Denuncio al mondo ed ai posteri con i miei libri tutte le illegalità tacitate ed impunite compiute dai poteri forti (tutte le mafie). Lo faccio con professionalità, senza pregiudizi od ideologie. Per non essere tacciato di mitomania, pazzia, calunnia, diffamazione, partigianeria, o di scrivere Fake News, riporto, in contraddittorio, la Cronaca e la faccio diventare storia. Quella Storia che nessun editore vuol pubblicare. Quelli editori che ormai nessuno più legge.
Gli editori ed i distributori censori si avvalgono dell'accusa di plagio, per cessare il rapporto. Plagio mai sollevato da alcuno in sede penale o civile, ma tanto basta per loro per censurarmi.
I miei contenuti non sono propalazioni o convinzioni personali. Mi avvalgo solo di fonti autorevoli e credibili, le quali sono doverosamente citate.
Io sono un sociologo storico: racconto la contemporaneità ad i posteri, senza censura od omertà, per uso di critica o di discussione, per ricerca e studio personale o a scopo culturale o didattico. A norma dell'art. 70, comma 1 della Legge sul diritto d'autore: "Il riassunto, la citazione o la riproduzione di brani o di parti di opera e la loro comunicazione al pubblico sono liberi se effettuati per uso di critica o di discussione, nei limiti giustificati da tali fini e purché non costituiscano concorrenza all'utilizzazione economica dell'opera; se effettuati a fini di insegnamento o di ricerca scientifica l'utilizzo deve inoltre avvenire per finalità illustrative e per fini non commerciali."
L’autore ha il diritto esclusivo di utilizzare economicamente l’opera in ogni forma e modo (art. 12 comma 2 Legge sul Diritto d’Autore). La legge stessa però fissa alcuni limiti al contenuto patrimoniale del diritto d’autore per esigenze di pubblica informazione, di libera discussione delle idee, di diffusione della cultura e di studio. Si tratta di limitazioni all’esercizio del diritto di autore, giustificate da un interesse generale che prevale sull’interesse personale dell’autore.
L'art. 10 della Convenzione di Unione di Berna (resa esecutiva con L. n. 399 del 1978) Atto di Parigi del 1971, ratificata o presa ad esempio dalla maggioranza degli ordinamenti internazionali, prevede il diritto di citazione con le seguenti regole: 1) Sono lecite le citazioni tratte da un'opera già resa lecitamente accessibile al pubblico, nonché le citazioni di articoli di giornali e riviste periodiche nella forma di rassegne di stampe, a condizione che dette citazioni siano fatte conformemente ai buoni usi e nella misura giustificata dallo scopo.
Ai sensi dell’art. 101 della legge 633/1941: La riproduzione di informazioni e notizie è lecita purché non sia effettuata con l’impiego di atti contrari agli usi onesti in materia giornalistica e purché se ne citi la fonte. Appare chiaro in quest'ipotesi che oltre alla violazione del diritto d'autore è apprezzabile un'ulteriore violazione e cioè quella della concorrenza (il cosiddetto parassitismo giornalistico). Quindi in questo caso non si fa concorrenza illecita al giornale e al testo ma anzi dà un valore aggiunto al brano originale inserito in un contesto più ampio di discussione e di critica.
Ed ancora: "La libertà ex art. 70 comma I, legge sul diritto di autore, di riassumere citare o anche riprodurre brani di opere, per scopi di critica, discussione o insegnamento è ammessa e si giustifica se l'opera di critica o didattica abbia finalità autonome e distinte da quelle dell'opera citata e perciò i frammenti riprodotti non creino neppure una potenziale concorrenza con i diritti di utilizzazione economica spettanti all'autore dell'opera parzialmente riprodotta" (Cassazione Civile 07/03/1997 nr. 2089).
Per questi motivi Dichiaro di essere l’esclusivo autore del libro in oggetto e di tutti i libri pubblicati sul mio portale e le opere citate ai sensi di legge contengono l’autore e la fonte. Ai sensi di legge non ho bisogno di autorizzazione alla pubblicazione essendo opere pubbliche.
Promuovo in video tutto il territorio nazionale ingiustamente maltrattato e censurato. Ascolto e Consiglio le vittime discriminate ed inascoltate. Ogni giorno da tutto il mondo sui miei siti istituzionali, sui miei blog d'informazione personali e sui miei canali video sono seguito ed apprezzato da centinaia di migliaia di navigatori web. Per quello che faccio, per quello che dico e per quello che scrivo i media mi censurano e le istituzioni mi perseguitano. Le letture e le visioni delle mie opere sono gratuite. Anche l'uso è gratuito, basta indicare la fonte. Nessuno mi sovvenziona per le spese che sostengo e mi impediscono di lavorare per potermi mantenere. Non vivo solo di aria: Sostienimi o mi faranno cessare e vinceranno loro.
Dr Antonio Giangrande
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NEWS: RASSEGNA STAMPA - CONTROVOCE - NOTIZIE VERE DAL POPOLO - NOTIZIE SENZA CENSURA
ANNO 2021
LO SPETTACOLO
E LO SPORT
SESTA PARTE
DI ANTONIO GIANGRANDE
L’ITALIA ALLO SPECCHIO
IL DNA DEGLI ITALIANI
L’APOTEOSI
DI UN POPOLO DIFETTATO
Questo saggio è un aggiornamento temporale, pluritematico e pluriterritoriale, riferito al 2021, consequenziale a quello del 2020. Gli argomenti ed i territori trattati nei saggi periodici sono completati ed approfonditi in centinaia di saggi analitici specificatamente dedicati e già pubblicati negli stessi canali in forma Book o E-book, con raccolta di materiale riferito al periodo antecedente. Opere oggetto di studio e fonti propedeutiche a tesi di laurea ed inchieste giornalistiche.
