Denuncio al mondo ed ai posteri con
i miei libri
tutte le illegalità tacitate ed impunite compiute dai poteri forti (tutte le
mafie). Lo faccio con professionalità, senza pregiudizi od ideologie. Per non
essere tacciato di mitomania, pazzia, calunnia, diffamazione, partigianeria, o
di scrivere Fake News, riporto, in contraddittorio, la Cronaca e la faccio
diventare storia. Quella Storia che nessun editore vuol pubblicare. Quelli
editori che ormai nessuno più legge.
Gli editori ed i distributori censori si avvalgono dell'accusa di plagio, per cessare il rapporto. Plagio mai sollevato da alcuno in sede penale o civile, ma tanto basta per loro per censurarmi.
I miei contenuti non sono propalazioni o convinzioni personali. Mi avvalgo solo di fonti autorevoli e credibili, le quali sono doverosamente citate.
Io sono un sociologo storico: racconto la contemporaneità ad i posteri, senza censura od omertà, per uso di critica o di discussione, per ricerca e studio personale o a scopo culturale o didattico. A norma dell'art. 70, comma 1 della Legge sul diritto d'autore: "Il riassunto, la citazione o la riproduzione di brani o di parti di opera e la loro comunicazione al pubblico sono liberi se effettuati per uso di critica o di discussione, nei limiti giustificati da tali fini e purché non costituiscano concorrenza all'utilizzazione economica dell'opera; se effettuati a fini di insegnamento o di ricerca scientifica l'utilizzo deve inoltre avvenire per finalità illustrative e per fini non commerciali."
L’autore ha il diritto esclusivo di utilizzare economicamente l’opera in ogni forma e modo (art. 12 comma 2 Legge sul Diritto d’Autore). La legge stessa però fissa alcuni limiti al contenuto patrimoniale del diritto d’autore per esigenze di pubblica informazione, di libera discussione delle idee, di diffusione della cultura e di studio. Si tratta di limitazioni all’esercizio del diritto di autore, giustificate da un interesse generale che prevale sull’interesse personale dell’autore.
L'art. 10 della Convenzione di Unione di Berna (resa esecutiva con L. n. 399 del 1978) Atto di Parigi del 1971, ratificata o presa ad esempio dalla maggioranza degli ordinamenti internazionali, prevede il diritto di citazione con le seguenti regole: 1) Sono lecite le citazioni tratte da un'opera già resa lecitamente accessibile al pubblico, nonché le citazioni di articoli di giornali e riviste periodiche nella forma di rassegne di stampe, a condizione che dette citazioni siano fatte conformemente ai buoni usi e nella misura giustificata dallo scopo.
Ai sensi dell’art. 101 della legge 633/1941: La riproduzione di informazioni e notizie è lecita purché non sia effettuata con l’impiego di atti contrari agli usi onesti in materia giornalistica e purché se ne citi la fonte. Appare chiaro in quest'ipotesi che oltre alla violazione del diritto d'autore è apprezzabile un'ulteriore violazione e cioè quella della concorrenza (il cosiddetto parassitismo giornalistico). Quindi in questo caso non si fa concorrenza illecita al giornale e al testo ma anzi dà un valore aggiunto al brano originale inserito in un contesto più ampio di discussione e di critica.
Ed ancora: "La libertà ex art. 70 comma I, legge sul diritto di autore, di riassumere citare o anche riprodurre brani di opere, per scopi di critica, discussione o insegnamento è ammessa e si giustifica se l'opera di critica o didattica abbia finalità autonome e distinte da quelle dell'opera citata e perciò i frammenti riprodotti non creino neppure una potenziale concorrenza con i diritti di utilizzazione economica spettanti all'autore dell'opera parzialmente riprodotta" (Cassazione Civile 07/03/1997 nr. 2089).
Per questi motivi Dichiaro di essere l’esclusivo autore del libro in oggetto e di tutti i libri pubblicati sul mio portale e le opere citate ai sensi di legge contengono l’autore e la fonte. Ai sensi di legge non ho bisogno di autorizzazione alla pubblicazione essendo opere pubbliche.
Promuovo in video tutto il territorio nazionale ingiustamente maltrattato e censurato. Ascolto e Consiglio le vittime discriminate ed inascoltate. Ogni giorno da tutto il mondo sui miei siti istituzionali, sui miei blog d'informazione personali e sui miei canali video sono seguito ed apprezzato da centinaia di migliaia di navigatori web. Per quello che faccio, per quello che dico e per quello che scrivo i media mi censurano e le istituzioni mi perseguitano. Le letture e le visioni delle mie opere sono gratuite. Anche l'uso è gratuito, basta indicare la fonte. Nessuno mi sovvenziona per le spese che sostengo e mi impediscono di lavorare per potermi mantenere. Non vivo solo di aria: Sostienimi o mi faranno cessare e vinceranno loro.
Dr Antonio Giangrande
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ITALIA ALLO SPECCHIO
IL DNA DEGLI ITALIANI
ANNO 2022
IL GOVERNO
QUINTA PARTE
DI ANTONIO GIANGRANDE
L’APOTEOSI
DI UN POPOLO DIFETTATO
Questo saggio è un aggiornamento temporale, pluritematico e pluriterritoriale, riferito al 2022, consequenziale a quello del 2021. Gli argomenti ed i territori trattati nei saggi periodici sono completati ed approfonditi in centinaia di saggi analitici specificatamente dedicati e già pubblicati negli stessi canali in forma Book o E-book, con raccolta di materiale riferito al periodo antecedente. Opere oggetto di studio e fonti propedeutiche a tesi di laurea ed inchieste giornalistiche.
Si troveranno delle recensioni deliranti e degradanti di queste opere. Il mio intento non è soggiogare l'assenso parlando del nulla, ma dimostrare che siamo un popolo difettato. In questo modo è ovvio che l'offeso si ribelli con la denigrazione del palesato.
IL GOVERNO
UNA BALLATA PER L’ITALIA (di Antonio Giangrande). L’ITALIA CHE SIAMO.
UNA BALLATA PER AVETRANA (di Antonio Giangrande). L’AVETRANA CHE SIAMO.
PRESENTAZIONE DELL’AUTORE.
LA SOLITA INVASIONE BARBARICA SABAUDA.
LA SOLITA ITALIOPOLI.
SOLITA LADRONIA.
SOLITO GOVERNOPOLI. MALGOVERNO ESEMPIO DI MORALITA’.
SOLITA APPALTOPOLI.
SOLITA CONCORSOPOLI ED ESAMOPOLI. I CONCORSI ED ESAMI DI STATO TRUCCATI.
ESAME DI AVVOCATO. LOBBY FORENSE, ABILITAZIONE TRUCCATA.
SOLITO SPRECOPOLI.
SOLITA SPECULOPOLI. L’ITALIA DELLE SPECULAZIONI.
L’AMMINISTRAZIONE
SOLITO DISSERVIZIOPOLI. LA DITTATURA DEI BUROCRATI.
SOLITA UGUAGLIANZIOPOLI.
IL COGLIONAVIRUS.
SANITA’: ROBA NOSTRA. UN’INCHIESTA DA NON FARE. I MARCUCCI.
L’ACCOGLIENZA
SOLITA ITALIA RAZZISTA.
SOLITI PROFUGHI E FOIBE.
SOLITO PROFUGOPOLI. VITTIME E CARNEFICI.
GLI STATISTI
IL SOLITO AFFAIRE ALDO MORO.
IL SOLITO GIULIO ANDREOTTI. IL DIVO RE.
SOLITA TANGENTOPOLI. DA CRAXI A BERLUSCONI. LE MANI SPORCHE DI MANI PULITE.
SOLITO BERLUSCONI. L'ITALIANO PER ANTONOMASIA.
IL SOLITO COMUNISTA BENITO MUSSOLINI.
I PARTITI
SOLITI 5 STELLE… CADENTI.
SOLITA LEGOPOLI. LA LEGA DA LEGARE.
SOLITI COMUNISTI. CHI LI CONOSCE LI EVITA.
IL SOLITO AMICO TERRORISTA.
1968 TRAGICA ILLUSIONE IDEOLOGICA.
LA GIUSTIZIA
SOLITO STEFANO CUCCHI & COMPANY.
LA SOLITA SARAH SCAZZI. IL DELITTO DI AVETRANA.
LA SOLITA YARA GAMBIRASIO. IL DELITTO DI BREMBATE.
SOLITO DELITTO DI PERUGIA.
SOLITA ABUSOPOLI.
SOLITA MALAGIUSTIZIOPOLI.
SOLITA GIUSTIZIOPOLI.
SOLITA MANETTOPOLI.
SOLITA IMPUNITOPOLI. L’ITALIA DELL’IMPUNITA’.
I SOLITI MISTERI ITALIANI.
BOLOGNA: UNA STRAGE PARTIGIANA.
LA MAFIOSITA’
SOLITA MAFIOPOLI.
SOLITE MAFIE IN ITALIA.
SOLITA MAFIA DELL’ANTIMAFIA.
SOLITO RIINA. LA COLPA DEI PADRI RICADE SUI FIGLI.
SOLITO CAPORALATO. IPOCRISIA E SPECULAZIONE.
LA SOLITA USUROPOLI E FALLIMENTOPOLI.
SOLITA CASTOPOLI.
LA SOLITA MASSONERIOPOLI.
CONTRO TUTTE LE MAFIE.
LA CULTURA ED I MEDIA
LA SCIENZA E’ UN’OPINIONE.
SOLITO CONTROLLO E MANIPOLAZIONE MENTALE.
SOLITA SCUOLOPOLI ED IGNORANTOPOLI.
SOLITA CULTUROPOLI. DISCULTURA ED OSCURANTISMO.
SOLITO MEDIOPOLI. CENSURA, DISINFORMAZIONE, OMERTA'.
LO SPETTACOLO E LO SPORT
SOLITO SPETTACOLOPOLI.
SOLITO SANREMO.
SOLITO SPORTOPOLI. LO SPORT COL TRUCCO.
LA SOCIETA’
GLI ANNIVERSARI DEL 2019.
I MORTI FAMOSI.
ELISABETTA E LA CORTE DEGLI SCANDALI.
MEGLIO UN GIORNO DA LEONI O CENTO DA AGNELLI?
L’AMBIENTE
LA SOLITA AGROFRODOPOLI.
SOLITO ANIMALOPOLI.
IL SOLITO TERREMOTO E…
IL SOLITO AMBIENTOPOLI.
IL TERRITORIO
SOLITO TRENTINO ALTO ADIGE.
SOLITO FRIULI VENEZIA GIULIA.
SOLITA VENEZIA ED IL VENETO.
SOLITA MILANO E LA LOMBARDIA.
SOLITO TORINO ED IL PIEMONTE E LA VAL D’AOSTA.
SOLITA GENOVA E LA LIGURIA.
SOLITA BOLOGNA, PARMA ED EMILIA ROMAGNA.
SOLITA FIRENZE E LA TOSCANA.
SOLITA SIENA.
SOLITA SARDEGNA.
SOLITE MARCHE.
SOLITA PERUGIA E L’UMBRIA.
SOLITA ROMA ED IL LAZIO.
SOLITO ABRUZZO.
SOLITO MOLISE.
SOLITA NAPOLI E LA CAMPANIA.
SOLITA BARI.
SOLITA FOGGIA.
SOLITA TARANTO.
SOLITA BRINDISI.
SOLITA LECCE.
SOLITA POTENZA E LA BASILICATA.
SOLITA REGGIO E LA CALABRIA.
SOLITA PALERMO, MESSINA E LA SICILIA.
LE RELIGIONI
SOLITO GESU’ CONTRO MAOMETTO.
FEMMINE E LGBTI
SOLITO CHI COMANDA IL MONDO: FEMMINE E LGBTI.
IL GOVERNO
INDICE PRIMA PARTE
UNA BALLATA PER L’ITALIA (di Antonio Giangrande). L’ITALIA CHE SIAMO.
UNA BALLATA PER AVETRANA (di Antonio Giangrande). L’AVETRANA CHE SIAMO.
PRESENTAZIONE DELL’AUTORE. (Ho scritto un saggio dedicato)
LA SOLITA INVASIONE BARBARICA SABAUDA. (Ho scritto un saggio dedicato)
Storia d’Italia.
LA SOLITA ITALIOPOLI. (Ho scritto un saggio dedicato)
Per Nome e Cognome.
L’Unione Europea.
Il Piano Marshall.
Bella Ciao al 25 aprile.
Fondi Europei: il tafazzismo italiano.
Gli Arraffoni.
Educazione civica e disservizi.
Quello che siamo per gli stranieri.
SOLITA LADRONIA. (Ho scritto un saggio dedicato)
Italioti antifascisti.
Italioti vacanzieri.
Italioti esploratori.
Italioti misteriosi.
Italioti giocatori d’azzardo.
Italioti truffatori.
Italiani Cafoni.
Italioti corrotti e corruttori.
Italioti ladrosi.
INDICE SECONDA PARTE
SOLITO GOVERNOPOLI. MALGOVERNO ESEMPIO DI MORALITA’. (Ho scritto un saggio dedicato)
Democrazia: La Dittatura delle minoranze.
Un popolo di Spie.
Nazi-fascismo e Comunismo: Economia pianificata.
Il Capitalismo.
I Liberali.
Il Realismo.
Il Sovranismo -Nazionalismo.
I Conservatori. Cos’è la Destra? Cos’è la Sinistra?
Il Riformismo progressista.
Il Populismo.
Il solito assistenzialismo.
La Globalizzazione.
L’Italia è una Repubblica fondata sul debito pubblico.
Le Politiche Economiche.
Il Finanziamento ai partiti.
Ignoranti.
I voltagabbana.
La chimera della semplificazione nel paese statalista.
Mafiosi: il voto di scambio.
Il Voto dei Giovani.
Il Voto Ignorante.
Il Tecnicismo.
L’Astensionismo: e la chiamano democrazia…
La Rabbia.
I Brogli.
I Referendum.
Il Draghicidio.
INDICE TERZA PARTE
SOLITO GOVERNOPOLI. MALGOVERNO ESEMPIO DI MORALITA’. (Ho scritto un saggio dedicato)
Elezioni politiche 2022. Ennesima presa per il culo.
La Campagna Elettorale.
INDICE TERZA PARTE
SOLITO GOVERNOPOLI. MALGOVERNO ESEMPIO DI MORALITA’. (Ho scritto un saggio dedicato)
Elezioni politiche 2022. Ennesima presa per il culo.
Le Votazioni ed il Governo.
SOLITO GOVERNOPOLI. MALGOVERNO ESEMPIO DI MORALITA’. (Ho scritto un saggio dedicato)
Una Costituzione fascio-catto-comunista.
Quelli che…La Prima Repubblica.
Le Presidenziali.
Storia delle presidenziali.
La Legge.
Il Potere Assoluto della Casta dei Magistrati.
I Top Manager.
I Politologi.
INDICE QUINTA PARTE
SOLITA APPALTOPOLI. (Ho scritto un saggio dedicato)
Traffico d’influenze.
La malapianta della Spazzacorrotti.
SOLITA CONCORSOPOLI ED ESAMOPOLI. I CONCORSI ED ESAMI DI STATO TRUCCATI. (Ho scritto un saggio dedicato)
Impuniti.
Concorsopoli Vigili del Fuoco e Polizia.
Concorso truccato nella sanità.
Concorso scuola truccato.
Concorsi ed esami truccati all’università.
Ignoranti e Magistrati.
ESAME DI AVVOCATO. LOBBY FORENSE, ABILITAZIONE TRUCCATA. (Ho scritto un saggio dedicato)
Ignoranti ed avvocati.
SOLITO SPRECOPOLI. (Ho scritto un saggio dedicato)
Amministratori pubblici: Troppi sprechi e malagestio.
I Commissari…
Il Cnel ed Aran: Come sprecare un milione all’anno.
Spreco a 5 Stelle.
Le ali italiane.
SOLITA SPECULOPOLI. L’ITALIA DELLE SPECULAZIONI.
Bancopoli.
La Nascita dell’Euro.
Il Costo del Denaro.
Il Debito. Pagherò.
ConTanti Saluti.
Il Leasing.
I Bitcoin.
I Bonus.
Evasori fiscali!
L'Ingiunzione di Pagamento.
Bollette luce e gas, mercato libero o tutelato.
La Telefonia.
Le furbate delle Assicurazioni.
I Ricconi alle nostre spalle.
IL GOVERNO
QUINTA PARTE
SOLITA APPALTOPOLI. (Ho scritto un saggio dedicato)
Finanziamenti pubblici: chi lucra sullo sport sociale e gli sponsor in Parlamento. Marco Bonarrigo e Milena Gabanelli su Il Corriere della Sera il 16 Novembre 2022.
Nel 2022 lo sport italiano ha ricevuto 288 milioni di euro di finanziamento pubblico: lo Stato mette i soldi, il Coni decide a chi darli, Sport e Salute (società per azioni del ministero dell’Economia e delle Finanze) come suddividerli. Alle 45 federazioni sportive vanno 264 milioni, alle 18 federazioni associate 4 milioni, e ai 15 Enti di promozione sportiva (Eps) riconosciuti dal Coni spettano 16 milioni. Solo il Coni può assegnare la qualifica di Eps che permette alle centinaia di migliaia di società affiliate vantaggi fiscali enormi. I soci sono complessivamente 9 milioni.
Gli Enti di promozione sportiva e i partiti politici di riferimento
Gli Eps nascono nel dopoguerra come strumento di propaganda e azione sociale di partiti politici e movimenti confessionali. La Libertas alla Dc, l’Arci-Uisp (ora solo Uisp) al Pci, l’Endas ai repubblicani, la Fiamma ai missini, il Csi alla Curia e così via. La loro natura è definita per regolamento, con una regola sacra: l’assenza di fini di lucro per loro e tutte le società associate. I ricavi, se ci sono, non possono essere distribuiti ai soci né in modo diretto e né in modo indiretto e neanche in futuro.
Le indagini della Guardia di Finanza
Nella realtà le cose vanno in un altro modo: Guardia di Finanza, Agenzia delle Entrate e Ispettorato del Lavoro già nel 2010 (Operazione Ercole) avevano trovato irregolarità in 95 circoli sportivi su 100. Nel 2022 hanno aperto centinaia di verbali. Il 20 gennaio la Gdf della Toscana ha accertato evasioni per oltre un milione di euro in una struttura di Grosseto i cui soci-atleti erano in realtà clienti iscritti a corsi fitness, inconsapevoli di far parte di una società sportiva. Trecentomila euro evasi e 5 lavoratori in nero a Sassuolo, dove «le finalità non lucrative espresse nello statuto erano finalizzate esclusivamente al profitto». In una grande palestra di Pomezia, vicino Roma, sono stati trovati completamente in nero istruttori, addetti alle pulizie, impiegati di segreteria ed esperti di marketing. Verbali analoghi a Trento, Cuneo (con canoni di affitto sovrastimati per lucrare sui crediti d’imposta), Cesena, Parma e altre località.
Tutti gli «imbrogli» delle palestre
Quasi metà delle società affiliate ad alcuni Eps sono palestre. Due centri sportivi di fama nel quartiere Eur di Roma hanno sale pesi, piscine e campi da tennis a disposizione dei clienti, adulti e benestanti. Un abbonamento annuale costa dagli 800 ai 1.300 euro, a seconda dei servizi offerti. In più si paga una cifra annuale (50/70 euro) di iscrizione. Nessun scontrino o ricevuta, ma una semplice notula priva di valore fiscale perché le due palestre si sono associate al Centro Sportivo Italiano (Csi) con la qualifica di «società sportive dilettantistiche» senza fini di lucro. La più grande – a scorrere il registro del Coni – conta 3.800 «atleti». Nel momento in cui ti iscrivi alla palestra, anche se nessuno te lo dice, diventi un atleta del Csi che infatti dichiara 1,3 milioni di soci. I vantaggi: la palestra non paga tasse e Iva sulla quota incassata, può assumere allenatori senza versare contributi pensionistici o assicurativi entro i 10 mila euro, ha sconti sulle forniture di metano e sulle tasse sui rifiuti e può defiscalizzare anche i ricavi del bar sociale. Il lucro c’è ma non si vede. Il presidente della società sportiva non può incamerare gli incassi della palestra ma può, ad esempio, girarseli sotto forma di affitto in quanto proprietario dell’impianto. E gli affitti sono molto alti. Secondo Silvio Martinello, oro olimpico ad Atlanta nel ciclismo e gestore di una delle palestre più grandi del Veneto, «l’operatore può sfruttare i benefici del lavoro sportivo con i dipendenti, ma deve sempre battere lo scontrino per le prestazioni di fitness che sono un lucro e vanno tassate. I vantaggi sono riservati a chi davvero fa attività sportiva dilettantistica, individuale e di squadra».
Come vengono schivati controlli e sanzioni
Enti come Asi, Opes, Csen hanno efficientissime strutture parallele con fiscalisti e consulenti del lavoro che spiegano come schivare controlli e sanzioni: bisogna evitare in ogni modo che «l’attività sia volta solo al mantenimento della forma fisica individuale e al miglioramento estetico», recita il vademecum Asi, e non alla «partecipazione a manifestazioni o gare o preparazione sportiva». Rischiano grosso le strutture con «ampia gamma di attività assimilabili alle aziende commerciali e non di promozione dei valori sportivi». Cioè buona parte delle palestre italiane. Per evitare contestazioni e multe, Asi propone di «creare eventi sportivi dilettantistici documentabili» tra i clienti «pubblicando classifiche per categorie di età e diffondendole sul web». Insomma, simulare un’attività amatoriale fornendo anche «attestati con documentazione degli esiti sportivi». Vittorio Bosio, presidente Csi (1 milione di soci), dice: «Al Csi puntiamo allo sport sociale per i giovani, sappiamo che ci sono palestre che si affiliano a noi per risparmiare sulle tasse, ma sono poche e le scoraggiamo». Dimentica che il Csi ha firmato un accordo con Anif, l’associazione che raduna 800 grandi palestre e centri fitness italiani, cui vende pacchetti di 2.000 tessere a 3.400 euro. Giampaolo Duregon, presidente Anif, ammette: «È vero che non paghiamo tasse e Iva ma ce lo meritiamo perché svolgiamo attività sociale che migliora la salute dei cittadini». A dire il vero l’attività è sociale quando non è a fini di lucro.
Calcio canino e lancio del formaggio
Gli Eps sono anche una formidabile macchina per sdoganare attività non codificate. L’insegnamento della ginnastica posturale, ad esempio, andrebbe affidato a fisioterapisti o laureati in scienze motorie. La scorciatoia è un corso online di 13 ore proposto dallo Csen che per 300 euro offre diploma, patentino e riconoscimento Coni per esercitare l’attività. I requisiti per frequentarlo? «Aver praticato la disciplina specifica/analoga per almeno una stagione sportiva oppure avere buone competenze nell’anatomo-fisiologia di ossa, muscoli ed articolazioni». E i tecnici abilitati, spiegano allo Csen, «quando operano in una società dilettantistica, possono usufruire del regime fiscale agevolato di cui alla legge 342\2000». Enti come Csen o Asi riconoscono come attività sportiva il calcio canino, il braccio di ferro, le danze primitive e il tiro con la fionda. Il Coni ha redatto un elenco di quasi 300 discipline legittimate a definirsi sportive e l’immaginazione non ha limiti: ci sono il lancio del formaggio, il volo in dirigibile e le gare con le barchette telecomandate. C’è un altro aspetto monitorato dalla Guardia di Finanza, quello del lavoro. Il 90% di personal trainer o allenatori di palestra usufruisce di uno sgravio fiscale totale fino a 10 mila euro di reddito grazie a una norma nata per incoraggiare gli insegnanti di educazione fisica a dedicare alcune ore pomeridiane all’allenamento dei ragazzi. Succede, invece, che molte palestre fanno sottoscrivere contratti defiscalizzati e senza versamento di contributi pensionistici anche agli amministrativi, che invece vanno inquadrati nei contratti di settore pagando le tasse per intero. Il governo Draghi, consapevole degli abusi, ha riscritto la legge, introducendo i contributi nella fascia di reddito tra i 5 e i 15 mila euro per fornire più garanzie ai lavoratori. Ma il progetto potrebbe essere rimesso in discussione dal nuovo esecutivo, pressato dagli Eps che in Parlamento hanno ottimi sponsor.
Gli sponsor in Parlamento
Opes, legato a Fratelli d’Italia, ha spedito in Parlamento l’ex presidente Marco Perissa. Asi è presieduta dall’ex deputato di Lega e An Claudio Barbaro, appena nominato sottosegretario all’Ambiente e Sicurezza energetica. Sul sito Asi, Barbaro scrive che «nati in continuità con la storia della Destra sportiva italiana, noi di Asi da sempre siamo un riferimento per tutto il nostro mondo». Lo sport sociale non dovrebbe guardare a destra, sinistra o centro e fare lucro truccando le carte. Va detto che ci anche sono enti che lavorano con dedizione e onestà: tra i giovani, gli anziani, i disabili, nelle carceri e nelle periferie. Ma proprio perché lo sport fa bene alla salute si potrebbe cominciare dando la possibilità di scaricare una quota dell’abbonamento alle palestre ai cittadini che vorrebbero frequentarle, ma non possono per via di costi altissimi. Così i titolari avrebbero l’obbligo di emettere una ricevuta fiscale
Augusto Parboni per iltempo.it l'11 settembre 2022.
Da viale Trastevere a Roma, a Tel Aviv, fino a San Marino. La rete della presunta corruzione all'interno del ministero dell'Istruzione avrebbe superato i confini nazionali. Gli indagati «eccellenti» dell'inchiesta sul giro di mazzette per ottenere appalti nel mondo scolastico, l'ex direttore del dicastero Giovanna Boda e l'imprenditore Federico Bianchi di Castelbianco, sono stati intercettati numerose volte dagli inquirenti della procura della Capitale.
Gli investigatori della Guardia di Finanza, coordinati dal pubblico ministero Carlo Villani, hanno ascoltato conversazioni tra i due indagati e altri soggetti finiti nella chiusura delle indagini, mentre parlavano della possibilità di utilizzare i vaccini come «merce di scambio» per ottenere favori al Ministero.
Non solo. Ad aprile del 2021 i colleghi della procura di Firenze hanno intercettato due persone che parlavano del tentativo di suicidio di Boda. E da quella telefonata sarebbero emersi, secondo la magistratura, contatti tra l'ex dirigente del dicastero di viale Trastevere e soggetti di San Marino. Tanto da far tremare la diplomazia della Repubblica del Monte Titano.
«Sai quella che si è suicidata...che si è buttata giù dalla finestra al Ministero qui in Italia...lì in mezzo c'è uno molto importante di San Marino del Corpo Diplomatico che gli ha dato 640.000 euro, va bene?...e questa cretina è andata a prenderli e depositarli in banca...adesso salta tutto il Corpo Diplomatico...».
Uno dei due interlocutori intercettati è uno dei membri del direttivo del Partito dei Socialisti e dei Democratici di San Marino. La conversazione tra i due continua: «Quella piglia 2.500 euro al mese...ma come si può andare a depositare 640.000 euro in una volta sola?...se non è un'eredità o una vincita...cioè veramente la gente guarda non ci arriva mica con la testa».
Dalle migliaia di pagine dell'inchiesta sugli appalti milionari per i progetti scolastici spunta l'intenzione di Boda e Bianchi di Castelbianco di far vaccinare in Israele quattro persone a loro vicine.
Era marzo del 2021, in piena emergenza Covid-19, quando i due indagati parlano della possibilità di far vaccinare a Tel Aviv la madre e il padre di Boda e il direttore generale del Miur in pensione, già capo Dipartimento per l'Istruzione del Miur, «attualmente coordinatrice del Comitato tecnico-scientifico per l'educazione civica».
L'intenzione, secondo il pm, sarebbe stata quella di pagargli i biglietti aerei per ottenere favori. L'imprenditore nella conversazione intercettata ha affermato: «Io in questo modo riesco a guadagnare quei punti che mi consentono di fare altre fatture, altre cose. Capito?».
La coordinatrice, indagata, era presidente nelle Commissioni di valutazione dei progetti presentati dalle scuole per l'assegnazione di fondi all'interno del Ministero dell'Istruzione.
Il. Sa. per il “Corriere della Sera - Edizione Roma” il 6 dicembre 2022.
Bandi anticipati via mail all'imprenditore amico. Affidamenti dagli importi artificialmente frazionati per evitare gare d'appalto e favorire il solito imprenditore. Corsie privilegiate per informarlo e aggiornarlo sulle iniziative del ministero dell'Istruzione (incluso veicolargli l'elenco di scuole destinatarie di nuovi fondi).
Inizierà il 14 febbraio il processo nei confronti dell'ex presidente della Dire e dell'Istituto di Ortofonologia Federico Bianchi di Castelbianco, titolare di una serie di appalti ministeriali viziati, secondo la Procura, da un accordo corruttivo.
In aula, con lui, Giovanna Boda, ex dirigente dell'Istruzione, non ancora tornata alla normalità dopo il tentativo di suicidio (il 14 aprile 2021) all'indomani delle prime perquisizioni disposte dai magistrati. Più altre undici persone accusate a vario titolo di corruzione, turbativa d'asta e rivelazione di segreto d'ufficio.
Per favorire Bianchi di Castelbianco Boda avrebbe ricevuto soldi e favori a partire dal 2018. L'editore avrebbe saldato, per fare qualche esempio, i 9.700 euro per «trattamenti» estetici di Boda, i 47.500 euro relativi «al noleggio a lungo termine della Mercedes Benz», i circa 27mila euro spesi in viaggi, i 104mila e passa euro per l'autista. Cifre alle quali si sommerebbe la disponibilità «della carta di credito prepagata... e impiegata per spese di carattere personale» di 39mila euro circa. Più varie promesse di pagamento (per il mutuo, per le bollette, per l'affitto di una baita e altro) che il pm Carlo Villani include nello scambio corruttivo.
Non ci sarà, invece, Valentina Franco, la factotum di Boda che, dopo aver scelto di collaborare con i magistrati, ha chiesto di patteggiare. Più altri cinque indagati che, allo stesso modo, hanno scelto di patteggiare.
Dall'inchiesta era emersa una sorta di «dipendenza» di Boda da Bianchi di Castelbianco che si sarebbe dato da fare in epoca Covid persino per farla vaccinare in Israele (assieme a famiglia e collaboratori), dove i tempi si annunciavano più rapidi. Secondo l'accusa l'ex dirigente ministeriale avrebbe ricevuto a vario titolo circa tre milioni di euro in cambio di affidamenti per 23,5 milioni di euro all'editore. «Non ricordo le singole dazioni - aveva detto Boda nel corso dell'interrogatorio reso ai pm quest' anno -. Avevo perso il senso della realtà, ma non mi sono arricchita perché molte volte ho rimandato indietro i soldi».
La Procura di Roma chiude le indagini per le tangenti sugli appalti da 23 milioni di euro al Miur. Redazione CdG 1947 su Il Corriere del Giorno il 29 Agosto 2022.
Il sistema di tangenti andava avanti dal 2018 e secondo la magistratura romana vedeva coinvolti un imprenditore e l' ex capo dipartimento del Ministero
Chiuse le indagini a carico di 15 persone, tra cui l’imprenditore Federico Bianchi di Castelbianco ex editore dell’agenzia di stampa Dire, e l’ex capo dipartimento del Ministero dell’Istruzione, Giovanna Boda, ritenuti dalla Procura di piazzale Clodio a capo di un sistema illecito che andava avanti dal 2018 che ha indotto oggi la Procura a notificare agli indagati il “415 bis”, iniziativa questa che di solito anticipa la richiesta di rinvio a giudizio. Un fiume di denaro e utilità tra cui regali di ogni tipo e lavori di ristrutturazione sugli appalti, gare con cifre a sei zeri, del Ministero dell’Istruzione. Tre milioni e duecento mila euro di mazzette il totale conteggiato dalla procura. Questo il volume di soldi dati, e altri promessi, alla Boda e a diversi componenti del suo staff.
Al centro dell’indagine, affidata al sostituto procuratore Carlo Villani ed all’aggiunto Paolo Ielo e culminata con una serie di arresti nel settembre del 2021, un giro di tangenti, per ottenere appalti da circa 23 milioni di euro. Coinvolte anche quattro società mentre due indagati hanno chiesto di patteggiare la pena. All’ex capo dipartimento del ministero per le risorse umane Giovanna Boda ed a Bianchi di Castelbianco la Procura di piazzale Clodio contesta i reati di corruzione per un atto contrario ai doveri d’ufficio, corruzione per l’esercizio della funzione, rivelazione e utilizzazione di segreti d’ufficio.
Boda è l’ormai ex capo dipartimento per le risorse umane, finanziarie e strumentali del Ministero dell’Istruzione che a metà pomeriggio del 14 aprile del 2021, dopo un incontro nello studio del suo avvocato, si lanciò dalla finestra del secondo piano nel cortile di uno dei palazzi di Piazza della Libertà, e venne ricoverata in gravissime condizioni al Policlinico Gemelli.
L’ex-manager ministeriale riceveva in cambio regali di ogni genere. Il capo d’imputazione elenca nel dettaglio i doni elargiti: ad esempio una Mercedes a noleggio con autista, del valore di 47 mila euro. Persino gli stessi genitori della Boda beneficiavano dei favori di Bianchi di Castelbianco: l’imprenditore tra il 2020 ed il 2021 gli pagava l’affitto di un appartamento alle spalle del parco di Villa Borghese per un totale di 27 mila euro, contando sull’intermediazione della segretaria Valentina Franco, dell’autista Fabio Condoleo, dei collaboratori Sara Panatta e Vincenzo Persi e poi di Nicola Cirillo e Massimo Mancori, “tutti consapevoli dell’accordo corruttivo“.
Nel documento di 36 pagine il pm Villani ricostruisce il sistema illecito: secondo l’impianto accusatorio la Boda, incaricata della realizzazione delle procedure per selezionare progetti scolastici, ha ricevuto in modo indebito “la dazione e la promessa delle somme di denaro e delle utilità per sé e per terzi per un totale di complessivi 3.201.933 euro per l’esercizio delle sue funzioni e/o dei suoi poteri nonché per il compimento di una pluralità di atti contrari ai doveri di ufficio” da Bianchi Di Castelbianco “legale rappresentante dell’Istituto di Ortofonologia, socio amministratore di fatto della “Come. – Comunicazione & Editoria s.r./.” (Com.e.) direttore scientifico e amministratore di fatto della “Edizioni Scientifiche MA.GI. S.r.1.” (MA.GI.), amministratore di fatto della “Fondazione Mite – Minori informazione Tutela Educazione” (Mite), enti aggiudicatari dal gennaio 2018 al 13 aprile 2021 di affidamenti da parte di Istituti scolastici per complessivi 23.537.377 euro, di cui corrisposti 17.457.976 euro“.
Secondo quanto accertato dai magistrati, sulla base delle indagini affidate alla Guardia di Finanza, l’ex alto dirigente ministeriale avrebbe rivelato all’imprenditore “notizie d’ufficio che avrebbero dovuto rimanere segrete. In particolare, anticipava via e-mail” a Bianchi di Castelbianco “prima della sua pubblicazione, la bozza del bando per il finanziamento di progetti scolastici per il contrasto della povertà educativa, e invitava e lo faceva partecipare a riunioni tenutesi presso il Ministero nelle quali si doveva decidere la ripartizione dei finanziamenti alle scuole a valere sulla Legge n. 440/1997, demandando anche allo stesso imprenditore la decisione finale su tale suddivisione“.
“Le accuse che mi sono state rivolte, unitamente al fatto che sono state rese pubbliche sui media senza lasciarmi la possibilità di opporre la mia ricostruzione dei fatti – aveva dichiarato a suo tempo la Boda tramite il suo difensore, l’ avvocato Giulia Bongiorno – mi hanno sconvolto. Tutto quello che ho dimostrato in anni di servizio sembra cancellato in poche settimane. Ho sempre servito lo Stato con rigore e onestà, nella piena consapevolezza delle mie responsabilità e dei miei doveri, e lo dimostrerò appena possibile: ho chiesto di essere interrogata proprio per chiarire“.
Nel procedimento al momento risultano parti offese il Ministero dell’Istruzione e la Presidenza del Consiglio dei Ministri nonché l’Agenzia delle Entrate.
Tangenti sugli appalti al Miur, in 15 verso il processo. Accusata di corruzione anche Giovanna Boda. Fulvio Fiano su Il Corriere della Sera il 29 Agosto 2022.
Chiuse le indagini il pm chiama in causa undici persone e quattro società. Insieme all’ex capo del dipartimento, c’è anche l’imprenditore Bianchi di Castelbianco
Indagini chiuse e rischio processo per l’ex capo dipartimento per le risorse umane del ministero dell’Istruzione, Giovanna Boda, per l’imprenditore Federico Bianchi di Castelbianco e altre 13 persone, accusati a vario titolo di alcuni episodi di corruzione legati agli appalti al Miur.
Stando all’ipotesi accusatoria formulata dal pm Carlo Villani, Boda — incaricata delle procedure per selezionare progetti scolastici — , contando sull’intermediazione della segretaria Valentina Franco, dell’autista Fabio Condoleo, dei collaboratori Sara Panatta e Vincenzo Persi e poi di Nicola Cirillo e Massimo Mancori, «tutti consapevoli dell’accordo corruttivo», avrebbe ricevuto «indebitamente» la dazione o la promessa di denaro per complessivi 3,2 milioni di euro da Bianchi di Castelbianco, al quale erano riconducibili tre società (l’Istituto di Ortofonologia, la Com.E - Comunicazione & Editoria, la Edizioni Scientifiche Ma.Gi.) e la fondazione M.I.T.E. - Minori Informazione Tutela Educazione, enti aggiudicatari tra il 2018 e il 2021 di affidamenti da parte di istituti scolastici per 23,5 milioni.
L’inchiesta era emersa nell’aprile del 2021 quando Boda, appreso di essere indagata, aveva tentato il suicidio lanciandosi da una finestra del ministero a Trastevere. Lo scorso marzo sette persone erano state raggiunte da una misura cautelare e 120 mila euro erano finiti sotto sequestro. Così scriveva il gip Annalisa Marzano: «Il desolante fenomeno corruttivo che ha pervaso il settore del Dipartimento dedicato all’Istruzione, all’università e alla ricerca... non era circoscritto ai rapporti tra l’imprenditore Federico Bianchi di Castelbianco e la capo del dipartimento per le Risorse umane, finanziarie e strumentali del ministero dell’Istruzione, Giovanna Boda, ma era più ampio».
Boda avrebbe ricevuto carte prepagate, corsi di musica e di sci, visite per la chirurgia plastica, l’affitto di un appartamento, una vacanza in baita in Piemonte, un soggiorno in hotel e anche confezioni di biscotti, bollette del gas e la promessa di assumere una ventina di persone. Gli altri funzionari avrebbero goduto di appartamenti messi a loro disposizione dalle parti del ministero, lavori di ristrutturazione, camere in b&b, scooter e computer.
Tra le numerose contestazioni fatte a Boda, c’è anche quella di aver anticipato via mail all’imprenditore, prima della sua pubblicazione, la bozza del bando «per il finanziamento di progetti scolastici per il contrasto della povertà educativa, recependo le richieste di modifica da parte dello stesso Bianchi di Castelbianco» che per giunta partecipava alle riunioni che si tenevano al ministero. Da qui anche la contestazione ad entrambi del reato di concorso nella rivelazione e utilizzazione di «notizie d’ufficio che avrebbero dovuto rimanere segrete». Nell’avviso di conclusione dell’indagine, sono tre le persone offese individuate dalla procura: il ministero dell’Istruzione, la presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento delle Pari Opportunità e l’Agenzia delle Entrate.
Tra le fonti di prova citate dal pubblico ministero, i documenti acquisiti presso banche e diversi istituti scolastici, oltre che al dicastero, e quanto emerso dagli interrogatori, dalle memorie difensive di alcuni indagati e dalle attività investigative condotte dalla Guardia di Finanza. La factotum di Boda, Valentina Franco, che ha collaborato alle indagini fornendo riscontri ai finanzieri, e Sara Panatta hanno chiesto di patteggiare la pena e la loro posizione è stata stralciata dal filo di indagine principale.
Giacomo Amadori e François De Tonquédec per “La Verità” il 30 Agosto 2022.
Alla fine l'ex dirigente del Miur Giovanna Boda (licenziata due volte con due diversi provvedimenti disciplinari), accusata di corruzione dalla Procura di Roma, ha iniziato a collaborare. Ai primi di luglio avrebbe ammesso alcune responsabilità. Addirittura, grazie alle sue parole, gli inquirenti avrebbero contestato due nuove accuse all'amico editore Federico Bianchi di Castelbianco per gli appalti al ministero della Pari opportunità, quando il dipartimento era guidato da Maria Elena Boschi e la Boda era il suo braccio destro.
Una nuova ipotesi di reato sarebbe scaturita nei confronti dell'imprenditore Massimo Mancori sospettato di aver incassato illecitamente 164.500 euro per attività di comunicazione.
Ieri è stato recapitato agli avvocati degli indagati l'avviso di chiusura delle indagini. I legali adesso avranno venti giorni per far interrogare i loro assistiti o presentare memorie difensive.
Dal 415 bis emerge che nell'inchiesta ci sono 15 indagati, tra cui cinque nuovi nomi. La posizione di quattro colletti bianchi sotto inchiesta è stata stralciata avendo gli stessi chiesto di patteggiare. Ma in Procura si aspettano di definire prima della richiesta di rinvio a giudizio almeno altre due o tre posizioni.
Per la Boda, anche se gli inquirenti sarebbero propensi ad accettare un'istanza di patteggiamento, la strada dell'accordo è in salita, poiché la donna dovrebbe prima restituire il prezzo della presunta corruzione, ovvero le utilità ricevute sotto varie forme, tra regali, posti di lavoro e messa a disposizione di collaboratori, tra cui una segretaria e due autisti. Ipotetiche «tangenti» che avrebbe ottenuto in cambio dei 23 milioni di appalti concessi dal ministero a Bianchi di Castelbianco.
Il pentimento
La collaborazione della Boda nascerebbe da un sincero pentimento per la leggerezza con cui avrebbe gestito i rapporti con l'imprenditore. Ricordiamo che nel 2021 si lanciò nel vuoto dopo aver ricevuto un avviso di garanzia, riportando gravi fratture. Troppo pesanti le accuse per chi pochi mesi prima era stata perfino in predicato di diventare ministro nel governo Draghi e aveva tra i suoi estimatori pure il presidente Sergio Mattarella.
Ora la donna, madre di una bambina piccola, desidera solo che sulla sua storia cali il silenzio. Soprattutto in un momento in cui è tormentata dai problemi di salute collegati al tragico volo.
Nonostante questo, l'inchiesta potrebbe far scuola per come è stata condotta. Per mesi gli investigatori della Guardia di finanza e il pm Carlo Villani coordinato dall'aggiunto Paolo Ielo hanno lavorato sotto traccia svolgendo accertamenti certosini dentro al Miur come si fa per le verifiche fiscali. Alla fine i quattro probabili patteggiamenti e quelli che potrebbero seguire puntellano l'indagine e quasi la blindano.
Rileggere oggi le accuse sciacallesche che ci mossero alcuni degli amici della Boda non appena demmo conto in esclusiva delle prime contestazioni alla dottoressa Boda ci amareggia molto. L'ex sottosegretario all'istruzione del governo Prodi Nando Dalla Chiesa, dopo aver assolto con troppo anticipo l'amica indagata dalle colonne del Fatto quotidiano, fece spericolate insinuazioni su presunti oscuri mandanti dietro al nostro articolo.
In prima fila a difesa della donna si schierarono la Boschi e Matteo Renzi, il quale si chiese sui social: «Come si può permettere che la gogna mediatica stritoli la vita delle persone?». Al coro si unirono anche le giornaliste Concita De Gregorio (particolarmente inviperita con chi aveva avuto l'ardire di accusare la Boda) e Annalisa Chirico che denunciò «titoli colpevolisti» e «accuse infamanti». Il Foglio schierò una batteria di firme per cantarcele e suonarcele.
In tv straparlarono di gogna mediatico-giudiziaria suor Anna Monia Alfieri, frequentatrice dell'ufficio ministeriale della dirigente, e Paola Binetti, che presiede il comitato scientifico di una fondazione riconducibile a Bianchi.
Adesso le carte dell'inchiesta e le ammissioni della Boda mettono a tacere questo pollaio e speriamo che questa vicenda serva da lezione per chi è abituato a considerare i frequentatori dei propri salotti innocente per diritto di tartina.
Ma torniamo all'avviso di chiusura delle indagini. Tra i 5 nuovi indagati c'è Lucrezia Stellacci, ex direttore generale in pensione del ministero che nella sua qualità di presidente nelle commissioni di valutazione dei progetti presentati dalle scuole per l'assegnazione di fondi, avrebbe ricevuto da Castelbianco utilità per un importo complessivo di 40.293 euro.
Nello specifico la donna, oltre ad avere ricevuto bonifici per 2.500 euro sul conto personale sarebbe stata ospite in alberghi romani come il Trilussa palace e il Ripa «in occasione dello svolgimento dell'attività presidente nelle commissioni di valutazione dei progetti presentati dalle scuole per l'assegnazione di fondi».
I pernottamenti sarebbero costati la bella cifra di 27.323 euro. Cospicue anche le spese per i «mezzi di trasporto» usati per raggiungere la Capitale e assegnare i progetti oggetto di corruzione: ammonterebbero a 10.470 euro. Altra nuova indagata è Maria Beatrice Mirel Morano, «componente delle commissioni di valutazione dei progetti» che , però, avrebbe ricevuto da Bianchi «solo» 2.000 euro.
Sotto inchiesta anche Edoardo Burdi, legale rappresentante di una delle società di Castelbianco, l'imprenditore Mancori e la moglie Rina Mariani.
Avrebbero chiesto di patteggiare due collaboratrici della Boda, Valentina Franco e Sara Panatta, la funzionaria del ministero Evelina Roselli e la dipendente di Castelbianco Lucia Porcelli.
Stando all'ipotesi accusatoria la Boda, insieme alla Franco, all'autista Fabio Condoleo, ai collaboratori Panatta e Vincenzo Persi e poi a Nicola Cirillo e Mancori, per la Procura «tutti consapevoli dell'accordo corruttivo», avrebbe ricevuto «indebitamente» la «dazione e la promessa di somme di denaro per complessivi 3,2 milioni di euro» da Bianchi di Castelbianco.
Dopo essere finita ai domiciliari nel settembre 2021, la Franco aveva iniziato a collaborare, svelando «un sistema operativo ben strutturato e altamente vantaggioso per tutti i suoi protagonisti».
Nel suo verbale del 6 luglio la Boda ha svelato, come detto, altri due episodi di corruzione entrambi risalenti a gennaio 2018, quando la donna era capo dipartimento per le Pari opportunità presso la Presidenza del Consiglio dei ministri.
La dirigente aveva stipulato con l'Istituto di ortofonologia di Castelbianco un contratto per la realizzazione di una campagna informativa di prevenzione e di sensibilizzazione sul fenomeno del cyberbullismo per un ammontare di 39.000 euro e alla Com.e Srl aveva assegnato un appalto per materiali stampa e comunicazione, da 38.500 euro.
Se la posizione della Boda è migliorata grazie alla fattiva collaborazione con gli inquirenti, resta molto più delicata la situazione del principale indagato, l'editore Castelbianco, già finito in carcere e poi ai domiciliari, capace di violente reprimende contro chi scrive utilizzando la sua agenzia di stampa, la Dire, e il canale Youtube.
Giacomo Amadori per “La Verità” il 6 settembre 2022.
Giovanna Boda, l'ex dirigente del ministero dell'Istruzione accusata di essersi fatta corrompere, sarebbe caduta in tentazione in un momento di depressione e di cure mediche. Intorno a lei in molti si sarebbero approfittati del suo stato di fragilità, lasciando che si rovinasse tra spese compulsive e bandi su misura a favore dei suoi presunti corruttori.
È questa la versione che la Boda, assistita dagli avvocati Giuseppe Rossodivita e Luigi Medugno, ha consegnato ai magistrati il 6 luglio in un interrogatorio lungo 4 ore e mezza e reso in una stazione dei carabinieri a due passi da via Veneto a Roma. «Ammetto tutti gli addebiti di cui ai capi A e B che mi avete mostrato», ha dichiarato in un afoso pomeriggio.
Anche grazie al suo intervento le società riconducibili all'editore Federico Bianchi di Castelbianco avrebbero ottenuto tra gennaio '18 e aprile '21 affidamenti da parte di numerosi istituti scolastici (destinatari di finanziamenti del Miur) per un valore di 23,5 milioni di euro, di cui 17,5 effettivamente percepiti. In cambio la Boda avrebbe ricevuto utilità effettive per 3 milioni di euro.
Tra queste 50.000 euro in contanti, 41.000 in bonifici, 39.000 caricati su una prepagata e 105.000 per il salario dell'autista. Persino 80.000 euro di lavori di ristrutturazione in contanti per la casa in montagna dei genitori della Boda. Soldi che, almeno in questo caso, sarebbero stati restituiti.
Tra le utilità indirette ci sono gli stipendi per i collaboratori (mezzo milione per il «gruppo ministero») e le assunzioni fatte da Castelbianco su richiesta della Boda, costate all'imprenditore 1,15 milioni di euro, compresi 175.500 di una tantum.
L'indagata, licenziata dal Miur con due diversi provvedimenti disciplinari, ha precisato: «Sicuramente non ricordo nel dettaglio le singole dazioni o utilità anche perché in quel periodo mi ero sottoposta a una forte cura ormonale che mi ha portato ad avere forti comportamenti compulsivi, depressione e alterazione della realtà.
Purtroppo non ho avuto la prontezza di sottrarmi alla grave situazione creata mettendomi in malattia come avrei dovuto fare. Ho avuto un comportamento compulsivo che mi ha indotto a spendere tutti i soldi che mi dava Bianchi di Castelbianco oltre a quello che guadagnavo con il mio stipendio, tanto è vero che non ho più niente, come risulta anche dal fatto che il sequestro nei miei confronti è stato di circa soli 30.000 euro».
Quindi la Boda, pur senza lavoro, ha fatto sapere di essere disponibile a provare a saldare almeno in parte il frutto della corruzione: «I miei genitori hanno messo in vendita la casa di proprietà di Limone Piemonte e sono disponibili a darmi il ricavato per potermi consentire di mettere lo stesso a disposizione della Procura e del giudice in modo da effettuare le restituzioni previste dalla legge delle utilità, ricevute ovviamente nei limiti delle mie possibilità».
L'ex dirigente in questo modo sembra puntare al patteggiamento e a uscire così dall'inchiesta. Ricordiamo che la Boda nel 2021 ha tentato il suicidio lanciandosi dallo studio del suo avvocato, e da allora porta sul corpo i segni del suo gesto disperato. Per prima cosa, durante l'interrogatorio, il pm Carlo Villani ha chiesto conto del versamento sul conto della Boda di 80.520 euro in contanti.
Per la donna 30.000 provenivano da regali dei parenti per la nascita della figlia. Gli altri arrivavano, invece, da Castelbianco: «Dal 2016 avendo consolidato il mio rapporto con lui gli ho confidato che mi dispiaceva il fatto di dovermi fare aiutare economicamente da mia madre e da mia suocera. Lui subito si è offerto di prestarmi dei soldi che mi portava in contanti a casa a tranche di 1.000-1.500». Circa 50.000 euro sino al 2019.
Ma la Boda ha ricevuto anche bonifici «con causali fittizie» che non avrebbe gradito: «Io mi lamento subito della cosa e provvedo all'immediata restituzione» ha puntualizzato. A questo punto anche una collaboratrice della dirigente sarebbe stata oggetto di invii di soldi, «anch' essi restituiti».
Ma l'opera di accerchiamento non sarebbe terminata e Castelbianco le avrebbe fatto spedire denaro dai collaboratori, a partire dalla segretaria, Valentina Franco, dall'autista, Fabio Condoleo, e dalla di lui moglie: «Ricordo bonifici inviatimi anche da D.M. che non sapevo neanche chi fosse []. In quel caso Bianchi mi disse di non fare altri pasticci sulle restituzioni perché avrei attirato la Guardia di finanza. Pertanto questi bonifici non sono stati restituiti».
La Boda accusa sia Condoleo che la Franco: «Erano assolutamente consapevoli delle dazioni che Bianchi di Castelbianco mi ha assicurato per anni, consapevoli a tal punto che concordavano direttamente con lui le modalità con le quali farmi pervenire i soldi». Lo chauffeur, per esempio, gestiva la carta di credito contestata dalla Procura, un benefit a cui la Boda non sarebbe riuscita a rinunciare: «Avendo saputo della carta comunque non ho chiesto che la stessa fosse restituita».
Il 6 luglio si è sfogata: «Io ho più volte detto alla Franco e a Condoleo che ero disperata e che non sapevo come uscire da questa situazione ma loro piuttosto che farmi desistere ne alimentavano il protrarsi dicendomi di stare tranquilla e con ciò aderendo alle indicazioni di Bianchi di Castelbianco. Nel frattempo io continuavo a effettuare spese compulsive senza senso». L'indagata ha pure confessato di aver chiesto di «aiutare» Condoleo all'ex dirigente Leonardo Filippone e che questi avrebbe fatto ottenere dei «pagamenti» destinati all'autista da un istituto di Fiumicino e da uno di Roma.
Per far cosa? Nulla. «So che Condoleo non ha eseguito alcuna attività per quelle scuole» si legge nel verbale. La Boda ha anche raccontato come, quando la sua famiglia si è allargata con la nascita della figlia, abbia accettato di trasferirsi in una casa acquistata da Castelbianco. Il quale le presentò una proposta di locazione con il proprio nome: «Io dissi che era impossibile un contratto tra me e lui. Per questo Bianchi di Castelbianco inserì una terza persona che io non sapevo chi fosse».
La donna avrebbe pagato l'affitto, ma non i lavori di ammodernamento: «La casa era totalmente da ristrutturare e alla ristrutturazione ha provveduto Bianchi di Castelbianco». Il pm ha chiesto alla Boda se conoscesse la titolare di un un'agenzia di viaggi di Roma ricevendone come risposta che la ditta «lavora con il Vaticano» e che è «molto seria». A questo punto il magistrato ha mostrato all'indagata una serie di mail «relative a viaggi della Boda e dei suoi famigliari con l'agenzia».
Il marito dell'ex dirigente è Francesco Testa, nominato subito dopo l'esplosione dell'inchiesta membro della Procura europea. La donna ha ammesso le vacanze a sbafo: «Ho effettuato diversi viaggi privati da loro organizzati dei quali ricordo di aver pagato una parte tramite bonifici e una parte in contanti, mentre una buona parte sono stati pagati direttamente da Bianchi di Castelbianco».
I messaggi mostrati da Villani vengono così giustificati dalla diretta interessata: «Si tratta del tentativo di concordare e capire in che modo fare pagare le spese sostenute per i miei viaggi a Bianchi di Castelbianco». L'interrogatorio si è poi focalizzato sul periodo in cui la Boda era capo dipartimento alle Pari opportunità, dove era il braccio destro dell'allora sottosegretario Maria Elena Boschi.
Qui ha spiegato: «In quel periodo ho firmato due affidamenti diretti del valore rispettivamente di 38.500 euro e uno di 39.000 euro alla Com.e e alla Ido. Sicuramente vi sono stati altri affidamenti alle società di Bianchi di Castelbianco». L'ex dirigente ha anche ribadito come certi istituti venissero usati come bancomat e non solo nel caso di Condoleo: «So che esistevano delle scuole che avevano contatti più stretti con Bianchi di Castelbianco, ma anche con noi del ministero e in particolare con Filippone, le quali venivano definite scuole amiche in quanto ci aiutavano a coprire le spese più urgenti che emergevano».
Le Pari opportunità assegnarono due progetti ad altrettanti istituti che, successivamente, li avrebbero subappaltati a Castelbianco. Le commissioni erano presiedute dall'ex dg, oggi in pensione, Lucrezia Stellacci: «So che Bianchi le ha affittato l'ultimo piano di un albergo di Roma [] e che le stava cercando un ulteriore alloggio». Castelbianco avrebbe consegnato alla Stellacci «una lista di scuole con le quali aveva presentato progetti in partenariato che dovevano vincere in bandi con particolare riferimento a quelli "440"».
Gli inquirenti hanno chiesto alla Boda conferma sui suoi rapporti economici anche con un altro imprenditore, Massimo Mancori, titolare della 2M Grafica Srl. La donna lo conoscerebbe dai tempi della tesi in psicologia, ed essendosi «specializzato in grandi eventi» sarebbe diventato «un interlocutore costante» per il Miur, con cui aveva iniziato a collaborare ai tempi del ministro Giuseppe Fioroni. «Nel tempo con Mancori e la sua famiglia si è stretto un rapporto di amicizia e consapevoli delle mie difficoltà economiche mi hanno garantito dei prestiti tramite bonifico [] mai restituiti».
In tutto circa 45.000 euro. Quando era alle Pari opportunità la Boda ha «attribuito un affidamento diretto» a Mancori da circa 70.000 euro per due anni «in relazione ad attività di grafica, stampa e comunicazione». L'imprenditore avrebbe fornito alla Boda «merce soprattutto elettronica» che poi «fatturava alle scuole o a Bianchi di Castelbianco». Non è finita: «Mancori ha vinto alcuni bandi di gara per forniture dal ministero, ricevuto affidamenti dalle scuole e ricevuto anche subappalti dalla Fondazione Falcone ai quali lo avevo presentato».
Mancori avrebbe anche materiale urgente per organizzare, per esempio, conferenze stampa volanti, e «a posteriori» la Boda & C. avrebbero cercato «il modo di recuperare i fondi dalle scuole per pagarlo». A questo punto il pm ha mostrato dei messaggi riferiti a un paio di bonifici inviati dalla famiglia Mancori e dalla sua ditta e l'indagata ha replicato: «Ritenevo si trattasse di un prestito di Mancori e non che lo stesso si fosse accordato per avere la restituzione di quanto datomi tramite le scuole».
C'è infine la questione della lista delle assunzioni chieste dalla Boda a Bianchi di Castelbianco, su cui pende un pesante omissis: «Posso tranquillamente affermare che mentre tutti quelli del cosiddetto gruppo ministero che venivano pagati da Bianchi di Castelbianco lavoravano, di tutti gli altri non ho la medesima certezza [] molti erano solamente destinatari del quantum che talvolta decidevamo insieme io e Bianchi di Castelbianco». Alcuni di questi beneficiari avrebbero persino parenti illustri.
Fabio Amendolara e François de Tonquédec per “La Verità” il 7 settembre 2022.
Dall'inchiesta sull'ex capo dipartimento del ministero dell'Istruzione Giovanna Boda saltano fuori dei particolari che, seppur non considerati dagli inquirenti come di rilievo penale, potrebbero far arrossire qualche magistrato. La donna è sospettata di aver ricevuto 3 milioni di euro di utilità dall'editore Federico Bianchi di Castelbianco, suo presunto corruttore, in cambio di appalti per 23,5 milioni di euro dal Miur.
Per un viaggio aereo a Lampedusa pagato dall'imprenditore che sarebbe riuscito a monopolizzare l'ufficio della Boda, sulle scrivanie degli investigatori sono finiti anche dei biglietti aerei: Roma-Palermo del 30 giugno 2020 e Palermo-Lampedusa del giorno successivo, nonché il ritorno diretto a Roma per il 5 luglio. Risultano a nome di «Giovanna» e «Francesco».
Quest' ultimo è Francesco Maria Rodolfo Testa, ex procuratore capo a Chieti, approdato alla sede romana della nuova Procura europea nell'aprile 2021, poco dopo che le prime perquisizioni avevano disvelato l'inchiesta sulla moglie.
C'è da dire che dalle carte dell'indagine non emerge che il magistrato fosse consapevole dei pagamenti. Testa non è indagato e nell'interrogatorio della moglie non è emerso che fosse al corrente dell'esistenza dello sponsor Bianchi di Castelbianco.
L'unica colpa che ricade sulla toga è quella di non aver messo in campo un po' più di fiuto. Soprattutto perché, stando alle verbalizzazioni di sua moglie, gli aiutini dell'imprenditore arrivavano in un momento di «difficoltà economica». Ma i viaggi pagati da terzi devono portare particolarmente sfiga. Si pensi alle indagini sullo stratega delle nomine Luca Palamara, che è rimasto incagliato nelle maglie giudiziarie proprio per una vacanza pagata dal faccendiere Fabrizio Centofanti. Da lì partì l'inchiesta.
Tempo fa, inoltre, nell'indagine sulla Boda, erano emerse 12 mensilità da 2.000 euro, per un totale di 24.000 euro a nome di Daniele Piccirillo. E i magistrati cercarono di capire se si trattasse del fratello di Raffaele Piccirillo, magistrato della corrente di Area e capo di gabinetto del ministro Marta Cartabia, chiedendo durante un interrogatorio a Valentina Franco, la factotum della Boda, se Piccirillo fosse finito, come tanti altri, «sul libro paga» di Federico Bianchi di Castelbianco.
La risposta fu questa: «Daniele Piccirillo dovrebbe essere il fratello della moglie di De Raho o forse il cognato». De Raho è un nome che fa rumore nella magistratura: Federico Cafiero De Raho era il procuratore nazionale antimafia, che nel frattempo è andato in pensione e adesso è candidato in Parlamento con i 5 stelle.
Tornando al viaggio a Lampedusa, durante l'interrogatorio del 6 luglio il pm Carlo Villani chiede alla Boda, assistita dagli avvocati Giuseppe Rossodivita e Luigi Medugno, se conosca Manuela Tartagni, dipendente di un'agenzia di viaggi e se abbia «mai usufruito di servizi turistici per il tramite della predetta agenzia e chi ha pagato per tali servizi, considerando che lei non lo ha fatto».
La donna, dopo che le vengono mostrate una serie di mail intercorse con la dipendente dell'agenzia, racconta: «Ho effettuato: diversi viaggi privati con loro, dei quali ricordo di aver pagato una parte tramite bonifici e una parte in contanti, mentre una buona parte sono stati pagati direttamente da Bianchi di Castelbianco. Ho cercato la Tartagni per chiederle informazioni sui pagamenti che le ho effettuato, ma lei non mi ha risposto».
Poi il pm mostra alla donna altre mail scambiate con la Tartagni e risalenti al 2019. Nel carteggio, che ha come oggetto «holidays» seguito da una sfilza di puntini di sospensione, le due discutono di fatture, con la Boda che dice: «Ok, mettili su inaugurazione oppure falli fatturare da Nadia a Federico con fattura di 10.000 euro, così chiudiamo tutto e qualcosa resta a Nadia di anticipo se abbiamo bisogno».
La Boda aggiunge: «Dillo a Valentina», verosimilmente Valentina Franco. Ma la Tartagni risponde: «Non posso fatturare a Nadia perché li ho spesi io e non lei. Ci sta dentro la biglietteria e Ncc di altre città. Per ciò che riguarda lei ha già incassato da Federico un piccolo fondo extra». La Boda risponde che vedrà lei «con Valentina» e la Tartagni propone una soluzione: «Ma va bene anche se li mettiamo in inaugurazione oppure se fatturo io a Federico, ma pare che stranamente lui non possa pagare un'agenzia viaggi. Anche se in passato con noi lo ha fatto mah vabbè».
Al pm la Boda spiega che si trattava «del tentativo di concordare e capire in che modo fare pagare le spese sostenute per i miei viaggi a Bianchi di Castelbianco». Il tutto nella perfetta consapevolezza da parte della Tartagni «del rapporto che avevamo in essere io e Bianchi di Castelbianco». L'agenzia per cui lavora la Tartagni è la Scuola nuova travel, che la Boda nel suo interrogatorio descrive così: «Si tratta di un'agenzia di viaggi particolare, che lavora con il Vaticano e che mi è stata presentata dal movimento studenti cattolici».
Aggiungendo poi che si tratta di «un'agenzia specializzata nei viaggi nazionali e internazionali delle scuole», che la ex dirigente considera «molto seria». E in effetti, il testo della mail con cui vengono inviati i biglietti racconta la cura nell'organizzare il viaggio della Boda: «Come già anticipato, da Manuela, è impossibile contattare l'Alitalia, per cui non abbiamo potuto preassegnarle il posto a sedere davanti. Il 29 giugno V.G. t' invierà la carta d'imbarco del volo di Palermo del 30 giugno comprensiva di Fast track e il miglior posto che riuscirà a trovare. Le carte d'imbarco per e da Lampedusa le invieremo rispettivamente il 30 giugno e il 4 luglio».
I biglietti, agli atti dell'inchiesta, sono, come detto, per la Boda e per il consorte. Marito e moglie arrivano a Palermo con due compagnie diverse: la donna al mattino con un volo Alitalia, in classe economica. Testa la raggiunge nel tardo pomeriggio con un volo Ryanair e il giorno dopo proseguono per Lampedusa con la Danish air. Il 5 luglio la coppia rientra a Roma direttamente da Lampedusa con un Airbus A318 di Alitalia, sempre in economy.
Dagli atti i voli risultano fatturati alla Franco, dipendente di Castelbianco ma di fatto segretaria della Boda al ministero, dal cui conto corrente risulta partito il bonifico di 2.000 euro, con causale «regalo viaggio Lampedusa», pagamento che la Procura nella sua ricostruzione delle utilità ricevute dalla donna elenca tra «i movimenti bancari effettuati dalla Franco in favore della Boda col denaro proveniente da Bianchi Di Castelbianco».
Infine nel suo verbale la Boda ricostruisce anche il rapporto con Fabio Condoleo, autista Ncc al servizio della Boda che è stato retribuito per i suoi servigi da Castelbianco con 105.000 euro. Condoleo, finito ai domiciliari nel settembre 2021, aveva ottenuto un'importante vittoria in Cassazione, ma le dichiarazioni della Boda potrebbero riaprire la partita.
Infatti la donna ha sostenuto davanti agli inquirenti che fosse perfettamente a conoscenza del sistema corruttivo e che aveva «un rapporto quasi filiale» con l'editore, a cui «doveva tutto»: «Era venuto da un paesino della Calabria, il padre stava male e lavorava solo grazie a Bianchi di Castelbianco».
Quindi, per spiegare al meglio quanto Condoleo fosse legato all'imprenditore, racconta un episodio avvenuto dopo che le perquisizioni avevano reso nota l'indagine: «Sempre per esemplificare la consapevolezza di Condoleo vi dico che poco dopo essere uscita dall'ospedale, circa a fine luglio, lo stesso ha contatto mia madre (Titti Palazzetti, ex sindaco di Casale Monferrato in quota Pd, ndr) dicendole che Bianchi di Castelbianco voleva incontrarla urgentemente e che si sarebbero dovuti vedere alla Feltrinelli della Galleria Sordi di Roma.
Spaventata mia madre si recò all'appuntamento e Bianchi di Castelbianco volendola tranquillizzare le disse che i lavori di Limone Piemonte erano stati pagati in contanti e che lei non doveva preoccuparsi di niente».
Aggiungendo che l'imprenditore «aveva dato 80.000 euro in contanti e che tutti i lavori in corso nella casa di mio padre erano stati pagati. Mia madre preoccupata di quanto appreso è partita per Limone Piemonte e lì ha appreso che i contanti erano stati restituiti e che quindi i lavori dovevano essere interamente pagati». Le dichiarazioni della Boda evidenziano come i rapporti tra Condoleo e Bianchi di Castelbianco non fossero cessati nonostante fossero di pubblico dominio l'esistenza dell'inchiesta e le perquisizioni svolte dagli uomini della Guardia di finanza.
Andrea Ossino per repubblica.it il 10 settembre 2022.
Abiti sartoriali, auto a noleggio e soggiorni alle "Terme dei Papi". Anche l'ex ministro dell'Istruzione Marco Bussetti si sarebbe accorto della generosità di Giovanna Boda. Del resto sono diversi i regali offerti dall'ex Capo Dipartimento del ministero dell'Istruzione al politico della Lega.
Quello che Bussetti non poteva sapere è che in realtà i vestiti, le auto e le vacanze sarebbero state pagati con dei soldi sporchi, e non con il denaro della donna finita al centro dell'indagine che ha coinvolto 15 persone, rivelando il giro di mazzette grazie al quale Federico Bianchi di Castelbianco, l'ex editore dell'agenzia di stampa Dire, tra il 2018 e il 2021 avrebbe ricevuto affidamenti per circa 23 milioni di euro.
O almeno è questo che credono i pm della procura di Roma, che hanno concluso le indagini depositando migliaia di atti. C'è anche un'informativa con cui la guardia di finanza spiega che "sono stati rilevati, tra i documenti sequestrati presso la segretaria di Boda, Valentina Franco, e le chat acquisite agli atti delle indagini riferimenti ad acquisti di beni e servizi verosimilmente correlati a Marco Bussetti, ministro dell'Istruzione dell'università e della ricerca dal 1 giugno 2018 al 5 settembre 2019".
Il meccanismo è il seguente: il compagno della segretaria di Boda, Nicola Cirillo, avrebbe emesso fatture per operazioni inesistenti. E "una volta creata la provvista", tolte le tasse, la signora Valentina Franco "effettua bonifici a favore di Boda o sostiene spese a suo favore".
Emerge anche un pagamento di 2.800 euro a favore di una sartoria: "Ricordo che l'abito e le camicie da me realizzate dovevano essere un regalo per il ministro Bussetti da parte di tutti i collaboratori di una non meglio specificata segreteria. In quell'occasione mi sono recato personalmente presso il ministero di Pubblica Istruzione per prendere le misure del vestito e delle camicie che dovevo cucire al Ministro", spiega il sarto agli investigatori. "Vestito pronto per stasera così lo passo a prendere e domani te lo porto. Un abbraccio grande grande", conferma Boda a Bussetti.
Fatture per oltre 4.600 euro riguardano "servizi di noleggio effettuati a favore di Marco Bussetti", continua la finanza. E poi c'è una corrispondenza "in ordine all'organizzazione di un soggiorno del ministro Bussetti presso l'Hotel 4 Stelle Niccolò V a Terme dei Papi", dicono gli investigatori ammettendo che non sanno se poi il politico ha effettivamente usufruito della prenotazione.
Una cosa è certa: la Boda aveva un occhio di riguardo per Bussetti. E anche per il suo addetto stampa, visto che al termine dell'impegno con il ministro, l'assunzione di Francesco Kamel è stata fortemente caldeggiata da Boda all'entourage di Bianchi di Castelbianco. "Vale per favore domattina ricordati di mandarmi la lista di Federico che lo vedo domani a pranzo così gli dico tutto", scrive la donna alla sua segretaria nel gennaio del 2020. Le due parlano della lista "con le persone da prendere".
E tra queste c'è Francesco Kamel: "È stato assunto da Bianchi di Castelbianco una volta finito il suo rapporto al Ministero perché era portavoce del ministro Bussetti", confessa la segretaria al pm Carlo Villani. In realtà l'elenco delle assunzioni proposte dalla Boda è lungo. Ci sono Federica Vettori e Carolina Bitossi: "Collaboravano con Maria Elena Boschi nel periodo in cui era Ministro".
E poi Daniele Piccirillo, "dovrebbe essere il fratello della moglie di De Raho (Cafiero ndr, ex Procuratore nazionale antimafia)". Ancora Marco Stassi, che "è persona segnalata da Vincenzo di Fresco, figlio della sorella del giudice Giovanni Falcone", dice la segretaria. Marco Campione invece "lavora per i governi Renzi e Gentiloni: è capo della segreteria dei sottosegretari Miur Reggi e Faraone e poi nella segreteria tecnica della ministra Fedeli".
Nessuna di queste persone è indagate. Ma tutti hanno goduto della benevolenza della Boda e di Bianchi di Castelbianco, che in cambio di regali e assunzioni ha fatto una fortuna.
Estratto dall'articolo di Giuseppe Scarpa per “la Repubblica” il 30 Agosto 2022.
Il noleggio della Mercedes, il pagamento di un autista, la fornitura dei biscotti krumiri, il saldo per il canone di locazione di un appartamento alle spalle del parco di Villa Borghese, lo stipendio alla collaboratrice domestica, le assunzioni di favore. Nell’inchiesta in cui è accusata di corruzione Giovanna Boda, ormai ex potentissimo capo dipartimento per le risorse umane del ministero dell’Istruzione, le tangenti erano declinate in ogni modo. Non mancavano, ovviamente, le più tradizionali mazzette. Ovvero i soldi bonificati sul conto corrente, 50mila euro per gli inquirenti.
Nel lungo e dettagliato elenco, indicato nelle carte della procura, si legge però un po' di tutto. Ieri i pm hanno chiuso l’indagine e si preparano a chiedere il processo per 15 persone e 4 società. Accanto ai due protagonisti indiscussi della vicenda, la manager pubblica e l’imprenditore e psicoterapeuta Federico Bianchi di Castelbianco, ruotano i loro aiutanti. Persone che lavorano al ministero e alcuni dipendenti delle aziende di Bianchi di Castelbianco nelle vesti di complici.
Lo schema era semplice. Da un lato Boda, secondo il sostituto procuratore Carlo Villani, favoriva in tutti i modi l’imprenditore nell’assegnazione degli appalti, principalmente corsi nelle scuole. Dall’altro l’imprenditore ripagava il capo dipartimento ricoprendola d’oro. In totale, ha calcolato la Guardia di finanza, Boda e alcuni componenti del suo staff, hanno incassato tra denaro contante e omaggi vari una cifra che supera i 3 milioni di euro. Mentre Bianchi di Castelbianco ha visto le sue società (o comunque a lui riconducibili) come l’Istituto di Orfanologia, la Com.e – Comunicazione & Editoria, Edizioni scientifiche Ma.gi. e la fondazione Mite, vincere bandi per 23 milioni di euro nel triennio tra il 2018 e il 2021. […]
Estratto dall'articolo di Michela Allegri per “Il Messaggero” il 12 settembre 2022.
Fondi stanziati per i progetti scolastici sarebbero stati utilizzati per finanziare il giro di tangenti che, secondo l'accusa, partiva dall'imprenditore Federico Bianchi di Castelbianco e arrivava all'ex capo del Dipartimento risorse umane e finanziarie del Miur, Giovanna Boda. È l'ipotesi che emerge dagli atti dell'inchiesta per corruzione che ha travolto Bianchi e il ministero.
In una relazione del 20 aprile 2022, a firma del consulente Francesco Lombardo, nominato dal pm Carlo Villani, e in una dettagliata informativa della Guardia di finanza, vengono elencate «vistose anomalie nella rendicontazione delle spese, tali da far ritenere che la documentazione prodotta dalle società Istituto di ortofonologia Sri, Comunicazione & editoria Sri, Edizioni scientifiche Magi Sri, Fondazione M.I.T.E., tutte riconducibili a Bianchi di Castelbianco, sia in parte relativa a spese non inerenti i progetti», comprese quelle «per la prestazione di utilità in favore della Boda», di suoi familiari e di conoscenti.
I costi d'impresa apparentemente sostenuti dalle società, e risultati estranei ai progetti, sono stati quantificati in 574.028, scrive il consulente, «a cui devono essere aggiunti 300.576 euro e l'importo complessivo di euro 320.138».
I progetti considerati anomali sono otto. Sotto la lente della Procura, per esempio, sono finite le spese sostenute dall'Istituto Ranieri Antonelli Costaggini di Rieti. Il consulente scrive che le società riconducibili a Bianchi hanno inserito nei rendiconti costi «attinenti a prestazioni rese in periodi non rientranti nell'arco temporale di esecuzione del progetto», ma anche «spese attinenti a prestazioni non effettivamente sostenute» e, soprattutto, «allibramento di costi sostenuti per la prestazione di utilità in favore della Boda».
C'è poi il progetto Genova, un ponte per il futuro. Anche in questo caso, sostiene la Finanza, «sono emersi profili di criticità», visto che molte voci di spesa «risultano connotate da palese carenza dei documenti giustificativi». Viene segnalata l'emissione di fatture per operazioni inesistenti, «al solo scopo di procurare la liquidità necessaria per compensare utilità rese in favore della Boda o di altri soggetti da lei indicati». […]
In molti casi, nei costi addossati alle scuole sarebbero stati fatti rientrare anche gli stipendi e i premi per persone indicate dalla Boda come soggetti «da contrattualizzare». Di questa dinamica ha parlato la segretaria della ex dirigente, Valentina Franco.
«In che modo vengono utilizzati gli istituti scolastici per gestire la mole di spese sostenute dalla Boda?», chiede il pm Carlo Villani durante l'interrogatorio. La risposta: «Per quello che so, agli istituti scolastici veniva richiesto di sostenere le spese di Boda attraverso delle lettere. Non so con quale giustificazione si chiedesse alla scuola di pagare. Ad esempio, la Demetra prenotava viaggi per la Boda e poi la spesa veniva addossata alla scuola».
(ANSA il 12 agosto 2022) - Figura anche un finanziere che ha ricoperto il ruolo di capo scorta dell'ex presidente dell'autorità nazionale anticorruzione Raffaele Cantone tra le 18 persone indagate dalla Procura e dal Nucleo di Polizia Economico Finanziaria della Guardia di Finanza di Napoli per avere ricevuto, dall'imprenditore Luigi Scavone, denaro e altre utilità per piegare pubblici ufficiali e non alle sue esigenze, anche per evitare controlli e ottenere informazioni riservate.
Secondo quanto emerso dalle indagini, Scavone avrebbe elargito regali costosi anche per 41mila euro mentre, complessivamente, sarebbero 150mila gli euro utilizzati per questi scopi. Sotto inchiesta sono finiti 7 finanzieri, tra i quali anche un tenente colonnello del nucleo anticorruzione di Roma, 3 poliziotti e un militare della Capitaneria di Porto.
Le misure cautelari sono state chieste dalla Procura di Napoli poco più di un anno fa; sulle cinque emesse lo scorso maggio attualmente pende il giudizio della Cassazione. L'ex capo scorta, Walter Pisani, avrebbe ottenuto, grazie all'intercessione dell'imprenditore, l'assunzione la nipote e la sorella in una delle società del gruppo di Scavone.
E' lui stesso, il 4 febbraio del 2020, a fornire agli investigatori un elenco "di amici e conoscenti" che durante il 2018 "hanno ricevuto regali di valore considerevole e altre utilità (come borse di lusso, viaggi e biglietti per le partite del Napoli, ndr)". Scavone si sarebbe speso anche per l'assunzione della ex moglie di un colonnello della Guardia di Finanza e, a un altro finanziere, ("mio amico da tre anni", scrive ) ha regalato - specifica nella nota - "...un viaggio per tutta la sua famiglia e una borsa Louis Vuitton, il tutto per un valore di citrca 6mila euro".
La Guardia di Finanza aveva già acquisito le informazioni contenute nella nota recuperandole grazie a "capillari, approfonditi e dispendiosi accertamenti tecnici". Scavone, convinto dagli inquirenti, ha deciso poi di fornire le credenziali di accesso al "suo" cloud: la comparazione tra i backup delle chat che aveva cancellato trovati sul web e le informazioni recuperate dai finanzieri avrebbero fornito un riscontro positivo.
L'imprenditore avrebbe anche messo a disposizione di alcuni militari indagati beni di lusso, come costosissime Ferrari e lussuose imbarcazioni, frutto spiegano i giudici, della "...sua enorme enorme disponibilità economica...". Dalle intercettazioni, infine, emerge che gli indagati stavano ipotizzando ritorsioni nei confronti del generale Domenico Napolitano, comandante del Nucleo di Polizia Economico Finanziaria di Napoli (in procinto di assumere il comando provinciale della Guardia di Finanza di Palermo), che stava indagando sulle presunte "mele marce".
Milano, quei legami con Boeri dei vincitori del maxi-progetto. Luca Fazzo il 21 Luglio 2022 su Il Giornale.
La gara per la realizzazione della Biblioteca europea di Cultura: l'archistar era nella commissione giudicante.
«A pensare male - scrive su Facebook un esperto architetto milanese - si fa peccato». Non aggiunge «però si indovina»: ma il concetto è quello. Perché il commento verte sulla storia che da giorni agita il mondo dell'architettura milanese, tra dubbi, gelosie, accuse esplicite. Al centro, la grande opera annunciata con sfarzo dal sindaco Beppe Sala e dall'assessore alla Cultura Tommaso Sacchi: la Beic, Biblioteca europea di Cultura, due navate di cristallo da trentamila metri quadri sull'area di Porta Vittoria. L'idea è vecchia di decenni, c'era un progetto già pagato e poi messo da parte, poi con i fondi onnipresenti del Pnrr tutto è ripartito. Concorso internazionale, quarantaquattro studi di tutto il mondo presentano i loro progetti. Una settimana fa, ecco i vincitori. Al primo posto il progetto presentato da un raggruppamento italiano, con alla testa tre studi di architettura, capofila l'Onsitestudio di Angelo Lunati, e uno studio di ingegneria. I nomi degli autori si sono scoperti solo dopo la vittoria, perché la commissione aveva sul tavolo progetti anonimi. Ma quando saltano fuori i nomi, iniziano i brontolii.
Inevitabili, visto che in ballo - solo per la progettazione - ci sono otto milioni di euro. Ma rafforzati dai legami professionali che i vincitori hanno con alcuni membri della commissione. Soprattutto con il membro più in vista: Stefano Boeri, architetto di fama internazionale, protagonista di alcune degli interventi più importanti compiuti e in corso a Milano, designato a commissario dalla fondazione Beic. Nella fondazione, e qui iniziano i problemi, il socio più forte è il Comune di Milano. Dove l'assessore alla Cultura è Tommaso Sacchi, da sempre tanto legato a Boeri da avere fatto parte della sua segreteria quando l'archistar era assessore, ed averlo poi seguito quando venne estromesso in seguito alla lite col sindaco Pisapia.
Dettagli, rispetto a quanto emerge leggendo chi c'è dietro il progetto vincitore. Due dei professionisti, Angelo Lunati e Giancarlo Floridi, sono in forza al Dipartimento di architettura e studi urbani del Politecnico insieme a Boeri e a un altro dei commissari, Cino Zucchi. In cordata con Lunati e Floridi per la parte di ingegneria c'è lo studio Sce, che ha realizzato insieme allo studio Boeri il grattacielo Rcs e la stazione di Matera e sta lavorando con lui a un progetto a Milano, il «Bosconavigli», e uno a Tirana.
Sempre della cordata vincitrice fa parte lo studio Baukuh di Pier Paolo Tamburelli che era redattore della prestigiosa rivista Domus quando il direttore era proprio Stefano Boeri. Non è la prima volta che Boeri dà prova di apprezzare il lavoro del suo ex redattore: nel 2011, come presidente di giuria, scelse il progetto dello studio Baukuh per la «Casa della Memoria», al quartiere Isola, dedicata alle vittime delle persecuzioni razziali. Insieme, Boeri e Tamburelli partecipano in Svizzera al progetto per la «Grande Ginevra». E non è tutto: della cordata fa parte anche lo studio Yellow Office di Francesca Benedetto. La stessa Benedetto (salvo omonimie) che risulta come assistente universitaria di Boeri (con un biennio di pausa) dal 2010 al 2016.
