale genico” e del rischio di contrarre malattie autoimmuni anche letali.

Non desta dunque sorprese quello che sembra l’epilogo della scalata Pfizer, prontamente nominato “Pfizergate“, lo scandalo che getta un’ulteriore luce sinistra sulle “pratiche inadeguate” indirettamente promosse dalla multinazionale farmaceutica e da Ventavia, l’organizzazione di ricerca che si è occupata della sperimentazione del Comirnaty e che avrebbe falsificato i dati sulla sicurezza pur di centrare l’obiettivo della somministrazione di massa. Una somministrazione che ha portato con sé il suo carico di deceduti e danneggiati, anche se pare che Pfizer non ne dovrà mai rispondere, dato che i contratti sottoscritti con i governi di tutto il mondo esonererebbero la multinazionale da tutte le responsabilità, affidando le controversie ad arbitri privati anziché ai Tribunali.

A gettare una luce autorevole sulla vicenda è comunque il British Medical Journal, grazie al contributo del giornalista investigativo Paul D. Tracker e alla sua mirabile opera di ricostruzione, che riportiamo integralmente:

Covid-19: il ricercatore denuncia i problemi di integrità dei dati nella sperimentazione sui vaccini di Pfizer

BMJ 2021; 375 doi:doi.org/10.1136/bmj.n2635 (pubblicato il 02 novembre 2021) Cita questo come: BMJ 2021;375:n2635

Le rivelazioni di pratiche inadeguate presso una società di ricerca a contratto che aiuta a svolgere l’importante sperimentazione del vaccino contro il covid-19 di Pfizer sollevano interrogativi sull’integrità dei dati e sulla supervisione normativa. Rapporti di Paul D Thacker

Nell’autunno 2020 il presidente e amministratore delegato di Pfizer, Albert Bourla, ha pubblicato una lettera aperta ai miliardi di persone in tutto il mondo che stavano investendo le loro speranze in un vaccino contro il covid-19 sicuro ed efficace per porre fine alla pandemia. “Come ho detto prima, stiamo operando alla velocità della scienza”, ha scritto Bourla, spiegando al pubblico quando potevano aspettarsi l’autorizzazione di un vaccino Pfizer negli Stati Uniti. 1

Ma per i ricercatori che stavano testando il vaccino di Pfizer in diversi siti in Texas durante quell’autunno, la velocità potrebbe essere andata a scapito dell’integrità dei dati e della sicurezza del paziente. Un direttore regionale che è stato impiegato presso l’organizzazione di ricerca Ventavia Research Group ha detto al BMJ che la società ha falsificato i dati, ha scoperto i pazienti, ha impiegato vaccinatori non adeguatamente formati ed è stata lenta nel seguire gli eventi avversi riportati nello studio cardine di fase III di Pfizer. Il personale che ha condotto i controlli di qualità è stato sopraffatto dal volume di problemi riscontrati. Dopo aver ripetutamente informato Ventavia di questi problemi, il direttore regionale, Brook Jackson, ha inviato un reclamo tramite e-mail alla Food and Drug Administration (FDA) statunitense. Ventavia l’ha licenziata lo stesso giorno. Jackson ha fornito il BMJ con decine di documenti aziendali interni, foto, registrazioni audio ed e-mail.

Cattiva gestione del laboratorio Sul suo sito web Ventavia si definisce la più grande società di ricerca clinica di proprietà privata in Texas ed elenca molti premi che ha vinto per il suo lavoro a contratto. 2

Ma Jackson ha detto al BMJ che, durante le due settimane in cui è stata impiegata presso Ventavia nel settembre 2020, ha ripetutamente informato i suoi superiori della cattiva gestione del laboratorio, dei problemi di sicurezza dei pazienti e dei problemi di integrità dei dati. Jackson era un revisore esperto in studi clinici che in precedenza aveva ricoperto la posizione di direttore delle operazioni ed è arrivato in Ventavia con più di 15 anni di esperienza nel coordinamento e nella gestione della ricerca clinica. Esasperato dal fatto che Ventavia non risolvesse i problemi, Jackson ha documentato diverse questioni una sera tardi, scattando foto sul suo cellulare. Una foto, fornita a The BMJ, mostrava gli aghi gettati in un sacchetto di plastica a rischio biologico invece che in una scatola di contenitori per oggetti taglienti. Un altro ha mostrato materiali di confezionamento del vaccino con i numeri di identificazione dei partecipanti alla sperimentazione scritti su di essi lasciati all’aperto, i partecipanti potenzialmente non ciechi (riferito agli studi “in cieco”, cioè dove non è possibile conoscere l’identità dei partecipanti, nda). I dirigenti di Ventavia hanno poi interrogato Jackson per aver scattato le foto.

Lo smascheramento precoce e involontario potrebbe essersi verificato su scala molto più ampia. Secondo il progetto dello studio, il personale non in cieco era responsabile della preparazione e della somministrazione del farmaco in studio (vaccino di Pfizer o placebo). Questo doveva essere fatto per preservare l’accecamento dei partecipanti allo studio e di tutto il personale del sito, incluso lo sperimentatore principale. Tuttavia, a Ventavia, Jackson ha detto al BMJ che le stampe di conferma dell’assegnazione dei farmaci venivano lasciate nelle cartelle dei partecipanti, accessibili al personale. Come azione correttiva intrapresa a settembre, a due mesi dall’inizio del reclutamento dello studio e con circa 1000 partecipanti già arruolati, le liste di controllo della garanzia della qualità sono state aggiornate con le istruzioni per il personale per rimuovere le assegnazioni di farmaci dai grafici.

In una registrazione di un incontro alla fine di settembre 2020 tra Jackson e due direttori si può ascoltare un dirigente di Ventavia spiegare che la società non è stata in grado di quantificare i tipi e il numero di errori riscontrati durante l’esame dei documenti di prova per il controllo di qualità. “Nella mia mente, è qualcosa di nuovo ogni giorno”, dice un dirigente di Ventavia. “Sappiamo che è significativo.”

Ventavia non stava al passo con le richieste di immissione dei dati, mostra un’e-mail inviata da ICON, l’organizzazione di ricerca a contratto con cui Pfizer ha collaborato alla sperimentazione. ICON ha ricordato a Ventavia in un’e-mail di settembre 2020: “L’aspettativa per questo studio è che tutte le domande vengano affrontate entro 24 ore”. ICON ha quindi evidenziato in giallo oltre 100 query in sospeso più vecchie di tre giorni. Gli esempi includevano due individui per i quali “Il soggetto ha riportato sintomi/reazioni gravi… Secondo il protocollo, i soggetti che manifestano reazioni locali di Grado 3 devono essere contattati. Si prega di confermare se è stato effettuato un contatto non pianificato e aggiornare il modulo corrispondente come appropriato. Secondo il protocollo della sperimentazione sarebbe dovuto avvenire un contatto telefonico “per accertare ulteriori dettagli e determinare se una visita in loco è clinicamente indicata”.

Preoccupazioni per l’ispezione della FDA

I documenti mostrano che i problemi erano in corso da settimane. In un elenco di “punti d’azione” circolato tra i leader di Ventavia all’inizio di agosto 2020, poco dopo l’inizio del processo e prima dell’assunzione di Jackson, un dirigente di Ventavia ha identificato tre membri dello staff del sito con cui “esaminare il problema del diario elettronico/falsificare i dati, ecc. .” . A uno di loro è stato “consigliato verbalmente di modificare i dati e di non notare l’inserimento tardivo”, indica una nota.

In diversi punti durante la riunione di fine settembre, Jackson e i dirigenti della Ventavia hanno discusso la possibilità che la FDA si presentasse per un’ispezione. «Almeno, quando arriverà la FDA, riceveremo una sorta di lettera informativa. . . lo sappia”, ha dichiarato un dirigente.

Una storia di sviste

Per quanto riguarda la FDA e gli studi clinici, Elizabeth Woeckner, presidente di Citizens for Responsible Care and Research Incorporated (CIRCARE), 3 afferma che la capacità di supervisione dell’agenzia è gravemente insufficiente. Se la FDA riceve un reclamo su una sperimentazione clinica, afferma che raramente l’agenzia ha il personale disponibile per presentarsi e ispezionare. E a volte la svista arriva troppo tardi.

In un esempio, l’organizzazione statunitense per la difesa dei consumatori Public Citizen insieme a dozzine di esperti di salute pubblica hanno presentato una denuncia dettagliata alla FDA nel luglio 2018 su una sperimentazione clinica che non rispettava le normative per la protezione dei partecipanti umani. 4

Nove mesi dopo, nell’aprile 2019, un investigatore della FDA ha ispezionato il sito clinico. Nel maggio di quest’anno la FDA ha inviato alla lista di prova una lettera di avvertimento che ha corroborato molte delle affermazioni nelle denunce. Diceva: “Sembra che tu non abbia aderito ai requisiti legali applicabili e ai regolamenti della FDA che disciplinano la conduzione delle indagini cliniche e la protezione dei soggetti umani“. 5

“C’è solo una completa mancanza di supervisione delle organizzazioni di ricerca a contratto e delle strutture di ricerca clinica indipendenti”, afferma Jill Fisher, professore di medicina sociale presso la University of North Carolina School of Medicine e autrice di Medical Research for Hire: The Political Economy of Pharmaceutical Clinical Prove.

Ventavia e la FDA

Un ex dipendente di Ventavia ha dichiarato al BMJ che la società era nervosa e si aspettava una verifica federale della sua sperimentazione sul vaccino Pfizer.

“Le persone che lavorano nella ricerca clinica sono terrorizzate dagli audit della FDA“, ha detto Jill Fisher al BMJ, ma ha aggiunto che l’agenzia raramente fa altro che ispezionare i documenti, di solito mesi dopo la fine di una sperimentazione. “Non so perché hanno così paura di loro”, ha detto. Ma ha detto di essere sorpresa che l’agenzia non sia riuscita a ispezionare la Ventavia dopo che un dipendente aveva presentato una denuncia. “Penseresti che se c’è una denuncia specifica e credibile che dovrebbero indagare su questo”, ha detto Fisher.

Nel 2007 l’Ufficio dell’ispettore generale del Dipartimento della salute e dei servizi umani ha pubblicato un rapporto sulla supervisione da parte della FDA degli studi clinici condotti tra il 2000 e il 2005. Il rapporto ha rilevato che la FDA ha ispezionato solo l’1% dei siti di sperimentazione clinica. 6

Le ispezioni effettuate dal ramo vaccini e biologici della FDA sono diminuite negli ultimi anni, con appena 50 condotte nell’anno fiscale 2020. 7

La mattina dopo, il 25 settembre 2020, Jackson ha chiamato la FDA per avvertire di pratiche scorrette nella sperimentazione clinica di Pfizer a Ventavia. Ha quindi segnalato le sue preoccupazioni in una e-mail all’agenzia. Nel pomeriggio Ventavia ha licenziato Jackson, ritenuto “non adatto”, secondo la sua lettera di separazione.

Jackson ha detto al BMJ che era la prima volta che veniva licenziata nei suoi 20 anni di carriera nella ricerca.

Preoccupazioni sollevate

Nella sua e-mail del 25 settembre alla FDA, Jackson ha scritto che Ventavia aveva arruolato più di 1000 partecipanti in tre siti. Lo studio completo (registrato con NCT04368728) ha arruolato circa 44 000 partecipanti in 153 siti che includevano numerose aziende commerciali e centri accademici. Ha poi elencato una dozzina di eventi preoccupanti a cui aveva assistito, tra cui:

Partecipanti collocati in un corridoio dopo l’iniezione e non monitorati dal personale clinico

Mancanza di follow-up tempestivo dei pazienti che hanno manifestato eventi avversi

Le deviazioni del protocollo non vengono segnalate

I vaccini non vengono conservati a temperature adeguate

Campioni di laboratorio etichettati erroneamente

Targeting del personale Ventavia per la segnalazione di questi tipi di problemi.

Nel giro di poche ore Jackson ha ricevuto un’e-mail dalla FDA ringraziandolo per le sue preoccupazioni e informandolo che la FDA non poteva commentare alcuna indagine che potesse risultare. Pochi giorni dopo Jackson ha ricevuto una chiamata da un ispettore della FDA per discutere il suo rapporto, ma gli è stato detto che non potevano essere fornite ulteriori informazioni. Non ha sentito più nulla in relazione al suo rapporto.

Nel documento informativo di Pfizer presentato a una riunione del comitato consultivo della FDA tenutasi il 10 dicembre 2020 per discutere la domanda di Pfizer per l’autorizzazione all’uso di emergenza del suo vaccino contro il covid-19, la società non ha menzionato problemi nel sito di Ventavia. Il giorno successivo la FDA ha rilasciato l’autorizzazione al vaccino. 8

Nell’agosto di quest’anno, dopo la piena approvazione del vaccino di Pfizer, la FDA ha pubblicato una sintesi delle sue ispezioni sullo studio cardine dell’azienda. Nove dei 153 siti dello studio sono stati ispezionati. I siti di Ventavia non sono stati elencati tra i nove e negli otto mesi successivi all’autorizzazione di emergenza del dicembre 2020 non sono state effettuate ispezioni nei siti in cui sono stati reclutati gli adulti. L’ufficiale ispettivo della FDA ha osservato: “La parte di integrità e verifica dei dati delle ispezioni BIMO [monitoraggio della ricerca biologica] era limitata perché lo studio era in corso e i dati richiesti per la verifica e il confronto non erano ancora disponibili per l’IND [nuovo farmaco sperimentale].

Conti di altri dipendenti

Negli ultimi mesi Jackson si è riallacciato con diversi ex dipendenti della Ventavia che se ne sono andati o sono stati licenziati dall’azienda. Uno di loro era uno dei funzionari che avevano preso parte alla riunione di fine settembre. In un messaggio di testo inviato a giugno, l’ex funzionario si è scusato dicendo che “tutto ciò di cui ti sei lamentato era a posto”.

Due ex dipendenti di Ventavia hanno parlato con il BMJ in modo anonimo per paura di rappresaglie e perdita di prospettive di lavoro nella comunità di ricerca affiatata. Entrambi hanno confermato ampi aspetti della denuncia di Jackson. Una ha affermato di aver lavorato su oltre quattro dozzine di studi clinici nella sua carriera, inclusi molti studi di grandi dimensioni, ma non aveva mai sperimentato un ambiente di lavoro così “disordinato” come con Ventavia sulla sperimentazione di Pfizer.

“Non ho mai dovuto fare quello che mi chiedevano di fare, mai”, ha detto al BMJ . “Sembrava qualcosa di leggermente diverso dal normale, le cose che erano consentite e previste”.

Ha aggiunto che durante la sua permanenza in Ventavia l’azienda si aspettava un audit federale, ma questo non è mai arrivato.

Dopo che Jackson ha lasciato l’azienda, i problemi sono persistiti alla Ventavia, ha detto questo dipendente. In diversi casi Ventavia non aveva abbastanza dipendenti per fare il tampone a tutti i partecipanti allo studio che avevano riportato sintomi simili al covid, per testare l’infezione. Il covid-19 sintomatico confermato dal laboratorio era l’endpoint primario dello studio, ha osservato il dipendente. (Un memorandum di revisione della FDA pubblicato nell’agosto di quest’anno afferma che durante l’intera sperimentazione non sono stati prelevati tamponi da 477 persone con casi sospetti di covid-19 sintomatico.)

“Non credo che siano stati dati puliti”, ha detto il dipendente dei dati generati da Ventavia per il processo Pfizer. “È un pasticcio pazzesco.”

Un secondo dipendente ha anche descritto un ambiente, alla Ventavia, diverso da tutti quelli che aveva sperimentato nei suoi 20 anni di ricerca. Ha detto al BMJ che, poco dopo che Ventavia ha licenziato Jackson, la Pfizer è stata informata dei problemi alla Ventavia con la sperimentazione del vaccino e che ha avuto luogo una verifica.

Da quando Jackson ha segnalato problemi con Ventavia alla FDA nel settembre 2020, Pfizer ha assunto Ventavia come subappaltatore di ricerca su altri quattro studi clinici sui vaccini (vaccino covid-19 in bambini e giovani adulti, donne in gravidanza e una dose di richiamo, nonché un RSV sperimentazione sui vaccini; NCT04816643, NCT04754594, NCT05035212. Il comitato consultivo dei Centri per il controllo e la prevenzione delle malattie discuterà la sperimentazione del vaccino pediatrico covid-19 il 2 novembre.

Note a piè di pagina

Provenienza e peer review: su commissione; revisione paritaria esterna.

Interessi in competizione: la PDT è stata doppiamente vaccinata con il vaccino Pfizer. Riferimenti

1. Bourla A. Una lettera aperta del presidente e CEO di Pfizer Albert Bourla. Pfizer.

2. Ventavia. Una forza trainante negli studi di ricerca clinica.

3. Citizens for Responsible Care and Research Incorporated.

4. Cittadino Pubblico. Lettera a Scott Gottlieb e Jerry Menikoff. Luglio 2018.

5. Food and Drug Administration. Lettera a John B Cole MD. MARCS-CMS 611902. Maggio 2021.

6. Dipartimento della salute e dei servizi umani Ufficio dell’ispettore generale. La supervisione degli studi clinici da parte della Food and Drug Administration. Settembre 2007.

7. Food and Drug Administration. Monitoraggio della bioricerca.

8. La FDA intraprende un’azione chiave nella lotta contro il covid-19 rilasciando l’autorizzazione all’uso di emergenza per il primo vaccino contro il covid. Dicembre 2020.

Pfizer-gate, le accuse della gola profonda del laboratorio. "Errori e ritardi" spuntano foto e audio rubati. Il Tempo il 04 novembre 2021. Una gola profonda fa scoppiare lo Pfizergate, le accuse rivolte a un gruppo di ricerca che avrebbe falsificato i dati relativi al vaccino anti-Covid dell'azienda americana. Nel mirino è finito il gruppo di ricerca Ventavia, tra quelli incaricati da Pfizerdi valutare l’efficacia del vaccino. A far emergere il caso un articolo del British Medical Journal a firma del giornalista investigativo Paul D. Thacker, che riporta le accuse di una direttrice regionale della Ventavia Research Group, questo il laboratorio finito al centro dello scandalo che riguarda anche la valutazione degli effetti collaterali, i cosiddetti "eventi avversi", del siero contro il coronavirus. La ricercatrice Brook Jackson, ha affermato che il laboratorio avrebbe "impiegato addetti ai vaccini non adeguatamente addestrati" e sarebbe stata "lenta nel seguire gli eventi avversi segnalati nella sperimentazione di fase 3". Il personale che conduceva i controlli di qualità, afferma, era "sopraffatto dalla mole dei problemi che trovava". Dopo aver ripetutamente notificato a Ventavia questi problemi, la direttrice regionale ha inviato una denuncia via e-mail alla US Food and Drug Administration (FDA). Per tutta risposta, Ventavia l’ha licenziata lo stesso giorno. La contromossa della direttrice è stata quella di far uscire le informazioni fornendo al BMJ decine di documenti interni dell’azienda, foto, registrazioni audio e mail. La Jackson ha anche dichiarato alla rivista che, durante le due settimane in cui è stata impiegata a Ventavia (si parla del settembre 2020), ha provveduto a informare "ripetutamente" i suoi superiori "della cattiva gestione del laboratorio, dei problemi di sicurezza dei pazienti e di integrità dei dati". La "pistola fumante" della denuncia è rappresentata da una foto che mostra aghi scartati in un sacchetto di plastica per il rischio biologico invece di una scatola apposita di contenitori per oggetti taglienti. Un’altra prova fotografica riguarda i materiali di imballaggio del vaccino con i numeri di identificazione dei pazienti che partecipavano alla sperimentazione in bella vista. La donna ha anche registrato una riunione a cui ha partecipato insieme a due direttori di Ventavia. Uno di questi direbbe che l’azienda "non era in grado di quantificare i tipi e il numero di errori che trovava quando esaminava i documenti di prova per il controllo qualità". Tuttavia, resta da valutare la portata delle distorsioni che sarebbero avvenute nell'ambito dello studio. "Quello che è stato denunciato al Bmj non è lo scandalo del secolo, è la testimonianza di superficialità e poca accortezza in piccole procedure. Non creiamo panico e insicurezza" ha detto all’Adnkronos Salute Aureliano Stingi, ricercatore in Biologia molecolare e Oncologia genetica e ’fact checker’ contro le fake news dell’Organizzazione mondiale della Sanità (Oms). "Se ci sono errori in un trial clinico vanno denunciati e perseguiti ma attenzione - avverte - anche a non enfatizzare cose che non inficiano la sicurezza del vaccino anti-Covid Pfizer. Sicurezza ed efficacia sono testimoniate dall’Fda, da enormi studi e dalla vita reale, visto anche che il vaccino è stato somministrato a miliardi di persone". 

Pfizer-gate, scende in campo l'Oms: "Reazioni, ci sono stati degli errori. Ma...", come stanno le cose. Libero Quotidiano il 04 novembre 2021. Errori sì, ma non in grado di cambiare il risultato: il vaccino Pfizer è e rimane efficace. Ad assicurarlo l'esperto italiano dell'Organizzazione mondiale della sanità, Aureliano Stingi. Il ricercatore in Biologia molecolare e Oncologia genetica è stato interpellato sulla scoperta di "dati falsificati e del ritardo nel monitoraggio degli effetti collaterali" del vaccino statunitense contro il coronavirus. A riguardo l'esperto rassicura: "Quello che è stato denunciato al Bmj non è lo scandalo del secolo, è la testimonianza di superficialità e poca accortezza in piccole procedure. Non creiamo panico e insicurezza". Il riferimento è all'articolo del British Medical Journal, che ha dato spazio alla denuncia di Brook Jackson, ex impiegata di Ventavia. Quest'ultima altro non è che un laboratorio incaricato dall'azienda di redigere una minima parte dei dati relativi ai trial clinici. La "gola profonda" ha confessato di essere stata testimone di molti "errori", tra i quali problemi di etichettatura che hanno compromesso il sistema di valutazione in "doppio cieco". Non solo, stando a quanto detto dalle fonti la società texana avrebbe impiegato vaccinatori alle prime armi, dunque non adeguatamente formati. "Il personale che ha condotto i controlli di qualità - si legge - è stato sopraffatto dal volume di problemi riscontrati". Ventavia però non è stata l'unica a verificare l'efficienza di Pfizer. Motivo questo per cui Stingi si dice sereno: "Se ci sono errori in un trial clinico vanno denunciati e perseguiti, ma la Fda, vari studi mondiali e i dati che arrivano dalle campagne vaccinali in tutto il mondo sono la dimostrazione reale della sicurezza del vaccino". In totale, infatti, i dati affidati all'azienda texana sono stati mille su 44mila e gli errori evidenziati riguardano siringhe smaltite in modo errato, nomi dei pazienti visibili e due giorni di ritardo nella comunicazione degli effetti indesiderati. Nulla, per l'esperto dell'Oms che possa compromettere "l'affidabilità del vaccino". 

La strumentalizzazione no Vax. Cosa è il Pfizergate, la verità sul presunto scandalo per i “dati truccati” del vaccino anti Covid. Carmine Di Niro su Il Riformista il 4 Novembre 2021. Sulla sicurezza dei vaccini anti-Covid avevano ragione i no vax? È quello che potrebbe pensare un comune utente del web italiano andando su Twitter, dove da alcuni giorni spopola l’hashtag #Pfizergate, come è stato denominato il presunto scandalo che riguarda la casa farmaceutica americana produttrice di uno dei vaccini contro il Covid-19 con la tecnologia mRna. Un presunto scandalo nato dopo un articolo, pubblicato dal Britsh Medical Journal, dal titolo: “Covid-19: un ricercatore denuncia problemi di integrità dei dati nei trial del vaccino Pfizer”. L’autorevolezza del media che ha pubblicato l’articolo ha subito spinto i no vax a mettere in dubbio l’efficacia del vaccino dopo 7 miliardi di somministrazioni in tutto il mondo. Ma cosa dice l’articolo del Bmj, rimbalzato prima sulla stampa francese e poi su quella italiana più ‘scettica’? Innanzitutto va chiarito che non è uno studio medico o una analisi dei dati e quindi una pubblicazione scientifica tradizionale, bensì il racconto di irregolarità da parte di una whistleblower, Brook Jackson, ex direttore regionale della Ventavia Research Group, azienda che aveva collaborato con Pfizer nei trials di sperimentazione del vaccino. Pfizer infatti non può gestire da sola i suoi trials, facendo affidamento dunque su società esterne al gruppo che poi forniscono i dati che il gigante della farmaceutica sottomette alla FDA americane per l’approvazione finale. Nell’articolo Jackson rivela alcune irregolarità e “poor practices”: in pratica alcuni protocolli non sarebbero stati seguiti, in particolare per alcuni partecipanti potenzialmente ‘non ciechi’ perché i numeri identificativi erano stati lasciati incustoditi. Tra le altre negligenze segnalate dall’ex direttore regionale della Ventavia Research Group, licenziata nello stesso giorno in cui aveva inviato un reclamo via email alla Food and Drugs Administration, c’erano anche i ritardi nella consegna dei dati rispetto alle tabelle di marcia previste o siringhe non smaltite correttamente. Ventavia, va chiarito, controlla solo 3 trials su 153 di Pfizer, con i suoi dati che corrispondono a circa mille partecipanti sui 44mila che hanno portato all’autorizzazione da parte della FDA americana e dell’EMA in Europa. Food and Drug Administration che ovviamente ha controllato i siti correlati a Pfizer in cui venivano eseguiti i trials: verifiche sono state eseguite in nove dei 153, non rilevando problemi, anche se tra i nove non vi erano quelli di Ventavia. Insomma, quello che appare evidente è che sul “Pfizergate” vi sia un tentativo, l’ennesimo, di mettere in dubbio i dati sulla sicurezza ed efficacia del vaccino, in realtà sotto gli occhi di tutti. Se proprio si volesse parlare con toni enfatici di questa vicenda, al massimo dovrebbe riguardare Ventavia e non Pfizer. 

Carmine Di Niro. Romano di nascita ma trapiantato da sempre a Caserta, classe 1989. Appassionato di politica, sport e tecnologia

Da adnkronos.com il 4 novembre 2021. Accuse di “falsificazione dei dati” e 'ritardi sul monitoraggio degli effetti collaterali' per il gruppo di ricerca Ventavia, incaricato dalla multinazionale Pfizer di valutare, per una piccola parte, l'efficacia del suo vaccino. A puntare il dito un articolo pubblicato sul British Medical Journal, scritto dal giornalista investigativo Paul D Thacker, che su Twitter scatena il #Pfizergate. Nel lavoro di Ventavia, azienda texana specializzata in sperimentazioni cliniche, ci sarebbero state molte mancanze denunciate anche alla Food and drug administration (Fda) da una testimone interna all'azienda.

Pfizer, esperto Oms: "Errori studi non inficiano sicurezza"

La fonte principale dell'articolo di Bmj è una ex impiegata di Ventavia, Brook Jackson, che ha lavorato due settimane ai test del vaccino Pfizer/BioNTech e che è stata testimone di molti 'errori', tra i quali problemi di etichettatura che hanno compromesso il sistema di valutazione in 'doppio cieco'. Le fonti hanno rivelato al Bmj che la società texana ha impiegato vaccinatori non adeguatamente formati ed è stata lenta nel seguire gli eventi avversi riportati nello studio cardine di fase III di Pfizer. "Il personale che ha condotto i controlli di qualità è stato sopraffatto dal volume di problemi riscontrati", si legge su Bmj.

Da iltempo.it il 4 novembre 2021. Una gola profonda fa scoppiare lo Pfizergate, le accuse rivolte a un gruppo di ricerca che avrebbe falsificato i dati relativi al vaccino anti-Covid dell'azienda americana. Nel mirino è finito il gruppo di ricerca Ventavia, tra quelli incaricati da Pfizerdi valutare l’efficacia del vaccino. A far emergere il caso un articolo del British Medical Journal a firma del giornalista investigativo Paul D. Thacker, che riporta le accuse di una direttrice regionale della Ventavia Research Group, questo il laboratorio finito al centro dello scandalo che riguarda anche la valutazione degli effetti collaterali, i cosiddetti "eventi avversi", del siero contro il coronavirus. La ricercatrice Brook Jackson, ha affermato che il laboratorio avrebbe "impiegato addetti ai vaccini non adeguatamente addestrati" e sarebbe stata "lenta nel seguire gli eventi avversi segnalati nella sperimentazione di fase 3". Il personale che conduceva i controlli di qualità, afferma, era "sopraffatto dalla mole dei problemi che trovava". Dopo aver ripetutamente notificato a Ventavia questi problemi, la direttrice regionale ha inviato una denuncia via e-mail alla US Food and Drug Administration (FDA). Per tutta risposta, Ventavia l’ha licenziata lo stesso giorno. La contromossa della direttrice è stata quella di far uscire le informazioni fornendo al BMJ decine di documenti interni dell’azienda, foto, registrazioni audio e mail. La Jackson ha anche dichiarato alla rivista che, durante le due settimane in cui è stata impiegata a Ventavia (si parla del settembre 2020), ha provveduto a informare "ripetutamente" i suoi superiori "della cattiva gestione del laboratorio, dei problemi di sicurezza dei pazienti e di integrità dei dati". La "pistola fumante" della denuncia è rappresentata da una foto che mostra aghi scartati in un sacchetto di plastica per il rischio biologico invece di una scatola apposita di contenitori per oggetti taglienti. Un’altra prova fotografica riguarda i materiali di imballaggio del vaccino con i numeri di identificazione dei pazienti che partecipavano alla sperimentazione in bella vista. La donna ha anche registrato una riunione a cui ha partecipato insieme a due direttori di Ventavia. Uno di questi direbbe che l’azienda "non era in grado di quantificare i tipi e il numero di errori che trovava quando esaminava i documenti di prova per il controllo qualità". Tuttavia, resta da valutare la portata delle distorsioni che sarebbero avvenute nell'ambito dello studio. "Quello che è stato denunciato al Bmj non è lo scandalo del secolo, è la testimonianza di superficialità e poca accortezza in piccole procedure. Non creiamo panico e insicurezza" ha detto all’Adnkronos Salute Aureliano Stingi, ricercatore in Biologia molecolare e Oncologia genetica e “fact checker” contro le fake news dell’Organizzazione mondiale della Sanità (Oms). "Se ci sono errori in un trial clinico vanno denunciati e perseguiti ma attenzione - avverte - anche a non enfatizzare cose che non inficiano la sicurezza del vaccino anti-Covid Pfizer. Sicurezza ed efficacia sono testimoniate dall’Fda, da enormi studi e dalla vita reale, visto anche che il vaccino è stato somministrato a miliardi di persone".

Tutto quello che c’è da sapere sullo “Pfizergate”. Andrea Muratore su Inside Over il 4 novembre 2021. Nei primi giorni di novembre il British Medical Journal, una delle più autorevoli riviste mediche al mondo assieme a New England Journal of Medicine, The Lancet e Journal of the American Medical Association, ha pubblicato un articolo che devia dalla tradizionale impostazione accademica degli scritti che appaiono sui suoi canali, dando alla luce un editoriale che appare più un pezzo di inchiesta che un’analisi a fini scientifici. A firmare l’articolo, dal titolo Covid-19: Researcher blows the whistle on data integrity issues in Pfizer’s vaccine trial infatti, è un giornalista investigativo, Paul Thacker, che il Bmj ha arruolato per condurre un’inchiesta incentrata sulle rivelazioni di un’ex dirigente del Ventavia Research Group, azienda partner della multinazionale Pfizer nel test del vaccino sviluppato assieme a BioNtech, Brook Jackson. La Jackson, racconta Thacker, avrebbe subito un licenziamento da parte di Ventavia dopo aver denunciato alla Food and Drug Administration statunitense le presunte manchevolezze del gruppo: vaccinatori spesso poco qualificati, dati falsificati e una mala gestione del processo chiave della fase III. Impiegata presso il gruppo texano, la Jackson avrebbe denunciato ai suoi vertici “la cattiva gestione del laboratorio, preoccupazioni per la sicurezza dei pazienti, questioni legate all’integrità dei dati”. Il peso dell’accusa è importante perché la Jackson, chiamata a Ventavia a settembre 2020 nel pieno della corsa al vaccino, è una ricercatrice con “più di 15 anni di esperienza nella coordinazione e nella gestione della ricerca clinica” e, secondo l’articolo del Bmj, avrebbe fornito delle prove fotografiche delle sue accuse che includerebbero anche denunce degli errori nello smaltimento di materiali a rischio come gli aghi per i vaccini. La questione ha già fatto notevolmente parlare di sé, i media francesi hanno ripreso con forza la notizia e “PfizerGate” è giunto in cima alle classifiche dei trend di Twitter. Non è un caso che a cavalcare la notizia siano stati, in particolare, i media e gli esponenti politici maggiormente attivi nella propaganda di notizie critiche sul vaccino Covid-19, che non hanno esitato a portare avanti una vera e propria campagna di informazione parziale su quanto scritto nell’articolo della prestigiosa testata britannica. Ma cosa c’è di attendibile nell’inchiesta che ha dato origine allo “Pfizergate”? Quali le lezioni da apprendere sul fronte scientifico, politico e sociale? Cosa dovrebbe insegnarci sulle modalità di corretta divulgazione dell’informazione scientifica? Su questi temi è doveroso fare chiarezza. E per farlo bisogna innanzitutto conoscere l’uomo a cui il Bmj ha affidato inchiesta

Il detective del settore biotech

In primo luogo, è bene sottolineare che l’autore dell’inchiesta non è certamente un novellino nella professione del giornalismo d’inchiesta. E questo, unitamente al fatto che il Bmj si sia assunto il rischio di pubblicare accuse tanto gravi mettendo sul campo nomi, cognomi e accuse esplicite contro una delle principali aziende biomediche al mondo e, indirettamente, contro Pfizer che ne è cliente e prime contractor, rende la questione di per sé degna di interesse. Classe 1974, Thacker ha alle spalle un curriculum prestigioso non privo di lati controversi. Laureato in biologia, ja promosso inchieste bipartisan che hanno più volte interessato i decisori politici statunitensi. Nel 2006 i democratici seguirono con attenzione le sue denunce sul fatto che, a suo avviso, l’amministrazione Bush stesse marginalizzando politicamente la National Oceanic and Atmospheric Administration (Noaa) subordinando al controllo politico la scelta degli scienziati che potessero parlare dell’allarme sul cambiamento climatico; tre anni dopo, nel 2009 ha lavorato con il Senatore repubblicano dell’Iowa Chuck Grassley a un rapporto sui conflitti d’interesse tra politica e mondo economico nel settore farmaceutico. Nel 2006, inoltre, Thacker aveva rotto i rapporti con una testata con cui collaborava, Environmental Science & Technology, una pubblicazione dell’American Chemical Society (Acs), venendo licenziato con l’accusa di aver pubblicato articoli viziati da un pregiudizio anti-industriale; in seguito ha pubblicato inchieste importanti su testate come il Los Angeles Times e, nel 2016, un articolo sul New York Times in cui chiedeva agli scienziati di “fornire le proprie e-mail” invitando a smascherare chi portava avanti lavori viziati da conflitti d’interesse su temi quali il cambiamento climatico, su cui ai tempi il presidente Barack Obama spingeva molto.

Accuse importanti, ma non decisive

In quest’ottica, è giusto poi passare ad analizzare il merito delle accuse dell’articolo del Bmj. Thacker, giocando di sponda con la Jackson, sostanzialmente identifica quelli che a suo avviso sono i problemi fondamentali nel lavoro di Ventavia:

Incapacità di quantificare e analizzare la portata degli errori nei trials vaccinali

Assenza di monitoraggio sulle reazioni avverse nei test condotti da Ventavia.

Sostanziale lassismo nella correzione dei principali problemi.

Queste preoccupazioni, ha detto Jackson a Thacker, hanno reso la direzione del gruppo decisamente diffidente nei confronti degli audit da parte della Fda statunitense e di altre agenzie di regolamentazione, tanto che i dati del test sarebbero stati periodicamente falsificati e alcune informazioni semplicemente nascoste. Secondo alcuni lavoratori anonimi del Ventavia Research Group consultati dal giornalista d’inchiesta, questa condotta sarebbe continuata dopo il licenziamento di Jackson e la Pfizer continua a utilizzare la società texana per condurre nuovi test sui vaccini.

Va aggiunto che non è la prima volta che il Bmj prende posizione sul vaccino Pfizer. Il 4 gennaio ha pubblicato un articolo di Peter Doshi, associate editor del Bmj, in cui l’autore esprimeva dei dubbi sull’effettiva efficacia dei vaccini approvati in Europa contro il Covid-19 e riguardante i casi di “sospetto Covid-19” che non sarebbero stati analizzati negli studi sui vaccini a mRna (Moderna e Pfizer). Articolo criticato da Marco Cavaleri, responsabile dei vaccini per lʼAgenzia europea per i medicinali, in un’intervista a Quotidiano Sanità, in cui ha dichiarato che “lo studio di fase 3 ha utilizzato un comitato di revisione interno (IRC), un comitato di monitoraggio dei dati (DMC) e un gruppo di revisori di casi interni. L’IRC è indipendente dal gruppo di studio e comprende solo membri interni. Il comitato di monitoraggio dei dati è indipendente dal gruppo di studio e comprende solo membri esterni”. Questo fatto è importante anche alla luce della lettura dell’inchiesta del Bmj. In primo luogo perché Ventavia non è l’unica società che ha partecipato ai trials per il vaccino Pfizer e complessivamente lo studio completo (registrato con NCT04368728) ha visto la partecipazione di circa 44mila partecipanti e di 153 siti distribuiti non solo negli Usa tra diverse accademie e centri di ricerca. A fine dicembre sul New England Journal of Medicine sono stati pubblicati gli esiti del vaccino Pfizer-BioNtech, già autorizzato ai tempi in via anticipata in Gran Bretagna e Canada. I dati dello studio, che ha coinvolto i laboratori Ventavia, dimostrano un’efficacia pari mediamente al 95% nel quadro di un intervallo di confidenza compreso fra il 90,3% e il 97,6%. La presenza di un campione tanto ampio è tale da rendere meno significativo il peso di un caso come quello Ventavia. Inoltre, dei 153 siti registrati da Pfizer la Fda (l’ente regolatore statunitense) ne ha controllati nove, non rilevando problemi. Ventavia non è stato controllato: ma presupponendo la buonafede di Thacker e del Bmj nella pubblicazione dell’inchiesta, è logico supporre che anche invalidando il valore dei mille membri del campione legati all’azienda sotto accusa i risultati del test di Pfizer non varierebbero. Come teorema di Bernoulli (legge dei grandi numeri) prescrive.

Una lezione importante

Parlare di “Pfizergate” è dunque eccessivo. In primo luogo perché la responsabilità del gruppo statunitense in quest’ottica non sarebbe che di secondo grado. In secondo luogo perché l’inchiesta del Bmj non intende negare la validità del vaccino tedesco-americano. In terzo luogo, infine, perché il risultato della campagna vaccinale globale appare una conferma ben più sostanziale. Vi è però una questione importante che ha a che fare con un problema più profondo, l’approccio del mondo scientifico all’informazione e il tema della corretta divulgazione dei test e dei risultati. Inchieste come quella di Thacker possono essere criticate per la matrice del medium scelto come forma di espressione, dato che coniugare un articolo di inchiesta e una testata scientifica di rilevanza globale può creare cortocircuiti informativi, ma non ignorate o squalificate in partenza. Tanto che, contattato da Inside Over per un commento sull’articolo, il professor Pasquale Ferrarese, docente di Microbiologia e Microbiologia Clinica, non ha voluto esprimere un parere sull’articolo dichiarando che questo è “consistente in una indagine di tipo giornalistico, senza dati relativi al possibile effetto sui vaccinati delle anomalie descritte” e dunque non può essere utilizzato per alcuna considerazione di più ampio livello, pur essendo “sicuramente di buona fattura”. Sarebbe dunque una forzatura mettere nella penna di Thacker parole che il giornalista non ha in alcun modo voler esprimere. In ogni caso è indubbio sottolineare il fatto che le aziende del mondo farmaceutico e biotech e il mondo della ricerca sono investiti di una grande responsabilità morale: promuovere la trasparenza scientifica e essere al di sopra di ogni sospetto. Ma al tempo stesso a loro non può essere richiesta giocoforza l’infallibilità, perché così non funziona la scienza. E questa consapevolezza deve essere ben innervata nei media: pensiamo ai casi degli attacchi mediatici inopinati partiti dagli Usa dopo che, a novembre 2020, l’anglo-svedese AstraZeneca annunciò pubblicamente problemi nelle sperimentazioni, o nei successivi attacchi a testa bassa contro il siero alla cui ricerca ha partecipato l’Irbm di Pomezia. Compito delle aziende del settore è saper distinguere tra progresso scientifico e profitto, e evitare incidenti comunicativi come quelli dei mesi scorsi, ma i media devono saper accettare il confronto e evitare di scambiare la fiducia della scienza con un neo-positivismo di facciata che maschera l’oggettiva debolezza di giornalisti e commentatori nel capire le questioni base della scienza odierna.

Ebbene, l’inchiesta del Bmj nasce proprio nella zona d’ombra tra questi due campi. E pur non spostando di un millimetro ogni certificazione sulla validità dei vaccini, né avendo intenzione di farlo, sicuramente può essere una sveglia sull’approccio corretto della scienza all’informazione e dell’informazione alla scienza da tenere mentre il mondo prova, finalmente, a immaginare un futuro post-pandemico.

Dritto e Rovescio, Maria Giovanna Maglie e la teoria del complotto: "Le notizie sul Covid censurate". Libero Quotidiano il 05 novembre 2021. Pandemia e vaccino. Il tema, con quello che sembra essere l'inizio della quarta ondata in Italia, tiene banco a Dritto e Rovescio, il programma di Paolo Del Debbio in onda su Rete 4, la puntata è quella di giovedì 4 novembre ed ospite in studio ecco Maria Giovanna Maglie. Al quale Del Debbio chiede a cosa sia dovuta la sfiducia e critica radicale ai numeri della pandemia. "Sicuramente a una straordinaria opacità nell'informazione, iniziata al principio di questa pandemia - premette la Maglie -. Ricordo che il fisico che ha appena vinto il Nobel, italiano, recentemente in tv, mentre un virologo lo prendeva un po' in giro, continuava a chiedere dei dati, qualcosa da utilizzare per capire cosa è successo", sottolinea con vis polemica. E ancora: "Aggiungiamo che è di queste ore la notizia del Pfizer-gate: un'agenzia avrebbe imbrogliato su alcuni effetti avversi del vaccino. E ancora, questa mattina l'Inghilterra ha approvato la prima medicina che cura il Covid, nel senso: se la si assume entro cinque giorni, anche se hai altre patologie e se hai più di 60 anni riduci vistosamente le possibilità di ricovero", continua. "La domanda è: perché tutto questo non viene raccontato? Perché c'è una censura su questo? Non è colpa degli italiani, non sono tutti no-vax. Ma ora con la terza dose, vi voglio informare, i no-vax aumenteranno di alcuni milioni. La gente si chiederà: ma perché la terza dose? Ecco da dove nasce la sfiducia", conclude profetica la Maglie.

Dritto e Rovescio, "censura sulle cure". Maria Giovanna Maglie e il complotto sul Covid: la profezia sulla terza dose. Giorgia Peretti su Il Tempo il 05 novembre 2021. A Dritto e Rovescio, giovedì 5 novembre, Maria Giovanna Maglie scioglie il nodo attorno alla sfiducia del paese sui vaccini. La giornalista è ospite del talk show di Rete 4, condotto da Paolo Del Debbio dove a tenere banco è la discussione attorno i numeri della pandemia e lo scetticismo di coloro che hanno scelto di non sottoporsi alla dose del vaccino anti-Covid. “Qual è il motivo della diffidenza degli italiani sui numeri ufficiali della pandemia?”, questa la domanda posta dal conduttore. Maria Giovanna Maglie spiega la sua visione. “Sicuramente una straordinaria opacità nell'informazione, iniziata al principio di questa pandemia – premette polemica la Maglie -. Ricordo che il fisico che ha appena vinto il Nobel, italiano, recentemente in tv, mentre un virologo lo prendeva un po' in giro, continuava a chiedere dei dati, qualcosa da utilizzare per capire cosa è successo". Poi prosegue l’affondo: “Aggiungiamo che è di queste ore la notizia del Pfizer-gate: un'agenzia avrebbe imbrogliato su alcuni effetti avversi del vaccino. E ancora, questa mattina l'Inghilterra ha approvato la prima medicina che cura il Covid, nel senso: se la si assume entro cinque giorni, anche se hai altre patologie e se hai più di 60 anni riduci vistosamente le possibilità di ricovero". E infine conclude profetica sui numeri dei detrattori del vaccino: "La domanda è: perché tutto questo non viene raccontato? Perché c'è una censura su questo? Perché c’è il vaccinismo senza limitismo? Non è colpa degli italiani, non sono tutti no-vax. Ma ora con la terza dose, vi voglio informare, i no-vax aumenteranno di alcuni milioni. Perché la gente si chiederà: ma perché la terza dose? Ecco da dove nasce la sfiducia".

Anche Report era una bolla, e i social l’hanno fatta scoppiare. Marco Viviani su L'Inkiesta il 17 aprile 2017. Ho smesso di seguire diligentemente Report, pochi anni fa, dopo alcuni servizi su una materia che conoscevo molto bene (era la questione multinazionali / fisco / webtax; poi parlarono anche di soci...Ho smesso di seguire diligentemente Report, pochi anni fa, dopo alcuni servizi su una materia che conoscevo molto bene (era la questione multinazionali / fisco / webtax; poi parlarono anche di social network) perché fecero in questi casi un lavoro estremamente superficiale. Talvolta completamente fuorviante, persino scorretto. Col tempo mi sono reso conto, empiricamente, che le trasmissioni di inchiesta televisiva mi facevano impressione soltanto quando affrontavano un tema che non conoscevo per nulla, mentre ogni volta che toccavano un tema che studio per lavoro mi risultavano intollerabili per quanto erano banali oppure, peggio, deformanti. Così ho pensato: “Quante probabilità esistono che siano scarsi soltanto in quei temi che conosco e bravissimi in tutti gli altri?”.

IL POST DEL PROFESSOR BURIONI – Si è molto discusso del pessimo servizio fatto dalla trasmissione di Rai3 a proposito del vaccino anti Papilloma virus, e ciò che mi ha colpito sono le centinaia di commenti al post del professor Burioni (noto virologo, una persona seria, pacata) che riportano con precisione assoluta la mia stessa esperienza, cioè la discrasia tra quel che pensi di questi servizi televisivi quando parlano di ciò che non conosci e la sensazione che ti danno invece quando parlano di un argomento che conosci molto bene per ragioni professionali. Credevo, onestamente, fosse un mio pensiero, invece a quanto pare l’abbiamo scoperto tutti, lo pensavamo tutti, o comunque in tanti. Andate a vederli: chilometri di commenti di professionisti di aeronautica, ambiente, alimentazione, ingegneria, che all’unisono denunciano “finché non hanno parlato del tema che conosco bene mi piacevano, poi quella volta che hanno parlato del mio ambito è stato un disastro”. Tutti così.

E SE FOSSERO TUTTE BOLLE? – Questo mi fa pensare con orrore a un’ipotesi: e se le trasmissioni d’inchiesta televisiva fossero tutte bolle? Vuoi vedere che i social, coi loro difetti per carità, stanno facendo scoppiare delle bolle invece di crearne soltanto di nuove? Abbiamo creduto a un giornalismo corretto, coraggioso, di sinistra, dalla parte dei deboli, e invece hanno sempre sparato fregnacce? Oppure sono peggiorati col tempo? E per quali fattori? Se fosse così – va studiato, non intendo farmi trascinare – per me, questa intuizione sul rapporto social/informazione cambia tutto. Pensateci: vi è capitato di vedere un servizio di Report o altre trasmissioni di inchiesta giornalistica che riguardava un tema che conoscete a menadito e averlo trovato tremendamente superficiale, finendo col sospettare che allora in tutti gli altri casi eravate semplicemente ignoranti? Attenzione, non parlo di limitazione del formato: è ovvio che in venti minuti un giornalista non potrà mai racchiudere il sapere di uno specialista. No, io parlo di strafalcioni, dubbi montati ad arte, quell’orribile stile fatto di insinuazioni, una costruzione argomentativa basata su una tesi precostituita che sembra essere la colonna vertebrale dell’inchiesta all’italiana e che sarebbe capace di trasformare anche un santo in un serial killer. Puro esercizio narrativo.

PERFORMANCE EMOZIONALE – Questo modo di fare inchiesta mi sembra manchi sempre della smoking gun, a volte persino si vende come inchiesta ma è una collazione di lavori altrui più una singola intervista che contribuisce a nulla (come nel primo famoso episodio ENI-Report), ma soprattutto sia perlopiù una performance emozionale montata sempre nella stessa maniera: introduzione contestuale con musichetta allegra; montaggio dichiarazioni personaggi influenti; scesa in campo del dubbio, la musica cambia, montaggio articoli di giornale che raccontano episodi variamente contestabili; speaking modalità “mhhh, ho una brutta sensazione”; elencazione di varie documentazioni (molto spesso incomplete oppure omissive) che attesterebbero un certo tipo di “interesse”; intervista al soggetto accusato di avere un interesse; insinuazione del dubbio tramite testimonianza di qualcuno che nella metà dei casi non è riconoscibile oppure ha plateali ragioni per vendicarsi; conclusione “aperta” del servizio. In questo modo hai sempre la sensazione che ci sia del marcio, per forza. Ma l’inchiesta è un’altra cosa. L’inchiesta porta documentazione che altri non hanno, non mette assieme figurine di personaggi che hanno “interessi”. Dimostrare che qualcuno guadagna da qualcosa che ci dice di questa cosa? Nulla. È una specie di moralismo calvinista applicato al giornalismo.

In Italia pubblichiamo precocemente, ci interessa la performance e non il diritto del lettore a essere correttamente informato. Quel servizio sul vaccino era al massimo una bozza, magari anche promettente, ma senza nulla di concreto da portare al pubblico. L’unica notizia possibile è dire se un vaccino fa male, in caso contrario un vago richiamo alla trasparenza, peraltro pure lacunoso e scentrato, va catalogato in altro mestiere: revisori dei conti; burocrati di qualche ente di controllo parastatale. Non certo nella gloriosa definizione di inchiesta giornalistica. Un giornalismo sano avrebbe lasciato quel materiale in “cucina”, non l’avrebbe trasmesso. Certo, le redazioni si raccontano che seguiranno la vicenda a puntate, poi però metà delle cose le perdi per strada (tu lettore o le redazioni stesse) e resta roba fatta male. Ma tanto che importa? Quasi nessuno ne sa più di loro, giusto? Eh, no, sbagliato. Ora la gente si parla, condivide conoscenze in Rete. E forse la bolla è scoppiata. Sotto il post di un bravo scienziato.

«Report diffonde tesi no vax»: interrogazione di Pd, Forza Italia e Italia Viva ai vertici Rai. Ranucci: «Ma cosa hanno visto?». Silvia Morosi su Il Corriere della Sera il 2 novembre 2021. Il Pd, Forza Italia e Italia Viva accusano il programma di Rai 3 Report: «Diffusi contenuti no vax». Il conduttore e giornalista replica: «Credo che i parlamentari non abbiano visto la puntata». Renzi: «Questo non è servizio pubblico». «Sono stufo di queste accuse. Sono vaccinato come tutta la redazione di Report, ma come giornalista devo essere libero di raccontare delle criticità. Quali sarebbero i contenuti no vax? Credo che i parlamentari non abbiano visto il servizio». Così il conduttore di Report, Sigfrido Ranucci, replica alle accuse in merito alla puntata andata in onda ieri sera, lunedì primo novembre. «È da no vax dire che il 9 settembre Aifa si è sbagliata a scegliere con troppa fretta di iniettare Moderna a dose intera quando la stessa azienda sei giorni prima aveva raccomandato metà dose?», dice ancora all’Ansa. E ancora: «È da no vax chiedere che venga fatto il tampone più frequentemente agli infermieri che rischiano di contagiarsi perché cala l’efficacia del vaccino? È da no vax chiedere di sorvegliare con attenzione gli anticorpi per fare prevenzione?». A criticare il programma — e nello specifico il servizio «Non c’è due senza tre», firmato da Samuele Bonaccorsi e Lorenzo Vendemiale — sono stati alcuni parlamentari Pd in Commissione Vigilanza e il deputato di Forza Italia in commissione Vigilanza, Andrea Ruggeri (che ha parlato di «lagna qualunquista»), chiedendo un chiarimento ai vertici Rai: «È andato in onda un lungo compendio delle più irresponsabili tesi no vax e no Green Pass», hanno tuonato. «Un episodio molto grave di disinformazione su una rete del servizio pubblico radiotelevisivo, tanto più discutibile perché avvenuto proprio mentre operatori sanitari, giornalisti ed esponenti delle istituzioni sono obiettivo di manifestazioni no vax e no Green Pass, spesso violente, che si alimentano proprio delle falsità contenute e diffuse dal servizio di Report». Per questo — concludono i parlamentari dem — «abbiamo chiesto al presidente e all'ad della Rai, insieme al direttore di Rai3 Franco Di Mare, se fossero a conoscenza dei contenuti del servizio». Un’accusa ribadita anche da Matteo Renzi, leader di Italia Viva: «Per giudicare la trasmissione mi bastano le parole utilizzate da Ranucci ieri —"la terza dose è il business delle case farmaceutiche" —. Il vaccino non è un business, il vaccino è la salvezza dal Covid. Report non fa servizio pubblico». E a chiedere un chiarimento dei vertici Rai su quanto affermato da Ranucci sono anche in una nota i parlamentari di Italia Viva Michele Anzaldi e Davide Faraone, che hanno presentato una interrogazione in commissione Vigilanza Rai. I parlamentari Pd componenti della Commissione di Vigilanza hanno espresso una posizione, nell’esercizio delle loro funzioni e dell'autonomia dei Gruppi, legata al «timore per la diffusione della propaganda no-vax», si legge in una nota. Questa preoccupazione «non vuole ledere in nulla l’autonomia dei giornalisti e la libertà editoriale di cui è giusto che godano le testate del servizio pubblico. Il Pd da sempre considera essenziale il rispetto di questa autonomia e intende continuare su questa linea». Una posizione, quella del Pd, definita «surreale» dalla Lega: «I dem hanno mantenuto un silenzio complice quando la trasmissione si occupava in maniera assolutamente parziale, e a tratti romanzata, delle inchieste sulla Lega. La campagna vaccinale del governo non è in discussione, ma mettere il bavaglio alla stampa è inaccettabile e pericoloso», ha replicato Massimiliano Capitanio, deputato Lega e capogruppo in Vigilanza Rai. «Adesso la caccia alle streghe prende di mira anche il giornalismo libero e indipendente di Report. A Ranucci e alla redazione, che con i suoi servizi puntuali hanno messo in luce errori gravi e documentati nella campagna vaccinale italiana, va la nostra totale solidarietà», affermano i deputati de L'Alternativa C'è. Da Report «un rigoroso, serio e documentato lavoro giornalistico d'inchiesta come richiede il miglior servizio pubblico. Nessuna tesi no-vax, nessun cedimento a teorie anti-scientifiche», è la posizione del sindacato dei giornalisti Rai UsigRai all'indomani della messa in onda della puntata. Su come è stato prorogato il Green Pass — ha tenuto a precisare, infine, Ranucci — «non abbiamo fatto altro che riportare lo scambio dei documenti intercorsi tra il ministro della Salute e il Cts. Sono no vax anche loro?». Report è «da sempre a favore del vaccino come migliore prevenzione, ma un fatto non ha colorazioni no vax. Cercare di nascondere degli errori è il miglior modo di alimentare chi non crede nel vaccino. Inoltre, la conclusione della puntata era che bisogna fare la terza dose, chiedendo attenzione però a farla ai giovani, e soprattutto che il Green Pass ha validità sei mesi, non 12. Il contrario di quello di cui ci accusano».

Rai, Pd e Forza Italia accusano Report: "Ha trasmesso un servizio che supporta le tesi di No Vax e No Green Pass". Interrogazione a Fuortes. I parlamentari della commissione di Vigilanza puntano il dito contro la trasmissione andata in onda il 1° novembre su Rai3: "L'azienda chiarisca". Il conduttore Ranucci: "Nessun sostegno a chi è contro le vaccinazioni. Che programma hanno visto?". Renzi: "Non è servizio pubblico". La Repubblica il 2 novembre 2021. "Su Report è andato in onda un lungo compendio delle più irresponsabili tesi No Vax e no Green Pass". A mettere sotto accusa la trasmissione d'inchiesta di Rai3 sono i parlamentari del Pd della commissione di Vigilanza Rai, che commentando il servizio Non c'è due senza tre andato in onda lunedì 1° novembre chiedono "un chiarimento" ai vertici dell'azienda con una interrogazione mirata. I dem puntano il dito contro lo spezzone del programma che ha riguardato i vaccini anti-Covid. "Sedicenti infermieri, irriconoscibili e coperti dall'anonimato come se si trattasse di pentiti di mafia - sostengono i parlamentari del Pd - che affermano nel servizio di essersi infettati per responsabilità delle aziende farmaceutiche". E il deputato di Forza Italia in commissione di Vigilanza, Andrea Ruggeri, aggiunge: "Mi spiace ascoltare da Report la lagna qualunquista per cui 'il vaccino è il business delle case farmaceutiche'. La trasmissione della Rai - conclude - dovrebbe esaltare il progresso scientifico e i suoi benefici anziché offrire argomenti agli scettici verso la bontà del vaccino". Accuse che però il conduttore di Report, Sigfrido Ranucci, respinge al mittente. "Sono stufo di queste accuse. Sono vaccinato come tutta la redazione della trasmissione, ma come giornalista devo essere libero di raccontare delle criticità. Quali sarebbero - chiede - i contenuti No Vax? Credo che i parlamentari non abbiano visto il servizio". E il leader di Italia viva, Matteo Renzi, attacca: "Il vaccino non èun business, il vaccino per me è la salvezza. Report non fa servizio pubblico, tutto qui". 

Le accuse del Pd

Secondo i parlamentari del Pd il servizio della trasmissione di Rai3 avrebbe messo in dubbio l'efficacia dei vaccini anti-Covid, sostenendo così le tesi dei No Vax. Nell'inchiesta, spiegano i dem, "un sedicente 'collaboratore del Comitato tecnico scientifico', anch'egli irriconoscibile e anonimo, denuncia la totale imperizia dell'organismo su cui poggiano le decisioni politiche a tutela della salute pubblica dall'inizio della pandemia". E poi ancora sono stati espressi "dubbi sull'efficacia dei vaccini, perplessità sulla durata della copertura degli anticorpi, affermazioni del tutto campate in aria sulla 'larga frequenza di effetti collaterali' dopo la somministrazione del vaccino anti Covid". Inoltre, nella trasmissione ci sono state, per i componenti del Pd della commissione di Vigilanza Rai, "speculazioni dietrologiche sul 'grande business della terza dose' detenuto da 'multinazionali del farmaco' concentrate solo a 'accumulare enormi profitti con la perdita di efficacia della terza dose', oltre che dubbi sulla efficacia del Green Pass e della sua eventuale estensione". Motivo per cui i dem parlano di "un episodio molto grave di disinformazione su una rete del servizio pubblico radiotelevisivo, tanto più discutibile perché avvenuto proprio mentre operatori sanitari, giornalisti ed esponenti delle istituzioni sono obiettivo di manifestazioni No Vax e No Green Pass, spesso violente, che si alimentano proprio delle falsità contenute e diffuse dal servizio di Report''.

La difesa di Ranucci

Il conduttore di Report, Ranucci, però non ci sta e replica piccato: "È da No Vax dire che il 9 settembre Aifa si è sbagliata a scegliere con troppa fretta di iniettare il vaccino Moderna a dose intera quando la stessa azienda Moderna sei giorni prima aveva raccomandato metà dose?". E aggiunge: "È da No Vax chiedere che venga fatto il tampone più frequentemente agli infermieri che rischiano di contagiarsi perché cala l'efficacia del vaccino? È da No Vax chiedere di sorvegliare con attenzione gli anticorpi per fare prevenzione?". L'inchiesta, prosegue Ranucci, "aveva come ospiti scienziati del calibro dei membri del Fda e ha portato come esempio virtuoso Israele che ha già vaccinato il 65% della popolazione studiando il comportamento degli anticorpi, mentre da noi non c'è traccia di uno studio dell'Iss annunciato un anno fa. Solo il laboratorio del Niguarda di Milano sta facendo uno studio volontario". Insomma, per il conduttore quelle dei parlamentari sono solo accuse infondante. "Solo un infermiere del servizio non è apparso in video, ma gli altri - spiega - a cominciare dai sindacati, ci hanno messo la faccia e non esiste nessuna infermiera che dice di essersi infettata a causa delle case farmaceutiche. Non so quale programma abbiano visto". Infine, Ranucci ricorda come si è concluso il servizio andato in onda ieri. Nel finale della puntata, dice, si è sottolineato che "bisogna fare la terza dose, chiedendo attenzione però a farla ai giovani, e soprattutto che il Green Pass ha validità sei mesi non 12. Il contrario di quello di cui ci accusano. Semmai - conclude - c'era un messaggio etico: pensiamo anche a vaccinare chi nel terzo mondo non ha neppure la prima dose".

Da lastampa.it il 2 novembre 2021. «Ieri sera su Report è andato in onda un lungo compendio delle più irresponsabili tesi No vax e No Green Pass; chiediamo un chiarimento ai vertici Rai». Le parlamentari e i parlamentari Pd membri della Commissione di Vigilanza Rai, contestano il servizio «Non c'è due senza tre». «Sedicenti infermieri, irriconoscibili e coperti dall'anonimato come se si trattasse di pentiti di mafia - dicono i parlamentari del Pd - affermano di essersi infettati per responsabilità delle aziende farmaceutiche. Un sedicente “collaboratore del Comitato Tecnico Scientifico”, anch'egli irriconoscibile e anonimo, denuncia la totale imperizia dell'organismo su cui poggiano le decisioni politiche a tutela della salute pubblica dall'inizio della pandemia». Questo e molto altro - osservano i parlamentari Pd - è lo spettacolo a cui hanno assistito ieri sera i telespettatori italiani su Rai Tre. L’elenco delle contestazioni ai temi affrontati è lungo: «Dubbi sull'efficacia dei vaccini, perplessità sulla durata della copertura degli anticorpi, affermazioni del tutto campate in aria sulla “larga frequenza di effetti collaterali”' dopo la somministrazione del vaccino, speculazioni dietrologiche sul “grande business della terza dose” detenuto da multinazionali del farmaco concentrate solo “ad accumulare enormi profitti con la perdita di efficacia della terza dose”, fino ai dubbi sulla efficacia del Green Pass e della sua eventuale estensione». Stesse accuse arrivano da Marco Di Maio, vice-presidente del gruppo di Italia Viva alla Camera: «La tv pubblica – dice – dovrebbe sapere che la terza dose non è solo “il business delle case farmaceutiche”, ma prima di tutto l'arma più potente che abbiamo per proteggere le persone più fragili da un virus mortale». Anche Matteo Renzi attacca Report su Twitter: «In queste ore ricevo l'ennesimo attacco. Per giudicare la trasmissione mi bastano le parole di Ranucci: la terza dose è il business delle case farmaceutiche. Il vaccino non è un business, è la salvezza dal Covid». Secondo i parlamentari Pd «nel servizio “Non c'è due senza tre” firmato da Samuele Bonaccorsi e Lorenzo Vendemiale è andato in onda un lungo compendio delle più gravi e irresponsabili tesi antivacciniste». «Un episodio molto grave di disinformazione su una rete del servizio pubblico radiotelevisivo, tanto più discutibile perché avvenuto proprio mentre operatori sanitari, giornalisti ed esponenti delle istituzioni sono obiettivo di manifestazioni No Vax e No Green Pass, spesso violente, che si alimentano proprio delle falsità contenute e diffuse dal servizio di Report». Per questa ragione - concludono i parlamentari - abbiamo chiesto al presidente e all'amministratore delegato della Rai, insieme al direttore di RaiTre Franco Di Mare, se fossero a conoscenza dei contenuti del servizio, se ne avessero avallato la diffusione, e quali iniziativa intendono mettere ora in campo per ristabilire un livello corretto e veritiero di informazione sui vaccini anti Covid, sul lavoro del Comitato Tecnico Scientifico e sulle decisioni assunte dal Parlamento e dal Governo a tutela della salute pubblica dall'avvio dell'epidemia di Covid 19 e fino ad oggi». Secca la risposta del conduttore di Report, Sigfrido Ranucci: «Sono stufo di queste accuse. Sono vaccinato come tutta la redazione, ma come giornalista devo essere libero di raccontare delle criticità. Quali sarebbero i contenuti no vax? Credo che i parlamentari non abbiano visto il servizio». Ranucci ribatte punto per punto alle contestazioni: «È da no vax dire che il 9 settembre Aifa si è sbagliata a scegliere con troppa fretta di iniettare il vaccino Moderna a dose intera quando la stessa azienda Moderna sei giorni prima aveva raccomandato metà dose? È da no vax chiedere che venga fatto il tampone più frequentemente agli infermieri che rischiano di contagiarsi perché cala l'efficacia del vaccino? È da no vax chiedere di sorvegliare con attenzione gli anticorpi per fare prevenzione?». L'inchiesta di Report, puntualizza, «aveva come ospiti scienziati del calibro dei membri del Fda e ha portato come esempio virtuoso Israele che ha già vaccinato il 65% della popolazione studiando il comportamento degli anticorpi, mentre da noi non c'è traccia di uno studio dell'Iss annunciato un anno fa. Solo il laboratorio del Niguarda di Milano sta facendo uno studio volontario». Ranucci precisa inoltre che «solo un infermiere non è apparso in video, ma gli altri, a cominciare dai sindacati, ci hanno messo la faccia», e che «non esiste nessuna infermiera che dice di essersi infettata a causa delle case farmaceutiche. Non so quale programma abbiano visto». Sulla questione della proroga del Green Pass - dice ancora Ranucci - «non abbiamo fatto altro che riportare lo scambio dei i documenti intercorsi tra il ministro della Salute e il Cts. Sono no vax anche loro? Report è da sempre a favore del vaccino come migliore prevenzione, ma un fatto non ha colorazioni no vax. È un fatto, punto. Che piaccia o no. Cercare di nascondere degli errori è il miglior modo di alimentare chi non crede nel vaccino. Inoltre, la conclusione della puntata diceva che bisogna fare la terza dose, chiedendo attenzione però a farla ai giovani, e soprattutto che il Green Pass ha validità sei mesi non 12. Il contrario di quello di cui ci accusano». Semmai, secondo Ranucci, «quello della trasmissione era «un messaggio etico: pensiamo anche a vaccinare chi nel Terzo Mondo non ha neppure la prima dose».

"Terza dose è business". Ora scoppia la bufera su Report. Francesco Boezi il 2 Novembre 2021 su Il Giornale. Il conduttore di Report ha parlato della terza dose alla stregua di un "business" delle case farmaceutiche. Reagisce il mondo scientifico: "Mi chiedo se sia giornalismo". Il servizio pubblico non può parlare della terza dose di vaccino anti-Covid19 alla stregua di un mero "business delle case farmaceutiche": la bufera che in queste ore si è abbattuta su Report parte da un presupposto semplice. Nel corso dell'ultima puntata della trasmissione che va in onda su Rai3, il conduttore Sigfrido Ranucci se n'è uscito così: "É ovvio che la terza dose è il business delle case farmaceutiche". Un'affermazione che sembrerebbe carezzare l'emisfero di chi pensa che dei vaccini si debba dubitare e che i passi avanti fatti siano più legati alle logiche economiche ed agli interessi privati che alla progressione scientifica. Il che, se possibile, è ritenuto ancor più grave per la sede in cui quella frase è stata pronunciata: la televisione pubblica. I dati emersi sui decessi dovuti al Covid 19 consigliano maggiore prudenza: sono 5 milioni le persone morte a causa del virus che ha sconvolto il pianeta, così come annotato dal Giornale con un articolo a firma di Maria Sorbi. E il vaccino, ad oggi, è l'arma di cui l'umanità dispone per continuare a contrastare la diffusione virale. La terza dose potrebbe rivelarsi decisiva per evitare un'ennesima ondata. Chi ha una concezione anti-scientista, magari, può accostare la ricerca medico-scientifica al "business" senza colpo ferire. Da un giornalista che conduce un programma in Rai, però, ci si aspetterebbe altro. Per Andrea Ruggieri, parlamentare di Forza Italia, quella di Report è stata una "lagna qualunquista". La trasmissione dovrebbe "esaltare il progresso scientifico ed i suoi benefici anziché offrire argomenti agli scettici verso la bontà del vaccino", ha fatto presente il deputato forzista. La politica, però, non è l'unico settore che ha voluto dire la sua sull'accaduto: alcuni divulgatori scientifici, peraltro di chiara fama, hanno preso un'immediata posizione "contro" la tesi di Ranucci. La biotecnologa Beatrice Mautino, una delle pioniere delle comunicazione scientifica in Italia, ha cinguettato senza troppi giri di parole: "La prima lettera a Report l’ho scritta nei primi anni duemila - ha rivelato su Twitter - . Ero una dottoranda e avevo visto un servizio che parlava di qualcosa che conoscevo e che era stato stravolto nel loro racconto. Da allora è capitato spesso. Lo chiamano giornalismo a tesi. Mi chiedo se sia giornalismo". Tra le risposte alla Mautino, quella di Dario Bressanini, un altro gigante della divulgazione scientifica italiana: "Solito problema - ha premesso - chi non conosce l'argomento pensa che Report sia giornalismo. Chi conosce il tema capisce al volo che è una porcheria spacciata per Grande Inchiesta. Ormai l'ho fatto notare fin troppe volte - chiosa il chimico - che ormai basta, anche perché poi arrivano i fan con la bava alla bocca". Tra chi ironizza sul "Premio Puzzer" che andrebbe assegnato a Ranucci e chi, scherzando meno, si chiede come mai non siano state definite "business" pure la prima e la seconda dose vaccinale, la frase del conduttore di Report ha monopolizzato il dibattito su Twitter per qualche ora. La scienza è una cosa seria - come hanno sottolineato prestigiosi operatori del settore - e non risultano esistere spazi per fare del grillismo televisivo. In specie dinanzi a dati che continuano a raccontare un dramma globale. Qualcosa da cui proprio la terza dose promette di metterci, di nuovo, al riparo. Anche il Partito Democratico, inoltre, si è scagliato contro la narrativa presentata in corso di trasmissione: "Sedicenti infermieri, irriconoscibili e coperti dall'anonimato come se si trattasse di pentiti di mafia - hanno rimarcato dalle parti del partito del Nazareno, soffermandosi sul servizio andato in onda - che affermano nel servizio di essersi infettati per responsabilità delle aziende farmaceutiche", così come ripercorso da Repubblica.

Poi altre critiche sulla struttura stessa di quanto esposto sotto il profilo giornalistico. Il Partito Democratico, attraverso i parlamentari che siedono in commissione di Vigilanza Rai, hanno parlato di "speculazioni dietrologiche sul 'grande business della terza dose' detenuto da 'multinazionali del farmaco' concentrate solo a 'accumulare enormi profitti con la perdita di efficacia della terza dose', oltre che dubbi sulla efficacia del Green Pass e della sua eventuale estensione". La bufera abbattutasi su Report è dunque bipartisan.

Francesco Boezi. Sono nato a Roma il 30 ottobre del 1989, ma sono cresciuto ad Alatri, in Ciociaria. Oggi vivo in Lombardia. Sono laureato in Scienze Politiche e Relazioni Internazionali presso la Sapienza di Roma. A ilGiornale.it dal gennaio del 2017, mi occupo e scrivo soprattutto di Vaticano, ma tento spesso delle sortite sulle pagine di politica interna. Per InsideOver seguo per lo più le competizioni elettorali estere e la vita dei partiti fuori dall'Italia. Per la collana "Fuori dal Coro" de IlGiornale ho scritto due pamphlet: "Benedetti populisti" e "Ratzinger, il rivoluzionario incompreso". Per la casa editrice La Vela, invece, ho pubblicato un libro - interviste intitolato "Ratzinger, la rivoluzione interrotta". Nel 2020, per le edizioni Gondolin, ho pubblicato "Fenomeno Meloni, viaggio nella Generazion

"Il servizio di Report? Assist ai complottisti". Francesco Curridori il 4 Novembre 2021 su Il Giornale. "I vaccini sono un business per le Big Pharm". Questa è stata la tesi su cui si è basata l'ultima puntata di Report. «I vaccini sono un business per le Big Pharm». Questa è stata la tesi su cui si è basata l'ultima puntata di Report. Una tesi che ha scatenato il dibattito politico, con critiche e accuse che sono arrivate sia dal deputato forzista Andrea Ruggieri sia da vari esponenti del Pd. Ma anche il deputato renziano Michele Anzaldi, segretario della Commissione di Vigilanza Rai, sentito dal «Giornale», chiarisce: «Un'inchiesta televisiva non è un articolo di giornale, non la si legge con calma seduti al tavolo o sul divano, ma la si vede mentre magari si fanno altre cose, mentre in casa si è con la famiglia o gli amici, la si segue anche distrattamente». L'esponente di Italia Viva ritiene che Sigfrido Ranucci, conduttore della trasmissione, sia «troppo esperto per non rendersi conto che quel servizio, costruito con continue insinuazioni e dubbi non fondati scientificamente, ha avuto solo l'effetto di dare nuova benzina alle teorie complottistiche dei no vax e di aumentare ancora di più la diffidenza dei dubbiosi». Anzaldi è convinto che, in un momento così delicato, la Rai non possa alimentare i complottismi: «Se il messaggio è che la terza dose è il business delle case farmaceutiche, che il green-pass non ha un fondamento scientifico e che la durata della copertura dei vaccini è sconosciuta, il telespettatore che ha ancora qualche dubbio se vaccinarsi cosa deve pensare?». Il deputato renziano, mai tenero né con la Rai né con Report, oltre a rimarcare la totale mancanza di contraddittorio durante tutta la puntata, pone l'accento anche su altre questioni. «Non si capisce - conclude Anzaldi - come si possa sostenere da una parte che l'estensione del green-pass a un anno sarebbe stata una scelta politica arbitraria, poiché l'immunità inizierebbe a calare a 6 mesi dalla somministrazione, e poi parlare della terza dose come di un business di Big Pharma». Ieri, intanto, il Condacons ha presentato un esposto alla Procura di Roma chiedendo di avviare un'indagine sulla «terza dose».

"Vi spiego perché Report alimenta complottismi". Francesco Curridori il 4 Novembre 2021 su Il Giornale. Michele Anzaldi, segretario della Commissione di Vigilanza Rai, critica duramente l'ultima puntata di Report dedicata ai vaccini e dice: "Intervengano i vertici di piazza Mazzini". “Un’inchiesta televisiva non è un articolo di giornale, non la si legge con calma seduti al tavolo o sul divano, ma la si vede mentre magari si fanno altre cose, mentre in casa si è con la famiglia o gli amici, la si segue anche distrattamente”. Il deputato di Italia Viva, Michele Anzaldi, segretario della Commissione di Vigilanza Rai, critica duramente l'ultima puntata di Report dedicata ai vaccini.

Il conduttore di “Report” Sigfrido Ranucci, però, si è difeso dicendo di aver fatto solo giornalismo. Lei, onorevole Anzaldi, cosa ne pensa?

“Ranucci è troppo esperto di televisione per non rendersi conto che quel servizio, costruito in quel modo, con continue insinuazioni, dubbi non fondati scientificamente, domande retoriche e allusioni ha avuto solo l’effetto di dare nuova benzina alle teorie complottistiche dei no vax e di aumentare ancora di più la diffidenza dei dubbiosi dei vaccini. Nel momento in cui tutto l’impegno del Governo è proiettato ad accelerare le vaccinazioni per mettere in sicurezza la salute pubblica, il servizio pubblico alimenta complottismi sui vaccini. Perché? È questo che dovrebbe fare l’informazione pubblica? Il caso Trieste insegna che andare dietro ai no vax e no green-pass può portare a nuove chiusure. Vogliamo tornare al lockdown? Ci siamo già dimenticati i 130mila morti causati in Italia dalla pandemia? Ci siamo dimenticati dei pesantissimi danni economici che abbiamo subìto?”.

Non condivide il metodo giornalistico della trasmissione?

“Si tratta di un metodo giornalistico che, purtroppo, abbiamo visto negli ultimi mesi applicato anche ad una parte della politica, basti vedere i ripetuti e ossessivi servizi contro Matteo Renzi che si replicano ormai a cadenza quasi settimanale. In questo caso, però, non si parla di politica, non è una questione di par condicio o di pluralismo, che pure dovrebbero essere temi costituenti per l’informazione del servizio pubblico. Qui si parla di un tema delicato e decisivo come la campagna vaccinale, da cui dipendono la salute degli italiani e la possibilità di tornare a vivere normalmente: su questo la Rai del presidente Draghi non può davvero permettersi errori, perché di mezzo c’è la tutela della salute pubblica”.

Certo è che stavolta Report ha unito destra e sinistra...nelle critiche. O sbaglio?

“Per una volta su una questione Rai ho atteso ad uscire per ultimo proprio per vedere se le mie impressioni sulla puntata fossero state condivise anche da altri, per evitare che ci fossero fraintendimenti o retropensieri politici. E infatti a dichiarare per primi sono stati colleghi moderati di altri partiti, a partire da Pd e Forza Italia, oltre alle tante lamentele dei telespettatori sui social, perché quella puntata è apparsa oggettivamente stonata”.

Quindi lei attacca la costruzione complessiva del servizio di “Report”?

“Se il messaggio, condito con interviste nascoste, volti oscurati, presunte rivelazioni è che la terza dose è il business delle case farmaceutiche, il Cts brancola nel buio ed esegue gli ordini del governo, il green-pass non ha un fondamento scientifico, la durata della copertura dei vaccini è sconosciuta, insomma se si mettono insieme tutti questi messaggi il telespettatore che magari ha ancora qualche dubbio se vaccinarsi cosa deve pensare? Una trasmissione del servizio pubblico non può ignorare gli effetti che un suo servizio può avere. Come ha detto Matteo Bassetti, direttore della clinica di malattie infettive del Policlinico San Martino di Genova, quel servizio ha contribuito di più a creare confusione nella gente che ad aiutarla a capire, in particolare perché è stata sentita una sola campana, non c’è stato contraddittorio. Il servizio pubblico può permettersi una mancanza del genere, a maggior ragione su questioni sanitarie? Inoltre non si capisce come nella stessa inchiesta si possa sostenere da una parte che l’estensione del Green Pass a un anno sarebbe stata una scelta politica arbitraria, poiché l’immunità inizierebbe a calare a 6 mesi dalla somministrazione, e poi parlare della terza dose come di un business di Big Pharma”.

Report, bufera in vigilanza Rai. "Servizio in favore dei No Vax". Ranucci: "Fatto giornalismo"

Cosa si aspetta ora dai vertici Rai?

“Già nel 2017 Report diede spazio a teorie antivacciniste. Una puntata che fu smontata punto per punto dal virologo Burioni e dalla quale prese le distanze in Vigilanza anche l’allora presidente del Cda Maggioni. Purtroppo, però, la trasmissione ci è ricaduta, oltretutto in un momento così critico come la situazione pandemica. Report è un marchio storico dell’informazione Rai, un patrimonio dell’azienda e proprio per questo va difeso anche dalla deriva presa ormai da un po’ di tempo, con la qualità delle inchieste precipitata dopo l’addio di Milena Gabanelli”.

Permette una domanda maliziosa? Il fatto che Ranucci abbia dedicato varie puntate a Matteo Renzi, per caso, offusca i suoi parametri di giudizio?

“No. La verità è che ultimamente abbiamo, assistito ad una vera e propria ossessione per Renzi da quando è caduto il governo Conte. C'è stata una riproposizione continua sempre delle stesse questioni e degli stessi spezzoni video – addirittura ripetuti due volte nella stessa puntata – mentre ad esempio vediamo che altri partiti non vengono mai toccati. Finora non abbiamo visto niente sui presunti fondi del regime venezuelano al Movimento 5 stelle, sulle indagini che riguardano l’avvocato Di Donna ex collega di Conte. Speriamo di essere smentiti presto. Come mai se l’ex dirigente dei servizi Mancini incontra Renzi, questo incontro è oggetto di una decina di puntate, mentre il fatto che abbia incontrato anche Di Maio viene a malapena citato?”.

Quindi crede che l’amministratore Fuortes debba intervenire?

“Da Fuortes credo che i cittadini che pagano il canone si attendano finalmente una svolta all’informazione, dopo che gli anni gialloverdi hanno portato la Rai al punto più basso. E soprattutto l’amministratore delegato nominato da Draghi ha il dovere della trasparenza. Sui giornali si parla di presunti incontri che avrebbe avuto con alcuni leader politici, dopo aver rivendicato peraltro che a lui i partiti non lo chiamerebbero. Davvero Fuortes ha visto Di Maio, Salvini, Letta? Delle due l’una: o questi incontri sono fake news, e allora la Rai ha il dovere di smentire; oppure gli incontri ci sono stati, e allora al termine di un incontro istituzionale la Rai ha il dovere di fare un comunicato ufficiale per dire di cosa si è parlato. Altrimenti che tipo di incontri sarebbero stati?”.

Francesco Curridori. Sono originario di un paese della provincia di Cagliari, ho trascorso l’infanzia facendo la spola tra la Sardegna e Genova. Dal 2003 vivo a Roma ma tifo Milan dai gloriosi tempi di Arrigo Sacchi. In sintesi, come direbbe Cutugno, “sono un italiano vero”. Prima di entrare all’agenzia stampa Il Velino, mi sono laureato in Scienze della Comunicazione e in Editoria e Giornalismo alla

Sigfrido Ranucci, l'affondo di Alessandro Sallusti: "Vaccino e soldi? Ecco perché è un vigliacco". Libero Quotidiano il 03 novembre 2021. Si parla della polemica che ha travolto Sigrfrido Ranucci, conduttore di Report su Rai tre, da Myrta Merlino a L'aria che tira, su La7, nella puntata di oggi 3 novembre e Alessandro Sallusti osserva: "Non entro mai in casa d'altri, ognuno fa informazione come meglio credo, però la cosa grave e vigliacca è quella di insinuare un dubbio". Ranucci infatti aveva mandato in onda un servizio sugli affari che fanno le case farmaceutiche con i sieri anti-Covid e ora con la terza dose. "È una notizia ovvia che le case farmaceutiche facciano una montagna di soldi con i vaccini", prosegue il direttore di Libero, "sarebbe come dire che le case che costruiscono preservativi hanno fatto miliardi grazie all'Aids". "Sì, è vero", sottolinea Sallusti, "c'è una malattia e c'è un rimedio". Quindi, spiega il direttore, "certo, le aziende fanno business ma il problema è insinuare il dubbio che questo business è inutile, sarebbe come dire che i preservativi non servono per salvarsi dall'Aids. Che i preservativi servono solo a far fare i soldi alle aziende che li realizzano. Questo è grave, anche perché è servizio pubblico". Ranucci, da parte sua ha cercato di difendersi: "Quando mi accusano di 'qualunquismo' sul business della terza dose da parte delle aziende farmaceutiche, voglio dire che noi non abbiamo fatto altro che raccontare quello che lo stesso manager della Pfizer ha detto ai propri investitori in un incontro riservato a marzo. Sono loro che a marzo, ancora prima che scadesse la prima dose, hanno parlato della possibilità di fare il business con la terza dose", spiega il giornalista.

Dagospia il 5 novembre 2021. Dal profilo Facebook di Selvaggia Lucarelli. Ilaria Mogno (ricercatrice in ambito biomedico presso il Mont Sinai Hospital di New York) ha visto la famosa inchiesta di REPORT. Da scienziata ne ha fatto un resoconto, smontandola pezzo per pezzo: Ho finalmente avuto il piacere di vedere tutta la famosa puntata di report. Mi sono anche scritta gli appunti minuto per minuto, con tutte le balle che hanno detto. Ma poi ho cambiato idea, e ho pensato solo di fare una specie di riassunto delle balle tralasciamo le bellissime frasi che hanno detto che includono espressioni come “siero vaccinale”, “concorso a premi” e altre. Non tutte le informazioni riportate sono false, molte sono vere, ma sono proposte con uno scopo ben preciso, dimostrare la loro tesi. Il giornalismo investigativo dovrebbe partire da una tesi e cercare prove per dimostrarla o confutarla. Report invece cerca solo prove per dimostrarla e quando la realtà mostra una storia diversa o non la riportano o la girano nel modo che vogliono loro hanno sempre fatto così.

- Anticorpi. Misurare gli anticorpi non è il modo corretto per verificare se un vaccino perde efficacia o no. Si deve monitorare la popolazione vaccinata e si deve vedere se nel tempo il numero di infezioni tra i vaccinati aumenta, tenendo presente due fattori importanti, che il vaccino non è efficace al 100% e che più si vaccina, più aumentano i casi tra i vaccinati. Se mi intervisti gli infermieri contagiati ma non mi dici quanti sono rispetto alla popolazione generale e come variano nel tempo non stai facendo giornalismo, ma sensazionalismo. Se mi prendi UN caso di una festa in cui c’è stato un outbreak e non vai a contare tutte le feste in cui non c’è stato un outbreak sei intellettualmente disonesto. Se mi dici che in una festa di un paese in cui il 90% sono vaccinati, il 75% dei contagiati era vaccinato, non sai fare i conti. Secondo voi se nel paese fossero stati tutti vaccinati, quale percentuale di vaccinati ci sarebbe stata tra i contagiati?  I casi tra gli infermieri (tra cui uno che ancora chiede il sierologico!!!) e la festa in Massachusetts sono appunto casi rari. Usarli per suggerire che il virus si sparge tra i vaccinati come tra i non vaccinati è disonesto. È vero che in alcuni casi RARI i vaccinati possono risultare positivi, una piccola percentuale anche con sintomi, ed è anche vero che tra quelli, alcuni hanno carica virale alta. Ma la carica virale alta NON è correlata alla trasmissibilità. In casi ancora più rari i positivi vaccinati possono trasmettere l’infezione. La chiave è la parola RARI. Per di più, a me sembra quasi che vogliano colpevolizzare chi è tornato alla vita normale. 

- La storia tra Pfizer e l’FDA è veramente ridicola, i documenti sono tutti pubblicati sia sul sito dell’FDA che del CDC, non c’è niente di segreto. Negli USA non si è notata una crescita di casi tra i vaccinati, è solo per questo che il booster è stato consigliato solo per chi per motivi di salute rischia che le prime due dosi non abbiano funzionato, gli immunodepressi e gli anziani, appunto. Già detto altre volte. 

- La storia di Israele e Pfizer neanche è segreta, si sa da tempo ed è un accordo conosciuto da tutti. Presentarlo come una rivelazione è scorretto. 

- I casi in Florida sono aumentati questa estate perché in Florida era TUTTO aperto, con nessuna restrizione. La popolazione anziana è coperta dal vaccino, ma come abbiamo detto mille mila volte il vaccino per gli anziani ha un’efficacia più bassa del 90% medio. E sono pochi i giovani vaccinati in Florida. Quando facciamo vedere le curve dei contagi (sia della Florida sia di Israele) facciamo anche vedere le età.

- La storia del vaccino Moderna a dose piena o metà è proprio falsa. Basta guardare ancora una volta i report dei meeting, tutto documentato, nessun complotto. 

- Le star del servizio poi sono meravigliose, tra i “pentiti” con la voce camuffata, a Crisanti sul divano dorato (non poteva mancare) fino ad arrivare a Peter Doshi, molto famoso tra i complottisti. Peter Doshi evidentemente non sa come funziona un trial clinico, visto che non solo non capisce che Pfizer a 6 mesi ha finito il trial avendo ottenuto full authorization COME DA PROTOCOLLO, ma addirittura suggerisce che chi aveva preso il placebo doveva continuare ad andare avanti non vaccinato! Ci sono regole etiche per i trial che non permettono una cosa del genere. Peter Doshi rimandato a settembre.

- Le domande sono tutte sbagliate, al medico si chiede del Green Pass, al pentito oscurato si chiede se il vaccino dura 6-9-12 mesi, al coordinatore della campagna vaccinale ASL1 Roma si chiede se la dose Moderna “non è un po’ troppo”. Ma che domande sono? 

- E basta con questa storia che le case farmaceutiche devono essere aziende che fanno beneficienza. Fanno profitti, è il loro lavoro. E il lavoro dei regolatori è quello di mettere un freno e trovare un equilibrio tra l’interesse sanitario e la casa farmaceutica. Ma allora sta terza dose serve o no? DIPENDE. Se siete tra quelli per cui le prime due dosi potrebbero non aver funzionato, allora sì che serve, non perché l’immunità scende, ma perché forse non si è mai sviluppata e il booster ne aumenta la probabilità. Se siete in salute e più giovani probabilmente ancora non serve, ma sicuramente non c’è nessuno svantaggio a farla. La dovremo fare tutti gli anni come l’antinfluenzale? Forse, ancora non si sa, cosa certa è che il covid non va da nessuna parte, quindi nei prossimi 1-2 anni le autorità sanitarie dovranno studiare bene i dati e sviluppare politiche vaccinali. Cosa che ancora non si può fare adesso. Quindi parlarne ora, a Novembre 2021, non ha senso. Insomma (questo lo dico io, non la ricercatrice) un pessimo servizio pubblico e un meraviglioso servizio ai no vax.

Selvaggia Lucarelli contro Sigfrido Ranucci: "Report? Hanno sempre fatto così". La bordata, caos in Rai. Libero Quotidiano il 05 novembre 2021. La puntata di Report sui vaccini anti Covid? "Un pessimo servizio pubblico e un meraviglioso servizio ai no vax". Parola di Selvaggia Lucarelli, che su Facebook si scaglia contro la trasmissione d'inchiesta su Rai3 guidata da Sigfrido Ranucci finita già nella bufera dopo le accuse politiche piovute da Pd, Italia Viva e Forza Italia. "Sono stufo di queste accuse - si era difeso Ranucci -. Sono vaccinato come tutta la redazione di Report, ma come giornalista devo essere libero di raccontare delle criticità. Quali sarebbero i contenuti no vax? Credo che i parlamentari non abbiano visto il servizio". Selvaggia Lucarelli l'ha visto e si affida a Ilaria Mogno, ricercatrice in ambito biomedico presso il Mont Sinai Hospital di New York, per smontarlo pezzo per pezzo. La Mogno gronda indignazione e le sue parole, condivise dalla Lucarelli sui social, individuano le colpe di Ranucci: "Non tutte le informazioni riportate sono false, molte sono vere, ma sono proposte con uno scopo ben preciso, dimostrare la loro tesi. Il giornalismo investigativo dovrebbe partire da una tesi e cercare prove per dimostrarla o confutarla. Report invece cerca solo prove per dimostrarla e quando la realtà mostra una storia diversa o non la riportano o la girano nel modo che vogliono loro hanno sempre fatto così". Valeva spesso per le inchieste a cavallo tra politica e giustizia, vale evidentemente anche per i vaccini. Quasi impossibile riassumere le critiche della Mogno, che praticamente su ogni argomento sottolinea faziosità, imprecisioni, malizie assortite. In pratica, un occhiolino strizzato ai no vax e ai complottisti del Covid con la "scusa" del sempre lecito dubbio. "Se mi intervisti gli infermieri contagiati ma non mi dici quanti sono rispetto alla popolazione generale e come variano nel tempo - sottolinea ad esempio la ricercatrice - non stai facendo giornalismo, ma sensazionalismo. Se mi prendi UN caso di una festa in cui c'è stato un outbreak e non vai a contare tutte le feste in cui non c'è stato un outbreak sei intellettualmente disonesto. Se mi dici che in una festa di un paese in cui il 90% sono vaccinati, il 75% dei contagiati era vaccinato, non sai fare i conti. Secondo voi se nel paese fossero stati tutti vaccinati, quale percentuale di vaccinati ci sarebbe stata tra i contagiati?". E così via. In molti casi, scrive la Mogno, Report utilizza casi rari trasformandoli in esempi generali e "suggerire che il virus si sparge tra i vaccinati come tra i non vaccinati è disonesto". "Per di più - aggiunge -, a me sembra quasi che vogliano colpevolizzare chi è tornato alla vita normale". Uno dei punti cruciali della puntata di Report è quello su Moderna: "La storia del vaccino a dose piena o metà è proprio falsa. Basta guardare ancora una volta i report dei meeting, tutto documentato, nessun complotto. Le star del servizio poi sono meravigliose, tra i 'pentiti' con la voce camuffata, a Crisanti sul divano dorato (non poteva mancare) fino ad arrivare a Peter Doshi, molto famoso tra i complottisti". Un intervistato che "evidentemente non sa come funziona un trial clinico, visto che non solo non capisce che Pfizer a 6 mesi ha finito il trial avendo ottenuto full authorization COME DA PROTOCOLLO, ma addirittura suggerisce che chi aveva preso il placebo doveva continuare ad andare avanti non vaccinato! Ci sono regole etiche per i trial che non permettono una cosa del genere. Peter Doshi rimandato a settembre". Insieme a Ranucci. 

Originaria di Latina, lavora da 10 anni a New York. Chi è Ilaria Mogno, la scienziata che ha fatto a pezzi l’inchiesta di Report sui vaccini: “Solo sensazionalismo”. Riccardo Annibali su Il Riformista il 5 Novembre 2021. Ilaria Mogno, originaria di Latina, è laureata in ingegneria informatica in ambito biomedico e da dieci anni dirige insieme al marito il laboratorio di genetica dell’ospedale Mount Sinai di New York. Dopo aver visto “tutta la famosa puntata di report” su Rai3 la scienziata ha fatto un vero e proprio report scientifico, quasi una radiocronaca, appuntandosi “minuto per minuto tutte le balle che hanno detto. Ma poi ho cambiato idea, e ho pensato solo di fare una specie di riassunto delle balle”, sottolineandone i punti oscuri e le incongruenze. “Tralasciamo le bellissime frasi che hanno detto che includono espressioni come ‘siero vaccinale’, ‘concorso a premi’ e altre. Non tutte le informazioni riportate sono false, molte sono vere, ma sono proposte con uno scopo ben preciso, dimostrare la loro tesi”, ha detto Mogno. “Il giornalismo investigativo dovrebbe partire da una tesi e cercare prove per dimostrarla o confutarla. Report invece cerca solo prove per dimostrarla e quando la realtà mostra una storia diversa o non la riportano o la girano nel modo che vogliono loro hanno sempre fatto così”.

ANTICORPI – “Misurare gli anticorpi non è il modo corretto per verificare se un vaccino perde efficacia o no. Si deve monitorare la popolazione vaccinata e si deve vedere se nel tempo il numero di infezioni tra i vaccinati aumenta, tenendo presente due fattori importanti, che il vaccino non è efficace al 100% e che più si vaccina, più aumentano i casi tra i vaccinati. Se mi intervisti gli infermieri contagiati ma non mi dici quanti sono rispetto alla popolazione generale e come variano nel tempo non stai facendo giornalismo, ma sensazionalismo”.

I CASI – “Se mi prendi UN caso di una festa in cui c’è stato un outbreak e non vai a contare tutte le feste in cui non c’è stato un outbreak sei intellettualmente disonesto. Se mi dici che in una festa di un paese in cui il 90% sono vaccinati, il 75% dei contagiati era vaccinato, non sai fare i conti. Secondo voi se nel paese fossero stati tutti vaccinati, quale percentuale di vaccinati ci sarebbe stata tra i contagiati? I casi tra gli infermieri (tra cui uno che ancora chiede il sierologico!!!) e la festa in Massachusetts sono appunto casi rari. Usarli per suggerire che il virus si sparge tra i vaccinati come tra i non vaccinati è disonesto”

CARICA VIRALE E TRASMISSIBILITÀ – “È vero che in alcuni casi RARI i vaccinati possono risultare positivi, una piccola percentuale anche con sintomi, ed è anche vero che tra quelli, alcuni hanno carica virale alta. Ma la carica virale alta NON è correlata alla trasmissibilità. In casi ancora più’ rari i positivi vaccinati possono trasmettere l’infezione. La chiave è la parola RARI. Per di più, a me sembra quasi che vogliano colpevolizzare chi è tornato alla vita normale”.

PFIZER/FDA – “La storia tra Pfizer e l’FDA è veramente ridicola, i documenti sono tutti pubblicati sia sul sito dell’FDA che del CDC, non c’è niente di segreto. Negli USA non si è notata una crescita di casi tra i vaccinati, è solo per questo che il booster è stato consigliato solo per chi per motivi di salute rischia che le prime due dosi non abbiano funzionato, gli immunodepressi e gli anziani, appunto. Già detto altre volte”.

PFIZER/ISRAELE – “La storia di Israele e Pfizer neanche è segreta, si sa da tempo ed è un accordo conosciuto da tutti. Presentarlo come una rivelazione è scorretto”.

FLORIDA – “I casi in Florida sono aumentati questa estate perché in Florida era TUTTO aperto, con nessuna restrizione. La popolazione anziana é coperta dal vaccino, ma come abbiamo detto mille mila volte il vaccino per gli anziani ha un’efficacia più bassa del 90% medio. E sono pochi i giovani vaccinati in Florida. Quando facciamo vedere le curve dei contagi (sia della Florida sia di Israele) facciamo anche vedere le età”.

MODERNA – “La storia del vaccino Moderna a dose piena o metà è proprio falsa. Basta guardare ancora una volta i report dei meeting, tutto documentato, nessun complotto”.

I VOLTI OSCURATI – “Le star del servizio poi sono meravigliose, tra i ‘pentiti’ con la voce camuffata, a Crisanti sul divano dorato (non poteva mancare) fino ad arrivare a Peter Doshi, molto famoso tra i complottisti. Peter Doshi evidentemente non sa come funziona un trial clinico, visto che non solo non capisce che Pfizer a 6 mesi ha finito il trial avendo ottenuto full authorization COME DA PROTOCOLLO ma addirittura suggerisce che chi aveva preso il placebo doveva continuare ad andare avanti non vaccinato! Ci sono regole etiche per i trial che non permettono una cosa del genere. Peter Doshi rimandato a settembre”.

DOMANDE SBAGLIATE – “Le domande, sono tutte sbagliate, al medico si chiede del Green Pass, al pentito oscurato si chiede se il vaccino dura 6-9-12 mesi, al coordinatore della campagna vaccinale ASL1 Roma si chiede se la dose Moderna ‘non è un po’ troppo’. Ma che domande sono?”.

LE CASE FARMACEUTICHE FANNO PROFITTI – “E basta con questa storia che le case farmaceutiche devono essere aziende che fanno beneficienza. Fanno profitti, e’ il loro lavoro. E il lavoro dei regolatori è quello di mettere un freno e trovare un equilibrio tra l’interesse sanitario e la casa farmaceutica.

TERZA DOSE – “Ma allora sta terza dose serve o no? DIPENDE. Se siete tra quelli per cui le prime due dosi potrebbero non aver funzionato, allora si che serve, non perché l’immunità scende, ma perché forse non si è mai sviluppata e il booster ne aumenta la probabilità. Se siete in salute e più giovani probabilmente ancora non serve, ma sicuramente non c’è nessuno svantaggio a farla. La dovremo fare tutti gli anni come l’antinfluenzale? Forse, ancora non si sa”.

CONCLUSIONE – “Una cosa certa è che il covid non va da nessuna parte, quindi nei prossimi 1-2 anni le autorità sanitarie dovranno studiare bene i dati e sviluppare politiche vaccinali. Cosa che ancora non si può fare adesso. Quindi parlarne ora, a Novembre 2021, non ha senso”. Riccardo Annibali

Sigfrido Ranucci, l'affondo di Guido Crosetto: "Ha detto di tutto per anni". Ma quale vaccino: un'amara verità. Libero Quotidiano il 03 novembre 2021. La trasmissione di Sigfrido Ranucci su Rai 3, Report, è finita nella bufera dopo la puntata su vaccino e terze dosi andata in onda lo scorso lunedì sera. E' diventato virale il video in cui il conduttore parla del richiamo come del "business delle case farmaceutiche". Di qui gli attacchi da parte di Pd e Forza Italia, ma anche di Matteo Renzi, che hanno accusato la trasmissione di "diffondere teorie no-vax". Sulla questione si è espresso anche Guido Crosetto, che su Twitter ha scritto: "Ranucci e Report hanno detto la qualunque per anni e nessuno si è mai preoccupato che plasmassero molti dei loro servizi attorno al teorema che avevano preconfezionato ideologicamente". Secondo Crosetto, quindi, non si tratterebbe di una novità ma di una pratica ormai radicata nel programma. "Adesso è bastato che dedicassero dieci minuti ai vaccini e ad alcune incongruenze del Cts, per saltare", ha continuato. E in effetti non è la prima volta che l'ex coordinatore di FdI punta il dito contro il programma di Ranucci. E' successo qualche mese fa, per esempio, dopo il servizio sull'incontro tra Matteo Renzi e lo 007 Marco Mancini in autogrill. In quel caso, la trasmissione fece sapere che diversi incontri ci sarebbero stati anche tra Mancini e Salvini. All'epoca Crosetto scriveva: "Report adesso parla di due incontri tra Mancini e Salvini. Due persone, casualmente, li hanno visti due anni fa e si sono premurati di avvisare Report. O Report  segue Renzi, Salvini o Mancini, oppure altri li seguono (perché?) e mandano filmati. Il Copasir?". 

Sigfrido Ranucci, Vittorio Sgarbi estremo: "Più pericoloso di Puzzer, come lo devono punire". Libero Quotidiano il 03 novembre 2021. Fa ancora discutere il servizio di Report filo-No Green pass e No Vax, tanto da spingere Vittorio Sgarbi a comparare Sigfrido Ranucci a Stefano Puzzer. Il primo conduttore del programma nonché vicedirettore di Rai 3, il secondo leader delle proteste contro il certificato verde. L'unica differenza, secondo Sgarbi? Il primo è libero di dire quello che vuole, il secondo è stato raggiunto da un divieto di soggiorno a Roma. "Non entro nel merito ma dico che vedo molte affinità fra Sigfrido Ranucci e Stefano Puzzer, che esprimono entrambi in modo pacifico dei dubbi sulla gestione del vaccino, quindi delle due l'una: o consentono a Puzzer di dire delle cose in piazza, o danno il Daspo anche a Ranucci. Altrimenti non si capisce la logica". Il portuale di Trieste è stato cacciato dalla Capitale per aver portato un banchetto contro il Green pass in Piazza del Popolo. Una decisione che ha sollevato un altro quesito: "Viene cacciato per un anno da Roma perché “occupa suolo pubblico” - osserva il deputato e critico d'arte -, ma a parte che allora non si capisce perché non vengano cacciati anche i mendicanti che dormono lì con il loro materasso e le loro vettovaglie, io mi chiedo: siccome l'occupazione del suolo televisivo non è meno importante del suolo pubblico, perché non sospendono per un anno anche Ranucci?". Una mera provocazione al Partito democratico, visto che Sgarbi si dice dalla parte di entrambi: "Entrambi vanno tutelati, ma mi chiedo perché in un caso una parte del Pd lo difenda, e nell'altro caso no". Secondo il deputato la contraddizione è tutta interna ai dem, impegnati a "difendere una trasmissione storicamente legata alla sinistra". Proprio per questo "è più pericoloso Ranucci, perché ha la credibilità di una testata televisiva e di una rete. E se lo Stato deve difendersi dalla minaccia per la salute pubblica, Ranucci è un pericolo pubblico più di Puzzer, no?".

Report, asse Pd-Forza Italia contro il programma di Ranucci: "Il servizio che sostiene folli tesi no-vax". Libero Quotidiano il 02 novembre 2021. Dito puntato contro Sigfrido Ranucci. Nello stupore dei più, Partito democratico e Forza Italia si sono uniti in un'accusa contro Report, la trasmissione di Rai 3. Il motivo? "Un lungo compendio delle più irresponsabili tesi No Vax e no Green Pass". Il riferimento dei parlamentari della commissione di Vigilanza Rai è al servizio "Non c'è due senza tre" andato in onda lunedì primo novembre. Qui - è l'accusa dei dem - sono stati mostrati "sedicenti infermieri, irriconoscibili e coperti dall'anonimato come se si trattasse di pentiti di mafia che affermano nel servizio di essersi infettati per responsabilità delle aziende farmaceutiche". Fa eco l'azzurro Andrea Ruggeri: "Mi spiace ascoltare da Report la lagna qualunquista per cui 'il vaccino è il business delle case farmaceutiche'. La trasmissione della Rai - conclude il deputato - dovrebbe esaltare il progresso scientifico e i suoi benefici anziché offrire argomenti agli scettici verso la bontà del vaccino". Ranucci però non ci sta: "Sono stufo di queste accuse. Sono vaccinato come tutta la redazione della trasmissione, ma come giornalista devo essere libero di raccontare delle criticità". E ancora: "È da No Vax dire che il 9 settembre Aifa si è sbagliata a scegliere con troppa fretta di iniettare il vaccino Moderna a dose intera quando la stessa azienda Moderna sei giorni prima aveva raccomandato metà dose? Solo un infermiere del servizio non è apparso in video, ma gli altri, a cominciare dai sindacati, ci hanno messo la faccia e non esiste nessuna infermiera che dice di essersi infettata a causa delle case farmaceutiche. Non so quale programma abbiano visto". Il servizio in questione, aggiunge sempre Ranucci, si conclude con l'appello sulla somministrazione della terza dose: va fatta, ma bisogna fare attenzione ai giovani. "C'era un messaggio etico: pensiamo anche a vaccinare chi nel terzo mondo non ha neppure la prima dose", è la risposta del conduttore. Pd e Forza Italia non vogliono comunque sentire ragioni e chiedono un "chiarimento" il prima possibile. 

L'ex dg: "Un errore mettere la Rai sotto il governo". Intervista a Pier Luigi Celli: “Sigfrido Ranucci riconosca di aver preso una cantonata”. Aldo Torchiaro su Il Riformista il 9 Novembre 2021. Sociologo del lavoro noto per lo stile diretto dei suoi interventi, Pier Luigi Celli è stato responsabile della gestione, organizzazione e formazione delle risorse umane in grandi gruppi, quali Eni, Omnitel, Olivetti ed Enel. In Rai è stato Direttore Generale dal 1998 al 2001.

Come le sembra la Rai così com’è oggi?

Anacronistica. La Rai ha provato a fare un primo vero salto tecnologico con RaiPlay, che deve irrobustirsi, ma ha capito che la direzione è quella. Tutto il resto invece, al suo interno, continua a girare come se il mondo non fosse cambiato.

La lottizzazione dei partiti non si scalfisce proprio.

Almeno quella della prima Repubblica era una lottizzazione chiara. Dichiarata e rispettata. RaiUno alla Dc, RaiDue al Psi, RaiTre al Pci. E tutti sapevano cosa si trovava su quei canali. Oggi è meno chiaro. Tutti mettono le mani, è più difficile regolarsi. Ed è ancora più difficile quando si nasconde la mano. Fuortes che aveva dichiarato di non prendere ordini da nessuno, poi lo vediamo ogni giorno con un politico diverso.

Fuortes ha detto che non riceve politici a viale Mazzini.

Perché va lui da loro. Da Salvini, da Di Maio, poi a casa di Bettini. Forse sarebbe stato meglio non dire niente.

Qual è la debolezza della Rai?

Dipendendo da una classe politica debole, la Rai si è adattata. D’altronde se a ogni cambio politico cambia un po’ anche la Rai, i vertici di viale Mazzini hanno capito come anticipare il cambiamento: si fanno trovare pronti dai vincitori di turno.

La nuova divisione delle direzioni, la condivide?

È una divisione esistente in molti paesi europei che sarebbe anche schematicamente razionale. Ma uno voluto da una parte, uno dall’altra, i manager della Rai rischiano di farsi guerre di posizione piuttosto che gioco di squadra. Oggi vedo più persone preoccupate di fare servizio ai partiti che servizio pubblico.

Quale modello di governance vede?

Andrebbe messa sotto una fondazione di carattere speciale. Per garantire autonomia e un servizio pubblico degno di questo nome, fuori dal controllo dei partiti.

C’è un problema di grandi firme, se al posto di Zavoli oggi c’è Ranucci.

I grandi giornalisti probabilmente oggi sono più fuori che dentro la Rai. Io li andrei a cercare tra i giovani che sono freelance, che lavorano agilmente. Hanno più libertà di espressione e capacità di ricerca della notizia. Hanno capito che la chiave è la flessibilità.

Anche i direttori dei tg vanno presi fuori?

Vanno trovati i direttori bravi, certo: anche da fuori. Ma attenzione, adattarsi lì dentro non è facile. Quando entrò come direttore Pietro Calabrese, che veniva dal Messaggero, non ha idea di quale guerra gli fecero in Rai.

Lei è stato Direttore generale della Rai per tre anni con Prodi, D’Alema e Amato. Com’era la selezione dei direttori dei Tg allora?

Prima di fare le nomine abbiamo riorganizzato l’azienda dal punto di vista del flusso di lavoro. Io ho fatto tre divisioni per l’informazione: RaiUno e RaiDue in una; Rai Tre, TgR e reti di informazione culturale come RaiStoria e RaiCultura nell’altra; infine la Radio. E poi ho riorganizzato gli aspetti della produzione, per tutte e tre. Nella divisione uno concentravo la pubblicità. Nella seconda divisione non ne mettevo. E poi ho ideato un sistema nuovo di fare le nomine.

Quale?

Ci siamo ritirati per tre giorni a Firenze io come Dg, il presidente del Cda e tutti i membri del consiglio. Un conclave, praticamente. Abbiamo tenuto spenti i telefonini e ci siamo confrontati su nomi e curricula. Alla fine ne siamo usciti con nomine ponderate, scontentando tanti ma selezionando i migliori. Era il 1998.

Ha fatto bene Renzi a mettere la Rai sotto il governo, e non più sotto al Parlamento?

Ha fatto un errore clamoroso perché poi come si dimostra oggi, i vertici nominati dal governo devono trattare comunque con i partiti e da posizioni meno chiare. Ai miei tempi la Rai era sotto l’Iri. Io riferivo al presidente dell’Iri, che mi lasciava una maggiore autonomia rispetto a oggi.

Carrozzoni di Stato, direbbe qualcuno.

Sbagliando. Io come direttore generale avevo una interlocuzione continua, libera. E facevo le nomine senza il bilancino, questo glielo posso garantire. Ho fatto direttore della ReteUno uno che apparteneva allo schieramento opposto. Il vicedirettore del Tg1 lo scelsi perché era bravo, anche se era di An. E lo misi lì, non mi impedirono di farlo. Come direttore dello Sport misi un redattore semplice, che non aveva tessere di partito ma nel suo campo era bravo.

Ci saranno state intromissioni, via.

Ricordo delle litigate clamorose con ministri importanti che volevano promuovere i loro protetti. Una volta si inalberò al telefono il capo della Farnesina: “Io sono il ministro degli Esteri”, mi urlò. E io sono il direttore generale Rai, gli risposi.

Gliel’hanno fatta pagare?

Quando sono uscito, essendomi dimesso prima delle elezioni 2001. Perché il partito che mi aveva voluto come Direttore generale faceva pressioni per schierare la Rai e io decisi di rassegnare le dimissioni. In pochi giorni mi fecero terra bruciata. Tornai a casa e mi misi a cercare lavoro, andai in una compagnia telefonica. Non fu facile.

Si sgomita parecchio in questi giorni per le nomine dei tg. E sembra candidarsi Ranucci…

Io Ranucci non l’ho mai conosciuto, avevo stima della Gabanelli. Fui io a mandarla con Report in prima serata. Ammetto che adesso sono cambiati: prendono abbagli anche loro. Sarebbe bene che lo riconoscessero, che ogni tanto ammettessero qualche cantonata. Invece no, Ranucci dice sempre di essere dalla parte della ragione.

Aldo Torchiaro. Romano e romanista, sociolinguista, ricercatore, è giornalista dal 2005 e collabora con il Riformista per la politica, la giustizia, le interviste e le inchieste.

Report, Sigfrido Ranucci: silenzio sul "business del vaccino". Rivolta politica: "La Rai fermi le sue bufale". Libero Quotidiano il 09 novembre 2021. Le parole di Sigfrido Ranucci sul vaccino smuovono anche la politica. Il conduttore di Report, programma di Rai 3, aveva già scatenato la commissione di Vigilanza Rai definendo la terza dose del vaccino contro il Covid un business delle case farmaceutiche. Ora a intervenire sono i partiti. Primo tra tutti Forza Italia con Gabriella Giammanco che su Twitter scrive: "Quanto afferma Ranucci è una fake news cara ai no-vax. La Rai non ha nulla da dire?". Il giornalista ha rincarato la dose affermando ad Agorà che la carica virale di un vaccinato è uguale a quella di un non vaccinato. Immediata la reazione di Luciano Nobili, deputato di Italia Viva: "Che la possibilità di contagiare di un vaccinato sia identica a quella di un non vaccinato è una bugia smentita da scienziati, Istituto di Sanità,studi internazionali. Sigfrido Ranucci è un virologo? Perché la Rai gli consente di continuare a diffondere le peggiori bufale novax?". Segue poi l'onorevole azzurro Andrea Ruggieri: "Se al casino offerto, anche in Rai, dai virologi prezzemolino che tanta confusione hanno creato, si aggiungono anche i giornalisti, stiamo freschi". Per il conduttore la situazione sembra dunque mettersi male. A maggior ragione se nell'ultima puntata dopo la polemica, quella di lunedì 8 novembre, Ranucci ha preferito tirare dritto, rinunciando alle scuse ma anche alla difesa. Eppure le parole da lui pronunciate sono destinate a sollevare altro clamore, visto che l'intera comunità scientifica è unanime nel garantire che esistono comunque delle differenze sostanziali tra chi è vaccinato o meno. A chi è stata somministrata la dose di vaccino, è cronaca di tutti i giorni, il vaccino può infettare, ma non mandare in terapia intensiva. Ma non è tutto. Il punto è che ieri sera, lunedì 8 novembre, Report era in onda, come sempre su Rai 3. E Ranucci non ha detto una parola su quanto affermato la settimana precedente, sul vaccino come business. Una replica, una precisazione, era attesissima. Eppure non è arrivata: nessuna scusa, nessuna difesa. Tutto legittimo, ovviamente, ma considerato il clamore suscitato dalla vicenda le aspettative erano ben altre.

Dagonews il 3 novembre 2021. Clima tesissimo ieri sera a Cartabianca. Bianca Berlinguer aveva un diavolo per capello perché Sigfrido Ranucci (che di Raitre è anche vicedirettore) è andato a DiMartedì, su La7, trasmissione concorrente di Cartabianca (e della stessa rete di cui Ranucci è dirigente), per spiegare le ragioni del servizio no vax di Report sulla terza dose accusata d'essere il "business delle case farmaceutiche". Cortocircuito televisivo pazzesco con crisi isteriche in studio. Bianca Berlinguer, indignata e offesa, ha subito telefonato all'ad di viale Mazzini, Carlo Fuortes, per lamentarsi. Ma di cosa s'è lagnata? La "zarina" di Raitre non ha mai invitato in trasmissione né Ranucci né altri giornalisti della sua squadra. E nonostante il servizio di Report fosse la notizia del giorno, anche per le reazioni politiche che ha innescato, Bianchina s'è ben guardata dal concedere spazio al suo collega. Per giunta, uno degli ospiti di Cartabianca, l'ex grillino Gianluigi Paragone, ha infilato il ditone nella piaga dando la sua solidarietà a Ranucci e a Report (facendo sbiancare una Bianchina già avvelenatissima). Forse la giornalista avrà bollato Ranucci come uno svalvolato no vax preferendo tenerlo lontano dal suo studio. Ma se così fosse qualcuno ricordi alla Berlinguer che il primo no vax ce l'ha in casa ed è Mauro Corona. Quando a settembre gli fu chiesto se s'era vaccinato, lo scrittore-montanaro sbottò' dicendo: "Questo non lo dico. Sono fatti miei, non voglio essere strumentalizzato. Non sono un cane che mostra i coglioni quando cammina". E poi giù di follie sulla "dittatura infame" del green pass e cazzate equivalenti.  Ma allora a cosa si deve la frustrazione di Bianca Berlinguer per l'ospitata di Ranucci a DiMartedi? Semplice: la trasmissione di La7 l'ha sempre battuta. Il ritorno di Mauro Corona il 21 settembre ha spinto Cartabianca al 5,45% contro il 5,27% di Floris. Ma poi l'effetto s'è smosciato. Il martedì successivo la trasmissione di Raitre era al 5.13 e quella di La7 al 5.30. Già al terzo martedì il famigerato "effetto Corona" era svanito e Bianchina è stata travolta (4.80% contro 6,23%). Da quel momento Cartabianca ha sempre veleggiato tra il 4,2 e il 4,5%, con Floris sempre sopra. Questione di share, quindi. E di batoste raccolte in successione. Ranucci non ha "tradito" la rete di cui è vicedirettore: per andare ospite da Floris ha chiesto l'autorizzazione, come da protocollo, alla Direzione editoriale per l'offerta informativa. Richiesta accordata, ovviamente. Con Fuortes "piccolo Napoleone" completamente fuori dai giochi.  

Ps: ma la Bianchina che si lamenta per l'ospitata di Ranucci in una trasmissione concorrente è la stessa che, nel periodo di "vedovanza" di Mauro Corona, si fece casualmente intervistare da "Non è l'Arena" di Massimo Giletti (su La7) per comunicare urbi et orbi la sua "amarezza" per la cacciata dello scrittore... 