Si troveranno delle recensioni deliranti e degradanti di queste opere. Il mio intento non è soggiogare l'assenso parlando del nulla, ma dimostrare che siamo un popolo difettato. In questo modo è ovvio che l'offeso si ribelli con la denigrazione del palesato.
IL GOVERNO
UNA BALLATA PER L’ITALIA (di Antonio Giangrande). L’ITALIA CHE SIAMO.
UNA BALLATA PER AVETRANA (di Antonio Giangrande). L’AVETRANA CHE SIAMO.
PRESENTAZIONE DELL’AUTORE.
LA SOLITA INVASIONE BARBARICA SABAUDA.
LA SOLITA ITALIOPOLI.
SOLITA LADRONIA.
SOLITO GOVERNOPOLI. MALGOVERNO ESEMPIO DI MORALITA’.
SOLITA APPALTOPOLI.
SOLITA CONCORSOPOLI ED ESAMOPOLI. I CONCORSI ED ESAMI DI STATO TRUCCATI.
ESAME DI AVVOCATO. LOBBY FORENSE, ABILITAZIONE TRUCCATA.
SOLITO SPRECOPOLI.
SOLITA SPECULOPOLI. L’ITALIA DELLE SPECULAZIONI.
L’AMMINISTRAZIONE
SOLITO DISSERVIZIOPOLI. LA DITTATURA DEI BUROCRATI.
SOLITA UGUAGLIANZIOPOLI.
IL COGLIONAVIRUS.
L’ACCOGLIENZA
SOLITA ITALIA RAZZISTA.
SOLITI PROFUGHI E FOIBE.
SOLITO PROFUGOPOLI. VITTIME E CARNEFICI.
GLI STATISTI
IL SOLITO AFFAIRE ALDO MORO.
IL SOLITO GIULIO ANDREOTTI. IL DIVO RE.
SOLITA TANGENTOPOLI. DA CRAXI A BERLUSCONI. LE MANI SPORCHE DI MANI PULITE.
SOLITO BERLUSCONI. L'ITALIANO PER ANTONOMASIA.
IL SOLITO COMUNISTA BENITO MUSSOLINI.
I PARTITI
SOLITI 5 STELLE… CADENTI.
SOLITA LEGOPOLI. LA LEGA DA LEGARE.
SOLITI COMUNISTI. CHI LI CONOSCE LI EVITA.
IL SOLITO AMICO TERRORISTA.
1968 TRAGICA ILLUSIONE IDEOLOGICA.
LA GIUSTIZIA
SOLITO STEFANO CUCCHI & COMPANY.
LA SOLITA SARAH SCAZZI. IL DELITTO DI AVETRANA.
LA SOLITA YARA GAMBIRASIO. IL DELITTO DI BREMBATE.
SOLITO DELITTO DI PERUGIA.
SOLITA ABUSOPOLI.
SOLITA MALAGIUSTIZIOPOLI.
SOLITA GIUSTIZIOPOLI.
SOLITA MANETTOPOLI.
SOLITA IMPUNITOPOLI. L’ITALIA DELL’IMPUNITA’.
I SOLITI MISTERI ITALIANI.
BOLOGNA: UNA STRAGE PARTIGIANA.
LA MAFIOSITA’
SOLITA MAFIOPOLI.
SOLITE MAFIE IN ITALIA.
SOLITA MAFIA DELL’ANTIMAFIA.
SOLITO RIINA. LA COLPA DEI PADRI RICADE SUI FIGLI.
SOLITO CAPORALATO. IPOCRISIA E SPECULAZIONE.
LA SOLITA USUROPOLI E FALLIMENTOPOLI.
SOLITA CASTOPOLI.
LA SOLITA MASSONERIOPOLI.
CONTRO TUTTE LE MAFIE.
LA CULTURA ED I MEDIA
LA SCIENZA E’ UN’OPINIONE.
SOLITO CONTROLLO E MANIPOLAZIONE MENTALE.
SOLITA SCUOLOPOLI ED IGNORANTOPOLI.
SOLITA CULTUROPOLI. DISCULTURA ED OSCURANTISMO.
SOLITO MEDIOPOLI. CENSURA, DISINFORMAZIONE, OMERTA'.
LO SPETTACOLO E LO SPORT
SOLITO SPETTACOLOPOLI.
SOLITO SANREMO.
SOLITO SPORTOPOLI. LO SPORT COL TRUCCO.
LA SOCIETA’
AUSPICI, RICORDI ED ANNIVERSARI.
I MORTI FAMOSI.
ELISABETTA E LA CORTE DEGLI SCANDALI.
MEGLIO UN GIORNO DA LEONI O CENTO DA AGNELLI?
L’AMBIENTE
LA SOLITA AGROFRODOPOLI.
SOLITO ANIMALOPOLI.
IL SOLITO TERREMOTO E…
IL SOLITO AMBIENTOPOLI.
IL TERRITORIO
SOLITO TRENTINO ALTO ADIGE.
SOLITO FRIULI VENEZIA GIULIA.
SOLITA VENEZIA ED IL VENETO.
SOLITA MILANO E LA LOMBARDIA.
SOLITO TORINO ED IL PIEMONTE E LA VAL D’AOSTA.
SOLITA GENOVA E LA LIGURIA.