Il problema non riguarda il solo Boeri. Anche l'altro grande nome della commissione aggiudicatrice, Cino Zucchi, ha rapporti professionali stretti con i vincitori. Zucchi, Floridi e Lunati non sono solo colleghi al Politecnico ma hanno progetti insieme, tra cui un importante struttura di social housing a Settimo Torinese e il padiglione Italia alla Biennale di Venezia. Su un progetto, poi, i protagonisti della operazione Beic si sono ritrovati quasi tutti insieme: Zucchi, Floridi, Lunati e la Baukuh firmano il progetto «Seven Beautiful Orchards» in seno ai laboratori sul futuro dei grandi scali ferroviari milanesi. Per completezza, va segnalato che anche il terzo classificato alla gara per la Beic, Andrea Caputo, ha collaborato in passato con Boeri al Salone del Mobile e nel maggio scorso, quando la gara Beic era già aperta, al concorso per il Parco della Giustizia di Bari.
Sempre gli stessi nomi, insomma, che compaiono e riappaiono in vesti diverse. Tutti milanesi, tutti dello stesso giro: tanto che un altro architetto dubita esplicitamente «che la valutazione dei progetti sia stata condotta correttamente». Ma un dato è certo. In base al bando di gara, tutti i partecipanti avrebbero dovuto segnalare l'esistenza di rapporti professionali e di colleganza con membri della commissione aggiudicatrice; e i membri della commissione, ove a buste aperte avessero scoperto di avere scelto il progetto di un professionista con cui hanno rapporti, avrebbero dovuto farlo presente prima dell'inizio dei lavori. Non risulta che nessuno dei firmatari del progetto vincente abbia segnalato per tempo i rapporti con Boeri e Zucchi, né che Boeri e Zucchi lo abbiano fatto in seguito.
EMILIANO FITTIPALDI E GIOVANNI TIZIAN per editorialedomani.it il 16 luglio 2022.
Tommaso Verdini, il figlio dell’ex parlamentare berlusconiano Denis, è indagato per corruzione e traffico di influenze in un’inchiesta dei pm di Roma sulla società pubblica Anas. Il rampollo, a capo della società di lobbing Inver, è stato perquisito dalla Guardia di finanza lunedì, insieme all’ex ad Simonini e altri cinque alti dirigenti del colosso pubblico, indagati anche loro a vario titolo per traffico di influenze e corruzione.
L’inchiesta sta ricostruendo da mesi un sistema di consulenze e appalti pubblici banditi da Anas, società di stato che gestisce le arterie stradali del paese e che dal 2017 è sotto il controllo di Ferrovie dello stato (i cui manager sono del tutto estranei agli accertamenti investigativi).
Al centro della vicenda risulta esserci la Inver di Verdini junior, che ha sede nella prestigiosa via della Scrofa a Roma e che offre consulenze alle aziende impegnate nei lavori pubblici. Le consulenze nel mirino degli investigatori ottenute da Verdini valgono diverse centinaia di migliaia di euro. I detective della finanza hanno scoperto che attraverso Inver, Verdini attraeva imprenditori interessati a partecipare alle gare di Anas.
In pratica, secondo l’accusa, una volta ingaggiato come consulente, Verdini sarebbe riuscito a garantire alle aziende l’accesso a informazioni privilegiate e documentazione riservata relativa ai bandi di gara, in modo da “favorire” i clienti che partecipavano ai bandi. Per esempio forniva i dati sui capitolati, così da poter preparare le offerte nel miglior modo possibile.
Informazioni che sarebbero state veicolate a Verdini da un gruppo di alti dirigenti Anas, indagati per questo insieme al loro ex ad Simonini. Da quanto risulta a Domani, al momento non sono state individuate dagli inquirenti dazioni di denaro.
Tuttavia l’ipotesi è che il do ut des si sarebbe sostanziato nel fatto che Verdini junior avrebbe supportato i dirigenti della società pubblica per avanzamenti di carriera, promozioni o conferme di incarichi. Perciò l’indagine vuole provare a dare un nome alle sponde politiche del figlio di Denis, necessarie a ricompensare i dirigenti Anas che avrebbero aiutato illecitamente la società di lobby.
Nell’indagine sono stati acquisiti indizi di riunioni in diversi luoghi della capitale tra gli indagati. Una delle tesi di chi indaga, tutta da verificare, è che i protagonisti di questo sistema siano tutti legati tra loro e dai rapporti con la famiglia Verdini.
Abbiamo provato a contattare Tommaso tramite il padre per ottenere una replica, ma non abbiamo ricevuto a ora risposta. Dall’entourage di famiglia, però, spiegano a Domani che si tratta solo di un malinteso e che, «sia Tommaso Verdini che la società hanno sempre lavorato nel pieno rispetto delle regole». Vedremo a breve se i pm crederanno alla difesa oppure no.
Una prima conferma ai sospetti degli inquirenti sul sistema consulenze e appalti è arrivata grazie al sequestro di un pacco. Era stato spedito con il corriere da Verdini junior a Vito Bonsignore, già berlusconiano di ferro e oggi imprenditore nel settore strade, che lavora negli appalti pubblici pure con Anas. Cosa conteneva la scatola intercettata dai detective? Documentazione della società di stato che Verdini junior aveva recuperato e inviato a Bonsignore. Tutte informazioni riservate che nessuno dei due avrebbe potuto avere. Il sequestro è stato naturalmente notificato alle persone coinvolte.
Da qui i pm hanno ritenuto poi di procedere alle perquisizioni. Il giovane Verdini e l’esperto Bonsignore si conoscono anche per un altro grande affare. Fino alla fine del 2021 il figlio di Verdini è stato consigliere nella società autostrada Ragusa-Catania, partecipata proprio dalla holding di Bonsignore, costituita per realizzare la via di collegamento siciliana di cui parla da anni. Verdini junior è stato inserito nel consiglio di amministrazione della società «in considerazione della sua competenza e capacità» e per «implementare tutti i processi necessari comprese le procedure amministrative e autorizzative previste dalla normativa».
C’è poi un dato curioso, che mette in collegamento Bonsignore all’altro coindagato di Verdini: con l’autorizzazione del Cipe (Comitato interministeriale per la programmazione economica) la società statale all’epoca amministrata da Simonini aveva deciso di versare 36 milioni a Bonsignore per i costi di progettazione dell’autostrada mai fatta. E pare che sia questa una delle motivazioni che ha spinto il governo Draghi a sostituire Simonini.
A difendere la scelta di Simonini, nominato in quel ruolo dal governo Conte I, fu l’allora ministro Cinque stelle dei Trasporti, Danilo Toninelli: «Non c’è stata alcuna cattiva gestione da parte di Simonini», aveva detto l’ex ministro, aggiungendo: «I passaggi sono stati decisi col supporto tecnico-giuridico dell’Anas».
La vicenda giudiziaria non coinvolge, ad ora, né Denis, né l’altra figlia Francesca, compagna del leader della Lega Matteo Salvini. Spulciando i documenti societari dei Verdini, però, è possibile evidenziare un sistema di rapporti, amicizie, legami familiari e d’affari interessante. Partiamo proprio da Inver, il nome dell’azienda sotto inchiesta.
Verdini junior detiene il 70 per cento della proprietà, ma tra i consiglieri troviamo anche Francesco Rizzo, lui stesso socio di Inver fino a maggio scorso con il 20 per cento del capitale. Rizzo è un giovane avvocato toscano, legatissimo ai Verdini. È, infatti, il legale di fiducia di Francesca, sorella di Tommaso.
Una volta vendute le quote di Inver, l’avvocato Rizzo è stato nominato alla fine di giugno nel consiglio di amministrazione della società pubblica-privata Sitaf, che gestisce il traforo del Frejus.
Il capitale è spartito tra i Gavio e Anas, quest’ultima al centro delle verifiche della Guardia di finanza nell’ambito dell’indagine su Verdini. Rizzo è stato peraltro collaboratore di Cosimo Ferri, pure lui legatissimo a Verdini padre.
L'appalto per il business negli aeroporti? Nella Milano di Sala vince l'offerta peggiore. Luca Fazzo il 29 Giugno 2022 su Il Giornale.
La società vincitrice era già stata cacciata da Sea: ha solo cambiato nome.
Come è possibile che un appalto pubblico venga assegnato all'azienda che ha fatto l'offerta peggiore? Che il Comune di Milano, azionista di maggioranza assoluta della società che ha assegnato l'appalto, ci rimetta un sacco di soldi senza farlo sapere in giro? E che l'appalto finisca in mano a una ditta nel cui curriculum appaiono bancarottieri, titolari di fiduciarie estere e di tesori in paradisi fiscali? Che fine fa in tutto ciò la rinomata efficienza meneghina?
Al centro delle quattro domande sta un appalto che a un profano parrebbe di poco conto: il business dell'impacchettamento dei bagagli negli aeroporti, quegli apparecchi che a ridosso del check in consentono di avvolgere nel cellophan la valigia per evitare di trovarsela svuotata grazie all'inestirpabile piaga dei furti da parte del personale. Si tratta in realtà di un affare assai redditizio, anzi il più redditizio per metro quadro di tutti gli affari che ruotano intorno a un grande aeroporto. Più dei bar, più delle boutique. A contenderselo in giro per il mondo, un piccolo numero di società specializzate. La concorrenza a volte si fa aspra: qualche anno fa nell'aeroporto di Milano Linate tra il personale di due ditte finisce a botte, la Sea (controllata al 54,81 per cento dal Comune) caccia una delle due, la Safe Bag, accusandola di «ripetuti inadempimenti contrattuali» e affida l'intero appalto alla rivale, la True Star. Il tribunale civile obbliga Sea a fare una gara d'appalto vera e propria, e qui cominciano i problemi.
Alla gara si presentano in tre: vince chi fa l'offerta più alta, cioè chi è disposto a pagare più soldi a Sea per piazzare le sue macchine impaccabagagli a Linate e Malpensa. Al primo posto si piazza l'americana Zomaer con un'offerta di 3 milioni e mezzo, al secondo la True Star con 2.8 milioni, al terzo la Safe Bag, quella che era stata allontanata dopo le risse, che nel frattempo ha cambiato nome e si fa chiamare Trawell. Ha offerto solo 2,1 milioni. Ma Sea chiede alle altre due società di presentare al volo una fideiussione da tre milioni. Richiesta impossibile, diranno i periti entrati in scena poi. Ma intanto subentra la terza, la Trawell, ovvero Safe Bag, quella cacciata per le risse. Inevitabile il ricorso di Truestar al Tar, che blocca tutto. Così per ora a Milano il servizio non esiste più, e a supplire provvedono gruppi di extracomunitari sui marciapiedi dei terminal.
L'8 giugno il Tar ha fatto una nuova udienza, la decisione è attesa a breve. Nel frattempo il dato di fatto è che Sea, e quindi il Comune di Milano, si candidano a incassare un robusto gruzzolo in meno, proprio nel momento in cui il traffico aereo torna a ruggire insieme a tutto il suo indotto. A beneficiarne è un'azienda, la Seabag, che del business aeroportuale è una esperta navigatrice. Dietro c'è un veterano del settore, l'ex comandante di aerei Giuseppe Gentile, salito alla ribalta nel 2013 quando il suo nome comparve negli Offshore Leaks, le liste di possessori di beni in paradisi fiscali: veniva citata la Mariri Holdings, con sede a Macao, braccio operativo delle attività dell'ex comandante. Che è attivo in tutto il mondo, e non solo nel business aereo: nella sua orbita nasce la Moviemax, compagnia cinematografica finita poi in bancarotta, tra i cui amministratori c'era anche il finanziere Corrado Coen. Coen è il primo socio di minoranza di Safebag, la società che diverrà Trawell, quando nel settembre 2013 la nuova creatura di Gentile debutta all'Aim, la Borsa delle piccole e medie imprese; poco più di un anno dopo Coen viene arrestato per aggiotaggio, e nel 2016 torna in carcere su richiesta del pm Bruna Albertini per associazione a delinquere.
Presunzione d’innocenza, questa sconosciuta: è gogna contro Boda. La funzionaria del Miur che ha tentato il suicidio finisce ancora sui giornali. L’avvocato Rossodivita chiede solo che vengano rispettati i suoi diritti. Valentina Stella su Il Dubbio il 15 aprile 2022.
È trascorso esattamente un anno e un giorno da quel maledetto 14 aprile 2021, quando l’ex dirigente del Miur, Giovanna Boda, si gettò dalla finestra dello studio dell’avvocato Paola Severino, dopo aver visto il suo nome infangato e la sua reputazione devastata sulla stampa, a seguito di una indagine per corruzione. Da allora diversi interventi chirurgici, una lunga riabilitazione, ma l’uscita dal quel tunnel buio è lontana. La donna è ancora immobilizzata a letto e rischia l’amputazione della gamba.
Ma forse a far più male è l’ennesimo voyeurismo che l’ha riportata all’attenzione della cronaca in questi giorni. Per questo oggi, tramite il suo avvocato Giuseppe Rossodivita, si difende dalle accuse e chiede silenzio e rispetto verso una dolorosa vicenda umana e giudiziaria. «Nonostante la nuova legge sulla cosiddetta presunzione d’innocenza rafforzata – ci dice il suo legale – continuano ad essere pubblicati e raccontati, in termini di approdi giudiziari, quelli che sono solo atti delle indagini preliminari che dovranno essere sottoposti al vaglio dibattimentale. È quanto accaduto in questi giorni in ordine ai verbali di dichiarazioni rese nell’ambito dell’indagine della Procura di Roma sul MIUR, che hanno iniziato a girare per le redazioni dei giornali. Un vergognoso gossip mediatico-giudiziario il cui cinismo è semplicemente non commentabile». La donna, ci racconta sempre l’avvocato, «versa in gravi e complesse condizioni di salute e non è in grado di rispondere allo stillicidio giornalistico di atti d’indagine che, letti atomisticamente, restituiscono una verità assai lontana da quanto si è effettivamente verificato. I reati sono fatti di corpo e anima, di condotte e di comportamenti, ma anche di corretta rappresentazione delle condotte e del quadro in cui le stesse si inseriscono con le necessarie consapevolezze».
Boda nello specifico è accusata di corruzione propria e non è sottoposta ad alcuna misura cautelare. Le indagini non sono ancora concluse. In questi giorni la stampa ha riacceso appunto i riflettori sulla vicenda pubblicando sia stralci degli interrogatori dell’ ex assistente della Boda, Valentina Franco, sia dettagliando i rapporti dell’ex dirigente con Federico Bianchi di Castelbianco, già editore dell’agenzia di stampa Dire, ai domiciliari in quanto ritenuto dalla procura di Roma il presunto corruttore. Lui avrebbe dato soldi, benefit e utilità alla donna in cambio di affidamenti diretti ad alcune sue società. »Il rapporto di conoscenza, sviluppatosi col tempo in una relazione di profonda amicizia e fiducia che la dr.ssa Boda ha concesso al dott. Bianchi di Castelbianco, psicoterapeuta, è assai risalente nel tempo, – spiega sempre Rossodivita – ma gli inquirenti hanno trovato “utilità” di vario genere e natura, riferibile solo agli ultimi due anni, in un periodo di grandissima fragilità psichica della dr.ssa Boda, di cui il Dott. Bianchi di Castelbianco era a conoscenza, quale suo confidente e amico psicoterapeuta e che per questo si offriva quale supporto in un periodo estremamente complicato della vita personale e professionale della dr.ssa Boda. Ciò nonostante è possibile affermare con certezza che non una sola gara, tra quelle bandite dalle migliaia di stazioni appaltanti/istituti scolastici sparsi per lo stivale (non si tratta di bandi del MIUR per quanto così rappresentato dalla stampa) è stata vinta dai soggetti imprenditoriali riconducibili al Bianchi di Castelbianco per effetto di una qualsiasi condotta propria e consapevole della dr.ssa Boda».
Secondo l’avvocato “proprio in ragione di questa fragilità psichica, determinata da obiettivi, documentabili e documentati, problemi di salute, la dr.ssa Boda – in seguito alla perquisizione della Guardia di Finanza e alla lettura di articoli di giornale che prontamente la raccontavano senza alcuna attenzione alla presunzione d’innocenza – ha compiuto l’insano gesto che tutti conoscono. Da allora la dr.ssa Boda è stesa nel suo letto, in un continuo andirivieni dagli ospedali, è sottoposta ad una forte terapia farmacologica e i medici stanno tentando di evitarle in ogni modo l’amputazione di una gamba». Il procedimento penale farà il suo corso ma la dottoressa Boda, tramite il suo legale «chiede alla stampa, ai giornalisti, a coloro che gli ”passano” gli atti, solo alcuni, ed agli editori, rispetto per la presunzione d’innocenza – che sarà dimostrata se e quando la dr.ssa Boda sarà in grado di partecipare con profitto alla sua effettiva difesa – e per la sua dolorosa vicenda umana», conclude Rossodivita.
Estratto dell’articolo di Andrea Ossino per repubblica.it il 13 aprile 2022.
Due persone dello staff di Maria Elena Boschi, i volti dell'Antimafia e i parenti dell'ex Procuratore Nazionale Antimafia Cafiero De Raho. E poi medici, nipoti di suore, bambini, magistrati e fondazioni per la legalità. Giovanna Boda, la dirigente che ha tentato il suicidio dopo aver saputo di essere indagata, avrebbe aiutato tutti. Solo che a finanziare iniziative meritevoli e persone bisognose, a ben guardare, spesso non era l'ex Capo Dipartimento del ministero dell'Istruzione.
E neanche il Miur. Ma Federico Bianchi di Castelbianco, l'ex editore dell'agenzia di stampa Dire finito agli arresti per aver ricevuto, tra il 2018 e il 2021, affidamenti per circa 23 milioni di euro da parte di istituti scolastici, il tutto tramite tre società e una fondazione a lui riconducibili. E grazie alle entrature di cui godeva al ministero.
Le liste e la supertestimone
La circostanza emerge da alcune liste ritrovate dagli investigatori. In quei fogli ci sono nomi rilevanti. E sono affiancati da cifre piuttosto dignitose. Ci ha pensato la factotum di Giovanna Boda, Valentina Franco, a spiegare il significato di quei documenti. Le sono serviti due appuntamenti diversi per rispondere a tutte le domande formulate dal sostituto procuratore Carlo Villani. Il 17 e il 30 novembre del 2021 ha vuotato il sacco. E ha spiegato che una serie di persone lavoravano per la Boda, ma in realtà venivano pagate da Bianchi di Castelbianco. Non solo: tra quei nomi c'è anche chi ha beneficiato della generosità della Boda, ma in realtà sarebbero stato pagato dall'imprenditore.
"Tutti i nomi sono stati inseriti nella lista perché segnalati dalla Boda - dice la Franco - Mineo (Vincenzo, scomparso lo scorso anno ndr) è stato il direttore dell'aula bunker di Palermo e ha collaborato con la Fondazione Falcone", dice la donna facendo il nome di altri esponenti della fondazione impegnata nel promuovere la legalità: "Erano stati pagati da Bianchi di Castelbianco", continua. (…)
Lo staff della Boschi e gli abiti di Bussetti
I nomi sono tanti: "passavano dalla Boda a Castelbianco". Ci sono "Vettori e Bitossi, collaboravano con Maria Elena Boschi nel periodo in cui era Ministro", spiega la Franco. E ancora: "Successivamente sono state assunte da Bianchi Di Castelbianco e non so cosa facessero per 53 mila euro lordi annui per le società dell'imprenditore. In ogni caso talvolta venivano al Miur per determinati eventi".
Ci sono giornalisti e capi uffici stampa, genitori di un'estetista e una persona che "aveva un figlio disabile ed era state abbandonate dal marito". E ancora "la figlia del magistrato del Consiglio di Stato Michele Corradino, che all'epoca lavorava all'Anac" e la nipote del ginecologo.
E poi un ragazzo che "è stato assunto da Bianchi di Castelbianco, una volta finito il suo rapporto al ministero, perché era portavoce del ministro Bussetti (Marco, ex ministro dell'Istruzione ndr)". Per Bussetti, dice la Franco, sarebbero stati fatti fare due abiti dallo stesso sarto del padre della Boda. I soldi, venivano sempre da Bianchi di Castelbianco e sempre all'insaputa dei beneficiari. (…)
Ilaria Sacchettoni per il “Corriere della Sera - ed. Roma” l'11 aprile 2022.
Dai pagamenti per le spese voluttuarie alla lista di favori distribuiti, passando per l'elenco delle scuole «organiche» al sistema messo in piedi al ministero dell'Istruzione. In poche pagine di interrogatorio (affiorate in seguito alla discovery del Tribunale del Riesame) Valentina Franco, spicciafaccende di Giovanna Boda, accusata di rivelazione del segreto d'ufficio, svela metodi e beneficiari della rete intessuta negli uffici ministeriali.
Offrendo al pubblico ministero Carlo Villani che indaga per corruzione alcuni, formidabili assist. Tra cui un'illuminante confidenza circa le rivelazioni a terzi sui singoli progetti in cantiere: «Tutti - dice Franco - eravamo a conoscenza del fatto che parlare di modifiche di bandi dei progetti e dei contratti con persone esterne al ministero non era una cosa legale...». Malgrado ciò le indiscrezioni erano all'ordine del giorno.
La factotum di Boda racconta come Federico Bianchi di Castelbianco, il presidente dell'agenzia Dire finito agli arresti per le stesse vicende in quanto finanziatore del sistema, avesse messo a disposizione una carta di credito per le spese ordinarie della dirigente: «So - dice Franco- che la carta era usata per la Boda. Noi altri non prendevamo nessun rimborso per le spese che avevamo anticipato per la Boda. Faceva principalmente spese personali, come chirurgia o parrucchiere o unghie lasciando anche mance generose. Spendeva 1.000 euro a settimana».
Anche la beneficenza (alcuni aiuti al figlio disabile di una sua conoscente) è a carico di Federico Bianchi di Castelbianco.
Nel corso dell'interrogatorio Franco offre la propria opinione sull'intera vicenda: «Secondo me - racconta - l'ideatore dell'intero sistema era Boda». Certamente quelle esigenze sembrano essere determinanti nell'alimentare un circolo vizioso.
In qualche caso si rendeva necessario trovare degli enti compiacenti per far figurare il pagamento degli stipendi a Franco e agli altri collaboratori: «Il periodo in cui siamo stati senza stipendio - riferisce Franco - il pagamento ci veniva effettuato tramite bonifici dalle scuole. In realtà era il nostro stipendio per l'attività che svolgevamo in favore della Boda».
La tuttofare della dirigente apre poi una parentesi che riguarda proprio le scuole. Alcune beneficiavano di piccoli finanziamenti per progetti didattici e di un trattamento amicale (lecito tuttavia) da parte della numero uno del ministero: «So di queste scuole "amiche" cioè che avevano contatti diretti con Bianchi di Castelbianco.
Non necessariamente venivano scelte dalla Boda. Erano quelle che risultavano più "disponibili". Conosco ad esempio ...il Regina Elena a Roma; poi c'erano dei progetti piccoli al Virgilio di Roma di cui era preside la Vocaturo (Rosa Isabella Vocaturo, ndr). Valentina Franco fa anche mettere a verbale un altro favore: «A Catania c'era Rachele Sempreviva, nipote del marito della Boda...di questo sono sicura che il marito non sapesse nulla. Le veniva pagato da Bianchi di Castelbianco l'affitto della casa, l'università e lo stipendio».
Corrado Zunino per “il Venerdì di Repubblica” il 16 dicembre 2021.
L'editore-psicologo aveva comprato un appartamento di 298 metri quadrati (con soffitta) a ridosso di via Veneto, la Roma più costosa, per l'alta funzionaria del ministero dell'Istruzione e la figlia. Un milione e mezzo di euro, il valore. E quando lei gli chiederà, con la deflagrazione del Covid, di far avvicinare i genitori da Casale Monferrato, lui prenderà subito in affitto un appartamento quattro palazzi più in là.
Per i genitori appunto, la mamma è stata sindaca di Casale Monferrato. Poi pagherà per tutti, badante compresa, le vacanze al mare in Toscana. Tra San Marino e Via veneto L'editore dell'agenzia giornalistica Dire è agli arresti domiciliari per corruzione. Federico Bianchi di Castelbianco, 71 anni, a Roma è sempre stato una potenza, per quanto discreta e sempre sotto traccia.
E con i suoi regali alla dirigente si sarebbe garantito appalti per 23,5 milioni di euro tra il 2018 e il 2021. Giovanna Boda, 47 anni, già Capo dipartimento delle risorse umane, finanziarie e strumentali del ministero dell'Istruzione, è indagata, anche lei per reati di corruzione. Oggi vive, immobilizzata, nel suo grande appartamento a ridosso di Via Veneto, dove sta affrontando una dolorosa riabilitazione.
Lo scorso 14 aprile, si lanciò dalla sala d'attesa dello studio legale dove il marito l'aveva accompagnata di fronte alle prime notizie dell'inchiesta della Guardia di finanza. Frattura al bacino e al coccige. Fratture alle caviglie, a un ginocchio. Finora ha subìto sei operazioni. I verbali mostrano come quel rapporto - criminale secondo i magistrati, ma anche tossico, e di reciproca dipendenza a leggere le carte - abbia prodotto scorie nocive all'interno di uno dei ministeri più importanti del Paese.
In particolare, sui delicati argomenti della disabilità e dell'iperabilità. Il decreto di sequestro preventivo, con le sue 202 pagine, sostiene, infatti, che l'imprenditore del sociale e dell'informazione - vicino per famiglia e interessi economici ed editoriali anche a San Marino, con legami strettissimi con la politica e la sanità cattolica - abbia pagato quindici collaboratori del ministero dell'Istruzione: alcuni con finti rimborsi spese, mentre ad altri avrebbe consentito di diventare pubblicista nella sua agenzia di stampa.
A ogni commessa ottenuta dal ministero, Bianchi di Castelbianco, secondo l'inchiesta, riusciva ad allargare la sfera d'influenza del suo Istituto di ortofonologia, l'Ido. In molte scuole ha ottenuto la gestione delle strutture di ascolto e ha iniziato a contattare, sostituendosi agli uffici del ministero, direttamente i presidi. Che lo trattavano con riverenza e che lui raccomandava a ogni visita in Viale Trastevere. L'inchiesta cita nove dirigenti. E Giovanna Boda? Molti la descrivono come un'amministratrice generosa nella sua attività ministeriale e sinceramente attenta agli ultimi. Altri ammettono che in viale Trastevere era anche temuta.
Le carte intanto mostrano questo: uno scaltro psicologo, spesso contestato sul piano scientifico, entra nelle stanze di un ministero con poche difese e ne pilota anche scelte importanti, ne ispira gare d'appalto, ne decide i finanziamenti diretti (alcuni per sé, per 8 milioni). soltanto un whatsApp Bianchi di Castelbianco ha collaborato alla stesura dei progetti formativi, ha suggerito come far aumentare i punteggi di un argomento che nutriva il suo core business.
Ha partecipato, in presenza, alla costruzione del bando per la povertà educativa. Ha contribuito a decidere - talvolta bastava un WhatsApp, visti i rapporti diretti e consolidati - quando mettere e quando sottrarre soldi su questioni importanti della vita extracurriculare del ministero. La Nave della legalità, per esempio, che dal 2002 ospita studenti in crociera nel Mediterraneo per discutere di mafia e di antimafia.
La voce di Bianchi di Castelbianco arrivava alla prima dirigente e ai suoi collaboratori quando si dovevano decidere i finanziamenti sulla Fondazione Falcone, sulla Fondazione Occorsio, le risorse da destinare alla Comunità di Sant' Egidio, le azioni da sostenere per un'associazione come Parole ostili. Per il ricordo di Indro Montanelli, le iniziative musicali di "Europa incanto".
Questioni strutturali all'istruzione, come la legge 440 sull'offerta formativa delle scuole o il neurosviluppo nell'età infantile, in queste ultime due stagioni sono state tirate da ogni parte per soddisfare, secondo l'inchiesta, lui e le sue controllate. «Dobbiamo dividerci le attività del ministero» dice candido nelle intercettazioni. «E così me so' proprio imposto», per spiegare la sua influenza su Giovanna Boda: «Lei voleva modestamente esercitare il suo potere, non se l'aspettava fossi così deciso».
Boda, frastornata, ai collaboratori dirà: «Non ci sto più a capire niente, basta che vi mettete d'accordo voi con i soldi». Il ministero dell'Istruzione è un luogo di ingenti risorse pubbliche - 51 miliardi di euro è il bilancio preventivo per il 2021 - e scarsi controlli.
Con l'insediamento del leghista Marco Bussetti (giugno 2018) negli uffici centrali - la segreteria particolare, il gabinetto - entrò la cosiddetta "corte di Caserta" che, guidata dal viceprefetto aggiunto Biagio Del Prete, aveva come primo compito quello di individuare eventi utili per giustificare le note spese del ministro, come ha raccontato Repubblica. Quindi, gestiva in proprio i rapporti con i provveditori regionali. «Il secondo piano del ministero dell'Istruzione era diventato un suk», racconta Marco Lonero, il primo segretario particolare di Bussetti, allontanato dopo quattro mesi.
Ancora prima, ai tempi di Maria Stella Gelmini, quando il ministero dell'Istruzione controllava anche l'Università e la ricerca, la Procura di Roma aprì un'inchiesta sulla direzione generale e sulla sparizione dei finanziamenti statali e comunitari sulla ricerca. La vicenda Bianchi di Castelbianco-Boda ha riportato la Guardia di Finanza al secondo piano di Viale Trastevere 76a.
L'alta dirigente è stata sostituita con l'ex marito, Jacopo Greco, ora capo del dipartimento per le risorse umane, finanziarie e strumentali che già ha diretto fino al 2019. Le prime collaborazioni di Giovanna Boda, laureata e dottorata in Psicologia, con l'allora Pubblica istruzione, risalgono al 1999. Nei percorsi scolastici, Bianchi di Castelbianco incrocia la giovane civil servànt. Lo psicologo in carriera diventato imprenditore del sociale sceglierà di far entrare Giovanna Boda, culturalmente di centrosinistra, nell'orbita del suo giro di affari coprendola di denaro o, meglio, togliendole ogni pensiero.
Dopo i due preziosi affari immobiliari, proverà ad agevolare il mutuo della protetta per un appartamento a Limone Piemonte, località sciistica dove Boda andava da bambina. E, in un'escalation di acquisti, servigi, opportunità, le noleggerà per quindici mesi un'auto (Mercedes) con autista.
Grazie a una carta di credito con 38.765 euro spendibili in sei mesi, lei si comprerà l'Ipad, l'abbonamento per la palestra, i giocattoli e persino i Krumiri per la bimba di cinque anni; maglie da 700 euro per sé («ne vuole quattro», dirà la segretaria intercettata), camicie per 9.800 euro. Utilizzerà le carte di pagamento, ne ha una seconda a disposizione, per i cappelli dell'Antica cappelleria, le spese da Eataly - cialde decaffeinate da far portare alla consulente della Direzione generale.
La badante rumena sarà saldata per traduzioni che non ha mai fatto e con quei versamenti dall'esterno saranno pagate la collaboratrice sudamericana, l'istruttrice di fitness, la massaggiatrice. «Un coacervo di utilità», scrive la Procura. Come i contanti consegnati alla madre (non indagata) di Boda: «Ma dove vado con tutti questi soldi?». E i dipendenti complici, la segretaria Valentina Franco e l'autista Fabio Condoleo, ora ai domiciliari, commentano: «Bello spendere con i soldi degli altri» (che, per inciso, sono soldi pubblici). Giovanna Boda, alla fine, si arrende: «Dimmi tu che cosa devo fare, io vomito ogni sera. Vorrei solo addormentarmi e non svegliarmi più». Proverà a restituire parte del denaro anticipato, ma ormai ha perso il controllo del giro d'affari: «Di quanto sarà questo mutuo? Non so neppure se riesco a pagarlo».
Giacomo Amadori per "la Verità" il 15 ottobre 2021.
C'è un'intercettazione tra la dirigente del Miur Giovanna Boda e l'imprenditore Federico Bianchi di Castelbianco, entrambi indagati per corruzione per le utilità che lui avrebbe concesso a lei in cambio di appalti, che potrebbe imbarazzare più di uno. In primis il ministro Patrizio Bianchi e la deputata Maria Elena Boschi che avrebbero segnalato alla Boda persone da assumere.
È il 6 aprile 2021 e l'allora capo dipartimento per le risorse umane, finanziarie e strumentali, è agitata e intenzionata a prendersi un anno sabbatico. E all'amico domanda: «Sì, ma mettiamo che io da domani mi metto a fare un anno che è il mio sogno, non faccio niente per un anno ok? Con cosa vivo?».
Castelbianco la tranquillizza: «Guardami, dimmi solo l'importo... Ti fai un anno sabbatico però ti posso dire una cosa? Te ne devi anda'! lo ti faccio arrivare i soldi all'estero, ti faccio arriva' tutto. Non ti preoccupare, però, te ne devi andare [] fai l'apertura del Quirinale (dell'anno scolastico, ndr), annusi l'aria un giorno di settembre e poi vai in aspettativa». Quello che preme in ogni caso all'imprenditore prima che la Boda vada via è che sia chiusa «la 440».
Il riferimento e alla legge istitutiva del fondo per l'arricchimento e l'ampliamento dell'offerta formativa e per gli interventi perequativi, ai cui bandi Castelbianco, psicoterapeuta, editore dell'agenzia Dire e imprenditore, partecipa con le sue società.
«Lasci, metti, scegliti una persona tua oltre Valentina (la segretaria, ndr) che si mette lì, si prende tutte le beghe, una persona tua [] mi spiego cioè facciamo una cosa breve, ma fatta la 440, pensi per 'sti mesi io abbia problemi a risolvere tutto anche per l'anno dopo?» ragiona il settantenne professionista.
Parlano di un affidamento. Castelbianco propone una soluzione: «Io posso mettermi d'accordo con loro e dire fatemi fare il bando». Boda sembra intimorita dal fatto che a differenza di quanto accaduto con una scuola di Taranto in questo caso non conosca bene il preside, ma Castelbianco dà l'impressione agli investigatori di voler «ostinatamente trovare una soluzione favorevole ai propri interessi»: «Ma tu il bando sei contraria?» chiede.
A questo punto la Boda pare voler chiudere tutte le pratiche rimaste in sospeso in vista del suo provvisorio ritiro e riporta al fidato imprenditore le richieste di assunzione che gli sarebbero arrivate dal ministro, in quel momento Patrizio Bianchi, e dall'amica Maria Elena Boschi, con cui la stessa dirigente aveva lavorato al dipartimento della Pari opportunità e con cui non ha smesso di frequentarsi: «Ho tre persone di cui due dovresti già conoscerle. Allora queste due sono del ministro, te lo dovrebbe avere già detto Valentina (Franco, la segretaria indagata, ndr) da tempo: M., che è nel terzo settore per l'accordo di programma per questa serie, e B., che ha il figlio disabile e fa il maestro del coro.
Vabbé comunque son persone utili a me eh! Questi son svegli forte, sanno scrivere e possono venire ad aiutare questo ti dico sono utili anche se vengono dal ministro. Di fargli un incarico di consulenza di sei mesi, tranquillo tranquillo niente di... io gli darei 1.500, netti, però, che tu mi dici lordi, no netti».
Castelbianco propone 2.000 euro. La Boda è d'accordo: «E facciamo 2.000, son proprio del ministro questi, non li avevo mai visti, né conosciuti, però, son bravi,però, cercate di calm... di chiamarmi perché a me mi servono per riscrivere il progetto Estate». Boda cita la terza presunta «raccomandata»: «Poi questa qua».
La donna richiama l'attenzione del suo interlocutore: «Guardami». Quindi prosegue: «è la cognata della Maria Elena». Non è chiaro a chi si riferisca. L'ex ministra ha due fratelli, Emanuele e Pier Francesco. Ma l'unico sposato è il primo.
La moglie si chiama Eleonora Polsinelli, ha 35 anni ed è nativa di Sora (Frosinone). Ha sposato Emanuele nel 2015 e, per alcuni anni, è stata dipendente dell'ex Banca Etruria, passata prima sotto le insegne di Ubi e poi di Intesa. Ha fatto parte dell'ufficio stampa dell'istituto aretino, ma dopo l'addio di Pier Luigi Boschi alla carica di vicepresidente e tutte le polemiche legate all'inchiesta sul crac della Popolare aretina la giovane ha prima lasciato l'ufficio a diretto contatto con i giornalisti, quindi si è dedicata alla maternità e, infine, si è licenziata, come aveva già fatto il coniuge.
Meno probabile che la cognata in questione sia la fidanzata di Pier Francesco, una ventinovenne originaria di Montevarchi, dottore di ricerca in genetica, oncologia e medicina clinica all'università di Siena. Sia chi sia, Castelbianco ha ben in mente la ragazza: «Ah, sì già ce l'ho».
Boda è pensierosa: «Allora questa qui dobbiamo capire bene cosa fare, nel senso che lei sta aspettando da un anno il concorso al ministero che io non so neanche quanto sia opportuno, mi capisci? Però il problema è che questa sta a Firenze». Castelbianco: «Ma non ha importanza questo la domanda è: che gli fanno fa'? Lei cosa vuole fa'?». Boda: «Allora lei vuole fare comunicazioni istituzionali».
L'imprenditore sobbalza: «Eh ma comunicazioni istituzionali». Boda: «E appunto ti sto dicendo non è una cosa semplice». Castelbianco: «E no e comunica cosa? Il ministero?». Boda: «No cioè o fa una cosa per l'agenzia Dire, non so che cosa». Castelbianco: «No ma per la comunicazione sì». Boda: «L'importante sia sganciata da me Federico, lo capisci?». Castelbianco: «Non c'è dubbio».
I due provano a escogitare una soluzione. La dirigente ragiona: «Io ho pensato se le troviamo una cosa e magari si distrae anche da noi perché pure il concorso non è comunque una cosa facile eh! Proprio un secondo, hai capito cosa voglio dirti?». Castelbianco sembra aver afferrato il senso: «Ma lei subito?». La donna risponde affermativamente e allora l'editore dice: «Sì, sei mesi».
Boda continua: « e poi casomai si rinnova, cioè da un certo punto di vista è meglio se sta fuori [] quindi poi magari adesso vedi tu in prospettiva tra due anni diventa a tempo indeterminato [] non fa il concorso». Bando che rischia di mettere in imbarazzo la dirigente: «Perché finché io esisto se per favore non fa il concorso perciò sei mesi di prova e poi se va bene le diamo una prospettiva lì. Possiamo rischiare? No, dimmi, possiamo rischiare?».
Anche Castelbianco pensa che sia meglio evitare il concorso. L'amica prosegue: «Perché per me questo è proprio da deficienti? Lei però». Non si capisce a chi la Boda si riferisca, se alla cognata o alla Boschi stessa e Castelbianco commenta: «Lei di più». Boda: «Quindi io, cioè non vorrei adesso, su questo, veramente fare la buccia di banana, già ne abbiamo 10.000 che se non so come arriviamo ogni giorno dopo».
Castelbianco: «Sì, ci penso un attimo». Boda: «Sì questo ti volevo dire, pensaci tu lo potevo dire anche a Valentina, però, il discorso è questo che lei sta li ad aspettare il bando, io secondo me devo trovargli una cosa prima in modo che lei se ne». Castelbianco: «Oppure se lei aspetta il bando, ma il bando... vabbé Firenze». Per la Boda non è semplice: «Eh, ma il bando per Firenze non c'è perché è nazionale...». L'interlocutore ribatte: «Non ha importanza, l'importante è che vince il bando e ci va i primi sei mesi».
Boda: «No, ma il problema è che comunque, su quattrocento posti, caso strano, capito?». Castelbianco: «Ma magari arriva pure quattrocentesima, cioè l'importante è che non arrivi prima perché...». Boda: «Ma e brava, io l'ho conosciuta non è stupida». Castelbianco: «Apposta dico: quindi se vince lei non è un problema, e importante che (incomprensibile) deve andare prima fuori e poi va a Firenze». Boda: «Non penso che lei vada fuori e poi a Firenze, vabbè comunque tanto adesso».
Bianchi pare allargare il discorso a tutta la famiglia Boschi: «Adesso tu, se tu riesci a far sistemare, a fargli vincere il bando, dopo falli arrivare da te, dici senti abbiamo un problema, dici guarda pazienta sei mesi e tu dicono ah va bene grazie». Dopo che i due presunti complici hanno trovato la quadra, la situazione, purtroppo per loro degenera: passano sette giorni e la Guardia di finanza irrompe negli uffici della Boda e di Castelbianco mandando in fumo il piano di assunzioni così puntigliosamente congegnato.
Ericsson, corruzioni in tutto il mondo. E in Iraq il colosso svedese pagava l’Isis. Tangenti pagate per vent’anni in almeno 19 nazioni, dalla Cina alla Libia, dalla Spagna al Sudafrica. E tenute nascoste anche dopo un patteggiamento negli Usa costato un miliardo. Il consorzio giornalistico internazionale svela i segreti della multinazionale. E i versamenti all’esercito terrorista per salvare le reti telefoniche nell’area di guerra a Mosul. Paolo Biondani e Leo Sisti su L'Espresso il 27 Febbraio 2022.
Una corruzione mondiale, da Premio Nobel del malaffare. Il gruppo Ericsson, il colosso svedese delle telecomunicazioni, ha pagato tangenti per più di vent'anni in almeno 19 nazioni, dall'Africa al Medio Oriente, dall'Europa alla Cina. Ha continuato a corrompere anche dopo essere stato incriminato negli Stati Uniti con sanzioni da un miliardo di euro. E ha tenuto nascosto di aver pagato perfino i combattenti dell'Isis in Iraq.
Traffico d’influenze: l’inafferrabile reato inasprito dai grillini e che ora ha colpito Grillo. Michele Pezza martedì 18 Gennaio 2022 su Il Secolo d'Italia.
Fa bene Guido Crosetto a bollare il reato di traffico di influenze illecite, caduto oggi a mo’ di tegola sulla testa di Beppe Grillo come «assurdo, indefinito, arbitrario». E ancora meglio fa a sottolineare che rappresenta «un modo facile per “sporcare” un nemico politico, “richiamarlo all’ordine”, in un Paese dove un avviso di garanzia è condanna». Tutto vero. Al posto suo, tuttavia, avremmo aggiunto che non è questo il caso per scomodare le Procure politicizzate. Perché la responsabilità dell’esistenza di un reato tanto inafferrabile non è della magistratura bensì del Parlamento.
Nel 2019 Bonafede aumentò la pena
Furono le Camere, nel 2012, a consentire al governo Monti di introdurre una norma da cui oggi tutti (o quasi) prendono le distanze. Ma tant’è: in quell’epoca, già spopolava il “lo vuole l’Europa” assurto oggi a inviolabile tabù. Nel caso del traffico illecito d’influenze, a reclamarne l’introduzione nel nostro Codice penale erano soprattutto alcune Convenzioni internazionali. E a tanto provvide la guardasigilli pro-tempore Paola Severino, alla cui opera si sarebbe aggiunto anni dopo il ritocchino in termini di aumento di pena di Alfonso Bonafede. Mai – c’è da scommettere – l’ex-ministro avrebbe immaginato che un giorno quel reato si sarebbe ritorto contro Grillo.
Il silenzio del M5S su Grillo
E forse è anche questo il motivo del silenzio opposto dai 5Stelle alla disavventura giudiziaria occorsa al loro capo supremo. Nulla di più facile che nelle prossime ore ritrovino la parola per spacciare come un’ulteriore tappa della loro crescita politica l’iscrizione dell’Elevato nel registro degli indagati. Magari accadesse. Almeno realizzerebbero una volta per tutte che le sventagliate di onestà-tà-tà-tà o i proclami su «apriscatole» e «Palazzo trasparente» funzionano come demagogiche banalità non come programma di governo. Già, visto oggi il Grillo innalzato dal Vaffa come tsunami purificatore della vecchia politica non è più neanche un ricordo: è una barzelletta.
Traffico di influenze, quella legge fumosa che ingolfa la giustizia. Dal caso della ministra Guidi all’assoluzione di Alemanno, passando per Renzi senior: come nasce (e come spesso muore) uno tra i reati più cari ai grillini. Simona Musco su il Dubbio il 19 gennaio 2022.
«Il reato di traffico di influenze illecite è come la corazzata Potemkin del film di Fantozzi, una boiata pazzesca: la si può girare come si vuole, ma alla fine i conti non tornano, perché è costruito sul nulla». A dirlo, cinque anni fa, era Tullio Padovani, professore di Diritto penale all’Università Sant’Anna di Pisa, intervistato dal Foglio sul caso giudiziario che portò alle dimissioni dell’allora ministra dello Sviluppo, Federica Guidi.
Era marzo del 2016 e i grillini non persero tempo ad emettere la loro sentenza: «Quanto scoperto in queste ore sul ministro Guidi è vergognoso! Deve andare a casa subito!», recitava la pagina ufficiale del Movimento 5 Stelle, accontentato poco dopo dalla ministra, che decise di mollare. Un anno dopo il M5S ribadiva il concetto, punzecchiando l’allora premier Matteo Renzi per le indagini riguardanti il padre: «Ricordiamo a tutto il Pd ed in particolare a Matteo Renzi, che babbo Tiziano, resta saldamente indagato nell’inchiesta per corruzione negli appalti miliardari in Consip per il grave reato di traffico di influenze», si legge in un post del 13 aprile 2017. Su quella stessa pagina, oggi che ad essere indagato è Beppe Grillo, il padre del Movimento, tutto tace. Quello contestato all’ex comico è un reato dai contorni vaghi, connotato da un forte intento repressivo, che punisce, in via preventiva e anticipata, il fenomeno della corruzione, sanzionando tutti quei comportamenti, in precedenza ritenuti irrilevanti, che la “preannunciano”.
Il reato è stato introdotto nell’ordinamento con l’articolo 1, comma 75, della legge 6 novembre 2012, n. 190 – la cosiddetta “Severino” -, previsto nel codice penale con l’articolo 346-bis. La norma è poi transitata nel 2019 nella cosiddetta “Spazzacorrotti”, la legge bandiera dei grillini, che adeguando il diritto penale interno a quanto previsto dalle norme sovranazionali ha esteso la portata applicativa della legge anche alle condotte che prima era riconducibili al millantato credito, contestualmente cancellato dal codice penale. La legge punisce con una pena che va da un anno a quattro anni e mezzo chiunque, fuori dei casi di concorso nei reati di corruzione, «sfruttando relazioni esistenti con un pubblico ufficiale o con un incaricato di un pubblico servizio, indebitamente fa dare o promettere, a sé o ad altri, denaro o altro vantaggio patrimoniale, come prezzo della propria mediazione illecita verso il pubblico ufficiale o l’incaricato di un pubblico servizio, ovvero per remunerarlo, in relazione al compimento di un atto contrario ai doveri d’ufficio o all’omissione o al ritardo di un atto del suo ufficio». Insomma, vengono puniti i cosiddetti “faccendieri”, sia nell’ipotesi in cui si facciano pagare per l’opera di mediazione – e il denaro deve essere necessariamente indirizzato “a retribuire” quella stessa opera -, sia in quella per cui chiedono il denaro non per sé, ma per pagare il pubblico ufficiale, attività preparatoria del reato corruttivo. Attività considerate una patologia del lobbismo, tema per il quale solo una settimana fa la Camera ha approvato un testo di legge che disciplina l’attività di relazioni istituzionali per la rappresentanza di interessi.
I casi di cronaca sono diversi e anche particolarmente pesanti: il più eclatante è forse quello, già evocato, della ministra Guidi, mai indagata, ma messa alla gogna per l’ipotesi di aver inserito nella legge di Stabilità del 2015, su pressione dell’allora compagno e imprenditore Gianluca Gemelli -, ex commissario di Confindustria Siracusa – un emendamento che sbloccava il progetto di estrazione petrolifera “Tempa Rossa”, favorevole alla Total, che avrebbe poi “ripagato” l’intermediazione di Gemelli affidando un subappalto a una delle sue aziende. Quell’inchiesta provocò un vero e proprio terremoto politico, tant’è che fu proprio il pressing dell’allora premier Matteo Renzi a provocare le dimissioni di Guidi. Mesi dopo, però, tutto si dissolse in una bolla di sapone e la posizione di Gemelli fu archiviata: per gli inquirenti, infatti, sebbene la sua autorevolezza derivasse «dal fatto di essere notoriamente il compagno del ministro Guidi», condizione che spendeva «anche millantando, in modo più o meno esplicito, la possibilità di trarre vantaggio da tale sua condizione», non è emerso «che egli abbia mai richiesto compensi per interagire con esponenti dell’allora compagine governativa». L’inghippo, spiegava all’epoca Padovani, sta nel fatto «che l’incriminazione poggia tutta sulla finalità, ma la finalità sta nella testa della gente, e come fai a stabilirla?». Insomma, gli inquirenti godono in questo senso di ampia discrezionalità per indagare – con tutte le conseguenze politiche del caso -, ma al tempo stesso scontano la difficoltà di dimostrare che il loro teorema sia corretto.
Il caso Guidi non è, però, l’unico. Tra i più golosi per le cronache giornalistiche c’è quello di Tiziano Renzi, padre dell’ex segretario del Pd, rinviato a giudizio a settembre scorso nell’ambito di uno dei filoni dell’inchiesta Consip, ma anche il caso Open, che vede coinvolto proprio l’ex presidente del Consiglio, che conta tra i reati contestati anche quello previsto dall’articolo 346-bis. Ma c’è anche la vicenda di Gianni Alemanno, ex sindaco di Roma, assolto pochi mesi fa in uno stralcio del processo “Mafia Capitale”, sentenza nella quale sono stati i giudici a evidenziare la fumosità di tale reato e la difficoltà, per le procure, di portare a casa il risultato. Secondo la Cassazione, infatti, la norma «non chiarisce quale sia la influenza illecita che deve tipizzare la mediazione e non è possibile, allo stato della normativa vigente, far riferimento ai presupposti e alle procedure di una mediazione legittima con la pubblica amministrazione (c.d. lobbying), attualmente non ancora regolamentata».
Insomma, data la vaghezza della norma, il rischio è quello di «attrarre nella sfera penale – a discapito del principio di legalità – le più svariate forme di relazioni con la pubblica amministrazione, connotate anche solo da opacità o scarsa trasparenza, ovvero quel “sottobosco” di contatti informali o di aderenze difficilmente catalogabili in termini oggettivi e spesso neppure patologici, quanto all’interesse perseguito».
· La malapianta della Spazzacorrotti.
Carlo Picozza e Clemente Pistilli per “la Repubblica” il 7 aprile 2022.
In occasione della giornata nazionale per l'integrità in sanità, organizzata dall'associazione contro la corruzione Transparency International Italia, a introdurre i lavori ieri è stato il neodirettore generale dello Spallanzani, Francesco Vaia. Un appuntamento a cui hanno preso parte, tra gli altri, il presidente dell'Anac, Giuseppe Busia, e il sottosegretario alla salute Andrea Costa.
«Introduce Francesco Vaia, che ha ammesso e patteggiato varie decine di episodi di corruzione in sanità pubblica, avendo preso tangenti da imprenditori diversi, colpevole poi e reo confesso di altri reati corruttivi successivamente prescritti e infine anche condannato per ulteriori fatti dalla Corte dei Conti. Un confronto memorabile e un segnale di qual è il paese reale», ha scritto sui social il biologo Enrico Bucci, già critico sulla sperimentazione di Sputnik decisa da Vaia e dall'assessore regionale alla sanità Alessio D'Amato.
Del resto pure l'esponente dem della giunta di Nicola Zingaretti, ai tempi di Lady Asl, scrisse un libro e dedicò un capitolo all'attuale direttore generale dello Spallanzani. «Francesco Vaia, detto "Franceschiello", come Francesco II di Borbone, ultimo re delle Due Sicilie, - scrisse - è una vera e propria cariatide della sanità pubblica. A differenza del monarca borbonico, con cui condivide l'origine napoletana, rimasto sul trono per un anno soltanto, Vaia il suo ruolo di direttore lo ha mantenuto per ben 15 anni, passati all'ombra di potenti lobby, c'è chi dice l'Opus Dei».
Quelli però erano i tempi di D'Amato scrittore e della Regione governata da Francesco Storace. Il manager dello Spallanzani era visto come uomo delle destre al potere e l'esponente dem era dall'altra parte della barricata. Tra i due, tra il 2019 e il 2020, è invece scattato un certo feeling. Ed ecco la nomina prima a direttore sanitario e poi a direttore generale di quello che l'assessore definiva " cariatide".
«Tutte le mattine D'Amato era nella stanza di Vaia a prendere il caffè» , assicura un'autorevole fonte sui primi tempi di Vaia allo Spallanzani. L'assessore ha messo nel tritacarte il suo libro "Lady Asl la casta della sanità, fatti e misfatti", definendolo «una vicenda superata». Si è battuto come un leone per far ottenere il ruolo di manager all'ex "cariatide". E sul fronte penale ha assicurato la settimana scorsa: «Non ci sono procedimenti pendenti» . Ora per lui Vaia è Francesco e non più " Franceschiello".
Tangentopoli 30 anni dopo: la rivoluzione legale è finita, la corruzione continua. Il 17 febbraio 1992 l’arresto di Mario Chiesa scoperchia il sistema delle mazzette e dei fondi neri ai partiti. Da Colombo a Davigo, dal pm veneziano del Mose a Francesco Greco, da Giuliano Pisapia all’ex presidente dell’Anac, magistrati, avvocati e studiosi spiegano perché è esplosa l’inchiesta, come fu fermata e le nuove tecniche di malaffare tra politici e imprese nell’Italia di oggi. Paolo Biondani su L'Espresso il 14 febbraio 2022.
Una tangente di 3500 euro che fa crollare il sistema dei partiti. A dispetto di tante dietrologie, il vero mistero di Mani Pulite è la modestia dell’innesco: 7 milioni di sporche vecchie lire. Banconote fotocopiate da Antonio Di Pietro, trent’anni fa pubblico ministero a Milano, e consegnate da un piccolo imprenditore monzese, Luca Magni, a un politico che lo taglieggia.
Per gli italiani mafia e corruzione sono una malattia inevitabile. Ilvo Diamanti su L'Espresso il 14 febbraio 2022.
Il 17 febbraio 1992 partiva l’inchiesta Tangentopoli che ha cambiato la storia repubblicana. Oggi su criminalità organizzata e malaffare i cittadini hanno più consapevolezza ma tendono a considerarli una patologia consolidata. Come rivela la ricerca Demos-Libera.
Le vicende legate alla corruzione, alle mafie e alle organizzazioni criminali, in Italia, hanno una storia lunga. I cittadini ne sono consapevoli. E si rendono conto che i programmi e i piani avviati, dal governo, per affrontare le emergenze economiche e sanitarie, attirano l’attenzione e “l’interesse” (…gli interessi) di soggetti con “altri e diversi interessi”. Che vanno oltre ogni limite di “legalità”.
La malapianta grillina che ha devastato la giustizia. La corruzione è peggio che uccidere, la barbarie della legge simbolo dei grillini che ha devastato la giustizia. Tiziana Maiolo su Il Riformista l'8 Gennaio 2022.
Al dottor Piercamillo Davigo, che ama dilettare i suoi ammiratori con storielle paradossali, sostenendo che convenga, dal punto di vista della burocrazia giudiziaria, ammazzare la moglie piuttosto che divorziare, sottoponiamo un altro quesito. È più conveniente uccidere il coniuge (facciamo il marito questa volta, va) o essere imputato di un reato contro la Pubblica amministrazione? Sul Riformista di ieri il magistrato Alberto Cisterna ha ricordato in modo magistrale la scomparsa tragica di Angelo Burzi. Basterebbe mettere insieme due suoi concetti, “giustizia come malattia” e “gogna perpetua” e avremmo già detto tutto. Perché, se è vero che storicamente la giustizia non è stata uguale per tutti da un punto di vista sociale e di censo, ancor meno oggi lo è da un punto di vista politico. E soprattutto moralistico.
Da molti anni leggiamo nei provvedimenti giudiziari e nelle sentenze le analisi di schiere di magistrati che si fanno sociologi e psicologi al fianco di chi “ruba una mela”. Buone intenzioni, che dovrebbero stare fuori dalle aule dei tribunali e trasferirsi, più che in parrocchia, nelle amministrazioni locali. Così finisce che, quasi per una sorta di nemesi della storia, la “giustizia come malattia”, la sofferenza del processo e del carcere finiscono per scagliarsi sul mondo dei privilegi e del potere. O sull’immaginario di quell’universo, per come è percepito. “Tiè!” sembra diventata la parola d’ordine, quasi una risposta al grido “lavoratoriii!”, la pernacchia di Alberto Sordi nei Vitelloni di Fellini. Due leggi sono il simbolo dello sberleffo –e il dottor Cisterna le cita puntualmente- , quella del 2012 che ha preso il nome della ministra guardasigilli del governo Monti, Paola Severino, e l’altra dal nome ripugnante di “spazzacorrotti”, voluta dal ministro Bonafede ed entrata in vigore il 9 gennaio del 2019, quando il premier Giuseppe Conte e il Movimento cinque stelle governavano con la Lega di Salvini.
Se è vero che la prima ha regalato notti insonni a Silvio Berlusconi, che sulla base della retroattività della norma, ha perso il seggio al Senato dopo l’unica condanna definitiva, la sua applicazione ha prodotto soprattutto la strage degli amministratori locali. Lungi da noi il voler dare lezioni alla Corte Costituzionale, ma la sospensione dal ruolo di sindaci, assessori e consiglieri per mesi e mesi, dopo una sola condanna di primo grado, con l’accompagnamento consueto di strilli sui giornali e paternali politiche televisive sull’”opportunità” di allontanamento dalla vita pubblica di persone spesso in seguito assolte, fa proprio a pugni con la ratio dell’articolo 27. E speriamo che provveda il prossimo referendum almeno a eliminare l’automaticità del provvedimento. Non è un caso se abbiamo parlato di “strage”. Perché il sadismo, esplicito e voluto, di norme come la “spazzacorrotti” è stato pensato proprio come vendetta che ferisce e che uccide. E il fatto che sia stata applicata retroattivamente per un anno prima che intervenisse la Corte Costituzionale non è stato senza conseguenze. Proprio come accade per i reati di mafia, anche quelli di corruzione sono per esempio “ostativi” all’applicazione dei benefici previsti dai regolamenti penitenziari.
Così, per tornare un attimo alla storiella che vorremmo raccontare al dottor Davigo, prendiamo due condannati a cinque anni di carcere, un rapinatore e Roberto Formigoni. Il primo dopo un anno può avere l’affidamento ai servizi sociali e uscire dal carcere. Il secondo, no. Perché il suo diritto è stato “spazzato via” dagli amici di Bonafede. E infatti è proprio quello che è successo. È quel che capita un po’ tutti i giorni. Perché nei confronti del condannato “comune” la freddezza della sanzione spesso è accompagnata da un qualche senso di umanità, per cui, se il giudice non ne valuta una particolare pericolosità, anche uno che ha accoltellato il collega può andare ai domiciliari. O un ex rapinatore, quando mancano quattro anni al termine della pena, può essere affidato ai servizi sociali. A Roberto Formigoni non fu concesso, a causa dello spirito di vendetta degli amici di Bonafede.
E che dire di quel che capitò a Luca Guarischi, che tornò dall’Algeria per scontare un residuo di pena inferiore ai quattro anni il 10 gennaio 2019 e fu costretto a un anno di carcere perché dodici giorni dopo entrò in vigore la legge “spazzacorrotti” , prima che nel 2020 la Corte Costituzionale ne dichiarasse l’irretroattività? È ovvio che qui c’è prima di tutto un problema di cultura. Non punisco il reato che hai commesso, ma la tua persona. Sei un corrotto, il che equivale a essere un mafioso, un reietto della società. Devi essere isolato, per te non ci può essere futuro. Ecco la “giustizia come malattia”, ecco la “gogna perpetua”. Proprio quel che succede con i condannati per reati di mafia. Nei processi che riguardano la criminalità organizzata, una delle esigenze che stanno alla base di norme “speciali” e di una certa applicazione delle regole, è quella di tenere isolati i detenuti rispetto all’ambiente criminale esterno. Di qui per esempio l’articolo 41 bis del regolamento, che impone il carcere “impermeabile”, piuttosto che l’impossibilità di godere di quei benefici che si applicano ogni giorno anche a responsabili di gravi reati, omicidi, ferimenti, stupri, rapine. Parliamo di permessi premio, di lavoro esterno, di liberazione anticipata. Chi ha sulle spalle un reato “ostativo”, se non si è genuflesso con la cenere sul capo, sa che la sua condizione sarà eterna, che è condannato per sempre, che la sua è una vera pena capitale.
Non è molto diverso per gli “ostativi” della corruzione, come di quelli del “concorso esterno”. In fondo sono gli stessi, quelli che hanno sul corpo le stimmate del far parte del mondo del privilegio percepito. La percezione, proprio come quella del caldo d’estate, è elemento dominante. Anche se deviante. Non a caso, dal punto di vista giornalistico, si usa spesso il concetto di “odore”: odore di mafia, odore di corruzione. Così è più facile usare metodi investigativi, o di giudizio, ordinari nei confronti di colui che ha ucciso la moglie, ma straordinari contro un avvocato come Pittelli che ha “evaso” la detenzione domiciliare scrivendo una lettera senza aver chiesto l’autorizzazione. Oppure un consigliere regionale che forse ha consegnato gli scontrini sbagliati e ha chiesto un rimborso non dovuto, o sulla cui legittimità c’è incertezza.
Non dobbiamo dimenticarci di Angelo Burzi, e neanche permettere che l’avvocato Pittelli “marcisca in galera”, dopo che è stata “buttata la chiave”. Sono ugualmente vittime, e non stiamo parlando di innocenza o colpevolezza. Stiamo parlando di ferite sul corpo, di ferocia di leggi e di processi, e del valore della vita. Loro non l’hanno sottratta a nessuno, ma qualcuno, in un modo o nell’altro, l’ha sottratta a loro.
Tiziana Maiolo. Politica e giornalista italiana è stata deputato della Repubblica Italiana nella XI, XII e XIII legislatura.
Cantone e l'allarme sul referendum giustizia: "Senza la legge Severino i mafiosi nelle istituzioni". Liana Milella su La Repubblica il 17 febbraio 2022.
Parla il procuratore di Perugia, ex capo Anac: "Mi auguro che i cittadini, se adeguatamente informati, non intendano tornare indietro su una norma di civiltà". "Se fosse cancellato il decreto Severino sull'incandidabilità e decadenza dei condannati, le conseguenze sarebbero gravissime perché potremmo trovarci di fronte a persone riconosciute colpevoli di reati di mafia che potrebbe restare tranquillamente ai loro posti nelle istituzioni". È massimo l'allarme del procuratore di Perugia Raffaele Cantone che, dieci anni fa, fu tra i consulenti del governo per la stesura della legge Severino.
La legge trasformata in un sistema afflittivo e cieco. Severino e spazzacorrotti, la giustizia ridotta a gogna. Alberto Cisterna su Il Riformista il 7 Gennaio 2022.
Quello di Angelo Burzi non rimarrà, purtroppo, l’ultimo suicidio generato da un mondo complesso e controverso come quello della giustizia. Sia chiaro: persone si tolgono la vita ovunque a causa di una condanna o di una carcerazione ritenute insopportabili. In questi giorni si parla di quel Jeffrey Epstein che, in Usa, ha cancellato la propria esistenza schiacciato dallo scandalo sessuale che lo ha visto protagonista.
L’esperienza del processo e, soprattutto, quella del carcere è dura, molta dura a sopportarsi; se poi a distruggere la propria vita è l’imputato che si proclama innocente in un gesto di estrema disperazione, è inevitabile la spinta del sistema e dei suoi corifei a trovare giustificazioni, a farsi schermo con le condanne. Si finisce, così, per macchiare la vittima, il suicida, di una duplice colpa: quella di essere un pregiudicato matricolato e quella di non aver saputo reggere il peso della condanna. È una prova muscolare quella che ci si attende dal reo, meglio ancora se – a capo cosparso di cenere – si proclama anche sinceramente pentito e bisognoso di perdono. Guai a ribellarsi a questo cliché che rassicura il sistema, di cui anzi il sistema ha un bisogno estremo per saldare alla propria, inevitabile primazia giuridica, anche una sorta di supremazia morale, capace di muoversi a compassione verso l’empio che accetta supinamente il proprio destino.
In fin dei conti il dibattito sull’ergastolo ostativo si concentra tutto nel postulato sotteso a questa doppia supremazia: carcere duro, ma sconti e benefici per chi si sottomette allo Stato e collabora. Indipendentemente, anzi a dispetto di ogni percorso rieducativo e di ogni resipiscenza, si accettano solo genuflessi e riscattati. Con una certa approssimazione certo, ma alcune reazioni quasi infastidite al suicidio di Angelo Burzi potrebbero trovare una spiegazione in questa doppia soggezione che ciascun condannato, ciascun detenuto si pretende debba pagare allo Stato, quasi che la perdita della verginità giuridica ed etica degradi la dignità della persona umana e la renda mero oggetto di una potestà superiore, onnivora. Troppo facile è non credere all’autolesione mortale in nome della propria innocenza, quando una sentenza definitiva predica il contrario. Troppo semplice ricordare al reprobo che, concluso il processo, nessuna innocenza sopravvive e ciò che conta è la fredda prosa di un verdetto.
Però. Però a leggere le ultime parole dell’ex consigliere regionale, la sua laica e disperata professione di innocenza si coglie altro. Vi è una filigrana che tiene insieme quelle frasi, disvela un mondo ulteriore in cui – nostro malgrado – siamo stati trascinati e, quindi, confinati. La legge Severino, prima, e la legge Spazzacorrotti, dopo, hanno disegnato – forse anche a dispetto dei loro fautori – i perimetri di un’afflizione imponente, quasi smodata per imputati e condannati. Sospensioni, confische, carcere duro, misure di prevenzione, decadenze e altro ancora hanno messo in funzione un gigantesco triangolo che risucchia le vite, prima ancora che sanzionare le condotte dei colpevoli. È un sistema afflittivo perfetto, panottico, senza scampo che colpisce il reo a 360° non lasciandogli alcuna via di fuga. Il peculato nei fondi messi a disposizione dei consiglieri regionali ha, obiettivamente, avuto risposte ondivaghe in molte parti del paese. Vi sono indagini fallite che proseguono stancamente solo per non certificare l’innocenza degli imputati e assoluzioni già pronunciate, anche qualche condanna.
Angelo Burzi era stato assolto in primo grado e condannato in appello, sino alla conferma in Cassazione. Un percorso, obiettivamente, non rettilineo che – a prescindere totalmente dal merito – deve aver sfibrato l’imputato al punto tale da indurlo al gesto estremo del togliersi la vita. Ma la lettera non dice questo o almeno non dice solo questo. Non può farsene un’esegesi che sarebbe sconveniente e inappropriata, ma un paio di punti meritano di essere colti. Innanzitutto il prologo: «Natale 2021 Conoscere per decidere». Un’ovvietà per qualunque persona, a maggior ragione per i giudici che si sono occupati di lui. Ma conoscere cosa? Le carte forse? Ma quello è scontato che siano state conosciute. La sua vita? Ma quella resta praticamente fuori dalle aule di un processo, tutto concentrato su pochissimi frammenti di un’esistenza, spesso su un solo gesto, su un attimo d’impeto. Le aule non giudicano vite, esaminano fatti, comportamenti.
Cosa voleva, quindi, Angelo Burzi? Forse che ci accostasse alla sua condanna e alla sua morte conoscendo la sua verità, quella che le prove dell’accusa hanno schiantato e di cui non c’è traccia nel suo certificato penale. Certo la malattia da poco scoperta, certo le sofferenze probabili e imminenti: «si preannuncia quindi un prossimo futuro dl approfondimenti, di interventi chirurgici e di terapie per nulla gradevoli… panorama non certo entusiasmante, ma c’è di peggio. La giustizia è un esempio appunto del “peggio”, non trascurando che lo scrivente è certo di essere totalmente innocente nei riguardi delle accuse a lui rivolte». La giustizia come una malattia, come un male oscuro che lo ha fagocitato e, quindi, restituito alla vita da colpevole. Poi l’accerchiamento, lo schianto imposto da leggi imperturbabili nella loro supponente severità. La paura di perdere il vitalizio come conseguenza della condanna e, ancora, «probabilmente si sarà fatta nel frattempo nuovamente viva la Corte dei conti pretendendo le conseguenze del danno di immagine da me provocato, diciamo non poche decine di migliaia di euro».
Se non fosse che «tutto ciò è .. insostenibile, banalmente perché col vitalizio io ci vivo, non essendomi nel corso della mia attività politica in alcun modo arricchito, e sostanzialmente perché non sono più in grado di tollerare ulteriormente la sofferenza, l’ansia, l’angoscia che in questi anni ho generato, oltre che a me stesso, anche attorno a me nelle persone che mi sono più care». E, infine, il richiamo alla soggezione morale, al supplizio etico che quella condanna imponeva senza scampo; il rimprovero (giusto o ingiusto che sia) a chi secondo lui «ci ha messo molto del suo, probabilmente aggiungendo le sue valutazioni di ordine etico morale, del tutto soggettive e prive sia di sostanza che di sostenibilità giuridica, alle richieste dell’accusa».
I processi per chi saccheggia le risorse pubbliche o si corrompe sono giusti, anzi necessari. Tuttavia guai a trasformarli in una sorta di gogna perpetua, nella bulimica ricerca di ogni più minuto brandello della vita pubblica di una persona per sanzionarlo e reprimerlo. Se le pene, tutte le pene, si trasformano in una perenne vendetta per soddisfare il senso di rivalsa della plebe, allora anche il sacrificio della vita acquista la dignità di un testardo argomento contro la giustizia di una condanna. Alberto Cisterna
SOLITA CONCORSOPOLI ED ESAMOPOLI. I CONCORSI ED ESAMI DI STATO TRUCCATI. (Ho scritto un saggio dedicato)
Nei Concorsi Pubblici ci sono due tipi di prove scritte:
Quella con risposte uniche e motivate, la cui correzione è, spesso, lunga, farraginosa e fatta da commissioni clientelari, familistici e incompetenti che non correggono o correggono male non avendo il tempo necessario o la preparazione specifica e che promuovono secondo fortuna o raccomandazione.
Quella con domande multiple, spesso, incoerenti con la competenza richiesta, ma che garantiscono velocità di correzione e uniformità di giudizio.
Chi è abituato all’aiutino disdegna i quiz, in cui non si può intervenire, se non conoscendoli in anticipo.
Arpal Puglia, un nuovo concorso beffa premia i parenti dei politici il caso. Assunzioni a tempo indeterminato: tra gli idonei anche le figlie di consiglieri comunali di Bari e Lecce. A giudicarli il vicesegretario del partito di Cassano. Massimiliano Scagliarini su La Gazzetta del Mezzogiorno il 02 Dicembre 2022
Dei circa 1.700 candidati che lunedì si sono presentati alla Fiera di Foggia per il concorso da 18 posti a tempo indeterminato di istruttore amministrativo all’Arpal, l’agenzia regionale per il lavoro, soltanto 59 sono risultati idonei e ora - dopo l’esame dei titoli - si giocheranno l’assunzione. Ventidue di loro sono stati bravissimi: hanno risposto esattamente a tutti e 30 i quiz previsti, ma per passare bastavano 21 risposte giuste.
La graduatoria è pubblica. Ed è zeppa di quelle che, non essendo consentito fare illazioni, possono essere considerate solo coincidenze. A giocarsi un posto a tempo indeterminato ci saranno tante persone che militano o hanno militato in Puglia Popolare, la formazione politica dell’ex direttore generale Massimo Cassano di cui il dirigente del Personale dell’Arpal, Luigi Mazzei, è coordinatore provinciale a Lecce. O anche loro parenti...
Concorso Arpal, c’era una domanda errata ma qualcuno ha fatto 30 su 30. Il concorso a tempo indeterminato in cui sono idonei politici appartenenti a Puglia Popolare (e loro parenti). I consiglieri regionali: va azzerato tutto. Massimiliano Scagliarini su La Gazzetta del Mezzogiorno il 03 Dicembre 2022
Un «browser» non è «hardware», non è un «server» e non è un nemmeno un «collegamento a Internet». La definizione corretta è un «programma di computer» (dizionario Treccani) o più precisamente un «client» (Ugo Lopez, ingegnere informatico di Bari). Eppure, nonostante le tre risposte offerte in uno dei test somministrati agli scritti del concorso Arpal di lunedì siano «tutte e tre errate» (sempre Lopez), ci sono state 15 persone che anche grazie a quella domanda sono diventate idonee a punteggio pieno.
Al concorso per 18 posti di assistente amministrativo hanno partecipato in 1.700 su circa 4.258 iscritti. Gli idonei (che hanno superato lo scritto) sono appena 59, di cui 24 hanno totalizzato 30 punti su 30. Molti di loro, come la «Gazzetta» ha documentato ieri, sono iscritti (o sono parenti di militanti) della lista Puglia Popolare dell’ex direttore generale Massimo Cassano, di cui è segretario provinciale a Lecce il dirigente del Personale di Arpal, Luigi Mazzei. E il vicesegretario di Puglia Popolare a Lecce, l’agronomo Adamo Fracasso, era componente della commissione di questo concorso.
La coincidenza delle parentele politiche tra gli idonei non si esaurisce con i nomi già emersi ieri...
Parla la candidata: «Arpal, vi racconto il concorso: persone uscite e rientrate durante la prova». «Una persona che era seduta dietro di me a un certo punto ha visto due persone che uscivano dalla sala e si è messa ad urlare. La presidente della commissione le ha detto che era tutto regolare». Massimiliano Scagliarini su La Gazzetta del Mezzogiorno il 6 Dicembre 2022.
«Io personalmente non ho visto nulla di strano. Ma una persona che era seduta dietro di me a un certo punto ha visto due persone che uscivano dalla sala e si è messa ad urlare. La presidente della commissione le ha detto che era tutto regolare». Antonella Gatti, consigliere comunale di Adelfia e consigliere metropolitano, era tra i partecipanti del concorso Arpal di lunedì scorso alla Fiera di Foggia. Il concorso delle coincidenze di cui la «Gazzetta» si è occupata negli ultimi giorni: 1.700 partecipanti alla preselettiva, 52 idonei, 22 dei quali hanno preso 30 punti su 30...
Concorsi pubblici, dall'esame al posto in soli 120 giorni. Le nuove regole: portale, commissioni, riserve. Stop a carta e penna, tutte le selezioni saranno digitali. Andrea Bassi su Il Messaggero Sabato 8 Ottobre 2022.
I concorsi pubblici cambiano. E profondamente. Niente più carta e penna, ma solo strumenti digitali. A partire dai bandi che non saranno più pubblicati sulla Gazzetta Ufficiale, ma sul portale InPa, già ribattezzato il Linkedin della pubblica amministrazione. Inoltre, dalla prima prova selettiva dei candidati al momento dell’assunzione, non potranno passare più di 120 giorni. Sono soltanto alcune delle novità contenute nel Decreto del presidente della Repubblica appena approvato e che modifica le modalità di svolgimento dei concorsi nella Pubblica amministrazione. Si tratta di una riforma collegata al Pnrr, il Piano nazionale di ripresa e resilienza. Il provvedimento è stato fortemente voluto dal ministro per la Pubblica amministrazione Renato Brunetta. «Il via libera mi riempie di sincera soddisfazione e orgoglio», ha spiegato Brunetta, «perché chiude il cerchio rispetto all’importante lavoro che, come ministro del Governo Draghi, ho portato avanti da oltre un anno e mezzo con un unico obiettivo: la valorizzazione e il rilancio del capitale umano».
Ma vediamo quali sono le novità salienti della riforma. Per poter partecipare a qualsiasi concorso pubblico sarà necessario registrarsi (è gratuito), sul portale InPa. Come detto, a partire dal prossimo primo gennaio tutti i bandi saranno pubblicati esclusivamente su questa piattaforma. La registrazione potrà avvenire tramite Spid, Carta di identità elettronica o Cns. Il decreto modifica anche i criteri di preferenza, quei criteri cioè, che danno il diritto di sorpasso di un altro candidato in caso di pari merito. Viene per esempio datà priorità ai figli di personale medico o paramedico deceduto per Covid contratto in servizio; viene data precedenza a chi ha lavorato nell’Ufficio del processo, e viene data precedenza anche a chi ha lavorato come Navigator. C’è poi un principio generale per rispettare la parità di genere. In ogni bando l’amministrazione dovrà indicare qual è il genere meno rappresentato nei suoi uffici. In caso di parità di punteggio tra candidati, la precedenza sarà data appunto, al genere meno rappresentato. Le commissioni che giudicheranno gli esaminandi, poi, potranno essere integrate con psicologi ed esperti in “human resources”, in modo da valutare anche le soft skills dei candidati e non solo la preparazione tecnica.
Gazzetta addio, si passerà solo per il sito InPa
Dal primo gennaio del prossimo anno i bandi di concorso della Pubblica amministrazione non saranno più pubblicati sulla Gazzetta Ufficiale. Tutto passerà attraverso il portale InPa, il cosiddetto Linkedin del pubblico impiego. Chiunque vorrà partecipare ad un concorso, dovrà iscriversi al portale utilizzando le credenziali Spid, la Carta di identità elettronica o la Carta nazionale dei servizi. Sul portale saranno poi pubblicate tutte le informazioni sulla procedura, a partire dalla convocazione per le prove selettive. Attraverso InPa sarà anche possibile versare il contributo di partecipazione al concorso, fissato in un massimo di 10 euro.
Le commissioni
Per l’accesso alla Pubblica amministrazione saranno valutate anche le soft skills e non solo le competenze tecniche. Questa novità avrà impatti anche sulla formazione delle commissioni esaminatrici. La riforma prevede che debbano essere composte da tecnici esperti nelle materie oggetto del concorso, scelti tra dipendenti di ruolo delle amministrazioni, docenti ed estranei alle medesime. Il decreto prevede inoltre che possano, altresì, far parte delle commissioni specialisti in psicologia e risorse umane. La commissione, poi, dovrà comunicare i risultati ai candidati all’esito di ogni sessione di concorso.
Corsia veloce ai figli dei medici uccisi dal Covid
Cambiano e vengono aggiornati anche i criteri «di preferenza», ossia quei criteri che a parità di merito consentono un vantaggio al candidato. Ci sono gli insigniti di medaglia al valor militare e civile e i mutilati e invalidi del settore pubblico. Ma una corsia preferenziale viene attribuita anche ai figli di medici e altro personale ospedaliero deceduto per Covid contratto durante il servizio. Corsia preferenziale anche agli atleti dei gruppi sportivi militari e civili dello Stato, ma anche a chi ha svolto con esito positivo servizio nell’Ufficio del processo. E anche per i navigator varrà la corsia preferenziale in caso di parità di punteggio con un altro candidato.
Parità di genere
Stesso punteggio? Passa chi è meno rappresentato
Al momento della pubblicazione del bando, ogni amministrazione pubblica che vuole assumere nuovo personale, dovrà dichiarare come sono rappresentati i generi al proprio interno. Dovrà cioè dire quanto personale maschile e quanto personale femminile è in servizio. Se la differenza tra un genere e l’altro è pari o superiore al 30 per cento, scatterà una sorta di clausola di salvaguardia per il genere meno rappresentato. Significa che a parità di merito e di punteggio, il candidato del genere meno rappresentato supererà quelli dell’altro genere
Concorsi Pubblici (truccati) e Pubblico Impiego. Sì…non per tutti. La Stabilizzazione del precariato amico.
Chi trova un amico (politico) trova un lavoro. Con la stabilizzazione del precariato si supera il principio costituzionale del concorso pubblico (quantunque truccato) per accedere al pubblico impiego.
Articolo 97 della Costituzione: I pubblici uffici sono organizzati secondo disposizioni di legge, in modo che siano assicurati il buon andamento e l'imparzialità dell'amministrazione. Nell'ordinamento degli uffici sono determinate le sfere di competenza, le attribuzioni e le responsabilità proprie dei funzionari. Agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni si accede mediante concorso, salvo i casi stabiliti dalla legge.
Fatta la truffa stabilita per legge e trovato l'inganno. Si fanno entrare a chiamata diretta (tra elenchi predisposti e riservati per dare parvenza di legalità ed imparzialità) gli amici nel pubblico impiego (sanità, scuola, Enti Locali, ecc, settori spesso ritenuti fortini della sinistra), et voilà con la stabilizzazione gli si trova un'occupazione che altrimenti sarebbe riservata ai soli vincitori concorsuali.
Voto di scambio? Ma va là, per i sinistri non conta.
Concorso per ispettori ambientali: a Taranto indaga la Squadra mobile per truffa. Kyma sospende tutte le procedure di selezione. Blitz al termine della prova scritta svolta all’ex Saram. Francesco Casula su La Gazzetta del Mezzogiorno il 25 Novembre 2022.
Si accendono i fari degli inquirenti sul concorso per l’assunzione di «ispettori ambientali» di Kyma Ambiente Amiu. I poliziotti della Squadra Mobile, infatti, ieri sono piombati nell’aula della Scuola Volontari dell’Aeronautica Militare (ex Saram) dove si era appena conclusa la terza prova del concorso pubblico e a cui hanno preso parte quasi 300 candidati. Gli investigatori sono arrivati e hanno compiuto una serie di rilievi, interrogato alcuni presenti, perquisito le autovetture e alcune borse, e infine hanno invitato il presidente della commissione esaminatrice e uno dei dirigenti di Kyma Ambiente a seguirli negli uffici della Questura dove è cominciato un lungo interrogatorio.
I due al momento non risultano indagati, ma avrebbero fornito una serie di informazioni agli inquirenti. Dalle poche notizie trapelate, gli investigatori avrebbero concentrato le loro attenzioni sui quiz sottoposti ad alcuni candidati e in particolare sulla cosiddetta «batteria» di domande da cui sono poi state selezionate quelle diventate prova d’esame: l’inchiesta, quindi, potrebbe essersi concentrate sull’ipotesi che alcuni candidati fossero già a conoscenza delle domande prima della prova d’esame. Ipotesi che tuttavia dovranno essere riscontrate dalle attività degli inquirenti.
Il bando prevede l’assunzione a tempo indeterminato full time di numero 11 impiegati destinati all’ispezione e controllo del territorio nel settore del trattamento rifiuti. Stando a quanto risulta alla Gazzetta, rispetto alle 700 domande di partecipazione alla selezione giunte all’ex Amiu, si sarebbero presentati ieri mattina solo 300 candidati, 100 dei quali avrebbero abbandonato l’ex Saram subito dopo aver letto la traccia della prova scritta.