Da davidemaggio.it il 3 novembre 2021. “Stasera sono molto arrabbiata”. Bianca Berlinguer era su tutte le furie. La conduttrice di Rai3 ha aperto l’odierna puntata di Cartabianca dicendosi molto contrariata per qualcosa che non ha poi voluto rivelare. “Non posso dirlo ai telespettatori, non sarebbe giusto”, ha chiosato. Negli stessi minuti, su La7 il vicedirettore di Rai3 Sigfrido Ranucci apriva con la sua presenza in studio diMartedì, la diretta trasmissione concorrente. Il forte sospetto è che le ire della giornalista fossero provocate proprio dall’incredibile concomitanza, destinata a interferire con il programma Rai se non addirittura a danneggiarlo. Ranucci, infatti, è al centro di un’accesa polemica dovuta alle proteste per la sua più recente puntata di Report, accusata di sostenere tesi No vax e no pass. “Questa sera non sono per niente assestata, tutt’altro! Sono molto arrabbiata ma non posso dirlo ai nostri telespettatori, non sarebbe giusto. Ma troverò il modo di comunicarlo…“ ha sbottato Berlinguer nel suo consueto colloquio con Mauro Corona. Poi, alludendo al controverso allontanamento dello scrittore montanaro dalla terza rete (risoltosi solo dopo un anno), ha aggiunto: “Ormai, dopo le ultime cose che ci sono successe, siamo tutti più inibiti…“. Considerazioni decisamente contrariate, quelle della conduttrice di Cartabianca, che in contemporanea veniva colpita dal fuoco amico. Nella Rai dell’AD Fuortes, in cui si parla tanto di un netto cambio di passo, non sono in realtà cambiate certe abitudini, come quelle dell’odierna presenza di Ranucci a diMartedì. Il solo fatto che il vicedirettore di Rai3 si sia sovrapposto a un programma della sua stessa rete per parlare di Rai su La7 ha francamente dell’assurdo.

DiMartedì, Sigfrido Ranucci: "Perché mi danno del no-vax". Vaccino e business, altra bomba in studio da Floris. Libero Quotidiano il 02 novembre 2021. "Per non affrontare i problemi ci dicono che siamo novax: l'Aifa dà ok per terza dose Moderna mentre la casa farmaceutica aveva raccomandato mezza dose, non vengono fatti tamponi e si dovrebbe studiare l'andamento degli anticorpi". Così Sigfrido Ranucci, ospite di DiMartedì condotto da Giovanni Floris in onda sul La7, ritorna a parlare dell'ultima puntata di Report finita sotto le critiche e le polemiche per aver affrontato il tema della vaccinazione e della terza dose. Le parole che hanno scatenato il polverone sono state quelle del conduttore sul fatto che, "è ovvio che la terza dose è il business delle case farmaceutiche”. E così chiamato a replicare alle accuse di aver dato voce ai novax, Ranucci si è sottoposto alla fila di domande di Floris che ha rimarcato il fatto che il suo intervento a Report ha messo d'accordo stavolta Pd e Forza Italia: "Un lungo compendio delle più irresponsabili tesi No Vax e no Green Pass", a proposito del titolo della puntata "Non c'è due senza tre" andato in onda lunedì primo novembre. "Sono stati mostrati sedicenti infermieri, irriconoscibili e coperti dall'anonimato come se si trattasse di pentiti di mafia che affermano nel servizio di essersi infettati per responsabilità delle aziende farmaceutiche", l'accusa del Pd che è simile a quella del forzista Andrea Ruggeri: "Mi spiace ascoltare da Report la lagna qualunquista per cui “il vaccino è il business delle case farmaceutiche”. La trasmissione della Rai dovrebbe esaltare il progresso scientifico e i suoi benefici anziché offrire argomenti agli scettici verso la bontà del vaccino". Ma Ranucci a Floris ha spiegato a Floris che le accuse sono "una manovra di distrazione" contro le tante inchieste di Report. Ranucci ha replicato alle critiche argomentando di essere vaccinato addirittura otto volte e ha spiegato anche la genesi di eversione nera di alcuni personaggi legati al movimento no vax come Roberto Fiore: "Ha avuto legami con Forza Nuova, avevamo scoperto che aveva messo su centro di addestramento militare nazi-fascista in Spagna. Una informativa Digos del '97 diceva che copriva i nazi-fascisti nella latitanza", ha ricordato Ranucci.

Pfizer, il business del vaccino? "Ecco quanti miliardi ha fatturato il gruppo in tre mesi": cifra-choc, senza terza dose. Libero Quotidiano il 05 novembre 2021. Il fatturato di Pfizer nel terzo trimestre del 2021 ammonta a 24 miliardi di dollari: una crescita straordinaria del 134% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, con un utile di 8,1 miliardi. Per rendere l’idea della portata di questi numeri, basta sapere che l’utile di questo trimestre è superiore a quello dell’intero anno scorso, che fu di 7 miliardi. I dati sono riportati a Franco Bechis su Italia Oggi, dove ovviamente viene specificato che una crescita di questo tipo è legata unicamente al vaccino anti-Covid. Messo a punto con i tedeschi di Biontech, è ad oggi l’unica arma sicura ed efficace per combattere la pandemia ed è quindi ovvio che sia una fonte di guadagno immensa per chi lo ha prodotto. Tra l’altro secondo i contratti già sottoscritti dai principali paesi del mondo, Pfizer è già sicura di incassare l’anno prossimo almeno 36 miliardi di dollari. Ma perché ci si scandalizza o si avanzano dei dubbi sul “business” delle aziende farmaceutiche, come fatto da Sigfrido Ranucci a Report? Certo che è un business, nessuno fa nulla per nasconderlo, ma qual è l’alternativa? Al momento, non esiste: vaccino o morte, così stanno le cose in relazione al Covid. Le aziende farmaceutiche non hanno mai fatto la carità, non si comprende davvero il sensazionalismo e lo sdegno attorno ai guadagni di Pfizer. La quale è ovvio che abbia interesse in una terza dose, ma alla fine sono le istituzioni come Fda, Ema e Aifa che decidono se effettivamente sia necessaria.

Informare non è lesa maestà. Report replica alle accuse di antivaccinismo. Bufera sul programma Rai dopo il servizio andato in onda ieri sull'opportunità della terza dose. Il giornalista Bonaccorsi: «Il servizio non era no vax o no green pass». Giacomo Puletti su Il Dubbio il 2 novembre 2021. L’Accusa dei parlamentari del Pd in commissione Vigilanza Rai, che hanno presentato un’interrogazione ai vertici dell’azienda, è che il servizio in tema di vaccini mandato in onda lunedì sera da Report e firmato da Manuele Bonaccorsi e Lorenzo Vendemiale strizzasse l’occhio agli antivaccinisti. I dem parlano di «compendio delle più irresponsabili tesi no vax e no green pass» e di «episodio molto grave di disinformazione su una rete del servizio pubblico», ma Report smentisce. Sotto i riflettori anche una frase del conduttore, Sigfrido Ranucci, che durante la trasmissione ha detto «è ovvio che la terza dose è il business delle case farmaceutiche». Ma lui non ci sta e contrattacca. «Noi non abbiamo fatto altro che raccontare quello che lo stesso manager della Pfizer ha detto ai propri investitori in un incontro riservato a marzo – spiega il conduttore – Sono loro che hanno parlato della possibilità di fare il business con la terza dose, ancora prima che scadesse la prima». Sulla stessa lunghezza d’onda Bonaccorsi, che al Dubbio spiega di «aver semplicemente dato conto della discussione sul green pass e sulla perdita di efficacia dei vaccini». Con due viaggi in Israele e negli Stati Uniti, il servizio mostrava i due approcci completamente diversi da parte delle due autorità sanitarie nazionali sul tema della terza dose, un tema su cui anche in Italia il dibattito si sta evolvendo.  «Il servizio non era no vax o no green pass – commenta Bonaccorsi – raccontava il dibattito a livello internazionale, dove in questo momento, riguardo alla terza dose, ci sono più dubbi che certezze: tanto è vero che l’Ema non ha autorizzato il suo uso per tutti». Attacchi sono arrivati anche da Forza Italia, e mentre il leader di Italia viva, Matteo Renzi, accusa Report di «non fare servizio pubblico», l’Usigrai parla di «nessun cedimento a tesi antiscientifiche» e di «serio lavoro giornalistico». Alla prossima puntata.

Rai nella morsa del populismo pentastellato. Report sempre più "grillizzato": Sigfrido Ranucci si fa portavoce dei no vax e rispolvera le tesi care alle origini del Movimento. Aldo Torchiaro su Il Riformista il 3 Novembre 2021. Viale Mazzini, abbiamo un problema. Conte fa l’agente dei suoi Vice. Report fa la grancassa dei no vax. Gli ascolti crollano mentre il servizio pubblico va a ramengo. La Rai di Salini e di Foa non c’è più ma quella di Fuortes e Soldi non c’è ancora. Per dirla con Gramsci, «il vecchio muore e il nuovo stenta a nascere». È un lungo guado, non c’è che dire. Il direttore del Teatro dell’Opera di Roma (che mantiene il doppio incarico) Carlo Fuortes è sbarcato a viale Mazzini a inizio estate; il 16 luglio il Cda ha ratificato la sua nomina, insieme a quella della Presidente, Marinella Soldi. Da allora pochi colpi e non ben assestati. Una prima intervista a Repubblica che doveva dare il segno della sua governance – i rumors parlano di una limatura concertata con il direttore Molinari – ha avuto l’effetto di scontentare tutti. «Da quella intervista è successo un casino, qui», ci dice una fonte del settimo piano di viale Mazzini. «Questa boutade che lui non parla con la politica… poi ha tirato fuori la questione del canone sui telefonini, senza aver preparato il terreno. Il piano industriale, parliamoci chiaro, è quello di Salini. E non c’è la riforma dell’informazione. “Ne parleremo dopo”, ha detto. Ma come? Fai un piano per la Rai e consideri secondaria l’informazione? Si rimane basiti». Un gran pasticcio dal punto di vista tecnico. C’è preoccupazione per i direttori editoriali, perché quelli che non andranno a fare i direttori di genere smaniano per dirigere una testata. E c’è da assegnare una poltrona di quelle che scatenano le guerre vere. È la madre di tutte le battaglie: chi va a fare il direttore del Tg1? Perché l’ammiraglia dell’informazione Rai orienta e decide tutto, “crea il clima”, come si sintetizza in Rai. E forse è per creare il clima giusto che Luigi Di Maio ha chiesto a Fuortes di raggiungerlo alla Farnesina alla vigilia dell’ultimo fine settimana. Il Tg1 è un appannaggio M5s da quando vinsero, ormai tre governi fa, le elezioni. Se, come dicono le voci, andasse a Simona Sala o a Monica Maggioni, il Movimento come manterrebbe la potenza di fuoco che ha oggi? Gli rimarrebbe la vice direzione Tg3 affidata a Franco Di Mare, che però ha già presentato le carte per la pensione: lascia la Rai a luglio. Alla Presidenza del Consiglio il capo del gabinetto di Draghi, Antonio Funiciello, ha il dossier in mano. I consiglieri di amministrazione non parlano ma tutti sanno: sono arrabbiati neri perché non vengono più coinvolti nella governance dell’azienda televisiva pubblica. «Questa volta pare che quando si andranno a fare i direttori del Tg1, Tg2, TgR e RaiSport vogliono essere consultati», dicono i boatos. Tg3 e RaiNews sono state fatte dopo e scadranno nel 2022. Gli appetiti delle firme Rai più in vista si concentrano dunque intorno al Tg1. Nelle more, si gioca con fairplay. Al M5s viene concesso molto. In un weekend di maggior pubblico televisivo – complice il maltempo – Giuseppe Conte può comparire con i suoi cinque Vice (Taverna, Gubitosa, Todde, Ricciardi e Turco) da Lucia Annunziata e far sapere, come se fosse normale, che da adesso in poi la Rai può e deve invitare soltanto questi cinque esponenti. Gli altri non sono autorizzati, anche se non si capisce con quale strumento il leader del M5s inibirebbe l’invito televisivo che dovesse arrivare alla “serie B” del suo partito. «La trasmissione Mezz’ora in più su Rai3 trasformata in una specie di convention elettorale M5s, con i 5 più stretti collaboratori di Conte presentati addirittura al pubblico da lui in prima persona. Mi rivolgo alla presidente del Cda Marinella Soldi, manager esperta del settore tv mentre l’Ad Fuortes ha maggiore esperienza sui conti: questa può definirsi davvero informazione da servizio pubblico? Una scena del genere è compatibile con il Contratto di Servizio, il pluralismo e il rispetto della deontologia giornalistica?», chiede il deputato di Italia Viva, Michele Anzaldi. Scoppia poi l’ennesimo caso Report, e il caso nel caso è che se ne accorgono per una volta tutti. Le tesi No Vax care alle origini del Movimento sono interpretate in una sofisticata esegesi a cura dello stesso conduttore, Ranucci. Se ne accorgono migliaia di utenti infuriati, sulla rete. Protestano Italia Viva, Forza Italia, perfino il Pd che presenta una interrogazione al Comitato di vigilanza. «Su Report è andato in onda un lungo compendio delle più irresponsabili tesi No Vax e no Green Pass». E “un chiarimento urgente” viene chiesto ai vertici dell’azienda. Il deputato azzurro Andrea Ruggeri, che da nipote di Bruno Vespa ben conosce le vicende Rai, aggiunge: «Mi spiace ascoltare da Report la lagna qualunquista per cui il vaccino è il business delle case farmaceutiche’. La trasmissione della Rai – conclude – dovrebbe esaltare il progresso scientifico e i suoi benefici anziché offrire argomenti agli scettici verso la bontà del vaccino». La trasmissione di Rai Tre non si limita ai vaccini: tiene a dare un segnale politico inequivocabile, ad appuntarsi una medaglia sul petto. E si occupa quindi sempre più dettagliatamente della vita privata di Matteo Renzi, incluse le vacanze, le conferenze all’estero, le collaborazioni, inerpicandosi per la stretta via dell’inseguimento personale, della sfida a duello, della singolar tenzone. Con un impeto e un’agenda ben precisa rispetto alle nomine in arrivo, i vice direttori si segnalano per la carriera cui aspirano. A Viale Mazzini è tempo di prendere decisioni, e forse anche a Palazzo Chigi.

Aldo Torchiaro. Romano e romanista, sociolinguista, ricercatore, è giornalista dal 2005 e collabora con il Riformista per la politica, la giustizia, le interviste e le inchieste.

L'interrogazione dei parlamentari Pd alla Rai. “Report diffonde tesi No Vax”, è bufera sulla trasmissione di Sigfrido Ranucci: la replica del giornalista. Antonio Lamorte su Il Riformista il 2 Novembre 2021. Non c’è due senza tre e non c’è puntata di Report senza polemiche. “Bufera”, come si titola spesso: polemica insomma sulla puntata di ieri e l’approfondimento sui vaccini intitolato, appunto, Non c’è due senza tre. Un assist alle tesi di No Vax e No Green Pass, secondo i parlamentari della Commissione di Vigilanza Rai del Partito Democratico. Libertà di informazione, secondo il conduttore della trasmissione di giornalismo di inchiesta Sigfrido Ranucci. Che ci tiene a precisare che tutta la redazione sia vaccinata contro il covid-19: altro che No Vax.

Eppure non basta. Le modalità con le quali la trasmissione, e in particolare la puntata, è stata confezionata non convincono e non convincono i parlamentari. E anche parecchi telespettatori, a giudicare dai commenti e i post sui social network. Stessa idea del deputato di Forza Italia in commissione di Vigilanza, Andrea Ruggeri. Il servizio è stato firmato dai giornalisti Samuele Bonaccorsi e Lorenzo Vendemiale. I parlamentari dem hanno sollecitato un’interrogazione all’amministratore delegato della Rai, Carlo Fuortes, nominato e incaricato dal governo Draghi lo scorso luglio.

I parlamentari Pd contro Report

”Ieri sera su REPORT è andato in onda un lungo compendio delle più irresponsabili tesi no vax e no Green Pass; su questo chiediamo un chiarimento ai vertici Rai – si legge in una nota dei parlamentari dem – Sedicenti infermieri, irriconoscibili e coperti dall’anonimato come se si trattasse di pentiti di mafia che affermano di essersi infettati per responsabilità delle aziende farmaceutiche. Un sedicente ‘collaboratore del Comitato Tecnico Scientifico’, anch’egli irriconoscibile e anonimo, che denuncia la totale imperizia dell’organismo su cui poggiano le decisioni politiche a tutela della salute pubblica dall’inizio della pandemia. Dubbi sull’efficacia dei vaccini, perplessità sulla durata della copertura degli anticorpi, affermazioni del tutto campate in aria sulla ‘larga frequenza di effetti collaterali’ dopo la somministrazione del vaccino anti Covid, speculazioni dietrologiche sul ‘grande business della terza dose’ detenuto da ‘multinazionali del farmaco’ concentrate solo a ‘accumulare enormi profitti con la perdita di efficacia della terza dose’, dubbi sulla efficacia del Green Pass e della sua eventuale estensione”. “Questo e molto altro – continuano i parlamentari Pd – è lo spettacolo a cui hanno assistito ieri sera i telespettatori italiani su Rai Tre. Perché con il servizio di REPORT Non c’è due senza tre firmato da Samuele Bonaccorsi e Lorenzo Vendemiale, è andato in onda un lungo compendio delle più gravi e irresponsabili tesi antivacciniste. Un episodio molto grave di disinformazione su una rete del servizio pubblico radiotelevisivo, tanto più discutibile perché avvenuto proprio mentre operatori sanitari, giornalisti ed esponenti delle istituzioni sono obiettivo di manifestazioni No Vax e No Green Pass, spesso violente, che si alimentano proprio delle falsità contenute e diffuse dal servizio di REPORT”. ”Per questo – concludono i parlamentari – abbiamo chiesto al Presidente e all’Amministratore Delegato della Rai, insieme al Direttore di Rai Tre Franco Di Mare, se fossero a conoscenza dei contenuti del servizio summenzionato, se ne avessero avallato la diffusione, quali iniziative intendono mettere in campo per ristabilire un livello corretto e veritiero di informazione sui vaccini anti Covid, sul lavoro del Comitato Tecnico Scientifico e sulle decisioni assunte dal Parlamento e dal Governo a tutela della salute pubblica dall’avvio dell’epidemia di Covid 19 e fino ad oggi”.

La replica di Sigfrido Ranucci

Non si è fatta attendere la replica di Ranucci. “Sono stufo di queste accuse. Sono vaccinato come tutta la redazione di Report, ma come giornalista devo essere libero di raccontare delle criticità. Quali sarebbero i contenuti no vax? Credo che i parlamentari non abbiano visto il servizio”. Il conduttore di REPORT, all’Ansa, ha aggiunto: “È da no vax dire che il 9 settembre Aifa si è sbagliata a scegliere con troppa fretta di iniettare il vaccino Moderna a dose intera quando la stessa azienda Moderna sei giorni prima aveva raccomandato metà dose? È da no vax chiedere che venga fatto il tampone più frequentemente agli infermieri che rischiano di contagiarsi perché cala l’efficacia del vaccino? È da no vax chiedere di sorvegliare con attenzione gli anticorpi per fare prevenzione?” “L’inchiesta aveva come ospiti scienziati del calibro dei membri del Fda e ha portato come esempio virtuoso Israele che ha già vaccinato il 65% della popolazione studiando il comportamento degli anticorpi, mentre da noi non c’è traccia di uno studio dell’Iss annunciato un anno fa. Solo il laboratorio del Niguarda di Milano sta facendo uno studio volontario”. Ranucci ha quindi precisato che “solo un infermiere non è apparso in video, ma gli altri, a cominciare dai sindacati, ci hanno messo la faccia” e che “non esiste nessuna infermiera che dice di essersi infettata a causa delle case farmaceutiche. Non so quale programma abbiano visto“. “Su come è stato prorogato il Green Pass non abbiamo fatto altro che riportare lo scambio dei documenti intercorsi tra il ministro della Salute e il Cts. Sono no vax anche loro? Report è da sempre a favore del vaccino come migliore prevenzione, ma un fatto non ha colorazioni no vax. È un fatto punto, che piaccia o no. Cercare di nascondere degli errori è il miglior modo di alimentare chi non crede nel vaccino. Inoltre, la conclusione della puntata era che bisogna fare la terza dose, chiedendo attenzione però a farla ai giovani, e soprattutto che il Green Pass ha validità di sei mesi non 12. Il contrario di quello di cui ci accusano. Semmai c’era un messaggio etico: pensiamo anche a vaccinare chi nel terzo mondo non ha neppure la prima dose”.

Antonio Lamorte. Giornalista professionista. Ha frequentato studiato e si è laureato in lingue. Ha frequentato la Scuola di Giornalismo di Napoli del Suor Orsola Benincasa. Ha collaborato con l’agenzia di stampa AdnKronos. Ha scritto di sport, cultura, spettacoli.

(Adnkronos il 3 novembre 2021) - "Cara Berlinguer, ieri sera con Paragone non mi sei piaciuta per niente". Adriano Celentano pubblica oggi sui suoi social un messaggio in cui critica Bianca Berlinguer e annuncia di pensare ad un ritorno in televisione con un programma dal titolo "Il Conduttore". "E tu sarai il primo ospite...", dice rivolto alla conduttrice di “Carta Bianca”. "'Carta bianca' ma... un pò opaca", esordisce Celentano. "Ho sempre pensato che il mestiere del conduttore è quello che più di tutti ha una grande responsabilità verso i telespettatori. Ossia, quella di valorizzare nel modo più obiettivo il pensiero dei propri ospiti e farlo arrivare nelle case degli italiani nel modo più comprensibile. Ma tu cara Berlinguer, ieri sera con Paragone non mi sei piaciuta per niente. Devo dire che sei stata assai poco “Bianca”... Te la sei presa con lui per aver citato alcuni fatti svelati dalla trasmissione Report, per altro interessanti anche per la tua di trasmissione. L'hai investito come si fa nei peggiori collegi quando i bambini venivano puniti a dormire nello stesso letto dove, nel sonno, gli era scappata la pipì. E quando Paragone ti ha chiesto: “allora vuoi dirmelo tu quello che devo dire”? Tu continuavi a inveire e a quel punto lui ha pensato bene di mettersi il bavaglio. E qui scatta inesorabilmente l'atto più violento: la sua immagine viene brutalmente cancellata. Mentre a pochi minuti di distanza il bravo - Floris “Di Martedì” - senza nemmeno accorgersi, ti dava una lezione di grande democrazia. non solo ha parlato di ciò che report ha svelato, ma ha addirittura invitato l'autore del programma investigativo Sigfrido Renucci. Cara Bianca, posso dire (anche a causa del Covid) che non sei la sola a spargere questo tipo di arrabbiature televisive e se può consolarti, ti do una ''primizia'': sto pensando di tornare in televisione con un programma dal titolo: ''Il Conduttore''. e tu sarai il primo ospite...", conclude il post di Celentano. 

Affari farmaceutici per Federica Draghi. Dove investirà la figlia manager di SuperMario. Chris Bonface su Il Tempo il 02 novembre 2021. Si chiama “Xgen Venture Life Science”, anche se al momento non è ancora operativo e attende le necessarie autorizzazioni della Banca di Italia e della Consob. Una volta ottenutele, sarà un “fondo comune di investimento alternativo di diritto italiano, mobiliare, di tipo chiuso, riservato, rientrante nella categoria dei fondi per venture capital qualificati”, e diventerà il nuovo impegno professionale di Federica Draghi, la riservatissima primogenita del presidente del Consiglio, Mario Draghi e della sua consorte, Serena Cappello. Federica da tempo ha in parte seguito come il fratello Giacomo in parte le orme del padre, diventando manager con una predilezione per il settore biochimico. D'altra parte si è laureata in biologia alla Sapienza, conseguendo un dottorato in biochimica e poi aggiungendo un MBA in business administration alla Columbia Business school di New York. Cresciuta in una delle grandi firme della biotecnologia in Italia, Genextra, la primogenita di Draghi ha fondato la scorsa primavera il gruppo Xgen partners di cui ha il 30% del capitale insieme a Daniele Timothy Scarinci (30%) e Paolo Fundarò (40%). Con la società nel giugno scorso è stata fondata anche la Xgen sgr (le quote sono le stesse) in attesa delle autorizzazioni ad operare, alla cui presidenza è stato chiamato Carlo Marchetti, che è anche consigliere di amministrazione della Fc Internazionale Milano (la squadra di calcio Inter) e della Colussi. E insieme hanno progettato il lancio del fondo Life science che secondo verbale del consiglio amministrativo del 5 agosto scorso della sgr, avrà “una politica di investimento focalizzata su start-up e Pmi innovative ad alto contenuto tecnologico e/o in grado di definire nuove tecnologie, categorie e/o evoluzioni di prodotto nel settore life science, con particolare focus sulle imprese impegnate nello sviluppo e nella commercializzazione di nuove terapie, farmaci, dispositivi medici, applicativi diagnostici e soluzioni nel campo digital healthcare”. Il Fondo quindi investirà nel farmaceutico e para-farmaceutico oltre che nel settore biotecnologico, settori che sono ritenuti di vitale importanza anche dal governo presieduto da papà. Bisognerà stare attenti ai possibili conflitti di interesse sempre in agguato, tanto più che la nuova avventura finanziaria è stata decisa dopo lo sbarco di superMario a palazzo Chigi.  Del fondo come della Sgr Federica è consigliere delegato e “Key manager”. Nella prima funzione la delega principale ricevuta è quella alle relazioni istituzionali, anche se relative soprattutto al settore di investimento. La Draghi jr infatti dovrà secondo i compiti che le sono stati affidati “presentare al consiglio di amministrazione le opportunità di sottoscrivere, modificare o risolvere accordi di collaborazione con le imprese, le università, i parchi scientifico-tecnologici e i centri di ricerca”, e ovviamente “gestire i rapporti” con le stesse istituzioni, “finalizzati allo sviluppo di opportunità e idee di investimento per i Fia (fondi di investimento alternativi) istituiti e gestiti dalla società”. Come Key Manager del fondo Federica Draghi avrà anche la delega sul personale, con il potere di fare assunzioni, ma anche di trasferire e licenziare gli eventuali dipendenti, e il dovere di pagare a loro lo stipendio. Insieme agli altri due soci dovrà anche “porre in essere ogni attività necessaria per promuovere e collocare le quote del Fondo” e “sottoscrivere ogni dichiarazione, atto o documento, nonché compiere tutte le attività e gli adempimenti cui il Fondo e la società di gestione del risparmio, in qualità di gestore dello stesso, siano tenuti per legge nei confronti delle autorità di vigilanza, delle camere di commercio e in genere delle pubbliche amministrazioni dello Stato”. 

Vaccino d'oro per Pfizer. L'azienda Usa insegue il profitto, lo scandalo sono i conflitti d'interesse. Franco Bechis su Il Tempo il 03 novembre 2021. La Pfizer ha chiuso il terzo trimestre del 2021 con un fatturato di 24 miliardi di dollari cresciuto del 134% rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente e con un utile del trimestre di 8,1 miliardi di dollari, superiore a quello dell'intero anno scorso, che fu di 7 miliardi di dollari. Nei primi nove mesi di quest'anno il fatturato Pfizer è stato di 57,6 miliardi di dollari, superiore di circa 16 miliardi a quello dell'intero anno precedente, e sempre in 9 mesi ha registrato un utile di 18,5 miliardi che è più del doppio di quello dell'intero anno scorso e 10 miliardi superiore a quello dei primi nove mesi del 2020. L'intera crescita del fatturato e dell'utile è dovuta a un solo prodotto: il vaccino anti-Covid messo a punto con i tedeschi di BioNTech, da cui ha ricavato 14,5 miliardi di dollari nel terzo trimestre e 28,7 miliardi di dollari nei primi nove mesi del 2021. Secondo i contratti già sottoscritti dai principali paesi del mondo, sono già sicuri incassi l'anno prossimo per 36 miliardi di dollari. Sono performance che qualsiasi grande azienda del mondo si sognerebbe, e lì però resterebbero le ambizioni, perché non si trova una crescita analoga in così breve tempo in nessun’altra storia imprenditoriale nel mondo. Di tutto ci si può scandalizzare quindi meno del fatto che questi numeri vengano chiamati “business”, come ha fatto Sigfrido Ranucci durante l'ultima puntata di Report su Rai 3. Eppure da destra e sinistra è insorta la politica, con il Pd che addirittura bolla quel termine- “business” (affari in italiano) - come una tesi no-vax e altri che gridano: “questo non è servizio pubblico”. Mi sembra evidente che ci sia un limite ampiamente superato in questo paese, ed è quello del buonsenso. La realtà va chiamata con il suo nome, e quella del vaccino Pfizer come quella di Moderna e un po' meno viste come sono andate le cose quella di AstraZeneca o Johnson & Johnson è squisitamente business. Applausi a scena aperta per gli scienziati che in così breve tempo sono riusciti a trovare un antidoto utile per combattere la peste del secolo, e ci saremmo attesi per loro il premio Nobel per la medicina. Ma poi dalle loro mani il brevetto è passato in quello delle multinazionali del farmaco la cui vocazione non è quella dei missionari. E' fare soldi, quanti più soldi possibile, cosa che sta riuscendo meravigliosamente ai manager Pfizer e che rende felici i loro azionisti. La realtà è questa, e non scandalizza perché le aziende farmaceutiche non vivono facendo la carità in nessuna parte del mondo. Si poteva limitare un pizzico questi risultati costringendole con normative internazionali a cedere brevetti per produrre quei vaccini senza inseguire il profitto almeno nei paesi più poveri del mondo che infatti ad oggi non sono praticamente protetti dal virus. Ma questa decisione ha trovato più nemici che sostenitori, e non è stata presa. Anche chi oggi si straccia le vesti davanti a un Ranucci che ha detto una verità banale, non ha fatto alcuna battaglia perché il governo italiano fosse in prima linea a chiedere nel G20 o nei vari consessi internazionali la cessione gratuita di quel brevetto. Ma non è accaduto nemmeno questo. Non dobbiamo indignarci perché una grande azienda segue il profitto più alto possibile: è la sua missione. Però si può essere un pizzico più laici e sereni nel giudicare i report scientifici o le comunicazioni di quella stessa azienda. E' naturale che Pfizer ad esempio punti sulla terza come sulla quarta o quinta dose del vaccino. Ma i suoi studi sono di parte, non oro colato, perché sono mossi anche da evidenti e trasparentissimi interessi economici. Abbiamo per questo in tutto il mondo autorità indipendenti per approvare i farmaci e validare gli studi: in Usa la Fda, nella Ue l'Ema, in Italia l'Aifa e ogni paese ha la sua sigla. Quello che dovremmo pretendere per quei consessi è la vera e assoluta indipendenza. Che dovrebbe tradursi nell'incompatibilità a sedere in consigli scientifici o nei board dove si prendono le decisioni di chiunque abbia lavorato in precedenza con piccole e grandi case farmaceutiche. Questa incompatibilità non è assicurata, e infatti abbiamo appreso che nel comitato scientifico di Fda sedevano esperti che avevano avuto rapporti con Pfizer, e qualcuno si è pure dimesso. Spero (ma non ne sono affatto certo ascoltando le chiacchiere private anche di autorevoli esperti) che questa separazione sia netta in grado di superare anche il più maligno dei sospetti. Non fosse così è la sola cosa di cui davvero scandalizzarsi.

Non c'è due senza tre. Report Rai PUNTATA DEL 01/11/2021 di Manuele Bonaccorsi, Lorenzo Vendemiale. Ancora non abbiamo finito di vaccinare tutta la popolazione e già si parla di una possibile terza dose. In Italia per il momento la stiamo somministrando alle categorie fragili e agli over 60, ma i contagi tornano a salire e l’ipotesi di un nuovo richiamo per tutti diventa sempre più probabile. Ma quanto dura davvero la protezione dei vaccini anti-Covid, e cosa sappiamo sull’utilità e la sicurezza del cosiddetto booster? Report vi porterà negli Stati Uniti, dove con interviste esclusive ai commissari dell’Fda, la prestigiosa agenzia regolatoria americana, vi racconteremo tutti gli interessi economici e le pressioni politiche che ci sono dietro una decisione che dovrebbe essere solo scientifica. Siamo stati anche in Israele, che invece sostiene che la protezione del siero Pfizer è svanita e per questo ha già immunizzato di nuovo quasi tutta la popolazione. Il mondo intero è a un bivio da cui dipende la nostra vita nel prossimo futuro. Compreso il futuro del tanto discusso green pass, che il governo ha deciso di estendere fino a 12 mesi. Spiegheremo su quali dati è stata presa questa decisione e se, alla luce delle ultime evidenze scientifiche, la certificazione verde crea davvero degli ambienti sicuri, e per quanto tempo. A capirlo ci avrebbe dovuto aiutare uno “studio fantasma” promesso dalle autorità italiane, di cui però si sono perse le tracce.

NON C’È DUE SENZA TRE di Manuele Bonaccorsi e Lorenzo Vendemiale Report Rai.  Immagini di Carlos Dias e Tommaso Javidi Montaggio Maurizio Alfonso e Marcelo Lippi.

SIGFRIDO RANUCCI IN STUDIO Sembrano lontani i tempi in cui si evocava l’immunità di gregge. Si diceva “Vacciniamo 80% della popolazione e saremo fuori dal virus”. Doveva essere il tempo delle risposte, è il tempo invece degli interrogativi. Abbiamo a che fare con tre problemi: intanto dobbiamo da una parte ancora terminare la campagna di vaccinazione, dall’altra ci stiamo rendendo conto che sta diminuendo, si sta abbassando, la protezione al virus in chi si è già vaccinato. Questo significa che il virus sta girando. Gira anche tra i vaccinati e si trasforma: abbiamo la variante Delta, la Delta plus, come se fosse un concorso a premi. Che fosse possibile contagiarsi anche dopo essersi già vaccinati insomma lo avevamo scoperto nei trials, eravamo stati tra i primi a dirlo. Ora però succede questo, che ci sono dei campanelli d’allarme che stanno suonando e sono soprattutto quelli riguardanti i sanitari. Cioè il corpo che si è vaccinato per primo. La protezione alla malattia grave rimane sempre alta, questo lo diciamo, tuttavia si sono contagiati alcuni operatori sanitari e qualcuno ha presentato dei sintomi. Li stiamo monitorando? Stiamo facendo loro i tamponi? Vedremo. Quello che sta però emergendo chiaramente in questo scenario è la possibilità di fare la terza dose. Ma in base a quale consapevolezza scientifica la faremo? A chi la faremo? Come la faremo? Quando la faremo? Si potrebbe anche fare studiando, basandosi sullo studio degli anticorpi ma lo stiamo facendo? nel frattempo abbiamo dato l’okay alle vaccinazioni della terza dose per i più fragili e gli over sessantenni. Ma lo stiamo facendo nel modo giusto? Un errore gli inviati di Report l’hanno scoperto. E poi vedremo anche con quali consapevolezze scientifiche è stato prolungato il green pass. I nostri Manuele Bonaccorsi e Lorenzo Vendemiale.

MANUELE BONACCORSI FUORI CAMPO Tel Aviv, Israele. È Shabat, ma la centralissima piazza ha-bima si riempie come in un normale giorno lavorativo. Scendono in piazza i no green pass israeliani. Non ci sono fascisti infiltrati qui, anzi la piazza ha tutta l’aria di essere egemonizzata dalla sinistra. La destra al governo, col premier ortodosso Bennet, ha imposto il green pass per tutta la popolazione.

ROTEM BROWN - AVVOCATO Senza green pass non si può andare neppure a lavoro. E per averlo bisogna fare una dose ogni sei mesi!

MANUELE BONACCORSI FUORI CAMPO È questa l’unica differenza tra il green pass italiano e quello israeliano. Per ottenerlo devi aver fatto 3 dosi di vaccino. Dopo il picco di contagi che questa estate ha investito lo Stato Ebraico, con oltre 10mila infettati al giorno in un paese di soli 9 milioni di abitanti, il governo ha deciso che la durata della protezione dal vaccino è di 6 mesi. Scaduti i quali servirà un richiamo. Altrimenti addio green pass, niente lavoro e niente vita sociale.

ROTEM BROWN - AVVOCATO Hanno stracciato tutti i vecchi green pass. Siamo già a tre dosi in meno di un anno! E chissà se servirà anche la quarta e la quinta

MANUELE BONACCORSI FUORI CAMPO Il green pass, insomma, potrebbe accompagnarci ancora per molto tempo, perché dopo 6 mesi i vaccini potrebbero perdere efficacia.

MANUELE BONACCORSI FUORI CAMPO Quello che è successo in Israele pochi mesi fa potrebbe replicarsi da noi, visto che loro sono tre mesi avanti a tutti nelle vaccinazioni. Secondo i dati dell’istituto superiore di sanità l’efficacia complessiva del vaccino è in leggera riduzione. E qualche segnale arriva anche da chi si era vaccinato per primo.

ANTONIO PALMA - SEGRETARIO SINDACATO INFERMIERI NURSING UP Dal mese di luglio al mese di agosto c'è stata un'impennata che ha portato i casi di operatori sanitari infetti da 250 a 1950, questa impennata repentina ci dice che qualcosa è successo.

MANUELE BONACCORSI La vostra categoria è la prima a essere stata vaccinata e quindi è quella che ha fatto il vaccino da più tempo, quello che succede a voi è quello che domani potrebbe avvenire a tutta la popolazione.

ANTONIO PALMA - SEGRETARIO SINDACATO INFERMIERI NURSING UP Certamente è proprio questo il nostro problema dicono che questi vaccini coprono. Noi non siamo sicuri che coprono alle percentuali che di cui abbiamo sentito parlare. Purtroppo esistono proprio dei cluster, quello che è accaduto ad esempio al Sant'Eugenio di Roma

MANUELE BONACCORSI FUORI CAMPO All’inizio di settembre, al sant’Eugenio di Roma, viene chiuso il pronto soccorso e tutti i lavoratori dell’ospedale vengono sottoposti a tampone. Secondo i lavoratori i contagiati sarebbero più di 10, tra cui 6 i pazienti, molti con sintomi. Cosa è accaduto ce lo spiega una infermiera, che non può mostrare il suo volto

INFERMIERE ANONIMO Tutto è cominciato da un paziente che quando era stato ricoverato in pronto soccorso risultava negativo, ma poi si è scoperto che era positivo. Da lì il covid si è diffuso nei reparti. Inizialmente l’azienda ha negato, solo dopo alcuni giorni hanno deciso di fare il tampone a tutti. Anche io sono risultata positiva  

MANUELE BONACCORSI FUORI CAMPO Ci si aspetterebbe che gli infermieri siano sottoposti a uno stringente monitoraggio. Invece ecco cosa accade negli ospedali italiani. Umberto I di Roma

MASSIMILIANO TALUCCI - INFERMIERE SINDACALISTA NURSIND AZIENDALE La procedura che è attualmente in vigore prevede il tampone naso faringeo ogni 15 giorni

MANUELE BONACCORSI È sufficiente questa misura secondo lei

MASSIMILIANO TALUCCI - INFERMIERE SINDACALISTA NURSIND AZIENDALE Probabilmente no. Abbiamo richiesto all'azienda di fare il sierologico e per il momento ancora non abbiamo ricevuto risposta

MANUELE BONACCORSI FUORI CAMPO Sant’Andrea di Roma

MANUELE BONACCORSI Ma lei per esempio l'ultimo tampone quando lo ha fatto?

VINCENZA DE LUCA - SEGRETARIA AZIENDALE NURSIND S.ANDREA Due mesi fa.

MANUELE BONACCORSI Quindi lei da due mesi viene qui in ospedale lavorando in un ambiente comunque dove c'è un po’ di rischio e non fa tamponi da due mesi

VINCENZA DE LUCA - SEGRETARIA AZIENDALE NURSIND S.ANDREA Devo essere io a chiedere all’azienda di farmi fare il tampone

MANUELE BONACCORSI Lei ha visto un aumento del numero di contagi negli ultimi mesi?

VINCENZA DE LUCA - SEGRETARIA AZIENDALE NURSIND S.ANDREA Sì anche su nostri colleghi che hanno effettuato il vaccino.

MANUELE BONACCORSI Quanti?

VINCENZA DE LUCA - SEGRETARIA AZIENDALE NURSIND S.ANDREA Tanti.

MANUELE BONACCORSI Lei è un infermiere qui al sant’Andrea?

DOMENICO FRANCHETTI - INFERMIERE SINDACALISTA NURSIND S.ANDREA Sì

MANUELE BONACCORSI Vaccinato quando?

DOMENICO FRANCHETTI - INFERMIERE SINDACALISTA NURSIND S.ANDREA La prima dose l'ho fatta il 28 dicembre del 2020 e il richiamo il 14 gennaio Eppure mi succede che a metà settembre dopo l'insorgenza di sintomi influenzali risulto positivo al covid. Questo a nove mesi di distanza dal richiamo.

MANUELE BONACCORSI Si è contagiato solo lei?

DOMENICO FRANCHETTI - INFERMIERE SINDACALISTA NURSIND S.ANDREA No assolutamente no, mio padre e mia madre mia sorella la mia compagna sono poi purtroppo positivi anche loro

MANUELE BONACCORSI Tutti positivi?

DOMENICO FRANCHETTI - INFERMIERE SINDACALISTA NURSIND S.ANDREA Tutti positivi e pure loro vaccinati e pure loro vaccinati, vaccinati doppia dose

MANUELE BONACCORSI FUORI CAMPO Non cambia la situazione in Lombardia. Qui siamo a Monza

DONATO CORSI - NURSIND LOMBARDIA Solo un piccolo gruppo di persone viene testato, che sono quelli che sono a diretto contatto con pazienti particolarmente fragili.

MANUELE BONACCORSI C’è un controllo sull'efficacia del vaccino?

DONATO CORSI - NURSIND LOMBARDIA Solo in una o due aziende una di queste è il Niguarda. In realtà in tutta la regione Lombardia questi controlli continuano a non essere fatti

MANUELE BONACCORSI FUORI CAMPO L’ospedale milanese Niguarda ha deciso di monitorare l’andamento degli anticorpi nella popolazione ospedaliera. A realizzare lo studio è stato il professor Scaglione, che può avvalersi di questo laboratorio, uno dei più avanzati nel Paese.

FRANCESCO SCAGLIONE - DIRETTORE MICROBIOLOGIA OSPEDALE NIGUARDA Le provette vengono inserite in questa attrezzatura e poi con un binario in modo automatico vengono trasportate in tutte queste macchine che misurano gli anticorpi.

MANUELE BONACCORSI Si muovono come in una pista di...

FRANCESCO SCAGLIONE - DIRETTORE MICROBIOLOGIA OSPEDALE NIGUARDA Di automobiline, ha un sistema di automazione estremamente interessante

MANUELE BONACCORSI Quanti sierologici riuscite a fare voi qui al giorno.

FRANCESCO SCAGLIONE - DIRETTORE MICROBIOLOGIA OSPEDALE NIGUARDA Beh questo è un sistema che riesce a fare anche 5000 test al giorno

MANUELE BONACCORSI FUORI CAMPO Dall’analisi del Niguarda, svolta su 3000 persone, risulta che a sei mesi dall'iniezione della seconda dose di vaccino gli anticorpi si dimezzano. Un livello, secondo Scaglione, ancora capace di proteggere dal covid. I prossimi mesi ci diranno se la caduta del livello di anticorpi continuerà fino ad arrivare sotto il livello di guardia. Il problema è che quello del Niguarda è l’unico studio sistematico che si sta realizzando in Italia

MANUELE BONACCORSI Non le pare un po’ assurdo, se non ci fosse stato lei noi in questo momento in Italia non avremmo avuto alcun dato di questo tipo.

FRANCESCO SCAGLIONE - DIRETTORE MICROBIOLOGIA OSPEDALE NIGUARDA Sono ancora più cattivo nel senso che i dati scientifici per il 90 per cento derivano dalla buona volontà di qualche ricercatore che si mette a farli. Non c'è la ricetta di Stato.

MANUELE BONACCORSI Lei non lavora per fornire dati al ministero. È qualcosa che lei sta facendo in Autonomia, diciamo

FRANCESCO SCAGLIONE - DIRETTORE MICROBIOLOGIA OSPEDALE NIGUARDA L'abbiamo iniziata autonomamente, autofinanziato eh.

MANUELE BONACCORSI FUORI CAMPO Eppure l’Istituto superiore di sanità aveva annunciato già un anno fa, a dicembre 2020, l’intenzione di realizzare uno studio molto ampio sul decadimento degli anticorpi.

MANUELE BONACCORSI Questi dati secondo lo stesso comunicato ufficiale dell'Istituto Superiore di Sanità avrebbero potuto chiarire la necessità o meno di una terza dose. Ora siccome siamo nel momento in cui dobbiamo scegliere se fare la terza dose a tutti, vorremmo sapere se questo studio è stato realizzato oppure no, noi non ne abbiamo trovato finora traccia.

SILVIO BRUSAFERRO - PRESIDENTE ISTITUTO SUPERIORE DI SANITÀ Noi settimanalmente facciamo un report ogni mese sull’efficacia vaccinale sul campo parallelamente viene condotto anche uno studio dal punto di vista anticorpale con dentro con alcuni centri rappresentativi in Italia che traguarderà i primi risultati, credo prossimamente

MANUELE BONACCORSI Mi perdoni questo studio c'è o non c'è questo, questo sugli anticorpi

SILVIO BRUSAFERRO - PRESIDENTE ISTITUTO SUPERIORE DI SANITÀ Si sta conducendo

MANUELE BONACCORSI Su quante persone, cioè ci dia qualche informazione su questo studio specificatamente, quando avremo i dati?

SILVIO BRUSAFERRO - PRESIDENTE ISTITUTO SUPERIORE DI SANITÀ Quando usciremo avremo daremo quando usciremo le daremo tutti i dettagli come facciamo sempre con materiali e metodi

MANUELE BONACCORSI Centinaia, migliaia a decine di migliaia?

SILVIO BRUSAFERRO - PRESIDENTE ISTITUTO SUPERIORE DI SANITÀ È uno studio molto consistente

MANUELE BONACCORSI FUORI CAMPO Abbiamo chiesto ulteriori spiegazioni all’ Istituto Superiore di Sanità e ci ha risposto che lo studio in realtà è iniziato solo a febbraio e riguarda appena 2.500 persone. Dei risultati ancora non c’è traccia. In attesa dei dati intanto l’Italia ha deciso di puntare tutto sul green pass, che è stato prorogato da 9 a 12 mesi. Con quali criteri?

MANUELE BONACCORSI Ma il green pass ora è stato esteso a 12 mesi sulla base di quali dati scientifici si basa questa scelta?

ANDREA CRISANTI - PROFESSORE MICROBIOLOGIA UNIVERSITÀ DI PADOVA Su nessuna base Noi abbiamo sentito molti politici dire che col green pass creiamo negli ambienti sicuri. Non è assolutamente vero questo. MANUELE BONACCORSI E questo è stato detto da esponenti del governo

ANDREA CRISANTI - PROFESSORE MICROBIOLOGIA UNIVERSITÀ DI PADOVA Hanno detto una serie di stupidaggini pazzesche perché guardando i dati di Israele si sarebbero dovuti sta zitti. Il vaccino sembra stia perdendo efficacia per quanto riguarda la capacità di bloccare la trasmissione

MANUELE BONACCORSI FUORI CAMPO Eppure, la scelta di prolungare il green pass è stata avallata dal comitato tecnico scientifico in una riunione del 27 agosto. Come è andata davvero ce lo spiega una persona che ha partecipato a quell’incontro. DIRIGENTE ANONIMO 1 sul tavolo c’era una nota del capo di gabinetto del ministero della Salute, per conto del ministro Speranza, che chiedeva di allungare la durata delle certificazioni verdi.

MANUELE BONACCORSI E sulla base di quali dati scientifici lo chiedeva?

DIRIGENTE ANONIMO 1 Guardi, la richiesta è politica. Il governo pone delle domande per capire se le sue scelte politiche sono compatibili con ciò che dice la scienza.

MANUELE BONACCORSI E qual è stato il parere del Comitato tecnico scientifico?

DIRIGENTE ANONIMO 1 Il Cts ha ritenuto all’unanimità che esistevano le condizioni per estendere la durata della certificazione verde sino a dodici mesi

MANUELE BONACCORSI Anche se nessuno sa se il vaccino dura 9, 12 o forse anche 6 mesi? DIRIGENTE ANONIMO 1 Assolutamente. Questa decisione non è supportata da certezze scientifiche. Oggi nessuno sa se una persona è effettivamente protetta e per quanto tempo.

MANUELE BONACCORSI FUORI CAMPO La richiesta del ministro della Salute nasce da una esigenza pratica. Se non ci fosse stato il prolungamento tra ottobre e dicembre del 2021, sarebbe scaduto il Green pass di circa 3 milioni di italiani. Che si sarebbero trovati senza certificato ma anche senza la possibilità di rinnovarlo. Il caos. Ora il problema è solo rinviato. E come potrebbe andare a finire ce lo spiega a latere di una chiacchierata informale un altissimo dirigente della sanità.

DIRIGENTE ANONIMO 2 L’estensione del green pass è stata una scelta burocratica, presa perché non potevano fare altrimenti. Le dico io cosa succederà: quando ci si renderà conto che la protezione contro il contagio è quasi zero dovranno abolire il green pass, magari introducendo l’obbligo vaccinale per alcune categorie. E a quel punto, liberi tutti

MANUELE BONACCORSI FUORI CAMPO L’altro scenario possibile, invece, è fare come in Israele dove il green pass non è stato cancellato, anzi, per averlo serve anche la terza dose. In Italia il 27 settembre abbiamo iniziato a farla a immunodepressi e over 80

MANUELE BONACCORSI Quale vaccino fate qui?

PAOLO PARENTE - MEDICO VACCINALE ASL ROMA 1 In questo centro, facciamo moderna

MANUELE BONACCORSI Voi che dosaggio fate?

PAOLO PARENTE - MEDICO VACCINALE ASL ROMA 1 Noi facciamo dose completa

MANUELE BONACCORSI Non è troppo forte?

PAOLO PARENTE - MEDICO VACCINALE ASL ROMA 1 Laddove dovessero esserci ulteriori evidenze che ritarano la terza dose con un dosaggio minore io credo che verrà presa in considerazione questa cosa

MANUELE BONACCORSI FUORI CAMPO In realtà avrebbero già dovuto dare il dosaggio minore, ma non lo sapevano. Moderna è considerato il vaccino più efficace, ma anche quello con il dosaggio più forte. Per questo la stessa casa farmaceutica ha proposto ad Ema ed Fda di consigliare per tutti la mezza dose, lasciando la dose intera solo per gli immunodepressi. Aifa al contrario il 9 settembre 2021 ha dato parere positivo alla somministrazione intera anche per gli ospiti delle Rsa, e gli anziani over 80.

MANUELE BONACCORSI Quindi noi abbiamo dato alcune migliaia di italiani il doppio della dose necessaria?

ANTONIO CASSONE - EX DIRETTORE DIPARTIMENTO MALATTIE INFETTIVE ISS Sì certo l'agenzia aifa in quel momento probabilmente non sapeva neanche che la ditta moderna stava proponendo di abbassare il dosaggio.

MANUELE BONACCORSI Scusi ma moderna quando ha proposto 50 microgrammi?

ANTONIO CASSONE - EX DIRETTORE DIPARTIMENTO MALATTIE INFETTIVE ISS Probabilmente il 9 settembre Moderna non aveva ancora fatta l'applicazione alla fda

MANUELE BONACCORSI FUORI CAMPO Col professor Cassone andiamo in cerca della data in cui Moderna propone ai regolatori, quello americano e quello europeo, la mezza dose

ANTONIO CASSONE - EX DIRETTORE DIPARTIMENTO MALATTIE INFETTIVE ISS “Submission date: il 3 settembre”

MANUELE BONACCORSI FUORI CAMPO Il 3 settembre, cioè 6 giorni prima della determina con cui Aifa dà il via libera al richiamo con la dose intera.

MANUELE BONACCORSI Quindi sulla base di cosa l'Aifa dice 100 microgrammi del vaccino Moderna?

ANTONIO CASSONE - EX DIRETTORE DIPARTIMENTO MALATTIE INFETTIVE ISS È stata una decisione forse precipitosa.

MANUELE BONACCORSI FUORI CAMPO Seguendo il parere dell’aifa il 27 settembre una circolare firmata dal dg della sanità Rezza, dà quindi il via libera al booster con entrambi i vaccini Mrna. Per due settimane viene somministrata la dose sbagliata e solo l’8 ottobre le autorità sanitarie si accorgono che qualcosa non quadra e specificano che la dose booster può essere somministrata solo col vaccino Pfizer. Poi il 25 ottobre l’ema chiude la vicenda: di Moderna può bastare mezza dose.

ANTONIO CASSONE - EX DIRETTORE DIPARTIMENTO MALATTIE INFETTIVE ISS La ditta moderna si è resa conto che per fare un richiamo terza dose può essere importante diminuire il dosaggio perché si ottengono due buoni scopi: uno quello di diminuire con buona probabilità gli effetti collaterali del vaccino, e secondo risparmiamo dosi

MANUELE BONACCORSI FUORI CAMPO Il problema è che gli effetti collaterali dopo la seconda dose dei vaccini a base Mrna sono molto frequenti. E, secondo Cassone, non ci sono ancora dati sufficienti per valutare appieno cosa succederà con la terza. A preoccupare in particolare sono le miocarditi, che hanno una frequenza tutt’altro che trascurabile.

ANTONIO CASSONE - EX DIRETTORE DIPARTIMENTO MALATTIE INFETTIVE ISS Dai 12 ai 24 anni in questa specificissima fascia di età il dato oscilla fra una 10.000 uno a 20.000. Da 50 anni in su il rapporto rischio beneficio è di gran lunga superiore per il beneficio. Se invece andiamo nelle fasce giovanili il discorso cambia.  

MANUELE BONACCORSI FUORI CAMPO Sulla terza dose per i più giovani, insomma, ci sono più dubbi che certezze. Nel governo italiano si fa strada l’ipotesi di offrire il booster a tutti da gennaio. Manca però una posizione chiara dell’Ema, l’agenzia del farmaco europea, che all’inizio di ottobre ha approvato la terza dose solo per le categorie a rischio. Sul resto della popolazione ha deciso di non decidere: “Potrebbe essere possibile” fare la terza dose, ha scritto l’agenzia nella sua raccomandazione ufficiale, scaricando la scelta sui singoli Stati

LORENZO VENDEMIALE Ci saremmo aspettati da voi una valutazione dei rischi/benefici più chiara. Non credete che così ci sia il rischio che ogni Paese vada per conto suo e venga meno la strategia vaccinale comune all’interno dell’Unione Europea?

MARCO CAVALERI - RESPONSABILE TASK FORCE VACCINI EMA Oltre 10 Paesi ci hanno già fatto sapere di voler procedere con la terza dose in ogni caso. Stiamo cercando di tenere una linea comune. Per noi in questo momento è davvero difficile entrare nel dettaglio su quale popolazione dovrebbe ricevere il booster. La nostra è una raccomandazione preliminare, non è definitiva.

SIGFRIDO RANUCCI IN STUDIO Tradotto navighiamo a vista. Avrebbe dovuto guidarci invece uno studio dell’istituto superiore di sanità in tema di anticorpi era stato annunciato un anno fa, ancora non ce n’è traccia. Lo sta realizzando un piccolo laboratorio all’interno dell’ospedale Niguarda di Milano, che sta raccogliendo di sua spontanea volontà i dati, li sta analizzando. Potrebbe fare 5 mila test al giorno, ma va a scartamento ridotto, perché non è una ricerca finanziata dallo Stato. Tuttavia il professor Scaglione che lo dirige un risultato lo ha trovato: secondo lui dopo sei mesi gli anticorpi si dimezzerebbero, e secondo lui sarebbero anche sufficienti per prevenire le forme gravi della malattia. Ma non c’è nessuna certezza scientifica. Non sappiamo quanto anticorpi necessitano per proteggerci bene dal virus. Non sappiamo neanche se conta invece la memoria cellulare quella che il nostro corpo matura quando viene iniettato il vaccino. Ecco, insomma in tutto questo i nostri inviati hanno scoperto invece un’anomalia: è stato commesso un errore nella campagna di vaccinazione della terza dose. Migliaia e migliaia di nostri anziani hanno avuto iniettata la dose intera di Moderna quando invece tutti gli enti regolatori, anche la stessa azienda Moderna, ne consiglierebbero la metà della dose. Questo perché è stato fatto un errore di superficialità da parte di Aifa che è stato replicato di default dal Ministero della Salute. Poi hanno corretto il tiro ma nel frattempo erano passati 14 giorni. Nel frattempo che cosa è successo, che hanno anche prorogato il greenpass, ma in base a quale criterio è stato prorogato? Secondo Crisanti non c’è stato alla base nessun criterio scientifico ma solo pratico. Ecco che cosa stava per accadere? Che tra ottobre e dicembre, sarebbe scaduto il Green pass a circa 3 milioni di cittadini. C’era l’impossibilità di prorogarlo, si sarebbe scatenato il caos: quindi da una parte i cittadini si sarebbero trovati senza certificato, senza la possibilità di rinnovarlo, senza la possibilità di andare, per esempio, a un ristorante, ma soprattutto senza la possibilità di ricevere lo stipendio. E allora che cosa è successo? Ce lo racconta uno che è stato, si è seduto al tavolo dove sono state prese le decisioni, si è deciso di prorogarlo. È arrivata una richiesta dal capo di gabinetto del ministero della salute dove il ministro Speranza chiedeva “secondo le vostre conoscenze scientifiche” chiedeva al CTS, “c’è la possibilità di prorogarlo?” e il CTS dice “sì, secondo le nostre conoscenze scientifiche si può prorogare perché comunque la protezione al virus rimane elevata nei vaccinati” insomma per quel periodo di tempo. Però quanto fossero fragili queste conoscenze scientifiche lo scopriremo in una vicenda di una cittadina vivace che si trova negli Stati Uniti sull’oceano Atlantico dove gli abitanti, quasi tutti vaccinati, hanno deciso di riunirsi in una festa, solo che non si erano resi conto che ballavano e un giro di valzer l’hanno fatto con il virus.

MANUELE BONACCORSI FUORI CAMPO La penisola di Cape Cod è una lingua di terra che si insinua nell’oceano Atlantico, tra Boston e New York, famosa per le sue spiagge e le sue dune di sabbia. Qui si trova la cittadina turistica di Provincetown che oggi è un punto di ritrovo della comunità gay. Qui di novax fedeli a Trump non se ne vede neppure l’ombra. Il presidente democratico Biden ha raccolto il 95% dei voti. E la stessa percentuale della popolazione si è vaccinata. Dopo due anni di chiusure, questa estate finalmente Cape Cod pensava di essere tornata alla normalità.

EDWARD MILLER – DIRETTORE THE PROVINCETOWN INDEPENDENT Quest’anno il 4 luglio, per la festa dell’indipendenza, ci saranno stati 100mila turisti. Ma stranamente in quei giorni pioveva e faceva freddo: così tutti si sono riparati all’interno, nei locali. Migliaia di persone assembrate, tutte senza mascherina, a ballare e fare festa.

MANUELE BONACCORSI FUORI CAMPO La festa più in della città è quella del “tea dance”, una discoteca che apre i cancelli all’ora del tè. Queste sono immagini girate questa estate.

EDWARD MILLER – DIRETTORE THE PROVINCETOWN INDEPENDENT Eravamo tranquilli, credevamo che essendo tutti vaccinati non avremmo potuto infettarci.

MANUELE BONACCORSI FUORI CAMPO Si sbagliavano. Il tea dance diventa una bomba virale. Cary Briant è uno dei contagiati del cluster di Provincetown.

CARY BRIANT – ABITANTE DI PROVINCETOWN Come tutti mi sentivo sicuro, quel 4 luglio.

MANUELE BONACCORSI Sei vaccinato?

CARY BRIANT – ABITANTE DI PROVINCETOWN Sì, con Moderna, ho fatto la seconda dose a fine marzo. E poi in generale sono una persona super prudente.

MANUELE BONACCORSI Il tuo Covid è stato sintomatico o no?

CARY BRIANT – ABITANTE DI PROVINCETOWN Si. Per qualche ora ho avuto paura quando l’ossigenazione ha cominciato a scendere troppo. Poi, per fortuna, sono migliorato. Però a distanza di due mesi mi sento stanco e ho ancora i segni dell’infezione.

MANUELE BONACCORSI FUORI CAMPO In quei giorni a Provincetown è il caos. Decine di persone si riversano nel piccolo ospedale cittadino.

ANDREW JORGENSEN – DIRETTORE PROVINCETOWN HEALTH CENTER È successo tutto all’improvviso. La fila per il tampone diventava sempre più lunga e tutti diventavano positivi. Da medico speravo che noi fossimo fuori dal tunnel, e invece non era così.

EDWARD MILLER – DIRETTORE THE PROVINCETOWN INDEPENDENT E’ stato un grosso shock. E molti inizialmente non volevano si sapesse, perché avrebbe avuto un impatto sull’economia e sul turismo.

PAUL BENSON – REPORTER PROVINCETOWN Il governo a maggio aveva eliminato l’obbligo di mascherina e aveva smesso di tracciare i contagi tra i vaccinati. Forse non volevano trovare certe risposte. Ma da qui a un certo punto ci siamo messi a urlare: “Ehi, Ascoltate, sta succedendo e voi dovete fare qualcosa”. Così la nostra cittadina è diventata un caso nazionale.

SIGFRIDO RANUCCI IN STUDIO Tre quarti dei positivi sono vaccinati. È un caso clamoroso e scende in campo anche la CDC, la più autorevole autorità sanitaria statunitense. Si occupa del caso, lo studia e alla fine giunge a due conclusioni: una che il vaccino anche se perde efficacia, protegge dalla mortalità; l’altra non trascurabile è che anche se si è vaccinati, la carica virale è uguale a chi non si è vaccinato. Questo significa che il virus gira, continua a girare e questo porta a una conclusione, fa tornare indietro sui propri passi: all’interno c’è necessità di indossare la mascherina. Ecco noi su questo siamo stati più bravi, più previdenti abbiamo sempre mantenuto l’obbligo di indossare nei locali chiusi la mascherina. Però il caso della vicenda di Cape Cod ha insinuato un dubbio nelle autorità statunitensi: ma quanto dura l’efficacia di un vaccino?

MANUELE BONACCORSI FUORI CAMPO A fine agosto negli Usa, arriva un nuovo picco di Covid: 150 mila nuovi casi al giorno, 80mila ricoveri a settimana, altri 25mila morti in un mese. Gli Stati più colpiti sono quelli in cui è più bassa la percentuale di vaccinati. Tutti eccetto uno, la Florida, dove il 70% degli over 12 ha preso il siero. Ma il virus circola comunque: su 20 milioni di abitanti, si raggiungono 350 morti al giorno e le terapie intensive si riempiono. Come accade in questo ospedale a Naples, cittadina a 100 miglia da Miami.

DAVID LINDNER – DIRETTORE AREA COVID NCH BAKER HOSPITAL – NAPLES (FLORIDA) Vedete quelle luci sulle porte, se sono rosse significa che il paziente è molto grave. Fino a pochi giorni fa le terapie intensive erano piene; siamo arrivati al punto che dovevamo intubare i pazienti nel corridoio, sul pavimento.

MANUELE BONACCORSI Quindi questa ondata è stata peggiore della precedente?

DAVID LINDNER – DIRETTORE AREA COVID NCH BAKER HOSPITAL – NAPLES (FLORIDA) Assolutamente.

MANUELE BONACCORSI È strano perché qui avete una buona percentuale di vaccinati e ci si aspetta che il virus circoli di meno.

DAVID LINDNER – DIRETTORE AREA COVID NCH BAKER HOSPITAL – NAPLES (FLORIDA) Purtroppo, le persone si sono stancate della mascherina, e del distanziamento. Mettete insieme i comportamenti irresponsabili, i non vaccinati e la variante Delta. E questo è il risultato…

MANUELE BONACCORSI FUORI CAMPO Il dr. Linder ci spiega che l’86% dei suoi ricoverati sono non vaccinati. Nel resto della Florida, però, è impossibile capire se i vaccini stanno perdendo efficacia. Da maggio, infatti, il governo americano ha smesso di tracciare le cosiddette break through infections, i casi tra i vaccinati. In tutto il Paese i contagi crescono e la campagna vaccinale stenta a decollare. In alcuni Stati non si supera il 50%. In questo contesto, il presidente americano Biden lo scorso 18 agosto ha rotto gli indugi con un annuncio a sorpresa.

JOE BIDEN - PRESIDENTE STATI UNITI D’AMERICA Oggi i nostri esperti medici hanno annunciato il piano per il richiamo del vaccino a ogni americano adulto.

MANUELE BONACCORSI FUORI CAMPO L’annuncio della terza dose per tutti scatena il caos all’interno dell’FDA, la prestigiosa agenzia regolatoria americana. La reazione è durissima. Krause e Gruber, i due maggiori esperti di vaccini nell’FDA, si dimettono senza spiegare le motivazioni. Il retroscena ce lo svela Steve Usdin, il giornalista che per primo si è occupato di questo vero e proprio giallo.

MANUELE BONACCORSI Cosa si nasconde dietro le dimissioni di Krause e Gruber

STEVE USDIN – GIORNALISTA BIOCENTURY Il presidente ha annunciato l’inizio delle somministrazioni ancora prima che Pfizer inviasse la sua richiesta di autorizzazione all’FDA. È sembrato che la decisione fosse stata già presa. E questo è inaccettabile. È successo qualcosa di molto strano anche all’interno dell’FDA. Perché se l’agenzia avesse detto a Pfizer “non mandate questa richiesta, perché non l’approveremo”, loro non l’avrebbero mai presentata, questo lo so da fonti molto vicine alla compagnia.

LORENZO VENDEMIALE Sta dicendo che Pfizer aveva ricevuto delle garanzie?

STEVE USDIN – GIORNALISTA BIOCENTURY Sto dicendo che sicuramente hanno ricevuto segnali contrastanti, perché anche il capo dell’FDA, Peter Marks, era d’accordo con Biden. Poi guardate come è finita.

MANUELE BONACCORSI FUORI CAMPO Il capo del Dipartimento Vaccini della FDA Peter Marks viene subito contraddetto dai suoi ex collaboratori. Gruber e Krause all’inizio di settembre firmano uno studio durissimo. Nelle conclusioni si legge che “al momento non ci sono prove che mostrano il bisogno della terza dose per tutti”. È un duro stop per i piani del governo. L’ex capo della Sezione Vaccini dell’FDA sottolinea quanto siano state poco opportune le dichiarazioni di Biden.

NORMAN BAYLOR - DIRETTORE DIPARTIMENTO VACCINI FDA (2005 – 2011) Quando ero direttore e Kraus era il mio vice, ci siamo divisi tante volte. Ma tutto rimaneva all’interno, stavolta è stato un caso nazionale. Il presidente non avrebbe dovuto scavalcare l’agenzia. Mai, mai uscire pubblicamente con una data. Perché è come dire a un bambino: domani avrai un gelato. Domani il gelato non c’è e il bambino dice, ma come? Mi avevi detto che avrei avuto il gelato! Dov’è il mio gelato!

MANUELE BONACCORSI FUORI CAMPO Il 22 settembre l’FDA boccia la richiesta di approvare una terza dose per tutti presentata da Pfizer e sostenuta dal presidente Biden: negli Stati Uniti per ora il richiamo viene somministrato solo agli anziani e alle categorie più a rischio, ma lo scontro è ancora aperto. Il 28 settembre Biden ha ricevuto la terza dose in diretta televisiva e si parla di un piano già pronto per la somministrazione a tutti gli over 40. A Boston incontriamo uno dei membri del FDA, ma non nel suo ufficio. E non è un caso.

CODY MEISSNER – COMITATO ADVISOR FDA C’è una grande pressione su di noi. Vi ho dato appuntamento qui, perché non sono felici di quello che dico. Ma a questo punto della mia carriera, per me l’unica cosa che conta è fare la scelta giusta.

MANUELE BONACCORSI FUORI CAMPO Il dottor Cody Meissner è uno degli scienziati che ha avuto il coraggio di contraddire l’uomo più potente del mondo.

LORENZO VENDEMIALE Come ci si sente a smentire il presidente degli Stati Uniti?

CODY MEISSNER – COMITATO ADVISOR FDA Nessuno può essere a suo agio, ma il presidente non è uno scienziato, è un politico. E noi dobbiamo fare il nostro mestiere. La nostra raccomandazione è stata: concentriamoci sulle persone fragili, anziani e immunocompromessi, che sono più a rischio.

LORENZO VENDEMIALE La proposta presentata da Pfizer e sostenuta dal presidente Biden, però, era molto diversa.

CODY MEISSNER – COMITATO ADVISOR FDA Pfizer aveva richiesto l’autorizzazione della terza dose per tutti. Ma in questo momento per noi ci sono ancora dei dubbi su quanto possa servire davvero a tenere la pandemia sotto controllo.

LORENZO VENDEMIALE Cosa non vi ha convinto?

CODY MEISSNER – COMITATO ADVISOR FDA In questo momento negli Stati Uniti non stiamo vedendo molti casi gravi tra i vaccinati, solo casi lievi. Significa che le due dosi sono ancora efficaci. E tu non rivaccini di nuovo un’intera popolazione per evitare un raffreddore. Non abbiamo abbastanza dati sulla sicurezza e dopo la seconda dose ci sono stati molti casi di miocardite. Cosa succederà dopo la terza? Non sappiamo nemmeno quanto durerà questa terza dose. Sono tutte informazioni che bisogna conoscere prima di utilizzare un vaccino, soprattutto sui più giovani, per cui il Covid è un pericolo minore.

MANUELE BONACCORSI FUORI CAMPO Lo studio presentato da Pfizer a FDA per chiedere l’approvazione per la terza dose, coinvolge appena 300 persone e ammette che “non c’è alcuna indicazione sulla durata dell’efficacia”. Soltanto negli ultimi giorni l’azienda ha annunciato i risultati di uno studio molto più grande, che però deve ancora essere verificato dalle autorità. Eppure la possibilità di avere in tempo tutte queste informazioni c’era...

MANUELE BONACCORSI A settembre del 2020, oltre un anno fa, Pfizer aveva iniziato un grande trial con 40mila persone. Che fine ha fatto?

PETER DOSHI – PROFESSORE SERVIZI SANITARI UNIVERSITÀ DEL MARYLAND Dopo che il vaccino è stato autorizzato lo scorso dicembre, Pfizer ha cominciato a far uscire i partecipanti dal trial. A marzo, ne rimaneva appena il 7%.

MANUELE BONACCORSI FUORI CAMPO Peter Doshi, dell’università del Maryland, è uno tra i massimi esperti mondiali di trial clinici. Quello di Pfizer sarebbe dovuto durare fino al 2022, così avevano chiesto le agenzie regolatorie mondiali. Invece, appena è partita la campagna vaccinale, lo scorso dicembre, il trial viene di fatto fermato.

PETER DOSHI – PROFESSORE SERVIZI SANITARI UNIVERSITÀ DEL MARYLAND I dati dei trials sono più precisi di quelli provenienti dal mondo reale, perché sono verificati tramite un gruppo di controllo, composto da persone che hanno preso un placebo. È dal confronto tra chi prende il vaccino e chi il placebo che si comprende l’efficacia reale. Fermando il trial diventa impossibile capire davvero l’efficacia a lungo termine, è un vero pasticcio. L’approvazione definitiva ad agosto è avvenuta su dati vecchi di marzo.

MANUELE BONACCORSI Prima della variante Delta?

PETER DOSHI – PROFESSORE SERVIZI SANITARI UNIVERSITÀ DEL MARYLAND Certamente. A marzo la Delta quasi non esisteva negli Stati Uniti.

MANUELE BONACCORSI FUORI CAMPO Per capire il pasticcio bisogna guardare attentamente le date. La somministrazione della seconda dose nei trial di Pfizer si conclude nell’autunno 2020. Pfizer riceve la prima autorizzazione di emergenza a dicembre 2020, con dati sull’efficacia del vaccino al 95%, ma solo su 2 mesi. Ad aprile 2021, la casa farmaceutica conferma l’efficacia al 95% per i casi gravi fino a sei mesi. Da questo momento, Pfizer smette di consegnare dati nuovi. E quando ad agosto l’FDA approva il vaccino lo fa sugli stessi dati di aprile, nonostante siano passati 10 mesi dalla fine delle somministrazioni. Nulla viene detto sulla perdita di efficacia nel tempo.

PETER DOSHI – PROFESSORE SERVIZI SANITARI UNIVERSITÀ DEL MARYLAND Capite la contraddizione?

L’FDA ha approvato ad agosto il vaccino con l’efficacia del 95% e, dopo pochi giorni, si parla della terza dose come se il vaccino non fosse più efficace. Non ha alcun senso.

MANUELE BONACCORSI FUORI CAMPO Già a marzo, però, in una riunione riservata i dirigenti della compagnia raccontavano altro ai loro investitori,

FRANK D’AMELIO – VICEPRESIDENTE PFIZER CONFERENZA CON INVESTITORI BARCLAYS 11/03/2021 Fattori come l’efficacia, o la terza dose, diventeranno molto importanti e rappresentano una grossa opportunità per il nostro vaccino, in termini di richiesta e di prezzo. Davvero, crediamo che per noi sia una grande opportunità.

MANUELE BONACCORSI FUORI CAMPO O i manager di Pfizer hanno la palla di cristallo, o già sapevano di una possibile perdita di efficacia nel tempo e che questo avrebbe favorito il business della terza dose. Prima però, incassano l’approvazione definitiva con un’efficacia dichiarata altissima, e solo dopo presentano nuovi dati che sostengono la necessità del richiamo.

MANUELE BONACCORSI Pfizer prima dice che il vaccino è efficace, poi chiede l’autorizzazione sulla terza dose perché perde efficacia.

PETER DOSHI – PROFESSORE SERVIZI SANITARI UNIVERSITÀ DEL MARYLAND Loro sono ben consapevoli di quello che fanno. Per loro è un business, è questo il loro obiettivo. Quello che non capisco è perché le agenzie regolatorie glielo lascino fare.

FABIO PAVESI - GIORNALISTA FINANZIARIO Tendono ovviamente ad allungare la vita utile del prodotto. Quindi potremmo ritrovarci in futuro ad avere una vaccinazione come per l'influenza annuale e questo consentirà alle case di avere una striscia continuativa di questa mole enorme di profitti.

MANUELE BONACCORSI FUORI CAMPO Pfizer nei primi 6 mesi dell’anno, ha incassato 14 miliardi di dollari dal vaccino. Moderna 6 miliardi. Il 70% di queste entrate finisce in profitti.

MANUELE BONACCORSI Qual è il prezzo medio a cui vengono venduti nel mondo i vaccini?

FABIO PAVESI - GIORNALISTA FINANZIARIO Pfizer in media vende a 16-17 dollari poi ovviamente la media del pollo di Trilussa vende a 28 in Israele magari vende a 7 al Covax che è questa organizzazione no profit che si incarica di portare il vaccino ai paesi poveri.

MANUELE BONACCORSI Quindi per le case farmaceutiche è conveniente vendere ai Paesi ricchi la terza dose piuttosto che a quelli poveri la prima e la seconda

FABIO PAVESI - GIORNALISTA FINANZIARIO Certamente perché il prezzo che poi pratica ai Paesi ricchi è infinitamente più grande dei paesi poveri.

CODY MEISSNER – COMITATO ADVISOR FDA Loro vedono solo soldi. Ma è così che funziona il sistema, no?

LORENZO VENDEMIALE Insomma, siamo nelle loro mani?

CODY MEISSNER – COMITATO ADVISOR FDA Sì, non c’è alternativa, siamo nelle loro mani … e sono molto avide..

SIGFRIDO RANUCCI IN STUDIO La prende bene, il dottor Meissner, lo scienziato che ha avuto il coraggio di contraddire l’uomo più potente del mondo: Biden aveva annunciato che il piano di richiamo della vaccinazione era pronto e avrebbe coinvolto qualsiasi adulto statunitense. Insomma quando però l’ha annunciato si è scatenato il terremoto. Si sono dimessi due esponenti importanti tra i più competenti nel campo delle vaccinazioni della FDA, Krause e Gruber, i quali poi uscendo hanno anche prodotto uno studio nel quale si dimostrava che non c’era nessuna evidenza scientifica della necessità della terza dose. Questo è un discorso che ovviamente non vale per i più fragili che invece ne hanno bisogno. Poi il 22 settembre Pfizer prende un’altra batosta dall’FDA che boccia la sua richiesta di approvazione per la terza dose. Viene concessa esclusivamente per gli anziani e per le persone a rischio. Per gli altri poi si vedrà. Insomma per capire che cosa sta avvenendo in questo momento dobbiamo riavvolgere il filmato, tornare indietro, ai tempi di quando Pfizer chiedeva, era in attesa dell’approvazione definitiva del vaccino. Contemporaneamente a marzo si svolgevano delle riunioni riservate con i manager di Pfizer da una parte, dall’altra gli investitori e veniva prospettata la possibilità già allora di guadagnare con la perdita di efficacia del vaccino, cioè vendendo la terza dose ai paesi occidentali. Ora come orientarsi? Insomma, guardiamo intanto un paese che è avanti agli altri rispetto le vaccinazioni, Israele, ha un rapporto privilegiato con Pfizer, gli ha detto “beh io ti pago un po’ di più le dosi, tu me ne dai quante ne ho bisogno, in cambio ti cedo anche i dati sanitari dei miei cittadini. Insomma una sorta di trial immenso, gigantesco, subappaltato, una sorta di laboratorio distaccato.

MANUELE BONACCORSI FUORI CAMPO Mentre tutto il mondo sta decidendo il da farsi, Israele ha già somministrato la terza dose a quasi tutta la popolazione.

RAGAZZA Sono molto felice, mi sento più sicura

MANUELE BONACCORSI Sarà l’ultima?

DONNA Spero di si, ma non sembra

MANUELE BONACCORSI Ma saresti pronta a farti la quarta?

DONNA Ho forse un’altra scelta?

INFERMIERA In Israele stiamo già somministrando il booster a tutta la popolazione. Nel centro siamo in grado di accogliere dalle 500 alle mille persone al giorno

MANUELE BONACCORSI FUORI CAMPO All’inizio il governo aveva annunciato la terza dose solo per le categorie fragili, come in Italia. Ma già a fine agosto la campagna è stata estesa a tutti. oggi 4 milioni di israeliani hanno già ricevuto il cosiddetto booster, il 60% della popolazione vaccinabile. Il perché lo scopriamo visitando lo Sheba hospital di Tel Aviv

ARNON AFEK – DIRETTORE GENERALE SHEBA HOSPITAL - TEL AVIV L'ospedale Sheba è l'ospedale più grande di Israele, abbiamo 9.000 persone che lavorano qui. Siamo stati nominati ospedale numero 9 o 10 in tutto il mondo.

MANUELE BONACCORSI E qui quanti posti letto avete per il Covid

ARNON AFEK – DIRETTORE GENERALE SHEBA HOSPITAL - TEL AVIV Meno di 30, ora, ma abbiamo avuto più che 100-120.

MANUELE BONACCORSI FUORI CAMPO Quest’estate Israele è stata colpita da una nuova, durissima, ondata di covid con oltre il 65% di popolazione vaccinata pensavano di essersi lasciati il peggio alle spalle. Invece a inizio luglio i contagi cominciano a salire e alla fine dell’estate toccano i 10mila casi al giorno, molti tra i vaccinati. Negli ospedali è il caos con un picco di 1.500 ricoveri a settimana e anche le terapie intensive tornano a riempirsi.

YAEL HAVIV HEDID - DIRETTRICEE TERAPIA INTENSIVA SHEBA HOSPITAL - TEL AVIV Vedete, questa è la terapia intensiva, dove arrivano solo i pazienti in fin di vita. Poi ci sono i reparti covid, che quest’estate erano pieni di gente vaccinata. Ma persino qui sono arrivate 5-6 persone che avevano ricevuto due dosi

MANUELE BONACCORSI FUORI CAMPO Gli israeliani cominciano ad interrogarsi sulle cause della nuova emergenza e i risultati, secondo loro, non lasciano spazio ai dubbi.

ARNON AFEK – DIRETTORE GENERALE SHEBA HOSPITAL - TEL AVIV Seguiamo il livello di anticorpi e abbiamo visto che il livello si è abbassato. Ne abbiamo parlato con il governo israeliano. Abbiamo detto dobbiamo fare qualche cosa. E quello che abbiamo pensato e che si deve fare è prendere il booster, la terza vaccinazione

MANUELE BONACCORSI Non ci sono però evidenze, a quanto dicono molti scienziati, che il vaccino perde efficacia dopo 6 mesi.

ARNON AFEK – DIRETTORE GENERALE SHEBA HOSPITAL - TEL AVIV Ma non è vero, possono vedere Israele. Non abbiamo fatto nessun lockdown. Come la quarta onda è finita senza questo booster? Come sarà il comportamento del livello degli anticorpi dopo questa terza dose? Non lo sappiamo ancora.

MANUELE BONACCORSI Potrebbe essere necessaria una quarta, una quinta

ARNON AFEK – DIRETTORE GENERALE SHEBA HOSPITAL - TEL AVIV Una quarta, una quinta, sesta e non è un grande problema. Ogni anno prendo la vaccinazione contro l'influenza e che mi succede? Niente.

MANUELE BONACCORSI FUORI CAMPO I risultati della terza dose sembrano strabilianti: i contagi crollano, il tasso di positività dal 7% si abbassa fino al 2%; il booster ha aumentato la protezione fino a 10 volte. Ma non tutti sono d’accordo. Usa e Unione Europea sollevano dubbi sul piano scientifico. Per l’Organizzazione Mondiale della Sanità invece c’è un problema etico, come spiega Rik Pepperkorn, il rappresentante dell’OMS per i territori occupati della Palestina.

MANUELE BONACCORSI Avete chiesto una moratoria sulla terza dose. Può spiegarci perché?

RIK PEEPERKORN – RAPPRESENTANTE OMS PER LA CISGIORDANIA E GAZA Innanzitutto perché non ci sono ancora prove definitive sulla sua utilità. Ma poi c’è un altro argomento: ci sono Paesi che stanno già pensando alla terza dose, quando in altre zone del mondo anziani e personale sanitario non hanno visto nemmeno la prima. Non voglio fare paragoni tra Israele e la Palestina, ma la questione è semplice: con questo tipo di pandemia, più proteggiamo i nostri vicini, più proteggiamo noi stessi.

MANUELE BONACCORSI FUORI CAMPO Nei territori occupati della Palestina la campagna vaccinale è partita in ritardo a causa della mancanza di dosi. Oggi è stato vaccinato il 40% della popolazione. Israele invece non ha mai avuto problemi di scorte, grazie al suo rapporto privilegiato con Pfizer. Si tratta sostanzialmente di uno scambio: il governo cede a Pfizer i dati della vaccinazione dei suoi cittadini, in risposta avrà tutte le fiale di cui ha bisogno. L’accordo segreto è custodito negli uffici del ministero della Salute dove ci riceve Nachman Ash, il direttore generale che sta guidando la campagna vaccinale.

LORENZO VENDEMIALE Quanto pagate?

NACHMAN ASH - DIRETTORE GENERALE MINISTERO DELLA SALUTE ISRAELE Molto.

LORENZO VENDEMIALE Tipo quanto?

NACHMAN ASH - DIRETTORE GENERALE MINISTERO DELLA SALUTE ISRAELE Mi spiace non posso parlare di soldi. Compriamo le dosi e condividiamo i dati; questo e tutto.

LORENZO VENDEMIALE Ed è per questo che potete avere tutte le dosi che volete?

NACHMAN ASH - DIRETTORE GENERALE MINISTERO DELLA SALUTE ISRAELE Non so se altrimenti ci avrebbero dato la stessa quantità di vaccini, ma questo accordo è una buona cosa per noi.

MANUELE BONACCORSI FUORI CAMPO Si tratta di un rapporto così stretto da fare di Israele una specie di laboratorio privato della casa farmaceutica. Questo non lo diciamo noi di Report, ma se lo è lasciato sfuggire un alto dirigente di Pfizer.

PHILIP DORMITZER – DIRETTORE SCIENTIFICO DIPARTIMENTO VACCINI PFIZER Dall’inizio della pandemia abbiamo stabilito una relazione col ministero della Salute: loro utilizzano in esclusiva il nostro vaccino e lo monitorano da vicino. Così diventano per noi una specie di laboratorio, dove possiamo vedere gli effetti.

LORENZO VENDEMIALE Ma si offende se io dico che Israele è un po’ il laboratorio privato di Pfizer?

NACHMAN ASH - DIRETTORE GENERALE MINISTERO DELLA SALUTE ISRAELE No, no, non ci piace quella parola.

LORENZO VENDEMIALE Ma non l’ho usata io, l’ha detto un dirigente di Pfizer.

NACHMAN ASH - DIRETTORE GENERALE MINISTERO DELLA SALUTE ISRAELE L’ha detto qualcuno e non è vero, non siamo un laboratorio perché non facciamo esperimenti sulla nostra gente.

MANUELE BONACCORSI FUORI CAMPO Se Israele è davvero un laboratorio, l’impressione è che l’esperimento sia riuscito. Grazie alla terza dose i contagi sono crollati, gli ospedali si sono svuotati e per le strade di Tel Aviv ci si gode l’estate che da queste parti non finisce mai. Tutto aperto, zero mascherine.

NACHMAN ASH - DIRETTORE GENERALE MINISTERO DELLA SALUTE ISRAELE Israele è un caso unico al mondo, perché abbiamo iniziato a vaccinare prima di tutti e lo abbiamo fatto velocemente. Quindi possiamo vedere prima degli altri il futuro.

LORENZO VENDEMIALE Quindi cosa consiglierebbe all’Italia?

NACHMAN ASH - DIRETTORE GENERALE MINISTERO DELLA SALUTE ISRAELE Vi consiglierei di monitorare attentamente il livello degli anticorpi dei vostri vaccinati dopo sei mesi. E preparerei subito un piano per la terza dose, nel caso i contagi ricominciassero a salire.

LORENZO VENDEMIALE Ma davvero dopo sei mesi per voi il vaccino praticamente non protegge più dal contagio?

NACHMAN ASH - DIRETTORE GENERALE MINISTERO DELLA SALUTE ISRAELE Sono dati che vengono dal mondo reale. Dopo sei mesi la protezione dal contagio è davvero molto bassa. E si abbassa rapidamente anche la protezione ai sintomi gravi. L’unico modo di combattere la pandemia è vaccinare di nuovo tutti quanti.

MANUELE BONACCORSI FUORI CAMPO In realtà il governo di Israele ha presentato all’FDA dei dati secondo cui per la malattia grave l’efficacia cala solo all’85%. Ma secondo Shahar, il responsabile della campagna vaccinale di Israele, senza booster sarebbe stata comunque una strage. Fermare il contagio è importante soprattutto dal punto di vista epidemiologico. Basta poco per tornare nell’emergenza se non si ferma la circolazione del virus.

ARNON SHAHAR - RESPONSABILE PIANO VACCINALE ISRAELE Secondo me con questa decisione del partire col terzo booster abbiamo salvato migliaia di vite.

MANUELE BONACCORSI Ci sarà bisogno di quarta e di quinta dose probabilmente?

ARNON SHAHAR - RESPONSABILE PIANO VACCINALE ISRAELE Più che altro bisognerà iniziare a smettere di contare e fare una cosa annuale, ogni nove mesi, ogni 12 mesi, ogni anno e mezzo. Bisognerà convivere con questa cosa qui. Sappiamo cosa andrà a succedere? Simula cosa succederà fra un mese. Qua il Covid scenderà, in Italia un po’ inizierà a salire.

MANUELE BONACCORSI Col freddo potrebbe salire.

ARNON SHAHAR – RESPONSABILE PIANO VACCINALE ISRAELE Quando arriverete a tremare, non riuscirete neanche a fare uno starnuto.

SIGFRIDO RANUCCI IN STUDIO Che cosa ci sta dicendo in sintesi il professor Shahar? Voi siete tranquilli perché al momento avete ancora dei contagi insomma contenuti, ma vedrete che appena cominceranno a salire i contagi perché l’effetto dei vaccini si sta abbassando, al primo starnuto tremerete. Insomma Israele ha cominciato la campagna di vaccinazione molto prima di noi, ha passato varie ondate di contagi, l’ultima questa estate, pesante, ma solo che a differenza nostra loro hanno monitorato l’andamento degli anticorpi e una volta che si sono consultati con il governo sono partiti immediatamente a fare la campagna per la terza dose. Hanno vaccinato la maggior parte della popolazione, aumentato di dieci volte la capacità di reazione e a quel punto insomma l’importante per loro, la loro logica, è quella di far crollare il contagio e ci sono riusciti perché dicono “è una questione epidemiologica”. Ora, il resto del mondo, invece, e anche noi, ci stiamo pensando, stiamo ancora valutando a chi, come dove e quando vaccinare con la terza dose. È ovvio che la terza dose è il business delle case farmaceutiche che spingono. L’Italia, ha già approvato per il 2022 ha stanziato circa due miliardi di euro per nuove dosi di vaccino. Solo che c’è una questione etica. Le farmaceutiche preferiscono vendere la terza dose di vaccino ai paesi occidentali piuttosto che vendere ai paesi poveri che, particolare non trascurabile, ancora devono avere la prima, di dose.

Omicron, "Pfizer sapeva in anticipo della variante". Una bomba sul colosso: chi è quest'uomo, cosa disse il 17 novembre. Libero Quotidiano  il 30 novembre 2021. "Pfizer già sapeva della variante Omicron". L'ultimo sospetto su Covid e le aziende di Big Pharma riguarda la Biontech, che da giorni sta lavorando a un nuovo siero "aggiornato" per far fronte alla mutazione sudafricana che sta spaventando nuovamente il mondo. I più pessimisti parlano di sei mesi di tempo per mettere a punto un nuovo scudo anti-virus, Pfizer però conta di riuscirci nel giro di 100 giorni. Un altro miracolo della scienza, ma c'è chi alza il ditino per muovere qualche appunto. "Un giorno, probabilmente, ci sarà un virus mutante che non sarà controllato in modo efficiente dagli attuali vaccini - spiegava Mikael Dolsten, direttore scientifico e presidente di ricerca, sviluppo e medicina a livello mondiale di Pfizer, lo scorso 17 novembre -. Le due aziende che producono vaccino con l'mRna, noi e Moderna, abbiamo modo di intervenire molto velocemente, ma servono forse ancora cento giorni per cambiare la produzione e poter produrre poi un miliardo di dosi". La data è importante, riporta il Tempo, perché il 17 novembre ancora della Omicron ufficialmente non si era iniziato a parlare. Gli interlocutori di Dolsten erano analisti finanziari, preoccupati per i rischi connessi alle varie varianti del Covid visti i precedenti degli ultimi mesi. Dopo pochi giorni, riporta il quotidiano diretto da Franco Bechis, ecco la brutta sorpresa della Omicron. "Il direttore scientifico di Pfizer si riferiva proprio a questa mutazione del virus? - domanda il Tempo - Non è da escludere. Anche perché, quando è scoppiato l'allarme Omicron, e tutti i Paesi dell'Unione europea hanno bloccato l'ingresso dei voli provenienti da otto Stati dell'Africa meridionale, Pfizer con grande tempestività ha emesso un comunicato che ricalca fedelmente quanto detto da Dolsten una decina di giorni prima". Le parole del responsabile di Pfizer non si riferiva solo al SARS-CoV-2, ma ovviamente ogni virgola, ogni sfumatura può dare luogo, in questi mesi complicati, a qualsiasi lettura, anche la più complottista.

Varianti in corso. Report Rai PUNTATA DEL 29/11/2021 di Manuele Bonaccorsi, Lorenzo Vendemiale. Report ritorna sul tema della terza dose, dopo il pezzo “Non c’è due senza tre” del 1 novembre, che ha suscitato un’aspra polemica politica. Report aveva raccontato le scelte di Israele che, dinanzi alla perdita di efficacia dei vaccini dopo 6 mesi, aveva deciso di offrire il booster a tutta la popolazione. Mentre in Italia - nonostante alcuni segnali di crescita dei contagi, specie tra i sanitari - la durata del green pass era stata estesa da 9 a 12 mesi. Dopo la messa in onda del servizio alcuni politici ci avevano accusato di essere "novax e complottisti”. Come è andata a finire? L’Italia alla fine ha deciso di fare come Israele: il green pass torna a nove mesi e viene introdotto l’obbligo della terza dose per i sanitari, gli insegnanti, le forze dell’ordine. Per sconfiggere davvero il Covid 19 potrebbe servire un vaccino di nuova generazione. Le telecamere di Report sono andate a Tours, in Francia, dove sta iniziando il trial di un vaccino nasale, che potrebbe permettere, se somministrato alla maggioranza della popolazione, di raggiungere davvero l’immunità di gregge ed eradicare il virus. Report, infine, racconterà alcuni retroscena dello Pfizergate, lo scandalo internazionale sulla conduzione dei trial di Comirnaty, il vaccino Mrna più diffuso al mondo: grazie alla collaborazione col British Medical Journal, una delle più prestigiose riviste scientifiche del mondo e tramite audio e documenti finora mai pubblicati, svelerà le inefficienze e le imprecisioni metodologiche dello studio clinico che ha portato all’approvazione del vaccino, emerse grazie alle informazioni raccolte da Brook Jackson, ex manager di Ventavia, una società texana impegnata nel trial di Comirnaty. Secondo le agenzie regolatorie americana ed europea le rivelazioni della manager non inficiano le certezze scientifiche su sicurezza ed efficacia del siero. Ma aprono uno squarcio sulle carenze dei controlli condotti dai regolatori sui trial del vaccino più diffuso al mondo. 

“VARIANTI IN CORSO” di Manuele Bonaccorsi e Lorenzo Vendemiale immagini Carlos Dias – Paolo Palermo ricerca immagini Paola Gottardi montaggio Andrea Masella – Giorgio Vallati

MANUELE BONACCORSI Perché diciamo bugie sui vaccini?

LUCIANO NOBILI - DEPUTATO ITALIA VIVA Perché nella vostra trasmissione vergognosamente, indecentemente il contrario di quel che dovrebbe fare il servizio pubblico, il signor Ranucci in tv ha detto la terza dose del vaccino è il business delle case farmaceutiche. sono menzogne antiscientifiche, ranucci non è virologo, ed è vergognoso che il servizio pubblico consenta la diffusione di queste informazioni

MANUELE BONACCORSI Le posso lasciare le dichiarazioni del segretario del Who e di Oxfam?

LUCIANO NOBILI - DEPUTATO ITALIA VIVA No

MANUELE BONACCORSI Le vuole leggere? prenda i fogli, così li legge, glieli lascio

LUCIANO NOBILI - DEPUTATO ITALIA VIVA Guardi ho letto tutto

LUCIANO NOBILI - DEPUTATO ITALIA VIVA lei non mi deve lasciare niente

MANUELE BONACCORSI le lascio la dichiarazione dell’Oms che dice che è uno scandalo che si faccia la terza dose

LUCIANO NOBILI - DEPUTATO ITALIA VIVA ah, è uno scandalo che si faccia la terza dose?

MANUELE BONACCORSI Mentre la gran parte del mondo è senza prima e seconda dose

LUCIANO NOBILI - DEPUTATO ITALIA VIVA e questo che c’entra?

MANUELE BONACCORSI e noi questo abbiamo detto

LUCIANO NOBILI - DEPUTATO ITALIA VIVA non avete detto questo.

DA REPORT DEL 1 NOVEMBRE 2021 SIGFRIDO RANUCCI IN STUDIO “È ovvio che la terza dose è il business delle case farmaceutiche che spingono. L’Italia, ha già approvato per il 2022 ha stanziato circa due miliardi di euro per nuove dosi di vaccino. Solo che c’è una questione etica. Le farmaceutiche preferiscono vendere la terza dose di vaccino ai paesi occidentali piuttosto che vendere ai paesi poveri che, particolare non trascurabile, ancora devono avere la prima, di dose.”

LUCIANO NOBILI - DEPUTATO ITALIA VIVA Il governo italiano è andato in Europa a dire, l’Europa si faccia promotore della distribuzione della vaccinazione nei paesi poveri.

MANUELE BONACCORSI FUORI CAMPO Non sarebbe vero neppure questo. Secondo l’ong OXFAM, l’italia ha donato meno dosi di quante promesse.

SARA ALBIANI – POLICY ADVISOR GLOBAL OXFAM L'Italia ha promesso 45 milioni di dosi al momento ne ha consegnate poco più di 3 milioni ai Paesi poveri ai paesi a basso reddito. il 90 per cento dei vaccini sono stati venduti ai paesi più ricchi. Pfizer ha venduto meno del 2 per cento ai paesi più poveri, Moderna lo 0,2. Vi è una disuguaglianza drammatica frutto di una visione miope, perché il controllo della diffusione del virus a livello globale è fondamentale anche per contenere le varianti

MANUELE BONACCORSI FUORI CAMPO Ed è proprio quello con cui stiamo facendo i conti in questi giorni. Dopo la brasiliana e la delta nata in india, ora è arrivata anche la sudafricana Omicron. Eppure, dopo la puntata di Report di due settimane fa sono scattate le accuse. “Tesi no vax”, “Assist ai complottisti”. “Bufera su Report”. Alcuni esponenti politici si sono scatenati contro la nostra trasmissione. I parlamentari della commissione di vigilanza hanno preparato alcune interrogazioni. Ma quali sono davvero le accuse?

MANUELE BONACCORSI Voi con una interrogazione avete accusato Report di diffondere “teorie complottistiche sui vaccini” ci spiega quali?

MICHELE ANZALDI - DEPUTATO ITALIA VIVA Io l’interrogazione non l’ho fatta, quindi non so perché lo sta chiedendo a me

MANUELE BONACCORSI È questa l'interrogazione, Faraone-Anzaldi. C’è la sua firma, non lo sapeva?

MICHELE ANZALDI - DEPUTATO ITALIA VIVA Io non l’ho firmata

MANUELE BONACCORSI Non è la sua firma questa?

MICHELE ANZALDI - DEPUTATO ITALIA VIVA Sì, adesso mi sono ricordato

MANUELE BONACCORSI Ah, si ricorda, meno male, ci spiega quali teorie complottistiche?

MICHELE ANZALDI - DEPUTATO ITALIA VIVA Adesso io non me la ricordo bene la cosa, si vedeva cosa accadeva prima, poi si vedeva quell’altra cosa e alla fine ne viene fuori una visione secondo me errata MANUELE BONACCORSI Scusi, non può dire teorie complottistiche accusando Report senza specificarmi esatamente cosa c’era di complottista in quel servizio

MICHELE ANZALDI - DEPUTATO ITALIA VIVA Ma io ho fatto una interrogazione, cosa è l’interrogazione? È un dubbio

MANUELE BONACCORSI Lei chiede all’amministratore delegato della Rai se non ritenga opportuno adottare iniziative rivolte a ristabilire un corretto e veritiero livello di informazione. Quindi lei sta sostenendo che noi abbiamo fatto una informazione non veritiera e non corretta.

MICHELE ANZALDI - DEPUTATO ITALIA VIVA Dal mio punto di vista, guardando tutta la trasmissione con quella consecutio, secondo me

MANUELE BONACCORSI Quale? MICHELE ANZALDI - DEPUTATO ITALIA VIVA Se dietro c’è una cosa e dopo ce n’è altra, il telespettatore che sta giustamente a casa sua si fa un'idea, secondo me, sbagliata, che questa costruzione potrebbe essere una parola brutta che io non uso, complottista

MANUELE BONACCORSI Beh, l‘ha usata nell’interrogazione

MICHELE ANZALDI - DEPUTATO ITALIA VIVA Siamo in due a firmarla

MANUELE BONACCORSI Mi rivolgo a Faraone, lei non lo sapeva?

MICHELE ANZALDI - DEPUTATO ITALIA VIVA No si deve rivolgere a me

MANUELE BONACCORSI Ci spiega in quel pezzo dove eravamo complottisti?

DAVIDE FARAONE - SENATORE ITALIA VIVA Vi prego, ho già parlato.

MANUELE BONACCORSI No, me lo deve spiegare, anche perché poi è andata come abbiamo detto noi. il governo sta riducendo da 12 a 9 mesi la durata del green pass

DAVIDE FARAONE - SENATORE ITALIA VIVA Ma perché non è giusto che tu hai la tua opinione e io la mia

MANUELE BONACCORSI Perché lei esercita una funzione di controllo sul lavoro giornalistico che faccio io e avete fatto un attacco accusandoci di cose false

DAVIDE FARAONE - SENATORE ITALIA VIVA Non parlare di cose false, voi. Io ho fatto una interrogazione, mi hanno risposto, mi risponderanno ulteriormente, perché hai problemi

MANUELE BONACCORSI Non potete accusarci di cose false

DAVIDE FARAONE - SENATORE ITALIA VIVA Tutti i telespettatori che vedranno questa intervista naturalmente solo le parti che taglierete si renderanno conto, se ho detto cose false o ho detto cose vere

SIGFRIDO RANUCCI IN STUDIO Abbiamo risposto come doveroso nelle sedi luoghi istituzionali. Possiamo adesso farlo in trasmissione, rispondiamo perché il nostro pubblico abbia le idee chiare. Allora vari politici di vari schieramenti ci hanno accusato di varie cose. Tra queste c’è l’accusa di aver mandato in onda un’intervista a "sedicenti infermieri irriconoscibili , che affermano di essersi infettati per responsabilità delle aziende farmaceutiche”. Ecco, è una fake noi questo ovviamente non l’abbiamo mai fatto. Senza mai nascondere l’utilità del vaccino che salva le vite e ci rende più liberi noi abbiamo sollevato un problema. Gli infermieri che sono stati i primi a cominciare la campagna di vaccinazione adesso si stanno ricontagiando perché sono i primi a cui sta scadendo l’effetto del vaccino. E non è vero che abbiamo mandato quattro infermieri mascherati irriconoscibili, ne abbiamo mandato uno solo perché ce l’aveva chiesto in nome della privacy. Ma la notizia era vera tanto che in queste settimane sono scoppiati altri cluster negli ospedali. Per questo avevamo portato l’esempio di Israele dove avevano visto che i contagi stavano aumentando, stavano monitorando gli anticorpi per capire l’andamento dell’epidemia e capire come contrastarla e sono poi partiti immediatamente con la terza campagna di vaccinazione. È per questo anche che noi ci siamo chiesti: “Ma in base a quali elementi scientifici il governo a un certo punto aveva allungato la scadenza del green pass da 9 a 12 mesi?”. Ecco tutto questo ci era stato contestato dai signori parlamentari, però il tempo è galantuomo. Non pensavo che fosse così veloce ed essere galantuomo. I nostri Manuele Bonaccorsi e Lorenzo Vendemiale

MANUELE BONACCORSI FUORI CAMPO Il ping pong sulla durata del green pass inizia ad agosto, quando il Cts valuta positivamente la proposta del governo di portare la scadenza da 9 a 12 mesi. Già da agosto però arrivavano dati preoccupanti sul calo di protezione dei vaccini. Per questo nel nostro servizio ci eravamo chiesti su quale base scientifica fosse stata presa la decisione di allungare la durata il green pass.

DIRIGENTE ENTE REGOLATORIO SUI FARMACI Sul tavolo c’era una nota del capo di gabinetto del ministero della Salute, per conto del ministro Speranza. Il Cts ha ritenuto all’unanimità che esistevano le condizioni per estendere la durata della certificazione verde sino a dodici mesi MANUELE BONACCORSI Anche se nessuno sa se il vaccino dura 9, 12 o forse anche 6 mesi?

DIRIGENTE ANONIMO Assolutamente. Questa decisione non è supportata da certezze scientifiche. WALTER RICCIARDI - CONSULENTE MINISTERO DELLA SALUTE Il green pass ha una base scientifica, quando è stata elaborata la durata a 12 mesi era perché su quella variante originale c’era la protezione del vaccino che arrivava sperimentalmente fino a quella durata

MANUELE BONACCORSI Mi perdoni, ad agosto c’era già la delta, ad agosto è stato deciso, quindi

WALTER RICCIARDI - CONSULENTE MINISTERO DELLA SALUTE Ci vuole una tempistica più rapida.

MANUELE BONACCORSI Con efficacia a 50% dei vaccini come dichiarato dai dati Iss, si è sbagliato secondo lei ad estenderlo a 12 mesi?

WALTER RICCIARDI - CONSULENTE MINISTERO DELLA SALUTE Sì, alla luce di queste evidenze c’è la necessità di fare una revisione

MANUELE BONACCORSI E infatti il 24 novembre l’esecutivo decide di tornare sui suoi passi.

CONFERENZA STAMPA – 24/11/2021 ROBERTO SPERANZA – MINISTRO DELLA SALUTE CORRADO FORMIGLI Il Green Pass fino ad oggi durava 12 mesi, c'è stato un pronunciamento del nostro Comitato tecnico scientifico che ha indicato in 9 mesi invece la durata idonea proprio sulla base della capacità di tenuta del vaccino

MANUELE BONACCORSI FUORI CAMPO Ora sulla durata del green pass, sono tornati ai 9 mesi. Ma due settimane fa Report era finito sotto accusa proprio perché si era chiesto quali fossero i criteri scientifici in basa ai quali il green pass era stato esteso a un anno con l’ok del comitato tecnico scientifico.

DA PIAZZA PULITA 4 /11/2021 CORRADO FORMIGLI- GIORNALISTA Poi dice ancora Report: a questo punto quindi il green pass che dura 12 mesi, da 9 a 12, è una scelta burocratica che non ha senso. Perché se io sono coperto per 6 mesi perché mi fai il green pass per 12?

SERGIO ABRIGNANI: IMMUNOLOGO COMPONENTE DEL CTS Cioè aboliamo il green pass?

CORRADO FORMIGLI GIORNALISTA Lo riduciamo come durata e quindi

SERGIO ABRIGNANI IMMUNOLOGO COMPONENTE DEL CTS E quindi che facciamo?

CORRADO FORMIGLI GIORNALISTA Dobbiamo iniziare a fare le terze dosi a tutti

SERGIO ABRIGNANI IMMUNOLOGO MEMBRO DEL CTS E quindi fare 50 milioni di terze dosi, 47 milioni di terze dosi?

MANUELE BONACCORSI il 4 novembre, tre giorni dopo il nostro servizio, Formigli le chiede: Report ha attaccato sull'estensione del green pass a 12 mesi. E lei rispose: Cosa potevamo fare? Abolivamo il green pass oppure rivacciniamo 47 milioni di italiani? Alla fine rivaccineremo 47 milioni di italiani.

SERGIO ABRIGNANI IMMUNOLOGO COMPONENTE DEL CTS Speriamo anche 55, 60 alla fine

MANUELE BONACCORSI A conti fatti quella estensione possiamo dirlo che forse è stato un errore?

SERGIO ABRIGNANI IMMUNOLOGO COMPONENTE DEL CTS Se lei vuol farmi dire che allora abbiamo scientemente sbagliato, no. È questo il messaggio implicito

MANUELE BONACCORSI Nessuno l’ha mai sostenuto

SERGIO ABRIGNANI IMMUNOLOGO COMPONENTE DEL CTS È questo il messaggio implicito da far passare. Quando lei mi dice allora è stata una scelta sbagliata? vista ora, con i dati di ora, sicuramente sì.

MANUELE BONACCORSI Allora c'erano già i dati di Israele

SERGIO ABRIGNANI IMMUNOLOGO COMPONENTE DEL CTS I dati dell’ISS ci dicevano in modo inequivocabile che in Italia a quel periodo fine agosto avevamo ancora una protezione da vaccino assolutamente integra.

MANUELE BONACCORSI L'errore di Report è stato di anticipare di qualche settimana quello che poi sarebbe avvenuto. SERGIO ABRIGNANI IMMUNOLOGO COMPONENTE DEL CTS Non è stato un errore, non è stato un errore di nessuno. Stiamo inseguendo il virus questa è la verità. Stiamo inseguendo e quando si insegue qualcuno, se lui cambia strada...

MANUELE BONACCORSI Noi vi aiutiamo ad andare più velocemente, vi spingiamo

SERGIO ABRIGNANI IMMUNOLOGO COMPONENTE DEL CTS Questo è benvenuto.

MANUELE BONACCORSI FUORI CAMPO I campanelli d’allarme stavano suonando da tempo. Tra i sanitari, i primi a vaccinarsi, i contagi sono in costante crescita già da luglio. All’ospedale Sant’Eugenio di Roma era scoppiato un cluster a inizio settembre. Il 3 novembre si sviluppa un nuovo focolaio, questa volta all’Umberto I.

STEFANO BARONE - SEGRETARIO NURSIND ROMA I pochi controlli hanno fatto sì che il cluster partisse da un operatore sanitario e quindi coinvolgesse anche dei pazienti in un reparto decisamente delicato come quello dei trapianti e di emodialisi coinvolgendo nel totale 9 persone, di cui 5 operatori e 4 pazienti

MANUELE BONACCORSI Pazienti a rischio?

STEFANO BARONE - SEGRETARIO NURSIND ROMA Pazienti fragili, pazienti con criticità importanti che fortunatamente a quanto ci risulta, non hanno riportato conseguenze gravi a tutt’oggi

MANUELE BONACCORSI Qui all’Umberto I i tamponi si fanno ogni 15 giorni. Evidentemente non è sufficiente

STEFANO BARONE - SEGRETARIO NURSIND ROMA Ma assolutamente no

MANUELE BONACCORSI FUORI CAMPO Nonostante i sanitari siano i più esposti, all’Umberto I il Covid sembra non esista. Questo è l’ingresso principale del grande ospedale romano. Non chiedono neppure il green pass

MANUELE BONACCORSI Si può? Serve il green pass?

UOMO PORTINERIA No, può entrare

MANUELE BONACCORSI FUORI CAMPO Questo è il bar dell’ospedale. Pazienti e sanitari di tutti i reparti fianco a fianco, in un luogo chiuso

ALESSIO D’AMATO - ASSESSORE SANITÀ REGIONE LAZIO Il rischio zero non esiste, perché comunque c’è una incidenza il virus circola, però è importante innanzitutto la vaccinazione anche del richiamo e poi anche il monitoraggio coi tamponi

 MANUELE BONACCORSI Mi perdoni, al sant'Andrea non c’è obbligo di tamponi neppure ogni 15 giorni, all’Umberto I nonostante l’obbligo di tamponi ogni 15 giorni c’è stato un cluster rilevante, tra l’altro tra i trapiantati, forse non basta, forse bisogna aumentare le misure di sicurezza?

ALESSIO D’AMATO - ASSESSORE SANITÀ REGIONE LAZIO Diciamo tutto può essere migliorabile, adesso verificheremo

MANUELE BONACCORSI FUORI CAMPO Il 12 novembre per la prima volta l’Iss diffonde i dati dell’efficacia del vaccino rispetto alla data di somministrazione. È una doccia fredda: a 6 mesi la copertura contro il contagio scende fino al 50%. Pochi giorni dopo il dato viene ulteriormente abbassato al 40% Fino a quel momento l’autorità sanitaria aveva diffuso solo i dati complessivi, da cui l’efficacia risultava al 67%

MANUELE BONACCORSI Per quale motivo avete diffuso i dati della perdita di efficacia a 6 mesi solo adesso?

SILVIO BRUSAFERRO - PRESIDENTE ISTITUTO SUPERIORE SANITÀ Non è una conferenza stampa

MANUELE BONACCORSI Nel senso erano disponibili già da prima. Il primo marzo c’era un milione e mezzo di italiani già vaccinati, quindi questi dati erano disponibili

 SILVIO BRUSAFERRO - PRESIDENTE ISTITUTO SUPERIORE SANITÀ Noi diamo i dati quando sono disponibili

MANUELE BONACCORSI A fine febbraio in Italia c'erano un milione e mezzo di vaccinati. Quindi marzo, aprile, maggio, giugno, luglio, agosto, a fine agosto già poteva essere disponibile il dato di efficacia a sei mesi.

ANDREA CRISANTI – MICROBIOLOGO UNIVERSITÀ DI PADOVA Mah… diciamo tra agosto e settembre, sì. Guardi, che il vaccino diminuisce di efficacia dopo sei mesi, lo sapevano sicuramente le aziende produttrici. E poi guardi nella prima settimana di ottobre sono usciti due, tre articoli fondamentali su Lancet su 4-5 milioni di casi che, al di là di ogni ragionevole dubbio, dimostravano che il vaccino dopo sei mesi perde la capacità di protezione contro l'infezione dal 95 per cento al 40 per cento. Dati molto simili a quelli che adesso ha pubblicato l'Istituto Superiore di Sanità.

MANUELE BONACCORSI Ma secondo lei noi potevamo cominciare prima a fare la terza dose?

ANDREA CRISANTI – MICROBIOLOGO UNIVERSITÀ DI PADOVA Guardi, io sono mesi che sto dicendo che bisogna fare la terza dose.

MANUELE BONACCORSI FUORI CAMPO Dopo settimane di incertezza, adesso il governo sta correndo ai ripari. Oltre a ridurre la durata della certificazione, l’ha rafforzata. Con il super green pass solo vaccinati e guariti potranno continuare a frequentare i luoghi pubblici, il tampone rapido non basterà più. E la terza dose è stata estesa a tutti, già dopo cinque mesi.

MANUELE BONACCORSI Se la perdita di efficacia è a sei mesi perché il green pass dura nove?

SERGIO ABRIGNANI –IMMUNOLOGO MEMBRO COMITATO TECNICO SCIENTIFICO Se lei fa scadere il green pass a sei mesi, si crea un caos in un giorno, da un giorno all'altro incredibile.

MANUELE BONACCORSI Cioè abbiamo tre mesi durante i quali il vaccinato resta protetto dalla malattia grave ma è esposto al rischio di contagiarsi e contagiare.

SERGIO ABRIGNANI –IMMUNOLOGO MEMBRO COMITATO TECNICO SCIENTIFICO Se lei avesse detto “scade al sesto mese il green pass”, avrebbe avuto oggi 10-14 milioni di italiani che era impossibile vaccinare in un giorno, in due giorni… all'improvviso una marea di persone che non potevano più fare nulla essendo vaccinate.

MANUELE BONACCORSI FUORI CAMPO Sembra ripetersi il copione di questa estate, quando il green pass fu esteso soprattutto per il problema pratico della scadenza dei certificati. Oggi è chiaro che la protezione dal contagio scende molto velocemente, dinanzi alla nuova ondata di covid ci troviamo in ritardo. E non è facile far velocemente i richiami a tutti.

MANUELE BONACCORSI Quale potrebbe essere lo scenario che determinano questi vaccini a medio termine, nei prossimi anni?

SERGIO ABRIGNANI –IMMUNOLOGO MEMBRO COMITATO TECNICO SCIENTIFICO Declasseremo probabilmente questa pandemia a endemia. Endemia vuol dire convivere convivere con una quasi normalità con questo virus. Oggi cosa accettiamo con l’influenza? guardi gli inglesi, guardi i numeri: gennaio di quest'anno 50 mila infezioni al giorno una media di 1.600 morti al giorno. Ottobre, media di 50.000 infezioni al giorno, 150 160 morti al giorno.

MANUELE BONACCORSI E comunque non sono pochi.

SERGIO ABRIGNANI –IMMUNOLOGO MEMBRO COMITATO TECNICO SCIENTIFICO Non sono pochi ma è come l'influenza, se tu accetti l’idea.

MANUELE BONACCORSI Sono 35-40 mila l'anno.

SERGIO ABRIGNANI –IMMUNOLOGO MEMBRO COMITATO TECNICO SCIENTIFICO il doppio dell’influenza. c'è anche secondo me a un certo punto un'accettazione sociale della malattia e della morte della malattia, per cui anche quando c'è la più terribile dell’influenza in Italia arriviamo a 15-20mila morti l'anno. Non c'è nessuno con le mascherine, nessuno propone di chiudere il Paese. Poi sappiamo chi muore: ultrasessantenni, con patologie, esattamente gli stessi dell'influenza.

MANUELE BONACCORSI FUORI CAMPO In attesa dell’endemizzazione, che non è uno scenario del tutto rassicurante, la campagna per la terza dose apre un problema etico. Lo ha segnalato negli scorsi giorni l’Organizzazione Mondiale della Sanità, non certo un gruppo di novax, per cui dare a tutti la terza dose mentre gran parte del pianeta non ha ricevuto neppure la prima è “uno scandalo che va fermato”

RIK PEEPERKORN – ORGANIZZAZIONE MONDIALE DELLA SANITÀ L’obiettivo è raggiungere il 70% di popolazione vaccinata nel mondo entro il 2022: di questo passo non ce la faremo mai. Perciò è davvero strano dire, ok facciamo il vaccino ai bambini e la terza dose ai giovani, quando ci sono anziani e medici che in alcune parti del mondo non hanno ricevuto nemmeno la prima.

MANUELE BONACCORSI FUORI CAMPO Le case farmaceutiche hanno più interesse a vendere la terza dose ai Paesi ricchi dell’occidente, che pagano un prezzo più alto. Ad esempio, secondo i dati dell’Imperial College di Londra, il prezzo di vendita di una dose Pfizer è di 19 euro in Europa, contro i 6 per l’Unione Africana. Report è stato attaccato per aver detto che “la terza dose rappresenta un business per le case farmaceutiche”. Ma è scritto nei conti dei big pharma: Moderna ha appena pubblicato la sua ultima relazione finanziaria, dove si legge che “nel 2022 dal mercato della terza dose possono arrivare fino a 2 miliardi di ricavi in più, a patto di ottenere in tempo l’autorizzazione”.

MANUELE BONACCORSI Qualcuno potrebbe obiettare che il problema non è la terza dose, perché ci sono scorte a sufficienza per tutti.

RIK PEEPERKORN – ORGANIZZAZIONE MONDIALE DELLA SANITÀ Purtroppo, non è così. Le informazioni in nostro possesso ci dicono che Covax, la piattaforma che rifornisce i Paesi poveri, è ancora sottofinanziata e le dosi non bastano, perché finiscono altrove.

MANUELE BONACCORSI FUORI CAMPO I vaccini attualmente disponibili stanno salvando migliaia di vite umane, ma in futuro potrebbero essercene di nuovi, magari meno costosi e più facili da usare. E anche più efficaci nel bloccare il contagio.

ANDREA CRISANTI – MICROBIOLOGO UNIVERSITÀ DI PADOVA Noi avremo bisogno di un vaccino che ricapitola il processo di infezione. E quindi invece di essere iniettato dovrebbe essere somministrato per via mucosale. Avremmo bisogno di un vaccino che invece di costare 20 dollari ne costa 1, e ho bisogno di un vaccino che invece della catena del freddo si può trasportare a temperatura ambiente, e avremo bisogno di un vaccino che, invece di fare tre dosi, ce ne vuole una sola.