SOLITA BOLOGNA, PARMA ED EMILIA ROMAGNA.
SOLITA FIRENZE E LA TOSCANA.
SOLITA SIENA.
SOLITA SARDEGNA.
SOLITE MARCHE.
SOLITA PERUGIA E L’UMBRIA.
SOLITA ROMA ED IL LAZIO.
SOLITO ABRUZZO.
SOLITO MOLISE.
SOLITA NAPOLI E LA CAMPANIA.
SOLITA BARI.
SOLITA FOGGIA.
SOLITA TARANTO.
SOLITA BRINDISI.
SOLITA LECCE.
SOLITA POTENZA E LA BASILICATA.
SOLITA REGGIO E LA CALABRIA.
SOLITA PALERMO, MESSINA E LA SICILIA.
LE RELIGIONI
SOLITO GESU’ CONTRO MAOMETTO.
FEMMINE E LGBTI
SOLITO CHI COMANDA IL MONDO: FEMMINE E LGBTI.
LO SPETTACOLO E LO SPORT
INDICE PRIMA PARTE
SOLITO SPETTACOLOPOLI. (Ho scritto un saggio dedicato)
Il Circo.
Superstizione e fisse.
Gli Zozzoni.
Le Icone.
Le Hollywood d’Italia.
«Gomorra», tra fiction e realtà.
Quelli che …il calcio.
I Naufraghi.
Amici: tutto truccato?
Il Grande Fratello Vip.
"I tormentoni estivi? Sono da 60 anni specchio dell'Italia".
Le Woodstock.
Rap ed illegalità.
L’Eurovision.
Abella Danger e Bella Thorne.
Achille Lauro.
Adele.
Adriana Volpe.
Adriano e Rosalinda Celentano.
Aerosmith.
Aida Yespica.
Afef.
Alanis Morissette.
Alba Parietti.
Alba Rohrwacher.
Al Bano Carrisi.
Alda D’Eusanio
Aldo, Giovanni e Giacomo.
Ale & Franz.
Alec Baldwin.
Alessandra Amoroso.
Alessandro Benvenuti.
Alessandro Borghese.
Alessandro Cattelan.
Alessandro Cecchi Paone.
Alessandro Gassmann.
Alessandro Haber.
Alessandro Nivola.
Alessia Marcuzzi.
Alessio Bernabei.
Alfonso Signorini.
Alice ed Ellen Kessler.
Alina Lopez e Emily Willis.
Amanda Lear.
Ambra Angiolini.
Amedeo Minghi.
Amouranth, alias Kaitlyn Siragusa.
Andrea Balestri.
Andrea Bocelli.
Andrea Delogu.
Andrea Roncato.
Andrea Sannino.
Angela White.
Angelina Jolie.
Anya Taylor-Joy.
Anna Falchi.
Anna Oxa.
Annalisa Minetti.
Anna Maria Rizzoli.
Anna Tatangelo.
Anna Mazzamauro.
Anthony Hopkins.
Antonella Clerici.
Antonella Elia.
Antonella Mosetti.
Antonello Venditti.
Antonino Cannavacciuolo.
Antonio Costantini Awanagana.
Antonio Mezzancella.
Antonio Ricci.
Arisa.
Asia e Dario Argento.
Aubrey Kate.
Baltimora.
Barbara De Rossi.
Barbara d'Urso.
Beatrice Rana.
Belen Rodriguez.
Bella Hadid.
Benedetta D’Anna.
Benedicta Boccoli.
Bill Murray.
Billie Eilish.
Björn Andrésen.
Bob Dylan.
Bobby Solo, ossia: Roberto Satti.
Brad Pitt.
Brandi Love.
Brigitte Bardot.
Britney Spears.
Bruce Springsteen.
Camilla Boniardi: Camihawke.
Can Yaman.
Capo Plaza, nato come Luca D'Orso.
Cara Delevingne.
Carla Gravina.
Carlo Cracco.
Carlo Verdone.
Carlotta Proietti.
Carmen Consoli.
Carmen Russo e Enzo Paolo Turchi.
Carol Alt.
Carolina Marconi.
Catherine Spaak.
Caterina Balivo.
Caterina Caselli.
Caterina De Angelis e Margherita Buy.
Caterina Lalli, in arte Lialai.
Caterina Murino.
Caterina Valente.
Cecilia Capriotti.
Chadia Rodriguez.
Charlotte Sartre.
Chloé Zhao, regista Premio Oscar.
Christian De Sica.
Claudia Koll.
Cristian Bugatti in arte Bugo.
Cristiano Malgioglio.
Clara Mia.
Claudia Cardinale.
Claudia Gerini.
Claudia Motta.
Claudia Pandolfi.
Claudia Schiffer.
Claudia Koll.
Claudio Baglioni.
Claudio Bisio.
Claudio Cecchetto.
Claudio Santamaria.
Coma_Cose.
Cosimo Fini, cioè Gué Pequeno.
Corinne Clery.
Daft Punk.
Damon Furnier, in arte Alice Cooper.
Daniela Ferolla.
Dario Faini, Dardust e DRD.
Demi Lovato.
Demi Moore.
Demi Sutra.
Deep Purple.
Diego Abatantuono.
Diletta Leotta.
Donatella Rettore.
Dori Ghezzi vedova De André.
Dredd.
Ed Sheeran.
Edoardo Bennato.
Edoardo Vianello.
Eddie Murphy.
Elena Sofia Ricci.
Eleonora Cecere.
Eleonora Giorgi.
Eleonora Pedron.
Elettra Lamborghini.