La selezione di personale di Kyma Ambiente è prevista dai bandi pubblicati nel 2020 e poi «congelati» per via del Covid. I profili ricercati sono: “Operatori ecologici addetti alle attività di spazzamento e raccolta rifiuti”, “Autisti di veicoli e mezzi d’opera”, “Impiegati destinati all’ispezione e controllo del territorio – ispettori ambientali”. Le prove si tengono nella «Svam» (Scuola volontari dell'aeronautica militare di Taranto) in via Rondinelli 26. Tutti gli avvisi sono consultabili sul sito internet www.amiutaranto.it alla sezione “Gare e fornitori – avvisi pubblici” e rappresentano l’unico metodo di comunicazione e convocazione a tutti i candidati.
Le prove pre-selettive, consistenti nella somministrazione di un test a risposta multipla, si sono svolte martedì e mercoledì scorsi per gli operatori ecologici, sempre mercoledì scorso per gli autisti.
Per il profilo ispettori ambientali, invece, erano in programma direttamente le prove selettive, consistenti nella redazione di un elaborato scritto, nella sola giornata di ieri. Saranno ammessi a sostenere il successivo colloquio orale i candidati che avranno riportato il maggior punteggio nella prova scritta, purché superiore a 30/50.
Sono stati inoltre pubblicati gli elenchi di ammessi e non ammessi per i profili “Iingegnere”, “Iingegnere esperto in gestione e programmazione ambientale”, “responsabile ufficio contabilità”, “Laureato amministrativo”, “responsabile ufficio legale”, le cui prove si terranno nei prossimi giorni.
LA NOTA DI KYMA AMBIENTE
Il Consiglio di Amministrazione di Kyma Ambiente, convocato in data odierna, ha determinato la sospensione, in via di autotutela, di tutte le procedure di selezione in atto. Eventuali nuove determinazioni verranno tempestivamente comunicate dall’azienda.
La Procura di Taranto indaga sui concorsi pilotati all’ AMIU, l’azienda municipalizzata per l’ambiente. Redazione CdG 1947 su Il Corriere del Giorno il 25 Novembre 2022
Dall’esito dell’attività di polizia giudiziaria svolta, sarebbero emersi gravi indizi a carico di Rocco Lucio Scalera dirigente amministrativo della Società, il quale, interrogato dal Pubblico Ministero Enrico Bruschi, titolare del fascicolo d'indagine, avrebbe ammesso le proprie responsabilità
Aseguito delle indagini della Squadra Mobile di Taranto, su delega della locale Procura sono state effettuate delle perquisizioni con acquisizione documentale presso la Svam, la Scuola Allievi dell’ Aeronautica Militare, dove si stava svolgendo la selezione per per l’assunzione di 11 ispettori ambientali di Amiu spa, la società per l’igiene urbana sottoposta ad attività di direzione e coordinamento esercitata dal Comune di Taranto, guidata dal presidente Giampiero Mancarelli recentemente “trombato”dagli elettori in occasione delle recenti elezioni politiche dove si era candidato alla Camera dei Deputati per il Partito Democratico (senza avere il buon gusto di autosospendersi o dimettersi dall’incarico pubblico).
La Polizia essendo emersi diversi elementi che si stesse consumando l’ipotesi di reato di truffa aggravata allo Stato da parte di alcune persone presenti, ha effettuato anche diverse perquisizioni locali, interrogando alcuni presenti, perquisito le loro autovetture e alcune borse. Dall’esito dell’attività di polizia giudiziaria svolta, sarebbero emersi gravi indizi a carico di Rocco Lucio Scalera (fratello del consigliere regionale Antonio Paolo Scalera) dirigente amministrativo dell’ AMIU spa , il quale è stato portato in Questura ed interrogato alla presenza di un legale, dal Pubblico Ministero Enrico Bruschi, titolare del fascicolo d’indagine. Nel corso dell’interrogatorio Scalera ha ammesso le proprie responsabilità onde evitare di essere arrestato . La documentazione è stata posta sotto sequestro per il prosieguo degli accertamenti.
Il sospetto degli investigatori della Polizia di Stato è che alcuni dei candidati al concorso fossero venuti a conoscenza delle domande precedentemente alla prova d’esame. La prova selettiva a cui si erano sottoposti i candidati divisi in due gruppi, da quanto si è venuti a conoscenza, consisteva nel rispondere a cinque domande in maniera articolata . Al concorso erano iscritti circa 750 candidati, ma alla prova se ne sono presentati 288.
Il Consiglio di Amministrazione di AMIU spa che nel frattempo continua a farsi chiamare Kyma Ambiente, convocato in data odierna, con una nota ha reso noto di aver “determinato la sospensione, in via di autotutela, di tutte le procedure di selezione in atto”. Non è la prima volta che un dirigente dell’ AMIU spa finisce sotto i “fari” della giustizia, come nel caso del troncone bis d’inchiesta “T-REX Bis”, dove un altro dirigente, l’ingegnere Cosimo Natuzzi è attualmente a processo.
I rapporti fra Scalera e la malavita locale
In un recente passato Antonio Sambito, a capo dell’omonimo “clan” operativo nel rione Tamburi a Taranto, era diventato nome di riferimento all’interno della società AMIU spa, risultando titolare di contratto di lavoro a tempo indeterminato, al sesto livello e retribuzione di quasi 38mila euro l’anno, godendo di un “rapporto confidenziale con alcuni dirigenti”, tanto da essere convocato persino a una riunione con il direttore della società in house ed in contatto con l’ex-presidente AMIU Luca Tagliente dopo il furto della sua Range Rover Evoque personale.
Sambito, stando a quanto emerge dagli atti contenuti nel fascicolo d’inchiesta, nel periodo di detenzione del carcere di Bologna, dal 1999 al 2001, è stato “percettore di reddito per attività lavorativa”. Una volta ottenuta la scarcerazione, nel 2002 e sino al 2033 ha lavorato alle dipendenze di una società di costruzioni con sede a Ceglie Messapica, in provincia di Brindisi. A seguire è stato assunto da un’impresa di Taranto, per la quale ha lavorato fino al 2007, poi nel 2008 è passato a una cooperativa di servizi di Napoli, per approdare nel 2009 nell’ AMIU spa di Taranto. Le attenzioni degli investigatori della Guardia di Finanza hanno verificato “un considerevole incremento dello stipendio”, dato certificato dalla banca dati dell’Anagrafe tributaria: “Sambito era passato da una retribuzione annua di 16.893 euro, nell’anno 2010, alla somma di 37.848 euro percepiti nel 2018”. Come è stato possibile? Per gli investigatori è “un segno evidente di una singolare e inspiegabile progressione aziendale che ha comportato un aumento dello stipendio”.
Ma come era avvenuta l’assunzione di Sambito alle dipendenze dell’Amiu ? Avevano cercato risposte gli investigatori delle Fiamme Gialle chiedendo chiarimenti ai dirigenti della partecipata ai quali avevano chiesto di visionare il fascicolo. Ma i funzionari avevano “riferito che a causa di un grave evento meteorologico, avvenuto nel 2015, gli archivi cartacei dell’azienda erano stati distrutti e non era stato più possibile ricostruirli”. All’epoca gli uffici si trovano a Taranto, in via della Croce. I militari della Finanza sono riusciti a ottenere solo “due cartelline relative ad Antonio Sambito, nelle quali erano contenuti alcuni fogli, dai quali non è stato possibile risalire alle modalità di assunzione e alla carriera”. Gli investigatori però non si sono fermati.
Le indagini della Guardia di Finanza di Taranto sono arrivate alla conclusione, secondo cui Sambito è stato assunto all’Amiu, “dopo aver partecipato a due riunioni presso il centro per l’impiego di Taranto, dove sarebbe stato compilato il suo curriculum vitae, con la collaborazione di un operatore di Italia lavoro”. Quel che è stato evidenziato nell’informativa, è che non è stata chiesta l’esibizione del certificato penale e dei carichi pendenti, nonostante Antonio Sambito all’epoca “avesse una serie di condanne per le quali aveva espiato pene detentive”, una nel 1994 e l’altra nel 2001, “in relazione alle quali era stato sottoposto alla pena accessoria della interdizione perpetua dai pubblici uffici”.
Sulla base delle norme di Legge e della giurisprudenza della Suprema Corte di Cassazione è incompatibile con l’assunzione e con le successive progressioni di carriera che hanno consentito a Sambito di ricoprire la qualifica di “incaricato di pubblico servizio ex articolo 358 del Codice penale”.
A “tal proposito – scrivono i finanzieri – a riprova del forte ascendente criminale di Sambito anche sulla dirigenza aziendale, appariva significativa una lunga conversazione tra questi e un funzionario, dalla quale si rileva innanzitutto come vi fossero rapporti confidenziali”. L’intercettazione è del 2 febbraio 20217, alle 14,12. In alcuni passaggi ci sono “riferimenti ad alcune visite che il dirigente avrebbe fatto a casa di Sambito“, tant’è che conosceva bene anche la moglie con la quale si intratteneva al telefono, commentando, tra l’altro, questioni lavorative del marito.
Con quella telefonata, “Sambito rappresentava al dirigente di aver avuto diverbi con un’impiegata amministrativa dell’azienda in relazione alla compilazione degli statini che attestavano le prestazioni svolte dagli operai”. Ma questo, stando a quanto si legge, “non era adempimento di competenza di Sambito”. Lo stesso Sambito “chiede al dirigente di far trasferire la donna ad altro incarico”. Legittimo chiedersi che motivo aveva Sambito di occuparsi anche degli statini? Questa la risposta degli investigatori: “Attestare lo svolgimento di compiti da impiegati, oltre che da coordinatore e il fatto che l’impiegata gli stesse creando problemi, rappresentava un evidente impedimento”.
Questa è la trascrizione della conversazione intercorsa a suo tempo tra Sambito e l’ingegnere Cosimo Natuzzi (estraneo ai fatti oggetto dell’indagine odierna) , allora come oggi dirigente tecnico dell’ AMIU: “Tonino, non è lo statino che ti farà compromettere un percorso, non ti fissare, dai mo statti sereno che queste sono… non sono queste le cose che contano e continua a dirigere bene il tuo lavoro”. La lettura data dall’accusa è nel senso di una “evidente compiacenza esistente, finalizzata a far compiere un percorso lavorativo all’interno della società municipalizzata che lo avrebbe portato ad arrivare a un inquadramento superiore”.
Agli atti, risultava anche una nota, del 15 luglio 2017, con la quale veniva segnalata “la mancata vidimazione del badge da parte di Antonio Sambito”, il giorno precedente. Il 28 febbraio 2018, compare una nota a firma di Rocco Lucio Scalera, dirigente amministrativo dell’Amiu, con cui viene comunicato a Sambito che “oltre alle mansioni già svolte, avrebbe dovuto provvedere anche a un’attività di controllo dei servizi di raccolta indifferenziata presso l’autoparco aziendale”.
“Uno dei primi dati che risalta è che, alcuni mesi dopo la nomina di Scalera a dirigente, inizia la scalata di Sambito”, scrivono i finanzieri nell’ operazione “Tabula Rasa” . Nell’ordinanza di arresto è riportato un tratto della conversazione intercettata il 24 agosto 2017 tra Scalera (chiamante) e Sambito: “Senti, io voglio parlare con l’avvocato tuo, così gli dico qualche svolta, però di devo sentire prima un attimo a te”. Sambito dice: “Fai quello che abbiamo parlato ieri”. E ancora: “Anche se lui si incavola, non fa niente, che là è tutto fatto. Sono fatti nostri là e lui si deve levare di mezzo. Sì, allora io gli ho detto che voglio andare a causa. Vito che io faccio le mansioni”. In tale maniera – si legge negli atti – ribadisce la “ferma intenzione di intraprendere una causa giudiziaria nei confronti dei suoi datori di lavoro”. “Posso aspettare un mese, due mesi, l’importante che tu gli lasci la delibera che se la vede poi mandami a causa e tutto. Hai capito?”. Scalera: “Eh, va bene, il mandato mi serve. Va bene, da mo me la vedo io”. Sambito poi chiama il suo avvocato e riferisce quanto detto nella chiamata con Scalera, “disponendo un contatto tra questi e il suo legale”.
Questa è l’ AMIU Taranto, questa è Kyma Ambiente, questi i suoi dirigenti, che non a caso, lasciatecelo dire si occupano “di monnezza”…di ogni genere ! Redazione CdG 1947
Concorsi Arpal, infornata di politici: nomi eccellenti tra i vincitori, spuntano anche altri parenti e amici del dg Cassano. Il direttore ha ripreso servizio martedì al termine della campagna elettorale: ha disposto lo scorrimento di una graduatoria. Tra gli assunti c’è il cugino della moglie, consigliere di circoscrizione passato con Puglia Popolare. Tra gli idonei il fratello del genero. Massimiliano Scagliarini su La Gazzetta del Mezzogiorno il 29 Settembre 2022.
BARI - Il giorno in cui è rientrato dall’aspettativa, dopo la sfortunata campagna elettorale per il Terzo polo che non lo ha visto tra gli eletti in Parlamento, il direttore generale dell’Arpal, Massimo Cassano, ha immediatamente firmato un decreto. È quello che dispone lo scorrimento della graduatoria degli specialisti amministrativi esperti in amministrazione generale, posti a tempo determinato per 18 mesi. Un concorso pieno di coincidenze.
A fine luglio, infatti, l’Agenzia regionale per il lavoro ha ufficializzato la graduatoria di questo concorso che metteva in palio 31 posti a tempo determinato «eventualmente prorogabili» per diversi profili professionali che vanno dal funzionario laureato al collaboratore amministrati con licenza media. Un concorso che riservava 40 punti su 100 ai «titoli di carriera»...
«Posti di lavoro venduti»: blitz della Finanza all’Arpal. Il sospetto è che l’ex assessore regionale Totò Ruggeri, l’ex consigliere regionale Mario Romano e suo figlio Massimiliano abbiano ottenuto assunzioni nell’Arpal. Massimiliano Scagliarini su La Gazzetta del Mezzogiorno il 25 Novembre 2022.
Il sospetto è che l’ex assessore regionale Totò Ruggeri, l’ex consigliere regionale Mario Romano e suo figlio Massimiliano abbiano ottenuto assunzioni nell’Arpal. È per questo che ieri la Finanza di Otranto, che ha condotto l’inchiesta della Procura di Lecce su Ruggeri, ha effettuato acquisizioni di documenti nella sede dell’agenzia regionale per il lavoro.
Il fascicolo è quello affidato al pm Salvatore Prontera, che in estate ha ottenuto l’arresto di Ruggeri e dei Romano e che nelle scorse settimane ne ha chiesto il rinvio a giudizio. Nei confronti di Romano, padre e figlio, le accuse comprendono anche l’ipotesi dei posti di lavoro venduti in Arpal e delle nomine nei Consorzi di bonifica. A questo proposito, peraltro, agli atti della Procura di Lecce c’è anche un esposto presentato nel 2019 dal presidente della Regione, Michele Emiliano...
Desenzano, laurea falsa per diventare capo dei vigili: Carlalberto Presicci dovrà risarcire 918 mila euro. Valerio Morabito su Il Corriere della Sera il 14 Agosto 2022.
Dichiarò, nel concorso del 1996, il possesso di una laurea in Giurisprudenza conseguita nel 1992 con il massimo dei voti: scoperto l’illecito nel 2020, ora la sentenza
Ha finto di avere la laurea per svolgere il ruolo di comandante della polizia locale. L’incredibile vicenda è avvenuta a Desenzano e in una recente sentenza la Corte dei Conti ha condannato l’ex capo dei vigili del Comune, Carlalberto Presicci, per aver svolto il proprio lavoro con una fatiscente certificazione di laurea.
Così la Corte dei Conti, sezione giurisdizionale per la Regione Lombardia, ha stabilito che l’ex comandante dovrà pagare al Comune di Desenzano poco più di 918 mila euro per il danno arrecato. Stando alla ricostruzione della dinamica dei fatti, riportata nel dispositivo della Corte dei Conti, nel 1996 «la giunta del Comune di Desenzano aveva approvato il bando di concorso pubblico per il conferimento del posto di Istruttore direttivo presso l’ufficio Vigilanza urbana. Tra i requisiti di partecipazione previsti dal bando figurava il possesso del diploma di laurea in Giurisprudenza, Economia, Economia e Commercio, Sociologia, Scienze Politiche». In un contesto del genere, è stato specificato nella sentenza, l’ex comandante della polizia locale di Desenzano aveva partecipato al concorso «dichiarando il possesso del diploma di laurea e producendo una copia conforme del certificato di laurea in Giurisprudenza conseguita nel 1992 con votazione 110/110; la conformità risultava certificata dall’ufficiale d’anagrafe del Comune di Gussago».
Così, dal 1997, l’ex comandante Presicci è stato assunto fino all’ottobre 2020, ovvero quando la Procura della Repubblica di Brescia ha scoperto l’illecito legato alla falsificazione del certificato di laurea. Successivamente, nel novembre 2020, il Comune aveva ricevuto un riscontro negativo dall’Università di Parma in merito al possesso del diploma di laurea e così era stato avviato un procedimento disciplinare. In quel periodo il dipendente aveva rassegnato le proprie dimissioni, dopo 23 anni di servizio, per «un altro lavoro». Almeno questo era stato comunicato alla stampa. Al suo posto, in ruolo di comando, era stata nominata Gianfranca Bravo.
Concorsopoli, spunta il nome della sorella del pm di Firenze. Stop alle indagini. Paolo Ferrari su Libero Quotidiano il 17 luglio 2022.
«L'ottavo piano non condivide», avrebbe detto il pm fiorentino Tommaso Coletta ai finanzieri che volevano intercettare Lucia Turco, ex direttrice sanitaria dell'Azienda ospedaliero-universitaria di Careggi, dallo scorso anno promossa al vertice dell'Agenzia regionale di sanità della Toscana, ma soprattutto sorella di Luca, il procuratore aggiunto a Firenze noto alle cronache per condurre le indagini sulla Fondazione Open di Matteo Renzi. «L'ottavo piano» per gli addetti ai lavori è il termine usato per indicare l'ufficio del capo della Procura di Firenze, incarico ricoperto fino all'altra settimana da Giuseppe Creazzo. La circostanza è emersa nei giorni scorsi durante la testimonianza del luogotenente della Guardia di Finanza Daniele Cappelli nell'ambito di un procedimento disciplinare al Csm nei confronti di un pm di Firenze.
Nel 2018 le Fiamme Gialle avevano avviato una maxi inchiesta, ribattezzata senza molta fantasia "Concorsopoli", che metteva nel mirino le modalità di selezione di diversi docenti dell'ateneo fiorentino. Il procedimento, per la cronaca, era nato dalla denuncia di uno degli esclusi.
PROCEDURE IRREGOLARI - Il 9 giugno di quell'anno, dopo aver raccolto diversi elementi, i finanzieri decisero di depositare in Procura un'informativa in cui segnalavano diverse irregolarità nella procedura di selezione per un posto da ordinario all'interno del dipartimento di otorinolaringoiatra. La Commissione d'esame, composta da quattro medici, fra cui la dottoressa Turco, sarebbe stata "eterodiretta" ed il vincitore scelto a tavolino. I finanzieri chiesero allora a Coletta, titolare del fascicolo, di poter intercettare i quattro medici. Il pm, però, decise di procedere solo nei confronti di due componenti di "minore" spessore, lasciando fuori la dottoressa Turco ed il presidente della Commissione.
Cappelli, che era l'estensore dell'informativa, cercò di capire dai suoi capi, i colonnelli Adriano D'Elia e Pasquale Sisto, il motivo di tale decisione, ottenendo come risposta che Lucia Turco fosse la sorella del procuratore aggiunto. Passò qualche giorno e Cappelli tornò in Procura per riproporre una richiesta di intercettazione, questa volta ambientale, nell'ufficio della dottoressa Turco che da lì a poco avrebbe incontrato un soggetto d'interesse investigativo. Prima di formalizzare la richiesta, i suoi capi gli dissero di anticiparla «oralmente» a Coletta.
«MA NON HA CAPITO» - «Ma allora non ha capito? La sorella di Turco non la intercetto», avrebbe però risposto il pm, poi promosso procuratore a Pistoia, a Cappelli. Il luogotenente, «spaventato» e temendo una reazione da parte di chi gli aveva consentito di iniziare l'indagine, replicò al pm: «Se continuiamo così, ci manda a Genova (Procura competente per i reati commessi dai magistrati fiorentini, ndr)».
«Guardi che non pensi che non l'abbia ponderata, diremo che l'abbiamo fatto per mantenere il riserbo dell'indagine», fu la risposta di Coletta.
Gli animi si sarebbero surriscaldati al punto che Coletta avrebbe poi aggiunto: «Sa cosa fa? Ci vada lei dal procuratore a chiedere di intercettare la sorella di Turco!».
Rientrato in caserma, Cappelli scrisse una relazione di servizio su quanto accaduto.
Relazione «irricevibile» per i suoi capi.
«Mettersi contro i magistrati è pericoloso. Non vuoi che ti trovino un reato? Poi scatta il trasferimento», gli avrebbero detto D'Elia e Sisto.
IL PRECEDENTE - Su questo aspetto c'era stato un precedente, quello del colonnello Rossi, responsabile della sezione della Finanza al palazzo di giustizia di Firenze che aveva fatto indagini su un medico, Giuseppe Spinelli, amico del procuratore Creazzo, e quindi era stato trasferito ed indagato. Il 27 giugno successivo Cappelli venne convocato da D'Elia che gli mostrò una nota di Coletta con cui si disponeva la cessazione delle indagini in quanto gli elementi raccolti «erano esaustivi». Coletta aveva anche rappresento a Creazzo che Cappelli avrebbe minacciato di denunciarlo in occasione del loro ultimo incontro. I superiori del luogotenente gli ordinarono allora di «riscrivere» la relazione di servizio, disponendo poi il suo trasferimento ad un ufficio che si occupava delle verifiche degli scontrini per evitargli «ulteriori conseguenze» con il procuratore. Per non farsi mancare nulla, scattò per Daniele Cappelli il divieto di entrare in Procura, con l'avvertimento di non parlare con i colleghi che nel frattempo erano stati chiamati a gestire il fascicolo al suo posto. «È la verità, e lei fa bene a dirlo», è stato il laconico commento di David Ermini al termine della deposizione del finanziere, particolarmente provato.
Arrestato l’ex senatore Ruggeri. Sesso, soldi, regali e posti di lavoro in cambio di voti. Redazione CdG 1947 su Il Corriere del Giorno il 7 luglio 2022.
Contestato a Ruggeri e Renna anche di aver contribuito a truccare un concorso per geometri al consorzio «Ugento e Li Foggi» a favore di un compagno di partito dell’Udc, Vittorio Capone, nonostante non ne avesse i titoli e nonostante, come emerge da una intercettazione, il candidato «non aveva detto una parola» durante il colloquio orale in cui la commissione gli ha dato il massimo punteggio.
L’inchiesta coinvolge in tutto 21 indagati tra cui anche i sindaci di Scorrano e di Otranto in provincia di Lecce, ha origine da una costola dell’inchiesta sull’appalto per il poliambulatorio di Martano che portò agli arresti nel 2020 di due funzionari Asl. Sesso, casse di pesce, casse di vino Berlucchi e anche soldi in cambio di un posto di lavoro, favori o per comprare voti: è quello che emerge dall’inchiesta della procura di Lecce che ha portato agli arresti domiciliari insieme con altre quattro persone l’ex assessore regionale ed ex senatore Salvatore (Totò) Ruggeri, 72 anni, considerato al centro di un sistema di corruzione (prima Udc e poi Popolari per Emiliano) e che avrebbe attraversato vari ambiti, quello sanitario e della procreazione assistita, dei concorsi pubblici, dei consorzi di bonifica, per finire alla gestione del bacino elettorale.
Imbarazzante la figura ed il comportamento di Salvatore (Totò) Ruggeri, che nonostante abbia passato i 70 anni, evidenzia secondo il Gip “l’assenza di qualsivoglia rigurgito di moralità oltre che di legalità da parte del Ruggeri... la natura abbietta del suo agire è stigmatizzata dalla vicenda” di una 37enne, laureata e precaria da diversi anni, a cui il 72enne chiede appuntamenti sessuali più lunghi, rivolgendosi così: “Quando si scopa?”, lamentandosi del poco tempo concesso dalla donna etichettando gli incontri come “sveltine”. la sua influenza emerge dalla dichiarazione agli inquirenti di un raccomandato che a fine verbale afferma: “Aggiungo solamente che per essere assunto presso l’Ospedale di Tricase mi sono dovuto per forza rivolgere a Totò Ruggeri in quanto Suor Margherita Bramato (indagata, ndr) non mi avrebbe mai ricevuto e non avrebbe mai dato peso alla mia richiesta di assunzione. Da quello che si dice in giro, la suora se non riceve nulla in cambio non assume nessuno”.
Oggi la Guardia di Finanza ha eseguito undici misure cautelari personali, tra cui cinque di arresti domiciliari, con le accuse a vario titolo di corruzione per esercizio della funzione, falsità ideologica, corruzione elettorale, traffico di influenze illecite. Oltre a Ruggeri, ai domiciliari è stato posto anche anche Antonio Renna, commissario straordinario dei Consorzi di Bonifica Ugento Li Foggi e Arneo, attualmente collaboratore della Provincia di Lecce per la gestione dei fondi Pnrr, chiamato a rispondere sulle accuse di falso e corruzione.
Analoga misura è stata disposta per l’ex consigliere regionale Mario Romano e suo figlio Massimiliano, assessore al Comune di Matino, ed Emanuele Maggiulli , responsabile dell’area tecnica del Comune di Otranto, comuni della provincia di Lecce. Le misure cautelari, all’esito delle indagini svolte dai finanzieri della Compagnia di Otranto (Lecce) sono state richieste dal pm Alessandro Prontera , ed accolte dalla gip Simona Panzera.
Disposto l’obbligo di dimora per l’ ex consigliere regionale neo eletto sindaco di Scorrano Mario Pendinelli, per Antonio Greco e per il sindaco di Otranto Pierpaolo Cariddi . Divieto di svolgere l’attività professionale per Elio Vito Quarta, Giantommaso Zacheo e Fabio Marra. Una richiesta di sospensione è stata richiesta nei confronti del direttore generale dell’Asl di Lecce, Rodolfo Rollo. La gip Simona Panzera deciderà dopo l’interrogatorio di garanzia. I finanzieri stanno notificando avvisi di garanzia alle altre 10 persone indagate, e sono in corso perquisizioni, anche presso la sede dell’ospedale Panico di Tricase, e sequestri da parte della Fiamme Gialle per ulteriori ipotesi di reato.
Secondo l’accusa, Totò Ruggieri avrebbe versato 16 mila euro in due trance a procacciatori di voti per sostenere l’elezione di Pendinelli alle regionali del 2020, promettendo anche posti di lavoro. Undici in totale gli episodi di corruttela contestati, dal 2019 al maggio 2021, sette dei quali al solo Ruggeri che per i suoi favori avrebbe ricevuto da un imprenditore balneare varie utilità, da casse di pesce fresco a bottiglie di pregio. All’ex senatore e consigliere regionale Ruggeri è contestato anche l’avere ottenuto prestazioni sessuali da una donna con la promessa di un posto di lavoro in un distretto sanitario.
La Regione Puglia, dopo gli arresti della Guardia di Finanza di Lecce per presunti episodi di corruzione, ha chiesto alla Procura salentina l’accesso agli “atti d’indagine non coperti da segreto istruttorio per le valutazioni sulla revoca degli incarichi in base a quanto previsto dalla legge Severino e dall’Anac“. Lo ha reso noto Roberto Venneri responsabile della prevenzione della corruzione e trasparenza della Regione Puglia. Per quanto invece riguarda l’ex senatore e assessore regionale Totò Ruggeri, attuale componente del CdA della società Acquedotto Pugliese, e Antonio Renna, commissario straordinario dei Consorzi di Bonifica Ugento Li Foggi, oggi collaboratore della Provincia di Lecce, “essendo destinatari di misura restrittiva, opera di diritto la sospensione dalla carica”, aggiunge Venneri. Redazione CdG 1947
Chiara Spagnolo e Francesco Oliva per bari.repubblica.it il 7 Luglio 2022.
Sesso o aragoste in cambio di un posto di lavoro e compravendita di voti per le ultime elezioni regionali in Puglia. C'è l'ex senatore ed ex assessore regionale ai Servizi Sociali Salvatore Ruggeri dell'Udc al centro dell'inchiesta della Procura di Lecce che coinvolge 21 persone su presunti illeciti nel mondo sanitario, dei consorzi pubblici e nella gestione di concorsi e dei centri di procreazione assistita.
Undici le misure eseguite dalla guardia di finanza di Lecce: cinque ordinanze cautelari agli arresti domiciliari, quattro obblighi di dimora, un divieto di dimora e un divieto di esercitare attività imprenditoriale.
Le ipotesi di reato sono di corruzione, traffico di influenze e falso ideologico commesso da pubblico ufficiale in atti pubblici. Altre dieci persone invece sono state iscritte nel registro degli indagati.
Le indagini
Le misure sono state chieste dal sostituto procuratore Alessandro Prontera e disposte dalla gip Simona Panzera, all'esito di indagini svolte dai finanzieri della Compagnia di Otranto che, allo stato, sembrano aver disvelato un modus operandi grazie al quale Ruggeri avrebbe posto in essere una serie di comportamenti ispirati non solo all'arricchimento personale, ma anche tesi ad assicurarsi e mantenere bacini di consenso elettorale attraverso una gestione personalistica di presidi di potere ormai consolidati in alcuni dei punti nevralgici della macchina amministrativa sia a livello provinciale, sia a livello regionale.
I nomi e le misure cautelari
Oltre all'ex assessore, gli arresti domiciliari sono stati disposti per Antonio Renna, Mario Romano (consigliere regionale), Massimiliano Romano ed Emanuele Maggiulli. Per il neo eletto sindaco di Scorrano (ed ex consigliere regionale), Mario Pendinelli e per Antonio Greco è stato ordinato l'obbligo di dimora. Divieto di dimora, invece, per il sindaco di Otranto, Pierpaolo Cariddi.
Divieto di svolgere l'attività professionale per Elio Vito Quarta, Giantommaso Zacheo e Fabio Marra. Per il direttore generale dell'Asl di Lecce, Rodolfo Rollo, è stata mandata una richiesta di sospensione alla gip, che deciderà dopo l'interrogatorio di garanzia.
Oltre alle 11 persone raggiunte da misure cautelari, i finanzieri stanno notificando gli avvisi di garanzia alle altre 10 persone indagate. Sono in corso anche perquisizioni.
Le indagini hanno fatto emergere che alcuni pubblici ufficiali, in cambio di plurime utilità, promettevano di trovare posti di lavoro a persone di fiducia in vari enti pubblici. Inoltre Ruggeri, quando era assessore regionale, avrebbe preso decisioni - insieme ad altre persone a lui vicine -che avrebbero determinato l'ottenimento di un illecito profitto personale.
Sesso con una lavoratrice precaria e compravendita di voti
Tra le contestazioni a Ruggeri c'è anche un episodio di corruzione in concorso con una lavoratrice precaria alla quale avrebbe chiesto (e dalla quale avrebbe ottenuto) prestazioni sessuali per aiutarla ad ottenere un lavoro stabile.
Inoltre un episodio di corruzione elettorale in concorso con Pendinelli per aver pagato voti di elettori di Aradeo e Gallipoli in occasione delle regionali del 2020.
Aragoste, frutti di mare e vino per rinnovare i contratti
Aragoste, pesce fresco, casse di vino Berlucchi. Sarebbero queste le ricompense che l'ex assessore regionale al Welfare Totò Ruggeri avrebbe ricevuto in cambio del suo impegno per rinnovare il contratto di direttore dell'area amministrativa del Consorzio Arneo di Nardò alla figlia di Luigi Marzano.
Corruzione in atti giudiziari è l'accusa ipotizzata a carico dell'ex assessore regionale finito ai domiciliari nell'indagine condotta dai militari della Guardia di Finanza coordinati dal pm Alessandro Prontera. E nell'ordinanza, a firma della giudice per le indagini preliminari Simona Panzera, viene ricostruito l'episodio in cui sono indagati anche Antonio Ermenegildo Renna, commissario straordinario Unico dei Consorzi di Bonifica di cui è articolazione, tra gli altri, il Consorzio di Bonifica Arneo di Nardò insieme a Luigi Marzano.
Per i finanzieri, Ruggeri si era già reso promotore in Giunta Regionale della nomina di Renna in sostituzione di Alfredo Borzillo (raggiunto da un provvedimento di interdizione da parte del giudice per le indagini preliminari di Bari perché accusato di aver fatto assumere il fidanzato della figlia) e forte del ruolo ricoperto si sarebbe messo a disposizione di Luigi Marzano ricevendo come ricompense "cospicue forniture di mitili, crostacei, pescato, casse di vino Berlucchi e altro".
Di fatto i finanzieri di Otranto hanno ricostruito l'accordo corruttivo: Marzano avrebbe sollecitato una serie di incontri con Ruggeri in un'azienda di Maglie perché potesse intercedere con Renna. E l'ex assessore, ipotizzano gli inquirenti, "mediante mere condotte materiali" avrebbe facilitato e velocizzato la pratica di rinnovo dell'incarico prima della scadenza e l'adozione della delibera di rinnovo pretesa dai Marzano.
In sintesi sarebbe andata così: Ruggeri avrebbe contattato Renna "che, recependone pedissequamente la strategia, affidava per il tramite del direttore generale Vito Caputo per conto del Consorzio Speciale Arneo un parere legale sulla fattibilità di un rinnovo del contratto per una durata quinquennale superiore a quella biennale del precedente contratto".
Dopo il rinnovo del contratto, il 28 agosto 2020, Luigi Marzano avrebbe consegnato "una ulteriore tranche di prodotti ittici a Ruggeri, tra i quali una orata, triglie, un dentice, un cospicuo quantitativo di gamberoni e aragoste". "Tua figlia sta in una botte di ferro", avrebbe riferito tempo dopo Ruggeri a Marzano, che rispondeva "una statua io ti devo fare" e consegnava all'assessore altri 10 chili di aragoste.
A Ruggeri e Renna è contestato anche di aver contribuito a truccare un concorso per geometri al consorzio "Ugento e Li Foggi" in favore di un compagno di partito dell'Udc, Vittorio Capone, nonostante non ne avesse i titoli e nonostante, come emerge da una intercettazione, il candidato "non aveva detto una parola" durante il colloquio orale in cui la commissione gli aveva conferito il massimo punteggio. Per questo filone d'indagine sono indagati anche i commissari Silvia Palumbo e Michele Adamo.
Settemila euro per un concorso
Il reato di traffico di influenze illecite viene ipotizzato a Mario Romano, Antonio Greco e Luigi Tolento. Secondo quanto riportato nel capo d'imputazione, Greco avrebbe svolto il ruolo di galoppino al soldo del consigliere regionale Mario Romano e avrebbe individuato persone disponibili a versare somme di denaro per il superamento di concorsi pubblici.
Sfruttando e vantando - viene messo per iscritto nell'ordinanza a firma della giudice per le indagini preliminari Panzera - relazioni con persone impiegate nella pubblica amministrazione, ricompensandole con dazioni di denaro. In particolare si parla di 7.000 euro consegnati a Tolento per il superamento del concorso in Sanità Service per l'assunzione di 159 persone. la prima trance di 1.500 euro sarebbe stata versata a dicembre 2019.
Il terremoto colpisce così soggetti istituzionali noti in Salento. Romano, originario di Matino, ricopre attualmente il ruolo di consigliere regionale per i Popolari ma l'impegno nella politica locale inizia negli anni 80 quando riveste la carica di consigliere Comunale nel Comune di Matino e di assessore poi fino al 1993 e di vice sindaco dal 1985 al 1990.
Dal 1995 fino al 2004 è stato Presidente della Commissione Provinciale - Lecce- per l'Abilitazione Venatoria e attualmente ricopriva la carica di consigliere in viale Capruzzi. Ruggeri, classe 1950 originario di Muro Leccese, è stato Senatore della Repubblica italiana nella XV Legislatura dal 28 aprile 2006 (2006-2008) periodo in cui ha fatto parte della Commissione parlamentare d'inchiesta sul fenomeno della criminalità organizzata.
Sono in corso perquisizioni, anche nella sede dell’ospedale Panico di Tricase, e sequestri da parte della Finanza per ulteriori ipotesi di reato. La Gazzetta del Mezzogiorno il 7 luglio 2022.
Secondo l’accusa, per il tramite di Mario Romano il gruppo avrebbe venduto posti di lavoro nella Sanitaservice di Lecce incassando tra i 3.000 e i 7.000 euro per ciascun candidato. Le indagini sembrano aver svelato un modus operandi grazie al quale il pubblico ufficiale indagato principale avrebbe posto in essere una serie di comportamenti per l’arricchimento personale, ma anche per assicurarsi e mantenere bacini di consenso elettorale attraverso una gestione di presidi di potere ormai consolidati in alcuni punti nevralgici della macchina amministrativa sia a livello provinciale, sia a livello regionale.
Si sarebbero promessi posti di lavoro da parte di alcuni pubblici ufficiali in cambio di utilità, e le persone di fiducia sarebbero state collocate in posizioni strategiche di svariati Enti pubblici.
Il rinnovo per cinque anni del contratto della direttrice del consorzio di bonifica dell’Arneo, Francesca Marzano, sarebbe stato «comprato» attraverso lo champagne e i frutti di mare che il padre, Luigi Marzano, avrebbe regalato all’allora assessore regionale al Welfare, Totò Ruggeri. È una delle ipotesi di corruzione impropria che stamattina hanno portato agli arresti domiciliari l’ex assessore insieme ad Antonio Renna, all’epoca dei fatti commissario dei consorzi di bonifica, mentre Luigi Marzano (che risulta indagato) ha ricevuto una perquisizione da parte dei militari della Finanza.
Secondo il pm Antonio Prontera, Ruggeri sarebbe intervenuto su Renna («persona di sua fiducia») per «facilitare e velocizzare la pratica di rinnovo dell’incarico prima della scadenza». È lo stesso Renna che la giunta regionale - ricostruisce la Procura di Lecce - nominò commissario su indicazione di Ruggeri dopo l’interdizione del precedente commissario Alfredo Borzillo. Il 10 luglio 2020 Marzano, «in occasione di uno dei sistematici incontri presso la “Toma spa” di Muro Leccese» (l’azienda di Ruggeri), avrebbe consegnato al politico «cospicui quantitativi di frutti di mare (tra i quali piedi di capra) e aragoste per non meno di 10 kg, nonché casse di vino “Berlucchi”» che Ruggeri avrebbe diviso con Renna. Dopo il rinnovo del contratto, il 28 agosto 2020, Luigi Marzano avrebbe consegnato «una ulteriore tranche di prodotti ittici a Ruggeri, tra i quali una orata, triglie, un dentice, un cospicuo quantitativo di gamberoni e aragoste». «Tua figlia sta in una botte di ferro», avrebbe detto poi il 25 settembre successivo Ruggeri a Marzano, che rispondeva «una statua io ti devo fare» e consegnava all’assessore altri 10 kg di aragoste.
A Ruggeri e Renna è contestato anche di aver contribuito a truccare un concorso per geometri al consorzio «Ugento e Li Foggi» a favore di un compagno di partito dell’Udc, Vittorio Capone, nonostante non ne avesse i titoli e nonostante, come emerge da una intercettazione, il candidato «non aveva detto una parola» durante il colloquio orale in cui la commissione gli ha dato il massimo punteggio. Per questo sono indagati anche i commissari Silvia Palumbo e Michele Adamo. Ruggeri è poi accusato di corruzione insieme a una lavoratrice precaria cui avrebbe chiesto «prestazioni sessuali a titolo di contro-prestazione per il suo fattivo “interessamento”» a favore della donna, alla ricerca di lavoro nel mondo della sanità. L’allora assessore avrebbe prima portato la donna dal direttore generale della Asl di Lecce, Rodolfo Rollo, e poi sarebbe intervenuto per farle ottenere una assunzione da parte dell’Ambito territoriale sociale del Comune di Gagliano. Anche la donna è indagata per corruzione.
«Lecce, i posti in Sanitaservice venduti per diecimila euro». 19 perquisizioni della Finanza dopo la denuncia di chi ha pagato. L’accusa di corruzione: truccato il concorso per 159 assunzioni. L’ipotesi: in cambio di soldi 2 donne avrebbero aiutato i concorrenti ad accumulare titoli per arrivare ai primi posti della graduatoria. Gianfranco Lattante su La Gazzetta del mezzogiorno il 05 Agosto 2022
Un’altra inchiesta scuote il settore della sanità. A Lecce la Guardia di Finanza segue la pista delle tangenti per le assunzioni in SanitaService, la società in-house che si occupa di fornire gli ausiliari, il portierato e gli altri servizi strumentali alla Asl, socio unico dell’azienda. A verbale ci sono le dichiarazioni di chi ha ammesso di aver pagato settemila euro (qualcuno anche fino a diecimila) per assicurarsi uno dei 159 posti messi a bando tra ausiliari, addetti alle pulizie ed altri lavori da manovali.
L’inchiesta, coordinata dal sostituto procuratore Massimiliano Carducci, ieri mattina è uscita allo scoperto con una raffica di perquisizioni. Una ventina in tutto, ma il numero degli indagati dovrebbe essere più ampio. Il management aziendale non risulta tra gli indagati...
Sospeso Ruggeri da cda di Acquedotto pugliese. L'assessore Palese: «Io estraneo». Redazione online su Il Tempo il 07 Luglio 2022
La Regione Puglia, dopo gli arresti della guardia di finanza di Lecce per presunti episodi di corruzione, ha chiesto alla Procura salentina l’accesso agli "atti d’indagine non coperti da segreto istruttorio per le valutazioni sulla revoca degli incarichi in base a quanto previsto dalla legge Severino e dall’Anac». Lo comunica il responsabile della prevenzione della corruzione e trasparenza della Regione Puglia, Roberto Venneri. Mentre per quanto riguarda l’ex senatore e assessore regionale Totò Ruggeri, componente del cda di Acquedotto Pugliese, e Antonio Renna, commissario straordinario dei Consorzi di Bonifica Ugento Li Foggi, oggi collaboratore della Provincia di Lecce, «essendo destinatari di misura restrittiva, opera di diritto la sospensione dalla carica», precisa Venneri.
Bellanova: «Grave situazione in Puglia»
«Garantisti sempre. Ma l’arresto dell’ex assessore della Regione Puglia ed attuale componente del cda dell’Acquedotto pugliese Salvatore Ruggeri non può non aprire più di una domanda sul sistema di potere e di alleanze disegnato in questi anni dal Presidente Emiliano». Così la copresidente di Italia Viva Teresa Bellanova, viceministra delle Infrastrutture e Mobilità sostenibili, dopo gli arresti eseguiti oggi a Lecce dalla Guardia di finanza per un presunto sistema corruttivo che riguarderebbe il sistema sanitario e anche la gestione del bacino elettorale.
«Quanto sta accadendo di gravissimo in queste ore in Puglia - prosegue - richiama con urgenza alla necessità di una riflessione, rigorosa e coraggiosa, sulla modalità di raccolta del consenso, di gestione della cosa pubblica e di costruzione delle alleanze che ormai da tempo ha preso piede nella Regione gettando una luce opaca e dubbia anche sulla selezione della classe dirigente»
L'assessore Palese: «Io estraneo»
«Sono stato informato dai giornalisti che negli atti dell’indagine in corso è emerso il mio nome e quello di mia figlia. Non conosco gli atti, ma posso affermare con certezza che sia io che mia figlia siamo totalmente estranei ai fatti. Il percorso professionale di mia figlia è maturato autonomamente quando io non avevo alcun ruolo politico». Lo dichiara l’assessore alla Sanità della Regione Puglia, Rocco Palese, in merito all’inchiesta della Procura di Lecce su presunte corruzioni in alcuni concorsi nel settore della sanità che ha portato, oggi, all’arresto di cinque persone poste ai domiciliari. «Sono stato dirigente medico presso il Pta Gagliano del Capo - spiega Palese - e poi responsabile delle sale operatorie accreditate. Solo alla fine del 2020 sono stato nominato direttore del distretto, e quindi ben dopo il percorso lavorativo di mia figlia». «Quindi - conclude - anche rispetto a questo ruolo non c'è alcun nesso tra le due vicende. Certo di aver offerto alla stampa tutti i chiarimenti del caso nel segno della trasparenza e correttezza, valori che hanno da sempre ispirato il mio lavoro».
Ecco come l’ex consigliere Romano chiedeva soldi per i posti di lavoro: «Vendeva anche concorsi all’Arpal». I testimoni: «Sì, ho pagato ma non sono stato assunto». L’esponente di «puglia popolare» finito ai domiciliari insieme al figlio: dalle intercettazioni almeno 60 casi. Massimiliano Scagliarini su La Gazzetta del Mezzogiorno il 09 Luglio 2022.
La compravendita dei concorsi da parte dell’ex consigliere Mario Romano non riguardava soltanto la Sanitaservice di Lecce (di cui ieri si è dimesso l’amministratore unico, Luigino Sergio, non indagato). Ma l’appetito del 71enne di Matino arrivava anche all’Arpal, l’agenzia per il lavoro della Regione. Lo ha accertato la Finanza, che dalle telefonate dell’esponente di Puglia Popolare (la stessa lista cui fa riferimento il direttore generale di Arpal, Massimo Cassano) hanno censito almeno 60 casi di presunta compravendita di posti di lavoro. La metà dei quali avrebbe voluto entrare all’agenzia per il lavoro della Regione.
I casi raccontati nelle carte sono decine. I finanzieri guidati...
Sanitopoli in Puglia: «Per l'ex assessore Ruggeri le istituzioni erano la sua servitù». Nell’ambito di una inchiesta della Procura di Lecce su presunte tangenti e favori in cambio di posti di lavoro e favori. Redazione online su La Gazzetta del Mezzogiorno l'8 Luglio 2022.
BARI - L’ex senatore ed ex assessore regionale pugliese Salvatore Ruggeri, finito ieri agli arresti domiciliari nell’ambito di una inchiesta della Procura di Lecce su presunte tangenti e favori in cambio di posti di lavoro e favori, sarebbe stato «capace di piegare ai suoi voleri l’azione amministrativa, come nel caso del Comune di Otranto, nel cui ambito si muove sfacciatamente con la massima disinvoltura come fosse in presenza di sua servitù, addirittura dettando ogni genere di direttiva come fossero tutti alle sue dirette dipendente». Lo scrive la gip di Lecce Simona Panzera nelle 338 pagine di ordinanza cautelare notificata a Ruggeri e altre dieci persone.
«Le indagini - scrive la giudice - hanno disvelato un abile quanto spregiudicato sistema criminale che grazie alla scaltra regia di Ruggeri, che asserviva scelleratamente la sua pubblica funzione ad interessi lucrativi privatistici, permetteva a imprenditori 'privilegiatì di vedere indebitamente amplificati i propri guadagni, ovvero di ottenere un collocamento lavorativo per i figli o ancora, nell’ottica di un personale tornaconto elettorale, permetteva a suoi futuri fiduciari l’indebito superamento di concorsi mediante falsificazione dei risultati». La gip evidenzia «il potere pericolosamente pervasivo di cui fruisce Ruggeri, capace di infiltrarsi nei gangli di qualsiasi articolazione della pubblica amministrazione» e definisce «allarmante la capacità di Ruggeri di orientare efficacemente secondo i propri interessi, ovvero dei suoi 'protetti', persino l'azione dell’ente Regione Puglia, come nel caso della convenzione con il Panico di Tricase». La giudice parla, poi, di «personalità delinquenziale» dell’ex senatore, «manifestata dalla naturale inclinazione alla più sfrontata inosservanza delle leggi», in «assenza di qualsivoglia rigurgito di moralità oltre che di legalità».
DOPO GLI ARRESTI DELLA FINANZA. Posti di lavoro in cambio di cibo, vino e sesso: direttore Asl Lecce si dimette. Stefano Rossi commissario. Nell'ambito delle misure eseguite ieri dalle Fiamme Gialle per ipotesi di reato di corruzione, traffico di influenze illecite e falso ideologico commesso dal pubblico ufficiale in atti pubblici. Redazione online su La Gazzetta del Mezzogiorno l'8 Luglio 2022.
Si è dimesso il Direttore Generale della Asl di Lecce Rodolfo Rollo dopo gli arresti eseguiti ieri dalla Guardia di Finanza di Otranto. «Tanto sia per poter assicurare una serena gestione della Struttura, che per evitare complicazioni alle sue condizioni di salute», queste le parole del suo legale, Massimo Manfreda. Nominato commissario Stefano Rossi. Nelle scorse ore le Fiamme Gialle hanno eseguito misure cautelari nei confronti di 11 persone (cinque ai domiciliari, quattro obblighi di dimora, un divieto di dimora e un divieto di esercitare attività imprenditoriale), indagate per ipotesi di reato di corruzione, traffico di influenze illecite e falso ideologico commesso dal pubblico ufficiale in atti pubblici. Gli arrestati sono l’ex assessore al Welfare della Regione nella giunta Emiliano, Totò Ruggeri, l’ex consigliere regionale di centrosinistra Mario Romano, Massimiliano Romano, Antonio Renna e Emanuele Maggiulli. Obbligo di dimora per il sindaco di Scorrano, Mario Pendinelli, ex consigliere Regionale di centrosinistra. Divieto di dimora per il sindaco di Otranto, Pierpaolo Cariddi. Richiesta di interdizione per il direttore generale della Asl Lecce, Rodolfo Rollo. Divieto di svolgere attività professionale per Elio Quarta, Giantomaso Zacheo e Fabio Marra. Le misure sono state concesse dal gip Simona Panzera. Le indagini, svolte dai finanzieri della Compagnia di Otranto, sono coordinate dalla Procura della Repubblica di Lecce, pm Alessandro Prontera.
Asl Lecce, nell’inchiesta spunta l’ombra di una parentopoli. Dopo l’arresto dell’ex assessore Ruggeri: nuove acquisizioni in Regione, assunzioni e consulenze al setaccio della Finanza. L’ex direttore generale Rollo si è dimesso ma è rientrato in Asl come direttore di distretto. Chiesta la sospensione dalla Procura. Massimiliano Scagliarini su La Gazzetta del Mezzogiorno il 21 Luglio 2022
Quello che faceva capo all’ex senatore Totò Ruggeri, fino al 2020 assessore regionale al Welfare, appariva come un vero e proprio gruppo di potere, capace di imporre nomine non solo ai vertici della sanità salentina ma anche nelle società partecipate della Regione di cui sarebbe riuscito a influenzare le assunzioni. Lo spaccato emerso dall’indagine della Procura di Lecce, che il 7 luglio ha fatto finire ai domiciliari Ruggeri e altre quattro persone, ha mostrato l’esistenza di una ragnatela di interessi, ma il quadro non è ancora completo: i finanzieri coordinati dal pm Alessandro Frontera stanno infatti ricostruendo quanto avveniva nella Asl e nella Sanitaservice di Lecce: appalti e assunzioni di cui potrebbero aver beneficiato politici locali e rispettivi parenti.
L’inchiesta battezzata «Re Artù» ipotizza a vario titolo, a carico di una trentina di persone, i reati di corruzione impropria, falso e corruzione elettorale in relazione alle ultime Regionali. Ruggeri, in particolare, avrebbe...
Asl Lecce, nell’inchiesta anche le assunzioni in Arif. La Finanza: il braccio destro dell’assessore Ruggeri intervenne per il contratto interinale al figlio di un amico. Massimiliano Scagliarini su La Gazzetta del Mezzogiorno il 22 Luglio 2022
Cosa conteneva la «busta del pane» che a luglio 2019 il commercialista Giantommaso Zacheo voleva consegnare, con insistenza, all’allora assessore regionale Salvatore Ruggeri? È questo episodio, intercettato dai finanzieri, che ha fatto entrare nell’indagine il 52enne di Carpignano Salentino cui il gip Simona Panzera, l’8 luglio, ha applicato la misura cautelare dell’obbligo di dimora e dell’interdizione dall’attività professionale per concorso in corruzione: avrebbe avuto un ruolo, insieme all’assessore e al medico Elio Vito Quarta, nel rilascio dell’autorizzazione al centro Pma di Muro Leccese, realizzato in un immobile di Ruggeri che aveva ottenuto da Quarta la promessa del 30% della società.
Sesso e aragoste, da Lecce l’inchiesta arriva in Regione. Il pm: «La dirigente del Demanio favorì il lido di Ruggeri». Lunedì gli interrogatori. Linda Cappello su La Gazzetta del Mezzogiorno il 09 Luglio 2022
L’indagine della Procura di Lecce sbarca in Regione. I militari della Finanza hanno notificato un avviso di garanzia anche a Costanza Moreo, dirigente del Demanio. Il suo nome compare fra quelli dei 30 soggetti coinvolti nell’operazione denominata «Re Artù», nell’ambito della quale giovedì è finito agli arresti domiciliari l’ex assessore regionale al Welfare, Totò Ruggeri, 72 anni, di Muro Leccese.
Alla dirigente vengono contestate le irregolarità per l’autorizzazione al ripristino dell’arenile del lido Atlantis di Otranto, di cui Ruggeri è ritenuto amministratore di fatto. L’inchiesta è composta vari filoni in un intreccio fra sanità e politica dal 2019 al 2021. Si parla di pressioni per l’accreditamento di un centro di procreazione medicalmente assistita, di assunzioni e incarichi in cambio di prestazioni sessuali, aragoste e Berlucchi. Le accuse contestate a vario titolo sono corruzione impropria, traffico d’influenze e falso. Nel caso di Ruggeri e del sindaco di Scorrano, Mario Pendinelli, è contestato anche il voto di scambio in occasione delle Regionali 2020.
L’elenco completo delle persone segnalate conta 30 nomi ed è contenuto nell’informativa dei finanzieri depositata dopo gli arresti. Ci sono Luigi Bartolomeo, 68 anni, ex consigliere comunale di Casarano, Lucio Stefano Nocco, 56 anni, di Corigliano d’Otranto; Graziano Musio, 67 anni, di Matino; Domenico Totaro, 72 anni, di Castrignano de’Greci; Giuseppe De Fiesole, 57 anni, di Presicce - Acquarica; Daniele Aventaggiato, 42 anni, di Castrignano de’Greci; Andrea e Giovanni De Iacob, 42 e 39 anni, di Castrignano; Paolo Vantaggiato, 64 anni, di Neviano.
Ieri intanto il direttore generale della Asl di Lecce, Rodolfo Rollo, per il quale il pubblico ministero Alessandro Prontera ha chiesto l’interdizione, si è dimesso. Una scelta - fa sapere l’avvocato Massimo Manfreda - dettata dalla necessità di «poter assicurare una serena gestione della struttura» ma anche per evitare complicazioni alle sue condizioni di salute. Rollo risponde di corruzione impropria per aver chiesto e ottenuto l’autorizzazione ad adottare l’accordo per l’acquisto da parte della Asl delle prestazioni dialitiche erogate dal centro «Santa Marcellina» del Panico di Tricase. Secondo i magistrati, in cambio avrebbe ricevuto dall’ospedale ecclesiastico l’assunzione a tempo determinato del figlio come dirigente ingegnere clinico (incarico prorogato fino al 30 settembre 2022). Al posto di Rollo, è stato nominato commissario Stefano Rossi, già alla guida dell’Asl di Taranto e già in pole position per subentrare a Rollo il cui incarico sarebbe scaduto a settembre.
Ieri la Prefettura, così come previsto dalla legge Severino, ha sospeso dalla carica il sindaco di Otranto, Pierpaolo Cariddi (sottoposto a divieto di dimora nel Comune di appartenenza). «Contiamo di far revocare la misura cautelare all’esito dell’interrogatorio», fanno sapere glia vvocati Mauro Finocchito e Gianluca D’Oria, difensori del primo cittadino idruntino. Sospesi dalla Prefettura anche il consigliere comunale di Alliste, Antonio Renna, ed il consigliere di Matino Massimiliano Romano, entrambi finiti ai domiciliari.
Ai domiciliari sono finiti anche l’ex consigliere regionale di centrosinistra Mario Romano e il responsabile dell’area tecnica del comune di Otranto, Emanuele Maggiulli. Obbligo di dimora, invece, per il sindaco di Scorrano, Mario Pendinelli, mentre è stato chiesto il divieto di svolgere attività professionale per il cardiologo Elio Quarta, il commercialista Giantomaso Zacheo (per il quale è stato disposto anche l’obbligo di dimora) e l’imprenditore Fabio Marra.
Sulla tipologia delle misure cautelari emesse è emersa una diversità di vedute fra il pm Alessandro Prontera e il gip Simona Panzera. Nell’ordinanza il giudice scrive nero su bianco che i provvedimenti «appaiono ben al di sotto della linea di adeguatezza e proporzionalità in relazione alle cogenti esigenze preventive da fronteggiare, e ciò tenuto conto dello strapotere manipolativo e altamente infiltrante dimostrato da Ruggeri e dell’habitus ad assecondare supinamente poteri forti o comunque privati palesato dai pubblici ufficiali attinti dalle richieste». Il gip fa esplicito riferimento alla figura di Pierpaolo Cariddi, «tenuto conto del gravissimo svilimento della sua funzione istituzionale mostrato dall’indagine e della capacità di condizionamento dei funzionari comunali, che ne impone quantomeno l’allontanamento coercitivo dal territorio comunale». Troppa clemenza - è scritto - anche nei confronti di Pendinelli, Mario Romano, Antonio Greco, Fabio Marra, Giantommaso Zacheo ed Elio Quarta.
Lunedì sono stati fissati gli interrogatori degli arrestati, martedì toccherà a coloro che sono stati colpiti dalle interdittive. Gli arrestati sono difesi anche dagli avvocati Luigi Corvaglia, Maria Greco, Gianluca D’Oria, Dimitry Conte, Salvatore Corrado, Francesco Vergine e Luigi Covella.
Inchiesta a Lecce, sospetti su una talpa: le tracce nei computer. Il pm Alessandro Prontera indaga su una fuga di notizie. Un pubblico ufficiale è finito sotto inchiesta per rivelazione di segreto d’ufficio: nominato un consulente il particolare. Massimiliano Scagliarini su La Gazzetta del Mezzogiorno il 10 Luglio 2022
L’inchiesta che fa tremare la politica salentina (e non solo quella in verità) ha cominciato a far rumore nei primi mesi del 2021, quando la Procura di Lecce ha fatto notificare i primi avvisi di proroga delle indagini. Sono gli atti che, nel gergo, provocano la discovery almeno parziale dei nomi e delle accuse ipotizzate. E proprio poco dopo quelle notifiche, che riguardavano anche i politici a partire dall’ex consigliere regionale Mario Romano, qualcuno provò a capire dove stavano puntando le indagini. Oppure voleva approfittare di notizie riservate per utilizzarle a scopi politici.
Parallelamente alle ipotesi di corruzione, traffico di influenze, falso e voto di scambio, il pubblico ministero Alessandro Prontera indaga su una fuga di notizie. E la traccia, depositata tra gli atti a...
Triggiano, bufera parentopoli nella selezione per funzionari amministrativi. Tre concorsi del Comune vinti da figli di dipendenti. Le carte all’Anticorruzione. Il sindaco: «chi sbaglia paga». Massimiliano Scagliarini su La Gazzetta del Mezzogiorno il 04 Luglio 2022
Dovrà essere l’Anticorruzione a occuparsi del caso che da giorni sta mettendo in subbuglio il Comune di Triggiano. Un concorso per funzionari amministrativi vinto dal figlio del dirigente che lo ha indetto e che, nonostante le polemiche, la scorsa settimana ha firmato gli atti con cui ha disposto di procedere all’assunzione.
La situazione è rovente, anche perché l’opposizione ha ricostruito l’iter amministrativo del concorso e - in un esposto inviato all’Anac, al prefetto di Bari e alla Corte dei conti - ha fatto emergere una serie di elementi meritevoli di essere approfonditi. Il 4 marzo scorso la giunta guidata dal sindaco Antonio Donatelli ha modificato il regolamento in materia di accesso agli impieghi, per consentire che le commissioni di concorso possano essere presiedute anche da un dirigente esterno all’ente. Lo stesso giorno il dirigente Luigi Panunzio - padre del vincitore - ha nominato la commissione, scegliendo come presidente un dirigente del Comune di Noicattaro e come componente un dirigente del Comune di Sammichele, gli stessi che avevano fatto parte delle commissioni degli ultimi tre concorsi banditi a Triggiano...
(ANSA il 12 luglio 2022) - Sono stati tutti rinviati a giudizio gli ex vertici dell'Università per Stranieri di Perugia per il presunto esame farsa per la conoscenza dell'italiano sostenuto da Luis Suarez all'Università per Stranieri di Perugia nel settembre del 2020. Lo ha deciso il gup del capoluogo umbro. Prosciolta invece l'avvocato Maria Cesarina Turco, considerata il legale incaricato dalla Juventus.
Da repubblica.it il 23 giugno 2022.
Il proscioglimento dell'avvocato Maria Cesarina Turco è stato chiesto dalla procura di Perugia nell'udienza preliminare che riguarda il presunto esame "farsa" per la conoscenza dell'italiano sostenuto da Luis Suarez all'Università per Stranieri di Perugia. Nel capo d'imputazione viene indicata come "il legale incaricato dalla società Juventus football club".
La procura ha invece ribadito in aula la richiesta di rinvio a giudizio per gli altri imputati. Tra loro l'ex rettrice Giuliana Grego Bolli, l'allora direttore generale Simone Olivieri e la professoressa Stefania Spina.
L'avvocato Turco - si legge nel capo d'imputazione - è stata accusata di essere stata "concorrente morale e istigatrice" in relazione al reato di falsità ideologica contestato per l'esame di Suarez sostenuto nel settembre del 2020 a Perugia. Il calciatore era all'epoca uno dei possibili obiettivi di mercato della Juventus.
La richiesta di proscioglimento è stata avanzata dal procuratore Raffaele Cantone e dal sostituto Paolo Abritti. In aula anche il difensore di Turco, l'avvocato Franco Coppi.
Cantone: «Così Palamara e i professori raccomandarono il figlio di un membro del Csm». EMILIANO FITTIPALDI su Il Domani il 26 aprile 2022
Raffaele Cantone ha ricostruito la storia della raccomandazione al rampollo del giudice Marco Mancinetti per i test di medicina di un’università in Albania. Una vicenda partita dalle dichiarazioni dell’ex avvocato dell’Eni Piero Amara
La registrazione tra Centofanti e l’ex rettore di Tor Vergata: «Era pronto a cacciare i soldi». Ma secondo Cantone non ci sono evidenze per andare a giudizio: ecco perché Mancinetti, accusato di induzione alla corruzione, deve essere archiviato.
Ora Amara rischia il processo per calunnia. Ma nel documento Cantone non risparmia nessuno: elenca le bugie di Palamara, la versione improbabile di Mancinetti, le giustificazioni surreali dell’ex rettore di Tor Vergata.
EMILIANO FITTIPALDI. Nato nel 1974, è vicedirettore di Domani. Giornalista investigativo, ha lavorato all'Espresso firmando inchieste su politica, economia e criminalità. Per Feltrinelli ha scritto "Avarizia" e "Lussuria" sulla corruzione in Vaticano e altri saggi sul potere.
(ANSA il 26 aprile 2022) - La Guardia di Finanza di Savona e la Polizia di Novara, coordinate dalla Procura di Novara, hanno eseguito alcune perquisizioni nelle province di Padova, Rovigo e Novara nei confronti di presunti appartenenti ad una banda dedita alle truffe nel settore delle patenti di guida. L'indagine riguarda complessivamente 6 persone, di cui 2 cittadini italiani e 4 cittadini pakistani, sospettati di appartenere a una banda operante tra Piemonte, Lombardia, Veneto e Liguria.
Il gruppo, sostengono gli investigatori, aveva organizzato un sistema che consentiva a cittadini extracomunitari senza alcuna padronanza della lingua italiana e privi delle più elementari nozioni del Codice della strada, di ottenere la patente di guida dietro pagamento di somme di denaro. La truffa avveniva attraverso l'uso di congegni elettronici modificati e nascosti negli indumenti, in modo da consentire agli esaminandi di ricevere suggerimenti senza i quali non sarebbero riusciti a rispondere ai quiz e a superare l'esame.
Sono stati sequestrati numerosi auricolari bluetooth miniaturizzati, microcamere, smartphone, modem portatili e capi di abbigliamento opportunamente confezionati per nascondere l'attrezzatura. Nel corso delle perquisizioni, inoltre, sono stati sequestrati oltre 18 mila euro, presumibilmente provento delle attività illecite.
Estratto dell'articolo di Lorenzo d'Albergo per “la Repubblica - Edizione Roma” il 26 aprile 2022.
Una domanda con due risposte corrette su tre. Un'altra formulata in modo tanto ambiguo da non prevedere alcuna risposta valida. Il concorsone del Campidoglio da 1.521 posti a tempo indeterminato torna sotto i riflettori: il Tar del Lazio ha riammesso due candidati bocciati a causa di quesiti palesemente errati.
Un discreto pasticcio. Le due sentenze firmate dai magistrati amministrativi pesano. Nella peggiore delle ipotesi, sono due precedenti a cui ora potrebbero appellarsi centinaia di concorrenti incappati negli stessi quiz.
Nella migliore, costano una figuraccia agli organizzatori delle prove. Un'altra, perché il concorsone bandito in era Raggi in accordo tra Comune e Formez aveva già fatto flop in diretta: lo scorso 25 giugno, 1.500 iscritti alla prova da funzionario venivano rispediti a casa tra le polemiche - alcuni avevano viaggiato tutta la notte per arrivare alla nuova Fiera di Roma in tempo per il test - per una domanda con due risposte identiche. Un incidente di percorso che ora si ripete.
Due candidati si sono infatti accorti di altrettanti errori. Eccoli nel dettaglio. Il primo riguarda la prova per uno dei 100 posti da istruttore di servizi informatici e telematici messo in palio da Roma Capitale. Il quesito incriminato è il numero 42 del quiz del 19 luglio e riguarda Azure, sistema cloud a marchio Windows.
La domanda, molto tecnica, deve aver tratto in inganno chi è stato chiamato a formularla. Due, infatti, le risposte valide: Azure è sia un esempio di Platform as a service che di Infrastructure as a service.
Apriti cielo. Via al ricorso da parte di chi si è visto bocciare dopo aver dato la risposta ritenuta sbagliata dalla giuria del concorsone. Vittoria su tutta la linea: i giudici della seconda sezione del Tar del Lazio si sono presi la briga di navigare il sito di Windows e hanno trovato un'intera pagina che indicava i vantaggi di Azure per gli utenti, un documento che conteneva anche la doppia risposta esatta.
Vincono il concorso all’Aress, il Tar Bari li manda a casa: «Non meritavano la sufficienza». «Sono dirigenti ma ignorano il diritto». «Errori di base come quelli non potevano portare a un voto di 25/30». Massimiliano Scagliarini il 18 Maggio 2022 su La Gazzetta del Mezzogiorno.
In una azienda sanitaria della Puglia c’è un dirigente amministrativo che presenterebbe i ricorsi contro il silenzio inadempimento alla Corte dei conti. E ce n’è un altro secondo cui l’articolo 118 della Costituzione parla delle «funzioni amministrative e normative delle Regioni». Sono strafalcioni con i quali non si passerebbe un esame universitario, ma forse nemmeno la prova per vigile urbano. Eppure all’Aress, l’Agenzia regionale della Sanità, una commissione di concorso ha considerato quelle risposte meritevoli di un’assunzione. Ma il Tar di Bari ieri ha detto che i due vincitori devono tornare a casa.
Questa storia è piuttosto particolare, e non solo perché l’orale del concorso è stato registrato. Il Tar (Prima sezione, presidente Scafuri, relatore Desirèe Zonno) ha infatti superato un tabù: di norma i giudici amministrativi non entrano nel merito delle valutazioni fatte dalle commissioni di concorso. Tranne se - come in questo caso - si è di fronte a un vero e proprio pasticcio: «Gli errori commessi dai candidati - dice la sentenza - sono così gravi da mostrarsi logicamente incompatibili con la valutazione conseguita», e dunque la commissione «ha conferito un punteggio contraddittorio rispetto ai parametri valutativi di riferimento».
Il concorso per cinque posti da dirigente amministrativo all’Aress, concluso a luglio dello scorso anno, riservava due posti al personale interno. È proprio su questi che si è concentrato il ricorso (avvocato Mariano Alterio di Bari) della terza classificata. Una concorrente valutata con il punteggio minimo e perciò scavalcata dai due colleghi, di cui ha depositato davanti al Tar alcuni estratti delle prove scritte e la trascrizione di alcune delle risposte fornite all’orale.
A parte il ricorso sul silenzio inadempimento alla Corte dei conti (va fatto al Tar) e l’articolo della Costituzione sulle Regioni (parla dei Comuni), da quei documenti sono emerse altre perle amministrative tipo un errore sul numero della riforma Brunetta, oppure sull’operatività automatica del silenzio amministrativo. Se quindi la terza classificata, avendo preso il minimo, è l’emblema della sufficienza, i due che l’hanno superata in graduatoria devono aver fatto meglio. Giusto? E infatti, il Tar ha rilevato «un insormontabile contrasto intercorrente tra il giudizio di idoneità conseguito dai due concorrenti nelle prove scritte (21/30 l’una e 25/30 l’altro) e la correttezza delle risposte da questi fornite», che vanno considerate «pacificamente ed oltremodo scorrette»: «Entrambi i candidati, seppur interrogati su questioni istituzionali, afferenti conoscenze basilari, ancor più se rapportate alle mansioni ed alla professionalità di cui alla selezione, hanno mostrato delle lacune nozionistiche talmente importanti da non poter essere razionalmente trascurate».
Da qui una valutazione che, in un mondo ideale, dovrebbe portare qualcuno a interrogarsi: «Il deficit di preparazione emerso dagli elaborati prodotti in atti avrebbe dovuto necessariamente incidere sulla valutazione di sufficienza di questi scritti, stante la funzionalità delle prove cui sono stati sottoposti i candidati, ovvero considerando che il concorso de quo è finalizzato all’assunzione di personale di qualifica dirigenziale (che di fronte ad una preparazione istituzionale così scadente non potrebbe in alcun modo assicurare i livelli di efficienza, efficacia ed imparzialità richiesti per l’espletamento della funzione pubblica in modo adeguato). Al contrario, la valutazione positiva attribuita alle prove de quibus si pone logicamente e razionalmente in contrasto con errori così grossolani e macroscopici come quelli contestati, attestanti una maturità scientifica, in ambito giuridico-amministrativo, che non può neppure lambire la sufficienza. A ciò si aggiunga che le manifeste incongruità ed irragionevolezza dell’operato della Commissione risultano ancor più evidenti con riguardo alla valutazione conseguita dal secondo classificato-riservista, il quale, pur avendo sostenuto che nei casi di silenzio inadempimento la giurisdizione spetti alla Corte dei Conti, dichiaratamente ignorando il dettato normativo in materia, ha ottenuto, per il relativo elaborato, un punteggio di 25/30, ben oltre la soglia di idoneità. Deve, quindi, dirsi ingiustificabile che affermazioni così macroscopicamente errate non soltanto abbiano indotto la Commissione a promuovere il candidato, ma addirittura l’abbiano condotta ad attribuire, proprio alla prova de qua, una valutazione spiccatamente positiva. Infatti, gli errori commessi dai candidati sono così gravi da mostrarsi logicamente incompatibili con la valutazione conseguita».
I due vincitori, già assunti, dovranno essere licenziati. Il Tar, evidentemente subodorando qualcosa, ha ordinato all’Aress (ieri non è stato possibile parlare con il dg Giovanni Gorgoni) di non fare scherzi: la sentenza «non richiede la ripetizione delle operazioni di correzione delle prove, in quanto il giudizio ad esse riferito non può che attestarsi al di sotto della sufficienza, con conseguente espunzione dei controinteressati dalla graduatoria per inidoneità della prova scritta a raggiungere il punteggio minimo richiesto». L’agenzia potrebbe comunque fare appello al Consiglio di Stato. Ma non potrà cambiare la sostanza delle cose.
Il nuovo mondo. La guerra alla meritocrazia. Adrian Wooldridge su Linkiesta Magazine il 19 Aprile 2022.
La società moderna e globalizzata si basa sulla proliferazione e l’incontro dei talenti individuali. Ora l’odio populista per la competenza rischia di distruggere il sistema che ha prodotto un’economia più produttiva e uno Stato più efficiente. Che cosa potrebbe esserci di meglio? Eppure questa idea è sotto attacco ovunque.
La meritocrazia è un tale presupposto delle società moderne che la diamo per scontata. Quando facciamo un colloquio di lavoro ci aspettiamo che la nostra candidatura sia esaminata secondo un principio di equità. E proviamo indignazione al primo sentore di nepotismo, favoritismo o discriminazione. «Tutti gli americani hanno il diritto di essere giudicati sulla base del merito individuale e di arrivare fin là dove i loro sogni e il loro duro lavoro li porteranno», affermò Ronald Reagan nel 1984. «Noi crediamo che le persone debbano poter crescere in base al loro talento e non in base alla loro nascita o ad altri privilegi», disse Tony Blair quindici anni dopo e dall’altro lato dell’Oceano.
Tuttavia, è pura follia dare per scontato questo elemento che è così fondamentale sia per la salute della nostra economia sia per quella della nostra politica. Basta guardare la storia dell’Occidente: non è necessario tornare molto indietro nel tempo per trovare un mondo in cui i lavori passavano di padre in figlio o erano ceduti al miglior offerente. Basta guardare il resto del mondo per trovare governi pieni di corruzione e di favoritismi.
L’idea meritocratica è intrinsecamente fragile: gli esseri umani sono biologicamente programmati per favorire i propri amici e i propri parenti rispetto agli estranei. E se abbiamo ragione di pensare che il mondo moderno, con la sua vivace economia e il suo settore pubblico privo di favoritismi, sarebbe impossibile senza l’idea meritocratica, sbaglieremmo invece se pensassimo che la meritocrazia continuerà a esistere per sempre anche se continueremo a innaffiarne le radici con il veleno.
Il mondo premoderno si fondava su presupposti che sono agli antipodi rispetto alla meritocrazia: sul lignaggio più che sui risultati raggiunti, sulla subordinazione volontaria più che sull’ambizione.
La società era governata da proprietari terrieri che erano tali per via ereditaria (e a capo dei quali c’era un monarca), che avevano raggiunto la loro posizione combattendo e depredando e che poi giustificavano il loro ruolo attraverso una combinazione di volontà di Dio e di antica tradizione.
La civiltà era concepita come una gerarchia in cui le persone occupavano le posizioni che erano state loro assegnate da Dio. L’ambizione e l’autopromozione erano temute. «Togli solo la gerarchia, stona questa corda» dice Ulisse nel “Troilo e Cressida” di Shakespeare, «e vedrai la discordia che ne segue».
Il criterio principale con cui le persone venivano giudicate non era legato alle loro capacità individuali, ma al loro rapporto con la famiglia e con la terra. Gli aristocratici britannici hanno ancora il nome dei luoghi attaccato al loro: e più alto è il rango, più grande è il posto.
I lavori non erano assegnati sulla base del merito di ciascuno ma attraverso tre grandi meccanismi: i legami familiari, il clientelismo e l’acquisto. E anche i re ereditavano la loro posizione indipendentemente dalla loro capacità di governare il Paese. Carlo II di Spagna era frutto di un tale disastro genetico che la sua testa era troppo grande per il suo corpo, la sua lingua era troppo grande per la sua bocca e quindi sbavava di continuo.
Gli aristocratici concedevano i lavori ai loro favoriti oppure li vendevano al miglior offerente, per finanziare il loro dispendioso stile di vita a corte. E non c’era una stretta relazione tra reddito e lavoro: nel 1783, una certa signora Margaret Scott riceveva un considerevole stipendio di 200 sterline all’anno come balia del Principe di Galles, che a quell’epoca aveva ventun anni. Uno dei due avvocati dello staff del Tesoro britannico non si presentò al lavoro per quarant’anni, dal 1744 al 1784, finché un ficcanaso ebbe l’ardire di lamentarsi per la sua scarsa frequentazione dell’ufficio.
L’idea meritocratica ha assaltato, in modo rivoluzionario, tutti questi presupposti, è stata la dinamite che ha fatto esplodere il vecchio mondo e ha messo a disposizione il materiale per costruirne uno nuovo. Ha cambiato il concetto di élite riformando il modo in cui la società assegna i migliori posti di lavoro. Ha trasformato l’istruzione enfatizzando il valore delle pure competenze accademiche. E ha fatto tutto questo ridefinendo la forza elementare che determina le strutture sociali. «Quando non ci sono più ricchezze ereditarie, privilegi di classe o prerogative di nascita», ha scritto Alexis de Tocqueville, «diventa chiaro che la principale fonte di disparità tra le fortune degli uomini risiede nella mente».
Ma l’idea meritocratica è stata addirittura qualcosa di più, è stata un tentativo di mitigare uno degli istinti primari del genere umano – è cioè l’istinto di favorire i propri figli rispetto a quelli degli altri – in nome del bene collettivo. «In tutto il regno animale», ha osservato la biologa Mary Maxwell, «il nepotismo è la norma per tutte le specie sociali e anzi potrei spingermi ancora più in là dicendo che il nepotismo definisce le specie sociali».
Questo aiuta a comprendere la giravolta intellettuale di Platone ne “La Repubblica”. Platone, che è stato il primo occidentale a redigere un progetto meritocratico, ha preso posizione a favore della mobilità sociale perché la gente privilegiata poteva produrre «bambini di bronzo» e la gente non privilegiata poteva produrre «bambini d’oro». Ma come si sarebbe potuto impedire che le famiglie potenti si accaparrassero le posizioni migliori e che le famiglie più modeste fossero ignorate? Platone riteneva che l’unico modo per impedirlo fosse una rivolta estrema contro la natura: sottrarre i bambini ai loro genitori naturali per allevarli in comune e proibire ai “guardiani” di possedere proprietà alcuna in modo che anteponessero il bene collettivo a quello individuale.
L’idea meritocratica è stata un presupposto delle quattro grandi rivoluzioni che hanno creato il mondo moderno. La più determinante tra queste è stata la Rivoluzione industriale che ha trasformato le basi materiali della civiltà e ha scatenato le energie dei self-made men. È tutto ciò è stato rafforzato da una successione di rivoluzioni politiche.
La Rivoluzione francese era dedita al principio della “carriera aperta a tutti i cittadini di talento”: i privilegi feudali furono aboliti; l’acquisto dei posti di lavori fu proibito; le scuole di eccellenza furono rafforzate. I soldati di fanteria che marciarono attraverso l’Europa furono tutti incoraggiati a pensare di avere nel loro zaino un bastone da maresciallo di campo. La Rivoluzione americana fu guidata da una visione di uguaglianza delle opportunità e di competizione corretta. Thomas Jefferson parlò di rimpiazzare l’«aristocrazia artificiale» data dal possesso di terra con l’«aristocrazia naturale» determinata «dalla virtù e dal talento». David Ramsey, storico e politico della South Carolina, celebrò il secondo anniversario dell’indipendenza americana sostenendo che l’America fosse una nazione unica nella storia dell’uomo perché «tutte le cariche sono aperte a ogni uomo che se le meriti, quali che siano il suo rango è la sua condizione sociale».
La Gran Bretagna è stata il palcoscenico della più sottile di queste rivoluzioni, la Rivoluzione liberale, che vide un trasferimento del potere dall’aristocrazia terriera all’aristocrazia intellettuale senza che fosse esploso un solo colpo. I rivoluzionari prima sottoposero le istituzioni esistenti, come le cariche pubbliche e le università, alla magia della competizione aperta e degli esami scritti e poi costruirono gradualmente una scala delle opportunità che poteva portare dalla scuola di paese fino alle guglie delle più ambite università. La “Old Corruption”, come un tempo era chiamato il governo, fu sostituita da quella che era forse la più onesta ed efficiente amministrazione pubblica del mondo. E Oxford e Cambridge furono trasformate da nidi di sinecure in serre in cui coltivare l’intelletto.
Una rivoluzione meritocratica conduceva poi a un’altra rivoluzione meritocratica. La “scala delle opportunità” rivelò che tra le persone comuni c’era molto più talento di quanto i rivoluzionari liberali non avessero immaginato. E l’applicazione di un’“aperta competizione” fra gli uomini fece inevitabilmente sorgere una domanda: «E le donne?». Inoltre, la contraddizione alla base del documento fondativo dell’America non avrebbe potuto rimanere tale per sempre: se gli uomini erano nati naturalmente uguali fra loro, come si sarebbero potuti tenere i neri in catene? Così, gruppi fino a quel momento emarginati approfittarono dell’idea meritocratica per chiedere una più equa possibilità di avere successo nella vita.
L’esplosione di energia che ne risultò ha portato a una società più giusta e più produttiva. Donne e minoranze hanno potuto riversarsi nell’istruzione superiore. Le donne ora costituiscono più della metà degli studenti universitari britannici e le minoranze etniche ottengono risultati migliori a scuola rispetto ai bianchi. I Paesi meritocratici hanno una crescita più veloce dei Paesi non meritocratici. Le aziende pubbliche che assumono persone in base al merito sono più produttive delle aziende familiari che lasciano spazio ai favoritismi. E le migrazioni di massa scorrono soltanto in una direzione: dai Paesi che non hanno compiuto la transizione meritocratica a quelli che invece l’hanno compiuta.
La meritocrazia è un’idea rivoluzionaria che ha prodotto un’economia più produttiva e uno Stato più efficiente: che cosa potrebbe esserci di meglio? Eppure questa idea è sotto attacco ovunque. Alcuni pensatori “antirazzisti” alla moda sostengono che la meritocrazia sia spesso un travestimento per il privilegio dei bianchi o che sia addirittura un’arma per spingere le minoranze nella miseria. I populisti di destra sostengono che sia invece l’ideologia di quell’élite globale autocompiaciuta che di recente ha fatto così grandi pasticci nella gestione del mondo. E persino le persone che gestiscono la grande macchina meritocratica hanno seri dubbi: Daniel Markovits di Yale ha recentemente scritto un libro intitolato “The Meritocracy Trap” (“La trappola meritocratica”) mentre Michael Sandel di Harvard ne ha scritto un altro intitolato “La tirannia del merito” (pubblicato in italiano da Feltrinelli, ndr).
Chi avanza delle critiche ha alcuni punti a suo favore: l’idea meritocratica corre il rischio di diventare decadente. Stiamo assistendo a un pericoloso matrimonio tra denaro e merito poiché i ricchi acquistano opportunità educative mentre i poveri devono accontentarsi di scuole qualunque: ne è testimone la trasformazione delle scuole private britanniche da istituzioni abbastanza apatiche in quelle fabbriche dell’eccellenza che sono oggi. Abbiamo chiaramente bisogno di un’altra grande spinta per reinventare l’idea meritocratica e rilanciarla per una nuova epoca. Ma quello a cui invece assistiamo è un tentativo di smantellarla.