MANUELE BONACCORSI Questo è l'identikit del vaccino perfetto.

ANDREA CRISANTI – MICROBIOLOGO UNIVERSITÀ DI PADOVA Ci sono stati vaccini di questo tipo. Che poi sono vaccini che hanno il maggiore impatto di sanità pubblica e sociale a livello globale perché non dimentichiamoci che abbiamo centinaia di milioni di persone che non sono state vaccinate per niente.

MANUELE BONACCORSI FUORI CAMPO In Francia, all’università di Tours, stanno sperimentando proprio un vaccino nasale, che potrebbe bloccare il virus nelle vie aeree superiori, in naso e bocca, proprio da dove inizia e si diffonde il contagio.

ISABELLE DIMIER-POISSON – RESPONSABILE RICERCA BIOMAP UNIVERSITÀ TOURS (FRANCIA) Il naso è il sito di ingresso del virus, e questo vuol dire che il nostro vaccino avrà la capacità di fermare il virus molto, molto presto. Non solo le persone vaccinate saranno protette dalle forme sintomatiche di Covid 19, ma se infettate non saranno più in grado di contaminare chi li circonda.

 MANUELE BONACCORSI Quindi col vostro vaccino si potrebbe raggiungere davvero l’immunità di gregge?

 ISABELLE DIMIER-POISSON – RESPONSABILE RICERCA BIOMAP UNIVERSITÀ TOURS (FRANCIA) È quello che vogliamo. Potremmo tornare alla vita di prima del Covid, poiché non saremo più in grado di infettare le persone.

MANUELE BONACCORSI L’obiettivo, cioè, è eradicare il virus, farlo sparire.

ISABELLE DIMIER-POISSON – RESPONSABILE RICERCA BIOMAP UNIVERSITÀ TOURS (FRANCIA) Sì, come si fece per il vaiolo.

MANUELE BONACCORSI FUORI CAMPO Il vaccino dell’università di Tours, realizzato insieme a INRAE, centro di ricerca pubblico francese, è risultato efficace al 100% nelle sperimentazioni precliniche sugli animali. Il trial sugli esseri umani sta per iniziare

MANUELE BONACCORSI Quale sarà il prezzo del vaccino?

ISABELLE DIMIER-POISSON – RESPONSABILE RICERCA BIOMAP UNIVERSITÀ TOURS (FRANCIA) Sarà un prezzo molto competitivo che consentirà all'intera popolazione mondiale di accedervi.

SIGFRIDO RANUCCI IN STUDIO QUATTRO Questa è una gran bella notizia. Anche se è solo una speranza. In Francia giurano però che il vaccino intranasale potrebbe essere commercializzato già a partire dal 2023. Sono in sperimentazione questo tipo di vaccini anche negli Stati Uniti e in Finlandia. Purtroppo non ricevono lo stesso sostegno economico le stesse risorse che sono state destinate ai vaccini a Mrna, che sono formidabili per evitare conseguenze gravi dal virus. Lo dimostrano anche i dati eloquenti di questigiorni in Italia a fronte di 12 ricoverati in terapia intensiva non vaccinati ce n’è uno solo che si è vaccinato. Però poi sono un po’ meno performanti quando si tratta di fermare il contagio. Ed è per questo che l’Oms sta chiedendo insieme ad altri scienziati di aggiornare i vaccini, aspettano una nuova generazione di vaccini. Fra questi quelli più interessanti e promettenti sono proprio quelli intranasali, sviluppano gli anticorpi nelle vie aree superiore, laddove appunto si viene a contatto con il virus, e bloccherebbero a questo punto la possibilità di trasferirlo il virus. sarebbe cioè la possibilità di fermare il covid. Se poi lo producessero anche a costi bassi sarebbe fantastico perché si potrebbe distribuire nelle aree più povere del mondo, laddove invece il virus corre di più e si rischia lo sviluppo di nuove varianti. Dopo la brasiliana, dopo la Delta che si è sviluppata in India ora spaventa un po’ la Sudafricana, dopo i primi casi in Europa sono stati fermati i voli da Johannesburg. Ora c’è da sperare che i trial sui vaccini intranasali li facciano presto e con le pratiche corrette, perché quelli fatti per pfizer dalla società Ventavia, su quelli qualcosa di anomalo è stato riscontrato. Non parliamo di questioni di sicurezza perché il vaccino è sicuro, ma di metodo e soprattutto in materia di controlli qualcosa di anomalo c’è

MANUELE BONACCORSI FUORI CAMPO Madrid, Spagna. Siamo lontani dagli Stati Uniti, dove sono stati sviluppati e testati i vaccini antiCovid. Eppure è qui, tra l’elegante Plaza Mayor e il palazzo reale, che ha origine il cosiddetto Pfizer Gate. Grazie a Paul Thacker, il giornalista investigativo del prestigioso British Medical Journal, autore dello scoop che ha fatto il giro del mondo.

PAUL THACKER - GIORNALISTA INVESTIGATIVO Brook Jackson, una ricercatrice che ha lavorato per il trial del vaccino Pfizer è venuta da noi denunciando una serie di irregolarità. Parliamo di decine e decine di documenti, che abbiamo esaminato attentamente per settimane.

LORENZO VENDEMIALE La considera la storia più importante della sua carriera?

PAUL THACKER - GIORNALISTA INVESTIGATIVO Beh, secondo internet lo è. Parliamo dell’articolo più letto di sempre nel settore scientifico.

MANUELE BONACCORSI FUORI CAMPO Nonostante la velocità dovuta all’emergenza, Pfizer ha sempre difeso il rigore della sperimentazione. Adesso però arrivano le rivelazioni su quanto accadeva nell’estate 2020 in Ventavia, una società americana specializzata che aveva condotto una parte dei test per conto di Pfizer. Per la precisione, 3 siti dei 153 coinvolti nello studio. Grazie alla collaborazione col British Medical Journal, Report ha avuto accesso a una serie di documenti interni che non riguardano direttamente la sicurezza del vaccino, ma mostrano deviazioni dal protocollo e cattive pratiche durante i test.

PAUL THACKER - GIORNALISTA INVESTIGATIVO Vedete questa tabella, i numeri non corrispondono. È un esempio di come riempivano i formulari con cifre a caso. LORENZO VENDEMIALE È vero, è sempre la stessa cifra.

MANUELE BONACCORSI FUORI CAMPO Nelle mail interne si parla di falsificazione dei dati. E poi, aghi gettati nei contenitori sbagliati, vaccini conservati alla temperatura scorretta, pazienti non monitorati dopo l’iniezione. Per settimane, nelle cartelle cliniche viene lasciata l’indicazione del farmaco assegnato, mettendo a rischio il principio fondamentale del trial, per cui né pazienti né medici devono sapere chi ha ricevuto il vaccino per non essere influenzati. Solo il 15 settembre l’azienda corre ai ripari.

MANAGER VENTAVIA 1 (da documento mail) Per favore, chiamate ogni sito e assicuratevi che rimuovano subito questa pagina dalla cartella. L’assegnazione del farmaco contiene informazioni che smascherano il gruppo, non credevo che fosse inclusa.

MANUELE BONACCORSI FUORI CAMPO È tutto nel dossier di Brook Jackson, la fonte che ci ha chiesto di non comparire in video.

BROOK JACKSON – EX RICERCATRICE VENTAVIA Nel settembre 2020 sono diventata coordinatrice regionale di Ventavia, il mio compito era di supervisionare giorno per giorno le operazioni all’interno dei vari siti che mi erano stati assegnati. Nello studio del vaccino Pfizer, ero a capo di due delle tre strutture dove venivano condotti i test. Ma mi sono accorta subito che qualcosa non andava, la situazione era caotica e pericolosa: per lo staff, per i partecipanti e quindi anche per il trial.

MANUELE BONACCORSI FUORI CAMPO Il vero problema è la fretta. Jackson è spaventata e si rivolge ai suoi superiori. Ma finirà per essere messa sotto accusa e licenziata. Questo è l’audio originale, registrato nel settembre 2020, di una delle ultime conversazioni fra lei e i capi dell’azienda.

MANAGER VENTAVIA 2 Quello che sto dicendo, oggettivamente, è che non abbiamo nemmeno finito di quantificare il numero e i tipi di errori che stiamo incontrando. Nella mia testa c’è qualcosa di nuovo ogni giorno. Lo sappiamo, e sappiamo che è significativo.

BROOK JACKSON – RICERCATRICE Se voi non capite la gravità di quello che stiamo facendo, allora ne siete complici.

MANAGER VENTAVIA 3 No, no, capiamo la gravità. Io tengo sempre una lista delle cose che dobbiamo fare. Ci stiamo lavorando, ma non possiamo farle tutte insieme. E non possiamo fermarci.

BROOK JACKSON – RICERCATRICE Mi spiace, non sono d’accordo.

MANAGER VENTAVIA 3 Non possiamo fermarci.

BROOK JACKSON – RICERCATRICE Non sono d’accordo. E ve l’ho detto. Se troviamo dei problemi dobbiamo fermarci e risolverli.

MANUELE BONACCORSI FUORI CAMPO I manager di Ventavia non vogliono stoppare l’arruolamento per non rallentare i test. Però sono consapevoli dei problemi, e infatti sembrano terrorizzati da una possibile ispezione dell’Fda.

MANAGER VENTAVIA 4 (da documento mail) Sappiamo che più arruoliamo pazienti, più le cose si incasinano. Ve lo dico di nuovo: il punto non è se l’Fda arriverà, ma quando arriverà. E arriverà presto. Questo è il più grande trial del mondo, e noi siamo uno degli arruolatori principali. L’Fda arriverà, presto!

MANUELE BONACCORSI FUORI CAMPO Invece gli ispettori non arriveranno, nonostante la denuncia presentata da Jackson. In questo report dell’Fda, Ventavia non compare fra i 9 siti controllati. Oggi Ventavia continua a lavorare per Pfizer, anche nei nuovi trial su bambini e terza dose.

LORENZO VENDEMIALE L’Fda sapeva ma non ha mai ispezionato Ventavia. Secondo lei perché?

PAUL THACKER - GIORNALISTA INVESTIGATIVO L’Fda è sottofinanziata, non riesce a fare tutti i controlli che dovrebbe. Ma il problema non è il vaccino Pfizer, il problema è come funziona il sistema. Da una parte abbiamo regolatori deboli. Dall’altra case farmaceutiche che vogliono dati nel minor tempo possibile, che facciano apparire i loro prodotti nel miglior modo possibile.

LORENZO VENDEMIALE Lei crede che queste violazioni mettano in dubbio l’efficacia o la sicurezza del vaccino Pfizer?

PAUL THACKER - GIORNALISTA INVESTIGATIVO Noi sappiamo solo che c’erano dati falsi, e personale poco qualificato nelle strutture. Ma io non posso dire quale sia stato l’impatto sui risultati. Ce lo dovrebbe dire Pfizer.

MANUELE BONACCORSI FUORI CAMPO Né Pfizer né Ventavia ci hanno concesso un’intervista, ma ci assicurano che i loro controlli sono rigorosi e le accuse inconsistenti. Alle nostre domande invece ha risposto Ema, l’agenzia del farmaco europea.

LORENZO VENDEMIALE Potete assicurarci che i problemi in Ventavia non compromettono la sicurezza e l’efficacia del vaccino Pfizer?

FERGUS SWEENEY – RESPONSABILE STUDI CLINICI EMA Abbiamo parlato con le autorità americane e con la compagnia e siamo tranquilli che non c’è stato impatto sulla sicurezza e sull’efficacia. Questa azienda era coinvolta in un numero relativamente basso di test dello studio.

LORENZO VENDEMIALE Siete preoccupati dal fatto che Ventavia sta continuando a lavorare anche nei nuovi trial di Pfizer?

FERGUS SWEENEY – RESPONSABILE STUDI CLINICI EMA Abbiamo ricevuto garanzie sul fatto che i problemi sono stati risolti prima dell’inizio del trial sui bambini. E quindi no, non abbiamo preoccupazioni.

MANUELE BONACCORSI FUORI CAMPO L’efficacia e la sicurezza del vaccino Pfizer non sembrano essere in discussione. Lo scoop però ha avuto il merito di accendere i riflettori sull’importanza dei controlli. Ma oggi i loro autori sono vittime di una campagna diffamatoria.

PAUL THACKER - GIORNALISTA INVESTIGATIVO Stanno facendo di tutto per screditare me e Brook. Un sito internet ha diffuso anche delle fake news sul mio conto. Pensate, io sono vaccinato con Pfizer, ho persino dovuto dichiararlo nell’articolo perché il Bmj ha una policy molto rigorosa sui conflitti d’interesse. E ora mi danno del no vax. Ma questo non mi sorprende. È dall’inizio della pandemia che viviamo in questo clima: chiunque osa porre una domanda sui vaccini viene immediatamente attaccato e bollato come no vax, anche se sta solo facendo il suo lavoro.

SIGFRIDO RANUCCI IN STUDIO Ne sappiamo qualcosa anche noi. Comunque Il giornalista investigativo Paul Thacker, ha pubblicato il dossier della ricercatrice di Ventavia Brook Jackson, che svolgeva per conto di Pfizer i trial. Ora grazie alla lettura delle mail interne possiamo parlare di falsificazione dei dati, di aghi gettati nei contenitori sbagliati, di vaccini conservati alla temperatura scorretta, di pazienti che non sono stati monitorati dopo l’iniezione. Inoltre si parla anche del nome del farmaco che era stato utilizzato ancora presente nella cartella clinica dei pazienti quando invece dovrebbe rimanere anonimo, questo per non condizionare chi fa poi le valutazioni. Ora su questo Ventavia dice che le accuse contestate sono inconsistenti. Pfizer dice che i loro controlli sono rigorosi e che comunque se c’è stato qualcosa che è andato nel modo sbagliato è stato subito corretto. Però alla fine non hanno risposto sostanzialmente alle nostre domande. Per Ema comunque i test che sono stati fatti, che hanno manifestato qualcosa di anomalo riguarderebbero mille persone circa su 44 mila quindi non possono aver condizionato il buon esito dei risultati. Ora il punto non è la sicurezza dei vaccini che è incontestabile. Il problema è il metodo e i controlli. L’fda che avrebbe dovuto controllare non lo ha fatto e non sappiamo il perché, nonostante ci siano state numerose segnalazioni. Gli abbiamo anche chiesto, ma voi l’audit lo avete fatto a Ventavia? Ci hanno detto: “Chiedete all’azienda”… A proposito di controlli

VACCINO. BUSINESS, INSIDER TRADING, CONFLITTI D’INTERESSE: CHI E’ “MODERNA”. Andrea Cinquegrani  su La Voce delle Voci il 17 Novembre 2021.  Un autentico ginepraio di affari stramilionari, di conflitti di interesse, di turbinose compravendite azionarie, di misteriose partecipazioni societarie. Di personaggi equivoci.

Di tutto e di più nel gigantesco calderone della sigla oggi al top dell’attenzione internazionale, la statunitense Moderna Inc., che ha appena annunciato al mondo il lancio del suo super vaccino, in grado di superare le performance di quello prodotto da Pzifer, perché è efficace – secondo i suoi autori – al 94,5 per cento (contro il 92 per cento) e può essere conservato comodamente per 30 giorni anche nel frigorifero di casa (invece delle temperature polari per il gioiello di Pfizer). 

IL SOCIO ARMENO-LIBANESE

E un grande alone di mistero circonda il suo fondatore, animatore e socio di maggioranza, un libanese (è nato a Beirut) di origini armene, il cinquantottenne Noubar Afeyan. Il quale di tutta evidenza è in ottimi rapporti con Bill Gates, il fondatore di Microsoft e vero padrone dell’Organizzazione Mondiale per la Sanità: la Bill and Melinda Foundation, infatti, quattro anni fa ha fatto un bel cadeau a Moderna, per un valore da 20 milioni di dollari.

Scorriamo, in rapida carrellata, il nutrito elenco degli azionisti di Moderna, una piccola start up nata dieci anni fa che nei seguenti dieci ha fatto registrare uno dei più colossali boom nella storia dell’industria farmaceutica a stelle e strisce.

Al primo posto assoluto l’uomo d’affari libanese, che detiene azioni sia a livello personale, quasi il 20 per cento dell’intero pacchetto, sia a bordo della sua Flashing Pioneering Inc., con un altro bel 18 per cento.

Un miliardario-filantropo proprio come l’amico Bill Gates. Tra le creature tanto umanitarie di Afeyan, infatti, spiccano IDeA Foundation, 100 Lives, UNC DILIJAN School. Inoltre, il magnate mezzo armeno finanzia concerti e scuole di musica. Un bel concerto.

La sua presenza, comunque, fa capolino in una sfilza di sigle dell’arcipelago farmaceutico Usa: come Rubius Therapeutics, Cellority, Omega Therapeutics, Tessera Therapeutics.

Ha poi lanciato e venduto altre star: ad esempio Chemgenics Pharmaceutical (acquistata da Millenium Pharmaceutical), Color Kinetics (venduta a Philips), Adnexus Therapeuticals (comprata da Bristol-Meyer Squibb) e Affinonova (passata a AC Nielsen).

Un ottimo mercato in pillole.

In soldoni, la costola principale di Moderna, ovvero Flagship Pioneering, a sua volta specializzata nel lancio di start up (ne ha lanciate una cinquantina), si è occupata negli ultimi anni di oltre 50 prodotti per un valore di circa 30 miliardi di dollari. Numeri da record. 

ECCOCI AL MAROCCHINO A STELLE E STRISCE

Braccio destro del finanziere armeno-libanese, fino a pochi mesi fa, uno scienziato d’affari, Moncef Slaoui, marocchino di nascita, belga di adozione e poi americanizzato. E’ stato per anni ai vertici del colosso GSK, ossia Glaxo SmithKline, quindi ha profuso tutte le sue energie in Moderna, sul fronte dello studio e della creazione di vaccini. Fino allo scorso maggio, quando l’amministrazione Trump lo ha chiamato a dirigere la “Operation Warp Speed”, in grado di imprimere una sensibile accelerazione nella corsa al vaccino.

Ma torniamo al fitto elenco degli azionisti.

In terza postazione c’è l’attuale CEO di Moderna, l’uomo d’affari francese Stephane Bancel, 47 anni, in passato direttore alle vendite per un’altra star del settore farmaceutico, Eli Lilly and Company. Bancel arriva a Moderna nove anni fa: un numero che gli porta fortuna, il 9, visto che attualmente detiene il 9 per cento del pacchetto azionario di Moderna, un bel tesoretto.

E un 9 per cento è anche nelle mani di FMR, acronimo di Fidelity Management & Research. Si tratta del quarto più grande gestore di fondi comuni e di fondi pensione al mondo: la bellezza di 2.700 miliardi di dollari fatti segnare all’inizio del 2019! Fondata nel 1946 da Edward Johnson e con sede a Boston, è oggi presieduta dalla nipote, Abigal Johnson e guidata da un’altra manager, Anne Richards, una scozzese con un quarto di secolo d’esperienza nel proficuo settore del risparmio gestito. 

ECCOCI AI COLOSSI DEI FONDI

Passiamo a due quote – rispettivamente del 6,5 e del 5,1 per cento – possedute da altrettanti colossi internazionali nei fondi d’investimento. Parliamo di uno dei primi al mondo, Vanguard Group, che gestisce una massa di addirittura 5.100 miliardi di dollari a tutto il 2018. E del primo in assoluto, BlackRock: nell’inchiesta di qualche giorno fa su Pfizer, ne abbiamo sottolineato la presenza anche in quella compagine societaria, altrettanto sontuosa.

I due fondi, soprattutto Vanguard, detengono altre azioni di Moderna attraverso società collegate e/o controllate, come nei più perfetti giochi di infinite scatole cinesi. Tanto per la trasparenza…

In rapida carrellata, infine, una sfilza di altre sigle che detengono pacchetti azionari di minori dimensioni, ma si tratta sempre di star nel mondo della finanza Usa: Morgan Stanley, State Street Corporation (anch’essa in Pfizer), Baillie Gifford and Company, Bellevue Group AG, Fidelity Growth Company Fund, Geode Capital Management LLC e via di questo passo.

Eccoci adesso alle ultime performance e ai non pochi “incidenti” di percorso, che possono rendere meglio l’idea: con quali soggetti – impegnati nella ricerca dei vaccini e quindi a tutela della salute di tutti – abbiamo a che fare? 

SEC E FBI STANNO A GUARDARE ?

Gennaio 2020. Dettaglia Wikipedia. “A gennaio 2020 Moderna ha annunciato lo sviluppo di un vaccino (chiamato m-RNA-1273) per indurre immunità a SARS-CoV-2”.

Sorge subito spontaneo un interrogativo. Se a livello internazionale la notizia bomba sui primi casi di coronavirus esplode il 30 gennaio, come fa Moderna, sempre “a gennaio”, ad annunciare lo sviluppo del vaccino?

Le date, di tutta evidenza, non tornano.

Marzo 2020. Moderna entra in partnership con lo strategico US National Institute of Allergy and Infectuos Desease per avviare la fase 1 di ricerca per il vaccino.

Ad aprile riceve un finanziamento non da poco, pari a quasi mezzo miliardo di dollari, dal sempre rigoroso ma stavolta generoso BARDA, ossia US Biomedical Advanced Research and Develompent Autorithy.

Sarà per questo che si spargono sul web le notizie secondo cui uno dei soci occulti di Moderna può essere addirittura il plenipotenziario americano sul fronte dei vaccini, Anthony Fauci?

I rumors si spengono ben presto, così come quelli che, nella stessa veste di socio occulto, hanno visto far capolino la sagoma dell’altro filantropo-miliardario, George Soros.

Maggio 2020. Il 18 di quel mese si infittiscono le voci (adeguatamente diffuse da Moderna agli amici dei media) di uno stadio più che avanzato nella ricerca del vaccino anti Covid-19. E per questo il titolo ha un boom a Wall Street, triplicando addirittura il suo valore.

L’ennesima performance da primati nella breve ma straordinaria story di questa start up americana!

Prendi i soldi e scappa, titolava uno dei suoi mitici film Woody Allen.

Ed è così che lo stesso giorno, il 18 maggio, senza perdere un minuto di tempo, uno dei vertici di Moderna, il coreano americanizzato Lorence Kim, acquista azioni per 3 milioni di dollari e le rivende immediatamente a 19,8 milioni di dollari, vedendo il suo business aumentare del 650 per cento.

La stessa cosa fa il capo dell’equipe scientifica di Moderna, l’ufficiale medico Tal Zaks, israeliano, precedenti alla Sanofi Aventis: compra per 1 milione e mezzo di dollari e vende a 9,7. Un gran fiuto finanziario!

Niente altro che “insider trading”, una delle pratiche più scorrette, illegali e immorali che negli Usa costano anni di galera.

Si muoverà adesso la solitamente inflessibile SEC?

Starà con le mani in nano l’FBI?

Non è certo finita. Perché in quei giorni miracolosi fa affari con la pala proprio il socio Flagship, vendendo azioni Moderna e raggranellando un bel gruzzolo da 70 milioni di euro.

Proprio come in questi giorni ha fatto il CEO di Pfizer, il veterinario greco, dopo l’annuncio del vaccino. Brevetto, annuncio, incasso e scappo: per un prossimo copione di Woody!

BLACKROCK. IL SUPERFONDO AMERICANO “CONSULENTE” DELL’UNIONE EUROPEA. Paolo Spiga  su La Voce delle Voci il 17 aprile 2021.  Uno dei fondi più potenti e rapaci a livello mondiale, Blackrock, è stato scelto dall’Unione Europea come super consulente per “vigilare sul rispetto dei criteri di sostenibilità ambientale” nelle strategie del sistema bancario Ue.

Ai confini della realtà. Come ospitare a casa, con tutti gli onori, il cavallo di Troia.

Dal momento che “ambiente” e Blackrock sono come il diavolo e l’acquasanta. Basta pensare al ricco elenco dei “soci” del fondo statunitense, popolato dai colosso petroliferi che sono in testa alla hit dell’inquinamento globale.

Ha infatti in portafoglio, Blackrock, il 4,8 per cento delle azioni Chevron, il 4,5 per cento di quelle Exxon Mobil, il 5 per cento del colosso carioca Petrobras oggi protagonista dello scandalo per la maxi tangente del secolo che ha coinvolto anche le nostre Eni, Saipem e Techint.

La notizia della incredibile decisione presa dalla Commissione Ue arriva dal Guardian.

Blackrock riceverà un cadeau da 280 mila euro per la sua preziosa consulenza. Non è la cifra, certo, a far venire la pelle d’oca: ma il ruolo che dovrà svolgere il Fondo, che fa letteralmente a pugni con la sua black story.

Un colosso da 7 mila miliardi di dollari in pancia, che riesce a controllare il traffico di 3 miliardi di barili di greggio, 1.300 tonnellate di carbone, 630 miliardi di metri cubi di gas.

Un impero sconfinato.

Il numero uno del gruppo, Larry Fink, ha appena ritoccato il suo stipendio, aumentandolo del 5 per cento: ora raggiunge il top dei 23 milioni di dollari annui. Non male.

BLACKROCK & VANGUARD. ECCO I PADRONI DELLE STAR DI BIG PHARMA. Andrea Cinquegrani  su La Voce delle Voci il 27 Novembre 2021.  Chi saranno mai i veri proprietari delle star di Big Pharma lanciate nel dorato e stramiliardario firmamento a bordo dei miracolosi vaccini?

Siamo andati a spulciare tra carte e documenti e ne abbiamo scoperte delle belle.

I padroni del vapore sono le due più grandi realtà nel mondo finanziario americano, i due colossi sul fronte dei sempre più invasivi ‘fondi d’investimento’, che ormai controllano mezza economia mondiale: si tratta di ‘BlackRock Inc’ e di ‘Vanguard Group’.   

Possiedono le maggiori fette azionarie della super torta farmaceutica.

Il resto, tante briciole comunque dorate, fa capo sempre al mondo finanziario: quote parcellizzate tra banche (comunque di grido), assicurazioni (che vanno per la maggiore), società di gestione fondi e via di questo passo. Neanche l’ombra di realtà imprenditoriali, che so, in campo sanitario, dell’innovazione, della ricerca. Niente: solo e soltanto alta finanza, quella che oggi regge i destini del pianeta.

Forse si tratterà di un pezzo noioso, fatto in prevalenza di cifre & percentuali: ma tant’è, abbiamo deciso di documentare in modo secco, asettico, di cosa è fatta la vera realtà delle grandi aziende leader nel settore farmaceutico, di cui tutto il mondo oggi parla, perché hanno nei loro scrigni quei taumaturgici vaccini che – secondo i nostri governanti -sono l’unica via d’uscita dalla mortale pandemia.

Da tener presente una circostanza, con riferimento agli Stati Uniti, il Paese con la più forte presenza di colossi in pillole: fino ad un decennio fa, i settori in pole position sul fronte del finanziamento a democratici e repubblicani, soprattutto in occasione delle presidenziali, erano quelli del petrolio e delle armi. Che dividevano le loro vagonate di dollari in modo praticamente bipatizan, con quote molto simili tra i due schieramenti. Poi la svolta: sono stati superati in tromba dal settore farmaceutico, che oggi capeggia di gran lunga il plotone dei finanziatori eccellenti. Ed ha puntato le sue fiches più sui democratici che sui repubblicani.

Ciò detto, cominciamo la carrellata tra pillole & dollari, in mezzo ai Super Paperoni di Big Pharma. 

PZIFER – Partiamo da ‘Pfizer’, l’ape regina, l’azienda che in perfetta solitudine ha tagliato lo storico traguardo del primo vaccino anti covid al mondo.

L’annuncio venne dato un paio di giorni dopo la rocambolesca vittoria di Joe Biden alle presidenziali Usa, poco più di un anno fa. Il titolo Pzifer volò a Wall street e il primo a festeggiare come si deve fu il Ceo dell’azienda, il veterinario greco Albert Bourla, che si fiondò in banca per raccogliere subito i frutti, vendendo una piccola fetta della sua partecipazione azionaria e guadagnandoci con la pala.

E quali sono, allora, i compagni di merende del dottor Bourla?

Scorriamo l’elenco soci, solo per quanto riguarda i primi posti, altrimenti la lista sarebbe molto lunga (e così faremo in seguito per le altre aziende).

Tra i maggiori ‘investitori istituzionali’ troviamo i nostri due colossi: al primo posto Vanguard, con l’8,19 per cento delle azioni, seguita a ruota da BlackRock, con il 7,32 per cento. Vengono poi ‘State Street Corporation’ (4,99 per cento), ‘Capital World Investors’(4,30 per cento) ‘Wellington Management Group’ (3,94 per cento). Tutti gli altri soci sono attestati al di sotto dell’1,20 per cento (tranne ‘Geode Capital Management’ col suo 1,77 per cento).

Tra i maggiori ‘investimenti fondi comuni’ (l’altra categoria di investitori), Vanguard – non c’è che dire – fa la parte del leone: è in testa alla hit con ben quattro sigle di famiglia, ossia ‘Vanguard Total Stock Market Index Fund’ (2,82 per cento), ‘Vanguard 500 Index Fund’(2,07 per cento),   ‘Vanguard Specialized-Health Care Fund’ (1,22 per cento), e ‘Vanguard Institutional Index Fund’ (0,79 per cento). 

MODERNA – Passiamo a chi ha tagliato il traguardo al secondo posto, la giovane reginetta del farmaco ‘Moderna’, una start up sbocciata neanche 10 anni fa con il propellente giusto, i ricchi fondi stanziati dal governo a stelle e strisce e subito nelle grazie del miliardario-filantropo Bill Gates, che dopo le avventure a bordo di ‘Microsoft’ ha deciso di tuffarsi nelle battaglie del secolo, sul fronte dei vaccini, appunto, e dei cambiamenti climatici.

Apriamo con una sorpresina: il primo azionista, sul versante degli    ‘investitori istituzionali’, stavolta non è il solito (o uno dei soliti), si tratta invece di ‘Baillie Gifford and Company’, che racimola il 10,41 per cento delle quote. Seguono, of course, Vanguard(6,70 per cento) e BlackRock (6,63 per cento).

La prima, poi, spadroneggia per quanto concerne gli ‘investitori fondi comuni’, addirittura con cinque sigle del suo variegato arcipelago: ‘Vanguard Total Stock Market Index Fund’(2,38 per cento), ‘Vanguard  International Growth Fund’ (2,31 per cento), ‘Vanguard Extended Market Index Fund’ (1,07 per cento), ‘Vanguard US Growth Fund’ (0,71 per cento)’ e ‘Vanguard Growth  Index Fund’ (0,65 per cento). Stavolta BlackRock salta in giro. 

JOHNSON & JOHNSON – Eccoci ad un altro pezzo da novanta dell’industria farmaceutica statunitense, nota in tutto il mondo per la sua linea di prodotti per i neonati (strano non abbia pensato per prima ai vaccini per i bebè che presto andranno in pista), incappando talvolta in sanzioni da milioni di dollari comminate dalla un tempo rigorosa ‘Food and Drug Administration’, che oggi invece chiude non uno ma due occhi sui test e i trials mancati all’appello per le sperimentazioni dei vaccini, avendo concesso in modo del tutto anomalo l’ok definitivo il 23 agosto scorso.

E con ‘Johnson & Johnson’ si riproduce lo schema azionario classico, cioè   il tandem delle meraviglie Vanguard-BlackRock a pieni giri. Tra gli ‘investitori istituzionali’, infatti, Vanguard figura al primo posto, con l’8,87 per cento delle azioni, tallonata da BlackRock (7,41 per cento). Segue ‘State Street Corporation’ (5,40 per cento) e poi distaccatissimo il plotone degli inseguitori, capitanato da ‘Geode Capital Management’ (1,65 per cento).

E’ ancora una volta all’insegna di Vanguard l’elenco degli ‘investitori fondi comuni’. E anche stavolta con una bella cinquina: ‘Vanguard Total Stock Market Index Fund’ (2,83 per cento), ‘Vanguard 500 Index Fund’ (2,08 per cento), ‘Vanguard Institutional Index Fund’(0,79 per cento), ‘Vanguard Value Index Fund’ (0,75 per cento), ‘Vanguard Specialized-Dividend Appreciation Index Fund’ (0,61 per cento). 

ASTRAZENECA – Eccoci alla cenerentola europea, inizialmente tra i fiori più rigogliosi nel bouchet vaccinale, poi finita in un tourbillon di polemiche sul fronte di forniture & contratti, ed accusata di aver effettuato una pessima campagna di comunicazione sul suo prodotto.

In questo caso l’azionariato è molto più frammentato del solito. Solo una quota, tra gli ‘investitori istituzionali’, supera il 3 per cento: è quella di ‘Price Associates Inc.’ (3,14 per cento), seguita da ‘Wellington Management Group’ (2,03 per cento) e da ‘Primecap Management Company’ (1,84 per cento). In questo gruppo non compaiono né Vanguard néBlackRock.

La prima, però, torna alla ribalta tra gli ‘investitori fondi comuni’. Capeggia infatti la lista, con il suo pur piccolo 1,02 per cento, a bordo di ‘Vanguard Primecap Fund’, cui tengono compagnia ‘Vanguard Wellington Fund Inc.’ (0,63 per cento), ‘Vanguard Wellington Fund Inc.’ (0,30 per cento), ‘Vanguard Fenway Fds-Primecap Core Fund’ (0,22 per cento) e ‘Vanguard Vellesley Income Fund’ (0,19). Un altro pokerissimo.  

MERCK & CO. –  La regola aurea del 2 viene anche qui confermata. Il tandem vincente è saldamente alla guida del timone societario.

Tra gli ‘investitori istituzionali’ il primo posto spetta a Vanguard, con l’8,33 per cento delle azioni, incalzata ovviamente a ruota da BlackRock con il suo 7,44 per cento. Staccati gli altri, con ‘State Street Corporation’ (4,57 per cento) a guidare il plotone degli inseguitori, tutti sotto il 2 per cento.

E Vanguard è la solita reginetta per quanto concerne gli ‘investitori fondi comuni’, stavolta addirittura con un sestetto a dettare i tempi della corsa: ‘Vanguard Total Stock Market Index Fund’ (2,83 per cento), ‘Vanguard 500 Index Fund’ (2,08 per cento), ‘Vanguard Institutonal Index Fund’ (0,79 per cento), ‘Vanguard Index-Value Index Fund’ (0,76 per cento), ‘Vanguard Specialized-Dividend Appreciation Index Fund’ (0,61 per cento) e ‘Vanguard Specialized Dividend Growth Fund’ (0,61 per cento). 

Ed eccoci ai botti finali. Vediamo cioè più da vicino di che pasta sono fatti i due primattori, Vanguard e BlackRock. Per sapere, cioè, cosa c’è dentro i loro scrigni, quali sono i loro soci. 

VANGUARD – Fondata nel 1975 come ‘Vanguard Company’, sede nei sobborghi di Philadelphia, quasi 18 mila dipendenti sparsi per il mondo, oggi gestisce asset per oltre 5000 miliardi di dollari, e ‘Bloomberg’ prevede addirittura uno stratosferico raddoppio entro due anni, sfondando il tetto dei 10000!

Sorpresa! Il primo azionista, il socio che capeggia la graduatoria degli ‘investitori istituzionali’ è proprio il ‘rivale’ BlackRock, il vero competitor in tutte le acrobazie societarie messe in campo da anni.

BlackRock, infatti, ha in mano ben il 14,19 delle azioni griffate Vanguard.

La seconda posizione è occupata da ‘Dimensional Fund Advisor’, con il 7,57 per cento delle azioni. Mentre la terza – udite udite – è occupata da ‘Vanguard Group’, col suo 7,43 per cento delle quote: per la serie, una Vanguard che controlla se stessa, il massimo tra le alchimie finanziarie!

Al quarto posto troviamo ‘Price Associates Inc’ (5,85 per cento), poi ‘Wellington Management Group’ (4,28 per cento) e alla spicciolata tutti gli altri, sotto il 3 per cento.

Trasferiamoci agli ‘investitori fondi comuni’. Qui la graduatoria è capeggiata da ‘Shares Core S&P Smallcap ETF’ (5,81 per cento), seguita da ‘Price Small-Cap Value Fund’ (4,10 per cento). E fa poi capolino l’ennesima Vanguard della serie, ossia ‘Vanguard Total Stock Market Index Fund’, col suo 2,43 per cento. 

BLACKROCK – Dulcis in fundo, terminiamo il giro con l’altro protagonista in campo, The Number One: BlackRock. Fondato nel 1988 a New York, oggi gestisce asset per oltre 8000 miliardi di dollari, dei quali un terzo in Europa. Ad esempio in Italia: dove possiede azioni Unicredit (5 per cento), Intesa Sanpaolo (5 per cento), Banca Popolare (6,8 per cento), Banca Popolare di Milano (5 per cento), Assicurazioni Generali (2,8 per cento), Fiat (2,8 per cento del capitale ‘volante’), Atlantia (5 per cento), tanto per gradire.

E stavolta leggiamo un copione come allo ‘specchio’. La sorpresa è rappresentata (ma a questo punto ce lo aspettavamo) dalla non poi tanto rivale Vanguard, che possiede l’8,01 per cento delle azioni di marca BlackRock. E chi troviamo al secondo posto? La stessa BlackRock, come non era difficile immaginare visto l’omogeneo schema Vanguard. BlackRock, infatti, detiene il 6,6 per cento delle quote… BlackRock.

A seguire ‘Capital Word Investors’ (5,10 per cento) e ‘State Street Corporation’ (4,18 per cento).

Sul versante degli ‘investitori fondi comuni’, registriamo la ormai rituale presenza multipla di Vanguard, che stavolta fa tris: con ‘Vanguard Total Stock Markets Index Fund’ (2,55 per cento), ‘Vanguard 500 Index Fund’ (1,94 per cento) e ‘Vanguard Wellington Fund Inc.’ (0,97 per cento). 

Alla fine della giostra, sarete ormai nauseati di cifre e percentuali.

Perciò chiudiamo con qualche modesta domanda.

Pensate che Vanguard e BlackRock (quindi anche le loro partecipate eccellenti, le stars di Big Pharma che abbiamo appena passato in rassegna) abbiano realmente a cuore la salute dei cittadini di tutto il mondo?

Abbiano profuso tutte le loro energie e effettuato tutti gli sforzi possibili per rendere efficaci e, soprattutto, sicuri i vaccini anti covid 19?

O non vi viene un qualche dubbio, cioè che lorsignori pensino un tantino di più a fatturati & profitti, da raggiungere ad ogni costo e da contare su un pallottoliere che più arcimiliardario non si può, come dimostrano gli utili quintuplicati nel giro di pochi mesi? 

PFIZER. LA STAR DI FARMACI & VACCINI E’ UNA MEGA BANCA DIRETTA DA UN VETERINARIO. Andrea Cinquegrani  su La Voce delle Voci il 10 Novembre 2021.  Festa in casa Pfizer, la vera star di Big Pharma, la prima azienda farmaceutica al mondo.

Si stappa lo champagne per aver brevettato il vaccino anticovid numero uno, che batte sul filo di lana l’agguerrita concorrenza delle connazionali americane Johnson & Johnson e Moderna, e soprattutto dalla britannica (ma di origini svedesi) AstraZeneca, la quale aveva troppo presto suonato le trombe.

La società farmaceutica con i più stratosferici fatturati e profitti a livello globale, Pfizer. Ma anche la più condannata, la più multata, la più sanzionata a livello internazionale. Con non proprio incoraggianti livelli di affidabilità circa la qualità dei suoi prodotti.

Pensate che i suoi uffici ribollano di scienziati, ricercatori, guru, Nobel o prossimi Nobel? Neanche per sogno. Potere trovare, piuttosto, banchieri, finanzieri, titolari di fondi d’investimento, assicuratori. Basta leggere l’elenco dei suoi ‘prestigiosi’ azionisti per rendersene conto.

E chi sarà mai il suo presidente, amministratore delegato e direttore?

Un veterinario greco, laurea all’Università di Salonicco: Albert Bourla. 

PRIMA MI ACCORDO, POI TESTO E PRODUCO

Partiamo dalla data dell’annuncio, giusto sei giorni dopo il voto presidenziale Usa, pur se la notizia circolava da almeno due settimane.

Come testimonia il report del 23 ottobre firmato da Niccolò Nesi. “Pfizer ha un asso nella manica che si chiama vaccino. Il 9 ottobre scrissi un articolo in cui Donald Trump dichiarava di avere già pronto il vaccino e di volerlo distribuire gratis a tutti gli americani. Oggi mi è giunta una notizia da un dirigente italiano di un’azienda molto importante che opera nel territorio americano. Cito testualmente il suo messaggio: ‘ La Guardia Nazionale sta già stoccando i vaccini Covid della Pfizer in tutti gli Stati. Hanno già delle liste di precedenza per le somministrazioni. Aspettano solo l’ok per il vaccino che è già stato messo in produzione da più di un mese. Ovviamente i DEM stanno facendo una pressione fortissima perché il vaccino Pfizer non venga approvato e autorizzato prima delle elezioni”.

E ci sono riusciti, perché adesso è festa per i bideniani!

Eppure sul sito di BioNTech, il partner tedesco di Pfizer nella corsa al vaccino, si può già leggere da giorni: “Pfizer e BioNTech hanno firmato contratti per fornire 200 milioni di dose di un vaccino Sars-CoV-2 all’Unione Europea. 30 milioni di dosi per il Regno Unito. 100 milioni di dosi per gli Stati Uniti e 120 milioni di dosi per il Giappone”.

E allora, come funziona ‘O Sistema? Prima si firmano gli ordini per i contratti miliardari e solo dopo si effettuano i test e si ottengono le autorizzazioni di rito? Siamo su Marte?

C’è una logica in tutto questo, se non quella del profitto alla faccia di ogni sicurezza e salvaguardia per la salute dei cittadini?

Passiamo ai numeri. 

GLI AZIONISTI ECCELLENTI

Sede nel cuore di Manhattan, Pfizer ha una capitalizzazione da 220 miliardi di dollari, 52 miliardi di fatturato, 16 miliardi di profitti, 110 mila dipendenti sparsi in tutto il mondo.

Start per la partenza la produzione la storica produzione dell’acido citrico, ma la sua grande fortuna economica si è chiamata Viagra; nel suo pedigree prodotti come Feldene, Norvasc, Zoloft per citarne solo alcuni.

Lo shopping di altre big del settore è stato, nel corso degli anni, sontuoso: sono finite nella sua orbita, man mano, Warner-Lambert, Pharmacia, Hospire, Array BioPharama, Mylan. Sfiorato il colpaccio di “papparsi” perfino AstraZeneca, mentre con Glaxo SmithKline è stato prodotto in comune l’antidolorifico Advil.

Siamo ora al cuore della vicenda. Quali saranno mai i soci, gli azionisti di Pfizer?

Sembra di entrare a Wall Street, negli ovattati saloni della Borsa di New York, tante sono le stars che prendono parte alla torta griffata Pfizer.

Ben lontani i tempi quando due cugini-pionieri, l’americano Charles Pfizer e il tedesco Charles Ehrardt, fondavano nel 1849 la “Charles Pfizer and Company” nel cuore di Brooklyn, dove cominciarono a produrre un antiparassitario, la santonina.

Eccoli in perfetto ordine, quei super soci, in base alla percentuale di azioni possedute.

BLACKROCK – Possiede il 5,8 per cento delle quote. Si tratta della più grande società di investimenti al mondo, sede a New York. Gestisce un patrimonio di oltre 8.000 miliardi di dollari a tutto il 2020, dei quali un terzo in Europa. Ha clienti in un centinaio di paesi e 70 uffici in 30 paesi. Gli esperti la definiscono “la più grande banca ombra del mondo”: per fare un solo esempio di ‘voracità’, nel 2006 ha fatto un sol boccone di uno dei maggiori istituti al mondo, Merrill Linch. A sua volta, l’azionariato è nelle mani, al 25 per cento, di Servizi Finanziari PNC, del Gruppo Vanguard (6,2 per cento), di BlackRock Inc. (5,3), di Capital World Investment (5,1), e di Wellington Management Group (4,4).

BARCLAYS GLOBAL INVESTORS – Ha il 5,17 per cento delle quote. Fa capo al colosso del credito, ossia Barclays Bank.

STATE STREET CORPORATION – Detiene il 3,5 per cento delle azioni targate Pfizer. Nata a Boston nel lontano 1792, è al top internazionale per la gestione dei servizi finanziari. E presenta cifre da Guinness dei primati: 3 miliardi e 120 milioni di gestioni per il 2019 e la bellezza di 34 mila miliardi di dollari in custodia e amministrazione.

VANGUARD – Ha il 2,9 per cento azionario. Si tratta di una delle più potenti società di investimento a livello internazionale. Sede a Philadelphia, nella Pennsylvania di Joe Biden, gestisce asset per 5.100 miliardi di dollari. E, come abbiamo visto, è socia della stessa BlacKRock, come nei più perfetti mosaici societari.

AXA – Possiede una quota pari al 2,7 per cento. E’ una delle più splendenti star nell’universo delle assicurazioni. Quartier generale a Parigi, 105 milioni di clienti in 61 paesi del mondo, 171 dipendenti, fa registrare un fatturato di 104 miliardi di euro.

FRANKLIN RESOURCES – Si presenta con una percentuale di quote pari al 2,25 per cento. E’ uno dei più grandi gruppi al mondo di risparmio gestito, con oltre 750 miliardi di dollari di beni per conto di oltre 25 milioni di privati, investitori professionali e istituzionali. Fondata a New York nel 1947, insieme alle sue filiali viene chiamata Franklin Templeton Investments. Nel 1973 la sua sede viene trasferita a San Mateo, in California.

CAPITAL GROUP COMPANY – Ha in mano quote Pfizer per il 2,11 per cento. Anche stavolta siamo tra i colossi internazionali ‘storici’. E’ infatti una delle società d’investimenti più antiche non solo degli Stati Uniti, ma di tutto il mondo. Fondata nel 1931 a Los Angeles, dove ha ancora sede, conta su 7.500 dipendenti.

DEUTSCHE BANK – Ha il 2 per cento di azioni. Non ha bisogno di presentazioni. E’ il colosso tedesco del credito che domina la scena europea e non solo.

DODGE & COX – Detiene l’1,8 per cento di azioni. Si tratta dell’ennesima sigla che opera nello straricco settore dei fondi d’investimento. Costituita nel 1930, ha il suo quartier generale a San Francisco. Il suo patrimonio gestito ammonta a 327 miliardi di dollari.

MELLON FINANCIAL CORPORATION – Si trova con l’1,7 per cento delle azioni. Sede a Pittsbourgh, in Pennsylvania, anni fa si è fusa con la Bank of New York, dando vita a The Bank of New York Mellon.

LEGG MASON – Ultima in graduatoria con l’1,34 per cento azionario. Ma non ultima come ambizioni, visto che – manco a dirlo – si tratta di una delle principali società di gestione di investimenti al mondo. Fondata a Baltimora nel 1899, gestisce un patrimonio da quasi 700 miliardi di dollari ed ha sedi in 22 paesi al mondo.

Come si vede, nell’azionariato di Pfizer non fa capolino neanche l’ombra di una quota che non sia “finanziaria”, neanche di tipo economico. Pensate che anche uno solo di loro sia animato da spirito filantropico, alla stregua di un Bill Gates? Difficile… 

E IN BIONTECH FA CAPOLINO BILL GATES

Ma – guarda caso – proprio Bill Gates fa capolino nella breve ma già succosa storia della tedesca BionTech, associata a Pfizer nella stramiliardaria corsa al vaccino.

Ari-guarda caso, infatti, poco prima dello scoppio della pandemia, a settembre 2019, BioNTech firma un accordo con la Bill & Melinda Gates Foundation per sviluppare dei programmi anti tubercolosi e anti Hiv e per approntare vaccini ad hoc: programmi che, invece di risolvere i problemi, li hanno non poco complicati, visti i risultati non proprio brillanti conseguiti “ai danni” di tanti ammalati africani.

Solo un aperitivo per quanto riguarda i giganteschi danni, i risarcimenti, i contenziosi, i casi giudiziari, le incriminazioni e le indagini che contrassegnano il curriculum di Pfizer, da vero serial killer in guanti bianchi.

Partiamo dalla notizia più fresca, di appena un paio di giorni fa. Arriva dalla reporter statunitense Aditya Raghunath: il 9 novembre descrive un’operazione condotta dal Dipartimento di Giustizia Usa e dall’inflessibile SEC che stanno raccogliendo informazioni – fino ad ora top secret – in merito ad alcune operazioni estere di Pfizer. Secondo indiscrezioni si tratta di operazioni condotte nei paesi asiatici, soprattutto in India, ma anche in Cina. La giornalista rammenta ai lettori che “in passato Pfizer, insieme alla sua controllata Wyeth LLC (nota per la produzione del Tavor, ndr), hanno accettato un accordo di patteggiamento da 45 milioni di dollari dopo che le autorità regolatorie hanno accusato la società di corruzione in pratiche commerciali. La SEC, infatti, afferma che Pfizer, attraverso le sue conosciate, ha effettuato pagamenti illeciti nei confronti di funzionari stranieri di molti Paesi in Europa e in Eurasia allo scopo di ottenere una posizione di mercato favorevole. Anche la Cina è presente in questo elenco”.

Solo la punta dell’iceberg. Una speciale classifica internazionale, infatti, vede ampiamente in testa Pfizer nella hit della corruzione, avendo subito negli ultimi anni la bellezza di 47 condanne per un totale di 4 miliardi 421 milioni di dollari.

Al secondo posto, staccata di mezzo miliardo, con 3 miliardi e 967 milioni, è attestata Glaxo SmithKline; mentre terza è piazzata Johnson & Johnson, a quota 3 miliardi 370 milioni. Ammontano poi a 3 miliardi tondi le condanne in capo a Merck. Il totale per le prime nove, nel periodo dal 2000 al 2019, è di quasi 25 miliardi di dollari. Non proprio noccioline. 

TUTTE LE CONDANNE DI PFIZER

Vediamo alcune chicche griffate Pfizer.

Nel 2008 Pfizer chiude a botte da milioni di euro i suoi contenziosi legali per i farmaci antinfiammatori celecoxib e valdecobix distribuiti negli Stati Uniti.

Nel 2009 il botto: Pfizer Inc. e la sua controllata Pharmacia & Upjohn Company Inc. si auto-dichiarano colpevoli della “più grande truffa sanitaria nella storia della sanità degli Stati Uniti”. La frode è consistita nella commercializzazione illegale di quattro suoi farmaci nei dieci anni precedenti. La sanzione penale è la più alta di sempre, 2 miliardi e 300 milioni di dollari.

Tutto ciò, evidentemente, per evitare guai peggiori…. 

Pfizer sotto accusa anche per aver testato farmaci in Africa

Inoltre Pfizer è responsabile di aver effettuato test per farmaci molto pericolosi sulle popolazioni dei Paesi in via di sviluppo, soprattutto in Africa; e alcuni suoi funzionari sono stati sospettati di essere i mandanti di omicidi ai danni di attivisti per i diritti umani. Ai confini della realtà.

Settembre 2010. Pfizer viene condannata dall’Antitrust dell’Indonesia a 10 milioni di dollari di multa per pratiche monopoliste su alcuni farmaci contro l’ipertensione.

Nello stesso anno la star di Big Pharma riceve una lettera di richiamo dalla Food and Drug Administration per la mancata segnalazione di eventi avversi per l’uso di suoi farmaci, tra cui l’Atorvastatina, noto prodotto anticolesterolo.

Nel 2011 il settimanale tedesco “Der Spiegel” denuncia Pfizer di frode fiscale.

Appena 784 mila dollari, nel 2016, la sanzione per “False Claim Act”. Il Dipartimento di Giustizia, stavolta, scopre che Pfizer e la solita servizievole Wyeth hanno accettato di pagare quella cifra per mettere a tacere le accuse sui prezzi taroccati di due farmaci inibitori della pompa protronica, Protonix Oral e Protonix IV.

Attualmente, sei suoi prodotti sono sotto stretta osservazioni da parte delle autorità statunitensi.

Eppure Pfizer oggi celebra il suo trionfo.

E a stappare lo champagne è il veterinario greco, il maggiordomo alla corte dei Bankster più grandi del mondo. 

PFIZER – IL CEO VETERINARIO VA SUBITO ALL’INCASSO

Boom Pfizer, il CEO va subito all’incasso e in un baleno guadagna 5 milioni 600 mila dollari, vendendo un po’ di azioni della sua società.

Intanto, va in sceneggiata il tema bollente sull’efficacia del vaccino: cosa significa quel 90 per cento annunciato dalla stessa Pfizer?

Partiamo da quest’ultima notizia.

Il colosso di Big Pharma, Pfizer, annuncia al mondo intero il lancio del suo vaccino maximo. Le Borse s’infiammano, Wall Street sembra Fuorigrotta dopo lo scudetto di Maradona.

Poi la precisazione: la sua efficacia è del 90 per cento.

Cosa vuol dire? Che per 9 casi su 10 elimina il rischio coronavirus e in 1 caso non funziona? O che in quel caso può provocare effetti collaterali, anche pesanti, come sovente capita dopo l’assunzione di un vaccino?

A questo punto sorge un interrogativo alto come un grattacielo.

Come è possibile che l’Europa abbia deciso di ordinare il 12 novembre 300 milioni di dosi del vaccino, come ha appena dichiarato il commissario UE Ursula von der Leyen?

E sorge un altro interrogativo. Cosa se ne fa, a questo punto, l’Italia dell’accordo sottoscritto a luglio dal ministro della Salute Roberto Speranza per un acquisto di vaccini dall’altra star di Big Pharma, la britannica AstraZeneca, un acquisto da 400 milioni di euro?

Come stanno in piedi insieme le due cose? In che modo si conciliano?

Passiamo alla Russia di Vladimir Putin, che l’11 agosto annuncia la registrazione del suo vaccino Sputnik e ne deposita il brevetto presso l’Organizzazione Mondiale per la Sanità.

L’11 novembre veniamo a sapere che l’efficacia di Sputnik è pari al 92 per cento. Lo comunicano il National Research Center for Epidemiology and Microbiology ‘Gamaley Center’ e il Russian Direct Investment Fund.

Sorgono alcuni altri interrogativi. Hanno utilizzato, i russi, gli stessi parametri di Pfizer, per ‘valutare’ l’efficacia del vaccino?

Se sì, a questo punto, come mai scegliere un vaccino che presenta un’efficacia minore, se pur di soli 2 punti percentuali?

E il domandone finale: possibile che a contare sia solo la “corsa” al primato per il vaccino e alle miliardate di ordini, e non l’efficacia (quella vera) del vaccino, la sua qualità, i suoi “non effetti” collaterali.

Insomma, che alla resa dei conti sia collocata in prima e sola fila la salute e la salvaguardia di tutti i cittadini, e non la montagna di dollari & euro che vogliono realizzare a tutti i costi le aziende farmaceutiche assetate solo di profitti?

Eccoci alla chicca, che la dice lunga sulla “tempistica” griffata Pfizer per il lancio del suo vaccino.

Non passano neanche 48 che il super CEO, il greco Albert Bourla, mette subito a segno un colpaccio. Ossia vende un grosso pacchetto azionario del quale è in possesso, quando le azioni sono in pieno boom, avendo fatto registrare un clamoroso + 16 per cento nel loro valore. La notizia arriva direttamente dalla SEC, la rigorosa Securities and Exchange Commission a stelle e strisce.

A quanto ammonta il ‘gruzzolo’ adesso nelle mani del veterinario di Salonicco miracolosamente asceso al vertice di Pfizer? La bella somma di 5 milioni 600 mila dollari. Non uno scherzo.

PANDEMIA. ECCO CHI SONO I GRANDI ‘PREDATORI’, DA GATES A FAUCI. Andrea Cinquegrani su La Voce delle Voci il 19 ottobre 2021. Chi ci guadagna sulla pandemia. Chi specula sulla salute dei cittadini alle prese con il Covid-19. Chi vede crescere il suo potere e la sua ricchezza sulla pelle della gente. E’ questo lo scopo basilare di "Covid-19 and the Global Predators", un libro che tutti dovrebbero leggere perché fa luce sui mega interessi che ruotano intorno alla pandemia e identifica i veri burattinai che tirano le fila di un tragico copione che coinvolge l’umanità intera. L’autore è Peter Breggin, 85 anni e una mente lucidissima, psichiatra di fama negli Stati Uniti, controcorrente, spesso odiato dai colleghi perché si è sempre apertamente schierato contro l’industria degli antidepressivi, l’uso dell’elettroschock, e invece tutto a favore di un approccio umano, di un dialogo interattivo medico-paziente. Un basagliano convinto, diremmo nel nostro Paese. “Breggin rafforza il mito che la malattia mentale non esiste ed è tutto condizionato dall’ambiente esterno”, è il capo d’accusa che più comunemente gli viene rivolto. E’ autore di best seller come ‘Toxic Psychiatry’, ‘Talking back to Prozac’, ‘Brain-Disability Treatments in Psychiatry’. Tra le molteplici esperienze professionali ne ricordiamo ad esempio una: è stato il perito di un sopravvissuto al massacro nel 1999 alla ‘Columbine High School’ del Colorado, sopravvissuto che ha citato in giudizio la casa farmaceutica produttrice di un antidepressivo. 

ATTENTI A QUEI TRE   

I burattinai individuati con precisione da Breggin sono tre. Il fondatore di Microsoft Bill Gates, con la sua ‘Bill and Melinda Gates Foundation’; il super virologo Anthony Fauci, direttore del ‘National Insitute of Allergy and Infectuous Deseases’ (NIAID); Klaus Schwab, ingegnere/economista e direttore del ‘World Economic Forum’ che ogni anno riunisce i potenti della terra a Davos, promotore di quel ‘Great Reset’ che in tempi brevi disegnerà il Nuovo Ordine Mondiale e soprattutto ne delineerà i profili socio-economici. Leggiamo cosa scrive la giornalista Patricia Harrity sul potente j’accuse di Breggin. “Breggin sostiene che è stata questa partnership (fra i tre big, ndr) a creare la pandemia di Covid per spingere i vaccini mortali su un pubblico ignaro e ad inaugurare un Nuovo Ordine Mondiale”. “Questa partnership denominata ‘Coalition for Epidemic Preparadness Innovations’ (CEPI) aveva creato un business plan di 65 pagine preparato da Bill Gates nel 2016, che può essere trovato sul sito web di Klaus Schwab. E’ un piano per la prossima pandemia e sembra esattamente ciò che sta accadendo ora nel mondo, secondo Breggin. Il quale dice che è stato nel lontano 2010 che Bill Gates ha proclamato ‘il decennio del vaccino’ e il suo partner nella dichiarazione era proprio Anthony Fauci”. Proprio così: Dio li fa e poi li accoppia. “Breggin continua dicendo che Gates ha fondato il progetto ‘Decade of Vaccines’ nel 2010, ha riunito un comitato composto da globalisti, tra cui Fauci, per attuare un Piano d’azione globale sui vaccini (GVAP). Questo è stato approvato dai 194 Stati membri dell’Assemblea mondiale della sanità nel maggio 2012 e doveva coinvolgere l’Organizzazione Mondiale della sanità”. 

TUTTI I COMPLICI

Continua la disamina di Patricia Harrity. “Ormai non sorprende che la leadership fosse la ‘Bill & Melinda Gates Foundation’, la ‘GAVI Alliance’ (sempre Gates), l’UNICEF, l’Istituto nazionale delle allergie e delle malattie infettive negli Stati Uniti (Fauci) e l’OMS. Entro il 2015 Gates era pronto e ha continuato ad organizzare un evento ‘in previsione della pandemia’. Breggin afferma testualmente: ‘ha reso evidente che stavano lavorando alla creazione di una pandemia e di un vaccino mortale per accompagnarla’”. Parole che si commentano da sole e lasciano poco spazio ai dubbi. Continua la giornalista. “A questo punto Gates e soci avevano il loro team già preparato, pronto e preparato, ed il piano ‘aziendale’ di CEPI attendeva solo il 2021 per essere portato a compimento. Il piano includeva anche la collaborazione della ‘Food and Drug Administration’ (che ha dato l’ok ai vaccini ‘emergenziali’ bypassando tutta la necessaria fase di sperimentazione, ndr), dei ‘Centers for Desease Control’ (i CDC americani che, tra l’altro, ‘danno i numeri’ sugli effetti collaterali dei vaccini e i decessi, ndr), del ‘NIAID’, del ‘National Institute of Health’ (NIH) e del ‘Biomedical Advanced Research and Development Authority’ (il potente ‘BARDA’, ndr). Essenzialmente avevano raggruppato tutti, dalla ricerca e sviluppo, alle compagnie farmaceutiche, ai governi e alle banche mondiali”. Altro che arsenali di guerra, corazzate e portaerei: gli scenari delle ‘biologic wars’ sono ormai totalmente cambiati. Prosegue Patricia Harrity seguendo il filo dell’analitico ragionamento di Breggin: “Tutto ciò che restava da fare era far temere abbastanza alla gente, terrorizzarla al punto giusto da poter introdurre agevolmente il vaccino e portare questo livello di cambiamento nella società. Ciò si è verificato per tutta la durata della pandemia utilizzando fondamentalmente l’appello alla paura, ovvero messaggi persuasivi che tentano di suscitare la paura. Una tecnica simile fu usata in Germania dai nazisti in tempo di guerra che perfezionò anche le tecniche di propaganda. Uno strumento utilizzato anche dal nostro governo (si riferisce agli Usa, ndr) dall’inizio del 2020 per creare e rafforzare la paura attraverso il controllo sui media, sulla stampa e sulla sfera sociale, consentendo di ascoltare solo il proprio punto di vista parziale, demonizzando e rendendo un capro espiatorio le voci dell’opposizione”. E’ lo stesso, identico scenario che possiamo osservare, ogni giorno, nel nostro Paese, che nel giro di pochi mesi – quelli bollenti della pandemia -s’è trasformato nel perfetto gendarme europeo degli Stati Uniti, con un Mario Draghi perfetto servitore alla Casa Bianca guidata dal neo inquilino (s’è insediato a gennaio 2020) Joe Biden. Continua sui media Harrity: “Ne è scaturito un gioco di successo alla Simon Says, con i media al controllo delle persone che eseguono ogni singolo comando, non importa quanto sproporzionati o privi di senso siano tali comandi. Lo fanno, a causa della paura indotta, credendo che sia per il loro bene”. Tanti robottini crescono. Con milioni di chip da inserire sottopelle, tanto per essere controllati meglio. Parola di un esperto dei meccanismi della mente del calibro di Breggin. Ricordiamo che negli Stati Uniti sta per uscire un altro libro che tutti dovrebbero leggere, ‘The Real Anthony Fauci – Bill Gates, Big Pharma, and the Global War on Democracy and Public Health’. Ne è autore Robert Kennedy junior, figlio del mitico Robert e nipote di John Fitzgerald. Avvocato per l’ambiente (‘environmental lawyer’, così si chiamano negli Usa), Robert da anni è impegnato in prima fila per la tutela e la salvaguardia della salute, soprattutto dei bambini. Si batte da sempre per un uso consapevole, ‘cauto’ dei vaccini tradizionali, da utilizzare sotto rigido controllo medico, e con tutte le precauzioni dovute, tenendo ben presenti le condizioni fisiche dei piccoli. Ha fondato, Robert, la battagliera associazione ‘Children’s Health Defence’, proprio per alzare il livello di sensibilizzazione su questi fondamentali temi.

ANTHONY FAUCI & C. DALLA PANDEMIA AL VACCINO UNIVERSALE, ECCO IL ‘DREAM’ DI BIG PHARMA. Andrea Cinquegrani su La Voce delle Voci il 9 ottobre 2021. Era necessario pianificare una colossale pandemia, dai catastrofici esiti mortali a livello mondiale, per poter attivare in tutti i cittadini uno stato di panico. E quindi creare il clima adatto, le condizioni ad hoc per convincere le persone ad ottenere un vaccino universale, il vero, autentico obiettivo di Big Pharma. Può sembrare la trama essenziale di un horror movie tutto a base di complottismo, tra scenari distopici che si susseguono a ritmo incalzante. Ed invece si tratta della tragica, cruda realtà. Che vede dei protagonisti ben precisi, con un nome e cognome altisonante, pezzi da novanta del sistema sanitario statunitense e una star   che non poteva certo mancare: il super virologo a stelle e strisce Anthony Fauci, per oltre un quarto di secolo al fianco di ben 6 presidenti degli Usa come super consulente per la salute. 

GRAZIE, INFOWARS

La tragica sceneggiata è immortalata grazie ad un lungo video, qualche giorno fa trasmesso in uno special tivvù dal giornalista investigativo Alex Jones di ‘Infowars’. Non si tratta, quindi, di voci raccolte qua e là, di ‘si dice’, chiacchiere da bar o fake news di seconda e terza mano. No: perché il video parla chiaro, si commenta da solo e i protagonisti rimangono inchiodati alle lapidarie frasi che pronunciano. In sostanza, si tratta di tre lunghe clip, raccolte nel corso di un super meeting che si è svolto ad ottobre 2019, vale a dire due mesi prima dello scoppio ‘ufficiale’ della pandemia. I tempi, quindi, sono proprio quelli bollenti del pre-Covid: a fine dicembre, infatti, cominciano a rimbalzare dalla Cina le prime voci dell’infezione virale, che trovano conferma a gennaio, con il caso Wuhan che impazza sui media di tutto il mondo. Di ‘previsioni’ circa catastrofiche pandemie ce ne erano già state, ma mai come questa. Basti pensare a quanto affermato, nel 2015, da Bill Gates, che aveva previsto con largo anticipo eventi pandemici dagli effetti devastanti e fatto riferimento ad una drastica riduzione della popolazione mondiale. Per non parlare delle sempre azzeccate previsioni presentate in occasione dell’annuale summit dei grandi della Terra a Davos, il ‘World Economic Forum’ organizzato dall’inossidabile Klaus Schwab, un tempo giovane colonnello della Gestapo e da anni in prima linea per elaborare quel ‘Great Reset’ che sta già ridisegnando i destini del mondo, non solo sul fronte sanitario, ma soprattutto sul versante sociale ed economico. Vediamo allora cosa è successo ad ottobre 2019 nel corso di un summit organizzato a Washington dal ‘Milken Institute’, uno dei più grossi think tank economici a livello internazionale, fondato a Santa Monica, in California, esattamente 30 anni fa, nel 1991, da Michael Milken, all’epoca banchiere alla ‘Drexel Burnham Lambert’. Ecco in rapida carrellata alcuni tra i protagonisti del summit e dei tre esplosivi video presentati da Alex Jones. 

PARLANO I PROTAGONISI AL MILKEN

Oltre a Fauci, direttore del ‘National Institute of Allergy and Infectious Deseases’, si tratta di Michael Specter, giornalista di grido e bioingegnere, Rick Bright, direttore dello strategico ‘BARDA’, Margaret Hamburg, medico e politico statunitense, Bruce Gellin, tra i protagonisti della potente ‘Rockfeller Foundation’ e delle sue molteplici iniziative, Casey Wright, Ceo di ‘Flu Lab’. Spiega Jones: “In uno dei tre video, gli interlocutori hanno concettualizzato un nuovo focolaio di un nuovo virus dell’influenza aviaria dalla Cina, in modo da poter aggirare il metodo di approvazione della ‘Federal and Drug Administration’ e applicare il vaccino mRNA alle masse”. E ancora: “Questa tavola rotonda si è concentrata su ciò che percepivano come la necessità di un vaccino antinfluenzale universale, ma hanno ammesso che il vecchio modo di produrre vaccini non era sufficiente per i loro scopi e che avevano bisogno di una sorta di evento globale dal quale potesse scaturire la voglia di poter lanciare un nuovo vaccino da testare sul pubblico”.

Commenta il notista politico italoamericano Umberto Pascali: “Erano tutti d’accordo sul fatto che il virus dell’influenza annuale non fosse abbastanza spaventoso da creare un evento che convincesse le persone ad ottenere un vaccino universale. E come sappiamo oggi, circa due anni dopo questo evento, quel ‘virus terrificante’ che è stato introdotto era il Sars Covid-19”.

E poi: “E così ora sappiamo perché l’influenza è semplicemente ‘scomparsa’ nella stagione influenzale 2020 -2021. E’ stata semplicemente sostituita da Covid-19 in una ‘pandemia’ abilmente pianificata in tutto il mondo per lanciare i primi vaccini mRNA universali al mondo. Questo è sempre stato l’obiettivo e gli sforzi precedenti, attraverso varie influenze, Aids, Ebola e altri virus, non hanno avuto successo nel portare allo sviluppo di un vaccino universale da iniettare nell’intera popolazione mondiale”.

Passiamo in rapida carrellata alcune ‘chicche’, ossia frasi pronunciate dai vip della sanità a stelle e strisce nel corso del meeting di Washington organizzato dal celebre think tank.

Michael Spectre: “Abbiamo bisogno che molte persone muoiano perché si verifichi quel senso di urgenza?”.

Margaret Hamburg, a proposito del vaccino universale: “E’ ora di smettere di parlare, è ora di agire. Penso che sia anche perché fino ad oggi non abbiamo avuto un senso di urgenza”.

Rick Bright, sulle carenze nella distribuzione annuale dei vaccini antinfluenzali: “Distribuiamo 150 milioni di dosi di vaccini stagionali ogni anno, non sappiamo nemmeno quante persone vengono vaccinate dalle dosi che vengono consegnate alle persone, quali dosi hanno ricevuto e quale è stato il vero risultato”.

Hamburg: “Ci sono già molte persone che muoiono di influenza ogni anno”.

Spectre: “Mi sembra che una delle maledizioni del mondo della sanità pubblica sia, se voi ragazzi fate bene il vostro lavoro, tutti vanno d’accordo e in salute”.

Qualche cenno in più sui nostri protagonisti. 

MA ECCO CHI SONO

Spectre è un noto giornalista americano, specializzato soprattutto in scienza, tecnologia, salute pubblica ma anche in scenari di guerra (è stato inviato in Cecenia). Ha lavorato per il ‘Washington Post’, il ‘New York Time’s e attualmente per il ‘New Yorker’. Dal 2019 è professore a contratto di ‘Bioingegneria’ presso la ‘Stanford University’. Durante la pandemia, ha curato un audiolibro griffato Fauci.

Bruce Gellin è il capo della ‘strategia di sanità pubblica globale’ per l’  ‘Istituto di prevenzione della pandemia’ promosso dalla ‘Rockfeller Foundation’. Ha guidato le principali iniziative federali sui vaccini, tra cui lo sviluppo del ‘Piano nazionale sui vaccini’presso l’HHS. E’ tra i più ascoltati consulenti di ‘GAVI’, la ‘Vaccine Alliance’ promossa da Bill Gates. Così come è tra i più influenti consulenti dell’Organizzazione Mondiale per la Sanitàsui vaccini antinfluenzali e sui problemi di ‘esitazione vaccinale’: tra l’altro, presiede il team consultivo ‘Global Action Plan for Influenza Vaccines’ della stessa OMS. E’ stato presidente inaugurale di ‘Global immunization’ presso il ‘Sabin Vaccine Institute’ ed è oggi membro del ‘COVAX Independent Allocation of Vaccines Group’.

Rick Arthur Bright è un immunologo, ricercatore sul fronte dei vaccini e potente funzionario della sanità pubblica a stelle e strisce. E’ stato infatti al vertice di una delle sigle basilari nello scacchiere della sanità americana, ossia la ‘Biomedical Advanced Research and Development Authority’ (BARDA per i suo fans), istituita 15 anni fa, nel 2006, attraverso il ‘Pandemic and all-Hazard Preparedness Act’. Nel corso della pandemia, vale a dire nell’horribilis 2020, Bright è entrato in rotta di collisione con il presidente Donald Trump, che l’ha retrocesso tra i ranghi del ‘National Institute of Health’. E’ tornato ai auge con Joe Biden, che lo ha nominato, a pochi giorni dal suo insediamento alla Casa Bianca, il 9 novembre 2020, membro del ‘Comitato consultivo sul coronavirus’.

Margaret Ann Hamburg, 66 anni, medico e politico, è l’attuale Commissario della strategica ‘Food and Drug Administration’, che ha poche settimane fa dato il suo definitivo ok ai vaccini di Pfizer e Moderna, bypassando tutte le sperimentazioni previsto fino a dicembre 2023. La sua carriera è cresciuta sotto lo stellone di Barack Obama. E’ stata anche ‘Commissario alla Salute’ per la città di New York.

Casey Wright è il fondatore e Ceo di ‘Flu Lab’, che nel corso degli anni ha sviluppato un ‘Programma filantropico’ (sic) per aumentare i tassi di vaccinazione in età scolare e ha avviato – guarda caso – “nuove iniziative di innovazione per lo sviluppo di vaccini antinfluenzali universali”. Fitto il pedigree di Casey, che ha prima lavorato ai ‘Center for Control Desease and Prevention’ (CDC), poi al ‘Dipartimento della salute e dei servizi umani’ (HHS) degli Usa e quindi direttamente presso il ‘Dipartimento di Stato’, occupandosi in particolare di ‘biologic wars’, una delle nuove, bollenti frontiere delle ‘politiche’ internazionali.

Per procedere in tempi rapidi alla ricerca del vaccino universale si stanno rimboccando le maniche non pochi negli States. Come all’Università di Chicago e all’ ‘Istituto di Ricerca Scripps’, che hanno appena pubblicato uno studio su ‘Science Translation Medicine’. E soprattutto alla ‘University of Washington – School of Medicine’, i cui ricercatori lavorano in collaborazione – guarda caso – con quelli del ‘National Institute of Allergy and Infectious Diseases’, il celebre NIAID storicamente diretto da Anthony Fauci: la pubblicazione dei relativi studi, stavolta, è stata curata da un’altra prestigiosa rivista scientifica, ‘Nature’.

PARLA L’EX NUMERO UNO DI PFIZER. IL VACCINO DI MASSA E’ UN OMICIDIO DELIBERATO. Andrea Cinquegrani su La Voce delle Voci il 15 ottobre 2021. Michael Yeadon è oggi il direttore scientifico degli ‘America’s Frontline Doctors’, l’associazione di camici bianchi che si batte per le terapie e le cure anti covid e critica aspramente la campagna vaccinale Usa, e non solo. E’ stato vicepresidente e direttore scientifico di Pfizer, la prima azienda   farmaceutica a lanciare il suo vaccino a livello mondiale. Nessuno più di lui, quindi, conosce i ‘segreti’ dei vaccini. Yeadon ha appena terminato un documentario intitolato ‘Covid Shot or  not?’, in pratica ‘Vaccino anti covid, sì o no?’. Ecco alcune sue affermazioni contenute nel documentario, un vero j’accuse contro i vaccini, questi vaccini. 

COSI’ AMMAZZO CITTADINI E DEMOCRAZIA

“Pfizer ha riferito che il suo vaccino ha mostrato un’efficacia del 95 per cento, cioè sembra che ti protegga il 95 per cento delle volte. Ma in realtà non è questo il significato di quel numero. Quel 95 per cento si riferisce alla ‘riduzione del rischio relativo’ (RRR), ma non ti dice quanto il tuo rischio complessivo è ridotto dalla vaccinazione. Per questo, abbiamo bisogno di ‘riduzione assoluta del rischio (ARR)”. Yeadon non ritiene affidabili gli studi fino ad oggi presentati, che giudica non essere propriamente “a doppio cieco”, e afferma che “anche senza il vaccino, il rischio di contrarre il Covid-19 era estremamente basso, pari allo 0,88 per cento, che il vaccino ha poi ridotto allo 0,04 per cento”. Passa poi ad alcune considerazioni generali sulle “incredibili contraddizioni della politica internazionale e delle politiche governative per affrontare la pandemia”. “La storia di come un grande stato, quale l’India, ha risolto la sua crisi Covid-19 non è una sorpresa per quelli di noi che hanno saputo dalla primavera 2020 che i nostri governi, media e titani della tecnologia hanno agito contro i nostri interessi, contro la nostra salute e contro la democrazia”. “Sappiamo, ad esempio, che medici e scienziati altamente qualificati sono in grado di curare e salvare la maggior parte delle persone infette da SARS-CoV-2. La metodologia è semplice: attaccare il virus e le fasi della malattia infiammatoria e infine trombotica in modo razionale, somministrando trattamenti mirati e mutifarmaco. Questi includono la vitamina C e la vitamina D, ma in particolare l’invermectina, lo zinco e uno ionoforo di zinco come uno dei tanti vecchi antibiotici, ad esempio l’azitromicina. Utilizzati in sequenza a secondo della presentazione, oltre l’80 per cento dei pazienti evita il ricovero e la morte, anche in coorti che consideriamo ad alto rischio”. “Peter McCullough e colleghi si sono messi in pericolo professionalmente nel portare a casa questi semplici messaggi. Due notevoli meta-analisi (il più alto livello di prove mediche, una revisione di studi clinici randomizzati e controllati), scritta da Tess Lawrie e Pierre Kory, mostrano in conclusione che se potessi scegliere un solo trattamento medico, sarebbe l’invermectina. E’ sicuro, tollerato, senza brevetto ed economico da realizzare, ma altrettanto efficace come trattamento per Covid-19. Gli studi di Tess Lawrie e Pierre Kory sono tra i paper più letti quest’anno”. “Eppure nessuno dei principali media si è preso la briga di dircelo. Invece hanno mentito sui farmaci ‘sverminanti per cavalli’ (così è stata bollata l’invermectina, ndr) e hanno fatto false affermazioni sulla sicurezza”. “Questo (l’invermectina, ndr) è ciò che l’Uttar Pradesh ha usato in poche settimane per schiacciare le crescenti morti di Covid-19 nel grande stato indiano. Non hanno fatto molte vaccinazioni”. “Il team di Steve Kirsch ha dimostrato, separatamente, che la vaccinazione ha portato ad una stima mediana di 150 mila decessi poco dopo la vaccinazione nei soli Stati Uniti”. “Cosa hanno fatto nel frattempo i nostri governi, i media e i giganti della tecnologia? Hanno insultato gli esperti, attaccato le pubblicazioni, soppresso le informazioni ovunque e vietato gli account che si ostinano   a dire la verità”. “Avendo fatto tutto ciò per oltre un anno, sono convinto che le loro azioni costituiscano un omicidio di massa deliberato. Il loro obiettivo sembra quello di mantenere le persone il più timorose possibile e disponibili alla vaccinazione. Tutte queste affermazioni sono supportate da abbondanti fonti pubbliche”. “Lo scandalo di privare le persone di cure efficaci costringendole a sottomettersi a pericolose vaccinazioni è la cosa peggiore che sia successa al mondo da decenni, probabilmente da sempre”. 

IL GREEN PASS? “UN’APARTHEID MEDICA”

Parla anche del passaporto vaccinale, del nostro Green Pass, Yeadon nel suo documentario. Lo definisce senza mezzi termini “illegale” e comparabile ad una vera e propria “apartheid medica”. “Il vaxpass è un sistema completamente nuovo. Mai prima d’ora tutti gli individui sono stati rappresentati in un unico database interoperabile come un ID digitale univoco, accompagnato da un campo modificabile relativo alla salute. Chiunque controlli quel database, e gli algoritmi che governano ciò che esso permette e nega, ha letteralmente il controllo totalitario dell’intera popolazione”. “La mia convinzione è che lo scopo sia, come minimo, quello di stabilire un sistema di controllo totalitario che significherà l’estinzione della democrazia”. “I governi di tutto il mondo hanno mentito, mentito e mentito su ognuno dei punti narrativi centrali di questo virus”. 

I 150.000 MORTI AMERICANI PER VACCINO  

Ad un certo punto, Yeadon fa riferimento ad una cifra da brividi: parla infatti di 150 mila morti che fino ad oggi avrebbero causato, nei soli Stati Uniti, i vaccini, secondo le stime elaborate da un ricercatore, Steve Kirsh, con la sua equipe. Ecco cosa leggiamo in un sito americano. “Estrapolando gli ultimi dati calcolati dal ‘Vaccine Adverse Event Reporting System’ (VAERS), si stima che circa 160 mila americani potrebbero essere morti finora a causa dei ‘vaccini’ contro il coronavirus. Dallo scorso dicembre, quando le iniezioni sono state inoculate per la prima volta come parte dell’Operazione ‘Warp Speed’, ci sono stati 16,310 decessi ufficialmente segnalati per le iniezioni di vaccino, secondo il VAERS”. Dal momento che lo stesso VAERS, a concorde giudizio di esperti e ricercatori, con il suo metodo calcola circa il 10 per cento del totale globale (ed effettivo), una semplice operazione matematica porta la cifra dei decessi a 163.100. Prosegue il sito a stelle e strisce. Molti ormai “concordano sul fatto che i decessi per iniezione vaccinale vengono massicciamente sottostimati”. Come ad esempio la dottoressa Jessica Rose, PhD, immunologa e biologa computazionale e molecolare, la quale “stima che circa 150 mila persone negli Stati Uniti siano morte a causa dei vaccini”. Meglio non far conoscere queste cifre al mago di tutti i Vaccini, l’allergologo-massone Roberto Burioni. Che due settimane fa, nel salottino domenicale di Fabio Fazio, sentenziò: “Sapete qual è la verità? Al mondo fino ad oggi c’è stato solo un morto, 1 di numero, per il vaccino. E’ successo in Nuova Zelanda”. Ma forse il Mago di Provette & Vaccini ha sbagliato trasmissione: pensava di stare su “Scherzi a parte”.

Dagotraduzione da Sputnik News l'11 ottobre 2021. Il vaccino contro il coronavirus, sviluppato congiuntamente dall'Università di Oxford e dalla società britannica-svedese AstraZeneca, utilizza un vettore virale per fornire informazioni sul DNA, tecnologia nota da decenni. Ma il vaccino britannico ha utilizzato un adenovirus di scimpanzé modificato come metodo di consegna, mentre il vaccino Sputnik V della Russia utilizza un adenovirus umano. Un articolo del tabloid britannico The Sun, in cui si afferma che una spia russa ha rubato la formula del vaccino Oxford-AstraZeneca per l'uso da parte di Mosca, è altamente «non scientifico», ha affermato il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov. Il Sun ha pubblicato l'articolo il 10 ottobre, affermando che i servizi di sicurezza del Regno Unito ritengono che una spia russa abbia «copiato il progetto» del vaccino AstraZeneca. Il giornale non ha rivelato la fonte delle sue affermazioni. Né ha chiarito quali prove avrebbero portato i servizi di sicurezza britannici per sospettare che la Russia abbia rubato la formula. Un solo vaccino utilizza lo stesso principio dell'AstraZeneca jab: il primo vaccino COVID-19 registrato al mondo Sputnik V. Entrambi i farmaci utilizzano un vettore virale per fornire le informazioni sul DNA sulla proteina spike del coronavirus, una tecnologia nota agli scienziati da diversi decenni e ben studiato da specialisti durante l'era sovietica e utilizzato nei vaccini prima dello Sputnik V in Russia. La Russia «ha rubato il progetto AstraZeneca per creare il vaccino Sputnik»: l'accusa delle spie internazionali - Michele Galvani per ilmessaggero.it. Il progetto Oxford/AstraZeneca è stato «rubato dalla Russia» per creare il proprio vaccino Sputnik V: lo hanno rivelato alcune fonti-spia internazionali, convinte di avere prove che le spie russe che lavoravano per il Cremlino avevano rubato il progetto per il vaccino dalla multinazionale farmaceutica per dare il via al proprio vaccino. Il progetto e le informazioni sarebbero state rubate da «un agente straniero in persona»: lo riporta il tabloid “The Sun”. Le accuse arrivano pochi mesi dopo che il presidente Vladimir Putin ha confermato di aver ricevuto lo Sputnik V, mentre esortava i russi stessi a vaccinarsi. A settembre i risultati di due primi studi clinici condotti a Mosca e pubblicati sulla prestigiosa rivista britannica The Lancet hanno indicato che il vaccino russo contro il Covid-19, che utilizza una tecnologia simile al vaccino di Oxford, è «sicuro ed efficace». Gli scienziati russi dietro gli studi hanno assicurato che il vaccino ha stimolato una risposta immunitaria in tutti i partecipanti e non ha causato gravi problemi di salute. Scienziati occidentali indipendenti hanno detto che i risultati sono "piuttosto rassicuranti", ma hanno avvertito che le prove erano troppo «piccole e ristrette» per giustificare l'iniezione a milioni di russi. Solo 76 persone sono state coinvolte nello studio e i volontari erano tutti sani e per lo più tra i 20 ei 30 anni. Scienziati negli Stati Uniti e nel Regno Unito, che non erano coinvolti nel lavoro, hanno spiegato che i risultati sono "incoraggianti". Tuttavia, erano ancora preoccupati per la qualità della ricerca. Le prove si sono svolte in due ospedali di Mosca, l'ospedale Burdenko e l'ospedale universitario Sechenov. I partecipanti avevano un'età compresa tra i 18 e i 60 anni e tutti erano ritenuti sani, senza condizioni di salute di base. Nella fase 1 dello studio, ai volontari è stata somministrata una parte del vaccino per vedere se avessero avuto effetti collaterali negativi. Quasi il 60% dei partecipanti ha sofferto di dolore nella zona della iniezione, mentre la metà ha sofferto di temperature elevate, considerati comunque effetti lievi e accettabili. Quattro su 10 hanno riportato mal di testa, mentre un quarto si sentiva debole o privo di energia e il 24% aveva dolori muscolari e articolari. Tutti questi sintomi erano lievi e abbastanza comuni in molti altri vaccini adenovirus, quindi «lo Sputnik V è stato ritenuto sicuro e ben tollerato». Lo studio è arrivato dopo che Putin ha confermato di aver ricevuto lo Sputnik V. Il Cremlino aveva precedentemente affermato che Putin stesso aveva ricevuto un vaccino a due dosi a marzo e aprile, ma non ha fornito ulteriori dettagli e non ha pubblicato immagini di lui che lo riceveva. Ma Putin aveva ufficialmente garantito. «Come puoi vedere, tutto è in ordine e grazie a Dio non abbiamo situazioni così tragiche dopo le vaccinazioni», aggiungendo che 23 milioni degli oltre 144 milioni di abitanti della Russia sono stati vaccinati. A luglio, le fabbriche russe di troll di Internet sono state accusate di una campagna di diffamazione anti-Pfizer Covid da un rapporto del Network Contagion Research Institute. Il documento sosteneva che lo scopo della campagna di disinformazione era promuovere il vaccino Sputnik V del paese. Le tattiche utilizzate dalla campagna diffamatoria includevano il rilascio e la promozione di una copertura negativa di Pfizer e il targeting di paesi specifici. Il rapporto afferma che un approccio insolito ha visto le società di marketing russe rivolgersi direttamente a figure popolari per cercare di convincerle ad agire sulle loro piattaforme Facebook e Instagram. Il rapporto affermava che il russo si era concentrato anche sulla diffusione dei messaggi in Brasile, India, Indonesia e Canada. Ciò era dovuto al fatto che credevano che quei paesi fossero visti come potenziali mercati di esportazione per Sputnik. Il documento del CNRI continuava: «In un post sul blog del Council on Foreign Relations, i membri di Novetta, una società di monitoraggio della disinformazione, hanno rivelato che nell'autunno del 2020, molto prima che i produttori di vaccini rilasciassero dati per confermare l'efficacia del vaccino, l'opinione pubblica di Sputnik V in Africa era sospettosamente  buona. La società di analisi Novetta ha anche scoperto che il vaccino russo ha avuto il «secondo tasso più alto di citazioni positive (66%) nella copertura mediatica africana e la seconda percezione negativa più bassa (11%)».

Vaccinati, ma senza Green pass: i paradossi da risolvere. Milena Gabanelli e Simona Ravizza su Il Corriere della Sera il 3 Ottobre 2021. Sappiamo che ci libereremo dal Covid quando la quasi totalità dei cittadini del mondo sarà vaccinata. I vaccini più diffusi sono sette: Pfizer, Moderna, AstraZeneca, J&J, il Covishield prodotto in India su licenza AstraZeneca, e i cinesi Sinopharm e Sinovac. E l’Organizzazione mondiale della Sanità (Oms) li approva tutti.

I vaccini non riconosciuti: le ragioni

L’Agenzia europea per i medicinali (Ema) non riconosce i vaccini cinesi (2,2 miliardi di dosi somministrate in Asia, decine di milioni in Sudamerica, 2,1 milioni in Ungheria), e quello indiano (oltre 733 milioni di dosi fatte in India e 5 milioni in Gran Bretagna). Le ragioni sono dovute alle informazioni insufficienti e, nel caso della Cina, anche all’impossibilità di ispezionare i luoghi di produzione. L’Agenzia per i medicinali statunitense (Fda) riconosce solo i suoi 3 (Pfizer, Moderna, J&J) e non AstraZeneca perché la multinazionale inglese non ha mai fatto richiesta. E poi c’è il vaccino russo Sputnik: 89 milioni di dosi somministrate in Russia e 1,9 milioni fra ungheresi, slovacchi e serbi. Nel mondo 54 Paesi ne hanno ordinate 448 milioni, ma non è approvato da nessuna delle tre autorità sanitarie internazionali perché non è in grado di produrre la documentazione richiesta dagli enti regolatori e dall’Oms. 

Approvazione ed efficacia: differenze

Se un vaccino non è approvato dall’autorità di un Paese terzo vuol dire che non funziona? No, significa che non corrisponde agli standard necessari alla sua commercializzazione in quel dato mercato. Infatti, i cinesi Sinopharm e Sinovac sono classificati dall’Oms efficaci nel prevenire la malattia rispettivamente al 79% e al 51%, l’indiano Covishield al 63,09% e per Lancet il russo Sputnik al 91%. Per avere un confronto: Pfizer è al 95%, Moderna al 94,1%, J&J all’85,4% e AstraZeneca al 63,09%. Le percentuali per tutti si alzano nella protezione contro le ospedalizzazioni. Il timore è che tutti quelli che noi non consideriamo ben protetti possano essere diffusori del contagio. Ma, allora, come si fa oggi a pensare ad una vera ripartenza, senza dare la possibilità di muoversi liberamente a chi ha fatto un vaccino non in commercio sul mio territorio? È un po’ come se un asiatico indossasse un paio di occhiali da vista senza il marchio CE. In Europa quegli occhiali non possono giustamente essere venduti, ma non possiamo dire che non lo aiutino a vedere meglio, e tantomeno considerarlo privo di occhiali, anche se c’è il rischio che quelle lenti si appannino al minimo cambio di temperatura. Vediamo come funziona nella Ue. 

Le regole Ue

Dal primo luglio nei 27 Paesi Ue è obbligatorio essere vaccinati per salire su un aereo senza fare il tampone; il Green pass viene rilasciato a coloro che hanno completato il ciclo vaccinale con uno dei quattro sieri riconosciuti dall’Ema. Altrimenti tampone e quarantena di 5 giorni. La Commissione europea, però, ai fini della libertà di circolazione ha lasciato agli Stati membri la libertà di rilasciarlo anche a chi ha fatto altri tipi di vaccino. Ebbene, ad oggi sedici Paesi non danno il Green pass a chi ha fatto il vaccino cinese. Lo rilasciano solo in Austria, Bulgaria, Slovenia, Croazia, Cipro, Grecia, Olanda, Spagna, Svezia, Finlandia e Ungheria. Sette non lo riconoscono a chi ha fatto quello indiano, venti a chi quello russo. Per i vaccinati Sputnik, libera circolazione in Grecia, Slovenia, Bulgaria, Croazia, Slovacchia, Ungheria e Cipro. 

Le disposizioni in Italia

In Italia la circolare del Ministero della Salute del 30 luglio dispone che, per chiunque arrivi nel nostro Paese con un certificato che attesti l’avvenuta vaccinazione con uno dei 4 sieri riconosciuti dall’Ema, il certificato vale come Green Pass. Dal 23 settembre la disposizione è stata estesa anche per l’indiano Covishield, pertanto stranieri o italiani vaccinati con il siero indiano possono prendere voli interni, treni a lunga percorrenza, entrare nei cinema e nei ristoranti e all’università, come già avveniva in altri 19 Paesi Ue (Austria, Belgio, Bulgaria, Cipro, Croazia, Estonia, Finlandia, Francia, Germania, Grecia, Irlanda, Lettonia, Olanda, Repubblica Ceca, Romania, Slovenia, Spagna, Svezia, Ungheria). Gli italiani o stranieri vaccinati con sieri cinesi sono considerati non vaccinati e quindi non possono muoversi liberamente, inclusi gli studenti iscritti alle nostre università, che non possono frequentare se non facendo un tampone ogni 48/72 ore. Hanno acquistato Sinovac e Sinopharm anche in Indonesia (191 milioni di dosi), Brasile (95), Filippine (34), Bangladesh (29), Thailandia (27), Argentina (25): tutti Paesi da cui spesso provengono colf e badanti. Mentre in Sud America ci sono milioni di italiani residenti. Sputnik è stato somministrato ai residenti di San Marino (38 mila dosi). Per loro è stato fatto un decreto apposta: fino al 15 ottobre possono muoversi liberamente presentando solo il certificato di vaccinazione. E dopo? Nessun Green Pass, invece, a chi per fare prima è andato in Serbia a farsi il vaccino russo, o alle colf e badanti vaccinate con Sputnik. E quanti sono gli italiani — dentro e fuori i confini — che per ragioni personali o di lavoro hanno fatto vaccini non riconosciuti? Il dato non è noto. In Veneto hanno segnalato il problema in 690, in Emilia-Romagna tra 800 e 1.200. 

La posizione della Commissione europea

La questione è solo politica, visto che il Green pass è una carta d’identità che distingue chi è vaccinato da chi non lo è. Tant’è che la Commissione europea sta sollecitando gli Stati membri ad adottare una linea comune, poiché avere in giro persone che hanno fatto un vaccino diverso dal nostro rappresenta un rischio accettabile. Siccome non è possibile fornire a tutto il mondo gli stessi vaccini, ai fini della libera circolazione, occorre riconoscere quelli degli altri. E più si prendono decisioni lineari e chiare, più si tolgono pretesti a complottisti, negazionisti e indecisi.

Tutti i paradossi

Niente Green Pass ai 600 cittadini italiani che si sono prestati alla sperimentazione del vaccino ReiThera, che però possono circolare liberamente con un certificato che li esenta dall’essere vaccinati (come se non lo fossero stati!) fino al 30 novembre. La Gran Bretagna considera, invece, come vaccinati i suoi 19 mila volontari che hanno sperimentato Novavax e Valneva. Per entrambi l’Ue li considera non vaccinati. Poi c’è il caso Stati Uniti. Se per i motivi ammessi (lavoro/studio) un cittadino europeo vaccinato con AstraZeneca deve andare negli Usa, quando arriva deve fare sette giorni di quarantena perché non lo considerano vaccinato. E comunque prima di imbarcarsi, anche se ha fatto uno dei tre vaccini riconosciuti dall’Fda, deve aver trascorso 14 giorni fuori dall’area Schengen. Mentre in Italia può entrare qualunque turista americano. Eppure, gli Usa contano 240 contagi su 100 mila abitanti contro i 37 italiani (dati su sette giorni). Uno svizzero può imbarcarsi per gli Usa direttamente, senza passare prima due settimane da qualche parte, anche se lì i contagi sono il triplo dei nostri. Gli italiani non possono andare in Giappone, che esclude gli ingressi per turismo, anche se hanno uno dei vaccini Pfizer, Moderna e AstraZeneca riconosciuti dalla loro agenzia regolatoria (Pmda). Però i giapponesi sono ammessi in Italia anche per turismo, basta un tampone, e se non vaccinati (o con vaccini diversi da quelli riconosciuti Ema) isolamento di 5 giorni. Idem per l’Australia: noi i turisti australiani li faremmo entrare, ma non possono venire perché i loro confini in ingresso e uscita sono chiusi da marzo 2020 e così rimarrà fino a metà 2022. Hong Kong riconosce tutti i vaccini, ma in ingresso tratta tutti come se non fossero vaccinati, e li spedisce a loro spese in uno degli alberghi designati dal governo, per 14 o 21 giorni (a seconda del Paese di provenienza). E durante la quarantena tutti sottoposti a tre tamponi.

Dagotraduzione da Citizen Free Press il 29 settembre 2021. I miliardari George Soros e Bill Gates fanno parte di un consorzio destinato ad acquistare Mologic, un produttore di test Covid con sede nel Regno Unito, nel tentativo di aumentare l'accesso a «tecnologia medica all'avanguardia a prezzi accessibili» in tutto il mondo, secondo una dichiarazione rilasciata lunedì. Il Soros Economic Development Fund e la Bill & Melinda Gates Foundation hanno annunciato il lancio di una nuova iniziativa, Global Access Health (GAH), che ha l'obiettivo di rafforzare la distribuzione globale di tecnologie mediche salvavita. L’acquisizione di Mologic Ltd, tra i migliori produttori di test rapidi Covid-19, si inserisce in quest’ottica. La tecnologia può essere utilizzata anche per testare la dengue, la bilharzia e la cecità fluviale.

Coronavirus, il vaccino di Pfizer e l’ossessione complottista per la Fondazione di Bill & Melinda Gates. Juanne Pili su open.online il 14 novembre 2020. Secondo la visione dei cospirazionisti sembrerebbe che tutto ruoti attorno al Fondatore di Microsoft, attraverso il «complotto» della filantropia. Nelle teorie di complotto il caso non esiste. Ogni correlazione non potrà quindi mai essere considerata casuale. Tutto deve spiegarsi con una cospirazione. Così, con l’emergere della pandemia dovuta al nuovo Coronavirus, la principale ossessione dei complottisti è migrata dal solito George Soros all’altro filantropo, Bill Gates, con la sua Fondazione, che per la verità è anche merito della moglie Melinda; ma sappiamo che anche le battaglie per la parità di genere diventano un piano ordito dai Poteri forti se proprio lo si vuole credere. Quindi, alla fine il nemico numero uno dell’umanità resta solo Lui. Chi aveva già sentimenti No vax, non avrà difficoltà a vedere Bill Gates dietro ogni programma volto a dare accesso ai piani vaccinali in tutto il mondo. Abbiamo visto più volte questa tendenza a usare fenomeni solo casualmente contemporanei alle vaccinazioni (si vedano i presunti eventi avversi mai dimostrati), come prove scientifiche, tanto da riuscire a determinare le sentenze dei tribunali.

Bill Gates, sempre lui

Veniamo ora alla ragione per cui leggete questo articolo. Circolano in Rete diversi post come quello che vi mostriamo in foto, dove dovremmo stupirci del fatto che la fondazione di Bill e Melinda abbia contribuito al finanziamento del vaccino di Pfizer/BioNTech, il quale per la verità fa anche parte dell’operazione Warp Speed, promossa dalla Casa Bianca di Donald Trump, il quale dovrebbe essere uno dei principali idoli complottisti in questo periodo. Una contraddizione, certo: anche questa è una caratteristica tipica delle tesi di complotto.

«Ricapitolando – continua l’autore del post – La Pzifer [Pfizer] ha creato il vaccino stabile al 90%, nel frattempo mesi fa Bill Gates Foundation [la fondazione Bill & Melinda Gates] entra nella società della casa farmaceutica stess, Bill Gates finanzia la campagna elettorale di Biden, Biden vince e 24 ore dopo la proclamazione, l’annuncio del vaccino. È un pianeta meraviglioso».

Il complotto della filantropia e dell’accesso libero ai vaccini

Bill Gates, assieme a sua moglie, da anni è impegnato attraverso la Fondazione in diversi programmi, compresi quelli volti a studiare l’emergere di nuovi pericolosi patogeni, e lo sviluppo di piani vaccinali. Si chiama «filantropia»: quando una persona decide di restituire un po’ di quanto la società gli ha generosamente permesso di guadagnare, a beneficio dell’umanità. Questo può anche sottendere bias e interessi politici in chi lo fa – più o meno consapevolmente – come nel caso di Soros. Nessuno lo nega, ed è certamente discutibile.

Abbiamo dunque due correlazioni: la prima tra la Fondazione e Pfizer, la seconda tra l’annuncio del vaccino e la vittoria di Joe Biden nella corsa alla Casa Bianca. Solo la prima è al momento parzialmente dimostrabile (non per il vaccino anti-Covid, come spiegato dai colleghi di Facta). La seconda è di difficile interpretazione, visto che il nuovo vaccino è anche in un certo senso un «successo» della Casa Bianca attraverso l’operazione Warp Speed, anche se Trump non sembra ricordarselo.

È vero comunque che la casa farmaceutica non ha voluto usufruire dei fondi che il Governo americano gli avrebbe potuto mettere a disposizione, come chiarito recentemente da un portavoce della società. 

«Pfizer is une of varius vaccine manufacturers participating in Operation Warp Speed as a supplier of a potential COVID-19 vaccine. While Pfizer did reach an advanced purchase agreement with the U.S. government, the company did not accept BARDA funding for the research and development process. All the investment for R&D was made by Pfizer at risk. Dr. Jansen was emphasizing that last point. At Pfizer, we are moving at the speed of science and only science guides all the decisions regarding our vaccine candidate».

Dietrologia politica e paranoia

Qui però si entra nel campo delle opinioni e della dietrologia politica. Resta una domanda: perché la partecipazione già nota di Bill e Melinda al finanziamento di programmi vaccinali dovrebbe essere qualcosa di scabroso? La risposta è in precedenti fake news, che evidentemente vengono assunte come notizie vere da chi vuole che lo siano. Le abbiamo analizzate in diversi articoli del nostro progetto Fact checking. Ve ne proponiamo una cernita:

La Corte Suprema americana annulla la vaccinazione universale «prevista dalla banda di Bill Gates»? È una bufala

Dopo 27 anni di matrimonio Bill Gates e Melinda French si lasciano: «Non possiamo più crescere come coppia»

Gates avrebbe previsto 700mila morti, sacrificabili nello sviluppo del vaccino (falso), ed effettivamente non sembra essere successo con Pfizer;

Il brevetto del vaccino anti-Covid sarebbe nelle sue mani dal 2014 (falso), e non c’è alcuna corrispondenza con quello annunciato recentemente;

Oppure Gates avrebbe profetizzato la pandemia nel 2015 (falso), ed è noto che il problema dell’emergere di nuovi virus dopo l’epidemia di SARS (2002-2004) fosse stato trascurato, nonostante i pochi appelli a fare qualcosa;  

Gates avrebbe usato migliaia di bimbe indiane come cavie per testare il vaccino (falso), in che modo sia avvenuto questo con Pfizer o altri vaccini concorrenti non è dato saperlo;

Gates vorrebbe ridurre la popolazione mondiale e ci guadagnerebbe un sacco di soldi (falso), per lo più i complottisti si basano su frasi decontestualizzate del Magnate, distorcendone il senso.

Il complotto infinito

Potremmo andare avanti così all’infinito, elencando bufale che si contraddicono tra loro e coi fatti attuali. Evidentemente non sono prove, ma una collezione di tentativi maldestri, volti a cercare a tutti i costi di appagare i propri pregiudizi: non proprio il materiale che vorremmo avere per trarne un’inchiesta seria.

Open.online is working with the CoronaVirusFacts/DatosCoronaVirus Alliance, a coalition of more than 100 fact-checkers who are fighting misinformation related to the COVID-19 pandemic. Learn more about the alliance here (in English).

Pandemia, gli affari di Bill Gates e la patologica debolezza del controllo pubblico sulle logiche di mercato nel campo della salute. Nicoletta Dentico su La Repubblica il 25 gennaio 2021. Alle fondazioni private e alle aziende la conduzione della crisi sanitaria malgrado il Covid19 abbia fatto esplodere contraddizioni e inadeguatezze nella gestione della prima epidemia della globalizzazione. Chi vince sempre: Bill Gates e la ricerca contro Covid 19 Lo ricordate? Con una delle sue performance più idiosincratiche, Donald Trump si assicurò il dileggio della stampa internazionale all’inizio della pandemia quando tentò di comprarsi preventivamente, per un miliardo di dollari, il brevetto del vaccino in fase di ricerca da parte di una promettente azienda tedesca. Voleva accaparrarsi l’uso esclusivo del vaccino per gli americani, giocando d’anticipo. Era il mese di marzo. Il governo tedesco intercettò e bloccò subito la manovra, e la mossa di Trump fallì clamorosamente: “la vendita esclusiva di un possibile vaccino agli Stati Uniti deve essere bloccata in tutti i modi. Il capitalismo ha dei limiti”, aveva chiosato in un tweet il politico tedesco Karl Lauterback.  Quei valori azionari che schizzano a + 249,4%. Ma CureVac, la biotech coinvolta nel pasticcio di Trump, specializzata nella tecnologia RNA che sta alla base dei maggiori programmi di ricerca sul vaccino contro Covid-19, da allora ha conquistato la scena. I titoli di CureVac, che si è lanciata per la prima volta sul mercato finanziario a metà agosto, hanno innalzato il loro valore del 249,4% in 24 ore, del 400% in due giorni di borsa. E indovinate un pò chi è uno dei principali investitori di CureVac, accanto ai più ricchi miliardari del software tedeschi e ai tycoon degli shopping centres messicani? La onnipresente Fondazione Bill e Melinda Gates, naturalmente. In estate, Bill Gates ha irrobustito la partecipazione finanziaria nella ormai prestigiosa azienda tedesca con altri 40 milioni di dollari. Le diverse "galline dalle uova d'oro" di Bill Gates. CureVac non è la sola gallina dalle uova d’oro di Bill e Melinda. Stando alle ultime informazioni della Securities and Exchange Commission (SEC) americana, la Fondazione Gates ha un portafoglio di investimenti di oltre 250 milioni di dollari in una dozzina di aziende impegnate nella ricerca contro Covid19 – vaccini, medicinali, diagnostici o altre produzioni medicali. La Fondazione ha inoltre annunciato di voler utilizzare una parte cospicua del suo Fondo di Investimento Strategico (Strategic Investment Fund) di 2,5 miliardi di dollari per far avanzare il programma di impegno contro SARS-CoV-2. Insomma: soldi, soldi, soldi. Come spiega accuratamente l’Institute for Policy Studies, il 2020 è un anno del Ringraziamento per i miliardari americani. Da marzo a oggi, mentre nel mondo divampa una pandemia sociale ed economica senza precedenti, costoro sono riusciti a incamerare profitti dell’ordine di un miliardo di miliardi. Un incremento della ricchezza da capogiro (+ 34%), per questi pandemic profiteers (approfittatori della pandemia) che nessuno sembra in grado di controllare. I Gates, da sempre legati a doppio filo con l’industria farmaceutica delle megaimprese, cominciarono a espandere i loro investimenti nel settore delle biotecnologie ancora prima che la comunità scientifica, convocata a Seattle per un incontro sugli scenari futuri nel 2015, lanciasse l’allarme su un nuovo patogeno destinato a sconvolgere il pianeta. La macraba profezia. Le proiezioni che aveva commissionato restituivano a Gates non un’ipotesi di scuola, ma una minaccia a tempo: lo spillover ben descritto da David Quammen era solo una questione di tempo. Il contagio avrebbe colpito soprattutto i centri urbani su scala globale; nel giro di mesi, milioni di persone avrebbero perso la vita. Bill Gates, gli va dato atto, fece di tutto per lanciare l’allarme. Raccontò la macabra profezia in una Ted Talk (serie di conferenze gestite dall'organizzazione privata non-profit statunitense Sapling Foundation n.d.r.) divenuta ormai famosa, rilasciò interviste e di suo pugno scrisse articoli sulla stampa scientifica, formulò proposte per i decisori politici. Ahimè, questi non se lo filarono per niente. Il nuovo sguardo verso le innovazioni genetiche e i vaccini. Se l’interesse iniziale della fondazione alle piccole biotech era legato alla lotta contro la malaria, adesso Gates capiva ancora di più l’importanza strategica di puntare le sue ricchezze sulle innovazioni genetiche per i vaccini, attraverso una rete di piccole e medie imprese direttamente affiliate ai programmi della Fondazione. Del resto Ebola aveva insegnato che anche i virus più circoscritti e remoti geograficamente potevano tracciare percorsi di contagio mai visti prima. SARS-CoV-2 è arrivato alla fine e il mondo si è fatto trovare del tutto impreparato. L’unico pronto ad affrontare il nuovo contesto pandemico è stato il monopolista filantropo di Seattle. E’ lui che oggi domina la scena, e la scienza, nelle scelte strategiche per la identificazione dei rimedi al male che aveva annunciato. Al centro del dibattito scientifico mondiale. La Fondazione Gates ha riorientato le priorità operative per dedicarsi quasi esclusivamente a Covid19. Grazie all’impegno finanziario di 300 milioni di dollari messi sul piatto in poche settimane, all’insorgere del primo focolaio della pandemia, si è conquistata la leadership morale nella lotta contro il nuovo coronavirus, sia per la ricerca e sviluppo di nuovi vaccini e terapie, sia per la formulazione di risposte epidemiologiche nei paesi a basso reddito (avvalendosi dei programmi di sorveglianza sanitaria come quello sulla polio, che finanzia in diversi paesi). Grazie al composito network di aziende farmaceutiche la Fondazione Gates si è posta al centro del dibattito scientifico mondiale sui progetti di ricerca da sostenere. Bill Gates ha investito miliardi di dollari in sette dei più promettenti progetti di ricerca su SARS-CoV-2, e si è lanciato nel finanziamento della costruzione di impianti di produzione di questi candidati, ben cosciente che da solo può mobilitare denaro dell’ordine di grandezza di più governi. Kingmaker delle relazioni geopolitiche. Grazie alla schiera di iniziative pubblico-private in ambito sanitario che ha fatto germinare negli ultimi due decenni, Bill Gates ha saputo rafforzare nel tempo il ruolo di kingmaker delle relazioni geopolitiche che servono per imbandire la tavola della ricerca internazionale contro la prima pandemia che ha paralizzato il pianeta, elevando ulteriormente (se possibile) non solo la sua egemonia, ma anche quella dell’industria farmaceutica. Un esempio eloquente riguarda l’Università di Oxford. Visto il robusto finanziamento pubblico ricevuto per il suo progetto di ricerca (finanziato tutto dai governi), Oxford aveva opzionato l’idea di una piattaforma di accesso al suo vaccino aperta, così da rendere liberamente disponibile la conoscenza scientifica per eventuali produttori nel mondo. L'unica rotta di collaborazione multilaterale. Secondo quanto documentato da Bloomberg e Kaiser Health News, l’università sarebbe stata messa alle strette da Gates, preoccupato evidentemente da un precedente di questa natura, e indotta ad abbandonare la strategia di apertura a vantaggio di una licenza esclusiva per la produzione in scala del vaccino controllata da Astra Zeneca, facilitata dalla alleanza fra la azienda e la Fondazione Gates, che ha fornito infine l’impianto dell’iniziativa Access to Covid-19 Tools (ACT) Accelerator lanciata ad aprile dalla comunità internazionale come unica rotta di collaborazione multilaterale per velocizzare sviluppo, produzione e accesso dei nuovi rimedi anti-Covid. Le infrastrutture finanziarie finanziate da Gates. L’ impalcatura operativa di ACT Accelerator - organizzata su quattro pilastri: vaccini, diagnostici, medicinali e sistemi sanitari - poggia sulle infrastrutture pubblico-private volute e finanziate da Gates: la Global Alliance for Vaccine Immunization (GAVI) e la Coalition for Epidemic Preparedness Innovation (CEPI) in prima linea, con UNITAID e Fondo Globale contro AIDS, tubercolosi e malaria che fanno da supporto. Nella narrazione ufficiale dei leader mondiali, la Fondazione Gates, è inesorabilmente annoverata tra le istituzioni multilaterali di questa operazione, alla stessa stregua di Organizzazione mondiale della sanità (Oms), Banca mondiale e Commissione Europea. ACT Accelerator sancisce l’evoluzione di status della Fondazione Gates, l’indiscusso primato delle partnership-pubblico private nella gestione della prima crisi pandemica della globalizzazione, e la decisione dei governi della comunità internazionale di affidare a queste fondazioni di diritto privato la conduzione della crisi, malgrado Covid19 abbia invece fatto esplodere tutte le contraddizioni e inadeguatezze del settore privato e delle logiche di mercato nel campo della salute. La lotta contro un attore potente e senza scrupoli. Il resto della storia, in costante evoluzione mentre scriviamo, riguarda il febbrile accesso ai vaccini contro SARC-CoV-2, in un costante braccio di ferro con un attore potente e senza scrupoli, l’industria farmaceutica. Covid19 ha sfiancato quasi tutti i settori dell’economia, ma le aziende farmaceutiche sono in totale fibrillazione e trarranno lauti benefici dalla pandemia, grazie ai 93 miliardi di investimenti pubblici erogati finora secondo la recente analisi di KeNUP Foundation. Covid19 è l’opportunità di business che capita una volta nella vita, come ha commentato Gerald Posner, autore di Pharma: Greed, Lies and the Poisoning of America. Da quando ha deciso di affermarsi come dominus della filantropia mondiale, Bill Gates ha contribuito enormemente al rafforzamento geopolitico di big pharma, erodendo e sottraendo terreno alla società civile in questo duro conflitto politico. Se non affrontiamo questi temi, è sicuro che il governo del mondo resterà senza respiro anche dopo che il contagio di Covid19 sarà finito. * Nicoletta Dentico, giornalista, esperta di Cooperazione internazionale e diritti umani. Ha coordinato in Italia la Campagna per la messa al bando delle mine, vincitrice del Premio Nobel per la Pace nel 1997, e diretto in Italia Medici Senza Frontiere con un ruolo nel lancio della Campagna per l’Accesso ai Farmaci Essenziali. Cofondatrice dell’Osservatorio Italiano sulla Salute Globale (Oisg), ha lavorato a Ginevra per Drugs for Neglected Diseases Initiative, e poi per l’Organizzazione mondiale della sanità. Dal 2013 al 2019 è stata consigliera di amministrazione di Banca Popolare Etica e vicepresidente della Fondazione Finanza Etica. Dirige il programma di salute globale di Society for International Development (Sid)

Ue, AstraZeneca è sicuro, ma aspettiamo dettagli dagli Usa. (ANSA il 21 settembre 2021) "Crediamo che AstraZeneca sia un vaccino sicuro e per questo è stato autorizzato nella Ue e dunque dal nostro punto di vista è ovvio che le persone vaccinate con questo siero possano essere in grado di viaggiare. Ma la decisione spetta agli Stati Uniti. Sui dettagli aspettiamo cosa riveleranno gli americani". Lo ha detto Eric Mamer, portavoce della Commissione europea, rispondendo ai giornalisti che chiedevano dettagli sul vaccino AstraZeneca non ancora autorizzato negli Usa dopo che le autorità americane hanno deciso di riaprire a partire dagli inizi di novembre ai viaggiatori internazionali interamente vaccinati, inclusi gli europei. Negli States sono stati approvati solo Pfizer, Moderna e Johnson & Johnson. (ANSA).

Gli Stati Uniti riaprono al turismo ma non per chi è vaccinato con Astrazeneca: il motivo. Riccardo Amato il 21/09/2021 su Notizie.it. Gli Stati Uniti riaprono per il turismo europeo ma lasciano l'incognita per chi è stato vaccinato con Astrazeneca. Il Governo Biden ha finalmente dato il via libera per la riapertura delle frontiere degli Sati Uniti per i turisti. Il permesso è valido per tutti coloro che hanno ultimato il ciclo vaccinale. Dopo 18 mesi i viaggiatori europei potranno tornanare negli USA: ad annunciarlo è stato il coordinatore del team anti-Covid della Casa Bianca, Jeff Zients. Il blocco per i cittadini europei era stato deciso dall’ormai ex-presidente degli Stati Uniti d’America Donald Trump, il 14 marzo dell’anno scorso. Da mesi i governi europei stavano facendo pressione per rimuoverlo, anche perché le frontiere del Vecchio Continente sono aperte già da diverso tempo per gli americani forniti di vaccinazione completa. Stando a quanto spiegato da Jeff Zients, per tornare a visitare gli States  non sarà necessario aver completato il ciclo di vaccinazione anti-Covid-19, ma bisognerà presentare lacertificazione di un tampone negativo nelle 72 ore antecedenti alla partenza. Tuttavia, non verrà richiesto alcun periodo di quarantena. Solo il 15 settembre scorso lo stesso Zients aveva escluso la riapertura a causa della preoccupazione per la variante Delta. Ora, a distanza di neanche una settimana, parla di un livello di vaccinazione globale che permette la riapertura. Oltreoceano emerge però una problematica: la Food and Drugs administration statunitense ha stilato una lista dei vaccini approvati – tra i quali figurato Pfizer, Moderna e Johnson & Johnson – e tra i quali non è presente il vaccino Vaxzevria, comunemente conosciuto con il nome di Astrazeneca, che negli USA era stato messo fuori produzione lo scorso Aprile. Attualmente sarebbe un problema poiché in Europa sono molti i cittadini che hanno ricevuto il vaccino di Oxford, ma la decisione finale spetta al Centers for Disease control and prevention americano, che sembrerebbe intenzionato ad accettare anche Astrazeneca.

Ombre su Ursula Von der Leyen e il vaccino: quei messaggi nascosti con l'ad di Pfizer. Il Tempo il 19 settembre 2021. Uno scandalo rischia di minare la posizione di Ursula Von der Leyen e il suo lavoro sull’approvvigionamento di vaccini contro il Covid. L'Ombudsman, il difensore civico dell'Unione europea, Emily O’Reilly ha chiesto di far luce sullo scambio di messaggi tra la presidente della Commissione Europea e Albert Bourla, amministratore delegato di Pfizer, azienda che fornisce il vaccino più utilizzato all’interno del continente che sta cercando di prevalere sul coronavirus.  Il caso, riferito da Politico, è scaturito dopo la pubblicazione di un articolo del New York Times di aprile scorso in cui veniva riferita la notizia di uno scambiato di telefonate e messaggi tra la Von der Leyen e Bourla. Il problema non è sorto tanto per i contatti, ma quando la Commissione ha ricevuto una richiesta di accesso ai messaggi e, stupendo tutti, ha affermato di non averne traccia. Da Palazzo Berlaymont sostengono che gli sms sono generalmente "di breve durata" e in linea di principio esclusi dall'archiviazione. Ma questo rifiuto della Commissione a mostrare i testi dello scambio ha portato a una denuncia al difensore civico che ha aperto un'indagine. In una lettera alla presidente della Commissione, O'Reilly ha scritto che è "necessario" che il suo team di inchiesta incontri i funzionari e ottenga una spiegazione della "politica della Commissione sulla tenuta dei registri dei messaggi di testo e su come questa politica venga attuata". Il difensore insisterà anche sulla possibilità di ottenere i testi dei messaggi richiesti. E non è il primo possibile grattacapo di questo genere per la Von der Leyen: nel 2019 fu criticata dopo che emerse che un cellulare, ritenuto prova chiave in uno scandalo di appalti al ministero della Difesa tedesca che lei guidava, era stato ripulito.      