Elio (Stefano Belisari) e le Sorie Tese.
Elisa Isoardi.
Elisabetta Canalis.
Elisabetta Gregoraci.
Elena Anna Staller, detta Ilona (il nome della madre) o Cicciolina.
Elodie.
Ema Stokholma.
Emanuela Fanelli.
Emma Marrone.
Emily Ratajkowski.
Enrico Brignano.
Enrico Lucherini.
Enrico Montesano.
Enrico Papi.
Enrico Ruggeri.
Enrico Vanzina.
Enza Sampò.
Enzo Braschi.
Enzo Ghinazzi: Pupo.
Enzo Iacchetti.
Ermal Meta.
Eros Ramazzotti.
Eva Grimaldi.
Eveline Dellai.
Ezio Greggio.
INDICE SECONDA PARTE
SOLITO SPETTACOLOPOLI. (Ho scritto un saggio dedicato)
Faber Cucchetti.
Fabio Marino.
Fabio Testi.
Fanny Ardant.
Federico Quaranta.
Federico Salvatore.
Filomena Mastromarino: Malena.
Fedez e Chiara Ferragni.
Fiorella Mannoia.
Flavia Vento.
Flavio Insinna.
Francesca Alotta.
Francesca Cipriani.
Francesca Giuliano.
Francesca Michielin.
Francesca Neri.
Francesca Reggiani.
Francesco Baccini.
Francesco De Gregori.
Francesco Gabbani.
Francesco Guccini.
Francesco Pannofino.
Francesco Sarcina.
Franco Oppini.
Franco Trentalance.
Frank Matano.
Gabriel Garko.
Gabriele e Silvio Muccino.
Gabriele Lavia.
Gabriele Paolini.
Gabriele Salvatores.
Gene Gnocchi.
Gerry Scotti.
Giancarlo Magalli.
Giancarlo ed Adriano Giannini.
Gianfranco Vissani.
Gianluca Grignani.
Gianni Morandi.
Gianni Sperti.
Gigi D'Alessio.
Gina Lollobrigida.
Gino Paoli.
Giovanna Mezzogiorno.
Giovanni Veronesi.
Giucas Casella.
Giulia De Lellis.
Giuliano Montaldo.
Giulio Mogol Rapetti.
Giuseppe Povia.
Greta Scarano.
Harvey Keitel.
Heather Parisi.
Helen Mirren.
Hugh Grant.
Gli Stadio.
I Dik Dik.
I Duran Duran.
I Jalisse.
I Gemelli di Guidonia.
I Pooh.
I Righeira.
I Tiromancino.
Iggy Pop.
Ilaria Galassi.
Ilary Blasi.
Ilenia Pastorelli.
Irina Shayk.
Iva Zanicchi.
Ivan Cattaneo.
J-Ax.
James Franco.
Jamie Lee Curtis.
Jane Fonda.
Jean Reno.
Jenny B.
Jennifer Lopez.
Jerry Calà.
Jessica Drake.
Jessica Rizzo.
Joan Collins.
Jo Squillo.
John Carpenter.
Johnny Depp.
José Luis Moreno.
Junior Cally.
Justine Mattera.
Gabriele Pellegrini: Dado.
Giovanni Scialpi, in arte Shalpy.
Kabir Bedi.
Kayden Sisters.
Kasia Smutniak.
Kate Moss.
Kate Winslet.
Katherine Kelly Lang- Brooke Logan.
Katia Ricciarelli.
Kazumi.
Kevin Spacey.
Kim Kardashian.
Kissa Sins.
Lady Gaga.
La Gialappa's Band.
La Rappresentante di Lista.
Lando Buzzanca.
Laura Chiatti.
Laura Freddi.
Laura Pausini.
Le Carlucci.
Lele Mora.
Lello Arena.
Leo Gullotta.
Liana Orfei.
Licia Colò.
Lillo (Pasquale Petrolo) & Greg (Claudio Gregori).
Linda Evangelista.
Lino Banfi.
Linus.
Liza Minnelli.
Loredana Bertè.
Lorella Cuccarini.
Lorenzo Jovanotti Cherubini.
Loretta Goggi.
Lory Del Santo.
Luca Barbareschi.
Luca Barbarossa.
Luca Bizzarri.
Luca Zingaretti.
Luca Ward.
Luce Caponegro: Selen.
Luciana Littizzetto.
Luciana Savignano.
Luciano Ligabue.
Lucrezia Lante della Rovere.
INDICE TERZA PARTE
SOLITO SPETTACOLOPOLI. (Ho scritto un saggio dedicato)
Maccio Capatonda (all'anagrafe, Marcello Macchia).
Madame.
Maddalena Corvaglia.
Madonna.
Maitland Ward.
May Thai.
Malika Ayane.
Maneskin.
Manila Nazzaro.
Manuel Agnelli.
Manuela Arcuri.
Mara Maionchi.
Mara Venier.
Marcella Bella.
Marco Bellocchio.
Marco Castoldi in arte Morgan.
Marco e Dino Risi.
Marco Giallini.
Marco Mengoni.
Marco Tullio Giordana.
Maria Bakalova.
Maria Giuliana Toro: «nome d' arte», Giuliana Longari.
Maria Grazia Cucinotta.
Maria Luisa “Lu” Colombo.
Maria Pia Calzone.
Marianna Mammone: BigMama.
Marica Chanelle.
Marilyn Manson.
Mario Maffucci.
Marina La Rosa.
Marina Perzy.
Marisa Laurito.
Martina Cicogna.
Martina Colombari.