Questa distruzione è in uno stadio particolarmente avanzato negli Stati Uniti. La sinistra produce numerosi esempi di “guerra al merito”. Il Board of Education di San Francisco ha vietato alla Lowell High School – una delle scuole del Paese che ha maggiori successi accademici – di utilizzare i test di ammissione e ha invece introdotto un sistema a sorteggio. Il commissario scolastico, Alison Collins, ha dichiarato che la meritocrazia è «razzista» ed è «l’antitesi di una competizione equa». I programmi per i più dotati e i più talentuosi vengono smantellati in tutto il Paese. Le università stanno riducendo l’importanza dei Sat, i test di ammissione standardizzati e alcune di esse si spingono al punto di rendere i test facoltativi, per enfatizzare invece la “valutazione olistica”.
È probabile che l’attuale guerra al merito sia controproducente quanto lo è stato l’attacco alle scuole selettive nella Gran Bretagna degli anni Sessanta e Settanta: i bambini della classe media troveranno molto più facile ingannare un sistema basato su temi e dichiarazioni personali rispetto a ingannarne uno basato sui risultati ottenuti attraverso esami.
Questo assalto al merito si estende oltre il cortile della scuola e penetra nelle sale riunioni. Le aziende stanno introducendo quote formali o informali in nome dell’“equità” (che sta prendendo sempre più il posto delle “pari opportunità” come misuratore della giustizia). L’allentamento degli standard meritocratici ridurrà l’efficienza economica dal momento che vediamo sempre più pioli quadrati inseriti in fori rotondi. E questo sarà anche un fenomeno che amplifica se stesso: una delle regole su cui si può fare più affidamento nella vita è il fatto che le persone di second’ordine nomineranno sempre delle persone di terz’ordine per proteggere se stesse dal rischio che qualcuno si accorga che sono di second’ordine.
È preoccupante vedere come questo spaventoso attacco ai principi meritocratici provenga tanto da destra quanto da sinistra. Donald Trump non ha solo dato posizioni di potere ai membri della sua famiglia – cosa che è forse una tradizione americana consacrata, ancorché vergognosa – ma ha anche lasciato vacanti un numero senza precedenti di posizioni dirigenziali, dal momento che ha spinto migliaia di esperti a chiedere il pensionamento anticipato.
La guerra alla meritocrazia sarebbe autodistruttiva anche se l’Occidente dominasse incontrastato. Ma questa guerra avviene invece nel momento in cui l’Occidente sta affrontando la sua più grande sfida fino a oggi: l’ascesa della Cina e del capitalismo di Stato autoritario. La Cina è stata per molti versi la pioniera della meritocrazia: per più di un millennio è stata governata da un’élite di mandarini selezionata in tutto il Paese attraverso gli esami più sofisticati del mondo.
Il sistema è morto perché non è riuscito ad adattarsi all’esplosione della conoscenza scientifica: nel 1900 le domande erano più o meno le stesse del 1600. Ma ora la Cina sta facendo rivivere il suo antico sistema meritocratico: questa volta, però, è alla ricerca di scienziati e di ingegneri più che di studiosi confuciani. Stiamo così per apprendere che l’idea meritocratica può essere altrettanto potente al servizio dell’autoritarismo statale di quanto lo è stata finora al servizio della democrazia liberale.
La guerra al merito che è attualmente in corso è quindi una doppia minaccia per il mondo moderno. Priverà l’Occidente del suo dinamismo economico e allo stesso tempo incoraggerà i gruppi di interesse a competere per le risorse sulla base di diritti collettivi e risentimenti di gruppo. E sposterà inesorabilmente l’equilibrio del potere verso un regime post-comunista in Oriente che non ha tempo per i diritti individuali e i valori liberali.
Abbiamo ancora la possibilità di impedire questo processo – è vero – ma soltanto se siamo disposti a coltivare e a riparare quell’idea meritocratica che in precedenza ha reso l’Occidente vincente.
Adrian Wooldridge è il political editor dell’Economist ed è l’autore della column Bagehot. L’articolo che pubblichiamo in queste pagine è un estratto dal suo ultimo libro: “The Aristocracy of Talent: How Meritocracy Made the Modern World” (Allen Lane- Penguin Books).
Al concorso vigili il comandante dà le domande alla sua "amica". Redazione il 16 Aprile 2022 su Il Giornale.
Al concorso per il posto a tempo indeterminato una vigilessa si era servita del legame sentimentale con il comandante dei vigili di Lodi che le aveva passato le tracce delle prove scritte e orali di due selezioni.
Confermata dalla Cassazione la sospensione dai pubblici uffici per 8 mesi della vigilessa che per il concorso per il posto a tempo indeterminato si era servita del legame sentimentale con il comandante dei vigili di Lodi - poi trasferito in Trentino e ora sospeso dal servizio - che le aveva passato le tracce delle prove scritte e orali di due selezioni, per il Comune di Cornegliano Laudense (Lodi) e per la Provincia di Lodi. Invano la difesa ha fatto presente che non c'era il rischio di recidiva e che se la misura interdittiva fosse stata convalidata, la vigilessa avrebbe perso il posto che nel frattempo aveva vinto in un altro concorso al Comune di Milano e, in questo modo, ci sarebbe stata una sorta di anticipata «sentenza di condanna».
Per i supremi giudici, invece, è da condividere quanto messo in evidenza dal Tribunale di Milano - che ha disposto la misura cautelare - rilevando il «disvalore della condotta» che è «aggravata» dal fatto di aver «propalato» anche a un'amica le tracce fornite dal comandante dei vigili di Lodi, «in un quadro programmatico che assume toni ancora più preoccupanti». L'amica, prosegue il verdetto, «collocandosi al secondo posto della graduatoria di Cornegliano, sarebbe subentrata» a lei che era «destinata a vincere il concorso della Provincia di Lodi».
La Cassazione ricorda anche «la capacità di influenzare i componenti della polizia locale suoi subordinati» dimostrata dal comandante e messa in luce dalla «reticenza mostrata dai suddetti nel riferire sulle circostanze» oggetto di inchiesta. Captate anche conversazioni tra Giulia e la madre con il rischio di recidiva in altri concorsi pilotati se fossero stati di interesse «dei loro familiari».
Concorso truccato, i candidati imbroglioni salvati dalla prescrizione. Giulio De Santis il 14 Febbraio 2022 su Il Corriere della Sera.
Le prove alterate per entrare nell’Agenzia delle Dogane nel 2013, ma dopo nove anni i reati sono decaduti. La truffa: «Le tracce nascoste in un giornale».
Ha riferito di aver ricevuto da un altro imputato «30-35 tracce d’esame tra cui le due poi estratte». E ha aggiunto che «durante il concorso era utile avere un documento dal quale copiare», nascondendolo nella Gazzetta Ufficiale. A rendere queste dichiarazioni è stato Lucio Pascale, 63 anni, accusato di tentata truffa con altri otto candidati per aver così provato a superare un concorso interno dell’Agenzia delle Dogane a un posto da dirigente nel 2013.
Dopo la prova scritta il concorso è saltato per la denuncia di un concorrente, ma l’indagine della Procura è andata avanti. Finché, ora che sono passati nove anni da allora, i giudici dell’VIII sezione penale hanno dichiarato la prescrizione dei reati sia per i candidati (oltre a Pascale, l’unico a riferire l’accaduto, Paolo Raimondi, Edoardo Mazzilli, Ernesto Carbone, Francesco Natale, Marco Falconieri, Giovanni Mosca, Saverio Marrari e Giuseppe Sabatino) sia per i due commissari accusati di aver passato le tracce, Alberto Libeccio ed Enrico Maria Puja.
Al momento per nessuno degli imputati, già impiegati prima del concorso all’Agenzia delle Dogane, risulta avviata alcuna azione disciplinare, come accertato dalla Federazione del pubblico impiego che si è costituita parte civile nel processo attraverso l’avvocato Regina Tirabassi. Il collegio, com’è sottolineato nelle motivazioni della sentenza, avrebbe dovuto dichiarare l’assoluzione degli imputati qualora fosse stata evidente, tra le altre cose, la loro estraneità all’accusa di aver tentato di copiare. Ma oltre alle parole di Pascale, a imporre la prescrizione ci sono stati altri elementi: per esempio nel caso di Mazzilli c’è stata «la significativa analogia tra il tema redatto e i testi contraffatti». Per quanto concerne Falconieri e Natale, i giudici rilevano come tra le loro prove e i testi dei documenti non autorizzati «è possibile notare la puntuale corrispondenza terminologica estesa a parole per le quali avrebbero potuto essere facilmente scelti dei sinonimi».
Ecco la parentopoli dell’Arpal Puglia dove lavorano politici e parenti alleati di Massimo Cassano. Massimiliano Scagliarini su La Gazzetta del Mezzogiorno il 12 Aprile 2022. Sul profilo Facebook di Massimo Cassano, direttore generale dell’Arpal, c’è un post del 10 marzo in cui «il coordinamento regionale di Italia Popolare ed il sen. Massimo Cassano salutano l’ingresso in Italia Popolare del quinto Municipio» di Bari. Ed è da questo post che conviene partire per raccontare cosa sta avvenendo da mesi nell’Agenzia per il lavoro della Regione Puglia.
La foto che ritrae il quartetto di appartenenti a Puglia Popolare è infatti scattata all’interno della direzione generale dell’Arpal. E tra i quattro, non citato nel post, c’è Alessandro Lapenna, avvocato, consigliere al Municipio Palese, di cui è stato candidato presidente per la Lega. Lapenna è anche cugino della moglie del senatore Cassano, e lavora in Arpal tramite una agenzia interinale.
Perché mentre tutti guardano ai concorsi organizzati dall’Arpal (oggetto di polemiche infinite) nessuno si accorge che l’agenzia, attraverso una Ati tra due enti di formazione (Epcpec e Ageform) e una società interinale (Job Italia) impiega a chiamata diretta quasi 500 persone. È il personale addetto ai centri per l’impiego con i relativi formatori. E tra loro tanti sono «amici di» o «parenti di».
Prendiamo un’altra foto, sempre del 21 marzo. Ritrae due dei tre consiglieri del Comune di Bari che quel giorno sono ufficialmente transitati nel partito di Cassano: Francesca Ferri (eletta in una civica di centrodestra), Giuseppe Di Giorgio (eletto con Sud Al Centro, che fa capo al marito dell’assessore regionale Anita Maurodinoia) e Giuseppe Neviera (eletto nella lista dell’ex assessore regionale Alfonso Pisicchio). Di Giorgio ha due figli, entrambi assunti tramite Ecpep: Annamaria, assegnata alla direzione generale Arpal, e Pasquale (detto Livio), «collaboratore mirato», quest’ultimo peraltro collega di lavoro di Alessandro D’Ambrogio, cugino del direttore generale anche lui preso tramite Ecpep. Neviera ha una figlia, si chiama Gaia: è stata assegnata al Centro per l’impiego di Rutigliano.
Già senza addentrarsi troppo, chi conosce le cose della politica ha ben chiaro un punto: in Arpal hanno trovato spazio i quadri dirigenti della formazione politica fondata dal direttore generale dell’agenzia. Puglia Popolare a Bari ha un coordinatore provinciale, Simona Vitucci, che è anche consigliere comunale a Modugno. L’avvocato Vitucci (che nel frattempo ha presentato le dimissioni da coordinatore provinciale della lista) risulta assunta, tramite Ecpep, nella direzione generale dell’Arpal. Cassano ha poi uno storico riferimento politico a Terlizzi, il vicesindaco Francesco Tesoro detto Franco: la figlia, Mariangela, è stata assegnata al Centro per l’impiego di Bitonto. A Triggiano il riferimento politico di Cassano si chiama Mauro Battista, consigliere comunale già candidato alle elezioni regionali: anche lui lavora nella direzione generale dell’Arpal, fianco a fianco con il direttore.
Torniamo al Comune di Bari che è - per ovvi motivi - il cuore dell’attività politica sul territorio. Nella segreteria cittadina di Puglia Popolare c’è l’ex consigliere comunale Mimmo Sciacovelli. Il figlio si chiama Michele, consigliere del Primo Municipio, che è stato assunto al Centro per l’impiego di Barletta. Un altro ex consigliere è Francesco De Carne, ora nella segreteria cittadina di Puglia Popolare: il figlio Gaetano ha avuto un contratto interinale nella sede di Molfetta. Tra gli interinali (che politicamente valgono meno, perché i contratti sono a scadenza e quasi certamente non verranno rinnovati) ci sono diversi altri rappresentanti cittadini di Puglia Popolare della provincia di Bari (Mola, Santeramo), ma non solo: assunzioni interinali sono state fatte in tutte le province. Ad esempio a Lecce dove, ad esempio, ci sono quattro residenti dell’area di Copertino, il feudo elettorale dell’assessore al Lavoro, Sebastiano Leo, che oltre ad essere l’alleato di Cassano alle Regionali è anche l’assessore da cui dipende l’agenzia Arpal. Lui, però, smentisce ogni collegamento e del resto nulla autorizza a fare illazioni sulla paternità delle assunzioni: «Copertino è un paese piccolo - dice - ma di quello che accade in Arpal non so assolutamente niente. I somministrati termineranno tra un mese perché ormai non ci sono più risorse».
In queste assunzioni formalmente non c’è alcuna irregolarità, anche perché non sono assunzioni dirette in Arpal e gli enti di formazione hanno assoluta autonomia. E alcune delle persone di cui abbiamo parlato hanno partecipato ai concorsi pubblici e non sono risultate idonee. Certo, attraverso l’accordo con Epcpep-Ageform è stata allargata la platea dei formatori storici, passata da 77 a 120 dipendenti: quelli della vecchia guardia aspirano alla pensione, i nuovi invece puntano all’assunzione in Arpal. Che non potrà prescindere da un nuovo concorso pubblico, quello per «orientatori», bandito con le procedure semplificate (prova unica) e soprattutto con la valutazione dei titoli: e chi ha lavorato in un centro dell’impiego ottiene punti in più. L’affidamento a JobItalia della fornitura del personale somministrato è avvenuta (almeno in parte) senza gara d’appalto. Il «sales manager» di JobItalia è Paola Scrimieri, sorella di Pietro Scrimieri, direttore delle risorse umane di Acquedotto Pugliese, manager molto stimato anche da Cassano che presta la sua opera come presidente di alcune commissioni di concorso dell’Arpal (oggi, 12 aprile, ha comunicato la rinuncia agli incarichi). Entro aprile nell’agenzia prenderanno servizio oltre 1.000 vincitori di concorso tra tempi determinati e indeterminati. Ma i concorsi Arpal (così come alcuni appalti) meritano un’altra puntata di questa interessante storia.
CONSIGLIERI DI MAGGIORANZA: FAR CADERE DG ARPAL
Dopo l’inchiesta pubblicata stamattina dalla “Gazzetta” il centrosinistra chiede di cacciare il direttore generale dell’Arpal, Massimo Cassano. E lo fa nel modo più violento possibile. Depositando una proposta di legge (primo firmatario Antonio Tutolo, poi Fabiano Amati, Michele Mazzarano e Ruggiero Mennea del Pd) con cui chiede la decadenza del dg e la nomina di un amministratore unico alla guida dell’agenzia regionale. La proposta di legge vuole evitare che Cassano possa rimanere alla guida dell’Arpal: impone che l’amministratore unico abbia un "titolo culturale" più aderente alla competenza in diritto del lavoro (laurea in giurisprudenza o economia) e l’esperienza per oltre cinque anni come dirigente nella pubblica amministrazione ("che peraltro è il criterio minimo d’esperienza per la partecipazione ai concorsi pubblici afferenti la dirigenza”, dicono i firmatari), o all’incarico di professore universitario di ruolo nelle materie giuridiche o l’iscrizione da almeno dieci anni nell’elenco degli avvocati cassazionisti.
Bufera parentopoli Arpal Puglia, ai politici pure incarichi legali. Spunta una consulenza al consigliere barlettano Bufo: la figlia presa come interinale. Massimiliano Scagliarini su La Gazzetta del Mezzogiorno il 20 Aprile 2022.
La prima coincidenza è stata già raccontata negli scorsi giorni. Teresa Rita Bufo, figlia del consigliere comunale barlettano Giuseppe Bufo, è una delle 230 persone che hanno superato la selezione interinale indetta dall’agenzia per il lavoro pugliese Arpal. La seconda coincidenza riguarda il padre, uno degli esponenti politici che hanno aderito alla lista Puglia Popolare del direttore generale dell’Arpal, Massimo Cassano. Anche il padre, come la figlia, ha ottenuto un incarico dall’Arpal.
Coincidenze. O, per dirla con il presidente della Regione, Michele Emiliano (che giorni fa ha minimizzato il caso delle parentele rinvenute nelle liste del personale Arpal), «ricorrenze». Fatto sta che il 22 febbraio scorso l’avvocato Giuseppe Bufo ha ottenuto dal direttore generale Cassano l’incarico per assumere il patrocinio legale dell’Agenzia davanti alla sezione Lavoro del Tribunale di Trani, in un procedimento (udienza prevista il 13 giugno) di accertamento tecnico preventivo attivato da un dipendente, procedimento in cui è parte anche la stessa Regione.
Dal punto di vista tecnico si tratta di una consulenza professionale da circa 1.016 euro, in sé assolutamente legittima. Resta, appunto, la doppia coincidenza. Giuseppe Bufo è passato con Puglia Popolare il 7 agosto 2021, quando ha esordito nel nuovo ruolo politico con la richiesta di azzeramento della giunta. Tre mesi dopo, il 13 ottobre 2021, il sindaco di Barletta, Mino Cannito, è stato sfiduciato con il voto decisivo dell’avvocato 58enne eletto nel 2018 con la coalizione di maggioranza. Il 9 novembre 2021 l’agenzia interinale JobItalia pubblica il bando per la ricerca del personale da impiegare in Arpal (un bando che doveva rimanere aperto 4 giorni ma che poi è stato prorogato dopo la pubblicazione di un articolo su «Repubblica»): tra i vincitori c’è appunto Teresita Bufo, 25 anni, laureata, assunta con contratto di somministrazione di categoria D, che è stata destinata al Centro per l’impiego di Corato e che ora potrà partecipare a un concorso propedeutico alla stabilizzazione. L’8 febbraio l’Arpal chiede all’avvocato Bufo un preventivo «per affidamento di incarico di rappresentanza e difesa in giudizio» dell’agenzia davanti al Tribunale di Trani. L’incarico si perfeziona quattro giorni dopo, giusto in tempo per il deposito della memoria in Tribunale.
Il caso della Parentopoli, con l’assunzione in Arpal (tramite agenzia interinale, o nelle liste dei «formatori» dell’ente di formazione Epcpec) di consiglieri comunali, circoscrizionali (o loro parenti) che hanno aderito alla lista di Cassano, è stato sollevato la scorsa settimana dalla «Gazzetta». L’elenco delle coincidenze è lungo. A partire dal Comune di Bari, dove Puglia Popolare ha costituito il gruppo politico a Bari: all’Arpal sono entrati come formatori i due figli del consigliere Giuseppe Di Giorgio (Annamaria, in direzione generale, e Pasquale detto Livio, «collaboratore mirato») e la figlia del consigliere Giuseppe Neviera, Gaia (al Centro per l’impiego di Rutigliano). Al 5° Municipio la lista di Cassano può contare sul consigliere Alessandro Lapenna (cugino della moglie del dg), che ha avuto un contratto interinale così come il consigliere Michele Piscopo. Anche la (ex) segretaria provinciale barese di Puglia Popolare, Simona Vitucci, che è anche consigliere comunale a Modugno, ha un avuto un contratto da formatore con Epcpep, così come Mauro Battista, consigliere comunale di Triggiano, e Mariangela Tesoro, figlia del vicesindaco di Terlizzi, Franco. Tutti esponenti politici che hanno aderito alla lista di Cassano. Situazioni simili ci sono anche in altri Comuni dove si voterà a giugno, e dove Puglia Popolare presenterà le liste. Anche per questo, quattro consiglieri regionali di maggioranza (Tutolo, Amati, Mazzarano, Mennea) hanno presentato una proposta di legge per far decadere Cassano. Emiliano, a prescindere dalle «ricorrenze», ha aperto alla possibilità che l’Arpal possa essere affidata a un consiglio di amministrazione.
I NODI DELLA POLITICA. Arpal, quelle assunzioni dopo i cambi di casacca. Oltre a Bari anche Barletta: piazzata pure la figlia di Bufo (passato con Cassano) che ha sfiduciato il sindaco Cannito. Massimiliano Scagliarini su La Gazzetta del Mezzogiorno il 13 Aprile 2022.
Il 13 ottobre 2021 il sindaco di Barletta, Mino Cannito, è stato defenestrato con una mozione di sfiducia. A risultare decisivo è stato il voto di Giuseppe Bufo, consigliere all’epoca appena transitato dalla maggioranza in Puglia Popolare, la formazione politica del direttore generale dell’Arpal, Massimo Cassano. Anche la figlia di Bufo, Teresita, come i figli dei due consiglieri comunali baresi che a marzo hanno scelto di passare con Cassano, ha ricevuto un contratto interinale all’Arpal.
Nulla autorizza a ipotizzare nessi di causa ed effetto, e tantomeno accordi illeciti. Ma dall’esame delle liste delle persone che - tramite due enti di formazione, o attraverso una agenzia interinale - stanno lavorando in Arpal, emerge forte la coincidenza già evidenziata ieri: tanti esponenti politici (o loro parenti) che aderiscono alla formazione politica di Cassano hanno trovato posto nell’agenzia per il lavoro.
Della giovane Teresita Bufo si ricorda, a dicembre 2019, l’assunzione nella Barsa, la municipalizzata di Barletta, con la mansione di netturbino. I social restituiscono tante foto della 25enne barlettana ai concorsi di bellezza, mentre le cronache locali raccontano che a luglio 2020 la Barsa ne ha disposto il licenziamento per giusta causa: avrebbe abusato dei permessi ex legge 104. Poco dopo, tramite una società interinale, la dottoressa Bufo è entrata in Arpal, assegnata al centro per l’impiego di Corato. Il padre, nel frattempo ricandidato al consiglio comunale di Barletta, nei giorni scorsi ha annunciato che Puglia Popolare sosterrà il candidato sindaco del Pd. Nel frattempo, in parallelo al licenziamento dalla Barsa, Teresita Bufo è stata rinviata a giudizio per truffa aggravata ai danni dell'Inps: il processo davanti al Tribunale di Trani partirà il 17 maggio.
Anche a Bari, a marzo, Puglia Popolare ha costituito il suo gruppo. Ne fanno parte la capogruppo Francesca Ferri (eletta in una civica di centrodestra), Giuseppe Di Giorgio e Giuseppe Neviera. All’Arpal sono entrati come formatori i due figli di Di Giorgio (Annamaria, in direzione generale, e Pasquale detto Livio, «collaboratore mirato») e la figlia di Neviera, Gaia (al Centro per l’impiego di Rutigliano). Ma a Bari è ancora più particolare quanto avvenuto nel 5° Municipio, dove - anche grazie alla campagna acquisti di Cassano - il centrosinistra non ha più opposizione. Con Puglia Popolare sono passati la grillina Teresa Valerio e i meloniani Michele Piscopo e Alessandro Lapenna: l’accordo è stato suggellato con una foto nella sede dell’Arpal. Di Lapenna, candidato presidente per il centrodestra e cugino della moglie di Cassano, abbiamo detto ieri: contratto interinale. Stessa cosa è avvenuta per Piscopo: anche per lui contratto interinale, sempre a Bari. Entrambi, a febbraio, sono stati espulsi da Fratelli d’Italia.
Il direttore Cassano si è difeso dicendo che Epcpec è un «ente privato» e assume chi vuole, mentre la società interinale ha fatto regolari selezioni di cui il direttore generale non si è interessato. Ma Cassano ha detto che non poteva impedire ad esempio a suo cugino, Alessandro D’Ambrogio, di presentare il curriculum.
Ieri i formatori assunti da Epcpep-Ageform per prestare servizio in Arpal erano riuniti in assemblea. L’agenzia ha comunicato loro che il contratto di appalto (6 milioni l’anno) scadrà il 22 maggio e non verrà rinnovato. Dovrà essere la Regione adesso a occuparsi del futuro dei 140 formatori, che hanno la clausola sociale: l’argomento finirà sul tavolo della task force per l’occupazione. I formatori storici temono - con qualche ragione, visto ciò che è emerso - che l’inserimento nei ranghi di persone collegate alla politica induca la Regione a non rifinanziarne l’attività, con il rischio di rimanere senza lavoro. I 236 interinali, invece, termineranno il servizio alla fine della prossima settimana, senza possibilità di rinnovi: sono stati scelti attraverso una selezione lampo, pubblicata l’11 novembre e chiusa due giorni dopo: il requisito principale per partecipare era proprio sapere della selezione...
Arpal Puglia nel caos Parentopoli: spunta bando su misura per assumere parenti. Ma Tutolo attacca: «I politici assunti? Uno schiaffo ai disoccupati pugliesi». Massimiliano Scagliarini su La Gazzetta del Mezzogiorno il 14 Aprile 2022.
Michele Emiliano difende l’operato del direttore generale Massimo Cassano ma allo stesso tempo apre alla possibilità di affidare l’Arpal a un consiglio di amministrazione. La risposta del presidente della Regione sul tema della parentopoli nell’agenzia per il lavoro viene letta come un tentativo di mediare con il Pd, che ha depositato una proposta di legge per la decadenza di Cassano e che - non a caso - ha rinviato ogni decisione sul punto a martedì prossimo.
Emiliano ha preferito parlare di concorsi, che sono una questione diversa: «Come sempre in questi casi - ha detto Emiliano - ci sono delle ricorrenze, io me le ricordo per tutte le agenzie della Regione Puglia, me le ricordo in ogni situazione, noi stiamo cercando di fare in modo che ci sia la trasparenza e la regolarità più assoluta. Dopodiché non so se ci sono parentele, amicizie, connessioni di partito all’interno di questi concorsi. Credo che la cosa più importante sia rispettare il principio dei concorsi, in ogni caso ho visto anche che molti dei soggetti che avevano avuto contratti interinali non hanno superato il concorso pubblico, quindi questo mi dice che la legge funziona». Emiliano ha poi detto di non avere «cognizione» della proposta di legge firmata dal civico Antonio Tutolo e dai dem Fabiano Amati, Michele Mazzarano e Ruggiero Mennea. «C’è una discussione aperta - ha aggiunto Emiliano - sulla possibilità di costituire un consiglio di amministrazione dell’Arpal e poi di individuare un amministratore delegato o un direttore generale all’interno del consiglio. Nella fase fondativa abbiamo adottato per l’Arpal le regole che sono proprie anche di altre agenzie, non c’è nulla di male se si ritiene di inserire anche un consiglio di amministrazione nell’Arpal e se questo tranquillizzerà tutti quelli che si sentono inquietati dal fatto che obiettivamente abbiamo assunto tantissime persone». Infine, sulle assunzioni, un messaggio che va interpretato: «Anche in sanità stiamo assumendo migliaia e migliaia di persone. Anche lì non escludo che ci siano parenti di sindacalisti, di politici. Può essere, anche perché non esiste la regola che la parentela impedisca la partecipazione a un concorso pubblico».
Le decisioni sono rinviate a dopo Pasqua. Ma se si dovesse trovare l’accordo sull’istituzione di un cda, la difesa formale dell’operato di Cassano fatta da Emiliano non ne potrebbe impedire l’avvicendamento o la «sterilizzazione». Perché il malcontento del Pd sulla gestione dell’Arpal fa il paio con i mal di pancia più o meno espliciti del centrodestra. E con il voto segreto tutto può accadere.
«Non mi innamoro delle mie proposte - è il commento del consigliere Tutolo, primo firmatario della legge per la decadenza di Cassano -, ma quello che è accaduto in Arpal è offensivo per le decine di migliaia di disoccupati della Puglia. Se si vuole immaginare un nuovo modello di governance per l’agenzia, possiamo discuterne. Ciò che non è derogabile sono le competenze, perché chi guida l’Arpal non può essere un politico». Tutolo insiste sulla Parentopoli: «Quello che è accaduto - dice - è davvero brutto: una enorme schifezza. Cosa pensano di noi i disoccupati? Mi vergogno e chiedo scusa io ai pugliesi per quello che sta accadendo. L’Arpal doveva occuparsi di gestire gli uffici di collocamento ma è diventata l’ufficio di collocamento dei figli dei consiglieri comunali. I casi sono documentati. E non so come faccia Emiliano a definirli “ricorrenze”».
I formatori presi in Arpal attraverso l’ente Ecpep termineranno il servizio il 22 maggio, mentre per gli interinali la scadenza dei contratti è la prossima settimana. È tra questi circa 500 lavoratori che si concentra il maggior numero di politici e loro parenti, e forse anche per questo l’orientamento della Regione è di non concedere ulteriori proroghe. Ma sembrerebbe che l’Arpal abbia già aperto una porta secondaria per sistemarne alcuni. Il 3 marzo è stato infatti pubblicato un bando per assumere a tempo indeterminato 6 «orientatori specialisti», funzionari che (è scritto proprio nel bando) sono equivalenti allo «specialista in mercato e servizi per il lavoro». Per questo ultima figura, giusto cinque giorni dopo il nuovo bando, l’Arpal ha pubblicato la graduatoria del concorso bandito ad agosto 2020: contiene 178 vincitori e 90 idonei. Vista l’equivalenza tra le due figure, sarebbe stato più logico (e più economico) far scorrere la graduatoria già vigente e assumere come «orientatori» i primi sei idonei del concorso per «specialisti»: l’Arpal si è accorta di avere bisogno degli «orientatori» proprio cinque giorni prima che uscisse la graduatoria degli «specialisti», ed evidentemente nessuno si è reso conto che sarebbe bastato aspettare. Ma a guardare bene, tra i due bandi c’è una differenza non secondaria. Quello per gli orientatori, infatti, assegna fino a 30 punti ai titoli. E di questi, 15 punti sono riservati all’esperienza lavorativa. Ogni trimestre trascorso come formato- re in Arpal vale un punto. Se dunque gli interinali dovranno accontentarsi di uno o due punti, i formatori ex Epcpep ne avranno otto (quelli storici anche 15). E otto punti, in un concorso pubblico, sono un bel vantaggio.
IL BANDO. Arpal Puglia, a Bari c'è un altro concorso per aiutare i «politici». In palio 31 posti a tempo determinato, previsti punti in più per chi ha lavorato come interinale o formatore. Massimiliano Scagliarini su La Gazzetta del Mezzogiorno il 15 Aprile 2022.
C’è un bando dell’Arpal Puglia, appena scaduto, che mostra plasticamente il possibile percorso disegnato per consentire ai lavoratori interinali e ai formatori (i cui contratti sono in scadenza) di avere un posto stabile all’interno dell’agenzia per il lavoro. Si tratta, come è facile verificare, di una procedura assolutamente legittima, che consente a chi è stato selezionato con modalità discrezionali di avere una chance in più degli altri partecipanti ai concorsi pubblici.
Negli scorsi giorni è infatti scaduto il termine per partecipare al concorso per 31 posti di funzionari e impiegati a tempo determinato. Si tratta di uno di quei concorsi «semplificati» (previsti dalle nuove normative) in cui la selezione avviene per titoli e colloquio. Sui 70 punti complessivi per i titoli, quelli riservati ai «titoli di carriera» sono 40. E - proprio come per l’altro concorso di cui la «Gazzetta» ha parlato ieri - anche in questo caso c’è un consistente premio: 2 punti per ogni bimestre, pari a 12 punti l’anno, per chi ha già lavorato in Arpal «con contratti di lavoro flessibile (a tempo determinato, di formazione e lavoro, di somministrazione, di collaborazione)», 3 punti l’anno per chi ha fatto il formatore nelle società di formazione professionale.
Negli scorsi giorni la «Gazzetta» ha mostrato la presenza, negli elenchi di interinali e formatori, di consiglieri comunali e municipali (e relativi parenti) che aderiscono a Puglia Popolare, la formazione politica del direttore generale di Arpal, Massimo Cassano. Situazioni che il presidente della Regione ha definito «ricorrenze» (coincidenze), pur mostrandosi disponibile ad affidare l’agenzia a un consiglio di amministrazione che «sterilizzi» il ruolo di Cassano. Interinali e formatori possono legittimamente partecipare ai bandi dell’Arpal, come quello per i 31 posti, e infatti lo hanno fatto (le liste degli ammessi sono pubblicate su Internet). Tra i concorrenti (ripetiamo: legittimamente) ammessi al concorso ci sono ad esempio Teresa Rita Bufi, figlia del consigliere comunale di Barletta che ha aderito alla lista di Cassano e ha poi fatto cadere il sindaco Cannito, o anche Simona Vitucci, consigliere comunale di Modugno e segretaria provinciale (ex, secondo Cassano) di Puglia Popolare, o anche Cosimo Boccasile, consigliere del 1° Municipio di Bari, altro fedelissimo di Cassano.
Il concorso avrà il suo iter, senza ombra di dubbio regolare, con la commissione che sarà individuata dopo la girandola di rinunce degli ultimi giorni. Sono in palio contratti di 18 mesi. Ma mentre interinali e formatori stanno per tornare a casa, chi entrerà a tempo determinato grazie a questo concorso potrà poi essere prorogato e (dopo 36 mesi) anche stabilizzato. E chissà se quei punti in graduatoria conquistati grazie ai titoli di carriera faranno la differenza nella conquista dell’agognato posto di lavoro.
· Concorsopoli Vigili del Fuoco e Polizia.
Foggia, tangenti fino a 40mila euro per superare concorso in Aeronautica: perquisizioni. Due i sottoufficiali - secondo le indagini - che avrebbero fatto da intermediari per il superamento del concorso. L'indagine sarebbe partita dopo la denuncia di una persona che avrebbe pagato affinché il figlio lo superasse. Redazione online su La Gazzetta del Mezzogiorno il 18 Novembre 2022.
La Procura di Foggia ha disposto una mezza dozzina di perquisizioni in abitazioni private e uffici nell’ambito di un’indagine a carico di 15 persone - privati e personale in servizio all’aeroporto militare di Amendola (Foggia) - accusate di corruzione. L’inchiesta è partita nel maggio 2021, anche con intercettazioni, ed avrebbe accertato che alcuni genitori avrebbero pagato per far superare il concorso ai propri figli come volontari in ferma provvisoria della durata di uno o quattro anni. Secondo l’ipotesi accusatoria, le somme pagate a sottoufficiali dell’Aeronautica militare andavano da alcune centinaia di euro fino a 30-40mila euro. Due i sottoufficiali - secondo le indagini - che avrebbero fatto da intermediari per il superamento del concorso. L'indagine sarebbe partita dopo la denuncia di una persona che avrebbe pagato affinché il figlio superasse il concorso.
La nota dell'Aeronautica: fiducia nei magistrati
In merito alle notizie emerse nelle ultime ore circa le perquisizioni disposte dalla Procura di Foggia nei confronti di privati e personale in servizio all'aeroporto militare di Amendola (Foggia) accusati di corruzione, l'Aeronautica Militare. «Non entrando nel merito dello specifico ambito di indagine della polizia giudiziaria sui fatti rappresentati, esprime piena fiducia nella Magistratura e massima collaborazione agli organi inquirenti, per fare piena luce sulle eventuali responsabilità individuali di appartenenti all'Istituzione, in fatti che contrastano con l'impegno quotidiano dell' Aeronautica Militare al servizio del Paese a difesa del merito, della legalità e della sicurezza collettiva».
Concorsi truccati per assunzioni nelle Forze dell’Ordine, 70 indagati. 70 persone, molte delle quali appartenenti a Polizia, Guardia di finanza, Polizia penitenziaria e Vigili del fuoco, sono indagate nell'inchiesta avviata dalla Procura dell'Aquila sui concorsi truccati per le assunzioni nelle forze dell'ordine. Redazione il 04 Aprile 2022 su ilcapoluogo.it.
Concorsi truccati per le assunzioni nelle forze dell’ordine: 70 indagati.
Settanta persone, molte delle quali appartenenti alle forze di polizia, (Polizia di Stato, Guardia di finanza, Polizia penitenziaria e Vigili del fuoco) sono indagate nell’inchiesta avviata dalla Procura dell’Aquila sui concorsi truccati per essere assunti come poliziotti, finanzieri, agenti penitenziari e vigili del fuoco.
Dalle indagini condotte dal Nucleo di Polizia economico-finanziaria della Guardia di finanza dell’Aquila, guidate dal colonnello Aurelio Soldano, già comandante delle compagnie di Ascoli Piceno e di Sulmona e coordinate dal pubblico ministero Stefano Gallo, due sodalizi criminali – il primo di stanza nel napoletano e l’altro nel casertano – falsificavano documenti e si sostituivano ai candidati reali per sostenere le prove concorsuali, in cambio della somma di 10 mila euro per ogni candidato.
Tale condotta illecita ha consentito l’assunzione di diversi candidati che hanno preso servizio in diverse forze dell’Ordine: Polizia di Stato, Guardia di Finanza, Polizia Penitenziaria e Vigili del fuoco.
Tra gli indagati ci sarebbero anche graduati delle varie forze di polizia e dei vigili del fuoco. Le indagini, che si sono allargate in tutto il territorio italiano, sono partite dall’attività investigativa dei finanzieri aquilani e vanno avanti con probabili ulteriori sviluppi.
Gli anni presi in considerazione vanno dal 2018 fino agli ultimi concorsi del 2021. Le ipotesi contestate a vario titolo ai 70 indagati sono falso, truffa e sostituzione di persone.
"Obeso". Ma per i giudici può arruolarsi come carabiniere. Ignazio Riccio il 23 Aprile 2022 su Il Giornale.
Il Tar ha annullato il giudizio di inidoneità del 19enne che sogna di entrare nell’Arma. Adesso potrà indossare la divisa.
Alla fine, dopo due anni e mezzo di battaglie legali, è riuscito a convincere i giudici: non c’era alcun impedimento valido che giustificasse l’estromissione dal concorso per diventare carabiniere di un giovane siciliano, scartato perché giudicato obeso. Il Tribunale amministrativo regionale del Lazio ha annullato il giudizio di inidoneità del 19enne che sogna di entrare nell’Arma. I suoi legali avevano inoltrato un ricorso giurisdizionale contro il ministero della Difesa e il comando generale dei carabinieri per impugnare il provvedimento dell'8 novembre 2019 con cui il giovane era stato escluso dal concorso per l'arruolamento, in quanto ritenuto in sovrappeso.
Gli avvocati del ragazzo sono riusciti a produrre le certificazioni sanitarie necessarie per attestare la piena sussistenza dei requisiti per l'arruolamento del loro assistito. A quel punto, il Tar ha potuto disporre una verifica, in contraddittorio tra le parti, incaricando la direzione centrale di sanità del ministero dell'Interno. Al termine del controllo, in particolare dopo il test bio-impedenziometrico, ovvero il metodo di misura della composizione corporea in vivo, soprattutto della massa muscolare e della massa grassa, la commissione sanitaria ha attribuito al giovane candidato un profilo sanitario perfettamente compatibile con l'iter concorsuale.
I giudici del Tribunale amministrativo regionale hanno accettato l'istanza cautelare, disponendo l'ammissione, con riserva, alle ulteriori fasi concorsuali e ponendo a carico dell'Arma il pagamento delle spese di verificazione. Nel frattempo era stata pubblicata anche la graduatoria di merito, elenco impugnato per "illegittimità derivata". Il 19enne ha potuto effettuare ulteriori accertamenti ed è stato giudicato idoneo. Quindi il Tar del Lazio ha recepito il ricorso ritenendo fondate le censure evidenziate dai legali e in linea con l'orientamento giurisprudenziale secondo cui "le valutazioni effettuate in sede di accertamento dei requisiti psico-fisici - seppure costituiscano tipica manifestazione di discrezionalità tecnica amministrativa - non sfuggono al sindacato giurisdizionale, laddove siano in esse ravvisabili ipotesi di eccesso di potere per travisamento dei fatti ed illogicità".
Concorsopoli: raccomandazioni per vigile del fuoco e polizia. Mazzetta fino a 5mila euro. 14 misure cautelari. Sebastiano Adduso il 29 Marzo 2022 su sicilia.vivicentro.it.
Concorsopoli: raccomandazioni e mazzetta nei concorsi pubblici.
ALCAMO TP) “SPONSORIZZAZIONI” PER I CONCORSI IN POLIZIA E VIGILI DEL FUOCO. MISURE CAUTELARI PER 14 PERSONE
I Carabinieri della Compagnia di Alcamo (TP) hanno dato esecuzione ad un’ordinanza applicativa di misure cautelari emessa dal Giudice per le Indagini Preliminari presso il Tribunale di Trapani su richiesta della locale Procura della Repubblica nei confronti di 14 persone (1 in carcere, 3 ai domiciliari e 10 sottoposti all’obbligo di dimora) per cui si è ritenuto sussistano gravi indizi di colpevolezza, a vario titolo, per i reati di corruzione per atti contrari ai doveri d’ufficio, traffico di influenze illecite e abuso d’ufficio.
LE INDAGINI
L’indagine, avviata dai Carabinieri nel giugno 2020, prende le mosse da pregresse risultanze investigative acquisite dalla Sezione Forestale presso la Procura di Trapani su presunti episodi corruttivi per il superamento delle prove d’esame (svolte tra il 2017 e il 2018) di alcuni concorsi pubblici.
Secondo la ricostruzione degli inquirenti, Pipitone Giuseppe direttore ginnico sportivo e vice dirigente del Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco, sfruttando sia le proprie conoscenze all’interno delle amministrazione pubbliche che il fatto di essere stato nominato in una delle sottocommissioni d’esame per le prove psico-motorie, si sarebbe impegnato a “sponsorizzare” alcuni candidati nelle diverse prove concorsuali, nonché a preparare fisicamente gli stessi, a fronte della promessa e successiva dazione di denaro (fino a € 3.500 a candidato per un posto nei vigili del fuoco e € 5000 nella polizia).
In sintesi, secondo l’ipotesi accusatoria, il Pipitone (destinatario della misura restrittiva in carcere) avrebbe celato dietro un’apparente scuola di preparazione per concorsi, un vero e proprio meccanismo illecito di collocamento nella pubblica amministrazione avvalendosi dei propri contatti con soggetti che rivestivano ruoli essenziali nelle procedure concorsuali in vari corpi dello Stato, in primis quello di appartenenza.
Tra i soggetti che, a vario titolo, avrebbero contribuito a falsare i concorsi, risultano complessivamente 10 dipendenti di diversi Corpi dello Stato, tra cui un Ispettore dei Vigili del Fuoco (poi sospeso dal servizio per altro procedimento analogo iscritto presso la Procura di Benevento), due poliziotti (quest’ultimi rispettivamente sottoposti alle misure cautelari degli arresti domiciliari e dell’obbligo di dimora dai colleghi della Squadra Mobile della Questura di Trapani) e gli stessi presunti corruttori, risultati vincitori di concorso grazie alle ipotizzate “sponsorizzazioni”.
Le indagini dei Carabinieri proseguono al fine di raccogliere ulteriori riscontri investigativi.
Adduso Sebastiano
· Concorso truccato nella sanità.
Alla Asl Bat mancano medici: assunti figlio e fidanzata del direttore sanitario. «Non si trova personale, non ho danneggiato nessuno» ha dichiarato Scelzi. Intanto un avviso pubblico è stato lanciato lo stesso giorno della laurea del giovane professionista 25enne di Barletta. Massimiliano Scagliarini su La Gazzetta del Mezzogiorno il 04 Ottobre 2022.
Un padre che prende carta e penna per scrivere una lettera al figlio è ormai qualcosa di desueto. Ma cosa accade se il padre è il direttore sanitario di una Asl, e il figlio è un medico neoassunto attraverso un avviso pubblico «estivo»? In Puglia, dove si fa solo finta di controllare ciò che avviene nelle Asl, è considerato assolutamente normale. C’è una disposizione di servizio con cui il direttore sanitario della Asl Bat, Alessandro Scelzi, scrive al dottor Luca Scelzi, per informarlo che dal 1° agosto dovrà prendere servizio al Pronto soccorso dell’ospedale di Barletta, uno dei tanti reparti a corto di medici. Talmente a corto che insieme a Luca è stata assunta anche la fidanzata, pure lei neoassunta. Tutto perfettamente legittimo.
Nello scorso marzo il direttore generale Tiziana Dimatteo ha lanciato un avviso pubblico per cercare 10 professionisti disponibili a coprire, fino al 31 dicembre, i posti vacanti...
Quarta Repubblica, la denuncia dell'ex direttrice della Asl di Frosinone: "Primari nominati senza concorso". Il Tempo il 13 settembre 2022
Nicola Porro svela un’altra parte dell’inchiesta di “Quarta Repubblica” sul sistema di potere costruito dal Pd nel territorio di Frosinone nell’ambito della sanità. Un altro scandalo che ha colpito il Partito democratico dopo il caso di Albino Ruberti - l'ex capo di gabinetto del sindaco di Roma Roberto Gualtieri dimessosi dopo il video-scandalo - che ha portato anche alla rinuncia della candidatura di Francesco De Angelis, ex europarlamentare Pd, alle prossime elezioni del 25 settembre.
In un’intervista a Quarta Repubblica Isabella Mastrobuono, ex direttrice generale della Asl di Frosinone dal 2014 al 2015, denuncia di essere stata sollevata dall’incarico ingiustamente “perché non rispondeva a scopi diversi dall'assistenza ai cittadini ma erano scopi della politica locale”. Ma durante l’intervista la Mastrobuono rivela come venivano nominati i primari della Asl. “Quando sono arrivata in molte unità operative i direttori non erano stati nominati con concorso” spiega Mastrobuono. Una circostanza prevista dalla legge solo per un periodo di sei mesi, rinnovabili di altri 6 attraverso l’istituzione di un direttore facente funzione, cioè primari provvisori nominati senza concorso e selezionati all’interno della Asl.
“Sarebbe previsto dalla legge per un periodo massimo di 12 mesi ma invece ci sono casi di persone rimaste in quei posti per 7 o 10 anni” rivela Giuseppe Tomasso l’avvocato del sindacato Fials. L’ex direttrice fa chiarezza su uno dei motivi chiave del suo allontanamento. “Io con l’atto aziendale ho provato a rimettere tutto in discussione. Grazie a quell’atto si rifanno tutti i concorsi per i primariati, si stabilisce il fabbisogno di personale, vengono riorganizzati i servizi. Si tratta di un atto scomodo perché avrebbe messo in discussione persone nominate” dice Mastrobuono incalzata dalla giornalista. Dopo di lei, nel 2016 il presidente della Regione Lazio Nicola Zingaretti nomina Luigi Macchitella nuovo commissario straordinario della Asl di Frosinone dove è rimasto fino al 2019. Alcuni dei concorsi di quel periodo sono finiti al centro di esposti alla Procura.
“Sono stati fatti concorsi dove sono stati sollevati dubbi sui sorteggi dei componenti delle commissioni. Nel senso che avevano sempre un punto di contatto con Macchitella” spiega l’avvocato Tomasso. L’ex commissario Macchitella, raggiunto al telefono da Quarta Repubblica, dice di non aver effettuato nessun controllo sui componenti delle commissioni e ammette di conoscere alcuni di loro poiché facevano parte del suo ambiente di lavoro. Per l’ex commissario quindi è una circostanza che non dovrebbe meravigliare, visti i 20 anni che ha trascorso nel settore sanitario. Inoltre l’ex commissario ha dichiarato di non aver mai ricevuto pressioni politiche.
Nell’inchiesta vengono svelati alcuni nomi di responsabili di diversi reparti della Asl che sono stati candidati o consiglieri comunali per il Pd insieme a dei parenti. “Anche per quanto riguarda le consulenze esterne affidate dalla Asl ci sono dei dubbi riguardo alle assegnazioni di consulenze esterne affidate a professionisti sempre riconducibili allo stesso partito politico” denuncia l’avvocato Tomasso. “Guarda caso sono sempre del Pd. Ho perplessità riguardo a tutta la politica” chiosa Rosa Roccatani, dell’Ugl sanità Frosinone. “Non è una questione di appartenenza politica, è che ricorrono sempre gli stessi nominativi” continua Tomassi riferendosi agli incarichi esterni affidati ad alcuni avvocati vicini al partito democratico. Anche l’Anac, l’Autorità Nazionale Anti Corruzione, nel 2018 aveva acceso un faro riguardo l’assegnazione degli incarichi nella Asl di Frosinone certificando ingiustificate rendite di posizione a favore di un ristretto numero di professionisti a discapito dei principi di imparzialità e trasparenza.
Nei Concorsi Pubblici ci sono due tipi di prove scritte:
Quella con risposte uniche e motivate, la cui correzione è, spesso, lunga, farraginosa e fatta da commissioni clientelari, familistici e incompetenti che non correggono o correggono male non avendo il tempo necessario o la preparazione specifica e che promuovono secondo fortuna o raccomandazione.
Quella con domande multiple, spesso, incoerenti con la competenza richiesta, ma che garantiscono velocità di correzione e uniformità di giudizio.
Chi è abituato all’aiutino disdegna i quiz, in cui non si può intervenire, se non conoscendoli in anticipo.
Scuola, maxi concorso per i presidi: 13 funzionari del ministero inquinarono le prove d’esame. Storia di Ilaria Sacchettoni su Il Corriere della Sera il 24 novembre 2022.
Voti assegnati ancor prima della prova e verbali confezionati a piacere. Ma anche falsi attestati di presenza dei commissari, in tutt’altro affacendati tranne che nella correzione dei compiti dei candidati. Il concorsone che, nel 2019, avrebbe dovuto reclutare 2.146 dirigenti scolastici in tutta Italia sfocia in una maxi indagine per falso e truffa. Tredici funzionari ministeriali, membri delle commissioni che avrebbero dovuto certificare il corretto svolgimento delle procedure, sono stati indagati per falso ideologico e truffa. I ricorsi dei candidati non avevano portato all’invalidazione della prova (il Consiglio di Stato aveva bocciato una richiesta in tal senso) ma oggi, con l’avviso di conclusione delle indagini penali in mano, i candidati che ritengano di essere stati penalizzati, come accaduto in concorsi precedenti, possono riaprire la questione.
Presidenti e segretari delle commissioni di esame alcuni dei quali dell’Istituto tecnico Cristoforo Colombo di via Panisperna o dell’Istituto Leonardo Da Vinci di via Palestro, Gli accertamenti delle pm Laura Condemi e Alessandra Fini hanno riguardato essenzialmente l’accesso alla piattaforma Cineca, il sistema informatico che convalidava per così dire tutte le operazioni d’esame. Ebbene, mentre nei verbali i funzionari «davano atto di aver proceduto all’accesso collegiale sulla piattaforma Cineca» nessun accesso risulta dai file di log che gli specialisti hanno analizzato. Il dubbio dei magistrati è che, attraverso questa manipolazione dei verbali si sia potuto pilotare il test a vantaggio di qualcuno.
Le divergenze fra atti ufficiali e accessi al sistema effettuati appaiono in qualche caso clamorose come si ricava dall’avviso di conclusione delle indagin i: «Nei verbali ...(i funzionari ndr) davano atto di aver preceduto al termine delle operazioni di correzione della prova scritta alla validazione del voto attribuito al candidato attraverso la piattaforma riservata mentre l’inserimento di voti risulta effettuato in giorni diversi nei quali peraltro non risulta redatto alcun verbale». Tra gli indagati anc he un avvocato dello Stato e un docente dell’Università di Napoli. Tra documenti compilati a caso si sarebbe addirittura arrivati a coprire l’assenza di una commissaria che «da verbale numero 6 risultava impegnata nelle operazioni di correzione» mentre in realtà era altrove, più precisamente negli uffici della Corte dei Conti in via Baiamonti, «da dove usciva come attestato dalla timbratura alle ore 15.01». Ossia mezz’ora dopo la presunta correzione dei compiti. In questo caso la Procura contesta la truffa e chiama in causa la stessa commissaria, più presidente e segretario della quattordicesima sottocommissione per averle «procurato un ingiusto profitto da quantificare ai danni dell’amministrazione Miur».
Commentano gli avvocati Giuseppe Murone e Pierpaolo Dell’Anno: « É la prima risposta di legalità Grazie al certosino lavoro dei magistrati potranno avere presto risposte concrete le centinaia di onesti candidati da noi patrocinati. Alla fine, perseveranza e lavoro pagano: gli stessi partecipanti al concorso aspettano ora una pronta risposta dell’autorità amministrativa». Mentre il loro collega amministrativista, Domenico Naso si dice pronto a presentare «una richiesta di revocazione delle sentenze passate».
Estratto dell'articolo di Andrea Ossino per repubblica.it il 24 novembre 2022.
Il "concorso nazionale, per titoli ed esami, finalizzato al reclutamento di dirigenti scolastici presso le istituzioni scolastiche statali" sarebbe dovuto servire a rimediare 2.416 presidi in un momento dove gli organici erano carenti. Ma la selezione del 2017 ha prodotto anche una serie di cause civili e penali che hanno riscosso parecchio clamore. L’ultima, in ordine di tempo, è anche la più importante.
La procura di Roma ha infatti terminato le indagini e accusa 13 persone di falso. Al centro dell'inchiesta ci sono i segretari e i presidenti di una serie di commissioni nominate dal Miur. Le commissioni 13,14,15,18, 19 e 20 presentano infatti diverse anomalie.
C’è chi ha firmato verbali senza neanche essere presente, chi avrebbe dato "atto di aver proceduto all’accesso collegiale sulla piattaforma Cineca mentre non risulta effettuato alcun accesso" e chi diceva di esse impegnata nelle operazioni di correzione e invece era ancora negli uffici della Corte dei conti, come dimostra l’orario narrato dal badge dell’indagata. [...]
Dopo una prima selezione "per titoli", il 18 ottobre si era tenuta la prima delle due prove di esame, quella scritta: "avrebbe dovuto essere unica su tutto il territorio nazionale e si sarebbe dovuta svolgere in un'unica data in una o più regioni", si legge nell’esposto presentato da 271 aspiranti presidi. L’indagine della procura di Roma ha poi fatto il resto, dimostrando che 13 persone avrebbero mentito. E adesso rischiano il processo. [...]
«Io, docente precaria, rimasta senza lavoro per colpa di un baco nel sistema informatico del ministero». Valeria Cappellari, docente di sostegno a Genova, su Il Corriere della Sera il 14 Settembre 2022.
Una insegnante di sostegno racconta la sua vicenda kafkiana: «Il sistema informatico del ministero non mi ha permesso di inserire le tre annualità di sostegno che mi avrebbero dato accesso alle graduatorie provinciali. Pare ci sia un’incompatibilità con il sistema del Mac. Risultato: ho due figlie e non so ancora se e quando potrò lavorare»
Sono una docente precaria e vorrei raccontare la mia storia. Durante l’aggiornamento delle Graduatorie, nonostante non avessi mai avuto problemi in precedenza e conoscessi la procedura, ho incontrato una serie infinita di intoppi perché il mio account, diciamo così, non funzionava e si bloccava. Tentavo di flaggare le caselle di mio interesse e mi compariva il cerchietto con la barra. Disorientata ho chiesto aiuto ad un collega e abbiamo ritentato più volte la procedura entrando dal suo computer. Poi con un altro browser, ecc. Esasperata ho contattato direttamente il sindacato che in questi anni mi ha aiutato quando ho avuto bisogno. Via telefono mi hanno chiesto di entrare nel mio account effettuando tutta la procedura Spid e domandandomi una serie di dettagli che a questo punto non ricordo più. Una volta entrati mi hanno comunicato che effettivamente il sistema non rispondeva e mi hanno consigliato di ritentare fino alla fine delle operazioni sostenendo che potesse esserci un problema di traffico e aggiungendo in ultimo che, qualora le cose non fossero andate a buon fine, avremmo fatto presente la cosa e fatto eventuale ricorso. Io mi sono fidata. La procedura non è andata a buon fine, non permettendomi di inserire le tre annualità di sostegno da me effettivamente prestate e verificabili dal report stesso della procedura, impedendomi quindi l’accesso alla graduatoria di II fascia.
Così, immediatamente, ho segnalato la cosa. Al sindacato e all’Ufficio scolastico regionale (Usr). La risposta dell’Usr, trasmessami dalla Dott.ssa X telefonicamente è stata estremamente semplice e non problematizzante. La Dott.ssa, infatti, mi disse semplicemente di aspettare la nomina delle scuole Polo che si sarebbero occupate della verifica materiale delle Graduatorie e di comunicare loro la mia problematica e chiederne la correzione manuale. Poi, per sicurezza, mi disse di inviare mail ordinarie e Pec ai soliti indirizzi dell’Usr. In data 9 giugno ho inviato le suddette Pec. Pec alle quali non ho ad oggi ricevuto risposta. Negli stessi giorni e successivamente ho più volte contattato il Sindacato. Mi chiedevo se non fosse più sicuro denunciare immediatamente la situazione tramite loro, ma sono stata fermata. Il Sindacato sosteneva che non ci fossero ancora gli estremi per segnalare ed eventualmente ricorrere. Dovevo aspettare la nomina delle scuole Polo e la pubblicazione delle Graduatorie. Sono partita a fine Luglio. Nessuna scuola Polo era stata nominata. Sono rientrata a metà agosto con l’angoscia di compilare le preferenze e stilare nuovamente un elenco che mi permettesse poi di essere realmente operativa, considerando che vivo già in una zona non proprio comoda. Ho studiato tutto minuziosamente, ma, nuovamente il sistema si è bloccato e non rispondeva. Morale, sono riuscita ad inserire solo una parte delle scuole che avrei voluto. Avrei inserito a quel punto anche i distretti per disperazione, ma il sistema non me lo consentiva. Altre Pec. Nessuna risposta, neanche aperte. Telefono. Mi rimbalzano dalla Dott.ssa X, alla Y, alla Z che sostengono di non essere loro le responsabili e mi assicurano che informeranno immediatamente l’incaricato. Nessuna risposta. Altre telefonate a vuoto.
Nel frattempo escono le graduatorie di Sostegno e poi le prime nomine da Graduatorie provinciali per Supplenze (GPS) e io non ci sono. Ricontatto il Sindacato mettendolo più alle strette. Avete intenzione di seguirmi? Dicono di sì. Dicono che le nomine sono corrette e sono stata già superata. Mi dicono che andranno direttamente in Usr. Poi non si fanno più sentire. Mi faccio risentire io e mi danno la mail della Dott.ssa W. Altra Pec e finalmente una risposta. Siamo al 31/8. Risposta assolutamente desolante sia nei modi che nel contenuto. Linguaggio che non si può commentare. Quello che emerge è che sostanzialmente io sarei un’incapace e che ho compilato male la domanda. Quindi sono solo fatti miei. Rispondo e spiego nuovamente la situazione. Nessuna risposta. Mi presento fisicamente. Mi riceve direttamente, ma casualmente, la Dott.ssa W che dice di aver capito tutto, la mia seconda mail era chiarissima - la Dott.ssa X non si capisce come mai mi abbia parlato di Scuole Polo, follia pura! Aveva capito tutto - ma non mi ha risposto - e procede di fronte a me a contattare l’unica persona che, mi dice, può fare qualcosa. Mi assicura che questa persona risponde tempestivamente. È venerdì, ma io il lunedì mattina mi ripresento nuovamente e sollecito. La Dott.ssa W contatta nuovamente la suddetta unica persona e mi dice di non tornare più, mi avviserà Lei immediatamente appena riceverà una risposta.
Sollecito quindi, ancora una, volta il Sindacato che finalmente pare inviare una Pec. Chiedo copia della Pec, perché inizio a non fidarmi più. Giovedì ancora nessuna risposta dall’Usr. Mando una nuova Pec io, personalmente, ancora. E arriva la risposta, che era già arrivata il lunedì, ma che non mi avevano girato perché anche se invitata a non ripresentarmi, rassicurata sul fatto che immediatamente mi avrebbero avvisato, poi se ne sono dimenticati. La risposta del Super incaricato del sistema informatico del Miur è imbarazzante. Non dice nulla, dice sempre la stessa cosa, e cioè che io ho sbagliato. Non importa se io ho segnalato un malfunzionamento. Sono io che sono un’incapace ed è evidente che il Super incaricato ha solo aperto il Pdf presente sul sito di Istanze online. Esasperata vorrei nuovamente rispondere. Giro la mail ricevuta al Sindacato, chiedendo un riscontro. Nessuna risposta.
A quel punto decido di telefonare ad un Altro sindacato ed ecco cosa mi sento dire dopo due parole. Lei ha un Mac? Ebbene si. Ho un Mac. Verba volant, ma l’Altro sindacato sostiene di avere avuto un numero molto elevato di segnalazioni di malfunzionamenti con il Mac e dice che il Ministero lo sa, ma non è interessato. Dice che il Ministero conosce la potenziale e reale incompatibilità del sistema di Istanze online con il sistema operativo Mac, ma non importa. Dice che se io fossi stata in contatto con loro mi avrebbero indicato immediatamente quali tentativi fare. In ultimo cambiare PC. E poi aggiunge che dubita che il Sindacato sia entrato nel mio account su Istanze online per verificare la correttezza della procedura e mi indica il modo per verificare. Verifico. Nessun accesso. Mi hanno raccontato una balla. Mi hanno raccontato una balla al Sindacato. La Dott.ssa X mi ha raccontato una balla, magari credendoci Lei stessa. Nessuna risposta alle mie Pec dal 9 giugno in avanti. La centralinista mi ha indicato persone sbagliate all’interno dell’USR. Ecc. ecc. Ma di chi ci si può fidare? L’Altro sindacato ora mi racconta altre storie… ma la verità dove sta? L’unica verità al momento è che ho due figlie e non se quest’anno lavorerò e come.
La beffa del concorso ordinario. «Io, promosso a settembre solo per uno sbaglio del Miur». Marco Ricucci, Docente di italiano e latino al Liceo scientifico Leonardo di Milano e saggista, su Il Corriere della Sera l'8 Settembre 2022
Il ministero ha riconosciuto che nessuna delle 4 risposte possibili alla domanda 31 del quiz per prof di italiano e storia alle medie era esatta. E così posso passare col punteggio minimo
Come in ogni soap-opera che si rispetti, c’è sempre il colpo di scena, anche per il concorso ordinario 2020 che è stato ribattezzato dai più parti «concorso-gratta-e-vinci»: oggi ho scoperto di aver superato lo scritto grazie all’ammissione di un «errore» del Ministero per la classe di concorso A022 (italiano, storia, geografia) alla scuola media, in cui ho insegnato per 10 anni da abilitato e felicemente arruolato nel 2014. Ebbene, io affrontai per il gusto personale il concorso ordinario che è come la fenice, risorge una tantum, ma questa volta, per velocizzare la procedura farraginosa di un meccanismo divenuto obsoleto, l’escamotage è presto fatto dall’estro in cimento di qualche funzionario ministeriale: via le domande aperte, dove bisogna dimostrare anche di saper scrivere in lingua italiana, ma 50 domande con quattro risposte. Il concorso così congegnato, secondo gli stereotipi ancora presenti oggi nel nostro Paese, si presenta senza dubbio come un bell’affare per un posto fisso, part-time assicurato, 3 mesi di vacanze spalmate durante l’anno scolastico, una retribuzione tra le più basse d’Europa (occidentale), che però corrispondono o a un superlavoro nascosto oppure a un dolce-far-niente.
Nella scuola italiana non c’è carriera ma si è tutti uguali, ma non troppo: l’Europa, per sganciare i soldi del PNRR, ci chiede di inventarci la figura del «docente esperto» che, dopo 9 anni di formazione specialistica, se supererà gli esami intermedi, potrà vantare questo titolo, avere un aumento di stipendio modesto, ma continuerà a insegnare senza mettere a frutto per la comunità scolastica quanto appreso. E allora cosa succede? Nel concorso 2020 ci sono anche i “miracolati” come me: ho superato la selezione scritta con il minimo del punteggio richiesto (70/100, ogni domanda azzeccata- non dico corretta!- valeva 2 punti), non perché abbia studiato in modo serio e costante, ma grazie a un «errore» madornale di chi ha confezionato batterie di test a risposta multipla pagato a cottimo. Non ho studiato, sono già di ruolo. Galeotto fu il quesito numero 31. Il Ministero della Pubblica Istruzione, dopo aver idealmente chiamato alla lavagna l’aspirante docente, lo interrogava: «Quale delle seguenti Agenzie specializzate non appartiene all’Organizzazione delle Nazioni Unite?». Il povero docente, pur di sedere sul seggio tanto ambito da migliaia di «posti-statalisti», scrutava meditabondo le quattro opzioni:
[a] Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico;
[b] Organizzazione per l’Alimentazione e l’Agricoltura;
[c] Fondo Monetario Internazionale;
[d] Organizzazione Mondiale della Sanità.
Non sapendo la risposta, mea maxima culpa, ricordo di aver usato la strategia candidamente confessata da alcuni miei studenti quando uso il format per i test strutturati di grammatica latina: Ambarabà Ciccì Coccò e voilà la risposta viene scelta dal Fato. Ma qualsiasi risposta avessi dato al fatidico quesito 31, come ho scoperto ieri casualmente, nessuna delle quattro opzioni poteva essere corretta, in quanto tutte e quattro le risposte sono errate!
Perciò, grazie a questo madornale granchio, secondo una metafora appropriata, preso da chi ha fatto il quesito ed evidenziato dalla Commissione Scientifica messa in piedi dal Ministero in fretta e furia dopo la legittima rivolta dei concorrenti, potrò fare il colloquio orale. Al concorso-ordinario-gratta-e-vinci migliaia di aspiranti docenti, giovani e vecchi, hanno partecipato con l’ambizione di un impiego statale, per via di una rara configurazione astrale: pensionamenti di massa del corpo docente, che è il più anziano del mondo, grazie alle varie finestre pensionistiche, aperte dal Governo, per poter scappare da una scuola che sta ancora cercando una propria identità e missione nella società del terzo millennio. Nessuno di questi concorrenti al quiz concorsuale, «crocettatori» telematici nello stile dell’INVALSI, ha avuto una formazione specifica per imparare a fare il professore, a differenza, ad esempio, di chi ha frequentato la SISS e il TFA, che erano corsi post lauream con attività didattiche e tirocinio in classe. Nessuno - è bene chiarirlo - mette in discussione la loro preparazione sui contenuti, ma non questi non bastano più nella scuola di oggi, dove il modello nozionistico-trasmissivo non ha più presa cognitivamente sugli adolescenti di oggi. Siamo tutti d’accordo?
Eppure qualcosa sta cambiando: effetto benefico dell’Europa? E’ stata finalmente approvata la legge che istituisce un percorso complessivo per la formazione inziale dei docenti di medie e superiori. Proprio oggi, presso l’Auditorium della Fondazione Marcianum di Venezia, si terrà in modalità ibrida, in presenza e online, il seminario «Lauree e abilitazione all’insegnamento dopo la L. 79/202», organizzato da Edizioni Studium, la rivista Nuova Secondaria e la Fondazione Marcianum. L’occasione è data dall’ uscita del libro «Lauree e abilitazioni all’insegnamento. Analisi del presente, tracce di futuro» (a cura di Giuseppe Bertagna e Francesco Magni, Edizioni Studium, 2022). Da questa sinergia, tra mondo accademico e mondo della scuola, scaturirà la figura di un docente formato: le supplenze brevi o lunghe, nelle quali si è buttati in classe come un gladiatore alle prime armi nell’arena, temprano certamente, dando l’esperienza concreta, ma, data la complessità del mondo di oggi, serve anche un solido impianto teorico-concettuale legato alla didattica, oltre che i contenuti di ogni singola disciplina. Se cambierà qualcosa, lo vedremo nella prossima puntata.
Docente di italiano e latino al Liceo scientifico Leonardo di Milano e saggista
Gli elenchi non sono stati pubblicati. E tra quiz errati e ritardi negli orali i docenti non di ruolo ancora aspettano di conoscere il loro destino. Mentre le cattedre restano vuote. Chiara Sgreccia su L'Espresso il 2 Agosto 2022.
Ridurre il precariato per dare stabilità alla scuola. Nelle intenzioni, era questo l’obiettivo del concorso per reclutare docenti da destinare ai posti comuni e di sostegno della scuola secondaria di I e di II grado, ovvero medie e superiori. Ma gli errori trovati nelle prove scritte, i ritardi nello svolgimento degli orali e le difficoltà nel comporre le commissioni, hanno fatto sì che per alcune classi di concorso non siano ancora state pubblicate le graduatorie. Così, anche chi ha superato i test resta in attesa un altro anno e la continuità didattica per gli studenti passa, ancora una volta, in secondo piano.
«Oltre il danno anche la beffa», spiega Ivan Corrado trentenne, laureato in Storia e filosofia, che ha partecipato al concorso per la classe A19 in Campania. «Per come stanno adesso le cose, non solo non sarò di ruolo per l’anno 2022/2023 ma neppure ho potuto sciogliere la riserva per essere inserito in prima fascia, tra gli abilitati. Con il risultato che, nonostante abbia superato tutte le prove del concorso, mi ritrovo esattamente come un anno fa: con l’impossibilità di lavorare perché, avendo poca esperienza, sono tra gli ultimi della graduatoria per le supplenze».
Corrado non è l’unico in questa situazione. Ci sono altri insegnanti per i quali il concorso si è trasformato in una mancata occasione a causa di ritardi puramente tecnici che vanificano l’abilitazione conseguita.
Secondo il ministero dell’Istruzione, interpellato da L’Espresso, «si tratta di casi marginali, che riguardano poche classi di concorso. Gli aspiranti che avevano interesse a sciogliere la riserva in prima fascia Gps (Graduatorie provinciali per le supplenze ndr) hanno manifestato le loro necessità e, a quanto ci risulta, questa problematica è stata comunque risolta in tempo». Ma non ci sono dati certi che dimostrino l’effettivo numero di insegnanti rimasti senza una graduatoria a cui fare riferimento, per cui «continua la nebulosa», aggiunge Corrado, amareggiato. «Credo sia irrispettoso far perdere un anno di vita alle persone. Soprattutto visto che aspettavamo il concorso da anni. Mi sono laureato nel 2016, questo è il primo che viene bandito da allora. Ho investito tanto nel preparami. La selezione è stata dura. E adesso, per una colpa che non ho, rimango in panchina a guardare».
Secondo quanto raccontano gli insegnanti, sono diverse le ragioni della mancata pubblicazione delle graduatorie. In alcuni casi, come per chi ha partecipato al concorso in Lombardia per la classe AD24 - tedesco come seconda lingua comunitaria nella scuola secondaria di II grado - «le difficoltà sono state nella formazione della commissione: non si trovavano i docenti. Così le prove orali devono ancora iniziare, nonostante gli scritti si siano tenuti ad aprile», racconta uno dei malcapitati che preferisce rimanere anonimo. Per altri, il ritardo è causato dal grande numero di candidati da valutare sia per titoli, sia in base ai punteggi conseguiti durante le prove. C’è poi il gruppo dei riammessi che ha provocato altre lentezze. Si tratta di docenti che hanno avuto accesso all’orale solo dopo che è stato ricalcolato il loro punteggio, visto che il Ministero ha riconosciuto errori nei quesiti della prova scritta.
Per altri ancora la motivazione è sconosciuta. Così è, ad esempio, per i docenti della classe di concorso A11 - Lettere e latino - in Sardegna. «La classe non è stata oggetto di rivalutazione e le prove, scritte e orali, sono terminate circa un mese fa», lamentano gli aspiranti insegnanti. Che in una lettera a L’Espresso chiedono di conoscere il perché la graduatoria latiti. Non è stato di aiuto lo scambio di email con l’Ufficio scolastico regionale. L’ex provveditorato mette le mani avanti: «Nulla può essergli addebitato in relazione alle procedure concorsuali per le quali non si riuscirà a pubblicare la graduatoria di merito in tempo utile». Perché, come conferma anche il ministero dell’Istruzione, «il concorso e l’aggiornamento delle Gps sono due procedure del tutto indipendenti e non è prevista alcuna consequenzialità temporale dell’una rispetto all’altra».
Ma l’inghippo resta. «Il fatto che alle commissioni non sia stato dato un termine per pubblicare gli elenchi dei docenti che hanno superato il concorso ordinario è parte del problema», ribatte Andrea Degiorgi, rappresentante dei Cobas scuola per la Sardegna: «Perché non c’è alcun raccordo tra le scadenze per le immissioni in ruolo, l’accesso alla prima fascia e la pubblicazione delle graduatorie di merito che ufficializzano chi ha superato il concorso. Questo ha generato ulteriore incoerenza in quanto in base alla regione e alla classe di concorso di appartenenza ci sono docenti che possono far valere l’abilitazione conseguita e altri no». Gli uffici scolastici regionali potrebbero aprire nuove finestre per il reclutamento degli insegnanti ma non c’è alcuna certezza che accada e la decisione avrebbe senso solo se le graduatorie venissero pubblicate entro la fine di agosto.
Degiorgi cita un altro paradosso: mentre per la classe A11 mancano ancora le graduatorie a prove già terminate, per la classe A41 - Scienze e tecnologie informatiche - sono invece pubblicate. I docenti hanno potuto sciogliere le riserve per la prima fascia e potranno partecipare alle immissioni in ruolo 2022/23, sebbene chi è stato ammesso in ritardo all’orale, per via degli errori negli scritti, debba ancora svolgere la prova. «Come faranno a inserirli? È scontato che prendano un punteggio inferiore a quelli che nel frattempo saranno immessi in ruolo?», si chiede Degiorgi.
Il problema discende dal fatto che non tutti coloro i quali hanno superato il concorso sono vincitori di cattedra. Alcuni, quelli con il punteggio più basso tra prove e titoli, risultano idonei ma non vincitori. E avendo comunque conseguito l’abilitazione all’insegnamento, potrebbero passare in prima fascia di supplenze. Ma, visto che alcune graduatorie non sono state pubblicate entro lo scorso 20 luglio, termine ultimo per sciogliere le riserve, resteranno un anno in più nella stessa situazione in cui erano prima di fare il concorso.
«Aspettavo quest’occasione da tanto. Il concorso ordinario è stato bandito nel 2020, poi a causa del Covid-19 rimandato fino al 2022. Quando, all’improvviso, è iniziata una vera e propria corsa contro il tempo: ci hanno chiesto di mettere da parte gli impegni familiari e personali, le vacanze, la vita che ci siamo costruiti in questi due anni di attesa, perché l’obiettivo era di concludere le procedure entro l’anno. In modo da avere il nuovo personale in cattedra a settembre. E invece ancora non ci sono le graduatorie. Per me questo concorso era l’evento della vita», racconta Francesca Deleo che ha 45 anni e fa parte della classe A19 in Sicilia.
«C’è stata disparità di trattamento tra i docenti che potranno entrare di ruolo perché hanno avuto le graduatorie in tempo utile e quelli che le aspettano. Ma il problema è più profondo: per alcune classi di concorso non si conosce ancora il calendario degli orali», spiega Silvia Casali dei Cobas scuola di Bologna. «In Emilia-Romagna riguarda gruppi consistenti di insegnanti come quelli della A22: Italiano, storia, geografia, nella scuola secondaria di I grado. Questo fa sì che a settembre saranno i precari, come al solito, a dover coprire le mancate immissioni in ruolo. Il punto è che il bisogno di docenti nella scuola c’è ma manca un piano di reclutamento che tenga conto della realtà dei numeri, delle diverse situazioni da cui arrivano gli insegnanti e dei diritti dei lavoratori che hanno esperienza sul campo».
Per Casali il concorso è partito male e sarà un flop in termini di assunzioni. Da un lato, il metodo scelto per la selezione, quello del test a crocette. «Errori a parte, viene da chiedersi se il sistema non obbedisca più all’obiettivo di falciare una parte dei concorrenti che di assumerli», sostiene Casali. Al 31 luglio 2020, termine ultimo per la presentazione delle domande, per 33 mila posti erano state presentate più di 430 mila domande.
C’è poi una questione di merito. A ingrossare i numeri sono anche i docenti già abilitati e in corsa solo per la cattedra, «come nel caso del sostegno: ha partecipato chi aveva già superato il Tfa (il tirocinio formativo attivo, corso universitario finalizzato all’abilitazione all’insegnamento, ndr). Ogni volta sembra che si apra la possibilità di riabilitare la scuola che, invece, alla fine, resiste sempre grazie alle spalle dei precari».
Perché, come aveva scritto sui social l’allora ministra dell’Istruzione Lucia Azzolina, nel 2020, il giorno in cui il Governo aveva trovato uno dei tanti accordi sulle modalità che avrebbero dovuto ridurre il precariato nella scuola, «le scelte che facciamo oggi avranno ripercussioni nei prossimi anni. Abbiamo 78 mila insegnanti da assumere nel primo e secondo ciclo fra concorsi ordinari e concorso straordinario. Fra gli aspiranti anche migliaia di giovani che si preparano da tempo e vogliono avere la loro occasione per cominciare ad insegnare. Sono numeri importanti e dobbiamo fare presto. La scuola ha bisogno di stabilità e programmazione. In passato tutto questo è mancato». E il futuro può ancora attendere.
LA TESTIMONIANZA. Concorso scuola, il ritardo delle graduatorie penalizza i giovani: «Chi ha meno di trent’anni non sarà mai chiamato». Non avere gli elenchi degli idonei del 2020 danneggia soprattutto i docenti precari con meno esperienza. «Ho perso tre anni, a settembre mi passerà avanti anche chi ha meno qualifiche», racconta Sanseverino 30 anni, laureato in storia. Chiara Sgreccia su L'Espresso il 2 Agosto 2022.
«È stato il primo concorso dopo 10 anni per i docenti senza abilitazione. L’aspettavo da quando mi sono laureato perché è l’unica possibilità che ho di lavorare. Sono andato bene all’orale, mediamente allo scritto, ma non vincerò la cattedra perché non ho potuto aggiornare il curriculum». Così racconta Mario Sanseverino, docente di trent’anni che ha svolto le prove per la classe A19, Storia e Filosofia, in Campania. A proposito del concorso ordinario per il reclutamento del personale docente della scuola secondaria, bandito nel 2020 ma che, per alcuni, si sta svolgendo ancora adesso.
Sanseverino, nel frattempo, ha finito un dottorato di ricerca in studi storici. Ma non ha potuto aggiornare il curriculum che aveva inviato per partecipare al concorso al tempo della pubblicazione in Gazzetta Ufficiale «Perché non c’è stata data la possibilità di adeguare le candidature inviate più di due anni fa. È un danno grave. Credo di non essere l’unico ad aver fatto esperienze formative dal 2020 a oggi». Così Sanseverino ha perso 12,5 punti, circa 10 posizioni in meno nella graduatoria di merito che ufficializza i risultati del concorso, che, però, ancora non è stata pubblicata. Per questo sicuramente non sarà tra i 36 (i candidati per la Campania erano 1484) che dovrebbero essere immessi in ruolo il prossimo anno.
I ritardi nella pubblicazione delle liste degli idonei e dei vincitori del concorso, che ad esempio per la classe A19, una delle più numerose, mancano dappertutto tranne che in Emilia-Romagna, stanno facendo sì che anche chi ha superato le prove, quindi ottenuto l’abilitazione, perda la possibilità di entrare nelle graduatorie scolastiche provinciali di prima fascia. E quindi di fatto, in molti casi, trascorra un altro anno senza lavorare.
«Sono nella stessa situazione di tre anni fa. Ho perso tempo. Rimango nelle graduatorie per le supplenze di seconda fascia, quelle per i docenti non abilitati. Così pure chi non ha fatto il concorso mi passa avanti». Questo succede perché a dare punteggio per l’avanzamento in graduatoria, oltre ai titoli, ci sono gli anni di servizio. Ma chi è più giovane, e quindi lavora da meno tempo, non riesce mai a raggiungere i docenti che sono precari da anni. «Sono quasi tutti nati negli anni ’80, se non prima. Chi ha meno di trent’anni, invece, resta agli ultimi posti e non sarà mai chiamato a insegnare». Come sottolinea Sanseverino chiedere alle persone di perdere un anno è grave. «Ancora di più se fatto nel momento in cui cercano di costruirsi il futuro».
Da ansa.it il 30 maggio 2022.
Una lezione sulla razza europea. E' quanto prevedeva "una prova (orale) per il concorso a cattedre per la scuola secondaria (Italiano, storia, geografia)".
La denuncia arriva in un post su Facebook dal docente di pedagogia all'Università dell'Aquila Alessandro Vaccarelli. "E non è nemmeno una prova del 1938. La razza europea. La razza europea? Cioè? Come si potrebbe articolare una lezione sulla "razza europea"? Razza ariana? Ma siamo impazziti?", commenta Vaccarelli precisando che "non si riferisce ad una commissione abruzzese".
Si tratta infatti, secondo la denuncia del docente, di quanto aveva previsto la commissione esaminatrice per il concorso della scuola secondaria per le materie di italiano, storia e geografia. La prova in riferimento era quella orale e il candidato era sollecitato a simulare una lezione sulla "razza europea"
Lecce, concorso a scuola vinto con titoli falsi: 42 persone accusate di truffa. Lo scopo era ottenere un buon piazzamento in graduatoria ed essere assunti nelle scuole. Angelo Centonze su la Gazzetta del Mezzogiorno il 22 Luglio 2022
Avrebbero presentato titoli falsi per ottenere un buon piazzamento in graduatoria ed essere assunti nelle scuole, anche fuori regione. E avrebbero poi ottenuto una retribuzione non dovuta, in danno del Miur. Quarantadue persone, quasi tutte originarie del Basso Salento, sono state raggiunte da un avviso di conclusione delle indagini preliminari con 28 capi d’imputazione del pubblico ministero Maria Consolata Moschettini. Si tratta di collaboratori scolastici e aspiranti insegnanti, ma anche responsabili di cooperative sociali.
DOPO IL CASO CONCORSI. Miur, ancora errori nei documenti ufficiali: “Abbruzzo” e Piacenza diventa lombarda. Il Domani il 06 luglio 2022
Gli strafalcioni si trovano in un oscuro documento destinato ai licei che vogliono implementare il percorso di orientamento “Biologia con curvatura biomedica”: come nel caso dei recenti concorsi per la scuola media, anche questo testo e infarcito di strafalcioni
Nuovo imbarazzo per il ministero dell’Istruzione dopo il caso dei concorsi con domande errate o incomprensibili sollevato da una lettera di un gruppo di intellettuali. Questa volta il problema è un oscuro documento interno del ministero: l’avviso pubblico per «l’individuazione di licei classici e scientifici in cui attuare il percorso di potenziamento-orientamento “Biologia con curvatura biomedica”».
Si tratta di un progetto sperimentato per la prima volta a Reggio Calabria in collaborazione con l’ordine dei medici e che ora il ministero vorrebbe estendere al resto d’Italia. Ma nel farlo infarcisce il documento di errori. O meglio: ne commette almeno due, come ha segnalato in un post su Facebook il linguista Massimo Arcangeli.
A quanto pare è la geografia il punto debole dei tecnici del ministero. Nell’allegato che contiene l’elenco delle province i cui licei possono fare richiesta del nuovo percorso di orientamento, infatti, è sbagliata sia la grafia di Abruzzo, che compare con due “b”, sia la collocazione di Piacenza, una provincia dell’Emilia-Romagna e non certo della Lombardia, come scritto nel documento.