Il profitto da record delle Big Pharma e il vero business dei vaccini. Federico Giuliani si Inside Over il 19 settembre 2021. La pandemia di Covid-19 non è soltanto un tema sanitario. La gestione dell’emergenza coronavirus non implica esclusivamente l’attuazione di misure restrittive, l’utilizzo da parte delle autorità del contact tracing per arginare la diffusione dei contagi o il rafforzamento delle strutture ospedaliere. Accanto a tutto questo, è fondamentale oliare il complesso meccanismo che sta alla base delle vaccinazioni di massa, compresa la fase di reperimento delle uniche armi al momento disponibili per sconfiggere il Sars-CoV-2: i vaccini. Lo scorso gennaio, quando i Paesi europei stavano iniziando a vaccinare le rispettive popolazioni, le campagne di immunizzazione dovevano fare i conti con una costante carenza di vaccini, e quindi con fastidiosi ritardi. Oggi la capacità produttiva delle grandi case farmaceutiche è cresciuta a dismisura e, almeno all’interno delle nazioni più industrializzate, gli stock di fiale non mancano. Le vaccinazioni procedono quasi ovunque a gonfie vele, agevolate da norme più o meno stringenti. Nei Paesi in cui la percentuale di immunizzati è alta, le ospedalizzazioni dei pazienti per Covid sono in picchiata, a conferma dell’efficacia dei vaccini. Tutto rose e fiori? A dire il vero, e leggendo gli allarmi lanciati da varie organizzazioni non governative, c’è un lato oscuro che vale la pena quanto meno analizzare.

Profitti alle stelle. Senza scadere nel superficiale, e senza sparare a zero sulle Big Pharma sposando chissà quale battaglia ideologica, è utile dare un’occhiata a un paio di numeri e fare le dovute considerazioni. Innanzitutto, poiché i brevetti dei vaccini anti Covid non sono stati sospesi, il grande gioco resta nelle mani delle varie Pfizer, Moderna e BioNTech di turno. Le quali, di fatto, possono scegliere a chi vendere i propri vaccini (magari uno Stato è disposto a pagare di più per avere uno stock in anticipo rispetto a un altro), quante dosi e a quale prezzo. È stato calcolato che, in alcuni casi, le fiale sono state vendute a prezzi fino a 24 volte superiori i loro costi di produzione. Per quanto riguarda la distribuzione, stando ai dati Oxfam ed Emergency, soltanto lo 0,5% dei vaccini Pfizer è finito ai Paesi poveri, creando un evidente gap tra Paesi di “serie A” e Paesi di “serie B”. Non solo: nei primi sei mesi del 2021, Moderna, BioNTech e Pfizer hanno realizzato complessivamente ricavi pari a 22 miliardi di euro. Sia chiaro: non c’è niente di male nell’incremento dei guadagni in sé, visto che stiamo parlando di aziende, e non certo di enti benefici. Il punto, sostengono ancora Oxfam ed Emergency, è che il valore delle imposte versate dalla maggior parte delle Big Pharma collide con gli enormi ricavi, ottenuti talvolta anche grazie a sostanziosi finanziamenti pubblici. Moderna, ad esempio, avrebbe versato 322 milioni di dollari su ben 4,3 miliardi di utili.

Un business miliardario. Sempre prendendo in considerazione Moderna, un anno fa il valore in borsa di questa azienda americana si è moltiplicato per sette, toccando i 172 miliardi. Il valore di BioNTech è invece “solo” triplicato. “Grazie ai loro monopoli sui brevetti per vaccini efficaci contro il coronavirus, il cui sviluppo è stato sostenuto da 100 miliardi di dollari di finanziamenti pubblici dai contribuenti negli Stati Uniti, in Germania e in altri paesi, le tre società hanno guadagnato oltre 26 miliardi di dollari di entrate nella prima metà del l’anno, almeno due terzi come puro profitto nel caso di Moderna e BioNTech”, si legge in un comunicato Emergency.

Le tre società, sempre secondo il documento, starebbero valutando i vaccini ben 41 miliardi di dollari al di sopra del costo di produzione stimato. Alla luce di ciò, è quanto mai fondamentale che l’Unione europea – o, nel caso non riuscisse Bruxelles, i singoli governi – iniziasse seriamente a tutelare prima la salute dei cittadini, poi gli interessi delle grandi aziende farmaceutiche. Ad esempio, nessun Paese dovrebbe ritrovarsi a prender parte a un gioco al rialzo in un momento delicatissimo. È già successo, e la speranza è che non si ripeta più.

Claudio Antonelli per “La Verità” l'1 agosto 2021. Grazie al prezioso contribuito di Oitaf, Osservatorio interdisciplinare trasporto alimenti e farmaci, possiamo mettere in fila i 44 vaccini sparsi per il globo che stanno terminando la Fase 2 o sono già in piena Fase 3. Non abbiamo preso in considerazione i ritardatari ancora in Fase 1 e quei vaccini che non stanno trovando finanziamenti per proseguire la loro corsa verso la somministrazione. Un caso molto vicino a noi è quello di Reithera, ma lo stesso discorso vale per altre piccole realtà in Europa e in Sudamerica. Al contrario, almeno 44 marchi sono pronti per andare sul mercato nella seconda metà del 2022. Se si mette da parte la scelta conservativa dell'Europa che porta avanti il modello mRna di Pfizer Biontech con una sorta di monopolio, a far la parte del leone sono i preparati a base di proteine e di adiuvanti. Tutti cercano una catena logistica molto più semplice rispetto a quelle che oggi consentono le somministrazioni via hub. Soprattutto a temperatura ambiente. Solo un tipo di vaccino, che punta a essere pronto fra un anno, esce dalla modalità intramuscolare o sottocutanea. Si chiama DelNs1 ed è sviluppato dall'università di Hong kong, Xiamen, e dalla Bejing Wantai Biological Pharmacy. Batte bandiera cinese, viaggia a temperatura ambiente, si inala come un semplice spray nasale e il vettore è un virus influenzale modificato. Ma soprattutto, nonostante il Paese di provenienza, la Cina, è finanziato da Cepi. Acronimo che sta per Coalition for epidemic preparedness innovations e che raggruppa una serie di fondazioni tra cui la più liquida del mondo. A investire su questo vaccino ci sono infatti Bill e Melinda Gates. Tradotto in poche parole, grazie alla semplicità nella logistica e alla spinta finanziaria su cui può contare, DelNs1 è il vaccino che si candida a finire sul podio del prossimo anno. Che ci sia il Covid 19 o il nuovo Covid 21. È probabile infatti che lo spray vada a impattare su quella parte virale che non muta, ma resta identica anche nelle diverse varianti. Molti dei vaccini 2.0, infatti, a differenza di quanto stanno facendo Pfizer, Moderna e gli altri brand protagonisti del 2021, puntano al cosiddetto «pan coronavirus» con l'obiettivo di viaggiare attraverso le mutazioni senza particolari difficoltà. Dalla lista dei 44 vaccini qui in pagina e dagli oltre già in Fase 3 e finanziati emerge anche la distribuzione geopolitica. Come dimostrano le bandierine accanto ai nomi, non si tratta solo di aziende americane o occidentali. Nuovi Stati si affacciano al business dei vaccini e soprattutto alla protezione dei proprio cittadini. Confermando che la sicurezza nazionale passa attraverso la sovranità vaccinale. Oltre a Cina e Giappone spuntano altri vaccini russi, turchi, iraniani e di ex Paesi sovietici. Fa capolino la Francia con Valneva e Sanofi e la Corea con GeneoneLife Science. Parigi cerca di recuperare il ritardo e Seul di non essere esclusa dall'Asia dove domina in tutti i sensi l'India. New Dehli è infatti il principale produttore di vaccini al mondo e il primo alleato americano in quella parte del globo. Basti solo pensare all'appalto da un miliardo di dosi ricevuto da Johnson & Johnson. Un dettaglio che dimostra come una volta arrivati sul mercato e approvati dalle Autorità di riferimento, i vaccini dovranno superare la sfida dell'economia di scala. Chi non è in grado di portare avanti grandi produzioni verrà automaticamente scartato, a meno che non chiuda alleanze strategiche. Che tengano però conto di due elementi. La possibilità di accedere alle materie prime, i cosiddetti bulk, o la disponibilità da parte degli enti regolatori come Ema o l'americana Fda di aprire rollout di valutazione in modo trasparente e non in risposta a quelli che sono gli stimoli della politica e dei vari governi. L'Europa continua a puntare tutto sugli mRna modello Pfizer Biontech. Chissà se accetterà di buon grado l'arrivo già nel 2022 di nuovi vaccini dentro il perimetro del Vecchio Continente. 

Da huffingtonpost.it l'1 agosto 2021. Aumentano i prezzi dei vaccini anti-Covid di Pfizer e Moderna negli ultimi contratti di fornitura con l’Unione Europea. Lo riporta il Financial Times citando stralci dei contratti presi in visione. Il nuovo prezzo per i vaccini Pfzier è di 19,50 euro contro i 15,50 della precedente fornitura, mentre quello di Moderna sale invece a 25,50 dollari a dose, sopra i 22,60 dollari del precedente accordo, ma meno dei 28,50 dollari inizialmente previsti dopo che l’ordine è stato ampliato. Gli accordi, siglati quest’anno per un totale fino a 2,1 miliardi di dosi entro il 2023, sono stati rinegoziati - scrive l’Ft - dopo i test di fase 3.

Vaccini, ecco quanto sta guadagnando Big Pharma (mentre i Paesi poveri restano senza dosi). Vittorio Malagutti su L'Espresso il 23 agosto 2021. Per Pfizer profitti per 11 miliardi di dollari in sei mesi. Moderna incassa 4 miliardi di utili e Biontech arriva a 3,9 miliardi. E nuovi affari sono in vista ora che Usa ed Europa si preparano a un nuovo ciclo vaccinale. Ma le forniture promesse al Sud del mondo vengono rimandate ancora. Il gigantesco business dei vaccini, frutto di una mobilitazione senza precedenti da parte di un gruppo di multinazionali generosamente finanziate con il denaro pubblico, ha spaccato il mondo in due parti. Mentre in Europa e nel Nord America le dosi abbondano e le autorità sanitarie sono costrette a rincorrere una minoranza di no-vax, l’Africa e alcune zone dell’Asia restano in balia del Covid-19 perché i governi locali non possono permettersi l’acquisto dei farmaci che proteggono dall’infezione. In base agli ultimi dati diffusi dall’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), i Paesi ad alto e medio reddito si sono accaparrati più dell’80 per cento dei 4 miliardi di dosi distribuite dalle case farmaceutiche. Il resto del mondo, che vale ben più della metà della popolazione complessiva, ha invece dovuto accontentarsi di quel che resta, cioè il 20 per cento circa del totale dei vaccini fin qui somministrati. In alcuni grandi Stati come la Nigeria o l’Etiopia si arriva a malapena a 2 dosi ogni 100 abitanti e anche in Asia, dove pure la campagna vaccinale di recente ha fatto progressi, le somministrazioni viaggiano a ritmi lontanissimi da quelli raggiunti in Occidente. In Italia, per dire, siamo a 122 dosi ogni 100 abitanti, contro le 20 del Pakistan, le 30 dell’India o le 40 dell’Indonesia, i tre Paesi più popolosi del continente, Cina esclusa. «Dobbiamo invertire la rotta», ha detto ai primi di agosto il direttore generale dell’Oms, Tedros Ghebreyesus, in un appello pubblico rivolto ai governi della parte ricca del mondo. «Ai Paesi poveri deve essere destinata con urgenza la quota maggiore del totale dei vaccini prodotti». Le pressioni dell’Oms si spiegano con il timore (più che giustificato secondo gli studiosi) che il virus lasciato libero di circolare pressocché indisturbato in larga parte del mondo, oltre a provocare milioni di morti, sia in grado di replicarsi con nuove pericolose varianti destinate prima o poi a diffondersi anche negli Stati ad alto reddito, che sono per ora riusciti a contrastare la pandemia grazie all’abbondanza di vaccini. L’appello dell’Oms non sembra però destinato a produrre effetti concreti. Per il momento, infatti, sia nell’Unione Europea sia negli Stati Uniti le autorità sanitarie si stanno preparando per la campagna d’autunno, che significa dare il via alla somministrazione della terza dose, dapprima riservata alle categorie a rischio e poi anche al resto della popolazione. Nella comunità scientifica c’è grande incertezza sulla durata dell’immunità garantita dai vaccini, e così, per non correre rischi, i governi premono per potenziare la copertura con un’ulteriore iniezione, una volta trascorsi otto-nove mesi dalla prima somministrazione. Si è mosso per primo Israele, dove più di 750 mila cittadini di oltre 60 anni d’età si sono già presentati nei centri vaccinali a partire da fine luglio, ma anche negli Stati Uniti, così come in Francia, Italia e Regno Unito è probabile che entro l’autunno partirà la nuova fase della lotta al virus. A breve, quindi, saranno necessarie nuove forniture, che assorbiranno la maggior parte della ulteriore produzione garantita dalle multinazionali del farmaco. Tutto il contrario, insomma, di quanto auspicato dall’Oms. «Non possiamo accettare che i Paesi che si sono fin qui accaparrati la netta maggioranza delle scorte aumentino le somministrazioni mentre nel resto del mondo la gran parte della popolazione non è ancora stata protetta», ha dichiarato Ghebreyesus. I governi però hanno altre priorità. Si teme che eventuali nuovi contagi provocati dalla fine della copertura immunitaria si vadano a sommare a quelli innescati dalla variante Delta. In questa situazione d’incertezza i vaccini sono considerati l’arma più efficace per impedire la ripresa dell’epidemia. Non è un caso, allora, che nel maggio scorso l’Unione Europea abbia siglato per conto degli Stati membri un nuovo contratto con Pfizer e Biontech per ulteriori 1,8 miliardi di dosi da consegnare tra la fine di quest’anno e il 2023. L’accordo prevede esplicitamente che almeno metà della fornitura riguardi un vaccino adattato per combattere le varianti. Anche Washington si sta muovendo nella stessa direzione. A luglio il governo Usa si è assicurato altri 200 milioni di dosi Pfizer, per metà da consegnare tra ottobre e dicembre. Il valore di questi due maxi contratti supera i 40 miliardi di dollari, pari a circa 33 miliardi di euro che verranno incassati, e divisi in parti uguali, da Pfizer e Biontech, le due aziende alleate nella produzione del vaccino a Rna messaggero, di gran lunga il più diffuso nel mondo. Mentre le grandi economie si assicurano nuove scorte, le forniture ai Paesi a basso reddito scontano ritardi e incertezze. Le Nazioni Unite hanno creato una struttura, denominata Covax, per coordinare la distribuzione dei vaccini agli Stati più poveri del globo, una novantina in tutto. Finora però la cooperazione internazionale, sostenuta tramite donazioni da governi e da fondazioni private come quella di Bill Gates, e dalle stesse aziende produttrici, ha dato risultati inferiori alle attese. L’obiettivo di partenza dell’organizzazione sotto l’ombrello dell’Onu era quello di consegnare almeno 1,5 miliardi di dosi entro la fine di quest’anno, pari comunque a non più del 23 per cento del fabbisogno dei 92 Paesi coinvolti. A metà agosto però Covax viaggiava ancora intorno a quota 200 milioni, in ritardo rispetto alla tabella di marcia che prevede di distribuire almeno 300 milioni di dosi al mese nell’ultimo trimestre dell’anno. AstraZeneca, che si era affidata al produttore indiano Serum Institute, nei prossimi mesi difficilmente riuscirà a tener fede agli impegni per via del blocco all’export imposto dal governo di Nuova Delhi. Pfizer e Biontech hanno invece siglato un contratto con Washington per la vendita di 500 milioni di dosi che verranno poi donate attraverso il canale Covax. Si prevede però che solo il 40 per cento della fornitura giunga a destinazione prima della fine dell’anno. I dati più aggiornati confermano quindi che la macchina degli aiuti internazionali stenta a decollare. I singoli Paesi appaiono ancora troppo concentrati sulla gestione dell’emergenza in casa propria per destinare risorse supplementari alle crisi, per quanto gravi, di lontani territori dell’Africa o dell’Asia. E se i governi guardano altrove è difficile aspettarsi granché anche dalle multinazionali del farmaco, che notoriamente non hanno la beneficenza tra i propri obiettivi prioritari. I conti dei primi sei mesi dell’anno pubblicati di recente dalle aziende impegnate nella produzione del vaccino confermano che il Covid-19 si è trasformato in un gigantesco volano di profitti per pochi grandi marchi. Del gruppo dei vincenti non fa parte Astra Zeneca, frenata dagli incidenti di percorso legati ai ritardi nelle forniture e alla risonanza mediatica di alcuni casi di gravi reazioni avverse al siero antivirus. Il vaccino prodotto dall’azienda anglo-svedese ha fruttato 1,1 miliardi dollari (930 milioni di euro) di vendite supplementari tra gennaio e giugno. Numeri molto inferiori al leader Pfizer che nel primo semestre dell’anno ha visto crescere del 68 per cento i propri ricavi rispetto allo stesso periodo del 2020. L’aumento è dovuto quasi per intero alle vendite del vaccino contro il Covid, che hanno fruttato 11,3 miliardi di dollari, cioè circa 9,5 miliardi di euro. Il gruppo Usa, lo stesso che una ventina di anni fa conobbe un improvviso boom grazie alle pilloline blu del Viagra, ha guadagnato 11 miliardi in sei mesi, mentre l’alleato tedesco Biontech, fino all’anno scorso una piccola azienda di biotecnologie, a giugno aveva in cassa qualcosa come un miliardo di liquidità frutto di profitti per 3,9 miliardi di euro in un semestre. Moderna, l’altro produttore di un vaccino a Rna messaggero, segue a breve distanza con ricavi per poco meno di 6 miliardi di dollari (5,1 miliardi di euro) e utili per 4 miliardi di dollari (3,4 miliardi di euro). Siamo solo all’inizio, perché le forniture legate alla terza somministrazione in Europa e negli Stati Uniti daranno nuova spinta agli affari. Pfizer, per dire, a luglio ha alzato le sue previsioni di ricavi per il 2021 da 26 a 33,5 miliardi di dollari. Le case farmaceutiche non hanno mai fatto chiarezza sul prezzo di vendita della singola dose, ma secondo voci di mercato, Pfizer e anche Moderna negli ultimi contratti di fornitura, compreso quello con la Ue annunciato l’anno scorso, avrebbero spuntato compensi ancora maggiori rispetto agli accordi precedenti. Nuovi profitti in vista, quindi, cavalcando ovunque nel mondo la grande fame di vaccini, mentre cadono nel vuoto gli appelli a sospendere i brevetti per aumentare la produzione del siero anticovid. Non c’è pandemia che tenga, Big Pharma ha vinto ancora. Nel nome degli affari.

C. Mer. per "la Verità" l'11 agosto 2021. Performance fuori scala dell'azienda che coproduce il vaccino per il Covid con Pfizer. Il boom dei vaccini fa decollare i conti di Biontech e traina anche il Pil tedesco. Nel secondo trimestre la piccola società di biotecnologie, che insieme a Pfizer ha sviluppato il primo siero contro il Covid-19, ha realizzato ricavi per 5,3 miliardi di euro, contro i 41,7 milioni del secondo trimestre 2020: nel primo semestre i ricavi sono stati pari a 7,3 miliardi, contro i 69,4 milioni dello stesso periodo dello scorso anno. Un incremento spettacolare, che la stessa società in una nota attribuisce «alla rapida crescita dell'offerta del vaccino Covid-19 nel mondo». Ma a rendere eccezionale questa performance, come ha fatto notare l'economista tedesco Sebastian Dullien, è il fatto che i risultati della sola Biontech sono «in grado di far aumentare il Pil della Germania di 0,5 punti percentuali». Un risultato definito «decisamente straordinario per una startup». Dullien, professore di economia internazionale alla Htw-Università di scienze applicate di Berlino e direttore dell'istituto di studi macroeconomici Imk, ha argomentato le sue affermazioni in una serie di tweet. «Solitamente, in quanto studioso di macroeconomia non commento i risultati delle singole società. Tuttavia, può capitare in certi casi che i risultati di alcune aziende siano tali da avere una rilevanza macroeconomica, e Biontech è uno di questi rari esempi». Facendo alcuni «rapidi calcoli», Dullien ha spiegato: «Biontech ha stimato che i ricavi provenienti dai vaccini contro il Covid-19 per il 2021 ammonteranno a 15,9 miliardi di dollari, cifra che rappresenta circa lo 0,5% del prodotto interno lordo tedesco», mentre lo scorso anno le vendite della società non avevano raggiunto livelli significativi. Quest' anno, pur ammettendo la presenza di una componente estera - materiali acquistati oltreconfine - che non impatta sul Pil tedesco, secondo Dullien «la maggioranza dei ricavi viene realizzata in Germania, e per questo influisce direttamente sul prodotto interno lordo della nazione». Un caso più unico che raro. «Non ho memoria», scrive l'economista, «di un'altra società che abbia avuto un impatto paragonabile sul prodotto interno lordo della Germania». Nemmeno Volkswagen, un colosso «che genera ricavi ben più importanti e che tra il 2018 e il 2019 ha visto crescere il fatturato di 18 miliardi di euro». Tuttavia, osserva Dullien, «in questo caso l'incremento è stato determinato da cambiamenti nei processi produttivi fuori dalla Germania, e per questo non ha influito sul Pil, al contrario di quanto accade per la gran parte dei ricavi di Biontech». Questo essenzialmente per due ragioni: «In primis, Biontech realizza 1 miliardo di dosi di vaccino all'anno nello stabilimento di Marburg, e il valore aggiunto viene conteggiato nel Pil tedesco. In secondo luogo, la società ha siglato un accordo con Pfizer per la compartecipazione agli utili, e anche questi profitti vengono conteggiati nel prodotto interno lordo di questo Paese».

(ANSA-AFP il 28 luglio 2021) Pfizer alza le stime dei ricavi derivanti dalle vendite dei vaccini anti-Covid per il 2021 da 26 a 33,5 miliardi di dollari. Si tratta di una cifra record, quasi il doppio rispetto alle previsioni di febbraio.

Francesco Semprini per "la Stampa" il 2 agosto 2021. È in arrivo una mezza stangata per i Paesi dell'Unione Europea alla luce del rincaro dei prezzi dei vaccini deciso dai colossi americani Pfizer e Moderna, con cui Bruxelles ha stipulato accordi di fornitura per i prossimi due anni. La notizia del ritocco verso l'alto arriva dal Financial Times proprio mentre il vecchio continente, così come gli Stati Uniti e gran parte del resto del pianeta, è alle prese con un una' impennata di contagi causata dalla temuta variante Delta che sembra essere trasmissibile anche attraverso soggetti vaccinati. Una nuova ondata di casi che fa profilare, almeno negli Usa, la necessità di una terza dose, mentre in Europa, a partire dall'Italia, lo sforzo delle autorità è rafforzare la quota di persone che hanno ricevuto la doppia inoculazione. Così per Moderna il prezzo di una dose sale a 25,50 dollari, come emerge dai contratti, rispetto ai circa 19 euro (pari a 22,60 dollari) precedenti, mentre per Pfizer il prezzo è aumentato a 19,50 euro, in salita rispetto ai 15,50 di prima.

Dall'emergenza al mercato. I ritocchi al listino prezzi sono quelli inseriti nei contratti di acquisto visionati dal quotidiano britannico. «I termini degli accordi, raggiunti quest' anno per un totale di fino a 2,1 miliardi di dosi fino al 2023, sono stati rinegoziati dopo che i dati delle prove di fase 3 hanno mostrato che i vaccini a Rna messaggero delle due società hanno tassi di efficacia più elevati rispetto alle dosi più economiche sviluppate da Oxford/AstraZeneca e Johnson&Johnson», scrive FT. Secondo un funzionario vicino ai negoziati, il nuovo prezzo di 25,50 dollari a dose di Moderna, pur essendo più alto dei 22,60 del precedente accordo, è più basso rispetto ai 28,50 dollari su cui le parti si erano accordate inizialmente, un calo dovuto al fatto che l'ordine è cresciuto. Occorre tuttavia dire che le società farmaceutiche avevano annunciato un rincaro dei prezzi rispetto a quelli calmierati della commercializzazione della prima fase, quella della emergenza più acuta dell'inverno passato. In sostanza da una parte si erano fatti garanti di un agevole primo accesso al vaccino per poi però adeguarsi a dinamiche più squisitamente di mercato. Con l'approvvigionamento di Pfizer superiore (circa 1,8 miliardi di dosi), il prezzo che l'Ue pagherebbe è di circa 41,5 miliardi di euro a fronte degli oltre 33,6 miliardi che avrebbe speso a prezzi bloccati. Si tratta di un aumento di circa otto miliardi di euro destinato a sollevare le critiche, a partire da no-vax e virus scettici, a Big-Pharma, «colpevole» di speculare sulla pandemia. È anche vero però che i contratti sono stati siglati dall'Ue in un momento complesso della campagna vaccinale, dovuta ai problemi di forniture da parte di AstraZeneca e Johnson&Johnson e il sospetto legame fra le dosi di questi vaccini e dei rari casi di decesso (o ricovero) dovuti a coaguli di sangue.

Perché i prezzi dei vaccini anti-covid Pfizer e Moderna sono aumentati. Vito Califano su Il Riformista il 2 Agosto 2021. Aumentano i prezzi dei vaccini anti-covid Pfizer e Moderna. Lo scrive il quotidiano Financial Times che sarebbe riuscita a vedere alcune parti dei nuovi contratti che quindi confermerebbero le voci in giro da mesi. Una notizia che arriva mentre il mondo, e l’Europa – che ha ordinato forniture di 2,1 miliardi di dosi entro il 2023 – sono alle prese con la diffusione della variante Delta: più trasmissibile. I due preparati a Rna messaggero riescono, secondo quanto provato da studi e da un tasso di mortalità rimasto basso nonostante l’impennata dei contagi, a proteggere soprattutto dalla malattia grave e quindi dall’ospedalizzazione a causa del contagio. I prezzi quindi sono schizzati: si è passato dai 15 euro e 50 per Pfizer a 19 euro e 50 e da 22 dollari e 60 per Moderna a 25 dollari e 50, circa 24 euro – meno dei 28,50 inizialmente previsti grazie ad un ampliamento dell’ordinativo da parte di Bruxelles. Il Financial Times ha aggiunto che Moderna si sarebbe rivelata “arrogante” nelle trattative con l’Europa. Si tratta di due dei quattro vaccini approvati in Europa e in Italia con AstraZeneca (poi Vaxzevria) e Johnson & Johnson. Tutti somministrati gratuitamente. Gli aumenti corrispondono al 25 e al 13 per cento del prezzo precedente. Pfizer ha stimato quindi nell’ultima trimestrale del periodo aprile-giugno un rialzo del 30% dei ricavi dal vaccino per il Covid a 33,5 miliardi di dollari nel 2021, in deciso aumento rispetto ai 26 miliardi attesi solo in maggio. Per Moderna gli analisti prevedono un balzo dei ricavi da vaccino a 30 miliardi di dollari. Il mercato globale dei vaccini potrebbe valere 70 miliardi di dollari solo nel 2021. Gli accordi sono stati rinegoziati dopo che gli ultimi studi hanno evidenziato un’efficacia più elevata dei vaccini a mRna, e quindi Pfizer e Moderna – AstraZeneca e Johnson&Johnson sono a vettore virale. Un funzionario ha semplicemente spiegato al Financial Times che le aziende farmaceutiche hanno sfruttato il loro potere di mercato perché i loro sieri funzionano. AstraZeneca è stata protagonista anche di un disastro e una confusione comunicative che ne hanno compromessa la diffusione. Pfizer e Moderna sono stati approvati dall’Agenzia Italiana del Farmaco (Aifa) anche per la fascia d’età dai 12 ai 17 anni. In Israele è cominciata la somministrazione della terza dose di richiamo. L’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms) ha intanto fatto sapere che la vaccinazione eterologa (AstraZeneca + vaccino a mRna) è più efficace della doppia dose di AstraZeneca. Uno studio preliminare (senza revisione sull’efficacia) di Pfizer e BioNTech ha intanto segnalato come la protezione sembri mantenersi alta contro le forme gravi di covid-19 dopo sei mesi dalla seconda iniezione, mentre l’efficacia contro il contagio vada diminuendo ogni due mesi.

Vito Califano. Giornalista. Ha studiato Scienze della Comunicazione. Specializzazione in editoria. Scrive principalmente di cronaca, spettacoli e sport occasionalmente. Appassionato di televisione e teatro.

Vaccino Covid, quanto guadagna Pfizer? Le stime dei ricavi salgono a 33,5 miliardi. Alessandro Artuso il 28/07/2021 su Notizie.it. L’azienda Pfizer ha comunicato i dati relativi ai guadagni degli ultimi mesi grazie alle vendite del vaccino contro il Covid-19: i numeri. La campagna vaccinale prosegue tra alti e bassi in diverse zone del mondo e così Pfizer diventa una delle aziende e trarne i maggiori benefici. Secondo alcune stime i ricavi generati dal vaccino contro il Covid-19 ammonterebbero a 33,5 miliardi di dollari. Durante il mese di febbraio 2021 si parlava invece di 26 miliardi.

Vaccino Covid-19 di Pfizer, i dati. Pfizer ha quindi annunciato un aumento delle stime generate dalle vendite delle dosi di vaccino contro il Covid-19: si passa da 26 a 33,5 miliardi di dollari per un totale di 2,1 miliardi di dosi. La cifra è stata raggiunta grazie al siero prodotto con il supporto della BioNTech. L’azienda ha inoltre annunciato un rialzo delle prospettive per quanto riguarda i profitti e le vendite nell’arco di un anno.

Vaccino Covid-19 di Pfizer, gli utili. Sono stati nel frattempo diffusi i dati relativi al secondo trimestre che mostrano un utile pari a 5,56 miliardi di dollari. Nello specifico Pfizer ha previsto guadagni per l’intero anno 2021 compresi fra 3,95 e 4,05 dollari per azione. Le entrate complessive ammontano tra 78 e 80 miliardi. Come se non bastasse il valore di Pfizer in Borsa è cresciuto di quasi il 20% toccando quota 235 miliardi di dollari, BioNTech ha invece triplicato il valore arrivando a 70 miliardi di dollari.

Vaccino Covid-19 di Pfizer, quante dosi ha al momento l’Italia. Nel frattempo la campagna vaccinale in Italia prosegue. Secondo il report del ministero della Salute, aggiornato al 28 luglio 2021 alle ore 6, parla di 66.469.852 dosi somministrate. In Italia sono giunte fino al 28 luglio 2021 47.511.214 dosi di Pfizer/BioNTech. A seguire c’è AstraZeneca con 11.893.832 dosi di Vaxzevria, 7.574.280 di Moderna e 2.274.642 di Janssen. C’è intanto grande allerta per l’avanzare dei contagi in Italia e anche in altri Paesi. La variante Delta è infatti diventata predominante in molte zone e sta colpendo con maggiore forza coloro i quali non si sono vaccinati, ma anche chi non ha completato il ciclo vaccinale. Sui vaccini potrebbe esserci intanto la svolta. Dopo il via libera della vaccinazione per i giovani di 12 anni sono iniziati gli studi da parte delle case farmaceutiche Pfizer e Moderna per i bambini di età di 5-11 anni. A dare la notizia il New York Times che ha citato le fonti secondo le quali tale studio sarebbe stato effettuato su richiesta delle autorità federali.

Vaccino Pfizer meno efficace dopo 6 mesi, servirà una terza dose: lo studio. Chiara Nava il 31 luglio 2021 su Notizie.it. Il vaccino Pfizer diventa meno efficace dopo sei mesi dalla somministrazione, per questo motivo servirà una terza dose. Lo studio della Pfizer. Il vaccino Pfizer diventa meno efficace dopo sei mesi dalla somministrazione, per questo motivo servirà una terza dose. Lo studio della Pfizer, che ha arruolato volontari in Europa e nelle Americhe. Il vaccino della Pfizer e della Biontech perde efficacia nel giro di sei mesi. A rivelarlo uno studio della stessa casa farmaceutica americana. L’efficacia scende dal 96% all’84%, secondo i dati pubblicati in preprint, non ancora sottoposti a peer-review. Stat News ha riportato che secondo uno studio di Pfizer, in corso su oltre 44.000 persone, l’efficacia del vaccino nel prevenire qualsiasi infezione da Covid-19, che causa anche sintomi minori, tende ad essere meno efficace dopo sei mesi dalla somministrazione, con una diminuzione del 6% della sua efficacia. Questi sono i risultati dlelo studio Pfizer.

Terza dose Pfizer: i dati. Il vaccino Moderna risulta efficace al 90% contro il Covid-19 sintomatico e al 95% contro la malattia grave dopo sei mesi, come ha comunicato la società in aprile. Johnson&Johnson non ha ancora rivelato i dati di efficacia a sei mesi, come riferito da Stat News. Il vaccino Pfizer, invece, secondo lo studio che ha arruolato volontari in Europa e nelle Americhe, ha rivelato una diminuzione dell’efficacia a distanza di sei mesi dalla somministrazione. Questo sicuramente fa pensare alla necessità di effettuare una terza dose, nella speranza che sia più duratura rispetto alla seconda dose. Lo studio, però, non ha valutato se il vaccino è meno efficace anche contro la variante Delta.

Vaccino Pfizer meno efficace: ipotesi la terza dose. Con i risultati di questo studio si torna a parlare della possibilità di fare una terza dose di vaccino. La questione è stata trattata in diverse occasioni. La possibilità di effettuare una terza dose è sempre più concreta, anche se per il momento non hanno ancora stabilito dopo quanto tempo si dovrà effettuare. Se anche l’efficacia della terza dose si dovesse rivelare minore dopo alcuni mesi, potrebbe esserci la possibilità di effettuare nuove dosi. Il capo della ricerca e sviluppo dell’azienda farmaceutica Pfizer ha dichiarato che si aspetta che la terza dose sia “un po’ più duratura” della seconda dose. Lo studio ha confermato una diminuzione dell’efficacia del 6% in soli sei mesi.

Dagotraduzione dal Daily Mail il 30 luglio 2021. Secondo un nuovo studio, i vaccini Pfizer e quelli AstraZeneca hanno pari probabilità di provocare coaguli di sangue. Gli scienziati hanno confrontato i tassi di trombosi tra oltre 1,3 milioni di vaccinati in Spagna. E hanno così scoperto che entrambi i vaccini hanno un rischio minimo di causare coaguli, tanto che gli scienziati hanno definito i loro profili di sicurezza «ampiamente simili». Anzi, a leggere i dati Pfizer potrebbe avere una maggiore probabilità di innescare la rara complicanza. Il virus, invece, ha otto volte più possibilità di entrambi i vaccini di provocare una trombosi. I risultati contraddicono una serie di ricerche, e ancora deve essere dimostrato un legame tra il vaccino Pfizer e la trombosi. Le preoccupazioni per la sicurezza sul vaccino di AstraZeneca sono emerse per la prima volta a gennaio e hanno spinto le nazioni dell'UE a evitare in massa il vaccino di fabbricazione britannica. I migliori scienziati hanno insistito sul fatto che il vaccino fosse sicuro e avrebbe salvato migliaia di vite, portando ad affermazioni che i pesi massimi del blocco stavano usando il vaccino per giocare alla politica post-Brexit. Alla luce delle nuove scoperte, un funzionario del governo del Regno Unito ha accusato i leader europei di avere «le mani sporche di sangue» per aver cestinato il vaccino salvavita. L'insider anonimo di Whitehall ha dichiarato a Politico: «Ora sappiamo che ciò che tutti sospettavamo fosse vero, lo hanno fatto per ripicca per la Gran Bretagna a causa della Brexit». «Quando saranno scritti i libri di storia, diranno che queste persone sono state direttamente responsabili della morte di migliaia di persone nei paesi in via di sviluppo che non prenderanno l'AZ a causa delle loro storie anti-vaxx». I vaccini contro il Covid hanno drasticamente ridotto il rischio di malattie gravi, ospedalizzazione e morte per virus. La loro rapida implementazione ha permesso alla Gran Bretagna di rimuovere la maggior parte delle restanti restrizioni di blocco. Ma sono stati collegati a complicazioni estremamente rare, e il vaccino di AstraZeneca è stato dimostrato causare coaguli di sangue in 11 su 100.000 destinatari. Anche il vaccino monodose di Johnson & Johnson, che funziona in modo molto simile, è stato collegato alla stessa complicazione. Tuttavia, i regolatori non hanno individuato alcuna tendenza coerente tra il vaccino a mRNA di Pfizer e i coaguli di sangue. Il suo vaccino, collegato a un tipo molto raro di infiammazione del cuore, si basa su una tecnologia pionieristica. Diversi paesi in Europa hanno smesso di usare il vaccino AstraZeneca progettato da Oxford a marzo dopo una serie di casi di trombosi, con i giovani che corrono un rischio leggermente più elevato. I regolatori hanno analizzato i dati e hanno scoperto che per la maggior parte delle persone i benefici superavano di gran lunga il rischio. Ma, per sicurezza, il Regno Unito ha deciso di cambiare l’offerta di vaccino per gli under 40, che affrontano un rischio estremamente raro di morire di Covid. Lo studio, di prossima pubblicazione su The Lancet, ha esaminato solo i dati della Catalogna, una regione della Spagna. Scienziati indipendenti devono ancora esaminare i risultati attraverso un processo noto come revisione paritaria, il che significa che i dati rimangono non verificati. Dietro allo studio ci sono i ricercatori dell'Istituto universitario della Fondazione per la ricerca sull'assistenza sanitaria primaria di Barcellona, che ha coinvolto anche un team di Oxford e dei Paesi Bassi. Hanno confrontato i tassi di tre diversi tipi di eventi di coagulazione del sangue tra 1,3 milioni di persone che hanno usato Pfizer o AstraZeneca. I dati sono stati quindi messi a confronto con quelli di un gruppo di controllo di 4,5 milioni di persone, per capire se gli eventi si sono verificati più spesso del previsto. E il team, guidato da Ed Burn, un ricercatore associato in economia sanitaria del mondo reale presso l'Università di Oxford, ha anche esaminato le cartelle cliniche di 220.000 pazienti che avevano avuto il Covid, patologia che aumenta il rischio di coaguli. I risultati hanno mostrato che il vaccino Pfizer ha avuto il 25% in più di probabilità rispetto alla media nazionale, mentre quello di AstraZeneca il 20%. Il vaccino Pfizer non è stato collegato a coaguli di sangue con seconde dosi, mentre lo studio non ha esaminato le persone che hanno ricevuto una seconda dose di AstraZeneca. Il rischio di coaguli di sangue nelle arterie - che sono più gravi - era simile tra entrambi i vaccini e inferiore ai tassi che gli esperti si aspettavano di vedere. Il rischio di subire l'esatta complicazione che ha spaventato i responsabili sanitari di tutto il mondo era basso sia tra i destinatari di AstraZeneca che di Pfizer.

LA "MIRACOLOSA" TERAPIA M-RNA. DAI FASTI DI PFIZER & MODERNA AI SUCCESSI DI HEIKO VON DER LEYEN. Andrea Cinquegrani su La Voce delle Voci il 30 Luglio 2021. Affari stramiliardari per le star dei vaccini, Pfizer e Moderna, nei primi mesi di produzione e distribuzione. E business sempre più stratosferici già previsti per i prossimi. Un Eldorado senza fine, il vero Albero della Cuccagna miracolosamente germogliato nel giardino incantato di Big Pharma. I dati parlano da soli. Vediamone alcuni in rapida carrellata. 

CIFRE DA CAPOGIRO. Il colosso Pfizer-BioTech – il primo a tagliare il traguardo sulla scena internazionale tra i grandi produttori di vaccini – aveva subito previsto di realizzare ricavi, per il 2021, da 26 miliardi di dollari. Ebbene, quella previsione è già stata ritoccata sensibilmente verso l’alto, con un una montagna che raggiungerà quota 33 miliardi. Secondo uno studio elaborato congiuntamente da "Oxfam" ed "Emergency", sia Pfizer che Moderna riusciranno a farsi pagare dagli Stati, per i loro vaccini, la bellezza di 41 miliardi di dollari in più rispetto al costo di produzione. E pensare che le due aziende hanno addirittura ricevuto 8 miliardi di dollari come finanziamenti pubblici, che mai si sogneranno di restituire al mittente, nonostante la valanga di utili realizzati. I costi di produzione, infatti, sono relativamente contenuti: poco più di un dollaro per dose, per la precisione 1,2 dollari. Ed invece, le due aziende le hanno vendute ad un prezzo 24 volte superiore, saccheggiando le casse erariali pubbliche. L’Italia, ad esempio, ha sborsato oltre 4 miliardi di euro più del dovuto (rispetto, cioè al costo di produzione), che si sarebbero potuti investire per potenziare le terapie intensive (almeno 40 mila in più) e assumere nuovi medici (circa 50 mila). Invece no: il nostro governo – sulla base delle intese UE – ha preferito fare un bel cadeau a Pfizer e Moderna. La Germania ha fatto anche di più, sganciando 5,7 miliardi di euro; molti di meno la Gran Bretagna, appena 1,8 miliardi di sterline, perché of course hanno preferito ricorrere all’anglo-svedese vaccino di AstraZeneca. C’è poi la questione dei brevetti, sempre saldamente in mano alle star di Big Pharma, nonostante le ‘sceneggiate’ a livello UE e gli auspici di Papa Francesco. Secondo Oxfam, il costo della vaccinazione globale per debellare la pandemia potrebbe essere di 5 volte più basso se non continuasse ad imperare la perversa legge sui brevetti. Perfino dalla "London School of Economics" – un tempio del capitalismo – nei giorni scorsi è arrivato un invito all’abolizione, anche se temporanea, dei brevetti. L’ennesima sceneggiata? 

LA PIU’ GRAVE SPECULAZIONE DELLA STORIA. Sottolineano Sara Albiani, policy advisor per la salute globale di Oxfam Italia, e Rossella Miccio, presidente di Emergency: “La scarsità mondiale dei vaccini è una diretta conseguenza del sostegno dei Paesi ricchi ai monopoli delle aziende farmaceutiche, che ad oggi non hanno fatto nessun reale passo in avanti per la condivisione di tecnologie, know how e brevetti con i tanti produttori che nei paesi in via di sviluppo potrebbero garantire l’abbassamento dei prezzi e l’incremento nella produzione mondiale”. E aggiungono, in modo significativo: “Questo è forse il caso di speculazione più grave della storia. Le ingenti risorse che gli Stati sono costretti a pagare arricchendo Ceo e azionisti potrebbero essere utilizzate per costruire nuove strutture sanitarie nei Paesi poveri, tagliare le liste di attesa per le prestazioni mediche, garantire servizi essenziali dignitosi”. Altro che prezzi più contenuti, in prospettiva! Perché la corsa forsennata al rialzo, fregandosene di tutto e di tutti, è già cominciata. L’Unione Europea, ad esempio, ha già pagato (of course in anticipo) ancora di più per gli ultimi ordini da Pfizer-BionTech. E tutto peggiorerà con le dosi di richiamo per i prossimi anni a causa delle nuove varianti, che porteranno altri fiumi di danari nelle casse aziendali. Il Ceo di Pfizer, il veterinario greco Albert Bourla, che il giorno del grande annuncio del primo vaccino brevettato corse in banca a vendere un bel pacchetto di azioni a 10 volte tanto, già gongola e calcola sul pallottoliere che si potrà arrivare fino ad un prezzo di 175 dollari per dose/vaccino, praticamente 150 volte il costo di produzione. Un vero miracolo industriale! Denuncia, ovviamente nel deserto, Oxfam: “Mentre meno dell’1 per cento delle persone dei Paesi a basso-medio reddito è stata vaccinata e le varianti corrono, i Ceo di Moderna ePfizer-BionTech con i profitti realizzati sono diventati miliardari”. Ma eccoci alla ciliegina finale. 

L’IRRESISTIBILE ASCESA DI HEIKO VON DER LEYEN. Sapete qual è la professione e in quale settore lavora da anni il marito della presidente della Commissione europea, Ursula von del Leyen? Il consorte, Heiko von der Leyen, è attualmente il direttore medico di ‘Orogenesis’, una grande società biotecnologica americana specializzata in terapia genica. Una sigla che, naturalmente, ha lavorato e lavora a stretto contatto con Pfizer. “Terapie geniche sono state trovate in vaccini sperimentali contro il covid”, scrive uno dei più noti giornalisti francesi, Pierre Depo. Incalza l’economista e imprenditore transalpino Francois Ducrocq: “Ursula von del Leyen, la nostra principale acquirente di centinaia di milioni di dosi di vaccini, scopre di avere un marito, Heiko, che gestisce Orogenesis, un’azienda biotecnologica specializzata in terapia genica. Ora tutto è diventato chiaro”. In passato, l’illustre consorte ha ricoperto la carica di direttore del Centro di sperimentazione clinica ad Hannover. E a partire dal 1999 ha cominciato ad assumere posizioni di top management nell’industria biotecnologica, con particolare attenzione allo sviluppo clinico di medicinali per terapie avanzate (ingegneria tissutale, terapia genica, medicina del DNA). Nel biennio 2003-2004 è stato Chief Scientific Officer alla ‘Avontec GmbH’ di Monaco. Dall’ottobre 2005, poi, socio e amministratore delegato della ‘Hannover Trial Center GmbH’. Fino agli odierni successi sotto i vessilli della statunitense Orogenesis. 

MALONE MUORE? Non siamo entrati nel regno di Samuel Beckett e dei suoi misteri, ma in altrettanto misteriose zone d’ombra. Come quelle che oggi circondano l’inventore del vaccino mRNA e della cosiddetta "terapia genica", il dottor Robert Malone. Oggi Malone è stato costretto ad ingaggiare un team per la sua sicurezza, a causa delle minacce di morte ricevute. E ha ritenuto opportuno dichiarare: “Non ho alcuna intenzione di togliermi la vita”. Tanto per far capire a chi, con ogni probabilità, deve capire. Nel corso degli ultimi mesi Malone ha acceso i riflettori e puntato l’indice – soprattutto nel corso di alcune seguite trasmissioni tivvù- contro l’uso dei nuovi vaccini mRNA. Le sue esternazioni hanno prodotto una reazione a catena: cancellati i suoi video da You Tube e addirittura il suo profilo da Wikipedia, come viene descritto nell’articolo che segue, firmato da Joseph Mercola. Insomma, un ostracismo che più totale non si può, per delegittimare al punto giusto la figura di uno scienziato che, meglio di tutti, conosce i ‘misteri’ legati ai vaccini mRNA, essendone l’inventore. Un po’ come è successo con Luc Montagnier, il premio Nobel per la Medicina che ha scoperto l’HIV. Un anno fa ha subito indicato la pista della fuga del virus in modo ‘artificiale’ (e non naturale, come sbandierato dal mainstream) dal laboratorio di Wuhan ma è stato fatto passare per matto. Attaccato, poi, perché ha sempre consigliato prudenza e cautela massime nell’uso dei vaccini tradizionali: figurarsi per quelli, addirittura sperimentali, anti covid. Ma torniamo a Malone. Il quale ha dichiarato, nella sua ultima apparizione televisiva negli States: “I vaccini sono il mio lavoro. Non sono un anti-vaxer. Sono uno sviluppatore di vaccini pro-verità, pro-sicurezza, pro-bioetica. I vaccini salvano delle vite. Sono spesso, ma non sempre, la nostra migliore speranza per ridurre la morte e le malattie associate a molti agenti patogeni, e offrono una speranza per trattare il cancro e altre malattie”. E sul fronte dei vaccini Pfizer e Moderna, bastati sulla terapia genica. afferma: “Entrambi questi tipi di vaccini impiegano tecnologie che implicano il trasferimento di materiale genetico estraneo nelle cellule della persona che riceve il vaccino, e facendo sì che queste cellule diventino essenzialmente fabbriche in miniatura per la produzione di antigeni del vaccino, all’interno del corpo. Perché questo è importante? Perché, dal mio punto di vista di persona che per prima ha avuto l’idea di usare la ‘terapia genica’ e la ‘consegna di mRNA’ per la vaccinazione, la sostanza attiva nel farmaco non è il vettore della terapia genica, è la proteina che viene introdotta nelle vostre cellule”. Prosegue il ragionamento dello scienziato: “Quindi, dal punto di vista della FDA/regolamentazione, questi prodotti devono essere rivisti utilizzando i regolamenti applicati ai prodotti di ‘terapia genica’ così come quelli che si applicano ai vaccini. Questi – sottolinea – non sono vaccini tradizionali. Pertanto, la Food and Drug Administrationavrebbe dovuto insistere che i livelli e la durata della produzione della proteina spike avrebbero dovuto essere ben caratterizzati”. Dopo questo intervento, altre minacce di morte. Chi tocca i "fili" di Big Pharma rischia di restarci secco. Forse come è successo al dottor Giuseppe De Donno, colpevole di aver scoperto la terapia del "plasma iperimmune", tanto efficace quanto economica e utilizzabile per fronteggiare in modo immediato il covid al suo primo insorgere. Di seguito potete leggere l’articolo di Joseph Mercola circa l’oscuramento di Malone via Wikipedia.

L’inventore del vaccino mRNA cancellato dai libri di storia. CANCELLAZIONE DELLA STORIACOVID-19EFFETTI AVVERSI VACCINI. Di Markus il 27 Luglio 2021. Dr. Joseph Mercola su articles.mercola.com.

L’11 giugno 2021, l’inventore della tecnologia del vaccino a mRNA [1], Dr. Robert Malone, aveva parlato durante il podcast DarkHorse, condotto da Bret Weinstein, Ph.D., dei potenziali pericoli dei vaccini per la COVID-19 basati sulla terapia genica. Il podcast era stato rapidamente cancellato da YouTube e Weinstein era stato ammonito. Censurare una discussione scientifica con il vero e prorio inventore della tecnologia usata per produrre queste iniezioni per la COVID-19 è più che scioccante. Ma la censura di Malone va ben oltre. Come riportato nel video qui sotto, anche i risultati scientifici di Malone sono stati cancellati. Recentemente, e fino al 14 giugno 2021, i contributi di Malone erano estesamente riportati nella sezione storica della pagina Wikipedia sui vaccini RNA. Era elencato come co-sviluppatore, nel 1989, di un “sistema di trasfezione dell’RNA (1) ad alta efficienza in vitro e in vivo usando liposomi cationici (2)”. Nel 1990, aveva dimostrato che “l’mRNA trascritto in vitro potrebbe fornire informazioni genetiche alla cellula per produrre proteine all’interno del tessuto cellulare vivente”. Malone aveva anche fatto parte del team che aveva condotto i primi esperimenti sul vaccino mRNA. In poche parole, la sua conoscenza scientifica dei vaccini a mRNA è indiscutibile. Due giorni dopo, il 16 giugno 2021, solo cinque giorni dopo l’apparizione di Malone nel podcast di DarkHorse, il suo nome era stato rimosso dalla voce di Wikipedia. Ora, all’improvviso, la scoperta del sistema di somministrazione dei farmaci mRNA è accreditata a ricercatori anonimi del Salk Institute e dell’Università della California, e la sua ricerca del 1990 che conferma che l’mRNA iniettato può produrre proteine nel tessuto cellulare è accreditata a scienziati anonimi dell’Università del Wisconsin. La biochimica ungherese Katalin Kariko è ora improvvisamente lodata dai media mainstream come l’inventrice dei vaccini mRNA [2]. È una scelta conveniente, considerando che la Kariko è la vicepresidente senior di BioNTech, l’azienda produttrice del vaccino Pfizer per la COVID. La biografia non ufficiale della Kariko include anche l’essere stata una informatrice della polizia durante il periodo del comunismo. Come si afferma nel video, questo va oltre la censura. È revisionismo – una riscrittura della storia in stile “1984” per adattarle alla narrazione ufficiale vigente. Il pericolo di questa tendenza è incalcolabile. Cosa aveva detto Malone sui vaccini mRNA? Nella loro essenza i messaggi che Malone ha trasmesso nel podcast di Weinstein trattavano il fatto che il governo non è trasparente sui rischi, che nessuno dovrebbe essere costretto ad accettare queste iniezioni sperimentali, che i rischi superano i benefici nei bambini, negli adolescenti e nei giovani adulti e che coloro che sono guariti dall’infezione naturale da SARS-CoV-2 non dovrebbero ricevere l’iniezione. In un’intervista del 24 giugno 2021 con Tucker Carlson su Fox News (sopra), Malone aveva detto [3]: “Sono dell’opinione che la gente abbia il diritto di decidere se accettare o meno i vaccini, soprattutto perché questi sono vaccini sperimentali … La mia preoccupazione è che so che ci sono dei rischi ma non abbiamo accesso ai dati … Non abbiamo davvero le informazioni di cui abbiamo bisogno per prendere una decisione ragionevole”. Una parte significativa del perché non abbiamo dati adeguati è dovuto al fatto che la Food and Drug Administration degli Stati Uniti aveva espressamente deciso di non richiedere una rigorosa raccolta e valutazione dei dati post-vaccinazione. Anche questo è stato rivelato nell’intervista di Malone a DarkHorse. Perché la FDA aveva optato per un’acquisizione dati lassista in merito ad una tecnologia nuova di zecca, mai usata prima e destinata alla distribuzione di massa? Chiaramente, senza l’acquisizione dei dati post-somministrazione, non c’è modo di valutare la sicurezza di questi prodotti. Non si possono identificare i segnali di pericolo se non si ha uno strumento per acquisire i dati sugli effetti secondari e valutarli tutti.

Una prima analisi rischio-beneficio dei vaccini per la COVID. Malone sottolinea anche che non sono state fatte analisi rischio-beneficio, e questa è un’altra sua obiezione. I dati che abbiamo, tuttavia, indicano che questi farmaci per la COVID-19 potrebbero essere il presidio medico più pericoloso che abbiamo mai visto.

Per esempio, il tasso di mortalità riportato per questi vaccini contro la COVID-19 supera ora la somma dei tassi di mortalità degli oltre 70 vaccini [prodotti] negli ultimi 30 anni, ed è circa 500 volte quello del vaccino per l’influenza stagionale [4], che, storicamente, è sempre stato il più pericoloso. Le iniezioni per la COVID sono anche sette volte più pericolose del vaccino pandemico H1N1, che aveva un tasso di effetti collaterali gravi del 25 per milione [5]. Per coincidenza, un’analisi rischi-benefici peer-reviewed [6] [n.d.T. sottoposta a revisione paritaria] era stata pubblicata sulla rivista medica Vaccines lo stesso giorno in cui Malone aveva parlato con Carlson. Aveva rivelato che il numero necessario per vaccinare (NNV) per prevenire una morte per COVID-19 usando il vaccino Pfizer è tra 9.000 e 50.000 e che per ogni tre morti per COVID-19 prevenute, due persone vengono uccise dall’iniezione. Secondo gli autori, “Questa mancanza di chiari benefici dovrebbe indurre i governi a ripensare la loro politica vaccinatoria”.

La proteina Spike è una citotossina bioattiva. Nella sua intervista a DarkHorse, Malone ha detto di aver avvertito la FDA che la proteina spike (che le iniezioni per la COVID-19 istruiscono le cellule a produrre) potrebbe rappresentare un rischio per la salute. La FDA aveva respinto le sue preoccupazioni, dicendo che non credeva che la proteina spike fosse biologicamente attiva. Inoltre, i produttori del vaccino avevano specificamente progettato il prodotto in modo che la proteina spike rimanesse attaccata [alla membrana cellulare] e non andasse in circolo. Come si è poi scoperto, avevano torto su entrambi i fronti. Ormai è provato che la proteina spike del SARS-CoV-2 non rimane nel sito di iniezione [7] e che è biologicamente attiva. È responsabile degli effetti più gravi osservati nella COVID-19, come emorragie, coaguli ematici diffusi, problemi cardiaci e danni neurologici. Questi sono gli stessi problemi che ora vediamo in un numero impressionante di persone che hanno ricevuto una o due dosi di terapia genica per la COVID-19. La proteina spike del SARS-CoV-2 ha anche una tossicità riproduttiva e i dati di biodistribuzione di Pfizer mostrano che si accumula anche nelle ovaie [8],[9],[10]. Nonostante ciò, Pfizer aveva scelto di non eseguire gli studi standard di tossicologia riproduttiva. Per informazioni più approfondite su come la proteina spike può rovinare la vostra salute, vedete la mia intervista con Stephanie Seneff, Ph.D., e Judy Mikovits, Ph.D.

La campagna vaccinatoria per la COVID viola le leggi di bioetica. Nelle sue interviste con Weinstein e Carlson, Malone ha sottolineato che esistono principi bioetici e leggi di bioetica proprio per prevenire rischi indebiti nella sperimentazione medica, e che queste leggi vengono attualmente violate. Si era addentrato molto più in dettaglio su questo in un saggio del 30 maggio 2021[11]: “… il pubblico adulto è fondamentalmente un soggetto di ricerca a cui non viene richiesto di firmare il consenso informato a causa della deroga EUA [n.d.T. Emergency Use Authorization]. Ma questo non significa che non meriti di essere informato sui rischi che normalmente sarebbero riportati nel documento di consenso informato per una sperimentazione clinica. Ed ora alcune autorità nazionali stanno chiedendo la somministrazione dei vaccini EUA agli adolescenti e ai giovani, che, per definizione, non sono in grado di fornire direttamente il consenso informato per partecipare alla ricerca clinica – in forma scritta o in altro modo. Il punto chiave qui è che ciò che si sta facendo, con la soppressione dell’informazione trasparentee e il dibattito sul profilo degli eventi avversi associati a questi vaccini, viola i principi bioetici fondamentali per la ricerca clinica. Diritti che risalgono alla convenzione di Ginevra e alla dichiarazione di Helsinki [12]. Ci deve essere il consenso informato per la sperimentazione su soggetti umani”. La sperimentazione senza un adeguato consenso informato viola anche il Codice di Norimberga [13], che stabilisce una serie di principi di etica per la ricerca che comporta la sperimentazione sull’uomo. Questo insieme di principi era stato sviluppato per evitare che gli orrori in ambito medico scoperti durante i processi di Norimberga, alla fine della Seconda Guerra Mondiale, potessero ripetersi. Negli Stati Uniti, abbiamo anche il rapporto Belmont [14], citato nel saggio di Malone, che definisce i principi etici e le linee guida per la protezione dei soggetti umani della ricerca, coperti dal Codice dei regolamenti federali degli Stati Uniti 45 CFR 46 (paragrafo A). Il rapporto Belmont descrive il consenso informato come segue: “Il rispetto per le persone richiede che i soggetti, nella misura in cui ne sono capaci, abbiano l’opportunità di scegliere ciò che deve o non deve accadere loro. Questa opportunità è fornita quando sono soddisfatti gli standard adeguati per il consenso informato. Mentre l’importanza del consenso informato è indiscussa, prevale la controversia sulla natura e la possibilità di un consenso informato. Tuttavia, c’è un ampio accordo sul fatto che il processo di consenso può considerarsi contenente tre elementi: informazione, comprensione e volontarietà”. Agli Americani, anzi alle persone dell’intero pianeta, viene impedito il libero accesso e la condivisione delle informazioni su queste terapie geniche. Peggio ancora, siamo fuorviati dai fact checker e dalle piattaforme di Big Tech che vietano o mettono etichette di disinformazione su chiunque e qualsiasi cosa che ne discuta in modo critico o dubitativo. La stessa censura impedisce anche la comprensione del rischio. Infine, il governo e tutti soggetti interessati ai vaccini stanno incoraggiando le aziende e le scuole a rendere obbligatorie queste iniezioni sperimentali, il che viola la regola della volontarietà. Il governo e le imprese private stanno anche creando massicci incentivi per partecipare a questo esperimento, tra cui lotterie da milioni di dollari e borse di studio complete per il college. Nulla di tutto ciò è etico e nemmeno legale. Come notato da Malone nel suo articolo [15]: “… poiché questi vaccini non sono ancora autorizzati alla libera vendita sul mercato (licenza), la coercizione di soggetti umani a partecipare alla sperimentazione medica è specificamente vietata. Pertanto, le politiche di salute pubblica per [indurre la gente a] partecipare ad una ricerca clinica che rispondono alla definizione generalmente accettata di coercizione, sono vietate. Per esempio, se dovessi proporre uno studio clinico che coinvolge i bambini e stimolare la partecipazione regalando gelati, qualsiasi commissione istituzionale per la sicurezza dei soggetti umani (IRB) negli Stati Uniti rifiuterebbe quel protocollo. Se dovessi proporre un protocollo di ricerca clinica in cui la popolazione di una regione geografica perderebbe le libertà personali a meno che il 70% della popolazione non partecipi al mio studio, ancora una volta, quel protocollo verrebbe respinto da qualsiasi IRB statunitense sulla base del fatto che esiste una coercizione per indurre i soggetti alla partecipazione. Non è consentita nessuna coercizione a partecipare ad uno studio. Nella ricerca clinica su soggetti umani, nella maggior parte dei Paesi del mondo questa è considerata una linea chiara che non può essere superata. Quindi, ora ci viene detto di rinunciare a questo requisito senza nemmeno una discussione pubblica aperta? In conclusione, spero che vi unirete a me; fermatevi a riflettere e considerate voi stessi quello che sta succedendo. La logica mi sembra chiara. 1) Un prodotto medico senza licenza distribuito con un’autorizzazione d’emergenza (EUA) rimane un prodotto sperimentale in fase di sviluppo e di ricerca clinica. 2) L’EUA autorizzata dalle autorità nazionali concede fondamentalmente il diritto a breve termine di somministrare il prodotto di ricerca a soggetti umani senza consenso informato scritto. 3) La Convenzione di Ginevra, la dichiarazione di Helsinki e tutta la struttura che sostiene la ricerca etica sui soggetti umani richiede che i soggetti di ricerca siano pienamente informati dei rischi e che acconsentano a partecipare senza coercizione”. Chiaramente, Malone è ampiamente qualificato a parlare sul tema della terapia genica COVID: non solo è un medico di grande integrità che si batte per la correttezza, ma ha effettivamente inventato la stessa tecnologia e ha eseguito i primi studi sul vaccino a mRNA. Il fatto che ora sia stato censurato da Big Tech e cancellato dalla storia scientifica è un crimine in sé e per sé e un qualcosa che dovrebbe preoccupare chiunque. Questo vergognoso esempio di censura dimostra chiaramente quanto siano degenerati i media. L’unica spiegazione possibile è che chiunque o qualsiasi informazione che interferisce con la somministrazione di massa del vaccino COVID deve essere rimossa. Nulla che contrasti questa narrazione è tollerato, nonostante tutte le informazioni indichino che questi vaccini COVID sono il più grande crimine contro l’uomo nella storia dell’umanità. Se Malone può essere cancellato, che possibilità abbiamo noi di non essere sottoposti al medesimo destino? I parallelismi tra la realtà quotidiana e fantascientifico, ma inquietantemente profetico, “1984” aumentano di giorno in giorno. Dove ciò ci porterà è ovvio. Finiremo in un mondo dove il supino adeguamento alla menzogna quotidiana sarà l’unica scelta. Per prevenire un tale destino, dobbiamo impegnarci ed esporre le bugie condividendo fatti, dati e verità in ogni modo possibile. Dr. Joseph Mercola

Riferimenti

1, 11, 15 Trial Site News May 30, 2021

2 The New York Times June 10, 2021

3 Fox News June 24, 2021

4, 10 Trial Site News May 25, 2021

5 Insurance Journal December 29, 2020

6 Vaccines 2021; 9(7): 693

7, 8 Trial Site News June 6, 2021

9 SARS-CoV-2 mRNA Vaccine (BNT162) Original Biodistribution Study in Japanese, English follows page 10. Ovary data see English page 7 (PDF)

12 World Medical Association WMA Declaration of Helsinki

13 Nuremberg Code of 1947

14 HHS.gov The Belmont Report

Fonte: articles.mercola.com.

06.07.2021. Tradotto da NICKAL88 per comedonchisciotte.org. Note a cura del traduttore:

1) trasfezione dell’RNA- La trasfezione è il processo di introduzione di materiale biologico esogeno in cellule eucariotiche, nella gran parte dei casi di mammifero. È più frequente l’inserimento di materiale genetico, tra cui solitamente DNA e siRNA, ma, in generale, possono essere trasfettate anche proteine (come ad esempio anticorpi). Il processo e i metodi per attuarlo sono analoghi a quelli per la trasformazione batterica, che però riguarda batteri e, talvolta, le cellule vegetali.

Il processo di trasfezione può essere fatto:

in vitro – su cellule bersaglio in colture cellulari a lungo termine;

ex vivo – su cellule isolate da un organismo e trasferite su terreno di coltura;

in vivo – direttamente su cellule di un organismo.

Link: it.wikipedia.org/wiki/Trasfezione

2) liposomi cationici – Il liposoma è una vescicola fosfolipidica, che può avere dimensioni variabili fra i 25 nm e 1 µm di diametro. Sono normalmente costituite da un doppio strato di fosfolipidi o colesterolo chiusi. I liposomi, normalmente, ma non per definizione, contengono un nucleo di soluzione acquosa. Le strutture lipidiche sferiche che non contengono all’interno una soluzione acquosa sono dette micelle. Molecole in grado di formare liposomi e micelle prendono il nome di composti anfifilici o tensioattivi.

Link: it.wikipedia.org/wiki/Liposoma

cationico – da catione, (chimica) (fisica) ione con carica elettrica positiva

Link: it.wiktionary.org/wiki/catione

Usa, Russia e Cina: chi ha vinto davvero la guerra dei vaccini. Federico Giuliani su Inside Over il 22 luglio 2021. Altro che collaborazione e cooperazione reciproca per vincere insieme la guerra contro il Sars-CoV-2. La diplomazia dei vaccini anti Covid ha suddiviso il mondo in almeno tre sfere d’influenza, ognuna delle quali legata a doppia mandata con una delle tre potenze produttrici di dosi. Stati Uniti, Cina e Russia sono al momento i tre grandi player del gioco, gli unici in grado di realizzare enormi quantitativi di vaccini da distribuire in tutto il mondo. Mentre i vaccini realizzati dagli Stati Uniti hanno fatto breccia nel mondo occidentale, Europa in primis, la Cina è riuscita a “conquistare” il Sud-est asiatico e l’America Latina. La Russia merita un discorso a sé stante. Mosca ha sì annunciato per prima la scoperta di un vaccino anti Covid, lo Sputnik V, diffuso a macchia di leopardo in una settantina di Paesi sparsi in tutto il pianeta. Eppure, dal punto di vista tecnico ed economico, il Cremlino non ha fin qui dato l’impressione di poter competere ad armi pari con Washington e Pechino. In ogni caso, a più di sei mesi dalla distribuzione delle prime dosi, la diplomazia dei vaccini ha già creato vincitori e vinti. Impossibile utilizzare termini diversi, dato il profondo significato geopolitico insito in quella che, a tutti gli effetti, dà l’impressione di essere una guerra combattuta a colpi di dosi e soft power.

Le difficoltà del vaccino cinese. Nel confronto vaccinale a distanza tra Stati Uniti e Cina, il Dragone sembra adesso essere in affanno. Il gigante asiatico, forte della Nuova Via della Seta medica, e della distribuzione capillare dei suoi vaccini a chiunque ne facesse richiesta, deve fare i conti con una situazione probabilmente non preventivata. Pechino ha consegnato più di 500 milioni di dosi, ed è così diventato il più grande esportatore di vaccini del pianeta soppiantando agilmente l’India, da tutti considerata la “farmacia del mondo”. I numeri sono importanti, ma la quantità deve essere accompagnata da una certa qualità. E quanto pare, a causa della comparsa di nuove varianti, i vaccini cinesi si troverebbero in difficoltà. Nessuno ha fatto esplicito riferimento alla loro presunta inefficacia, ma diversi governi hanno cambiato strategia, abbandonando le dosi made in China per fare spazio ai sieri occidentali. La riprova di una simile tendenza è ben visibile in Asia, dove è concentrato un discreto gruppo di Paesi che, fin da subito, si era affidato alla Cina. La Malesia, ad esempio, ha approvato l’uso d’emergenza dei vaccini prodotti dalla casa farmaceutica cinese Sinopharm e dalla statunitense Johnson & Johnson, ma il Ministero della Sanità malesiano ha annunciato anche l’interruzione della somministrazione del vaccino prodotto dalla compagnia cinese Sinovac una volta che le scorte saranno terminate. Un altro campanello d’allarme è suonato in Thailandia, dove oltre 600 operatori sanitari sui 677.348 totali che avevano già ricevuto due dosi del Sinovac, sono stati infettati dal virus. In Indonesia, invece, nei primi 17 giorni di luglio risultano 114 medici deceduti per Covid; il 95% degli operatori sanitari locali risulta vaccinato con dosi Sinovac.

La riscossa di Pfizer & co? Il quadro è piuttosto nebuloso, ma è indubbia la crescita di contagi registrata un po’ in tutta l’Asia. Che la “colpa” sia tutta dei vaccini cinesi, magari non proprio adatti a contenere le ultime varianti, oppure la motivazione dell’impennata dei casi deve essere ricercata, appunto, nelle nuove trasformazioni del virus, indipendentemente dal tipo di vaccino somministrato? Difficile, al momento, rispondere alla domanda. Thailandia e Indonesia hanno intanto cambiato programma: Bangkok procederà con un mix di vaccini, accompagnando la prima dose Sinovac al richiamo AstraZeneca, mentre Jakarta ha appena dato il via libera al vaccino americano Moderna. La Malesia, una volta terminate le scorte di Sinovac, si tufferà su Pfizer; quest’ultimo è inoltre sbarcato anche nelle Filippine assieme al vaccino Moderna. Anche la Cina sta pensando al primo vaccino straniero, visto che gli esperti locali hanno dato il via libera al Comirnaty di BioNTech, il quale dovrebbe essere prodotto dalla joint venture Fosun e utilizzato come richiamo per i cittadini che hanno già ricevuto due dosi di un vaccino cinese. In ambito scientifico, i vaccini made in China non sono un totale fallimento. Sinovac e Sinopharm, i due vaccini approvati dall’Oms per l’utilizzo di emergenza, hanno un’efficacia nel prevenire le infezioni pari rispettivamente al 51% e 79%, mentre Pfizer si attesta al 95%. In generale, insomma, i sieri occidentali sembrano avere numeri migliori. Ma il problema sarebbe altrove, e farebbe rima con la comparsa delle varianti. Uno studio pubblicato su Nature ha sottolineato un aspetto da non trascurare: i vaccini che impiegano la tecnologia del “virus inattivato” – come appunto i vaccini cinesi – potrebbero arrivare ad offrire circa il 20% in meno di protezione dalla variante Delta rispetto alla concorrenza. In attesa di capire meglio la situazione, c’è chi ha iniziato a dare maggior credito ai vaccini americani. Da questo punto di vista, e nella partita a scacchi tra Stati Uniti e Cina, Washington potrebbe aver centrato la mossa giusta.

Come fare a vaccinare tutto il mondo contro il Covid-19. Eugenio Occorsio su L'Espresso il 16 giugno 2021. Per immunizzare il globo serve quadruplicare la produzione attuale. Ma non basta sospendere i brevetti: servono investimenti e strutture. E tra le resistenze delle case farmaceutiche e le pressioni politiche, si fa strada la “geopolitica del vaccino”. Joe Biden seguiva il modello Trump quando, appena eletto, twittava a raffica per esplicitare senza reticenze il suo entusiasmo nei confronti della Pfizer che aveva realizzato in tempi record il vaccino contro il Covid-19: «Un miracolo della scienza», «La prova che in America abbiamo le più brillanti menti del mondo». Quando, il 19 febbraio, visita lo stabilimento di Kalamazoo in Michigan, Biden a fianco di un commosso Albert Bourla, capo della Pfizer, gli dedica queste parole: «Albert, voglio che tu sappia che l’umanità intera ti sarà per sempre infinitamente grata». Fast-forward a metà maggio: la campagna vaccinale è un successo in America e progressivamente in Europa, quando la rappresentante commerciale Usa, Katherine Tai, annuncia che la Casa Bianca chiederà alla World Trade Organization la sospensione delle tutele brevettuali sui vaccini. Obiettivo, ampliare l’offerta - visto che servono subito 15-16 miliardi di dosi contro una capacità produttiva di 3-4 miliardi - per vaccinare a tappeto i Paesi più poveri dove altrimenti ci sarà un incubatore permanente di coronavirus. Apriti cielo. L’annuncio scatena una ridda di dichiarazioni, consensi, dissensi, polemiche, puntualizzazioni. Tanto è divisivo che oggi, a oltre un mese di distanza, non è ancora chiaro l’esito: si sono riuniti il G20, il G7, la stessa Wto e l’Oms, e tutti hanno schivato il problema insistendo solo sull’incremento delle esportazioni. Intanto la campagna prosegue: Bloomberg calcola che al 9 giugno siano state somministrate 2 miliardi di dosi in 176 Paesi, ma per il 75% in Europa e Usa in cui vive meno del 10% degli abitanti del pianeta (7,9 miliardi secondo il Worldometer dell’Onu). Solo l’1% è andato in Africa, dove nel frattempo si è scatenata una devastante terza fase e 14 Paesi denunciano un aumento del 30% dei contagi dall’inizio di giugno. Con paradossi disastrosi: il Malawi è stato costretto a bruciare sulla piazza della capitale Lilongwe 20mila dosi di AstraZeneca consegnate in pompa magna ma poi scadute il 13 aprile per problemi di distribuzione (c’è chi accusa che fossero già vecchie). In Sudafrica, Paese martoriato con quasi 2 milioni di infettati e 56mila morti, sede della famigerata variante che terrorizza l’Europa, il contatore è a zero. In Zambia ha avuto la seconda dose solo lo 0,03% della popolazione, in Kenia lo 0,01, in Congo siamo a zero, altrettanto in Costa d’Avorio, Libia, Sud Sudan, Liberia. E poi fuori dall’Africa, in Thailandia è vaccinato l’1,6%, in Armenia l’1,2. Il 29 maggio nella giornata “No profit on pandemic” sono stati raccolti milioni di firme in tutta Europa per sollecitare la sospensione della proprietà intellettuale. «In poche settimane le aziende farmaceutiche sono passate da eroi popolari a criminali pubblici», scrive il Financial Times. La querelle brevettuale è lo scoglio più arduo in quella che l’Economist definisce «la più grande operazione logistica della storia». La distribuzione nelle 96 nazioni più svantaggiate del pianeta dovrebbe compierla il Covax, braccio operativo dell’Oms che si prefigge di vaccinare il 30% delle popolazioni entro il 2021 ma non decolla per la mancanza sia di materia prima (i vaccini appunto) che di finanziamenti, malgrado il disperato appello del Fondo Monetario perché l’Occidente regali le sue eccedenze ai Paesi poveri. Ma bisognerà in ogni caso comprarne altri e il Covax ha lanciato un appello per 4 miliardi, l’America ne ha promessi 2 purché l’Europa faccia la sua parte. Il problema però resta: come aumentare i quantitativi? Non basta dire “sospendiamo i brevetti”: «Un vaccino tecnologicamente innovativo come quello a mRna (“m” sta per “messenger”, ndr) che insegna alle cellule come armare gli anticorpi, è il punto d’arrivo di una serie di ricerche effettuate da centinaia di università, startup, aziende biotech, studiosi privati in ogni parte del mondo», spiega Francesco Lissoni, ricercatore del Gretha (Groupe de Recherche en Économie Théorique et Appliquée). «Il vaccino Pfizer ha 280 componenti, a loro volta brevettati, provenienti da 86 fornitori in 19 Paesi. La proprietà intellettuale è dispersa e bisogna districarsi in quella che gli americani chiamano “thicket”, boscaglia. Una volta concessa una licenza serve un massiccio trasferimento di tecnologie, uomini, mezzi, infrastrutture perché uno stabilimento per fare i vaccini è quanto di più complesso si possa immaginare». Su quest’ultimo punto verte la discussione in questi giorni al Wto, «che si è finalmente impossessato del suo ruolo di arbitro nelle vicende commerciali planetarie», osserva Fabio Montobbio, economista della Cattolica. «Una controversia riguarda la localizzazione: è impensabile in tempi utili impiantare una fabbrica di vaccini in Kenia o Sierra Leone. Questi Paesi devono essere messi in condizione di creare un pool di importazioni e di affidarsi a qualche impianto in occidente al quale deve essere dato il permesso di produzione». Le decisioni operative sono di là da venire, e fa rabbrividire la data in cui il mondo conseguirà secondo l’Ocse una vera immunità: fine 2023, a meno di auspicabili sviluppi. Intanto Big Pharma spende - calcola il Center for Responsive Politics di Washington - 100 milioni di dollari l’anno (il doppio di Big Tech) per sostenere le proprie tesi come l’irrinunciabilità delle tutele brevettuali. «Le strade sono due, la sospensione tout court dei brevetti o una serie di licenze obbligatorie mirate caso per caso ed espressamente finalizzate alla produzione di questo vaccino», spiega Massimo Florio, docente di Scienza delle Finanze all’Università di Milano che sta per pubblicare con Laterza “La privatizzazione della conoscenza”. «È scattato un riflesso pavloviano presso le industrie ma si dimentica il decisivo ruolo delle istituzioni pubbliche di ricerca per arrivare ai vaccini. In America il National Institute of Infectuos Diseases di Anthony Fauci ha creato le proteine spike stabilizzate e l’Università di Pennsylvania il concetto di modifica dell’Rna. I finanziamenti pubblici, iniziati già dalla presidenza Trump, sfiorano i 15 miliardi di dollari. Altrettanto accade in Europa». Per di più i governi hanno azzerato il rischio industriale comprando in anticipo, prima che venisse completato l’iter autorizzativo, grandi quantitativi. «Un tipico caso», dice Florio, «di pubblicizzazione dei rischi e privatizzazione degli utili». Aldo Morrone, direttore della Medicina delle migrazioni al San Gallicano di Roma, da una vita in prima linea nell’assistenza ai Paesi poveri, taglia corto: «Serve un impegno da 50 miliardi di dollari, dice la Banca Mondiale, per sconfiggere davvero il Covid-19. I trasferimenti tecnologici e le lavorazioni sono possibili non dovunque ma in molte aree del mondo, serve solo la volontà politica di andare avanti». Il primo esempio di licenza obbligatoria è la produzione presso la Imperial Pharma indiana del Covishield su tecnologia AstraZeneca. «Ma la storia», dice Morrone, «è piena di casi di cessione di proprietà intellettuale per motivi di emergenza, pensiamo alla penicillina che serviva all’esercito durante la seconda guerra mondiale. Se non emergenza questa, cos’altro deve succedere?». L’impasse sui brevetti rischia anche di rivoluzionare gli equilibri geopolitici. Il ridisegno delle sfere d’influenza vede impegnate Russia e Cina per l’insperata chance di stabilire nuovi domini territoriali e rilanciare l’aspirazione al ruolo di superpotenza. I due contendenti si giocano l’arma dei vaccini in chiave interna. La reputazione del presidente cinese Xi Jinping era ai minimi perfino in patria per il maldestro tentativo di nascondere l’origine del virus. Poi la sua immagine si è riqualificata con la diffusione gratuita in ampie fasce del sud-est asiatico e dell’Africa del vaccino Made in China, il Sinopharm, non riconosciuto peraltro dalle autorità di controllo internazionali. Quanto a Putin, gli effetti di autoreferenzialità sono ancora più clamorosi: essendosi presentato ai suoi connazionali come il fautore dello Sputnik, il vaccino russo (anch’esso non certificato in Occidente), ha vinto nel 2020 l’ennesimo referendum costituzionale. Ancorché viziato da sospetti di doppio voto, brogli, violazioni della segretezza, coercizioni, addirittura percosse a un giornalista occidentale che stava cercando di documentare le irregolarità, l’emendamento approvato alla Costituzione proroga l’eleggibilità di Putin fino al 2036, grazie allo Sputnik. E in Arabia Saudita la Russia con il soft power del vaccino è riuscita ad appianare le dispute sui prezzi del petrolio (sono i produttori numero 1 e 2 del mondo). L’ultimo derby è nell’est Europa, con i russi forti in Repubblica Ceca e Ungheria, i cinesi in altri Paesi. Ci si contende il mercato provincia per provincia: in Serbia i cittadini della parte est sono vaccinati con lo Sputnik, gli altri con il Sinopharm. In Africa il Risiko è scatenato. Il think-tank Eurasia la chiama viruspolitik: «Alla via della Seta, il progetto di espansione congelato dall’Unione europea, si è sostituita la “Health Silk Road” che sarà difficile scardinare proprio perché coglie l’Occidente in un momento di grande incertezza».

“Ecco perché regalare i vaccini è meglio rispetto a liberalizzare i brevetti”. Federica Bianchi su L'Espresso il 15 giugno 2021. Nell’ultimo G7 ha vinto la linea della Commissione Europea, mentre il Parlamento europeo e tante voci della società civile chiedevano una moratoria sui brevetti dei farmaci. Il tedesco del Ppe Sven Simon spiega perché si tratta della soluzione più funzionale. Al G7 ha vinto la linea inizialmente adottata dalla Commissione europea. Non saranno messe a disposizione le licenze dei vaccini ma le dosi. Un miliardo entro il 2022, di cui 500 milioni in arrivo dagli Usa e 100 dalla Gran Bretagna. La proposta americana di sospendere per un anno i brevetti per accrescere la produzione in tutto il globo non era stata recepita con entusiasmo in Europa perché considerata più una trovata propagandistica che una proposta reale da parte di un Paese che, in netto contrasto con l'Unione europea, ha in vigore da oltre un anno il divieto di esportazione dei suoi vaccini. Il Parlamento europeo, alla vigilia giorni del G7, aveva approvato la risoluzione sulla moratoria, con 355 voti a favore e 263 contrari, ma alla fine ha prevalso la linea del realismo. Alla vigilia del voto in Parlamento, l’Espresso ha intervistato l'europarlamentare tedesco del gruppo dei popolari europei, Sven Simon, che, come tutto il suo gruppo, si è intestato la battaglia contro la liberalizzazione dei brevetti. «Nel breve periodo non serve a nulla eliminare i brevetti sui vaccini perché il problema non sono i brevetti. Sono la capacità produttiva, la mancanza di personale qualificato e di siti produttivi adeguati. Dei 46 Paesi meno sviluppati del mondo, 35 fanno parte dell'Organizzazione mondiale della salute (Oms) e tutti già godono dell'eliminazione dei brevetti su tutti i prodotti farmaceutici. In teoria potrebbero produrre i vaccini ma non lo fanno. Tra loro solo il Senegal e il Bangladesh sarebbero in grado di iniziare la produzione. Gli altri non hanno strutture adatte». 

Dunque il motivo per non concedere a tutti l'utilizzo dei brevetti è che i Paesi che ne hanno bisogno non sarebbero comunque in grado di avvantaggiarsene?

«Questo è un motivo. Il secondo è che non è così facile sospendere i brevetti perché non c'è un brevetto per vaccino ma 55mila fasi della produzione e 200 brevetti, dai principi attivi ai macchinari. Nessuno sa quali di quei 200 brevetti sono i più importanti per fabbricare i vaccini. Infine c'è la motivazione di lungo periodo, che riguarda gli investimenti in ricerca delle aziende. Perché farli se poi ne saranno espropriate? Perché investire nella lotta contro il cancro o l'Alzheimer? Il rischio è che se il sistema di protezione dei brevetti è compromesso le aziende cominceranno a produrre segretamente, senza chiedere l'approvazione del brevetto e non è una strada che finisce bene».

La pandemia al di fuori dei grandi Paesi industriali però è ben lontana dall'essere sotto controllo e serve una soluzione rapida.

«Il dibattito in piedi non ha molto a che vedere con la soluzione del problema ma con la strategia industriale che l'India ha annunciato l'anno scorso. Il governo ha promesso di sostenere economicamente le aziende, di dare loro 22 miliardi di dollari se costruivano siti produttivi. Ma da dove viene l'innovazione per farli? La vogliono dagli europei: macchine, sistemi di pulizia, equipaggiamento tecnico. Risultato? Se liberalizzassimo i brevetti l'innovazione europea verrebbe compromessa senza al contempo portare a casa il risultato delle vaccinazioni. Per capire quanto è complesso il sito produttivo di un vaccino le faccio l'esempio dello stabilimento di Novartis che BioNTech, che ha dato 30 licenze, inclusa quelle a Pfizer, ha acquistato l'estate scorsa dopo avere capito che il suo vaccino avrebbe ottenuto l'approvazione dell'Ema. Ci ha messo sette mesi di lavori per renderlo compatibile, ed era già uno stabilimento farmaceutico. La stessa cosa con quello di Francoforte».

Ma allora perché gli Stati Uniti, che insieme alla Cina detengono il record dei brevetti, sono stati i primi a dirsi favorevoli alla cessione dei brevetti dei vaccini?

«Perché Joe Biden sa bene che gli Stati Uniti si sono comportati molto male con il resto del mondo applicando il divieto alle esportazioni non solo ai vaccini ma anche alle materie prime necessarie a produrli. Un comportamento molto diverso da quello dell'Europa, che ha da subito esportato il 50 per cento dei suoi vaccini, anche a costo di subire un ritardo nella vaccinazione della sua popolazione. Adesso gli Usa vogliono recuperare terreno con la diplomazia del vaccino, sapendo bene che tanto la cessione dei brevetti sarà bloccata in sede di Organizzazione mondiale del commercio. Stanno facendo pura propaganda per accattivarsi le simpatie di India e SudAfrica, che hanno chiesto la sospensione dei brevetti all'Omc».

Ma perché l'Europa non li smaschera?

«Credo sia venuto il momento di giocare a carte scoperte, aldilà della diplomazia. L'Unione europea dovrebbe comunicare le alternative disponibili: l'eliminazione di tutte le restrizione alle esportazioni di vaccini e materie prime, gli investimenti nella capacità produttiva dei Paesi in via di sviluppo e poi l'iniziativa del Team Europe di finanziare gli accordi e le partnership per aumentare la produzione globale e i centri di distribuzione regionali, di formare il personale medico e, soprattutto in Africa, di aiutare le autorità nella fase di approvazione dei vaccini. E poi tutti i Paesi industrializzati dovrebbero intensificare gli sforzi per mettere a disposizione le dosi di vaccini che hanno in surplus e che aumenteranno nei prossimi mesi».

Persi nell’individuare chi rischia con il vaccino, dimentichiamo chi rischia a non farselo. Giampiero Casoni su Notizie.it il 16/04/2021. Dopo averli accuditi e tutelati per un anno e passa non vorremo proprio vederli, i nostri anziani, morire sul filo di lana delle decisioni che non abbiamo saputo prendere. È un contrappasso strambo quello per cui stiamo affrontando la questione dei vaccini con l’incasellamento dei rischi e con le tiritere polemiche che ne derivano. È un gioco che vorrebbe essere pignolo, cartesiano e saggio e invece tracima nella zona grigia che sta a metà fra negligenza e colpa. Come un esercizio di spacchettamento grazie al quale, come sempre, ci stiamo dimenticando dell’essenziale. E non perché non abbiamo letto Saint Exupery, che per chi scrive si condensa nello starter pack dell’ovvio assieme alle fregole montessoriane. No, non per questo, ma perché con la tigna dei cavillosi a farci da guida non sappiamo più leggere l’ovvio che nasce dalla semplice lettura del mondo, il che a casa mia è molto più grave. Le pandemie non sono roba da cavilli, se non lo abbiamo imparato ora non c’è speranza. E l’ovvio è questo: persi nell’individuare le categorie che rischiano con il vaccino e valorosamente impegnati a polemizzare dimentichiamo quelli che rischiano a non farselo: gli anziani. Ora, chiariamo subito un concetto. Facciamolo prima di mettere in moto il flipper di stoccate sul sapere avventizio che vorrebbe fare le veci di quello tecnico e alto. Cioè di quella Scienza sprofondata nei sofà della tivù a farsi flabellare grazie alla pandemia che l’ha sparata in vetta al gradimento mainstream del signor Rossi: qui nessuno vuole mettere in discussione il valore di poche ma devastanti morti e la possibilità che siano in concausa con la lancia in resta che puntiamo contro il Covid. Né la sacrosanta procedura per cui, in base a dati alti e capocce studiate, esistono gruppi di persone che potrebbero accusare colpo più degli altri all’inoculazione del vaccino. Perfino la nostra atavica propensione a farci “ammuina” sopra sui social potremmo emendare. Qui si vuol mettere in discussione la propensione dei sistemi complessi a fare di numeri statistici irrilevanti la polpa di scelte ampie e drastiche che vanno a colpire le frange davvero più deboli della società. E siccome le società sanno benissimo che quelle frange alla fine pagano per tutte le altre si crea il contrappasso. Parliamo del paradosso nutrito dalla tipica ipocrisia occidentale fatta di flash mob e Giornate Internazionali. È quello per cui da un lato ci facciamo venire l’idrofobia se qualcuno sbaglia in punto di sintassi con gli anziani e dall’altro ci lasciamo scivolare addosso il fatto che con tutte queste categorie farlocche che se la rischierebbero chi paga sono proprio loro, gli anziani che non chiamiamo vecchi perché fa tanto oscurantismo dialettico ma che vecchi sono. Perché? Perché non passa giorno che qualche camarilla non blocchi questo o quel vaccino. E non lo faccia solo sulla base di dati dignitosi e deprecabilissime morti, ma anche per una sorta di retro pensiero clinico che ormai è passato dalla scrupolosità alla mania: perché ai minori di 43 anni con l’ascendente Toro fa venire i capelli viola e agli over 32 con una storia clinica di pellagra dà le ragadi. E a chi ha i capelli grigi e la fiacca di un vissuto “importante”? A quelli là, questo continuo spostare in avanti l’asticella della messa in sicurezza con il solo strumento che abbiamo per battere Covid, che cosa fa? Semplice. Invece di contenere la possibilità che muoiano per effetti collaterali incrementa quella che crepino perché ad ammazzarli è un virus a cui manca la barriera. Perché la barriera è diventata sgretolato muricciolo dubitativo e perché il tempo, che con le pandemia a casa mia è fattore determinante, è diventato una girandola cretina di step, stop e stop and go. Come in un circuito cittadino in cui il semaforo scatta dal giallo al rosso in tre secondi e dà il verde dopo otto minuti netti mentre l’automobilista imbottigliato ha la diarrea. Solo che qui non si parla della necessità di andare al bagno, ma dell’importanza di non andare al Creatore e di non mandarci chi ci ha scodellati nel Creato. Perché dopo averli accuditi e tutelati per un anno e passa non vorremo proprio vederli, i nostri anziani, morire sul filo di lana delle decisioni che non abbiamo saputo prendere. Non lo perdoneremmo alla Scienza, non lo perdoneremmo al maledetto Covid, non lo perdoneremmo a noi.

Giampiero Casoni. Giampiero Casoni è nato a San Vittore del Lazio nel 1968. Dopo gli studi classici, ha intrapreso la carriera giornalistica con le alterne vicende tipiche della stampa locale e di un carattere che lui stesso definisce "refrattario alla lima". Responsabile della cronaca giudiziaria di quotidiani come Ciociaria Oggi e La Provincia e dei primi free press del territorio per oltre 15 anni, appassionato di storia e dei fenomeni malavitosi. Nei primi anni del nuovo millennio ha esordito anche come scrittore e ha iniziato a collaborare con agenzie di stampa e testate online a carattere nazionale, sempre come corrispondente di cronaca nera e giudiziaria.

Da ilmessaggero.it il 16 aprile 2021. «Non ci hanno mandato la crème de la crème», racconta Aldo Benevelli, direttore della Prevenzione all'Asl Roma 3. E come dargli torto: l'esercito dei vaccinatori extra promessi dall'ex commissario Domenico Arcuri, nella Capitale, si è rivelato un fiasco. Non solo sono arrivati molti meno camici bianchi di quanto previsto, ma anche i pochi che hanno aderito alla call, al 20% sono già a casa o a lavorare altrove. Alcuni sono stati licenziati, altri invece hanno rassegnato le dimissioni, più o meno spontaneamente. Chi li ha visti all'opera, tra i carrelli forniti di boccette e siringhe, racconta di turni saltati, medici introvabili durante l'orario di lavoro, altri ancora invece, tra una puntura e l'altra, si sono accomodati a tavola a casa dei vaccinandi, alla faccia del distanziamento e delle regole anti-Covid. Risultato: le aziende sanitarie hanno dovuto in gran parte fare da sole, lanciando bandi per reclutare personale in proprio, arrivando a offrire fino a 60 euro l'ora ai libero professionisti disponibili a passare mezza giornata negli hub. Le premesse erano diverse: l'11 dicembre scorso, Arcuri, ancora in sella alla struttura commissariale dell'emergenza, prometteva di arruolare in tutta Italia 3mila medici e 12mila infermieri, con uno stanziamento di oltre mezzo miliardo di euro (534 milioni). Il primo tarlo dell'operazione è venuto fuori dopo poche settimane: non si trovavano abbastanza sanitari per coprire tutte le caselle. Si è provato ad assoldare specializzandi e pensionati, peccato che il serbatoio da cui attingere fosse già a secco, dato che i giovani neo-laureati e i medici a riposo sono stati sfruttati dagli ospedali fin dall'inizio della pandemia. La coperta, corta, era già stata abbondantemente spiegata. Ci si è dovuti accontentare delle rimanenze. Giovani volenterosi, pronti a dare una mano in una campagna di vaccinazione senza precedenti. E dottori rimasti a spasso. Ma non tutti si sono adoperati con la stessa lena. All'Asl Roma 4, sono rimasti a lavorare 5 vaccinatori extra. Degli altri 2 (il 28%) si sono perse le tracce: uno si è dimesso, un altro è stato messo alla porta, dopo essere stato trovato a mangiare a casa dei pazienti da immunizzare a domicilio. All'Asl Roma 2, su 30 vaccinatori extra, 4 (il 13%) se ne sono andati. Tre hanno rinunciato, uno è stato proprio licenziato, non che la cosa abbia lasciato in preda allo sconforto i superiori, dato che anche quando era incardinato nei turni l'interessato non si presentava oppure beneficiava di abbondanti pause dalla durata indefinita. All'Asl Roma 3, su 13 vaccinatori, hanno lasciato in 2 (il 15,4%). «Purtroppo accanto a qualche giovane collega davvero volenteroso - riprende Benevelli, il direttore della Prevenzione - altri erano decisamente meno motivati, dei ripieghi». Ora però i rinforzi servono. «Il commissario Figliuolo ci ha promesso un nuovo intervento - spiega Enrico Di Rosa, direttore del Servizio di igiene e sanità pubblica all'Asl Roma 1 - I vaccinatori sono indispensabili per aprire i nuovi centri».

Giusy Caretto per startmag.it il 10 maggio 2021. Promesse d’acquisto e pochi soldi. Così la gran parte degli Stati occidentali ha “finanziato” la corsa al vaccino anti Covid delle Big Pharma. Ma non solo. Se il vaccino di Pfizer-Biontech ha potuto contare su una buona somma arrivata dalla Germania (a sostegno del braccio tedesco Biontech), il vaccino di Astrazeneca, realizzato da Oxford, ha avviato sperimentazione e produzione grazie agli ordini delle dosi. E Moderna?

Ecco tutti i dettagli. Troppo pochi gli sforzi, anche finanziari, dei paesi occidentali? Sì per Francesco Giavazzi, che sul Corriere della Sera, nelle settimane scorsa ha scritto: “Se usciremo dalla pandemia non sarà, almeno nelle democrazie occidentali, grazie allo Stato bensì grazie ai vaccini prodotti da una combinazione di Big Pharma (Pfizer, Astra-Zeneca e simili) e start-up come BioNTech create da investitori privati”.

PFIZER. Ma arriviamo ai finanziamenti. Partiamo dal primo vaccino approvato, quello di Pfizer-Bionteh. A sostenere la corsa all’antitodo è stata la Germania, che ha fornito alla società tedesca 445 milioni di dollari. Bei, la Banca Banca europea per gli investimenti, e la società di immunoterapia BionTech hanno firmato un accordo di finanziamento da 100 milioni di euro per sostenere lo sviluppo di BNT162, il programma dell’impresa per lo sviluppo di un vaccino contro la Covid-19. Non solo. La corsa al vaccino che ha visto alleate l’azienda americana e quella tedesca hanno potuto contare su una promessa d’acquisto da parte del governo Usa di 100 milioni di dosi, per circa 2 miliardi di dollari (con l’opzione di poterne acquistare altre 500 milioni di dosi), senza versare l’anticipo. La Commissione Ue, invece, ha contrattualizzato l’acquisto di 200 milioni di dosi del vaccino (più eventuali 100 milioni) al costo di 12 euro a dose.

MODERNA. Moderna, secondo vaccino anti Covid-19 approvato, ha potuto contare sul finanziamento di Cepi, una partnership pubblico-privata che utilizza fondi forniti da governi e fondazioni per finanziare la ricerca di soluzioni contro malattie che potrebbero causare epidemie su larga scala (qui i dettagli), e sui 955 milioni di dollari concessi da Barda, la Biomedical Advanced Research and Development Authority, agenzia federale Usa. Nelle casse di Moderna anche 1,52 miliardi di dollari da parte del Governo Usa, nell’ambito del programma Warp Speed, per la prenotazione in anticipo di 100 milioni di dosi del vaccino mRNA-1273. Solo nelle ultime settimane, dopo mesi di trattative, l’Ue ha siglato un contratto per l’acquisto di 80 milioni di dosi di Moderna (per arrivare anche a 160 milioni), pagandole 18 dollari a dose.

ASTRAZENECA. Anche Astrazeneca, approvato nei giorni scorsi da Ema, come Moderna, ha potuto contare su un aiuto da parte del Governo americano: 1,2 miliardi di dollari concessi da Barda per accelerare lo sviluppo del vaccino. Nessun finanziamento dalla Bei e nemmeno dal Governo italiano (che invece ha finanziato Reithera), nonostante il coinvolgimento dell’italiana Irbm. Astrazeneca, comunque, è stata la prima a siglare un accordo di acquisto con l’Ue.

Valentina Arcovio per “la Stampa” l'8 maggio 2021. Perché un vaccino viene coperto da un brevetto? Perché il brevetto è il modo con cui si riconosce a un'azienda di avere il monopolio su un farmaco che ha sviluppato e su cui ha investito. Questo significa che l'azienda può produrre, utilizzare e vendere il farmaco senza che nessun altro possa farlo per diversi anni e quindi guadagnare sul prodotto sviluppato. Il brevetto quindi consente all'inventore e al finanziatore di avere la garanzia di poter ottenere in esclusiva un ritorno economico da un investimento, creativo ed economico, fatto in precedenza. La possibilità di farsi riconoscere un brevetto, e quindi una temporanea esclusiva su un'invenzione, è considerata un incentivo importante per favorire l'innovazione. Si può liberare un vaccino da un brevetto in anticipo? Sì, è un'eventualità che viene contemplata. In caso di emergenza, infatti, i governi hanno la possibilità di sospendere temporaneamente il monopolio dato da un brevetto. In particolare, la Risoluzione 58.5 dell'Assemblea mondiale della sanità (AMS), l'organo legislativo dell'Organizzazione mondiale della sanità (OMS), prevede che durante una pandemia i governi possano attuare tutte le misure necessarie per migliorare la fornitura di farmaci e vaccini, compresa la possibilità di intervenire sull'Accordo sugli aspetti commerciali dei diritti di proprietà intellettuale (TRIPs), lo standard per la gestione della proprietà intellettuale in ambito internazionale. Quindi un governo ha la possibilità di stabilire una licenza obbligatoria, che di fatto libera temporaneamente il prodotto, in questo caso il vaccino, dal brevetto anche senza il consenso di chi lo ha registrato. Ci sono precedenti? Non ci sono precedenti così eclatanti nella storia recente di iniziative così dirompenti come quella di sospendere i brevetti dei vaccini antiCovid lanciata dal presidente degli Stati Uniti, Joe Biden. In passato ci sono state molte battaglie in tal senso, a proposito dei farmaci per la terapia per l'Aids e per quelli contro l'Epatite C. Storica, nel 1997 quella condotta dall'allora presidente del Sudafrica, Nelson Mandela per produrre in proprio i farmaci contro l'Aids. Ma il caso dei vaccini antiCovid è molto più importante di qualunque precedente perché stiamo parlando di un farmaco salva-vita di cui c'è un fabbisogno enorme che riguarda l'intero pianeta. Senza brevetti avremmo più dosi dei vaccini? Non è necessariamente così. Perché se anche nessuno possa vietare a un'azienda di produrre un vaccino, il cui brevetto è stato sospeso, non è affatto scontato che riesca effettivamente a farlo. I vaccini antiCovid, specialmente quelli a base di RNA prodotti Pfizer e Moderna, sono nuovi e utilizzano tecnologie sofisticate che non tutte le aziende posseggono. Inoltre, il brevetto non è una ricetta che basta seguire per replicare il prodotto. Anzi, all'interno di un brevetto potrebbero non esserci delle informazioni essenziali per la produzione dei vaccini. l5Di cosa hanno paura le aziende che non vogliono rinunciare al brevetto? Sostanzialmente temono di non poter guadagnare. Anche se per il vaccino antiCovid sono stati stanziati numerosi e corposi finanziamenti pubblici. Ma la paura più grande delle aziende è quella di creare un precedente che disincentiva grandi investimenti per lo sviluppo di nuovi vaccini o farmaci. Alle incertezze legate alle fasi di sviluppo e sperimentazione, infatti, si andrebbero poi ad aggiungere quelle sul rischio di vedersi sospendere il brevetto. Alcune aziende potrebbero inoltre decidere di non brevettare le loro soluzioni, con il rischio che queste non siano mai pienamente nel pubblico dominio.

Danilo Taino per il "Corriere della Sera” il 7 maggio 2021. Non è mai stato semplice progettare la vaccinazione del mondo contro il Covid-19. La decisione di Joe Biden di sospendere i brevetti sviluppati dalle compagnie farmaceutiche che li stanno producendo potrebbe rendere la campagna più facile. Oppure più difficile. Gli esperti e chi è interessato sono divisi. Un' autorità in materia, il dottor Anthony Fauci, ha detto pochi giorni fa di essere «agnostico» sull' opportunità del waiver (rinuncia) temporaneo sulla proprietà intellettuale dei vaccini, ma sarebbe contrario se il cambiamento delle regole internazionali sui brevetti significasse allungare i tempi della campagna. Per vaccinare il 70% della popolazione mondiale e raggiungere a livello globale quella che ci si è abituati a chiamare immunità di massa, servono undici miliardi di dosi, se si calcola di iniettarne due per persona. Per ora, quelle somministrate sono poco più di un miliardo e duecento milioni: l' 83% di queste finite nelle braccia di abitanti di Paesi ricchi e medio-ricchi (secondo il contatore del New York Times ). Una delle ragioni per le quali Stati Uniti, Europa, Russia, forse Cina si sono avvicinati alla proposta di India, Sudafrica e di un centinaio di altri Paesi di sospendere i brevetti è che questo aumenterebbe la capacità produttiva e creerebbe le condizioni per una campagna efficace, soprattutto nelle aree povere del mondo. Su contratti di acquisto globali per 8,6 miliardi di dosi, sei sono stati siglati da Paesi ricchi o medio-ricchi. Al momento, i dati sulla produzione non sono resi pubblici dalle società farmaceutiche. La società Affinity Data prevede che si producano 9,5 miliardi di dosi entro la fine di quest' anno. Il Centro sulla salute globale della Duke University, in North Carolina, ritiene invece che se ne realizzeranno 12 miliardi ma più probabilmente entro la fine del 2022. Quanto possa aggiungere a questi volumi il waiver sulla proprietà intellettuale, ammesso che lo aggiunga in tempo, è difficile da calcolare. Le ragioni per le quali l'industria farmaceutica ma anche molti esperti si oppongono alla sospensione dei brevetti sono numerose. Il limite di produzione odierno - sostengono - non è dato da ostacoli posti da questi, ma da una scarsità di alcune componenti necessarie a realizzare i vaccini, soprattutto quelli a tecnologia mRNA, cioè BioNTech-Pfizer e Moderna. E per produrre un vaccino servono più di 200 componenti prodotti in diversi luoghi del pianeta: se ne manca uno tutto si ferma. C' è penuria soprattutto di enzimi, lipidi, nucleotidi per vaccini mRNA, ha scritto la rivista Nature. Inoltre, produrre un vaccino è un processo biologico complesso: rendere liberi i brevetti non si trasforma automaticamente in più produzione se le imprese che li realizzano non sono tecnologicamente attrezzate - dicono le imprese -, si può anzi aprire la strada a pasticci e a rischi alla salute di chi riceve dosi mal prodotte. In più, la sospensione potrebbe allungare i tempi della campagna anche per le opposizioni legali. «Sprecare tempo e avvocati in argomenti legali non è il modo vincente - ha sostenuto Fauci -. La gente sta morendo in giro per il mondo e dobbiamo mettere i vaccini nelle loro braccia nel modo più veloce e più efficiente possibile». Secondo l' industria farmaceutica, questo modo è il trasferimento della tecnologia da parte loro ad altre aziende in grado di produrre, sulla base di accordi e controlli. La britannica AstraZeneca, per esempio, ha fatto contratti di produzione per 2,9 miliardi di dosi con 25 imprese in 15 Paesi, in particolare con la Serum Institute indiana, il maggiore produttore di vaccini al mondo. L' americana Merck produce quello di Johnson&Johnson, la francese Sanofi ha un accordo con BioNTech-Pfizer, la britannica Gsk e la svizzera Novartis con la tedesca CureVac. I favorevoli alla sospensione temporanea dei brevetti ricordano invece il caso della lotta all' Aids, per curare il quale negli Anni Novanta del secolo scorso i medicinali erano costosi e disponibili di fatto solamente in Europa e Usa: solo con la caduta dei brevetti si è potuto distribuirli nel mondo povero. Con la presa di posizione di Washington e dell' Europa, la discussione in corso in sede Wto - l' Organizzazione Mondiale del Commercio - sul trattamento della proprietà intellettuale dei vaccini anti-Covid-19 fa ora un salto di qualità. Si tratta di sospendere temporaneamente il Trips Agreement, l' Accordo sugli aspetti legati ai diritti di proprietà. «Saluto caldamente» la scelta americana, ha commentato la director general Ngozi Okonjo-Iweala. Ora si dovrà trovare un compromesso tra governi, società farmaceutiche che si oppongono al waiver il quale - dicono - le disincentiva dal fare ricerca in futuro, ong, autorità sanitarie. Con avvocati al tavolo. Non sarà breve.

Estratto dell’articolo di Claudio Tito per “la Repubblica” il 7 maggio 2021. (...) Molti, dentro e fuori l'Ue, si sono però convinti che la frenata della Germania risponda a tre interessi molto concreti: la difesa del brevetto della Biontech, una delle Big Pharma con sede a Magonza. La tutela del ruolo politico di Berlino come "ponte" verso la Cina. La campagna elettorale ormai iniziata verso il voto di settembre. La mossa di Biden, infatti, ha anche un preciso obiettivo geostrategico: arginare l'espansionismo cinese in Asia e in Africa. È esattamente la cosiddetta diplomazia del vaccino che fino a poche settimane fa veniva attribuita a Mosca e, appunto, a Pechino. E in questo stesso quadro rientra l'accordo commerciale con l'India che sarà perfezionato domani, sempre a Porto. La finalità è non consegnare al Dragone il monopolio dei rapporti in quell'area del mondo e nello specifico con un Paese - travagliato dal Covid - che conta oltre un miliardo di abitanti. Ma raggiungere pienamente questo obiettivo comporta anche il rischio di ridimensionare il ruolo internazionale della Germania. (…) Draghi dunque è pronto al braccio di ferro con Merkel. E chi conosce bene il premier racconta che scontri analoghi con la Cancelliera li ha avuti pure negli otto anni alla Bce: "In quei casi si affacciava alla finestra dal suo studio di Francoforte e non si muoveva, Adesso si affaccia dall'ufficio di Palazzo Chigi". 

Letizia Tortello per lastampa.it il 7 maggio 2021. Angela Merkel contro Joe Biden. I toni sono ben diversi da quelli che la cancelliera usava con Trump, ma la reazione all’annuncio del presidente Usa, che ha chiesto di liberalizzare i vaccini, è da muro contro muro. Merkel ha reagito con scetticismo all'iniziativa degli Stati Uniti, che mira ad accelerare la distribuzione globale del farmaco anti-Covid. «La protezione della proprietà intellettuale è una fonte di innovazione e deve rimanere tale in futuro», ha affermato giovedì una portavoce del governo tedesco alla Süddeutsche Zeitung. «Il fattore limitante nella produzione di vaccini è la capacità di realizzarli, insieme agli elevati standard di qualità che questi vaccini richiedono. Non sono i brevetti». E infatti «stiamo lavorando in molti modi per migliorare le capacità di produzione in Germania e nell'Unione europea, ma anche a livello mondiale, e anche le aziende interessate lo stanno facendo». Se si seguisse il volere di Biden, questo avrebbe «implicazioni significative per la produzione nel suo complesso», dice Merkel. Insomma, secondo lei, aprire il know how avrebbe ricadute più negative che positive. Anche il ministro dello Sviluppo, Gerd Müller (Csu), ha criticato l'avanzata di Washington. Müller ha chiesto agli Stati Uniti di contribuire piuttosto a garantire che i vaccini possano essere prodotti più velocemente e in quantità maggiore. Anche l'Unione europea ha reagito con scarso entusiasmo alla proposta americana. Il presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, si è detta aperta a una discussione sulla revoca parziale della proprietà intellettuale. Tuttavia, ha sottolineato che la priorità dovrebbe essere l'aumento delle capacità di produzione. I capi di Stato e di governo dell'Ue vogliono affrontare la questione oggi, venerdì, al vertice di Porto, in Portogallo. La Germania è uno dei principali Paesi impegnati in Covax, il programma per distribuire i vaccini agli Stati più poveri. Mette a disposizione un miliardo di euro. La revoca temporanea della protezione dei brevetti per i vaccini Covid-19 significherebbe che le aziende di tutto il mondo potrebbero produrre vaccini da produttori come la tedesca BioNTech senza pagare le tasse per le licenze. E infatti la multinazionale di Magonza si è detta contraria: «I brevetti non sono il fattore limitante per la produzione o la fornitura del nostro vaccino. L'autorizzazione non aumenterebbe la produzione globale e l'offerta di dosi di vaccino a breve e medio termine», commenta. La reazione di Berlino è senz’altro spiegabile con il disappunto del governo federale negli confronti degli Stati Uniti, che hanno protetto la loro campagna di vaccinazione nazionale per mesi con severi divieti di esportazione, e ora agiscono come campioni della solidarietà internazionale.

Da lastampa.it il 7 maggio 2021. L'ad di Pfizer, Albert Bourla, dice di essere «per nulla» favorevole alla rimozione dei brevetti sui vaccini anti-Covid. Parole dette durante la Quinta Conferenza Internazionale Vaticana che arrivano dopo la svolta di Joe Biden che ieri ha annunciato di essere favorevole a rimuovere le protezioni dei brevetti per i vaccini contro il Covid-19 ed è impegnata «attivamente» in questo senso nei negoziati in corso al Wto. Un annuncio che aveva raccolto commenti entusiasti e di sostegno praticamente in tutto il mondo, ma che non aveva ancora fatto i conti con la resistenza delle multinazionali farmaceutiche. Secondo Bourla, che ha parlato con l'Afp, aprire dei siti di produzione del vaccino Pfizer-BioNTech ai di fuori degli Stati Uniti e nell’Unione europea sarebbe complicato per i problemi legati all'approvvigionamento delle materie prime, rischiando di «ridurre il numero di dosi prodotte». Il manager ha poi chiesto di «non disturbare (le operazioni di produzione) con annunci politicamente motivati, con delle promesse vuote». Bourla ha raccontato anche il dietro le quinte dell’accordo con Biontech per la produzione del secondo vaccino anti Covid approvato al mondo: «Il vaccino Pfizer ha avuto risultati positivi a novembre 2020 ed è stato registrato a dicembre 2020. Ma sapete quando abbiamo firmato l'accordo commerciale? Nel gennaio 2021. Un accordo da miliardi di dollari è stato messo in attesa, per concentrare tutti gli sforzi sulla realizzazione del vaccino». La pandemia Covid ha visto l'avvio di molte collaborazioni e molte di queste sono state «atipiche», ha precisato, «e una delle collaborazioni più atipiche è quella che abbiamo avuto noi di Pfizer con BioNTech. Non perché abbiamo collaborato e unito le forze per sviluppare un vaccino, cosa molto comune visto che la scienza progredendo, unendo le forze. Ma perché lo abbiamo fatto senza avere un contratto, e non so se molte persone lo sappiano». «Quando abbiamo deciso di aderire – ha ricordato Bourla – ho parlato con il Ceo di BioNTech, ora mio caro amico, Ugur Sahin. E gli ho detto: Ugur, capisci che stiamo correndo contro il tempo. Non avremo tempo per i contratti prima di mesi. E lui rispose: Lo capisco, possiamo stringere la mano attraverso la fotocamera Zoom? E' così che sono andate le cose all'inizio. L’unica cosa di cui eravamo preoccupati era quale sarebbe stata la prossima decisione da prendere per assicurarsi che il vaccino sarebbe stato efficace e sicuro». Questi, ha concluso, «sono gli esempi, e sono sicuro che ne esistano altrove nel settore, che ci rendono tutti così orgogliosi».

Dagotraduzione da Axios il 6 maggio 2021. Ci vorrà qualcosa di più della rinuncia alla protezione dei brevetti per i vaccini contro il Coronavirus per correggere il divario globale nell'accesso ai farmaci. Rinunciare ai diritti di proprietà intellettuale delle società farmaceutiche rischia infatti di creare un precedente per i futuri investimenti in nuovi farmaci. È un rischio concreto se non si aggiungono ulteriori passaggi per aumentare la disponibilità di dosi in tutto il mondo. Gli Stati Uniti «parteciperanno attivamente ai negoziati presso l'Organizzazione mondiale del commercio» per rinunciare alla protezione della proprietà intellettuale, ha dichiarato ieri l'ambasciatrice degli Stati Uniti Katherine Tai, aggiungendo che i negoziati richiederanno tempo. Se concordata, una rinuncia «creerà un ambiente privo di rischi per qualsiasi potenziale produttore, che, se ne ha le capacità, potrà così decodificare alcuni di questi vaccini», ha detto Tahir Amin, co-fondatore e co-direttore esecutivo di "Iniziativa per farmaci, accesso e conoscenza". Amin ha spiegato che entro la fine dell'anno i nuovi produttori potrebbero essere in grado di produrre alcuni dei vaccini utilizzando una tecnologia più tradizionale, ma potrebbe essere necessario più tempo per capire come realizzare vaccini a mRNA. Secondo alcuni esperti ed attivisti, però, finanziamenti per aumentare la produzione e supporto logistico sarebbero metodi più efficaci e veloci per soddisfare la domanda globale. «Sfortunatamente questa negoziazione richiederà tempo ed energia, distogliendo l'attenzione da quello che è necessario: un approccio globale per aumentare la capacità produttiva di vaccini a livello mondiale», ha spiegato Krishna Udayakumar, direttore del Duke Global Health Innovation Center. «Avviare una nuova produzione, anche se si disponesse di un trasferimento tecnologico completo e si collaborasse a stretto contatto con un nuovo partner di produzione - e non è il nostro caso - richiederebbe almeno sei mesi, di solito molto di più» ha detto l'ex commissario della Fda Scott Gottlieb. Gli esperti temono inoltre che indebolire le tutele sui brevetti, oltre a essere una soluzione potenzialmente inefficiente, può comportare rischi significativi a lungo termine, soprattutto in caso di future pandemie. «L'unico beneficiario immediato qui sarebbe la Cina, che ha cercato a lungo di smantellare le regole globali che proteggono la proprietà intellettuale americana, ed è in grado di copiare questi vaccini», ha detto Gottlieb. «Mi chiedo se vogliamo inviare a potenziali aziende il messaggio che più grande è la crisi sanitaria, meno rispetteremo e proteggeremo la tua proprietà. È un ottimo sistema se si crede che questa sia l'ultima pandemia che affronteremo», ha twittato Craig Garthwaite, professore alla Northwestern University.

Vaccino Covid, AstraZeneca conferma di aver dato priorità al Regno Unito. Valentina Mericio il 26/05/2021 su Notizie.it. Al Regno Unito è stata la precedenza per la consegna del vaccino covid. Lo ha reso noto la casa farmaceutica AstraZeneca. Dalla casa farmaceutica AstraZeneca è arrvata la conferma. Al Regno Unito è stato accordato un canale preferenziale per la consegna dei vaccini anti-covid, ma l’Unione Europea ne era stata informata. A renderlo noto il consulente legale di AstraZeneca Hakim Boularbah che nel corso dell’Udienza che si è tenuta mercoledì 26 maggio a Bruxelles, ha spiegato nel dettaglio cosa comprendono gli accordi tra l’Unione Europea e la casa farmaceutica. “Abbiamo fatto del nostro meglio come prevede il contratto”, ha dichiarato a tal proposito il consulente legale di AstraZeneca. A dispetto dei notevoli ritardi nella consegna del vaccino di Oxford invocati dall’Unione Europea durante l’udienza al tribunale di Bruxelles, il consulente legale di AstraZeneca Hakim Boularbah ha ribadito che la casa farmaceutica ha rispettato “pienamente i termini del suo contratto di acquisto anticipato con la Commissione europea”.