Massimo Boldi.
Massimo Ghini.
Massimo Ranieri.
Massimo Wertmüller.
Matilda De Angelis.
Maurizio Aiello.
Maurizio Battista.
Maurizio Milani.
Mauro Coruzzi, in arte Platinette.
Max Pezzali.
Mel Brooks.
Memo Remigi.
Micaela Ramazzotti.
Michael J. Fox.
Michael Sylvester Gardenzio Stallone.
Michele Foresta, in arte Mago Forest.
Michele Guardì.
Michele Placido.
Michelle Hunziker.
Miguel Bosé.
Milena Vukotic.
Milton Morales.
Mikhail Baryshnikov.
Mina.
Miriam Leone.
Mistress T..
Mita Medici.
Myss Keta.
Modà.
Monica Bellucci.
Monica Guerritore.
Monica Vitti.
Nada.
Naike Rivelli ed Ornella Muti.
Nancy Brilli.
Nanni Moretti.
Naomi Campbell.
Nek.
Nicolas Cage.
Nicole Aniston.
Nina Moric.
Nino D’Angelo.
Nino Frassica.
Nick Nolte.
Nyna Ferragni.
Noemi.
99 Posse.
Oliver Stone.
Orietta Berti.
Orlando Portento.
Ornella Vanoni.
Pamela Anderson.
Pamela Prati.
Paola Perego.
Paola Pitagora.
Paola Saulino, meglio nota come Insta_Paolina.
Paolo Bonolis.
Paolo Conte.
Paolo Fox.
Paolo Rossi.
Paolo Sorrentino.
Paris Hilton.
Pasquale Panella alias Vito Taburno.
Patrizia De Blanck.
Patty Pravo.
Patti Smith.
Pedro Almodóvar.
Peppe Barra.
Peppino di Capri.
Phil Collins.
Pietra Montecorvino.
Pierfrancesco Favino.
Pier Francesco Pingitore.
Piero Chiambretti.
Pietro Galeotti.
Pino Donaggio.
Pio e Amedeo.
Pietro e Sergio Castellitto.
Pupi Avati.
Quentin Tarantino.
Quincy Jones Jr.
Rae Lil Black.
Rajae Bezzaz.
Raffaella Carrà.
Raffaella Fico.
Red Ronnie.
Regina Profeta.
Renato Pozzetto e Cochi Ponzoni.
Renzo Arbore.
Riccardo Cocciante.
Riccardo Fabbriconi: Blanco.
Riccardo Muti.
Riccardo Scamarcio.
Ricchi e Poveri.
Richard Benson.
Rita Dalla Chiesa.
Rita Ora.
Robert De Niro.
Roberto Da Crema.
Roberto Vecchioni.
Robyn Fenty, in arte Rihanna.
Rocco Maurizio Anaclerio, in arte Dj Ringo.
Rocco Papaleo.
Rocco Siffredi.
Roberto Bolle.
Rodrigo Alves.
Rosalino Cellamare: Ron.
Rosario Fiorello.
Rowan Atkinson.
Sabina Guzzanti.
Sabrina Ferilli.
Sabrina Salerno.
Sal Da Vinci.
Salma Hayek.
Salvatore Esposito.
Sandra Milo.
Sara Croce.
Sara Tommasi.
Sarah Cosmi.
Scarlit Scandal.
Serena Autieri.
Serena Grandi.
Serena Rossi.
Sergio Rubini.
Shaila Gatta.
Sharon Stone.
Shel Shapiro.
Silvio Orlando.
Simona Izzo e Ricky Tognazzi.
Simona Marchini.
Simona Tagli.
Simona Ventura.
Simone Cristicchi.
Sylvie Lubamba.
Sylvie Vartan.
Sophia Loren.
Stefania Casini.
Stefania Orlando.
Stefania e Amanda Sandrelli.
Stefano Accorsi.
Stefano e Frida Bollani.
Stefano Sollima.
Steven Spielberg.
Sting.
Taylor Swift.
Teo Teocoli.
Terence Hill, alias Mario Girotti.
Terence Trent d’Arby, ora Sananda Maitreya.
Teresa Saponangelo.
Tilda Swinton.
Tim Burton.
Tina Ciaco, in arte Priscilla Salerno.
Tina Turner.
Tinì Cansino.
Tinto Brass.
Tiziano Ferro.
Tommaso Paradiso.
Toni Ribas.
Toni Servillo.
Tony Renis.
Tosca D’Aquino.
Tullio Solenghi.
Uccio De Santis.
Umberto Smaila.
Umberto Tozzi.
Val Kilmer.
Valentina Lashkéyeva. In arte: Gina Gerson.
Valentina Nappi.
Valentine Demy.
Valeria Golino.
Valeria Marini.
Valeria Rossi.
Valerio Lundini.
Vasco Rossi.
Veronica Pivetti.
Village People.
Vina Sky.
Vincent Gallo.
Vincenzo Salemme.
Vittoria Puccini.
Vittoria Risi.
Zucchero Fornaciari.
Wanna Marchi e Stefania Nobile.
Wladimiro Guadagno, in arte Luxuria.
Willie Nelson.
Willie Peyote.
Will Smith.
INDICE QUARTA PARTE
SOLITO SANREMO. (Ho scritto un saggio dedicato)
Figure di m…e figuranti.
Non sono solo canzonette.
La Prima Serata.
La Seconda Serata.
La Terza Serata.
La Quarta Serata.
La Quinta ed ultima Serata.
Sanremo 2022.