I PROBLEMI CON I CONCORSI
Sono errori da poco se comparati ai recenti disastri avvenuti nei concorsi. In una lettera inviata al ministero alla fine di giugno, un gruppo di studiosi e intellettuali aveva segnalato tutti i gravi problemi presenti nel concorso per insegnanti delle scuole medie.
Nel test si parlava di “parallelogramma esagonale” (figura geometrica inesistente), si chiedeva a quale opera appartenesse l’incipit «Comincio a scrivere la prima frase, confidando per la seconda nell’onnipotenza divina», che invece è una frase nel secondo capitolo del romanzo a puntate “The Life and Opinions of Tristram Shandy, gentleman” di Laurence Sterne.
Per giustificarsi, il ministero ha spiegato di essere «impegnato, da diversi mesi, nella realizzazione di un concorso dalla complessa macchina organizzativa con oltre 8mila quesiti da predisporre». Sarà di certo così, ma come dimostra il recente documento pieno di errori, i funzionari ministeriali probabilmente non passerebbero gli esami a cui la scuola sottopone i suoi stessi studenti e insegnanti.
Errori blu nelle domande del concorso per diventare prof. Gli intellettuali scrivono al governo: "Rimediate al pasticcio". Ilaria Venturi su La Repubblica il 21 Giugno 2022.
Il più clamoroso è quello sul "parallelogramma esagonale". Ma sono decine i quesiti errati o imprecisi nella selezione da 26.661 posti e 430.583 candidati: il professor Arcangeli li ha raccolti in un dossier. E ora decine di accademici, da Massimo Cacciari a Luca Serianni, da Luciano Canfora a Moni Ovadia e Piero Boitani, chiedono a Bianchi e Draghi di intervenire: "Ridefinite i punteggi, una selezione così è un'offesa all'oggettività e al merito"
L'esempio più eclatante che viene riportato riguarda un quesito posto a insegnanti di matematica in cerca di una cattedra di ruolo: tra le risposte quella corretta per i selezionatori ministeriali era il "parallelogramma esagonale". Bene così? Non proprio: è una figura geometrica che non esiste. Parte da qui l'appello contro un concorso della scuola pieno di errori di oltre 50 docenti, per lo più universitari, tra cui il linguista Luca Serianni, Luciano Canfora, Francesco Sabatini, presidente onorario dell'Accademia della Crusca, Massimo Cacciari, Silvia Ronchey, l'anglista Piero Boitani, uno dei più importanti conoscitori di Dante, il poeta Lello Voce e il matematico Umberto Bottazzini vincitore del Premio Pitagora per la divulgazione matematica, fellow dell'American Mathematical Society che...
Scuola, l’orale di immaturità del concorso straordinario bis. Marco Ricucci, Insegnante di italiano e latino al liceo scientifico Leonardo di Milano, su Il Corriere della Sera il 4 luglio 2022.
Mentre i maturandi affrontano il colloquio con tutti e solo professori interni, un’altra prova facilitata è in corso: quella del concorso per precari con più di tre anni di servizio. Per loro niente scritto, solo prova orale: è l’ennesima sanatoria.
Tempo di interrogazioni orali per la scuola italiana sia per gli studenti sia per (aspiranti) docenti: comune destino che li vede entrambi, seppur in contesti diversi, davanti a una Commissione giudicatrice, che dovrà valutarli con una sorta di verdetto. Tra i «giudici» forse ci sarà qualcuno di cui si potrebbe dire: «Stavvi Minos orribilmente e ringhia/esamina le colpe nell’intrata/giudica e manda secondo ch’avvinghia». Per gli uni si tratta del colloquio orale svolto durante l’Esame di Stato, per gli altri si presenta l’ultima trovata del Ministero dell’Istruzione, per «accalappiare» (ho questa sensazione, invece di reclutare) il numero più alto di docenti possibile da mettere in cattedra giusto in tempo per l’avvio ordinato del prossimo anno scolastico.
Sono dunque finiti gli scritti, dove il tema di italiano, grazie anche alle tracce «petalose», ha suscitato il solito strascico di polemiche nostrane. E proprio in questi giorni i maturandi sono presi con il colloquio orale. Per via della situazione di emergenza pandemica, la Commissione anche quest’anno è formata solo da docenti interni, tranne il Presidente. Con notevole risparmio per le casse dello Stato. Qualcuno potrebbe, però, banalizzare, dicendo che si tratta di una maxi-interrogazione sul programma dell’ultimo anno, che partiva, fino a poco tempo fa, con l’estrazione delle buste, come nei quiz di Mike Bongiorno: qui veniva fuori un argomento da cui il candidato doveva costruire un discorso equilibrista tra le varie discipline. Dallo scorso anno, invece, il colloquio orale prende avvio da materiale selezionato dai componenti della Commissione: un testo, un documento, un progetto, un problema o anche un’esperienza a cui l’esaminando dovrà collegare le discipline oggetto d’esame. Le buste sono scomparse. Naturalmente, il colloquio ha carattere interdisciplinare e richiede al candidato di dimostrare di avere acquisito la capacità di avere una visione complessiva sugli argomenti della varie materie, tenendo in considerazione il percorso didattico fatto negli anni, delle metodologie impiegate in classe e di eventuali progetti didattici ed esperienze che sono stati qualificanti per l’indirizzo dei suoi studi. A mettere la ciliegina sulla torta, vi è la discussione sulle attività di PCTO, ex alternanza scuola-lavoro, e l’accertamento delle competenze di Educazione civica, nuova materia introdotta quest’anno, senza oneri per l’erario pubblico e orfana di un docente titolare.
Mentre i maturandi vengono interrogati durante l’Esame di Stato, altri sortiscono una analoga sorte, dando veridicità al detto di Eduardo de Filippo: gli esami non finiscono mai! Altri docenti di ruolo, tra pochi giorni, inizieranno a esaminare colleghi, che ambiscono a entrare in ruolo nei ranghi del Ministero dell’Istruzione, che, nell’immaginario collettivo, garantisce il posto fisso, un invidiato part-time, tre mesi di vacanza stipendiati, una sorta di «fannullismo» legittimato sotto il vessillo costituzionale della libertà di insegnamento. Si tratta del concorso straordinario bis, riservato ai docenti che possono vantare almeno un servizio di tre anni nell’ultimo quinquennio. Non è previsto uno scritto. Già una bella fortuna, perché così il Ministero può evitare imbarazzanti conseguenze come è avvenuto per l’ultimo concorso ordinario basato su quiz a crocette: oltre a manifesti errori acclarati anche da illustri accademici, persino uno dei maggiori studiosi di fama mondiale, Howard Gardner, ha scritto al Ministero per ribadire la pessima ed errata formulazione del quesito sulla sua teoria della intelligenze multiple. Se ciò non bastasse, il terzo potere dello Stato, ovvero la Magistratura, nella fattispecie il TAR, con più ordinanze ha richiesto al Ministero di dare adeguati chiarimenti sulla formulazione di specifici quesiti nel concorso scuola, per come formulati, considerati come dirimenti ai fini del superamento della prova da parte dei candidati ricorrenti.
Insomma, come si può risolvere il problema (scripta manent, verba volant!), se persino le crocette sono problematiche? Semplice, si fa solo l’orale, che può fare da asso-piglia-tutto. Come recita il bando pubblico per il concorso straordinario bis, «la prova ha una durata massima complessiva di 30 minuti, fermi restando gli eventuali tempi aggiuntivi e gli ausili previsti dalla normativa vigente». Ovvero, un aspirante docente, che ha alle spalle almeno tre anni di insegnamento, comparirà davanti alla Commissione formata da docenti di ruolo, come ai tempi della maturità, e sul momento stesso dovrà estrarre un argomento su cui «improvvisare», in trenta minuti, una lezione: l’argomento - la «traccia» nel gergo ministeriale - è presa dai «programmi» sullo scibile umano, aristotelicamente categorizzati in discipline e in classi di concorso, che sono gli stessi dell’ultimo concorso a crocette. Il nozionismo così è portato in trionfo lungo la Via Sacra davanti come i tempi dell’antica Roma. La Commissione, per dare un «voto» all’esame orale, ha disposizione ben 100 punti, oltre al tetto massimo di 50 per i soli titoli, per un totale di 150. Siamo – ammettiamolo con onestà intellettuale - di fronte all’ennesimo condono, per così dire, o sanatoria, per avere un numero elevato di docenti, che devono rimpiazzare chi del corpo docente, grazie all’opzione donna, all’opzione quota 100, ed altre finestre pensionistiche, appena possibile, è scappato dal mondo della scuola, sempre più problematico e sottofinanziato. Trenta minuti, dunque, per poter avere un posto fisso. Come giocare al gratta-e-vinci. A onor del vero, è stata approvata una riforma strutturale che dovrebbe mettere una pezza a queste «corbellerie» su formazione, selezione e reclutamento, ma con calma: c’è sempre una fase transitoria.
Scuola, la scorciatoia del concorso straordinario che permette ai bocciati del concorso ordinario di accedere direttamente all’orale. Orsola Riva su Il Corriere della Sera il 26 aprile 2022.
Mentre ancora si sta svolgendo il concorso ordinario, è in arrivo entro metà giugno un concorso straordinario riservato ai precari. La prova, solo orale, «non è selettiva»: passano tutti.
Mentre il contestatissimo concorso ordinario a crocette che dovrebbe portare in cattedra 33 mila nuovi prof delle medie e delle superiori procede sotto il fuoco di decine di segnalazioni di domande sbagliate, procedure insensate, strafalcioni vari, il ministero dell’Istruzione sta definendo gli ultimi dettagli dell’ennesima prova super facilitata riservata ai precari con più di tre anni di supplenze nelle scuole statali. In base al decreto Milleproroghe dovrebbe svolgersi entro il 15 giugno: in palio ci sono altri 14 mila posti, un quinto dei quali in Lombardia, destinati principalmente a coprire le cattedre scoperte di italiano e matematica alle medie e alle superiori di cui c’è cronica mancanza soprattutto al Nord. Buone notizie per la scuola, dunque? Mica tanto. Perché l’ultima frontiera del concorso facilitato è rappresentata da una prova che per decisione del ministero sarà solo orale e non sarà selettiva, nel senso che non c’è un punteggio minimo al di sotto del quale si viene respinti. Senza sbarramento, c’è il rischio che pur di assegnare tutti i posti a disposizione l’asticella si abbassi pericolosamente adeguandosi al livello medio dei candidati. Scelta assai discutibile perché tre anni di servizio prestato nelle scuole bastano a maturare un credito nei confronti della Pubblica amministrazione, ma non certo a garantire la formazione indispensabile per affrontare la gigantesca sfida educativa che oggi si trova davanti chiunque vada a insegnare alle medie o alle superiori.
Giusto, anzi sacrosanto, che nel punteggio finale, oltre al risultato registrato nella prova orale (max 100 punti), vengano pesati anche «titoli e servizio» (altri 50 punti al massimo). Ma che prova è mai quella in cui nessuno viene bocciato? Per non parlare dell’assurda sovrapposizione con il concorso ordinario che richiede invece un punteggio minimo allo scritto di 70 su 100 e che sta registrando tassi di bocciatura altissimi. Risultato paradossale: chi è stato respinto nella prova a crocette e non è stato ammesso all’orale del concorso ordinario - che dura 45 minuti e e prevede la progettazione di una lezione simulata in cui il candidato possa dar prova oltre che delle sue competenze disciplinari anche delle sue capacità didattiche e pedagogiche - può comunque accedere direttamente all’oralino del concorso straordinario, purché abbia alle spalle i fatidici tre anni di servizio (se invece sono due e mezzo,no: bocciato è e bocciato resta). E, in caso di esito positivo, dopo l’estate potrà salire in cattedra contemporaneamente a chi invece nel frattempo è passato attraverso la doppia prova scritta e orale del concorso ordinario e si è guadagnato il diritto a entrare di ruolo vincendo una competizione alla pari.
Lascia poi di stucco che durante l’anno di prova l’unico perfezionamento previsto, almeno finora - il ministero può rimetterci mano fino a che non verrà pubblicato il bando a maggio - siano 5 (cinque!) crediti formativi universitari, equivalenti a 40 striminzitissime ore di lezione. Il tutto mentre il governo sta mettendo a punto una riforma del sistema di formazione iniziale incentrata su concorsi annuali ai quali, a regime, si potrà accedere solo se, oltre alla laurea, si sarà in possesso di ulteriori 60 crediti formativi equivalenti a un anno di formazione universitaria più tirocinio. Possibile che proprio mentre grazie al PNRR si sta definendo un nuovo sistema in cui - parole del ministro Patrizio Bianchi - «puntiamo sulla formazione come elemento di innovazione e di maggiore qualificazione di tutto il sistema», con un ultimo colpo di coda si autorizzi un ennesima «sanatoria» di fatto, che nulla ha a che vedere con i requisiti di qualità rivendicati dalla riforma?
Concorso scuola, la polemica sui quesiti: «Molti errori e ambiguità». Ecco quelli contestati. Valentina Santarpia su Il Corriere della Sera il 29 Aprile 2022.
Il dossier che attacca i quiz del ministero: risposte errate, domande fuori programma, mal formulate o con refusi. La denuncia del linguista: «Offendono la dignità di migliaia di docenti».
I dubbi sui quesiti
Errati, assurdi, fuori programma, o fuori contesto, mal formulati o con refusi di ogni tipo. I quesiti «sbagliati» nel concorso scolastico ordinario per l’assunzione di docenti nella scuola secondaria sarebbero molti di più dei due appena ammessi dal ministero dell’Istruzione. Massimo Arcangeli, linguista e professore universitario, nonché autore di diversi libri sull’uso della lingua, sta raccogliendo da settimane gli esempi, e sta preparando un dossier - che il Corriere ha avuto la possibilità di visionare in anteprima - che sarà il primo passo per una mobilitazione nazionale a Roma con tutti gli aspiranti insegnanti, invitati a ricorrere alla giustizia amministrativa. «Sono esempi di test che offendono l’intelligenza, la dignità, la professionalità di decine di migliaia di docenti alle prese con un concorso farsa» spiega Arcangeli, ricordando che la giurisprudenza è chiarissima su come debbano essere formulate le selezioni per essere considerate attendibili. Ad esempio il Tar del Lazio precisava, nel giugno del 2008, con la sentenza n.5986, che «un sistema selettivo, quale quello utilizzato per l’ammissione su base nazionale per i corsi di laurea a numero programmato di medicina, basato su due domande errate e su un numero non trascurabile di domande non correttamente formulate, non può ritenersi idoneo a limitare il diritto allo studio e a porsi come giusto filtro delle aspirazioni professionali dei giovani candidati». Ma anche il Tar della Campania, nel settembre 2011, sottolineava che per una selezione degna di questo nome, che ottemperi ai criteri – a tutela del buon andamento della Pubblica amministrazione, secondo quanto contemplato dall’art. 97 della nostra Costituzione – della proporzionalità, della ragionevolezza, dell’adeguatezza (Legge n. 241/90), è necessaria l’assoluta «certezza ed univocità della soluzione» (sentenza 30 settembre 2011, n. 4591), che non deve prestare il fianco ad ambiguità o contraddittorietà. Vediamo allora alcuni esempi delle «stranezze» individuate da Arcangeli e dalla sua rete di candidati.
Cosa si misura in chilogrammi su metri cubi?
«Quali delle seguenti grandezze si può misurare in Kg/m3 nel Sistema Internazionale?». Refuso a parte – «quali» –, la soluzione giusta fra «energia cinetica», «volume specifico», «densità» e «peso specifico», secondo il Ministero dell’Istruzione, sarebbe la seconda. Peccato che nel Sistema internazionale delle unità di misura venga espressa in kilogrammi su metri cubi (kg/m3) la densità e non il volume specifico, misurato invece in metri cubi su kilogrammi (m3/kg). Per dirla altrimenti: il volume specifico (massico) restituisce il valore del rapporto fra il volume e la massa di una determinata sostanza (i metri cubi occupati), la densità il rapporto inverso (tra la massa e il volume).
È un incipit oppure no?
Il passo è divenuto quasi proverbiale («Comincio a scrivere la prima frase, confidando per la seconda nell’onnipotenza divina»). Chi ha elaborato il quesito (il brano compare, nella «vulgata» del romanzo a puntate di Sterne, nel secondo capitolo dell’ottavo volume) ha confuso l’inizio dell’opera col momento in cui la voce narrante, parlando di come avviare un libro, si dichiara convinta che il suo incipit, oltreché il più religioso, sia il migliore di tutti gli inizi possibili.
Perché dovrei studiare Raimondi?
Stiamo senz’altro parlando di uno dei più grandi critici letterari del Novecento, e il saggio manzoniano è stranoto (l’opzione giusta, fra le quattro proposte, di diversi autori, è perciò I Promessi Sposi), e tuttavia il selezionatore non ha tenuto conto dei puntuali riferimenti dell’Allegato A al bando di concorso (Decreto Dipartimentale n. 499, 21 aprile 2020). In quell’allegato, nell’elenco secco degli undici «autori della storia della critica letteraria» di cui si richiede la conoscenza (Francesco De Sanctis, Benedetto Croce, Antonio Gramsci, Erich Auerbach, Michail Bachtin, Gianfranco Contini, Giacomo Debenedetti, Carlo Dionisotti, Francesco Orlando, Cesare Segre, Maria Corti), il nome di Raimondi non compare.
«La ragazza di Bube» non tratta il tema della Resistenza?
Qui si doveva scegliere fra La ragazza di Bube (Carlo Cassola), Menzogna e sortilegio (Elsa Morante), Una questione privata (Beppe Fenoglio) e Dialoghi con Leucò (Cesare Pavese). Scartata quest’ultima opera, peraltro una raccolta di racconti, insieme a quella della Morante, l’inequivocabile risposta giusta, per il nostro selezionatore, sarebbe Una questione privata. Non è affatto così. Nulla da eccepire se si fosse chiesto «Quale di questi romanzi è ambientato al tempo della guerra partigiana?», ma La ragazza di Bube è notoriamente un romanzo «resistenziale». Al tempo sono anzi piovute critiche aperte sull’autore, accusato di diffamare la Resistenza sia in quel romanzo, considerato anzi il romanzo culminale del filone partigiano (subito dopo abbandonato), sia in Fausto e Anna.
Cosa mangiamo (e beviamo) dal menù?
Un menu, secondo il selezionatore, consisterebbe in «una lista cronologica e dettagliata delle vivande che l’ospite andrà a consumare». L’unica risposta sensata – sebbene non sia detto che io debba mangiare tutto quel che c’è scritto sul menu (il menu potrebbe anche essere quello completo di tutte le pietanze e le bevande proposte dal ristoratore) – fra le quattro proposte è la b): «Una lista cronologica e dettagliata delle vivande e bevande che l’ospite andrà a consumare» (dove cronologico non ha ovviamente nulla a che fare con la cronologia dei menu dei nostri dispositivi elettronici, ma fa invece riferimento a una sequenza ordinata o ragionata di portate). Se accettiamo infatti come valida la d) dovremmo ritenere altrettanto valida la a) (e, al limite, pure la c)). L’unica opzione completa, fra tutte, è la b), perché è la sola che menzioni, oltre alle vivande, proprio le bevande.
Una grande area o una grande rete?
Una Great Area Network, a meno di non intendere la locuzione come un riferimento estemporaneo a una «rete estesa su una grande area», non esiste. Non solo non denomina una rete di telecomunicazioni, non esiste proprio. La risposta indicata come corretta dal selezionatore sembrerebbe dunque quella giusta, dal momento che ciascuna delle tre opzioni restanti fa riferimento a una rete di telecomunicazioni. Purtroppo, non è così. Il motivo è semplice. Il quesito chiede quale sigla – non quale espressione – dell’elenco non si riferisca a una rete di telecomunicazioni, e GAN (al pari di PAN, LAN e WAN) è la sigla di Global Area Network. Ne consegue che tutte e quattro le «sigle» (il termine corretto sarebbe «acronimi») corrispondono ad altrettante reti di telecomunicazioni, e nessuna delle quattro opzioni soddisfa quindi la domanda.
Mangiava troppo o voleva uccidere la madre?
Gonzalo, il protagonista, è «vorace, e avido di cibo e di vino» (Carlo Emilio Gadda, La cognizione del dolore). «La sua cupidigia di cibo […] era divenuta favola. Esecravano unanimi, i poveri, i denutriti, i mendichi, quel vizio della gola, che è così turpe in un uomo, e quel barbaro costume, poi, dopo aver mangiato, di berci anche sopra del Nevado, per giunta, o del Cerro; quasiché fosse, il vorace, a banchetto con le ombre de’ suoi Vichinghi. Nessuno dei feudatari della plaga, per lo più astemi, e taluni anche vegetariani, poteva pensare a un fatto simile senza essere preso da disgusto. “Si mangia troppo!”, sentenziò il dottore tra sé e sé». In qualunque modo Gadda avesse voluto concludere il suo romanzo, rimasto incompiuto, sta di fatto che: 1) nel punto in cui l’opera s’interrompe la madre di Gonzalo sembrerebbe moribonda, ma non è affatto detto che debba morire. Se una persona non è ancora morta, e qualcuno ha tentato di ucciderla, e quel qualcuno è suo figlio, si dovrà parlare semmai di “tentato matricidio” anziché di “matricidio”; 2) non è detto sia stato don Gonzalo a ridurre la madre in fin di vita, perché potrebbe ben essere stato qualcun altro. Che poi Carlo Emilio Gadda abbia più volte trattato il tema del matricidio nella sua produzione, che abbia nutrito per la madre un inestricabile odio-amore, che anche il collerico, misantropo, sociopatico Gonzalo (doppio dell’autore) manifesti verso la sua un sentimento non propriamente amoroso, tutto questo è un altro paio di maniche.
Malvasia e Armenini, fuori lista
Un altro dei tanti esempi che si potrebbero fare di quesiti inammissibili perché «fuori sacco». Il programma per il concorso parla espressamente – per le classi A054 (Storia dell’arte) e A017 (Disegno e storia dell’arte negli istituti di istruzione secondaria di II grado – di «conoscenza di elementi di letteratura artistica (Cennino Cennini, Vasari, Lomazzo, Bellori)» . Si fornisce quindi, come nel caso del Romanzo senza idillio di Ezio Raimondi, un breve elenco secco di nomi. Nella lista però i nomi di Carlo Cesare Malvasia e di Giovanni Battista Armenini, due delle opzioni del quesito (somministrato ai candidati per la A054), non compaiono.
B1 o B2?
Si chiede, con riferimento al Quadro Comune Europeo di Riferimento per le Lingue (Common European Framework of Reference for Languages: Learning, Teaching, Assessment, CEFR): «Which of the following levels does the CEFR descriptor below concerning sustained monologue refer to? Can clearly express feelings about something experienced and give reasons to explain those feelings». Ma il descrittore in questione non si trova indicato in B1.1, la risposta ritenuta corretta dal ministero, bensì in B1.2, sottolivello separato dal precedente da una linea orizzontale che forse è sfuggita, a meno che il selezionatore non abbia letto la relativa tabella dall’alto verso il basso anziché, come avrebbe dovuto, dal basso verso l’alto. Tutte le quattro opzioni proposte sono quindi sbagliate.
Concorso ordinario scuola, il ministero ammette: c’è uno svarione in un quiz sulla Costituzione. Orsola Riva su Il Corriere della Sera il 22 Aprile 2022.
In un quesito per docenti di sostegno della scuola media il principio della libertà d’insegnamento è stato attribuito all’articolo sbagliato della Costituzione. Riconosciuto anche un secondo errore nel quiz per docenti di tecnologia.
Concorso che vai, svarioni che trovi. E anche l’ultimo concorso ordinario per l’assunzione di 33 mila nuovi prof di scuola media e superiore non fa eccezione. Anzi: da quando lo scorso 14 marzo sono incominciate le prove scritte, sindacati e studi legali specializzati nei ricorsi sono stati inondati di segnalazioni di domande ambigue, risposte sbagliate, procedure incongrue, com’è accaduto per esempio ai candidati per matematica applicata a cui è stato chiesto di eseguire calcoli di funzioni e derivate senza fare uso di carta e penna (i più fortunati, quelli a cui almeno è stata concessa una penna si sono scritti i calcoli sulla mano...), mentre ai loro colleghi delle altre discipline Stem che avevano svolto il concorso prima erano stati dati sia carta che penna. Delle tante obiezioni che i sindacati hanno girato al ministero dell’Istruzione un paio sono già state accolte. La Commissione nazionale incaricata da Viale Trastevere di predisporre i quiz a crocette, fa sapere la Cgil Scuola, ha riconosciuto che almeno due quesiti non contengono alcuna risposta corretta tra le 4 opzioni proposte. Pertanto, ai fini del calcolo del punteggio, verranno riconosciuti a ciascun candidato due punti per qualsiasi risposta, anche nel caso di risposta non data, con la conseguenza che le graduatorie che erano già state stilate andranno riviste.
Ma di quali quesiti si tratta? Uno riguarda la classe di concorso A060 (Tecnologia nella scuola secondaria di I grado) e chiede di calcolare la densità assoluta di un solido immerso nell’acqua. Lo stesso quesito è disponibile anche nel database dei quiz della facoltà di Farmacia dell’Università di Perugia dove si può trovare la risposta esatta assente dai quiz del concorso scuola. Ma lo scivolone più imperdonabile riguarda invece una domanda sulla Costituzione italiana posta agli aspiranti insegnanti di sostegno della scuola media.
Chiede la domanda: «L’articolo 34 della Costituzione riconosce:
a) Il ruolo degli istituti comprensivi nell’ambito territoriale;
b) Le modalità organizzative degli istituti paritari;
c) La libertà d’insegnamento;
d) L’autonomia delle istituzioni scolastiche
Secondo il Comitato Tecnico Scientifico Nazionale la risposta corretta sarebbe la c) ovvero la libertà d’insegnamento, peccato che l’articolo 34 non faccia nessun riferimento alla libertà d’insegnamento che, come sanno anche i muri e comunque sicuramente tutti coloro che si occupano di scuola è sancito dall’articolo 33 che appunto recita: «L’arte e la scienza sono libere e libero ne è l’insegnamento. La Repubblica detta le norme generali sull’istruzione ed istituisce scuole statali per tutti gli ordini e gradi. Enti e privati hanno il diritto di istituire scuole ed istituti di educazione, senza oneri per lo Stato (...)». L’articolo 34 invece, non meno importante del precedente, è quello che istituisce l’obbligo scolastico per almeno 8 anni (che nel 2006 è stato innalzato a dieci anni) e soprattutto il principio del diritto allo studio: «La scuola è aperta a tutti. L’istruzione inferiore, impartita per almeno otto anni, è obbligatoria e gratuita. I capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi. La Repubblica rende effettivo questo diritto con borse di studio, assegni alle famiglie ed altre provvidenze, che devono essere attribuite per concorso». Dov’è scritto invece che per diventare insegnanti, come per qualsiasi altro impiego della pubblica amministrazione, si debba fare un concorso? All’articolo 97. Chissà cosa avrebbero pensato i nostri costituenti di un concorso che non riesce ad azzeccare nemmeno una domanda semplicissima sulla nostra Carta fondamentale...
L’altro quiz che il ministero ha riconosciuto come sbagliato è il seguente:
Se si immerge un solido avente massa 0,1 kg in un recipiente contenente 100 cm3 di acqua, il livello di questo cresce e il volume totale del liquido più il solido immerso sale a 125 cm3. Quanto vale la densità assoluta del solido?
Se questa è una prof. Alessandro D'Avenia su Il Corriere della Sera il 29 Maggio 2022.
In questa rubrica vorrei occuparmi di altro ma purtroppo non posso ignorare le parole di una collega di Scienze che ha affrontato due settimane fa il concorso per docenti. Di questo concorso vi avevo parlato di recente per denunciare l'inadeguatezza di un sistema di reclutamento insegnanti con un test a crocette. Ecco la lettera che ho ricevuto. «Sono docente di Scienze alle superiori da 8 anni. Nel 2019 ho conseguito (sette esami in un mese e mezzo) i crediti che siamo stati obbligati ad avere per poter partecipare al concorso ordinario che doveva svolgersi nell'estate di quell'anno, ma cade il governo e il concorso si blocca. Sarebbe dovuto ripartire con il ministro Fioramonti che però, a dicembre 2019, si dimette: secondo stop. Azzolina a fine dicembre annuncia il concorso che a febbraio 2020 si blocca per la terza volta per il Covid. Se ne va Azzolina e, fra mille ritardi e promesse, arriva il 2022: a febbraio Bianchi annuncia l'atteso concorso. Si scopre che consisterà in un test a risposta multipla e i candidati non potranno usare carta e penna per svolgere le prove di matematica, fisica, chimica e informatica. Perché non fare usare carta e penna per rispondere in 100 minuti a 50 domande con esercizi per i quali servono formule e conti? Inoltre il test per la mia classe di concorso (Scienze alle superiori) si rivela diverso da quanto indicato dal Decreto: ci sono meno domande di scienze/biologia e più di chimica rispetto al numero dichiarato dal modello. Gli esercizi richiedono di ricavare le formule senza la tavola periodica e di fare i conti con decimali ed esponenziali. Per questo chiediamo carta e penna. Ci viene detto che è vietato «scrivere su fogli». Domando: «E la penna?». Risposta: «La penna sì. Non potete usare fogli, ma se vuole può scrivere i calcoli sul banco o tatuarsi il corpo». Basita, rispondo che voglio la penna, ma sul banco non si riesce a scrivere. Comincia la prova che attendo dal 2019: ho studiato un'estate intera, sacrificato vacanze di Natale, di Pasqua e le notti degli ultimi due mesi. In tanti abbiamo preparato il concorso mentre stavamo lavorando e con una famiglia da accudire. Comincio a scrivere sulle braccia: dopo cinque esercizi non ho più spazio. Non ho più parti del corpo scoperte da segnare. Svolgo il test smarrita e umiliata. Ma cosa siamo? Un concorso svolto sul corpo? Finisce il tempo. Il tecnico d'aula verifica i risultati: tutti bocciati. Il presidente di commissione commenta: «Non mi è mai capitato un concorso in cui in 2 giorni ci siano zero promossi». Che senso ha prepararsi tanto per una prova che, speravo, potesse stabilizzarmi dopo anni di precariato, e trovarmi poi di fronte a un test a risposta multipla quasi totalmente centrato su una materia per la quale non ho deciso di concorrere e nel quale non posso svolgere degli esercizi come qualunque studente al mondo? A questa vergogna si aggiunge la disparità di trattamento (per l'uso di carta e penna) in sedi concorsuali diverse. Ce ne sarebbe abbastanza per annullare la prova. Allego le foto (scattate, alla fine dell'esame, nel bagno della scuola in cui ho svolto il concorso) dei segni che porto nel corpo. E nell'anima. Segni che rimarranno in me. Il reclutamento nella scuola si può fare in questo modo vergognoso? In quale altro Paese europeo accadrebbe? Concorsi che hanno l'unica finalità di mantenere alto il numero dei precari che allo Stato costano meno dei docenti di ruolo, con classi che a marzo sono ancora senza docenti, reclutati poi tra studenti universitari per riuscire a coprire i buchi. Vogliamo rendere l'Italia consapevole di cos'è la scuola oggi? Aiutaci per favore a far emergere tutto il marcio che c'è. Abbiamo una dignità: come persone e come lavoratori al servizio dello Stato e della crescita dei suoi cittadini».
Al servizio dello Stato e dei cittadini. Lo avrebbe sottoscritto Platone che nel suo dialogo intitolato il Politico ragiona proprio su chi sia chi governa e quale sia il suo compito. Per farlo narra un mito secondo il quale, all'origine, il cosmo era governato da Chronos (il Tempo) che provvedeva a tutto ciò di cui gli uomini avevano bisogno. Ma questa condizione beata, in cui il genere umano era oggetto di cura divina, aveva durata finita e, quando il movimento cosmico raggiunse la sua misura, Chronos si ritirò e lasciò libero il mondo: tutto quello a cui provvedeva divenne responsabilità umana. Gli uomini però, incapaci di provvedere a se stessi, rischiavano l'estinzione, e gli dei allora intervennero donando loro «le tecniche» necessarie alla vita ma affidando al genere umano quello che era stato il compito di Chronos: «prendersi cura di sé da se stessi». Il racconto mostra come, quando inizia il «tempo umano», cioè quello affidato a ciascun uomo, esso si declina come Cura: la condizione umana è «pro-curare» ciò che è necessario per conservare la vita e farla fiorire, infatti nessun essere sulla Terra ha un tempo di svezzamento così lungo come noi. Da qui nasce la politica: la cura della comunità. L'umano è quindi incrocio di tecnica (dono divino da custodire) e cura (azione umana), dal contadino al ministro, dal soldato al medico, dal genitore al maestro. E anche se tutto, in qualche modo, è politica, il politico propriamente detto è colui che può assumere incarichi di governo perché è capace di cura e possiede le tecniche, cioè il sapere pratico necessario a realizzarla. Senza questa duplice dimensione di tecnica (sapere e saper fare) e di cura (rendere più viva la vita altrui) il politico (letteralmente colui che cura la polis, la comunità) non può fare il politico: in assenza di tecnica e di cura il governo diventa immediatamente controllo e violenza, come accade a qualsiasi educatore incapace. Il mio essere insegnante è «politico» solo se conosco l'arte di insegnare e con essa faccio crescere gli studenti; il mio essere scrittore è «politico» se conosco l'arte di scrivere e con essa faccio crescere chi mi legge. Questa lettera, una delle tante ricevute in queste settimane di concorsi, mostra come, nel nostro sistema di reclutamento scolastico, manchi proprio la «politica»: sono assenti la tecnica (test inadeguato a reclutare un professionista dell'educazione) e la cura (costrizione a scrivere sul proprio corpo). L'agire politico è sostituito da quello burocratico. Un modo di governare corpi e anime inaccettabile a cui non ci ribelliamo forse perché non riusciamo più a farlo, presi come siamo dalla sopravvivenza. Ipnotizzati da una comunicazione centrata sul perenne stato di emergenza (pandemia, guerra...) che imprigiona nella paura anime e corpi, non curiamo ferite incancrenite: dei docenti, precariato abnorme (20% dei docenti), numero di concorsi illegale (dal 2000 solo tre: per legge dovrebbero essere triennali), abbandono scolastico al 15%, scarso benessere degli alunni a scuola (il 75% dice di star male a scuola), edilizia scolastica inadeguata... Questo governo, essendo più o meno trasversale, avrebbe potuto occuparsi del sistema scolastico portando a termine riforme su cui ci dovrebbe essere un «consenso» derivante dal «buonsenso», a prescindere dal colore politico: riforme che riguardano circa dieci milioni di persone (1 milione tra docenti e collaboratori e 9 milioni di ragazzi), un sesto della popolazione che ha bisogno di «cura». Nel PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza), varato dopo la pandemia per orientare i finanziamenti europei, gli articoli dedicati alla scuola sono solo quattro, nei quali non trovo soluzioni adeguate al reclutamento docenti. Vi si propone l'introduzione di una scuola di formazione, l'ennesimo organo centralizzato e burocratico lontano dalle esigenze reali della scuola (quando ho preso l'abilitazione io c'era una scuola di specializzazione di due anni che poi fu abolita), non si parla della carriera dei docenti, se non con le solite generiche promesse di oboli a pioggia. Un'occasione probabilmente persa. Platone definisce la politica «arte di allevare gli esseri umani in comunità», ma il verbo «allevare» vuol dire far crescere e non trattare come bestie da macello, «marchiate» nel corpo e nell'anima.
LA GHIGLIOTTINA. Scuola, la farsa dell’esame impossibile per diventare insegnante di ruolo. RAFFAELE SIMONE su Il Domani l'08 aprile 2022
Come i preti, anche gli insegnanti di ruolo scarseggiano. Ma con una differenza: per i preti c’è una crisi di vocazione; gli insegnanti la vocazione ce l’hanno, e magari insegnano da anni, sia pure da precari: quel che manca è il concorso.
Finalmente, dopo una serie di annunci, promesse, rinvii, annullamenti, il bando di concorso tanto anelato è arrivato nel 2021, per merito della peraltro vituperata ex ministra Lucia Azzolina. I 500mila pensavano quindi di essere finalmente arrivati al termine delle loro pene. Il sospiro di sollievo è però durato poco.
Hanno scoperto che c’è una serie di ostacoli preliminari da superare: per essere ammessi alle prove occorrono 24 crediti universitari (i famigerati cfu) e, una volta ottenuti questi, una preselezione, con un quiz dalle domande assurde (e in alcuni casi sbagliate). Solo dopo si accede alla prova, che consiste in una lezione di 45 minuti da tenersi dinanzi al giurì.
RAFFAELE SIMONE. Professore ordinario di Linguistica Generale dal 1980. Ha studiato Filosofia a Roma e ha poi trascorso periodi di studio in Francia e in Germania. Ha insegnato in diverse università italiane prima di passare alla Sapienza di Roma (1980) e poi a Roma Tre (1992).
Scuola, cambia il percorso per diventare prof. E arrivano gli aumenti di stipendio slegati dall'anzianità. Ilaria Venturi su La Repubblica il 12 aprile 2022.
La bozza di riforma sarà presentata oggi ai sindacati. Serviranno 60 crediti per l'abilitazione, metà con il tirocinio nelle classi. I concorsi saranno annuali, con l'obiettivo di arrivare a 70mila immissioni in ruolo entro il 2024.
Tre strade per arrivare al concorso e alla cattedra di ruolo alle medie e superiori, una più agevolata per i precari storici. Più formazione - 60 crediti - tra teoria e tirocini, in aggiunta alla laurea magistrale o a ciclo unico per l'abilitazione: di fatto un reintegro del vecchio Tfa, il corso universitario di formazione e abilitazione alla professione di docente.
«Concorso ordinario scuola, vietato usare fogli di carta. L’assurda prova riservata a noi prof di matematica». Elena Corna, Marza Michelutti e Francesco De Rosa su Il Corriere della Sera l'8 aprile 2022.
Per colpa del regolamento della prova al computer, alcuni di noi non hanno potuto usare neanche la penna e hanno fatto i calcoli a mente, altri se li sono scritti sulla mano.
Il giorno 7 aprile 2022 si è svolta la prova per la classe di concorso A47 – Scienze Matematiche Applicate (valida per l’insegnamento della matematica in tutti gli istituti tecnici e professionali e nel liceo scientifico delle scienze applicate, quello con l’informatica al posto del latino, ndr), che ci piace definire «la sorella sfigata di tutte le classi di Matematica», per diversi motivi. Innanzitutto è stata esclusa dal concorso sprint che è stato organizzato l’estate scorsa in tutta fretta per le altre classi di concorso STEM (scienze, tecnologia, matematica e ingegneria, ndr), senza un chiaro motivo, nonostante essa condivida con le altre il programma, approfondendo la parte di matematica finanziaria e probabilità; può essere insegnata da tutti gli Ingegneri, che invece sono esclusi dalle altre classi di concorso per una mera questione di crediti formativi, ma poi le ore di questa materia vengono assegnate a titolari di classi di concorso di Matematica. Ma finalmente c’è stato il concorso! Il concorso che avevano bandito nel 2020, e rimandato più volte, a causa della pandemia. Un concorso che avrebbe dovuto essere strutturato con 6 domande a risposta aperta, al fine di valutare la preparazione dell’insegnante negli ambiti didattici, pedagogici, normativi e anche la conoscenza della lingua inglese. E invece, a novembre 2021, il cambio di rotta!
Dopo il successo dei concorsi a risposta multipla STEM, con la loro percentuale di bocciati pari a circa il 95%, le prove del concorso ordinario vengono tutte ristrutturate come quest’ultima, ovvero con 50 domande a crocette da cui rispondere in 100 minuti, usando il mouse del computer ma senza la possibilità di avere un foglio di carta e una penna. Quindi via tutta la parte di normativa, la parte di pedagogia e la parte di didattica, che per mesi abbiamo approfondito in vista del concorso. E mentre i candidati per le materie umanistiche lamentano test puramente nozionistici, dove sarebbe necessario avere una conoscenza enciclopedica della materia, il nostro era pieno di calcoli. Prima di cominciare abbiamo chiesto di avere carta e penna come nel concorso STEM di luglio 2021, ma non ci è stato concesso. Non è previsto, ci è stato detto: «Il test è tranquillamente risolvibile senza l’uso di carta e penna». E invece, alla terza domanda, l’amara sorpresa: un esercizio sul calcolo di sistemi in forma parametrica, e da lì in poi tutta un’altra serie di richieste e calcoli da svolgere senza l’ausilio di nessun supporto cartaceo. Per coloro che hanno studiato la materia, ci sono stati chiesti calcoli di derivate prime seconde e terze, calcoli di interessi, montanti e cedole da svolgere a mente, algebra booleana, e calcoli su figure geometriche di cui non avevamo neanche un’immagine a schermo su cui lavorare. Queste modalità di verifica non le proponiamo ai nostri allievi. Perché noi dobbiamo essere valutati come se fossimo delle enciclopedie o dei calcolatori elettronici? Ma quel che è peggio è che non in tutte le sedi d’esame i candidati hanno ricevuto lo stesso trattamento. Alcuni infatti - a giudicare dalle immagini che circolano in Rete - hanno almeno potuto usare la penna per scriversi tutti i calcoli sulla mano. Altri invece hanno avuto a disposizione - beati loro! - sia la carta che la penna.
Noi professori siamo abituati a sviluppare una certa resilienza alle situazioni che si propongono a scuola: alunni in crisi, genitori che si rivolgono a noi con toni non del tutto educati, strutture scolastiche che spesso sono fatiscenti e scarse risorse tecnologiche da usare a fronte di uno stipendio che risulta essere tra i più sottopagati d’Europa. Siamo anche consapevoli della responsabilità che abbiamo di fronte alla società e nei confronti degli studenti e per chi ci sta di fronte ogni mattina nutriamo un profondo rispetto. Allora ci chiediamo perché chi ci guida non usa con noi la stessa attenzione che noi riserviamo ai nostri alunni? Che senso ha avuto ieri proporre dei quesiti avulsi dalla realtà della didattica svolta in classe e negare carta e penna per fare i calcoli? Quali imbrogli strani avremmo potuto commettere? Nei vari corsi di aggiornamento che abbiamo fatti fin qui ci è stato sempre detto che quando la classe ad una verifica risulta per oltre il 50% insufficiente, il problema non è da ricondurre totalmente al gruppo studenti ma anche al docente, al suo modo di insegnare e per questo è chiamato a mettersi in discussione. Ecco: se alla prova di ieri siamo stati quasi tutti bocciati, siamo sicuri che sia perché siamo stati negligenti? Noi abbiamo dei forti dubbi in merito.
Concorso ordinario scuola. «Io l’ho passato ma i quiz a crocette sono pieni di risposte “quasi” giuste». Isabella Nova su Il Corriere della Sera l'8 aprile 2022.
Isabella Nova, assegnista di ricerca in letteratura greca: «Adesso anche il ministro Bianchi critica la procedura. Ma perché quando fu approvata la modifica al concorso con prova secca a crocette nessuno alzò la voce, neanche i sindacati?»
Sono Isabella Nova, al momento assegnista di ricerca in Università Cattolica, con un dottorato in letteratura greca. Dopo aver insegnato come supplente per qualche anno nei licei milanesi, mi sono iscritta, nel luglio 2020, sia al concorso straordinario per l’assunzione in ruolo (riservato a chi aveva già tre anni di servizio nelle scuole statali), sia al concorso ordinario (aperto a tutti). Il primo si è svolto tra novembre 2020 e febbraio 2021 e io ho partecipato per la classe di concorso A013 (latino e greco nei licei classici). La prova era costituita da cinque domande a risposta aperta. Sono risultata prima in graduatoria in Lombardia, ma per complicati cavilli burocratici (dovuti allo scorrimento di una precedente graduatoria) non ho potuto scegliere la scuola e sono stata assegnata d’ufficio ad una provincia per me scomoda. Ho presentato domanda di mobilità a marzo e sono in attesa del risultato.
Il concorso ordinario, invece, non si è svolto subito e, anzi, il bando originario (che prevedeva una preselettiva, due prove scritte e un orale) è stato modificato a novembre 2021 in vista di una «semplificazione» della selezione: una sola prova scritta a «crocette», con correzione automatica e immediata, e una successiva prova orale. Chiaramente, in questo modo i tempi della selezione possono essere più veloci, ma la prova scritta diventa di stampo principalmente nozionistico: non si valuta la capacità di impostare un ragionamento, argomentare, fare collegamenti, ma solo la conoscenza mirata di alcuni fatti. Per di più, un concorso a crocette è il solo tipo di prova che, potenzialmente, può essere superato anche da chi non è preparato (basta «azzeccare» la risposta giusta e, anche per esclusione o a caso, si può «indovinare») e rischia invece di penalizzare nel risultato chi si lascia confondere dalle alternative proposte (scelte con ampio uso di «distrattori», cioè risposte simili a quella giusta, che possono confondere sul momento il candidato in preda alla tensione per il concorso).
Al momento della modifica del bando, però, non si è manifestata nessuna protesta o obiezione da parte di sindacati, politici, insegnanti o candidati (come invece sta accadendo in questi giorni): se qualcuno davvero riteneva che la prova non fosse adeguata, il momento per segnalarlo doveva essere quello. Si è espresso anche il Ministro Bianchi, in questi giorni, sull’inadeguatezza della prova a crocette! Il calendario delle prove, quindi, è stato pubblicato il 23 febbraio 2022 (circa due anni dopo il primo bando) con inizio delle prove, per alcune classi di concorso, il 14 marzo: pochissimo tempo, quindi, per prepararsi e per conciliare lo studio con qualsiasi altra esigenza. Anche su questo, purtroppo, non si è vista nessuna protesta.
Ammesso tutto questo, però, devo dire che le prove che ho affrontato io non erano impossibili. Ho superato sia la prova per A022 (italiano, storia e geografia alle medie), tenutasi il 22 marzo, sia quella per A011 (italiano e latino nei licei), il 4 aprile. Le prove erano strutturate con 50 quesiti a risposta chiusa, di cui 40 sui contenuti disciplinari, 5 di inglese e 5 di informatica, ognuna valeva 2 punti e la sufficienza era con 35 risposte giuste, cioè 70/100. La prova per A011 era pienamente fattibile per chi avesse la preparazione necessaria ad insegnare. Si trattava di riconoscere passi di letteratura latina e italiana molto famosi, attribuirli al corretto autore o all’opera, individuare la corretta traduzione di un passo o il modello latino di un testo di letteratura italiana, e qualche domanda semplice di lingua latina. I quesiti di storia antica potevano risultare più insidiosi, ma erano tutti risolvibili con il ragionamento. Rimaneva sicuramente un gruppo di domande eccessivamente dettagliate e slegate dalla pratica scolastica (cosa ritraevano le carte nautiche medievali italiane o quale sia la teoria geografica di Lucio Gambi), ma in nessun modo queste potevano compromettere la sufficienza, se si aveva una preparazione adeguata.
La prova per A022, per la quale si è registrata un’altissima percentuale di bocciati (946 promossi su circa 6600 candidati), era più strettamente nozionistica: erano richieste date esatte di avvenimenti storici o riferimenti precisi a personaggi (chi è il papa del Dictatus Papae? Gregorio VII), riferimenti letterari molto dettagliati (si chiedeva di individuare correttamente uno scritto in prosa di Montale e le alternative erano tutte opere in prosa di Montale -la soluzione era il discorso per il premio Nobel). Tra le domande di informatica, per entrambi i concorsi, immancabilmente presente era il PNSD (piano nazionale scuola digitale), con domande come: ‘a cosa si riferisce la sigla OER nel PNSD’? (la sigla sta per: Open Educational Resources). E adesso? A fronte di due prove superate, rimane ancora incerto il resto del percorso: non c’è il calendario delle prove orali (è stata estratta la lettera per iniziare le convocazioni, ma nel caso di A022, a partire dalla lettera R è stato pubblicato il calendario delle convocazioni fino ai candidati con cognome iniziante per V) e non ci sono tempi certi per le assunzioni in ruolo (come accade ad ogni concorso per la scuola). Nel mio caso, oltretutto, c’è una variabile in più: sto ancora aspettando di sapere a quale sede sarò destinata per il concorso vinto l’anno scorso e con il punteggio più alto in Lombardia.
Concorso scuola, la beffa di un prof di ruolo: «Ho fatto da cavia, hanno bocciato anche me». Marco Ricucci, professore di Italiano e Latino presso il Liceo Scientifico Leonardo da Vinci di Milano e docente a contratto presso l’Università degli Studi di Milano, su Il Corriere della Sera il 4 Aprile 2022.
Record di respinti nel nuovo concorso ordinario con risposte a crocette: «Io, laureato con massimo dei voti, due anni di scuola di specializzazione, 10 in cattedra alle medie, con questo sistema non sarei entrato di ruolo».
Il concorso è finalmente arrivato per tanti aspiranti docenti, giovani e vecchi, precari storici e novizi, e lo Stato, dovendo «scremare» con la mannaia tale pletora di quasi mezzo milione di domande presentate nel 2020, ha avuto la fortuna di poter applicare la versione del concorso «semplificato», approvato col decreto 73 del maggio 2021 e i decreti attuativi del dicastero guidato dal Ministro Bianchi. Ai più attempati, posti davanti al monitor di un computer, nel rispondere a domande a crocette, sarà senza dubbio venuta in mente la sigla di un famoso programma di Renzo Albore: «Sì, la vita è tutt’un quiz/E noi giochiamo/E rigiochiamo/Perché noi non ci arrendiamo/Fino a quando non vinciamo…».
Questa è la sensazione che si aveva sia per la novità dello scritto del concorso a riposta multipla rispetto alle domande aperte più tradizionali, sia per la durata del medesimo, ovvero 100 minuti in cui uno «si giocava» il proprio futuro professionale, per così dire. Il concorso, così svolto, ha l’innegabile vantaggio di essere velocizzato, rispetto ai tempi titanici che Commissioni, formate da docenti di ruolo, impiegavano, di solito, nel correggere le prove scritte del concorso vecchia maniera: non solo per l’alto numero degli elaborati, ma anche perché i commissari non hanno mai avuto nessuna agevolazione come ad esempio l’esonero dal servizio o una riduzione - seppur momentanea - dalle ore svolte a scuola, per tacere poi dei compensi da fame, cambiati di poco da quelli «scandalo» del concorso ai tempi renziani del 2016 . Insegnare al mattino, correggere i compiti, partecipare alle riunioni e poi correggere, con lucidità adeguata, migliaia di prove scritte del concorso è una fatica tantalica, in quanto si aspirerebbe a fare bene, e con serietà, tutto quanto dovuto, il che tuttavia è altamente improbabile.
Concorsi Stem, tre in meno di un anno basteranno a riempire i buchi idi matematica e fisica?
Il Ministero dell’Istruzione ha pubblicato i famigerati «Quadri di riferimento» per ogni classe di concorso (materia scolastica) ovvero i contenuti su cui qualche agenzia specializzata nel confezionare quiz ha tenuto conto, su mandato dei Ministero, per formulare le variegate domande: a leggerle con attenzione, si tratta, tuttavia, dello scibile umano, che nemmeno un Pico della Mirandola avrebbe potuto memorizzare. Dopo i fatidici 100 minuti, la stragrande maggioranza degli aspiranti docenti ha avuto l’onere e l’onore di avere subito il verdetto di un quiz che è stato definito «la ghigliottina» come un gioco a premi su RAI 1: chi avesse risposto ad almeno 35 risposte corrette su 50 (di cui 5 su informatica, 5 su inglese), raggiungendo la soglia della sufficienza ovvero un punteggio di 70 su 100 (ogni risposta esatta vale 2 punti), accedeva alla finale, ovvero al colloquio in cui, come da copione, in 45 minuti l’aspirante docente deve mimare una sorta di lezione davanti a una commissione di docenti di ruolo.
Insomma, ancora una volta i candidati, aboliti i percorsi di formazione iniziale dei docenti come SISS e TFA, che includevano un tirocinio diretto in aula, sono stati selezionati in base a mere conoscenze nozionistiche, ignorando del tutto gli aspetti pedagogici, emotivi e attitudinali di chi deve salire in cattedra. L’unico vero apprendistato per imparare a insegnare rimane il precariato, in cui ci si fa le ossa, nell’attesa della stabilizzazione attraverso la modalità tirata fuori dal cappello del politico di turno. Basterebbe leggere il brillante e documentatissimo saggio di Francesco Magni, ricercatore presso l’Università di Bergamo, «Formazione iniziale e reclutamento degli insegnanti in Italia. Percorso storico e prospettive pedagogiche» (Studium, Roma 2019), per rendersi conto che nel nostro Paese, ma in particolare in determinate discipline e aree geografiche dello Stivale, giovani laureati aspiranti docenti continuano a essere lasciati in balìa di procedure di selezione incerte e farraginose.
Se dunque abbiamo inquadrato il problema, sia a livello storico-pedagogico, sia a livello scolastico, in cui ogni anno la «supplentite» è un male cronico, come mai non è possibile un concreto e radicale cambio di paradigma? Dobbiamo essere inesorabilmente condannati alle fatiche di Sisifo per cui docenti si diventa per fortuna e non per merito? Il quale merito consiste in preparazione, attitudine, motivazione, parametri che un sistema di selezione serio dovrebbe avere per reclutare il corpo docente. Ancora una volta si è consumato un torto nei confronti dei nostri studenti, in quanto un sistema inadatto, troppo sbrigativo, aveva il compito di scegliere i loro futuri insegnanti mediante domande, le quali avevano risposte incerte, altre imprecise, altre perfino troppo semplicistiche.
La grande bocciatura dei «crocettatori» ha però risolto l’antico problema di reperire docenti per le commissioni: se si considera, ad esempio, che per Lettere alle medie (classe di concorso A022 secondaria primo grado) i candidati alla prova scritta erano circa 6.000 e gli ammessi alla prova orale sono 964, per poco più di 900 cattedre libere e vacanti, si capisce perché assai prontamente l’USR per la Lombardia abbia costituito appena due commissioni, in tempi record. Di fronte a questo «efficientismo» della macchina organizzatrice, grazie alla quale il concorso sarà espletato, questa volta, in tempi normali e i vincitori saranno verosimilmente in cattedra a settembre 2022, rimane il ragionevole dubbio se sia rimasto escluso qualche candidato meritevole e capace, vista la procedura poco prima illustrata.
Sicuramente, io posso parlare per me: ho partecipato regolarmente alla prova come «cavia» umana volontaria, se mi si consente l’espressione, per provare l’ebbrezza del concorso ordinario, in quanto io sono entrato di ruolo dopo essere stato selezionato e abilitato con la SISS attraverso lo scorrimento delle Graduatorie ad Esaurimento. Ebbene, ho raggiunto 68/70 nella prova computerizzata: ho una laurea in lettere conseguita col massimo dei voti, un corso biennale di formazione specialistico per diventare professore, quasi 10 anni di insegnamento alle medie, un anno di formazione e prova superato. Sono «colpevole» di non aver saputo, ad esempio, indicare il titolo di un romanzo tra quattro di altrettanti autori siciliani dati come alternative nelle risposte, non ambientato in Sicilia. La risposta corretta è Eva di Giovanni Verga, un romanzo scritto dal grande scrittore prima di aderire al Verismo, quando viveva a Milano: ho scoperto che si svolge a Firenze! La differenza, però, è sostanziale: chi ha studiato seriamente per prepararsi al concorso (all’inizio doveva essere a risposta aperta), sarà rimasto allibito di fronte a domande del genere e amareggiato per non essere selezionato in base a criteri sensati, mentre io non ho fatto altro che affrontare il concorso come un gratta-e-vinci, per poi, bocciato, ritornare a occupare la mia cattedra di ruolo. Speriamo nella prossima volta, in un concorso basato su criteri diversi. Io però non ci sarò.
Massimo Arcangeli per “Libero quotidiano” l'8 aprile 2022.
Non è rara la presenza, in una commissione concorsuale, di una precisa categoria di persone: i presuntuosi che si credono più intelligenti di tutti, e dovendo allestire test o elaborare domande da sottoporre ai candidati ricorrono a trabocchetti dei quali, di frequente, sono poi vittime loro stessi. Di queste persone, da quel che stiamo vedendo, ce ne sono un bel po' anche tra i fenomeni che hanno approntato i test del concorso scolastico ordinario in corso di svolgimento. E c'è anche di peggio.
Chiede un quesito (proposto per la selezione degli insegnanti di sostegno), con riferimento al contenuto dell'art. 34 della nostra Costituzione, quale delle quattro opzioni seguenti sia giusta. Quell'articolo riconosce il «ruolo degli istituti comprensivi nell'ambito territoriale» (a), le «modalità organizzative degli istituti paritari» (b), l'«autonomia delle istituzioni scolastiche» (c) o la «libertà d'insegnamento» (d)? Niente di tutto questo, perché l'interessato - l'opzione corretta è l'ultima - è l'art. 33 del testo costituzionale.
In un altro quesito si chiede - in lingua inglese - di riconoscere le prime righe («the first lines») di un libro famoso. Ecco la frase proposta: «I begin with writing the first sentence - and trusting to Almighty God for the second» ("Comincio a scrivere la prima frase, confidando per la seconda nell'onnipotenza divina"). Per il selezionatore il libro in questione sarebbe il "Tristram Shandy" di Laurence Sterne.
Peccato che si confonda l'inizio del romanzo col momento in cui la voce narrante, parlando di come avviare un libro, si dichiara convinta che il suo incipit, oltreché il più religioso, sia il migliore di tutti gli inizi possibili: quel momento compare, nella "vulgata" del romanzo a puntate di Sterne, nel secondo capitolo dell'ottavo volume dell'opera, che chiunque abbia elaborato il quesito non ha evidentemente mai aperto.
Domanda di fisica: «Se si immerge un solido avente una massa di 0,1 kg in un recipiente di 100 centimetri cubi di acqua, il livello di questo cresce e il volume totale del liquido più il solido immerso sale a 125 centimetri cubi. Quanto vale la densità assoluta del solido?». Anche qui nessuna delle quattro possibilità previste (400 kg/cm3, 400 g/cm3, 4 g/dm3, o,004 kg/m3), è quella corretta (4 g/cm3).
Non si contano, nel concorsone scolastico, gli esempi di test assurdi, mal posti, fuori programma, erronei - come nei casi appena visti - o anche solo ambigui. Il cammino è una sequenza o una successione di passi? E la congiunzione "ebbene", nell'esempio «Gli avevo chiesto se poteva farmi un favore, ebbene ha rifiutato», ha un valore conclusivo (l'opzione ritenuta giusta) oppure avversativo? Ha entrambi i valori, ovvio, e l'avversativo pesa addirittura di più: "Gli avevo chiesto se poteva farmi un favore, ma ha rifiutato".
La giurisprudenza italiana è chiarissima in materia di inattendibilità (o dubbia attendibilità) scientifica di un quesito a risposta multipla, si tratti di una prova di concorso o di un test selettivo per l'accesso agli studi universitari. Per una selezione degna di questo nome, che ottemperi ai criteri - a tutela del buon andamento della Pubblica Amministrazione, secondo quanto contemplato dall'art. 97 della nostra Costituzione - della proporzionalità, della ragionevolezza e dell'adeguatezza (Legge n.241/90), è necessaria l'assoluta «certezza ed univocità della soluzione» (TAR Campania, Napoli, sezione IV, sentenza 30 settembre 2011, n. 4591), che non deve prestare il fianco ad ambiguità o contraddittorietà.
Queste, qualora investano più di un caso, possono peraltro riflettersi negativamente sull'intera prova da sostenere da parte del candidato, disorientandolo, deconcentrandolo e facendogli sprecare il tempo che avrebbe potuto dedicare alla soluzione degli altri quesiti da svolgere (cfr. TAR Lombardia, Milano, sezione I, sentenza 29 luglio 2011, n. 2035; TAR Campania, Napoli, sezione IV, sentenza 30 settembre 2011, n. 4591 e sentenza 28 ottobre 2011, n. 5051).
Il governo deve dare una risposta a tutti i partecipanti beffati da un concorso che sarebbe da annullare. Fuori i nomi dei responsabili dei test del più grande scippo concorsuale dell'Italia repubblicana, consumato ai danni di migliaia di docenti sottoposti in molti casi, per giunta, a quesiti ipernozionistici, che nemmeno i peggiori telequiz televisivi. E intanto il ministro dell'Istruzione ha pure il coraggio di consigliare agli insegnanti di non impartire ai loro studenti troppe nozioni.
· Concorsi ed esami truccati all’università.
Milano, concorsi truccati all'università, per il pm è «cooptazione, ma non reato». Luigi Ferrarella Il Corriere della Sera l’1 dicembre 2022
La Procura chiede di archiviare 38 docenti (tra cui la neo ministra Anna Maria Bernini) indagati a Bari nel 2014. Il gip non condivide la tesi ma proscioglie tutti per intervenuta prescrizione
Cosa c’è alla base dei concorsi universitari? Il «do ut des». Ma non quello del reato di corruzione, secondo la Procura di Milano, bensì quello di «un collaudato rigido sistema di cooptazione», una «immanente logica di scambio» nella quale «a ognuno toccherà il proprio "turno di riconoscimento"»: disdicevole, ma non reato per il pm Luca Poniz, al quale però «sommessamente» pare che «potrebbe essere l’occasione perché il legislatore adatti le regole normative alle prassi, responsabilizzando chi la cooptazione pone in essere, secondo riconoscibili principi di etica e di trasparenza». È la motivazione con cui la Procura di Milano risulta (adesso da un provvedimento definitorio di un gip) aver chiesto (nel dicembre 2020) l’archiviazione delle ipotesi di reato di associazione a delinquere, corruzione, abuso d’ufficio e falso che nel 2011 i pm di Bari, prima del trasferimento di competenza nel 2014 a Milano per ritenuta connessione con un concorso all’Università Bicocca del 2008, avevano mosso a vario titolo a 38 docenti di numerosi atenei (tra i quali la neoministra dell’Università Anna Maria Bernini, l’ex componente del Csm Mauro Volpi, l’ex Garante della Privacy Francesco Pizzetti, il vicepresidente del Cnr Tommaso Frosini, o il vicepresidente della Scuola Superiore dell'Avvocatura, Salvatore Sica), «nel contesto della Associazione tra gli studiosi di diritto pubblico comparato ed europeo presieduta per tre lustri dall’accademico (pure ora archiviato) Giuseppe Franco Ferrari.
Ed è una tesi doppiamente interessante. Intanto perché proviene dalla stessa Procura milanese che, in un differente fascicolo istruito dai pm Scalas e Baj Macario, sta invece chiedendo di processare il per turbativa d’asta e falso i rettori delle Università Statale e San Raffaele, Elio Franzini e Enrico Gherlone, o l’infettivologo Massimo Galli. E poi perché ora il vaglio del gip Luca Milani (subentrato da ultimo agli iniziali gip titolari) condivide solo parzialmente questa tesi, sposando nel merito l’inesistenza della associazione a delinquere, ma sulla corruzione accogliendo l’archiviazione soltanto per intervenuta prescrizione «e non certo per infondatezza della notizia di reato», che altrimenti per il gip sarebbe stata «meritevole di approfondimento processuale in un contraddittorio che contemplasse anche i candidati eventualmente pregiudicati dall’esito finale» dei concorsi in esame.
Incontestato era che dalle intercettazioni baresi «emergesse chiaramente una fitta rete di relazioni tra gli esponenti di varie "scuole", di alleanze e ostracismi, amicizie e idiosincrasie», «un ambiente spregiudicato, litigioso e dalla etica incerta», «una interferenza indebita di soggetti estranei alle procedure concorsuali per esercitare una influenza nel giudizio». Solo che il pm fatica a ravvisarvi una corruzione (cioè uno specifico atto contrario ai doveri d’ufficio scambiato con una percepibile utilità), e coglie invece «un sistema "generale e immanente", operante all’interno (più che nell’ombra) del mondo universitario e dei suoi concorsi, nel quale è principio notorio, accettato e largamente condiviso, nonché talvolta spregiudicatamente praticato, quello secondo cui le scuole allevano e presentano i loro allievi, li fanno conoscere e lavorano per ottenerne un’affermazione accademica, secondo le tappe e le scansioni temporali, e in ragione di un mutuo accordo tra scuole con logiche di accordo e programmazione "nel tempo"».
Ciò che rende i concorsi universitari «assolutamente peculiari e diversi» dagli altri concorsi pubblici è per il pm il fatto che «i valutatori sono "interni" all’ambito accademico, e dunque già in astratto portatori di una "conoscenza domestica" degli aspiranti professori noti per saggi e convegni». Questo significa che «il confronto tra commissari, anche in momenti diversi da quelli formalmente deputati all’espressione del giudizio, non solo non è ontologicamente illecito, ma è finanche "fisiologico" e verrebbe da aggiungere "naturale"» nel senso della memoria difensiva argomentata dall’avvocato Massimo Ceresa Gastaldo: di essa il pm sposa l’idea che «l’attività scientifica e quella didattica implicano un’attività creativa che può essere giudicata solo da valutatori altamente competenti, la cui necessariamente ampia discrezionalità tecnica sia "compensata" a monte dalla carica democratica espressione di sistemi direttamente o indirettamente elettorali, e a valle dalla pubblicità della procedura e dalla verifica a valle dei risultati motivati».
Il tramestìo restituito dalle intercettazione è dunque brutto ma non reato ad avviso della Procura, secondo la quale al massimo, «e con l’evidente rischio di percorrere la via del teorema e della censura del "fenomeno" piuttosto che dei fatti, si potrebbe teorizzare l’esistenza di una per così dire "genetica" logica di scambio», nella quale le pur «"energiche manifestazioni di auspicio" nella direzione gradita da alcuni capiscuola, per quanto deprecabili e certo integranti un pessimo costume, non hanno in sé attitudine a integrare una condotta illecita, a tacere di quale sarebbe il carico penale derivante dalla rigorosa penalizzazione della prassi delle raccomandazioni in un sistema come quello italiano eticamente disinvolto».
Università, scandalo nella Genova-bene: il prof «vendeva» esami e tesi, indagati 29 studenti. Andrea Pasqualetto il 12 Ottobre 2022 su Il Corriere della Sera.
Nella bufera alcuni corsi di laurea di Economia dell’Università ligure. Il pm: il docente scriveva tesi e inviava le risposte giuste via Whatsapp durante le prove. Coinvolti tra gli altri il figli dell’armatore Messina e il nipote dell’arcivescovo Balestrero. A rischio le carriere accademiche.
C’è il figlio dell’armatore Messina che si è fatto scrivere una tesi di laurea di Economia dal titolo lungimirante: «Il problema della successione nelle imprese familiari»; c’è la nipote dell’ex sottosegretario vaticano per i rapporti con gli Stati, l’arcivescovo Balestrero, che durante alcuni esami scritti aspettava le risposte via whatsapp, naturalmente per riportarle paro paro sui fogli dei test; ci sono parenti di imprenditori, manager, immobiliaristi, politici. In tutto 29 studenti, quasi tutti rampolli della Genova bene che per superare esami e stringere sui tempi hanno pensato di ricorrere all’aiutino offerto da un professore compiacente e conosciuto nel capoluogo ligure: Luca Goggi, 47 anni, dal 2020 dirigente scolastico dell’istituto comprensivo di Prà. Non un docente universitario, ma un insegnante comunque molto preparato e affidabile. La procura di Genova ci ha visto un sistema truffaldino e ha deciso di indagare lui e 29 studenti per «falsa attribuzione di lavori altrui da parte di aspiranti al conferimento di lauree, diplomi, uffici, titoli e dignità pubbliche». Che mette nei guai il professore e rischia far saltare esami e lauree dei novelli dottori, oltre che prevedere una pena fino a tre anni di reclusione. L’indagine, condotta sul campo dalla Guardia di finanza, si è chiusa in questi giorni con il deposito degli atti che precede
Il prezzo
«Goggi eseguiva o comunque procurava le risposte a quesiti scritti di esami universitari nonché dissertazioni di tesi a vantaggio degli studenti, con le aggravanti del raggiungimento dell’obiettivo, del fine di lucro,e all’abitualità», scrive il pm Francesco Ardona Albini nell’atto finale. Sul lucro del docente è presto detto: 35 euro all’ora per le tesi, dai 70 in su sempre all’ora per le ripetizioni offerte in vista dell’esame che normalmente duravano un mesetto. Il che significa che per superare la prova lo studente pagava oltre mille euro di ripetizioni, costo che lievitava per il «servizio laurea».
Il sistema
Funzionava così: in vista dell’esame il candidato si rivolgeva al prof per chiedere lezioni private e «supporto» finale. Il giorno della prova scritta fotografava le tracce, le inviava con whatsapp a Goggi e lui rispondeva in tempi rapidi con lo svolgimento. «Gli studenti poi andavano in bagno a leggerle e trascriverle», spiega l’inquirente. Diverse gli esami interessati: «Storia economica», «Economia della mobilità urbana», «Statistica», «Ragioneria generale», «Economia degli intermediari finanziari», «Economics of boating»... Tutte prove dei corsi di laurea di Economia dell’Università di Genova. Ma il prof si adoperava, come si è detto, anche per le tesi. Ne ha scritte decine: «Benetton spa e le sue strategia», «La concorrenza tra hub aeroportuali passeggeri», «Le crociere di lusso», «Il settore automotive e la guida autonoma»... e avanti così. La firma in calce era del laureando, l’autore era lui nei panni di gosthwriter.
L’esposto
L’indagine è partita tre anni fa da un esposto dell’ateneo che segnalava alcune stranezze riscontrate negli scritti, corroborate da voci di fuga di tracce. Goggi non usava infatti molte cautele e fra gli studenti il suo contributo era diventato un must per chi sceglieva la scorciatoia. Messi in allarme, gli uomini della Guardia di finanza hanno così preso a controllare alcune sessioni d’esame. Decidendo di intervenire nel corso di una di queste. Hanno bussato a casa di Goggi e l’hanno trovato mentre scambiava messaggi con uno studente che gli aveva appena mandato alcune domande.
La flagranza
Nel frattempo Goggi ha comunque continuato a insegnare. Due anni fa ha fatto il salto di qualità: da docente dell’Istituto Montale a dirigente del Prà. Gli inquirenti stanno cercando di capire perché le autorità scolastiche abbiano consentito la promozione pur sapendo dell’indagine in corso. Una domanda, poi, su tutte: quei telefonini in un’aula d’esame che fotografano e inviano, possibile?
La difesa
Gli avvocati degli studenti tagliano corto. Nicola Scodnik, che difende Balestrero, preferisce non commentare. Giuseppe Giacomazzi (Messina) la liquida come posizione marginale. Lorenza Russo, alla quale si sono rivolti diversi indagati, si limita a precisare che i suoi clienti non sono figli di personaggi famosi: «Famiglie benestanti, certo, ma non famose. Quanto al resto vorrei prima leggere gli atti».
Obiettivo: pezzo di carta
Emerge un dato comune, quasi un vezzo: questi studenti «bene» sembrano interessati più al pezzo di carta che al voto finale. Alessandro esce con 86/110, Giulia con 82, Stefania con 85, Andrea con 79, Giacomo con 80... Nessuno sopra il 100. E anche i voti d’esame non erano da primato: 18, 19, 20, 21. Insomma, l’importante era superare la prova e tagliare il traguardo della laurea al più presto. Costasse quel che costasse.
Esami truccati a Genova, il racconto di Elisa la supertestimone: «Mi bocciavano, così gli altri compravano la promozione». Andrea Pasqualetto su Il Corriere della Sera il 15 Ottobre 2022
Il racconto della studentessa di 25 anni agli inquirenti che indagano su 29 universitari di Economia per aver «comprato» prove e tesi da un docente: «Lo facevano soprattutto i ricchi»
Bocciata per la terza volta. Esame di Ragioneria generale, la sua bestia nera. Nel 2019 Elisa aveva 25 anni e il sogno della laurea in Economia. Che fare? In preda allo sconforto ne parlò con Alessandro, suo compagno di corso all’Università di Genova. «E lui mi ha dato il numero di telefono di tale Luca di Albaro, il quale teneva lezioni di ripetizione a casa sua che mi avrebbero garantito il superamento dell’esame. I costi erano però troppo alti e ho deciso di lasciar perdere, anche perché i miei genitori erano contrari».
«Dipendeva da quanto pagavi»
Non c’era solo Alessandro a consigliarle di rivolgersi a quel Luca di Albaro: Paolo, Nicolò, Umberto, Matilde, Edoardo, Andrea... «Tutti figli di famiglie facoltose della zona di Albaro», precisa Elisa davanti agli investigatori che hanno indagato su certe prove scritte del dipartimento di Economia, sollecitati in ciò dalla stessa Università che sospettava il trucco degli esami copiati.
Luca di Albaro era il professor Luca Goggi, oggi quarantasettenne preside dell’Istituto comprensivo di Prà. Allora insegnava in una scuola secondaria ma aveva comunque un’ottima preparazione in alcune materie tecniche, tanto da diventare il mito degli studenti universitari con pochi scrupoli che grazie a lui si garantivano il superamento di certi esami. «Dipendeva da quanto pagavi e lui ti assicurava un certo trattamento... Mi era stato detto che avrei dovuto inviargli una foto del compito durante l’appello e che lui l’avrebbe svolto inviandomi la soluzione in diretta».
«Non me la sentivo»
Già scoraggiata dai suoi genitori, Elisa dice che non se l’è proprio sentita di sfruttare l’opportunità offerta dal prof compiacente. Ma non tanto per il costo, che pure sarebbe stato un problema. «No, per il fatto che non sarei stata in grado di fare una cosa simile durante il compito».
Ha scelto così la strada più irta ma almeno lecita e per lei anche meno ansiogena: testa bassa sui libri e avanti. Risultato? «Ce l’ho fatta, ho superato l’esame. Ricordo che subito dopo lo scritto ero in compagnia di Matilde e di una sua amica per confrontarci sull’esame appena sostenuto e l’altra mi ha mostrato il suo cellulare. C’era la foto delle soluzioni manoscritte del compito che avevamo appena fatto. Era whatsapp, la cosa mi ha sorpreso ...». Era la foto inviata dal professor Goggi. Funzionava così: in prossimità dell’esame lo studente chiedeva lezioni private al prof, il giorno della prova scritta fotografava il testo con esercizi e domande e il docente inviava a stretto giro lo svolgimento e le risposte.
Lo scandalo
La testimonianza di Elisa ha dato impulso all’indagine della procura di Genova che ha portato a scoperchiare il sistema truffaldino degli esami e delle tesi copiate dagli studenti di Economia, per lo più figli della Genova bene. Famiglie di imprenditori, professionisti, politici, pure di un alto prelato. Uno scandalo che ha travolto il professore in questione, finito indagato insieme con gli studenti che si avvalevano dei suoi servizi spericolati.
«Loro sono benestanti e possono farlo», ha detto Elisa, combattuta fra la tentazione di ricorrere al «sistema Goggi» e la vocina che da dentro le ha detto no, è ingiusto, consigliata in ciò anche dalla faccia torva di suo padre.
«L’ho superato!»
Alla fine ci avrà messo qualche mese in più ma l’esame l’ha passato ugualmente e ora sua laurea è pulita e nessuno gliela può togliere. I suoi compagni, quei ventinove finiti nel registro degli indagati, rischiano invece di tornare fra i banchi universitari. Per non parlare del prof, lui vede nero.
Tesi ed esami falsati all’Università di Genova, indagati 29 studenti e un docente. Marco Lignana La Repubblica il 12 Ottobre 2022.
Fra gli indagati figurano cognomi molto noti a Genova. Da Riccardo Giacomazzi (della famiglia del costruttore), a Maria Balestrero (nipote del monsignore già al centro di indagini fiscali); da Giulia e Stefania Elies (parenti di un manager Piaggio) ad Alessandro Abbundo (familiare dell'ex consigliere regionale) fino a Paolo Messina, figlio di Stefano, presidente dell'omonimo gruppo di armatori, accusato di essersi fatto scrivere da Goggi la tesina intitolata "Il problema della successione nelle imprese familiari". Per il suo legale Giuseppe Giacomini "si tratta di una posizione del tutto marginale"
A ricevere l'avviso di conclusione delle indagini preliminari sono stati in trenta. Ventinove studenti di Economia (molti ormai ex alunni) e un insegnante di scuola superiore che negli ultimi anni ha fatto una brillante carriera, ed è arrivato a dirigere un istituto comprensivo. Ma per il sostituto procuratore Francesco Cardona Albini sono tutti responsabili di due reati che con il merito, caposaldo della formazione accademica, hanno proprio nulla a che fare. Anzi a quanto pare sembra servito a poco, per molti fra gli indagati, essere i rampolli di alcune delle più brillanti famiglie genovesi, imprenditori e manager, dirigenti pubblici e politici. Non hanno seguito le orme familiari dunque ma - sempre stando all'accusa - hanno cercato la scorciatoia illecita.
Secondo quanto ricostruito dalla Procura e dal Nucleo Operativo Metropolitano della Guardia di Finanza, l'allora insegnante delle superiori all'Eugenio Montale e oggi dirigente scolastico dell'istituto comprensivo di Pra', Luca Goggi, da casa sua suggeriva via WhatsApp alcune risposte d'esame agli studenti. In più, scriveva loro le tesine alla fine del ciclo triennale.
I finanzieri avevano scovato il professore a casa sua, cellulare in mano, mentre suggeriva ai propri ragazzi le risposte degli esami. Fra questi Ragioneria, Statistica, Economia della Mobilità Urbana, Politica Economica e Finanziaria. Nel frattempo un militare si era "infiltrato" in una sessione d'esame, e aveva avuto la conferma di come stavano andando davvero le cose. Gli episodi contestati sono avvenuti fra il 2018 e il 2019: sempre secondo gli inquirenti, ogni ora dedicata alla scrittura delle tesi costava 35 euro.
A far partire gli accertamenti erano state le segnalazioni degli stessi studenti. Perché di fronte a un esame in particolare, quello di Ragioneria Generale, chi seguiva le ripetizioni private da Goggi - difeso dall'avvocato Federico Figari - riusciva sempre a passare, anche se non pareva proprio preparatissimo. In più, sfornava tesine di buon livello in tempi record. Ai trenta indagati è contestato li reato previsto da una vecchia legge del 1925 sulla "falsa attribuzione di lavori altrui da parte di aspiranti al conferimento di lauree, diplomi, uffici, titoli e dignità pubbliche".
Interpellato sulla vicenda, il rettore Federico Delfino ha spiegato che "quando abbiamo appreso dell'inchiesta, nel marzo 2021, abbiamo scritto alla Procura per eventuali provvedimenti. La risposta fu che le indagini erano ancora in corso, quindi abbiamo aspettato. Adesso bisogna distinguere fra chi è ancora iscritto all'Università e chi è ormai fuori dall'Ateneo. Per i primi, in caso di rinvio di giudizio, la commissione disciplinare potrà comminare una sospensione fino a 18 mesi. I secondi invece non sono più nostre matricole, e una eventuale decisione si potrà prendere solo in caso di condanna definitiva".
Fra gli indagati figurano cognomi molto noti a Genova. Da Riccardo Giacomazzi (della famiglia del costruttore), a Maria Balestrero (nipote del monsignore già al centro di indagini fiscali); da Giulia e Stefania Elies (parenti di un manager Piaggio) ad Alessandro Abbundo (familiare dell'ex consigliere regionale) fino a Paolo Messina, figlio di Stefano, presidente dell'omonimo gruppo di armatori, accusato di essersi fatto scrivere da Goggi la tesina intitolata "Il problema della successione nelle imprese familiari". Per il suo legale Giuseppe Giacomini "si tratta di una posizione del tutto marginale".
Gli studenti indagati - seguiti fra gli altri dai legali Lorenza Rosso, Nicola Scodnik, Maurizio Tonnarelli, Ernesto Monteverde, Massimo Boggio, Andrea Vernazza - sono: Alessandro Cafiso, Valeria Cevasco, Giulia Elies, Stefania Elies, Andrea Migliaccio, Giacomo Roveda, Matteo Pittaluga, Eugenio Bottino, Alessandro Abbundo, Paolo Messina, Maria Balestrero, Camilla Cartasegna, Edoardo Sinisi, Benedetto Avallone, Emanuele Vallarino, Francesco Ceriana, Federico Bartolaccini, Edoardo Piccin, Ludovica Casaleggio, Emanuele Ceppellini, Francesco Ciliberti, Tommaso Mansanti, Matteo Morasso, Lorenzo Talarico, Marco Cesari, Gabriele Macchiavelli, Riccardo Giacomazzi, Niccolò Scelti, Enrico Ciurlo.
Tutti sanno, nessuno denuncia: e i concorsi universitari truccati annegano nell’omertà. Si moltiplicano le indagini sulle prove manomesse che portano in cattedra chi non merita di diventare professore. Se ne occupa anche l’Antimafia. Ma pochi parlano, per paura delle ritorsioni. E tra depenalizzazioni e prescrizione, i magistrati hanno armi spuntate. Gloria Riva su L'Espresso il 19 settembre 2022.
Oreste Gallo è uno dei pochi camici bianchi a usare la tecnica microinvasiva per verificare la presenza di cellule tumorali del cavo orale. Dirige il reparto di Otorinolaringoiatria all’ospedale universitario fiorentino Careggi ed è professore all’Università di Firenze. Nonostante il suo curriculum e le 225 pubblicazioni scientifiche, la sua carriera nell’università italiana non proseguirà oltre. Nel 2017 si è presentato alla Procura fiorentina anticipando i nomi dei vincitori di alcuni imminenti concorsi per professori ordinari.
Mafia universitaria: concorso truccato all'Istituto Nazionale di Fisica Nucleare.
Segnalazione di Christian Corda ad Antonio Giangrande del 23 settembre 2022
Gentile Dottor Giangrande,
Spero che Lei ed i Suoi cari stiate bene in questi tempi difficili (Covid-19, guerra Russia-Ucraina, eccetera). Sono un fisico teorico ed astrofisico italiano che ha ottenuto dei risultati riconosciuti dalla comunità scientifica internazionale, vedere ad esempio CV allegato (molte di pagine n.d.a.)
Nel 2019 vinsi il posto di Professore Ordinario di Fisica Teorica alla prestigiosa università di Istanbul, in Turchia (l’autocratica Turchia pare più meritocratica della democratica Italia). Purtroppo, per via del Covid-19 la mia carriera accademica si è dovuta interrompere essendo dovuto rientrare in Italia da Istanbul dopo soli due mesi, avendo in Italia, a Prato in Toscana, per la precisione, una moglie e due figli piccoli (attualmente 12 e 7 anni). Per via della scarsità dei concorsi e della difficoltà a poterli superare (per via del noto problema del baronato universitario) nelle università e centri di ricerca italiani, da due anni faccio supplenza in una scuola superiore della città in cui vivo, Prato, in Toscana. L'anno scorso partecipai al concorso bandito dall'Istituto Nazionale di Fisica Nucleare B.C. 23524/2021. Nonostante il mio CV ed i risultati della mia ricerca scientifica siano superiori, non solo a quelli degli altri candidati, ma addirittura a quelli dei Commissari del concorso, sono stato vergognosamente trombato con delle valutazioni ridicole sia allo scritto sia riguardo i titoli. Riguardo lo scritto, avevo parlato di argomenti sui quali avevo ottenuto dei prestigiosi premi e riconoscimenti internazionali. In più, i Commissari del concorso non erano esperti dei miei rami di ricerca. Per quanto riguarda i titoli, come già detto il mio CV è migliore di quello degli stessi Commissari...