Non solo. Il Consulente legale di AstraZeneca ha messo in evidenza come l’Unione Europea sia stata anche a conoscenza del fatto che nei confronti del Regno Unito sarebbe stata data priorità nella consegna dei vaccini. “La Commissione europea era stata informata durante il processo di presentazione dell’offerta originale l’estate scorsa che il Governo del Regno Unito aveva la priorità sulla catena di approvvigionamento nel Regno Unito, contrariamente alle ripetute e errate argomentazioni della Commissione”, queste le parole del consulente legale di AstraZeneca intervenuto nell’udienza di mercoledì 26 maggio, presso il tribunale di Bruxelles dove è stato fatto luce sulle responsabiltà della casa farmaceutica. Nel frattempo l’avvocato dell’Unione Europea Rafael Jeffareli ha accusato di aver consegnato 50 milioni dosi verso Paesi diversi da quelli dall’Unione Europea. A fronte di ciò avrebbe chiesto che venga pagata una sanzione di almeno 10 milioni di euro, nonché 10 euro per ogni dose che non è stata consegnata in orario. L’avvocato di AstraZeneca ha fatto infine sapere che per tutto il periodo della pandemia, la produzione e la distribuzione dei vaccini avverrà completamente a senza scopo di lucro. “Il vaccino AstraZeneca rappresenta attualmente il 90% delle vaccinazioni in India e il 98% delle consegne a Covax. AstraZeneca continuerà il suo lavoro per fornire vaccini al mondo, compresi i 300 milioni di dosi all’Ue, senza scopo di lucro durante il periodo della pandemia”.

Schiaffo Ue ad AstraZeneca: "Contratto non rinnovato". Federico Giuliani il 9 Maggio 2021 su Il Giornale. L'Unione europea ha deciso di non rinnovare l'ordine di vaccini anti Covid ad AstraZeneca. Bruxelles punta su Pfizer-BioNTech. Semaforo rosso per AstraZeneca. L'Unione europea ha deciso di non rinnovare l'ordine di vaccini anti Covid all'azienda anglosvedese, contro cui, nelle scorse settimane, è stata avviata una causa legale per inadempienza del contratto.

Contratto non rinnovato. La notizia è stata confermata dal commissario europeo al Mercato Interno, Thierry Breton, all'emittente francese France Inter. "Noi non abbiamo rinnovato l'ordine dopo giugno. Vedremo che succede", si è limitato a spiegare Breton. Ricordiamo che l'attuale contratto stipulato tra AstraZeneca e Ue andrà in scadenza alla fine di giugno. Senza una nuova fumata bianca, l'Europa smetterà di puntare sulle dosi del vaccino AZ1222. La sensazione, tuttavia, è che l'Ue abbia già scelto quale strada percorrere. Ossia, quella che porta dritta ad altre case farmaceutiche. "Abbiamo iniziato con Pfizer a lavorare con la seconda fase per i vaccini di seconda generazione", ha aggiunto Breton, confermando, di fatto, il sodalizio tra Bruxelles e la multinazionale americana. In ogni caso, il commissario non ha affatto criticato AstraZeneca, considerato, al contrario, "un vaccino molto buono e interessante", soprattutto grazie alle sue caratteristiche logistiche.

La scelta di Bruxelles. L'annuncio di Breton è arrivato all'indomani di un'altra importante comunicazione. Appena 24 ore fa, infatti, Ursula con der Leyen ha alzato il sipario sul nuovo contratto stipulato tra Ue e Pfizer-BioNtech per 1.8 miliardi di dosi del vaccino. Tra l'altro, l'accordo con Pfizer è costruito in modo tale che l'intesa includa "la possibilità per gli Stati membri di donare o rivendere le dosi, in modo da poterle offrire per esempio anche ai nostri vicini", ha aggiunto la presidente della Commissione Ue. "Sono felice di annunciare che la commissione Ue ha appena approvato un contratto per 900 milioni di dosi garantire con l'opzione per altri 900 milioni con Biontech.Pfizer per il 2021-2023. Seguiranno altri contratti e altre tecnologie per i vaccini", ha quindi sintetizzato von der Leyen. Chiaro il messaggio di Bruxelles: l'Europa, che ambisce a coprire il 70% della popolazione adulta dei 27 Paesi membri entro fine giugno, punterà sui vaccini a mRNA. Oltre a una scelta di natura tecnica, è impossibile non considerare la diatriba legale che ha travolto AstraZeneca. A causa di vari problemi di produzione, l'azienda ha fornito decine di milioni di vaccini in meno rispetto a quelli previsti dai contratti messi nero su bianco con le istituzioni europee. La Commissione ha quindi avviato un'azione legale contro la casa farmaceutica anglosvedese per non aver rispettato i patti relativi alla fornitura delle dosi e per non aver un piano "affidabile" per garantire consegne tempestive.

Da ansa.it il 23 aprile 2021. Almeno 26 Paesi dell'Ue hanno aderito alla decisione della Commissione europea di procedere con un'azione legale contro AstraZeneca. Si apprende da più fonti diplomatiche europee. La decisione delle cancellerie è stata comunicata attraverso il meccanismo dello Steering board (comitato che mette insieme la Commissione e le capitali). La Germania è stata tra gli ultimi a dare il suo assenso. Le fonti non sono state però nella posizione di confermare anche l'ok dell'Ungheria. In linea di massima comunque l'Esecutivo comunitario dovrebbe andare avanti con l'azione legale. Una decisione in questo senso è attesa per oggi.

(ANSA il 26 aprile 2021) - "La Commissione europea ha lanciato venerdì un'azione giuridica nei confronti di AstraZeneca, a nome dei 27 Stati membri". Lo ha annunciato un portavoce dell'esecutivo comunitario precisando che "l'azienda non è stata capace di presentare una strategia affidabile" sulle consegne dei vaccini.

Gian Micalessin per il Giornale il 28 aprile 2021. La prima udienza si apre oggi davanti al tribunale di prima istanza di Bruxelles. Ma il processo intentato dall'Unione Europea contro Astra Zeneca per la mancata fornitura di due terzi delle 300 milioni di dosi di vaccino concordate potrebbe rivelarsi una causa senza speranza. Così, almeno, fa temere una consulenza redatta lo scorso agosto dagli esperti legali della multinazionale Deloitte incaricati di verificare, per conto del governo belga, le bozze di contratto che la Commissione Europea e l'azienda farmaceutica si apprestavano a firmare. Il documento, reso pubblico grazie ad un'istanza sulla libertà d'informazione avanzata dal settimanale belga Knack, lascia poco spazio ai dubbi. E non solo per la rilevata assenza nel contratto di qualsiasi riferimento a precise penali in caso di mancata consegna, ma anche per l'introduzione di un codicillo che esclude esplicitamente la possibilità per l'Unione Europea di intentar causa alla multinazionale nel caso di inadempimenti nelle forniture. Le mancanze e le leggerezze contrattuali individuate dalla Deloitte nel documento datato 17 agosto 2020 non servirono però a smuovere il governo belga che si guardò bene dall'interrompere i lavori della Commissione impegnata proprio in quei giorni a firmare l'accordo beffa. Ancor più gravi della scelta belga di lavarsene le mani risultano però la faciloneria e l'incompetenza dei funzionari della Commissione incaricati di definire i contratti. Funzionari piegatisi alle richieste della controparte accettando delle bozze contrattuali rivelatisi carta straccia dal punto di vista dell'interesse dei cittadini europei. E ancora peggiore appare la condotta degli organi di controllo arrivati a vidimare un accordo risultato una via di mezzo tra la truffa e la circonvenzione d'incapace. Per capire la cialtroneria della controparte europea basterebbe l'articolo 5.1 del contratto. Un articolo che - come ravvisano gli esperti legali di Deloitte - «non prevede sanzioni nel caso quantità e date di consegna non vengano rispettate». Ma il peggio del peggio è la clausola che esclude qualsiasi ricorso ai tribunali da parte dell'Unione Europea in caso di mancato rispetto delle consegne. Quella clausola rischia di compromettere sin dall'inizio il processo e potrebbe rivelarsi un ostacolo insormontabile per gli avvocati europei impegnati a dimostrarne l'inammissibilità legale. Analizzando il documento della Deloitte è interessante notare come gli avvocati del gruppo, sconcertati dall'evidente faciloneria europea, arrivino a prevedere passo dopo passo le irregolarità e le scorrettezze che verranno inanellate nei mesi a venire da Astra Zeneca. Esaminando l'articolo 6.2 gli esperti di Deloitte intuiscono immediatamente il rischio derivante dagli «accordi che AZ (AstraZeneca) concluderà con paesi terzi». «È stabilito che resterà la disponibilità di sufficienti quantità?», chiede il documento suggerendo di «includere una sanzione per Az nel caso non sia in grado di adempiere alle obbligazioni contrattuali in seguito agli accordi di forniture presi con stati terzi». Esattamente quanto succederà solo cinque mesi dopo quando Astra Zeneca limiterà o annullerà le forniture europee per garantire invece quelle concordate con il Regno Unito. E arriverà addirittura a trasferire oltre-Manica le dosi prodotte in Europa. Ben guardandosi, invece, dal destinare alla Ue le dosi uscite dai suoi due stabilimenti inglesi ripetutamente menzionati nei contratti con la Commissione quando si trattava di garantire le proprie capacità produttive.  

Pfizer, i dettagli dell'accordo con l'Unione europea: "Nessuna responsabilità per i danni e prezzi più alti". Libero Quotidiano il 21 aprile 2021. Svelati i dettagli del contratto d'acquisto del vaccino anti Covid dell'americana Pfizer, siglato dall'Unione europea: L'azienda non si assume nessuna responsabilità dei danni in seguito alla somministrazione, e il prezzo medio del preparato risulta più alto delle stime precedenti. A rivelare le clausole del mega-contratto il quotidiano spagnolo La Vanguardia che ha avuto accesso ai documenti sottoscritti lo scorso 20 novembre dalla responsabile globale del programma vaccini di Pfizer, Nanette Cocero e dal Commissario europeo per la salute, Stella Kyriakides. Firma capolavoro dei vertici di Pfizer che in un colpo solo riescono ad aumentare il prezzo di vendita del preparato e togliersi di dosso qualsiasi responsabilità di casi avversi. Una volta consegnate le dose ai Paesi compresi nell'accordo, l'azienda non potrà essere ritenuta responsabile né dovrà affrontare alcun risarcimento, in prima persona o attraverso qualsiasi rappresentante o partner. Il contratto prevede l'acquisto da parte della Commissione Europea di 200 milioni di dosi, con l'opzione di acquisto di altre 100 milioni e prevede prezzi più alti di quelli anticipati nelle scorse settimane. Il costo per le prime 100 milioni di dosi era di 17,50 euro a dose (più tasse), mentre per la fornitura delle ulteriori 100 milioni di dosi scendeva a 13,50 euro. Il contratto prevedeva anche l'opzione per l'Ue di eseguire un ordine da aggiuntivi 100 milioni di vaccini al prezzo di 15,50 euro, purché la richiesta fosse stata inoltrata entro l'arco di tre settimane successive all'autorizzazione espressa dall'Ema lo scorso 21 dicembre. Nel caso opposto, il prezzo sarebbe salito nuovamente a 17,50 euro. L'ordine è infine arrivato una settimana dopo la conferma dell'Agenzia europea del farmaco. Cosa stupisce del contratto non è però tanto il prezzo del preparato, quanto l'esclusione dell'azienda americana da qualsiasi tipo di responsabilità. L'unica ipotesi ammessa riguarda i problemi dei vaccini riscontrati durante la fase di produzione. Una volta impacchettati e spediti tuttavia, decade ogni ipotesi di responsabilità o risarcimento. 

(Adnkronos il 21 aprile 2021) - E' un contratto a costo “crescente” per singolo vaccino (come si sapeva) ma soprattutto che solleva Pfizer da qualsiasi coinvolgimento una volta consegnate le dosi ai paesi membri: per le eventuali ripercussioni del farmaco, l'azienda non potrà essere ritenuta responsabile né dovrà affrontare alcun risarcimento, in prima persona o attraverso qualsiasi rappresentante o partner. E' uno scarico totale di responsabilità quello che emerge dal contratto rivelato oggi dal quotidiano catalano “La Vanguardia” che ha avuto accesso ai documenti firmati lo scorso 20 novembre (quando non era ancora giunta neppure l'autorizzazione dell'Ema alla distribuzione del vaccino) dalla responsabile globale del programma vaccini di Pfizer, Nanette Cocero, e dal Commissario europeo per la salute, Stella Kyriakides. Il contratto si riferisce all'acquisto da parte della Commissione Europea di 200 milioni di dosi, con l'opzione di acquisto di altre 100 milioni e prevede prezzi più alti rispetti a quelli trapelati - per errore - nelle scorse settimane: il costo infatti per le prime 100 milioni di dosi era di 17,50 euro a dose (più tasse), mentre per la fornitura delle successive 100 milioni di dosi scendeva a 13,50 euro. Il contratto contemplava la possibilità per l'Ue di ordinare ulteriori 100 milioni di dosi a 15,50 euro purché la richiesta fosse pervenuta entro tre settimane dall'autorizzazione dell'Ema, giunta lo scorso 21 dicembre: in caso contrario il prezzo sarebbe risalito a 17,50 euro. Ordine puntualmente arrivato appena una settimana dopo il via libera dell'autorità europea del farmaco. Tuttavia, listino a parte , a colpire è soprattutto la dettagliata 'esclusione' di responsabilità di Pfizer da eventuali danni a terzi. L'unica ipotesi contemplata è quella legata a problemi nella produzione del vaccino: una volta consegnato ai singoli paesi, invece, decade qualsiasi ipotesi di risarcimento neppure per conseguenze avverse non descritti nella scheda tecnica del farmaco.

Moderna, "nei peggiori paradisi fiscali": ecco dove finiscono i miliardi incassati grazie al vaccino. Libero Quotidiano il 14 luglio 2021. Con il coronavirus i profitti delle case farmaceutiche sono schizzati alle stelle. Perché dunque non tenerli al sicuro dalle tasse? È successo a Moderna, l'azienda statunitense che da inizio anno sforna vaccini, ha ben pensato di spedire i profitti di questi ultimi nei paradisi fiscali. Di preciso, rivela Italia Oggi, tra la Svizzera e il Delaware. Secondo un report pubblicato dall’organizzazione olandese Research on Multinational Corporations (Somo), i profitti della casa farmaceutica Moderna "finiranno in alcuni dei peggiori paradisi fiscali del mondo". Non solo, perché stando a quanto fatto trapelare dal dossier esisterebbe anche un contratto tra l'azienda e la Commissione europea. La principale istituzione a livello europeo, che ha ordinato milioni di dosi di vaccino, ha acconsentito ai versamenti nella filiale svizzera della società, Moderna Switzerland GmbH, con sede a Basilea, in Svizzera appunto. Ma Moderna è in buona compagnia. Perché come lei sono numerose le case farmaceutiche straniere attirate dai paradisi fiscali grazie ad un’aliquota fiscale vantaggiosa del 13 per cento. Altra meta ambita è lo Stato Usa del Delaware, dove l'azienda ha incanalato 780 brevetti. Secondo la legge dello Stato, il reddito da beni immateriali, come quello dei brevetti, è completamente esentasse. L’organizzazione olandese indica che oltre a pagare poche tasse, Moderna ha beneficiato di finanziamenti pubblici per sviluppare il vaccino e applicato prezzi elevati. "I profitti che Moderna sta traendo dai vaccini sono scandalosi - commenta Vincent Kiezebrink, ricercatore di SOMO -. Come società, stiamo pagando tre volte: finanziamo la ricerca sullo sviluppo dei vaccini, paghiamo prezzi gonfiati per acquistare quei vaccini e poi Moderna utilizza strutture fiscali per evitare le tasse sulle imprese". Secondo le stime infatti Moderna Switzerland GmbH verrà pagata 22,50 dollari per dose, per un totale di 460 milioni di dosi solo nel 2021. Questo si traduce in un ricavo di circa 10,3 miliardi di dollari, con una quota di profitto stimata al 44 per cento.

Fabio Pavesi per affaritaliani.it il 20 aprile 2021. Che il vaccino anti-Covid fosse un affare d’oro per i produttori lo si era capito da tempo. Bastava andare a rileggersi le previsioni sui ricavi futuri formulate da Pfizer e Moderna nei mesi scorsi. Il colosso Usa guidato da Albert Bourla ha stimato ricavi aggiuntivi nel solo 2021 per 15 miliardi di dollari dal suo vaccino. Una cifra che da sola vale quasi il 40% dell’intero giro d’affari mondiale annuo di Pfizer. E da quei 15 miliardi di dollari dalle vendite del suo siero, la casa americana stima utili operativi tra i 3 e 4 miliardi. Discorso analogo per Moderna. La ex micro biotech americana grazie al suo vaccino (il più costoso sul mercato a un prezzo che sfiora i 19 euro a dose) passerà da soli 800 milioni di fatturato a 18 miliardi quest’anno. Un cambio di passo epocale, un’accelerazione fenomenale con utili netti a esplodere ben oltre i 4 miliardi di dollari.

La corsa all'oro. Gli utili stellari che le varie Pfizer e Moderna conseguiranno, sono certo figli del boom dei ricavi, ma anche di costi per la ricerca e la produzione assai contenuti. La prova è non solo nei bilanci delle due case, ma nei documenti sui contratti che sono stati sottoscritti con la Commissione Europea e che Report ha pubblicato integralmente. Ebbene in quei contratti sono svelati, almeno per Moderna, anche i costi di produzione. Vediamoli.

I costi di produzione dei vaccini. L’azienda guidata da Stephane Bancel spenderà per produrre 80 milioni di dosi per l’Europa e che frutteranno ricavi per oltre 1,6 miliardi di euro, poco più di 300 milioni di euro. Il 20% del valore del venduto. 84 milioni costeranno le materie prime per produrre il siero; 173 milioni per la produzione; e altri 40 milioni tra spese di logistica e oneri regolatori. Se si replica lo schema della Commissione Europea su tutto il globo ecco che Moderna venderà il suo vaccino a quasi 6 volte i suoi costi diretti. Certo, poi ci sono le spese di ricerca e sviluppo. Dai bilanci Moderna ecco che nel 2020 le spese per ricerca e sviluppo del vaccino Covid sono ammontate a poco più di 800 milioni di dollari. È la spesa totale che ha portato alla scoperta del vaccino per il quale sono stati firmati accordi di acquisto per il 2021 per ben 18,4 miliardi di dollari. Dal contratto Pfizer manca il dettaglio dei costi. Ma qualcosa si può recuperare dai bilanci del colosso Usa. Per la ricerca e sviluppo del vaccino, scoperto in tandem con Biontech, è stato speso l’anno scorso 1 miliardo di dollari. I costi della scoperta apporteranno nel 2021, solo sulla base degli accordi di acquisto già siglati nel mondo, a incassi dalle vendite per 15 miliardi di dollari. Pfizer che condivide con Biontech una partnership sul vaccino fifty fifty ha finanziato la piccola azienda bio tedesca. Prima ad aprile 2020 con 72 milioni di dollari poi con altri 50 milioni. Infine ha acquistato titoli di Biontech per 113 milioni. Un aiuto finanziario al più piccolo partner che già intravede i successi. Biontech prevede infatti di conseguire 10 miliardi di dollari di ricavi dalla vendita futura di 1,4 miliardi di dosi. Di fatto quei 10 miliardi di dollari si sommano ai 15 miliardi attesi da Pfizer. Una torta suddivisa da 25 miliardi di dollari che i due partner pensano di portare a casa nel prossimo futuro. A fronte di questa ricca messe di entrate, Biontech ha sostenuto costi di ricerca aggiuntivi per il vaccino Covid di 400 milioni. Vista così la corsa al vaccino è stata una scommessa certo rischiosa per i produttori ma sicuramente molto remunerativa fin dall’inizio. Il divario tra costi di ricerca e spese di produzione e il prezzo a cui i sieri anti-Covid sono venduti è tale da rendere il ritorno dall’investimento uno dei più grandi rendimenti nella storia di Big Pharma. Alla faccia di tutti quelli tra politici, premi Nobel, organizzazioni non governative che chiedono la sospensione dei brevetti sui vaccini Covid. Davanti all’idea di un vaccino no profit, Big Pharma si è voltato decisamente dall’altra parte.

Gates, Big Pharma e il suprematismo dei vaccini. Piccole note il 19 aprile 2021 su Il Giornale. “Secondo il Wall Street Journal, l’azienda americana Johnson & Johnson ha contattato privatamente gli altri produttori di vaccini per chiedere loro di unire gli sforzi per la ricerca sui rischi di coaguli di sangue. Il quotidiano racconta che la J&J voleva creare un’alleanza con le altre aziende per comunicare con una sola voce benefici e rischi dei vaccini e dei coaguli di sangue. Ma solo AstraZeneca – che in Europa è da settimane al centro di una controversia sui rischi di coaguli del sangue – ha aderito. I dirigenti di Pfizer e Moderna, invece, hanno declinato l’invito. Il loro vaccino, ritengono le due aziende, è sicuro, e unirsi al progetto potrebbe macchiare la loro reputazione“.

Vaccini, il tentativo di un’alleanza mondiale. Così una nota su Dagospia racconta una nuova puntata della guerra dei vaccini che si combatte sulla nostra pelle. La notizia del tentativo di Johnson & Johnson per riaprire un tavolo di collaborazione per migliorare l’efficacia dei vaccini è respinta dagli stessi che sono diventati, di fatto, i monopolisti nel mercato dell’Occidente, il più ricco. Insomma, la partita più importante che il sistema sanitario mondiale si sia mai trovato a combattere, invece di produrre la grande alleanza che molti all’inizio auspicavano, ha alimentato una folle guerra che ha avuto come conseguenza l’aumento dei decessi e tutto quel che consegue. La contesa per la supremazia dei vaccini è partita più di un anno fa quando ancora nessuno, al di fuori degli addetti ai lavori, aveva sentore di quanto stesse per accadere. Come scrive Alexander Zaitchik su The New Republic, l’11 febbraio 2020, quando in Italia mancavano ancora 10 giorni alla scoperta del primo caso ufficiale di COVID-19 e quasi un mese prima della dichiarazione ufficiale di pandemia, gli esperti della salute pubblica e malattie infettive si sono riuniti a centinaia a Ginevra presso la sede dell’Organizzazione Mondiale della Sanità e hanno lavorato alacremente per sviluppare un “progetto di ricerca e sviluppo” che riassumeva lo stato della ricerca sul coronavirus e proponeva modi per individuare e curare oltre che per la ricerca di un vaccino. La premessa di fondo era che il mondo si sarebbe unito contro il virus. La comunità scientifica avrebbe mantenuto aperti i canali di comunicazione nella certezza (scientifica) che la collaborazione internazionale avrebbe ridotto i tempi per sviluppare terapie e vaccini, a beneficio della comunità mondiale.

La difesa della proprietà intellettuale, il ruolo di Bill Gates. Ma il documento redatto per l’occasione non menzionava un tema: “la proprietà intellettuale. Se la pandemia fosse scoppiata, gli esperti e i ricercatori davano per scontato che la risposta globale si sarebbe prodotta attraverso una convergenza e che l’OMS avrebbe svolto un ruolo centrale. Non sembrava possibile che le aziende farmaceutiche e i governi avessero preoccupazioni riguardo alla proprietà intellettuale”. Invece è andata esattamente così. Continua Alexander Zaitchik: l’Oms avviò la cooperazione internazionale, ciò prevedeva che “Istituzioni pubbliche e privati ​​avrebbero condotto le ricerche e affidato la proprietà intellettuale a un fondo di ricerca globale per tutta la durata della pandemia. L’idea è diventata realtà alla fine di maggio con il lancio del WHO Covid-19 Technology Access Pool, o C-TAP”. Ma in aprile Bill Gates lancia il progetto alternativo, l'”Acceleratore ACT Covid-19“. Come altre iniziative di Gates nel campo della sanità, l’ACT si basa su una partnership pubblico-privato, un mix di filantropia e produzione industriale. Fondamentalmente, e in contrasto con il C-TAP, il progetto di Gates lasciava la proprietà intellettuale delle scoperte appannaggio delle aziende. “I suoi argomenti – che i diritti della proprietà intellettuale non avrebbero comportato problemi nel soddisfare la domanda globale o nel garantire un accesso equo [ai farmaci, ndr] e quindi avrebbero dovuto essere protetti anche durante la pandemia – furono supportati dall’enorme peso della reputazione di Gates come leader saggio, benefico e profetico”.

Il dominus della sanità mondiale. Peraltro, Bill Gates non è solo una sorta di guru: nel settore sanitario è una vera potenza, come raccontava anche l’autorevole Politico, media non certo consegnato alla dietrologia, che nel 2017 descriveva la sua enorme influenza nell’OMS, tanto che per diventare presidente di tale organizzazione è necessario passare da lui. Un’influenza criticata da tanti, scriveva Politico, “perché il denaro della Fondazione Gates proviene da investimenti di grandi imprese [in particolare Big Pharma, ovviamente, ndr] e può diventare un cavallo di Troia per perseguire gli interessi di tali aziende, minando così il ruolo dell’OMS nella definizione del suo modus operandi e delle politiche sanitarie”. Esattamente quel che è accaduto durante la pandemia, al di là delle asserite “buone intenzioni” che pure Politico accredita a Gates. Come sappiamo, a vincere la contesa sull’approccio globale alla pandemia sono stati Bill Gates e Big Pharma e tutto è rimasto in mano ai privati, con tutte le conseguenze del caso. Un dramma non solo per quanto riguarda la ricerca e la produzione di terapie e vaccini, ma anche per la distribuzione di questi ai Paesi poveri, i quali si devono attaccare, nel senso lato del termine, al Covax. Finanziato da organismi internazionali, Paesi ricchi e privati, il Covax prevede l’acquisizione di vaccini dalle aziende per distribuirle ai Paesi poveri. Ad oggi, nonostante qualcuno ne sbandieri un’illusoria l’efficacia, non ha prodotto quasi nulla. Peraltro, quanto sia filantropica e benefica Big pharma lo abbiamo scritto su queste pagine qualche settimana fa. Tali aziende “hanno chiesto formalmente all’amministrazione Biden […] di sanzionare l’Ungheria, la Colombia, il Cile e altri Paesi per aver cercato di aumentare la produzione di vaccini senza il loro permesso… Per Big Pharma si tratta di una minaccia alla Sicurezza nazionale, dato che è in ballo la “protezione della proprietà intellettuale” dell’industria americana e posti di lavoro americani. Certo, il tentativo di Johnson & Johnson e AstraZeneca, di cui abbiamo dato conto all’inizio dell’articolo, di una convergenza tra aziende per ottimizzare i farmaci, dice che non tutto il mondo sanitario è allineato dietro la lobby Gates-Pfizer e soci. Ma i Signori del vaccino, avendo fatto fuori la concorrenza, hanno buon agio a rigettare il dialogo. Con Gates ha vinto il suprematismo dei vaccini, più spietato di altri.

Esclusiva Report: ecco i contratti "segreti" di Pfizer e Moderna per i vaccini anti-Covid. Report Rai il 17 aprile 2021. L’Unione Europea li ha tenuti nascosti per mesi, prima rifiutandosi di pubblicarli, poi coprendo con una serie di omissis i dati sensibili. Ma Report ne è venuta in possesso e pubblica integralmente i primi contratti per l’acquisto dei vaccini anti-Covid stipulati da Bruxelles a fine 2020 con Pfizer e Moderna, che ancora mancavano all’appello. Sono gli accordi con cui l’Europa ha versato un anticipo di 700 milioni di euro a Pfizer e 318 milioni a Moderna, per prenotare rispettivamente 200 e 80 milioni di dosi. Report tornerà a parlare di vaccini nella prossima puntata. I contratti rivelano nuovi dettagli interessanti. Ad esempio, il prezzo del vaccino Pfizer. La cifra di 15,50 a dose per il vaccino di Pfizer-Biontech di cui si parla da mesi non è propriamente corretta: quella è soltanto la media fra due prezzi differenti concordati con la casa farmaceutica. L’azienda infatti ha venduto il suo siero a 17,50 euro per i primi 100 milioni di dosi, e 13,50 euro da 100 a 200 milioni di dosi. Poi però il prezzo risale: per tutti gli ordini ulteriori fatti entro 3 mesi dall’autorizzazione concessa da Ema (dunque fino al 21 marzo), si passa a 15,50 euro a dose. Dopo, di nuovo a 17,50 euro. E il prezzo sembra destinato ad aumentare ancora in futuro. Per il momento, però, il primato di vaccino più caro sul mercato resta di Moderna: 18.80 a dose. I contratti confermano anche che, in caso di danni da effetti collaterali, gli indennizzi ricadranno quasi esclusivamente sugli Stati. Sulle concessioni fatte alle case farmaceutiche in materia di responsabilità civile si discute da mesi in tutta Europa. Ma il testo ribadisce che l’utilizzo “avviene in periodo di condizioni epidemiche e l’amministrazione dei prodotti sarà condotta sotto la sola responsabilità degli Stati membri”. Le case farmaceutiche rispondono soltanto in caso di dolo o di dimostrata violazione delle Good manifacturing practice (le buone pratiche di produzione che tutte le aziende sono tenute a rispettare). I brevetti, invece, restano in mano ai privati, nonostante la manleva e i finanziamenti pubblici. Come già visto nel caso di Astrazeneca, gli accordi sembrano tutelare i big pharma anche su eventuali ritardi nelle consegne, circostanza che si è verificata nelle ultime settimane. In particolare nel contratto di Pfizer è stata inserita una clausola per cui, se l’autorizzazione Ema arriva entro il 15 agosto 2021 (come è successo) ma la produzione dell’azienda risulta insufficiente per soddisfare gli ordini previsti, quest’ultima si impegna semplicemente a rivedere il programma di consegna in base a non meglio precisati “equi e giusti principi”. Per Moderna invece le condizioni sembrano leggermente più severe: è scritto che se la consegna ritarda di oltre 90 giorni, gli Stati possono annullare l’ordine. Da notare anche che fra gli allegati del contratto di Moderna c’è un rendiconto dei costi sostenuti per avviare la produzione: dagli 85 milioni di dollari in materie prime ai 173 milioni di investimenti nelle strutture, principalmente nello stabilimento di Lonza. Il preventivo delle spese era uno dei requisiti per giustificare i lauti anticipi riconosciuti dalla Commissione. Lo stesso però non accade nell’accordo con Pfizer. Report aveva raccontato i dettagli della trattativa fra i big pharma e l’Unione Europea nel servizio “Nelle mani del vaccino” di Manuele Bonaccorsi e Lorenzo Vendemiale lo scorso 25 gennaio .

Esclusiva Report: tutte le cifre sui vaccini in una nota riservata del ministero della Salute. Report Rai il 16 aprile 2021. Le quantità prenotate, i prezzi per dose e la spesa totale stimata per l'Italia, fino a oltre un miliardo e mezzo di euro. È tutto nero su bianco in una nota riservata del Ministero della Salute, che Report può rivelare in esclusiva. Il documento, datato al 24 agosto 2020, è firmato da Giuseppe Ruocco, l’uomo che ha rappresentato l’Italia in Europa al tavolo coi big pharma, e rivela quanto ci stanno costando davvero i vaccini. Come aveva anticipato Report a gennaio , se gli ordini saranno confermati l’Italia spenderà nel solo 2021 circa 1,5 miliardi di euro. Una cifra destinata ad aumentare, visto che rispetto alla tabella stilata all’epoca la Commissione Ue ha firmato due ulteriori contratti con Pfizer e Moderna (mentre intanto è saltato quello con Sanofi). Confermati i prezzi: si va dai 2,9 euro a dose per Astrazeneca ai quasi 19 euro per Moderna, il più caro sul mercato. La nota sottolineava come l’Europa avesse scelto di includere nel suo paniere vaccini di tutte e tre le tecnologie differenti, proprio per tutelarsi sulla loro possibile efficacia. Ma a posteriori non si è rivelata vincente la scelta di puntare soprattutto sui prodotti a vettore virale, come Astrazeneca e Johnson & Johnson (da cui dovevano arrivare 800 del miliardo e mezzo di dosi totali), viste le difficoltà incontrate e le restrizioni che sono state poste nel loro utilizzo. Il segretario Ruocco concludeva il documento ponendo una serie di questioni urgenti al governo allora in carica: chiedeva, ad esempio, di valutare l’opportunità di acquistare ulteriori vaccini con una tecnologia diversa rispetto a quella di Astrazeneca, unico contratto allora sottoscritto. O di decidere da subito come ripartire i vari sieri in base alle differenti categorie prioritarie nella campagna vaccinale, nel caso in cui non ci fosse stata disponibilità immediata per tutti. Report aveva raccontato i dettagli della trattativa fra i big pharma e l’Unione Europea nel servizio “Nelle mani del vaccino” di Manuele Bonaccorsi e Lorenzo Vendemiale lo scorso 25 gennaio. E tornerà ad occuparsi della questione nella prossima puntata, in onda lunedì a partire dalle 21.20 su Rai3

Otto e Mezzo, lo scoop di Massimo Giannini: "L'Europa si affiderà solo a Pfizer e Moderna. Messaggio pericoloso".  Libero Quotidiano il 14 aprile 2021. Ospite di Lilli Gruber a Otto e Mezzo, Massimo Giannini ha rivelato uno scoop del suo giornale sui vaccini, che per l’ennesima volta sono divenuti l’argomento del giorno per via dello stop definitivo imposto dalla Danimarca ad AstraZeneca. “La notizia non è ufficiale, però l’Europa dal prossimo anno potrebbe affidarsi solo a Pfizer e Moderna, non comprando più vaccini con adenovirus”, ha dichiarato il direttore de La Stampa, che poi ha aggiunto: “Questo non è proprio un messaggio incoraggiante per l’opinione pubblica”. Tra l’altro dopo AstraZeneca è scoppiato anche il caso di Johnson & Johnson, l’unico monodose che è stato sospeso dall’Europa proprio nel giorno in cui le prime dosi sono state consegnate in Italia. Tra l’altro con J&J sono stati registrati appena 6 casi avversi su 7 milioni, una percentuale irrilevante: eppure è arrivato lo stop, che non fa altro che generare dubbi e paura. “Se facciamo la somma di quanto accaduto con AstraZeneca e con Johnson & Johnson - ha sottolineato Giannini - quando hai l’Unione europea che riflette sulla possibilità di sospendere questi due vaccini e la Danimarca che li ha già sospesi, il messaggio che arriva può essere molto pericoloso”. Eppure la scienza ha confermato a più riprese che i benefici di questi vaccini sono infinitamente maggiori ai rischi che possono comportare, ma all’Unione europea non sembra interessate: “Il messaggio è pericoloso perché la gente comincia a preoccuparsi e questo non deve accadere, altrimenti siamo finiti”, ha chiosato Giannini. 

Vaccini: ne rimarrà solo uno (lo Pfizer). Piccole Note il 15 aprile 2021 su Il Giornale. È oramai evidente che il problema dei vaccini è esclusivamente politico ed economico, nulla importando della reale efficacia o pericolosità dei prodotti. L’AIFA, infatti, ha appena pubblicato il terzo Rapporto sulla Sorveglianza dei vaccini COVID-19 con i dati disponibili fino al 26 marzo 2021, da cui è stata tratta l’immagine di apertura. Il dato sintetico è già di per sé significativo. Il vaccino Pfizer-Biontech (denominato Comirnaty che rappresenta il 68% delle dosi somministrate al 26/03) ha registrato l’81% di sospette reazioni avverse (di varia gravità). Il tanto vituperato vaccino di AstraZeneca (denominato Vaxzevria che rappresenta il 27% delle dosi somministrate al 26/03) ha registrato il 17% di sospette reazioni avverse. Il documento precisa che per tutti i tipi di vaccini il 92,7% delle sospette reazioni avverse sono considerate “non gravi”, mentre “gravi”  sono il restante 7,1%. Nella tabella sottostante il report di AIFA enumera le segnalazioni, le dosi somministrate e i relativi tassi di segnalazioni di reazioni avverse relativi ai diversi vaccini COVID-19. la chiosa di AIFA a questa tabella è alquanto chiara: “La maggior parte delle segnalazioni (81%) sono relative al vaccino Comirnaty [Pfizer-Biontech], in sintonia con l’uso predominante dello stesso nella campagna vaccinale (68% delle dosi somministrate), con un aumento delle segnalazioni per il vaccino Vaxzevria [AstraZeneca] (17%) a seguito dell’incremento dell’uso di questo vaccino (27% delle dosi somministrate)”. “Come atteso, il tasso di segnalazioni del vaccino Vaxzevria è aumentato rispetto al mese precedente, avvicinandosi a quello di Comirnaty, in conseguenza dell’uso maggiore nel corso della campagna vaccinale”. Da ultimo segnaliamo due numeri riguardanti i “sospetti eventi gravi” per i due vaccini più noti. “Complessivamente, sono presenti 2.262 segnalazioni gravi relativi al vaccino Comirnaty [Pfizer-Biontech]… 824 segnalazioni di eventi avversi gravi [per il vaccino Vaxzevria AstraZeneca]”.

Vaccini: occorre un approccio scientifico. Quello che sta accadendo in Italia e altrove, con i media ad amplificare voci e fakenews, è un approccio che nulla a che fare con la scienza. Quel che sta registrando la scienza, peraltro, era ampiamente previsto, come ricorda Antonio Grizzuti sulla  “La Verità” : “Come scriveva la Food and drug administration in occasione del via libera al siero realizzato da Pfizer e Biontech, «l’utilizzo su larga scala potrebbe rivelare ulteriori reazioni avverse, potenzialmente meno frequenti e/o più gravi, non riscontrate inizialmente  durante la fase di sperimentazione». “Tradotto in altri termini – prosegue Grizzuti – , ampliando il pubblico dei vaccinati dalle poche decine di migliaia di partecipanti ai trial clinici, alle numerose decine di milioni dell’immunizzazione «a tappeto», l’insorgenza di nuovi effetti collaterali rappresenta un avvenimento pressoché scontato”. La giungla di numeri che stanno via via descrivendo le reazioni avverse ai vari vaccini si aggiorna di giorno in giorno e non riguarda solo le trombosi, dove c’è un’effettiva percentuale maggiore di Astrazeneca rispetto Pfizer, ma anche altre patologie: “Si scopre poi che Moderna detiene il primato delle paralisi facciali (45 su milione, contro le 17 di Astrazeneca e le 15 di Pfizer), delle reazioni anafilattiche (36 su milione, contro le 32 di Astrazeneca e 20 di Pfizer) e anche dell’infarto miocardico acuto (sei volte i casi a seguito dell’inoculo di Pfizer, e il doppio di Astrazeneca)”. Nel caos dell’informazione sembra si sia perso il ricordo delle 23 vittime denunciate dal governo Norvegese lo scorso gennaio a seguito dell’inoculazione del vaccino Pfzier. Nessuno ne ha più parlato.

Ne deve rimanere uno solo. La guerra dei vaccini è sotto gli occhi di tutti. AstraZeneca alla gogna quotidiana, Johnson&Johnson non ha quasi fatto in tempo a comparire sul mercato europeo che la Food&Drug Administration USA ne ha disposto la sospensione per supposti accadimenti negativi. Moderna è relegato a percentuali di utilizzo irrilevanti. I vaccini russi e cinesi, nonostante siano largamente diffusi e ampiamente certificati, non vengono presi in considerazione dalle autorità europee, che annunciano nuovi mega-contratti con Pfizer/Biontech. A volte hanno suscitato perplessità alcune prese di posizione del celebre virologo Andrea Crisanti, ma questa volta ci sentiamo di condividere le sue considerazioni, di assoluto buon senso, apparse su due articoli pubblicati sulla Stampa del 17 marzo e dell‘8 aprile:

«[su AstraZeneca] sono state tutte decisioni politiche non supportate da nessuna evidenza scientifica.. L’Inghilterra ha vaccinato 11 milioni [9,5ml al 28 marzo come da report dell’Agenzia di regolamentazione della Regno Unito] di persone e non è successo niente… Si tratta di 5 o 6 casi ogni milione, pochissimi, non c’è nessuna correlazione causale se non una relazione temporale che è necessaria, ma non sufficiente per stabilire una relazione causale».

“L’Italia si è allineata alla Germania, non ha esercitato nessuna valutazione indipendente e così facendo si mette in pericolo tutto il piano di vaccinazione”.

“[…] Una cosa allucinante. L’Agenzia europea dei medicinali non può lavarsene le mani in questo modo, lasciare che ogni singolo Paese decida per sé: così si crea disorientamento, oltre a dimostrare la mancanza di indipendenza dell’Ema e la debolezza della politica sanitaria dell’Unione”.

“Quanto alla Germania, quella dei tedeschi è una decisione solo politica, dettata dal fatto che lì c’è una folta presenza di no vax e poi hanno in casa la BionTech: non voglio pensar male, ma forse una predilezione per il vaccino Pfizer c’è”.

Infine, la frase lapidaria, che spiega tanto: “AstraZeneca è valido, anche più di altri vaccini, ma ha un grosso difetto, costa solo 2 euro e mezzo, è un ‘disturbatore’ del mercato“.

Il trattamento che viene riservato ai vaccini è uguale per tutti, tranne che per Pfizer-Biontech, il vaccino che venne annunciato una settimana dopo le elezioni americane.

Fatta fuori la concorrenza a causa di notizie false e allarmanti sugli altri vaccini, che alimentano un circolo mediatico affamato di novità Covid-19 (circolo che resta muto su analoghi risvolti negativi riguardati lo Pfizer), il vaccino Pfizer-Biontech resta l’unico sul mercato, almeno quello d’Occidente, quello dove girano i soldi veri.

Marco Bresolin per "la Stampa" il 15 aprile 2021. L' Ue ha deciso: quello prodotto da Pfizer/BioNTech sarà il vaccino degli europei. Quest' anno, ma soprattutto il prossimo e anche nel 2023, visto che l' emergere delle varianti richiederà con ogni probabilità la necessità di una vaccinazione stagionale, con farmaci in grado di rispondere alle mutazioni. Comirnaty - questo il nome del preparato anti-Covid19 realizzato dall' azienda americana con la tedesca BioNTech - è il più caro e il più difficile da gestire logisticamente, ma i governi lo considerano il più affidabile: per questo la Commissione ha avviato i negoziati per un terzo contratto da 1,8 miliardi di dosi, che si aggiungeranno ai 600 milioni già acquistati. In totale fanno 2,4 miliardi di dosi, sufficienti a vaccinare per tre anni di fila l' intera popolazione europea. Nei giorni scorsi il premier bulgaro Bojko Borisov aveva polemizzato con Bruxelles perché la casa farmaceutica ha deciso di aumentare il prezzo: da 15,5 a 19,50 euro a dose. Vuol dire che il nuovo contratto costerà circa 35 miliardi: l' Italia otterrebbe circa 250 milioni di dosi al costo di 4,7 miliardi. Ma Ursula von der Leyen e gli altri leader Ue, vista la partenza a rilento della campagna vaccinale, hanno capito che non è il caso di badare a spese. E così Pfizer/BioNTech diventerà il vaccino di massa. Una fiducia conquistata "sul campo", dato che proprio ieri la casa farmaceutica ha promesso che andrà in soccorso dei Paesi Ue per rimediare allo stop del vaccino di Johnson&Johnson. Dopo il blocco negli Usa, la società ha bloccato le consegne in Europa e chiesto ai governi di non usare le dosi già distribuite (il contratto prevedeva 55 milioni di vaccini nel secondo trimestre). Per questo Pfizer/BioNTech ha promesso 50 milioni di vaccini in più entro giugno, che si aggiungeranno ai 200 milioni già concordati. All' Italia arriveranno quasi 7 milioni di dosi in più: 670 mila ad aprile, 2,15 milioni a maggio e oltre 4 milioni a giugno. Von der Leyen ha ringraziato la casa farmaceutica «che si è dimostrata un partner affidabile, ha consegnato secondo gli impegni e risponde ai nostri bisogni». Per iniziare le somministrazioni di Johnson&Johnson bisognerà attendere fino alla prossima settimana, quando l' Agenzia europea del farmaco pubblicherà una raccomandazione sull' uso vaccino dopo i rari casi di trombosi che sono al momento esaminati dagli esperti. La Francia ha già fatto sapere che lo inietterà solo agli over 55. L' Ema continua inoltre la sua analisi sul farmaco di AstraZeneca, dopo che i governi hanno fissato limitazioni d' età, e presto dovrebbe emanare una nuova raccomandazione sulla somministrazione della seconda dose per chi ha già ricevuto la prima. Intanto la Danimarca ha scelto di non distribuire più il vaccino di Oxford. Come anticipato da «La Stampa», i governi non intendono esercitare le opzioni di acquisto previste dai contratti con AstraZeneca (100 milioni in aggiunta ai 300 milioni già ordinati) e con J&J (200 milioni, oltre ai 200 milioni comprati). La scelta di puntare su Pfizer/BioNTech è anche legata alla tecnologia utilizzata: von der Leyen ha spiegato che «dovremo sviluppare i vaccini adatti alle nuove varianti» e quelli a Rna messaggero «hanno dimostrato il loro valore», sia per quanto riguarda la resistenza alle mutazioni, sia per quanto riguarda la possibilità di adattarli alle variazioni del virus. Inoltre, aspetto non secondario, la presidente della Commissione Ue ha assicurato che il farmaco Comirnaty «sarà interamente prodotto in Europa».

Prosegue la “guerra” dei vaccini: colpiti il più economico e l’unico monodose. Federico Giuliani su Inside Over il 15 aprile 2021. Sui vaccini sembra di vivere un déjà vù. In effetti, a ben vedere, ci troviamo di fronte alla ripetizione di un fenomeno avvenuto, per la seconda volta e nel giro di poche settimane, con modalità quasi identiche. E che ha provocato effetti a cascata sui Paesi di mezza Europa, costretti nuovamente a rivedere termini e scadenze di una campagna vaccinale in perenne sofferenza. Negli Stati Uniti è scattato il semaforo rosso per il vaccino Johnson & Johnson. Si tratta, hanno subito sottolineato le autorità federali americane, di uno stop precauzionale, di alcuni giorni o, al massimo, qualche settimana, dovuto a una manciata di presunte gravi reazioni avvenute in seguito a milioni di somministrazioni del prodotto. Sono stati segnalati sei casi di una rara patologia con coaguli nel sangue in tutto il territorio americano – sei donne di età compresa tra i 18 e i 45 anni, una morta le altre finite in condizioni critiche – su circa 6.8 milioni di dosi Johnson & Johnson somministrate. Poco importa se la Food and Drug Administration (Fda) e il Centers for Disease and Control Prevention (Cdc) hanno spiegato in un comunicato che gli eventi registrati sono rarissimi. Tanto è bastato a spingere l’Ad26.COV2.S nell’occhio del ciclone, in pasto all’opinione pubblica e sul tavolo degli imputati dove già era finito il vaccino di Astrazeneca e Università di Oxford.

Johnson & Johnson come Astrazeneca. Leggendo i dati americani relativi al vaccino Johnson & Johnson, e facendo un rapido calcolo, è possibile stimare l’incidenza dei presunti gravi effetti avversi collegati alla somministrazione del prodotto. Stiamo parlando di meno di un episodio su un milione di iniezioni, ha spiegato il virologo Anthony Fauci, non certo un utente qualunque pescato a caso nella galassia del web. Il bello è che la sospensione momentanea è avvenuta nonostante non vi fossero chiare relazioni tra i suddetti eventi rari e il vaccino. Alla faccia della prudenza, visto e considerando, come ripetono da mesi gli esperti di tutto il mondo, che ci troviamo di fronte a una delle peggiori emergenze sanitarie degli ultimi decenni. È facile imbastire un parallelo con la vicenda AstraZeneca. Basta cambiare il contesto geografico (Stati Uniti anziché Europa), l’ente regolatore che dovrà decidere quando riabilitare l’ipotetico “colpevole” (Fda e non l’Ema) e, ovviamente, il vaccino (Johnson & Johnson al posto di AstraZeneca). Gli effetti sono tuttavia identici: aumento di sfiducia immotivata da parte della popolazione nei confronti di un prodotto che potrebbe contribuire a far crollare la curva epidemiologica; importante danno reputazionale e d’immagine al vaccino; probabile alterazione del mercato dei vaccini; congelamento delle consegne delle dosi Johnson & Johnson e rallentamento delle campagne vaccinali. Anche i risultati potrebbero essere simili. La sensazione, infatti, è che dopo qualche giorno di blocco le autorità americane possano riabilitare il vaccino come se niente fosse successo, magari sottoponendolo a qualche limite di età. “Much Ado About Nothing” (“Tanto rumore per nulla“), direbbe William Shakespeare.

Un fatto curioso. Ci sono i fatti, quelli appena enunciati, e poi ci sono gli aspetti curiosi. Sarà senza ombra di dubbio un caso, anche perché non esistono conferme o smentite di sorta, ma è curioso il fatto che a finire sotto la luce dei riflettori siano stati due prodotti che, per caratteristiche proprie, avrebbero dovuto facilitare la campagna vaccinale a livello globale. Prendiamo l’AZD1222, il vaccino di AstraZeneca: è il prodotto meno caro tra quelli fin qui disponibili sul mercato. Ogni dose costa circa 2.15 dollari (in Europa, 4 negli Stati Uniti), a fronte, ad esempio, dei 14.50 (il prezzo potrebbe presto salire del 60%) del Pfizer-BioNTech o dei 18 di Moderna. Prendiamo adesso l’Ad26.COV2.S, uno dei vaccini più attesi in quanto avrebbe dovuto agevolare governi e personale sanitario nella fase di immunizzazione. Questo prodotto, infatti, è l’unico monodose in circolazione. A differenza dei suoi “rivali”, che per garantire una protezione totale necessitano di due dosi, il Johnson & Johnson si ferma a una sola iniezione. Considerando che molti stanno iniziando a parlare apertamente di “guerra commerciale dei vaccini“, c’è il sospetto – ripetiamo: non confermato – che AstraZeneca, il più economico, e Johnson & Johnson, il monodose, possano essere finiti alla gogna più per le loro caratteristiche commerciali che non per i rarissimi e presunti casi di trombosi a essi collegati.

Da corrieredellosport.it il 15 aprile 2021. Continuano a verificarsi casi di trombosi a seguito delle vaccinazioni per il Covid-19. Nello specifico sono finiti sotto accusa due vaccini, quello anglo-svedese AstraZeneca e quello americano Johnson & Johnson. Nessun problema sembra invece esserci con i sieri Pfizer e Moderna. Come mai? A provare a dare una spiegazione ci ha pensato l'epidemiologo spagnolo Oriol Mitjà. Perché alcuni vaccini per il Coronavirus scatenano delle trombosi ed altri no? "I vaccini sono composti da parti, la prima è la proteina spike e l'altra è l'auto, il veicolo a cui è collocato il tutto. Quasi tutti i vaccini contengono un antigene molto simile. Poi abbiamo due veicoli, uno è l'RNA, che è trasportato in Pfizer e Moderna, e l'altro è un adenovirus", ha spiegato l'esperto.

Pfizer e Moderna, le differenze con gli altri vaccini. Oriol Mitjà ha fatto sapere che "il problema è nel veicolo e nell'adenovirus che teoricamente indurrebbe questa tempesta di trombi". AstraZeneca e Johnson & Johnson utilizzano un adenovirus simile come veicolo mentre Pfizer e Moderna usano l'RNA. Questa, anche se non vi è certezza al momento, potrebbe spiegare la non comparsa di trombosi come effetti collaterali in alcuni vaccini per il Coronavirus.

Come sono fatti i vaccini contro il Coronavirus. Il vaccino AstraZeneca si basa sulla tecnologia del vettore virale: cioè si usa un virus simile a SarsCov2, ma non aggressivo (un adenovirus da scimpanzè), cui vengono aggiunte le informazioni genetiche che dovrebbero allertare la risposta immunitaria dell' organismo. Anche il vaccino Johnson & Johnson utilizza un vettore virale, più precisamente un adenovirus umano. Il vaccino Pfizer, così come Moderna, utilizza invece la tecnica dell'mRNA messaggero, che consiste nell'utilizzare la sequenza del materiale genetico del nuovo coronavirus, ossia l'acido ribonucleico (Rna). L'obiettivo è somministrare direttamente l'mRna che controlla la produzione di una proteina contro la quale si vuole scatenare la reazione del sistema immunitario.

Proposta una possibile soluzione. Vaccini AstraZeneca e Johnson & Johnson, lo studio: “Trovata la causa delle trombosi”. Elena Del Mastro su Il Riformista il 27 Maggio 2021. I pochi casi di trombosi che si sono verificati tra alcune persone che hanno ricevuto il vaccino AstraZeneca o Johnson&Johnson hanno fatto scoppiare la diffidenza da parte di molti. Tuttavia i casi sono rimasti pochissimi. Una ricerca tedesca pubblicata in pre print sostiene che i casi di trombosi potrebbero essere correlati ai vettori di adenovirus che entrambi utilizzano per fornire le istruzioni genetiche per la proteina spike di Sars-Cov-2 nel corpo. Secondo lo studio, riportato da Repubblica, se così fosse, i casi di trombosi sarebbero un problema risolvibile semplicemente ‘riprogrammando’ i vaccini. Rolf Marschalek, docente all’università Goethe di Francoforte, sostiene che il problema avviene nel momento dell’ingresso dell’adenovirus nella cellula. Una volta all’interno del nucleo cellulare alcune parti della proteina spike si uniscono o si dividono, creando versioni mutanti, che non sono in grado di legarsi alla membrana cellulare dove avviene l’immunizzazione. Le proteine mutanti fluttuanti sono invece secrete dalle cellule nel corpo – secondo la teoria di Marschalek – e innescano così coaguli di sangue in circa una persona su 100mila. “Quando questi geni del virus sono nel nucleo possono creare alcuni problemi”, ha detto Marschalek. Al contrario, i vaccini a base di mRNA, come quelli sviluppati da BioNTech / Pfizer e Moderna, forniscono il materiale genetico della proteina Spike al fluido cellulare e non entrano mai nel nucleo. Dunque per i ricercatori tedeschi la soluzione sarebbe semplice: sviluppatori del vaccino potrebbero modificare la sequenza della proteina spike per impedirne la scissione. In questo modo si annullerebbero i rischi di effetti collaterali e reazioni avverse. “Con i dati che abbiamo nelle nostre mani possiamo dire alle aziende come mutare queste sequenze, codificando per la proteina spike in un modo che prevenga reazioni di separazione non programmate”, conclude Marschalek.

Il rapporto dell’Aifa sulle trombosi in concomitanza con i vaccini. Dopo le prime segnalazioni, L’Aifa ha nominato un Gruppo di esperti per capire la plausibilità biologica degli eventi, identificare le eventuali strategie di minimizzazione del rischio e indicare le modalità più corrette per la gestione clinica di questi eventi rarissimi. In un documento hanno pubblicato le loro conclusioni: “I casi di trombosi dei seni venosi cerebrali (Tsvc) e/o del distretto splancnico che sono stati osservati dopo la somministrazione di Vazxevria e del vaccino Janssen – si legge nel rapporto – hanno mostrato come caratteristiche comuni un’insorgenza tra 5 e 21 giorni dopo la vaccinazione, la presenza concomitante di trombocitopenia di varia gravità e un andamento rapidamente progressivo, spesso con il riscontro nei giorni successivi al ricovero di trombosi in numerosi altri distretti vascolari, soprattutto venosi ma anche arteriosi”. L’associazione tra trombocitopenia e complicanze trombotiche spesso multiple si verifica in genere in alcune forme trombotiche con base autoimmunitaria, come la sindrome da anticorpi antifosfolipidi ‘catastrofica’, la porpora trombotica trombocitopenica, o la trombocitopenia indotta da eparina associata a trombosi.

Numeri dei casi di trombosi dopo il vaccino AstraZeneca e Johnson & Johnson. Dai dati raccolti sin ora risulta che i rari eventi di trombosi dopo i vaccini AstraZeneca e Johnson&Johnson si sono osservati esclusivamente entro circa tre settimane dalla vaccinazione in soggetti sani con età inferiore a 60 anni, prevalentemente donne. Per il vaccino AstraZeneca, da fonte EudraVigilance, alla data del 4 aprile 2021, sono stati riportati 169 casi di trombosi dei seni venosi cerebrali e 53 casi di trombosi delle vene splancniche, spesso associati a piastrinopenia, su un totale di circa 34 milioni di dosi di vaccino AstraZeneca somministrate nell’Area Economica Europea e nel Regno Unito, pari a 6,5 casi per milione di soggetti che hanno ricevuto almeno una dose. Secondo quanto riporta Aifa, in Italia al 26 aprile sono stati rilevati 34 casi di trombosi venose in sedi atipiche, 18 delle quali associate a trombocitopenia. Rispetto alle somministrazioni effettuate con Vaxzevria si osservano quindi 0.45 casi ogni 100.000 vaccinati, dato che potrebbe risentire della minor rappresentatività del campione italiano rispetto ai dati europei e anglosassoni. Per quanto riguarda gli eventi osservati dopo somministrazione del vaccino Johnson & Johnson, il sistema di sorveglianza Usa alla data del 30 aprile, riporta 17 casi di trombosi in sedi atipiche associate a trombocitopenia (eventi del tutto simili a quelli osservati con il vaccino Vaxzevria) su 7,98 milioni di dosi di questo vaccino somministrate in Nord-America.

Elena Del Mastro. Laureata in Filosofia, classe 1990, è appassionata di politica e tecnologia. È innamorata di Napoli di cui cerca di raccontare le mille sfaccettature, raccontando le storie delle persone, cercando di rimanere distante dagli stereotipi.

"Trovata la causa delle trombosi con i vaccini AstraZeneca e J&J" A. D'A. su Today il 27 maggio 2021. Una ricerca ancora in fase di preprint e firmata da alcuni scienziati tedeschi sostiene di aver trovato la causa dei coaguli di sangue e delle complicanze tromboemboliche emerse in alcuni rari casi nelle vaccinazioni con  Vaxzevria o con Janssen. E anche una possibile soluzione. Una ricerca ancora in fase di preprint e firmata da alcuni scienziati tedeschi sostiene di aver trovato la causa dei coaguli di sangue e delle complicanze tromboemboliche che sono emerse in alcuni rari casi nelle vaccinazioni con con Vaxzevria (ChAdOx1 nCov-19, AstraZeneca) o con COVID-19 Vaccine Janssen della Johnson & Johnson. E afferma che il problema è potenzialmente risolvibile.

"Trovata la causa delle trombosi con i vaccini AstraZeneca e J&J". Rolf Marschalek, professore dell'università Goethe di Francoforte che ha condotto studi sulla rara condizione a partire dallo scorso marzo, ha detto che il problema è correlato ai vettori di adenovirus che entrambi i vaccini usano per fornire le istruzioni genetiche per la proteina spike di Sars-Cov-2 nel corpo. I vaccini a mRNA sviluppati da Pfizer/BioNTech e Moderna ne sono immuni perché non utilizzano questo sistema di somministrazione: per questo non ci sono stati casi di coagulazione del sangue ad essi collegati. Si parla, come ha ricordato ieri il rapporto di Aifa, di quei rari casi caratterizzati da trombosi dei seni venosi cerebrali (TSVC) e/o trombosi delle vene splancniche, spesso associati alla presenza di trombi in sedi multiple e a piastrinopenia, con emorragie gravi e talvolta segni di coagulazione intravascolare disseminata (CID). Questi eventi sono stati osservati quasi esclusivamente entro circa tre settimane dalla vaccinazione in soggetti sani con età inferiore a 60 anni, prevalentemente donne. E con una frequenza assai bassa: per il vaccino Vaxzevria sono stati riportati in tutto 169 casi di trombosi dei seni venosi cerebrali e 53 casi di trombosi delle vene splancniche, spesso associati a piastrinopenia, su un totale di 34 milioni di dosi somministrate tra Ue e Regno Unito. Per gli eventi di trombosi venose in sedi atipiche associate a piastrinopenia è stato stimato un tasso di circa un caso ogni 100.000 vaccinati. Anche i casi riportati nei sistemi di farmacovigilanza della Gran Bretagna nell’ultimo report pubblicato il 20 maggio sono in linea con questo dato (309 casi per 23.9 milioni di prime dosi con vaccino Vaxzevria). In Italia al 26 aprile sono stati riportati 34 casi di trombosi venose in sedi atipiche, 18 delle quali associate a trombocitopenia4 . Rispetto alle somministrazioni effettuate con Vaxzevria si osservano quindi 0.45 casi ogni 100.000 vaccinati, dato che potrebbe risentire della minor rappresentatività del campione italiano rispetto ai dati europei e anglosassoni. 

La soluzione al problema delle reazioni avverse ai vaccini AstraZeneca e J&J? Nella ricerca pubblicata in pre-print (e quindi non ancora sottoposta a peer review) gli scienziati affermano che il problema risiede nel momento dell'ingresso dell'adenovirus nel nucleo della cellula. Il ciclo di vita dell'adenovirus include "l'infezione" delle cellule e l'ingresso del Dna adenovirale all'interno del nucleo; successivamente avviene la trascrizione genica. E proprio qui sta il problema: il Dna virale, secondo Marschalek e i co-firmatari Eric Kowarz, Lea Krutzke, Jenny Reis, Silvia Bracharz e Stefan Kochanek, una volta all'interno del nucleo cellulare alcune parti della proteina spike si uniscono o si dividono, creando versioni mutanti, che non sono in grado di legarsi alla membrana cellulare dove avviene l'immunizzazione. Le proteine ​​mutanti fluttuanti sono invece secrete dalle cellule nel corpo - secondo la teoria di Marschalek - e innescano così coaguli di sangue in circa una persona su 100mila. Ma c'è di più. Il professor Marschalek sostiene che i vaccini possano essere riprogettati per evitare il problema. Anzi, J&J è già in contatto con lui e sta cercando di ottimizzare il siero, mentre non ci sono stati ancora contatti con AstraZeneca. La via d'uscita indicata dalla ricerca è quella di modificare la sequenza della proteina spike per evitare che avvenga la separazione. E quindi annullando la possibilità di effetti collaterali o reazioni avverse.

La vicenda delle reazioni avverse al vaccino AstraZeneca. La vicenda delle reazioni avverse al vaccino AstraZeneca parte quando il Paul-Ehrilch-Institut di Berlino comunica di aver notato "un accumulo impressionante di una forma speciale di trombosi venosa cerebrale molto rara (trombosi della vena del seno) in connessione con una carenza di piastrine del sangue (trombocitopenia) e sanguinamento in prossimità temporale alle vaccinazioni con il vaccino AstraZeneca". Quanti casi? "Al momento sono stati riportati 7 casi di trombosi venose cerebrali su 1,6 milioni di vaccini somministrati in Germania", dice il ministro della Salute tedesco Spahn in conferenza stampa: "Si tratta di un rischio molto basso. Ma se dovesse rilevarsi un collegamento con il vaccino, sarebbe superiore alla media", sostiene. A rischio parrebbero le donne tra i 20 e i 50 anni. Una trombosi di questo tipo "significa che l’incidenza annuale è di circa 1 su 100.000", spiega Peter Berlit della Società tedesca di neurologia. L'istituto ha pubblicato un documento che spiega che in alcuni casi dopo la somministrazione del vaccino AstraZeneca si è verificata una forma di grave trombosi venosa cerebrale in connessione con una carenza di piastrine del sangue (trombocitopenia) e sanguinamento in prossimità temporale alle vaccinazioni con il vaccino AstraZeneca. Benché non sia stata dimostrata alcuna correlazione di causalità con la somministrazione del vaccino, il Paul Ehrlich Institut rileva che il numero di segnalazioni è a livello statistico significativamente più alto del numero di trombosi venose cerebrali che normalmente si verificano nella popolazione non vaccinata. In particolare, si legge nel documento, "ci saremmo aspettati circa un caso", ma "ne sono stati segnalati sette". L'anomalia non riguarderebbe il numero di trombosi in sé (che secondo l'Ema è sostanzialmente in linea con quello della popolazione generale) ma un particolare di trombosi del seno venoso cerebrale associata a trombocitopenia. L’agenzia governativa tedesca ha consultato degli esperti di trombosi, ematologia e uno specialista in adenovirus che hanno ritenuto "non inverosimile" una correlazione con il vaccino. "Un importante strumento nella farmaco vigilanza", spiega l’istituto, "è verificare se un sospetto effetto collaterale si verifica più frequentemente all'interno dei gruppi vaccinati rispetto alle persone non vaccinate". Nel documento pubblicato ieri però il Gruppo di Lavoro Emostasi e Trombosi dell'Aifa "ritiene che il completamento della schedula vaccinale rappresenti la strategia di contrasto alla diffusione del virus SARS-Cov-2 che garantisce il migliore livello di protezione. Nel contempo, l’attenta attività di farmacovigilanza già in atto consentirà di raccogliere dati aggiornati e stabilire l’eventuale necessità di formulare ulteriori raccomandazioni volte ad ottimizzare, ove appropriato, il profilo beneficio/rischio nel singolo paziente".

 “Ecco tutte le bufale sul vaccino AstraZeneca”: l’immunologo Minelli smonta le fake news. Redazione mercoledì 17 Marzo 2021 su Il Secolo d'Italia. Domani sarà il giorno del giudizio per il vaccino AstraZeneca, sospeso in via precauzionale in Italia e in alcuni Paesi dell’Ue. L’Ema infatti dovrebbe pronunciarsi dopo l’indagine avviata per fare chiarezza sui casi di trombosi in persone immunizzate. Lo stop momentaneo ha avuto l’effetto di far riemergere i dubbi latenti sui vaccini e amplificare la paura in chi ha fatto la prima dose. Il percorso di questo vaccino è stato però travagliato fin dallo sviluppo, con errori metodologici nella prima parte della sperimentazione che ne hanno ritardato l’arrivo. Per arrivare al presente con i lotti sequestrati. Problemi che hanno permesso a chi avvelena i pozzi dell’informazione, con fake news e bufale sui vaccini anti-Covid, di cavalcare le paure. A fare chiarezza sulla sicurezza del vaccino per l’Adnkronos Salute è l’immunologo Mauro Minelli, responsabile per il Sud della Fondazione italiana di medicina personalizzata. “E’ data per certa una relazione causa-effetto tra malattia Covid-19 e infiammazione vascolare diffusa (vasculiti); con correlati eventi trombo-embolici, ma non tra vaccini anti-coronavirus ed episodi trombotici”. E’ questo il primo punto da chiarire – avverte Minelli -. Anche perché tra le tante persone che dopo il vaccino AstraZeneca si sono precauzionalmente sottoposte ad esami ematochimici finalizzati a valutare l’assetto coagulativo, non risultano alterazioni degne di nota;  nemmeno tra i soggetti con suscettibilità genetica alla trombofilia“.

AstraZeneca: le bufale più diffuse. Le bufale più cliccate sono quelle che legano temporalmente la vaccinazione con alcuni decessi. Spiega lo studioso: “Non ci si può basare esclusivamente sul dato temporale per affermare con matematica certezza che ci sia un legame tra vaccino effettuato e reazione avversa; senza avere dimostrato una chiara causalità tra le due cose”. Spiega Minnelli che “per dimostrare con convincente certezza la causalità ci vuole del tempo. Che giustamente l’Ente regolatorio si è preso prima di autorizzarne di nuovo l’impiego dopo le morti denunciate. D’altro canto se, diversamente da quel che è accaduto in altri Paesi, l’Italia non avesse deciso per una sospensione precauzionale della vaccinazione, sarebbero piovute accuse di inadempienze rispetto all’adozione delle più corrette misure di sorveglianza”. “Altra fake news abbastanza diffusa – prosegue Minelli nel suo colloquio con l’Adnkronos – è che, siccome sintomi frequenti post vaccino AstraZeneca sarebbero: febbre alta, mal di testa, dolori diffusi e coaguli di sangue capaci di produrre trombosi; il vaccino può generare conseguenze simili a quelle prodotte dal Sars-Cov-2 nei pazienti post-Covid; perché contiene un minimo di virus che viene somministrato col vaccino“, rimarca Minelli.

Altre fake news da sfatare su AstraZeneca. Il vaccino AstraZeneca e tutti gli altri vaccini “a vettore virale sono costituiti da un virus diverso dal coronavirus. In particolare, si tratta di un adenovirus di scimpanzé, cioè di un virus responsabile del raffreddore nelle scimmie, ma reso incapace di riprodursi; e, dunque, del tutto innocuo per il soggetto ricevente – ricorda l’immunologo -.  Quell’adenovirus modificato, però, è capace di impartire al sistema immunitario della persona che si sottopone a vaccino le giuste ‘istruzioni’ per produrre la famosa proteina ‘spike’: quella che consente al Sars-Cov-2 di entrare nelle cellule umane e generare danno. Succede, così, che il sistema immunitario del soggetto vaccinato individui come estranea (non self) la proteina prodotta grazie alle informazioni fornite dall’adenovirus trasportatore; e, dunque, risponda producendo anticorpi che andranno poi a neutralizzare il vero coronavirus responsabile della Covid-19; nel caso in cui questo dovesse contagiare quell’organismo”. “E’ importante sottolineare che l’adenovirus di cui è composto questo vaccino non può replicarsi: dunque, non causa malattia né la trasporta, semplicemente per il fatto che è un adenovirus e per giunta inattivato. Di conseguenza non è in grado di provocare nemmeno uno starnuto”, conclude Minelli, che con chiarezza restituisce razionalità alla vicenda AstraZeneca.

AstraZeneca, disdette a raffica in Italia: il disastro firmato Europa e Aifa, la campagna in Italia sta saltando. Alessandro Gonzato su Libero Quotidiano il 15 aprile 2021. Fioccano le disdette per il vaccino Astrazeneca e intanto nella campagna d'immunizzazione siamo stati superati dalla Turchia, dal Marocco, staccati anni luce dall'Ungheria e dalla Serbia e raggiunti dalla Polonia, Paesi dove vengono utilizzati in grande quantità anche il vaccino russo e cinese. Sempre più italiani diffidano del siero anglo-svedese nonostante solo un'iniezione su 100 mila in tutta Europa abbia provocato effetti collaterali gravi. «È più facile morire cadendo dal letto», ha sentenziato il professor Silvio Garattini, presidente dell'Istituto di Ricerche Farmacologiche "Mario Negri" di Milano. «Andare in aereo», ha aggiunto il luminare, «è cento volte più pericoloso che assumere un vaccino testato e autorizzato dagli organi preposti». Eppure il numero di chi vi rinuncia continua a crescere, colpa della disastrosa comunicazione dell'Agenzia europea per i medicinali che non ha preso una posizione chiara dopo lo stop temporaneo al farmaco dettato dalla Germania (nel frattempo rifornitasi di milioni di dosi Pfizer), ma anche dell'Aifa e del governo italiano che hanno continuato a cambiare le fasce d'età a cui destinare l'antidoto. Il risultato è che in Sicilia, lo ha dichiarato ieri Mario La Rocca, direttore della Pianificazione strategica dell'assessorato alla Salute, la percentuale di chi rifiuta Astrazeneca ha raggiunto il 70%, soglia toccata anche a Reggio Calabria. A Potenza in 48 ore hanno rinunciato in 260 su 480 aventi diritto. Saliamo al Nord. In Lombardia, ha sottolineato Giovanni Pavesi, direttore generale del Welfare, la percentuale è del 15, e però il numero doppio di abitanti rispetto alla Sicilia incide enormemente sul totale di chi preferisce rischiare di prendersi il Covid anziché l'iniezione.

Dati in crescita. Non bastasse, Pavesi ha detto di avere la sensazione che il dato sia in ulteriore crescita: «Sta diventando un fenomeno più importante di quello che possiamo pensare. Bisogna ricordare alla gente che ci sono milioni di europei che si sono vaccinati con Astrazeneca senza alcun tipo di effetto collaterale. Il vaccino è sicuro». L'assessore al Welfare, Letizia Moratti, ha provato comprensibilmente a minimizzare: «Piuttosto sono in aumento considerevole le domande di approfondimento e di spiegazione sul vaccino». Secondo l'ex sindaco di Milano il calo delle inoculazioni sarebbe del 5%. Il 33 a Napoli: il dato arriva direttamente dall'Asl partenopea. A Torino dice di "no" uno su quattro, e siamo al 25%. In Umbria si viaggia a mille disdette al giorno. Le dosi rimangono nei frigoriferi e gli anziani continuano a morire. Antonio Brambilla, direttore generale dell'Ausl di Modena, è quasi soddisfatto di fronte a un 10% di rifiuti verso il vaccino di Oxford, e questo la dice lunga sulla psicosi in corso. Il vaccino è inglese, eppure con qualche decina di milioni (pare 70) il brevetto poteva essere italiano. Il presidente di Irbm di Pomezia (l'azienda che ha partecipato alla creazione del farmaco), Piero Di Lorenzo, ha affermato a "Porta a Porta" che l'esecutivo era stato sollecitato a prendere contatti con l'Università di Oxford per diventare comproprietario del vaccino.

L'errore sul brevetto. E però dalla risposta all'interrogazione presentata da Fdi, ha evidenziato il capogruppo alla Camera, Francesco Lollobrigida, risulta che nessuno al governo fosse «a conoscenza dei fatti». «Delle due l'una», ha sottolineato il parlamentare, «o Di Lorenzo ha mentito e aspettiamo di vedere la querela nei suoi confronti, o Conte e Speranza devono chiarire l'ennesima prova di incapacità». Duro anche il sottosegretario alla Difesa Giorgio Mulè (Fi): «Non investire nel brevetto è stato un errore fatale».

Arriva lo stop di AstraZeneca per militari e forze dell'ordine. Gabriele Laganà il 15 Aprile 2021 su Il Giornale. La somministrazione del vaccino Astrazeneca è sospesa temporaneamente per i militari e le forze dell'ordine "fino a nuova disposizione". Nuovi ostacoli sorgono sulla strada della campagna di vaccinazione di massa contro il coronavirus. Da oggi, infatti, "è sospesa momentaneamente la vaccinazione con Vaxzevria (Astrazeneca)" per i militari e le forze dell'ordine "fino a nuova disposizione". È quanto prevede una comunicazione interna che l'Adnkronos ha avuto modo di visionare. Il documento fa seguito all'ultima direttiva della struttura del commissario per l'emergenza Covid-19 che prevede per le somministrazione la procedura per fasce d'età e non più per attività lavorativa svolta. Il vaccino della società anglo-svedese Astrazeneca, quindi, non sarà più somministrato alle forze dell'ordine ed ai militari di Esercito, Aeronautica e Marina. Nel documento si precisa che i farmaci "attualmente non utilizzate dovranno essere conservate e somministrate esclusivamente come seconda dose". Mentre si conferma "la prosecuzione delle attività di somministrazione dei vaccini Pfizer e Moderna limitatamente al personale sanitario e al personale a cui è stata già inoculata la prima dose". La decisione, però, era nell'aria da giorni, da quando prima di Pasqua era stato rallentato il cronoprogramma delle vaccinazioni per gli agenti della polizia di Stato in servizi operativi sul territorio. Questo perché, come ricorda Affaritaliani.it, il giorno dopo la somministrazione del farmaco un alto numero di poliziotti aveva lamentato effetti collaterali che li avevano costretti a casa. E così, per evitare di dover rinunciare a equipaggi delle Volanti e della Celere, erano state diradate informalmente le chiamate per i vaccini. I casi di trombosi ed emorragie cerebrali sono considerati eventi rari. In molti, però, lamentano effetti collaterali più comuni, e decisamente meno gravi, in seguito all'inoculazione quali aumento della temperatura corporea, spossatezza e gonfiore, nausea e problemi gastro-intestinali. L'Ema, l’Agenzia europea del farmaco, nei giorni scorsi era giunta alla conclusione"che i trombi inusuali associati a bassi livelli di piastrine debbano essere elencati effetti indesiderati molto rari di Vaxzevria". Sempre l'Ema ha tuttavia dichiarato "che il rapporto rischio-beneficio complessivo rimane positivo". Oggi, nel corso di un intervento alla Camera, il ministro della Salute Roberto Speranza ha ribadito che il vaccino AstraZeneca è efficace e sicuro. "Su 32 milioni di vaccinazioni effettuate e 222 segnalazioni sono stati registrati 86 eventi avversi e, di questi, 18 sono risultati fatali", ha spiegato il membro del governo riferendosi al vaccino che, dopo le segnalazioni relative a rari casi di trombosi, in Italia è stato raccomandato per gli over 60. Chi ha ricevuto la prima dose AstraZeneca riceverà anche la seconda dose dello stesso farmaco. "Ci sono studi e ricerche autorevoli che, a mio avviso, rischiano però di non essere sufficienti a dissipare i dubbi che in questi giorni tormentano tante persone. Dinanzi ai dubbi l’arma più efficace è la trasparenza", ha affermato ancora il ministro. "In questa lotta contro il tempo è fisiologico che dopo milioni di inoculazioni l'utilizzo di un vaccino possa essere rimodulato, e ciò è necessario per un principio di precauzione. Astrazeneca, come tutti gli altri, è efficace e sicuro e salva la vita delle persone, come dimostrano i risultati sul campo in Gran Bretagna. Ci sono stati ritardi inaccettabili nelle consegne che ci servono", ha infine sottolineato Speranza.

"Troppe reazioni", AstraZeneca vietato alle forze dell'ordine. Altra bomba sul vaccino e sulla campagna italiana: cosa c'è dietro? Il rapporto sui tre vaccini: tutte le segnalazioni. Alessandro Ferro il 15 Aprile 2021 su Il Giornale. Il terzo Rapporto Aifa racchiude tutte le segnalazioni degli eventi avversi dal primo giorno al 26 marzo 2021. Un apposito approfondimento riguarda i rari casi di trombosi con AstraZeneca. Sono 46.237 le segnalazioni avverse raccolte dall'Aifa su un totale di oltre nove milioni di dosi somministrate ( 9.068.349) dei tre vaccini attualmente in uso in Italia, cioè Pfizer, Moderna e AstraZeneca. Il periodo è compreso dal giorno del V-day, il 27 dicembre 2020 al 26 marzo 2021.

Cosa dice il terzo Rapporto. Per una corretta informazione ai lettori, il rapporto completo è allegato in fondo al pezzo mentre cliccando qui potrete consultare il comunicato stampa diramato dall'Agenzia Italiana del Farmaco. C'è da dire, innanzitutto, che il 92,7% delle segnalazioni sono riferite ad eventi non gravi (tasso di segnalazione è pari a 510 ogni 100mila dosi) come dolore in sede di inieizione, astenia, stanchezza e dolori muscolari. Le segnalazioni gravi, invece, riguardano il 7,1% del totale con un tasso di 36 eventi gravi ogni 100mila dosi e indipendentemente dal tipo di vaccino, dalla dose (se prima o seconda) e dal possibile ruolo della vaccinazione (se causa diretta o meno).

Pfizer al primo posto. Potrebbe sembrare una sorpresa ma non lo è, semplicemente il vaccino americano Comirnaty (il nome di Pfizer) è al primo posto con le segnalazioni di eventi avversi (81%) perché il più utilizzato nella campagna vaccinale (68% delle dosi somministrate). Ci si potrebbe chiedere: ma perché non se ne parla? Semplicemente perché tutte le segnalazioni riportate riguardano eventi che si sono risolti senza trombosi e senza eventi tragici. In aumento, invece, le segnalazioni per il vaccino Vaxzevria di AstraZeneca (17%) a seguito, anche qui, di un suo maggior utilizzo mentre all'ultimo posto c'è Moderna (2% di segnalazioni) perché è il meno utilizzato dei tre (soltanto il 5% di dosi somministrate). Nell'87% dei casi, i segnali di malessere insorgono lo stesso giorno o quello successivo ed i più comuni sono febbre, cefalea, dolori muscolari/articolari, dolore in sede di iniezione, brividi e nausea, in linea con le informazioni note sui vaccini finora utilizzati in Italia.

Casi fatali. "Al 26 marzo 2021, sono state inserite nella Rete Nazionale di Farmacovigilanza complessivamente 102 segnalazioni con esito “decesso”, di cui 2 duplicati che sono stati esclusi dall’analisi, per un tasso di segnalazione di 1,1 casi ogni 100.000 dosi somministrate. Il 53,9% dei casi riguarda soggetti di sesso femminile e il 42,2% soggetti di sesso maschile (l’informazione sul sesso non è presente nel 3,9% dei casi, n. 4)", si legge sul Rapporto dell'Aifa. L’età media dei decessi è di 81,4 anni (range 32-104 anni) e l’80% dei casi si è verificato in persone di età superiore ai 75 anni. Tra questi, come si osserva sulla tabella all'interno del report, 76 casi hanno riguardato il vaccino Pfizer e 12 entrambi i vaccini di Moderna e AstraZeneca. Il tasso di mortalità è di 1,1 su 100mila dosi di Pfizer, 2,8 su 100mila dosi di Moderna e 0,7 su 100mila dosi di AstraZeneca, a "sorpresa" all'ultimo posto in questa classifica.

Gli eventi tromboembolici. Un apposito approfondimento è dedicato agli eventi tromboembolici dopo la somministrazione di Vaxzevria (AstraZeneca). "Si sono verificati, entro 2 settimane dalla vaccinazione, dei casi molto rari di trombi associati a bassi livelli di piastrine nel sangue. Su un totale di 62 casi inseriti in Eudravigilance in Italia sono stati segnalati 7 casi (con due decessi) di trombosi dei seni venosi intracranici (CSVT) fino al 22 marzo 2021 e 4 casi (con due decessi) di trombosi di più vasi sanguigni in sede atipica sui 24 inseriti nello stesso periodo nella rete di sorveglianza europea", scrive l'Aifa. "L’approfondimento a livello nazionale di queste segnalazioni è condotto con il supporto di un 'Gruppo di Lavoro per la valutazione dei rischi trombotici da vaccini anti-COVID-19', costituito da alcuni dei massimi esperti nazionali di trombosi ed emostasi. Gli eventi avversi non noti sono oggetto di continuo approfondimento a livello nazionale ed europeo", aggiunge.

Nesso causa-effetto. A fronte dei casi in cui si è stabilito il nesso causa-effetto tra vaccinazione e rare forme trombotiche, l'Aifa sottolinea come "questo tipo di analisi è indicativa della 'forza' statistica della correlazione temporale fra un evento e la somministrazione di un medicinale e non fornisce informazioni dirette sul nesso di causalità, che richiede necessariamente una valutazione clinica dei singoli casi". In pratica, in molti casi le trombosi si sarebbero verificate a prescindere, con o senza vaccinazione: per questo motivo è importante valutare singolarmente ogni caso ed è sbagliato collegare automaticamente il raro sintomo alla vaccinazione.

Tre distinzioni fondamentali. Qui, inoltre, è molto importante fare la distinzione fra le tre possibilità che possono accadere a seguito di una vaccinazione secondo quanto scritto dall'Aifa:

- "L’evento avverso è un qualsiasi episodio sfavorevole che si verifica dopo la somministrazione di un farmaco o di un vaccino, ma che non è necessariamente causato dall’assunzione del farmaco o dall’aver ricevuto la vaccinazione;

- "Una reazione avversa, invece, è una risposta nociva e non intenzionale a un farmaco o a una vaccinazione per la quale è possibile stabilire una relazione causale con il farmaco o la vaccinazione stessa. Per distinguere, quindi, se siamo di fronte a un evento avverso o a una reazione avversa, dobbiamo valutare se è possibile risalire a una causa legata al prodotto medicinale. Non è sufficiente che l’evento si sia verificato a breve distanza dalla vaccinazione o dall’assunzione del farmaco;

- "un effetto indesiderato è un effetto non intenzionale connesso alle proprietà del farmaco o del vaccino, che non è necessariamente nocivo ed è stato osservato in un certo numero di persone. Si tratta quindi di un possibile effetto noto, verificatosi nel corso del tempo e considerato accettabile".

"Non esiste il rischio zero". "Nessun prodotto medicinale può essere mai considerato esente da rischi - si legge sul Rapporto - Ognuno di noi, quando decide di servirsi di un farmaco o di sottoporsi a una vaccinazione, dovrebbe avere presente che quello che sta facendo è bilanciare i benefici con i rischi. Verificare che i benefici di un vaccino siano superiori ai rischi e ridurre questi al minimo è responsabilità delle autorità sanitarie che regolano l’immissione in commercio dei prodotti medicinali. Servirsi di un farmaco in maniera corretta, ponderata e consapevole è responsabilità di tutti".

Tarro: «Vi spiego cosa accade con AstraZeneca, Moderna e Pfizer. Il rischio è un altro». Redazione venerdì 16 Aprile 2021 su Il Secolo d'Italia. Giulio Tarro torna a parlare di vaccini. Il professore, che ha pubblicato il libro Emergenza Covid: dal lockdown alla vaccinazione di massa. Cosa, invece, si sarebbe potuto – e si può ancora – fare, in un’intervista a lantidiplomatico.it si sofferma sul caso AstraZeneca. «Se fossi un malpensante, direi che la formidabile campagna mediatica contro Astrazeneca (a capitale anglo-svedese) serve solo a favorire Pfizer (a capitale prevalentemente statunitense e tedesco) e Moderna (a capitale prevalentemente statunitense, come Johnson & Johnson)».

Tarro: «Il secondo rapporto dell’Aifa…» E invece, osserva l’infettivologo, «essendo un ricercatore, dovrei limitarmi ad analizzare quello che dichiara la “Scienza ufficiale”. Ad esempio, il Report dell’agenzia del farmaco del Regno Unito  che evidenzia come il vaccino Pfizer sia più pericoloso di quello Astrazeneca, oppure il Secondo Rapporto Aifa sulla sorveglianza dei vaccini Covid-19 che presenta uno scenario incredibilmente tranquillizzante che, di certo non si sposa con la decisione di sospendere il vaccino Astrazeneca».

«Nessuna autopsia». Il Rapporto Aifa osserva il giornalista, “riduce a zero i morti per vaccino”. E Tarro risponde: «Sì, fatti risalire a pregresse gravi patologie. Non so su quali esami si basi questa constatazione. Se sono autopsie è opportuno precisare che – anche per la loro sommarietà con la quale, in alcuni casi, sono state svolte – i referti della stragrande maggioranza di queste sono stati impugnati dai periti nominati dai familiari del deceduto. Per cui, probabilmente, la verità sarà appurata in sede giudiziaria. Ci sarebbe da domandarsi, comunque, perché praticamente nessuna autopsia sia stata fatta per appurare la causa del decesso dei tanti “morti per Covid” dove basta un (inaffidabile) tampone positivo per attestare la responsabilità del virus».

Tarro: «Il virus è endemico nella popolazione». Tarro poi parla degli effetti delle vaccinazioni. «Bisogna intendersi su quale dovrebbe essere la strategia vaccinale da mettere in atto. Il Sars-Cov-2 risulta essere pericoloso soprattutto per gli anziani. Sarebbe stato logico, quindi che – come si fa per la vaccinazione antinfluenzale – principalmente solo gli anziani fossero destinati ad essere vaccinati. Invece, incredibilmente, si pretende tramite i vaccini di eradicare un virus che è ormai endemico nella popolazione. E così, senza sapere nemmeno quanto dura il periodo di immunizzazione prodotto dai vaccini, si pretende di vaccinare tutta la popolazione (addirittura anche i bambini). Questo, oltre a moltiplicare a dismisura il numero degli effetti avversi, prospetta un altro pericolo…».

«Il pericolo di accelerare le mutazioni del virus». Quale? «Accelerare le mutazioni del virus che, invece di stabilizzarsi nella popolazione  (come credo sia successo in India dove, senza alcuna vaccinazione di massa, oggi i morti per Covid sono 187, su una popolazione di 1,380 miliardi di abitanti) potrebbe far nascere una “variante” particolarmente letale».

Antonio Grizzuti per “La Verità” il 16 aprile 2021. Nella giornata di ieri, l'Agenzia italiana del farmaco ha pubblicato il terzo Rapporto di farmacovigilanza sui vaccini Covid-19. Una trentina di pagine che analizzano nel dettaglio le reazioni avverse segnalate a seguito della somministrazione dei tre farmaci attualmente utilizzati in Italia - Comirnaty (Pfizer-Biontech), Vaxzevria (Astrazeneca) e Moderna - dall'inizio della campagna vaccinale fino al 26 marzo 2021. Complessivamente, le segnalazioni registrate nella Rete nazionale di farmacovigilanza nel periodo preso in esame sono state 46.237, su un totale di 9.068.349 dosi somministrate, facendo registrare dunque un tasso pari a 510 segnalazioni ogni 100.000 dosi somministrate (tradotto in percentuale parliamo dello 0,51%). Otto segnalazioni su dieci (81%) hanno riguardato il vaccino Pfizer-Biontech, il 17% quello Astrazeneca e appena il 2% quello Moderna. Un dato già di per sé significativo, in quanto indica come, in generale, il Comirnaty risulti più reattogenico (535 segnalazioni ogni 100.000) rispetto al Vaxzevria (477 ogni 100.000) e al Moderna (227 ogni 100.000). A ogni modo, l'Aifa sottolinea come «il tasso di segnalazione del vaccino Vaxzevria è aumentato rispetto al mese precedente, avvicinandosi a quello di Comirnaty, in funzione dell'uso maggiore nella campagna vaccinale». Sempre parlando di dati aggregati, il 92,7% delle reazioni segnalate riguarda eventi non gravi, che si risolvono completamente, come dolore in sede di iniezione, febbre, astenia e stanchezza e dolori muscolari. Piccoli fastidi, insomma, che insorgono perlopiù lo stesso giorno della vaccinazione e spariscono nel giro di 24-48 ore. Non vanno trascurati, tuttavia, i casi più gravi, che rappresentano il 7,1% del totale, con un tasso di 36 eventi ogni 100.000 dosi somministrate. Circa la metà vengono riportati già con esito «risoluzione completa», e circa un quarto «in miglioramento», anche se non mancano gli eventi ancora in attesa di guarigione oppure di risoluzione con postumi. Sono stati segnalati, poi, 100 casi con esito fatale: il 53% riguarda donne e l'età media è pari a 81,4 anni (l'80% riguarda over 75). L'Aifa precisa che «sia la valutazione della causa di morte che l'attribuzione del nesso di causalità risultano complesse», e condizionate dalla presenza di «patologie intercorrenti o pregresse» e «fragilità cliniche». Tuttavia, al netto dei doverosi caveat, va segnalato che la percentuale maggiore di decessi riguarda il vaccino Moderna (12 casi pari a 2,8 su 100.000 dosi), seguito dal Pfizer-Biontech (76 casi, con un tasso di 1,1 su 100.000 dosi) e, ultimo, Astrazeneca (12 decessi pari a 0,7 su 100.000 dosi). Un altro dato che stride con l'allarmismo intorno al vaccino britannico-svedese, finito ormai da più di un mese nella bufera per noti problemi a carico del sistema vascolare. E proprio all'argomento il rapporto Aifa dedica un paragrafo a parte, nel quale descrive con dovizia di particolari il contorto balletto di valutazioni, pareri e raccomandazioni al quale abbiamo assistito in queste ultime settimane. Prima il sequestro dei lotti incriminati e conseguente sospensione delle somministrazioni; poi la prima valutazione del Comitato per la valutazione del rischio in farmacovigilanza (Prac), conclusasi il 19 marzo, la quale ha stabilito che «i benefici del vaccino nel prevenire la malattia da Covid-19 (che a sua volta provoca problemi di coagulazione) continuavano a superare i rischi», e che «il vaccino non aumentava il rischio complessivo di eventi tromboemolici e non emergono problematiche relative a lotti specifici o a particolari siti di produzione». Infine, la nuova revisione del Prac terminata l'8 aprile nella quale l'Ema, pur confermando che i benefici superano ancora i rischi, ha disposto che gli eventi trombotici venosi associati a bassi livelli di piastrine debbano essere elencati come effetti indesiderati molto rari del vaccino Astrazeneca. Un tira e molla al termine del quale il ministero della Salute ha stabilito di raccomandare la somministrazione del vaccino Vaxzevria ai soggetti over 60, gettando nel caos la già di per sé difficoltosa campagna vaccinale. Sul tema Astrazeneca è intervenuto ieri anche il ministro Roberto Speranza nel corso della sua informativa al Parlamento. Dopo averlo definito un vaccino «sicuro ed efficace», che «salva le vite», Speranza ha snocciolato le cifre della farmacovigilanza europea: «Su 32 milioni di vaccinazioni e 222 segnalazioni, sono stati registrati 86 eventi avversi e, di questi, 18 sono risultati fatali». Tanti o pochi, il numero uno di Lungotevere Ripa non si pronuncia, limitandosi a osservare che si tratta di un «fenomeno, per quanto doloroso poiché ogni vita spezzata è una perdita grave, numericamente molto ridotto». Parole forse sensate ma ormai tardive, che arrivano quando i buoi sono già scappati dalla stalla e la campagna vaccinale rischia di essere irrimediabilmente compromessa.

Vaccino, è Pfizer il siero col maggior numero di effetti collaterali: "Meno gravi e subito dopo la somministrazione". Libero Quotidiano il 15 aprile 2021. Sul vaccino anti-Covid c'è un primo documento che stabilisce gli effetti collaterali e e le reazioni avverse in Italia. L'indagine esce dal terzo rapporto di farmacovigilanza sui vaccini Covid-19 dell'Aifa. "Sono state 46.237 le segnalazioni di reazioni avverse, su un totale di 9.068.349 dosi somministrate (tasso di segnalazione di 510 ogni 100 mila dosi), registrate nella Rete nazionale di farmacovigilanza tra il 27 dicembre 2020 e il 26 marzo 2021 per i tre vaccini in uso nella campagna vaccinale in corso", spiega l'Agenzia italiana del farmaco nel rapporto. Gli eventi segnalati insorgono prevalentemente "lo stesso giorno della vaccinazione o il giorno successivo (87% dei casi)", spiega l'Aifa. Per tutti i vaccini gli eventi avversi più segnalati sono "febbre, cefalea, dolori muscolari o articolari, dolore in sede di iniezione, brividi e nausea, in linea con le informazioni note sui vaccini finora utilizzati in Italia", aggiungono quelli che hanno redatto il rapporto. Delle 46.237 reazioni avverse "il 92,7% sono riferite a eventi non gravi, che si risolvono completamente, come dolore in sede di iniezione, febbre, astenia/stanchezza, dolori muscolari". Le segnalazioni gravi corrispondono "al 7,1% del totale, con un tasso di 36 eventi gravi ogni 100 mila dosi somministrate, indipendentemente dal tipo di vaccino, dalla dose (prima o seconda) e dal possibile ruolo causale della vaccinazione". Il report dell'Aifa spiega poi che, "la maggior parte delle segnalazioni sono relative al vaccino Comirnaty-Pfizer (81%), finora il più utilizzato nella campagna vaccinale (68% delle dosi somministrate), con un aumento delle segnalazioni per il vaccino Vaxzevria-Astrazeneca (17%)  a seguito dell’incremento dell’uso di questo vaccino (27% delle dosi somministrate). Le segnalazioni relative al vaccino Moderna rappresentano invece il 2% del totale e sono proporzionali al numero più limitato di dosi somministrate (5%)". 

MaS. per "il Giornale" il 15 aprile 2021. C'è un legame - ipotetico ma sempre più documentato - tra la somministrazione dei vaccini a vettore virale e i casi trombosi. Pur essendo ancora tutto in via di accertamento, questo potrebbe causare limitazioni anche al sogno del vaccino italiano. Anche Reithera infatti, in corso di sperimentazione allo Spallanzani di Roma, si basa sul vettore virale dell' adenovirus come Astrazeneca e Johnson & Johnson. Il rischio è che nasca un vaccino già vecchio e che quindi faccia tramontare l' ambizione italiana di dare una svolta alla campagna vaccinale con un prodotto «fatto in casa». Dai laboratori di Castel Romano, gli scienziati stanno seguendo le evoluzioni sui vaccini stranieri con molta attenzione ma non perdono le speranze. Anzi, cercheranno di mettere a frutto tutto ciò che apprendono. In ogni caso non c' è la minima intenzione di interrompere i lavoro. Almeno non fino a quando non lo diranno Aifa e Ema. «Il nostro vaccino - spiegano i responsabili di Reithera - è attualmente in fase 2. Ci atterremo al parere e alle linee guida che saranno definite dalle agenzie regolatorie italiana e europea. Stiamo seguendo con attenzione tutte le informazioni relative ai vari vaccini per Covid-19 sviluppati utilizzando diverse tecnologie e quindi anche quanto sta emergendo dall' utilizzo di quelli basati su adenovirus. Si tratta di vaccini relativamente giovani, tutti, compresi quelli basati sulla tecnologia mRNA, e che quindi necessitano di un monitoraggio attento, approfondito e costante per un tempo sufficiente al raggiungimento di quelle statistiche che ne definiscono le caratteristiche: pertanto sarà corretto chiarire i dubbi che sono emersi recentemente, attraverso i necessari approfondimenti». Da questo punto di vista arrivare per ultimi sul mercato dei vaccini può essere un vantaggio. Come funziona il vaccino italiano? In sostanza simula il contatto con l' agente infettivo evocando una risposta del sistema immunitario simile a quella causata dall' infezione naturale, ma senza causare la malattia. Per trasferire il gene della proteina Spike nell' organismo (la Spike, utilizzata dal virus per attaccarsi alle cellule umane è il bersaglio di tutti i vaccini ora in produzione) usa un adenovirus derivato dal gorilla. I primi risultati sembrano dire che nei soggetti più giovani il vaccino sia ben tollerato e in grado di stimolare risposte immunitarie. Adesso va testata la sua efficacia sulla popolazione più anziana, ma già un primo elemento ci dice che potrebbe andare a coprire quella fascia di popolazione su cui gli altri vaccini a vettore virale hanno creato qualche rarissimo caso di trombosi. Ovviamente, anche nel caso di Reithera, un conto è la sperimentazione su un campione di pazienti, un altro sarà la somministrazione su larga scala. Nel progetto di Reithera lo stesso Governo punta molto e ha investito parecchio. Oltre agli 8 milioni della Regione Lazio e dal Miur, altri 81 milioni sono i finanziamenti arrivati da Invitalia, la società pubblica che è entrata al 27% nell' azionariato di ReiThera dove l' azionista di maggioranza è la svizzera Keires.

Vaccino, dopo il suggerimento degli scienziati il governo ha deciso: Johnson & Johnson solo agli over 60. Libero Quotidiano il 20 aprile 2021. Altra novità che cambia ancora il piano vaccinale italiano. Dopo AstraZeneca, anche la somministrazione di Johnson & Johnson sarà consentita in Italia soltanto per gli over 60. Una decisione che il governo ha deciso di prendere, ma che ancora non ha comunicato ufficialmente. La decisione è stata presa dopo il suggerimento degli scienziati. Stamattina, martedì 20 aprile, si è svolta una riunione tra l'Aifa, il Css e il ministero della Salute, durante la quale è emersa una valutazione dei tecnici del farmaco che va appunto in questa direzione. Nel pomeriggio si è anche pronunciata anche l’Ema, l’Agenzia europea del farmaco, che non ha imposto alcuna limitazione, pur confermando la possibile correlazione tra i rari casi di trombosi e il vaccino. Ora c'è da capire quale impatto avrà questa decisione sul piano vaccinale del Paese. Il Johnson & Johnson è il primo e unico monodose a disposizione, ora per la popolazione più giovane restano disponibili solo Pfizer e Moderna. La scorsa settimana J&J aveva deciso di ritardare le consegne dei suoi vaccini monodose dopo che la Food and Drug Administration Usa aveva raccomandato alle autorità di mettere in pausa l'uso del rimedio in attesa che venissero esaminati i 6 casi di trombi rari individuati (su circa 7 milioni di persone immunizzate negli Usa con il vaccino di J&J). Ai governi europei, J&J ha consigliato di tenere ferme le dosi in attesa delle linee guida dell'Ema. Con l'eventuale responso positivo sull'utilizzo del vaccino Johnson & Johnson, la struttura Commisariale per l'Emergenza sarebbe stata pronta ad assegnare nelle varie regioni, già da domani, le 184mila dosi già a Pratica di Mare. Adesso la decisione del governo che rimette in discussione non la somministrazione, ma la distribuzione dell'antivirus Usa.

I dubbi dopo i casi AstraZeneca e Johnson&Johnson. ReiThera, il vaccino "italiano" nato vecchio: l’Europa punta sull’mRna mentre Arcuri ci ha investito 81 milioni di euro. Carmine Di Niro su Il Riformista il 15 Aprile 2021. L’Italia ha puntato sul "cavallo sbagliato"? Un dubbio legittimo dopo le indicazioni arrivate nelle scorse ore dall’Unione Europea attraverso la presidente Ursula von der Leyen, che annunciando un accordo con Pfizer per accelerare l’approvvigionamento di vaccini, con 50 milioni di dosi consegnate in anticipo nel secondo trimestre, ha confermato che le intenzioni dell’Ue sui vaccini sono di “focalizzarci sulle tecnologie che hanno dimostrato il loro valore: i vaccini a Rna messaggero (come Pfizer e Moderna, ndr) sono un caso chiaro”. Un segnale di evidente bocciatura per i composti a vettore virale, come AstraZeneca e Johnson&Johnson. Come noto il primo, prodotto dalla casa farmaceutica anglo-svedese, è stato al centro di una lunga querelle sulla sua sicurezza per un legame che rarissimi casi di trombosi. Esami e studi che hanno portato l’Aifa, l’Agenzia italiana del farmaco, a raccomandarne l’uso solamente alla popolazione over 60. Sembra probabile un trattamento simile anche il monodose americano di Johnson&Johnson, bloccato negli Stati Uniti dalla Food and Drugs Administration per sei casi di trombosi sospette sulle quasi sette milioni di dosi somministrate negli Usa. Per questo il suo utilizzo in Europa e in Italia è stato momentaneamente sospeso. Insomma, il presunto legame tra vaccino a vettore virale e casi di trombosi mette a rischio l’uso “universale” di questo tipo di farmaci. Una vicenda che mette a rischio l’esito della campagna di vaccinazione in Italia anche per un secondo motivo: il nostro Paese ha puntato, anche economicamente, su una tipologia di vaccino simile. Parliamo del siero sviluppato nei laboratori di Castel Romano da ReiThera, in corso di sperimentazione all’Istituto Spallanzani di Roma. Il vaccino si basa, come AstraZeneca e Johnson&Johnson, sul vettore virale dell’adenovirus. Di un possibile stop agli under 60, come l’omologo anglo-svedese, non sembra preoccupato il ministro della Salute. “Stiamo lavorando per rendere l’Italia più forte nella produzione di vaccini sicuri ed efficaci. Tra le iniziative è già bene avviata quella di Reithera che potrà portarci ad avere il primo vaccino italiano in produzione e distribuzione”, ha detto Speranza oggi nel corso dell’informativa in aula alla Camera sull’aggiornamento della campagna vaccinale. Attualmente il vaccino ‘italiano’ è in fase 2 e la speranza resta quella che, arrivando più tardi sul mercato rispetto ad AstraZeneca e Johnson&Johnson, i responsabili possano aver fatto ‘tesoro’ dei dati e dei problemi emersi con i sieri concorrenti. I responsabili di ReiThera, a Il Giornale, hanno spiegato che si atterranno “al parere e alle linee guida che saranno definite dalle agenzie regolatorie italiana e europea. Stiamo seguendo con attenzione tutte le informazioni relative ai vari vaccini per Covid-19 sviluppati utilizzando diverse tecnologie e quindi anche quanto sta emergendo dall’ utilizzo di quelli basati su adenovirus”. Che l’Italia punti molto su Reithera è evidente anche dallo sforzo economico dietro la sua produzione. Invitalia, la società pubblicata guidata dall’ex commissario all’emergenza Covid Domenico Arcuri, ha investito ben 81 milioni di euro per entrare nell’azionariato della società, il cui azionista di maggioranza è la svizzera Keires. Altri 8 milioni di euro erano arrivati invece dalla Regione Lazio e altri tre dal Ministero dell’Istruzione.

Carmine Di Niro. Romano di nascita ma trapiantato da sempre a Caserta, classe 1989. Appassionato di politica, sport e tecnologia.

Stefano Pagliarini per today.it il 9 aprile 2021. L’Italia sarebbe potuta essere comproprietaria del brevetto del vaccino di AstraZeneca e invece l’allora Presidente del consiglio Giuseppe Conte ha reputato troppo rischioso effettuare un bonifico di 70 milioni di euro. Lo ha detto ieri sera Piero Di Lorenzo, presidente e amministratore delegato di Irbm, società che produce il vaccino anglosvedese in Italia, ospite della trasmissione Porta a Porta di Bruno Vespa. “Io avevo invitato il governo Conte a prendere contatti con l’università di Oxford per diventare comproprietari del vaccino AstraZeneca visto che, come imprenditore, non mi conveniva fare un finanziamento perché Oxford ci aveva detto in tutte le lingue che avrebbe chiesto di vendere a prezzo industriale e quindi non c’era un utile. Abbiamo fatto un paio di riunioni in call con i rappresentanti delle istituzioni. Se avessero seguito questo consiglio, oggi saremmo comproprietari. Non c’era possibilità di finanziamento pochissimi giorni ad una università straniera. Stiamo parlando di 20 milioni di euro subito e 50 milioni in un paio di mesi”. E’ anche per questo che l’Italia si ritrova ad essere fuori dalla produzione del vaccino anti Covid e si ritrova ad inseguire accordi con le grandi case farmaceutiche per avere accesso ai brevetti. Senza contare il problema della produzione locale, di cui, tra l’altro si è discusso proprio oggi in Senato. Infatti, a mettere in dito nella piaga di un Paese fuori classifica da qualsiasi competizione industriare nel campo della scienza biomedica, è stato lo stesso ministro allo Sviluppo Economico Giancarlo Giorgetti, che ha spiegato come il tavolo con Aifa, industria ed esponenti del governo serva proprio a supplire ad una “carenza strategica, al totale abbandono della ricerca e dell’industria farmaceutica sui vaccini”. Dunque è stato proprio Giorgetti ad ammettere come l’Italia abbia rinunciato alla ricerca nel lungo periodo perché “servono molti investimenti per risultati incerti e non remunerativi. Ecco perché serve il ripristino della forza propulsiva dello Stato che è assente”. Ma questo in un’ottica di lungo periodo. Oggi siamo nel pieno della pandemia e l’Italia, senza brevetti e senza ricerca scientifica, può fare una sola cosa: “Riconvertire, far sposare le attività produttive di chi i vaccini li ha già disponibili, trasferire brevetti da parte dei big della farmacologia con una partnership a livello europeo e valutare di costruire in Italia nuovi poli di produzione vaccinale”. E l’esponente del Governo Draghi non ha dubbi: fra qualche mese ci sarà una sovrapproduzione di vaccini. Ormai tanti treni sono stati persi, per cui si procede a vista e l’unica cosa possibile è farsi trovare pronti nel momento in cui si potranno produrre vaccini in massa. "Con il decreto Sostegni sono stati stanziati 200 milioni per previsioni di agevolazioni fiscali per investimenti privati nel settore bio-farmaceutico" ha ribadito sempre Giorgetti, rispondendo al Senato ad un'interrogazione sulla produzione di vaccini contro il Covid-19. Intanto però sarebbero già stati individuati i siti produttivi. Massima priorità agli impianti capaci di convertirsi velocemente. Ma attenzione a non trascurare il Sud Italia. Nell’aula parlamentare infatti ha replicato al ministro il senatore del gruppo Misto, Saverio De Bonis, chiedendo al Governo di non privilegiare le industrie del Nord perché “a me risulta che anche al Sud vi siano centri in grado di operare una veloce riconversione produttiva e di rispondere quindi con tempestività all'esigenza di produrre vaccini italiani nel giro di pochi mesi". La paura, almeno quella di De Bonis è che, anche in una partita fondamentale come quella della corsa alla produzione del vaccino, si possa rinfiammare la ferita che divide il Nord dal Mezzogiorno.

Fausto Biloslavo per “il Giornale” il 12 aprile 2021. I vaccini cinesi sono un flop. Lo ammette con un'inusuale atteggiamento di trasparenza, Gao Fu, il direttore del Centro per il controllo e la prevenzione delle malattie del pianeta giallo. I vaccini cinesi «non hanno un tasso di protezione molto alto» ha candidamente spiegato l' alto funzionario durante una conferenza stampa. L' allarme era già suonato con le dosi inviate in Brasile, dove uno studio scientifico ha stabilito che l' efficacia sul virus dell' antidoto prodotto dalla cinese Sinovac si attestava appena al 50,4%. Il vaccino americano Pfizer ha una copertura del 97%. L' ammissione del flop apre scenari preoccupanti sulle 115 milioni di dosi che Pechino ha esportato in 60 paesi. E spiega il numero, in percentuale, molto basso di vaccinati in Cina, dove vivono 1,4 miliardi di persone. Il 2 aprile appena 34 milioni di cinesi erano stati vaccinati con tutte e due le dosi. E circa 65 milioni avevano ricevuto solo la prima. Pechino vorrebbe vaccinare 560 milioni di abitanti, il 40% della popolazione, entro giugno. Gao ha ammesso che sono al vaglio due soluzioni per correre ai ripari. La prima è un intervento sul dosaggio, sull' intervallo o l' aumento delle inoculazioni per ottenere maggiore protezione. La seconda prevede di impiegare o mescolare altri vaccini compresi quelli occidentali, fino ad oggi proibiti in Cina. «É ora sotto esame formale la possibilità di utilizzare vaccini diversi per il processo di immunizzazione» ha confermato Gao, che aveva criticato il metodo mRna degli antidoti occidentali. Non solo: i media di stato si erano scatenati nelle teorie cospirative sulle modificazioni genetiche provocate dalla nuova tecnologia. Ora sembra avere cambiato idea sostenendo che «tutti devono considerare i benefici che i vaccini mRna possono portare all' umanità». Il problema è che i tre vaccini prodotti dai cinesi si basano sul vecchio sistema utilizzato anche per Astrazeneca. L' antidoto di Pechino con l' mRna è ancora nella fase iniziale di sperimentazione. Se il governo comunista decidesse di acquistare i vaccini occidentali le forniture, già in sofferenza per l' Europa, subirebbero ulteriori flessioni. L' ammissione cinese sulla «non molto elevata copertura» dei propri antidoti incrinerà la diplomazia del vaccino lanciata dal presidente Xi Jinping. L' ultimo carico di 700mila dosi era arrivato in Ecuador poche ore prima della conferenza stampa che ha fatto trapelare il flop. La Cina ha esportato 115 milioni di dosi di vaccini e prodotto all' estero oltre 90 milioni. Fra i 60 paesi che hanno ricevuto il vaccino cinese c' è il Brasile, nazione enorme flagellata dal virus, ma anche il Messico e il Cile solo per rimanere in America Latina. Dal Marocco al Sud Africa sono state inviate scorte di vaccini cinesi per mantenere la penetrazione economica e politica di Pechino nel continente. Stesso discorso per il Sud Est asiatico ed i Balcani dal Montenegro alla Serbia, ma anche paesi dell' Unione europea, come l' Ungheria hanno acquistato vaccini cinesi. Pure gli Emirati arabi e la Turchia si sono vaccinati con le dosi di Pechino.

Guido Santevecchi per il “Corriere della Sera” il 12 aprile 2021. (…) Il governo è impegnato in una grande azione di diplomazia sanitaria, estesa dal Brasile agli Emirati Arabi, dalla Turchia alla Serbia, al Pakistan, all'Indonesia, all'Africa. La Repubblica popolare offre prezzi «politici» e forniture illimitate. Una ricerca in Brasile ha rilevato che il prodotto di Sinovac ha avuto un successo solo del 50,4% nella prevenzione dei casi sintomatici, mentre la Turchia ha dichiarato un'efficacia superiore all'80% con lo stesso farmaco. Le autorità cinesi sostengono che è solo un problema di lettura delle statistiche: secondo loro il vaccino di Sinovac riduce del 77,9% i casi di sintomi moderati o che necessitano ricovero in ospedale. Altra incertezza arriva dal Cile, che sta affrontando una nuova ondata di contagi nonostante abbia già somministrato 62 dosi di Sinovac per 100 abitanti. Gao Fu è un alto dirigente governativo e certamente non aveva intenzione di suicidarsi politicamente. Ma le sue parole, l'ammissione del problema, non debbono essere comunque piaciute a Pechino: la censura del web ha subito spento il dibattito partito sui social network mandarini. Ieri la stampa statale, visto che le agenzie di informazione internazionali davano risalto al discorso, ha intervistato Gao, dandogli modo di correggere. «È stato un completo malinteso: io volevo proporre una visione scientifica generale sulla necessità di migliorare l'efficacia di tutti i vaccini, usando tecniche innovative», ha detto al Global Times , fratello in lingua inglese del Quotidiano del Popolo .

Da ansa.it il 17 giugno 2021. "La Commissione europea e gli Stati membri, nello Steering board, seguono da vicino la questione" della ridotta efficacia del vaccino di Curevac, e attendono "la valutazione dell'Ema". Lo dichiara un portavoce dell'Esecutivo comunitario rispondendo ad una domanda. "Il contratto stipulato con l'azienda farmaceutica, è disponibile online, e prevede una serie di clausole anche sulle scadenze di consegna delle dosi", spiega il portavoce a chi chiede se vi sia la possibilità di rescindere il contratto. "Ma - aggiunge - non stiamo assolutamente conducendo questo tipo di discussione". Il laboratorio tedesco CureVac ha annunciato che il suo principale candidato al vaccino Covid-19 ha mostrato solo il 47% di efficacia, secondo l'analisi di uno studio clinico su larga scala, e in questa fase non soddisfa i criteri richiesti. Il vaccino "ha raggiunto un'efficacia preliminare del 47% contro il Covid-19, indipendentemente dalla sua gravità, non soddisfacendo i criteri statistici di successo prestabiliti", ha affermato in una nota il laboratorio che ha firmato un importante contratto d'ordine con l'Unione Europea per questo vaccino a RNA messaggero. Fortissime vendite in Borsa a Francoforte su CureVac dopo che il laboratorio tedesco ha annunciato che il suo principale candidato al vaccino Covid-19 ha mostrato solo il 47% di efficacia: il titolo del gruppo farmaceutico cede il 48% a 42 euro. Anche la Commissione Ue ha fatto sapere che sta monitorando il dossier e, secondo l'analisi di uno studio clinico su larga scala, in questa fase il candidato al vaccino CureVac a RNA messaggero non soddisfa i criteri richiesti

Coronavirus nel mondo, il candidato vaccino CureVac efficace solo al 47%: crollano il titolo e le aspettative di una nuova arma contro la pandemia. La Repubblica il 17 giugno 2021. Sviluppato dall'azienda tedesca, è stato testato su 40mila volontari senza raggiungere gli standard minimi previsti. L'Europa aveva già ordinato oltre 400mila dosi. Il candidato vaccino contro il Covid-19 sviluppato dall'azienda tedesca CureVac è risultato efficace solo al 47% da una seconda analisi ad interim. Lo riferisce la compagnia di Tubinga. La comunicazione ha spinto il titolo della società scambiato a New York in ribasso del 40% negli scambi after-hour. "In un contesto senza precedenti con almeno 13 varianti all'interno del sottogruppo di partecipanti allo studio esaminato in questa analisi ad interim, CVnCoV ha raggiunto un'efficacia preliminare del 47 per cento contro la malattia Covid-19 di qualsiasi gravità e quindi non ha soddisfatto i criteri di successo statistici specificati", si legge nella nota dell'azienda. Il monitoraggio ha confermato un buon profilo di sicurezza del farmaco e i test proseguiranno fino alla fase finale, conclude CureVac. I risultati dello studio, che ha coinvolto 40 mila volontari in Europa e America Latina, non sono una buona notizia per i programmi di approvvigionamento vaccinale della Commissione Europea, che aveva prenotato 405 milioni di dosi, 180 milioni delle quali opzionali. In un memorandum d'intesa separato, la Germania aveva prenotato altre 20 mila dosi. "Stiamo procedendo alla massima velocità per l'analisi conclusiva", ha spiegato l'ad del gruppo, Franz-Werner Haas, "abbiamo sempre in programma di chiedere l'autorizzazione". Il vaccino CureVac utilizza la tecnologia dell'Rna messaggero come i sieri sviluppati da Pfizer/BioNTech e Moderna, che vantano però un'efficacia intorno al 95%. Un vaccino contro il Covid-19 deve avere un'efficacia pari ad almeno il 50% per rispettare i requisiti richiesti dall'Oms e dalla Food and Drug Administration americana per chiedere l'autorizzazione di emergenza. Nel siero di CureVac riponevano molte speranze anche i Paesi in via di sviluppo. A differenza degli altri due vaccini a Rna messaggero, il farmaco di CureVac può essere conservato per mesi in un normale frigorifero e utilizza meno molecole di Rna, rendendo la produzione meno costosa.

L'Ue dice addio ad AstraZeneca? Si punterà su 1,8 miliardi di vaccini mRna. La Commissione europea pronta ad acquistare quasi 2 miliardi di dosi per il 2022-2023: si guarda a Pfizer, Moderna o Curevac perché più efficaci contro le varianti. Luca Sablone - Dom, 11/04/2021 - su Il Giornale. L'Unione europea si prepara a dire addio ad AstraZeneca? Stando a quanto si apprende da fonti di Bruxelles, la Commissione Ue sarebbe pronta a un nuovo acquisto di quasi 2 miliardi di dosi di vaccino: nello specifico si tratterebbero di 900 milioni di sieri più un'opzione di altri 900 milioni per l'approvvigionamento dei paesi membri nel 2022 e 2023. C'è però un particolare che porterebbe ad escludere l'antido anglo-svedese: si vorrebbe puntare sui prodotti che hanno sviluppato un immunizzante con tecnologia mRna poiché ritenuti più efficaci dall'Ema, l'Agenzia europea per i medicinali. Dunque, in un'ottica di miglior contrasto alle varianti del Coronavirus, si guarda con fiducia a BionTechPfizer, Moderna o Curevac. All'azienda sarà inviata una richiesta di presentare un'offerta. Allo stato attuale la favorita sembra essere la BionTechPfizer, che può vantare una maggiore capacità produttiva grazie allo stabilimento di Marburgo.