INDICE QUINTA PARTE
SOLITO SPORTOPOLI. LO SPORT COL TRUCCO. (Ho scritto un saggio dedicato)
Quelli che…scrivono.
Quelli che….la Paralimpiade.
Quelli che…l’Olimpiade.
L’omertà nello Sport.
Autonomia dello sport? Peggio della Bielorussia.
Le Speculazioni finanziarie.
Gli Arbitri.
I Superman…
Figli di Papà.
Quelli che …ti picchiano.
Quelli che … l’Ippica.
Quelli che … le Lame.
Quelli che …i Motori.
Quelli che …il Ciclismo.
Quelli che …l’Atletica.
INDICE SESTA PARTE
SOLITO SPORTOPOLI. LO SPORT COL TRUCCO. (Ho scritto un saggio dedicato)
Quelli che …il Calcio.
SOLITO SPORTOPOLI. LO SPORT COL TRUCCO. (Ho scritto un saggio dedicato)
Quelli che ...la Palla ovale.
Quelli che …la Pallacanestro.
Quelli che …la Pallavolo.
Quelli che …il Tennis.
Quelli che …la Vela.
Quelli che …i Tuffi.
Quelli che …il Nuoto.
Quelli che …gli Sci.
Quelli che …gli Scacchi.
Quelli che… al tavolo da gioco.
Il Doping.
LO SPETTACOLO E LO SPORT
SESTA PARTE
SOLITO SPORTOPOLI. LO SPORT COL TRUCCO. (Ho scritto un saggio dedicato)
· Quelli che …il Calcio.
Paolo Brusorio per “La Stampa” il 14 dicembre 2021. È proprio il caso di chiederselo dopo aver visto la sceneggiata Uefa: ma in che mani siamo finiti? Anzi, in che mani sono finiti calcio e Formula 1. Le biglie di Nyon passeranno alla storia come il più goffo episodio mai visto nell'organizzazione di un torneo milionario quale è la Champions; l'epilogo adrenalinico di Abu Dhabi ha sancito la morte dei regolamenti e la funzione per cui sono nati: essere rispettati. Così era andata anche nel penultimo atto a Gedda e allora qualche domanda sarebbe meglio che i team cominciassero a farsela. A meno che la possibilità di stressare e stravolgere le regole vada bene a tutti perché tanto prima o poi l'effetto convenienza entra in pista: una curva a me, una chicane a te. A Nyon invece abbiamo assistito a uno spettacolo imbarazzante, roba che neanche alla tombola di fine anno. O al gioco dei fagioli di "Pronto, Raffaella?". L'Uefa si è affrettata a trovare il colpevole, "il software", ma certo il governo europeo del pallone ha perso un pezzo importante di credibilità. Come, viva la SuperLega? E se poi salta fuori un software che ti fa sballare i bilanci?
MAURIZIO CRIPPA per ilfoglio.it il 14 dicembre 2021. Vi ricordate quando certi furboni lanciarono la Superlega per rottamare la Uefa? Durò meno di un mattino, mentre quel maestrino col fischietto in bocca di Ceferin andava strillando come una fidanzata mollata all’altare “per me non esistono più!”. Bene, sembrava che il grande slam delle figure di m. calcistiche fosse stato assegnato per sempre. Invece no. Ieri un nuovo record. La Uefa ha fatto una figura di m. che manco la piattaforma Rousseau e che riabiliterebbe anche l’esame di Suarez a Perugia. Ai sorteggi per la Champions hanno sbagliato a mettere le palline. Nemmeno alla tombola della Baggina. Hanno dovuto annullare e poi rifare. Le scuse, in un tweet più patetico di un comunicato di Dazn: “A seguito di un problema tecnico con il software di un fornitore di servizi esterno, si è verificato un errore materiale nel sorteggio”. Da cui si deduce che avevano un “fornitore di servizi esterno” per infilare 16 palline nell’urna. Forse è davvero il momento di chiuderla, la Uefa, che con un facile gioco di parole milioni di europei da ieri chiamano Super(*)ega. O come direbbe la Giorgia: Ceferin è il vero Casalino europeo.
Estratto dell'articolo di Matteo Pinci per "la Repubblica" il 14 dicembre 2021. La Champions League ha un tabù. Anzi, almeno dieci. Dieci gare inedite, mai viste, mai giocate. La ripetizione del sorteggio, ieri, ha messo di fronte per la prima volta nella storia del torneo Atletico Madrid e Manchester United.