Il tutto è spiegato in dettaglio nel ricorso gerarchico che ho inviato ieri al ministro dell'università e della ricerca e che troverà in allegato. Ho fatto ricorso al ministro e nei prossimi giorni denuncerò penalmente i Commissari alla Procura della Repubblica. Agire sul penale è probabilmente l'unico modo di fare del male a questi signori. Non posso permettermi infatti di pagare un ricorso al TAR che, nove su 10, verrebbe respinto per cavilli amministrativi. Io le faccio questa segnalazione, poi veda lei se è il caso di diffonderla mediaticamente Il problema dei baroni universitari, che fanno danno anche negli istituti di ricerca a cui sono purtroppo collegati, è un cancro che andrebbe estirpato una volta per tutte. Si tratta purtroppo di un'autentica mafia che, seppur non sparando, stronca le carriere e distrugge le persone. Ma il fatto ancor più grave è che da qualche anno, purtroppo, i nostri partiti politici stanno candidando a vari importanti posti di potere personaggi organici a questo tipo di mafia.
Ci sono stati e ci sono vari baroni universitari che sono e/o sono stati ministri, presidenti del consiglio, sindaci di importanti città, presidenti di importanti regioni. Costoro portano la loro inettitudine e la loro capacità di fare intrallazzi (in questo sono davvero bravissimi) nell'amministrazione dello Stato con le conseguenze degradanti che vediamo oggi. Anziché essere cacciati a pedate da università e centri di ricerca come meriterebbero, gli vengono date posizioni di potere e stipendi enormi. Vengono fatti passare per grandi amministratori e statisti (sic). Spesso pontificano di "merito, onestà e moralità" mentre in realtà continuano a fare i loro porci comodi fregandosene di tutto e di tutti.
Grazie per la sua cortese attenzione ed un caro saluto, Christian Corda
Professor Christian Corda via Bixio 4, 59100 Prato (PO)
Oggetto: Ricorso gerarchico avverso il risultato della prova scritta e la valutazione dei titoli del sottoscritto, Professor Christian Corda, riguardo il concorso INFN B.C. 23524/2021
Alla cortese attenzione del Ministro dell’università e della ricerca, Professoressa Maria Cristina Messa
Gentile Professoressa Messa,
Anzitutto, mi auguro che Lei ed i Suoi cari stiate bene in questi tempi difficili (Covid-19, guerra Russia-Ucraina, eccetera).
Antefatto: per via di vari risultati della mia ricerca riconosciuti dalla Comunità Scientifica internazionale, sono un fisico teorico ed astrofisico abbastanza noto sia a livello italiano che internazionale, come si può vedere facendo qualche ricerca su internet e consultando il CV che ho inviato all’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN) per la partecipazione al concorso INFN B.C. 23524/2021. Sulla base di tale CV, nel 2019 vinsi il posto di Professore Ordinario di Fisica Teorica alla prestigiosa università di Istanbul, in Turchia (l’autocratica Turchia pare più meritocratica della democratica Italia). Purtroppo, per via del Covid-19 la mia carriera accademica si è dovuta interrompere essendo dovuto rientrare in Italia da Istanbul dopo soli due mesi, avendo in Italia, a Prato in Toscana, per la precisione, una moglie e due figli piccoli (attualmente 12 e 7 anni). Per via della scarsità dei concorsi e della difficoltà a poterli superare (per via del noto problema del baronato universitario) nelle università e centri di ricerca italiani, da due anni faccio supplenza in una scuola superiore della città in cui vivo, Prato, in Toscana. E veniamo al dunque.
Con la presente, il sottoscritto, Professor Christian Corda, nato a Nuoro il 3 Luglio 1969, residente a Prato in via Bixio numero 4, CAP 59100, ricorre gerarchicamente contro la sua bocciatura allo scritto del concorso INFN B.C. 23524/2021, notificatagli via email il 3 Agosto 2022 dalla segretaria della Commissione Dottoressa Filomena Foglietta, per le seguenti motivazioni:
Le valutazioni della sua prova scritta e dei titoli presentati dal sottoscritto per il concorso INFN B.C. 23524/2021 sono semplicemente ridicole e vergognose. Verrà facilmente dimostrato che, per via delle suddette ridicole e vergognose valutazioni, i Commissari del concorso INFN B.C. 23524/2021 si sono di fatto automaticamente posti in stato di flagranza di reati penali d’abuso d’uffico, falso ideologico e diffamazione ai danni del sottoscritto, con conseguenze penali rilevanti, per cui, in aggiunta a questo ricorso gerarchico, sarà cura e piacere del sottoscritto portare la sua causa davanti ad una Procura della Repubblica. In effetti, arresto ed interdizione dall’Università dei Commissari sono state le conseguenze di un’indagine su un recente concorso truccato all’Università di Palermo, e di un’altra indagine su un altro recente concorso truccato all’Università di Genova.
Cominciamo dalla ridicola e vergognosa valutazione della mia prova scritta, per la quale i Commissari del concorso INFN B.C. 23524/2021 hanno dato al sottoscritto il ridicolo voto di 131 punti su 200, laddove era necessario un minimo di 140 per essere ammessi all’orale. Il sottoscritto ha trattato nella sua prova scritta due argomenti teorici di fisica della gravitazione, per la precisione, buchi neri quantistici e teorie estese della gravitazione come potenziale rimpiazzo di materia oscura ed energia oscura. Andando a considerare in dettaglio i CV e le pubblicazioni dei Commissari Donato, Piccinini, Degrassi (Presidente della Commissione) e Greco risulta evidente che costoro non hanno MAI lavorato su buchi neri quantistici e teorie estese della gravitazione, mentre, come verrà facilmente dimostrato tra un po’, il sottoscritto è da considerarsi uno dei maggiori esperti italiani, e, secondo qualcuno, mondiali di tali campi di ricerca. L’unica Commissaria ad avere parzialmente lavorato in questi campi di ricerca è, forse, la Commissaria Orselli, anche se la sua attività di ricerca in proposito non è neppure lontanamente paragonabile a quella del sottoscritto ne dal punto di vista qualitativo, ne da quello quantitativo, come potrà facilmente essere riconosciuto anche da occhi non esperti semplicemente confrontando i due CV (quello del sottoscritto e quello della Commissaria Orselli). Sui citati campi di ricerca il sottoscritto ha infatti ottenuto dei prestigiosi premi e riconoscimenti internazionali, ossia, tra gli altri,
due Honorable Mentions ai Gravity Research Foundation Awards, che sono la massima competizione annuale mondiale nei rami di Cosmologia e Gravitazione,
la vittoria del Community Rating del FQXi Essay Contest. 2013: “It From Bit, or Bit From It?” con il più alto Community Rating nella storia degli FQXi Essay Contests sino ad allora,
un Certificato di Onore per la Ricerca Scientifica dalla Nagpur University, India, la Honorary Fellowship, della European Society of Computational Methods in Sciences, Engineering and Technology.
In più l’articolo di autore singolo "Interferometric detection of gravitational waves: the definitive test for General Relativity", che ha vinto una Honorable Mention ai 2009 Gravity Research Foundation Awards, è stato inserito, unico al mondo, dall'editore internazionale World Scientific Publishing sia tra i suoi 12 articoli di ricerca celebrativi per il 135-esimo anniversario di Albert Einstein, sia tra i suoi 15 articoli di ricerca celebrativi l'evento mondiale della rivelazione di onde gravitazionali da parte della Collaborazione LIGO, ed ha ricevuto una Nomination per il Khwarizmi International Award, che è il massimo riconoscimento scientifico iraniano.
Su questo articolo di ricerca il sottoscritto ha basato la parte del suo scritto riguardante le teorie estese della gravitazione come potenziale rimpiazzo di materia oscura ed energia oscura.
Va inoltre enfatizzato che i giudici della Gravity Research Foundation sono notoriamente tra i massimi esperti mondiali della fisica della gravitazione e dunque degli argomenti trattati dal sottoscritto nella sua prova scritta.
Ora, se alcuni tra i massimi esperti mondiali degli argomenti trattati dal sottoscritto nella sua prova scritta reputano il suo lavoro ai massimi livelli mondiali, come diamine è possibile che quattro Commissari di un concorso per ricercatore di terzo livello che non hanno mai lavorato in quei campi di ricerca ed una Commissaria dello stesso che ci ha parzialmente lavorato ottenendo risultati neppure lontanamente paragonabili a quelli del sottoscritto, si permettono di dire che la prova scritta del sottoscritto è insufficiente?! Ma stiamo scherzando?!
Siamo con ogni evidenza in presenza di una valutazione assolutamente errata e vergognosa. Forse i Commissari del concorso INFN B.C. 23524/2021 pensavano di avere a che fare con uno sprovveduto. Come ben saprà, Professoressa Messi, esiste una consuetudine che viene rigorosamente seguita da tempi immemorabili, nell’ordinamento giuridico, non solo italiano, ma anche internazionale, al punto da poter oggi essere considerata un autentico principio giuridico, secondo la quale i giudizi di merito scientifico di chi sta più in alto nella piramide di un certo campo di ricerca sono insindacabili da chi sta più in basso. I giudici della Gravity Research Foundation stanno al vertice della piramide scientifica della teoria della gravitazione, mentre la Commissaria Orselli sta molto più in basso ed i Commissari Donato, Piccinini, Degrassi e Greco NON ne fanno proprio parte. Nello svalutare in modo vergognoso lo scritto del sottoscritto, i Commissari del concorso INFN B.C. 23524/2021 hanno chiaramente violato il principio giuridico sopra citato, ponendosi di fatto in stato di flagranza di reati penali di falso ideologico ed abuso d’ufficio ai danni del sottoscritto. Inoltre, nel comunicare tale giudizio alla Segretaria della Commissione, Dottoressa Foglietta, hanno commesso un ulteriore reato di diffamazione ai danni del sottoscritto in quanto il suo lavoro, che ha ottenuto apprezzamenti di eccellenza ai massimi livelli mondiali, è stato vergognosamente denigrato agli occhi della stessa Dottoressa Foglietta.
Se avessero fatto bene il loro lavoro i Commissari del concorso INFN B.C. 23524/2021, non essendo esperti del ramo di ricerca del sottoscritto, avrebbero dovuto confrontare lo scritto del sottoscritto al concorso con i lavori di ricerca da lui presentati. Gli articoli di ricerca che hanno ottenuto due Honorable Mentions ai Gravity Research Foundation Awards ed il massimo Community Rating del FQXi Essay Contest del 2013, che sono alla base dello scritto del sottoscritto, sono infatti stati da me presentati tra le 10 pubblicazioni, lavori a stampa, progetti ed elaborati tecnici previsti dal concorso. A quel punto, poiché i premi e riconoscimenti ottenuti dal sottoscritto erano enfatizzati sia negli stessi lavori presentati, sia nella relazione sul contributo personale del candidato per ciascuna delle pubblicazioni allegate sia nel CV del sottoscritto, i Commissari, in quanto inesperti in tali campi di ricerca, o esperti di livello inferiore quali la Commissaria Orselli, si sarebbero dovuti limitare a riconoscere e certificare il giudizio espresso dai giudici della Gravity Research Foundation e, di conseguenza, ad assegnarmi un punteggio decisamente maggiore, e sicuramente non insufficiente. I maggiori responsabili di questa vergogna sono chiaramente la Commissaria Orselli, unica parzialmente esperta nei campi di ricerca del sottoscritto, ed il Presidente Degrassi che avrebbe dovuto vigilare sulla situazione.
Ma anche gli altri Commissari non sono esenti da colpe perché in questi casi la responsabilità è collegiale ed anche gli altri Commissari avrebbero dovuto prestare maggiore attenzione.
Passiamo ora alla ancora più ridicola, offensiva, denigrante e diffamatoria valutazione dei titoli del sottoscritto. Anzitutto va enfatizzato che, come ampiamente documentato nel suo CV, il sottoscritto sia stato in passato Professore Ordinario di Fisica Teorica sia negli USA che in Turchia, mentre è abilitato presso il MIUR come Professore di Seconda Fascia di fisica teorica delle interazioni fondamentali, che comprendono gli aspetti matematici, fenomenologici e computazionali della fisica teorica subnucleare, nucleare, astro-particellare, della gravità e delle onde gravitazionali, sin dal Febbraio 2014. Quindi, riguardo al concorso INFN B.C. 23524/2021, il sottoscritto sta di fatto concorrendo per una posizione inferiore alla quale è effettivamente abilitato da quasi un decennio. Solo questo implica che la valutazione di 45.5 su 100 è vergognosamente bassa. Ma questo è niente rispetto al seguito. Per il concorso INFN B.C. 23524/2021 il sottoscritto ha presentato un elenco di pubblicazioni scientifiche così suddivise:
65 pubblicazioni di autore singolo in riviste scientifiche internazionali e Proceedings di conferenze internazionali a revisione paritaria;
60 pubblicazioni con altri autori in riviste scientifiche internazionali e Proceedings di conferenze internazionali a revisione paritaria;
Più di 60 altre pubblicazioni tra pubblicazioni con la Collaborazione Virgo ed altre Collaborazioni Internazionali in riviste scientifiche internazionali a revisione paritaria e Proceedings di Conferenze e Convegni Internazionali a revisione paritaria.
Quindi un totale di quasi 200 pubblicazioni in riviste scientifiche internazionali e Proceedings di conferenze internazionali a revisione paritaria. Nel presentare il suo CV il sottoscritto ha dichiarato che i suoi indici bibliometrici e le sue citazioni,
calcolati su Google Scholar erano, in data 6 Ottobre 2021: Indice h = 39, i10-index = 104, numero citazioni = 6745. In data 17 Agosto 2022 sono risultati, sempre su Google Scholar: Indice h = 39, i10-index = 105, numero citazioni = 7108.
Andiamo dunque a confrontare, le pubblicazioni, le citazioni e gli indici bibliometrici del sottoscritto non con quelli degli altri candidati, ma con quelle dei Commissari del concorso INFN B.C. 23524/2021, rilevate sempre in data 17 Agosto 2022.
Andando a considerare in dettaglio le pubblicazioni, le citazioni e gli indici bibliometrici dei Commissari risulta che:
1) Il sottoscritto ha più pubblicazioni di autore singolo di tutti i Commissari del concorso INFN B.C. 23524/2021 messi insieme! Va enfatizzato che, relativamente ai criteri di valutazione, le pubblicazioni di autore singolo sono le più importanti per il concorso INFN B.C. 23524/2021, vedere il bando del concorso che, nei criteri di valutazione, dice esplicitamente che vada valutata la “Rilevanza e grado di aggiornamento dell’attività di ricerca, con particolare riferimento ai contributi personali conseguiti anche in collaborazioni nazionali e internazionali”.
2) Il sottoscritto ha più premi e riconoscimenti per la ricerca scientifica effettuata di tutti i Commissari del concorso INFN B.C. 23524/2021 messi insieme! Ricordiamo i più importanti tra questi premi e riconoscimenti: tre Honorable Mentions ai Gravity Research Foundation Awards, che sono la massima competizione annuale mondiale nei rami di Cosmologia e Gravitazione, vittoria del Community Rating del FQXi Essay Contest. 2013: “It From Bit, or Bit From It?” con il più alto Community Rating nella storia degli FQXi Essay Contests sino ad allora, un Certificato di Onore per la Ricerca Scientifica dalla Nagpur University, India, la Honorary Fellowship, della European Society of Computational Methods in Sciences, Engineering and Technology. In più l’articolo di autore singolo "Interferometric detection of gravitational waves: the definitive test for General Relativity", che ha vinto una Honorable Mention ai 2009 Gravity Research Foundation Awards, è stato inserito, unico al mondo, dall'editore internazionale World Scientific Publishing sia tra i suoi 12 articoli di ricerca celebrativi per il 135-esimo anniversario di Albert Einstein, sia tra i suoi 15 articoli di ricerca celebrativi l'evento mondiale della rivelazione di onde gravitazionali da parte della Collaborazione LIGO, ed ha ricevuto una Nomination per il Khwarizmi International Award, che è il massimo riconoscimento scientifico iraniano. Si tratta di un articolo di autore singolo che in data 17 Agosto 2022 ha 345 citazioni su Google Scholar (diventate 350 oggi, 12 Settembre 2022). NESSUNO dei Commissari del concorso INFN B.C. 23524/2021 ha un articolo di autore singolo con un numero così alto di citazioni! In questo caso il bando di concorso dice chiaramente che un importante criterio di valutazione è proprio il “Grado di rilevanza e numero di premi o riconoscimenti all’attività personale”.
3) Gli articoli di ricerca del sottoscritto che hanno ottenuto i citati premi e riconoscimenti internazionali facevano parte delle 10 Pubblicazioni, lavori a stampa, progetti ed elaborati tecnici previsti dal concorso assieme ad altre pubblicazioni in prestigiosissimi giornali internazionali, la maggior parte delle quali erano pubblicazioni di autore singolo, cioè le più importanti ai fini del concorso.
4) Il sottoscritto ha più pubblicazioni del Presidente Degrassi (dal CV di Degrassi risultano 77 pubblicazioni).
5) Il sottoscritto ha più pubblicazioni di autore singolo di quante la Commissaria Orselli ne ha in totale (in data 17 Agosto 2022 risultano 50 pubblicazioni totali della Commissaria Orselli su Google Scholar)!
6) Il sottoscritto ha indici bibliometrici e numero di citazioni calcolati su Google Scholar nettamente più alti della Commissaria Orselli (in data 17 Agosto 2022 risultano essere per la Commissaria Orselli: Indice h = 20, i10-index = 33, numero citazioni = 1449, per il sottoscritto: Indice h = 39, i10-index = 105, numero citazioni = 7108).
7) Il sottoscritto ha l’i10-index nettamente più alto del Presidente Degrassi su Google Scholar (in data 17 Agosto 2022: 105 per il sottoscritto, 69 per il Presidente Degrassi.
8) Il sottoscritto ha più pubblicazioni della Commissaria Donato (dal CV di Donato risultano 124 pubblicazioni).
9) Il sottoscritto ha l’i10-index più alto della Commissaria Donato su Google Scholar (in data 17 Agosto 2022: 105 per il sottoscritto, 87 per la Commissaria Donato).
10) Il sottoscritto ha l’i10-index leggermente più alto del Commissario Greco su Google Scholar (in data 17 Agosto 2022: 105 per il sottoscritto, 102 per il Commissario Greco). Vediamo inoltre quali sono i risultati più importanti della ricerca del sottoscritto quali erano chiaramente enfatizzati nel suo CV presentato per il concorso INFN B.C. 23524/2021:
Il sottoscritto ha migliorato 160 anni di fisica Newtoniana relativa alle orbite dei pianeti dimostrando che, contrariamente ad una erronea credenza, lunga appunto oltre 160 anni, la precessione del perielio dell’orbita di Mercurio può essere calcolata con buona approssimazione nella teoria Newtoniana se si tiene conto in modo corretto della massa pianeta. Per gli altri pianeti l’effetto addizionale trovato dal sottoscritto risulta troppo forte e va mitigato con la dilatazione temporale di Einstein che è un effetto di relatività generale, vedere Christian Corda, Physics of the Dark Universe 32, 100834 (2021),
Il sottoscritto ha dimostrato con 6 anni di anticipo alle celebri rivelazioni di LIGO e Virgo che la nascente astronomia gravitazionale basata sullle onde gravitazionali sarà la prova definitiva della relatività generale, vedere Christian Corda, Int. J. Mod. Phys. D, 18, 2275 (2009),
Il sottoscritto ha migliorato la celeberrima teoria di Hawking sull'evaporazione dei buchi neri, vedere Christian Corda, Int. J. Mod. Phys. D, 21, 1242023 (2012),
Ha trovato lo spettro quantistico del buco nero, vedere Christian Corda, Eur. Phys. J. C 73, 2665 (2013), 2665-6;
Il sottoscritto ha dimostrato che il buco nero è l'analogo gravitazionale dell'atomo di idrogeno di Bohr, vedere Christian Corda, Class. Quantum Grav. 32, 195007 (2015),
Il sottoscritto ha trovato una nuova prova della teoria della relatività generale, vedere “New proof of general relativity through the correct physical interpretation of the Mössbauer rotor experiment”, Awarded Honorable Mention in the 2018 Essay Competition of the Gravity Research Foundation, Int. Journ. Mod. Phys. D 27, 1847016 (2018),
Il sottoscritto ha trovato una soluzione indipendente al paradosso dell'informazione dei buchi neri, vedere Christian Corda, Ann. Phys. 353, 71 (2015),
Il sottoscritto ha proposto alternative alla Dark Matter, vedere Christian Corda, Herman J. Mosquera Cuesta, Roberto Lorduy Gòmez,
Il sottoscritto ha proposto modelli di universo alternativi, vedere Christian Corda, Mod. Phys. Lett. A, 26, 2119 (2011),
Corda, Gen. Rel. Grav. 40, 2201 (2008),
C’è chi sostiene che l’aver corretto 160 anni di fisica Newtoniana relativa alla precessione del perielio di Mercurio ed aver trovato una nuova prova della teoria della relatività generale di Einstein (questo risultato è stato UFFICIALMENTE riconosciuto dagli esperti della Gravity Research Foundation) potrebbero entrare di diritto nella storia della fisica. In effetti, ricercatori che, nella storia della fisica, Einstein compreso, han trovato una prova della relatività generale si contano sulla punta delle dita ed il sottoscritto è uno di questi e l’unico vivente. Da quanto detto sopra è evidente che il livello della ricerca del sottoscritto è reputato eccellente dai maggiori esperti mondiali nel suo campo di ricerca. E’ altrettanto evidente che i risultati scientifici sono nettamente superiori, non solo di quelli degli altri partecipanti al concorso INFN B.C. 23524/2021 (dei quali il sottoscritto è andato ad analizzare i vari CV in dettaglio), ma anche della Commissaria Orselli, l’unica della Commissione del concorso INFN B.C. 23524/2021 che lavora in campi di ricerca simili a quelli del sottoscritto. E’ ancora evidente che gli stessi risultati scientifici del sottoscritto sono perlomeno dello stesso livello dei risultati scientifici degli altri Commissari, se non superiori. Ma come diavolo hanno fatto i Commissari a dare al sottoscritto la miseria di 45.5 punti su 100 per i titoli?! E’ oggettivamente una vergogna.
Chiaramente, la parte relativa ai risultati della ricerca scientifica è la più rilevante ai fini del concorso INFN B.C. 23524/2021, ma possono essere fatte ulteriori considerazioni. Ad esempio, tra i criteri di valutazione troviamo la partecipazione a comitati editoriali di riviste o attività di revisore di articoli per riviste scientifiche di livello nazionale o internazionale. Il sottoscritto risulta essere od essere stato, come evidente dal suo CV:
Editor in Chief (Caporedattore) di “Journal of High Energy Physics, Gravitation and Cosmology;
Editor in Chief (Caporedattore) di Theoretical Physics;
Editor in Chief (Caporedattore) di The Open Astronomy Journal;
Editor in Chief (Caporedattore) di The Hadronic Journal;
Editor (Redattore) delle seguenti Riviste Internazionali Scientifiche in Fisica Teorica, Astrofisica e Matematica,
Libri specialistici e Proceedings di Conferenze Internazionali:
Advances in High Energy Physics; The Open Astronomy Journal; The Hadronic Journal; Open Physics (ex Central European Journal of Physics); Galaxies; Frontiers in Astronomy and Space Sciences; The International Journal of Mathematics and Mathematical Sciences; The Open Journal of Microphysics; Gulf Journal of Mathematics; New Advances in Physics; Journal of Dynamical Systems and Geometric Theories, Pioneer Journal of Mathematical Physics; Algebras, Groups and Geometries; Electronic Journal of Theoretical Physics; The Big Challenge of Gravitational Waves: a new window in the Universe, libro di Nova Science Publishers; The Proceedings of the Third International Conference on Lie-Admissible Treatment of Irreversible Processes, (ICLATIP-3), KATHMANDU UNIVERSITY, Dhulikhel, Nepal; The Proceedings of the San Marino Workshop on Astrophysics and Cosmology For Matter and Antimatter, San Marino; American Institute Proceedings delle edizioni 2009, 2010, 2011, 2012, 2013 e 2014 della International Conference of Numerical Analysis and Applied Mathematics, Grecia. Endorser per le sezioni “general relativity and quantum cosmology” e “general physics” dell’archivio internazionale arXiv curato dalla Cornell University, USA.
Referee (Revisore Paritario) delle seguenti Riviste Internazionali Scientifiche in Fisica Teorica, Astrofisica e Matematica, Libri specialistici e Proceedings di Conferenze Internazionali:
Physics Letters B; Classical and Quantum Gravity; Annals of Physics; International Journal of the General Relativity and Gravitation Physics; Journal of Cosmology and Astroparticle Physics; Journal of High Energy Physics; Monthly Notices of the Royal Astronomical Society; Monthly Notices of the Royal Astronomical Society Letters; European Physical Journal C; European Physical Journal A; International Journal of Modern Physics D; American Institute of Physics Advances; American Institute of Physics Proceedings; Entropy; Physica A; International Journal of Theoretical Physics; Symmetry;
Advances in Space Research; Journal of Cosmology; Astrophysics and Space Science; Advances in Applied Clifford Algebras; International Journal of the Physical Sciences; Scientific Research and Essays; Journal of Modern Physics; Earth, Moon and Planets; Journal of Engineering and Technology Research; Apeiron; International Journal of Hydrogen Energy; Canadian Journal of Physics; Technologies; Universe; Galaxies; Physical Science International Journal; British Journal of Mathematics & Computer Science; Journal of Applied Physical Science International; Physical Science International Journal; Asian Journal of Mathematics and Computer Research; International Journal of Astrobiology.
Quindi, facendo il confronto non solo con gli altri candidati, ma anche con i Commissari del concorso INFN B.C. 23524/2021, la qualità e la quantità della partecipazione a comitati editoriali di riviste o attività di revisore di articoli per riviste scientifiche di livello nazionale o internazionale del sottoscritto risultano essere superiori. Nessuno dei Commissari del concorso INFN B.C. 23524/2021 è Editor in Chief (Caporedattore) di giornali specialistici internazionali nel loro campo di ricerca, a differenza del sottoscritto.
Si osservi inoltre che che il grado di rilevanza e numero di partecipazioni come relatore a convegni scientifici nazionali o internazionali (altro criterio di valutazione) del sottoscritto sono perlomeno dello stesso livello di quelli dei Commissari del concorso INFN B.C. 23524/2021, così come sono perlomeno dello stesso livello di quelli dei Commissari del concorso INFN B.C. 23524/2021 le organizzazioni di congressi scientifici o tecnologici o scuole avanzate come componente del comitato locale o internazionale del sottoscritto (altro criterio di valutazione). Sono perlomeno dello stesso livello di quelli dei Commissari anche la durata e grado di competitività di contratti e/o incarichi di ricerca presso atenei e istituti di ricerca nazionali o internazionali, consistenti con la missione dell’INFN del sottoscritto (altro criterio di valutazione), basti pensare a quanto prima riferito, e cioè che il sottoscritto Corda è stato in passato Professore Ordinario di Fisica Teorica sia egli USA che in Turchia, mentre è abilitato presso il MIUR come Professore di Seconda Fascia di fisica teorica delle interazioni fondamentali, che comprendono gli aspetti matematici, fenomenologici e computazionali della fisica teorica subnucleare, nucleare, astroparticellare, della gravità e delle onde gravitazionali, sin dal Febbraio 2014.
E’ anche abilitato a Professore Universitario di seconda fascia di astronomia, astrofisica, fisica della terra e dei pianeti presso il MIUR dal Dicembre 2013.
Stesso discorso per quanto riguarda i contributi all’organizzazione di eventi di comunicazione della scienza, seminari, lezioni, articoli, video e prodotti diversi di comunicazione della scienza, singoli o nell’ambito di manifestazioni più ampie, contributi ad attività di formazione o aggiornamento professionale, attività di collaborazione con le università consistenti con la missione dell’INFN (altro criterio di valutazione).
I contributi in proposito del sottoscritto sono perlomeno dello stesso livello di quelli dei Commissari del concorso INFN B.C. 23524/2021.
Si potrebbe continuare, Professoressa Messa, ma direi che può bastare così, in quanto da quanto detto sopra è lapalissiano che la valutazione di 45.5 punti su 100 dei titoli presentati dal sottoscritto per il concorso INFN B.C. 23524/2021 è una vergognosa svalutazione, che pone ancora una volta i Commissari in stato di flagranza di reati penali di falso ideologico abuso d’ufficio e di diffamazione ai danni del sottoscritto.
Da quanto detto è evidente che il livello scientifico del sottoscritto è di gran lunga superiore a quello richiesto al superamento di un concorso di Ricercatore di III livello e non possono venirgli assegnati la miseria di 45.5 punti su 100 per i titoli.
Mi permetto di enfatizzare, Professoressa Messa, che l’art. 97 della Costituzione Italiana stabilisce che l’accesso al pubblico impiego, salvo casi stabiliti dalla legge, avviene per concorso pubblico. Lo scopo è selezionare i candidati più idonei per quel posto di lavoro, rispettando i requisiti di efficienza ed imparzialità. Sulla base di quanto detto sopra, anche una persona inesperta capirebbe che il sottoscritto non può che essere considerato tra i più idonei, se non il più idoneo, tra quelli che si sono presentati a sostenere il concorso INFN B.C. 23524/2021, basti confrontare i vari CV.
Se vogliamo fare un paragone sportivo, è come se una squadra che ha vinto 3 scudetti nel calcio (le tre Honorable Mentions ai Gravity Research Foundation Awards che ho ricevuto negli anni 2009, 2012 e 2018 mi hanno automaticamente certificato come il migliore, assieme ad altri pochissimi colleghi italiani che le hanno eventualmente ottenute negli stessi anni, tra i ricercatori italiani nel mio ramo di ricerca in quegli anni) venga ritenuta inadatta a giocare in serie C di calcio da quattro allenatori di pallavolo (i Commissari Donato, Piccinini, Degrassi e Greco, del tutto inesperti nel mio campo di ricerca) e da un’allenatrice di calcio di serie C (la Commissaria Orselli).
Se ne deducono quindi due diverse possibilità: la prima è che i Commissari abbiano fatto il loro lavoro molto male, con estrema inettitudine, superficialità ed incompetenza, ma, tutto sommato, in buona fede ed abbiano preso un grosso granchio nei confronti del livello scientifico del sottoscritto. La seconda è invece che i Commissari abbiano truccato il concorso INFN B.C. 23524/2021 ai danni del sottoscritto (e forse di altri candidati) per far vincere il concorso a qualche loro protetto. Poiché il sottoscritto è di natura garantista, ha inizialmente voluto credere alla prima possibilità, ossia che i Commissari abbiano fatto il loro lavoro molto male, con estrema inettitudine, superficialità ed incompetenza, ma in buona fede, avendo preso un grosso granchio nei confronti del sottoscritto. Ha dunque inviato agli stessi Commissari alcune note facendo loro notare quanto scritto sopra ed invitandoli a cambiare i giudizi espressi sullo scritto e sui titoli del sottoscritto, ricevendo in data 5 Settembre 2022 la seguente risposta dal Direttore delle Risorse Umane dell’INFN, dottor R. Carletti:
“Gentile Prof. Corda, in relazione alla procedura concorsuale in oggetto e a seguito delle sue note pervenute, con la presente intendiamo sottolineare la correttezza di tale procedura indetta e gestita dall’Istituto, come anche confermare la fiducia riposta nella Commissione, la quale ha operato nel rispetto dei principi generali dell’attività amministrativa.
Cogliamo l’occasione per stigmatizzare il tono e il contenuto delle sue note che superano i limiti della ordinaria critica avverso gli esiti non soddisfacenti della procedura, risultando altresì lesive dell’immagine e degli interessi dell’Istituto e
restando impregiudicata la nostra facoltà di difenderli nelle opportune sedi. Distinti saluti.”
Dunque pare che il dottor Carletti, che, secondo il suo CV nel sito dell’INFN ha fatto parte dell'Autorità Nazionale Anticorruzione per un paio d’anni, sia più interessato al tono e il contenuto delle mie note, che al fatto che i Commissari del concorso INFN B.C. 23524/2021 abbiano commesso dei gravi reati penali ai danni del sottoscritto, badando più alla forma che alla sostanza. Se da un lato è vero che i toni delle mie note erano più forti di quelli usati in questo ricorso gerarchico, ma comunque sempre riferiti alle azioni e non alle persone, enfatizzando la possibilità di pesanti conseguenze penali ai danni degli stessi Commissari, per far bene loro capire che intendo andare sino in fondo a questa storia, dall’altro la risposta dello stesso dottor Carletti mi fa capire che ho fatto male a pensare che gli stessi Commissari fossero in buona fede. Dunque, oltre a farLe avere questo ricorso gerarchico, gentile Professoressa Messa, nei prossimi giorni mi recherò presso una Procura della Repubblica per denunciare penalmente i Commissari del concorso INFN B.C. 23524/2021 per i reati di falso ideologico, abuso d’ufficio e diffamazione ai miei danni chiedendo anche che si indaghi, vista la risposta del dottor Carletti, sulla presenza di un’eventuale associazione a delinquere all’interno dell’INFN. Inoltre, manderò copia di questo ricorso a vari media italiani, in particolare ai giornalisti che in passato si sono occupati di baronie universitarie e concorsi truccati, cercando di fare diventare il mio caso un caso mediatico.
Pertanto, Professoressa Messa, sulla base di quanto precedentemente scritto, ed in particolare dei gravi reati penali commessi dai Commissari del concorso INFN B.C. 23524/2021 ai miei danni, Le chiedo formalmente di annullare lo stesso concorso INFN B.C. 23524/2021, in attesa che la giustizia faccia il suo corso.
Il sottoscritto stabilisce la sua residenza di via Bixio 4, 59100 Prato, come sede dove poter ricevere eventuali notifiche relative a questo ricorso gerarchico. Grazie per la Sua cortese attenzione ed un caro saluto, Prato, 12 Settembre 2022,
Christian Corda
Christian Corda. Christian Corda è nato a Nuoro il 3 luglio 1969. Laureato in scienze fisiche, ha conseguito successivamente il dottorato di ricerca in fisica all’università di Pisa. Dal gennaio 2014 è abilitato presso il MIUR all’insegnamento universitario di fisica teorica ed astrofisica.
È Professore a contratto per il Research Institute for Astronomy and Astrophysics of Maragha, in Iran. È caporedattore dei giornali scientifici specialisti internazionali Journal of High Energy Physics, Gravitation and Cosmology, dell’editore internazionale Scientific Research e Theoretical Physics dell’editore internazionale Isaac Scientific Publishing.
È autore o coautore di circa 150 articoli di ricerca scientifica pubblicati nei maggiori giornali scientifici specialisti internazionali o in comunicazioni di conferenze internazionali soggetti al processo di revisione paritaria.
Premio internazionale. Un fisico barbaricino contesta il big Hawking. Lanuovasardegna.it il 02 giugno 2012.
NUORO. Questa volta, il premio lo ha ottenuto niente meno che per un articolo nel quale apporta una modifica sostanziale alla “Teoria dell’evaporazione dei buchi neri” del grande scienziato inglese Stephen Hawking. Qualche anno fa, invece, era stato premiato per un progetto di ricerca italo-francese che interessava all’osservatorio gravitazionale europeo. Continuano i successi, dunque, per il giovane fisico nuorese, Christian Corda, da anni ricercatore universitario in Toscana, e attualmente presidente dell’istituto di fisica matematica “Einstein-Galilei” di Prato.
Corda ha vinto lo scorso 15 maggio, per la seconda volta (la prima fu nel 2009) il prestigioso premio scientifico internazionale di menzione Onorevole della “gravity research foundation Essay competition”, che risulta essere la massima competizione scientifica annuale nei rami di ricerca di gravitazione e cosmologia. Il premio allo studioso nuorese è stato assegnato per l'articolo di ricerca dal titolo “Effective temperature, Hawking radiation and quasi-normal modes", nel quale Corda ha apportato una sostanziale modifica ala famosa"Teoria dell'evaporazione dei buchi neri" del celeberrimo scienziato inglese Stephen Hawking. Nel 2009 Corda aveva invece vinto lo stesso premio per aver dimostrato che la rivelazione interferometrica delle onde gravitazionali sarà il test definitivo della celeberrima teoria della relatività generale di Albert Einstein.
Il giovane ricercatore è figlio di due ex sindaci di Nuoro: Martino Corda e Simonetta Murru, e fratello di Ninni, stimato allenatore di calcio. Una famiglia molto conosciuta, dunque, nel capoluogo barbaricino e non solo.
Fisica, nuovo riconoscimento internazionale per Christian Corda: il giovane nuorese fornisce una nuova prova della relatività generale. Beatrice Raso il 18 Ottobre 2018 su meteoweb.eu.
Nuovo successo per Christian Corda, giovane fisico nuorese che, fornendo una nuova prova della relatività generale, si è guadagnato il prestigioso premio scientifico internazionale di menzione Onorevole della “2018 Essay Competition of the Gravity Research Foundation”. Si tratta del terzo riconoscimento di questo tipo conferito a Corda, che già si era aggiudicato il premio nel 2009 e nel 2012. Nel suo nuovo lavoro, pubblicato su International Journal of Modern Physics D, Corda ha fornito la corretta interpretazione di uno storico esperimento di Kündig dell’effetto Doppler Trasversale in un sistema rotante (Mössbauer rotor experiment). L’interpretazione di Corda dimostra che i risultati dell’effetto Doppler Trasversale sono una prova nuova, forte e indipendente dalla relatività generale.
INTERVISTA A CHRISTIAN CORDA, IL RICERCATORE CHE HA RIABILITATO NEWTON. Il professor Christian Corda racconta il suo lavoro attraverso questa intervista, in un viaggio tra eresia, teorie e molta scienza. Articolo a cura di Simone Caporali su tech.everyeye.it il 18 Giugno 2021
Alcuni giorni fa abbiamo dato la notizia che un ricercatore italiano ha dimostrato che la teoria della gravitazione universale riesce a calcolare la precessione del perielio per Mercurio con elevata precisione, al contrario di quello che si era pensato negli ultimi 160 anni. La precisione rimane inferiore a quella raggiunta con la teoria della relatività, ma non è per questo (come vedremo) un risultato meno importante. Oltre a questo, nella seconda parte del suo lavoro, ha dimostrato che per risolvere problemi complessi è possibile unire la teoria di Newton a quella di Einstein, così da poter lavorare con una matematica più semplice.
Questo ricercatore è il professor Christian Corda e ci ha gentilmente rilasciato un'intervista. Il professor Corda è attualmente professore visitante in India, per la precisione all'International Institute for Applicable Mathematics and Information Sciences di Hyderabad, è stato professore di Fisica Teorica a Istanbul, ha collaborato al progetto Virgo e ha scritto un libro divulgativo sulle onde gravitazionali. Gli argomenti trattati sono a nostro avviso estremamente stimolanti (potrete trovare il libro in questa pagina). Abbiamo parlato di sana discussione scientifica, del lavoro del professor Corda, di materia oscura, energia oscura, della realtà scientifica italiana e dell'importanza dell'età nella ricerca scientifica. Speriamo possa interessarvi e appassionarvi, che è ciò che la scienza, sempre, dovrebbe riuscire a fare!
Intervista
Everyeye: Salve professor Corda, come nasce la curiosità per il problema della precessione del perielio?
Professor Corda: Tutto nasce da alcune discussioni su Facebook che ebbi qualche tempo fa con un professore di matematica di liceo in pensione, Domenico Annunziata. Annunziata è uno che potremmo definire "eretico della scienza". In particolare è un critico della relatività ed inizialmente lo posi, erroneamente, all'interno della categoria dei crackpots, per poi ricredermi in quanto capii che si trattava in effetti di una persona con un rispettabile bagaglio matematico ed una certa intelligenza.
Cos'è la precessione del perielio?La precessione del perielio di Mercurio è un problema che studia la rotazione (precessione) di Mercurio nel punto più vicino al Sole (perielio). Tale punto varia nel tempo e diverse teorie danno valori diversi di questa variazione. Il fenomeno è previsto dalla teoria della gravitazione universale di Newton, che tuttavia calcola un valore inferiore di circa 43 secondi d'arco per secolo rispetto al valore osservato sperimentalmente, almeno fino ad oggi
Sulla teoria della relatività però lo considero prevenuto. Anziché un "crackpot" considero appunto Annunziata un "eretico" nell'accezione positiva del termine. Infatti, a volte la differenza tra "crackpot" e "genio incompreso" può essere labile e sfumata. Va infatti enfatizzato che tanti tra i più grandi scienziati della storia, compresi Einstein e Galileo, vennero inizialmente considerati degli eretici. Inoltre i più grandi scienziati della storia sono stati soliti dire e scrivere tantissime fesserie durante la loro carriera. Il punto è che le poche cose corrette che hanno detto e scritto sono poi passate alla storia della scienza diventando le fondamenta della scienza stessa.
È dunque in un'ottica di "mente aperta", ma guidata dal rigore matematico e dalla consistenza sperimentale ed osservativa tipici del metodo scientifico galileiano, che, a mio parere, va giudicato il lavoro di ricerca degli "eretici" come Annunziata, per il quale comunque, nonostante la prima impressione negativa, e vari litigi "scientifici", alcuni anche parecchio recenti dopo la pubblicazione del mio articolo, ho grande stima.
Durante le nostre discussioni Annunziata mi disse che in certi casi, inclusa la precessione del perielio di Mercurio, la relatività generale sarebbe meno attendibile della teoria di Newton e che la precessione del perielio di Mercurio poteva essere calcolata con precisione maggiore della relatività generale se si considerava la presenza della massa del pianeta. Al momento la cosa mi pareva enorme, ma tuttavia decisi di fare una verifica e mi misi a studiare il problema.
Everyeye: E qual è stato il risultato del suo lavoro?
Professor Corda: Il risultato della mia analisi è che Annunziata aveva solo parzialmente ragione. E' vero che la precessione del perielio di Mercurio poteva essere calcolata con precisione nella teoria di Newton, ma non era vero che la previsione Newtoniana fosse più attendibile di quella Einsteiniana.
In più, la formula Newtoniana non funziona per niente con gli altri pianeti. Essa infatti prevede che la precessione del perielio sia proporzionale alla massa del pianeta, e, dunque, se consideriamo i pianeti da Mercurio a Giove, dovrebbe essere massima per Giove e minima per Mercurio.
Crackpot e cranks sui social network. Secondo il professor Christian Corda: "Esiste tutto un sottobosco della comunità scientifica, fatto anche di tanti professori universitari sparsi per il mondo, che ritiene che alcune teorie fondamentali siano parzialmente o del tutto sbagliate, e la teoria della relatività è di solito il loro bersaglio principale. Spesso, costoro, introducono al posto della cosiddetta "scienza convenzionale" le loro proprie teorie che nella maggiora parte dei casi sono delle autentiche barzellette, anche se non escluderei a priori che in certi rari casi tali teorie richiederebbero maggiore attenzione. Esistono tanti divertenti aneddoti su costoro, che in genere vengono chiamati "crackpots" (strambi) o "cranks" (fissati). Qui va rimarcato che, come si può sicuramente intuire, non sono le teorie fondamentali ad esser sbagliate, ma sono i fissati di turno a non capirle, spesso facendo degli errori davvero elementari che potrebbero essere corretti addirittura da studenti liceali".
In realtà le osservazioni ci dicono l'esatto opposto e la formula della relatività generale fornisce valori in eccellente accordo con le osservazioni. Mi sono chiesto se esisteva un modo di risolvere il problema modificando ed arricchendo la teoria di Newton con qualche effetto Einsteiniano. Lo studio della gravitazione tra la teoria della relatività generale e la teoria della gravitazione di Newton è un argomento estremamente affascinante ed importante.
Da un lato infatti, la relatività generale si è mostrata più precisa della teoria Newtoniana (così ci dicono esperimenti ed osservazioni, checché ne dica Annunziata), dall'altro però il livello di precisione della teoria Newtoniana resta comunque elevato e quest'ultima teoria necessita di una matematica più semplice della relatività generale.
Everyeye: Cosa rende il problema della precessione del perielio importante dal punto di vista scientifico?
Professor Corda: Einstein non disse mai che la teoria di Newton, che considerava un maestoso edificio scientifico, era sbagliata, ma che la sua teoria dava una descrizione della realtà migliore rispetto alla teoria Newtoniana. In questo contesto, probabilmente non esisterà mai una teoria in grado di darci una descrizione perfetta della Natura in tutte le sue sfumature. Ogni singola teoria ci dà un certo grado conoscenza e spiegazione della realtà. Tale descrizione potrà forse in futuro essere migliorata da una teoria più completa.
Restando nell'ambito della gravitazione, oggi si sta cercando di estendere la stessa relatività generale, da un lato tentando di unificarla con la meccanica quantistica (sinora le due teorie ci appaiono incompatibili per vari motivi) dall'altro per cercare di spiegare i due noti problemi cosmologici di materia oscura ed energia oscura, su cui tornerò più avanti.
Tornando all'analisi della gravitazione in un'approssimazione tra la teoria della relatività generale e la teoria di Newton, essa è sicuramente utile nello studio di vari problemi in quanto permette spesso di utilizzare una matematica non troppo complicata per risolvere problemi complessi senza ricorrere alla più complicata matematica della relatività generale.
Everyeye: Come le è venuta l'idea per risolvere il problema?
Professor Corda: La mia idea per risolvere il problema della precessione del perielio dei pianeti in un "terreno Newtoniano modificato" ha preso spunto da un paio di articoli di ricerca di Hansen, Hartong and Obers, tre ricercatori di Zurigo, Edimburgo e Copenaghen, che in questi loro articoli enfatizzavano l'importanza della dilatazione temporale gravitazionale di Einstein in un approccio, diverso dal mio, alla gravitazione tra la teoria di Einstein e quella di Newton.
In modo rimarcabile, trovai che, se alla formula Newtoniana per la precessione del perielio dei pianeti si sostituiva il tempo assoluto di Newton col tempo relativo di Einstein, tramite la correzione dovuta alla dilatazione temporale gravitazionale, la formula di Newton diventava uguale a quella della relatività generale.
Con questa correzione, e probabilmente questo ha creato una delusione al mio amico Annunziata, considerare o meno la massa del pianeta porta allo stesso risultato a meno di una differenza completamente trascurabile. Ricapitolando, per 160 anni si è creduto, erroneamente, che la teoria Newtoniana non prevedesse un effetto relativo alla precessione del perielio dei pianeti, ma anche Annunziata sbagliava a dire che la Teoria Newtoniana fosse in grado di risolvere il problema meglio della relatività generale. Il vero problema della teoria Newtoniana è che l'effetto previsto è troppo forte, e va mitigato con la dilatazione temporale gravitazionale di Einstein, che è comunque un effetto di relatività generale.
Everyeye: Cosa può insegnarci Newton nel 2021?
Professor Corda: Credo che ciò che disse a suo tempo Einstein su Newton sia ancora attualissimo: "Newton, perdonami; tu hai trovato la sola via che, ai tuoi tempi, fosse possibile per un uomo di altissimo intelletto e potere creativo. I concetti che tu hai creato guidano ancora oggi il nostro pensiero nel campo della fisica, anche se ora noi sappiamo che dovranno essere sostituiti con altri assai più discosti dalla sfera dell'esperienza immediata, se si vorrà raggiungere una conoscenza più profonda dei rapporti fra le cose."
Everyeye: Il termine addizionale che tiene conto della massa di Mercurio è un artificio matematico o possiede un valore fisico intrinseco?
Professor Corda: Un valore fisico intrinseco che però diventa a tutti gli effetti trascurabile quando uno tiene conto della dilatazione temporale gravitazionale. In effetti, in tutti i calcoli precedenti al mio la precessione del perielio in relatività generale dava un risultato precisissimo senza tener conto della massa di Mercurio, risultato che resta più preciso di quello Newtoniano anche quando la teoria di Newton tiene conto della massa del pianeta.
Everyeye: Nella seconda parte del suo lavoro calcola la precessione del perielio per altri pianeti, per poi compiere una correzione grazie ad un effetto di relatività generale; in che modo Newton e Einstein possono coesistere, è una soluzione occasionale o può essere applicata ad altri problemi?
Professor Corda: Sono convinto che il mio approccio possa essere esteso anche ad altri problemi, in particolare intendo provare ad estenderlo ai celebri problemi cosmologici di energia oscura e materia oscura.
Everyeye: Nel suo articolo sottolinea l'importanza che tale lavoro potrebbe avere nel comprendere e risolvere i problemi di energia oscura e materia oscura, in che modo?
Professor Corda: Lupus in fabula. Sulle questioni di materia oscura ed energia oscura si tende spesso a fare confusione. Il problema della materia oscura nasce dal fatto che, per giustificare certi moti astrofisici, la teoria Newtoniana avrebbe bisogno di molta più materia di quella luminosa, ossia della materia dell'Universo che siamo in grado di vedere. Questa materia mancante è appunto detta "oscura" in quanto non la vediamo. Il punto è che se riteniamo la relatività generale più precisa della teoria Newtoniana, dovremmo usare la prima per studiare i moti astrofisici di cui si parla, anziché la teoria Newtoniana.
Come detto prima, la matematica della relatività generale è però molto più complessa di quella della gravitazione Newtoniana e trovare delle soluzioni esatte in un approccio di relatività generale per i moti astrofisici in questione è estremamente difficile. Ecco perché un approccio "tra Newton ed Einstein" potrebbe fare un po' di luce su questo complesso problema.
Il problema dell'energia oscura riguarda il fatto che, di primo acchito, sembrerebbe che la relatività generale non sia in grado, da sola, di spiegare l'espansione accelerata dell'Universo e pertanto sembrerebbe esserci bisogno di un'energia addizionale repulsiva che permetta all'Universo di espandersi in modo accelerato. In realtà, il principio di equivalenza di Einstein ci dice che in relatività generale l'energia totale di un sistema gravitazionale, compreso l'Universo nel suo complesso, dipende dal sistema di riferimento che utilizziamo per studiare il sistema stesso.
In tal modo, l'espansione accelerata potrebbe essere una sorta di "effetto di visuale" rispetto al riferimento terrestre. Anche in questo caso, studiare le equazioni cosmologiche tra Newton ed Einstein" potrebbe dare una mano a capire quale sia davvero la situazione.
Everyeye: Parliamo più in generale della sua attività di ricercatore. Lei è attualmente professore visitante in India, per la precisione all'International Institute for Applicable Mathematics and Information Sciences di Hyderabad; che differenze nota nell'organizzazione della ricerca in Italia se confrontata con la realtà indiana per quanto riguarda stipendi e opportunità?
Professor Corda: Questo è un tasto dolente. In Italia purtroppo abbiamo il bel noto problema dei baroni universitari con conseguente mancanza di meritocrazia, favoritismi e nepotismi. Nonostante per fortuna ci sia qualche eccezione, e nonostante le tante eccellenze individuali, questo problema porta le nostre università e centri di ricerca a produrre meno di quanto potrebbero in linea di principio. Dopo il mio dottorato ho collaborato con centri di ricerca ed accademie in Spagna, USA, Iran, India e Turchia. La cosa incredibile è che in tutti questi casi mi è bastato mandare il mio curriculum per essere assunto, cosa che in Italia è praticamente impossibile e genera pertanto la famosa fuga di cervelli.
Oddio, non nego che anche nei paesi che ho citato ci siano favoritismi e nepotismi, tutto il mondo è paese ed anche la comunità scientifica e la comunità accademica internazionale sono fortemente influenzate da "politica" e raccomandazioni, però all'estero se produci qualcosa di riconosciuto ti tengono maggiormente in considerazione. La mia attuale posizione in India è puramente onoraria. Il mio ultimo stipendio accademico risulta essere quello dello scorso anno in Turchia. Nei primi mesi del 2020 ero infatti Professore di Fisica Teorica all'Università di Istanbul.
Anche in quel caso è bastato inviare il mio curriculum e l'elenco delle mie pubblicazioni nei giornali internazionali specialisti in fisica teorica ed astrofisica per essere assunto. Purtroppo, con lo scoppiare dell'epidemia del Covid-19 la strana legge turca mi impediva di tornare a casa dalla mia famiglia e così sono stato costretto a dimettermi. Poiché in Italia a livello accademico è tutto bloccato, mi sono dovuto mettere nelle graduatorie di supplenza per le scuole superiori e alla fine sono andato ad insegnare al Liceo Livi di Prato, uno splendido ambiente di scuola superiore dove mi sono trovato molto bene.
Everyeye: Non ho potuto fare a meno di notare, leggendo il suo curriculum, che ha cominciato l'università 7 anni dopo la fine del liceo. Chi scrive sta terminando la laurea magistrale (in astrofisica) alla veneranda età di 28 anni. Cosa ne pensa dell'età nel contesto accademico italiano, è un grosso svantaggio terminare gli studi "in ritardo" in un contesto scientifico? E che differenze ci sono, se ci sono, in questo con il contesto Indiano?
Professor Corda: Mah, non penso che terminare gli studi "in ritardo" in un contesto scientifico sia poi un grosso svantaggio. Per fortuna siamo dei ricercatori, non degli sportivi professionisti. É vero che molti celebri scienziati hanno ottenuto i loro maggiori successi in età giovanissima, ma ne conosco molti che li hanno ottenuti dopo i 50 anni. A volte una maggiore esperienza nel risolvere i problemi scientifici è in grado di compensare l'intuito e l'immaginazione che tendono a diminuire col passare degli anni. Credo che ciò valga sia in Italia che in India, ma, in generale, in tutto il mondo. Non credo che la sua età di laureando 28-enne (a proposito, le faccio un grosso in bocca al lupo) sia poi così veneranda. Il sottoscritto si è laureato a 32.
Trenta bandi su misura “per far vincere proprio quei candidati”. Luca Serranò su La Repubblica il 12 Settembre 2022.
È la tesi della procura di Firenze che ha indagato su una cinquantina di docenti dell’università. Il reclutamento sarebbe avvenuto con concorsi “blindati”
Una trentina di bandi "sartoriali", cuciti addosso al candidato prescelto. E almeno cinquanta docenti coinvolti dall'inizio dell'indagine. Continua a espandersi, fino a raggiungere numeri mai visti prima almeno in Toscana, l'inchiesta sui presunti concorsi pilotati a medicina, che dal marzo 2021 ha visto susseguirsi clamorosi sviluppi tra cui, l'ultimo, la richiesta di interdizione per il dg del Meyer Alberto Zanobini (12 mesi), la professoressa Chiara Azzari (9 mesi) e il direttore del dipartimento di Scienze della salute dell'università di Firenze, Paolo Bonanni (9 mesi).
Firenze, le intercettazioni dell'inchiesta sui concorsi a Medicina: “Come alla stazione di Napoli, questo vince, questo perde”. Luca Serranò su La Repubblica il 6 Settembre 2022.
Le carte dell'indagine continuano a svelare meccanismi consolidati di “premi” ai ricercatori già scelti
"So che nei prossimi giorni verranno da te Geppetti e Bonnanni. La scusa è per presentarti il nuovo direttore di dipartimento, il vero motivo è per chiederti di cofinanziare il passaggio da associato a ordinario per un professore di pediatria. Non so cosa deciderai, ma, se posso permettere, se accetti di cofinanziarlo, non darglielo gratis. Chiedi cose in cambio, tipo due posti di ricercatore tipo A su fondi di ateneo per due giovani".
Medicina, altri concorsi nell’inchiesta e due nuovi indagati fra i docenti. Luca Serranò su La Repubblica il 5 Settembre 2022.
Accertamenti sui bandi per chirurgia pediatrica infantile e per urologia Med/24. Nel fascicolo della procura finiscono anche i nomi di due luminari come il professor Antonio Messineo e Antonino Morabito
Si allunga la lista dei concorsi universitari al centro delle indagini della procura fiorentina e della guardia di finanza, e altri nomi di peso finiscono sotto inchiesta. Gli ultimi sviluppi, che hanno portato tra le altre cose alla richiesta di interdizione da pubblico ufficio o servizio per il direttore generale dell’ospedale pediatrico Meyer Alberto Zanobini, per la professoressa Chiara Aiazzi e per il direttore del dipartimento di Scienze della salute dell’Università di Firenze, Paolo Bonanni, si concentrano tra le altre cose proprio su alcune figure chiave di uno dei centri di eccellenza della sanità italiana.
Concorsi truccati ad Unipa: i nomi di tutti gli indagati tra professori e candidati favoriti. YOUNIPA l'1 agosto 2022.
Si è conclusa l’inchiesta sui concorsi truccati all’Università degli Studi di Palermo che aveva portato alla ribalta della cronaca l’ex Professore Gaspare Gulotta, del Policlinico di Palermo. Come riportato da Palermo Today, sono 21 in tutto, tra professori, medici e poliziotti, coloro che adesso rischiano di andare al processo.
L’inchiesta
Favoritismi, patti di alleanza tra i Baroni, il miraggio di una meritocrazia mai considerata. Questo è emerso dalle varie indagini, complete di intercettazioni, conclusosi sull’inchiesta riguardante i Concorsi truccati al Policlinico di Palermo. A muovere le fila è evidenziato essere soprattutto il Gulotta, al quale è stato anche contestato il reato per truffa poiché avrebbe dichiarato di aver preso parte ad interventi che in realtà non avrebbe mai eseguito e fatto una serie di visite private mai dichiarate.
Concorsi truccati Unipa: i nomi di chi rischia il processo
Nello specifico, adesso rischiano il processo, oltre a Gulotta, la figlia Eliana (chirurgo all’Ospedale Civico), il professore Mario Adelfio Latteri, anch’egli come il primo Professore del Dipartimento di discipline chirurgiche, oncologiche e stomatologiche, e vari membri delle commissioni esaminatrici. Tra questi: Robeto Coppola, Vito D’Andrea, Giuseppe Maria Antonio Navarra, Ludovico Docimo, Vittorio Altomare; alcuni candidati “favoriti” come Antonino Agrusa e Giuseppe Salamone; docenti che avrebbero partecipato alla formulazione dei bandi incriminati, come Attilio Ignazio Lo Monte e Giuseppina Campisi; una serie di medici del Policlinico come Gianfranco Cocorullo, Giuseppe Di Buono, Gregorio Scerrino e Giovanni Guercio. Chiusa l’inchiesta anche per il medico del pronto soccorso del Policlinico, Fiorella Sardo, che avrebbe rilasciato certificati falsi alla figlia di Gulotta, così come il medico di famiglia Maria Letizia La Rocca.
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Nell’ambito della presunta calunnia a danno dell’ex genero di Gulotta, che la figlia Eliana avrebbe denunciata per dei maltrattamenti mai avvenuto, chiusa l’inchiesta anche per due agenti della Dia, Gaspare Cusumano e Salvatore Bosco, che avrebbero aiutato il professore ad ottenere informazioni riservate sull’ex genero e la sua famiglia.
Rischia il processo anche Alessandra Lo Iacono, la quale avrebbe ottenuto alcuni farmaci e siringhe rubati al Policlinico da un altro indagato.
Napoli, sesso in cambio di esami: condannato professore di Giurisprudenza. Inflitta una pena di 5 anni, sei mesi e 20 giorni di reclusione. La Repubblica il 25 Luglio 2022.
Il giudice di Napoli Maria Laura Ciollaro ha condannato a 5 anni, 6 mesi, 20 giorni di reclusione, con l'interdizione pubblici uffici il professore Angelo Scala coinvolto in una indagine della Procura di Napoli (sostituti procuratori Henry John Woodcock e Francesco Raffaele) in cui gli venivano contestate diverse tipologie di accusa, tra concussione, induzione indebita e falso.
Titti Beneduce per corrieredelmezzogiorno.corriere.it il 25 Luglio 2022.
Alcuni reati sono stati derubricati, tra cui la concussione sessuale, per altri c’è stata l’assoluzione: il professor Angelo Scala, docente di Procedura civile presso diverse università tra cui la Federico II, è stato però condannato a cinque anni, sei mesi e venti giorni di reclusione, in particolare per le contestazioni di falso. La sentenza è stata emessa dal gup Maria Laura Ciollaro al termine del processo con rito abbreviato.
La Procura aveva chiesto la condanna a sei anni e mezzo. Scala era stato arrestato due anni fa con l’accusa di avere preteso da studenti e studentesse prestazioni sessuali in cambio del superamento di esami direttamente da parte sua o di colleghi.
Microspie e microfoni nelle stanze
Dalle indagini della Guardia di Finanza, che aveva installato microspie e microfoni nelle stanze in uso al docente, era emerso che prima delle date degli esami si svolgevano incontri tra il professore e gli studenti, anche al di fuori dell’università. In alcuni casi accertati, gli esami risultavano svolti formalmente nell’ateneo, ma non erano stati svolti in quel luogo o addirittura non erano mai stati sostenuti.
L’avvocato: «Indagini ridimensionate»
La vicenda aveva avuto enorme risalto mediatico. «Mi sembra — commenta l’avvocato Claudio Botti, legale del professore Scala — che le dimensioni delle indagini escano da questa sentenza profondamente ridimensionate».
Il giudice ha anche rigettato la richiesta di provvisionale da 20mila euro formulata dall’Università Federico II che si era costituita parte civile.
Il caso alla Federico II. Sesso in cambio di esami, condannato prof ma si sgonfia l’inchiesta di Woodcock: “Cade l’idea della serialità”. Francesca Sabella su Il Riformista il 26 Luglio 2022.
Ventitré i capi di accusa, quattordici le assoluzioni. Parliamo dell’inchiesta che nel 2019 travolse l’ateneo Federiciano. I pm Henry John Woodcock e Francesco Raffaele indagavano e intercettavano il professore Angelo Scala. Origliavano pur non potendolo fare in quel frangente come dichiarato dal docente nella sua tesi difensiva. E non poteva essere intercettato perché non era indagato, le sue utenze erano sotto controllo nell’ambito di una inchiesta su una procedura fallimentare al Tribunale di Nocera nella quale Scala ricopriva un ruolo professionale (vicenda nella quale risulta estraneo). Ma questa è un’altra storia, anzi, è sempre la stessa: intercettazioni a strascico. Mesi e mesi per cavare fuori qualcosa.
Ebbene, l’indagine verteva su un punto preciso: sesso in cambio di esami. Mail e messaggi nei quali il prof di diritto processuale avrebbe invitato studenti e studentesse a fare un patto che consisteva appunto in un “patto di intimità” per superare senza difficoltà l’esame. Non ci sono denunce, nessuna studentessa ha portato alla luce l’accaduto. Ci sono le intercettazioni, tanto per cambiare… fiumi di inchiostro, mail, messaggi, telefonate, intercettazioni infinite che hanno distrutto la carriera e la vita privata di un docente. Ora, siamo in primo grado, quindi nessuna vittoria ma è senz’altro un’inchiesta che perde volume. Il giudice di Napoli Maria Laura Ciollaro ha condannato Scala a 5 anni, 6 mesi, 20 giorni di reclusione, con l’interdizione pubblici uffici.
Gli venivano contestate diverse tipologie di accusa, tra concussione, induzione indebita e falso. Il docente di Giurisprudenza, difeso dall’avvocato Claudio Botti, ha incassato anche 14 assoluzioni, la cancellazione del reato di concussione e la derubricazione di diverse ipotesi d’accusa in traffico d’influenza. «Non abbiamo ancora avuto modo di leggere il dispositivo – racconta il legale al Riformista – ma pare evidente che l’inchiesta si sia sgonfiata, non c’è più il reato di concussione». Acquista centralità un punto importante dell’inchiesta del Pm con il cognome straniero e sempre avvezzo alle intercettazioni, ovvero la serialità nel comportamento del prof Scala. La Guardia di Finanza scriveva infatti che si trattava di “conversazioni che hanno consentito di delineare un consolidato modus operandi (…) attraverso più o meno sottili forme di pressione psicologica”. È questo primo punto a cadere in sede processuale.
«L’indagine esce ridimensionata sotto il profilo della seriale e compulsiva attività sessuale nei confronti degli studenti» commenta Botti. Il giudice ha anche rigettato la richiesta di provvisionale da 20mila euro formulata dall’Università Federico II che si era costituita parte civile al processo. Siamo solo all’inizio di questa vicenda e le conclusioni sono tutte da scrivere ma restano in piedi delle domande non da poco. In primis, si può intercettare una persona che non è indagata? Anzi, peggio ancora, si possono utilizzare delle intercettazioni in un processo diverso da quello per il quale erano state disposte? Il nome del prof. Scala era su tutti i giornali poche ore dopo l’avviso di garanzia, è giusto? Altro che garantismo, presunzione di innocenza e altri principi… Questi sconosciuti.
E ancora dov’è finita la riservatezza della Procura? Le pagine dei giornali locali grondavano di intercettazioni, nero su bianco tutto quello che il docente avrebbe detto e scritto ai suoi alunni. Nero su bianco mesi e mesi di conversazioni. Sempre assecondando questa smania di spiare, intercettare, ascoltare, anche quando l’orecchio della Procura non dovrebbe, anzi, non potrebbe. E sappiamo bene che la smania di intercettare è il modus operandi tipico di una fetta di magistratura, al di là degli esiti del processo che è solo all’inizio, chiediamoci anche come è stato svolto e se la legge è stata rispettata prima in sede di indagini e poi in sede di condanna.
Francesca Sabella. Nata a Napoli il 28 settembre 1992, affascinata dal potere delle parole ha deciso, non senza incidenti di percorso, che sarebbero diventate il suo lavoro. Giornalista pubblicista segue con interesse i cambiamenti della città e i suoi protagonisti.
Università, docente denuncia bandi su misura e restituisce l'abilitazione: «Non ci sono le condizioni per fare ricerca». Giuseppe Leone, 53 anni e docente a tempo di Letteratura inglese, scrive a Cristina Messa dopo 15 anni trascorsi aspettando l’indizione di una selezione stabile nell’ateneo di Palermo. Due audio da lui registrati confermerebbero scelte fatte prima dei concorsi. Antonio Fraschilla su L'Espresso il 19 Luglio 2022.
Alla fine con una lettera alla ministra dell’Università Cristina Messa ha appena restituito formalmente l’abilitazione nazionale a professore di II fascia che aveva conseguito nel 2018. «Non ci sono le condizioni per fare ricerca», dice Giuseppe Leone, che alla lettera ha allegato anche due audio registrati con suoi superiori dell’Università di Palermo dai quali emergerebbe come due concorsi del suo settore disciplinare, Letteratura inglese, sarebbero stati banditi individuando precedentemente i vincitori. Tutti concorsi per docenti in fascia più alta e non per un posto da ricercatore: posto che non si bandisce a Palermo da 12 anni.
Leone ha lavorato come ricercatore non strutturato per 15 anni e quando il suo docente ordinario è andato in pensione l’Università ha prima messo a bando un posto direttamente per ordinario poi ha messo a bando un posto per associato in Letteratura inglese. Ascoltando gli audio emergerebbe che entrambi i concorsi siano stati banditi su misura.
Leone ha presentato anche una prima denuncia, poi archiviata dal Gip con la seguente motivazione e con i verbali dei concorsi mai recuperati dalla polizia giudiziaria: «Rilevato invero che, seppur dalle conversazioni prodotte dal denunciante può ben ritenersi che la scelta di bandire un posto di ordinario anziché di ricercatore sia stata effettuata con la previsione e la finalità di favorire il (nome del vincitore, omissis ndr) tuttavia tale opzione non è regolata da alcuna norma di legge». In soldoni la scelta sulle figure da mettere a bando non è regolata ed è discrezionale. Resta l’ombra sulla scelta fatta a priori però.
Leone ha deciso di riconsegnare l’abilitazione nazionale in Letteratura inglese dopo dottorato, tesi pubblicata, cinque volumi in materia anche questi pubblicati e diversi articoli su riviste di fascia A e partecipazione a concorsi nazionali e internazionali, dopo anni di lavoro anche come “docente” di quella materia e come commissario di esami e persino come correlatore e relatore di tesi di laurea. «Ho lavorato per l’ateneo di Palermo dal 2005 e d‘improvviso, proprio in concomitanza con l’indizione di concorsi pubblici nel settore di riferimento, la mia prestazione è diventata superflua. Sono stanco, mi fermo».
Gli audio sembrano fare emergere le giustificazioni del suo superiore che gli dice chiaramente che le chiamate sono state fatte ad personam. «Io sono stato obbligato a fare questo», dice a Leone, che così non ha avuto altra scelta e a 53 anni dopo anni di ricerca e di lavoro nell’ateneo palermitano, ha lasciato la ricerca. Una presa di posizione forte dettata dalla consapevolezza di essere in presenza di un sistema di reclutamento da rivedere, governato da baronie. Una storia emblematica di quello che avviene in molte Università italiane, come dimostrano le cronache non solo giudiziarie.
DAGONOTA l'8 luglio 2022.
Concorsopoli. All’università Statale di Milano (la cosiddetta “capitale morale”), il rettore Elio Franzini - che fu eletto con il voto dei bidelli per non spostare l’ateneo nell’ex sede Expo - vuol “brindare a dom perignon” ai concorsi truccati. E i pm lo rinviano a giudizio.
Già messo ai vertici dell’università dall’ex rettore Decleva, la cui moglie, Fernanda Caizzi, fu condannata per una concorsopoli, Franzini era vicepresidente di una società privata di estetica che, come detto dal presidente della stessa, Luigi Russo, organizzava convegni per “parlare” dei concorsi (Franzini, non sposato, promuoveva quasi sempre donne).
Presidente di tutti i possibili concorsi del suo raggruppamento, nel 2008 fu presidente di commissione di uno “scandaloso” concorso alla facoltà di architettura al politecnico di Milano. Poi c’è stato quello da ordinari di estetica nel suo dipartimento, con le carte che finirono in tribunale, vari ricorsi per un controverso concorso a Storia, la difesa dell’immunologo Galli su un bando giudicato “truccato” e ora un “bel brindisi” per quello di urologia. Ma il ministro dell’Università, Maria Cristina Messa, che fa, brinda?
Luigi Ferrarella per il “Corriere della Sera” l'8 luglio 2022.
Come una pietra che smossa da una più ampia valanga rotoli a valle, da Firenze rimbalza e finisce ora per compiere la propria parabola a Milano un segmento dell'istruttoria fiorentina trasmessa nel 2021 per competenza territoriale alla Procura di Milano.
La quale, dopo la conclusione delle indagini due mesi fa, non ravvisa motivi per cambiare idea e chiede dunque che il rettore della Università Statale, Elio Franzini, e il suo omologo dell'Università Vita-Salute San Raffaele, Enrico Gherlone, siano processati per l'ipotesi di reato di «turbata libertà nella scelta del contraente» (e Franzini anche per l'ipotesi di falso ideologico) in due concorsi per Urologia al San Paolo e al San Raffaele.
La richiesta riguarda a maggior ragione - nella prospettiva dei pm Bianca Maria Eugenia Baj Macario e Carlo Scalas, con il procuratore aggiunto Maurizio Romanelli - anche l'urologo Francesco Montorsi, professore dell'Università San Raffaele, Stefano Centanni, direttore del dipartimento di Scienze della Salute della Statale, e Marco Carini, urologo dell'Università di Firenze, indagati anche per l'ipotesi di corruzione aggravata.
L'accusa a Montorsi e Centanni è aver «bandito e pilotato, in un'ottica spartitoria, due posizioni di professore ordinario alla Statale per gli ospedali San Paolo e San Donato», in uno «scambio corruttivo» che avrebbe dovuto portare in cattedra due nomi da loro caldeggiati. I guai dei rettori milanesi nascono da una intercettazione nella quale Carini diceva che «il rettore di Milano mi chiama e mi chiede se c'è la volontà... la disponibilità dell'accademia di urologia di un posto al San Paolo di un professore ordinario...».
C'era però l'incognita di due altri candidati non ritiratisi, e allora per gli inquirenti Gherlone era stato chiamato da Franzini, preoccupato «siccome c'è anche l'altro in ballo... cioè non vorrei interferenze spiacevoli sulle due procedure... Perché non si è ritirato sostanzialmente come aveva promesso».
Per i carabinieri il rettore della Statale «chiedeva espressamente al collega Gherlone di far ritirare» due candidati «entrambi ordinari di Urologia al San Raffaele di cui Gherlone è rettore». E una volta che i candidati non preventivati si erano ritirati, Centanni e Franzini si congratulavano: «È rimasta una macchina sola in pista - riassumeva Centanni -, a questo punto facciamo una grande festa E poi diciamo di portare il Dom Perignon ovviamente», al che Franzini stava allo scherzo: «Dom Perignon in caliciBel brindisi».
Concorsi truccati ateneo Genova: ai domiciliari 2 docenti. ANSA il 13 giugno 2022.
Il giudice per le indagini preliminari Claudio Siclari ha disposto gli arresti domiciliari per Lara Trucco e Pasquale Costanzo, docenti del Dipartimento di Giurisprudenza dell'Università di Genova. Il gip ha accolto le richieste della procura disponendo le misure cautelari. Trucco e Costanzo, che nel frattempo si sono dimessi dai loro incarichi, sono accusati a vario titolo di turbativa d'asta e falso nell'ambito di un'inchiesta su una serie di concorsi sospetti all'Ateneo del capoluogo ligure. Il giudice ha disposto anche una serie di interdizioni parziali per altri docenti, che non potranno essere commissari nei concorsi, ma continuare a insegnare e a far sostenere gli esami. Il secondo provvedimento riguarda Riccardo Ferrante, Daniele Granara, Vincenzo Sciarabba, Patrizia Vipiana e Patrizia Magarò. (ANSA).
Stefano Zecchi per ilgiornale.it del 2 Novembre 2008
Ministro blocchi i concorsi universitari! Sono concorsi che si svolgeranno in modo indecente, in spregio delle più elementari regole di valutazione del merito. Sono concorsi che satureranno l’Università per non so quanto tempo, come accadde negli anni Settanta, assegnando oltre 4mila cattedre e oltre 3mila posti di ricercatore. I bandi per questi concorsi sono stati pubblicati generalmente alla metà di luglio.
I candidati avevano un mese di tempo per presentare le domande d’ammissione al concorso: dunque nell’estate, intorno a Ferragosto. Una scadenza scelta ad arte per dare la minima conoscenza della pubblicazione dei bandi, in modo che non si iscrivessero candidati pericolosi, estranei cioè a lobby e nepotismi, in grado di mettere, eventualmente, in discussione chi era già stato scelto come vincitore.
La riforma universitaria dei ministri del centrosinistra, Zecchino e Berlinguer, ha creato una serie di disastri che una nuova, intelligente, riforma può cercare di rimediare. I docenti, una volta in cattedra, non li toglierà più nessuno. La riforma del centrosinistra ha creato università fantasma con una essenziale funzione clientelare, in cui non potevano mancare corsi di laurea senza alcuna giustificazione culturale, con insegnamenti dai titoli grotteschi, senza studenti (perché, poi, lo studente non è così deficiente: ad un certo momento capisce anche lui l’inganno).
I 4mila nuovi docenti consolideranno il degrado del sistema universitario. Si potrebbe sostenere questo: l’università è dissestata, ma i docenti sono di livello e quelli che verranno nominati aumenteranno la qualità. La verità è che se l’università è un disastro, i nuovi docenti sono sempre più degni di questo disastro.
Il disinteresse verso il merito da parte delle baronie, che hanno in mano il sistema concorsuale, è impressionante per il disprezzo nei confronti dell’istituzione accademica. Clientelismo e nepotismo sono sovrani: si vada a vedere come il rettore della Sapienza ha messo in cattedra moglie e figli; si legga l’elenco degli insegnanti (è ufficiale, non è un mistero) nell’università di Bari: parentele indissolubili; si dia una rapida occhiata ai nomi dei professori della seconda facoltà di architettura del Politecnico di Milano: insomma, sembra che l’università sia l’ultimo baluardo che garantisce l’unità della famiglia in una società che sta distruggendo la famiglia.
Illustre ministro Gelmini, non si renda complice di una truffa: dalla metà del mese ci saranno le votazioni segrete per le elezioni delle commissioni giudicatrici dei concorsi a cattedra. Elezioni pilotate dai gruppi di potere accademico; vincitori già stabiliti prima ancora delle nomine delle commissioni. Concorsi truccati. A riprova di ciò, illustre ministro Gelmini, con questo articolo consegno al direttore del Giornale una lettera in busta chiusa in cui indico, già oggi, i nomi dei futuri vincitori del concorso di Estetica.
Stefano Zecchi per “il Giornale” – 23 settembre 2009
Sono stati banditi dalle università i concorsi a cattedra, e giovani studiosi si preparano a parteciparvi sperando nelle promesse del ministro Gelmini. Il ddl è pronto, e come ha detto il premier ieri, sarà presentato al Consiglio dei ministri a ottobre. È la rivoluzione dell’Università, la riforma di cui si è parlato e che finalmente sta per entrare in vigore. Merito, scientificità, trasparenza sono state le parole d’ordine del ministro dopo aver constatato, entrando nei suoi uffici, con quali procedure indecenti avvenga la selezione dei futuri docenti.
Si sarebbe voltato pagina, ci aveva detto il ministro; basta con amici, figli e amanti in cattedra; attenzione alla ricerca, alle pubblicazioni, ai rapporti internazionali dei candidati ai concorsi. E invece le università si preparano a non cambiare niente e le promesse del ministro volano via con le sacrosante attese dei giovani studiosi, ancora una volta beffati. In un precedente articolo avevo spiegato come viene perpetrata la truffa dei concorsi attraverso accordi sottobanco tra docenti per difendere i propri protetti dai rischi di una vera valutazione comparativa.
La corporazione accademica mi è saltata addosso perché avrei svelato come si prendono le decisioni nei sancta sanctorum accademici, negando quanto avevo scritto: cose, tra l’altro, notissime anche ai bidelli delle università. Adesso chiunque potrà valutare quanto dirò semplicemente guardando internet. Ogni università ha, per legge, la possibilità di tracciare un profilo scientifico dello studioso, a cui la commissione di concorso si dovrà attenere per stabilire il futuro vincitore di cattedra.
Prendiamo, ad esempio, la cattedra di Estetica, messa a concorso dall’Università di Bergamo. Una persona di normale buon senso si aspetta che coloro che possiedono dei libri sull’estetica in generale abbiano titoli sufficienti per aspirare legittimamente a vincere quel concorso. E invece no. Ecco il trucco, perfettamente legale, di una legge perfettamente perversa. Cosa si inserisce nel bando di concorso? Il profilo dello studioso richiesto dall’università. Si legga quello preteso dall’Università di Bergamo: il candidato deve essere esperto in «poetiche della narrazione tra storia orale e sociale con particolare riferimento alle geografie dell’area del Mediterraneo».
Io, professore ordinario di Estetica, discreto studioso riconosciuto all’estero, a quel concorso è meglio che neppure mi iscriva perché lo perderei. Per quale motivo sono così senza speranze? Perché il profilo proposto dall’Università di Bergamo del candidato che dovrà vincere è tanto specifico da escludere il 99,9 per cento degli studiosi di Estetica. Chi rimane? Quello a cui è stato ritagliato su misura il concorso medesimo, perché ha qualche pubblicazione inerente alle caratteristiche indicate nel profilo del bando di concorso.
Il trucco c’è e si vede: il concorso è in Estetica, non in un suo aspetto particolare, ma l’università, con la furbata del profilo, fa vincere il concorso al candidato che ha già prescelto, escludendo ogni vera competizione, affinché il pupillo non tema rivali. Alla faccia della trasparenza, del merito e della scientificità. Ma il ministro conosce questi bandi? Gliene riassumo qualcuno. Università Suor Orsola di Napoli, cattedra in Discipline Demoetnoantropologiche: insegnamento, come chiunque può capire, di straordinaria vitalità per le sorti dell’umanità.
Ma si legga adesso il profilo del candidato voluto dall’università: deve avere «approfondito l’insieme delle questioni teoriche e metodologiche inerenti alla costruzione mitologica del contesto urbano partenopeo e abbia studiato in modo particolare il complesso delle pratiche simboliche mitico-rituali relative alla fondazione di Napoli, nonché alle trasformazioni subite dalla narrazione eziologica della vicenda del Nume Patrio nei contesti moderni e contemporanei».
E chi mai conosce questo Nume Patrio? Ovvio: il candidato che vincerà il concorso, confezionato per lui. Andiamo avanti. Università di Catania, cattedra in Letteratura Italiana. Si badi bene: tutta la letteratura italiana è prevista dal concorso. E invece cosa si dice nel profilo? Il candidato deve aver dimostrato «un’interesse particolare per lo studio della letteratura siciliana, anche recente, in dialogo con la letteratura italiana e con quelle europee». E poi dicono dei leghisti padani! Cattedra di Museologia a Perugia: il candidato deve aver competenze nella «storia della critica d’arte umbra e nei processi produttivi delle botteghe d’arte del Rinascimento».
Chi ha competenze dei musei internazionali è meglio che neppure provi a concorrere. Storia dell’Arte Medioevale nell’Università di Chieti-Perugia. La vincerà chi ha studiato la «scultura lignea tardo-gotica».
E chi ha invece competenza a livello internazionale sull’arte romanica? Ha già perso in partenza il concorso. Università di Teramo, cattedra di Lingua Inglese: «Il candidato dovrà dimostrare di possedere esperienza nell’insegnamento e nella valutazione della Lingua Inglese per scopi Speciali». Scopi speciali: viene il sospetto di qualche misterioso intrigo di cui è a conoscenza soltanto il vincitore predestinato dall’ateneo di Teramo.
Cara ministro Gelmini, ci venga da lei una parola di conforto per i giovani meritevoli da lei tanto amati; e a noi dia qualche spiegazione. Sei concorsi a cattedra si possono fare soltanto in questo modo indecente, non si facciano affatto. I professori e i consigli di facoltà procedano per semplice cooptazione dei docenti che vogliono nel proprio ateneo, assumendosi la responsabilità oggettiva della loro qualità, senza mascherarsi dietro questi concorsi truffa perfettamente legali.
Le responsabilità più gravi cadono sui rettori, sul modo in cui vengono amministrate le università e spesi i denari pubblici. Ma questo lo spiegheremo la prossima volta. Se invece un’università privata intende mettere una cattedra «sul comportamento dei pulcini sopra i piani inclinati ruvidi» ,lo faccia pure,con i suoi soldi, e non con i nostri.
Giacomo Amadori per “la Verità” l'11 luglio 2022.