Il "nodo richiamo". L'Ue si fissa l'obiettivo di immunizzare tutta la popolazione adulta del continente entro fine settembre. La battaglia contro il Covid-19 tuttavia potrebbe essere più lunga del previsto e dunque potrebbe essere necessario un richiamo del vaccino ogni anno. Intanto la somministrazione della seconda dose continua a rappresentare ancora un nodo da sbrogliare: dopo la Germania, anche la Francia ha deciso di non usare AstraZeneca per il richiamo agli under 55. In Italia per il momento il ministero della Salute si è limitato a consigliarlo agli over 60. Come riportato dall'Huffington Post, Thomas Mertens guarda con grande entusiamo alla possibilità di mescolare due diversi vaccini. Una scelta che, secondo il capo della Commissione vaccinale tedesca Stiko, potrebbe rivelarsi più efficace che somministrare due dosi dello stesso siero: "In primo luogo, sono sicuro che non ci siano rischi per la sicurezza dei vaccinati. In secondo luogo, sono personalmente convinto che l’immunità alla fine sarà altrettanto buona, forse anche migliore".

A rischio anche J&J. Se da una parte i vari cambi di fronte su AstraZeneca hanno fatto discutere, dall'altra anche su Johnson&Johnson gli entusiasmi presto potrebbero fare i conti con una serie di ostacoli che si presentano lungo il percorso di lotta al Coronavirus. Da cosa è causato l'attacco alle piastrine del sangue? Una risposta ufficiale non è ancora arrivata, ma gli esperti dell'Ema starebbero iniziando a sospettare che la causa possa essere proprio nel vettore - l'adenovirus che trasporta la proteina spike - che a sua volta genererebbe la risposta immunitaria. E se così fosse, la campagna di vaccinazione potrebbe subire l'ennesimo stop: lo stesso meccanismo è adottato dal vaccino targato J&J (anche se con adenovirus umani e non dello scimpanzè) e da quello tutto made in Italy di Reithera ancora in fase sperimentale.

AstraZeneca, lo studio tedesco: "Il dna libero nel vaccino scatena anticorpi insoliti, questa l'origine delle trombosi?" Libero Quotidiano il 10 aprile 2021. Trombocitopenia trombotica immunitaria provocata da vaccino (VITT). Lo stanno studiando gli scienziati tedeschi dell’Università di Greifswald. I suddetti hanno pubblicato uno studio su una delle più prestigiose riviste scientifiche The New England journal of medicine. La loro ricerca ha concluso che la somministrazione del vaccino a vettore virale AstraZeneca provoca la reazione che ha portato al ricovero e in alcuni casi alla morte di persone a cui era stato somministrato il siero sviluppato dall’Università di Oxford. “La vaccinazione con ChAdOx1 nCov-19 può provocare il raro sviluppo di trombocitopenia trombotica immunitaria mediata da anticorpi attivatori delle piastrine contro PF4, che imita clinicamente la trombocitopenia autoimmune indotta da eparina” le conclusioni dello studio pubblicate dal Fatto quotidiano. Sono state 222 le segnalazioni in tutta Europa, Gran Bretagna inclusa, su 34 milioni di persone vaccinate. Il professore Andreas Greinacher, ordinario di Immunologia dell’ateneo tedesco, ha spiegato che i campioni esaminati hanno mostrato “anticorpi insoliti che attivano le piastrine del sangue, provocando la formazione di coaguli, che si sta valutando la presenza di cofattori e che un possibile innesco di questi anticorpi reattivi al fattore piastrinico (Pf4) potrebbe essere il Dna libero nel vaccino”, ha spiegato. Sergio Siragusa, ematologo vicepresidente della Società Italiana di Ematologia, in una intervista al Corriere dell Sera, ha spiegato invece come poter riconoscere certi rischi: "Un gonfiore a un braccio o a una gamba, dolore addominale che non si risolve, cefalea che non passa, difficoltà a respirare o dolore toracico che non si risolve rapidamente, tachicardia o emorragie e lividi". In questo caso solo per quanto riguarda soggetti giovani. In caso contrario gli effetti precedentemente elencati "potrebbero essere associati ad altro. In un paziente che sta bene e non ha nessuna malattia, la presenza di questi segni è invece importante", ha spiegato il professore.

Vaccino, 81enne di Senigallia si vaccina con Pfizer e muore di trombosi dopo 12 ore: la famiglia non chiede accertamenti. Libero Quotidiano il 10 aprile 2021. Un anziano di 81 anni è morto a Senigallia di trombosi fulminante circa 12 ore dopo aver fatto la seconda dose del vaccino Pfizer, ma al momento non è stata stabilita alcuna causa-effetto. L'anziano stava bene, non aveva malattie pregresse. L'azienda sanitaria delle Marche ha fatto sapere che "non è assolutamente scontato che le due cose siano correlate e che al momento non c’è alcuna prova che si tratti di una reazione avversa". La famiglia potrebbe richiedere accertamenti ma non intende farlo. Il figlio ha pubblicato un post su Facebook senza però creare polemiche. "Finalmente eri felice avevi fatto le analisi dieci giorni fa, tutto ok a parte un po’ di colesterolo alto. Cuore a posto, camminavi ogni giorno sul lungomare di Senigallia, lontano dalle preoccupazioni e dai problemi del lavoro a cui hai dedicato tutta la vita", ha scritto il figlio sul social. "Eri così contento di fare la seconda dose di Pfizer il più sicuro dei vaccini. La mattina alle 8.30 eri uno dei primi in fila. Dopo l’iniezione sei andato al porto per prendere un bel filetto di tonno da fare alla brace e dopo pranzo una passeggiata al sole, poi un thè e due biscottini, una settimana enigmistica nel giardino di quella casa che dopo 50 anni eri riuscito finalmente a ristrutturare", ricorda ancora il figlio nel messaggio che omaggia il padre. Niente sembrava che dovesse andare storto, la salute era ottima. A cena aveva mangiato una minestrina poi si era messo a guardare la televisione. Poi la situazione è precipitata, scrive il Messaggero. "Maledetta quella trombosi fulminante che ti ha lasciato tra le braccia della tua adorata moglie. Può succedere, eri anziano, certe cose non si possono prevedere e possono capitare a tutti. In Italia di Covid muoiono 300/500 persone al giorno e solo uno su mille accusa qualche problema a seguito del vaccino, è comunque il male minore per tutti. Mi ha detto il medico. Sarei anche stato d’accordo se quell’uno su mille non fosse stato mio padre", ha concluso il figlio.

AstraZeneca, il sospetto dietro lo stop della Germania: "Spinge per Pfizer". Ma a noi arriveranno solo le briciole. Libero Quotidiano il 17 marzo 2021. Dopo lo stop al vaccino AstraZeneca reso inevitabile dall'alt di Angela Merkel che ha costretto a sua volta Italia, Francia e Spagna a sospendere il siero anglo-svedese, la Commissione europea cerca di indorare la pillola con qualche dose Pfizer, il vaccino prodotto dalla stessa Germania. La presidente della Commissione Ursula von der Leyen ha spiegato che Pfizer-Biontech anticiperà a giugno la distribuzione di 10 milioni di dosi, che erano previste per la seconda metà del 2021. "Questi 10 milioni di dosi anticipate porteranno il totale delle dosi nel secondo trimestre sopra i 200 milioni. Questo darà agli Stati membri margine di manovra e consentirà di colmare le mancanze nelle consegne", annuncia la von der Leyen. Peccato che, sottolinea il Giornale, che le 10 milioni di dosi Pfizer non basteranno a coprire la voragine lasciata da AstraZeneca. Basta fare due conti. Le 10 milioni di dosi suppletive infatti dovranno essere distribuite nei 27 Paesi europei. E in Italia non garantiranno, da sole, più di un 1,35 milioni di somministrazioni, ergo 700mila vaccinazioni. Ben poco. L'impressione è che la Germania abbia cominciato una campagna contro AstraZeneca. Già a gennaio comparvero i primi articoli che mettevano in dubbio la sua efficacia sulla popolazione oltre i 65 anni. In realtà, mancavano dei test specifici su campioni di quell'età. Poi il gioco al massacro con la notizia delle prime morti. Insomma, Berlino, bloccando la somministrazione di AstraZeneca ha di fatto avviato una reazione a catena che ha costretto Italia, Francia e Spagna a prendere la stessa decisione. La Gran Bretagna si è ben guardata dalla sospensione del vaccino. Anche perché le 270 vittime nelle ore successive al vaccino non sono state ritenute collegate alla somministrazione. Il sospetto è che la Germania spinga per il vaccino concorrente ad AstraZeneca, Pfizer-BiONtech. A fine dicembre la big pharma garantì infatti a Berlino 30 milioni di dosi in più rispetto ai 55,8 milioni assegnate dall'Ue. Sembra che la campagna tedesca anti-AstraZeneca dipenda più da interessi industriali e commerciali che non da preoccupazioni scientifiche. Ma ormai il danno è fatto. 

DiMartedì, Alessandro Sallusti e "il retropensiero" sullo stop ad AstraZeneca: "Guerra tra multinazionali dei vaccini". Libero Quotidiano il 17 marzo 2021. "Ho un retropensiero". Alessandro Sallusti, ospite di Giovanni Floris in collegamento con DiMartedì su La7, dà una lettura alternativa allo stop ai vaccini di AstraZeneca. "Io leggo i giornali stranieri ogni mattina, e non trovo queste polemiche e problematiche nei paesi produttori di vaccino, gli Stati Uniti, la Russia... Quelli vaccinano dalla mattina alla sera e se ci sono incidenti di percorso magari li registrano e indagano", ma di certo non bloccano tutta la macchina della campagna vaccinale. "Perché in Europa siamo ossessionati da questo? Perché siamo un mercato per questi tre vaccini. Devono conquistare l'Europa perché così conquisterebbero tanti soldi, oltre a tanto prestigio", sottolinea il direttore del Giornale. Insomma, dietro la campagna giudiziaria, mediatica e politica su AstraZeneca, società anglo-svedese rivale di Pfizer, Moderna, Sputnik e Johnson & Johnson, ci sarebbero interessi internazionali nemmeno tanto occulti. "Stiamo parlando di una guerra tra multinazionali e di lobby che le rappresentano, prima ancora di un problema scientifico. Mi spiegate altrimenti perché questi problemi non ci sono negli Stati Uniti, in Russia e in Inghilterra, che sono i tre Paesi che stanno vaccinando più di tutti?". Secondo il direttore di Libero Pietro Senaldi, invece, siamo di fronte a un problema eminentemente politico: "La Merkel si è spaventata e noi ci siamo adeguati, una cosa piuttosto allucinante". Risultato: l'Italia stoppa i vaccini AstraZeneca, gli stessi che in Inghilterra hanno permesso di ridurre il bilancio delle vittime da coronavirus da 1.000 al giorno prima delle vaccinazioni agli attuali meno di 100 decessi quotidiani.

Stefano Pagliarini per today.it il 9 aprile 2021. L’Italia sarebbe potuta essere comproprietaria del brevetto del vaccino di AstraZeneca e invece l’allora Presidente del consiglio Giuseppe Conte ha reputato troppo rischioso effettuare un bonifico di 70 milioni di euro. Lo ha detto ieri sera Piero Di Lorenzo, presidente e amministratore delegato di Irbm, società che produce il vaccino anglosvedese in Italia, ospite della trasmissione Porta a Porta di Bruno Vespa. “Io avevo invitato il governo Conte a prendere contatti con l’università di Oxford per diventare comproprietari del vaccino AstraZeneca visto che, come imprenditore, non mi conveniva fare un finanziamento perché Oxford ci aveva detto in tutte le lingue che avrebbe chiesto di vendere a prezzo industriale e quindi non c’era un utile. Abbiamo fatto un paio di riunioni in call con i rappresentanti delle istituzioni. Se avessero seguito questo consiglio, oggi saremmo comproprietari. Non c’era possibilità di finanziamento pochissimi giorni ad una università straniera. Stiamo parlando di 20 milioni di euro subito e 50 milioni in un paio di mesi”. E’ anche per questo che l’Italia si ritrova ad essere fuori dalla produzione del vaccino anti Covid e si ritrova ad inseguire accordi con le grandi case farmaceutiche per avere accesso ai brevetti. Senza contare il problema della produzione locale, di cui, tra l’altro si è discusso proprio oggi in Senato. Infatti, a mettere in dito nella piaga di un Paese fuori classifica da qualsiasi competizione industriare nel campo della scienza biomedica, è stato lo stesso ministro allo Sviluppo Economico Giancarlo Giorgetti, che ha spiegato come il tavolo con Aifa, industria ed esponenti del governo serva proprio a supplire ad una “carenza strategica, al totale abbandono della ricerca e dell’industria farmaceutica sui vaccini”. Dunque è stato proprio Giorgetti ad ammettere come l’Italia abbia rinunciato alla ricerca nel lungo periodo perché “servono molti investimenti per risultati incerti e non remunerativi. Ecco perché serve il ripristino della forza propulsiva dello Stato che è assente”. Ma questo in un’ottica di lungo periodo. Oggi siamo nel pieno della pandemia e l’Italia, senza brevetti e senza ricerca scientifica, può fare una sola cosa: “Riconvertire, far sposare le attività produttive di chi i vaccini li ha già disponibili, trasferire brevetti da parte dei big della farmacologia con una partnership a livello europeo e valutare di costruire in Italia nuovi poli di produzione vaccinale”. E l’esponente del Governo Draghi non ha dubbi: fra qualche mese ci sarà una sovrapproduzione di vaccini. Ormai tanti treni sono stati persi, per cui si procede a vista e l’unica cosa possibile è farsi trovare pronti nel momento in cui si potranno produrre vaccini in massa. "Con il decreto Sostegni sono stati stanziati 200 milioni per previsioni di agevolazioni fiscali per investimenti privati nel settore bio-farmaceutico" ha ribadito sempre Giorgetti, rispondendo al Senato ad un'interrogazione sulla produzione di vaccini contro il Covid-19. Intanto però sarebbero già stati individuati i siti produttivi. Massima priorità agli impianti capaci di convertirsi velocemente. Ma attenzione a non trascurare il Sud Italia. Nell’aula parlamentare infatti ha replicato al ministro il senatore del gruppo Misto, Saverio De Bonis, chiedendo al Governo di non privilegiare le industrie del Nord perché “a me risulta che anche al Sud vi siano centri in grado di operare una veloce riconversione produttiva e di rispondere quindi con tempestività all'esigenza di produrre vaccini italiani nel giro di pochi mesi". La paura, almeno quella di De Bonis è che, anche in una partita fondamentale come quella della corsa alla produzione del vaccino, si possa rinfiammare la ferita che divide il Nord dal Mezzogiorno.

Coronavirus e vaccini, fuori la verità: anche nel mondo scientifico le scelte sono politiche. Francesco Bertolini su Libero Quotidiano il 09 aprile 2021. La rivincita della scienza è durata poco, purtroppo. Se la scienza è associabile all'Ema, la European Medicines Agency, l'agenzia europea del farmaco, siamo messi malissimo. Fortunatamente la scienza non coincide con questi baracconi sovranazionali, espressioni di equilibri di potere tra vari Paesi e corporazioni. Ma è indubbio che la figura che questa autorità ha fatto in queste settimane non aiuta nessuno, né gli Stati, né i cittadini. Si chiede ai cittadini, in maniera fideistica, di credere alle indicazioni del governo, che recepisce le indicazioni del Comitato tecnico-scientifico (Cts) che a sua volta si appoggia alle indicazioni dell'Ema o dell'Organizzazione mondiale della sanità. Ma quando le indicazioni cambiano ogni settimana qualunque fiducia viene meno; inutile che le nuove star dei talk show continuino a sostenere che i benefici delle scelte prese siano superiori ai rischi, ci mancherebbe altro. La fiducia è difficile da conquistare, ma quando si perde è quasi impossibile da recuperare. La fiducia è una relazione fondata sulla dipendenza. Sia che si parli di persona fisica o di istituzione, l'altro a cui assegna fiducia ha un certo potere su di me. Un potere che però instaura un senso di responsabilità, oppure può approfittare della situazione vantaggiosa. Così facendo genera una spirale di sfiducia che logora qualsiasi legame sociale. In questi mesi disgraziati che hanno portato alla ribalta personaggi sconosciuti, si è ascoltato tutto e il contrario di tutto. Una informazione sciatta e appiattita, istituzioni allo sbando incapaci di decidere e di prendersi dei rischi, preferendo addossare ai cittadini ogni colpa. E cittadini disorientati, terrorizzati , manipolati, oggi a loro volta allo sbando. L'emergenza sanitaria della prima ondata non è mai terminata, è arrivata poi l'emergenza economica, e ora è arrivata l'emergenza psicologica di un Paese che non ce la fa più. La paura della malattia e della morte si è trasformata in paura di vivere. Ciò non sembra scalfire i protagonisti dei talk show, a cui la pandemia ha portato notorietà, potere e magari qualche nomina pubblica, prestigiosa nei loro ambienti. Ma solo nei loro ambienti ormai, perché se si facesse un sondaggio sulla credibilità dell'Ema o dell'Oms non penso che i risultati sarebbero lusinghieri. E infatti non si fanno, si continua a giocare con la salute, fisica e mentale, di milioni di persone, raccontando che tutto il mondo è nella stessa situazione; niente di più falso, in larghe aree del pianeta la vita è normale, senza mascherine, con l'economia che corre e che sta togliendo quote di mercato che non torneranno facilmente alle nostre imprese. Intanto, qui, attendiamo con ansia il prossimo comunicato Ema.

Napoli, proteste e campagna vaccinale rallentata. Psicosi AstraZeneca, caos e ressa alla Mostra d’Oltremare: “Fateci Pfizer o Moderna”, arrivano i carabinieri. Giovanni Pisano su Il Riformista il 4 Maggio 2021. Si registrano, vengono convocati e, pur consapevoli di ricevere il vaccino AstraZeneca, una volta definita l’accettazione nel centro vaccinale della Mostra d’Oltremare di Napoli pretendono la somministrazione delle dosi di Pfizer o Moderna. E’ quanto sta accadendo con una frequenza preoccupante in più centri vaccinali del capoluogo partenopeo. Martedì 4 maggio, tuttavia, è stato toccato il punto più basso con la direzione strategica dell’ASL Napoli 1 Centro costretta a richiedere l’intervento delle forze dell’ordine per placare gli animi di chi chiedeva con insistenza un vaccino diverso da quello previsto (AstraZeneca). Tra i 4mila convocati e appartenenti alla fascia d’età 60-69 c’è stato chi ha rifiutato AstraZeneca pur in assenza di validi motivi. Colpa probabilmente del caos generato nelle scorse settimane dall’agenzia europea del farmaco, dall’Aifa (agenzia italiana del farmaco) e dallo stesso Governo italiano sui casi sospetti di trombosi. Nonostante le successive rassicurazioni, soprattutto per la fascia d’età relativa agli over 60, in tanti continuano a non fidarsi e a chiedere, dopo aver effettuato la prenotazione, Pfizer o Moderna. Oggi gli operatori sanitari presenti alla Mostra d’Oltremare sono stati insultati e minacciati tanto da costringere il direttore generale Ciro Verdoliva a richiedere l’intervento di polizia e carabinieri, già presenti sul posto, per sedare le proteste. In una nota la direzione strategica dell’ASL Napoli 1 Centro ricorda che il piano vaccinale prevede la somministrazione del vaccino a m-RNA solo per categorie dedicate puntualmente definite ed elencate. Pretendere la somministrazione di un vaccino a m-RNA al di fuori di queste categorie e dalle indicazioni prescritte dai sanitari non è possibile e di certo non è accettabile alcun comportamento di minaccia o insulto nei confronti del personale sanitario o delle guardie di sicurezza impegnate nello svolgimento del proprio lavoro a servizio dei cittadini. “Un fatto gravissimo – spiega il direttore generale Ciro Verdoliva – non tollereremo che con tali comportamenti e tali pretese si faccia saltare l’organizzazione di un intero centro vaccinale pensando di poterci costringere a somministrare vaccini diversi da quelli previsti”. È poi il direttore sanitario Maria Corvino a ricordare che la vaccinazione con Pfizer è possibile solo per cittadini che hanno patologie o condizioni di salute tali da rendere indispensabile la somministrazione del vaccino a m-RNA. “Chi ritiene di essere affetto da patologie per le quali è prevista la somministrazione di vaccino a m-RNA – dice Corvino – può iscriversi nelle apposite categorie, diversamente non ci saranno deroghe e nessuna eccezione”.

L’esempio dei giovani a Caserta. A pochi chilometri di distanza, a Caserta, centinaia di giovani hanno aspettato fino a notte fonda pur di sottoporsi al vaccino AstraZeneca nel giorno della somministrazione libera annunciata dalla Asl di Caserta.

Giovanni Pisano. Napoletano doc (ma con origini australiane e sannnite), sono un aspirante giornalista: mi occupo principalmente di cronaca, sport e salute.

Giornata di caos alla Mostra d'Oltremare. Psicosi AstraZeneca a Napoli: “Voglio il Pfizer” e sputa in faccia a guardia giurata. Giovanni Pisano su Il Riformista il 4 Maggio 2021. “Voglio il Pfizer” e ha sputato in faccia a una guardia giurata nel centro vaccinale della Mostra d’Oltremare di Napoli. A denunciare l’accaduto è Giuseppe Alviti, presidente nazionale dell’associazione guardie particolari giurate, dopo la dura presa di posizione dell’Asl Napoli 1 Centro costretta a sollecitare l’intervento delle forze dell’ordine per calmare alcuni dei 4mila convocati over 60 che, dopo l’accettazione, hanno rifiutato di sottoporsi al vaccino AstraZeneca, considerato pericoloso, pretendendo una dose di Pfizer o di Moderna pur non avendone diritto. “Giornata di caos all’hub vaccinale della Mostra d’Oltremare di Napoli: c’è chi ha perfino sputato in faccia ad una guardia giurata perché voleva il vaccino Pfizer pur non avendone diritto. Senza la professionalità dimostrata dagli agenti della vigilanza privata Security Service sarebbe potuto succedere l’inverosimile” aggiunge Alviti. Oggi, martedì 4 maggio, gli operatori sanitari presenti alla Mostra d’Oltremare sono stati insultati e minacciati tanto da costringere il direttore generale Ciro Verdoliva a richiedere l’intervento di polizia e carabinieri, già presenti sul posto, per sedare le proteste. In una nota la direzione strategica dell’ASL Napoli 1 Centro ricorda che il piano vaccinale prevede la somministrazione del vaccino a m-RNA solo per categorie dedicate puntualmente definite ed elencate. Pretendere la somministrazione di un vaccino a m-RNA al di fuori di queste categorie e dalle indicazioni prescritte dai sanitari non è possibile e di certo non è accettabile alcun comportamento di minaccia o insulto nei confronti del personale sanitario o delle guardie di sicurezza impegnate nello svolgimento del proprio lavoro a servizio dei cittadini. “Un fatto gravissimo – spiega il direttore generale Ciro Verdoliva – non tollereremo che con tali comportamenti e tali pretese si faccia saltare l’organizzazione di un intero centro vaccinale pensando di poterci costringere a somministrare vaccini diversi da quelli previsti”. È poi il direttore sanitario Maria Corvino a ricordare che la vaccinazione con Pfizer è possibile solo per cittadini che hanno patologie o condizioni di salute tali da rendere indispensabile la somministrazione del vaccino a m-RNA. “Chi ritiene di essere affetto da patologie per le quali è prevista la somministrazione di vaccino a m-RNA – dice Corvino – può iscriversi nelle apposite categorie, diversamente non ci saranno deroghe e nessuna eccezione”.

Giovanni Pisano. Napoletano doc (ma con origini australiane e sannnite), sono un aspirante giornalista: mi occupo principalmente di cronaca, sport e salute.

"Favorire le Regioni virtuose". La Moratti stoppa Figliuolo. Federico Garau il 7 Maggio 2021 su Il Giornale. La Regione è disposta a inoculare le dosi del siero prodotto dal colosso anglo-svedese rimaste non distribuite: "Da noi meno dell’1 per cento delle persone rifiuta AstraZeneca", dichiara Moratti. Dopo la richiesta di una decisa frenata per quanto concerne il numero di inoculazioni giornaliere dei vaccini anti-Covid inoltrata dal governo centrale, la Lombardia tenta nuovamente di premere sull'acceleratore per ottenere le dosi di siero destinate ad altre regioni ma rimaste in frigo: è Letizia Moratti, ricordando che la propria regione rientra pienamente nei target nazionali, a chiedere al generale Figliuolo il giusto riconoscimento per i meriti nella campagna vaccinale. Qualche giorno fa, a causa dell'inesorabile assottigliarsi delle scorte nazionali, l'esecutivo aveva invitato la Lombardia (capace anche di superare le 100mila inoculazioni quotidiane) a rallentare per attestarsi intorno alle 85mila su 500mila abitanti (pari al 17% massimo del totale). Dopo un avvio decisamente stentato, la regione governata da Attilio Fontana è riuscita a raggiungere quota quattro milioni e mezzo di somministrazioni, e risulta una delle più virtuose per quanto riguarda la percentuale di utilizzo delle dosi ricevute (ne è stato distribuito oltre l'88%), anche grazie al prezioso contributo del commissario per la campagna vaccinale della Lombardia Guido Bertolaso. "Dei 10 milioni di lombardi, dobbiamo vaccinarne circa 6.700.000. Siamo a 3.500.000 con una dose e sopra il milione immunizzate", ha dichiarato Bertolaso. "A maggio contiamo di fare altre tre milioni di somministrazioni, entro giugno riusciremo a garantire una dose a tutti". Un sistema che ha funzionato e per il quale ora la Lombardia chiede un riconoscimento. Facendo leva proprio sul virtuosismo dimostrato dalla propria Regione nella distribuzione dei vaccini anti-Covid, pertanto, il vice-governatore nonché assessore al welfare Letizia Moratti, ha chiesto una maggiore considerazione da parte del commissario straordinario per l'emergenza Covid, il generale Francesco Paolo Figliuolo: "Credo che debba favorire le Regioni che stanno rispettando i target dati e noi li abbiamo anche superati". La polemica è deflagrata soprattutto nel momento in cui è emerso il problema delle dosi rimaste non distribuite nelle altre regioni dello Stivale, con particolare riferimento al vaccino AstraZeneca che, vista la questione degli effetti collaterali, ha lasciato più di qualche dubbio. La Lombardia, come dichiarato dallo stesso Fontana, punta ad una nuova accelerazione nella distribuzione del siero. E questo anche se si tratta di dosi di AstraZeneca: "Da noi meno dell’1 per cento delle persone rifiuta AstraZeneca, anche perché i nostri medici spiegano loro che questo è un vaccino sicuro ed efficace", ha dichiarato Letizia Moratti. Non senza suscitare qualche critica dall'opposizione in Consiglio regionale. "Moratti è recidiva, chiede di nuovo un doppio standard, stavolta sui vaccini. La regione Lombardia faccia finalmente, tardivamente la sua parte, e si rassegni al fatto che siamo l’Italia", ha attaccato il dem Filippo Sensi. Il vice-governatore ha parlato anche di questa particolare iniziativa: "Nell’ordine del giorno della prossima commissione Salute della Conferenza delle Regioni, che sarà mercoledì, ci sarà il tema della possibilità di poter vaccinare le persone che si spostano in altre regioni anche per vacanza", ha spiegato Moratti. "Noi in Lombardia abbiamo vaccinato tutte le persone che lavorano nel nostro territorio, quindi credo che sia auspicabile che la stessa possibilità possa essere data alle persone che si spostano per vacanza o per altri motivi", ha concluso.

Fabio Savelli per il “Corriere della Sera” l'8 maggio 2021. Alla mostra d' oltremare di Napoli qualche giorno fa sono dovute intervenire le forze dell'ordine perché la gran parte dei 4 mila prenotati alla somministrazione del vaccino pretendeva Pfizer al posto di AstraZeneca. A Marcianise, provincia di Caserta, stessa regione e nelle stesse ore, tutti in fila fino alle tre di notte per ricevere il siero Vaxzevria. Psicosi ingiustificata, ma anche preferenza convinta. Quel che sta accadendo sul farmaco anglo-svedese ha poco di razionale. Ci sono le paure più recondite, ma anche il sostegno più esplicito, tanto che martedì 4 maggio si è verificato il record di somministrazioni in Italia dall' inizio della campagna: 114.749 persone hanno deciso che AstraZeneca fosse affidabile - come indicato dai dati di farmaco-vigilanza che segnalano solo casi sospetti e infinitesimali di correlazioni con trombosi - e quindi anche preferibile. Quel che è certo però è che in alcune regioni siamo di fronte a un importante sotto-utilizzo che ha costretto alcuni governatori, come Nello Musumeci in Sicilia, a ritarare il piano aprendo prima della decisione nazionale agli over 50 sperando di ampliare la platea dei vaccinati. In effetti la regione ha, al 5 maggio, 112 mila dosi ferme nei frigoriferi: il 49,3% di quelle consegnate. Anche la Basilicata ha a disposizione 29.803 dosi, il 46,86% di quelle consegnate. Non va meglio la provincia di Trento che non ha ancora utilizzato il 45,49% delle dosi, mentre la Calabria il 42,49%, cioè 85.459 dosi. Tutte le altre hanno percentuali più basse, fino all' eccellenza Lombardia che ha usato già oltre 929 mila dosi Vaxzevria e ha una scorta del 15,5% di dosi necessarie per i richiami anche alle forze dell'ordine e al personale scolastico previsti tra metà maggio e metà giugno. La premessa: su base nazionale abbiamo accantonato il 27,4% delle dosi anche per non dover correre ai ripari con i richiami per oltre un milione e mezzo di persone. Però le dosi già a disposizione ora sono di più: 1.796.334. Significa che c' è una tolleranza di quasi 300 mila dosi da poter somministrare al netto delle 7 milioni in arrivo entro giugno. Ecco perché ieri Letizia Moratti, assessore al Welfare della Lombardia, ha chiesto al commissario Figliuolo di redistribuire queste fiale a «quelle Regioni che stanno rispettando i target: qui solo l' 1% rifiuta AstraZeneca perché i nostri medici spiegano che questo è un vaccino sicuro ed efficace». Non è un'affermazione peregrina, ma al momento al governo non hanno intenzione di recepirla perché contano di smontare lo scetticismo. Certo è che sono giorni febbrili di incontri. Il Comitato tecnico scientifico, di concerto con la direzione prevenzione del ministero della Salute e con Aifa, sta ragionando sull' ipotesi di estendere agli over 50 l'indicazione preferenziale per l' uso di AstraZeneca, al momento confinata agli over 60.

Da ultima della classe a "maestra": così la Lombardia ha messo il turbo ai vaccini. Cambiando dirigenti, software per la gestione delle prenotazioni e creando hub la Regione ha accelerato la campagna vaccinale che era partita in maniera disastrosa. Alessandro Gemme, Giornalista, Milano 14 maggio 2021 su Milanotoday. La campagna vaccinale anticovid in Lombardia era iniziata in modo disastroso. A gennaio, con le prime dosi di Pfizer consegnate alla Regione, non era scattata una corsa all'immunizzazione, anzi. "Trovo agghiacciante la classifica di chi ha vaccinato più persone" e "Non richiamo i medici dalle ferie per fare i vaccini", aveva detto l'allora assessore al Welfare Giulio Gallera. Dichiarazioni che gli costarono il siluramento. Ma in cinque mesi la situazione sul fronte vaccini è andata via via migliorando e adesso la campagna vaccinale procede (quasi) a ritmo sostenuto. Le cose potrebbero sicuramente andare meglio: se le case farmaceutiche consegnassero più sieri all'Europa (quindi, di riflesso, all'Italia e alla nostra regione) la Lombardia potrebbe fare ancora meglio dato che la macchina vaccinale funziona bene. Dal 10 al 13 maggio, secondo i dati del Ministero della Salute, i centri vaccinali lombardi hanno inoculato oltre 341mila dosi (si tratta di un dato parziale destinato a crescere nei prossimi giorni) ma la media è circa 85mila dosi al giorno. L'obiettivo delle 100mila punture al giorno (raggiunto e superato a fine aprile) per il momento è saltato perché manca la materia prima, anche il commissario straordinario per i vaccini nei giorni scorsi aveva ridotto il target regionale. "La regione sta viaggiando a un ritmo eccellente — ha chiosato il governatore Fontana ai microfoni di Radio24 nella giornata di giovedì 13 maggio —. Rispettiamo tutte le indicazioni e i numeri da Roma, potremmo andare molto oltre quei numeri ma purtroppo dobbiamo tenere conto dei vaccini a disposizione". "Il generale Figliuolo ci ha detto di viaggiare intorno alle 85mila e anche ieri le abbiamo usate", ha sottolineato Fontana, rimarcando poi che "con la nostra organizzazione potremmo inoculare 140, 150mila dosi al giorno". Ma come ha fatto la Lombardia a passare da ultima della classe a modello per l'Italia? Innanzitutto è stata cambiata la classe dirigente: silurato Giulio Gallera l'assessorato al Welfare è stato affidato a Letizia Moratti che ha nominato Guido Bertolaso come coordinatore del piano vaccinale anticovid. Con questi primi cambiamenti — avvenuti tra fine gennaio e inizio febbraio, mentre la macchina vaccinale arrancava — sono state messe le basi per i risultati dei giorni scorsi. Cambiati i vertici la Regione ha iniziato a predisporre le strutture in cui inoculare i vaccini, tutto ciò mentre a Roma cambiava governo e commissario per l'emergenza coronavirus. Quando il governo Draghi e il generale Figliuolo hanno cancellato il faraonico progetto delle Primule la Lombardia ha stretto i primi accordo con i privati per creare i prim hub vaccinali. Fondamentale nel cambio di passo, inoltre, è stato anche il cambio del sistema che gestisce le prenotazioni. Il farraginoso software sviluppato da Aria — che aveva causato problemi sia in fase di prenotazione che per gestire gli appuntamenti — a inizio aprile è stato sostituito col sistema sviluppato da Poste Italiane. Sempre a inizio aprile era stato presentato il piano per la vaccinazione di massa, calendario che la Regione — tranne alcuni errori di comunicazione — sta rispettando. Certo, tutto non procede secondo le previsioni più rosee (lo ripetiamo le forniture di vaccini non sono al massimo) ma gli obiettivi minimi vengono superati quotidianamente.

Ora chiedete scusa alla Lombardia. Giuseppe De Lorenzo il 21 Maggio 2021 su Il Giornale. Prima tutti a puntare il dito. Ora che il Pirellone vola sui vaccini, nessuno che ammetta la verità. Magari siamo poco attenti noi. Sicuramente ci saremo persi un tweet, un post, una battuta in televisione. Ma di certo eventuali (introvabili) retromarce non sono state così evidenti come il cannoneggiamento che per mesi ha messo nel mirino Regione Lombardia. Selvaggia Lucarelli, Andrea Scanzi, Marco Travaglio, i grandi giornali, Tizio, Caio e Sempronio: per settimane hanno raccontato il “disastro lombardo”, gli scivoloni di Aria, la percentuale di dosi somministrate inferiore alle altre Regioni, e ora invece niente. Adesso che dovrebbero armare le stesse penne, decantandone però i meriti, se ne stanno zitti zitti, muti muti. Fingono di non vedere che il Pirellone corre più e meglio delle concorrenti. Che poi a dire il vero non è mai stata una competizione. Ma l’hanno disegnata così. Nicola Zingaretti è stato glorificato come manco Giovanni Paolo II il giorno dei funerali con un racconto mitologico dai contorni agiografici. Fontana invece l'hanno massacrato. E oggi che il piddino arranca nessuno osa ripagarlo con la stessa moneta riservata al leghista. Chi scrive non è lombardo. Né di nascita né tantomeno di adozione: abita qui come tanti altri italiani che scelgono un'area dove si vive bene e si lavora più facilmente che altrove. Quindi non c’è alcuna piaggeria campanilistica: di sviste ne sono capitate, anche grosse, come ovunque. Solo che se si osserva il racconto (o lo storytelling) di questa pandemia non si possono non notare alcune evidenti distorsioni. La faremo breve. Un anno fa ulularono alla “sceneggiata” “totalmente inappropriata” con cui Fontana si presentò in diretta Facebook indossando una mascherina. Lo sbertucciarono per poi scoprire che la protezione facciale sarebbe diventata il nostro presidio sanitario quotidiano. Quando poi decise di aprire l’ospedale in Fiera la definirono una “cattedrale nel deserto” “non funzionale”, per poi accorgersi che senza quei posti letto saremmo stati spacciati. Stessa storia ora con i vaccini: prima tutti a criticare gli (oggettivi) inciampi che frenarono la partenza; e dopo silenzio tombale quando il diesel ha ingranato la marcia per dare la biada a tutti. I numeri, in fondo, sono lì a dimostrarlo. Prendiamo due Regioni “simili”, benché con una notevole differenza di popolazione. In Lombardia il 98% degli ultra 90enni ha ricevuto almeno la prima dose di vaccino. Nel Lazio sono fermi al 93,8%. Fontana ha inoculato sieri al 93,3% dei residenti in fascia 80-89, Zingaretti “solo” il 92%. E via a scendere. I 70enni a Milano nell'83% dei casi sono coperti almeno con un giro, a Roma solo nel 79,2%. Stessa storia per i 60enni, dove il divario è ancora più ampio. Che poi in numeri assoluti la differenza appare ancora più evidente: Letizia Moratti ha iniettato 5,1 milioni di dosi, Alessio D'Amato 2,8 milioni. Praticamente la metà. Eppure lo sforzo “logistico”, almeno a livello centrale, è pari se non superiore. In alcuni giorni, per dire, il 25% di tutte le inoculazioni d’Italia si fa tra Casalpusterlengo e Montespluga: ieri a Roma 48mila, a Milano 92mila. Nella classifica per dosi ogni 100mila abitanti la Lombardia è la prima tra le grandi regioni, il Lazio annaspa nella parte bassa della classifica. Vogliamo darne atto a Bertolaso e soci, oppure no? Se il Pirellone corre è manna dal cielo per tutto il Paese. Perché allora non titolarci a caratteri cubitali? Che fine ha fatto chi un mesetto fa scriveva di una “fine ingloriosa per la locomotiva d’Italia ridotta a carretto sgangherato” (Lucarelli)? Dove sta quel caregiver che parlava di una Regione “più in difficoltà, da sempre, con la pandemia” (Scanzi)? Dove si nasconde chi denunciava il “degrado della sanità lombarda” (Articolo 1), chi perculava Bertolaso e Moratti (Travaglio), chi discettava della "Grande malata d'Italia" (Giannini)? Perché qui non si discute il diritto (e il dovere) di criticare ciò che non ha funzionato (vedi sostituzione di Gallera, vertici di Aria o della Sanità). Qui il problema è fare figli e figliastri: sputacchiare quando l'ingranaggio s'interrompe e poi silenziare il megafono se tutto gira a dovere. Ecco: lorsignori potrebbero dedicare un decimo della quantità di inchiostro da disapprovazione per ammettere l’attuale stato di forma lombardo. Basterebbe poco. Altrimenti potrebbero chiedere scusa.

Vaccini, le amnesie della Lombardia: dimenticati ottantamila anziani. Scontro su immigrati e senzatetto La corsa al vaccino facile in una Casa di cura romana. Claudio Marincola su Il Quotidiano del Sud il 20 maggio 2021. Nell’affannosa rincorsa alle somministrazioni si distingue ancora una volta la Lombardia. E se non è il vaccino a generare polemiche sono i vaccinati. La Regione vorrebbe iniziare a immunizzare gli over 40 e i turisti ma mancano all’appello circa 80 mila anziani over 80, le persone più esposte con il tasso più alto di mortalità. Un’amnesia non da poco. A sostenerlo, numeri alla mano, è il segretario regionale di Fnp Cisl Lombardia, Eugenio Didoné. Ogni giorno il Pirellone aggiorna i dati per dimostrare che la falsa partenza è solo un ricordo. Che ora tutto funziona e tutto è cambiato. Ormai si viaggia su una media di 85-95 mila vaccini al giorno, «lasciando indietro – attacca il sindacato – molti anziani che non hanno completato il ciclo delle iniezioni e tanti altri che non lo hanno mai iniziato». Strano modo di seguire alla lettera le prescrizioni del generale Figliuolo, commissario all’emergenza che aveva richiamato l’attenzione dei governatori delle regioni invitandoli a non utilizzare l’arma del vaccino come propaganda personale e dare dunque la priorità agli anziani e ai fragili. «Le prenotazioni online – ricorda il sindacalista – soprattutto nella prima fase di con il portale di Aria, hanno messo in crisi non pochi anziani. Questo problema lo abbiamo sollevato in tempi non sospetti. Perché – pone una domanda Didoné – non ci hanno ascoltato quando abbiamo allertato e consigliato di rivolgersi subito ai sindaci di piccoli e grandi comuni che conoscono le situazioni particolari e sociali dei loro cittadini anziani e soli? In questi casi un po’ di umiltà e di ascolto da parte dei vertici della regione Lombardia non avrebbe guastato. E oggi non saremmo qui a parlare».

RSA: TAMPONE GRATUITO PER OSPITI E PARENTI. Non è semplice raggiungere le persone anziane casa per casa. E La medicina territoriale non è decisamente il punto di forza della sanità pubblica lombarda svuotata e sostituita nel corso degli anni dai privati. Non un problema contingente, legato solo alla pandemia, dunque, ma il tallone d’Achille, il vulnus strutturale. «Va completata la più presto – incalza il leader sindacale – la vaccinazione nelle Rsa, le residenze sanitarie per gli anziani, dei loro caregiver e parenti perché solo così si potranno riaprire in sicurezza quelle strutture dove si vive segregati da 14 mesi senza il conforto di una visita in presenza di persone care».  Al sindacato giungono ogni giorno decine di segnalazioni di Rsa, anche fuori dalla provincia di Milano. Non si applica l’ordinanza che autorizza le visite degli ospiti. Riferimento al provvedimento nazionale del ministero della Salute in vigore dall’8 maggio scorso che disponeva la riapertura in sicurezza delle residenze per anziani alle visite dei parenti e dei propri cari. «Non si può continuare a farsi belli con la politica degli annunci – accusa il segretario Cisl – davanti all’opinione pubblica e le cose poi vanno avanti come prima e nei fatti non cambia nulla. I cittadini lombardi meritano più rispetto». Per un caso di probabile telepatia proprio ieri alle Rsa lombarde è stato fornito il modulo per la richiesta di test antigenico rapido tale da consentire l’ingresso in sicurezza di visitatori e familiari. Con questo provvedimento ospiti e parenti avranno la gratuità del tampone e si ridurrà il pericolo di contagio. Prima di poter accedere nelle strutture si dovrà però firmare un «patto di condivisione del rischio». Ma le polemiche all’ombra del Pirellone non finiscono mai. Ad innescarle è stata nei giorni scorsi l’impossibilità per un caregiver “straniero” di accedere alla vaccinazione. Un caso segnalato dal consigliere regionale M5S Luigi Piccirillo, che ha chiesto una verifica delle procedure. «Le persone di nazionalità straniera per la Lega valgono meno dei lombardi», ha sollevato la questione l’esponente grillino. Si dà il caso che la maggior parte dei lavoratori che assistono e accompagnano gli anziani in Lombardia siano stranieri. Filippini, rumeni, peruviani, etc, etc.

«Svolgono un importante ruolo sociale – sottolinea Piccirillo – ostacolare il loro accesso alla vaccinazione rischia di far perdere numerosi posti di lavoro, mettendo in crisi le famiglie degli assistiti e i lavoratori stessi». E non è finita. Gli stessi che vorrebbero accogliere i turisti con un kit anti-Covid, compreso di vaccino di richiamo omaggio, ce l’hanno con l’assessorato regionale al Welfare. Il casus belli è la proposta di somministrare anche agli homeless il vaccino Johnson&Johnson (monodose). Impresa tutt’altro che semplice trattandosi di senzatetto non rintracciabili se non strada per strada, uno ad uno. Soggetti fragili per definizione ancora prima che per patologia.

VACCINO AI BARBONI. LA BECCALOSSI: NO GRAZIE. Viviana Beccalossi, presidente del gruppo Misto spara ad alzo zero: «È un autentico schiaffo a tutti coloro che pazientemente stanno attendendo in coda il loro turno per vaccinarsi». E ancora: «Penso ai commercianti provati da un anno di chiusura o alle cassiere dei supermercati scavalcati da extracomunitari irregolari per la gioia dei buonisti già pronti ad esultare». Ma Gregorio Mammì, consigliere M5S ribatte: «Non viviamo sotto una campana di vetro, chi calpesta le nostre strade, chi respira la nostra aria, deve essere vaccinato: non possiamo farne una questione di bieco razzismo, di classe superiore dettata dal timbro di lombardo doc con il Pil giusto come fa qualche politico». Una pentola sempre in ebollizione, la Lombardia. Se può servire a consolare lady Moratti e soci le polemiche non risparmiano neanche le altre regioni.

VACCINO FACILE: IN UNA CLINICA ROMANA.  Anche il Lazio, fino a ieri un modello da seguire, è finito nella bufera. La Procura di Roma ha acceso una lente sulla Casa di cura Annunziatella (Asl Roma2) che avrebbe somministrato nei giorni scorsi vaccini a persone di qualsiasi età. Per prenotarsi bastava utilizzare il portale della Regione. Gli accertamenti sono scattati dopo una segnalazione. Al centro vaccinale della Casa di cura venivano destinate 150 dosi giornaliere di AstraZeneca. Scattato il tam tam sui social, dinanzi alla struttura si creavano lunghe file di persone in attesa di ricevere il vaccino. La vicenda potrebbe finire al vaglio delle autorità competenti.  

I NUMERI. Vaccini, consegnate 141mila dosi Pfizer in Puglia: prima in Italia con 96,1% somministrazioni. Slitta a domani consegna 50mila sieri Astrazeneca.  La Gazzetta del Mezzogiorno il 12 Maggio 2021. Sono state consegnate alla Puglia 141.570 dosi di vaccino Pfizer, così come previsto nel Piano trasmesso dalla Protezione civile alle Asl. Mentre slitta a domani l’arrivo di 50mila dosi Astrazeneca, anche queste inizialmente previste per oggi. Allo stato attuale, quindi, negli hub pugliesi sono a disposizione circa 200mila dosi di vaccini anti Covid, di cui 30mila Moderna, 28mila Astrazeneca, e poco più di mille di J&J. «Come vedete dal report pubblicato sul sito del Governo, la Puglia è al primo posto in Italia per capacità vaccinale, con il 96,1% di dosi somministrate rispetto a quelle che ci hanno consegnato». Lo scrive il presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano, su Facebook. "Il nostro obiettivo primario - evidenzia - è completare l'immunizzazione dei cittadini più fragili e di quelli più grandi di età. La campagna vaccinale procede in Puglia rispettando le indicazioni del piano nazionale. Siamo sopra la media italiana per quanto riguarda tutte le fasce individuate come prioritarie. Il lavoro è in corso per raggiungere al più presto chi non è stato ancora vaccinato». «Anche l’elaborazione settimanale di YouTrend - continua - attesta la capacita vaccinale della Puglia: la nostra Regione è, con 87 punti su 100, quella più avanti nell’indice regionale sui vaccini. Seguita dal Veneto (86 punti) e poi da tutte le altre». "Ringrazio i dipartimenti di prevenzione, i medici, gli infermieri, gli operatori sanitari, i medici di medicina generale, i volontari della protezione - conclude - e tutti coloro che stanno dando il massimo, come sempre, per mettere i pugliesi in sicurezza nel minor tempo possibile».

Vaccini, la Puglia sfiora 2mln di dosi utilizzate e resta prima in Italia. In cima per numero di dosi impiegate rispetto a quelle ricevute. La Gazzetta del Mezzogiorno il 19 Maggio 2021. La Puglia ha superato 1,9 milioni di somministrazioni di vaccino anti Covid e si avvicina a quota due milioni. Secondo il monitoraggio dell’andamento delle inoculazioni pubblicato sul portale istituzionale della Regione, ad oggi sono 1.938.561 le dosi utilizzate, aggiornamento alle 9.19 di questa mattina. La Puglia resta prima regione in Italia per numero di dosi impiegate rispetto a quelle ricevute. La Puglia, secondo il monitoraggio ministeriale, ha solamente 48mila dosi di vaccino anti Covid in giacenza, per la precisione questa mattina all’apertura degli hub erano 48.851, quasi tutte Astrazeneca, utilizzate per i richiami. Sono circa 3.400 le dosi Pfizer, 4mila J&J, 6.400 Moderna e 34.863 AstraZeneca. Una scorta limitata che, almeno per oggi, comporterà un inevitabile rallentamento del numero di inoculazioni. Solo nel pomeriggio, infatti, è prevista la consegna di circa 139mila dosi Pfizer.

Marco Gullà per "gds.it" il 16 aprile 2021. Inizio incoraggiante per l'Open weekend in Sicilia, la tre giorni di vaccinazioni nei quali cittadini tra i 60 e i 79 anni che non presentano fragilità potranno vaccinarsi, anche senza avere prenotato il proprio turno. Alla Fiera di Palermo sono state somministrate 500 dosi già nella prima ora dall'apertura e tanta gente è in fila in attesa del proprio turno. Sono 66 gli hub e i Centri vaccinali dell'Isola coinvolti nell'iniziativa. Il vaccino somministrato, lo ricordiamo, sarà quello di Astrazeneca, del quale al momento c’è il maggior numero di dosi disponibili. Un banco di prova molto importante in Sicilia visto che ci sono circa 100mila sieri da poter essere somministrati e negli ultimi giorni le prenotazioni per ricevere l'Astrazeneca sono diminuite. Questi i Centri disponibili per provincia: Agrigento 11; Caltanissetta 2; Catania 9; Enna 4; Messina 5; Palermo 16; Ragusa 3; Siracusa 7; Trapani 9. Per tutti i cittadini che non possono recarsi presso i punti vaccinali nei tre giorni è assicurata già la possibilità di prenotare la vaccinazione dal portale Costruiresalute.it e Siciliacoronavirus.it, con la raccomandazione di munirsi di tessera sanitaria e di compilare la modulistica necessaria prima della vaccinazione. «Ottimi risultati», per il governatore siciliano, Nello Musumeci: «Abbiamo lanciato l’iniziativa ed è un modo per potere investire utilmente quasi 100 mila dosi di vaccini che purtroppo rimangono nei frigoriferi». Sono 66 gli hub e i Centri vaccinali in Sicilia nei quali da oggi a domenica, nell’"open weekend», come è stato battezzato, i cittadini tra i 60 e i 79 anni che non presentano fragilità potranno vaccinarsi, anche senza avere prenotato il proprio turno.

La ressa negli hub dei capoluoghi della Basilicata. “AstraZeneca senza prenotazione”, code e traffico in tilt: pasticcio di Bardi in Basilicata. Antonio Lamorte su Il Riformista il 12 Aprile 2021. Mette fretta l’emergenza covid, e la crisi che ha scatenato; mette fretta alla campagna vaccinale. E quindi la mossa di Vito Bardi, Presidente della Basilicata, si rivela avventata e caotica. Centinaia di persone in coda, per ore e ore, e traffico in tilt a Potenza e a Matera, questa mattina, dopo che il governatore ha ieri annunciato che senza prenotazione sarebbe stata consentita per tre giorni la vaccinazione con il siero di AstraZeneca; proprio quello al centro delle polemiche, per i casi di trombosi, e che ha cambiato nome in Vaxzevria. Risultato: calca e code di persone e di macchine. Ma per Bardi l’iniziativa resta comunque “un successo”. La Basilicata è Zona Arancione dallo scorso 16 marzo. Il bollettino di oggi (riferito al 10 e 11 aprile) fa registrare 333 positivi al coronavirus e sette morti per un totale, dall’inizio dell’emergenza, di 471 vittime. Le dosi di vaccino somministrate, secondo gli ultimi dati del governo, sono state 111.931 su 146.995, il 76,1 per cento. Secondo i dati della Fondazione Gimbe, al 10 aprile, la Regione aveva vaccinato con il ciclo completo l’1,4% delle persone tra i 70 e i 79 anni, l’1,3% con la sola prima dose. In fondo alla classifica nazionale. Scontro sui vaccini per le isole "covid-free": “Non vogliono farci ripartire se prima non è immunizzato l’ultimo anziano di Bergamo” Proprio ieri la nota del Presidente della Regione. Il testo: “In Basilicata è consentita la vaccinazione con AstraZeneca alla fascia di età da 79 a 60 anni, in ordine di anzianità, anche senza prenotazione, a partire da lunedì 12 aprile a mercoledì 14 aprile presso le tende Qatar di Potenza e Matera, dalle 8:30 alle 18:30. Tale decisione è in conformità con l’ordinanza n.6 del Commissario straordinario per l’emergenza Covid19”. Da stamattina centinaia di persone si sono quindi messe in fila, creando code e assembramenti, durati anche ore, negli hub nei pressi dell’Ospedale San Carlo e del Madonna delle Grazie. Particolarmente caotica la situazione nel Capoluogo di Regione. Secondo La Nuova oltre mille le persone arrivate nei pressi delle tensostrutture. Stanchezza e impazienza nelle file. Necessario l’intervento di forze dell’ordine e polizia municipale per regolare il traffico e la circolazione automobilistica. Nelle stesse strutture stanno proseguendo le vaccinazioni degli over 80, già prenotati, e delle persone che di queste si prendono cura. Un pasticcio insomma. Per Bardi invece è tutto un successo, come recita una nota di stamane. E anche prova che i lucani smentiscono “l’allarmismo mediatico contro il vaccino Astrazeneca che è sicuro e ha messo in sicurezza un grande Paese come il Regno Unito”. Un promemoria infine: “Ricordo a tutti che non c’è bisogno di concentrarsi nella giornata odierna, dato che sarà possibile vaccinarsi con Astrazeneca anche domani e dopodomani. Dato il successo della scelta e la disponibilità di vaccini, lavoreremo per rendere strutturale tale canale di vaccinazione volontario con Astrazeneca anche nei giorni successivi. Intanto oggi dalle 14 anche gli Over 70 potranno prenotarsi sulla piattaforma Poste”. Insomma si va verso la replica, visto il grande esito. Italia Viva ha annunciato la presentazione di una interrogazione consiliare urgente al Presidente sul caos nei centri vaccinali.

Mario Ajello per "il Messaggero" il 13 aprile 2021. Il pensiero magico, nella comunicazione sul vaccino contro il Covid, non ha funzionato. Non ha avuto successo la superstizione anti AstraZeneca, cioè l' ultimo rigurgito anti-scientista da mondo di prima (di secoli fa) e non da mondo di dopo: quello che sulla forza delle certezze culturali in medicina potrà cercare di dare più sicurezza a tutti. Insomma, se non ci fosse stato questo flop dell' offensiva oscurantista, non si vedrebbero adesso le file che si sono viste ieri a Potenze. Tutti in coda per farsi iniettare una dose di AstraZeneca. Sia a Potenza sia a Matera: una calca, con tanto di momenti di tensione tra chi cercava di fare il vaccino prima degli altri. Tutta colpa, o meglio merito, della possibilità offerta dalla Regione Basilicata alle persone tra i 60 e i 79 anni di ricevere la puntura AstraZeneca senza aver prenotato. Non era questa l' iniezione che porta alla trombosi? Ma figuriamoci. E infatti i lucani hanno capito benissimo la fake, che tutti i migliori specialisti e scienziati hanno cercato di confutare in questi mesi, e si sono accalcati - pure troppo, considerando che il distanziamento sociale va rispettato sempre e comunque - per garantirsi una dose del vaccino che come tutti i vaccini può dare qualche volta qualche problema. Ma libera dal Covid, e dunque funziona. La comunicazione, anzi il bla bla, di tipo magico, sui pericoli mortali del siero, ha mostrato tutta la sua inconsistenza lungo le file lucane. Quelle di un Paese più forte delle fandonie. E determinato a battere il virus con l' aiuto degli strumenti creati a questo scopo. Altro che chiacchiere! Altro che paure indotte!

LA LEZIONE E così, dopo il messaggio via social inviato dalla Regione domenica pomeriggio un po' a sorpresa, senza ad esempio che le Aziende sanitarie provinciali fossero state informate, fin dalle prime ore di ieri in centinaia si sono presentati alle tende allestite negli ospedali dei due capoluoghi di provincia della Basilicata. E se il Pd, uno dei partiti di opposizione in Consiglio regionale, la Cgil e tantissimi utenti sui social hanno criticato aspramente la gestione, per il presidente della Regione, Vito Bardi, la «convocazione Astra» è stato «un successo e i lucani hanno smentito l' allarmismo mediatico contro il vaccino AstraZeneca. Quello che, tanto per ricordarlo ancora una volta, ha messo in sicurezza un grande Paese come il Regno Unito e non risulta colpevole - secondo indagini accurate - nei casi di trombosi che hanno colpito un numero limitato di persone in Italia. Dunque, oltre 3000 somministrazioni quasi tutte Astrazeneca in una singola giornata dall' inizio della campagna vaccinale nelle maggiori città della Basilicata. «E questo ci mette in linea - dice il presidente regionale, Bardi - con gli obiettivi e le modalità indicate dal generale Figliuolo». L' obiettivo in Basilicata è di inoculare entro un mese la prima dose a tutti i soggetti fragili e agli over 70. Intanto, le scene della folla che chiede AstraZeneca e che scopre il braccio per farsi la puntura con quel siero è la riprova che c' è un Paese maturo, che non si fa distrarre dalle favole e non si fa prendere dalla paura: quella sì, inoculata mediaticamente come un vaccino cattivo, ma per fortuna farlocco.

Vittorio Feltri su AstraZeneca: "Vaccino diffamato, addio immunità. Ha vinto il caos". Vittorio Feltri su Libero Quotidiano il 09 aprile 2021. Abbiamo una unica certezza: ha vinto il caos. Sulla vicenda di AstraZeneca nessuno ci ha capito niente. Prima hanno consigliato di iniettarlo ai giovani, poi i cervelloni della scienza hanno cambiato idea: meglio somministrarlo ai vecchi, considerati stracci, tanto è vero che sono stati trascurati ottantenni e perfino novantenni, lo dimostra la casistica. A forza di proclamare sciocchezze contraddittorie su questo vaccino, per lo più terrorizzanti (fa venire la trombosi), ormai la gente diffida del farmaco senza un autentico motivo. I dati statistici confermano che le vittime della puntura sono in quantità infinitesimale, ciò non dovrebbe spaventare. Invece accade il contrario per una semplice ragione: la campagna mediatica contro AstraZeneca è stata martellante, ovvio che ora sia difficile rasserenare il popolo, il quale pertanto, in misura notevole, rifiuta il trattamento nel dubbio di lasciarci le penne. Hai voglia di ripetere che ogni medicinale può avere effetti secondari, perfino gravi. Anche l'aspirina talora è letale. Eppure nessuno precipita nel panico davanti a una pillola. Tutti bei discorsi, però vai a farli comprendere alle masse. La realtà è che a seminare la paura nei cittadini bastano due dichiarazioni espresse dagli esperti, mentre per rassicurarli ce ne vuole, non sono sufficienti mesi. Ecco perché se minacci un cristiano di sottoporlo al vaccino in questione questi fugge disperato. Chiedersi la causa di questo fenomeno è da ingenui o - peggio - da sprovveduti. Ciò significa che la campagna di immunizzazione, già in grave ritardo, sarà ostacolata dalla generale diffidenza. Non mi sembra arduo ficcarsi in testa un concetto tanto elementare. E veniamo alle proteste dei lavoratori autonomi, esplose negli ultimi giorni. I quali domandano di riaprire i loro esercizi per ricavare il denaro con cui sopravvivere. Non hanno torto, poveracci. La Costituzione italiana recita che la Repubblica è fondata sul lavoro, poi il governo vieta di esercitare qualsiasi mestiere che non sia di tipo impiegatizio. Siamo in presenza di una incongruenza imperdonabile, tuttavia l'esecutivo non fa una piega: insiste con i divieti che andrebbero superati con la disciplina e l'osservanza delle regole igieniche. Le manifestazioni di piazza, più che legittime, vengono contestate, qualcuno le accusa addirittura di fomentare disordini e aggressioni. Si ignora che eventuali violenze sono reati e vanno punite secondo la legge, mentre alzare la voce per le strade contro chi sta al potere è un diritto inalienabile. Draghi deve rendersi conto che l'unico modo per ripartire è vaccinare in massa i connazionali e liberarli dalla reclusione a cui sono stati condannati per oltre un anno. Onde procedere in questo senso bisogna dare retta al governatore del Veneto il quale aspirerebbe ad acquistare in proprio, non dall'Europa incapace, il siero indispensabile per risanare la Patria. Il resto è chiacchiera vana, tipica dei politici, i quali si illudono di essere bravi se parlano, a prescindere da quello che dicono e, soprattutto, da quello che sono effettivamente in grado di compiere.

Durante l'annuncio sviene la direttrice dell'Agenzia del farmaco danese. Perché la Danimarca ha ritirato il vaccino AstraZeneca e sospeso Johnson & Johnson. Giovanni Pisano su Il Riformista il 14 Aprile 2021. La Danimarca ha ritirato il vaccino AstraZeneca fino a nuova comunicazione e ha deciso di sospendere il vaccino dell’azienda Johnson & Johnson che proprio nelle scorse ore era arrivato in Europa. E’ quanto riporta il quotidiano danese Politiken che sottolinea come le autorità locali attenderanno il pronunciamento dell’Agenzia europea per i medicinali (EMA) prima di decidere se utilizzare o meno il vaccino Janssen di J&J, di cui sono già state ordinate oltre 8 milioni di dosi. La Danimarca aveva acquistato nelle scorse settimane 2,4 milioni di dosi di AstraZeneca, inizialmente sospeso lo scorso 11 marzo per approfondire i possibili legami tra il vaccino e i casi, rari, di trombosi. Adesso arriva un nuovo stop fino a nuova comunicazione da parte del governo. Nel corso della conferenza stampa dell’Agenzia danese per i medicinali e del National Board of Health (Consiglio nazionale della Sanità), la direttrice dell’Agenzia del farmaco è svenuta mentre annunciava lo stop della Danimarca all’utilizzo del vaccino AstraZeneca. Tanja Erichsen, secondo quanto riporta la BBC, stava parlando in diretta tv quando si è accasciata improvvisamente sul pavimento ed è stata subito soccorsa dal capo dell’Istituto superiore della sanità, Soren Brostrom. Sull’account Twitter dell’Agenzia si legge che la direttrice ora sta bene ma e’ stata portata al pronto soccorso per accertamenti. Secondo i media danesi alla base della decisione di bloccare definitivamente il vaccino anglo-svedese ci sarebbe un “principio di precauzione“. A pesare potrebbero essere stati anche i casi di contagio ridotti nel Paese scandinavao e un servizio sanitario per niente stressato dall’emergenza pandemia. In una nota è spiegato che c’è “un possibile collegamento tra casi molto rari di coaguli di sangue anomali, perdita di sangue, bassa conta piastrinica ed il vaccino di AstraZeneca”. “Questo – prosegue la nota – insieme al fatto che l’epidemia di Covid-19 in Danimarca è attualmente sotto controllo e altri vaccini sono disponibili contro il Covid-19, è stato determinante nella decisione dell’Autorità sanitaria danese di continuare il suo programma di vaccinazione contro il Covid-19 senza il vaccino di AstraZeneca”. Intanto la Danimarca dal primo maggio riaprirà gradualmente i confini ai turisti di alcuni Paesi europei già vaccinati. Lo fa sapere il governo in una nota, secondo quanto riferito da Bloomberg. Si prevede che per quella data i danesi più anziani avranno ricevuto almeno una dose di vaccino anti Covid, e il Paese potrà quindi accogliere cittadini europei già immunizzati. Dal 14 maggio sarà possibile anche per i non vaccinati recarsi nella Paese danese purché provenienti da Paesi europei con bassi tassi di contaminazione. Questi viaggiatori dovranno comunque fornire un recente test negativo e isolarsi all’arrivo. Entro metà maggio, infatti, il governo mira a vaccinare, almeno con la prima dose, i cittadini dai 50 anni a salire.

Coronavirus, il boom di acquisti di vaccini dietro alla scelta del governo danese di dire no ad AstraZeneca. Andrea Tarquini su La Repubblica il 14 aprile 2021. Il Paese nordico è il primo fra quelli europei a rinunciare del tutto a questo siero, anche se le autorità condividono le valutazioni dell'Ema che parlano di rischi minimi. La Danimarca della premier socialdemocratica Mette Frederiksen porterà avanti la campagna di vaccinazione contro il Covid senza il siero AstraZeneca. L'autorità sanitaria del regno ha annunciato il no definitivo al vaccino sostenendo che i rischi di trombosi o altre conseguenze letali sono troppi per mettere a rischio la salute dei cittadini, nonostante i pareri favorevoli dell'Agenzia Europea per il Farmaco (Ema) e dell'Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms).  "La campagna di vaccinazione in Danimarca continua senza il vaccino di AstraZeneca", ha annunciato il direttore dell'Agenzia Nazionale della Sanità, Soren Brostrm, in conferenza stampa. La Danimarca è il primo Paese europeo a fare questa scelta. E ha anche confermato il no, al momento, a Sputnik e ai vaccini cinesi. Bostrom ha poi voluto evidenziare che la decisione è stata presa guardando alla situazione favorevole vissuta attualmente dalla Danimarca e che il governo "è sostanzialmente d'accordo con le valutazioni dell'Ema" su AstraZeneca. Se la Danimarca "si fosse trovata in una situazione completamente diversa, per esempio nel mezzo di una terza violenta ondata" o se avesse avuto "un sistema sanitario sotto pressione", o ancora "se non avessimo raggiunto un buon punto nella vaccinazione" allora "non avremmo esitato nell'usarlo". Nonostante l'assenza di AstraZeneca, il programma di vaccinazione andrà avanti ad alta velocità: secondo i danesi il blocco causerà un rinvio di 15 giorni, da fine luglio al 15 agosto, del conseguimento di un numero sufficiente di vaccinazioni a due dosi per immunizzare tutti i cittadini e residenti nel Paese, quasi 6 milioni di persone. Finora in totale, dice a Repubblica l'autorità sanitaria d'emergenza antipandemia della Sanitá pubblica, la Laegemiddelstyrelsen, il programma di vaccinazioni, lanciato il 27 dicembre 2020 ha portato a inoculare la prima dose a 976.942 persone, pari al 16,9 per cento del totale della popolazione. E a due dosi per 461.206 persone pari al 7,9 per cento. La Danimarca aveva a disposizione - secondo i dati pubblicati online dalla Laegemiddelstyrelsen - 5,2 milioni di dosi AstraZeneca, 3,9 milioni di dosi Sanofi, 7 milioni di dosi Johnson&Johnson, 9,2 milioni di dosi Biontech,  9,1 milioni di Curevac, 10,8 milioni di Moderna. In totale dunque 45,2 milioni di dosi, che scendono a 40 senza AstraZeneca, ovvero a 20 milioni di vaccinazioni a prima e seconda dose per 6 milioni di cittadini e residenti. Secondo i dati della Johns Hopkins University il Paese scandinavo ha fatto registrare nelle ultime 24 ore 563 nuovi contagi e 3 decessi.

Ecco perché la Danimarca ha sospeso AstraZeneca in via definitiva. Federico Giuliani su Inside Over il 14 aprile 2021. Non c’è stato neppure il tempo di metabolizzare la sospensione momentanea decisa dalla Food and Drug Administration americana in merito all’utilizzo del vaccino Johnson & Johnson, che la Danimarca potrebbe intraprendere la stessa via degli Stati Uniti. L’Ad26.COV2.S è stato congelato fino a nuovo ordine. Sorte peggiore, tuttavia, è toccata al vaccino realizzato da AstraZeneca e Università di Oxford, che sarà stoppato in via definitiva e ritirato dal programma danese. E questo nonostante Copenaghen ne avesse pre acquistato la bellezza di 2.4 milioni di dosi. Ricordiamo che l’AstraZeneca era stato sospeso lo scorso 11 marzo in seguito ai presunti legami tra il vaccino e l’insorgere di sporadici episodi di trombosi nelle persone immunizzate con quel prodotto. Poco importa se ad aprile l’Ema, ovvero l’Agenzia europea del farmaco, ha scagionato l’AZD1222, sottolineando come gli insoliti coaguli di sangue fossero degli effetti collaterali rarissimi. I benefici del vaccino superano i rischi, eppure la Danimarca ha scelto di stoppare l’AstraZeneca. Dal momento che anche il monodose Johnson & Johnson è stato sospeso dalle autorità americane per un problema molto simile, esiste l’eventualità che Copenaghen possa bloccare anche il monodose J&J.

Una scelta che fa discutere. La mossa della Danimarca fa discutere. Secondo quanto riportato dalla testata danese Politiken, il Paese nordico avrebbe ordinato 8.2 milioni di dosi Johnson & Johnson e, come detto, pre acquistato quasi 2.5 milioni di AstraZeneca. Per quale motivo Copenaghen ha preso questa duplice decisione? Dando uno sguardo alla situazione epidemiologica presente nel Paese, il governo danese ritiene che, in questa fase, non ci sia un urgente bisogno di insistere su vaccini finiti nell’occhio del ciclone. Rispetto a dicembre, quando si contavano migliaia di contagi quotidiani, oggi le autorità nazionali devono fare i conti con 500-600 casi, molti dei quali asintomatici o comunque più gestibili rispetto alle fasi più critiche. Nei prossimi giorni, inoltre, a conferma di una quasi ritrovata normalità, in Danimarca riapriranno scuole, ristoranti, attività culturali e centri commerciali. Come se non bastasse, Copenaghen non ha alcuna intenzione di rischiare niente, e dunque preferisce, al momento, puntare su vaccini diversi dall’AstraZeneca. Alcune indiscrezioni sottolineano come alla base della mossa di Copenaghen vi sia la volontà di adottare la massima precauzione. L’Ema, in effetti, ha sì “scagionato” l’AZD1222, ma ha anche ribadito che la decisione di utilizzare o meno il vaccino in questione debba essere presa dalle singole autorità nazionali. Sulla base di che cosa? Dalla gravità della situazione epidemiologica e dalla disponibilità di altri vaccini.

La mossa di Copenaghen. Evidentemente la National Board of Health, l’Autorità sanitaria danese, è sicura dei propri mezzi. In una nota ufficiale è spiegato che c’è “un possibile collegamento tra casi molto rari di coaguli di sangue anomali, perdita di sangue, bassa conta piastrinica ed il vaccino di AstraZeneca”. “Questo – prosegue la nota – insieme al fatto che l’epidemia di Covid-19 in Danimarca è attualmente sotto controllo e altri vaccini sono disponibili contro il Covid-19, è stato determinante nella decisione dell’Autorità sanitaria danese di continuare il suo programma di vaccinazione contro il Covid-19 senza il vaccino di AstraZeneca”. “Sulla base dei risultati scientifici, la nostra valutazione complessiva è che ci sia un rischio reale di gravi effetti collaterali associati all’uso del vaccino per il Covid-19 di AstraZeneca. Abbiamo quindi deciso di rimuovere il vaccino dal nostro programma di vaccinazione “, ha aggiunto il direttore dell’Autorità sanitaria danese, Soren Brostrom. Senza ombra di dubbio a causa del congelamento di AstraZeneca, e di quello probabile di Johnson & Johnson, la campagna di vaccinazione danese subirà un rallentamento. “Abbiamo altri vaccini a nostra disposizione e l’epidemia è attualmente sotto controllo. Inoltre abbiamo fatto molta strada verso la vaccinazione delle fasce di età più avanzata sulle quali la vaccinazione ha un enorme impatto potenziale sulla prevenzione dell’infezione”, ha concluso Brostrom, rassicurando l’opinione pubblica.

Rita Dalla Chiesa: "Così ho evitato AstraZeneca". Ospite di Mara Venier, la giornalista ha fatto sapere di essersi prenotata per ricevere il vaccino, ma di nutrire forti dubbi su AstraZeneca dopo i recenti episodi di trombosi. Novella Toloni - Dom, 11/04/2021 - su Il Giornale. "Sono sicuramente a favore del vaccino ma AstraZeneca mi ha fatto venire tanti dubbi". Non ha usato giri di parole Rita Dalla Chiesa che, nelle scorse ore, è stata ospite di Mara Venier nel contenitore televisivo del pomeriggio di Rai1 Domenica In. La giornalista, nel parlare della campagna vaccinale anti-Covid, ha manifestato dubbi sul vaccino creato dalla multinazionale biofarmaceutica anglo-svedese. Dubbi che, dopo i casi di trombosi avvenuti dopo la somministrazione del vaccino AstraZeneca, hanno infuso un clima di preoccupazione e sospetto tra gli italiani. L'Ema lo scorso 18 marzo ha dato il via libera dopo la momentanea sospensione per controlli e accertamenti. E il direttore generale della prevenzione del ministero della Salute, Gianni Rezza, ha chiarito: "Il vaccino AstraZeneca può essere somministrato a tutti, dai 18 anni in su. Fermo restando la somministrazione preferenziale sugli over 60". Ed è proprio su questa "confusione" sulle fasce di età che Rita Dalla Chiesa ha puntato l'attenzione con Mara Venier. Ospite in collegamento esterno dalla sua abitazione, Rita Dalla Chiesa ha espresso i suoi dubbi: "Io sono nella fascia over 70, ma sentir parlare di AstraZeneca come di un vaccino adatto prima ad un'età e poi ad un'altra mi ha fatto venire qualche dubbio". Dubbi condivisi anche da Alessandro Sallusti, direttore de Il Giornale, che ha dichiarato di comprendere i timori di Rita Dalla Chiesa e di tutti i cittadini, puntando poi l'attenzione sul caro prezzo che l'Italia sta pagando per una comunicazione di massa sempre meno qualificata: "A mio avviso occorre confrontarsi e chiedere consiglio al proprio medico". La giornalista - che negli scorsi giorni aveva duramente criticato le parole della scrittrice Murgia contro il generale Figliuolo - compirà 73 anni il prossimo 31 agosto e rientra nella fascia di età vaccinabile nella regione Lazio. Rita Dalla Chiesa ha così confermato di essersi prenotata attraverso il sito della Regione: "Sono andata sul portale della regione Lazio, ho visto quali sono le strutture più vicine e ho prenotato per il 28 aprile. Ma non faccio AstraZeneca". La struttura nella quale la giornalista è riuscita a prenotarsi utilizza, infatti, vaccini diversi da quelli della multinazionale anglo-svedese. A spiegarlo è stata lei stessa su Twitter, dopo le polemiche scatenatesi sul fatto che lei sapesse o meno dove non si somministra AstraZeneca: "Io non ho scelto! Sul portale della regione Lazio esiste un elenco di strutture dei vaccini vicino a casa tua. Ho prenotato e lì non somministrano AstraZeneca".

Domenica In, Alessandro Sallusti fulmina Rita Dalla Chiesa: "A chi devi chiedere un consiglio". Vaccino, tensione alle stelle. Libero Quotidiano l'11 aprile 2021. Scintille a Domenica In, il programma di Mara Venier in onda su Rai 1. La puntata è quella di oggi, domenica 11 aprile, e come sempre al tempo della pandemia il primo segmento della diretta è tutto dedicato al coronavirus. In questo caso, gli approfondimenti riguardano il vaccino, con un focus ovviamente su AstraZeneca, il siero al centro di sospetti, polemiche, decisioni e marce indietro. Hanno fatto scalpore le dichiarazioni di Rita Dalla Chiesa che, ospite in studio, ha detto che si vaccinerà ma non con AstraZeneca. La conduttrice ha aggiunto di fidarsi poco a causa del balletto sulle decisioni relative alla fascia d'età per cui il siero sarebbe idoneo (ora è consigliato per gli over-60, dunque la fascia a cui lei appartiene). E le parole della Dalla Chiesa hanno fatto schizzare Alessandro Sallusti, ospite in collegamento, che ha mostrato di non condividere quanto detto dalla conduttrice: "A mio avviso occorre confrontarsi e chiedere consiglio al proprio medico", ha tagliato corto, suggerendo alla Dalla Chiesa maggiore cautela su un tema delicato come quello del vaccino.  Poche parole, quelle di Sallusti, che hanno però definito in modo netto, plastico, il suo pensiero.

Albano Carrisi non si farà vaccinare con AstraZeneca: "Cosa mi hanno raccontato gli amici. Per una settimana..." Libero Quotidiano il 26 marzo 2021. Albano Carrisi torna a parlare di Coronavirus. Il cantante dovrà ricevere la vaccinazione che, vista l'età di 77 anni, lo rende parte della fascia prioritaria. Tuttavia, l'ex marito di Romina Power ha affermato di essere favorevole al vaccino, ma di avere qualche timore riguardo al preparato AstraZeneca. Albano ha detto che si sottoporrà alla vaccinazione, soltanto se questa avverrà con una dose Pfizer. Inoltre, si è detto favorevole anche al vaccino russo, lo Sputnik, tuttavia quest'ultimo al momento non è disponibile in Europa. Una cosa è chiara: Albano non è minimamente intenzionato a ricevere il vaccino anglo-svedese. In una lunga intervista rilasciata al settimanale Diva e Donna, Albano Carrisi spiega il motivo della sua decisione: "Sono i fatti che determinano le notizie. Ho amici che hanno avuto la febbre a 41 per una settimana. Ho letto e ho deciso. A parlarne si rischia di essere fraintesi, io sono per il vaccino, ma Pfizer o Sputnik" ha confidato il cantante di Cellino San Marco, che non sembra voler nemmeno prendere in considerazione il vaccino anglo-svedese: "Se mi venisse proposto AstraZeneca? Sulla mia pelle ne rispondo io e quindi aspetterei un altro turno. Ma non voglio influenzare nessuno". Il compagno di Loredana Lecciso ci tiene a ribadire che il vaccino è l'unico modo che ci potrà consentire di uscire dalla pandemia. Emergenza che ha particolarmente colpito il mondo dello spettacolo e quello della musica. Albano parla poi anche di politica, analizzando l'attuale relazione tra Stati Uniti e Russia, che lui conosce molto bene. "Biden che ha dato del killer a Putin? Errore madornale. Una scelta sbagliatissima da parte di un Presidente. La diplomazia è andata a farsi benedire. Mi auguro che Putin dimostri più intelligenza di Biden" conclude il cantante, apprezzato a livello internazionale. 

Al Bano Carrisi, uno strano caso: "Mi hanno vaccinato, ecco con quale siero". Libero Quotidiano l'11 aprile 2021. Ancora una volta, Al Bano Carrisi torna a parlare di vaccino. Qualche giorno fa il leone di Cellino aveva insistito su Sputnik V, il vaccino russo sul quale l'Europa sembra non volersi sbrigare. Ora, invece, il cantante parla della sua esperienza personale, insomma della sua immunizzazione. Al Bano, infatti, ha ricevuto il siero: "Mi sono vaccinato il 29 marzo con Pfizer perché le indicazioni mediche per me hanno previsto questa scelta", ha spiegato l'artista. Il riferimento è al fatto che il governo e il Cts hanno raccomandato il vaccino AstraZeneca solo agli over-60, dunque tecnicamente anche ad Al Bano. Ma per evitare ogni tipo di polemica, Carrisi, in un'intervista al settimanale Voi, ha voluto mettere subito in chiaro che ha avuto Pfizer per le indicazioni dei medici. Insomma, nessun "favoritismo" nell'evitare AstraZeneca, ammesso e non concesso che Al Bano volesse farlo. E Carrisi ha poi detto la sua sulle polemiche e i blocchi in Europa che hanno colpito proprio AstraZeneca: "Riguardo al blocco di AstraZeneca, penso che in un periodo da terza guerra mondiale come questo, le decisioni del governo hanno un senso logico e vanno rispettate", ha tagliato corto Carrisi. Infine, una parentesi sulla vita personale con Loredana Lecciso: "Va tutto molto bene, non mi lamento", ha affermato Al Bano, spegnendo recenti rumors e indiscrezioni circa delle frizioni nella coppia.

Al Bano vaccinato con Pfizer dopo il no ad AstraZeneca: “La strada giusta per me”. Al Bano vaccinato con Pfizer dopo il no ad AstraZeneca: “La strada giusta per me”. Alice Coppa su Notizie.it il 14/04/2021. Al Bano Carrisi ha rivelato di essersi sottoposto al vaccino Pfizer dopo che più volte si era espresso in maniera contraria ad Astrazeneca. Al Bano Carrisi, che nei mesi scorsi si era più volte espresso pubblicamente contro il vaccino AstraZeneca, ha dichiarato di essersi sottoposto al vaccino Pfizer contro il Coronavirus. Più volte nel corso dell’emergenza Coronavirus Al Bano Carrisi si è espresso in merito alle vaccinazioni e più volte ha espresso il suo parere contrario sul vaccino Astrazeneca. Il cantante di Cellino San Marco era anche arrivato a dire che avrebbe rifiutato il vaccino qualora fosse costretto a sottoporsi ad AstraZeneca. Il cantante ha poi rivelato che lo scorso 29 marzo avrebbe ricevuto la prima dose del vaccino Pfizer, e a tal proposito ha detto: “Sto bene. Vaccino? Ho letto, mi sono documentato, ho capito qual è la strada giusta da seguire e l’ho percorsa, convinto in merito alla sua importanza. Mi sono vaccinato il 29 marzo con Pfizer perché le indicazioni mediche per me hanno previsto questa scelta”. Al Bano si è anche espresso sulle limitazioni imposte per la somministrazione del vaccino AstraZeneca, e a tal proposito ha affermato: “Riguardo al blocco AstraZeneca, penso che in un periodo da terza guerra mondiale come questo le decisioni che prende il Governo hanno un senso logico e vanno rispettate”.

Enza Cusmai per “il Giornale” l'11 aprile 2021. Come ti aggiro la scelta del vaccino. Siamo a Napoli. Renato è diabetico, controllato con dieta, non prende farmaci. Ma chi non ha una piccola patologia a 72 anni? Di AstraZeneca non vuole sentirne parlare, dopo le polemiche sulle trombosi, come tanti del resto. Chiede chiarimenti al suo medico, ma è irremovibile. E nonostante rientri nella fascia dai 60 ai 79 anni in cui si deve usare il vaccino di Oxford, si presenta all' hub di Capodimonte pensando di giocarsi le sue carte di diabeticosenzafarmaco. Ed esce felice dal centro vaccinale, fresco di iniezione con Pfizer. Un caso? Una svista del vaccinatore? O forse quell' hub non si è ancora adeguato alle nuove regole contenute nell' ordinanza diffusa solo venerdì sera? Oppure, a pensar male, basta dire che si è diabetici per essere considerati soggetti fragili e ottenere Pfizer? La legge è precisa al riguardo. Ci sono due tabelle dettagliate nelle quali si elencano patologie respiratorie, cardiache, malattie rare, oncologici in trattamento.

Obesità grave. Ed ecco un' altra voce che si presta a diverse interpretazioni. Quanto si deve essere grassi? Basta un sovrappeso, una bella pancia e passi per fragile? Quanti proveranno a farsi passare per obesi e poter usufruire di un vaccino a mRna? Ne vedremo delle belle nei prossimi giorni. Anche perché si sta diffondendo un fenomeno strisciante. Milano, lo sfogo di un medico di medicina generale: «Sono sommersa di telefonate di chi non vuole fare AstraZeneca. Mi chiedono certificati per attestare le patologie. Così sperano di ottenere un altro vaccino». Il medico è rigoroso, ma quanti professionisti saranno disponibili ad allargare le maglie delle patologie per dare una mano ai propri pazienti? Si spera pochissimi, anzi, ci auguriamo che non ce ne sia neppure uno. Ma la gente si fa pressante. «C' è da preoccuparsi, quello di Renato non è un caso isolato - ammette Silvestro Scotti, segretario della Federazione dei medici di medicina generale (Fimmg) -. Dopo i 65 anni tutti hanno una patologia, sono tutti vulnerabili. E che si fa, Astrazeneca non lo usiamo più? In Inghilterra lo hanno usato per tutti e non è successo nulla». Inoltre, c' è un aspetto normativo che considerare. «Nell' ordinanza di Figliuolo quel vaccino è raccomandato per tutti gli over 60 senza alcuna specifica per i pazienti con cronicità». Però le richieste dei cittadini aumentano. «Noi siamo tenuti a certificare la patologia, poi sarà il medico vaccinatore a decidere come procedere, la responsabilità è tutta sua». Ma non ci sono solo i «tagliandi» da esibire prima del vaccino. Vanno a ruba anche le richieste di esami per la coagulazione del sangue. «Io spiego che non serve a nulla. Ma se lo fanno lo stesso e arricchiscono i laboratori privati». L' ultima «tendenza» è l' aspirina. «Prendine una per la fluidità del sangue», dice un' amica all' amica, che a sua volta ha raccolto il suggerimento da un' altra amica. «Sì ammette Scotti molti usano cardioaspirinina nelle fasi pre e post-vaccino. Pura follia. Chi ha una gastrite rischia un' emorragia gastrointestinale». Il vaccino di Oxford va metabolizzato lentamente, dunque. Dopo tutti cambiamenti e gli allarmi ingiustificati per rarissime trombosi causate dal vaccino, la gente è ancora refrattaria, nonostante lo stesso Mario Draghi abbia fatto da testimonial l' altra sera in tv dichiarando: «Anch' io ho fatto AstraZeneca e anche mia moglie». Ma niente. Le disdette piovono al Sud e pure al Nord. In Sicilia sono l' 80%. In Puglia rifiutata una dose su due. In Umbria si contano fino a mille disdette al giorno. A Sassari dà forfait circa il 14 per cento e a Reggio Calabria si toccano punte del 70 per cento.

AstraZeneca, Girolamo Sirchia e il disastro dietro il vaccino: "A cosa serve l'Unione europea?" Libero Quotidiano il 10 aprile 2021. Il verdetto dell'Ema ha sancito che è "possibile" il legame fra il vaccino AstraZeneca e gli "eventi molto rari" di trombosi cerebrale. Secondo l'Agenzia europa del farmaco, "la maggior parte di casi finora segnalati si è verificata in donne di età inferiore ai 60 anni" ed "entro 2 settimane dalla prima dose". "Non ci sono rischi generalizzati nella somministrazione del vaccino" ha fatto sapere l'Ema "quindi non abbiamo ritenuto necessario raccomandare misure specifiche per ridurre il rischio". La decisione sull'uso del vaccino anglo-svedese è stato quindi delegato agli Stati. Ma quindi cosa succede ora in Italia? "Servono tre interventi" dice l'ex ministro della Salute Girolamo Sirchia in una lunga intervista a Italia Oggi. "Primo, una comunicazione molto efficace ed efficiente; secondo, il coinvolgimento dell'Ecdc; terzo, una ricerca molto approfondita per cercare di spiegare questi fenomeni di trombosi legati al vaccino. Nel contempo bisogna continuare nelle vaccinazioni perché se non vengono immunizzati i due terzi della popolazione non si arriva a spegnere l'epidemia, provocando così, oltre a ricoveri, decessi e inconvenienti economici, il rischio grave di nuove varianti maligne, che potrebbero far partire un'epidemia ancora più difficile da controllare" spiega l'ex ministro. Sirchia si esprime poi anche riguardo alla decisione dell'Ema: "Secondo l'Ema, per il vaccino AstraZeneca non si può escludere che ci siano stati casi, per rapporto causa-effetto, di trombosi venose profonde, specie cerebrali. Essendo però questi eventi molto rari ed essendo il rischio molto più basso rispetto a quello di contrarre il virus se non ci si vaccina, l'Ema consiglia di continuare con le somministrazioni" e aggiunge "Invece di continuare a confondere le idee alla gente dando la parola a pseudo-scienziati, politici, esperti in non si sa bene che cosa, di fronte all'incertezza che si è generata bisogna che ci sia una comunicazione molto efficiente da parte di persone e organismi autorevoli che facciano capire bene che cosa abbia voluto dire l'Ema". "Se fossi al governo, chiederei immediatamente l'intervento dell'Ecdc, l'ente costituito nel 2004 per uniformare le politiche anti-pandemiche in Europa. Mi sorprende il fatto che l'Ecdc non abbia funzionato e tuttora non funzioni. Perché allora continuiamo a mantenere un organismo che non serve a nulla?" si domanda Sirchia. "A cosa serva questa Europa ancora non l'ho capito. E nella sanità non serve a nulla, visto che il tema non figura neppure nei Trattati" critica aspramente l'ex ministro. Girolamo Sirchia cerca poi anche di chiarire la confusione emersa attorno ai vaccini: "Uno dovrebbe poter scegliere il vaccino migliore, ma oggi non c'è per nessuno, se non per alcune categorie ben precise. Se uno non vuole farsi inoculare AstraZeneca ma un altro vaccino, va in coda, slitta al 2022, perché quest' anno è impossibile, non ci sono dosi sufficienti. E accetta il rischio di ammalarsi. Ma il mio consiglio è di vaccinarsi anche con AstraZeneca, perché il rischio è davvero molto basso: pochissimi casi su milioni di dosi, mentre il rischio di infettarsi è ovunque". "La gente è sicuramente spaventata e la fiducia nasce da un rapporto di credibilità, che non si può improvvisare. In questa pandemia abbiamo distrutto questo rapporto, perché abbiamo visto di tutto, chiacchiere, talk show, pagliacciate. Ricostruirla in poco tempo è difficile". afferma l'87enne. 

I vaccini e le big pharma. Su AstraZeneca l’oscillare dei governi e gli interessi di Big Pharma: aveva ragione Totò? Oreste Scalzone su Il Riformista il 17 Marzo 2021. Così parlò questo stupido… (detto, parafrasando e volgendo al riflessivo il Totò di «Voglio vedere dove vuole arrivare questo stupido… Io non mi chiamo Pasquale»). D’abord: mi sa, mi è sempre saputo veramente ozioso e insensato il chiedersi se, o in che misura, siamo in presenza di demenza o di cinismo moderno . O ancora – complessificando concedendoci “semel in vita”, per disperazione, una caduta nell’abisso del “sospetto” (che è sempre maligna grottesca caricatura e contraffazione del dubbio) – chiedermi se si tratti di vero ”sterminismo” a fini di «igiene del mondo, eliminazione degli scarti». Magari si tratta di tutto questo assieme. Ora, parlando semplice-semplice: dunque, già il vaccino AstraZeneca era, o comunque risultava, dubbio, e percepito come tale, e “chiacchierato”. Dapprima lo si preconizza come adatto tra i 18 e i 55 anni come tetto. Poi, si alza il tetto a 65 anni. Poi anche oltre, fino a 79, poi senza limite…

Vaccino, i profitti di BigPharma "tra 120 e 150 miliardi di dollari": le cifre e il sospetto, guerra economica sulla nostra pelle? Libero Quotidiano il 17 marzo 2021. Giovedì 18 marzo arriverà la tanto attesa decisione dell'Ema riguardo all'utilizzo del vaccino anglo-svedese AstraZeneca. Sin da subito, molti Paesi dell'Ue hanno deciso di inoculare il serio solo a determinate fasce della popolazione, ritenendolo inutile per le fasce d'età dai 65 anni in su.

Da leggo.it il 26 febbraio 2021. «Io ho 66 anni e non appartengo al gruppo per cui AstraZeneca è consigliato» ma «è un vaccino affidabile, efficace e sicuro ed è stato approvato dall'agenzia europea del farmaco e in Germania consigliato fino ai 65 anni di età».

Lodovica Bulian per “il Giornale” il 9 aprile 2021. Aumentano le disdette tra chi è in lista per il vaccino AstraZeneca, che da ieri è raccomandato agli over 60. Ed è caos in diverse Regioni alle prese con la riorganizzazione della macchina vaccinale a seguito della decisione del comitato tecnico scientifico di cambiare fascia d' età a cui è rivolto il vaccino anglo svedese. Il primo nemico dell' accelerazione chiesta dal commissario all' emergenza Figliuolo alle Regioni è la sfiducia della popolazione verso il vaccino di Oxford, inizialmente destinato agli under 55, poi esteso anche agli under 65 e ora raccomandato agli over 60. L' esatto contrario. Un'inversione di marcia che ha innescato anche una ritirata tra chi doveva ricevere la somministrazione. Ci sono alcune zone in Puglia, Calabria, Sardegna e Campania in cui le rinunce toccano anche il 40 per cento. «In queste ore per AstraZeneca c' è una quota della nostra popolazione che rifiuta il vaccino perché ha paura, perché ci sono preoccupazioni, perché la comunicazione che è stata data è stata veramente la più squinternata immaginabile», avverte il presidente della Regione Campania, Vincenzo De Luca. In Sicilia si è arrivati in alcune zone a picchi del 70 per cento di disdette. A Messina e Palermo molti cittadini si sono presentati con cartelle cliniche riferenti diverse patologie e con la richiesta di evitare la somministrazione di AstraZeneca. In Sardegna è preoccupato l' assessore regionale alla Salute, Mario Nieddu, perché si registrano defezioni fino al 40%, con punte del 50%. Anche in Lombardia le prenotazioni sono calate, tanto che in anticipo «apriamo le prenotazioni ai 70enni perché l' adesione della fascia tra i 75 e i 79enni, dopo un inizio molto promettente, è inferiore al previsto. E la causa è AstraZeneca», spiega il direttore generale dell' assessorato al Welfare, Giovanni Pavesi. «Se un 80enne rifiuta il vaccino AstraZeneca non sappiamo come comportarci. Ci stiamo pensando, per ora lo mettiamo in coda». Da oggi in Friuli Venezia Giulia si potranno prenotare gli over 60, e, ha precisato l' assessore regionale Riccardo Riccardi, «coloro che rifiuteranno Astrazeneca dovranno attendere la disponibilità di altri vaccini». Anche nel Lazio le prenotazioni per chi ha tra i 62 e 63 anni sono aperte da oggi sul portale regionale. La campagna vaccinale procede, dice l' assessore D' Amato, «nonostante le forti turbolenze relative alle decisioni sul vaccino Astrazeneca». Finora il tasso di utilizzo delle dosi di AstraZeneca è fermo al 59%. E ora la sfida è la riorganizzazione, vanno cambiate in corsa le liste. In Toscana «le nuove raccomandazioni ci impongono di cambiare per l' ennesima volta - ha spiegato l' assessore alla Salute Bezzini -. Dobbiamo ripensare la strategia per i caregiver e i volontari che hanno meno di 60 anni». Ma il nodo è anche l' approvvigionamento: gli hub della Toscana stanno chiudendo perché «non arrivano più dosi». In Liguria il governatore Giovanni Toti ha chiesto al Governo di chiarire come cambierà il piano nazionale. «Siccome sposteremo i vaccini AstraZeneca destinati a insegnanti e categorie prioritarie sui pensionati, dovremo spostare altri come Pfizer o Moderna sui giovani? Come cambia il piano vaccinale?». In Piemonte, l' assessore alla Sanità Luigi Icardi, ammette che «per le fasce di età sotto i 60 anni dobbiamo rimodulare la campagna per vaccinare queste persone con un vaccino a Rna messaggero. Questo complica un po' le cose».

Gabriella Cerami per huffingtonpost.it l'8 aprile 2021. In alcune province della Sicilia le rinunce alla somministrazione del vaccino AstraZeneca anti-Covid sfiorano punte del 70% degli aventi diritto. Dati preoccupanti che nell’Isola hanno fatto scendere al 73,7% le dosi utilizzate rispetto a quelle ricevute. Solo il 30 marzo, complici anche le dimissioni dell’assessore alla Sanità Ruggero Razza, le dosi iniettate erano l’89%. Ciò significa che solo l’11% restavano in frigo, ora si parla del 27%. A Messina, per esempio, dove la scorsa settimana è morta un’insegnante di 55 anni, “sono tanti i cittadini che devono fare il vaccino AstraZeneca - racconta Alberto Firenze, responsabile dell’hub vaccinale - e che arrivano con fascicoli pieni di documentazione medica da cui emergono diverse patologie. Persone che dicono di soffrire di choc anafilattici. A quel punto, il medico non è nelle condizioni di potere fare il vaccino e questo ci mette in difficoltà”. Le morti sospette, i continui cambi di indicazione da parte del governo e dell’Agenzia italiana del farmaco non hanno fatto altro che diffondere sfiducia e preoccupazione, un po’ ovunque, nei riguardi di un vaccino che all’inizio andava bene per gli under 55, poi poteva essere somministrato anche agli under 65. Dopo ancora a tutti, fino ad arrivare alla sospensione cautelativa per tre giorni, a un nuovo via libera per tutti, fino alla decisione di ieri: “Solo per gli over 60”. Esattamente il contrario di ciò che era stato detto all’inizio. E quindi ecco la Lombardia. “Apriamo le prenotazioni ai 70enni perché l’adesione della fascia tra i 75 e i 79enni, dopo un inizio molto promettente, è inferiore al previsto. E la causa è AstraZeneca”, spiega il direttore generale dell’assessorato al Welfare, Giovanni Pavesi. “Se un 80enne – aggiunge Pavesi - rifiuta il vaccino AstraZeneca non sappiamo come comportarci. È un problema. Ci stiamo pensando, per ora lo mettiamo in coda”. A non presentarsi sarebbe stato un 5% di persone in più rispetto alla media degli ultimi giorni. In Puglia si ipotizza un calo del 40% ed è stato lo stesso presidente della Regione Michele Emiliano, ad evidenziare le difficoltà a superare le reticenze della popolazione. Tante le rinunce anche in Sardegna dove molti, in particolare insegnanti, hanno rinunciato ad AstraZeneca portando il dato delle dosi utilizzata al 69% rispetto a quelle ricevute. Il dato più basso in Italia. Qui migliaia di dosi giacciono nei frigoriferi dei vari centri di somministrazione. “Abbiamo avuto anche punte di 50% di rinunce”, spiega l’assessore della Sanità, Mario Nieddu, “e, ora, dopo le indicazioni di somministrare le dosi sopra i 60 anni, dovremo riprogrammare il piano vaccinale per forze dell’ordine e insegnanti”. Tra questi ultimi hanno rinunciato il 20-30%. In Piemonte cala di circa il 20% il numero dei vaccinati. L’assessore alla ricerca Covid Matteo Marnati sostiene che le rinunce “siano il frutto di una cattiva comunicazione da parte di Ema”. Difficile avere numeri certi ma anche in Calabria, secondo alcune indicazioni le rinunce sarebbero intorno al 10%. Con un picco del 40% di rinunce al centro vaccinale di Potenza nello scorso fine settimana. Circa 250 persone su un totale di 620 hanno mancato l’appuntamento, si tratta prevalentemente di personale scolastico di vari Comuni della provincia e agenti dei comandi di Polizia locale. In Campania le immunizzazioni sono arrivate a un milione con il presidente Vincenzo De Luca che sostiene come la comunicazione “su AstraZeneca sia stata assolutamente idiota”. In Liguria, Giovanni Toti premette di voler seguire “le indicazioni del governo” a patto che “siano chiare” ma non esita a dire che l’intenzione è di “puntare su altri vaccini, Pfizer e Moderna”, così come sta accadendo nella provincia autonoma di Trento dove le vaccinazioni con Astrazeneca saranno riconvertite, per gli under 60, in Pfizer. Nel Lazio invece non sembra esserci stato alcun impatto dopo le indicazioni dell’Ema (si parla di poche defezioni) e già da domani notte partiranno le prenotazioni per i 62/63enni, ma in diverse zone le rinunce sono state tante (fino a punte del 50%) e ovunque c’è perplessità.

Daniela Uva per "il Giornale" l'8 aprile 2021.

«Gli effetti collaterali avversi del vaccino AstraZeneca?

Solo talmente rari che è stato impossibile scoprirli finché non sono state immunizzate milioni di persone». Per questo il virologo del policlinico Gemelli, Roberto Cauda, invita a mantenere la calma e a fidarsi delle agenzie regolatorie come Ema e Aifa.

AstraZeneca è di nuovo sotto accusa, dobbiamo preoccuparci?

«I rarissimi casi di trombosi riscontrati finora sono eventi molto improbabili. E infatti il fenomeno è rimasto sommerso finché le inoculazioni hanno riguardato solo decine di migliaia di casi. Adesso, con milioni di persone trattate, è stato possibile osservarli in pochissime circostanze».

Fino a qualche settimana fa AstraZeneca era raccomandato al di sotto dei 60 anni, adesso lo è per gli over 65. Perché questo cambio?

«All' inizio si è pensato di non usarlo sui soggetti più anziani perché la sperimentazione si era concentrata sui giovani. É stata una precauzione. Poi la platea è stata allargata anche agli over 65. Ora arriva un possibile cambio di passo perché i rari effetti collaterali hanno riguardato soprattutto donne giovani. Tutto questo non poteva essere previsto».

Cosa succede allora per i tantissimi giovani già vaccinati con AstraZeneca?

«Chi ha già avuto la prima dose non deve assolutamente preoccuparsi. Gli effetti collaterali sono veramente molto rari, riguardano poche persone ogni venti milioni e comunque si manifestano dal quarto al 14esimo giorno successivo all' inoculazione».

Perché queste trombosi colpiscono sotto una certa età?

«Il meccanismo osservato finora porta all'auto produzione di anticorpi che colpiscono le proprie piastrine del sangue. Questo può portare a una trombosi con riduzione delle piastrine. É un fenomeno rarissimo, che in alcuni casi può coinvolgere anche i malati di Covid. Questo fa pensare a una correlazione con il virus».

Perché le donne giovani?

«In generale i problemi di auto immunità riguardano il sesso femminile più che quello maschile. L'età è collegata a una maggiore vivacità del sistema immunitario che quindi reagisce in modo avverso contro le piastrine».

Si tratta comunque dell'ennesimo pasticcio su AstraZeneca...

«Il fenomeno va chiarito assolutamente e senza fare confusione. É cruciale una comunicazione corretta, per non ingenerare paura nei cittadini. Ema valuta in base ai dati, se c' è una correlazione fra queste rare trombosi e il vaccino occorrerà stabilire dei protocolli di trattamento».

Cosa succede invece agli anziani vaccinati finora con Pfizer e Moderna?

«Anche loro non devono assolutamente preoccuparsi, questi farmaci vanno benissimo. Ciò che adesso dobbiamo tenere sotto osservazione sono le varianti diverse da quella inglese, come per esempio la giapponese che viene studiata proprio in questi giorni».

Perché siamo di nuovo a questo punto, con AstraZeneca messa in discussione?

«Non esiste farmaco al mondo che non presenti possibili effetti collaterali. Si può perdere la vita anche assumendo una banale aspirina».

Il rischio però è di una nuova psicosi...

«In Italia il via libera ad AstraZeneca per gli over 65 è stato dato settimane fa. Ci sono molte persone già vaccinate con questo prodotto in ogni fascia di età. Bisogna avere fiducia negli enti regolatori. A patto che la comunicazione sia efficace e coerente».

La campagna vaccinale rischia altri rallentamenti?

«A renderla complicata è più che altro la mancanza di dosi. L' Ue ha puntato molto su AstraZeneca, se Ema dovesse raccomandare di usarlo solo per gli over 60 queste categorie potranno immunizzarsi più velocemente. Ci sono regioni troppo indietro sul fronte anziani».

Da “Anteprima. La spremuta di giornali di Giorgio Dell’Arti” l'8 aprile 2021. Ieri, come era stato anticipato, il comitato per la sicurezza dell'Ema ha concluso che un legame tra alcuni casi estremamente rari di trombosi e Vaxzevria, il vaccino di AstraZeneca, «è possibile». Ora l'azienda dovrà modificare di nuovo il bugiardino inserendo i «coaguli di sangue insoliti con piastrine basse» tra i possibili effetti collaterali. L'Agenzia ha comunque ribadito che, in generale, i benefici offerti dal vaccino continuano a superare gli eventuali rischi derivanti dalla sua somministrazione. «Non abbiamo evidenza di un legame tra i casi medici registrati e l'età, il sesso o la storia medica del paziente» ha detto Emer Cooke, la direttrice dell'Agenzia, durante una conferenza stampa ieri pomeriggio. La maggior parte dei casi fmora segnalati all'Ema «si è verificata in donne di età inferiore ai 60 anni» e «entro due settimane dalla prima dose», mentre l'incidenza dei casi sospetti dopo la seconda dose «è limitata». «L'Ema ha effettuato un esame approfondito di 62 casi di trombosi del seno venoso cerebrale e 24 casi di trombosi della vena splancnica riportati nella banca dati europea EudraVigilance sulla sicurezza dei farmaci al 22 marzo scorso, 18 dei quali si sono rivelati mortali» [Romano, Sole]. La novità rischia di rallentare la campagna vaccinale. Già nei giorni scorsi Olanda e Germania avevano deciso di sospendere la somministrazione del Vaxzevria a chi ha meno di sessant'anni, ieri il Belgio ha deciso di sospenderla a chi ne ha meno di 56. Sicché, ieri sera, la presidenza portoghese dell'Unione europea ha indetto una riunione dei ministri della Salute dei ventisette Stati membri «per armonizzare le scelte nazionali». «Gli scandinavi chiedono il bando totale del vaccino anglo-svedese. Altri paesi, principalmente quelli dell'Europa centro-orientale che hanno puntato tutto su Oxford, sono contrari» [Rep]. «E adesso chi lo dice a chi deve ancora ricevere la seconda dose di AstraZeneca? È questo l'interrogativo che circola a Palazzo Chigi e dintorni» [Caselli e Ronchetti, Fatto]. «La certezze che il governo e i membri del Cts provano ad offrire agli italiani sul pasticcio senza termine del vaccino di Oxford sono due: è meglio usarlo per gli over 60, e di proseguire tranquillamente con la seconda dose per chi ha ricevuto già la prima, cioè 2,2 milioni di italiani. 'negarne che è stato appurato, e ammesso ieri dall'Ema, tra il farmaco e rarissimi eventi di trombosi cerebrali, non si è mai manifestato nella seconda somministrazione. E quindi, secondo Locatelli (presente in conferenza stampa con Giovanni Rezza, anche lui membro del Cts, e Nicola Magrini, direttore dell'Aia, l'agenzia del farmaco italiana) non c'è ragione di immaginare che chi abbia già ricevuto il vaccino possa subire danni con la seconda dose» [Sta]. Andrea Crisanti non l'ha presa bene: «Una persona che fuma, è in sovrappeso o magar i prende estrogeni rischia di andare incontro a complicazioni trombotiche molto di più volando, con una probabilità di 100 su un milione, piuttosto che vaccinandosi con AstraZeneca. E non mi pare che abbiamo messo in discussione l'utilizzo dell'aereo per viaggiare. Proprio ieri, a Londra, anche l'Agenzia britannica del farmaco ha deciso di sconsigliare il Vaxzevria a chi ha meno di trent'anni. In America, invece, Anthony Fauci, intervistato dalla CNN, ha detto: «Abbiamo già tre vaccini eccellenti e anche se la Food and Drug Administration (Fda) dovesse giudicare quello AstraZeneca un buon vaccino, il che potrebbe succedere, abbiamo già dosi sufficienti in America».

Da tgcom24.mediaset.it l'8 aprile 2021. "Considerando i dati dell'epidemia sulla letalità, che confermano che le vittime perlopiù sono anziani, l'idea anche per Italia è di raccomandare l'uso preferenziale agli over 60". Lo afferma Franco Locatelli all'incontro Governo-Regioni, osservando come l'Ema abbia dichiarato "plausibile il nesso tra trombosi e vaccino sotto i 60". "Non abbiamo elementi per scoraggiare la seconda dose a chi ha ricevuto una prima dose", aggiunge. "Questo non è né il funerale né l'eutanasia del vaccino AstraZeneca. E' un vaccino efficace", dichiara quindi Locatelli. "Su 600mila trattati con due dosi nessuno ha mostrato eventi trombotici", aggiunge il direttore dell'Aifa presente all'incontro. C'è "attenzione sull'aspetto organizzativo-logistico per evitare ripercussioni e contraccolpi" e per questo "già stamattina ci sono stati un confronto e una serie di concertate decisioni con il generale Figiuolo proprio per organizzare,  con le Regioni, per non avere impatti importanti", evidenzia infine il coordinatore del Cts.

Rezza: "AstraZeneca in Gb ha abbattuto mortalità. Efficacia alta""Grazie a questo vaccino in Gran Bretagna la mortalità è stata sostanzialmente abbattuta mentre noi abbiamo ancora una situazione che deve fare riflettere. AstraZeneca ha efficacia molto elevata nelle forme gravi di malattia anche nella popolazione più anziana e non ci sono eventi trombotici segnalati". Lo evidenzia il direttore della Prevenzione del ministero della Salute, Gianni Rezza, che chiarisce: "L'uso preferenziale è per gli anziani. Ma il vaccino può comunque essere somministrato a tutti da 18 anni in su, dunque se un soggetto vuole questo vaccino può vaccinarsi".

Magrini: "Uso preferenziale anziani, ma utilizzabile a tutte le età""Aifa ha lavorato con Ema per valutare questi eventi molto rari, l'analisi dei dati ha confermato una plausibile relazione causale che ha ingenerato una segnale di allarme molto preciso. Molti farmaci in commercio hanno effetti collaterali frequenti o più frequenti. Sono situazioni non prevedibili". Così il direttore dell'Aifa, Nicola Magrini, durante la conferenza stampa dopo le nuove indicazioni Ema. "La decisione è stata presa in via precauzionale, ma il vaccino è utilizzabile in tutte le fasce di popolazione", chiarisce Magrini. "Le stime di eventi rarissimi su una popolazione giovane danno qualche preoccupazione. Stiamo ancora studiando, i dati sugli anziani sono invece rassicuranti", conclude.

Speranza: "Uso over 60 è in linea con il piano vaccini" Ci sarà una circolare del ministero della Salute "nelle prossime ore". Lo dice il ministro della Salute, Roberto Speranza, sul dossier AstraZeneca, ribadendo che l'indicazione di utilizzare questo vaccino per le fasce d'età sopra i 60 anni è "in linea con quanto disposto dal piano vaccinale". Dunque la priorità resta quella per classi di età.

Figliuolo: "Da giovedì vaccini ai 60-79 anni". "Da giovedì apriamo la categoria 60-79 anni. Una platea di circa 13 milioni di persone, due milioni dei quali hanno già avuto la prima dose". Lo avrebbe annunciato dal canto suo il commissario per l'emergenza Francesco Figliuolo. "Bene che le Regioni abbiano aumentato la quota di over 80. Dobbiamo coprire prima possibile questa fascia di età", avrebbe sottolineato poi Figliuolo, rivolgendosi agli enti locali.

Pa.Ru. per "la Stampa" l'8 aprile 2021. Se qualche Paese, come l' Italia, sperava che l' Ema gli togliesse le castagne dal fuoco è rimasto deluso, perché l' Agenzia europea del farmaco ha detto che sì, tra il vaccino di AstraZeneca e le rare trombosi cerebrali riscontrate finora «c' è un forte legame». Ma poiché «non ci sono rischi generalizzati nella somministrazione del vaccino», come quelli legati all' età o al genere sessuale, «non abbiamo ritenuto necessario raccomandare misure specifiche per ridurre il rischio», ha sentenziato la direttrice dell' Ema, Emer Cooke. Non senza sottolineare «il rischio di mortalità a causa del Covid è molto più alto di quello conseguente agli effetti collaterali». Dunque nessun limite all' utilizzo del ribattezzato "Vaxzevria" per chi ha meno di 60 anni. Il che però non equivale a dire che l' Agenzia disapprova le limitazioni adottate oramai da mezza Europa. Con una buona dose di equilibrismo diplomatico, Cooke ha infatti precisato che «ogni decisione sull' uso ottimale di AstraZeneca deve tener conto della situazione pandemica di ogni singolo Paese e di altri fattori, come ospedalizzazioni e disponibilità di altri vaccini».

Tradotto: se si possono vaccinare i meno anziani con altri antidoti fatelo pure, altrimenti non ponete limitazioni al vaccino anglo-svedese. Così come per gli under 60 niente semaforo rosso per le donne, comprese quelle in gravidanza o che fanno uso della pillola, perché anche in questo caso non c' è prova che costituiscano un fattore di rischio. Certo, il Comitato di sicurezza dell' Ema imporrà ad AstraZeneca «robusti studi di laboratorio» per comprendere meglio gli effetti dei vaccini sulla coagulazione del sangue. Anche se un' idea gli esperti dell' Ema se la sono già fatta. I 169 casi di trombosi cerebrale e i 53 di quelli della vena splenica addominale su 34 milioni di vaccinati in Europa assomigliano molto a una sindrome, la "trombocitopenia", indotta dall' eparina. Si tratta di un meccanismo autoimmune che in poche persone stimola la produzione di anticorpi che "attaccano" le piastrine del sangue e i fattori della sua coagulazione. Se gli studi confermeranno che questo è il meccanismo, questi particolari eventi trombotici potrebbero essere trattati con immunoglobuline e alcuni fluidificanti del sangue, esclusa l' eparina. Proprio perché gli antidoti esistono l' Ema da un lato ha deciso di aggiornare le informazioni del bugiardino sui possibili effetti collaterali, dall' altro raccomanda agli operatori sanitari e a chi si è vaccinato di prestare attenzione nei 14 giorni successivi alla somministrazione ai segni di queste particolari trombosi. Che sono del resto già riportati nel foglio illustrativo: «Mancanza di respiro, dolore toracico o addominale, sintomi neurologici come mal di testa grave e persistente, visione offuscata». In questi casi, non esitare a chiamare il medico. Quali meccanismi del vaccino scatenino questa rara forma di impazzimento autoimmunitario è l' altro aspetto non da poco che gli studi dovranno chiarire. Perché se la causa fosse l' adenovirus che trasporta la proteina spike, allora nel mirino finirebbero anche gli altri vaccini che usano lo stesso sistema. Quello di Johnson&Johnson in testa. Anche se «su 4, 5 milioni di dosi somministrate sono stati segnalati soltanto tre casi di trombosi simili a quelle rilevate con AstraZeneca», stempera l' allarme l' Agenzia. «Potrebbe essere efficace» invece l' uso di vaccini diversi quando c' è da fare il richiamo, fa sapere sempre l' Ema, che vuole invece vederci chiaro sul vaccino russo Sputnik. Mentre ad Amsterdam va avanti l' analisi dei dati sulla sua sperimentazione e stanno per partire le ispezioni agli impianti di produzione, l' Agenzia avvierà un' altra indagine per accertare sia stata garantita la volontarietà dei partecipanti alla sperimentazione. Una decisione che arriva dopo la denuncia di alcuni militari e dipendenti pubblici russi circa le pressioni subite per sottoporsi ai test.

Mario Ajello per "il Messaggero" il 14 aprile 2021. Grande scienziato, uno dei maestri della farmacologia in Italia: Silvio Garattini.

Professore, dopo tutta la bufera su AstraZeneca, e i danni che le polemiche hanno creato sull' andamento della campagna vaccinale, ora la stessa storia con Johnson&Johnson?

«E' sconfortante. In un momento delicato come questo, in cui serve accelerare il più possibile ovviamente in sicurezza il numero delle persone vaccinate, per un numero di casi infinitesimale e tutti da verificare di vaccini che possono aver dato qualche problema si rischia di mandare all' aria l'unica politica adatta a fermare il virus. Che è quella della somministrazione del siero. Sei casi problematici su 7 milioni di vaccinati con Johnsons&Johnson stanno scatenando una paura assolutamente sproporzionata. E che le autorità americane, in collegamento con l' Ema devono saper affrontare bene, sennò la psicosi cresce in maniera incontrollabile».

Affrontare come?

«Informando, informando, informando. Serve un'informazione capillare, meticolosa, continua, nel nostro Paese e in tutti gli altri, che dica sulla base dell'evidenza scientifica che i benefici dei vaccini sono immensamente maggiori rispetto alle criticità limitatissime che, come per ogni farmaco, compresa l' aspirina, anche i vaccini possono avere. La vicenda AstraZeneca, con tutte le richieste di disdette di quel vaccino che stiamo vedendo nelle varie regioni, speravo restasse un fatto isolato. Invece, rieccoci da capo. Con le accuse, sempre legate a eventuali problemi di trombosi, sul vaccino americano. Ma lei lo sa che volare in aereo è cento volte più pericoloso rispetto ad assumere un vaccino testato e autorizzato dagli organi preposti? Lo sa che è più facile morire cadendo dal letto che prendendo un siero anti-Covid? Questa è la comunicazione giusta, e semplice, che bisogna fare».

I media invece terrorizzano e giocano demagogicamente con l' anti-vaccinismo?

«Tutti devono stare più attenti nella comunicazione, perché si rischia di rovinare il grande sforzo di immunizzazione che si è messo in campo. I social sono un lungo di grandi comunicazioni e di grandi distruzioni. Sul web due casi di problematicità legati ai vaccini lievitano artificiosamente fino a diventare duemila o due milioni nella percezione della gente. E così non va. Bisogna in tutti i modi e con ogni canale spiegare al pubblico che nei vaccini bisogna avere fiducia e che i loro benefici sono infinitamente superiori ai rischi. Il pasticcio che si è fatto con AstraZeneca deve valere da anti-modello da non ripetere con Johnson&Johnson. Già in Israele, in Inghilterra, negli Usa, abbiamo la riprova che questi vaccini funzionano. Il contagio in quei Paesi è diminuito molto e anche le ospedalizzazioni e il numero di morti. Il rischio qui da noi di una nuova ondata di sfiducia avrebbe conseguenze devastanti. Ripeto: 6 casi problematici su milioni e milioni di iniezioni sono quasi niente».

Ma la gente ha paura.

«Perciò va informata molto meglio. Con pazienza e abnegazione. Le vaccinazioni a tappeto servono anche per evitare ulteriori lockdown. Finché in Italia non saranno vaccinati 40 milioni di cittadini, il pericolo resta. Per ora, purtroppo, siamo molto lontani da questa cifra. I vaccinati con prima e seconda dose sono 5 milioni. Non possiamo permetterci lentezze».

Ma anche lei vede possibili riaperture a breve?

«Tutti vogliamo le riaperture. Ma c' è il rischio una contraddizione. Non si fa che dire riaprire-riaprire-riaprire, ma nel frattempo molti dubitano dei vaccini. Come se non fossero la vera chiave per riaprire. Non si fa che invocare giustamente la ripartenza economica e sociale, ma senza la consapevolezza piena che sulla scienza si basa ogni possibilità di ritorno alla vita normale, si finisce per parlare un po' a vanvera. Restando fermi in una situazione che diventa ogni giorno di più insostenibile per le esistenze di noi tutti».