Una spiegazione c'è. Il sistema è stretto nel cappio della prevedibilità. Non è un caso che siano capitati Chelsea-Lille e Psg-Real: secondo la statistica, due dei tre accoppiamenti più probabili (il più quotato era Chelsea-Real). C'è voluta la ripetizione del sorteggio, ma la previsione è stata soddisfatta. Complotto? Niente affatto. Il frutto, semmai, di paletti che finiscono per rendere quasi "annunciati" i sorteggi, pilotando almeno la distribuzione delle squadre. Si comincia già ad agosto: la Uefa, per motivi di audience televisiva, fa in modo di alternare i club dello stesso Paese nei giorni di gara. Così, quando l'Inter era stata sorteggiata nel Girone D, automaticamente la Juventus è stata esclusa dalla possibilità di finire nei gironi A, B o C, altrimenti avrebbe giocato in concomitanza con i nerazzurri. Lo stesso accade per Real e Barcellona. A questo bisogna aggiungere la divisione per fasce di merito, che divide le squadre in 4 gruppi, con i vincitori dei campionati e delle due coppe europee nella fascia più alta e gli altri a scendere in base al rendimento europeo. In più, resta il divieto di affrontarsi tra club dello stesso Paese, a cui aggiungere i vincoli politici che impediscono di mettere di fronte club di Paesi in guerra o in aperta ostilità. Una rete di prescrizioni che contribuisce a creare incroci quasi fissi ogni anno. Prendete l'Inter: i paletti con cui erano distribuite le squadre in estate hanno fatto sì che per due anni di fila trovasse di fronte gli stessi avversari, il Real e lo Shakhtar, in un girone identico, o quasi. L'ormai leggendaria urna di Nyon sembra quasi avere delle preferenze, con partite che continuano a ripetersi sistematicamente. (...) Il divieto di derby negli ottavi finisce col favorire i Paesi al top del ranking e riduce la varietà di abbinamenti. Il divieto di accoppiare agli ottavi due squadre già avversarie nel girone, nelle intenzioni, doveva proprio evitare un eccessivo ripetersi di gare identiche. Ieri invece ha prodotto l'errore di sistema che ha portato alla ripetizione del sorteggio. La responsabilità è stata addebitata a un service esterno. Ma perché la Uefa non ha previsto un Piano B? Se lo chiede pure il Tottenham, che a causa del calendario senza sbocchi non può affrontare il Rennes per provare a passare il turno di Conference: il rischio reale è di essere eliminato senza neanche giocare. Nel silenzio dell'Uefa.
Dagotraduzione dal Daily Mail l'11 novembre 2021. Secondo i media francesi, cinque giocatrici del Paris Saint-Germain femminile sono state affiancate da una guardia del corpo dopo aver ricevuto telefonate minacciose nei giorni precedenti all’aggressione e al pestaggio di Kheira Hamraoui. Così, oltre alla stessa Hamraoui, sotto protezione era finita anche Aminata Diallo, 26 anni, arrestata con l’accusa di aver orchestrato l’attacco alla compagna. Secondo quanto riferito, le telefonate minatorie sono iniziate a fine ottobre, giorni prima del 4 novembre, quando Hamraoui è stata trascinata fuori da un’auto e colpita sulle gambe con spranghe di ferro. Non è chiaro se le guardie del corpo siano state assegnate dopo le telefonate o dopo l’attacco. La polizia intanto ha arrestato un uomo di 34 anni, un amico d’infanzia di Diallo che era già in prigione per racket, con l’accusa di aver organizzato l’attacco da dietro le sbarre. La polizia starebbe lavorando sull’ipotesi che Diallo abbia assunto dei sicari per mettere fuori combattimento la talentuosa rivale in modo da prenderne il posto nella squadra del Psg. Secondo il quotidiano L'Equipe, a telefonare sarebbe stato un uomo di Barcellona che ha sostenuto di aver avuto una lunga relazione finita male con Hamraoui e dalla quale è uscito giurando vendetta. Ma questa sembra più una storia di copertura per il pestaggio. I sospetti si sono concentrati sulle compagne di squadre per via delle informazioni, troppo personali, che l’autore delle minacce rivolgeva ad Hamraoui. L’autore infatti avrebbe parlato di una festa a casa di un’altra giocatrice durante la quale Hamraoui «è caduta», informazione nota solo alle giocatrici. Diallo deve ancora essere accusata e rimane in custodia dove, secondo quanto riferito, ha negato le accuse durante gli interrogatori della polizia. La sua permanenza in custodia è stata prolungata fino a venerdì, quando potrebbe fare la sua prima apparizione in tribunale. La polizia deve ancora identificare gli uomini mascherati che hanno effettuato il pestaggio.
Calciatrice Psg aggredita, rilasciata la compagna-rivale. Stefano Montefiori su Il Corriere della Sera il 12 novembre 2021. L’aggressione a sprangate resta un mistero. Gli indizi contro Diallo non sono sufficienti. E spunta l’amante di Hamraoui e le minacce al telefono. PARIGI - Aminata Diallo, la 27enne riserva del Paris Saint-Germain sospettata di avere fatto ferire alle gambe la titolare 31enne Kheira Hamraoui per prenderne il posto, è stata scarcerata ieri sera senza alcuna accusa formale, qualche ora prima che scadessero i termini (questa mattina) della custodia cautelare. L’inchiesta continua e Aminata Diallo resta coinvolta, anche se gli indizi a suo carico non sono sufficienti per altri provvedimenti. Gli elementi che continuano a non convincere gli investigatori sono lo strano tragitto scelto da Diallo per accompagnare a casa in auto l’amica e rivale Hamraoui; la bassa velocità dell’auto proprio nel punto in cui i due aggressori l’hanno fatta fermare; il fatto che gli uomini a volto coperto abbiano preso a sprangate solo Hamraoui, senza toccare Diallo. A favore di Diallo, invece, gioca il fatto che durante gli interrogatori è apparsa molto solida nel garantire la propria innocenza (rifiutando per due volte di chiamare l’avvocato), ha risposto a tutte le domande collaborando con gli investigatori, e che anche contro l’altra persona arrestata, un amico già in carcere a Lione, non sono state trovate prove schiaccianti. Nelle settimane scorse un uomo, che dice di essere stato amante di Kheira Hamraoui per tre anni, ha fatto telefonate di minacce a lei e a tre compagne del Psg.