Nella Concorsopoli genovese di Giurisprudenza, su cui investiga la Procura del capoluogo ligure, c'è un convitato di pietra (non iscritto): la Guardasigilli Marta Cartabia. Infatti, nelle intercettazioni (il fascicolo è stato aperto nel gennaio 2021 e le captazioni sono partite il 4 febbraio) e nelle memorie di pc e cellulari sequestrati ad alcuni indagati, il suo nome è ricorrente. I pm hanno adesso in mano chat elettroniche, messaggi vocali e mail che il ministro ha scambiato con Lara Trucco, la prorettrice genovese di Giurisprudenza arrestata a giugno, assistita dagli avvocati Maurizio Mascia e Gennaro Velle, e con l'indagato Oreste Pollicino, docente alla Bocconi e difeso a Genova da Carlo Melzi d'Eril.
Da tale materiale emergerebbe come la Cartabia non sarebbe del tutto estranea a quelle dinamiche interne agli atenei al centro dell'inchiesta. Il presidente emerito della Consulta sarebbe stato tirato per la toga nella guerra tra costituzionalisti e comparatisti (gli studiosi che «comparano» i diritti costituzionali delle varie nazioni) in corso in Italia.
Una disfida in cui, nella testa della Trucco, di Pollicino e soci il principale avversario era l'avvocato Lorenzo Cuocolo (tenete a mente questo nome, ritornerà nella nostra storia), docente della facoltà di Scienze politiche a Genova. All'interno di questa lotta senza quartiere la Guardasigilli avrebbe sostenuto, con l'aiuto di due indagati, la carriera di un ricercatore con un curriculum «fasullo», salvo poi, appena nominata ministro, lasciarlo al suo destino.
Ricordiamo che per il gip di Genova, Claudio Siclari, la professoressa Trucco, uno dei protagonisti di questa vicenda, sarebbe «pericolosa socialmente» e per questo è stata mandata ai domiciliari insieme con l'amico Pasquale Costanzo (assistito dai legali Massimo Ceresa Gastaldo e Mascia), professore emerito di diritto costituzionale ma, sempre secondo Siclari, privo di freni inibitori nel turbare i concorsi universitari in compagnia della Trucco.
Per l'accusa ci troveremmo di fronte a una sorta di Bonnie e Clyde armati di pandette, i quali si sarebbero preoccupati di piazzare fedelissimi, anche se «meno titolati» dei concorrenti, nelle università italiane. Costanzo al telefono spiegava così il metodo: «Non si possono prima fare i bandi e poi cercare i vincitori, bisogna fare il contrario». Al gip, che ha interdetto dall'attività di commissario altri tre professori e ha sollevato dall'incarico una garante per l'infanzia, il quadro è parso chiaro: a Genova c'erano due mariuoli da fermare.
Fine del film. Ma a ben scavare nelle carte e nella documentazione sequestrata dalla Guardia di finanza si scoprono aspetti sino a oggi completamente trascurati dai media e degni di approfondimento. A partire dai rapporti degli indagati con la Cartabia, che viene citata appena di sfuggita nell'ordinanza di custodia cautelare e nella richiesta di arresto. Per il gip Bonnie-Trucco è una giovane donna in carriera che, «coadiuvata dal professor Costanzo», «era interessata ad allacciare rapporti nel contesto "romano", nella speranza di ottenere futuri incarichi istituzionali ai quali aveva già mostrato di mirare».
E per molti colleghi la Trucco era la candidata più accreditata per diventare segretaria particolare del ministro in via Arenula. A marzo 2021 la docente sbotta al telefono: «Questa cosa della Cartabia veramente me la dovete spiegare, perché io, eh... mai più sentita».
L'amico Costanzo ha una sua idea: «Per conto mio, gli dicono: "Eh sì, però c'ha una relazione clandestina, poi viene fuori sui giornali", io me la vedo così... quindi...
siccome vogliono gente... che non sia attaccabile da nessuna parte, neanche dai pettegolezzi... perché altrimenti non si spiega eh. Quindi sono io il tuo problema».
La Trucco non ci crede, ma ammette che qualcosa non torni. In quel momento la Cartabia è ministro da quasi un mese e l'inchiesta è partita da due. L'1 marzo Pollicino chiede alla collega se sia «utile» un incontro con Bassini e la Trucco prende le distanze: «In questo momento con me meglio di no, ma se gli va un giro in Liguria, Costanzo lo vedrebbe volentieri».
Ma per capirne di più, forse, bisogna ricostruire i fatti che avrebbero portato la Trucco e il collega Pollicino, stretto alleato della Guardasigilli dentro la Bocconi, a ritagliare un bando su misura per un assegno di ricerca a Genova (illecito contestato nel capo E della richiesta di misure cautelari) destinato a un giovane professore a contratto della stessa Bocconi, Marco Bassini.
La Trucco e Pollicino avrebbero discusso dell'argomento in un incontro carbonaro organizzato nel febbraio 2021 in un autogrill sull'autostrada Milano-Genova, un appuntamento che si era reso necessario dopo alcuni accadimenti delle ore precedenti. E qui la storia diventa un intrigante giallo estivo.
Un mistero che, secondo la Trucco, la Cartabia conosceva nei particolari, essendo in rapporti sia con Bassini sia con Pollicino. Tanto che entrambi erano stati introdotti nel circuito prestigioso dei Quaderni costituzionali, una rivista che è una specie di Rotary dei costituzionalisti e di cui fanno parte anche i figli dei presidenti Giorgio Napolitano e Sergio Mattarella, oltre a Giuliano Amato e Sabino Cassese.
Pollicino alla Trucco scrive in una chat del 31 agosto 2020: «Giovedì vedo Marta e ti confermo che ha una visione chiara dello spessore umano qui in Bocconi». La Trucco replica: «Marta è fortunata a poter contare su di te». A dicembre 2020 Pollicino ribadisce: «Non facile ambiente, ma Marta grande aiuto». In una memoria consegnata ai magistrati la Trucco ha sottolineato la stima di cui godeva anche Bassini «da parte della professoressa Cartabia». Stima che, però, non sembra essergli bastata.
Tutto inizia il 19 ottobre del 2019 quando viene bandito a Milano un posto «per titoli ed esami» per assistant professor (un livello sotto l'associato) in diritto costituzionale.
Bassini si candida e inserisce nel curriculum una pubblicazione, che in realtà non è ancora stata stampata, intitolata Internet e libertà di espressione. Prospettive costituzionali e sovranazionali.
Uscirà ufficialmente solo l'1 novembre. Bassini è comunque lanciatissimo. Nella primavera del 2020 entra a far parte della task force di 74 esperti di big data messa in piedi dal governo Conte per il contrasto alla pandemia da Covid-19.
A questo punto c'è un altro evento che rende in un certo senso «fasullo» il concorso. I commissari, il 14 aprile 2020, al momento della prima seduta del concorso, sapevano già da ben due settimane i nomi dei partecipanti, cosa assolutamente vietata. Infatti un impiegato della Bocconi, tal N. S., li aveva comunicati via mail con tanto di allegato in Excel. «Almeno a Genova li dicono qualche giorno prima ed in genere a voce», commentò la Trucco.
La commissione giudicatrice, di cui facevano parte la stessa professoressa e Pollicino, valuta la pubblicazione fantasma e il 10 giugno Bassini viene proclamato vincitore. Salvo rinunciare immediatamente al posto. Dopo pochi giorni gli subentra il secondo arrivato, Luigi Testa. Che nella sua memoria Trucco descrive così: «Un allievo del professor Cuocolo, e con lo stesso Cuocolo, coassegnatario, sempre in Bocconi, del corso di diritto pubblico». Un collegamento che la donna ritiene «singolare».
La Trucco e Pollicino sospettano che a convincere Bassini a fare un immediato passo indietro sia stato proprio il gruppo nemico dei comparatisti che avrebbe fatto girare la voce del titolo falso presentato da Bassini. Pollicino l'11 giugno 2021, digita in chat: «Purtroppo contano le persone che ho in Università Bocconi e la loro cattiveria. È dispiaciuto, ma è lui che ha capito che una cazzata del genere poteva essere manipolata». Quindi ripensa al ritiro del pupillo: «Che botta!!! Sono tramortito. Ma ha fatto cazzatona».
La Trucco prova a rinfrancarlo: «Ma no dai sarà mica l'unica e ultima occasione...». Pollicino è depresso, ma ha un sussulto pensando alla Cartabia: «Forse sì se Marta non lo chiede per sé». E così avviene. A parziale risarcimento economico, è pensato per il «trombato» un ruolo di co-responsabile (ovvero un posto da adjunct o professore a contratto, che non richiede bandi) del corso di diritto costituzionale italiano ed europeo diretto dalla Cartabia. Insomma la giurista si sarebbe «presa in carico» l'allievo. Un piano che avrebbe dovuto diventare operativo nel secondo semestre dell'anno accademico 2020-2021, a partire dal marzo. Però il progetto, come vedremo, è andato in porto in ritardo.
Intanto il 22 gennaio 2021 al dipartimento di studi di Giurisprudenza dell'Università di Milano Bicocca ha luogo un convegno intitolato La libertà di espressione del domani. Riflessioni a partire dal libro di Marco Bassini. Bassini non partecipa, ma a presiedere, insieme a un collega dell'università che ospita l'evento, è Pollicino. La relazione introduttiva è della Cartabia. A chiudere i lavori è, invece, l'ex presidente della Camera dei deputati, Luciano Violante.
Arriviamo così al 13 febbraio 2021, quando la presidente emerita della Corte costituzionale viene promossa ministro. Sono le ultime battute per la nomina di Bassini a co-responsabile del suo corso. La banda dei comparatisti sarebbe, però, ancora in agguato.
La mattina del 15 Pollicino esulta via chat: «Buongiorno, come volevasi dimostrare Marta ha rispedito al mittente tutte le interferenze relative al suo corso e ha deciso di attribuirlo a Marco [] è proprio un mito». Passano poche ore e il clima è completamente cambiato: «Ti devo raccontare. Colpo di coda dei nostri» scrive Pollicino alla Trucco. I due proseguono il discorso in una telefonata intercettata dalla Guardia di finanza.
Una conversazione molto interessante, con diversi riferimenti ai presunti titoli «fasulli» di Bassini e al ruolo della Cartabia. Il professore si lamenta perché «i nostri», cioè Cuocolo & c., «si confermano quelli che conosciamo» poiché avrebbero riproposto «la storia assurda del concorso» di Bassini «dopo che la stessa presidente emerito e compagnia» lo «aveva designato». Pollicino ricorda che, come sa la collega, il concorso «è fasullo» e che la Cartabia «lo conosce anche lei benissimo, perché l'ha presentato, l'ha attrezzato...».
Non è chiaro se il riferimento sia alla procedura farlocca o allo stesso Bassini, che potrebbe essere stato introdotto in convegni, «non facendogli mancare occasioni che gli avrebbero dato visibilità come la nomina nella cosiddetta task force governativa Covid-19». Ma la Cartabia avrebbe fatto all'improvviso marcia indietro: «Dicendo, facendo capire... diciamo in maniera molto indiretta, molto felpata... attenzione, perché poi potrebbe scoppiare un caso no? Che il corso è stato affidato a qualcuno, no, che non era del tutto pulito», parafrasa al telefono Pollicino.
Il quale, dopo questa conversazione con il ministro, si sarebbe «messo in allarme» e avrebbe chiamato l'allievo prediletto: «Guarda, meglio che...». Facendolo ritirare per la seconda volta. L'indagato Pollicino, nell'intercettazione, spiega alla Trucco che da via Arenula gli avrebbero anche chiesto di subentrare lui nel corso di diritto costituzionale italiano ed europeo: «Magari tienilo per te questo, esclusivamente per te... lo faccio io, cioè lo fa...perché lei comunque non vuole l'entrata di altri e altre, esterne... diciamo i bocconiani... bocconiane... ma esterni, zero, cioè tutti quelli con comparato non (incomprensibile)».
Qui sembra proprio che l'ordine di scuderia proveniente da via Arenula fosse quello di non far accedere al corso della Cartabia, Cuocolo & c. Pollicino è convinto che Bassini con la sua mossa abbia «acquisito un grandissimo credito anche nei confronti di Marta, perché lei l'aveva designato» e che «lei apprezzerà molto questa cosa qui». L'allievo avrebbe «capito che anche in questo caso e meglio fare un passo indietro».
Al telefono il professore conclude: «E anche se non gliel'ha chiesto minimamente, sono io a chiederglielo, capito? Perché conoscendo i miei polli (Cuocolo & c. ndr), preferisco sempre fare questo, capisci?».
Infine, il docente raccomanda alla collega Trucco di tenere la questione «riservata»: «Perché non voglio neanche aprire un caso, quindi lo sappiamo io, tu, Marta e basta, capisci?». Nel marzo 2021, la Trucco bandisce un assegno di ricerca per Bassini. Poi lui non si presenta e la procedura va deserta. Il motivo? Bassini ottiene un contentino dalla Bocconi e dal settembre 2021 affianca il maestro Pollicino con il ruolo di adjunct professor nel già citato corso di costituzionale italiano ed europeo.
Nella sua memoria ai magistrati la Trucco ha spiegato chi sia la Marta citata nell'intercettazione con Pollicino: «Ritengo si tratti indubbiamente della professoressa Marta Cartabia». Circa un mese dopo quella telefonata, il 23 marzo 2021, la Trucco chiede alla Cartabia la conferma della partecipazione a un convegno genovese di giugno, «pur immaginando le tantissime altre - e ben più importanti - cose che ha da fare». Il giorno dopo la Guardasigilli risponde così: «Lara è mooolto rischioso. Qui non si è padroni di nulla. Meglio soprassedere, credo...». Nell'occasione la Trucco ha replicato semplicemente così: «Certo prof, capisco benissimo (mi creda, ero incerta se mandarle la mail...). Forza: è la numero uno!».
Inizialmente, ha confidato, la prorettrice ad alcuni collaboratori, aveva ritenuto che la Cartabia avesse risposto a quel modo perché era a conoscenza «della pericolosità dell'ambiente genovese», per come lei stessa glielo aveva descritto, e perché temeva che la sua presenza potesse essere «percepita come una provocazione». Per questo avrebbe ritenuto «opportuno evitare di aizzarli ulteriormente».
Ma perché un ministro avrebbe dovuto aver paura di partecipare a un convegno?
Davvero solo per non sembrare una provocatrice? O, nel pieno delle indagini, era a conoscenza di qualcos' altro? Che cosa significa quel suo «qui non si è padroni di nulla»? Forse le future investigazioni aiuteranno a capirlo. Da quanto ci risulta la Trucco non avrebbe ricevuto pressioni dirette dalla Cartabia per agevolare la carriera di Bassini. Tutte queste vicende le sarebbero state riferite dal coindagato Pollicino.
Ma c'è un episodio che, per quanto ha raccontato la stessa docente alle persone a lei più vicine nei mesi scorsi, rafforza il sospetto che la Guardasigilli non fosse estranea alla sponsorizzazione. Esso risale a qualche anno fa.
«L'unica volta che mi ha raccomandato una persona direttamente è stata in occasione della prima abilitazione scientifica nazionale (quando Costanzo era presidente) della professoressa B. G.». aveva ricordato la docente. Era il 2013 e alla candidata venne concessa l'abilitazione di diritto costituzionale di seconda fascia. L'11 novembre 2020 è stata, invece, bocciata per quella di prima fascia: «Scientificamente non c'eravamo affatto... benché godesse di altissime raccomandazioni. Nonostante questo è entrata a far parte di una commissione istituita in seno all'Unione europea come "ordinaria"...», aveva spiegato la Trucco.
Processo all’università: la ragnatela dei concorsi pilotati. Sotto inchiesta 191 docenti da Milano a Palermo. Alessia Candito, Sandro De Riccardis, Luca De Vito, Giuseppe Filetto, Marco Lignana, Salvo Palazzolo, Luca Serranò, Corrado Zunino su La Repubblica il 28 Maggio 2022.
Il momento è difficile per l'università italiana, violata nella sua convinta autonomia da inchieste penali che fanno emergere la questione più difficile e mai risolta: il concorso pubblico, porta d'accesso ai dipartimenti, inizio di carriera per un laureato. Il concorso d'ateneo è sempre più discusso, sempre più fragile. Negli ultimi tre anni, a partire da Università...
Processo all'università, così parlano i baroni: "Ci scegliamo i vincitori e poi scriviamo i bandi". Alessia Candito, Sandro De Riccardis, Luca De Vito, Giuseppe Filetto, Marco Lignana, Salvo Palazzolo, Luca Serranò, Corrado Zunino su La Repubblica il 29 Maggio 2022.
Il linguaggio delle intercettazioni sui concorsi pilotati. C'è chi suggerisce "un po' di mobbing" verso i candidati sgraditi e chi teorizza: "Siamo tutti imparentati. Del resto l'ateneo è una specie di élite della città". E qualcuno paragona la scelta tra due cattedre a "una questione di gusti: vuoi il cannolo o il bignè?"
Greve, sfacciato, a tratti inquietante. È il linguaggio a restituire l'idea di meritocrazia diffusa nelle università italiane: basata non sui titoli e le competenze, ma sulle relazioni di potere. E c'è ben poco di accademico nelle telefonate in cui, da Milano a Palermo, si mercanteggia di cattedre. "Siamo tutti parenti (...) I nostri concorsi sono truccati".
Concorsopoli alla Statale, tutte le trame nei verbali: "I due bandi a urologia dovevano avere la stessa commissione". Sandro De Riccardis, Luca De Vito su La Repubblica il 17 aprile 2022.
I pm di Milano che indagano sui concorsi all'università hanno ascoltato il capo della direzione legale e il direttore generale.
Ci sono due verbali che puntellano le accuse dei pm nei confronti degli universitari, nell'ambito dell'inchiesta sulla Concorsopoli milanese che vede indagati il rettore della Statale Elio Franzini e quello del San Raffaele Enrico Gherlone per turbata libertà nella scelta del contraente. Due testimonianze chiave che spiegano come il disegno per pilotare i due concorsi per ordinari di Urologia fosse curato e seguito in ogni suo passaggio, in particolare sul fronte Statale.
Genova, bufera sull'università: dodici docenti indagati per presunte selezioni truccate a Giurisprudenza. Giuseppe Filetto e Marco Preve su La Repubblica il 28 aprile 2022.
Amici e parenti sarebbero stati favoriti per cattedre o posti da ricercatori.
La normale dialettica interna al mondo universitario oppure un sistema fondato sullo scambio di favori e sulle nomine di ricercatori e docenti sulla base di amicizie e parentele?
E’ questa seconda tesi quella che sposa, in questo e momento, la procura di Genova che con dodici indagati e una serie di perquisizioni sta mettendo a soqquadro l’università di Genova e in particolare il dipartimento di Giurisprudenza.
Corrado Zunino, Salvo Palazzolo e Sandro De Riccardis per “la Repubblica” il 30 maggio 2022.
Il momento è difficile per l'università italiana, violata nella sua convinta autonomia da inchieste penali che fanno emergere, una dopo l'altra, la questione più difficile e mai risolta: il concorso pubblico, porta d'accesso ai dipartimenti, inizio di carriera per un laureato.
Il concorso d'ateneo è sempre più discusso, e fragile. Negli ultimi tre anni, a partire da "Università bandita" allestita a Catania, nove procure hanno organizzato indagini strutturali che hanno messo in evidenza al Sud (Università Mediterranea di Reggio Calabria), nelle isole (Università di Palermo e Sassari), al Nord (Statale di Milano, Torino e Genova), nelle province del Centro (la Stranieri di Perugia) e nelle sue città (Università di Firenze) accordi trasversali sulle singole discipline, in particolare a Giurisprudenza e Medicina, patti tra baroni, commissioni controllate, candidati favoriti, candidati ostacolati.
Gli ultimi tre anni dicono che l'accordo accademico, sì, ha le stimmate del sistema. I numeri sono di peso: 191 tra ricercatori a tempo indeterminato e precari, professori associati e ordinari, direttori di dipartimento, prorettori e rettori sono stati indagati nelle ultime due stagioni per titoli di reato gravi: la truffa, l'abuso, a Reggio Calabria e Firenze si contesta l'associazione a delinquere. E per aver pilotato 57 bandi di concorso pubblici.
Con l'inchiesta madre, Catania appunto, si aggiungono 55 docenti a processo, un prorettore che ha patteggiato la condanna e altri 27 bandi accertati come guasti. Il Tribunale di Torino ha infine condannato con rito abbreviato un primario di Chirurgia estetica e la candidata al posto di professore associato, due commissari di concorso sono in attesa di giudizio.
Mai nella storia dell'accademia italiana si era aperto un fuoco giudiziario così scandito nei confronti di un'istituzione decisiva per lo sviluppo del Paese: l'università. Il raffreddamento delle immatricolazioni degli studenti nel 2021-2022 dopo otto anni di crescita e il calo dei laureati accertato da Eurostat per la prima volta dopo vent'anni sono il segnale che una parte consistente del mondo accademico non vuole cogliere.
Il via libera dei vertici
Secondo le accuse, e secondo tutti coloro che a questo sistema si sono opposti, l'organizzazione concorsuale indebita parte spesso dai vertici accademici. Non a caso, sono stati rinviati a giudizio gli ultimi due rettori dell'Università di Catania e nelle successive inchieste ne sono stati coinvolti altri sette.
Iniziatore di questa svestizione del carisma di chi guida un ateneo è stato il professor Giuseppe Novelli, genetista condannato a un anno e otto mesi per tentata concussione e istigazione alla corruzione compiute nella sua veste di guida di Roma Tor Vergata.
Il sistema si legge con chiarezza seguendo l'ultima indagine. La procura di Genova ha messo in relazione i due riferimenti interni di Giurisprudenza con venti professori (locali e no) pronti a scambiare vittorie nei concorsi.
La prorettrice Lara Trucco e il prof emerito Pasquale Costanzo promettevano e ottenevano posti da colleghi della Sapienza di Roma, dell'Università di Modena e Reggio Emilia, della stessa privata e borghese Bocconi. Tra gli indagati, qui, ci sono Daniele Granara, avvocato dei medici No Vax del Paese, e Camilla Bianchi, garante per l'Infanzia della Regione Toscana.
Alla Mediterranea di Reggio Calabria, dove «emerge un quadro desolante» su tre dipartimenti, la figlia dell'ex vicepresidente del Consiglio regionale, del Pd, partecipava alla distribuzione di cattedre, assegni di ricerca e posti in corsi di specializzazione su indicazione del rettorato.
E il "Magnifico" Santo Marcello Zimbone ha barattato in proprio un dottorato con la promozione dei pargoli al liceo: ha offerto il posto alla figlia del professore che avrebbe voluto bocciarli.
Ancora, la figlia dell'ex rettrice dell'Università della Basilicata, Aurelia Sole, in corsa a Reggio Calabria per un dottorato con un curriculum «che fa raccapriccio», era utile per alimentare un contro-concorso per dottorandi a Potenza. La logica dello scambio.
Il buon pastore di Firenze
«Occorre fare sistema», dicono i docenti del cerchio Dei, rettore indagato e interdetto all'Università di Firenze, «dobbiamo essere pastori del gregge». Qui un primario nauseato dal successo senza merito ha dato luce agli accordi segreti in sala operatoria, così come un ricercatore inglese, Philip Laroma, aveva consentito di scoperchiare nel 2017 le trame a Giurisprudenza: «Non è che tu non sei idoneo, è che non rientri nel patto del mutuando».
D'altro canto, la scalcinata Università per stranieri di Perugia, dove il procuratore Raffaele Cantone contesta cinque bandi di concorso, ha offerto una patente B1 in Lingua italiana al calciatore uruguaiano Luis Suarez, capace di definire l'anguria "la cocomera".
Il rettore di Palermo insediato la scorsa estate, Massimo Midiri, ha compreso perfettamente che il logorio delle inchieste penali, a cui si aggiunge un quotidiano stillicidio di ricorsi al Tar e al Consiglio di Stato, sta corrodendo l'immagine e l'anima dell'università italiana e ha deciso di cambiare le regole dei concorsi: nessun membro interno in commissione.
«Si percepisce che tra i giovani c'è sfiducia nell'istituzione», spiega Midiri. Nel suo ateneo undici medici sono sotto inchiesta per falso e turbata libertà del procedimento. Nel primo interrogatorio dei carabinieri del Nas, il denunciante principe spiegò: «Il professore Gaspare Gulotta decide prima chi debba diventare ordinario, sceglie fra i suoi fedelissimi».
La gip di Palermo ha scritto: «Il reparto diretto da Gulotta si profila come un salotto privato nel quale vengono discussi i giochi di potere del professore, che spadroneggia impunito». Una telecamera nascosta ha dato un corpo a queste indicazioni.
"Perdenti più titolati”
Sono undici gli indagati a Sassari. Alla Statale di Milano, il bisogno di far fare carriera agli allievi ha portato sotto inchiesta un volto televisivo di questi due anni di pandemia, il virologo Massimo Galli.
Ecco, in un lavoro inviato alla rivista Lancet dal professore associato Pasquale Gallina e dall'associato in pensione Berardino Porfirio si avanza la tesi che un ricercatore che non ha mai avuto posizioni accademiche in università vanti un H-index - indicatore che misura l'impatto scientifico di un autore - migliore rispetto ai 186 docenti fiorentini presi in esame.
Dice il procuratore Cantone, già presidente dell'Autorità anticorruzione: «A mettersi contro il sistema si rischia. Negli atenei ci sono un deficit etico e un'abitudine a tollerare l'andazzo, a considerarlo parte del sistema. Anche le persone con più capacità, per sopravvivere, devono sottoporsi a pratiche umilianti».
Alessia Candito e Marco Lignana per “la Repubblica” il 30 maggio 2022.
Greve, sfacciato, a tratti inquietante. È il linguaggio a restituire l'idea di meritocrazia diffusa nelle università italiane: basata non sui titoli e le competenze, ma sulle relazioni di potere.
E c'è ben poco di accademico nelle telefonate in cui, da Milano a Palermo, si mercanteggia di cattedre. «Siamo tutti parenti (...) I nostri concorsi sono truccati». La regola è che «non si possono prima fare i bandi e poi cercare i vincitori, bisogna fare il contrario».
E per i rivali «un po' di mobbing, così dimenticano i concorsi». Frasi pronunciate da quei professori - ordinari, associati, direttori di dipartimento, rettori - ben rodati nelle spartizioni. E che sono agli atti di inchieste avviate nelle procure di mezza Italia.
Sempre le stesse famiglie
L'ex rettore di Catania Francesco Basile, finito sotto inchiesta due anni e mezzo fa, aveva una sua personalissima teoria: «Perché poi alla fine qui siamo tutti parenti - diceva intercettato -. Alla fine l'università nasce su una base cittadina abbastanza ristretta, una specie di élite culturale della città, perché fino adesso sono sempre quelle le famiglie».
Il professore Gaspare Gulotta, direttore del Dipartimento di Chirurgia generale di Palermo, paragonava invece alcuni universitari ai boss. Ma non era un'accusa, tutt'altro: «Da Roma tutti preferivano fare le commissioni con i siciliani, volevano fare i patti con i siciliani, perché i siciliani erano affidabili, c'era 'sta cosa della mafia, infatti si diceva che un siciliano muore ma non…».
A Reggio Calabria invece non c'è pubblicazione, risultato accademico o collaborazione che tenga. Si vince solo per indicazione dei vertici dell'ateneo. «Che devo fare, ormai ha gli impegni presi. Non capisco perché ma vabbè. Comunque, lo vogliamo fare e stiamo prendendo due cessi. È inutile che Pasquale (Catanoso, ndr) mi dice che sono fuoriclasse», sbottava il capo del dipartimento di Giurisprudenza dell'Università di Reggio Calabria, Massimiliano Ferrara, mentre parlava con il rettore dell'epoca, Pasquale Catanoso, e quello che gli succederà, Marcello Zimbone. Avvicendamento che non ha cambiato l'andazzo, perché «tutti e due all'unisono vanno a braccetto», diceva il direttore di Architettura, Adolfo Santini.
Telefonate sfacciate
I prof non usano eufemismi: «Stavolta tocca a me e la prossima volta tocca a lui. Gli ho fatto un associato dieci giorni fa e gliel'ho fatto col solito sistema», diceva ancora Gulotta parlando del suo grande rivale, Mario Adelfio Latteri. Lo stesso Gulotta alla fine arrivava ad ammettere: «È bene che facciamo il regolamento di ateneo perché effettivamente anche i nostri concorsi sono truccati».
Il nodo riguarda sempre come trovare il modo più efficace per bypassare le regole. A Milano un'inchiesta sui bandi a Medicina, all'ospedale Sacco, vede indagato l'infettivologo Massimo Galli: «Ma cerchiamo di fare le robe ogni tanto un po' più... seriamente», diceva la direttrice amministrativa di Scienze biomediche Monica Molinai a una ricercatrice.
Parlava della disinvoltura di Galli nel pianificare i bandi. Le due commentavano anche la commissione: «Mettiamo che quello di Palermo sia abituato a metodi un po' più spicci, quello di Roma magari sta più attento, no?».
Nell'inchiesta di Genova su Giurisprudenza, invece, le figure centrali sono la prorettrice Lara Trucco e il prof emerito Pasquale Costanzo. Che arrivava a dire: «Non si possono fare i bandi e poi cercare i vincitori, bisogna fare il contrario».
Per il docente era questione di fair play: «Si presentano persone senza farmelo sapere. Vi rendete conto? Un po' di galateo accademico».
La torta e lo champagne
Una volta apparecchiata la tavola, per gli accademici resistere alla metafora enogastronomica è dura. Sempre a Genova, il prof Costanzo si rivolgeva al collega Daniele Granara, che stava per diventare associato, in merito alla scelta fra cattedra in Diritto costituzionale e Diritto pubblico comparato: «È solo una tua preferenza soggettiva… se vuoi il bignè o la torta o il cannolo».
Negli stessi giorni a Milano Stefano Centanni, direttore del dipartimento di Scienze della salute della Statale, studiava un piano insieme al rettore della sua università, Elio Franzini (entrambi indagati): due concorsi da bandire con la stessa commissione per soddisfare i gruppi di potere a Urologia.
In questa conversazione riportava il suo dialogo con Marco Carini, altro potentissimo urologo fiorentino (indagato anche a Firenze). «Mi ha detto: "Sarebbe bellissimo chiudere tutte e due le gare insieme". E io gli ho detto "Sì, perché a questo punto facciamo una grande festa" (...). E poi diciamo di portare il Dom Pérignon ovviamente», rideva Centanni. «Dom Perignon in calici - rispondeva Franzini - . E poi ci sorridiamo, è finita lì. Bel brindisi».
Maschilismo e pressioni
Parole in libertà, pronunciate nell'intimità di telefonate private. Ma da cui traspare un atteggiamento prevaricatore. Così la candidata invisa al sistema diventava «una femmina dal curriculum pesante». E per il prof ribelle si auspicava «un po' di mobbing» affinché «si dimentichi i concorsi».
Conversazioni trascritte dai finanzieri che indagano sui bandi pilotati all'Università di Firenze: quaranta indagati, tra cui l'ex rettore Luigi Dei. L'ex primario dell'Urologia oncologica, Marco Carini, sembrava progettare ritorsioni contro un collega anti-sistema, il chirurgo Massimo Bonacchi.
«Io una soluzione l'avrei, un po' di mobbing obbligandolo a fare guardie e lavorare. Chiaramente si dimentichi concorsi». Poi, quasi rammaricandosi di non poter attuare il piano: «Se lo potessi gestire in questo ultimo mio anno lo farei divertire».
Da repubblica.it il 30 settembre 2022.
La procura di Milano ha chiuso le indagini sui presunti concorsi pilotati per i posti di professore e ricercatore all'Università Statale di Milano, in particolare nel settore della sanità. L'avviso di chiusura delle indagini è stato notificato oggi dai carabinieri del Nas a 25 persone, tra cui l'infettivologo Massimo Galli.
Nei confronti di quest'ultimo le contestazioni sarebbero state però 'limate'. I pm Carlo Scalas e Bianca Eugenia Baj Macario hanno spacchettato l'inchiesta in più fascicoli, ciascuno relativo a un concorso.
"L'ipotesi accusatoria risulta fortemente ridimensionata rispetto a quella iniziale": lo affermano i difensori del professor Galli, gli avvocati Ilaria Li Vigni e Giacomo Gualtieri, che oggi hanno ricevuto la notifica della chiusura indagini dalla procura di Milano in merito all'inchiesta sui presunti concorsi pilotati alla Statale di Milano. Massimo Galli risponde solo di un episodio, per il quale gli è stato contestato il reato di falso e turbativa. I due legali hanno aggiunto che "dopo aver avuto la copia" degli atti "faranno le loro valutazioni".
Inizialmente, come emerso dalle acquisizioni e dalle perquisizioni dell'ottobre 2021, Galli, infettivologo ora in pensione, ex primario del Sacco diventato volto noto durante le fasi più drammatiche della pandemia Covid, era accusato di tre presunti episodi di turbativa d'asta e di due di falso perché avrebbe favorito, ipotizzavano i pm, candidati da lui stimati e ritenuti preparati. Accuse che sono state di molto ridimensionate.
Con la chiusura delle indagini, infatti, per Galli è rimasto solo un 'capitolo' per le accuse di turbativa e falso, quello che riguarda anche Agostino Riva, suo stretto collaboratore e che fu il candidato vincente nel 2020 di un "concorso" per il ruolo di professore di seconda fascia in malattie cutanee, infettive e dell'apparato digerente.
Secondo l'ipotesi d'accusa, Galli avrebbe alterato il "concorso", come era emerso dagli atti, intervenendo come componente della "commissione giudicatrice" sul verbale di "valutazione dei candidati": in questa veste avrebbe attestato che il "prospetto contenente i punteggi attribuiti fosse il risultato del lavoro collegiale" nel corso di una riunione da remoto del febbraio 2020, mentre, risulta dagli accertamenti, sarebbe stato "concordato" solo dopo. Per l'accusa, sarebbe stato lo stesso Riva a indicare i "punteggi" che doveva attribuirgli la commissione. Chi si era visto penalizzato, Massimo Puoti del Niguarda, però, aveva comunque manifestato, dopo la notizia dell'indagine in corso, la "massima stima" nei confronti di Galli.
Le altre contestazioni al professore, compresa quella iniziale anche per lui di associazione per delinquere, sono state stralciate in vista di una richiesta di archiviazione. Con la conclusione delle indagini i pm hanno pure ridimensionato altre imputazioni per altri indagati. Con il blitz del 2021 erano state indagate 33 persone, tra cui molti docenti universitari. Poi il numero di indagati è salito ancora e alla fine sono rimaste 25 posizioni nelle chiusure dei vari fascicoli 'creati'. Le altre sono destinate a richieste di archiviazione.
Da corriere.it il 21 novembre 2022.
La Procura di Milano chiede il processo per l'infettivologo Massimo Galli, finito indagato in uno dei capitoli dell'indagine sui presunti concorsi pilotati per i posti di professore e ricercatore alla facoltà di Medicina dell'Università Statale di Milano. Nei suoi confronti, rispetto a quelle originarie, le contestazioni sono state ridimensionate ed è rimasto solo un episodio di turbativa d'asta e falso.
La richiesta di rinvio a giudizio per l'ex primario del Sacco ora in pensione, diventato volto noto durante le fasi più drammatiche della pandemia Covid, è stata inoltrata all'ufficio gip dai pm Bianca Maria Eugenia Baj Macario e Carlo Scalas ed ha anche la firma del procuratore aggiunto Maurizio Romanelli ed è la prima dopo che, alla fine di settembre, erano stati notificati gli avvisi di conclusione delle indagini, uno per ciascun concorso ritenuto irregolare.
Per la vicenda è indagato pure Agostino Riva, suo stretto collaboratore, candidato vincente nel 2020 di un «concorso» per il ruolo di professore di seconda fascia in malattie cutanee, infettive e dell'apparato digerente. Secondo l'ipotesi, Galli sarebbe intervenuto, come era emerso dagli atti, come componente della «commissione giudicatrice» sul verbale di «valutazione dei candidati»: in questa veste avrebbe attestato che il «prospetto» con i «punteggi attribuiti fosse il risultato del lavoro collegiale» nel corso di una riunione da remoto del febbraio 2020 mentre, risulta dagli accertamenti, sarebbe stato «concordato» solo dopo.
Per l'accusa, sarebbe stato lo stesso Riva a indicare i «punteggi». Chi si era visto penalizzato, Massimo Puoti del Niguarda, aveva comunque manifestato, dopo la notizia dell'indagine in corso, la «massima stima» nei confronti di Galli. Per la vicenda sono anche finiti nei guai Claudio Maria Mastroianni, professore alla Sapienza di Roma, e Claudia Colomba, associato all'Università di Palermo. Per gli altri episodi contestati inizialmente al professore è stata chiesta l'archiviazione. I pm nelle prossime settimane dovrebbero procedere anche per gli altri filoni dell'inchiesta che è stata «spacchettata» in diversi fascicoli.
«I concorsi universitari? A breve a giudicare saranno i pm, non i professori…». Caso "Baroni", intervista a Luigi Bonizzi, ordinario di malattie infettive presso il dipartimento di Scienze biomediche, chirurgiche e odontoiatriche dell’Università statale di Milano. Giovanni M. Jacobazzi su Il Dubbio il 31 maggio 2022.
«I concorsi? Fra un po’ verranno fatti direttamente dai pubblici ministeri e non dai professori». A dirlo è il professore Luigi Bonizzi, ordinario di malattie infettive presso il dipartimento di Scienze biomediche, chirurgiche e odontoiatriche dell’Università statale di Milano.
La Statale di Milano è uno degli atenei ad essere finito negli ultimi tempi nel mirino degli inquirenti. Secondo i magistrati, che hanno indagato anche il rettore Elio Franzini, diversi concorsi universitari sarebbero stati “pilotati”.
Il quotidiano La Repubblica a tal riguardo vi ha dedicato l’altro giorno un lungo articolo dal titolo “Processo all’Università”, elencando le indagini attualmente in corso che hanno visto finire nel registro degli indagati circa 200 professori, da Milano a Palermo, con l’accusa di aver messo in piedi un sistema basato sulla scambio di favori e sulla regola “oggi a me, domani a te”. Sul punto è intervenuto anche il procuratore di Perugia Raffaele Cantone ed ex numero uno dell’Anac, l’Autority anticorruzione, parlando di «deficit etico e abitudine a tollerale l’andazzo». «Anche le persone con più capacità per sopravvivere devono sottoporsi a pratiche umilianti», ha detto Cantone che sta svolgendo indagini su ben cinque bandi di concorso presso l’ateneo cittadino.
Professor Bonizzi, ha letto?
Ho letto e sono seriamente intenzionato a non voler far più parte di alcuna commissione per i concorsi universitari.
Addirittura?
Certo. Se si continua in questo modo il rischio è che la nuova classe docente che formerà le future generazioni sia selezionata su base “giustizialista” e non su base scientifica. Senza contare i danni alla reputazione dei commissari dovuto al clamore mediatico che quasi sempre accompagna queste indagini. Se non sbaglio vige ancora le presunzione d’innocenza.
Le indagini però ci sono……
Premesso che io sono entrato quando i concorsi erano nazionali e non c’era l’attuale autonomia delle singole università, io sarei favorevole ad annullarli proprio i concorsi, ognuno deve potersi scegliere chi vuole.
E come?
Si dovrebbero creare delle scuole con a capo un docente che dia degli indirizzi specifici.
Il “barone”?
Chiamiamolo anche “barone”, l’importante è creare un sistema serio di valutazione ex post per il candidato e per chi lo ha reclutato. Ci si deve sentire responsabili.
Il meccanismo di selezione attuale non va bene?
Bisogna fare una premessa: i ricercatori devono essere bravi nella ricerca, gli associati nella didattica e gli ordinari nella gestione complessiva del lavoro. Un concorso basato solo sulle effettive attività di ricerche svolte non è il migliore.
Perché?
Io posso prendere anche il migliore ricercatore, ma se poi crea problemi ed è difficile gestione nel lavoro di gruppo non è certo un grande affare.
Torniamo alle indagini…
Ci possono anche essere dei concorsi che hanno avuto problemi, ma comunque non hanno mai sconvolto l’intero sistema universitario. Sono situazioni di criticità che poi l’accademia mette nell’angolo e risolve.
Le indagini nascono sempre da denunce dei candidati “sconfitti”.
Adesso è la nuova moda. Chi pensa di essere stato penalizzato va in Procura e denuncia. Non si fa un concorso senza strascichi giudiziari.
Quasi tutti i denuncianti affermano che non sarebbero stati valutati in maniera adeguata i propri titoli, ad iniziare dall’ H-index, l’indicatore che misura l’impatto scientifico di un autore.
Guardi, bisogna sfatare il mito dell’H-index. Ci sono tantissimi modi che non richiedono grande fatica per farlo crescere. Se chiedo a tutti i miei colleghi professori, ad esempio, di citare nelle loro pubblicazioni le mie, vedrà come mi sale l’ l’H-index….
Che consigli si sente di dare?
Servono meno formalismi burocratici. Ripeto: non è utile solo la valutazione del cv, servono altri parametri. E poi vorrei aggiungere un elemento.
Prego?
Il magistrato è responsabile del proprio operato, anche il professore universitario deve poter essere pienamente responsabile delle proprie decisioni.
“Concorsi truccati a Giurisprudenza”: indagati 12 docenti dell’Università di Genova. Tra loro la prorettrice e l’avvocato dei sanitari no vax.
Su ordine del sostituto procuratore Francesco Cardona Albini, la Guardia di finanza ha eseguito decreti di esibizione atti e documenti e acquisizioni informatiche negli uffici e nel centro di elaborazione dati dell’Ateneo. Tra gli indagati c'è Lara Trucco, ordinaria di Diritto costituzionale e prorettrice con delega agli Affari legali: è accusata di aver influito in modo illecito su bandi e concorsi per garantirne la vittoria a sè stessa o a candidati amici. Paolo Frosina su Il Fatto Quotidiano il 28 aprile 2022.
Dodici docenti dell’Università di Genova sono indagati a vario titolo per turbata libertà del procedimento di scelta del contraente, turbata libertà degli incanti, traffico di influenze illecite e rivelazione ed utilizzazione di segreti d’ufficio in relazione allo svolgimento di selezioni pubbliche per l’assegnazione di docenze e di assegni di ricerca presso il Dipartimento di Giurisprudenza. Le procedure finite sotto indagine riguardano una selezione per un assegno di ricerca in Diritto tributario, una per il Diritto costituzionale, un assegno di ricerca in Istituzioni di diritto pubblico, un assegno di ricerca in Diritto costituzionale, un posto da ricercatore a tempo indeterminato in Diritto costituzionale e un posto da professore associato in Diritto costituzionale. Su ordine del sostituto procuratore Francesco Cardona Albini, i militari hanno eseguito decreti di esibizione atti e documenti e acquisizioni informatiche negli uffici e nel centro di elaborazione dati dell’Ateneo. “Desidero, innanzitutto, sottolineare che la giustizia va rispettata e deve fare il suo corso. Se saranno accertate mancanze o responsabilità, l’Università di Genova adotterà i provvedimenti conseguenti”, fa sapere il rettore Federico Delfino.
Tra gli indagati c’è Lara Trucco, ordinaria di Diritto costituzionale e prorettrice con delega agli Affari legali. È accusata – insieme al costituzionalista Vincenzo Sciarabba e al tributarista Vincenzo Marcheselli – di aver truccato la selezione per un assegno di ricerca da ventimila euro in modo da farlo avere a Luca Costanzo, figlio del professore emerito Pasquale Costanzo (costituzionalista di cui Trucco è stata a lungo allieva) scavalcando candidati più titolati. In un altro capo d’imputazione si legge che Trucco si è scritta su misura, insieme alla Garante per l’infanzia e l’adolescenza della Toscana Camilla Bianchi, il bando per l’assegnazione dell’incarico di supporto giuridico alla stessa Garante, suggerendo l’inserimento dei requisiti precisi (inquadramento come professore ordinario, abilitazione all’esercizio della professione di avvocato, esperienza accademica nell’ambito del diritto pubblico) che le avrebbero garantito la vittoria.
La prorettrice è inoltre indagata insieme a Costanzo, insieme al direttore del Dipartimento di Giurisprudenza, Riccardo Ferrante, e all’avvocato Daniele Granara per aver turbato un concorso da professore associato in modo che lo vincesse lo stesso Granara, ricercatore a tempo indeterminato in Diritto costituzionale: in particolare, scrive la Procura, Trucco, “dopo essersi accordata con il Direttore di Dipartimento per garantire al Granara le risorse necessarie a garantirgli un posto da professore associato, concordava con il medesimo (…) che venisse svolta una procedura valutativa per preservare il bando dal rischio di concorrenti esterni, riservando il concorso ai soli ricercatori interni all’Università, concordando inoltre di posticipare l’indizione della procedura valutativa all’esito dell’ottenimento dell’Abilitazione scientifica nazionale” di cui il candidato non era ancora in possesso. “Ancora la Trucco – prosegue il capo d’imputazione – si attivava per ricercare i componenti della Commissione che avrebbero proceduto alla valutazione, comunicando anticipatamente al Granara che ne avrebbe fatto parte la prof.ssa Patrizia Vipiana, da questi considerata amica”, anche lei tra gli indagati. Di recente Granara si è occupato delle cause no-vax, presentando il ricorso al Tar di oltre quattrocento sanitari contro l’obbligo vaccinale.
Katia Bonchi per genova24.it il 4 maggio 2022.
Tra le persone favorite dal sistema dei bandi truccati al dipartimento di Giurisprudenza dell’Università di Genova c’era anche il figlio del professore emerito di diritto costituzionale Pasquale Costanzo, Luca. Il quale aveva ottenuto l’assegno di ricerca dalla commissione presieduta dalla prorettrice, che si è dimessa ieri, Lara Trucco.
Dalle carte dell’inchiesta depositate dal pubblico ministero Francesco Cardona Albini, emerge che la Trucco e Pasquale Costanzo avessero una relazione.
Un fatto che, pur toccando la sfera privata, secondo gli inquirenti “costituisce un elemento rilevante ai fini investigativi in quanto in grado di spiegare l’intenso coinvolgimento del professore emerito nello svolgimento dei compiti istituzionali della collega, ben oltre la mera collaborazione scientifica”.
L’inchiesta della guardia di finanza vede indagate 20 persone, tra docenti, ricercatori e personale amministrativo. La procura ha chiesto l’interdittiva per sei professori e gli arresti domiciliari per la Trucco e Costanzo. Il gip deciderà nei prossimi giorni. L’inchiesta era partita dopo un esposto e il ricorso al Tar di una avvocatessa esclusa dal concorso.
Costanzo, sostiene il pm, utilizzava i suoi rapporti con i colleghi per i suoi fini. Ed emerge anche dalla mail che, dopo il ricorso dal Tar da parte dell’avvocatessa esclusa, il professore emerito le invia per convincerla a desistere promettendo che avrebbe usato la propria influenza per farle ottenere una docenza a contratto a Imperia. E dopo il rifiuto, Costanzo in una successiva mail fa un ultimo tentativo: “programmazione concordata con il necessario gentlemen agreement potrebbe sortire risultati non disprezzabili”.
Nelle carte emerge come Trucco, grazie all’intermediazione di Daniele Granara, abbia ottenuto anche un incarico esterno all’Università di Genova che riguarda il ruolo di supporto giuridico alla garante per l’infanzia della Regione Toscana.
Le telefonate tra la Garante uscente e la professoressa che avrebbe dovuto prendere il suo posto si susseguono ben prima già da inizio febbraio. “Il bando per la consulenza giuridica per la Toscana? (Ride, ndr) Io ero lì al telefono… praticamente l'abbiamo fatto insieme”, dice Lara Trucco al telefono con il professore Pasquale Costanzo, suo mentore, nel giugno 2021.
In particolare la prorettrice Trucco, interessata al posto, parla con la Garante Camilla Bianchi che dovrebbe lasciarle il posto. Quest’ultima in una telefonata spiega che “ho ricevuto… appunto ieri sera una bozza, per ora la ricognizione esterna e allora volevo un attimo un raccordo con te… per quanto riguarda i requisiti eccetera che dobbiamo mettere a punto… ora però appunto io dovevo rivedere questa cosa dopo anche il vaglio con te”.
E così, secondo l’accusa, le due si accordano per elaborare un bando su misura, sulle competenze della professoressa Trucco. Dice la Bianchi: “Il docente individuato dovrà soddisfare i seguenti requisiti, quindi inquadramento come professore ordinario o associato”. La Trucco risponde: “Sì va bene”. Quando invece la Garante sostiene che “io tra l’altro non conosco esattamente il tuo curriculum… lo posso evincere da Internet?”, la prorettrice risponde “sì basta che metti Lara Trucco su Google”.
Quando il giorno dopo le due si parlano di nuovo al telefono, la Trucco prima dice che preferirebbe un incarico fiduciario diretto, poi però ribadisce quanto già detto in precedenza, ovvero che se si deve passare dal bando pubblico “l’importante è che siamo in sicurezza, nel senso che… ehm… non ci vengano a dire ‘eh ma era un bando per la persona’… sennò poi ci creiamo dei problemi”
Da repubblica.it il 21 aprile 2022.
La Guardia di finanza di Reggio Calabria, con il coordinamento della Procura, ha eseguito otto misure interdittive nei confronti tra gli altri, del rettore dell'Università Mediterranea di Reggio Calabria, Santo Marcello Zimbone (dieci mesi), e del prorettore vicario Pasquale Catanoso (12 mesi) e di altre 6 persone tra docenti e dipendenti dell'ateneo. Il provvedimento è stato disposto dal gip su richiesta della Procura diretta da Giovanni Bombardieri.
Contestualmente, i finanzieri hanno dato esecuzione a decreti di perquisizione domiciliare e personale nei confronti di altre 23 persone.
Le indagini nascono da un esposto presentato da una candidata non risultata vincitrice in occasione dell'espletamento della procedura di valutazione per un posto di ricercatore. L'operazione, denominata 'Magnifica', ha consentito di ipotizzare condotte illecite dal 2014 al 2020, integranti l'esistenza di un'associazione dedita alla commissione di delitti contro la pubblica amministrazione e contro la fede pubblica nella direzione e gestione dell'università Mediterranea di Reggio Calabria e delle sue articolazioni compartimentali.
Le indagini traggono origine da un esposto, presentato alla locale procura della repubblica, da una candidata non risultata vincitrice, nel quale venivano segnalate condotte irregolari perpetrate in occasione dell'espletamento della procedura di valutazione comparativa per un posto di ricercatore universitario.
La donna, per tutelare la propria posizione, aveva avviato un esposto giudiziario, in tale contesto, come emerso agli atti delle indagini, gli veniva suggerito di rinunciare all'azione giudiziaria intrapresa ed "aspettare il proprio turno" per avere accesso a future opportunità professionali all'interno del dipartimento.
L'attuale rettore Santo Zimbone è stato sottoposto a misura interdittiva per la durata di 10 mesi, per il suo predecessore Pasquale Catanoso, attuale prorettore vicario, la misura dell'interdittiva è di 12 mesi. Nei confronti di quest'ultimo, il gip ha altresì disposto l'esecuzione di un sequestro preventivo del valore di circa 4 mila euro.
Il “mercato” dei concorsi universitari. «Non solo Reggio, sistema diffuso anche in altri atenei». I commissari disposti ad allinearsi al sistema dell’ateneo dello Stretto. Il tentativo di trovare un posto a Roma per il “discepolo”. E i metodi per far fuori gli sgraditi: «Lo faccio stroncare». Pubblicato il 25/04/2022 di Pablo Petrasso su corrieredellacalabria.it.
Vinca non il migliore, ma un candidato buono per «tutelare la situazione reggina». La citazione tra virgolette è tratta da un’intercettazione con protagonista Gianfranco Neri, direttore di uno dei dipartimenti chiave dell’università “Mediterranea”. E rappresenta, stando alle valutazioni dei magistrati della Procura di Reggio Calabria «fatti di particolare gravità poiché denotano come le procedure selettive siano improntate a esigenze ben diverse da quelle legali, poste a presidio innanzitutto della meritocrazia che impone di selezionare il migliore».
Tuttavia l’ateneo di Reggio Calabria – sono ancora valutazioni contenute nell’ordinanza che racconta le fasi dell’inchiesta – non pare un caso isolato. La frase del gip è tranciante: «Le intercettazioni danno conto di come sia un sistema diffuso anche in altri atenei, a una gestione delle selezioni e del reclutamento improntata a logiche di favoritismo e clientelari che spesso premiano certamente non i migliori».
I verbali consegnati «direttamente» dal candidato al commissario
Al centro dei dialoghi captati dagli investigatori c’è il concorso per un posto di ricercatore – bandito nel 2008 – da cui è nata la denuncia di Clara Stella Vicari Aversa, candidata esclusa che ha rilevato le prime stranezze nella procedura, poi diventate una slavina sanzionata da Tar e Consiglio di Stato. Un iter così travagliato da essere rimasto “aperto” per più di dieci anni. Nei tentativi di uscire dal guado dei ricorsi amministrativi vinti dall’architetta messinese, i vertici dell’ateneo reggino le hanno provate tutte. E gli inquirenti hanno ascoltato di tutto.
Ci sono commissari che contattano i vertici accademici per chiedere di avere i verbali del vecchio concorso in word, in modo da farsi un’idea di ciò che si troveranno a giudicare. Peccato che dovrebbero valutare i candidati partendo da zero. Una gestione, per l’accusa, tanto disinvolta quanto grave: «A dispetto della necessaria imparzialità e distanza di un commissario verso un candidato, i toni tra i due sono confidenziali e la consegna dei verbali viene fatta dal candidato direttamente nelle mani di colui che dovrà valutarlo». La parzialità non è un copyright reggino: il commissario arriva da un altro ateneo ma conosce evidentemente bene certe dinamiche. Che si adeguano a un solo scopo, quello di non «mettersi in casa» una presenza sgradita. Il rischio – sottolinea il pm – è «quello che il posto di ricercatore venga occupato da un professionista estraneo alla lobby degli indagati».
Il sondaggio per la soluzione alternativa a Roma
In una fase della procedura, il gruppo di docenti dell’università “Mediterranea” pensa di trovare per Antonello Russo, candidato gradito e risultato vincitore della selezione contestata, soluzioni diverse. Con l’accoglimento dei ricorsi di Vicari Aversa è Laura Thermes, docente dell’ateneo fino al 2014, a muoversi. Thermes è l’accademica che, sempre secondo l’accusa, avrebbe sconsigliato all’architetta di opporsi all’esito del concorso, consigliandole di aspettare il proprio turno se non voleva rischiare di essere esclusa, in futuro, da collaborazioni con il mondo universitario. Ed è Thermes, che con Russo vanta una lunga collaborazione, a sondare il terreno per trovare una collocazione alternativa. Lo fa rivolgendosi all’Università “La Sapienza”: contatta un professore associato per capire se vi siano spazi di manovra in un bando a Ingegneria, aperto all’esterno, per la chiamata di un professore abilitato associato. «Volevo sapere se è una situazione che ha già le sue configurazioni – chiede – perché c’è un bravissimo giovane collega che si è formato con me, eccetera, eccetera, che però io gli ho detto “se un po’ la facoltà ha già i suoi orientamenti, inutile andare a rompere le scatole”». Il tentativo avviene nel 2018: quando Thermes ha lasciato la cattedra a Reggio quattro anni prima per dedicarsi all’attività professionale e, nonostante tutto, si interessa ancora del suo “discepolo”. Il contatto della ex docente a Roma le consiglia di chiamare una collega che potrebbe avere voce in capitolo. La frase è sibillina: «Laura, tu la conosci oltretutto meglio di me perché l’hai fatta vincere al posto mio, quindi…». Si tratta del richiamo a un vecchio concorso o ad altre storie accademiche? L’intercettazione non lo chiarisce ma offre agli inquirenti un’altra istantanea degli equilibri che reggono (non tutti, ovviamente) i concorsi.
Come ti elimino il candidato sgradito. «Lo faccio stroncare dai commissari»
Neri ne offre un altro in occasione di un’altra procedura comparativa, inerente al conseguimento dell’abilitazione scientifica per il quale il docente svolge il ruolo di commissario. Nel dialogo, gli indagati «fanno riferimento a un candidato (…) che giudicano persona non valida sul piano professionale e personale». Lo definiscono «agitato, pazzo» e lo paragonano a Vicari Aversa («è un po’ della stessa pasta della nostra»). Per gli inquirenti, questo scambio descriverebbe Neri come una persona che «elude la normativa di reclutamento del personale universitario e decide arbitrariamente dell’esito delle candidature dei concorrenti». E sembra sapere perfettamente come ci si muove per escludere un candidato indesiderato. «È che pensavo di fare in questo caso – spiega –, di parlare con i commissari e di dire “stroncatelo perché è un testa di cazzo” e io casomai gli faccio un medaglione positivo; gli faccio un medaglione positivo e gli altri quattro lo stroncano». Neri, si legge nell’ordinanza, «ipotizza di dare una valutazione positiva con la certezza che il candidato verrà escluso a opera degli altri componenti della commissione, previamente allertati».
INCHIESTA “MAGNIFICA”. La “lobby” di potere retta sul “sistema Catanoso”. «Chi sarà rettore è la mia stessa persona». Per il gip nell’Ateneo reggino si sarebbe creato un contesto di «concussione ambientale interna». L’autoinvestitura come prorettore: «È un’arroganza necessitata». Sotto la lente 52 persone. Pubblicato il 22/04/2022 su corrieredellacalabria.it.
«Il “sistema Catanoso” pretendeva da parte di chi era stato favorito o aveva conseguito determinate situazioni di vantaggio il così detto “allineamento”». E la stessa cosa veniva pretesa «da chi intendesse conseguire tali vantaggi ovvero avesse specifiche aspettative». Lo scrive il gip Vincenzo Quaranta nelle valutazioni in calce all’ipotizzata esistenza di un’associazione a delinquere avente cuore pulsante tra le mura dell’Università “Mediterranea” di Reggio Calabria, con diramazioni anche oltre. Interno ed esterno, di fatti, secondo quanto ricostruito dagli inquirenti non sono concetti che si declinano rispetto al perimetro delle aule dell’Ateneo, bensì intorno al «centro di potere» organizzato dall’allora rettore Pasquale Catanoso e continuato col suo successore, Santo Marcello Zimbone, che il gip definisce una sorta di «testa di legno» dello stesso Catanoso.
Per loro la procura guidata da Giovanni Bombardieri aveva chiesto l’applicazione della misura cautelare degli arresti domiciliari. Lo stesso giudice ha invece optato per la misura meno afflittiva dell’interdizione che ha colpito – compresi loro – in tutto otto persone. Ma le maglie dell’inchiesta sono molto più estese e coinvolgono procedure, concorsi, affidamento di lavori e «spregiudicata» gestione delle risorse pubbliche che arrivano a toccare in tutto 52 soggetti.
La creazione di una vera e propria “lobby”
Secondo l’accusa, quello che il gip definisce «centro di potere» che opera per autopreservarsi e crescere all’interno dell’Ateneo, avrebbe col tempo «sostituito obiettivi egoistici alle finalità istituzionali dell’ente». Si tratterebbe quindi di una «vera e propria “lobby” dedita a favorire, per ogni appetibile opportunità di inquadramento contrattuale all’interno dell’Università, solo i loro fedeli sostenitori nonché fedeli collaboratori dei professori “amici”». Chi, come l’aspirante ricercatrice dal cui esposto è partita l’inchiesta “Magnifica”, è esterna al sistema dovrà «mettersi l’anima in pace» tosto che sognare un ruolo all’interno dell’Ateneo. Il sistema, infatti, «esclude le professionalità indipendenti ed estraneee alla lobby in questione».
Il tutto per garantire alle parti in causa una sorta di “do ut des” fatto di «reciproci favori, sia in caso di utilità lecitamente acquisibili che illecite». Gli indagati «si favoriscono l’un l’altro e si garantiscono il mantenimento del potere accademico e della visibilità sociale», scrive la procura.
Da Catanoso a Zimbone «senza soluzione di continuità»
Tra la gestione di Catanoso e quella di Zimbone, a partire da metà 2018, non c’è alcuna soluzione di continuità. «L’unica differenza nel comportamento dello Zimbone – riportano i magistrati – si rileva in una apparente attenzione alla legalità dell’azione amministrativa» sebbene le intercettazioni dimostrino come le sue siano solo «affermazioni apparenti».
Più sfrontato appare invece Catanoso. «Egli – si legge nell’ordinanza – si definisce come uomo che proviene dalla “strada”» e che proprio grazie a questo avrebbe avuto determinate ambizioni nonché una certa attitudine a intessere relazioni. «Le ambizioni di potere, di crescita personale, gli hanno imposto di comportarsi in certo modo e di asservire le istituzioni ai suoi personali interessi. Si è inserito in un giro di relazioni istituzionali che gli hanno imposto di avere un elevato tenore di vita e importanti disponibilità finanziarie». Preservare il sistema per preservare se stessi, dunque.
La necessità di mantenere la continuità di gestione degli “affari” da parte di Catanoso si apprezza da una serie di intercettazioni riportate in atti dove interlocutori sono altri soggetti interni ed esterni al sistema tra cui lo stesso Zimbone. Viene citata come esempio una conversazione tra Catanoso e un docente che si dice preoccupato per il prossimo avvicendamento dacché potrebbe avere ripercussioni sulla sua posizione contrattuale. «Non dovrebbe esserci nessun problema. – risponde l’allora rettore – Tieni conto che io non sono rettore, ma qua stiamo parlando io e te, no! Chi sarà rettore è la mia stessa persona quindi il problema non credo che ci…»
La campagna elettorale e l’autoinvestitura come prorettore vicario
Come riporta il gip, alcune delle «conversazioni passate in rassegna evocano altri sistemi di condizionamento elettorale». Il riferimento è alle captazioni che interessano sempre Catanoso nel periodo che porterà all’elezione del suo successore. «I professori sono controllati uno alla volta, è difficile sbagliare, però io aggiungo a questi 43 altri 20 voti (…) non ti preoccupare, uno deve prendere atto di quello che (…) tu sei sicuro che qua dentro ci hanno votato tutti?» Gli inquirenti evidenziano come Catanoso parli quali dell’elezione di Zimbone come fosse la propria.
Di fatti, da altre conversazioni emergerebbe addirittura la conferma della sostanziale permanenza di Catanoso nonostante la formale investitura di Zimbone. Questi anticipa come continuerà ad occuparsi di una serie di affari in virtù di una fitta rete di relazioni con soggetti esterni e interni al mondo accademico e con funzionari del Miur alcuni dei quali verranno consigliati a Zimbone come funto utili da cui attingere informazioni riservate. Il 12 luglio 2018, all’esito della competizione elettorale, vengono captate telefonate di congratulazioni, alcune delle quali non a Zimbone bensì a Catanoso: «Eh e così lo fai per 12 anni…però, la stanza…la stanza gliela dai o…?», dice l’interlocutore. «Subito…gliela do perché è scomoda, capisci?» la risposta di Catanoso. Nel prosieguo di questa stessa conversazione aggiunge però che il suo nuovo ruolo sarà quello di prorettore vicario definendola «una cosa compatibile…non è elegantissima perché è un fatto di arroganza, ma è un’arroganza necessitata…»
«Un centro di potere socialmente allarmante»
L’associazione passata al vaglio degli inquirenti si mostra «chiusa all’esterno». Aspetto che si coglie da diversi passaggi che delineano anche il “modus operandi” di Catanoso come ad esempio nel caso in cui siano considerate “estranee” due commissarie nominate dall’Università di Cosenza. Per questo Catanoso avrebbe incaricato altri soggetti intranei al sodalizio a «valutare la correttezza comportamentale» delle stesse. Il sistema, rimarca il giudice, presenta così delle «caratteristiche socialmente allarmanti».
«L’individuato centro di potere – scrive il giudice – agisce ed interviene in particolare sul sistema di reclutamento del personale universitario, sul sistema delle progressioni in carriera e di gestione delle diverse opportunità professionali che lo stesso Ateneo può offrire». Viceversa «ci sono dinamiche che soffocano la capacità da parte del personale docente di determinarsi liberamente nell’agire interno al mondo accademico». Il gip lo ribattezza “sistema Catanoso”: «Chi non si piega alle sue esigenze, che sono esigenze del gruppo di potere, va incontro inevitabilmente a una sorta di “emarginazione lavorativa” e chi ha ottenuto vantaggi deve poi rispettare, ove non voglia perdere quanto conquistato, specifiche regole. È un sistema di concussione ambientale interna, che condiziona la capacità del personale universitario di liberamente autodeterminarsi. È un potere che gestisce l’ateneo con schemi di intimidazione e di ricatto». (f.d.)
L’elenco degli indagati (fase delle indagini preliminari)
Elvira Rita Adamo, 1990, Cosenza
Renata Giuliana Albanese, 1957, Roma
Salvatore Ottavio Amaro, 1959, Reggio Calabria (professore associato Dipartimento Architettura)
Nicola Arcadi, 1953, Reggio Calabria
Giuseppe Bombino, 1971, Reggio Calabria
Pasquale Catanoso, 1953, Reggio Calabria (pro rettore università di Reggio Calabria)
Antonio Condello, 1973, Taurianova
Zaira Dato, 1949, Catania
Alberto De Capua, 1964, Reggio Calabria
Roberto Claudio De Capua, 1961, Reggio Calabria
Lidia Errante, 1989, Reggio
Philipp Fabbio, 1976, Villorba (Tv)
Giuseppe Fera, 1950, Messina
Massimiliano Ferrara, 1972, Reggio Calabria (direttore del dipartimento Giurisprudenza, Economia e Scienze Umane)
Giovanna Maria Ferro, 1977, Reggio Calabria
Gaetano Ginex, 1953, Palermo
Giovanni Gulisano, 1959, Catania
Rita Iside Laganà, 1994, Reggio Calabria
Filippo Laganà, 1964, Reggio Calabria
Maria Teresa Lombardo, 1990, Roccella Ionica
Demetrio Maltese, 1988, Reggio Calabria
Chiara Manti, 1991, Campo Calabro
Domenico Manti, 1955, Campo Calabro
Antonino Laboccetta Mazza, 1972, Reggio Calabria (professore associato dipartimento Giurisprudenza)
Martino Milardi, 1962, Reggio Calabria
Carlo Francesco Morabito, 1959, Villa San Giovanni
Gianfranco Neri, 1952, Roma
Stefania Ilaria Neri, 1991, Pavia
Paolo Neri, 1961, Reggio Calabria
Rossella Panetta, 1991, Galatro
Adele Emilia Panuccio, 1988, Reggio Calabria
Giuseppe Pellitteri, 1954, Palermo
Giulia Ida Presta, 1993, Cosenza
Antonello Russo, 1972, Messina
Valerio Maria Rosario Russo, 1956, Salerno (funzionario area tecnica)
Francesca Sabatini, 1994, Roma
Giovanni Saladino, 1963, Bova Marina
Adolfo Santini, 1955, Catania (direttore dipartimento Architettura)
Leonardo Schena, 1971, Monopoli
Andrea Sciascia, 1962, Palermo
Aurelia Sole, 1957, Cosenza (ex rettore dell’Università della Basilicata)
Vincenzo Tamburino, 1953, Catania
Alessandro Taverriti, 1959, Messina (funzionario area tecnica)
Laura Thermes, 1943, Roma
Marina Rosa Tornatora, 1970, Reggio Calabria
Michele Trimarchi, 1956, Roma
Giuseppe Tropea, 1975, Soverato
Agostino Urso, 1965, Reggio Calabria
Giovanna Zampogna, 1990, Palmi
Giuseppe Zampogna, 1954, Palmi
Antonio Demetrio Zema, 1970, Reggio Calabria
Agrippino Marcello Santo Zimbone, 1961, Catania (rettore dell’Università di Reggio Calabria)
OPERAZIONE “MAGNIFICA”. La caccia ai «traditori» prima del voto per il rettore. E l’avvertimento di Catanoso a Irto: «Non si occupi di fatti accademici». Le censure del gip: «Sistema soffocante, il personale interno non è libero di autodeterminarsi». L’invito a Zimbone («ma quale programma… fai telefonate») e i commenti malevoli sull’Unical («là è… Pubblicato il 22/04/2022 di Pablo Petrasso su corrieredellacalabria.it.
Sono inquietanti le parole che il gip del Tribunale di Reggio Calabria utilizza per descrivere le dinamiche interne all’ateneo dello Stretto. Sarebbe una università in cui il “sistema Catanoso” (dal nome dell’ex rettore e attuale pro-rettore) «condiziona la capacità del personale interno di liberamente autodeterminarsi». Non c’è nulla di peggio per una istituzione universitaria della mancanza di libertà. E le pagine conclusive dell’ordinanza che racconta l’inchiesta della Procura diretta da Giovanni Bombardieri sono un compendio di pesi e contrappesi, presunte minacce per i «traditori», calcoli politici e azioni che avrebbero, secondo l’accusa, come solo scopo quello di preservare «un potere che gestisce l’Ateneo con schemi di intimidazione, di ricatto». E «chi non si allinea è fuori dal mondo delle opportunità professionali accademiche, almeno quelle più importanti per la carriera». Tutto «sembra soffocato» da questo sistema «che ha bisogno di commettere sistematicamente reati» per autoalimentarsi. Ha bisogno «di un capillare controllo e condizionamento dei principali organismi collegiali dell’Ateneo ma anche di condizionare le commissioni di esami/giudicatrici e si muove per raggiungere i suoi obiettivi con schemi di azione che vedono l’interagire funzionale dei suoi componenti». In alcuni casi – sono sempre parole del gip – Catanoso «apre i plichi» o suggerisce «in anticipo argomenti delle prove» ai candidati. Ma c’è una fase chiave, necessaria per portare avanti il “sistema”: quella elettorale. E in questa fase – quando c’è da raccogliere adesioni e sostegni – ci si mette al lavoro per «monitorare l’elettorato, individuare i cosiddetti traditori poiché andavano poi poste in essere in loro danno azioni di “ritorsione” sul piano lavorativo-professionale».
«Ma quale programma… Fai telefonate»
Catanoso riesce a condizionare la vita dell’università “Mediterranea” «anche grazie alla posizione che è riuscito a costruirsi in ragione della fitta rete di relazioni che ha allacciato con i livelli istituzionali più alti». Il perno di tutto, però, è il passaggio elettorale attraverso il quale si riesce a garantire la continuità di gestione. L’unico a frapporsi tra il duo Catanoso-Zimbone e la conferma è Francesco Manganaro. Il docente non ha, di fatto, alcuna speranza di spuntarla. «Ma che cazzo ci vai a fare in ufficio», chiede il rettore uscente al suo più che probabile successore quando si approssima la scadenza elettorale. «Mi scrivo il programma», risponde Zimbone. «Ma quale programma, fai telefonate – è la risposta – Come stai? Come ti senti? Ti volevo sentire… grazie per quello che hai fatto e per quello che farai… puttanate. Ma hai sentito qualcuno che ci scassa il cazzo».
«Ho detto a Irto: “Non si deve occupare di fatti accademici”»
All’interno dell’ateneo molti credono che Manganaro dovrebbe proprio evitare di candidarsi. Catanoso spiega ai suoi interlocutori che l’avversario «spera nell’appoggio dei vecchi rettori, Alessandro Bianchi e Massimo Giovannini, nonché dei politici locali e regionali di sinistra, quali il sindaco Falcomatà e Nicola Irto (consigliere regionale del Pd, ndr), i quali avrebbero provato a interferire nelle elezioni».
Questa la sintesi operata dall’ex rettore: «Lui spera nel sindaco che sta chiamando un poco di persone (…) comunque sono cazzate, un disturbo al sistema universitario. (…) Poi c’era pure questo Irto che è uno strano, l’ho chiamato stamattina e gli ho detto io “senti, io non mi sono mai occupato di fatti politici perché non mi interessano ma lei non si deve occupare di fatti accademici perché è fuori luogo, non c’è la tradizione più… la politica non si… poi lei può fare quello che vuole ma avrà risultati che si ritorceranno contro di lei”. Gliel’ho detto perché ce l’avevo qua nello stomaco, vaffanculo».
«Cosenza è peggio, là siamo agli squali»
I ragionamenti “elettorali” non badano ai programmi ma alle appartenenze. Chi fa parte del “gruppo” non può voltarsi dall’altra parte o verrà «travolto». La vittoria non è in discussione, ma i calcoli elettorali vanno fatti per «vedere la caratura di alcune persone» e «stabilire – parole del gip – chi può essere considerato parte della loro cerchia privilegiata, destinataria di futuro opportunità e spazi professionali». Un controllo del voto capillare, che non teme neppure le presunte intromissioni della politica. Sistema che si spinge a commentare – su posizioni discordanti – anche ciò che accade in un altro ateneo calabrese, l’Unical. Gli investigatori captano una conversazione tra l’allora direttore generale Ottavio Amaro e il solito Catanoso. Mentre l’ex rettore dice che «là non ci sono tutte ‘ste…», riferendosi probabilmente alle manovre elettorali, Amaro ribatte che «Cosenza dai, no, è peggio, Pasquale». Catanoso risponde che «Cosenza è allucinante però ci sono gli schieramenti dove si ammazzano e dice “io mi candido con questo con questo dipartimento”, qua siamo nella confusione generale». Per Amaro Reggio Calabria è «meno selvaggia di Cosenza», perché «non è quella situazione… là è… siamo agli squali». E invita l’amico a non lamentarsi: «Ma stiamo scherzando…qua è tutto ancora dai… dentro… mia se controlli l’80% dell’elettorato Pasquale… e che volevi il 100%?». Nel voto del luglio 2018 Marcello Zimbone, sostenuto da Catanoso, ha ottenuto 216,35 voti pesati contro i 77,8 dello sfidante Francesco Manganaro.
Giuseppe Salvaggiulo per “la Stampa” il 22 aprile 2022.
«Aspetta il tuo turno». È tutta in questa frase la tragedia italiana svelata dall'ennesima inchiesta sull'università pubblica. Se l'è sentita dire Clara Stella Vicari Aversa. Laureata in architettura con lode a Reggio Calabria nel 1995, comincia a collaborare all'università «anche se tutti mi dicevano: fai volontariato, stai attenta, è un ambiente difficile. Vero, tutoraggio gratis e docenze da 1500 euro l'anno».
Vince borsa di studio e dottorato in Spagna, poi torna in Italia al seguito del marito.
Nel 2008 l'università di Reggio bandisce un concorso da ricercatore. Partecipa, perde.
Ma qualcosa non torna. La commissione parla di «candidato» e «candidata», benché i temi siano anonimi. Gonfia i titoli del vincitore e omette i suoi.
Posticipa la sua laurea di 7 anni, quanto basta per farla perdere. «Mi sento presa in giro», dice Vicari. Per cinque volte in dieci anni fa ricorso al Tar e lo vince. E per quattro volte l'università ripete la gara con lo stesso esito. Anche se il Tar rileva «giudizi copia e incolla di quelli precedenti, con macroscopici errori» anche cambiando gli esaminatori.
La sua insistenza non è gradita. La professoressa di cui è allievo il vincitore del concorso la convoca in facoltà: «Esterna il suo dissenso, suggerisce di ritirare il ricorso, la invita a chiedere scusa al presidente della commissione, amareggiato per la sua iniziativa giudiziaria». Fino alla fatidica frase: «Non si fa così nell'università. Mettiti il cuore in pace, non vincerai mai. Aspetta il tuo turno. Non sarai tagliata fuori, ma recuperata collaborando alla mia cattedra».
No, Clara pensa che il suo turno sia ora. Va in Procura.
Parte l'inchiesta. Le attività «discriminatorie» dei docenti che la osteggiano «segnalando con ingerenze» il vincitore predestinato vengono monitorate dal nucleo di polizia economico finanziaria della Guardia di Finanza. Dopo quattro anni l'indagine, ferma la presunzione di non colpevolezza fino a sentenza definitiva, non si limita a ricostruire «un patto corruttivo». Svela che lei è solo una delle vittime di una «associazione a delinquere in totale spregio delle regole e del principio di meritocrazia, con illegalità quotidiane e senza soluzione di continuità». Così scrive in un'ordinanza monumentale il giudice Vincenzo Quaranta, disponendo misure cautelari interdittive per 6 docenti (tra cui rettore ed ex rettore) sui 52 indagati per concussione, corruzione, abuso d'ufficio, falso, peculato e turbativa d'asta.
Bandi costruiti ad hoc sul profilo dei vincitori annunciati. Concorsi addomesticati, e non solo in quella facoltà, nominando «esaminatori affidabili». Curriculum truccati in positivo o in negativo, a parità di pubblicazioni. Tracce di temi e domande orali rivelate in anticipo ai candidati.
Tra i beneficiari di una borsa di studio indebita, secondo la Procura, anche la figlia dei deputati Pd Nicola Adamo ed Enza Bruno Bossio. Al cospetto di ciò che il gip definisce «quadro disarmante con sfrontatezza fuori dal comune e mancanza di senso istituzionale», sembrano miserie al limite del folclore le contestazioni ai due rettori di peculato per uso privato dell'auto blu e di cene, regali e viaggi pagati con la carta di credito dell'università.
Più devastante è che dopo 14 anni il concorso da ricercatore, annullato cinque volte dal Tar, sia ancora aperto. Nel frattempo il candidato «prediletto» dai professori ma bocciato dai giudici, e ora indagato, ha proseguito la sua carriera universitaria.
Al contrario, quella di Clara Stella Vicari Aversa è finita. «Mi chiamano ancora in Spagna, ma qui le porte sono chiuse. Mi è stato detto: non c'è niente da fare per te. Perché combatto? Non per me, non ci credo più. Per l'università, per mia figlia che ha 16 anni, per chi verrà dopo».
Concorsopoli alla Statale, tutte le trame nei verbali: "I due bandi a urologia dovevano avere la stessa commissione". Sandro De Riccardis, Luca De Vito La Repubblica il 17 Aprile 2022.
I pm di Milano che indagano sui concorsi all'università hanno ascoltato il capo della direzione legale e il direttore generale.
Ci sono due verbali che puntellano le accuse dei pm nei confronti degli universitari, nell'ambito dell'inchiesta sulla Concorsopoli milanese che vede indagati il rettore della Statale Elio Franzini e quello del San Raffaele Enrico Gherlone per turbata libertà nella scelta del contraente. Due testimonianze chiave che spiegano come il disegno per pilotare i due concorsi per ordinari di Urologia fosse curato e seguito in ogni suo passaggio, in particolare sul fronte Statale.
Università, che senso ha il concorso da professore associato a ordinario se fanno la stessa cosa? Stefano Semplici, docente di Etica sociale all’Università di Roma Tor Vergata, su Il Corriere della Sera il 12 Aprile 2022.
L’eliminazione delle procedure riservate ai candidati interni non renderà le cose più facili ai candidati esterni. A questo punto, per il passaggio di ruolo, sarebbe meglio sostituire i concorsi con delle procedure di avanzamento più trasparenti.
Da qualche mese le università non hanno più la possibilità di bandire procedure per l’avanzamento da professore associato a ordinario riservate ai docenti «interni» in possesso della relativa abilitazione. Molti hanno salutato con soddisfazione la mancata approvazione di una proroga: d’ora in poi sarà possibile ottenere il passaggio al livello più alto della carriera accademica solo in competizioni aperte a tutti. Apprezzo l’intenzione, ma non l’ottimismo sulle conseguenze di questa decisione.
Ho fatto una piccola ricerca su tre settori concorsuali di aree diverse, nei quali, a partire dal 1° gennaio 2017, hanno complessivamente preso servizio più di cento nuovi professori ordinari. Al netto di quelle che sembrano essere chiamate dirette dall’estero e di qualche concorso vinto da chi già era ordinario, bastano ampiamente le dita di una mano per esaurire il numero di coloro che non erano già professori associati nella stessa sede. Potrei aver commesso qualche errore e concedo senz’altro che possano esserci molti settori con dati diversi. Resta però la sensazione di un incredibile spreco di tempo e di risorse, visto che, di fatto, la faticosa attivazione di una procedura concorsuale (con le sue commissioni, le sue riunioni e i suoi verbali) ha avuto quasi sempre come risultato la promozione di un docente «interno». E proprio questo è il punto decisivo, fermo restando, a scanso di equivoci, che do per scontato che tale promozione sia stata pienamente meritata.
Università, rankings Qs by subject 2022: Sapienza prima al mondo negli studi classici. Polimi e Bocconi nella top ten
Chi ha voluto con intransigente determinazione il definitivo superamento delle procedure riservate avrebbe ragione se ci fosse una netta, chiara distinzione fra l’esito di queste ultime (che potevano comunque imporre di scegliere fra più candidati, non potendosi escludere la presenza nell’ateneo di più abilitati nel settore) e l’esito di bandi aperti a tutti. Non so quale sia l’esatta proporzione fra le due tipologie nei tre settori che ho considerato e sarebbe anzi auspicabile, da parte del Ministero o dell’Anvur, una precisa indagine al riguardo, ma è evidente che non è così. Le procedure aperte, anche per l’esistenza di un preciso vincolo di legge, erano certamente di gran lunga più numerose del numero dei vincitori «esterni».
Questa considerazione avrebbe dovuto a mio avviso suggerire una riflessione più articolata, a partire da quella che è la vera anomalia del sistema. Il professore ordinario e il professore associato fanno sostanzialmente lo stesso mestiere, ma la differenza fra le due «fasce» resta ben marcata in termini di potere (che, se esercitato con correttezza e senso di responsabilità, non è sinonimo di male), prestigio e anche stipendio. È del tutto naturale che un professore associato desideri diventare ordinario, ma questo passaggio, se si realizza, non comporterà di per sé alcun cambiamento nell’offerta formativa della struttura alla quale appartiene. La sua università può avere interesse a bandire un posto di prima fascia nel suo settore, per le ricadute connesse al potere e al prestigio (o anche semplicemente per offrire un’opportunità a un docente e studioso ritenuto meritevole), ma si assume così il rischio, in caso di vincitore esterno, di dover pagare un altro stipendio (e non semplicemente la differenza) per un nuovo docente del quale forse non aveva bisogno, compromettendo così anche la possibilità di procedere con altri bandi. Per non parlare della delusione di chi vedrà occupata da un altro la «prima» fascia alla quale aspirava.
Quello della confusione fra procedure di reclutamento e procedure di avanzamento è a mio avviso il vero problema, che continua a essere eluso. È vero che l’eliminazione delle procedure riservate potrebbe rendere più difficile il passaggio a ordinario di candidati abilitati ma non sufficientemente «forti». Ma è purtroppo ugualmente indubitabile che cresceranno anche le tentazioni, compresa quella di non bandire e mortificare così ulteriormente colleghi che ben meriterebbero il pieno riconoscimento dei risultati del loro lavoro. Non si può neppure escludere che si rafforzi la deriva verso la trasformazione non dichiarata e magari tendenzialmente non conflittuale di procedure formalmente aperte in procedure con un numero sempre più esiguo di candidati, fra i quali non mancherà l’associato «interno». Anche in settori nei quali il numero degli abilitati lascerebbe immaginare una ben diversa partecipazione. Ogni tanto continuerà a esserci un ricorso, ma è in fondo quello che succede già adesso.