Trombosi dopo Astrazeneca e Johnson & Johnson, perché riguardano soprattutto donne giovani? Veronica Ortolano su Notizie.it il 15 aprile 2021. Pure il vaccino Johnson & Johnson è sotto esame per quattro casi di trombosi. Proviamo a capire come mai esse si verificano solo nelle donne giovani. L’Agenzia europea del farmaco ha aperto un vero e proprio fascicolo per appronfidire e comprendere se i casi di trombosi verificate anche con il vaccino Johnson & Johnson siano legati davvero alla vaccinazione. In aggiunta, è ormai evidente che sia con AstraZeneca che con Johnson & Johnson i casi si presentano nelle donne sotto i 60 anni. A questo punto è importante focalizzarsi meglio su determinati fattori, affinchè si possano capire i motivi di ciò. Ad aiutarci nella comprensione c’è Rodrigo Rial, un portavoce della Società Spagnola di Chirurgia Vascolare, specializzato in angiologia e chirurgia vascolare dell’Ospedale universitario HM Terrelodones di Madrid. Proprio da lui viene fuori la teoria secondo la quale probabilmente queste trombosi si verificano nelle donne sotto i 60 anni in quanto quest’ultime possono essere più ipersensibili allo sviluppo di questa complicazione, a seguito della somministrazione della dose di vaccino. “In primo luogo, le donne soffrono più degli uomini di malattie autoimmuni, e più sono giovani, più il loro sistema immunitario è attivo e suscettibile a una complicanza come questa. In più la pillola contraccettiva aumenta il rischio di trombosi: circa una donna su 1.000 che assumono il contraccettivo soffre di coaguli, mentre il rischio tra le vaccinate è di un caso ogni 175mila vaccinazioni”. C’è anche da dire che la trombosi del seno cavernoso cerebrale, un esempio del più comune di coaguli che si è verificato nelle persone vaccinate con AstraZeneca è molto più frequente nelle donne che hanno 30 anni. Non a caso, di questi eventi finora si sono registrati tre casi su quattro. Attualmente, gli studi hanno osservato negli Stati Uniti la reazione entro due settimane dalla somministrazione dei vaccini Johnson & Johnson, precisamente in sei casi su 6,8 milioni di dosi e contemporaneamente la reazione dei vaccini AstraZeneca in Europea e Regno Unito in 222 casi su 35 milioni di dosi. Proprio negli Usa tutti i sei casi di trombosi hanno visto protagoniste donne la cui fascia di età va dai 18 ai 48 anni. Per cui, si è raccomandato di sospendere la vaccinazione con Johnson & Johnson, come è accaduto in poche parole in Europa con il vaccino AstraZeneca. Prendiamo, infatti, in esame uno studio che è stato pubblicato sul New England Journal of Medicine: esso pone l’attenzione sull’osservazione di eventi trombotici che sono, tuttavia, associati ad un basso numero di piastrine a seguito della somminstrazione del vaccino AstraZeneca. “La similitudine del quadro clinico con quello della trombocitopenia grave indotta da eparina, un noto disturbo protrombotico causato da anticorpi attivatori delle piastrine che riconoscono complessi multimolecolari tra i fattori piastrinici 4 (PF4) cationici, cioè con carica positiva, e l’eparina anionica, cioè con carica elettrica negativa”.  Sembra, però, che chi è colpito da questa patologia dopo la vaccinazione ( non a caso è stato proprio creato il nome specificio della patologia, (VITT), trombocitopenia immunitaria indotta da vaccino) non avesse ricevuto alcuna eparina che possa spiegare la comparsa di trombosi. In poche parole, i pazienti vaccinati hanno mostrato solo una risposta auto-immune, come all’inizio si accennava per le giovani donne. Questa risposta  ha generato ovviamente gli anticorpi che sono capaci di legarsi a una proteina sulla superficie delle piastrine, chiamata fattore piastrinico 4. É proprio questo legame che riesce ad attivare le piastrine. Inseguito, quest’ultime cominciano a legarsi tra loro, formando dei veri e propri coaguli nel sangue. Non a caso, infatti, le donne esaminate hanno nella maggior parte dei casi mostrato dei coaguli nei vasi sanguigni del cervello e dell’addome. Gli scienziati per ora ipotizzano solo che a dare vita a queste reazioni possano essere i due diversi tipi di adenovirus, ossia un veicolo virale usato dai vaccini di Astrazeneca e Johnson & Johnson. Ricordiamo che l’adenovirus usato dall’AstraZeneca è derivato da un virus del raffreddore nei scimpanzé, mentre quello usato da Johnson & Johnson è derivato da un adenovirus umano. Entrambi sono, però, resi incapaci di replicarsi. Inoltre, per chi non lo sapesse, anche altri due vaccini anti-Covid impiegano adenovirus: parliamo di quello russo Sputnik e il cinese Cansino. Tuttavia, almeno fino a questo momento, in nessun caso di somministrazione di questi due ultimi vaccini appena citati sono arrivate segnalazioni di reazioni avverse. 

Veronica Ortolano. Nata ad Avellino il 7 Luglio del 1994, vive a Napoli dove ha conseguito la laurea magistrale in Scienze Filosofiche. Ama la scrittura e la lettura. Da 4 anni lavora nel mondo del Marketing. Scrive attualmente per Notizie.it.

Trombosi dopo il vaccino? Ecco tutte le statistiche e i numeri. Libero Quotidiano il 15 aprile 2021. Non vaccinarsi contro il Covid è infinitamente più rischioso del vaccino stesso. Lo dicono gli scienziati dopo le analisi sugli effetti collaterali della profilassi. Nel mirino, oltre a Johnson &Johnson, c'è sempre Astrazeneca, siero sospeso in Danimarca per il pericolo trombosi e da noi consigliato solo per gli over 60. L'Aifa, agenzia italiana del farmaco, nel suo ultimo Rapporto parla di 4 decessi e 11 casi di trombosi dopo Astrazeneca in pazienti con bassi livelli di piastrine. Il ministro Roberto Speranza aggiunge: solo 18 eventi fatali su 32 milioni di iniezioni totali. Per i ricercatori di Oxford, il rischio di una trombosi cerebrale è 100 volte maggiore del normale in chi si ammala di Covid, piuttosto che in chi riceve il siero. E Massimo Galli, primario del Sacco di Milano, è lapidario: "Fermare le vaccinazioni è un errore che farà molti morti”. In sintesi: conviene più vaccinarsi che prendere il virus.

Marco Imarisio per il “Corriere della Sera” il 16 aprile 2021.

«Le limitazioni imposte ad AstraZeneca e Johnson & Johnson non rappresentano un fallimento e non sono neppure un errore. Anzi, dovrebbero aumentare la fiducia nei vaccini da parte della gente».

Professor Remuzzi, i dubbi sempre più diffusi non sono legittimi?

«Invece di fare il processo alla comunicazione delle due case farmaceutiche, anche loro alle prese con la prima pandemia della loro storia recente, sarebbe meglio ricordare che la scienza avanza sempre per approssimazioni successive. Più si fa, più si capisce».

E con il caos piombato sulla campagna vaccinale che si fa?

«Proprio il fatto che appena si vede un problema, per quanto raro, ci si ferma e si cerca di capire, deve aumentare la fiducia delle persone nel nostro sistema di controllo. Quella che chiamano confusione, in realtà sono nuove informazioni».

Allora perché quasi tutti i Paesi hanno bloccato questi due vaccini?

«Per giusta precauzione. Le complicanze trombotiche associate ai vaccini a vettore virale come AstraZeneca e Johnson & Johnson sono molto rare, 222 casi su 34 milioni di dosi nel primo caso, 6 casi su 7 milioni nel secondo, quasi sempre su donne sotto i sessant' anni di età».

Quindi le probabilità sono inferiori a quelle di restare vittima di un incidente aereo?

«Mi capita sempre più spesso di ascoltare questi paragoni. E non mi convincono. Non bisogna soffiare sulle paure, ma non bisogna neppure esagerare dall' altra parte, perché potrebbe essere controproducente. Quelle trombosi, in quelle sedi del corpo, non sono frequenti, soprattutto non nelle giovani donne. È molto probabile che siano legate al vaccino. Non può essere una coincidenza, un accidente come la caduta di un aereo o il morso di un cane».

Non sono pur sempre casi sporadici?

«Ma i medici devono comunque sapere che questa cosa può succedere. E devono sapere quali sono i sintomi che manifestano le persone più soggette a questi effetti indesiderati. Ecco perché è così importante riflettere su questi eventi».

Quindi per pochi casi di trombosi vale la pena sospendere la campagna vaccinale in un Paese che ha una media di 450 morti al giorno per Covid?

«Sono due discorsi ben differenti. Non c' è alcun dubbio sul fatto che continuare a usare questi vaccini salva migliaia di vite. Tuttavia questi rari casi vanno capiti e chiariti. Altrimenti rimarrà sempre una nuvola di sfiducia. Quelle donne avevano ben poche probabilità di morire per il Covid. È bene dirlo. Saranno anche pochi decessi, ma vanno conosciuti e investigati, per evitare che si ripetano».

Li possiamo curare?

«Assolutamente sì. Sono eventi simili alle trombosi legate alla riduzione delle piastrine indotte dall' uso di eparina, un fenomeno ben conosciuto e abbastanza frequente. Ma se capita un caso del genere a un medico di famiglia, non è così scontato che arrivi alla giusta diagnosi. Per questo è importante sapere che può accadere, e ragionarci sopra».

Come è possibile che solo ora si venga a sapere di queste controindicazioni?

«La maggior parte degli studi registrativi è stata fatta su poche migliaia di persone. L' evento negativo è così raro che non è stato colto, salvo un caso isolato su trentamila per Johnson & Johnson. Solo quando cominci a vaccinare milioni di persone vedi cose che non ti aspetti. Non è una circostanza dovuta all' urgenza della pandemia. È stato così per ogni vaccino. Solo che prima non ci avevamo mai prestato tutta questa attenzione».

Esistono vaccini di serie A e di serie B?

«Per carità, non scherziamo. Sono due approcci diversi per lo stesso risultato. Ma tutti i vaccini approvati proteggono dalla malattia grave».

Ci riassume le differenze?

«AstraZeneca e Johnson & Johnson sono vaccini a vettore virale. Introducono un virus svuotato dalla sua capacità di riprodursi e ci mettono dentro il Dna utile per formare la proteina Spike che ci protegge dal virus. Pfizer e Moderna usano invece molecole di acido ribonucleico messaggero, ovvero mRNA, per dare alle cellule le informazioni necessarie a riprodurre le proteine Spike che generano gli anticorpi. Usano strade diverse per arrivare allo stesso risultato».

Perché finora ci sono stati problemi solo con i vaccini a vettore virale?

«Queste trombosi avvengono a causa di una reazione immune, dovuta alla formazione di anticorpi che agiscono contro le piastrine in un modo del tutto particolare che proprio in queste settimane abbiamo cominciato a conoscere. Su più di cento milioni di americani vaccinati con Pfizer e Moderna non si sono verificati casi simili. Ma sono state riscontrate riduzioni del numero delle piastrine anche in chi è stato trattato con vaccini a mRNA, dovute a un meccanismo diverso e anche questa volta rarissimo, al punto da rendere impossibile capire se sono state indotte dal vaccino».

Regno Unito o Unione Europea?

«Gli inglesi sono stati spericolati ma hanno raggiunto grandi risultati. Hanno fatto una scommessa: perché mettere limiti di età, vacciniamo tutti con una sola dose, il richiamo lo faremo dopo. Adesso hanno il crollo dei contagi, delle morti e delle terapie intensive. Ma sono anche d' accordo con chi sostiene che abbiano fatto una scommessa rischiosa».

Lei parla di fiducia, ma la campagna vaccinale arranca.

«Non sono sui social, e guardo poco la televisione. Tutto dipende dal peso relativo che diamo a fenomeni rarissimi. Queste pause non devono spaventare le persone. Servono solo per capire come meglio proteggerle. Sembra che ci sia sempre una gran confusione. Invece le cose sono abbastanza chiare, se vengono spiegate e se c' è interesse a comprenderle».

"Ogni anno 600mila trombosi. Sintomi e cure, ecco cosa fare". Maria Sorbi il 16 Aprile 2021 su Il Giornale. L'ematologa: i vaccini sono un privilegio, non rinunciamo Reazioni avverse? Rare e si possono riconoscere per tempo. Saranno anche casi molto rari, ma le trombosi post vaccino rischiano di paralizzare le somministrazioni. E fanno l'effetto di una roulette russa nata su paure irrazionali ma trasformata in rinunce e disdette di appuntamenti. Per questo i medici insistono per fare chiarezza. Nel coro degli scienziati che cercano di far ragionare il popolo dei vaccinandi c'è anche Lidia Rota Vender, ematologa e presidente di Alt, associazione per la lotta alla trombosi.

I casi sono rari ma un po' di dubbi sui vaccini a vettore virale come Astrazeneca e Johnson & Johnson è pur legittima, o no?

«Tutti i vaccini, e non solo AstraZeneca o Johnson & Johnson che da settimane sono sul banco degli imputati, possono provocare delle reazioni avverse, come anche delle trombosi. Tuttavia se le curiamo e le riconosciamo per tempo, si possono evitare. Ecco perché non credo che questa sia una buona ragione per rinunciare a un privilegio così grande come quello di poter essere vaccinati in una situazione disastrosa come quella che stiamo vivendo da oltre un anno».

Gli studi continuano a confermare che sono più i benefici che i rischi.

«Di trombosi ultimamente si parla spesso a sproposito. La prevalenza di eventi mortali collegati ai vaccini è così rara che, per quanto dolore ci possa essere per ogni persona colpita, questo non deve essere un deterrente a utilizzarli».

Quindi lei sprona a non rinunciare alla vaccinazione?

«Anche quando le donne sono in gravidanza il rischio di trombosi quadruplica ma questo non vuol dire che tutte avranno problemi o che desistano dall'avere figli. Ciò che si deve fare è fornire una corretta informazione. È proprio il vaccino l'unica arma che abbiamo e che ci protegge anche dalle trombosi che si possono manifestare nei pazienti che hanno contratto il coronavirus».

Cioè, intende che è più alto il rischio trombosi per i pazienti Covid?

«Di questo in effetti si parla poco: cioè di quante delle oltre 111mila persone decedute fino a oggi dall'inizio della pandemia in Italia, si siano aggravate e siano morte per una trombosi. Per buon senso, dunque, inviterei tutti a non rinunciare alla vaccinazione, qualunque sia il vaccino sicuramente procura meno danni rispetto a quanti casi di trombosi, embolia polmonare e infarto abbiamo visto in pazienti ricoverati con Covid».

Per dare più sicurezza alle persone dopo la vaccinazione, ci può dire quali sintomi vanno tenuti sotto controllo?

«Se il trombo si forma in una vena del cervello compare un dolore di testa fortissimo, inusuale, come una cuffia che ci stringe, come se la testa fosse più piena. E ancora, se il trombo si forma in una vena di una gamba o di un braccio compaiono gonfiore, dolore, rossore, a volte crampi che non passano. Se invece si crea in un'arteria impedirà all'ossigeno di arrivare alle cellule, che soffrono e muoiono.

Un trombo che ostruisce il fluire del sangue in un'arteria del cervello toglie ossigeno e vita a neuroni che comandano funzioni fondamentali come il linguaggio, il movimento, la sensibilità, che quindi si perdono. Se il trombo si forma in un'arteria coronaria uccide una parte del cuore, le cellule muoiono, compare un dolore, come una spada che trafigge il petto, che può irradiarsi al braccio o al dorso o alla mandibola.

Quando il trombo si forma in una vena e libera frammenti, questi viaggiano nel sangue e arrivano al polmone causando embolia polmonare: il respiro si fa corto, compaiono strisce di sangue nel catarro, un dolore acuto si manifesta alla schiena, la fronte suda, la sensazione di perdere i sensi si fa sempre più vicina».

Se si interviene per tempo, si possono evitare casi gravi o mortali?

«Ho da poco visto due pazienti giovani che hanno avuto una trombosi cerebrale venosa anni fa, ma stanno benissimo. Di trombosi si può morire quando non la si conosce o non si sa quali provvedimenti prendere. Le malattie da trombosi colpiscono in Italia 600mila persone ogni anno, sono l'evento più probabile dopo i 65 anni, e si verificano purtroppo anche in persone giovani e persino nei bambini, e addirittura nei neonati: ma se sospettate e curate, si possono evitare in un caso su tre».

Domande e risposte. Allarme trombosi: come distinguerle e qual è la cura. Elena Dusi su La Repubblica il 14 aprile 2021. È fondamentale riconoscere le forme legate ai vaccini per evitare terapie che possono aggravare la situazione. Eparina e trasfusioni di piastrine potrebbero essere controindicate. Quali sono i sintomi e gli esami da fare.

1 - Quanto è grave la trombosi legata ai vaccini?

Fra le persone colpite, con i dati che abbiamo, sopravvivono 3 su 4. Il rapporto può migliorare se il problema viene riconosciuto in tempo. La trombosi legata al vaccino è infatti rara e atipica. Le terapie per le trombosi normali possono aggravare la situazione. Lo spiega l’Fda americana che martedì, nel sospendere Johnson&Johnson, ha messo in guardia: «La terapia per questa forma specifica di coagulazione del sangue è diversa da quella usata normalmente. Di solito viene usato l’anticoagulante eparina. In questa condizione, l’eparina potrebbe rivelarsi pericolosa».

2 - I pazienti finora hanno avuto le cure più adatte?

Non sempre. Due studi sul New England Journal of Medicine descrivono 11 casi in Germania e Austria e 5 in Norvegia. Alcuni, fra i primi pazienti trattati, hanno avuto eparina e trasfusioni di piastrine (altra terapia non sempre indicata in questi casi). Con il tempo, i medici si sono resi conto che dovevano cambiare cura. «Le trombosi normali si trattano con l’eparina» conferma Pier Mannuccio Mannucci, ematologo dell’università di Milano. «Ma in questo caso i pazienti hanno anche un livello di piastrine estremamente basso. Somministrare eparina rischia di provocare emorragie».

3 - Perché le terapie usate di solito non sono idonee?

Le trombosi legate ai vaccini (per le quali è stato proposto il nome Vitt o vaccine induced immune thrombotic thrombocytopenia) hanno una combinazione di sintomi all’apparenza contraddittoria: presenza di coaguli di sangue (i trombi) ma piastrine spesso vicine allo zero (proprio le piastrine sono responsabili della coagulazione del sangue). C’è solo un’altra forma di trombosi simile alla Vitt, che avviene in rarissimi casi nei pazienti che hanno ricevuto il farmaco eparina e sviluppano una reazione immunitaria anomala contro di essa.

4 - Che meccanismo può provocare le rare trombosi?

Ci sono solo ipotesi: per ora nessuna certezza. «Il fatto che le donne giovani siano le più colpite suggerisce un meccanismo di autoimmunità» spiega Andrea Cossarizza, immunologo dell’università di Modena e Reggio Emilia. «I problemi di autoimmunità sono infatti concentrati fra le donne di 20-50 anni. Raramente questi disturbi colpiscono al di sopra dei 60 anni. Se questa ipotesi sarà confermata, è ragionevole pensare che chi non ha avuto problemi con la prima dose non dovrebbe averne con il richiamo. Ma i punti da studiare e chiarire restano ancora molti».

5 - In che modo il vaccino può creare danni?

È ignoto. Sappiamo solo che la trombosi dei vaccinati è molto simile a un’altra rara trombosi causata dall’eparina. «Questo farmaco può legarsi a una proteina rilasciata dalle piastrine, che si chiama Pf4» spiega Cossarizza. «Si scatena una reazione immunitaria che porta alla formazione di anticorpi contro Pf4». Nel processo le cellule delle pareti dei vasi sanguigni si danneggiano e si formano trombi. «Qualche componente del vaccino svolge un ruolo simile all’eparina, sempre con la formazione di anticorpi anti Pf4, ma per ora non sappiamo quale sia la molecola responsabile».

6 - Quali sono allora i trattamenti più indicati?

La Società italiana per lo studio di emostasi e trombosi (Siset) ha pubblicato le sue linee guida. Le riassume Mannucci: «I sintomi sono dolore alla testa o alla pancia fortissimi, uniti a disturbi neurologici. Una tac riesce a evidenziare i trombi. Un esame del sangue misura le piastrine, insieme ad altri valori che permettono di fare la diagnosi. Un test ad hoc fa vedere se si sono formati anticorpi contro la proteina Pf4. A quel punto, come cura, si possono usare immunoglobuline e cortisonici. Ma già solo evitare terapie non appropriate può far scendere la mortalità al 5-10% dei casi».

Matteo Bassetti su Johnson & Johnson: "Un errore mortale". C'è dietro una manina sporca? Cosa proprio non torna. Libero Quotidiano il 14 aprile 2021. "Un errore mortale". Lo definisce così Matteo Bassetti il rischio a cui l'Italia può andare incontro se sospende la somministrazione di Johnson & Johnson. Il governo ha infatti deciso di prendere tempo dopo che gli Stati Uniti hanno lanciato l'allarme sulle trombosi sospette post-vaccino, proprio come AstraZeneca. "Abbiamo fatto oggi una riunione con i nostri scienziati e l'Aifa e siamo in collegamento con l'Ema: valuteremo nei prossimi giorni, appena Ema e gli Usa ci daranno notizie più definitive, quale sarà la strada migliore ma io penso che anche questo vaccino dovrà essere utilizzato perché è un vaccino importante", ha detto Roberto Speranza. Ma a tranquillizzare il ministro della Salute ci pensa l'infettivologo del San Martino di Genova in collegamento con Tagadà: "Negli Stati Uniti ci sono stati sei casi di eventi trombotici rari, di cui uno mortale, su circa 7 milioni di vaccinati". In soldoni, un rischio "inferiore allo 0,000001 per cento". Secondo Bassetti, intervenuto in diretta su La7 da Tiziana Panella, "se noi perdiamo di vista l'obiettivo, abbiamo perso la battaglia in partenza". Il motivo è semplice e sta tutto nelle dosi di vaccino contro il coronavirus disponibili. "Gli Stati Uniti - prosegue - possono permettersi di sospendere J&J perché hanno 400/500 milioni di dosi di Pfizer, di Moderna...Ma noi possiamo permetterci come vecchia Europa di mandare all'aria i due vaccini su cui abbiamo scommesso di più?". La risposta è scontata: "No e se lo facciamo commetteremmo un errore mortale, nel vero senso della parola. Un peccato capitale". L'infettivologo nutre contrarietà anche sugli effetti collaterali, a suo dire, "esageratamente messi in luce". Perché - è la sua conclusione - "va bene la trasparenza ma stiamo perdendo di vista l'obiettivo". Nulla di diverso da quanto già ampiamente denunciato a CartaBianca, dove Bassetti si era lasciato andare anche a un sospetto: "Non vorrei che dietro questa decisione ci fosse una guerra commerciale".

Quattro casi di trombosi, ora Ema indaga sul siero J&J. Parigi e Berlino: no alla seconda dose AstraZenaca. L'Oms: rischioso. Patricia Tagliaferri - Sab, 10/04/2021 - su Il Giornale. Mentre l'Europa si divide sull'utilizzo di AstraZeneca e il vaccino di Oxford fa fatica a riconquistare la fiducia di chi deve essere immunizzato, rischia di cadere una nuova tegola sulla campagna vaccinale. Questa volta riguarda il farmaco della Johnson&Johnson, le cui prime 400mila fiale sono attese in Italia a metà aprile. Si tratta di un monodose su cui il nostro Paese punta molto per accelerare le somministrazioni. Ma adesso il comitato per la sicurezza dell'Ema (Prac) ha avviato una revisione in seguito a quattro eventi tromboembolici che si sono verificati negli Stati Uniti, dove J&J è in uso da marzo. «Il Prac sta indagando su questi casi e deciderà se potrà essere necessaria un'azione normativa, che di solito consiste in un aggiornamento delle informazioni sul prodotto», spiega l'Agenzia europea per i medicinali. La J&J ha precisato che «il monitoraggio sugli effetti collaterali ha rivelato un numero limitato di eventi molto rari, ma che al momento non è stata stabilita una chiara relazione causale tra questi eventi rari e il vaccino». Intanto l'Italia spinge su AstraZeneca, confermando che chi è stato già vaccinato con il farmaco di Oxford riceverà la seconda dose dello stesso vaccino. I responsabili della salute non hanno dubbi che sia questa la strada da percorrere, contrariamente a quanto stabilito altri Paesi, come Germania e Francia, nonostante l'Oms abbia fatto sapere che al momento non ci sono «dati adeguati» sugli effetti del cambio del vaccino tra la prima iniezione e il richiamo. «L'intercambiabilità del vaccino non è qualcosa su cui potremmo dare una raccomandazione», ha spiegato la portavoce, Margaret Harris. In sostanza nessuna sperimentazione è stata fatta sugli effetti del passaggio da un vaccino a vettore virale che utilizza un adenovirus innocuo, come AstaZeneca, ad altri che usano invece molecole di mRNA messaggero, come Pfizer e Moderna. Eppure la Francia ha annunciato ugualmente che le persone con meno di 55 anni che hanno ricevuto la prima dose del farmaco dell'azienda anglo-svedese effettueranno il richiamo con Pfizer o Moderna. È stata l'Alta Autorità della Sanità a confermare ufficialmente quanto già anticipato dal ministro della Salute, Olivier Veran, dopo che le somministrazioni erano state sospese Oltralpe il 19 marzo a causa dei rari casi di trombosi individuati in Europa. Ora il cambio in corsa di vaccino, che riguarda 533mila persone, nonostante la mancanza di evidenze scientifiche. Lo stesso cambio di passo è stato raccomandato in Germania dalla Commissione permanente per il vaccino tedesca: chi ha avuto la prima dose di AstraZeneca, dovrà passare ad un altro antidoto. La storia tormentata del vaccino anglo-svedese divide l'Europa sulle regole per la somministrazione. Tanto che la Commissione europea è intervenuta ieri per ricordare che l'Ema non ha indicato la necessità di sottoporre a restrizioni l'uso del vaccino di Oxford: «Non ci sono ragioni per non utilizzarlo più».

 Coronavirus nel mondo, gli Usa assolvono Johnson & Johnson: "Nessun legame tra vaccino e trombosi". La Repubblica il 10 aprile 2021. La pandemia non frena in Brasile: 93 mila casi e quasi 3.700 morti nelle ultime 24 ore. L'Irlanda impone la quarantena a chi arriva dall'Italia e da altri 16 paesi.

Usa, le autorità sanitarie assolvono Johnson&Johnson: "Nessun legame con le trombosi". Le autorità sanitarie Usa non hanno alcuna prova di un nesso "causale" tra il vaccino Johnson & Johnson e casi di trombosi, su cui l'Ema sta indagando in Europa. "Al momento non abbiamo trovato un rapporto causale con la vaccinazione e continuiamo a indagare e a valutare questi casi", si legge in una nota dell'US Food and Drug Administration, l'ente governativo statunitense che si occupa della regolamentazione dei prodotti alimentari e farmaceutici.

Usa, gli esperti possibilisti su Pfizer ai dodicenni. Il sì all'estensione del vaccino Pfizer alla fascia 12-15 anni è "altamente probabile". Lo riporta la Cnn che cita il dottor Arnold Monto, professore di epidemiologia presso l'Università del Michigan e presidente ad interim del comitato consultivo sui vaccini Covid-19 dell'Fda. "È molto probabile, se i dati presentati lo supportano", ha precisato Monto senza dare una data precisa per la risposta definitiva, indicando però che "potrebbe arrivare in tempi relativamente brevi".

Rosa Scognamiglio per ilgiornale.it il 9 aprile 2021. Un altro "disturbo molto raro", dopo i casi di trombosi, getta nuove ombre sul vaccino Vaxzevria AstraZeneca. Il Comitato per la farmacovigilanza dell'Ema (Prac) ha reso noto, con una nota, di aver avviato una revisione per valutare le segnalazioni di sindrome da perdita capillare in persone che sono state vaccinate col preparato anglosvedese.

5 casi di "disturbo molto raro". Stando a quanto si apprende dalla nota, divulgata nella tarda mattinata di venerdì 9 aprile sul sito dell'Ema, ci sarebbero già 5 casi registrati nel database di EudraVigilance in merito a quello che gli esperti del Prac definiscono "disturbo molto raro". La sindrome consiste nella fuoriuscita di fluido dai vasi sanguigni che causa gonfiore dei tessuti e calo della pressione sanguigna. "In questa fase, non è ancora chiaro se esista un'associazione causale tra la vaccinazione e le segnalazioni di sindrome da perdita capillare. - precisano gli esperti -Questi rapporti indicano un " segnale di sicurezza ": informazioni su eventi avversi nuovi o modificati che possono essere potenzialmente associati a un medicinale e che richiedono ulteriori indagini". Ad ogni modo, Il PRAC ha assicurato che valuterà tutti i dati disponibili per decidere se vi sia una relazione causale o effettiva tra l'insorgenza della sindrome e la somministrazione del vaccino. "Nei casi in cui una relazione causale sarà confermata o considerata probabile, è necessaria un'azione normativa per ridurre al minimo il rischio. Di solito, assume la forma di un aggiornamento del riassunto delle caratteristiche del prodotto e del foglietto illustrativo", recita in conclusione la nota.

L'indagine sui casi di trombosi. Il Prac ha fatto altresì sapere di aver avviato un'indagine anche per i casi di trombosi associati al vaccino Janssen. Stando a quanto si apprende dalla comunicazione diramata dall'Ema, sarebbero stati segnalati quattro "episodi gravi" di coaguli di sangue con anche piastrine basse. Un caso si è verificato nel corso di una sperimentazione clinica, gli altri tre durante il lancio del vaccino negli Stati Uniti. Nello specifico, uno avrebbe comportato il decesso del paziente. Il vaccino COVID-19 Janssen è attualmente utilizzato solo negli Stati Uniti, con un'autorizzazione all'uso di emergenza. Il lancio del preparato belga non è ancora iniziato in nessun Stato membro dell'UE ma è previsto nelle prossime settimane. "Questi rapporti indicano un 'segnale di sicurezza', - scrivono gli esperti - ma attualmente non è chiaro se esista un'associazione causale tra la vaccinazione con il vaccino COVID-19 Janssen e queste condizioni. Il PRAC sta indagando su questi casi e deciderà se può essere necessaria un'azione normativa, che di solito consiste in un aggiornamento delle informazioni sul prodotto".

"Valutazioni su J&J ma andrà usato. Riaperture graduali a maggio". Francesca Galici il 13 Aprile 2021 su Il Giornale. Roberto Speranza è stato ospite di Bruno Vespa a Porta a porta per chiarire la posizione dell'Italia sul blocco del vaccino J&J. Un'altra tegola sulla campagna vaccinale italiana, che sperava di poter contare già dalle prossime ore sul vaccino monodose Johnson&Johnson, le cui fiale erano già in arrivo. Invece prima la FDA, poi la stessa J&J ha fatto marcia indietro. Tutto in via precauzionale ma, intanto, i Paesi che avevano investito anche su questo vaccino ora devono ricalibrare i loro piani vaccinali, Italia inclusa. Dopo l'annuncio della FDA con la quale veniva consigliata la sospensione meramente precauzionale per indagare su pochi casi di trombosi rare, il ministro Roberto Speranza aveva deciso di convocare nel pomeriggio una riunione con l'Aifa per fare il punto della situazione. Il tutto prima che le dosi venissero bloccate per ordine dell'azienda farmaceutica.

La posizione dell'Italia su J&J. "Abbiamo fatto una riunione oggi pomeriggio con i nostri scienziati, con l'Agenzia italiana del farmaco, chiaramente siamo in collegamento con l'agenzia europea e valuteremo nei prossimi giorni appena Ema e gli americani ci daranno notizie più formali e definitive quale sarà la strada migliore", ha detto il ministro della Salute Roberto Speranza a Porta a porta, nella puntata che andrà in onda questa sera su Rai1. "Io penso che anche questo vaccino dovrà essere utilizzato perché è un vaccino importante", ha proseguito il ministro, lasciando aperta la possibilità che la soluzione si possa sbloccare entro breve. La somministrazione monodose del vaccino Johnson&Johnson rappresenta al momento il plus principale di questo preparato rispetto agli altri attualmente disponibili. Con le dosi che sarebbero dovute arrivare nel pomeriggio sarebbe stato possibile immunizzare 500mila persone in pochi giorni. Nel pomeriggio sul vaccino Johnson&Johnson è intervenuta anche Maristella Gelmini, ministro per gli Affari regionali e le Autonomie, in diretta a TgCom24: "Sulla questione di Johnson&Johnson è un film già visto, anche Astrazeneca ha avuto lo stesso percorso ma i vaccini sono sicuri, non dobbiamo farci allarmare da queste procedure. Nella sostanza i casi di Johnson&Johnson sono numericamente inferiori a quelli di Astrazeneca".

6 casi di trombosi su 7 milioni di somministrazioni. "La scelta statunitense è precauzionale e quella di J&J è anch'essa precauzionale. Il nostro auspicio è quello di poter sciogliere la più presto quei nodi per usare anche questo vaccino che sarebbe il quarto", ha ribadito Roberto Speranza da Bruno Vespa. Per il momento nessun Paese europeo ha ancora somministrato questo vaccino ma lo stop potrebbe essere questione di pochi giorni: "C'è stata una scelta, nelle ore immediatamente successive al pronunciamento dell'agenzia regolatoria statunitense, della stessa azienda. E' proprio Johnson&Johnson che ha scelto di rinviare, per un tempo limitato chiaramente, l'immissione in commercio in tutti i Paesi europei di questo vaccino". Sono stati 6 casi di trombosi, tutti in donne under 60, ma su oltre 7 milioni di somministrazioni, a far scattare il blocco preventivo. "Rispetto alla scelta fatta dagli Stati Uniti, l'azienda ha scelto di non immettere sul mercato immediatamente il vaccino in Europa e di fare prima i controlli sui dati americani", ha concluso Roberto Speranza.

Le riaperture in Italia. Il ministro della Salute si è espresso anche sule prossime riaperture: "Credo sia lecito aspettarsele per maggio ma verificheremo giorno dopo giorno". Speranza ha poi aggiunto: "La volontà di tutto il governo va nella direzione di verificare i dati settimana per settimana e costruire una modalità che ci consenta di far ripartire le attività ma senza correre rischi. Ripartire in sicurezza". C'è la possibilità per i ristoranti di tenere aperto anche alla sera: "Anche questo dipenderà dai dati. L'ipotesi di lavorare solo sull'aperto personalmente mi convince molto, poi dovremo confrontarci con i nostri scienziati e i tecnici in sede di Governo". A TgCom24, anche Mariastella Gelmini ha fissato lo stesso termine temporale per il ritorno a una quasi normalità: "Maggio sarà il mese delle riaperture di tutte le attività economiche. Non dobbiamo deragliare all'ultimo miglio e non dobbiamo essere troppo pessimisti, dobbiamo essere fiduciosi. Tutti i ministeri sono al lavoro per i protocolli per far ripartire anche gli eventi, le fiere e il turismo".

Johnson& Johnson, Stati Uniti e Australia lo sospendono dopo "casi di coaguli nel sangue": "Non lo raccomandiamo". Libero Quotidiano il 13 aprile 2021. Altro colpo bassissimo all'Italia. In preda alla mancanza dei vaccini contro il Covid, il Paese attendeva come una manna dal cielo l'antidoto di Johnson& Johnson. Peccato però che prima ancora di illuderci, c'è già una sfilza di paesi che sospende il suo uso. Primi tra tutti gli Stati Uniti. Le autorità federali sanitarie americane hanno chiesto l’immediato stop dell’uso del vaccino di Johnson& Johnson contro il Covid dopo che si sono registrati 6 casi di coaguli nel sangue a due settimane dal vaccino. Si tratta in tutti i casi di donne tra i 18 ed i 48 anni. Una di queste è morta mentre un’altra è ricoverata in gravi condizioni in Nebraska. Non è da meno l'Australia che ha deciso addirittura di non acquistare il vaccino del colosso statunitense. Il governo era in trattative con la società che aveva chiesto all’autorità di regolamentazione australiana, la Therapeutical Goods Administration, la registrazione provvisoria. Ma il ministro della Salute Greg Hunt ha escluso un contratto J&J perché il suo vaccino è simile al prodotto AstraZeneca, per cui l’Australia ha già un contratto per 53,8 milioni di dosi. Non solo, perché Hunt ha detto che il governo sta seguendo il consiglio del gruppo consultivo scientifico e tecnico australiano: "J&J è un altro vaccino vettoriale virale e non raccomandiamo, in questo momento, che il governo acquisti qualsiasi ulteriore vaccino vettoriale virale". Due infatti i casi di un raro coagulo di sangue probabilmente collegato al vaccino AstraZeneca.  Una pessima notizia per l'Italia, come detto prima. Nel pomeriggio di oggi, 13 aprile, sono in arrivo 184mila le dosi del vaccino Janssen della Johnson & Johnson nell’hub nazionale della Difesa di Pratica di Mare. "Si tratta del primo lotto del vaccino statunitense che giunge in Italia", conferma una nota del commissario straordinario all’emergenza Francesco Paolo Figliuolo, alle prese - come tutta l'Europa - con una mancanza di vaccini rispetto a quelli promessi nei contratti (AstraZeneca compresa).

Otto e mezzo, la bomba di Luca Telese: "Guerra dietro a Johnson & Johnson". Vaccino, chi gioca con le nostre vite. Libero Quotidiano il 13 aprile 2021. "Bisogna evitare le bomba mediatica. Perché il messaggio che passa è che il vaccino si sceglie": così Luca Telese a Otto e Mezzo su La7. Il giornalista, citando il New York Times, ha ricordato che su 31 milioni di dosi somministrate negli Stati Uniti ci sono stati 36 casi avversi di Pfizer e Moderna. "Il fatto che decidiamo noi che cos’è meglio per noi è ridicolo". Secondo Telese, dietro a queste notizie c'è sempre qualcosa di più grande. "Qui c’è anche una guerra di mercato, una guerra d’immagine e anche una guerra geopolitica - ha spiegato il giornalista nello studio di Lilli Gruber -. Così come il diesel è stato reso obsoleto nella guerra dei motori, così anche sui vaccini ognuno ha difeso i suoi spazi e ha fatto la sua propaganda usando le argomentazioni dei medici". Non è d'accordo con lui l'immunologa Antonella Viola. "I casi avversi ci sono, ma qui stiamo parlando di un meccanismo molto specifico, cioè l’attivazione di una risposta immunitaria che genererebbe anticorpi che vanno ad attaccare le piastrine inducendo alla distruzione delle piastrine a alla formazione di questi fenomeni tromboembolici - ha puntualizzato l'esperta -. Bisogna vedere se questi eventi avversi hanno la stessa natura di quelli verificatisi con AstraZeneca. Se così fosse, abbiamo identificato un effetto comune a questo tipo di vaccinazione. Ma non stiamo parlando di un sentire diverso nei confronti dei vaccini".

Tagadà, Federico Rampini sullo stop a Johnson&Johnson: "L'aspirina è più pericolosa". Cosa c'è dietro, inquietante teoria. Libero Quotidiano il 13 aprile 2021. "Quando si parla di 6 casi su 7 milioni, credo che l’aspirina sia più pericolosa. Siamo di fronte a un’operazione di psicologia": così Federico Rampini, corrispondente di Repubblica dagli Usa, commenta la sospensione del vaccino anti-Covid Johnson&Johnson negli Stati Uniti. Lo stop, infatti, è stato disposto a causa di 6 casi sospetti di trombosi dopo la somministrazione del farmaco. Ospite di Tiziana Panella a Tagadà su La7, il giornalista ha spiegato: "La Fda deve affrontare un pubblico anche negli Stati Uniti dove esistono zone di diffidenza, recalcitranti, no vax militanti. Bisogna dare un segnale di grande rigore". Rampini ha fatto presente anche che "questa sospensione è stata definita dagli esperti americani come una sovrabbondanza di precauzione, necessaria per dare un segnale al pubblico". Nulla di preoccupante o allarmante, insomma. Tra l'altro lo stop a J&J non rappresenta un ostacolo nella campagna vaccinale americana. "Questo vaccino è usato poco perché è l’ultimo arrivato nella famiglia di vaccini attualmente in uso negli Stati Uniti", ha chiarito il giornalista. "Per dare un’idea delle quantità, in questo momento il provvedimento cautelativo della Fda che sospende il Johnson&Johnson riguarda 9 milioni di dosi, pronte nei depositi di centri di somministrazione - ha sottolineato Federico Rampini -. Gli altri due vaccini più usati, Pfizer e Moderna, hanno una produzione media settimanale di 28 milioni di dosi. Quindi, come ha spiegato l’amministrazione Biden poco fa in un comunicato, per gli Usa non è un problema drammatico dover rinunciare a Johnson&Johnson per il momento".

La variante sudafricana rende il vaccino Pfizer inefficace, tutti i "buchi" della ricerca israeliana. Giovanni Pisano su Il Riformista il 12 Aprile 2021. Il vaccino Pfizer non è sufficientemente protettivo nei confronti della variante sudafricana. E’ quanto emerso in uno studio israeliano ancora in attesa di revisione, ovvero la peer review, che nell’ambito della ricerca scientifica è la procedura di valutazione e di selezione degli articoli o dei progetti di ricerca effettuata da specialisti del settore per verificarne l’idoneità alla pubblicazione o al finanziamento. Tanto però è bastato per creare nuovi allarmismi anche in Italia dove, al momento, la variante sudafricana è diffusa solo in minima parte. Ad intervenire sulla vicenda sono il virologo Roberto Burioni dell’università Vita-Salute San Raffaele di Milano e l’immunologa Antonella Viola dell’università di Padova. Il primo in una serie di post su Twitter rilancia uno studio preliminare (quindi anche qui in attesa di revisione) della Pfizer che evidenzia esattamente l’opposto, invitando poi i giornalisti ad aspettare prima di trarre conclusioni con titoli “terrorizzanti”. “Pfizer  – spiega Burioni – ha dichiarato (e finora tutte le dichiarazioni sono state confermate da lavori scientifici di altissimo livello) che in uno studio preliminare il suo vaccino sembra molto efficace contro la variante sudafricana. Numeri piccoli, ma dati molto incoraggianti”. Poi l’appello ai media: “Quando vedete uno studio che afferma cose terrorizzanti (come il fatto che una variante "buca" il vaccino) aspettate che passi la peer review, che serve proprio per capire se lo studio consente di trarre le conclusioni che sparate nei titoli”. Pfizer ha dichiarato (e finora tutte le dichiarazioni sono state confermate da lavori scientifici di altissimo livello) che in uno studio preliminare il suo vaccino sembra molto efficace contro la variante “sudafricana”. Numeri piccoli, ma dati molto incoraggianti. Secondo lo studio condotto da Pfizer, il vaccino anti-Covid funziona anche in caso di variante sudafricana. Lo studio è stato effettuato su 800 partecipanti in Sudafrica, dove la variante B1351 è prevalente: si sono osservati nove casi di Covid, tutti nel gruppo trattato con placebo. E questo indica un’efficacia del vaccino del 100%. Da un’analisi successiva è emerso che in 6 dei nove casi di Covid si trattava di variante sudafricana. Questi dati supportano precedenti risultati che dimostrano come il vaccino inneschi una robusta risposta immunitaria nei confronti della variante sudafricana e nonostante questa possa essere leggermente inferiore, non sembra inficiare l’efficacia del vaccino. A rafforzare le parole di Burioni ci pensa poi l’immunologa Antonella Viola che, sempre via social, ridimensiona lo studio israeliano: “Si sta spargendo la voce di uno studio israeliano (ancora non sottoposto a revisione) che analizza la frequenza di infezioni e delle diverse varianti” del coronavirus Sars-CoV-2 “nelle persone vaccinate e non, e arriverebbe alla conclusione che il vaccino Pfizer” contro Covid-19 “non sia sufficientemente protettivo nei confronti della variante sudafricana (da noi poco diffusa). Niente panico perché lo studio ha molti limiti tra cui la numerosità scarsa del campione”. “Inoltre – sottolinea – le infezioni sono state identificate a partire da una settimana dopo la seconda dose, e quindi è possibile che le persone siano state contagiate diversi giorni prima; quindi la risposta immunitaria, almeno in parte dei partecipanti, non era ancora completa. Ancora: non c’è un’analisi sulla frequenza delle infezioni nelle popolazioni vaccinate e non, ma della frequenza delle varianti nelle infezioni. Infine, sapevamo che la variante sudafricana può ridurre l’efficacia dei vaccini nei confronti dell’infezione, ma questo non significa assolutamente che il vaccino non sia protettivo riguardo a malattia e trasmissione”, puntualizza la scienziata. “Intanto – conclude Viola – Pfizer sta portando avanti un trial clinico per utilizzare una terza dose di vaccino e migliorare l’efficacia anche contro le varianti“.

L'ipotesi sui casi rari riscontrati dopo il vaccino. Astrazeneca e trombosi, l’ematologo Carella: “Il ruolo dell’enzima Adamts e la sindrome di Moschcowitz”. Giacomo Andreoli su Il Riformista l'11 Aprile 2021. «Dobbiamo individuare le malattie dietro i casi rarissimi di reazione avversa al vaccino anti-Covid (come si è visto con le trombosi dopo la somministrazione di Astrazeneca n.d.r.): è importante e ancora se ne parla poco. Io penso e l’ho scritto anche ad alcune persone che hanno un ruolo importante nella sanità italiana, che dovremmo valutare la possibilità che si tratti di una malattia che conosciamo: porpora trombotica trombocitopenica o sindrome di Moschcowitz». A raccontarlo, in una lunga intervista a La Gazzetta di Roma, assieme a una serie di consigli sulla vaccinazione per chi ha determinate patologie, è Angelo Michele Carella. Ematologo ed ex direttore della Divisione di Ematologia e Centro Trapianti di Midollo all’Ospedale San Martino di Genova, ha nel curriculum 280 pubblicazioni su riviste internazionali. Oggi è consulente della Clinica Paideia a Roma e della Casa di Cura La Madonnina a Milano. «Nella mia lunga carriera – spiega il professore – ho visto diversi casi di questa sindrome ed è caratterizzata da una carenza di piastrine associata aduna trombosi, una cosa rara perché di solito o c’è l’uno o c’è l’altro. Una diagnosi che potrebbe riguardare la maggior parte dei casi dei pazienti che hanno i rarissimi effetti collaterali di grave entità dopo la somministrazione di Astrazeneca. In generale può essere infatti determinata da tumori o infezioni, ma anche farmaci. C’è poi una “cugina” di questa sindrome, la Cid (coagulazione intravascolare disseminata), dove si hanno i globuli rossi in periferia rosicchiati, gli schistociti. Quando un paziente vaccinato entro una decina di giorni ha cefalee violente, sospetto di trombosi celebrale o in altri organi, oppure la caduta delle piastrine, la prima cosa che si potrebbe fare è un esame chiamato “striscio di sangue periferico”, quindi l’emocromo e il “dosaggio dell’enzima Adamts 13”, che si fa in tutti i grossi ospedali e i centri trasfusionali. Se si trovano livelli molto bassi di Adamts, si fa una diagnosi di Moschcowitz o Cid e si può fare la plasmaferesi, che salva la vita del paziente. Ad eccezione di casi drammatici, che partono da casa in condizioni già troppo gravi (per esempio con un’emorragia celebrale in corso), in chi comincia ad avere dei sintomi questa potrebbe essere una buona strada da seguire». «Queste – aggiunge il professore – sono idee che mi vengono per la mia esperienza di quarant’anni quale ematologo, credo non si possa escludere questa sindrome e se confermata con questa diagnosi si può salvare la vita dei pazienti. Poi ovviamente bisogna capire perché viene la sindrome. Il disordine coagulativo potrebbe attivarsi per infezioni, farmaci, malattie ematologiche. Ma è anche possibile che la struttura del vaccino possa attivare processi che portano al Moschcowitz. Ovviamente non ho abbastanza elementi per confermare nulla. Dico solo che se individuassimo la natura del disturbo che si realizza in questi casi già saremmo un passo avanti». Secondo Carella, che sottolinea comunque l’assoluta e complessiva efficacia di Astrazeneca e degli altri vaccini per uscire finalmente dalla crisi sanitaria, il suo suggerimento a un ospedale potrebbe aver già aiutato una donna. Questa paziente avrebbe avuto sintomi da non sottovalutare dopo la somministrazione del vaccino (anche se la correlazione non è scontata). «In un importante ospedale italiano – racconta – abbiamo discusso di questo problema. E le dico di più: avevano una paziente con un basso livello di piastrine, cefalea e inizio di trombosi nella settimana successiva alla somministrazione di Astrazeneca. Hanno fatto il dosaggio di Adamts 13, che era a zero. Diagnosticata la sindrome di Moschcowitz, è stata fatta la plasmaferesi. Adesso la paziente è ancora ricoverata, ma sta meglio, fuori dal pericolo della trombosi. Apriamo un dibattito con i virologi ed ematologi/coagulologi, per approfondire la possibilità che si realizzi la sindrome di Moschcowitz in casi rarissimi. Se dimostrassimo qualche correlazione il Comitato tecnico scientifico potrebbe dare suggerimenti ad hoc a livello nazionale».

Vaccino, nessuna dose è sicura al 100%, che cosa ha detto Ippolito. Libero Quotidiano il 09 aprile 2021. Nei giorni in cui si dibatte sui rischi connessi al vaccino Astrazeneca e il governo raccomanda l'uso per  gli over 60,  è il direttore scientifico dell'Istituto nazionale malattie infettive Larrazo Spallanzani, Giuseppe Ippolito, a dare il parere definitivo in un’intervista al Corriere della Sera: “Nessun vaccino” – dice -  è sicuro al 100% ma invece è sicuro al 100% che senza vaccini continueranno a morire centinaia di persone al giorno”. Ippolito ha spiegato che “i rari eventi trombotici associati a bassi livelli di piastrine si sono verificati prevalentemente in persone sotto i 60 anni, per lo più donne”, di qui la raccomandazione per un uso preferenziale nei soggetti più anziani” gli stessi  che corrono molti più rischi di sviluppare malattia grave in caso di positività al Covid e di dover incorrere in terapie intensive.  Credete nella scienza, insomma, e vaccinatevi. Anche perché dice Ippolito nessun medicinale è esente da rischi. “Anche i vaccini ultra sicuri che usiamo da anni hanno una percentuale di eventi avversi. Quando proteggiamo i nostri bambini contro il morbillo li esponiamo al rischio - uno su un milione - di sviluppare una complicanza encefalitica acuta. Ma se non li vaccinassimo il rischio sarebbe 500 volte superiore”.

Francesco Malfetano per “Il Messaggero” il 9 aprile 2021. «I benefici superano i rischi». Cinque semplici parole con cui scienziati, medici, politici e anche l'Ema, l'agenzia europea dei medicinali, da giorni difendono l'assoluta efficacia e sicurezza del vaccino AstraZeneca. Una rassicurazione forte, non scalfita neppure dal fatto che proprio l'Agenzia europea dei medicinali abbia provato l'esistenza di «forte legame» tra la somministrazione di Vaxzevria e il verificarsi di alcuni eventi avversi. In particolare le discusse trombosi che però, non solo sono inconsuete e incostanti, quanto sono soprattutto rare, anzi rarissime. E ancor più rara è la possibilità di morire per una di esse. A oggi infatti, numeri alla mano, è più plausibile che si muoia colpiti da un meteorite o che si venga colpiti da un fulmine uscendo a fare una passeggiata. Immagini un po' crude forse, ma statisticamente reali. Se ne è accorto anche il quotidiano inglese Sun, che ieri in copertina ha piazzato un emblematico 0,00000095%, alludendo alle possibilità di decedere dopo l'inoculazione del vaccino. Bene, questo vale anche per l'Europa. Anzi, in base ai dati citati dall'Ema nella conferenza stampa di giovedì scorso, nell'eurozona le possibilità sarebbero addirittura minori. Si perché la cifra messa in bella mostra dal Sun è ricavata da 19 decessi sospetti registrati nel Regno Unito dopo la somministrazione di 20 milioni di dosi di vaccino AstraZeneca. Nei Ventisette invece le morti sospette (per trombosi del seno venoso cerebrale o trombosi venosa splancnica) sono state meno (18 su 86 casi registrati al 22 marzo 2021) su più inoculazioni (25 milioni). Vale a dire che la probabilità di morire per una trombosi dopo aver ricevuto Vaxzevria è pari allo 0,0000072%. Ovviamente si tratta di statistica. Numeri freddi quindi, che se da un lato non restituiscono nulla ai morti, dall'altro aiutano a comprendere come oggi non abbia molto senso aver timore di vaccinarsi. Anche perché secondo l'Università di Sydney se prendiamo un adulto a caso in strada scopriremo che questo ha una possibilità su 1.000 di sviluppare una trombosi entro un anno. Di quelli che lo fanno, circa il 6% morirà. Quindi, senza l'aggiunta di alcun rischio derivante dall'assunzione di un vaccino, si prevede che circa un adulto su 17.000 muoia ogni anno a causa di quel tipo di coagulo di sangue. Statisticamente è molto più probabile che si muoia per questo o per qualunque altro motivo anziché per aver ricevuto una dose AstraZeneca (il tutto senza considerare fattori di rischio esterno come la gravidanza che aumenta il rischio di trombosi di circa 10 volte, o l'uso della pillola contraccettiva). Tant'è che l'Agenzia dei farmaci del Regno Unito (Mhra nell'acronimo inglese), nei suoi studi più recenti, ha stabilito come tra i sudditi di sua maestà si registri un caso di morte ogni due milioni e mezzo di persone vaccinate con AstraZeneca. Pur tralasciando che il livello di mortalità causato dal Covid - che è il motivo per cui ci si è espone a questo minimo rischio - è decisamente più alto («3 possibilità su 100 se hai più di 60 anni» secondo il direttore dell'Aifa Giorgio Palù) è giusto sapere che oggi si ha più probabilità di morire in miliardi di modi: cadendo dal letto o dalle scale (rispettivamente 1 su 750 mila e una su due milioni), venendo investiti da un treno (1 su un milione), annegando nella vasca da bagno (1 su 685 mila), venendo appunto colpiti da un fulmine (1 su tremila). Oppure ancora sbranati da un cane, per la puntura di un insetto, per una partita a calcio, per un'uscita in bicicletta troppo intensa o, ahinoi, se guidando decidiamo di inviare un sms piuttosto che tenere gli occhi fissi sulla strada e le mani sul volante. Un altro esempio. Solo nel 2020, e solo nei supermercati della Penisola, dagli scaffali sono stati ritirati circa 20 lotti di uova a rischio salmonella. Non per questo però in Italia si è smesso di cucinare la carbonara o preparare una frittata, nonostante la salmonella causi nel mondo oltre 200 mila decessi ogni anno. Per avere lo stesso numero di trombosi da vaccino la popolazione della Terra dovrebbe essere pari a 6 volte quella attuale e dovrebbero essere vaccinati tutti insieme. In altre parole, potenzialmente ci sono più probabilità di morire per un occhio di bue che per il vaccino.

Enrico Franceschini per repubblica.it l'1 aprile 2021. Usando quello che rimaneva in fiale destinate a essere buttate via, un gruppo di scienziati della Stanford University ha trovato la "ricetta" di due vaccini per il Covid-19 e l’ha pubblicata su Github, un sito in cui vengono raccolto i codici software. Lo riporta il Guardian di Londra, citando Motherboard, un sito di news tecnologiche. I vaccini di cui gli studiosi hanno determinato le sequenze sono il Pfizer e il Moderna. Gli esperti commentano che la pubblicazione aiuterà i ricercatori in tutto il mondo a identificare meglio quando analizzano campioni se sono davanti a sequenze del virus o del vaccino per fermare il virus, perché come è noto nelle analisi di laboratorio c’è sempre il rischio di falsi positivi. Gli scienziati di Stanford hanno reso noto di essere stati in grado di raccogliere piccole porzioni di vaccino da fiale che altrimenti sarebbero stato gettate, grazie a un’approvazione per la ricerca prevista dalla Food and Drug Administration negli Stati Uniti. La sequenza del Pfizer era in realtà già nota, per cui gli studiosi hanno potuto semplicemente verificare se il loro lavoro era giusto, ma quella del vaccino Moderna non era stata ancora pubblicata. Nel loro post su Github, gli scienziati affermano che rivelare le sequenze è utile per aiutare i ricercatori a identificare rapidamente se una sequenza che stanno esaminando è di origine terapeutica o infettiva. Il professor Stuart Tarville, un immunologo dell’università di South Wales, interpellato dal Guardian, osserva che generalmente alle aziende farmaceutiche non piace che le loro “ricette” vengano rese note in questo modo, ma nel caso in questione si tratta soltanto delle sequenze: “Sarebbe l’equivalente di cucinare una complicata torta conoscendo gli ingredienti, ma senza le quantità e le istruzioni su come prepararla”.

Da corriere.it il 30 marzo 2021. Il premier Mario Draghi questa mattina si è vaccinato contro il Coronavirus. Il Presidente del Consiglio e la moglie, Maria Serenella Cappello, si sono sottoposti alla vaccinazione con AstraZeneca nell’hub della Stazione Termini di Roma. Sia il premier che la moglie hanno 73 anni, infatti è da poco iniziata la somministrazione del vaccino per la fascia dei settantenni come previsto dal calendario della campagna vaccinale, predisposto dalla Regione Lazio.

(ANSA il 30 marzo 2021) - Il presidente del consiglio Mario Draghi e la moglie Maria Serenella Cappello si sono sottoposti questa mattina alla vaccinazione anti-covid nell'hub della stazione Termini, a Roma, come previsto dal calendario della campagna vaccinale predisposto dalla Regione Lazio. Lo si appredne da fonti di Palazzo Chigi, secondo le quali il premier si è vaccinato con Astrazeneca.

Da adnkronos.com il 30 marzo 2021. Il vaccino covid AstraZeneca cambia nome: ora si chiama Vaxzevria. Lo riferiscono i media stranieri sulla base dei dati dell'Agenzia europea per i medicinali. Il cambio di nome in Vaxzevria è stato approvato proprio dall'Ema il 25 marzo, a seguito di una richiesta dell'azienda farmaceutica britannico-svedese. In precedenza era semplicemente chiamato "Vaccino COVID-19 AstraZeneca". Il vaccino rimane invariato, ma le informazioni sul prodotto, l'etichettatura e la confezione potrebbero presentare un aspetto diverso. Sul sito dell'Ema è stato anche pubblicato il nuovo bugiardino aggiornato con i possibili e rari casi di eventi avversi tromboembolici.

Il premier Draghi in attesa della sua dose di vaccino AstraZeneca sembra un cittadino tra i tanti. Ma non è così: lui ha sulle spalle il destino di 60 milioni di italiani. Davide Varì su Il Dubbio il 30 marzo 2021. L’istantanea del giorno arriva dall’hub vaccinale della stazione Termini di Roma dove il presidente del Consiglio Draghi e consorte attendono la loro dose di vaccino AstraZeneca quasi fossero la coppia più normale e anonima del mondo. È  un déjà vu: la foto del premier arriva qualche settimana dopo la posa composta del capo dello Stato, anche lui in fila allo Spallanzani e anche lui in attesa della sua dose di vaccino. Naturalmente si tratta di due scatti non casuali e studiati fin nel minimo dettaglio dai comunicatori di palazzo Chigi e Quirinale. E cosa vogliono dire quelle due istantanee? Vogliono comunicare la normalità del potere, la rinuncia a ogni privilegio, la prossimità del Palazzo che scende tra la “gente” per vivere fianco a fianco la durissima battaglia contro la pandemia. Ma è proprio così che deve andare? Davvero il capo del governo della sesta o settima potenza del mondo può essere considerato un italiano tra i tanti? Davvero ha gli stessi oneri di qualunque altra persona: di chi scrive tanto per dirne una? O non è piuttosto, quella foto di Draghi in fila, un segno del cedimento al populismo? È chiaro a tutti infatti che Draghi non è un cittadino come gli altri e la tutela della sua salute, al momento, è più importante di quella di chiunque altro. Mario Draghi ha nelle sue mani il destino di 60 milioni di italiani e le sorti di un paese investito da una crisi sanitaria senza precedenti e dalla crisi economica più grave dal dopoguerra. Quella foto ha davvero poco a che vedere con la democrazia e l’uguaglianza. Quella foto è il frutto avvelenato dell’uno vale uno con cui in questi anni ci hanno riempito la testa.

AstraZeneca ora ha un nuovo nome. E spunta il nuovo bugiardino aggiornato. AstraZeneca cambia nome: adesso si chiama Vaxzevria. Lo riporta il sito dell'Ema ed il nuovo foglietto illustrativo. "Dare un nome ad un farmaco nuovo è una consuetudine", fanno sapere dall'azienda. Alessandro Ferro - Mar, 30/03/2021 - su Il Giornale. Il vaccino anti-Covid di AstraZeneca ha cambiato nome: adesso si chiama Vaxzevria, così come riportato dal sito dell'Ema, l'Agenzia europea per il Farmaco. Il cambio di nome è stato approvato il 26 marzo (vedi il link) a seguito di una richiesta dell'azienda farmaceutica anglo-svedese. In precedenza veniva semplicemente chiamato "Vaccino Covid-19 AstraZeneca" o "ChAdOx1-S", nome tecnico. Il composto è sempre lo stesso ma cambiano le informazioni riportate sul foglietto illustrativo, l'etichettatura e la confezione che potrebbero presentare un aspetto diverso. Abbiamo allegato al pezzo il nuovo bugiardino aggiornato con i possibili e rari casi di eventi avversi tromboembolici.

Il perché del cambio di nome. "Dare un nome ad un farmaco nuovo è una consuetudine. Ed è un processo che avviene in maniera separata dall'approvazione normativa e regolatoria del farmaco stesso". Così all'Agi fonti vicine all'azienda in merito alla notizia del cambio di denominazione del vaccino anti-Covid. "La sigla 'Covid-19 AstraZeneca vaccine', non era il nome del farmaco. Ora ha un nome che come prassi è stato registrato: Vaxzevria". Che si chiami in un modo o nell'altro cambia poco, la cosa più importante è l'aggiornamento del foglietto illustrativo. "È stata osservata molto raramente una combinazione di trombosi e trombocitopenia, in alcuni casi accompagnata da sanguinamento, in seguito alla vaccinazione con Vaxzevria. Ciò include casi severi che si presentano come trombosi venosa, inclusi siti insoliti come trombosi del seno venoso cerebrale, trombosi della vena mesenterica e trombosi arteriosa, concomitante con trombocitopenia", si legge sulle nuove indicazioni del farmaco.

Trombocitopenia e disturbi della coagulazione. "La maggior parte di questi casi si è verificata entro i primi sette-quattordici giorni successivi alla vaccinazione ed in donne di età inferiore a 55 anni. Tuttavia ciò potrebbe riflettere l'aumento dell'uso del vaccino in questa popolazione. Alcuni casi hanno avuto esito fatale. Gli operatori sanitari devono prestare attenzione ai segni e ai sintomi di tromboembolia e/o trombocitopenia. I soggetti vaccinati devono essere istruiti a consultare immediatamente un medico se sviluppano sintomi quali respiro affannoso, dolore toracico, gonfiore alle gambe, dolore addominale persistente dopo la vaccinazione. Inoltre, chiunque manifesti sintomi neurologici tra cui cefalea severa o persistente o visione offuscata dopo la vaccinazione oppure ecchimosi (petecchie) in una sede diversa da quella della vaccinazione dopo alcuni giorni, deve consultare immediatamente un medico", riporta il capitoletto dedicato contenuto nel nuovo foglietto illustrativo.

Nuove sospensioni in Germania. Questa novità avviene, forse, per mettere una pezza alla vita travagliata di questo vaccino anti-Covid dalla sua nascita fino alla giornata di ieri, quando la Germania ne ha sospeso la somministrazione alle donne Under 60 per gli eventi avversi di trombosi che, in alcuni casi, potrebbero aver avuto una correlazione diretta (ancora non provata). È notizia delle ultime ore, però, che anche nel Land di Brandeburgo, oltre a Berlino e Monaco, è stata sospesa temporaneamente la somministrazione di AstraZeneca per le persone al di sotto di 60 anni a seguito di nuove segnalazioni di trombi sanguigni insoliti in pazienti recentemente vaccinati. La decisione è stata presa in via precauzionale in attesa di una riunione dei rappresentanti dei 16 Laender sulla questione. Al termine della riunione è attesa una conferenza stampa della cancelliera tedesca, Angela Merkel, e del ministro tedesco della Salute, Jens Spahn. Ieri, anche il Canada aveva sospeso l'uso del vaccino AstraZeneca per gli Under 55, citando i nuovi dati preoccupanti provenienti dall'Europa.

La città di Berlino ferma AstraZeneca per tutti under 60. (ANSA il 30 marzo 2021) La città di Berlino ha fermato le vaccinazioni non solo per le donne ma anche per gli uomini under 60. Lo riporta Dpa. Anche il Land del Brandeburgo, che circonda la capitale tedesca, ha preso la stessa decisione, come ha reso noto il portavoce della Salute del Land tedesco. Intanto per stasera alle 18 è prevista una nuova conferenza dei ministri della Salute dei 16 Laender per discutere delle imminenti decisioni su AstraZeneca alla quale interverrà il ministro della Salute Jens Spahn.

Dalla Germania altra grana per AstraZeneca: "Sospeso per le donne giovani". Alcune cliniche avrebbero sospeso le somministrazioni del siero in donne under 55. Valentina Dardari - Mar, 30/03/2021 - su Inside Over il 30 marzo 2021. Non c’è pace in Germania per il vaccino prodotto da AstraZeneca. Il Land di Berlino ha sospeso in via del tutto precauzionale l'uso del vaccino di AstraZeneca contro il coronavirus per le persone al di sotto dei 60 anni di età. A dare la notizia sono state le stesse autorità locali. Secondo quanto scritto dal quotidiano tedesco Tagesspiegel, alcune cliniche berlinesi, ancora più restrittive, avrebbero sospeso l’inoculazione del vaccino dell’azienda anglo-svedese nelle donne che hanno meno di 55 anni. Il quotidiano ha inoltre affermato di aver avuto la conferma della notizia divulgata proprio dal principale ospedale della Capitale tedesca, la Charietè, e dal gruppo ospedaliero Vivantes. In queste strutture ospedaliere nelle settimane scorse erano stati vaccinati migliaia di collaboratori.

Ancora dubbi sul vaccino AstraZeneca. Dato che, nella maggior parte dei casi si tratta di donne, come spiegato dal quotidiano berlinese, una sospensione delle vaccinazioni potrebbe essere di un certo peso. Come riportato nell’articolo tedesco, sulle circa 19mila persone che lavorano alla Charitè, sono 17mila quelle impiegate nel Gruppo Vivantes, che oltre alle cliniche gestisce anche case di cura. Di queste, ben i due terzi avrebbero già ottenuto il vaccino, e a circa il 70% di queste sarebbe stata proprio somministrata la prima dose del vaccino AstraZeneca. Infatti, secondo le informazioni di Tagesspiegel, due terzi dei dipendenti della Charité sono vaccinati, il 70% dei quali con l'agente Astrazeneca. Dall'inizio dell'anno alla Charité e alle cliniche Vivantes, infermieri e medici dei reparti Covid-19 sono stati vaccinati per la prima volta con l'agente Biontech. Nelle scorse settimane il personale degli altri reparti, e da ultimo anche quello esterno al paziente, è stato vaccinato con Astrazeneca. Nelle prossime settimane, i singoli pazienti e anche gli studenti della Charité dovrebbero ricevere Astrazeneca. Ancora non è però del tutto chiaro se a questi soggetti verrà poi fatta la seconda inoculazione.

Morta di trombosi una donna di 47 anni. Sempre secondo quanto reso noto dal quotidiano Tagesspiegel, anche in altre strutture ospedaliere si starebbe pensando se continuare le vaccinazioni con il siero prodotto dall’azienda anglo-svedese o bloccare. C’è da dire che le attuali scorte di BioNTech/Pfizer e di Moderna sono di molto inferiori e nascerebbe qualche problema. Si erano riaccesi i riflettori sul vaccino in seguito a due casi di trombosi, di cui uno un decesso, verificatisi in Nord-Reno Vestfalia avvenuti dopo la vaccinazione. A morire è stata una donna di 47 anni. La paziente aveva sviluppato una trombosi della vena sinusale nel cervello pochi giorni dopo aver ricevuto la prima inoculazione. Anche un altro residente ha sviluppato una trombosi dopo la vaccinazione ed è attualmente in cura. Sui casi sono ora in corso le dovute valutazioni per cercare di capire se vi possa essere una correlazione con il vaccino.

Le autorità sospendono il vaccino agli under 60. Il Land di Berlino ha sospeso in via precauzionale l'uso del vaccino di AstraZeneca contro il coronavirus per le persone al di sotto dei 60 anni di età. A riferirlo sono state le autorità locali. La senatrice della Spd Dilek Kalayci, responsabile della sanità di Berlino, ha spiegato che la decisione è stata presa come precauzione in vista di una riunione di rappresentanti di tutti e 16 i Laender, dopo che l'ente regolatore medico ha annunciato 31 casi di trombi sanguigni rari in persone che avevano ricevuto di recente le dosi. Nove di queste sono decedute.

Da adnkronos.com il 3 aprile 2021. AstraZeneca, sette casi di persone morte per trombosi dopo che più di 18 milioni di britannici hanno ricevuto almeno una dose del vaccino anglosvedese. Lo ha reso noto l'ente regolatore britannico, precisando che non vi sono prove di un nesso causale fra il vaccino e il decesso. "I benefici nel prevenire l'infezione da covid-19 e le sue complicazioni continuano a superare i rischi e il pubblico deve continuare a vaccinarsi", ha detto alla Bbc June Raine, capo esecutivo della Medicines and healthcare regulatory agency (Mhra). L'Mhra aveva già fatto sapere di aver riscontrato 30 casi di rare trombosi fra le 18,1 milioni di persone che hanno ricevuto una dose di AstraZeneca in Gran Bretagna. I dati, aggiornati al 24 marzo, parlando di 22 casi di trombosi cerebrale dei seni venosi e otto altri tipi di trombosi, per i quali non vi è certezza di un nesso causale col vaccino. Diversamente da altri paesi, la Gran Bretagna raccomanda il vaccino AstraZeneca per tutte le età. Nel paese più di 31 milioni di persone hanno ricevuto almeno una dose di vaccino, di cui 18,1 con AstraZeneca. La vaccinazione ha avuto un chiaro effetto sulla diffusione del coronavirus, la cui incidenza settimanale è scesa a 55 casi ogni 100mila abitanti.

Cristina Marrone per corriere.it il 3 aprile 2021. A tre giorni dalla sospensione della somministrazione del vaccino AstraZeneca negli under 60 in Germania per possibili effetti collaterali, legati a eventi trombotici rari, anche l’Olanda sospende temporaneamente la vaccinazione delle persone di età inferiore ai 60 anni. L’effetto indesiderato — va ripetuto, estremamente raro — si è verificato 7-10 giorni dopo la vaccinazione in donne di età compresa tra i 25 e il 65 anni: sono questi dati ad aver spinto il ministero della Salute olandese a muoversi in questa direzione, per precauzione.

I dati inglesi. Nelle stesse ore l’autorità di controllo dei medicinali del Regno Unito (Mhra, The Medicines and Healthcare products Regulatory Agency ) ha comunicato in un nuovo report di farmacosorveglianza dati aggiornati su casi di trombosi che potrebbero essere legati al vaccino AstraZeneca. (Anche in questo caso, va ricordato che al momento non ci sono legami causali accertati tra la vaccinazione e gli eventi trombotici, che però sono al momento sotto indagine). Sono stati segnalati 30 casi di eventi avversi riguardanti la coagulazione del sangue su oltre 18 milioni di somministrazioni del farmaco. Nel monitoraggio precedente, (quello su cui si sono basate le valutazioni dell’ Agenzia europea per i medicinali chiamata a una valutazione sul tema dopo le sospensioni di vari governi europei , Italia compresa) , l’Ente britannico aveva rilevato solo cinque casi su 11 milioni di somministrazioni. Con questi nuovi numeri il tasso di incidenti legati ai coaguli sale dunque a 1 su 600 mila, sottolineano gli esperti britannici. Nel dettaglio 22 segnalazioni riguardano casi di trombosi venosa cerebrale (CVST, trombosi della vena sinusale) e 8 eventi di trombosi in combinazione con un basso numero di piastrine (trombocitopenia). I casi riguarderebbero nella quasi totalità persone under 60 anche se il rapporto reso pubblico non specifica la classe di età. L’Agenzia britannica ha inoltre segnalato di non aver ricevuto alcuna segnalazione di questo genere dopo il vaccino Pfizer-BioNTech, l’altro utilizzato nel Regno Unito. L’Mhra ha tuttavia concluso che i benefici del vaccino continuano a superare i rischi. E anche l’Ema ha ribadito che a oggi non ci sono prove per suggerire l’esclusione di alcune fasce di età dalla somministrazione del farmaco anche se sta proseguendo le indagini sui casi di trombosi rare segnalate.

La scelta della Germania. I dubbi su effetti avversi legati a aventi trombotici, in particolare su persone di giovane età (quasi sempre donne) hanno fatto scattare misure precauzionali, in particolare in Germania dove già qualche giorno fa la commissione permanente per il vaccino tedesca (Stiko) ha raccomandato l’uso del vaccino AstraZeneca solo per cittadini sopra i 60 anni. La decisione del governo tedesco deriva fatto che in Germania sono stati segnalati 31 casi di trombosi, quasi tutte a livello cerebrale su 2,7 milioni di vaccinati, quasi tutti under 60. Si tratta di eventi avversi rari che in genere hanno una minore frequenza nella popolazione generale. La stessa commissione nella giornata di ieri ha suggerito con un documento ancora in bozza di somministrare la seconda dose con un vaccino a mRNA agli under 60 che hanno già ricevuto la prima dose di AstraZeneca. La decisione potrebbe interessare 2,2 milioni di tedeschi, tra i quali solo duemila hanno ricevuto la seconda dose). Altri Paesi hanno scelto limitazioni di età: in Svezia può essere somministrato a chi ha più di 65 anni, in Francia dai 55 anni in su.

Calcolo rischio-benefici per classe di età. «Quello che emerge è che le persone che sviluppano il problema trombotico che sarebbe associato al vaccino AstraZeneca hanno un’età tale che probabilmente non morirebbero se si ammalassero di Covid-19 mentre la metà degli eventi trombotici legati a un basso livello di piastrine è fatale» riflette l’immunologo Sergio Abrignani, docente di Patologia generale all’Università degli Studi di Milano. «Mentre negli over 55 il beneficio del vaccino è enormemente superiore al rischio di trombosi, nella popolazione più giovane il dato merita una riflessione in più sul rapporto rischi-benefici. Dal momento che abbiamo a disposizione vaccini diversi, sotto i 60 anni, in attesa di ulteriori approfondimenti , potrebbe essere opportuno valutare la possibilità di procedere con vaccini a mRNA».

Mix di vaccini. L’ipotesi tedesca del mix di vaccini non viene bocciata a priori ma servono trial in fase 3 che ancora non ci sono. Secondo Sergio Abrignani «è una cosa che ha senso, perché immunologicamente può funzionare. Sono certo che usare dopo la prima dose con AstraZeneca uno degli altri due vaccini a Rna approvati in Europa per la seconda dose funzionerà perché si induce una forte risposta immunitaria».

Usa bloccano produzione vaccino AstraZeneca: “Non ne abbiamo bisogno”. Giorgia basciu su Notizie.it il 4 aprile 2021. Gli Usa hanno deciso di bloccare la produzione di AstraZeneca. Secondo Fauci, gli Stati Uniti non avrebbero necessità di questo vaccino. Bloccata la produzione negli Stati Uniti del vaccino Astrazenca. Secondo quanto dichiarato da Fauci, il governo statunitense non avrebbe bisogno di attingere al vaccino anglo-svedese, ma sarebbe in grado di soddisfare il fabbisogno interno con i vaccini di propria produzione. Il governo americano ha deciso di bloccare la produzione del vaccino AstraZeneca, prodotto nello stabilimento di Baltimora, lo stesso dove sono andate perdute le 15 milioni di dosi del vaccino Johnson & Johnson. Fiale, lo ricordiamo, che non avevano superato il controllo qualità, e causa il sospetto deterioramento, erano state bloccate. Ecco quindi arrivare, anche per AstraZeneca, lo stop alla produzione. Come riporta il NYT però, la produzione sarebbe stata bloccata, in quanto, come dichiarato da un alto funzionario sanitario federale: –“Gli Stati Uniti potrebbero non aver bisogno di Astrazeneca, anche se dovesse ottenere l’approvazione per l’immissione in commercio”. Da quanto si apprende quindi, mentre per il vaccino della Johnson & Johnson, la produzione continuerà nell’impianto della Emergent Biosolutions, per AstraZeneca non sembra prospettarsi questa soluzione, ma solamente il blocco alla produzione. Linea che sembrerebbe trovare una conferma anche nelle parole di Anthony Fauci: -“La mia sensazione generale è che, visti i rapporti contrattuali che abbiamo con un certo numero di aziende, abbiamo abbastanza vaccini per soddisfare tutte le nostre esigenze senza utilizzare AstraZeneca“. Lo stesso Fauci, nei giorni scorsi era salito sulle barricate, ponendo in dubbio i risultati sull’efficacia del vaccino AstraZeneca che la stessa azienda aveva presentato, dichiarando che fossero datati. Polemica che alla fine si è risolta in un nulla di fatto, visto che l’azienda anglo-svedese ha poi provveduto a presentare i dati aggiornati  dimostrando, non solo che il vaccino sia efficace, ma che la sua copetura sia miglirore rispetto ai dati precedenti anche nella fascia di età over 65.

Vaccini Covid, perché ai francesi non piace Moderna. La Repubblica il 6 aprile 2021. Centinaia di dosi inutilizzate e le rassicurazioni dei medici non bastano. L'ipotesi della confusione tra il vaccino americano e quello Astra Zeneca. Dopo AstraZeneca, un altro vaccino diventa vittima della diffidenza dei francesi, l'americano Moderna. Anzi sembra che proprio i problemi legati ad AstraZeneca abbiano fatto del vaccino Moderna una “vittima collaterale”. La spiegazione di quanto sta avvenendo, soprattutto tra gli abitanti della regione di Parigi in Francia, è di Frederic Adnet, medico dell’ospedale Avicenne che si è visto allungare la lista delle persone che hanno rifiutato il vaccino. “La gente confonde AstraZeneca e Moderna. Spiegare non serve, ripetiamo a tutti che Moderna è la stessa cosa di Pfizer, funzionano con lo stesso principio, gli RNA sono un pò diversi, ma a livello degli effetti collaterali e dell’efficacia sono esattamente la stessa cosa”, ha spiegato Adnet. La situazione è delicata. I responsabili del più grande 'vaccinodromo' di Francia, che accoglierà 10.000 pazienti a settimana, si trovano davanti a un clamoroso squilibrio fra le scelte degli abitanti della regione di Parigi: fra i 6.700 appuntamenti già presi on line per questa settimana, la quasi totalità ha dichiarato di voler essere vaccinata con il Pfizer/BioNTech, mentre centinaia di appuntamenti restano ancora disponibili per il vaccino Moderna, che utilizza l'identica tecnica a mRNA messaggero di Pfizer ed è dichiarato efficace al 90% con buona protezione contro le varianti. E' difficile comunque per gli esperti capire - dopo la reticenza per AstraZeneca in seguito ai rari casi di trombosi verificati - quella per Moderna: "Non riusciamo a spiegare questa scarsa popolarità di Moderna - dice a Le Parisien Katy Bontinck, assessore alla Sanità della Seine-Saint-Denis, il dipartimento dello Stade de France - forse perché finora è stato meno utilizzato in Francia ed è quindi meno noto". Rimane l'ipotesi del dottor Adnet, responsabile di uno dei centri di vaccinazione della regione di Parigi: Moderna potrebbe solo essere proprio una vittima di un equivoco che lo associa ad AstraZeneca. "I nomi si assomigliano - azzarda - la gente li confonde". E mentre si cerca di fare chiarezza, le terapie intensive in  Francia sono al collasso e tutto il paese conta circa 50 mila contagi al giorno.

Claudia Luise per "La Stampa" il 7 aprile 2021. Oltre la metà delle dosi disponibili di AstraZeneca è ancora in frigorifero. Succede in Piemonte, dove non sono ancora state usate 149 mila dosi, il 53% delle 282 mila ricevute finora, di cui 90.500 il sabato di Pasqua. Ma percentuali simili si riscontrano praticamente in tutte le regioni. In Italia, infatti, è stato somministrato solo il 54% delle dosi (2.218.038 su 4.098.800 consegnate). Il resto, secondo quanto si evince dal database del ministero della Salute, è in giacenza. Il motivo è riconducibile a una serie di concause che stanno portando a utilizzare molto di più le fiale di Pfizer. «Innanzitutto lo scetticismo continua a incidere e non poco», spiega Antonio Rinaudo, commissario dell'Area giuridico-amministrativa dell'Unità di Crisi della Regione Piemonte. E aggiunge: «Le rinunce sono tra il 15 e il 20%. I messaggi contrastanti che arrivano finiscono per aumentare i timori mentre bisogna far passare il concetto che non è un vaccino di serie B». A determinare un calo dell'uso del vaccino anglo-svedese all'inizio è stata anche la volontà di spingere l'acceleratore sugli over 80 e sulle categorie estremamente vulnerabili, che in un primo momento erano escluse da questo siero. Quindi succede che in Piemonte, considerata la capacità vaccinale quotidiana, si tende a dare precedenza a queste persone e a esaurire prima le scorte di Pfizer che a ieri erano appena del 14,6%. «Stiamo seguendo l'indicazione arrivata anche dal governo di procedere più speditamente con le categorie più fragili. Abbiamo sul nostro territorio un quarto degli over 80 piemontesi e stiamo raccogliendo dosi di Pfizer anche da altre Asl. Per questo la nostra capacità di vaccinazione con AstraZeneca è limitata», spiega il direttore generale dell' Asl Città di Torino, Carlo Picco. In tutta Italia Pfizer ha un tasso di somministrazione del 96% (8.375.625 su 8.709.480). Una terza questione, non meno importante, riguarda proprio i numeri delle persone coinvolte potenzialmente nell'inoculazione con AstraZeneca: forze dell'ordine, personale scolastico, over 70, caregiver e conviventi con persone estremamente vulnerabili. Ma queste ultime due categorie in Piemonte sono partite solo il 29 marzo mentre per le prime due la percentuale di vaccinati con la prima dose è già oltre l'80%. «Più teste ci sono da vaccinare, più dosi verranno usate», sintetizza Rinaudo. L'ultima questione è legata ai caregiver. In questo caso ci sono due problemi che bloccano: innanzitutto verificare che non ci siano abusi. E poi spesso, al momento del vaccino, si scopre che hanno patologie tali per cui non possono ricevere AstraZeneca e vengono rispediti a casa con l'indicazione di mettersi in coda per altri tipi di fiale. Ovviamente con AstraZeneca si parla appena di prima dose: la seconda è prevista solo tra tre mesi. Diverso, invece, l'approccio con Moderna. Sono state usate solo circa il 50% delle dosi (in Italia 658.403 su 1.328.200) perché l'altra metà serve per i richiami e le forniture risultano particolarmente ballerine. In totale nel nostro Paese su 14.136.480 dosi arrivate ne sono state somministrate 11.252.066, circa l'80%. Sulla base di questi dati ci sarebbero in frigorifero ancora da utilizzare oltre 2,8 milioni di dosi.

Francesca Basso per il "Corriere della Sera" il 7 aprile 2021. Il vaccino anti-Covid di AstraZeneca e le correlazioni con i rari casi di trombosi segnalati in vari Paesi, specie tra le donne più giovani, sono al centro delle ulteriori indagini che sta conducendo l' Ema: «La commissione della farmacovigilanza che valuta il rischio (Prac) non ha ancora raggiunto una conclusione. La revisione è in corso. Terremo una conferenza stampa non appena il lavoro sarà terminato, domani (cioè oggi, ndr ) o giovedì». Germania, Francia, Olanda, Svezia, Islanda, Finlandia e Canada hanno già deciso di limitare l' uso del vaccino alle persone anziane (in genere agli over 60). L' Agenzia europea per il farmaco ha fatto la precisazione dopo che Marco Cavaleri, responsabile della strategia sui vaccini di Ema, in un' intervista al Messaggero ha detto che «ora è sempre più difficile affermare che non vi sia un rapporto di causa ed effetto tra la vaccinazione con AstraZeneca e casi molto rari di coaguli di sangue insoliti associati a un basso numero di piastrine». «In sintesi: nelle prossime ore diremo che il collegamento c' è - ha spiegato - come questo avviene dobbiamo però ancora capirlo». Parole che hanno fatto scoppiare un caso. AstraZeneca ha annunciato una sospensione della sperimentazione in corso per la somministrazione del suo vaccino a bambini e adolescenti in attesa che l' ente regolatorio britannico (Mhra) verifichi il possibile legame con casi di trombosi negli adulti. Intanto l' Organizzazione mondiale della sanità ha fatto sapere che «al momento non ci sono legami tra trombosi e vaccino AstraZeneca»: «È importante ribadire che i benefici continuano a superare i rischi», ha detto Rogério Paulo Pinto de Sá Gaspar, direttore del dipartimento di regolamentazione e prequalificazione dell' Oms. E il premier britannico Boris Johnson ha invitato i suoi cittadini a continuare a vaccinarsi con AstraZeneca. L' aspettativa è che l' Ema possa decidere delle limitazioni d' uso per particolari categorie, valutando lo specifico rapporto rischio-beneficio ad esempio per le donne sotto i 55 anni e tra tutti gli under 60. Il sottosegretario alla Salute Pierpaolo Sileri ieri ha detto che «è possibile, per maggiore precauzione, che l' Ema indichi che per una determinata categoria è meglio non usare il vaccino di AstraZeneca»: l' Agenzia europea «può cioè individuare dei sottogruppi di popolazione che presentano un comun denominatore per un maggiore livello di rischio, e valutare il rapporto causa-effetto in tali gruppi». Cavaleri ha spiegato che il lavoro di valutazione è «lontano dall' essere concluso», «questa settimana inizieremo a dare delle definizioni preliminari, ma difficilmente arriveremo a indicare dei limiti di età come hanno fatto vari Paesi. Per la semplice ragione che noi siamo un' agenzia regolatoria e dobbiamo avere dati molto precisi sul rapporto rischio-benefici», mentre «le agenzie di salute pubblica che gestiscono le varie campagne di vaccinazione hanno diverse opzioni a disposizione».

Mauro Evangelisti per "il Messaggero" il 6 aprile 2021. Le verifiche di farmacosorveglianza su AstraZeneca procedono spedite e, rispetto alla settimana scorsa, ora Ema sta per compiere un passo in avanti. La settimana scorsa l' indicazione era più o meno questa: «Non è provato il rapporto di causa-effetto tra i casi di trombosi e la vaccinazione». In queste ore ci sarà un cambiamento: ulteriori approfondimenti fanno dire ad Ema (l' agenzia europea per il farmaco) che il nesso esiste, anche se non è chiaro quale sia il meccanismo. Visto che si continua a parlare di eventi molto rari, il rapporto rischi-benefici continua a essere favorevole all' uso del vaccino Covid: in Italia mediamente ogni giorno muoiono 400-500 persone per questa malattia e altre 200-300 finiscono in terapia intensiva. Alcuni paesi però - Germania in primis - hanno già deciso di riservare AstraZeneca solo agli over 60, perché c' è una costante nei casi di reazioni avverse gravi segnalati: riguardano di solito chi ha meno di cinquant' anni (ma ce ne sono anche tra i 50 e i 60) e all' 80 per cento sono donne. Anche il Regno Unito (che non dipende da Ema) tre giorni fa ha confermato di avere verificato 30 casi di coaguli del sangue, sempre però in una percentuale bassissima, visto che sono stati segnalati su un totale di 18 milioni di iniezioni. Secondo Channel 4 News, però, anche le autorità sanitarie britanniche ora stanno pensando di introdurre dei limiti di età, escludendo i più giovani dall' uso di AstraZeneca.

SCENARIO. In Germania, su un totale di 2,7 milioni di iniezioni, il Paul-Herlich-Istitute segnala «31 casi di trombosi della vena sinusale dopo la vaccinazione con il vaccino Covid-19 di AstraZeneca; in 19 è stata segnalata anche trombocitopenia; il risultato è stato fatale in 9; ad eccezione di due casi, tutte le segnalazioni riguardavano donne di età compresa tra 20 e 63 anni. I due uomini avevano 36 e 57 anni». Ieri a Messina un avvocato di 45 anni è stato ricoverato in gravissime condizioni, per una trombosi: qualche settimana fa era stato vaccinato con AstraZeneca. La procura ha aperto un fascicolo, ovviamente ad oggi non si può dire che il ricovero sia legato alla vaccinazione, resta da capire come mai in Sicilia vi siano molte più segnalazioni di questo tipo che nel resto d' Italia. Già la settimana scorsa il Prac (comitato per la sicurezza) di Ema aveva spiegato che stava proseguendo la «revisione in corso di casi molto rari di coaguli di sangue insoliti associati a un basso numero di piastrine». Ed era stato annunciato: «Sulla base di tutti i dati attualmente disponibili il comitato di farmacovigilanza dell' Agenzia europea del farmaco Ema, il Prac, dovrebbe emettere una raccomandazione aggiornata sul vaccino anti-Covid di AstraZeneca durante la sua riunione plenaria di aprile, in programma dal 6 al 9». Dunque, già oggi gli scienziati si rivedranno per decidere come stilare «una raccomandazione aggiornata», in seguito a una valutazione dei dati e al contributo di «esperti esterni indipendenti con una gamma di specialità mediche, inclusi ematologi, neurologi ed epidemiologi». APPROFONDIMENTO. Secondo quanto spiegato da Emer Cooke, direttore di Ema, «gli esperti non sono riusciti ad identificare fattori specifici di rischio, inclusi età, genere o un passato di precedenti di disordini della coagulazione, per questi eventi molto rari». Ma se una settimana fa la conclusione di Ema, anzi di questo comitato che chiama Prac (Pharmacovigilance Risk Assessment Committee) era stata prudente («un nesso causale con il vaccino anti-Covid di AstraZeneca, per i casi di trombosi rare segnalati dopo la somministrazione, non è dimostrato»), nelle prossime ore l' aggiornamento delle raccomandazioni andrà oltre e chiarirà che c' è un rapporto causa-effetto. Per quanto questi casi siano rari, bisognerà comprendere se sono riconducibili al prodotto AstraZeneca o alla tipologia dei vaccini a vettore virale (Pfizer e Moderna non lo sono, Johnson & Johnson sì).

Paolo Russo per "la Stampa" il 7 aprile 2021. Non c' è pace per il vaccino di AstraZeneca, che a breve potrebbe essere vietato agli under 55 o a chi è sotto i 60 anni anche in Italia, seguendo l' esempio di Germania, Canada, Norvegia, Olanda e Danimarca che hanno deciso di utilizzarlo solo dalla sessantina in su o addirittura di sospenderlo. La decisione dell' Aifa, la nostra Agenzia del farmaco, arriverà subito dopo il pronunciamento dell' Ema, l' omologa europea, che già oggi potrebbe sovvertire il parere espresso poco tempo fa dicendo che sì, c' è un nesso causale tra il ribattezzato «Vaxzevria» e le rare trombosi cerebrali dei seni venosi rilevate in Europa negli ultimi due mesi. L' Ema probabilmente non arriverà a porre limiti di età per l' utilizzo del siero anglo-svedese. Questo perché, come ci spiega una fonte autorevole di Amsterdam, «serviranno più tempo e studi più approfonditi per capire in che misura il rapporto rischio-beneficio per determinate fasce di età resta a vantaggio del vaccino». E poi l' Ema considererà il fatto che AstraZeneca ha poche alternative nei Paesi dell' Est, che hanno optato massicciamente sul ben più economico ritrovato di Oxford. Ma del fatto che ci sia una connessione tra questo vaccino, le trombosi cerebrali e alcuni tipi di eventi emorragici, gli esperti riuniti ad Amsterdam ne sono oramai convinti. E stanno esaminando uno studio tedesco secondo il quale in alcuni rari casi il vaccino darebbe luogo a una risposta immunitaria che va a ridurre le piastrine nel sangue, generando quei rari eventi avversi segnalati da diversi Paesi. Sappiamo poi che i casi si sono verificati quasi esclusivamente nella popolazione sotto i 55 anni e che l' 80% ha colpito le donne. E gli esperti dell' Ema sospettano che potrebbe esserci una predisposizione genetica, anche se serviranno studi più approfonditi per accertarlo. L' incidenza dei casi sul numero di vaccinati resta bassissima, sicuramente di gran lunga inferiore alle morti provocate dal virus nella popolazione anziana. Ma i 31 eventi trombotici segnalati in Germania pur su 2,7 milioni di vaccinati hanno destato allarme perché si sono verificati in soli due mesi, con un' incidenza superiore a quella di 3 casi l' anno su 100 mila persone che si riscontrano nella popolazione generale. In Gran Bretagna, dopo averli contati sulle dita di una mano ora si è arrivati a 30 casi e il numero sale rapidamente. Segno che forse prima non erano stati segnalati dal sistema di sorveglianza. Su cosa scateni questo attacco alle piastrine del sangue per ora non ci sono certezze, ma gli esperti dell' Ema iniziano a sospettare che la causa potrebbe essere proprio nel vettore, l' adenovirus che trasporta la proteina spike, che a sua volta genera la risposta immunitaria. E se così fosse la campagna vaccinale potrebbe subire un altro colpo, questa volta ferale, perché lo stesso meccanismo, anche se con adenovirus umani e non dello scimpanzè, è adottato dal vaccino targato Johnson & Johnson e anche da quello tutto made in Italy di Reithera in fase sperimentale. In attesa di un segnale, da Amsterdam a Roma si intensificano i colloqui tra l' Aifa e il Ministero della Salute, dove prende sempre più piede l' idea di limitare la somministrazione di AstraZeneca agli over 55-60, visto che tra la popolazione anziana il vaccino ha dimostrato di funzionare senza scatenare eventi trombotici. L' orientamento per il richiamo è di non cambiare vaccino, come ha fatto invece la Germania. Questo perché non ci sono evidenze che la risposta immunitaria poi perduri nel tempo. Certo, il nuovo stop al vaccino anglo-svedese costringerebbe le Regioni a sconvolgere ancora una volta la loro agenda delle prenotazioni. Ma non è questo a preoccupare il ministro Speranza e i suoi, perché per immunizzare i più giovani le dosi di Moderna e Pfizer ci sono. E di quest' ultima il Commissario per l' emergenza, il generale Paolo Francesco Figliuolo, ha annunciato proprio per oggi la consegna di un milione e mezzo di dosi. Il problema semmai è l' effetto che l' ennesima giravolta potrà avere tra la popolazione, dove la diffidenza nei confronti di «Vaxzevria» sembra montare. A ieri il 46% delle dosi di AstraZeneca risultava riposare in frigo in attesa di braccia pronte ad accogliere il siero. Certo, anche Moderna ha il 50% di dosi ancora non utilizzate e il sospetto che la fuga dal ritrovato di Oxford sia iniziata c' è, come testimoniano le centinaia di richieste a Napoli di cambio vaccino, il 20-30% di prenotati che non si è presentato all' hub di Cagliari o l' assalto a Roma alle prenotazioni in quei centri vaccinali dove si sa che di dosi con il marchio AstraZeneca ce ne sono poche o nulla.

EMA, LEGAMI TRA ASTRAZENECA E TROMBOSI RARE. (ANSA il 7 aprile 2021) 

"Gli eventi rari" di trombosi cerebrale "sono effetti collaterali molto rari" del vaccino di AstraZeneca. Lo riferisce l'Ema in una nota.

"I benefici" del vaccino AstraZeneca "superano i rischi". Lo ribadisce l'Ema in una nota al termine della sua valutazione. "L'Ema ricorda agli operatori sanitari e alle persone che ricevono il vaccino di rimanere consapevoli della possibilità che casi molto rari di coaguli di sangue combinati con bassi livelli di piastrine nel sangue si verifichino entro 2 settimane dalla vaccinazione", scrive l'Agenzia europea nella nota. "Finora, la maggior parte dei casi segnalati si è verificata in donne di età inferiore a 60 anni entro 2 settimane dalla vaccinazione. Sulla base delle prove attualmente disponibili, i fattori di rischio specifici non sono stati confermati".

"Le persone che hanno ricevuto il vaccino devono cercare immediatamente assistenza medica se sviluppano sintomi di combinazione di coaguli di sangue e piastrine basse". Lo scrive l'Ema in una nota sottolineando che "il PRAC ha osservato che i coaguli di sangue si sono verificati nelle vene del cervello (trombosi del seno venoso cerebrale, CVST) e dell'addome (trombosi della vena splancnica) e nelle arterie, insieme a bassi livelli di piastrine e talvolta sanguinamento".

"Non è stato mostrato un nesso con l'età" tra gli eventi rari di trobosi ed il vaccino di AstraZeneca. Così la direttrice dell'Ema, Emer Cooke. (ANSA).

Il Comitato per la sicurezza dell'Ema (PRAC) ha effettuato un'analisi approfondita di 62 casi di trombosi del seno venoso cerebrale e 24 casi di trombosi venosa dell'addome riportati nel database sulla sicurezza dei farmaci dell'Ue (EudraVigilance) al 22 marzo 2021, 18 dei quali fatali. Lo riporta l'Ema in una nota sul vaccino AstraZeneca, sottolineando che "i casi provenivano principalmente da sistemi di segnalazione spontanea dell'AEA e del Regno Unito, dove circa 25 milioni di persone avevano ricevuto il vaccino". (ANSA).

"Non ci sono rischi generalizzati nella somministrazione del vaccino, quindi non abbiamo ritenuto necessario raccomandare misure specifiche per ridurre il rischio". Così i responsabili dell'Ema in conferenza stampa.

"Non ci sono rischi generalizzati nella somministrazione del vaccino, quindi non abbiamo ritenuto necessario raccomandare misure specifiche per ridurre il rischio". Così i responsabili dell'Ema in conferenza stampa.

"Una spiegazione plausibile per i rari eventi collaterali" verificatisi dopo la somministrazione di AstraZeneca "è una risposta immunitaria al vaccino che porta a una condizione simile a quella osservata a volte nei pazienti trattati con eparina, definita trombocitopenia indotta dall'eparina". Lo ha detto la direttrice dell'Ema, Emer Cooke, parlando in conferenza stampa. (ANSA).

"Le informazioni" del bugiardino del vaccino di AstraZeneca saranno aggiornate e saranno diffusi "avvisi". Lo ha detto Sabine Straus della commissione per la valutazione del rischio dell'Ema. (ANSA). 

Mattia Feltri per "la Stampa" il 7 aprile 2021. Effetti collaterali di un farmaco senza ricetta che talvolta prendo per il mal di schiena. Fino a un caso su dieci: mal di testa, vertigini, capogiri, nausea, vomito, diarrea, dispepsia, dolori addominali, aumento transaminasi, eruzione cutanea. Fino a un caso su cento: palpitazioni, dolori al torace, insufficienza cardiaca, infarto. Fino a un caso su mille: reazioni allergiche gravi, ipotensione, collasso, sonnolenza, asma, gastrite, sanguinamento di stomaco e intestino, vomito con sangue, ulcera dello stomaco e dell' intestino con perforazione, sangue nelle feci, epatite, colorazione gialla di pelle e mucose, ittero, disturbi del fegato, orticaria, edema. Fino a un caso su diecimila: basso numero di piastrine, riduzione dei leucociti, riduzione dei globuli rossi, anemia emolitica e aplastica, sangue nelle urine, reazione a pelle e mucose, disorientamento, depressione, insonnia, incubi, gravi alterazioni mentali, reazioni psicotiche, alterazioni della memoria, convulsioni, ansia, alterazione della membrana del cervello, ictus, fischio all' orecchio, perdita dell' udito, aumento pressione sanguigna, infiammazione dei vasi sanguigni, polmonite, infiammazione del colon, colite, stomatite, stomatite con ulcere, restringimento dell' intestino, glossite, pancreatite, epatite fulminante, necrosi del fegato, compromissione delle funzioni del fegato, reazioni della pelle da lievi a fatali, necrolisi tossica, insufficienza renale acuta, nefrite interstiziale, necrosi renale. (Casi di trombosi nel Regno Unito dopo il vaccino Astrazeneca, uno su trecentomila; casi mortali, uno su due milioni e mezzo).

Antonio Grizzuti per "La Verità" il 7 aprile 2021. Ormai da quasi un mese il vaccino Astrazeneca è nell'occhio del ciclone per il possibile nesso tra la somministrazione e l'insorgere di alcune gravi reazioni avverse. Lo «stop and go» imposto a marzo al siero britannico-svedese ha inevitabilmente causato effetti nefasti sia sulla tabella di marcia della campagna di immunizzazione, sia in termini di incremento dell'esitazione vaccinale. Tanto che nel corso delle ultime settimane, complice il clima di terrore amplificato dai media, le defezioni dei convocati per l'inoculo del preparato Astrazeneca si sono moltiplicate. Probabilmente i lettori di queste pagine avranno poco di cui stupirsi, dal momento che La Verità ha trattato fin dall'inizio della campagna vaccinale il tema delle reazioni avverse. Quella che stiamo attraversando, in realtà, era una fase ampiamente prevista. Come scriveva lo scorso dicembre la Food and drug administration in occasione del via libera al siero realizzato da Pfizer e Biontech, «l'utilizzo su larga scala potrebbe rivelare ulteriori reazioni avverse, potenzialmente meno frequenti e/o più gravi, inizialmente non riscontrate nella fase di sperimentazione». Tradotto in altri termini, ampliando il pubblico dei vaccinati dalle poche decine di migliaia di partecipanti ai trial clinici, alle numerose decine di milioni dell'immunizzazione «a tappeto», l'insorgenza di nuovi effetti collaterali rappresenta un avvenimento pressoché scontato. Non per niente, l'ente regolatore americano già allora consigliava caldamente di tenere alta la guardia a seguito dell'autorizzazione, al fine di mettere in luce nuove allerte riguardo alla sicurezza. Se tutti i vaccini contro il Covid causano reazioni avverse, viene dunque spontaneo chiedersi se l'attenzione riservata negli ultimi mesi nei confronti di Astrazeneca possa essere giustificata solo da una maggiore frequenza degli effetti collaterali. Oppure se il dito puntato contro il farmaco di Oxford si inserisca in una cornice geopolitica complessa, all'interno della quale contano non solo gli effetti della Brexit, ma anche delle recenti elezioni presidenziali americane e del rimodellamento degli equilibri tra Washington, Mosca, Pechino e Bruxelles. Quantificare la sicurezza di un vaccino non è affatto affare semplice, e naturalmente va sempre tenuto conto del rapporto tra i rischi legati dalla somministrazione e i benefici legati all'aver evitato la malattia (o quantomeno i sintomi). Senza la pretesa di fornire risposte esaustive, ci siamo serviti a questo scopo della «Banca dati europea delle segnalazioni di sospette reazioni avverse ai farmaci», alimentata dalle segnalazioni degli operatori sanitari e dei cittadini dei 27 Paesi dell'Unione europea (più Liechtenstein e Islanda) e messa a disposizione di tutti dall'Agenzia europea del farmaco. Sempre tenendo a mente alcuni importanti caveat, tra i quali il fatto che l'insorgenza di un effetto collaterale non rappresenta necessariamente l'esistenza di un nesso causale con la somministrazione del vaccino, e l'avvertenza che le informazioni pubblicate dall'Ema riflettono le osservazioni e i pareri soggettivi del segnalatore. Passando ai numeri, effettivamente la prima evidenza che sembra emergere dalla lettura dei dati è una maggiore reattogenicità del vaccino Astrazeneca, con 133.310 reazioni individuali su 14,4 milioni di dosi somministrate (9,2 reazioni su 1.000 vaccinati), contro le 127.789 di Pfizer-Biontech (con 54,2 milioni di dosi somministrate e un rapporto di 2,4 su 1.000) e le 11.545 di Moderna (appena 4,4 milioni di dosi inoculate e un rapporto di 2,6 reazioni avverse ogni 1.000 vaccinati). Confermata l'insorgenza più elevata delle due reazioni avverse sotto accusa. Nel caso della trombocitopenia, Astrazeneca fa rilevare 14,2 casi ogni milione di dosi somministrate, ma anche Moderna non scherza con 8,2 reazioni su milione, mentre Pfizer rimane molto più indietro con 1,9 reazioni su milione. Anche nel caso della trombosi, il farmaco britannico-svedese primeggia con 23,9 reazioni ogni milione, seguita anche in questo caso da Moderna (10,4) e Pfizer (3,3). A conti fatti, il vaccino Moderna presenta dunque - in proporzione alle dosi somministrate - circa la metà dei casi di trombosi e trombocitopenia di Astrazeneca. Eppure, non sembra che intorno al siero americano ci sia tutto questo clamore. Probabilmente, il faro puntato su Astrazeneca dipende dai 22 decessi per trombosi (pari al 6,4% dei casi totali), contro la casellina vuota fatta segnare da Moderna e i 12 morti di Pfizer (comunque il 6,8% di tutte le trombosi post-vaccino). Spostando lo sguardo su altre tipologie di reazioni avverse, si scopre poi che Moderna detiene il primato delle paralisi facciali (45 su milione, contro le 17 di Astrazeneca e le 15 di Pfizer), delle reazioni anafilattiche (36 su milione, contro le 32 di Astrazeneca e 20 di Pfizer) e anche dell'infarto miocardico acuto (sei volte i casi a seguito dell'inoculo di Pfizer, e il doppio di Astrazeneca). Una giungla di numeri dalla quale risulta facile uscire confusi e che a maggior ragione ricorda come, al netto delle tensioni geopolitiche, la farmacosorveglianza debba riguardare indistintamente tutti i vaccini.

Il nuovo esame del siero anglo-svedese. Vaccino AstraZeneca, l’Ema smentisce la Germania: “Non ci sono rischi legati all’età”. Fabio Calcagni su Il Riformista il 31 Marzo 2021. Il vaccino di AstraZeneca, recentemente ribattezzato dall’azienda farmaceutica anglo-svedese Vaxzevria, resta sicuro e si conferma che i benefici del vaccino sono maggiori dei rischi. “La posizione non è cambiata” rispetto ai dati del 18 marzo scorso, ha sottolineato oggi in conferenza stampa Emer Cook, direttrice esecutiva dell’Ema, l’Agenzia europea dei medicinali. Gli esperti, ha dichiarato Cook, “non hanno identificato fattori di rischio specifici legati a età, genere” o condizioni mediche preesistenti che possano spingere a limitare l’uso del vaccino contro il Covid-19 di AstraZeneca per alcuni gruppi di persone, “non ci sono elementi che sostengano restrizioni all’uso del vaccino“. “Un nesso causale” tra il vaccino e disturbi della coagulazione “non è dimostrato”, ma è possibile e ulteriori analisi sono in corso”, spiega ancora dall’Ema...La direttrice esecutiva dell’Agenzia europea dei medicinali ha anche specificato che ad oggi “non c’è controindicazione al vaccino di AstraZeneca per le donne in gravidanza, ma consigliamo che consultino il proprio medico prima” di sottoporsi alle vaccinazioni. Gli ultimi dati, che ribadiscono la sicurezza del vaccino Vaxzevria, sono evidenti: nel corso della valutazione sono stati valutati 62 casi su un’esposizione totali pari a 9,2 milioni” di vaccinati, ha precisato infatti Emer Cook. Le nuove rassicurazioni dell’Ema arrivano il giorno dopo la decisione della Germania di nuove restrizioni e sospensioni del siero anglo-svedese. A Berlino e a Monaco di Baviera è stata sospesa la somministrazione del vaccino alle persone sotto i 60 anni, in attesa di chiarire se vi è un collegamento con 31 casi di trombosi, nove dei quali fatali. Tutti i casi sospetti, salvo due, riguardano donne tra i 20 e i 63 anni. In Canada invece è stato sospeso alle persone sotto i 55 anni, anche se nella popolazione non sono stati registrati casi di trombi. “C’è una sostanziale incertezza sui benefici di fornire il vaccino AstraZeneca agli adulti sotto i 55 anni dati i potenziali rischi”, ha spiegato Shelley Deeks, vice presidente della commissione.

PFIZER SICURO ANCHE SU ADOLESCENTI – Il vaccino anti-covid Pfizer-BioNTech è efficace e sicuro anche per gli adolescenti dai 12 ai 15 anni. A farlo sapere le stesse aziende Pfizer e BioNTech spiegando che i dati saranno sottoposti alla Food and Drug Administration (Fda), l’agenzia regolatoria per i farmaci negli Stati Uniti, nelle prossime settimane. I dati sono emersi da alcuni trial clinici condotti su circa 2-3000 giovani. Il vaccino, hanno spiegato, “è risultato efficace al 100% nel prevenire la malattia sintomatica, emerge dal trial, e ha innescato una risposta immunitaria anche più robusta di quella vista nei giovani adulti”. Al momento il siero Pfizer è stato autorizzato per l’uso di emergenza a partire dai 16 anni in su. Il preparato è stato il primo a essere approvato sia negli Stati Uniti che in Unione Europea, e quindi dall’Agenzia del Farmaco Italiana. L’efficacia dopo la seconda dose di richiamo è stata attestata al 95%. Gli effetti collaterali emersi a oggi sembrano essere di entità lieve e di breve durata, con gonfiori e dolori nel sito di iniezione, stanchezza, brividi e dolori muscolari, raramente febbre. Il richiamo va somministrato dopo 21 giorni dalla prima somministrazione.

Cristina Marrone per il "Corriere della Sera" l'1 aprile 2021. Il vaccino contro il coronavirus Pfizer-BioNTech sembra essere particolarmente efficace per proteggere gli adolescenti. Lo hanno comunicato le due case farmaceutiche in una nota congiunta annunciando i primi dati dello studio clinico in fase 3 che ha riguardato i ragazzi dai 12 ai 15 anni. In particolare, il vaccino ha dimostrato un'efficacia del 100% nel proteggere dal Covid-19, con lo sviluppo di una risposta anticorpale robusta, addirittura superiore a quella registrata nel precedente trial che ha coinvolto giovani tra i 16 e i 25 anni. Inoltre i ragazzi hanno manifestato pochi effetti collaterali, proprio come succede agli anziani. E sempre ieri Ema, l'Agenzia europea per il farmaco, ha confermato che i benefici del vaccino di AstraZeneca (battezzato Vaxzevria) superano i rischi e non ci sono pericoli legati a sesso o età. La nuova valutazione arriva dopo che martedì la Germania ha deciso di raccomandare questo farmaco solo sulla popolazione under 60 a causa di rari casi di coaguli del sangue al cervello che hanno colpito soprattutto donne sotto i 65 anni. Un «nesso causale» dei casi di trombosi «con il vaccino AstraZeneca non è dimostrato ma è possibile e ulteriori indagini sono in corso», scrive l'Ema, che ha avviato nuove valutazioni coinvolgendo anche esperti indipendenti e annunciando una raccomandazione aggiornata entro la prossima settimana. Quella divulgata da Pfizer, con la prospettiva di un vaccino per gli adolescenti, è sicuramente un'ottima notizia perché potrebbe accelerare il ritorno alla normalità nelle scuole e si spera che la campagna vaccinale possa coinvolgere i ragazzi già a partire dall'inizio del prossimo anno scolastico. Per ora i risultati sono stati annunciati con un comunicato stampa e devono essere ancora pubblicati su una rivista scientifica accreditata, tuttavia la notizia è stata accolta con entusiasmo nel mondo scientifico. Le aziende farmaceutiche presenteranno i dati del trial alla Food and Drug Administration e all'Ema per l'autorizzazione all'uso in emergenza anche per questa fascia d'età. Lo studio ha incluso 2.260 adolescenti di età compresa tra 12 e 15 anni. I ragazzi hanno ricevuto due dosi di vaccino a tre settimane di distanza - le stesse quantità e il programma utilizzato per gli adulti - o un placebo. I ricercatori hanno registrato 18 casi di infezione nel gruppo placebo e nessuno tra i ragazzi che hanno ricevuto il vaccino. Pfizer e BioNTech hanno già avviato una sperimentazione del vaccino in bambini sotto i 12 anni e la scorsa settimana è iniziato il trial tra i 5 e gli 11 anni. Nei prossimi giorni partiranno le vaccinazioni sui piccoli, dai 2 ai 5 anni e quando ci saranno dati certi su sicurezza ed efficacia si passerà ai piccolissimi, tra i sei mesi e i 2 anni. Anche Moderna ha annunciato test tra i 6 mesi e gli 11 anni (già partiti sui più grandi) mentre sono attesi entro l'estate i risultati sui ragazzi tra i 12 e i 17 anni. E pure AstraZeneca e Johnson & Johnson hanno avviato test sugli adolescenti, con l'obiettivo di coinvolgere al più presto anche i più piccoli nelle sperimentazioni.

AstraZeneca,13 mln dosi Anagni destinate a iniziativa COVAX.  (ANSA il 24 marzo 2021) "Al momento non sono previste esportazioni oltre ai paesi COVAX. Ci sono 13 milioni di dosi di vaccino in attesa di rilascio del controllo qualità per essere inviate a COVAX come parte del nostro impegno a fornire milioni di dosi ai paesi a basso reddito: il vaccino è stato prodotto al di fuori dell'UE e portato nello stabilimento di Anagni per essere riempito in fiale". Lo comunica AstraZeneca in merito alle dosi di vaccino Covid presenti ad Anagni. L'UE, rileva l'azienda, "sostiene pienamente la fornitura di paesi a basso e medio reddito attraverso lo strumento COVAX".

Da .corriere.it il 24 marzo 2021. Un’ispezione da parte di autorità italiane, per conto dell’Unione europea, nello stabilimento della Catalent di Anagni (Frosinone) ha trovato uno stock di 29 milioni di dosi del vaccino di AstraZeneca delle quali l’Ue non era a conoscenza. L’ispezione, secondo quanto ha confermato Palazzo Chigi con una nota, è stata richiesta dalla Commissione europea nella giornata di sabato. Il presidente del Consiglio, Mario Draghi, ne ha informato il ministro della Salute, Roberto Speranza, il quale ha inviato sul posto i carabinieri del Nas. I lotti trovati nello stabilimento di produzione risultavano destinati al Belgio. La Commissione europea — secondo quanto riferito da un rappresentante francese al Financial times — ha intenzione di bloccarne l’esportazione, a meno che non siano destinate al mercato dell’Unione europea. Il 1 febbraio scorso è entrato in vigore il regolamento Ue per il controllo dell’export. Il vicepresidente della Commissione Ue, Valdis Dombrovskis, ha parlato oggi di «forti inadempienze» di AstraZeneca nella distribuzione dei vaccini nell’Unione europea: «di 120 milioni di dosi» che avrebbe dovuto consegnare nel primo trimestre secondo il contratto, ha tagliato a «30 milioni ma non è nemmeno vicino a questa cifra». «Spetta all’azienda (AstraZeneca, ndr) decidere dove vanno le dosi» stoccate ad Anagni, «ma non possiamo fare a meno di notare che AstraZeneca è molto indietro con le consegne» all’Unione europea, ha detto Dombrovskis.

"29 milioni di dosi ad Anagni" Scoppia il caso AstraZeneca. Il vaccino finisce di nuovo nell'occhio del ciclone. Milioni di dosi in Italia pronte per il Belgio: ora è bufera. Alessandro Ferro - Mer, 24/03/2021 - su Il Giornale. AstraZeneca nuovamente nell'occhio del ciclone ma questa volta non per i possibili effetti collaterali legati alla vaccinazione: ben 29 milioni di dosi del vaccino sarebbero nascoste nello stabilimento di Catalent ad Anagni, in provincia di Frosinone, pronte per "decollare" in gran segreto verso il Regno Unito.

Braccio di ferro Italia-Londra-Bruxelles. La scoperta è stata fatta dalle autorità italiane dopo un'indagine scattata grazie ad una segnalazione della Commissione Europea. La notizia che sta cominciando a far molto discutere è un'esclusiva del quotidiano LaStampa. Tutto questo accade dopo quanto stabilito dal nuovo governo Draghi che, come concordato con la Presidente della Commissione Europea, Von der Leyen, ha dato il veto alle esportazioni con l'estero (qui un nostro pezzo). È chiaro che si tratti di una quantità di vaccini imponente: per l’Ue è una fornitura pari al doppio delle dosi sin qui ricevute dall’azienda anglo-svedese (16,6 milioni), per i britannici quelle fiale sarebbero, invece, indispensabili per garantire a quasi 15 milioni di cittadini la seconda dose altrimenti il successo del piano vaccinale di Londra rischierebbe di sciogliersi come neve al sole.

La scoperta. Le manovre nascoste di AstraZeneca sono state scoperte grazie alla visita del Commissario europeo per il mercato interno francese, Thierry Breton, nello stabilimento di Leida, nei Paesi Bassi, gestito dalla Halix, uno dei due impianti utilizzati dalla casa farmaceutica per produrre il farmaco sul territorio dell'Unione Europea (l’altro è a Seneffe, in Belgio). Ma il punto è che, ad oggi, l'Ema (Agenzia europea per i medicinali) non ha ancora dato l'autorizzazione e senza il via libera queste dosi non possono essere consegnate ai Paesi Ue. Lo stesso discorso, però, non vale per il Regno Unito, che negli ultimi mesi del 2020 avrebbe importato i vaccini prodotti nello stabilimento olandese che avrebbe una capacità di sfornare anche 5-6 milioni di dosi al mese con un'intensificazione avvenuta già lo scorso dicembre dopo un accordo con AstraZeneca per la produzione del farmaco su larga scala. Il governo britannico aveva inviato alcuni dei suoi esperti per aiutare Halix a sviluppare le linee produttive.

Il "giallo" delle dosi. Ma che fine hanno fatto, quindi, tutte le dosi prodotte dallo stabilimento olandese nei mesi scorsi? Fonti interne all'Ue hanno spiegato a LaStampa come sia “molto probabile che in una prima fase siano state spedite nel Regno Unito”, ma il flusso si sarebbe interrotto il 1 febbraio, quando è entrato in vigore il regolamento Ue per il controllo dell’export di cui parlavamo prima. Fonti ufficiali italiane sottolineano che il Governo ha ordinato un'ispezione ai carabinieri Nas svoltasi tra sabato e domenica e che i lotti ispezionati hanno destinazione Belgio. "Tutti i lotti in uscita da Anagni - assicurano le stesse fonti ufficiali italiane - vengono controllati dai Nas". In ogni caso, negli ultimi due mesi è successo qualcosa ma AstraZeneca non ha fornito sufficienti spiegazioni a chiarire il caso: così è scattato il campanello d'allarme del Commissario francese Breton che ha segnalato immediatamente la situazione alle autorità italiane che hanno effettuato delle ispezioni nello stabilimento Catalent di Anagni, utilizzato da AstraZeneca per le operazioni di infialatura. Il primo rapporto spedito a Bruxelles dice che nei frigoriferi dei capannoni del sito laziale ci sono 29 milioni di dosi del vaccino. Le stesse fonti Ue hanno spiegato che, probabilmente, non tutte sono state prodotte da Halix ma sarebbero comunque fiale già pronte per essere iniettate che la casa farmaceutica puntava a spedire nel Regno Unito e non ai Paesi dell’Unione europea, nonostante i notevoli ritardi sulla tabella di marcia delle consegne concordate.

I tanti punti oscuri di AstraZeneca. L’Ema non ha ancora autorizzato lo stabilimento di Halix perché AstraZeneca non avrebbe fornito tutti i dati necessari: il via libera atteso per domani potrebbe slittare di un'altra settimana. Si sospetta che il ritardo nel fornire i dati necessari all’autorizzazione sia frutto di una tattica dell’azienda per garantire al Regno Unito una corsia preferenziale nella consegna delle dosi come previsto dal contratto siglato con Londra. Lo stesso discorso si era già verificato a dicembre quando l'azienda con sede a Oxford non aveva presentato la documentazione richiesta dall'Ema per l'autorizzazione del vaccino. La mossa aveva già destato qualche sospetto visto che, in seguito, le dosi consegnate all'Ue sono passate dalle 120 milioni previste dal contratto a 90 milioni, poi ridotti a 40 ed infine a 30. Mancano pochi giorni ad aprile e ne sono state consegnate soltanto poco più della metà.

"Senza parole, l'azienda chiarisca..." "Le notizie sulle 29 milioni di dosi di vaccino AstraZeneca in un magazzino in Italia mi lasciano senza parole. Se sono vere, dimostrano che servono con urgenza restrizioni alle esportazioni. AstraZeneca dovrebbe chiarire immediatamente, altrimenti un'intera industria verrà messa alla gogna". Lo dice il responsabile Salute del gruppo Ppe nel Parlamento Europeo, Peter Liese, tramite i social network dopo le notizie che riferiscono del ritrovamento delle milioni di dosi nei magazzini della Catalent di Anagni. "AstraZeneca si è impegnata a consegnare all'Italia nel primo trimestre 180 milioni di dosi del vaccino anti Covid-19 e ha promesso di consegnarne 30 milioni, tuttavia non siamo ancora vicini a questa quantita", ha dichiarato il vicepresidente della Commissione Valdis Dombroskis rilevando che il gruppo anglo-svedese è molto lontano dal rspetto degli impegni contrattuali sulle consegne. Come riporta l'AdnKronos, "sta alla compagnia" anglosvedese "chiarire quali intenzioni ha", riferendosi allo scandalo delle dosi scoperte ad Anagni. Sulle 30 milioni di dosi nascoste ad Anagni è arrivata anche la reazione del sottosegretario alla Salute, Pierpaolo Sileri, intercettato dai cronisti in Senato. "Sono caduto dal pero. Mi sono attivato e sto cercando di capire io stesso. Certo, 30 milioni di dosi mi sembra un numero francamente impossibile. Ma fosse anche una sola bisognerebbe spiegare", ha dichiarato. "Non rispettano gli impegni". Il governo francese ritiene che AstraZeneca non stia onorando gli impegni presi in relazione ai vaccini contro il Covid-19. Lo ha dichiarato alla stampa il portavoce, Gabriel Attal. "La situazione è completamente inaccettabile" ha dichiarato dopo una riunione di gabinetto, come riporta l'agenzia Reuters.

La risposta di AstraZeneca. "Non ci sono esportazioni attualmente pianificate se non verso i Paesi Covax. Ci sono 13 milioni di dosi di vaccino in attesa di inviare il rilascio del controllo qualità a Covax come parte del nostro impegno a fornire milioni di dosi ai paesi a basso reddito, il vaccino è stato prodotto al di fuori dell'Ue e portato nello stabilimento di Anagni per essere riempito in fiale. L'Ue sostiene pienamente la fornitura di Paesi a basso e medio reddito attraverso lo strumento Covax". Ha risposto così la multinazionale AstraZeneca in relazione ad alcune dichiarazioni, definite dall'azienda "inesatte" relative al ritrovamento, da parte dei carabinieri del Nas, di 29 milioni di dosi di vaccino nello stabilimento di Anagni.

Polemiche per le consegne in ritardo: "13 milioni per i Paesi Poveri e 16 per l'Europa". AstraZeneca e le 29 milioni di dosi ad Anagni: “Basta inesattezze, l’Ue sostiene i Paesi Covax”. Redazione su Il Riformista il 24 Marzo 2021. Ben 29 milioni di dosi di AstraZeneca trovate dai carabinieri del Nas nello stabilimento della Catalent di Anagni, in provincia di Frosinone, con destinazione Belgio e i Paesi Covax, ovvero il programma internazionale nato per portare i vaccini ai Paesi poveri o in via di sviluppo. Diventa un giallo l’ispezione dei carabinieri dei Nuclei Antisofisticazione e Sanità inviati dal ministro della Salute Roberto Speranza su richiesta della Commissione Europea che sabato scorso aveva chiesto al premier Mario Draghi “di verificare alcuni lotti di vaccini presso uno stabilimento di produzione ad Anagni in provincia di Frosinone”. Palazzo Chigi sottolinea che i “lotti ispezionati sono risultati con destinazione Belgio” e “tutti i lotti in uscita vengono controllati dai Nas”. La vicenda è stata portata alla ribalta dal quotidiano La Stampa che ha parlato di circa 29 milioni di dosi di vaccino dell’azienda anglo-svedese trovate nello stabilimento della Catalent di Anagni. Dosi, già pronte alla somministrazione e destinate quindi anche ai Paesi Covax. Sul caso è intervenuto anche il capogruppo del Ppe al Parlamento europeo Manfred Weber: “AstraZeneca sta immagazzinando decine di milioni di dosi pur non rispettando il contratto europeo. Questo è inaccettabile. L’urgenza è enorme. Dovremmo rifiutare categoricamente qualsiasi esportazione di AstraZeneca prodotta in Europa”, ha scritto su Twitter Weber. “Spetta all’azienda (AstraZeneca, ndr) decidere dove vanno le dosi” stoccate ad Anagni, “ma non possiamo fare a meno di notare che AstraZeneca è molto indietro con le consegne” all’Unione europea, ha detto il vice presidente della Commissione europea, Valdis Dombrovskis, durante una conferenza stampa. Poi la polemica sui ritardi perché la casa farmaceutica “si era impegnata a consegnare 120 milioni nel primo trimestre” mentre finora ne sono arrivate “meno di 30 milioni”. Le dosi stoccate nello stabilimento Catalent “non sono destinate solo all’Europa, ma anche a Covax”, ovvero il programma internazionale nato per portare i vaccini ai Paesi poveri o in via di sviluppo, ha precisato un alto funzionario Ue. “In Italia – ha sottolineato la fonte europea – c’è uno stabilimento ad Anagni” utilizzato “per infialare le dosi per diverse aziende” come “AstraZeneca e Johnson & Johnson”. “Nel numero totale di vaccini pronti per essere esportati – ha aggiunto il funzionario – ci sono quantitativi destinati sia all’Europa che a Covax”.

LA POSIZIONE DI ASTRAZENECA – “Non ci sono esportazioni attualmente pianificate se non verso i Paesi Covax. Ci sono 13 milioni di dosi di vaccino in attesa di inviare il rilascio del controllo qualità a Covax come parte del nostro impegno a fornire milioni di dosi ai paesi a basso reddito, il vaccino è stato prodotto al di fuori dell’Ue e portato nello stabilimento di Anagni per essere riempito in fiale. L’Ue – rivela -sostiene pienamente la fornitura di Paesi a basso e medio reddito attraverso lo strumento Covax”. Così la multinazionale AstraZeneca in relazione ad alcune dichiarazioni, definite dall’azienda “inesatte” relative al ritrovamento, da parte dei carabinieri del Nas, di 29 milioni di dosi di vaccino nello stabilimento di Anagni. “Altre 16 milioni di dosi sono in attesa del controllo di qualità per essere poi spedite in Europa” aggiunge.

Il COVAX AMC (COVID-19 Vaccines Advance Market Commitment) è lo strumento di finanziamento che sosterrà la partecipazione di 92 economie a basso e medio reddito all’accesso al vaccino anti COVID-19 finanziato dai donatori. Il primo paese a beneficiare del programma è stato il Ghana, che ha ricevuto il 25 febbraio 2021 600 000 vaccini.

AstraZeneca, più vaccini ad Arabia Saudita che a Veneto e Lombardia: ecco che fine fanno le dosi prodotte in Italia. Libero Quotidiano il 25 marzo 2021. In questi giorni in Italia muoiono mediamente 500 persone al giorno per il Covid, ma nel Lazio avevamo 29 milioni di dosi di vaccino ferme in un magazzino. Casse di antivirus lasciate in frigo, forse a causa di strani intrighi tra Stati e aziende produttrici. Intrighi dove l'Unione Europea finora ha sempre ricoperto la parte del pollo. Diamo qualche numero. Pfizer e AstraZeneca nelle ultime 6 settimane hanno esportato dalla Ue 9,1 milioni di dosi di farmaci nel Regno Unito, 3,9 nel Canada, 3,1 in Messico, 2,7 in Giappone, 1 milione negli Stati Uniti e 0,8 in Malesia. Per dare un'idea delle dimensioni, il Cile ha ricevuto più fialette del Lazio. L'Arabia Saudita più di Lombardia e Veneto messe insieme. Tutto questo avviene per varie ragioni. In parte, a causa delle maldestre strategie Ue. In parte, perché qualcuno ci sta evidentemente prendendo in giro. Ed è la ragione per cui tra le autorità comunitarie parlare della possibilità di espropriare i medicinali prodotti sul nostro territorio non è più un tabù. A gettare benzina sul fuoco è arrivato ieri il caso della Catalent di Anagni, azienda che si occupa dell'ultimo passaggio nella fabbricazione dei sieri AstraZeneca. In pratica, in questo stabilimento il prodotto finito viene semplicemente messo nelle fiale, che poi vengono distribuite nei vari Paesi. A spedire qui i semilavorati sono altri impianti. Uno di questi si trova nei Paesi Bassi, ma realizza antidoti di cui l'Ema (agenzia per il farmaco dell'Unione) non ha ancora autorizzato l'impiego. I tecnici stanno valutando che sia tutto a norma. La Ue si aspettava che, in attesa del via libera, la multinazionale lasciasse quei flaconi in un magazzino. Nel tempo, però, è maturato il sospetto che invece siano stati spediti oltre la Manica, dove se li iniettano senza fiatare.

L'ISPEZIONE - Per chiarire la cosa il commissario Ue Thierry Breton ha visitato la fabbrica olandese sabato scorso. E subito ha notato che i conti non tornavano. Il passaggio successivo lo ha raccontato lo stesso Mario Draghi alla Camera: «Sabato sera ricevo una telefonata dal presidente della Commissione europea che mi ha segnalato che alcuni lotti sarebbero stati giacenti presso lo stabilimento della Catalent. Mi si suggeriva di ordinare un'ispezione. La sera stessa ho chiesto a Speranza di inviare i Nas». I carabinieri si sono presentati nello stabilimento di Anagni (provincia di Frosinone). E all'interno, stoccate nelle celle frigorifere, hanno trovato ben 29 milioni di dosi di AstraZeneca, apparentemente tenute come scorta. E pare non si trattasse solo dei vaccini arrivati dall'Olanda. Un caso imbarazzante, visto che che la società ha tagliato unilateralmente e drasticamente il numero di medicinali destinati alla Ue. Dovevano arrivarne 120 milioni entro marzo. Finora ne sono stati consegnati meno di 30, di cui meno di 3 all'Italia. Al contrario, nel Regno Unito tutto procede con puntualità. Ieri mattina La Stampa di Torino ha pubblicato la notizia, riportando tutti i sospetti della Ue, ovvero che quei vaccini fossero destinati a Londra, ma che dal 1° febbraio scorso - ovvero quando sono state introdotte le nuove norme sulle esportazioni - tutto si sia bloccato. Così l'azienda avrebbe deciso di tenere fermi gli stock in attesa che si risolva la questione tra Boris Johnson e Ursula von der Leyen. Ma qualcosa è andato storto. Dopo la pubblicazione dell'articolo, con ovvie polemiche, l'azienda anglo-svedese ha replicato. La sua versione: non si tratta di "scorte", ma di vaccini che ancora devono superare i controlli qualità e che di conseguenza non possono essere utilizzati. Sui numeri però c'è un piccolo giallo. Per accumulare 29 milioni di dosi ci vuole parecchio tempo. Quanto dura questo controllo qualità? Su questo AstraZeneca non ha fornito alcuna risposta. Poi c'è un altro problema. Pare che solo 16 delle 29 milioni di dosi fossero destinate al mercato europeo. Le altre 13 milioni verranno esportate verso Paesi a basso reddito sulla base dell'iniziativa COVAX, promossa dall'Organizzazione mondiale della sanità. E su quello la Commissione europea ha già chiarito che non ci saranno problemi. Insomma, le abbiamo recuperate, ma le spediremo nel terzo mondo. AstraZeneca ha spiegato che 10 milioni dei 16 destinati alla Ue verranno distribuiti immediatamente. Draghi ieri ha confermato. «Sono già partiti due lotti per il Belgio». E Matteo Salvini suggerisce la linea durissima: «Blocchiamo tutti quei farmaci in Italia». Con il Regno Unito, intanto, pare che ieri sia stata trovata un'intesa per interrompere questa guerra con reciproca soddisfazione. I dettagli verranno illustrati nei prossimi giorni. Riusciremo a farci fregare un'altra volta?

Vittorio Feltri e l'export dei vaccini: "Ce ne fot*** degli italiani, non ho parole ma solo parolacce". Vittorio Feltri su Libero Quotidiano il 26 marzo 2021. L'elemento dominante dei nostri governanti, di qualsiasi colore politico, è la stoltezza. Le prove di una generale incapacità di affrontare i problemi sono numerose, ma l'ultima in ordine di tempo è addirittura clamorosa. Tutti sono al corrente che la nostra grana maggiore è costituita dal fatto che scarseggiano i vaccini. Le regioni non sono in grado di soddisfare le richieste di immunizzazione per motivi concreti: non dispongono di un numero soddisfacente di dosi. L'Europa si è volontariamente incaricata di fornirne ai vari Stati membri, tuttavia non è riuscita nell'intento per conclamata inettitudine, mentre molte Nazioni nel mondo, agendo in proprio, sono state all'altezza di accaparrarsi il farmaco in abbondanza e adesso sono pressoché salve. Mercoledì, però, in Italia si è scoperto un caso agghiacciante. Ad Anagni, nel Lazio, sono state trovate addirittura 29 milioni di dosi di AstraZeneca, confezionate in loco e in procinto di essere spedite in Belgio e in Africa. Nel nostro Paese ne rimarrà una quantità irrisoria poiché nessuno, ossia né l'Ue né Roma, ha avuto la prontezza di aprire il portafogli e di acquistarne per uso interno. In sostanza, noi cretini confezioniamo il prezioso prodotto, incassiamo i proventi della lavorazione e invece di trattenerlo, pagandolo per quanto vale, lasciamo che venga esportato altrove, fot***ne allegramente degli italiani. Mi domando perché l'esecutivo abbia trascurato di impossessarsi della bellezza di 29 milioni di iniezioni che avrebbero consentito di porre in sicurezza il 50 per cento della popolazione, e di mandare al diavolo le disposizioni idiote di Bruxelles, causa di ogni guaio patrio. Naturalmente non c'è un solo rappresentante delle istituzioni di casa nostra che si degni di chiarire come possa essere avvenuta una cosa tanto grave. Troppo tardi per metterci una pezza, dal momento che i contratti con l'estero ormai sono esecutivi e non sono modificabili a nostro favore. Eppure Palazzo Chigi, pur avendo nel frattempo cambiato presidente, avrebbe l'obbligo, non soltanto morale, di spiegare l'accaduto, e magari di dirci come intende agire per rimediare all'assurdo disguido. Non ce l'abbiamo con Draghi, privo di colpe in questa vicenda scandalosa, però sarebbe interessante sapere come procederà da adesso in poi per acquisire il formidabile antidoto al Covid che continua a uccidere uomini e donne, specialmente le persone anziane, e a soffocare l'economia. Non sarebbe inoltre sgradito che il ministro della Salute, Roberto Speranza, si decidesse a dimettersi per manifesta inidoneità. Nota finale. Esistono i no-vax e bisogna tollerarli in base a un principio di libertà, compresa quella di essere imprudenti. Ciascuno fa di testa sua, e va bene, ma a patto che sia pronto a pagare di persona per le proprie scelte. Un esempio. Oggi il nostro titolo di apertura è dedicato a un infermiere, non vaccinato, il quale ha contagiato tredici pazienti. Questo signore ora sarà curato a spese nostre. Sbagliato. Chi non si immunizza invece deve arrangiarsi a saldare il conto dell'ospedale che lo guarisce, per di più deve risarcire la gente che ha infettato. È una questione di giustizia. Se io non ho l'assicurazione dell'automobile e investo qualcuno, sono costretto a versargli denaro di tasca mia. Il medesimo principio va applicato alla diffusione del virus.

Grazia Longo per "La Stampa" il 25 marzo 2021. Immersa nelle campagne della Ciociaria sorge la sede italiana della Catalent, multinazionale americana con sede centrale a Somerset (New Jersey) che meno di un anno fa ha acquisito lo stabilimento Bristol Myers Squibb di Anagni. Si tratta di un grande impianto di produzione farmaceutica, a cento chilometri a Sud-Est di Roma, che infiala il vaccino AstraZeneca. Ma più che un complesso produttivo sembra un fortino, da proteggere a tutti i costi. All'ingresso una gentile guardia giurata è irremovibile nel non concedere la possibilità di contattare chicchessia all'interno dello stabilimento. Non un direttore generale, un segretario, un addetto stampa. Nessuno può parlare con noi. L'unica concessione è l'indirizzo email del responsabile inglese della comunicazione mondiale. Il quale purtroppo, però, non risponderà alla nostra richiesta di informazioni. Le uniche dichiarazioni ufficiali arrivano in serata dal presidente della divisione europea, Mario Gargiulo: «Dai controlli è risultato tutto a norma» spiega aggiungendo che «le dosi sono destinate allo stabilimento di AstraZeneca in Belgio» mentre non si conosce «la destinazione finale né si sa se saranno inviate nel Regno Unito». Fuori dalla fabbrica operai e tecnici escono tutti rigorosamente in auto, si fermano alla sbarra e scambiano poche parole. «Sì so che sabato mattina sono venuti carabinieri del Nas, ma qui da noi è tutto in regola» dice uno. «Sono venuti anche domenica - interviene un altro - ma non hanno riscontrato nulla di anomalo». E un altro ancora aggiunge: «Non so nulla su fiale nascoste e ferme qui dentro. Noi lavoriamo e basta». E così va a finire che l'unica novità ci viene fornita da alcuni tecnici dell'Ima, mentre in pausa fumano una sigaretta nel cortile del parcheggio accanto alla sbarra dell'uscita. L'Ima progetta e costruisce macchine automatiche per il confezionamento di prodotti farmaceutici. E infatti un tecnico, dal marcato accento toscano, spiega: «Siamo qui per allestire le macchine che serviranno per la produzione del vaccino americano Johnson & Johnson. Dovrebbero iniziare tra un mese». Per quanto concerne, invece, le fiale dell'AstraZeneca siamo costretti a limitarci ai dettagli che emergono nel sito ufficiale della sede Catalent di Anagni. Ovvero che l'industria acquistata la scorsa estate ha aperto nel 1966 e occupa circa 19.300 metri quadri su un'area di 34 ettari: produce e confeziona, tra le altre cose, farmaci cardiovascolari, neurolettici, antitumorali, metabolici e antinfiammatori oltre che antibiotici non a base di penicillina, antivirali, analgesici iniettabili e biologici. E che ora «presta» il sito per la produzione di vaccini ad AstraZeneca per centinaia di milioni di dosi. Gli impianti di Anagni, infatti, oltre a continuare a produrre i farmaci di Bristol Myers Squibb, si sono caratterizzati per la produzione conto terzi di prodotti biologici e con lo scoppio della pandemia, soprattutto di vaccini. Per primo quello prodotto appunto da AstraZeneca e presto il Johnson & Johnson. Attraverso i reparti sterili e personale specializzato si provvede qui a infialare il vaccino. Nel mondo, Catalent impiega oltre 11 mila persone presso oltre 30 stabilimenti in 5 continenti e nell'esercizio 2018 ha generato più di 2 miliardi e mezzo di dollari di fatturato annuo. Sulla questione delle dosi nascoste, il sindaco di Anagni, Daniele Natalia, osserva che «è spiacevole diventare famosi per un presunto occultamento di vaccini. Se quanto emerso al momento corrisponderà al vero mi dispiace non per Anagni, ma per gli italiani e gli europei».

Marco Bresolin per "la Stampa" il 25 marzo 2021. La pazienza dell' Unione europea nei confronti di AstraZeneca ha ormai raggiunto il limite. E la vicenda dei 29 milioni di vaccini stoccati nello stabilimento della Catalent di Anagni - scoperti soltanto grazie a un blitz dei carabinieri dei Nas - è l' ultimo colpo alla credibilità di un' azienda che negli ultimi mesi è sembrata prendersi gioco dell' Ue e dei suoi governi. Abusare della loro pazienza che è frutto del disperato bisogno di avere quel farmaco, capace di garantire uno scudo contro la malattia che nell' ultimo anno si è portata via un milione di cittadini nel Vecchio Continente. L' Unione europea non ha più fiducia nella casa farmaceutica. Il tira-e-molla sul volume delle forniture, progressivamente ridotto, è andato avanti per troppo tempo con scarsa chiarezza e senza trasparenza. Tanto che a Bruxelles sospettano che i ritardi nella consegna dei dati all'Agenzia europea del farmaco - prima quelli per ottenere l'approvazione del vaccino e poi quelli per la certificazione degli stabilimenti in cui viene prodotto - siano in realtà una tattica dilatoria per favorire il Regno Unito. Che nel frattempo ha continuato a ricevere tutte le dosi previste dal contratto siglato con la "sua" casa farmaceutica, mentre l'Unione europea secondo le più rosee aspettative nei primi sei mesi di quest' anno otterrà 180 milioni di dosi. Il contratto ne prevedeva 300 milioni. Anche per questo il comunicato diffuso ieri dal gruppo anglo-svedese viene preso con molta cautela ai piani alti delle istituzioni europee e ai tavoli diplomatici dove è stata preparata la riunione di oggi del Consiglio europeo. Dopo un lungo silenzio, nel pomeriggio AstraZeneca ha pubblicato una nota per dire che quei 29 milioni di vaccini stoccati nei capannoni di Anagni saranno così suddivisi: 16 milioni agli Stati Ue e 13 milioni ai Paesi poveri del progetto Covax. Un chiarimento arrivato soltanto a quattro giorni di distanza dalle ispezioni dei Nas, attivati dopo la segnalazione della Commissione europea. È stata proprio Ursula von der Leyen, sabato, a chiamare Mario Draghi per dire al premier che i conti non tornavano. E che la società non aveva fatto sufficiente chiarezza sulla gestione della propria produzione in Europa, tanto da alimentare il sospetto che i vaccini prodotti nello stabilimento olandese di Halix fossero stoccati ad Anagni con l'obiettivo di farli arrivare prima o poi, magari tramite qualche Paese terzo, nel Regno Unito. Che comunque continua a rivendicare parte della produzione di quell' impianto. «Ormai non le crediamo più» si sfoga una fonte Ue di alto livello, ben interpretando il "mood" delle principali capitali nei confronti di AstraZeneca. «Si tratta di una situazione totalmente inaccettabile - dice Gabriel Attal, portavoce del governo francese -. L'Unione europea non sarà lo zimbello della vaccinazione». Persino Mark Rutte, difensore del libero mercato e tra i più scettici sul meccanismo europeo per il controllo dell'export, ieri si è detto «pronto a bloccare le esportazioni di AstraZeneca se la Commissione lo richiederà» perché serve «trasparenza». Eppure basta tornare indietro di qualche mese per scoprire che si tratta degli stessi governi che nell'estate scorsa avevano puntato tutte le loro fiches sul vaccino della casa anglo-svedese. Erano state proprio Italia, Francia, Paesi Bassi e Germania a lanciare «l'alleanza per il vaccino» e a negoziare il primo contratto con AstraZeneca. «Insieme ai ministri della Salute di Germania, Francia e Olanda - annunciò il 13 giugno in una nota il ministro della Salute - ho sottoscritto un contratto con AstraZeneca per l'approvvigionamento fino a 400 milioni di dosi di vaccino da destinare a tutta la popolazione europea». Quel contratto è stato poi finalizzato a livello Ue il 27 agosto, dopo la costituzione del team negoziale composto dalla Commissione e dai rappresentanti di 7 Stati membri. Ma anche nei mesi successivi il farmaco di Oxford, che l'Italia considerava anche un po' "suo" per via della collaborazione con l'Irbm di Pomezia, è risultato essere il preferito dalla maggior parte dei Paesi Ue. Molto più economico rispetto ai concorrenti e facile da gestire logisticamente per via della temperatura di conservazione, aveva tutte le caratteristiche per essere il vaccino da comprare. L'altro giorno, durante un'audizione al Parlamento Ue, Sandra Gallina ha raccontato che le trattative in autunno si sono rivelate più complicate del previsto. Non tanto quelle con le Big Pharma, ma quelle tra i 27 al tavolo di Bruxelles. Sì, perché per alcuni vaccini si è scatenata una gara a rifiutarli. Quelli di Pfizer/BioNTech e di Moderna, in particolare, giudicati troppo cari. «All'epoca il trend tra molti Stati era di acquistare meno dosi rispetto a quelle loro assegnate in rapporto alla popolazione» ha spiegato Gallina, che ha guidato il team negoziale per conto della Commissione. E senza l'intervento degli Stati che si sono impegnati a comprare i vaccini rifiutati dagli altri (Germania e Danimarca in primis) «oggi non avremmo quei contratti» perché le case farmaceutiche non erano disposte a scendere sotto un volume minimo. L'Italia ha acquistato le dosi che le spettavano, non una di più e non una di meno. La storia degli ultimi mesi ha dimostrato che AstraZeneca si è rivelata una scommessa persa: il ritardo nella presentazione del dossier all' Ema; il taglio delle forniture annunciato in più riprese; le dichiarazioni dell' amministratore delegato, Pascal Soriot, che ha ammesso la corsia preferenziale per il Regno Unito; e infine l'opaca gestione della produzione nello stabilimento olandese di Halix, non ancora autorizzato dall' Ema, ma pronto a sfornare dosi per i britannici. Sulla vicenda legata ai dubbi per la sicurezza del vaccino, che ha avuto conseguenze devastanti sulla fiducia dell' opinione pubblica, le responsabilità sono invece tutte imputabili ai governi che hanno deciso la sospensione. Anche se il silenzio dell' azienda si è fatto sentire. Nei giorni scorsi la Commissione ha inviato una lettera di diffida ad AstraZeneca, primo atto formale di una battaglia legale che l' Ue vorrebbe a tutti i costi evitare.

Marco Conti per “il Messaggero” il 26 marzo 2021. Il braccio di ferro con AstraZeneca e il governo britannico è appena all' inizio. La Commissione Europea esce dal Consiglio europeo che si è concluso ieri sera, con in tasca la pistola del blocco alle esportazioni dei vaccini verso Londra o altrove «se non c è reciprocità». I numeri illustrati ad inizio della riunione dalla presidente della Commissione Ursula Von der Leyen, con tanto di diapositive, sono pesantissimi. Nel primo trimestre AstraZeneca ha consegnato a Bruxelles 30 milioni di dosi invece dei 120 milioni previsti e per il secondo ne promette 70 milioni invece di 180. Ma ciò che più innervosisce i Ventisette sono i numeri dell' export forniti dalla presidente della Commissione: «88 milioni le dosi di siero distribuite ai paesi dell' Unione» e «77 milioni le dosi esportate», di cui «21 verso il Regno Unito» e «31 milioni verso i 54 Paesi che rientrano nell' iniziativa Covax» che aiuta i paesi più deboli. Un saldo per certi versi negativo rispetto a ciò che viene prodotto sul suolo europeo. Soprattutto se rapportato alle grandi quantità che vengono destinate dall' azienda anglo-svedese al Regno Unito che ha invece bloccato l' esportazione del siero prodotto da AstraZeneca sul suolo britannico. Mentre i Ventisette discutevano del blocco e di come riequilibrare le dosi in modo da andare incontro all' Austria di Sebastian Kurtz che a suo tempo rinunciò ai vaccini Pfizer e Moderna puntando su AstraZeneca (Draghi: «Kurtz non otterrà una sola dose in più di quelle che spettano all' Austria»), sono planate sulla videoconferenza le dichiarazioni del ministro della sanità britannica. Secondo Matt Hancock - a quanto riportato dal Financial Times - la differenza del risultato in termini di dosi consegnate al Regno Unito e alla Ue dipende dal fatto che il contratto firmato dalla Commissione prevede che AstraZeneca si impegni a fare i migliori sforzi per rispettare gli impegni mentre il contratto firmato con il governo britannico rispecchia «un accordo in esclusiva per cui è questo che prevale sul primo». Una lettura che risente del clima post-Brexit, visto che nei contratti Ue c'è però anche una clausola che prevede come le consegne all' Unione Europea «non possono essere ostacolate da accordi con altri paesi». Un rebus complicato da sciogliere che rischia di spostarsi sul piano legale, anche perché la Commissione europea ha già inviato ad AstraZeneca una lettera per aprire una discussione allo scopo di risolvere la disputa. Una procedura, prevista dal contratto firmato Ue-AstraZeneca, che avvia un confronto bonario, ma che, in caso di fallimento, apre la strada alle carte bollate. Nella riunione l'Italia di Draghi si è schierata in maniera netta sulla linea della Von der Leyen insieme a Francia e Germania. «I cittadini europei si sentono delusi da AstraZeneca», ha detto Draghi raccontando ciò che è accaduto ad Anagni. Inviti alla prudenza nell' uso del blocco dell' export sono arrivati dai primi ministri di Olanda, Belgio e Svezia che temono conseguenze anche per le aziende che rispettano gli accordi come Pfizer e Moderna. Il crescente nervosismo del governo inglese si spiega anche con quanto scritto dal Telegraph. Il quotidiano britannico racconta che la presidente della Commissione europea avrebbe detto agli ambasciatori dei vari Paesi Ue che Londra senza i vaccini AstraZeneca prodotti in Europa non riuscirà a inoculare la seconda dose ai 26 milioni di britannici che hanno già ricevuto la prima. Il blocco delle fiale dallo stabilimento di Leiden in Olanda, che produce per Londra non avendo furbescamente richiesto il timbro dell' Ema, diventa quindi realistico. L' intervento del presidente Usa Joe Biden non ha mutato il clima. Gli Stati Uniti hanno dosi in eccedenza ma c' è il divieto di export sino a quando tutti gli americani non saranno vaccinati anche se lo scambio di materie prime per preparare il siero è in corso.

Marco Galluzzo per il “Corriere della Sera” il 26 marzo 2021. Quando Mario Draghi prende la parola, nel corso del Consiglio europeo, si rivolge alla presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, ma anche ai colleghi di quegli Stati, in testa il Belgio e l' Olanda, che non sono convinti della linea dura. Vuole scuoterli, sapere se i vertici della Ue, e gli altri membri del Consiglio, hanno davvero intenzione di mettere alle strette le aziende farmaceutiche che non rispettano gli obblighi contrattuali assunti con Bruxelles. L' Unione europea deve far sentire la propria voce, anche con decisioni molto risolute, esorta Draghi, dando corpo al timore (collettivo del resto) di non riuscire a mantenere gli impegni con i propri cittadini: «Non possiamo restare inermi di fronte al mancato rispetto dei contratti» da parte delle case farmaceutiche, in particolare di AstraZeneca.

 Perché «i cittadini europei hanno la sensazione di essere stati ingannati» dalle multinazionali dei vaccini. Il capo del governo ripercorre i tratti salienti della vicenda dei vaccini AstraZeneca, quasi 30 milioni di dosi, ritrovati nello stabilimento della Catalent, ad Anagni. Chiede direttamente alla von der Leyen se ritenga «giusto o meno che una tale quantità non debba restare dentro i confini dell' Unione europea». La risposta appare univoca, affermativa, la presidente della Commissione promette che così sarà, che non usciranno dalla Ue, anche se la rassicurazione contrasta con le dichiarazioni dell' azienda stessa, secondo la quale più di 10 milioni di dosi sono destinate ai Paesi più vulnerabili, appartenenti al circuito degli aiuti Covax, cui anche l' Italia contribuisce finanziariamente. La sensazione del resto è quella di un Consiglio europeo in qualche modo spiazzato dall' incertezza della situazione, preda di divisioni interne fra gli Stati membri e vittima dell' indecisione della Commissione stessa, che non ha ancora chiaro se procedere con un' azione legale nei confronti di AstraZeneca, se bloccare effettivamente le esportazioni dei vaccini prodotti dentro i confini della Ue, o se invece continuare con la strategia di un pressing diplomatico molto forte che però finora non ha dato abbondanti frutti. Mario Draghi è più incline alle prime ipotesi, del resto finora è stato l' unico capo di governo a bloccare un lotto di AstraZeneca, applicando il regolamento europeo sulle esportazioni in modo molto rigido. E appoggia l' inasprimento delle regole annunciato dalla stessa Commissione. Draghi ha anche condiviso la proposta di introdurre un certificato verde digitale per i cittadini europei che sono stati vaccinati, diretto alla ripresa di una maggiore libertà di spostamento. Ma ha anche rimarcato la complessità del progetto: «Gli Stati membri avranno bisogno di tutto l' aiuto che la Commissione può dare, perché avere piattaforme nazionali e renderle interoperabili non è un risultato banale». Un sistema complesso, che per essere messo a terra in modo efficiente, per Draghi, dovrà anche occuparsi di «evitare discriminazioni tra le persone». Nel corso dell' eurosummit seguito al Consiglio il capo del governo ha ripreso la parola e invitato tutti a non commettere errori durante la ripresa economica: «Dobbiamo disegnare una cornice per la politica fiscale che sia in grado di portarci fuori dalla crisi e prendere esempio dagli Stati Uniti che hanno un' unione dei mercati dei capitali e un' unione bancaria completa, elementi chiave del ruolo internazionale del dollaro». Una cornice cui Draghi ha aggiunto «un impegno politico da prendere, anche se di lungo periodo, quello della creazione di un titolo comune europeo, verso il quale dobbiamo iniziare a incamminarci».

Angela Mauro per huffingtonpost.it il 18 giugno 2021. Astrazeneca ha violato il contratto per la fornitura di vaccini anti-covid all’Ue in maniera “deliberata, intenzionale, seria”, doveva compiere il massimo sforzo per rispettare i patti e non l’ha fatto, doveva usare anche gli stabilimenti britannici per produrre per l’Ue e non l’ha fatto. Il giudice del tribunale di Bruxelles accoglie le contestazioni della Commissione Europea contro la compagnia anglo-svedese, presentate nell’azione legale lanciata il 26 maggio scorso. Ma quella di Bruxelles è una vittoria di Pirro: a conti fatti, alla luce della sentenza emessa oggi, l’Unione non guadagna più dosi di quelle che l’azienda sta attualmente consegnando. Tanto che, mentre a Palazzo Berlaymont improvvisano subito un briefing con la stampa per l’urgenza di spiegare la vittoria, anche Astrazeneca canta vittoria. La corte ordina la consegna di 50 milioni di fiale entro il 27 settembre. Per la precisione: “15 milioni entro il 26 luglio, 20 milioni entro il 23 agosto, 15 milioni entro il 27 settembre”. Se l’azienda non rispetta questo calendario, la penale da pagare è di 10 euro per dose. Da notare: la Commissione aveva chiesto una penale di 10 euro per fiala ma anche per ogni giorno di ritardo. E aveva chiesto anche una penale di 10 milioni di euro per violazioni nel contratto: cosa che oggi da Palazzo Berlaymont smentiscono, benché riportata da tutti i media il 26 maggio e non smentita allora. Ad ogni modo, questa penale non figura nella sentenza del giudice. Non solo. L’Ue chiedeva la consegna delle 90 milioni di fiale mancanti rispetto all’ordine di 120 milioni nel primo semestre 2021: da gennaio a marzo Astrazeneca ha consegnato solo 30 milioni di dosi, da marzo a ora ne ha consegnate altre 40 milioni, cifra confermata sia dall’azienda che dalla Commissione Europea. Ecco perché la compagnia canta vittoria. Il totale di 80 milioni di dosi richieste dal giudice (vale a dire i 30 milioni consegnati nel primo trimestre e i 50 milioni da consegnare entro settembre) sarà “ampiamente superato” entro “la fine di giugno”, sottolinea AstraZeneca in una nota in cui “si compiace” della decisione del tribunale. Per giunta, nella sentenza del tribunale non c’è una scadenza entro la quale l’azienda è tenuta a consegnare le 300 milioni di fiale previste dal contratto firmato con l’Ue. Insomma, nemmeno alla luce della decisione dei giudici, arrivata nel giro di sole tre settimane - “il magistrato ha riconosciuto l’urgenza”, si compiacciono in Commissione - c’è pace tra Ue e Astrazeneca. Anche la sentenza finisce oggetto di interpretazioni. Però, insistono da Palazzo Berlaymont alla ricerca di appigli per esaltare la loro versione dei fatti, “il giudice ordina all’azienda di usare tutti i suoi stabilimenti per produrre per l’Ue, anche quello di Oxford. In futuro lo dovranno fare”. Da intendersi per il contratto in essere, perché per il futuro l’Unione non mette in conto di acquistare altri vaccini anti-virali - Astrazeneca o Johnson&Johnson  - contro il covid, ma solo a ‘rna messaggero’, sostanzialmente Pfizer. Alla fine, il portavoce della commissaria Ue alla Salute Stella Kyriakides, Stephan De Keersmaecker, cerca di sciogliere la querelle: “Resta il fatto che prima dell’azione legale, le cose non andavano bene. Ora vanno meglio”. Il riferimento è alla consegna di 40 milioni di dosi da marzo ad ora, segno che l’azienda ha accelerato le forniture quando ha capito che stava partendo l’azione legale.

L’azienda di Anagni che infiala Astrazeneca e le spedizioni verso la sede Usa di “carichi di ferro e acciaio”: la società nega, ma c’è un documento segnalato all’Agenzia delle Dogane. Thomas Mackinson su Il Fatto Quotidiano il 28/3/2021. La società Catalent assicura: "Acciaio e ferro sono finiti a Terni per lo smaltimento, nessuna spedizione negli Usa o all'estero". Ma i documenti di esportazione dicono il contrario, con gli ispettori che vogliono fare chiarezza anche sul rapporto tra materiale inviato, peso e costo. Sabato nello stabilimento in provincia di Frosinone sono stati trovati 29 milioni di dosi del farmaco. C’è una segnalazione all’Agenzia delle Dogane che aggiunge un particolare su cosa accade nello stabilimento Catalent di Anagni, in provincia di Frosinone. Qui si infiala il vaccino AstraZeneca e sempre qui sabato sono state trovate 29 milioni di dosi di cui nessuno sapeva nulla. Una scoperta che ha irritato e messo sull’allerta tutti i leader europei a partire da Mario Draghi: perché mai erano lì? E dove finiscono le dosi che non vengono consegnate all’Italia e all’Europa? In attesa delle risposte, ci sono un fatto inedito e una bugia. Dallo stabilimento della Catalent tra gennaio e marzo sono partite verso gli Stati Uniti alcune spedizioni di materiale che i doganieri ritengono ora di approfondire. Sentita da ilfattoquotidiano.it, l’azienda ha smentito: da Anagni nessun carico è partito in direzione Usa. Le bolle della dogana, però, raccontano una verità diversa: carichi di ferro, acciaio e cassoni sono state spedite da Anagni alla Catalent Pharma Solutions di Philadelphia. Nelle dichiarazioni c’è un altro elemento che ha incuriosito i doganieri: il rapporto tra materiale, peso e costo che non torna. Ma andiamo con ordine. Lo scorso sabato, su segnalazione della presidente Ursula von der Leyen, ad Anagni hanno bussato i Nas inviati dal ministro Speranza. Il loro mandato è capire come mai 2,9 milioni di fiale, pari a 29 milioni di dosi, si ritrovassero fermi in magazzino, nei frigoriferi, mentre per l’Europa la casa farmaceutica annunciava ulteriori tagli alle forniture. Sono andati lì anche per impedire flussi non documentati di fiale fuori dall’Unione Europea. Il sospetto cova orami ai vertici delle istituzioni comunitarie. Giovedì è stato uno dei temi delicati al Consiglio d’Europa dove la presidente von der Leyen ha reagito evocando la linea dura e un meccanismo di controllo dell’export “rafforzato”, capace cioè di bloccare le esportazioni delle aziende che aggirando i divieti tramite triangolazione non rispettano i contratti con la Ue. Un inasprimento delle norme chiesto ormai dai principali leader dell’Unione, a partire da Draghi, Macron e Merkel. “I cittadini si sentono ingannati” ha scandito il premier italiano, illustrando loro il “caso Anagni”. In questi precari equilibri internazionali si inseriscono le bolle d’accompagnamento oggetto della segnalazione all’Agenzia delle Dogane, documenti che ilfattoquotidiano.it ha potuto visionare. Le spedizioni cerchiate in rosso sono almeno tre, tra fine gennaio e febbraio; ma ce ne sono altre a marzo e sono abbastanza singolari da far partire una prima segnalazione all’Agenzia delle Dogane. Tra le ipotesi c’è anche quella di un raggiro del sistema di controllo delle merci tramite false dichiarazioni: dico che dentro le casse c’è ferro e legno, ma in realtà c’è altro. La società, sentita da ilfattoquotidiano.it, ribadisce che il sito di Anagni di Catalent esporta vaccini solo in Olanda con destinazione Covax (cioè Paesi in via di sviluppo) e Belgio per le destinazioni europee, con spedizioni dirette, senza triangolazione. Non ci sono altri destinatari. Alla domanda se da Anagni sia uscito materiale ferroso l’azienda fa sapere che “effettivamente sono state sostituite delle celle frigorifere e il 23 gennaio circa 25 tonnellate di inerti sono stati smaltiti in una discarica di Terni”. Esibisce anche le fatture ma esclude qualunque esportazione di ferro e acciaio verso gli Usa o in qualunque altro posto fuori dall’Italia. Eppure i documenti doganali dicono l’opposto: che dallo stabilimento in quei giorni “ferro e acciaio” – così si legge nella dichiarazione all’esportazione – siano finiti a 7mila chilometri di distanza e non certo per essere smaltiti. Da Anagni, tramite voli Ups su Roma e Milano, sono stati spediti negli Usa 1300 chili di materiale tra ferro/acciaio, casse mobili e contenitori vari. La destinazione è Philadelphia, sede della Catalent Pharma Solutions. Una seconda spedizione con dicitura “altri lavori di ferro e acciaio” risale alla seconda metà di febbraio. Anche il valore della merce è piuttosto singolare: il peso netto dichiarato è 80 chili, il valore 25mila dollari. Fanno 259 euro al chilo. I conti non tornano: il ferro costa 0,226 euro, l’acciaio circa un euro al kg. In quelle casse c’era ferro che vale oro? Anche la spedizione avvenuta a metà febbraio e indicata come “casse mobili e contenitori” è singolare: 12 colli dal peso di 960 chili per un valore di 150mila dollari. Nessuna indicazione dell’eventuale contenuto. Anche in questo caso tocca accertare se fossero d’oro, visto che ogni singolo contenitore vale 12.500 dollari. Di certo nessuno ha controllato quelle esportazioni. Fino a prova contraria è tutto lecito e regolare: agli ispettori il compito di fugare ogni eventuale dubbio.

Niccolò Carratelli per “la Stampa” il 26 marzo 2021. C'è stato un momento, nel 2014, in cui il vaccino AstraZeneca ha rischiato di non vedere la luce. È stato quando Pfizer voleva comprare e assorbire la multinazionale, nata nel 1999 dalla fusione di Astra AB, storica casa farmaceutica svedese, e Zeneca, giovane gruppo britannico impegnato per lo più nella produzione di farmaci anti-tumorali. Quando il colosso americano ha tentato l'assalto, Londra era ancora nell'Unione Europea e Bruxelles si è mossa per bloccare la nascita di un gigante farmaceutico al di sopra di ogni norma antitrust. L'affare è saltato e così AstraZeneca oggi prova a fare concorrenza a Pfizer su un terreno per lei sconosciuto: la produzione di un vaccino, mai tentata prima, per la quale ha stretto un'alleanza molto solida con l'università di Oxford e con il governo britannico. E sulla quale si è giocata il suo futuro. Le falle del vaccino Il vaccino, basato sulla tecnologia adenovirale (da un virus degli scimpanzé), è partito subito male, con la pubblicazione dei primi risultati, lo scorso autunno. L'efficacia contro i contagi cresceva iniettando una dose e mezzo, e non due, per un "errore" nelle somministrazioni, ha spiegato AstraZeneca, tra i dubbi degli esperti. Dubbi che, a distanza di mesi, non sono passati, visto il recente scontro con le autorità americane sull'affidabilità dei dati dell'ultima sperimentazione negli Stati Uniti: i livelli di efficacia, dopo due dosi, a seconda delle fasce di età, sono stati contestati, ma l'azienda li ha confermati. Nel frattempo, c'è stata la clamorosa sospensione delle vaccinazioni, per alcuni giorni e in molti Paesi europei, dopo i casi di trombosi in persone appena vaccinate con AstraZeneca. L'Agenzia europea dei medicinali ha poi ribadito la sicurezza del vaccino, pur annunciando un approfondimento: lunedì si riunirà un gruppo di esperti esterni, per formulare un ulteriore parere sugli eventi osservati e i fattori di rischio e arrivare ad una raccomandazione aggiornata dell'Ema. Se la sicurezza del vaccino in sé sembra garantita, quella di ricevere le dosi pattuite non riusciamo ad averla. L'azienda anglo svedese, da contratto, si era impegnata a consegnare 120 milioni di dosi nel primo trimestre dell'anno. Poi ha unilateralmente tagliato di tre quarti, portando il totale atteso a 30 milioni. Ora dalla Commissione di Bruxelles hanno fatto sapere che in tutto arriveranno 18 milioni di dosi (in Italia 2 milioni e mezzo scarsi) e che «c'è ancora un grande divario sulle dosi concordate». I tagli, infatti, riguardano anche il secondo trimestre: l'azienda anglo-svedese ha annunciato qualche giorno fa che sarà in grado di consegnare solo 70 dei 180 milioni di dosi previsti. Il sospetto, ormai pubblico, dei governi europei è che dietro l'annuncio dei continui e imprevisti ritardi nelle consegne di AstraZeneca ci sia la scelta di favorire altri Paesi extra Ue, a cominciare dal Regno Unito. Ma le polemiche fanno male fino a un certo punto: AstraZeneca ha il vaccino anti-Covid che costa di meno ed è più facilmente conservabile, quindi ha comunque un mercato enorme, soprattutto nei Paesi più poveri. Non a caso, nonostante la produzione sia ufficialmente no-profit, grazie alla crescita delle azioni il 2020 è stato un ottimo anno per la multinazionale anglo-svedese, con 4 miliardi e mezzo di profitti (al netto delle tasse) contro 1,8 miliardi dell'anno prima.

Anatomia di AstraZeneca: ecco che cosa c'è da sapere sul vaccino di cui tutti parlano. Negli ultimi mesi il preparato anglo-svedese è stato al centro delle cronache. Nel giorno in cui il vertice della Ue prende provvedimenti sull'export e la produzione delle dosi per l'immunizzazione, proviamo a fare chiarezza su quello che è accaduto e su cosa potrà succedere.  Giuliano Foschini,  Anais Ginori,  Antonello Guerrera su La Repubblica il 25 marzo 2021. È stato uno degli argomenti più divisivi di questo ultimo, tremendo anno segnato dal Covid. AstraZeneca croce o delizia? Salvatore o fustigatore dell’Unione Europea? In un clima sempre più acceso a livello nazionale e internazionale, segnato da quella che oramai può essere chiamata la “guerra dei vaccini” tra Ue, Regno Unito e case farmaceutiche come AstraZeneca, e nel giorno del summit a Bruxelles che potrebbe aumentare le restrizioni anti-export delle dosi di vaccini anti Coronavirus prodotte in Italia, proviamo a fare chiarezza su che cosa è successo in questi ultimi mesi. E su che cosa potrebbe accadere in un prossimo futuro.

Innanzitutto, che cos’è AstraZeneca? AstraZeneca è una multinazionale anglo-svedese nata il 6 aprile 1999, in un’epoca di grandi fusioni nel settore farmaceutico mondiale, dall’unione tra Astra AB e Zeneca. Prima che ciò avvenisse, Astra AB era la principale casa farmaceutica svedese, nata nel 1913 ma che ha raggiunto il suo status principe a livello nazionale tra gli anni Venti e i Cinquanta grazie a penicillina, anestetici, farmaci per patologie gastroesofagee e cardiache, per poi subire un calo di fatturato e reputazione soprattutto a causa della concorrenza americana. Zeneca invece è un gruppo ben più giovane, nato nel 1993 dallo scioglimento della britannica Imperial Chemical Industries. Come ricorda il sito specialistico Pharmaphorum, il nome allora venne scelto da esperti di marketing in modo da poter esser ricordato facilmente e non avere alcun concorrente dal “suono”  simile. Sin dall’inizio, Zeneca si concentra sui farmaci anti-tumorali, fino al 1999 quando ha luogo la fusione con Astra AB, i cui azionisti acquisiscono il 46.5% della nuova creatura aziendale contro il 53,5% di quelli ex Zeneca. La nuova casa farmaceutica, AstraZeneca appunto, si concentra su quello che sarà il suo fiore all’occhiello per molti anni, e cioè farmaci nella ricerca oncologica, cardiovascolare, gastrointestinale, problemi respiratori e anestetici. Compie qualche acquisizione di medio ordine, lancia farmaci importanti come il Nexium (gastroprotettore contro il riflusso gastroesofageo). Poi però, dal 2010, perde molti brevetti soprattutto in America e inizia il suo declino. Fino a quando, a capo di AstraZeneca, arriva l’uomo che l’ha riportata in alto e che è ancora il suo amministratore delegato: il francese Pascal Soriot. Nel 2012 Soriot, che viene da un’esperienza di successo con Roche, rivolta AstraZeneca come un calzino: tagli di posti di lavoro, “rimpasto” delle sedi, focalizzazione in pochi campi di ricerca medico-scientifica come quella oncologico, acquisizioni mirate e la regola delle “cinque R” (dall’inglese right, giusto) da applicare a ogni potenziale lancio di un nuovo prodotto: obiettivi giusti, tessuto giusto, paziente giusto, impatto commerciale giusto, sicurezza giusta del farmaco. I risultati, come ricorda Pharmaphorum, gli danno ragione. Curiosamente, nel 2014 c'è una “porta scorrevole” le cui conseguenze si ripercuotono ancora oggi nella saga dei vaccini: Pfizer, il colosso farmaceutico americano, vuole comprare e inglobare AstraZeneca. In quel momento Londra è ancora nell'Unione Europea e l’Ue si muove per bloccare una fusione che potrebbe generare un gigante farmaceutico incontrastato a livello mondiale, in barba a ogni norma sulla concorrenza. Alla fine, l’assalto di Pfizer, produttrice di un altro tipo di vaccino anti Covid oggi con una tecnologia diversa da quella di AstraZeneca, viene respinto e l’offerta giudicata troppo bassa. 

I dubbi sulle sperimentazioni del vaccino di Oxford-AstraZeneca. Ora, la grande sfida per AstraZeneca è proprio quella del vaccino anti-Covid, su cui si gioca buona parte del suo futuro. La casa anglo-svedese non ha mai prodotto nulla del genere. Tuttavia, dall’inizio della pandemia, ha stretto una solidissima sinergia con il governo britannico e soprattutto con l’università di Oxford. Che, come Pfizer e Moderna e mediante il suo leggendario Jenner Institute (Edward Jenner è il padre dell’immunologia moderna con il suo vaccino contro il vaiolo del 1799) è riuscita in pochi mesi nell’impresa di avere un preparato contro il Covid basato sulla tecnologia adenovirale (da un virus degli scimpanzé). La pubblicazione dei primi risultati nell’autunno scorso però genera subito qualche dubbio: l’efficacia del vaccino contro i contagi, che secondo i primi test oscillerebbe dal 62% al 90% circa, crescerebbe quando viene somministrata una dose e mezzo, e non due. Ciò per un “errore” nelle somministrazioni, dirà successivamente l’azienda, che però lascia perplessi alcuni esperti.

La guerra dei vaccini. Il 26 gennaio scorso, il “ceo” di AstraZeneca Pascal Soriot rilascia un’intervista esclusiva a “Repubblica” che scatena ufficialmente la guerra dei vaccini tra il Regno Unito, oggi arrivato quasi a 30 milioni di somministrazioni di almeno una dose di vaccino anti Covid, e l’Unione Europea, che ancora è molto indietro con il suo piano vaccinale, Italia inclusa. Tra le altre cose, Soriot afferma che l’Europa ha firmato un contratto con l'azienda solo tre mesi dopo il governo di Boris Johnson e rivela come Londra e Bruxelles abbiano due diversi contratti con AstraZeneca: il Regno Unito avrebbe garantita una somministrazione esclusiva definita “supply us first”, ossia “rifornite prima noi”. L'Ue, invece, una “Best effort clause”, ossia “faremo il possibile” come azienda, promessa oggi non più sufficiente per l’Ue perché dalle 300 milioni di dosi previste da AstraZeneca entro giugno prossimo, il target è già sceso a 100. La clausola del “Best Effort" in verità è inserita anche nel contratto inglese, finalmente pubblicato diverse settimane dopo l’intervista di Soriot. Ma ci sono diversi omissis che, plausibilmente, potrebbero nascondere una priorità di dosi di vaccino di Oxford-AstraZeneca per il governo di Boris Johnson, che del resto è stata confermata oggi dal ministro della Salute britannico Matt Hancock in un’intervista al Financial Times. 

Il blocco in diversi paesi. L’intervista di Soriot scatena la furia dell’Europa, la quale pretende sostanzialmente due cose da AstraZeneca: il rispetto del contratto e l’utilizzo dei siti di produzione britannici del vaccino anche per le dosi destinate all’Ue. La crisi sanitaria esplode in una battaglia politica con il presidente francese Macron che bolla il vaccino di Oxford come “pressoché inutile” scatenando scetticismo e ulteriori perplessità verso il vaccino in tutta Europa e, seppur in parte minore, addirittura nel Regno Unito. Lo stesso accade con l’ultima polemica sui presunti casi di trombosi registrati con la somministrazione del vaccino di Oxford-AstraZeneca, che viene bloccato per giorni in diversi Paesi, Italia inclusa. Precauzioni e perplessità che sino a oggi non hanno trovato giustificazioni sostenute dai dati: su 13,7 milioni di somministrazioni del preparato “inglese" nel Regno Unito, i casi con vari sintomi e reazioni avverse riportate sono state lo 0,55% circa del totale, le reazioni più gravi, come anafilassi, lo 0,002% del totale, e le morti sospette lo 0,0028%, anche se non è stato riscontrato alcun legame chiaro tra la somministrazione e il decesso. Non a caso l’Ema, pochi giorni dopo la sospensione, ha riconfermato la sicurezza e l’efficacia del vaccino.

Ritardi su ritardi. Delle 120 milioni di dosi promesse da AstraZeneca all’Ue per il primo trimestre si è arrivati ad appena 30 milioni. E i tagli riguardano anche il secondo trimestre: il laboratorio anglo-svedese ha annunciato qualche giorno fa che sarà in grado di consegnare solo 70 milioni delle 180 milioni previste."Vedo degli sforzi, ma non i migliori sforzi” ha tuonato il commissario Ue, Thierry Breton, che guida la task force sui vaccini a Bruxelles. Il riferimento è ai “best efforts” che il ceo di AstraZeneca aveva garantito per rispettare la tempistica inserita nei contratti. 

I sospetti sull'export. Il timore, ormai pubblico, che circola nelle varie capitali europee è che dietro l'annuncio dei continui e imprevisti ritardi nelle consegne ci sia la scelta di favorire altri paesi extra-Ue, a cominciare dal Regno Unito. È uno dei motivi che ha spinto l'Ue ad approvare un meccanismo di controllo dell'export a fine gennaio. “Il meccanismo è essenzialmente destinato a garantire che le imprese rispettino i loro impegni” spiega una fonte dell'Eliseo, aggiungendo: “Finora c'è solo un'azienda che non rispetta i suoi obblighi verso l'Europa, ed è AstraZeneca”. Gli altri due vaccini approvati – Pfizer/BioNtech e Moderna – sono infatti in regola rispetto alle consegne promesse all'Ue. Anzi per Pfizer c'è stata la buona sorpresa di scoprire un leggero surplus. “Ci sono state 314 domande di esportazione dall'Ue verso paesi terzi, e finora solo una è stata bloccata” ricorda l’entourage di Macron, facendo riferimento alla decisione di Mario Draghi di bloccare la spedizione di AstraZeneca dallo stabilimento di Anagni verso l’Australia.

L'import che non c'è. “I fatti sono che milioni di dosi sono state esportate dall'Ue verso il Regno Unito. E nessuna dose è stata esportata nell'altra direzione” sottolinea il consigliere di Macron. “Un principio di giustizia ci spinge a chiedere reciprocità” continua lo sherpa per poi aggiungere: “In questa battaglia collettiva contro il virus, l'Europa non vuole passare per l'utile idiota”. Nelle ultime ore Londra e Bruxelles stanno negoziando per arrivare a organizzare questo principio di reciprocità nell’import/export di vaccini tra il continente e l'isola britannica. Uno dei punti da negoziare è che fine faranno le dosi già fabbricate nell’impianto olandese di Leida, di cui una parte potrebbe essere destinata al Regno Unito.

Il pasticcio di Leida. Nell'impianto olandese gestito dal laboratorio Halix, a cui AstraZeneca ha appaltato la produzione, sono in deposito circa 16 milioni di dosi, secondo alcuni calcoli europei. Questo stock di vaccini non è però formalmente a disposizione dell'Ue. Nonostante la fabbrica di Leida fosse menzionata nel contratto con l’Ue e attiva nella produzione già da gennaio, AstraZeneca ha chiesto omologazione all’Ema solo qualche settimana fa. Distrazione o modo di dilatare i tempi di consegna all’Ue? E' l'ennesimo giallo nei rapporti tra la Commissione e i vertici del gruppo farmaceutico. Tuttavia, anche il Regno Unito non ha ancora approvato la distribuzione da questo stabilimento. A giorni l’Ema dovrebbe dare il via libera alla certificazione dello stabilimento di Leida e lo stesso dovrebbe fare anche Londra. A quel punto le dosi prodotte in Olanda saranno destinate in priorità all’Ue o forse, se si troverà un’intesa sulla reciprocità dell’import/export, al Regno Unito. 

L’Italia e le indicazioni di primavera. Ad aprile dello scorso anno la nostra intelligence consegna un'informazione precisa al Governo e alla struttura commissariale: raccontano di problemi nella sperimentazione di Astrazeneca (alcuni mesi dopo scoppierà il caso dei dosaggi) e, contestualmente, invece, offrono ottime referenze sui primi passi del vaccino italiano, Reithera. Che però è necessario implementare con investimenti pubblici. Arcuri lo chiede ma i primi decreti arriveranno tre mesi dopo. E il denaro sarà stanziato soltanto alla fine dell’anno.

Le inchieste. In Sicilia muoiono tre persone nei giorni successivi alla somministrazione del vaccino. E tre procure aprono fascicoli d’inchiesta per valutare una possibile correlazione. Catania ordine il sequestro di uno dei lotti del vaccino arrivato in Italia. Poche ore dopo arriva lo stop europeo alla somministrazione. Le autopsie escludono, però, una correlazione tra le morti e la somministrazione del vaccino. Ciò nonostante – e nonostante il via libera europeo - il lotto continua a essere sotto sequestro.

Le fiale bloccate. L’Italia, su indicazione della Commissione europea, blocca ai primi di marzo 250mila fiale di vaccino Astrazeneca dirette in Australia. Lo fa perché Astrazeneca non ha rispettato gli impegni presi con il nostro Paese (aveva promesso 8 milioni di dosi entro il 31 marzo, ne ha consegnate meno di 2,5) e dunque l’export è bloccato. Ma nello scorso fine settimana succede altro: gli ispettori della Commissione vengono a conoscenza che nei depositi della Catalent, un’azienda di Anagni che infiala il vaccino per conto di Astrazeneca, sono stoccate 29,5 dosi di vaccino. Dosi che, temono, in parte verranno esportate. Per questo, nella notte tra sabato e domenica, il ministro della Salute Roberto Speranza invia i carabinieri del Nas: le dosi ci sono e, tra una settimana, dovranno partire per Bruxelles. Astrazeneca dice che sono destinate alla Ue e, 13 milioni, prodotte fuori dalla Ue, sono destinati al Covax, il programma internazionale dell’Organizzazione mondiale della Sanità che ha come obiettivo la fornitura di vaccino ai paesi più poveri. La partita, giurano da Bruxelles, sarà seguita in ogni centimetro dei suoi movimenti.

Il caso dei dati Usa. Un’ultima discordia nasce sui dati della sperimentazione del vaccino AstraZeneca negli Stati Uniti, rilasciati tre giorni fa. Inizialmente era stata registrata un’efficacia, dopo due dosi, del 79% contro le infezioni, dell’80% tra gli over 65 e del 100% contro rischio di ricoveri e morte. Ma le autorità americane hanno contestato i dati perché i test si fermavano a metà febbraio, e questo ha generato altre polemiche e scetticismo. Quindi AstraZeneca li ha appena integrati con sperimentazioni aggiornate, con risultati simili:  76% contro le infezioni, dell’85% tra gli over 65 e del 100% contro rischio di ricoveri e morte. 

Il futuro di AstraZeneca. Tutte queste polemiche avrebbero fatto male a qualsiasi azienda. Ma AstraZeneca ha il vaccino anti Covid che costa di meno (tre euro circa a dose) e quello più facilmente conservabile (frigo normale), quindi è molto ricercato e ha un mercato enorme in ogni caso, soprattutto nei Paesi più poveri. Non a caso, nonostante la produzione del vaccino sia ufficialmente no-profit da parte dell’azienda anglo-svedese, grazie alla salita delle azioni il 2020 è stato un grande anno per la multinazionale con 4,55 miliardi di profitti (al netto delle tasse) contro gli 1,8 miliardi dell’anno prima. Anche in passato, Soriot, anche mosso dal suo grande - o eccessivo ottimismo - ha promesso più di quanto potesse mantenere. La stessa cosa sembra essere successa questa volta. Ma il governo britannico, che ha firmato per prima il contratto vaccini con la connazionale AstraZeneca, difende Soriot a spada tratta. Il ceo ha grande credito, e protezione, da parte di Londra. 

Licia Soncini per sanita24.ilsole24ore.com il 24 marzo 2021. L'incidenza di eventi tromboembolici nei soggetti che hanno ricevuto il vaccino AstraZeneca non è più alta rispetto all’incidenza nella popolazione non vaccinata. Parola di Emer Cooke, direttrice esecutiva di Ema. E allora di che stiamo parlando? Perché il vaccino di AstraZeneca è stato sospeso? AstraZeneca è un’azienda con migliaia di dipendenti e molti prodotti in listino, fra cui diversi salvavita, che avrà danni di immagine e reputazione a lungo termine per una gestione improvvisata, a voler essere buoni, da parte delle Autorità regolatorie di mezza Europa. A voler essere meno buoni invece non può non venire il sospetto che l’azienda UK sia stata vittima di una vera e propria guerra di politica industriale fra Stati. Con buona pace delle belle promesse e dei buoni intenti di collaborazione (se ne esce tutti insieme era lo slogan, ricordate?), fatti quando la pandemia infuriava. Ripercorrendo per sommi capi la storia recente, il vaccino AstraZeneca doveva essere il primo a dover arrivare sul mercato. Poi sono cominciati gli intoppi. Prima ci sono stati ritardi autorizzativi (un anomalo ritardo da parte della FDA nello sblocco dello studio US interrotto a causa di un evento avverso non correlato al vaccino), poi sembrava che fosse meno efficace degli altri vaccini, evenienza smentita dai fatti quando le vaccinazioni sono iniziate, poi si diceva che fosse stato testato solo su una fascia di popolazione, cosa che ha portato le autorità ad autorizzarne l’uso solo per alcune fasce di età, in Italia lo abbiamo autorizzato prima per gli under 55, poi abbiamo alzato la soglia ai sessantacinquenni, ma con la raccomandazione di preferire gli altri vaccini per le fasce di popolazione più fragili e vulnerabili. Perché? Ci sono problemi di sicurezza? O di efficacia? Quindi è toccato alla polemica sui quantitativi delle forniture, causata sicuramente da errori di stima dell’azienda ma anche dal blocco delle importazioni da India e US. E, se è vero che il Ceo di AstraZeneca poteva evitare di fare polemica con le Autorità europee, è anche vero che le Autorità europee potevano evitare di addossare tutte le responsabilità all’azienda, diventata un troppo comodo capro espiatorio. Tutti hanno sbagliato nella gestione di una pandemia che non eravamo pronti ad affrontare, e ancora oggi, lo dimostrano tanto per fare un esempio le varianti del virus, andiamo avanti per approssimazioni progressive. Quello che sarebbe auspicabile, che in un primo momento c’è stato e ha permesso di dare la migliore risposta possibile all’emergenza, è la collaborazione fra Autorità e aziende e lo sforzo congiunto di tutte le parti in causa. Non è poi mancato lo scoop con il sospetto del mercato illecito delle forniture. Abbiamo aperto una finestra su un mondo incredibile, associato le aziende ad un traffico illecito, ignorato i loro esposti alle autorità, e poi tutto è svanito nel nulla. E alla fine sono cominciati i casi di morti sospette che sono state messe in relazione temporale con la vaccinazione ipotizzando un nesso di causalità privo di qualsiasi evidenza. Come dimostrato dalla statistica sull’incidenza delle trombosi fra popolazione vaccinata e non vaccinata, come ribadito da Ema che oggi ci dice che il vaccino AstraZeneca è sicuro. È davvero troppo per pensare che sia solo casualità. Grandi manovre di diplomazia vaccinale sono in corso da tempo, stando a quanto riportato sul sito di ISPI; Stati Uniti e Giappone sono pronti a finanziare un miliardo di dosi del vaccino Johnson&Johnson, prodotte in India e distribuite dall’Australia in tutto il sud-est asiatico; secondo il Financial Times l’iniziativa nasce come controffensiva americana ai progetti di esportazione di vaccino da parte di Pechino e Mosca. Mentre il fronte europeo è diviso e frammentato: Austria, Ungheria, Slovacchia e Repubblica Ceca trattano con la Russia per avere forniture di Sputnik e la Danimarca produrrà vaccini di seconda generazione con Israele. E le immunizzazioni nei Paesi europei procedono a rilento. In altre parole, il mercato europeo è contendibile e l’Europa è divisa da tanti interessi di parte. La sospensione del vaccino AstraZeneca è riconducibile a questo. Ma se è comprensibile che Macron difenda Sanofi e la Germania curi gli interessi di BioNTech, meno comprensibile è la posizione italiana che ha finanziato lo sviluppo del vaccino anglo-svedese, attraverso l’accordo di AstraZeneca con la IBRM di Pomezia. Intanto il vaccino AstraZeneca ha dimostrato “sul campo” una efficacia di oltre il 94 per cento, il costo del vaccino è di 2,9 euro per dose, (a copertura dei costi sostenuti per sviluppo e produzione perché AstraZeneca ha scelto di non avere profitto fino al termine della pandemia) e l’azienda fornirà il suo vaccino anche a Paesi a basso e medio reddito fino alla fine della pandemia, assicurando la copertura delle forniture in più di 188 Paesi attraverso partnership con varie organizzazioni non governative. La sospensione del vaccino AstraZeneca per fortuna è stata breve il suo impatto sulla campagna vaccinale sarà recuperato in pochi giorni, dicono a Palazzo Chigi. Speriamo. Intanto però molte persone, magari già un po’ in dubbio non si presenteranno all’appuntamento per farsi vaccinare. E qui c’è da dire che il generale Figliuolo l’ha pensata bene, regolando quello che un parroco siciliano aveva fatto con buon senso popolare già all’inizio della campagna vaccinale, distribuendo i vaccini avanzati a causa delle defezioni ai volontari che si presentavano. D’altra parte in tutte le guerre ci sono disertori e volontari. E #iomimettoinfila.

(ANSA il 25 marzo 2021) - AstraZeneca presenta al Data Safety Monitoring Board americano i dati aggiornati sul suo vaccino contro il Covid-19. Dalle informazioni fornite emerge che è efficace al 76% nell'arresto della malattia sintomatica e al 100% nel prevenire l'infezione grave. E' quanto si legge in una nota di AstraZeneca. I dati sono "in linea con l'analisi ad interim e confermano che il vaccino è efficace negli adulti, inclusi gli over 65", afferma AstraZeneca ribadendo l'intenzione di presentare la richiesta per l'autorizzazione di emergenza alla Fda. AstraZeneca aveva presentato il 21 marzo i dati sul vaccino ma erano stati ritenuti obsoleti. I dati aggiornati mostrano quindi che il vaccino è meno efficace dell'analisi precedente: lo è al 76%, a fronte del 79% dei risultati presentati in precedenza. La consegna di dati aggiornati alle autorità americane segue le polemiche degli ultimi giorni. AstraZeneca infatti aveva presentato il 22 marzo i risultati sulla sua sperimentazione condotta su oltre 30mila volontari in Usa, Cile e Perù: i dati mostravano l'efficacia del vaccino contro il Covid al 79% nell'arresto della malattia sintomatica e non sollevavano dubbi sulla sua sicurezza. Ma 24 ore dopo le autorità americane ne avevano espressi sulla possibilità che nei risultati fossero state incluse informazioni obsolete. AstraZeneca si era quindi impegnata a fornire dati più aggiornati di quelli presentati, che risalivano a prima del 17 febbraio.

AstraZeneca, il sospetto di Franco Bechis sul dossier aggiornato: "Cambia nome e sparisce il rischio trombosi". Libero Quotidiano il 27 marzo 2021. Aria di cambiamenti in casa AstraZeneca. Dopo il temporaneo stop a causa di alcuni casi di decessi sospetti, il colosso anglo-svedese per la produzione del vaccino anti-Covid ha fatto qualche ritocchino. A svelarlo è Franco Bechis che, dalle colonne del Tempo, scrive: "La Fda (l'Aifa a stelle strisce) qualche giorno fa aveva respinto la richiesta di autorizzazione al vaccino in emergenza contestando i dati della sperimentazione nella fase III americana". In particolare gli Stati Uniti hanno avanzato il dubbio che i dati forniti non fossero poi così aggiornati. "Secondo i dati riportati il vaccino si era rivelato efficace al 79% e al 100% contro il rischio di aggravamento della malattia e l'ospedalizzazione", spiega il direttore del quotidiano romano sottolineando che "i dati sulla efficacia erano assai diversi in Europa, dove per altro nell'aggiornamento della autorizzazione è stato cambiato anche il nome del vaccino, prima semplicemente AstraZeneca contro il Covid 19, ora con il nome commerciale che ha: 'Vaxzevria'". Ecco che allora AstraZeneca ha dovuto adeguarsi fornendo agli americani dati più aggiornati. Qui però la beffa: "Avendone depositato la sintesi alla Sec, si scopre che in realtà quello del 25 marzo è lo stesso identico studio del 22 marzo. Ma riporta 190 casi (non più 141) di vaccinati che si sono ammalati di coronavirus". Stando a questi numeri la nuova efficacia del vaccino passa dal 79 al 76 per cento. Ma le incongruenze non finiscono qui: "Nei due rapporti - conferma Bechis - ci sono altri particolari modificati. Quello del 21-22 marzo insisteva sul problema che stava facendo il giro del mondo", sottolineando che "il DSMB non ha riscontrato un aumento del rischio di trombosi o eventi caratterizzanti da trombosi fra i 21.583 partecipanti che hanno ricevuto almeno una dose del vaccino”. Tre giorni dopo qualcosa cambia: "ogni riferimento alla trombosi è scomparso. E chissà se le rassicurazioni date agli americani sono ancora valide, perché l'Ema nel frattempo aveva pubblicato la nuova scheda sul vaccino Vaxzevria- AstraZeneca aggiungendo un capitolo su “Trombocitopenia e disturbi della coagulazione” dove non c'erano affatto parole così rassicuranti come quelle nel primo rapporto americano". E se la Fda fosse ancora scettica AstraZeneca aggiunge un buon motivo per essere presa sul serio. La casa farmaceutica ha infatti svelato di avere ricevuto nel maggio 2020 "un miliardo di dollari dall'agenzia della ricerca pubblica, BARDA. Da qui la conclusione di Bechis: "Se Fda dovesse ancora dire di no - in fondo il messaggio è questo - quel miliardo di dollari sarebbe stato buttato dalla finestra dai contribuenti americani".

Vaccino AstraZeneca, nuovi dubbi dagli Usa: "Dati obsoleti". L'Europa: "Scandaloso, consegnata una fiala su quattro".  Elena Dusi su La Repubblica il 24 marzo 2021. Ieri l'azienda anglo-svedese aveva comunicato un'efficacia alta: 79%. Oggi le autorità federali criticano le informazioni della casa farmaceutica: "Speriamo che forniscano al più presto dati aggiornati". L'Ue: "Arrivate meno di un quarto delle dosi promesse. Su cinque impianti indicati nel contratto ne funziona uno". E’ durata lo spazio di una notte, la buona notizia dei dati americani del vaccino di AstraZeneca. Ieri dagli Stati Uniti erano stati annunciati i buoni risultati del trial negli Usa: 79% di efficacia. Stamattina le autorità americane mettono in dubbio quei dati, frutto di “informazioni obsolete” secondo un comunicato del Niaid guidato da Anthony Fauci (il National Institute of Allergy and Infectious Diseases). "Il vaccino è probabilmente molto buono - ha detto Fauci in un'intervista alla Abc - ma il comunicato stampa diffuso dall'azienda non era del tutto accurato e potrebbe essere fuorviante". I dati forniti da AstraZeneca risalgono a prima del 17 febbraio. Potrebbero non tenere conto della diffusione delle varianti del virus, causa probabilmente di un abbassamento dell'efficacia del vaccino.

"Vogliamo cifre più precise". “Il Data and Safety Monitoring Board è preoccupato che AstraZeneca possa aver fornito una stima incompleta sui dati di efficacia” spiega il comunicato, riferendosi al comitato incaricato di esaminare i dati sui trial clinici forniti dalle case produttrici. “Esortiamo l’azienda a lavorare con il Board per valutare la qualità dei dati e assicurarsi che vengano rese pubbliche quanto prima le cifre più precise, più aggiornate e più chiare possibile”. Dall'azienda è arrivata la replica: "Stiamo analizzando la richiesta. Entro 48 ore forniremo tutti i dati richiesti". AstraZeneca si era detta pronta a chiedere l’autorizzazione alla Food and Drug Administration (Fda, l’ente regolatorio dei farmaci negli Usa) per l’autorizzazione del suo vaccino anche negli Usa. Ora arriva l’ennesimo intoppo per la casa farmaceutica anglo-svedese. In autunno, dopo un evento avverso su un volontario (un caso di mielite, una malattia neurologica), l’Europa aveva ripreso le sperimentazioni dopo una settimana, mentre gli Stati Uniti avevano riavviato le somministrazioni solo dopo sette settimane di analisi e controlli. Mentre l’autorizzazione in Europa era arrivata il 29 gennaio sulla base soprattutto di un trial in Gran Bretagna con 20mila volontari, Washington aveva chiesto che l’azienda completasse la sperimentazione avviata sul suolo americano con 32mila volontari, prima di prendere in esame il vaccino. Ieri questi risultati erano arrivati. Ma non sono bastati a convincere le autorità americane. Anche l’Ema, l’Agenzia europea per i medicinali, aveva avuto il suo da fare per mettere ordine tra i dati dei trial clinici di AstraZeneca. Una parte dei volontari aveva ricevuto una dose intera, altri mezza dose, a causa di un errore nella misurazione del principio attivo. Un approvvigionamento erratico aveva costretto poi gli sperimentatori a ritardare il richiamo, in alcuno casi fino a tre mesi dopo la prima dose. Negli Usa invece le seconde dosi sono state tutte inoculate dopo un mese. I problemi di produzione dell’azienda stanno causando inoltre il ritardo degli approvvigionamenti in Europa, alla base della disputa commerciale in corso con la Commissione Europea e della decisione del premier italiano Mario Draghi di bloccare l'export di 250mila dosi verso l'Australia.

Le accuse dell'Ue all'azienda inadempiente. "Questo primo trimestre" di campagna vaccinale "non è stato facile" ha detto Sandra Gallina, direttrice generale della direzione Salute della Commissione europea, nel corso di un'audizione in commissione Bilancio del Parlamento europeo. Mentre "Pfizer e Moderna stanno rispettando gli impegni, salvo pochi problemi di breve durata settimanale" il vero ritardo si è verificato "con AstraZeneca, un contratto col quale abbiamo forti problemi" dal momento che la casa farmaceutica "non ha rispettato neanche un quarto delle consegne" previste dall'accordo con l'Ue. "Useremo tutti gli strumenti a disposizione per avere le dosi". "AstraZeneca - ha proseguito Gallina - nel contratto aveva cinque impianti di produzione e al momento produce da uno, mentre un altro deve avere l'autorizzazione da Ema. La compagnia ha solo di recente fatto domanda. Se da cinque impianti promessi ne funziona solo uno, è impossibile rispettare un contratto, o almeno è molto difficile. E' una situazione scandalosa che ci sta causando un danno di reputazione". Il problema, ha sottolineato Gallina, non è tanto l'export delle fiale: "AstraZeneca al momento non sta esportando" verso Paesi extra-Ue. La carenza nasce proprio da un deficit di produzione.

La direttrice dell'Ema: "Altri studi sulla sicurezza". Due settimane fa erano emersi i casi di una rara trombosi nelle persone vaccinate con AstraZeneca, che avevano portato allo stop precauzionale delle iniezioni nella maggior parte dei paesi europei. L’Agenzia europea per i medicinali Ema aveva raccomandato la ripresa delle vaccinazioni giovedì 18 marzo. Alcuni paesi dell’Europa del Nord ancora non hanno riavviato la campagna di inoculazioni. A questo proposito, sempre all'Europarlamento, ha preso la parola la direttrice dell'Ema Emer Cooke: "La nostra farmacovigilanza si è accorta che c'è un gruppo limitato di eventi rari di tromboembolia in cui l'occorrenza sembra essere superiore. Eventi di questo tipo si riscontrano anche in alcuni pazienti che hanno o hanno avuto il Covid". Cooke ha aggiunto: "Abbiamo bisogno di indagini aggiuntive", anche "per verificare se possa esserci una correlazione per esempio con il fumo o con l'uso di contraccettivi orali, sull'impatto su donne incinte, immunodepressi". "Queste ricerche sono in atto ma non posso ancora darvi indicazioni".

Pfizer, Franco Bechis: il blitz di Vaticano e vescovi Usa per fermare i profitti del colosso dei vaccini. Libero Quotidiano il 25 marzo 2021. Un piccolo esercito contro il colosso Pfizer. Lo definisce così Franco Bechis il gruppo composto da "associazioni, organizzazioni e gruppi societari cattolici vicini alla Conferenza episcopale americana e in qualche caso diretta emanazione del Vaticano" che ha dato vita a un cartello. Lo scopo è quello di impedire alla società farmaceutica statunitense di puntare solo ai guadagni, incrementando i tre miliardi e 750 milioni di utile netto sui vaccini, invece di lasciare i brevetti per chi quelle fiale non le può comprare. "Tutte insieme - ha spiegato il direttore del Tempo - hanno acquistato pacchetti di azioni della multinazionale e in 17 di loro hanno costituito un gruppo per animare quella assemblea depositando anche una clausola di impegno da mettere al voto degli azionisti presenti". Dalla loro parte gli aiuti elargiti dallo Stato. "Senza i fondi pubblici per la ricerca - verga il direttore del quotidiano capitolino - non esisterebbe il vaccino e soprattutto Pfizer non lo avrebbe sviluppato se il governo americano non avesse pagato in anticipo nel luglio 2020 1,95 miliardi di dollari per assicurarsi 100 milioni di dosi (al prezzo unitario di 19,50 dollari a dose)". In sostanza la richiesta del gruppo ai vertici di Pfizer e agli azionisti è quella di sospendere fino a quando non sarà vaccinato tutto il mondo “la proprietà intellettuale” sul vaccino, condividendone invece gratuitamente la produzione, facendo anche il proprio interesse. “Secondo Moody's Investor Service, i prezzi e l'equa distribuzione del vaccino saranno i fattori principali che determinano la reputazione di un'azienda (…) La reazione contro i prezzi elevati o il rifiuto di condividere la proprietà intellettuale (…) potrebbero stimolare misure legislative o regolamentari. Ed è stato già depositato un disegno di legge bipartisan alla Camera e al Senato, sulle misure per prevenire la pandemia dei prezzi distorti". E, ancora più scontato, cedendo i brevetti Pfizer contribuirà a vaccinare tutti senza distinzione.

Franco Bechis per iltempo.it il 25 marzo 2021. Tre miliardi e 750 milioni di utile netto sui vaccini di quest'anno possono anche bastare per Pfizer. Invece di pensare a come fare lievitare il prezzo delle dosi per il 2022 come immaginano i top manager pregustandosi nuovi utili miliardari,  è ora di mollare i brevetti per chi quelle fiale non può comprare. A sorpresa negli Stati Uniti hanno fatto cartello decine di associazioni, organizzazioni e veri propri gruppi societari cattolici assai vicini alla Conferenza episcopale americana e in qualche caso diretta emanazione del Vaticano per irrompere alla prossima assemblea generale annuale di Pfizer inc. prevista per il prossimo 22 di aprile. Tutte insieme hanno da tempo acquistato pacchetti di azioni della multinazionale e in 17 di loro hanno costituito un gruppo per animare quella assemblea depositando anche una clausola di impegno da mettere al voto degli azionisti presenti. Fra loro c'è un istituto di diritto pontificio come quello delle suore domenicane della Congregazione del Santo Rosario, e due colossi della sanità privata cattolica come il Trinity Health (possiede 93 ospedali e 120 laboratori di analisi in 22 Stati Usa) e il CommonSpirit Health (gruppo che controlla 142 ospedali e 700 laboratori di analisi in 21 Stati, con 150 mila dipendenti e un fatturato di 29,5 miliardi di dollari), oltre a fondi etici di investimento sempre cattolici e organizzazioni di diverse chiese cristiane, come la American Baptist Home Mission Societies. Un gruppo di pressione non proprio banale anche se al momento non in grado di orientare troppo l'assemblea di Pfizer che sostiene come l'azienda debba tenere conto dei miliardi pubblici di finanziamento alla ricerca di quel vaccino mRna pagati sia dai contribuenti americani che da quelli tedeschi che hanno aiutato la partner BioNTech. Quei gruppi sostengono che anche la stessa invenzione del vaccino contro il Covid 19 sarebbe stata impossibile senza le scoperte effettuate con fondi pubblici sia dai ricercatori della Università di Pennsylvania che da quelli dell'Istituto nazionale per la Salute (NIH) che lavoravano su analogo vaccino Zika, e che poi lo sviluppo per il coronavirus dovuto a BioNTech sia stato aiutato da 445 milioni di dollari di finanziamento del governo tedesco. Non solo, ma Pfizer ha sviluppato anche un potenziale trattamento antivirale per il Covid 19 grazie ai fondi milionari ricevuti da il Niaid guidato da Anthony Fauci, che appartiene sempre all'Istituto nazionale per la salute Usa. Senza i fondi pubblici per la ricerca non esisterebbe il vaccino e soprattutto Pfizer non lo avrebbe sviluppato se il governo americano non avesse pagato in anticipo nel luglio 2020 1,95 miliardi di dollari per assicurarsi 100 milioni di dosi (al prezzo unitario di 19,50 dollari a dose), risorse “che hanno ridotto notevolmente il rischio di impresa”. Secondo i protagonisti della crociata per mettere le briglia a Pfizer oggi “esiste un consenso fra gli esperti di salute pubblica sul fatto che un accesso diffuso ed equo alla vaccinazione COVID-19, anche nei paesi a basso e medio reddito, sia necessario per arrestare la progressione della pandemia, prevenire l'emergere di varianti, rivitalizzare l'economia globale e consentire un ritorno alle attività pre-pandemiche”. E quindi “Un accesso iniquo avrebbe gravi conseguenze economiche. Secondo uno studio commissionato dalla Camera di commercio internazionale, una distribuzione ineguale del vaccino COVID-19 potrebbe costare all'economia globale oltre 9 trilioni di dollari, con i paesi ricchi che si assumono la metà di tale costo. Più un'economia è aperta, maggiore è la sua potenziale perdita economica a causa della disuguaglianza globale dei vaccini. Gli Stati Uniti, in quanto grande economia aperta connessa a livello globale, potrebbero perdere $ 1,3 trilioni, o il 6,5% del PIL nel 2021 se i vaccini COVID-19 non fossero distribuiti in modo più equo nei paesi a basso e medio reddito”. Dice la stessa cosa, ma in positivo “uno studio commissionato dalla Bill and Melinda Gates Foundation”, dove “ ha stimato che dare ai paesi a basso e medio reddito l'accesso ai vaccini attraverso ACT Accelerator andrebbe a vantaggio delle economie di 10 paesi ad alto reddito, inclusi gli Stati Uniti, di oltre 466 miliardi di dollari entro il 2025”. Invece al momento “solo quattro dei ventinove paesi a basso reddito hanno somministrato vaccini, mentre il 94% dei paesi ad alto reddito ha iniziato a farlo. A partire dal 4 marzo 2021, il vaccino di Pfizer / BioNTech veniva somministrato solo in Paesi a reddito alto e medio-alto. Pfizer e BioNTech hanno concordato di fornire fino a 40 milioni di dosi di vaccino entro la fine del 2021 a COVAX, il pilastro dei vaccini dell'Onu. L'obiettivo di COVAX è distribuire 2 miliardi di dosi di vaccini COVID-19 entro la fine del 2021. Ma al 9 marzo COVAX ne ha spedito solo 12 milioni...”. Quindi questo piccolo esercito cattolico e cristiano in assemblea chiederà ai vertici di Pfizer e agli azionisti di sospendere fino a quando non sarà vaccinato tutto il mondo “la proprietà intellettuale” sul vaccino, condividendone invece gratuitamente la produzione, facendo anche il proprio interesse. “Secondo Moody's Investor Service, i prezzi e l'equa distribuzione del vaccino saranno i fattori principali che determinano la reputazione di un'azienda (…) La reazione contro i prezzi elevati o il rifiuto di condividere la proprietà intellettuale (…) potrebbero stimolare misure legislative o regolamentari. Ed è stato già depositato un disegno di legge bipartisan alla Camera e al Senato, sulle misure per prevenire la pandemia dei prezzi distorti...”.

Ecco perché il Covid ha stravolto il mercato dei vaccini. Mauro Indelicato, Sofia Dinolfo su Inside Over il 22 marzo 2021. Il coronavirus ha stravolto molti elementi della nostra vita. Ma non solo: l’emergenza ha dato una scossa senza precedenti al mercato dei vaccini. In che modo? Le più importanti aziende produttrici di sieri si sono ritrovate in una posizione di secondo piano, lasciando spazio a quelle finora rimaste poco conosciute. Un cambiamento che non è solo economico ma che ha a che fare con la nuova tecnologia.

L’attività delle aziende farmaceutiche prima del Covid. Vaccini antinfluenzali assieme a quelli contro la varicella o il morbillo, fino al 2019 hanno rappresentato il motore trainante delle più importanti case farmaceutiche. La produzione di questi sieri ha costruito le solidi basi delle aziende, divenute dei colossi nell’ambito della prevenzione delle malattie più gravi. I vaccini, dopo i farmaci oncologici, per le multinazionali del settore hanno costituito un vero pilastro. Non è un caso se, in prossimità della fine del 2019, tre società in particolare sono riuscite a tracciare un bilancio più che positivo grazie ai ricavi derivanti dalla vendita di numerosi lotti. Il riferimento è all’inglese GlaxoSmithKline, all’americana Merk e alla francese Sanofi. Quando il 29 ottobre 2019 la Merk ad esempio ha pubblicato i suoi bilanci, è emerso ad esempio che il vaccino anti-HPV Gardasil ha fatturato ricavi pari a 1 miliardo e 320 milioni di Dollari nel terzo trimestre 2019 e 3 miliardi e 44 milioni di dollari dal primo gennaio. Un incremento inaspettato rispetto al 2018 e superiore del 34%. Altro risultato importante che rispetto al 2018 ha fatto registrare un fatturato del +36%, è stato quello relativo al vaccino a virus vivo mprv ProQuad, al trivalente MMR II e all’antivaricella Varivax. Questi ultimi hanno determinato un’entrata di 623 milioni di dollari nel terzo trimestre 2019 e 1 miliardo e 794 milioni dal primo gennaio. Dati più che favorevoli rispetto alle aspettative anche per la GlaxoSmithKline, la cui vendita di vaccini ha consentito, sempre nel 2019, un fatturato di 2 miliardi e 308 milioni di sterline con un incremento del 23% rispetto all’anno precedente. Tra le dosi che ne hanno consentito gli incassi risultavano quelle del nuovo vaccino ricombinante adiuvato antiherpes zoster Shingrix, l’antimeningococco di tipo B Bexsero e i trivalenti antidifterite-tetano-pertosse Infanrix, Pediarix e Boostrix. In quel contesto, a registrare dati inaspettatamente negativi è stata soltanto la Sanofi la cui vendita dei vaccini antinfluenzali Vaxigrip, Fluzone HD e Fluzone, nonostante i dati positivi del primo trimestre che hanno spinto a continuare sulla scia intrapresa, ha fatto chiudere l’anno con un calo del 9.8%.

L’arrivo della pandemia mette tutto in discussione. Il 2019 si è chiuso quindi con delle certezze per alcune case farmaceutiche mentre, per altre, con la necessità di mettere in campo un’analisi per individuare gli errori che hanno causato un calo del fatturato. Nessuno poteva invece immaginare che da lì a poco, tutto sarebbe stato messo in discussione dall’arrivo del coronavirus. Il nuovo virus ha azzerato le partite vinte e quelle perse dai colossi del settore farmaceutico. Nulla da quel momento è stato più scontato. Per GlaxoSmithKline, Merck e Sanofi è iniziato l’affanno dietro alla corsa degli eventi e alla rivoluzione dei vaccini determinata dalla necessità di intervenire in tempi rapidi. Troppo poco tempo per studiare e mettere in campo un vaccino con le tempistiche tradizionali hanno spinto i ricercatori ad aprire una nuova via. Proprio in questo contesto si sono fatte spazio le aziende di biotecnologia come Moderna e BioNTech con un vaccino rivoluzionario. Non più l’inoculazione di una sostanza estranea, come un virus o un batterio, che permette all’organismo di produrre gli anticorpi e le cellule della memoria, bensì un vaccino a base di mRNA, ovvero la molecola contenente le informazioni genetiche specifiche per ogni essere vivente. Di fronte alle nuove aziende che si sono fatte trovare pronte a fronteggiare la pandemia cos’è successo alle Big Pharma? La Merck ha abbandonato il suo programma diretto a sviluppare il vaccino, mentre  Sanofi e GlaxoSmithKline sono ancora impegnate nella sperimentazione dopo aver avuto qualche intoppo. Ma per loro l’unica strada per recuperare terreno è dettata dalla collaborazione con aziende di biotecnologia. Sanofi ha intavolato rapporti con Translate Bio, mentre GSK con la tedesca CureVac. Non è un caso dunque che tra i colossi l’unico in grado di reggere l’impatto dell’emergenza Covid è stato il gigante americano Pfizer, ma la multinazionale già nella primavera del 2020 ha iniziato la collaborazione con BioNTech.

Com’è cambiato il mercato dei vaccini. Un cambiamento tecnologico che, nel corso di questi mesi contrassegnati dall’emergenza Covid, si sta traducendo anche in uno stravolgimento delle gerarchie economiche. Una vera e propria rivincita, come l’ha definita su IlSole24Ore Biagio Simonetta, delle startup contro i colossi del settore. I numeri parlano chiaro. In borsa nel 2020 l’azienda Novavax ha visto crescere il valore delle proprie azioni del 6.400%. Un boom raramente visto negli anni passati, specialmente in ambito farmaceutico dove il ruolo delle Big Pharma ha reso il mercato tradizionalmente statico. Crescite importanti sono state riscontrate anche per le altre aziende biotecnologiche. Le azioni di Moderna sono aumentate di valore di oltre l’850%, quelle di BioNTech invece del 190%.

Al contrario le tre grandi aziende produttrici di vaccino, proprio nell’anno dell’inizio della pandemia, nei mercati azionari hanno chiuso con il segno rosso: Glaxo, Merck e Sanofi hanno complessivamente perso tra il 10% e il 30%. Le aziende inizialmente “candidate” a fare la voce grossa nella produzione e distribuzione dei vaccini anti Covid, si sono ritrovate a dover limitare i danni evitando di perdere il più possibile. Segno quindi di un cambiamento dei tempi, di un altro importante e non certamente secondario stravolgimento causato dal coronavirus. L’andamento riscontrato nel 2020 sui mercati azionari, potrebbe rispecchiare quello dei prossimi anni.

Le prospettive future. Le previsioni sulle forniture dei vaccini anti Covid guardano già al medio termine e non solo al breve. Secondo Airfinity, compagnia di monitoraggio delle analisi e delle informazioni economico – scientifiche, soltanto nel 2023 tutti i Paesi potranno vantare di aver terminato la campagna di vaccinazione. Dunque, il mercato dei vaccini contro il Sars Cov 2 potrebbe essere considerato prioritario ancora per almeno altri due anni. Chiaro quindi che il vantaggio attuale delle aziende impegnate oggi nella produzione, potrebbe consolidarsi anche nei prossimi mesi rendendo indelebile il cambiamento innescato dall’emergenza coronavirus. Secondo questa prospettiva, la guerra alla pandemia non ha fatto altro che anticipare il futuro. Moderna, nella sue previsioni pubblicate poco prima dello scoppio dell’epidemia, parlava dell’arrivo della tecnologia mRNA nei vaccini entro quattro anni. Il mercato già oggi ha iniziato invece ad essere dominato dalla nuove modalità di produzione dei sieri e dai nuovi marchi. Da ora in avanti, gli scenari tradizionali riscontrati nel mercato farmaceutico fino al 2019 sono destinati ad essere definitivamente oltrepassati. Questo però soltanto a patto che le aziende affacciatesi sulla scena negli ultimi mesi siano in grado di imprimere ritmi importanti nella produzione. Perché i “nuovi” marchi hanno una capacità ben inferiore al fabbisogno attuale di vaccini anti Covid. Da qui al 2023 i colossi del settore, grazie alle proprie immense disponibilità economiche, potrebbero in qualche modo avviare una “rimonta”.

Camilla Conti per “La Verità” il 22 marzo 2021. «A very european disaster». Un disastro molto europeo. È questo l'esaustivo titolo dell' editoriale firmato ieri sul New York Times da Paul Krugman e dedicato alla gestione della campagna vaccinale nel Vecchio Continente. Il premio Nobel per l' economia non ci va giù leggero. «La politica nell' Unione europea è stata segnata da un pasticcio dopo l' altro». Gran Bretagna e Stati Uniti hanno somministrato circa tre volte più dosi di Francia o Germania, e anche gli altri Paesi europei sono in ritardo. «La débâcle della vaccinazione in Europa finirà quasi sicuramente per causare migliaia di morti inutili. E il fatto è che i pasticci della politica del continente non sembrano casi isolati, o poche decisioni sbagliate prese da pochi leader cattivi» ma «sembrano riflettere i difetti fondamentali nelle istituzioni e negli atteggiamenti del continente, compresa la stessa rigidità burocratica e intellettuale che ha reso la crisi dell' euro un decennio fa molto peggiore di quanto avrebbe dovuto essere», aggiunge l' economista americano. Indicando un filo conduttore del fallimento Ue: «I funzionari europei non sono stati solo avversi al rischio, ma avversi ai rischi sbagliati». Ovvero: «Sembravano più preoccupati di ritrovarsi costretti a pagare troppo le aziende farmaceutiche, o a stanziare soldi per vaccini inefficaci o con pericolosi effetti collaterali. Quindi hanno minimizzato questi rischi ritardando il processo di approvvigionamento, mercanteggiando sui prezzi e rifiutando di concedere esenzioni di responsabilità. Sembravano molto meno preoccupati per il rischio che molti europei potessero ammalarsi o morire perché l' implementazione del vaccino era troppo lenta», spiega il premio Nobel. Evocando una definizione data dal saggista americano Henry Louis Mencken del puritanesimo: «la paura ossessionante che qualcuno, da qualche parte, possa essere felice». Ecco, secondo Krugman gli eurocrati sembrano ugualmente perseguitati dalla paura che qualcuno, da qualche parte - che si tratti di aziende farmaceutiche o dei dipendenti del settore pubblico greco - possa trovare una soluzione per cavarsela. Non solo. «In Europa la vaccinazione è stata ritardata dai tentativi di perseguire una politica europea comune, il che andrebbe bene se l' Europa avesse qualcosa di simile a un governo unificato. Ma così non è». La conclusione di Krugman è chiara: «Ancora una volta i responsabili delle politiche sono stati ossessionati dai rischi sbagliati. E l' Europa non è riuscita a coordinarsi». Morale: è stato un «fiasco». Chissà se a Bruxelles faranno tesoro delle riflessioni di un premio Nobel. E se il whatever it takes di Ursula von der Leyen si tradurrà davvero nell' uso dei poteri di emergenza previsti dai trattati Ue per assumere il controllo della produzione e della distribuzione stoppando le esportazioni delle fiale nei Paesi extra Ue. Di certo, la linea della Commissione viene vista da Londra come creata ad hoc per danneggiare il Regno Unito dove, per altro, la campagna vaccinale va a gonfie vele. Il primo ministro britannico Boris Johnson starebbe cercando di costruire un fronte contro la Commissione Ue - e quindi anche contro Germania, Francia e Italia - per impedire che il divieto di esportazione dei vaccini dal blocco possa influire sul rifornimento di dosi del vaccino Pfizer-Biontech. Secondo il Times, Bojo ha parlato giovedì sera con Alexander De Croo, il premier belga contrario al «ban» che rischia di danneggiare l' industria farmaceutica nazionale, in particolare l' enorme sito di produzione a Puurs della Pfizer. Nuove alleanze si stanno, dunque, formando. Con riflessi sulla supply chain dei vaccini (in Belgio c' è anche il centro logistico di Moderna e a Seneffe c' è lo stabilimento che si occupa di produrre e fornire il vettore virale di Astrazeneca). Nel frattempo, Angela Merkel attiva il «freno d' emergenza» per far fronte alla terza ondata del Covid in piena campagna elettorale e con una Cdu in estrema difficoltà. Le somministrazioni di Astrazeneca - sospese lunedì su input dell' istituto tedesco Ehrlich cui si sono poi allineati anche altri big europei come Italia, Francia e Spagna - sono ripartite ieri. La Merkel ha detto che si lascerebbe vaccinare con Astrazeneca «ma vorrei aspettare che sia il mio turno». Qualche ora prima il ministro della Salute, Jens Spahn, aveva lanciato un nuovo allarme: «Attualmente non c' è in Europa una quantità sufficiente di dosi per fermare la terza ondata di coronavirus attraverso la sola vaccinazione», ha detto. La situazione è talmente critica che il governo tedesco è disposto ad andare avanti da solo con il vaccino russo Sputnik. «Se verrà approvato dall' Ema e la Ue non prenderà una decisione centralizzata per eventuali forniture, la Germania potrà autonomamente siglare contratti con Mosca», ha detto Spahn aggiungendo di essere in contatto con «i colleghi russi del ministero della Salute a diversi livelli». Gli ha fatto eco la stessa Merkel in serata: «Ogni vaccino che viene autorizzato dall' Ema può essere utilizzato. Questa è per noi la strada preferenziale. Se non dovesse esserci ordine europeo, cosa che io non credo accadrà, sarebbe possibile percorrere una strada tedesca». Proprio ieri il Fondo russo Rdif ha trovato un accordo con Stelis Biopharma per la produzione in India di 200 milioni di dosi dello Sputnik che si aggiunge al contratto già in essere con Gland Pharma of India per 252 milioni di dosi. La produzione per entrambi gli accordi inizierà non prima del terzo trimestre di quest' anno.

Quei dubbi su Big Pharma, ecco chi finanzia l'Ema. Nel 2021 l'86% del budget dell'Ema sarà finanziato dalle stesse società private coinvolte nelle procedure di farmacovigilanza. E c'è chi solleva la questione del "conflitto di interessi". Alessandra Benignetti - Lun, 22/03/2021 - su Il Giornale. Nel 2021 il budget annuale dell’Ema, l’agenzia europea per i medicinali sarà di 385,9 milioni di euro. Il 14 per cento dei fondi arriverà dall’Unione europea, mentre la restante parte, l’86 per cento, circa 330 milioni, da tasse e oneri pagate dalle stesse società private coinvolte nelle procedure di farmacovigilanza. L’agenzia, infatti, richiede il pagamento di una tassa per esaminare le richieste di chi vuole immettere un farmaco nel mercato, per fornire pareri scientifici, effettuare ispezioni o definire il limite massimo di residui. A formare il budget del 2021, quindi, ci sono probabilmente anche i soldi versati dalle case farmaceutiche per le procedure di approvazione dei vaccini anti-Covid. E così qualcuno si domanda come sia possibile assicurare l’indipendenza dell’organismo che si occupa del monitoraggio e dell’approvazione dei medicinali distribuiti negli Stati dell’Unione. La questione è stata posta in un’interrogazione alla Commissione Ue da Vincenzo Sofo, europarlamentare del gruppo Conservatori e Riformisti, guidato da Giorgia Meloni. "Tale situazione – si legge nell’interpellanza - rischia di causare un intreccio di interessi tra "controllato" e "controllante" che potrebbe consentire alle società farmaceutiche di esercitare una forte azione di influenza nei confronti delle decisioni di Ema". Il riferimento è al caso che da giorni è sulla bocca di tutti, quello della recente analisi effettuata sul vaccino anti-Covid prodotto da Astrazeneca, dopo la sospensione da parte di diversi Paesi europei, come Italia, Germania, Francia e Spagna, per alcune morti sospette causate da trombosi ed embolie. "Per questo – spiega Sofo – ho chiesto informazioni circa un potenziale conflitto di interessi tra Ema e le Big Pharma che rischierebbe di gettare ombra sulle valutazioni dell’agenzia europea del farmaco, ad esempio sui vaccini utilizzati per le campagne vaccinali in Europa". Ma come funziona il finanziamento dell’agenzia e come si fa ad assicurare l’indipendenza delle valutazioni? "È giusto porsi il problema, ma il meccanismo con cui arrivano i finanziamenti è molto chiaro ed è lo stesso sistema di funzionamento dell’Ema ad assicurarne l’indipendenza", spiega al Giornale.it Guido Rasi, professore di Microbiologia clinica all’Università di Tor Vergata, che per quasi dieci anni, dal 2011 al 2020 è stato al timone della stessa agenzia. Ogni anno le case farmaceutiche versano all’Ema un contributo annuale fisso per tenere sul mercato i loro prodotti. La Commissione europea, a quel punto, stanzia i fondi che mancano per raggiungere il budget previsto. "Il meccanismo è quello della ‘fisarmonica’, se ci sono meno entrate, ad esempio per la sospensione di alcuni farmaci per cui non viene più pagata la tassa annuale, o nel caso in cui il budget risultasse insufficiente – chiarisce Rasi – allora la Commissione è pronta ad intervenire con un versamento più cospicuo". Altrimenti, l’importo messo a disposizione dall’Europa diminuisce proporzionalmente. Tutti i soldi finiscono in un unico fondo con cui vengono pagate le attività e gli stipendi dei dipendenti dell’agenzia. "Tanto per fare un esempio di attualità, - va avanti l’ex direttore - una riunione di farmacovigilanza come quella di Astrazeneca, che ha un costo molto più elevato rispetto all’importo che annualmente la casa farmaceutica anglo-svedese versa all’Ema, viene finanziata con il fondo comune". "Sono soldi – continua – che vengono corrisposti da tutte le case farmaceutiche, e l’indipendenza è assicurata proprio dal fatto che queste attività vengono finanziate da tutti: insomma, la nostra grande garanzia sono proprio i concorrenti, che pagano tutti la stessa fee e vogliono vedersi trattare allo stesso modo". Insomma, assicura Rasi, i soldi per l’Ema non sono mai stati un problema e le remunerazioni dei dipendenti non sono assolutamente collegate alle performance dell’agenzia: "Basti pensare che per i vaccini anti-Covid la task force dell’Ema sta valutando i dati preliminari di 68 sieri: quando un ricercatore si trova davanti 500 esami di anticorpi, magari si dimentica persino di che vaccino si sta parlando". E poi, sottolinea l’esperto, "non bisogna dimenticare che l’Ema ha soltanto un ruolo di coordinamento e che il potere decisionale spetta ai delegati delle varie agenzie nazionali". L’organizzazione, che conta sette livelli, il passaggio attraverso il parere di 27 Stati e infine della Commissione, fa si che le pressioni politiche non riescano ad arrivare sul tavolo di chi decide. "Ad avere l’ultima parola sono sempre i dati scientifici, – assicura Rasi – pensiamo al caso di Astrazeneca, nonostante avessero pagato la tassa per l’approvazione sia all’Ema che all’Fda statunitense - che ha un funzionamento molto simile a quello dell’agenzia europea-, in Europa il via libera è arrivato solo dopo tre mesi per alcune incongruenze, mentre in America la richiesta è stata addirittura bocciata". "Stesso discorso - va avanti Rasi – per lo Sputnik, è stato demonizzato a livello politico, ma se i dati del vaccino risultassero impeccabili e l’Ema non lo approvasse sulla base di quegli stessi dati scientifici, perderebbe la reputazione, e allora sì che potrebbe essere accusata di essere un ente politicizzato". Anche sul piano etico, secondo l’ex direttore, è giusto che il prezzo maggiore lo paghi l’industria. "Spesso ricevono già a monte finanziamenti pubblici e poi sono loro ad avere l’onere della prova: che senso avrebbe - incalza - se l’Europa con i soldi dei cittadini gli offrisse anche la sperimentazione e il costo della valutazione?". "È un onere che devono sostenere loro, visto che poi guadagneranno dalla commercializzazione – conclude – se fosse il contrario, allora sì che sarebbe immorale".

Antonella Baccaro per “l’Economia - Corriere della Sera” il 22 marzo 2021. Sono gli Usa e la Gran Bretagna i Paesi che hanno per ora il primato della diffusione dei vaccini tra tutti gli Stati del mondo. A fronteggiarsi nel FarmaRisiko, dove le superpotenze stanno riscrivendo gli equilibri della geopolitica, al momento ci sono anche la Cina, la Russia e l'India. Ma attenzione, in questo gioco in cui in palio non ci sono solo le vite umane ma anche il ritmo e la consistenza della ripresa economica degli Stati, ciò che conta non è solo avere sviluppato un vaccino, ma anche aver contribuito a finanziarlo. Ed essere in grado di produrlo in massicce quantità, come fa l' India. Quella che segue è l' analisi della diffusione dei vaccini somministrati in 132 Paesi, equivalenti all' 85% della popolazione mondiale.

Con tre vaccini in campo, gli Usa sono la vera superpotenza. Sono partiti per tempo, forti di cospicui finanziamenti pubblici e privati e dei migliori ricercatori, individuati anche fuori dai propri confini. È il caso dei coniugi tedeschi di origine turca Ugur Sahin e Özlem Türeci, fondatori di BioNTech. È l' azienda, specializzata nelle ricerche di immunoterapie contro i tumori, a cui l' americana Pfizer ha offerto un ricco accordo per lo sviluppo di un vaccino contro il Covid-19, finanziato anche dallo Stato tedesco e dalla Bei (la Banca europea degli investimenti). Il che spiega il favore riservatole dall'Ue e dalla Germania in particolare. Il vaccino Pzizer-BioNTech oggi è già somministrato in 77 Paesi, spesso in accoppiata con Moderna (presente in 32 Paesi): oltre a Usa, Canada, Australia e Nuova Zelanda, è stato scelto da tutti i Paesi europei, compresi quelli dell' Est, tranne la Moldavia e l' Ucraina che usano solo AstraZeneca, e San Marino che ha scelto il russo Sputnik. Questo vaccino è approdato anche alla Santa Sede. È invece assente nel continente africano, tranne che in Rwanda, insieme con AstraZeneca e Moderna. Passando al Medio Oriente, Israele lo ha scelto con quello di Moderna, mentre è l' unico vaccino in Libano, Kuwait e Qatar. Così come in Giappone, Malesia e Singapore. Poco presente nel Centro-America (in Messico c' è ma con AstraZeneca e Sputnik), in Sud America non ha conquistato i Paesi più grandi, tranne la Colombia. Quanto alle isole, è la scelta esclusiva di Bermuda, Cayman e Turks e Caicos. Le recenti autorizzazioni del terzo vaccino Usa, lo Janssen di Johnson & Johnson, ne vedono l' utilizzo al momento solo negli Stati Uniti e in Sud Africa, ma molti Paesi lo hanno autorizzato, tra cui l' Italia. Sviluppato dallo Jenner Institute dell' Università di Oxford, prodotto e distribuito dall' azienda farmaceutica anglosvedese AstraZeneca, il vaccino inglese è al momento il più utilizzato al mondo, forte del prezzo più basso.

Tra i 78 Paesi che ne stanno già facendo uso ci sono quasi tutti gli europei, anche dell' Est. A differenza degli americani, AstraZeneca è molto opzionato in Africa, dove ha conquistato sette sui 13 Paesi che hanno in corso le vaccinazioni, tra cui l' Angola, il Ghana, il Kenia, il Marocco (con il cinese SinoPharm), il Rwanda e l' Uganda. È poco presente in Medio Oriente, tranne in Arabia Saudita con Pfizer-BioNTech, e nel Bahrain e negli Emirati (che hanno opzionato tutti i maggiori vaccini). In Asia è stato adottato in India, Myanmar, Nepal, Bangladesh, Pakistan, Sri Lanka, Thailandia, Vietnam e Mongolia. Tra le isole, Antigua, Barbados, Maldive, Mauritius. È stato il primo vaccino al mondo registrato contro il Covid-19 nell' agosto scorso, grazie alla ricerca che il Centro Gamaleya aveva già fatto sull' Ebola e sulla Mers. Lo Sputnik al momento è stato autorizzato in quasi 50 Paesi ma è operativo in 18. L' Autorità europea (Ema) non gli ha dato il nullaosta: politicamente non c' è la volontà di foraggiare il regime di Vladimir Putin. Al momento viene iniettato oltre che a San Marino anche in Montenegro, in Serbia e in Ungheria, l' unico Paese al mondo in cui si utilizzano tutti i vaccini in circolazione.

Sono molti i Paesi con regimi autoritari che l' hanno scelto: Algeria e Tunisia, Iran e Venezuela. È presente anche in Argentina, Bolivia e Paraguay. L' Italia è l' unico Paese europeo che ha siglato un accordo per la produzione di dieci milioni di dosi di Sputnik. Questa rottura del fronte antirusso è stata accolta con freddezza dai maggiori Paesi Ue. I dieci miliardi di dollari che la Russia incamererebbe dalla vendita ipotetica di un miliardo di dosi in tutto il mondo inquietano, considerando che eguagliano quasi il valore delle sue esportazioni di armi dello stesso periodo. Intanto il laboratorio siberiano Vektor ha registrato il secondo vaccino russo: l' EpiVacCorona.

Turchia, Egitto, Ungheria. Basterebbero questi tre Stati, che hanno accolto i vaccini cinesi SinoPharm e SinoVac, a dare la misura di come la Cina si muova offrendo alleanze a Paesi-chiave in quadranti strategici. In Sud America le esportazioni riguardano colossi come Argentina, Brasile e Perù. Nella propria area ha conquistato le Filippine, in rotta con l' alleato Usa per non avere avuto le dosi promesse di Pfizer-BioNTech, e l' Indonesia, altro partner Usa deluso, accanto a Thailandia, Laos e Cambogia. L' offensiva è tale che Stati Uniti e Giappone sono pronti a finanziare un miliardo di dosi, da produrre in India e far distribuire dall' Australia in tutto il Sud-Est asiatico.

L' India ha elaborato un paio di vaccini con cui sta mettendo in sicurezza la propria popolazione (1,3 miliardi di abitanti) ma produce il 60% dei vaccini distribuiti nel mondo, in particolare AstraZeneca. Questo ne fa una potenza sullo scacchiere dei vaccini. Per lo stesso principio, il fatto che la Cina produca la maggior parte delle molecole e dei principi attivi e che gli Usa monopolizzino il settore dei bioreattori e dei materiali plastici necessari per i vaccini, spiega perché una loro torsione autarchica sarebbe foriera di seri problemi soprattutto per l' incauta Europa.

Russia, Cina e vaccini: le strategie di due giganti dai piedi d’argilla. Federico Giuliani su Inside Over il 22 marzo 2021. Due strategie apparentemente simili, ma in realtà attuate in contesti tra loro molto diversi. Russia e Cina hanno entrambe ottenuto l’indipendenza vaccinale, nel senso che sono riuscite a sviluppare, testare, produrre e perfino esportare un vaccino autoctono. Mosca è orgogliosa del suo Sputnik V, il “primo vaccino registrato contro il Covid-19”, come recita, in apertura, il sito ufficiale del farmaco targato Gamaleya Institute. I russi hanno in realtà pure lanciato secondo siero: l’EpiVacCorona. Realizzato dal Vector Institute, da gennaio è inserito nella campagna di vaccinazione di massa nazionale, nonostante il centro di ricerca debba ancora presentare i risultati di fase 3 a dimostrazione della sicurezza ed efficacia del vaccino. La Cina si affida invece a quattro vaccini, in realtà cinque considerando anche l’ultimo arrivato, lo ZF2001 dell’Anhui Zhifei Longcom e dell’Institute of Medical Biology at the Chinese Academy of Medical Sciences. Gli altri, ormai noti ed esportati in giro per il mondo, sono il BBIBP-CorV di Sinopharm, il CoronaVac di Sinovac, il Convidecia di CanSino e un altro vaccino Sinopharm, sviluppato assieme al Wuhan Institute of Biological Products.

Vaccini all’estero. La somiglianza principale tra Cina e Russia è che entrambi questi Paesi hanno dedicato un’attenzione spasmodica ad esportare all’estero i propri vaccini. Pechino ha spedito dosi in America Latina, Africa e Sud Est Asiatico, ma non ha ancora trovato terreno fertile in Europa, fatta eccezione per qualche enclave nell’Est del continente. Lo Sputnik è invece stato preso in considerazione dall’Ema – che si sta dedicando alla rolling review del siero – ma Bruxelles continua a mostrare molta diffidenza nei confronti del vaccino russo. E non solo per motivi sanitari. Certo è che il prodotto di Mosca è stato fin qui approvato da oltre 50 Paesi, compresi San Marino, Ungheria e Serbia, soltanto per citare qualche nazione europea. Altra affinità da considerare: il governo russo e cinese sono geopoliticamente interessati a ricoprire i vuoti lasciati scoperti dalla pessima strategia vaccinale conseguita dall’Unione europea. I governi europei sono a secco di dosi, e lo Sputnik e i “suoi fratelli” vengono rappresentanti come panacee a tutti i mali. Eppure, lo scetticismo dell’Europa non dà l’idea di voler evaporare.

Differenze e diffidenze. Se è vero che Cina e Russia hanno sviluppato vaccini anti Covid, e sono pronti a inviare milioni di dosi un po’ in tutto il mondo, è altrettanto vero che Pechino e Mosca devono fare i conti con problemi non da poco. Siamo al cospetto di due giganti d’argilla per motivi differenti. Secondo quanto riportato dal sito Airfinity, fino al 17 marzo la Cina era (ed è tutt’ora) il Paese con la più elevata capacità produttiva di vaccini anti Covid. I numeri parlano di 169.4 milioni di dosi prodotte, tra Sinovac, Sinopharm, CanSino e AstraZeneca. Dunque, il governo cinese ha un’elevata “potenza di fuoco”. Eppure, sui suoi vaccini continua a pendere un alone misterioso, alimentato da notizie come quella appena registrata dal Financial Times. Negli Emirati Arabi Uniti, dove il Sinopharm è uno dei vaccini autorizzati, le autorità stanno offrendo una terza iniezione del siero alle persone che hanno mostrato una debole immunità dopo la somministrazione di due dosi. “La stragrande maggioranza delle persone ha preso Sinopharm e mostra una buona risposta. Il booster è necessario solo se non c’è una risposta immunitaria dopo due iniezioni”, ha spiegato un medico che lavora in un ospedale governativo. Lo Sputnik, invece, sta ottenendo sempre più legittimità internazionale, ma la Russia fatica a produrre ingenti quantità. Gli ultimi dati stimano la capacità produttiva di Mosca in circa 11.8 milioni di dosi. Poche per esportare il vaccino in tutto il mondo e competere con Pfizer e soci. Per questo la Russia si è appena appoggiata all’India per moltiplicare la propria catena produttiva di vaccini.