C’è bisogno di scelte più radicali e coraggiose. Una via potrebbe essere quella di trasformare in regola quella che è attualmente una possibilità di fatto residuale, escludendo i professori associati dalla possibilità di partecipare a procedure bandite dalla loro sede. Ci sono però alcune controindicazioni, prima fra tutte la prevedibile contrazione del numero di posti disponibili, anche in considerazione delle nuove norme che rendono più agevole il trasferimento dei docenti da una sede all’altra. L’alternativa è quella di prendere finalmente atto che reclutamento e avanzamento sono due cose diverse, prevedendo per il secondo norme semplici e trasparenti e non per questo meno rigorose. Occorre naturalmente tenere conto dell’articolo 97 della Costituzione. Torna così una domanda troppo a lungo scansata: ha senso mantenere due ruoli distinti per professori che, come ho ricordato, fanno sostanzialmente lo stesso mestiere?
L’ex primario arrestato con la figlia: «Ai concorsi sistemavo i familiari». Felice Cavallaro su Il Corriere della Sera l'8 aprile 2022.
Palermo, bufera al Policlinico: 23 indagati. Le intercettazioni: «Uno lo piazzi tu e uno io». Gaspare Gulotta dirigeva il reparto di Chirurgia, Eliana lavora all’Ospedale Civico.
Ci voleva un pentito pure al Policlinico di Palermo per scoperchiare la pentola maleodorante dei concorsi truccati, degli incarichi di ricercatore affidati ad amici e parenti, soprattutto se titolati figli di «barone». Un pentito in camice bianco per scoprire la regola del «fifty fifty, uno a uno, uno lo piazzi tu e uno lo piazzo io». Una gola profonda. Con accuse alla base di un’inchiesta avviata due anni fa dai carabinieri piazzando microspie soprattutto nello studio del primario da ieri mattina agli arresti domiciliari, Gaspare Gulotta, 71 anni, adesso in pensione, fino all’anno scorso direttore del dipartimento di Chirurgia del Policlinico, accusato di aver truccato le carte per favorire la sua corte. A cominciare dalla figlia Eliana, chirurgo nell’attiguo Ospedale Civico. Anche lei ai domiciliari. Coinvolta nel terremoto con altre venti persone fra medici, docenti e amministrativi. Tutti, con diverse responsabilità, sotto inchiesta per corruzione, peculato, turbata libertà di scelta del contraente, truffa, rivelazione ed utilizzazione di segreti d’ufficio, falso ideologico in documenti informatici, calunnia e abuso d’ufficio. E la giudice per le indagini preliminari Donata Di Sarno per undici di loro ha disposto l’interdizione dai pubblici uffici.
Truffa per cinque concorsi
Oltre Gulotta sembra pesante la posizione del candidato indicato per la sua successione, Mario Adelfio Latteri. Pure lui coinvolto nella truffa che fa riferimento a cinque concorsi espletati tra il 2019 e il 2020. Ovviamente gli avvocati sono pronti a contestare le accuse e bisognerà attendere il passaggio dell’inchiesta al tribunale del riesame, ma i virgolettati che si leggono nelle intercettazioni trascritte dai carabinieri sono sconvolgenti perché intrise di arroganza e tracotanza. «Tu ti pigghi quattro amici», diceva Gulotta riferendosi ai commissari da inserire nei concorsi. In modo da trasformare le prove in una formalità. Un meccanismo rivelato dalle stesse parole pronunciate da Gulotta nel suo studio, ignaro di essere intercettato, pronto ad illustrare il metodo: «Ogni volta che si è liberata una nicchia io mi ci sono infilato sempre. Ogni volta che c’è stata una cosa Covid io mi ci sono infilato. Ho fatto un concorso e ho cercato di piazzare sempre, pensando ai miei, alla famiglia. Ho fatto un concorso al pronto soccorso e ho cercato di infilare i miei, la famiglia, tutto quanto, ogni volta che ho avuto un piccolo spazio ho cercato di andarlo a occupare per i miei, per i miei figli, Eliana e Leonardo...».
Mancanza di controlli interni
Parla di «un quadro a dir poco sconfortante» la gip che descrive Gulotta con parole destinate a pesare sul Policlinico: «Il direttore spadroneggia, impunito, creando logiche di sistema illegali». Il riferimento corre ad una mancanza di controlli interni sui quali dovrà interrogarsi l’intero meccanismo amministrativo dell’ateneo. Come è già accaduto in tempi recenti a Catania e Messina con la scoperta di «verminai» riflessi nei favori spesso riservati ai figli dei «baroni» in camice bianco. In questo caso, con totale disinvoltura, Gullotta, stando al Nas dei carabinieri, avrebbe usato «la sua influenza anche per fare rilasciare ai suoi due figli, entrambi medici, false attestazioni di malattia...». Compreso un referto contraffatto per attestare lesioni subite dalla figlia durante una presunta aggressione dell’ex coniuge. Un modo per farla pagare al genero. Storia privata emersa in un «sistema» che prevedeva il pagamento di visite private pur di avere un posto in corsia.
Test truccati a Odontoiatria, licenziato il professor Grassi: linea dura dell'Università. Sarebbe andato in pensione il 28 marzo. Gabriella de Matteis su La Repubblica il 21 marzo 2022.
I fatti risalgono al 2012 quando l'allora direttore del corso era stato arrestato perché considerato il capo di una associazione per delinquere che dietro compenso, grazie a un sistema informatico, aiutava alcuni candidati. Nel 2016 la condanna, nel 2019 la prescrizione in Appello.
L’università ha scelto la linea dura: è stato licenziato Roberto Felice Grassi, il docente del corso di laurea in Odontoiatria coinvolto nell’inchiesta sui test truccati. Dopo il provvedimento di sospensione per Grassi è scattato il licenziamento. Il docente aveva chiesto di andare in pensione in anticipo il 28 marzo, ma il provvedimento di licenziamento è arrivato prima.
Nel 2012 il professor Grassi, all'epoca direttore del corso di laurea in Odontoiatria, era stato stato arrestato perché considerato il capo di una associazione per delinquere che dietro compenso, grazie a un sistema informatico, avrebbe aiutato alcune aspiranti matricole a superare i test di ammissione alla facoltà. In primo grado il docente, finito sotto accusa con altri cinque imputati, nel maggio del 2016 è stato condannato alla pena più alta di quattro anni e tre mesi. I giudici lo avevano riconosciuto, fra l'altro, colpevole del reato di associazione per delinquere.
Secondo l'accusa, le risposte ai quiz venivano elaborate in "una centrale operativa" allestita nell'abitazione di un odontotecnico ad Altamura e poi inviate su telefoni di ultima generazione ai candidati che avevano pagato la banda. I reati sarebbero stati commessi nel 2007 e nel 2009 e quando è arrivata la sentenza di secondo grado era oramai troppo tardi. La Corte d'appello di Bari ha dichiarato la prescrizione dei reati nel dicembre del 2019 con una sentenza che poi è diventata definitiva sei mesi più tardi. Un’assoluzione non nel merito quindi e l’Università ha avviato il procedimento disciplinare conclusosi con il licenziamento. Non è escluso che il docente decida di ricorrere al Tar contro il provvedimento dell’ateneo.
Valentina Marotta per il “Corriere della Sera - ed. Roma” il 18 febbraio 2022.
Raffica di assoluzioni e proscioglimenti per studenti e docenti, vanno invece a processo i vertici della Link Campus University di Roma e del sindacato di polizia Siulp. Si chiude così l'udienza preliminare a Firenze in cui è sfociata la maxi inchiesta sulle presunte lauree facili per i poliziotti iscritti all'ateneo privato.
Il gup Antonella Zatini ha fatto cadere le accuse di falso per 60 tra agenti e ispettori, alcuni dei quali in servizio alla Questura del capoluogo toscano ma ha rinviato a giudizio nove imputati per associazione a delinquere finalizzato alla falsità ideologica e materiale nei verbali di esame.
Il 10 giugno si aprirà il processo per il fondatore e presidente del Cda della Link Vincenzo Scotti, ex ministro democristiano, 89 anni, ritenuto il promotore dell'organizzazione, Carlo Cotticelli, ex tesoriere romano del Pd e ora componente dell'assemblea nazionale del partito, Claudio Roveda, rettore dell'ateneo, il direttore generale Pasquale Russo, Stefano Mustica, vicepresidente del consiglio della scuola e responsabile dell'organizzazione amministrativa degli studenti lavoratori, Felice Romano, segretario nazionale del Siulp, Alessandro Pisaniello, membro del direttivo nazionale del sindacato, e i dipendenti dell'ateneo Luca Fattorini e Andrea Pisaniello.
I nove sono stati assolti da 22 dei 46 episodi di falsi relativi ad esami sostenuti da poliziotti e loro parenti. Il giudice Zatini ha dato una sforbiciata alle accuse contestate dalla pm Christine von Borries ma per conoscere le motivazioni occorrere attendere il 4 marzo. Scotti avrebbe il ruolo di regista dell'organizzazione, secondo la Procura.
Fu lui a fondare nel 2011 la Link Campus, con il riconoscimento del ministero dell'Istruzione e della Ricerca. Nel mirino della Procura sono finiti i corsi di laurea triennale di Scienza della politica e delle relazioni internazionali e i corso di laurea magistrale in studi strategici e scienze diplomatiche degli anni 2016 - 2017 e 2017-2018.
Il meccanismo ideato, ritiene la pm, era semplice: i poliziotti iscritti al Siulp, oltre alla retta universitaria di 3.500 euro, versavano alla Fondazione Sicurezza e Libertà una quota di iscrizione di 600 euro che finiva su un conto corrente a San Marino.
Il versamento era necessario per partecipare al corso di perfezionamento «Human security», indispensabile per essere dispensati dalle lezioni e dagli stage del primo anno e passare direttamente al secondo.
Agli studenti sarebbe stato così consentito di non frequentare le lezioni, in violazione del regolamento di Ateneo e di sostenere gli esami, violando la legge, a Firenze anziché a Roma, nella sede della Link Campus, senza sorveglianza sullo svolgimento delle prove. Test sostenuti con commissioni fantasma o perfino in una stanza del mercato ortofrutticolo alla Mercafir, domande anticipate via WhatsApp e tesi di laurea copiate da internet.
Esami facili ai poliziotti. A processo l’ex ministro Scotti. Redazione CdG 1947 su Il Corriere del Giorno il 18 Febbraio 2022
Secondo quanto ricostruito dalle indagini della Guardia di Finanza i poliziotti avrebbero sostenuto esami falsi, grazie alle risposte fornite in anticipo o con il permesso di copiare liberamente, senza mai vedere i professori ma solo alcuni tutor e talvolta in locali di fortuna, reperiti di volta in volta a Firenze o Bologna mentre l’unica sede autorizzata ad ospitare le sessioni d’esame doveva essere quella di Roma.
Tra i rinviati a giudizio dal tribunale di Firenze sul caso della Link Campus University di Roma ci sono anche l’ex ministro Vincenzo Scotti e il segretario nazionale del sindacato di polizia Siulp, Felice Romano. L’ateneo privato fondato nel 1999 da Scotti, che ne è anche il presidente, è finito sotto inchiesta per i presunti esami facili dedicati agli scritti al sindacato di polizia Siulp durante il corso di laurea.
A processo sono finite altre sette persone, tra le quali il rettore dell’università prof. Claudio Roveda, il vice presidente Stefano Mustica ed il direttore generale Pasquale Russo. Le imputazioni spaziano dall’associazione per delinquere al falso. Lo ha deciso il gup di Firenze Antonella Zatini al termine di quattro ore di camera di consiglio che ha invece archiviato la posizione di 53 poliziotti inquisiti per i quali la procura aveva chiesto il processo. Cadute le accuse di falso per tutti gli studenti, soprattutto poliziotti e familiari: per la procura avevano affrontato finti esami, in qualche occasione, anche in una cooperativa che ha sede alla Mercafir.
Altri sette imputati sono stati assolti con rito abbreviato. Il giudice in questo caso ha accolto la tesi della difesa secondo la quale gli agenti-studenti non sospettavano che ci fossero agevolazioni per passare gli esami, laurearsi e avere così la possibilità di un avanzamento di carriera. I nove rinviati a giudizio, sempre secondo il Gup, avrebbero trovato un accordo per agevolare il percorso accademico consentendo a chi sosteneva gli esami-facili di consultare appunti e Internet e saltare anche un anno di studi.
Il ruolo di promotore e organizzatore, per la Procura, spettava proprio a Scotti che creò nel 1999 l’Università di Malta, poi diventata Link nel 2011 con il riconoscimento del Ministero dell’Istruzione e della Ricerca guidato da Mariastella Gelmini. Sotto la lente della procura di Firenze erano finiti i corsi di laurea triennale di Scienza della politica e delle Relazioni internazionali e il corso di laurea magistrale in Studi strategici e scienze diplomatiche degli anni 2016-2017 e 2017-2018. Secondo quanto ricostruito dalle indagini della Guardia di Finanza i poliziotti avrebbero sostenuto esami falsi, grazie alle risposte fornite in anticipo o con il permesso di copiare liberamente, senza mai vedere i professori ma solo alcuni tutor e talvolta in locali di fortuna, reperiti di volta in volta a Firenze o Bologna mentre l’unica sede autorizzata ad ospitare le sessioni d’esame doveva essere quella di Roma. Redazione CdG 1947
Concorsi truccati, la sconfitta dei baroni: reintegrato (dopo 10 anni) il ricercatore-simbolo della lotta per il merito all’università. Thomas Mackinson su Il Fatto Quotidiano il 3 febbraio 2022.
Storica vittoria per l'autore del libro-inchiesta "Mala Università" (e per chi soffre di mal di cattedra). Il ricercatore siciliano Giambattista Sciré, animatore dell'associazione TraMe, si era visto sfilare l'insegnamento in Storia contemporanea in favore di un architetto. Ha riottenuto il contratto, ma ci sono voluti due lustri con tre ricorsi al Tar vinti, uno al Consiglio di Giustizia, una sentenza penale e della Corte dei Conti. "La battaglia riparte da qui, spero sia d'esempio ai troppi che subiscono tra timori e sfiducia".
“Lo aspettavo da dieci anni. La prima impressione? Lo stupore, lo stordimento”. Giambattista Scirè quasi non ci credeva ma alla fine ha vinto la Champions nel campionato dei Baroni. E il gioco sporco delle cattedre all’italiana, d’ora in poi, sarà forse più regolare per tutti, compresi i troppi che ancora subiscono ma restano in timoroso silenzio. Sciré è il ricercatore siciliano che nel 2011 ha visto sfumare la cattedra in Storia bandita dall’università di Catania in favore di un’architetta (non è uno scherzo), per la quale era stato costruito il solito concorso “su misura”. Non si è arreso, e con la sua battaglia contro la piaga della “Mala Università” – su cui ha scritto anche un libro – da protagonista nel ruolo della vittima si è fatto portabandiera di un’azione pubblica per la trasparenza dei concorsi a cattedra ben più ampia. Ebbene: dopo anni di lotta ha ottenuto la proroga del contratto da ricercatore in Storia contemporanea. Dal 1 febbraio ha preso servizio presso l’ateneo e domani prenderà possesso del suo ufficio nella sede di Ragusa. “Finalmente – dice – e lo farò a testa alta”.
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Non sarebbe una notizia, se non ci fossero voluti tre ricorsi al Tar vinti, uno al Consiglio di Giustizia, una sentenza penale con decreto di imputazione coatta nel 2020 e una della Corte dei Conti che ha condannato i commissari a restituire i soldi del danno erariale perché aveva, dicono le sentenze, platealmente truccato il concorso. Quelle vittorie fino a pochi giorni fa sembravano solo sulla carta, anche perché l’ateneo non aveva mai dato corretta esecuzione alle sentenze. “Papiri da appendere alla parete o medaglie al valore come la bella lettera di risposta del presidente Mattarella”, dice Sciré spiegando che il sollievo va ben oltre il dato di cronaca. “Per anni la sfiducia per il mio mancato reintegro, a fronte dei risultati giudiziari a mio favore, aveva avuto il sopravvento”. Ma la situazione si capovolge una volta per sempre. “Come accade in certe storie strazianti e drammatiche di ingiustizia, ma poi per fortuna a lieto fine, e quindi come tali epiche ed emozionanti”.
Ma ogni storia a lieto fine che si rispetti ha conserva un retrogusto amaro. Com’è che riottiene il suo posto? Solo in forza dell’ennesimo accesso agli atti Scirè scopre che la sede distaccata di Ragusa già nel 2015, a seguito della prima sentenza, aveva dato parere favorevole alla proroga del contratto “ma l’ateneo, nella nota di diniego scritta dall’ufficio legale (censurata poi dal tribunale ordinario e annullata dal Tar) ha finto di non conoscere l’esistenza di quell’importante documento. Ed ecco che oggi, con sette anni di ritardo, dopo l’ennesima sentenza non eseguita del luglio 2021, dopo l’ennesima diffida e denuncia, finalmente l’obiettivo che sempre perseguito con ostinazione è raggiunto: il rettore Francesco Priolo, seppur con estremo ritardo, ha promosso l’attivazione della proroga, la sede distaccata di Ragusa ha votato così all’unanimità a favore della proroga del mio contratto, lo stesso ha fatto il dipartimento di scienze umanistiche di Catania cui afferisce, consentendo al senato accademico e al cda di deliberare la proroga”. Sciré ha allegato 2560 pagine di relazione sull’attività didattica e di ricerca svolta al 31 dicembre 2014.
“Non è la fine, ma una svolta nella battaglia”, promette Scirè che nel novembre 2017 ha fondato un’associazione per la trasparenza e il merito nei concorsi (TraMe). “Avevo avuto una sentenza favorevole dal Tar che disponeva il reintegro, pena la nomina di un commissario ad acta. Forte di quello avevo rivolto un appello pubblico a tutti i colleghi perché nascesse una rete di supporto a quanti ancora subiscono abusi e ingiustizie nell’assegnazione degli insegnamenti”. Aderiscono in 10, ora sono 850. Molte denunce si sono trasformate in sentenze favorevoli e ordini di reintegro. “Nel mio caso – dice il fondatore – il risultato di oggi è solo più plateale perché ci ho messo la faccia, e assume dunque una valenza simbolica più forte”. Coì la vittoria personale diventa pubblica, e spingerà altri a farsi avanti e seguire l’esempio.
Università, radiografia del sistema dei baroni. “Presa Diretta” riparte dai concorsi truccati. Iacona: “La lobby dei prof si oppone a riforme”. Thomas Mackinson su Il Fatto Quotidiano il 6 febbraio 2022.
L'INTERVISTA - Da lunedì 7 febbraio su Rai3 riparte il programma d'inchiesta condotto da Riccardo Iacona che dopo 13 anni torna a varcare i portoni delle università e li trova infestati dalla piaga dei concorsi pilotati. "La pandemia per un verso e le sfide del Pnrr per l’altro ci dicono che la partita si gioca sulle competenze date dall’alta formazione. Richiedono ricerca, capacità, etica. Ma la Scienza in Italia sembra contare solo a parole". Poi la Rai, la libertà di informazione nel servizio pubblico. Ecco cosa vedremo nella nuova stagione.
Concorsi truccati, la campanella suona per tutti. Un’ora e mezza in tv, in prima serata. Non era mai successo. Lunedì prossimo parte la13esima edizione di “Presa Diretta” su Rai3 e lo fa aprendo la stagione con una puntata che indaga a fondo il male endemico dell’università italiana: la piaga dei concorsi accademici truccati e delle baronie. Riccardo Iacona ha deciso di trattare in prima persona il nodo del sistema di assegnazione delle cattedre con un reportage ampio, che dalla Sicilia passa per Firenze e arriva a Tor Vergata, sulla scia di tre clamorose inchieste della magistratura. Un viaggio nel “cuore malato” del sistema di selezione dei docenti, con una valigia di documenti d’indagine, testimonianze e intercettazioni e una domanda sul taccuino che interroga tutto il Paese: l’Italia deve rassegnarsi al fatto che i “migliori” siano selezionati così, con sistematica devianza da merito e competenza, e che il sistema universitario smetta di essere la fabbrica della conoscenza e delle competenze? Spoiler: la risposta, come spesso accade, si trova purtroppo, ancora e sempre fuori dall’Italia. Iacona, classe 1956, da 35 in Viale Mazzini (con parentesi da editto bulgaro), ha voluto condurre personalmente l’inchiesta che apre la nuova stagione, tornando sul “luogo del delitto” e mettendo il coltello nella piaga.
Perché hai deciso di ripartire da qui?
Da “ragazzino”, ormai si può dire, avevo fatto “Viva la ricerca”. Fu trasmesso nel 2009 in prima serata e portò alla ribalta nazionale il tema delle scarse risorse che stavano portando all’asfissia un settore così strategico per l’innovazione ed elevazione del Paese nella competizione globale. A distanza di 13 anni ho intrapreso questo nuovo viaggio tra i “concorsi pilotati”, altro grande male dell’alta formazione, certificato negli ultimi cinque-sei anni da una serie impressionante di inchieste della magistratura. L’ambizione è andare oltre la cronaca, per indagare il nocciolo di questo fenomeno.
Che effetto ti han fatto?
Molta impressione, davvero. Non ti aspetteresti mai che la Digos debba entrare in una alta accademia come l’università di Catania e di scoprire le cose che racconteremo in prima serata lunedì sera. Mi ha molto colpito constatare che ogni volta che le Procure mettono l’occhio o le microspie scoprono che le procedure di reclutamento sono illegali, che le persone entrano o vanno avanti non tanto per il merito ma per l’appartenenza. I nostri giovani non possono far altro che subire o replicare a loro volta questi meccanismi, in alternativa lasciare l’Italia. E magari sono proprio i migliori.
Dei baroni però si parla da anni, perché infilare ora il dito nella piaga?
Perché la pandemia per un verso e le sfide del Pnrr per l’altro ci dicono che la partita si gioca sulle competenze date dall’alta formazione che richiedono ricerca, capacità, etica. E’ nelle università che si forma la classe dirigente che può fare scelte di salute pubblica, mettere mano a buoni progetti, spendere bene le risorse. Ma se nei luoghi a questo deputati i docenti sono scelti con meccanismi di mera cooptazione la sfida si perde in partenza. Sentirete un procuratore che definisce quel sistema “mafioso”. Se ti metti contro, se fai ricorso, ti isolano col bollo dell’infamia. Ma parte del problema è che queste cose quasi non fanno più scandalo.
La politica che responsabilità ha avuto?
Molte, ha chiuso gli occhi per anni sulla riduzione dei fondi per la ricerca. Poi ha trattato l’università come marginale, favorendone così l’autoreferenzialità e lasciando che tutto il sistema di reclutamento si adagiasse su una legalità che è solo apparente: ad ogni concorso devi costruire una commissione nazionale, col costo che ha, che lavora per confermare una scelta già fatta a monte, senza una reale comparazione. Del resto, basta parlare coi protagonisti che hanno vissuto soprusi terribili per rendersi conto della violenza di questo sistema di cooptazione tribale vestito da concorso. Ma la politica spesso non ascolta.
E che cosa può fare?
Abbiamo intervistato la ministra, che è ben consapevole che questo meccanismo di selezione fallisce proprio nello scopo per cui è stato costruito, quello di premiare i migliori anziché pupilli e raccomandati. Lei mette in campo alcune soluzioni tecniche che sono anche dure e quasi rivoluzionarie, ad esempio cancellare l’articolo 24 che consente di bandire concorsi solo per candidati interni.
Ma se ne parla poco. Ci sono resistenze?
Nel Milleproroghe diversi parlamentari vogliono perpetuare quel sistema, perché c’è una “lobby dei professori” anche in Parlamento. Il concorso interno si chiama così ma nella pratica conferisce potere di nomina che hai nelle mani: se glielo togli non puoi più accomodare le persone che hai deciso di portare avanti. Altra cosa è l’abolizione del concorso per l’abilitazione nazionale della Gelmini, altra proposta della ministra che toglierebbe agli ordinari nazionali delle singole discipline il potere di decidere chi deve fare carriera e chi no.
E allora chi deve mettere mano al problema dei concorsi?
L’università da sola non lo può risolvere, perché è complice. E’ una partita troppo importante per lasciarla in mano solo a chi ci lavora. Andrebbe messa su un “”tavolo in cui c’è la magistratura, la politica, la società civile per uscire fuori dal ghetto dell’agenda politica dove sta l’università e tirarla su. La nostra ambizione è di dare un contributo di conoscenza che favorisca questa consapevolezza nel Paese, non per nulla lo approfondiamo per 90 minuti in prima serata, senza accontentarci di fare la cronaca giudiziaria ma afferrandone la complessità.
Clima impazzito, la nuova Guerra Fredda tra Usa e Cina, criminalità digitale. Tra le inchieste della nuova stagione c’è anche “Amore bestiale”, tutta sugli animali domestici. E’ una scelta bizzarra per un programma d’inchiesta
In effetti è un tema che in tv viene trattato come servizio di coda, noi invece faremo una puntata visionaria che mi piace molto. Presa Diretta è l’unico programma della tv italiana privata e pubblica generalista che tutte le settimane propone un monografico che ha l’aspirazione di raccontare per 90 minuti un fenomeno senza fare il “magazine”. Tutte le cose che scegliamo hanno la larghezza narrativa giusta per andare a fondo.
E cosa vedremo?
E’ una puntata che merita 90 minuti. Racconta una trasformazione antropologica di cui ci rendiamo conto quando andiamo in giro per strada: ci sono più cani e gatti che figli. Gente che parla ai cani come agli umani. E poi ci accorgiamo di quanto pesi l’industria che ci gira attorno, comprese le onoranze funebri per cani e gatti, i gelati per loro. C’è un mondo che vive attorno ai nostri amici. E ti domandi cosa è successo. Solo facendo i monografici riesci in qualche modo a mettere l’occhio nel medio futuro, nel mondo che sarà. E sarà un mondo dove animali di ogni genere e grado rispondono a un bisogno di cura che in realtà è nostro. Nasce iscritto nel Dna per i figli, ma si sta spostando sui cani. Sullo sfondo, il declino demografico. Un puntata visionaria, secondo me.
A proposito di visioni. Sì è visto Berlusconi nei panni del candidato al Colle: come sta oggi il rapporto tra politica, Rai e giornalismo?
Tra politica e giornalismo d’inchiesta c’è un fisiologico corpo-a-corpo ed è anche giusto così. Succede in tutto il mondo. I giornalisti portano avanti il loro racconto, la politica deve tenerne conto, l’opinione pubblica è in mezzo e apprende cose che non sapeva. Direi che ora anche in Italia c’è più di uno spazio all’interno della Rai per raccontare in maniera indipendente la realtà e quello che ci circonda.
Dunque è chiusa la stagione degli editti?
Diciamo che in Italia ci sono precedenti pericolosi di cui tenere conto. Non si era mai visto in Europa un presidente del Consiglio che dalla Bulgaria fa un editto contro i conduttori sgraditi e trovi orecchie pronte nell’azienda pubblica per chiudere programmi di grande successo, come erano quelli di Biagi, Luttazzi e Santoro. Chiaro che quella vicenda ha lasciato un segno, ma non è più il tempo in cui l’occupazione politica della Rai da parte degli uomini di dell’ex premier era persino militare, l’epoca dei palinsesti studiati a tavolino con la concorrenza.
C’è più spazio per l’approfondimento giornalistico?
Il sistema della televisione nel suo complesso resta bloccato: c’è un conflitto di interessi ancora molto potente, un mondo privato consistente in mano sempre all’ex presidente del Consiglio. Ma nel frattempo ci siamo ripresi i nostri spazi di libertà, parliamo direttamente al nostro pubblico. E se facciamo un buon lavoro, ci ascolta anche il cosiddetto “mondo della politica”.
L’antidoto all’interferenza?
Fare un buon lavoro. Ci hanno consegnato una prima serata, possiamo fare 90 minuti di racconto. Li vogliamo fare bene e fare in modo che le persone che li vedono siano più ricche, proprio come succede a noi ogni volta che affrontiamo un argomento. Non raccontiamo le cose che già sappiamo o pensiamo siano così per un pregiudizio ideologico o politico. Noi ci buttiamo nel mare del racconto, anche quando è in tempesta, in maniera libera, dai diversi punti di vista. La fontana della libertà resta aperta se racconti in maniera onesta quel che ci sta accadendo nella sua complessità. Il resto non serve a nulla, sono fumetti, non approfondimento giornalistico.
Concorsi universitari, non ci sono solo bravi o raccomandati. Io vedo problemi non scandali. Andrea Bellelli, Professore Ordinario di Biochimica, Università di Roma La Sapienza, su Il Fatto Quotidiano il 12 febbraio 2022.
Il recente servizio di Riccardo Iacona a Presa Diretta ha riaperto l’annosa questione dei concorsi “truccati” nelle università. Non è mia intenzione difendere gli abusi di potere, che certamente esistono e che di quando in quando vengono portati in luce da indagini della magistratura. Però bisogna diffidare delle ricostruzioni basate soltanto sulle indagini, perché queste fotografano necessariamente gli eventi peggiori possibili nel sistema e non danno informazione sulla sua complessità e sul suo funzionamento “medio”. Premetto che io insegno Biochimica e conosco soltanto l’ambito limitato della mia materia, che però è abbastanza simile a quello di tutte le scienze “dure”.
La percezione generata dalle inchieste come quella di Iacona, un giornalista del quale ho grande stima, è che ai concorsi universitari si presentino candidati molto nettamente divisi in due gruppi: bravi e somari raccomandati e che uno tra i secondi vinca scavalcando non solo gli altri somari raccomandati, ma anche e soprattutto i bravi. Questa visione, nel campo delle scienze dure è completamente falsa. In primo luogo i candidati non si dividono nettamente in gruppi ma si distribuiscono su una curva a campana, in genere piuttosto stretta e la commissione può al massimo stilare una graduatoria di merito nella quale ciascun candidato è molto prossimo per punteggio a quelli che lo precedono e lo seguono. Inoltre, la scelta dei parametri che la commissione decide di utilizzare cambia necessariamente le posizioni in graduatoria.
Il vantaggio delle scienze dure in questo tipo di analisi sta nel fatto che, al contrario delle discipline umanistiche, possono utilizzare per la valutazione dei candidati dei parametri bibliometrici oggettivi: numero di citazioni, impact factor (una stima del merito della rivista sulla quale appare la pubblicazione del candidato), h-index (una combinazione tra numero di pubblicazioni e numero di citazioni). Capita molto frequentemente che in un concorso nel quale tutti i candidati hanno la necessaria abilitazione scientifica nazionale e sono tutti validi o molto validi, uno di essi ha il più alto numero di citazioni totali, un altro il più alto h-index, e un terzo il più alto impact factor totale. Se la commissione decide di normalizzare i punteggi per l’età accademica, le cose vanno ancora peggio perché ci sarà chi ha il più alto h-index e chi ha il più alto h-index normalizzato e così via.
Qualunque indicatore o combinazione di indicatori la commissione decida di privilegiare ci sarà un vincitore e parecchi sconfitti, ingiustamente penalizzati perché tutti o quasi tutti avevano titoli più che sufficienti per meritare pienamente l’unico posto messo a bando. Ovviamente gli insoddisfatti sono perfettamente in grado di dimostrare, dati alla mano, che avevano titolo per vincere (con i parametri selezionati da loro), e lo raccontano a tutti i loro cugini, i quali poi sparano a zero sul concorso universitario (nella percezione del pubblico non è attendibile né chi è addentro al sistema, perché ha interessi da difendere, né chi non è addentro al sistema perché non ne sa nulla: l’unica voce attendibile è quella del proprio cugino).
La riprova? La ricerca italiana si classifica ottava nel mondo (dati Scimago) su oltre 200 paesi considerati. Ma naturalmente si potrebbe riclassificare variando il numero e il peso dei parametri considerati…
LA REALTÀ OLTRE LE INCHIESTE GIORNALISTICHE. L’università italiana non è solo baroni e concorsi truccati. FRANCESCO RAMELLA su Il Domani il 14 febbraio 2022
È uscita un’altra inchiesta sull’università del malaffare. Quella dei concorsi truccati e dei baroni che fanno strage del merito, selezionando portaborse allevati nei loro dipartimenti e costringendo la meglio gioventù a scappare all’estero.
Si prende un problema complesso (i concorsi nell’università, con la frustrazione che creano), lo si semplifica fino all’estremo e si mettono gli scandali sotto i riflettori.
Da un cronico sottofinanziamento delle università derivano una serie di conseguenze che aiutano a spiegare la rabbia che esplode nei concorsi.
Ci risiamo. È uscita un’altra inchiesta sull’università del malaffare. Quella dei concorsi truccati e dei baroni che fanno strage del merito, selezionando portaborse allevati nei loro dipartimenti e costringendo la meglio gioventù a scappare all’estero. Dove le buone università, aperte e meritocratiche, la accolgono a braccia aperte. Stavolta è stato un bravo giornalista televisivo a cadere nella trappola di questo format un po’ populista che assicura un facile successo. Poco tempo fa era stato un grande quotidiano nazionale a riproporlo.
Funziona più o meno così. Si prende un problema complesso (i concorsi nell’università, con la frustrazione che creano), lo si semplifica fino all’estremo e si mettono gli scandali sotto i riflettori. Non si spiega nulla, ma si alimenta l’indignazione e la rabbia, e si mostra qualcuno su cui sfogarla: i baroni e i loro portaborse. È un meccanismo noto nelle scienze sociali. È un classico esempio di creazione di “capri espiatori organizzativi”, che forniscono una valvola di sfogo alle tensioni che si accumulano in situazioni di disagio.
L’ESTENSIONE DEL FENOMENO
Questa inchiesta televisiva, come quella precedente, ha tuttavia suscitato tantissime reazioni negative tra gli accademici. Perché? Si tratta di pure difese corporative? Forse no. Proviamo a spiegarlo con qualche numero.
Entrambe le inchieste sono partite dai concorsi truccati finiti nel mirino della magistratura. Hanno fatto capire che si tratta di fenomeni estesi, se non generalizzati. Nell’inchiesta pubblicata sulla carta stampata si è data grande evidenza al numero elevato di ricorsi fatti contro gli esiti concorsuali.
Nei primi anni dei nostri corsi insegniamo che i valori assoluti, senza una percentuale, possono essere estremamente fuorvianti. Mi sono perciò preso la briga di fare qualche verifica. Nell’ateneo di Torino, dati certi, tra il 2014 e il 2020 si sono svolti 1.540 concorsi, 24 dei quali sono stati oggetto di ricorso. Si tratta di un tasso pari all’1,6 per cento.
A livello nazionale, secondo una mia stima, su 190mila candidati passati attraverso concorsi nazionali e locali la percentuale dei ricorsi ammonta al 2,6 per cento. Si tratta di stime, ma che ridimensionano subito l’estensione del fenomeno. Si dirà che quella è solo la punta dell’iceberg. Ma così dicendo si sfugge del tutto a una discussione basata su dati fattuali e soggetta a falsificabilità.
Ciò chiarito, io ritengo che i ricorsi e gli scandali denunciati dai media non siano un buon indicatore dello stato di (buona o cattiva) salute dell’università italiana. Proviamo perciò ad aggirare l’ostacolo e poniamoci due domande:
1. Come se la sta cavando la ricerca italiana? Qualcuno li avrà pur formati quei bravi ricercatori che finiscono all’estero, o no?
2. Da dove deriva tanta rabbia e frustrazione intorno ai concorsi, soprattutto tra i più giovani?
Partiamo dalla ricerca. A giudicare dai fatti (non dal sentito dire), quella italiana non sfigura affatto nelle comparazioni internazionali. I report forniti dalla banca dati di Scopus mostrano che ci collochiamo al 7° posto mondiale per numero di pubblicazioni e all’8° per numero di citazioni.
L’ultimo rapporto Anvur evidenzia che la crescita della produzione scientifica è stata nell’ultimo decennio superiore alla media mondiale, e ciò ha consentito all’Italia di aumentare la propria quota sul totale, mentre paesi come Francia, Germania e Regno Unito la riducevano. Tre anni fa una rivista autorevole come Nature assegnava alla ricerca italiana un notevole, e crescente, livello di eccellenza. Produciamo un buon numero di articoli a forte impatto. La percentuale di pubblicazioni nazionali che si colloca nel 10 per cento di quelle più citate a livello mondiale supera del 12 per cento la media europea.
Non sarà tutto oro quel che luccica ma, anche depurato dal fenomeno delle autocitazioni, chi ha visto i curricula dei nostri giovani ricercatori, sa che la qualità e l’internazionalizzazione del loro profilo sta migliorando. Possibile che queste prestazioni siano il prodotto di una casta di baroni e di una schiera di portaborse? Si dirà, ma i nostri atenei non sono mai tra i primi 100 nelle classifiche internazionali. Vero, ma questo dipende da quanto e come li finanziamo. Aggiungo che la loro qualità media non è affatto disprezzabile. Tra le prime 500 università al mondo ce ne sono 22 italiane: un numero più alto di quelle francesi e spagnole. Questi dati sono tanto più sorprendenti se considerati alla luce degli scarsi investimenti fatti nel nostro paese sulla formazione terziaria.
L’Italia si colloca al penultimo posto della graduatoria dei paesi Ocse per il finanziamento delle università, spendendo appena lo 0,9 per cento del Pil contro una media dell’1,4 per cento (fonte Oecd, Education at a glance 2021). Il numero di docenti e ricercatori universitari, in rapporto alla popolazione, è la metà del dato medio europeo.
SOTTOFINANZIAMENTO CRONICO
Da questo cronico sottofinanziamento derivano una serie di conseguenze che aiutano a spiegare la rabbia che esplode nei concorsi.
Ci sono moltissimi giovani ricercatori che non riescono a entrare nell’università italiana (soprattutto donne). Chi ce la fa, vi accede con stipendi bassi e dopo lunghissimi anni di precariato con borse di studio di pura sopravvivenza. Di conseguenza l’età media degli accademici italiani è una delle più alte in Europa. Quasi la metà hanno più di 50 anni, appena il 5 per cento ne ha meno di 35.
Il sottoreclutamento genera un drastico aumento del rapporto docenti-studenti, ancora una volta tra i più alti in Europa, che riduce la qualità della didattica e provoca un enorme sovraccarico di lavoro. Questo enorme stress viene ulteriormente complicato dalla burocratizzazione della valutazione (oggi si scrivono più pagine di verbali che di saggi scientifici). Mi fermo qui anche se molto altro ci sarebbe da dire sull’iniquità di questo sistema, che permette di sopravvivere solo a chi ha le spalle più solide. Noi accademici siamo altrettanto indignati e arrabbiati che i nostri giovani.
Per fortuna si intravede uno spiraglio di luce. Finalmente, maggiori finanziamenti stanno arrivando. L’università italiana oggi ha una opportunità straordinaria. Gli accademici dovranno fare del loro meglio per non sprecarla. Il giornalismo italiano ci darà una mano, raccontando anche l’altra università? Narrando ciò che per tanti anni non si è voluto vedere? Magari pensando all’entusiasmo dei nostri giovani ricercatori? Vogliamo disperderlo mandandoli all’estero, perché nelle università italiane sono tutti corrotti? Oppure sprecarlo nella rabbia scatenata contro i draghi di carta: i baroni? Pensateci. Non si vive di soli scoop e di like. Buon lavoro a tutti noi.
FRANCESCO RAMELLA. L'autore è professore ordinario presso il Dipartimento di Culture Politica e Società dell'Università di Torino.
Si è aperto uno squarcio sulle criticità del reclutamento dei professori universitari. PASQUALE GALLINA, Università degli Studi di Firenze, su Il Quotidiano del Sud il 6 Febbraio 2022.
Inchieste giornalistiche e indagini giudiziarie stanno aprendo uno squarcio sulle criticità del reclutamento dei professori universitari in Italia. Tali criticità sono più gravi per Medicina. La letteratura scientifica internazionale non manca spietatamente di ricordarci la datata malpractice dell’Accademia medica italiana (Rigante, Lancet, 2016).
Il Lancet riporta paradigmaticamente (Gallina e Gallo, Lancet, 2020) che su 175 concorsi per professore ordinario e associato “aperti” a candidati interni ed esterni (art. 18 comma 1, Legge Gelmini) svoltosi tra il 2012 e il 2019 presso le Scuole di Medicina toscane, solo in 10 casi la competizione ha visto prevalere un candidato non incardinato nelle Università stesse che hanno bandito o non appartenente alle Aziende ospedaliero-universitarie con esse integrate. La media dei partecipanti ai concorsi è stata di circa 1.5 candidati per competizione.
Si tratta di un numero di concorrenti molto basso rispetto alla vasta platea di studiosi in possesso dell’abilitazione scientifica nazionale (prerequisito per la docenza) che avrebbero potuto partecipare. Molti abilitati potrebbero essere stati dissuasi da una difformità dei bandi con la declaratoria ministeriale i.e. la descrizione dei contenuti del settore scientifico disciplinare. Non-conformità con la declaratoria indica “profilatura” del bando” (Trasparenza e Merito, 2019).
Questi risultati danno l’idea di un’Università “asfittica”, chiusa in sé stessa, vittima di oligarchie, afflitta (Grilli e Allesina, PNAS, 2017) dalla piaga del nepotismo. Sorprende che le autorità ministeriali si siano disinteressate a dati così autorevoli che hanno messo a nudo mondialmente la fragilità del sistema italiano di reclutamento.
La situazione è peggiorata allorché il potere politico è entrato nel gioco delle cattedre. L’art. 18 comma 4 della Legge Gelmini, pensato per favorire la mobilità accademica, permette il reclutamento di soggetti esterni ad una Università, attraverso l’utilizzo di fondi non ministeriali.
A Medicina, questi concorsi sono spesso finanziati dalle aziende ospedaliero-universitarie, finanziariamente dipendenti dalle Regioni, che così hanno un certo peso sull’esito della procedura. Visto che la Legge non prevede norme che impediscano la partecipazione al concorso di portatori di interesse, l’articolo 18 comma 4 viene spesso utilizzato per gratificare un medico (dipendente dall’Azienda che finanzia) trasformandone la posizione da ospedaliera in universitaria, senza che questo comporti un vantaggio per il sistema, né in termini di risorse, né di competenze.
Spesso ad un professore gradito è anche assicurata con questo metodo la progressione di carriera. Si tratta di un uso inappropriato dello strumento che determina il fallimento dell’obiettivo per cui è stato pensato, cioè favorire la mobilità universitaria. Il Lancet riferisce che su 46 di questi concorsi presso le Università Toscane, solo in 12 casi la competizione è stata vinta da un soggetto davvero esterno.
L’intrusione della politica nelle aule di medicina favorisce la formazione di un corpus di docenti politicamente orientato, con il rischio di condizionamenti sulla cultura medico-scientifica e bioetica del Paese. La consapevolezza dell’opinione pubblica circa queste problematiche è cruciale per supportare gli sforzi di alcuni verso la meritocrazia e l’indipendenza dell’Università.
Il giornalismo di inchiesta di Riccardo Iacona farà emergere impietosamente, lunedì, su Rai 3, nel corso di PresaDiretta, la “malattia” che affligge Università Italiana, con il contributo di molti studiosi che ne hanno denunciato giudiziaramente e pubblicamente l’esistenza.
Concorsi pilotati, il diktat del primario: “Quel medico ribelle va mobbizzato”. Luca Serranò su La Repubblica il 15 Gennaio 2022.
L'inchiesta di Firenze. Gli sms di Marco Carini, l’ex direttore di oncologia al Careggi con il collega Corrado Poggesi: tutti e due sono indagati per i bandi di Medicina.
"Io una soluzione la avrei, un po' di mobbing obbligandolo a fare guardie e lavorare... Chiaramente si dimentichi concorsi". Parlava così, in una chat acquisita dagli inquirenti, l'ex direttore del dipartimento oncologico e primario dell'urologia oncologica di Firenze, Marco Carini, tra i 39 indagati dell'inchiesta della procura fiorentina sui concorsi pilotati a Medicina.
La chat, depositata nelle scorse settimane, risale all'ottobre 2020.
"I concorsi universitari li usiamo come merce di scambio", dicono i prof intercettati nell'inchiesta di Careggi. Andrea Bulleri su La Repubblica il 20 gennaio 2022.
Marco e Alessandro Innocenti registrati dalla finanza nell'ambito dell'inchiesta che ha portato all'interdizione di Borgognoni. Concorsi universitari come "merce di scambio". Così parlavano due dei professori coinvolti nella maxi inchiesta sui bandi pilotati a medicina, Marco e Alessandro Innocenti, intercettati dalla finanza. È uno dei passaggi contenuti nella misura cautelare eseguita due giorni fa con cui il gip del tribunale di Firenze, Angelo Pezzuti, ha interdetto per un anno da ogni ruolo universitario Lorenzo Borgognoni, dirigente medico di chirurgia plastica ricostruttiva al Santa Maria Annunziata di Bagno a Ripoli.
Concorsi e università, perché non viene premiato il merito. Milena Gabanelli e Simona Ravizza su Il Corriere della Sera il 21 gennaio 2022.
Ogni tanto salta fuori un concorso truccato e, allora, si grida allo scandalo. Ma non c’è nemmeno bisogno di truccare le carte, vista la consuetudine a mettersi d’accordo sul finto rispetto delle procedure. Parliamo dell’università, il luogo che sforna i futuri professionisti e la futura classe dirigente e dove a fare la differenza è la qualità del corpo docente. Ebbene, le falle aperte nei meccanismi di reclutamento dei professori universitari vanno avanti da più di quarant’anni. Dal 1980 le norme sono cambiate quattro volte senza aver mai intaccato il cuore del problema: più attenzione alla cordata di appartenenza del candidato che alla sua preparazione. E questo disprezzo per il merito condanna il nostro Paese a essere fuori dalla top 100 delle migliori università mondiali. Nonostante la prima università europea sia proprio nata in Italia.
E questo disprezzo per il merito condanna il nostro Paese a essere fuori dalla top 100 delle migliori università mondiali
I ruoli
La carriera dentro i 97 atenei italiani inizia con il dottorato e l’assegno di ricerca, poi segue il titolo da ricercatore. Quindi si diventa associati (II fascia) e infine ordinari (I fascia). In totale, i professori sono 37.996. Il loro impegno tra lezioni, esercitazioni, laboratori e seminari, è di un minimo di 120 ore all’anno. Lo stipendio parte da 2.400 euro netti al mese per gli associati, e da 3.300 euro per gli ordinari.
Dal concorso nazionale a quello locale
La stima è che, di quelli in carica oggi, poco più di 29 mila siano stati selezionati con le vecchie norme. La prima grande riforma è il Dpr 382 del 1980 firmato dall’allora presidente della Repubblica Sandro Pertini: nasce la distinzione tra la figura dell’associato da quella dell’ordinario, entrambi selezionati attraverso un concorso nazionale. Prendiamo Economia, la commissione che valuta chi vuole diventare associato è scelta così: sorteggiati ventisette professori della stessa disciplina e poi tutti i professori di Economia d’Italia ne eleggono nove. Quella che, invece, valuta gli ordinari è formata al contrario: prima vengono eletti gli aspiranti commissari e poi vengono sorteggiati cinque tra i più votati. Una volta stilata la lista dei vincitori, le facoltà che hanno bandito il posto deliberano la chiamata, anche in base alle preferenze indicate dall’aspirante professore. Ma il meccanismo viene considerato troppo rigido, perché non garantisce agli atenei la possibilità di scegliere il candidato con il profilo più adatto alle proprie esigenze, che può non coincidere con il migliore candidato in termini assoluti. Nel 1998 la legge 210 del governo Prodi, ministro dell’Istruzione Luigi Berlinguer, decreta la fine dei concorsi nazionali. Ogni università si fa il suo. I commissari sono cinque, uno interno indicato dalla facoltà e quattro esterni eletti dai loro colleghi. Risultato: su cento aspiranti, gli interni che partecipano alla selezione sono ventiquattro e vincono il posto in un caso su due. Il rischio, che i numeri fotografano senza via di scampo, è che sia dato un eccessivo vantaggio a chi è già dentro la facoltà che bandisce il concorso, con un esito già predeterminato a favore del candidato interno, indipendentemente dalle sue qualità. Le commissioni sono disponibili ad accogliere le preferenze dell’ateneo – che è rappresentato dal commissario interno – e meno attente alla qualità oggettiva dei candidati. Il principio è che oggi tu accontenti me, e io domani accontenterò te.
Il periodo di transizione
Il sistema avrebbe dovuto essere cambiato dalla legge 230 del 2005, voluta dal ministro Letizia Moratti. La novità consisteva nell’introduzione di un’abilitazione scientifica nazionale, dove i candidati sarebbero stati valutati per titoli da una super-commissione nazionale dopo aver scremato i curricula, al fine di assicurare un buon livello di partenza. Ma la normativa non è mai stata attuata. Per evitare il blocco dei concorsi, arriva il decreto legislativo 180 del 2008 che introduce una disciplina transitoria: i candidati al ruolo di professore di I e II fascia devono essere valutati da un ordinario nominato dalla facoltà che richiede il bando e da altri quattro sorteggiati in una lista di commissari eletti tra i professori ordinari appartenenti allo stesso settore scientifico-disciplinare del bando. Si torna, dunque, a estrarre a sorte i commissari, ma il risultato non cambia.
La riforma Gelmini
Con la legge Gelmini 240 del 30 dicembre 2010, in base alla quale sono nominati 8.599 prof, viene ripresa di fatto la struttura della legge Moratti mai applicata. Il candidato prima deve superare l’abilitazione nazionale per titoli, valutato da una commissione di cinque super-commissari estratti a sorte. Gli abilitati fanno poi il concorso indetto dalle università. I commissari scendono a tre sorteggiati fra cinque, ma vengono indicati dalla stessa università. Nessuno vieta all’ateneo di metterci il professore interno che può, quindi, trovarsi a valutare il suo stesso allievo, quello attorno al quale magari è stato costruito il bando. Il motivo per il quale tutto questo è possibile lo spiega bene l’Anac: «Le disposizioni legislative – scrive l’Anticorruzione nel documento 1208 del 22 novembre 2017 – non disciplinano né le regole di formazione delle commissioni né lo svolgimento dei loro lavori, rinviando ai regolamenti universitari».
Nessun conflitto di interesse
Per il Consiglio di Stato «l’esistenza di rapporti accademici o di ufficio, ossia di una collaborazione tra il commissario e il candidato, non inficia il principio di imparzialità» (sentenza 4858 del 2012). Vuol dire che all’interno della commissione giudicatrice possono esserci rapporti personali tra valutatore e valutato, a meno che tra maestro e allievo ci sia «reciprocità d’interessi di carattere economico» (Consiglio di Stato, 4015 del 2013). In pratica, dunque, dopo l’abilitazione scientifica l’ateneo ha pressocché mano libera su tutto. Del resto, un caso-studio della Fondazione Bruno Kessler ha già dimostrato che il sorteggio dei commissari serve a poco, tant’è che ai concorsi con i membri estratti a sorte partecipa l’83% di candidati esterni contro il 76% di quando il sorteggio non c’era, ma una volta su due vince sempre e comunque l’interno. E per l’università è anche conveniente perché gli costa solo il 30% di retribuzione in più per il passaggio di ruolo, invece di pagare per interno un altro stipendio.
Cosa fanno all’estero
In Germania il concorso è pubblico, ma per avanzare di carriera non è possibile candidarsi nel proprio ateneo. Nel Regno Unito non ci sono concorsi pubblici e la promozione di solito avviene passando a un’università diversa dalla propria in base alla produzione scientifica. Negli Usa il capo della commissione che deve scegliere il candidato è il direttore del Dipartimento e, se non sceglie uno bravo e in grado di produrre risultati, viene penalizzato nei finanziamenti.
Invece in Italia la commissione del concorso non risponde in alcun modo sulle future performance del vincitore. Il nostro meccanismo di premialità lega solo il 20% dei finanziamenti che arrivano agli atenei alle politiche di reclutamento e alla qualità della ricerca. In sostanza, abbiamo messo in piedi una trafila che non garantisce la scelta migliore e di cui nessuno risponde. Un sistema più meritocratico potrebbe, per esempio, lasciare libere le università di scegliersi i docenti che preferiscono, con la condizione di rispondere dei risultati prodotti pena una corposa riduzione dei fondi. È un linguaggio facile da capire al volo, proprio perché ha un effetto pratico… molto più dell’indignazione che esplode per ogni concorso truccato, senza aver mai cambiato una virgola.
L'attacco del consigliere. Una commissione d’inchiesta sulle nomine dei magistrati: la proposta… di un magistrato. Paolo Comi su Il Riformista il 23 Novembre 2022
“Quando un professore viene scoperto a pilotare un concorso in università, se è fortunato il suo nome finisce nel registro degli indagati, altrimenti va direttamente dietro le sbarre. Quando il ‘pilota’ è un magistrato e la nomina riguarda un posto da procuratore o da presidente di tribunale, invece, non succede nulla”. Parola del giudice Andrea Mirenda, neo eletto al Consiglio superiore della magistratura. La ‘differenza’ di trattamento è stata evidenziata da Mirenda commentando la richiesta di rinvio a giudizio ieri da parte della Procura di Milano nei confronti della “virostar” Massimo Galli, accusato in qualità di componente di una commissione d’esame di aver taroccato i titoli di un suo collaboratore, poi risultato vincitore del concorso.
Una dinamica, quella del taroccamento dei titoli, molto frequente dalle parti di Palazzo dei Marescialli e messa in evidenza dal giudice amministrativo con l’annullamento degli incarichi direttivi. Mirenda, outsider alle recenti elezioni per la componente togata del Csm come unico ‘indipendente’, ha anche una soluzione: “A quando un Commissione parlamentare d’inchiesta per le nomine in magistratura?”. “Dal momento che la magistratura ed il suo organo di autogoverno non sono in grado di mettere un freno a tale prassi spartitoria, serve una Commissione che faccia luce”, puntualizza Mirenda. L’ultimo caso ha riguardato la nomina di Ettore Picardi a procuratore di Teramo. Il Csm, scrive il Tar, avrebbe “sminuito” i titoli posseduti dallo sfidante Giampiero Di Florio. “Io credo che quanto rivelato dai fatti dell’hotel Champagne e dai libri di Luca Palamara – prosegue Mirenda – sia materiale sufficiente perché il Parlamento si attivi in tal senso, avendo già nel 2019 ipotizzato l’esigenza di Commissione”.
“Sarebbe poi ‘carino’ che le indagini fatte dai pm nei confronti dei professori universitari venissero fatte per le nomine in magistratura”, aggiunge il neo eletto consigliere del Csm. Dopo il Palamaragate, infatti, non è stato aperto un fascicolo che sia uno in nessuna Procura italiana. Tutto è passato sotto silenzio. Neppure i fascicoli ‘esplorativi’, tanto gettonati dai pm quando prendono di mira qualche politico o qualche amministratore pubblico accusato di “traffico di influenze”. A distanza di tre anni dai fatti dell’hotel Champagne, poi, sono stati archiviati tutti i procedimenti disciplinari e di incompatibilità ambientale nei confronti dei magistrati che con Palamara gestivano il mercato delle nomine al Csm.
Le ultime archiviazioni, sempre sotto silenzio, sono del mese scorso allorquando il Csm aveva deciso di ‘graziare’ il togato Massimo Forciniti che gestiva le nomine più importanti con Palamara e che, interrogato, aveva svelato il funzionamento del ‘sistema’ degli incarichi. Nonostante le chat sugli accordi spartitori e le confessioni dei diretti interessati, il Csm ha deciso dunque di metterci sopra una bella pietra. Non resta che sperare in Carlo Nordio. Paolo Comi
Concorso in magistratura, le novità: niente penna durante le prove, stop a scuola di specializzazione. Alessia Conzonato su Il Corriere della Sera il 20 Settembre 2022.
Importanti novità nel decreto Aiuti ter sono rivolte anche agli studenti di giurisprudenza: da qui in avanti il concorso per diventare magistrati si potrà svolgere con il computer /addio alla vecchia penna) e non sarà obbligatorio aver frequentato una scuola di specializzazione ma basterà aver conseguito la laurea. Il primo esperimento di questa nuova modalità di concorso in magistratura sarà la prossima selezione, fissata dal ministero della Giustizia per fine settembre e a cui parteciperanno circa 400 aspiranti professionisti.
Le nuove modalità
Lasciare la penna è una semplificazione voluta e necessaria a cui ormai tutte le categorie hanno ceduto: i candidati avranno modo di scrivere più velocemente se dotati di un pc, mentre la commissione che dovrà correggere non perderà tempo a tentare di interpretare le diverse calligrafie. In questo modo saranno accorciate le tempistiche del concorso stesso, sia nella fase di stesura sia in quella appunto della correzione (uno dei principali motivi di rallentamento). Inoltre, niente più tirocini, scuole di specializzazione per le professioni legali o l’abilitazione per quelle forensi, la richiesta si limita al conseguimento della sola laurea in legge. Queste misure si sono rese necessarie per stare al passo con gli obiettivi fissati dal Piano nazionale di ripresa e resilienza, tra i quali si trova anche la riduzione dei tempi processuali, lo smaltimento delle questioni arretrate e l’accelerazione delle procedure di concorso.
La riforma sull’ordinamento giudiziario
Il decreto Aiuti ter, quindi, anticipa quanto già previsto dalla legge n. 71 del 2022 sulla riforma dell’ordinamento giudiziario e del Consiglio superiore della magistratura. Il provvedimento, infatti, dispone che al concorso per la magistratura ordinaria potranno partecipare anche i neolaureati, una volta concluso un percorso universitario non inferiore a quattro anni di durata. Come riporta il Sole 24 Ore, oltre al rischio di perdere i fondi stanziati dal Pnrr, sono i numeri a dimostrare l’esigenza di ampliare la platea di magistrati: negli uffici giudiziari ne mancano 1.617 su 10.558 in organico, si tratta di una scopertura del 15,32%. Sulle specifiche delle nuove modalità di concorso sarà un decreto ministeriale apposito a fornire tutte le informazioni utili.
Magistratura, concorso flop: due giudici 'bocciano' il collega che ha fatto strage di candidati. "Troppo severo". Liana Milella su La Repubblica il 24 maggio 2022.
Intervista a due voci. Per una volta sia Magistratura indipendente sia Magistratura democratica sono d'accordo. Loredana Micciché per Mi al Csm, e la presidente di Md Cinzia Barillà, sono contro il collega severissimo sugli errori, perfino d'italiano. Agli orali solo 220 aspiranti su 3.797
Grazie all'ultimo concorso in magistratura, finito con una strage di candidati agli scritti (è passato solo il 5,7%), per una volta, le opposte correnti della magistratura si ritrovano d'accordo. E sono due donne a esserlo. Unite nel condannare l'eccessiva durezza nella correzione dei compiti, per cui sono passati agli orali solo 220 aspiranti su 3.797...
Gli aspiranti magistrati non sanno scrivere... ma è colpa dell’università?
Il flop del concorso in Magistratura
Il villaggio globale digitale ha portato la disaffezione dalla penna in una dimensione che superi quella telegrafica. Sergio Lorusso su La Gazzetta del Mezzogiorno il 02 Giugno 2022
L'Università italiana è nell’occhio del ciclone. E questo non soltanto per ragioni giudiziarie, con i tanti (troppi) scandali che hanno investito vari atenei e un profluvio di concorsi per l’accesso alla docenza – a quanto pare pilotati con logiche baronali – nell’ultimo biennio. Da questo punto di vista nulla di nuovo – se non nei numeri – sotto il sole: una violazione delle regole e del merito, cui si vuole porre rimedio con l’ennesima (e probabilmente inutile) riforma della normativa concorsuale. Non basta un restyling delle regole d’accesso per sovvertire una mentalità che fa di una malintesa cooptazione – ben salda nel codice genetico del mondo accademico nostrano – lo strumento d’esercizio di un arbitrario potere personale.
È un altro tema, tuttavia, a tenere banco dopo la diffusione dei risultati degli scritti del concorso in magistratura e le dichiarazioni rilasciate da alcuni commissari sullo scarso livello dei candidati: l’attitudine del corso universitario in Giurisprudenza a formare i futuri magistrati. In particolare, a insegnar loro a scrivere di diritto, essendo i corsi strutturati in chiave essenzialmente – se non esclusivamente – orale. Tutta colpa dell’Università, dunque, se i numerosi candidati che non hanno superato lo scoglio delle prove scritte (non) saranno magistrati. Ma è davvero così? La conclusione è semplice – e semplicistica – e sicuramente idonea a fornire un facile capro espiatorio: è la laurea magistrale in Giurisprudenza a costituire il presupposto principale per accedere agli ambiti ruoli della magistratura e, quindi, carenze e défaillance degli aspiranti togati non possono che addebitarsi ai contenuti somministrati all’ombra di Minerva. Ma si tratta di una deduzione scontata e fuorviante.
Intanto, occorre sgombrare il campo da alcune letture non storicizzate. Che vi sia una forte selezione alle prove scritte del concorso in magistratura è dato noto e consolidato, solitamente interpretato come espressione del suo rigore e giustificato dalla delicatezza del ruolo che i vincitori andranno a ricoprire. La cosa non ha mai suscitato particolari allarmi o polemiche all around the world, anzi. Non a caso il concorso in magistratura è sempre stato considerato uno dei pochi concorsi pubblici «seri». Che vengano ammessi agli orali un numero di candidati inferiore a quello dei posti messi a concorso è, parimenti, un dato tutt’altro che eccezionale, indice di quel rigore delle commissioni di cui si è detto. Che poi ciò sia fonte di conseguenze negative per la copertura dei posti vacanti (attualmente ben 1300) è altro discorso, che meriterebbe un approfondimento a parte. Stupisce, pertanto, lo stupore con cui la notizia è stata data anche da importanti quotidiani nazionali.
Ciò detto, i rilievi formulati per gli errori di grammatica e di sintassi, oltre a quelli di diritto, non possono lasciare indifferenti ma richiedono una spiegazione più articolata se si vuole evitare di alimentare soltanto riforme improvvisate destinate a non sortire alcun effetto. Intanto, se parliamo di errori nell’uso della lingua italiana – e ce ne sono in quantità affatto trascurabile, chi è stato membro della commissione di abilitazione all’esercizio della professione forense lo sa bene, al pari di chi si occupa della correzione delle tesi di laurea – tali lacune evidentemente non possono che essere risalenti ai primi passi della formazione ed è davvero difficile (per non dire impossibile) colmarle «da grandi», impegnando gli studenti a redigere dieci, cento o mille pareri e atti giuridici. Questi ultimi potranno servire a potenziare le capacità argomentative in materia giuridica di ciascuno, sempre però che abbia imparato in precedenza ad argomentare sottraendosi al giogo della comunicazione odierna – di cui troppo spesso ci si dimentica, quasi si tratti di compartimenti stagni – nella quale per molti già comporta fatica raggiungere il numero di battute massimo di un tweet («infaustamente» passato da 140 a 280), ritenute appannaggio di un inessenziale linguaggio complesso. E risulta sicuramente più agevole aggiungere un lapidario like.
Il villaggio globale digitale, tra le tante novità, ha portato anche la disaffezione dallo scrivere in una dimensione che superi quella telegrafica e «stenografata». La velocità, del resto, è un suo must. E il mondo della formazione, con il proliferare delle tecniche didattiche «innovative» a scapito di quelle tradizionali, non è certo strutturato per favorire l’apprendimento della scrittura (a partire da quella manuale). Se questo è, perché sorprendersi delle carenze nella scrittura, giuridica e no?
L’italiano liquido degli adolescenti e l’impossibilità di pensare (anche da adulti). Marco Ricucci su Il Corriere della Sera l'1 Giugno 2022.
Una riflessione sui dati degli apprendimenti degli adolescenti e sui risultati pessimi al concorso per magistrati.
L’allarme è stato lanciato, la nave sta colando a picco, lentamente senza che nessuno faccia qualcosa di incisivo: così mi pare. Paolo Di Stefano, commentando la notizia secondo la quale metà degli studenti italiani non sarebbe in grado di comprendere un testo scritto, la mette in associazione con l’altra notizia del recentissimo esito del concorso della magistratura: un anno fa, erano 3.797 gli aspiranti a diventare pubblici ministeri o giudici per 310 posti. Conclusa la correzione di tutti gli scritti, all’orale si presenteranno soltanto 220: cioè appena 5, 7%. Il motivo? Il commissario d’esame Luca Poniz, pubblico ministero di Milano, afferma che, nella scrittura degli elaborati, ha riscontrato «schemi preconfezionati, senza una grande capacità di ragionamento, scarsa originalità, in alcuni casi errori marchiani di concetto, diritto e grammatica». La scuola italiana, dunque, non è in grado di sviluppare abilità essenziali come la capacità di scrivere un testo argomentativo o di altre tipologie?
Pensare, parlare
Negli atenei italiani ci sono da anni dei veri e propri corsi di recupero delle competenze di base come la comprensione del testo, la scrittura, la grammatica: si tratta dei cosiddetti Ofa (Obblighi formativi aggiuntivi). Trovare le ragioni di questi due fatti apparentemente lontani (adolescenti e gli aspiranti magistrati) richiederebbe un’analisi psico-socio-culturale, che chiamerebbe in causa anche branche delle neuroscienze e della psicologia cognitiva. Come docente, ho cercato di trovare una risposta per meglio orientare la mia azione didattica. Qualcosa mi pare di aver capito da un interessante saggio di Davide Crepaldi: «Neuropsicologia della lettura. Un’introduzione per chi studia, insegna e o è solo curioso» (Carocci, 2021). Ma come cittadino mi chiedo: quali saranno gli effetti collaterali di questo fenomeno tra dieci e vent’anni? Veramente è in gioco la tenuta democratica del nostro Paese? La lingua italiana è lo strumento di decodifica della realtà e crea i presupposti della rappresentazione della realtà per ognuno di noi. In un illuminante artico reperibile sul web, che si intitola « I ragazzi di oggi non sanno pensare. Alcune riflessioni di antropologia della scrittura», Gabriele Pallotti già nel 1998 scriveva che lo studente può avere imparato la grammatica normativa, addirittura dell’italiano colto di un testo colto, «ma non ha ancora imparato del tutto a pensare da alfabetizzato: il suo pensiero è ancora dinamico, un flusso continuo di idee che ha bisogno della presenza di un interlocutore per essere interpretato, contestualizzato, definito, pieno di formule fisse e di riferimenti vaghi. L’incompleta alfabetizzazione gli preclude la possibilità di trattare le idee come oggetti, manipolandole, raggruppandole, mettendole in ordine, e il suo testo risulta il tipico prodotto di un pensiero orale o semi-orale». Dunque, è un problema vecchio, che la scuola deve affrontare, con la collaborazione dei risultati della ricerca più avanzata. Ma come fare?
Il «pantareismo»
Fare a scuola una didattica mirata alla lettura e alla scrittura, ovviamente. Bisogna però puntare sulla formazione iniziale dei docenti e su criteri meritocratici di selezione e reclutamento del personale docente. Forse l’azione didattica può essere un baluardo contro la mancanza del «pantareismo» linguistico-cognitivo, che trova la sua più manifesta e tangibile nella scrittura di un testo. Perciò mettendo banalmente in fila i pezzi di questo puzzle, come docente, un po’ azzardatamente, ritorno a porre in evidenza la proposizione della «neoquestione della lingua italiana», che non riguarda solo la scuola ma l’intera cittadinanza, in quanto ha un sostanziale diretto effetto: la nostra libertà è in mano ai giudici che esercitano il terzo potere dello Stato. Inoltre, grazie alle parole di Luca Poniz, che ha constatato, come in una radiografia, negli elaborati scritti quanto riportato nel virgolettato prima, ho ulteriormente declinato questo aspetto cognitivo, conseguenza di letture un po’ selvagge e anarchiche, in un nuovo fenomeno che, peccando di presunzione, mi piace ribattezzare con un neologismo, ovvero «pantareismo» linguistico-cognitivo, che trova una sua collocazione idonea nella società liquida di Bauman.
Il ribaltamento
Forse questa è una lettura semplicistica, che deve essere ancora approfondita, ma un altro -ismo nella lingua italiana, per richiamare un saggio di Capuana, male non fa. Infine, nell’editoriale di Paolo Di Stefano, si mette in luce che sia l’ala conservatrice sia l’ala progressista delle toghe hanno smesso di fare i consueti battibecchi, per «accusare» Poniz di essere stato troppo severo e stretto nella correzione degli elaborati: «Come quei genitori che non trovano di meglio che prendersela con il professore quando il figlio viene rimandato». Ha fatto benissimo Poniz, dato che si trattava di futuri giudici. Non è il caso invece della scuola, dove bisogna recuperare tutti per portarli ad un livello accettabile di competenza linguistica e, dopo due anni di Dad, valutare anche l’impegno degli alunni. Se qualcuno di loro farà il concorso da giudice, forse ci ringrazierà.
Il guaio è scrivere o ragionare? Concorso in magistratura, perché le aspiranti toghe sono state bocciate in massa. Valter Vecellio su Il Riformista il 31 Maggio 2022.
Non risulta che il ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi si sia attivato; lo dovrebbe fare, e con una certa urgenza: per prima cosa disporre una inchiesta conoscitiva. Poi, risultati alla mano, provvedere. Ne va del presente e del futuro di questo Paese. L’ultimo concorso in magistratura finisce con una strage di candidati agli scritti: li supera appena il 5,7 per cento degli esaminati: su 3.797 aspiranti, passano solo 220 agli orali.
Loredana Miccichè, componente del Consiglio Superiore della Magistratura, corrente conservatrice “Magistratura Indipendente”; e Cinzia Barillà, presidente della progressista “Magistratura Democratica”, trovano un punto di accordo: è perché gli esaminatori sono troppo severi nella correzione dei compiti; non sono i candidati ignoranti, da loro si pretende troppo. Può essere che saper scrivere in italiano una sentenza non sia determinante (del resto basta frequentare un tribunale e si capisce che non sia un requisito fondamentale), ma per una volta la polemica è tutta interna: non si può accusare la politica, un seguace o un emulo di Marco Pannella, o altra entità di “invasione di campo”: il commissario d’esame è un magistrato, il Pubblico Ministero milanese Luca Poniz, esponente di “Area”. Lo descrivono come severo; significa che non è giusto?
Poniz sostiene che i candidati sono impreparati, conoscono poco o ignorano la lingua italiana. Miccichè e Barillà non sono d’accordo, ma il loro NO non si basa su fatti; si tratta piuttosto di opinioni, deduzioni al massimo: «Ritengo improbabile, in base alla semplice legge dei numeri, che oltre 3.500 giovani dichiarati non idonei all’ultimo concorso abbiano commesso errori ortografici o gravi errori di diritto. Certamente possono esserci stati molti casi di errori gravi, ma 3.500 sono davvero troppi», dice Miccichè. Come se “molti”, invece che “troppi” non sia già abbastanza. Aggiunge Barillà: «Credo che sia un giudizio ingeneroso e poco attento ai sacrifici soprattutto personali ed economici che sono stati sostenuti da tanti candidati. Il nostro concorso già da tempo si sta sempre più modulando come una selezione di secondo livello, voglio dire che spesso ci si possono accostare solo i giovani già avvocati o dottori di ricerca o funzionari in altre pubbliche amministrazioni dello Stato, che sono così riusciti a mantenersi per anni allenati nello studio. Alcuni di loro si formano anche nei nostri uffici, quindi mi domando se oltre al diritto di essere selettivi, abbiamo anche il dovere di interrogarci in ordine a quello che siamo stati in grado di trasmettere loro».
Siamo al “ritengo improbabile” di Miccichè, e all’ “ingeneroso” di Barillà. Poniz sostiene che nei compiti ci sono “errori di diritto e di grammatica”; e candidati che perfino “non sanno andare a capo”. È vero o no? Al di là degli arabeschi, la questione è tutta qui. Barillà, poi, si pone la domanda giusta: «Alcuni si formano anche nei nostri uffici, quindi mi domando se oltre al diritto di essere selettivi, abbiamo anche il dovere di interrogarci in ordine a quello che siamo stati in grado di trasmettere loro». Qualcosa non va per il giusto verso, la stessa Miccichè ammette: «Quelli che fanno errori di grammatica e sintassi non possono certamente essere promossi»; e Barillà: «Anche per noi non guasterebbe un ritorno sui banchi dell’umiltà».
In attesa che si chiarisca se Poniz sia draconiano, o solamente, coscienziosamente, diligente, un fatto non si discute: ci sono candidati per il delicato compito di amministrare la giustizia carenti in italiano. Sono laureati, non ragazzini usciti da un asilo cui si possono perdonare errori di grammatica e sintassi. Questa “ignoranza” non può essere esclusiva dei soli candidati per il concorso di magistratura. Se ignoranza c’è, non può che essere diffusa, presente in candidati per altre professioni e mestieri. Il ministro Bianchi dovrebbe almeno cercare di comprendere le dimensioni del fenomeno. E noi? Non ci resta che cercare rifugio, ancora una volta, nelle pagine dell’amato Leonardo Sciascia. Pre/veggente, nel suo ultimo racconto,
Una storia semplice, pone l’uno di fronte all’altro, il professore di italiano in pensione e l’alunno, diventato magistrato. «Posso permettermi di farle una domanda?…Poi ne farò altre, di altra natura…», dice ammiccante il magistrato. «Mi assegnava sempre un tre, perché copiavo. Una volta mi ha dato cinque: perché?». «Perché aveva copiato da un autore più intelligente», risponde il professore. Il magistrato scoppia a ridere: «L’italiano: ero piuttosto debole in italiano. Ma, come vede, non è poi stato un gran guaio: sono qui, procuratore della Repubblica…». Il professore fulminante: «L’italiano non è l’italiano: è il ragionare. Con meno italiano, lei sarebbe ancora più in alto». In automatico si pensa alle carriere di tanti magistrati, a come si esprimono, alle loro sentenze; e subito un urlo liberatorio: dieci, cento, mille Poniz. Valter Vecellio
"E' grave che un commissario d'esame si esprima in questi termini". Flop concorso magistrati, colleghi e praticanti contro il pm Luca Poniz: “Candidati distrutti moralmente”, il rebus delle correnti…Ciro Cuozzo su Il Riformista il 30 Maggio 2022.
“E’ grave che un commissario d’esame si esprima in questi termini, li ha distrutti moralmente. In tanti ci hanno chiamato perché si sono sentiti umiliati dalle parole del pm Luca Poniz“. A parlare è Claudia Majolo, presidente dell’associazione Unione Praticanti Avvocati dopo lo ‘show’ di uno dei 30 componenti della commissione d’esame dell’ultimo concorso in magistratura. Concorso per 310 posti in palio che ha visto appena 220 candidati su 3.797 superare la prova scritta, con una percentuale appena del 5,7%. Ma, oltre alle offese agli aspiranti magistrati, accusati di una “grande povertà argomentativa e linguistica”, di una “errori marchiani di concetto, di diritto, di grammatica” e, addirittura, di non “sapere andare a capo”, un problema molto serio, io l’ho imparato in terza elementare”, cosa c’è davvero dietro l’ecatombe del concorso bandito nel 2019 e slittato per due anni a causa del Covid?
Innanzitutto resta sempre attuale il sorteggio della stessa commissione d’esame dove il ruolo delle correnti gioca sempre un ruolo fondamentale. A tal proposito torna sempre utile ricordare quanto scritto da Luca Palamara e Alessandro Sallusti ne “Il Sistema”. “Non ci crederà, ma le correnti sono come una squadra di calcio: serve un buon vivaio, senza il quale non si va da nessuna parte. Non per nulla c’è la corsa, e non solo per il gettone economico, a fare il commissario nei concorsi per magistrati. A decidere è la terza commissione del Csm, cioè un organo lottizzato dalle correnti che a sua volta lottizza i commissari, e di questo sulla mia chat c’è ampia documentazione. Ciò serve, non solo ma anche, a garantire le raccomandazioni: basti pensare che con questo meccanismo nella mia consiliatura due figli di componenti del Csm sono diventa-ti magistrati”.
In una nota Upa esamina diversi aspetti da affrontare nell’immediato futuro. Innanzitutto, “appare ingeneroso fare generalizzazioni in forza delle quali i laureati italiani abbiano una “grave povertà argomentativa e linguista” e siano “incapaci di scrivere in italiano”. Tale affermazione risulta infondata, in quanto incolpa un sistema universitario che, seppur imperfetto, comunque fornisce agli aspiranti magistrati una preparazione teorica di base che consente loro – dopo una solida preparazione post-lauream – di avere buone possibilità di superare questo difficilissimo concorso”.
Secondo l’Upa “tale sistema universitario andrebbe invece implementato attraverso l’introduzione di percorsi specializzanti dedicati a chi voglia intraprendere la carriera di uditore giudiziario; tale percorso dovrà necessariamente prevedere veri e propri laboratori di scrittura e dovrà vedere approfondimenti mirati sulle materie oggetto delle prove scritte (e che sono essenziali per la formazione dell’aspirante magistrato). Allo stesso modo, occorre ridare una centralità al sistema universitario, valorizzando il ruolo delle Scuole di Specializzazioni per le Professioni Legali le quali andranno riformate sì che queste possano costituire un percorso formativo all’esito del quale l’aspirante candidato possa acquisire la preparazione teorico-pratica necessaria per superare l’ostica procedura concorsuale”.
Polemica anche sulle tracce d’esame che a distanza di 15 anni sono profondamente cambiate “diventando estremamente più complicate e iper-specialistiche. Se sino a 15 anni fa le tracce vertevano, essenzialmente, sui principi e sugli istituti generali del diritto civile, del diritto penale e del diritto amministrativo (conosciuti, si badi bene, anche da chi aveva una semplice solida e teorica preparazione universitaria) oggi è richiesto all’aspirante magistrato di essere un vero e proprio Funes el memorioso, ovvero sia un conoscitore di tutto lo scibile giurisprudenziale degli ultimi anni; ciò a discapito, evidentemente, della “capacità argomentativa” e “linguistica” del candidato che difficilmente potrà essere applicata laddove si discute della notissima giurisprudenza relativa alla servitù di mantenere una costruzione a distanza illegale da altra costruzione o dal confine e della configurabilità della medesima servitù in caso di immobile costruito abusivamente”. Da qui l’auspicio a “un serio dibattito rispetto alle proposte di riforma, più volte invocate dalla scrivente associazione e, peraltro, da tempo depositate ai competenti Ministeri, del corso di laurea in giurisprudenza e dello stesso concorso in magistratura”.
Critiche per le parole di Poniz e per l’eccessivo numero di bocciati sono arrivate la scorsa settimana anche da due colleghe: Loredana Micciché di Magistratura Indipendente (consigliera togata del Csm e consigliera di Cassazione) e Cinzia Barillà di Magistratura Democratica (magistrato di sorveglianza a Reggio Calabria). Entrambe, in una intervista a Repubblica, hanno criticato la commissione d’esame ritenendo “improbabile che oltre 3.500 giovani dichiarati non idonei all’ultimo concorso abbiano commesso errori ortografici o gravi errori di diritto”. Un “giudizio ingeneroso e poco attento ai sacrifici soprattutto personali ed economici che sono stati sostenuti da tanti candidati”.
Ciro Cuozzo. Giornalista professionista, nato a Napoli il 28 luglio 1987, ho iniziato a scrivere di sport prima di passare, dal 2015, a occuparmi principalmente di cronaca. Laureato in Scienze della Comunicazione al Suor Orsola Benincasa, ho frequentato la scuola di giornalismo e, nel frattempo, collaborato con diverse testate. Dopo le esperienze a Sky Sport e Mediaset, sono passato a Retenews24 e poi a VocediNapoli.it. Dall'ottobre del 2019 collaboro con la redazione del Riformista.
La carica talentuosa delle donne al concorso per magistrati. Arturo Guastella su la Gazzetta del Mezzogiorno il 30 Maggio 2022
Ammettiamolo. Le donne, malgrado numerosi episodi di discriminazione nel mondo del lavoro e altrove, sembrano avere una marcia in più, rispetto agli omologhi dell’altro sesso (noi maschietti, e perfino voi machi), per quel che riguarda l’applicazione nello studio e l’efficacia dei risultati nei concorsi pubblici. L’ennesimo esempio? La Magistratura italiana sembra vada sempre più colorandosi di rosa.
All’ultimo concorso per l’accesso alla toga, infatti, i cui orali si terranno a partire dal prossimo 27 giugno, sui 220 ammessi, ben 149 sono donne. E, poiché la selezione agli scritti è stata particolarmente severa (e non certo per colpa dei commissari), è quasi sicuro che tutti gli ammessi, diventeranno magistrati. E, inoltre, sui primi trenta classificati, le ragazze sono state venti. Come dire, insomma, che le future donne-magistrato oltre ad essere le più studiose, sono state anche quelle che meglio hanno assimilato le fondamenta giuridiche, tanto che qualcuna ha sfiorato addirittura il massimo dei voti per ogni singola prova di esame. Che era di 20 (mentre il minimo era 12), con la prima in assoluto, che fra le due prove di Diritto Penale e Diritto Civile, ha raggiunto i 31 punti.
Risultato ancora più rimarchevole, se si tiene conto dell’aurea mediocritas che ha caratterizzato gli scritti di questo concorso, dove sono stati 152 quelli che hanno riportato una votazione tra i 25 e 24 punti complessivi. E, del resto, dei 9.787 magistrati dei nostri tribunali, più della metà, 5.308 sono donne. Il cinquantaquattro per cento circa, cioè. Una professione relativamente recente, questa dei magistrati donne, che risale solamente al febbraio del 1966, mentre altrove (nei Paesi di lingua anglosassone) la carriera in magistratura alle ragazze era avvenuta qualche decennio prima.
Se fossi uno studioso della Bibbia (e non lo sono) mi verrebbe da dire che l’ingresso delle donne nell’esercizio della giurisdizione, aveva il sapore della predestinazione, visto che nel Libro dei Giudici, l’unica donna fra i giudici biblici, era Debora, che esercitò la sua funzione per quarant’anni, dal 1160 al 1121 avanti Cristo. E la sua sapienza giuridica fu talmente apprezzata, che nello stesso Libro Sacro, le viene dedicato un capitolo esclusivo. La Cantica di Debora, per l’appunto.
«Non ti pare che un’attesa di oltre tre millenni, sia stato un periodo piuttosto lungo?», esclama con un sorrisino ironico una mia amica giudice. «Tempi biblici», mi viene da ribattere. E, a proposito di anglosassoni, come non ricordare l’Oscar Wilde, e del suo «se fornite alle donne occasioni adeguate, le donne potranno fare di tutto». Torniamo, comunque, alle prove orali del concorso e al lavoro dei commissari per mandare ad esercitare la giurisdizione non solo e non tanto i più preparati, ma anche coloro che alla preparazione giuridica, sappiano accoppiare anche un opportuno equilibrio di giudizio. «Vorrei - mi confessa uno dei commissari di esame, il magistrato Nicolangelo Ghizzardi - che, oltre a saggiare il grado di preparazione dei candidati, poter raccontare loro le difficoltà e la soli