Giulia Zonca per "la Stampa" l'11 novembre 2021. Un'atleta gelosa di un'altra organizza un pestaggio per prendere il suo posto. Se lo avete già sentito è perché è già successo, nel 1994, solo che potrebbe essere ricapitato ancora. Adesso. Siamo in Francia, al Psg, club fatto di invidie e litigi al maschile e al femminile. La squadra delle ragazze esce per una cena ufficiale e al rientro tre compagne sono sulla stessa macchina. La più conosciuta si chiama Kheira Hamraoui, centrocampista, una Champions vinta con il Barcellona lo scorso maggio e un rientro a Parigi per il finale di carriera, a 31 anni. L'auto rallenta sotto casa della giocatrice e due tizi nascosti da una maschera aprono la portiera e la tirano giù. Hanno sbarre di ferro e mirano alle gambe. Ripetutamente. L'aggressione dura due minuti, Hamraoui resta a terra e viene portata all'ospedale piena di lividi e squarci. Servono dei punti di sutura, riposo e nuovi esami. Le altre due ragazze non vengono neanche considerate, nessun furto e nessun movente. L'agguato risale al 4 novembre, ma ieri, a Versailles, è stata arrestata Aminata Diallo, 26 anni, la riserva ideale di Hamraoui, al Psg e in nazionale, la ragazza alla guida e al momento l'unica sospettata, come mandante. Se è andata veramente così, come ormai sembra, Diallo non deve aver letto con attenzione la storia da cui ha preso ispirazione, forse si è persa il secondo tempo di «Tonya», film caustico sulla storia più famosa del pattinaggio. Sull'invidia più raccontata dello sport. Ventisette anni fa Tonya Harding, ragazza di borgata capace di farsi strada in un mondo di lustrini, è andata a sbattere contro il suo contrario, Nancy Kerrigan, fidanzata d'America nata con il dono dell'eleganza. Quando le due si sfidano sul ghiaccio gli Stati Uniti si dividono. Entrambe sono tostissime, solo che prima delle Olimpiadi di Lillehammer Harding si lascia travolgere dall'ansia e organizza una trappola per levarsi di torno la concorrenza. Fa assalire la rivale dall'ex marito con una spranga di ferro. A bordo pista. Solo qualche mese prima, la tennista Monica Seles è stata accoltellata da un tifoso di Steffi Graf. Il dibattito sui mitomani in tribuna e sul grado di sicurezza che serve per tenerli a distanza è attualità. Ma il colpo messo in piedi da Harding è troppo goffo per funzionare. Tutti gli indizi portano a lei. Così come ogni sospetto adesso si stringe intorno a Diallo. L'unica differenza sta in una serie di lettere minacciose ricevute d a diverse giocatrici del Psg nei giorni prima dell'assalto. La relazione stavolta è molto più complicata da capire, pure per colpa del precedente, identico, che ha portato la scatenata Harding alla radiazione e ha lasciato comunque il posto olimpico alla sconvolta Kerrigan. Diallo deve essersi persa qualcosa. La sua invidia, se questa è la molla, si muove più lenta: non è un impeto, non è figlia di un fastidio evidente. Le due ragazze del Psg sono amiche o almeno vengono definite così, sono state in vacanza insieme, non hanno avuto carriere gemelle però hanno storie simili. Entrambe subito notate nelle giovanili e poi parcheggiate a lungo, entrambe per tanto tempo lontane dal giro della nazionale. Aminata Diallo, nata e cresciuta a Grenoble, genitori senegalesi e lunghi dreadlock colorati è entrata al Psg nel 2016, anno in cui Kheira Hamraoui, casa nel Nord della Francia, sangue algerino e una chioma riccia e bionda che la rende molto riconoscibile, ha lasciato Parigi per la Spagna. Mentre Harding e Kerrigan hanno manifestato fin dal primo incontro insofferenza reciproca, Diallo e Hamraoui sono sempre andate d'accordo. Fino all'estate. Poi Hamraoui si infortuna e Diallo prende il suo posto, il suo spazio, il suo ruolo, il suo profilo. Fin troppo aderenti. Il contatto è così stretto da mandare in tilt l'identità della più giovane. La titolare resta Hamraoui e anche se gioca a intermittenza, per una serie di guai fisici, l'altra si sente sempre più stretta. Ridotta a una controfigura, a rimpiazzo. Al posto di Hamraoui pure tra le convocate per la Francia anche se resta in panchina. Pazienza, è in campo, fin dal primo minuto, nell'ultima sfida di Champions: Psg-Real Madrid, 4-0 al Parco dei Principi. Serata di gala, vissuta al centro della scena. Il piano funziona, ma è solo il primo tempo, non della partita, del film. Il secondo rischia di andare proprio come «Tonya» e lì persino il premio Oscar lo ha vinto l'attrice non protagonista. Ci sono modi più furbi di uscire dall'ombra, ma quando quella ti risucchia non si vede più nulla.
Francesco Friggi per eurosport.it il 16 novembre 2021. Nuovi dettagli emergono dalla vicenda Hamroui, secondo gli ultimi indizi sarebbe coinvolto anche Eric Abidal. Dopo l'aggressione era stata fermata dalla polizia (poi rilasciata) la compagna di spogliatoio Aminata Diallo ma il movente di rivalità in campo sembra allontanarsi sempre più. Secondo Le Monde, Abidal e Hamroui avevano una relazione segreta scoperta grazie ad chip telefonico dove sarebbero emerse molte chiamate tra i due, compresa una telefonata immediatamente dopo l'aggressione. La polizia, per fare luce sulla vicenda, interrogherà tutti i protagonisti; l'avvocato di Abidal, intercettato da Le Monde, in merito alla questione ha semplicemente detto: “ho parlato con lui, ma per il momento non vi dirò assolutamente nulla.”
Da gazzetta.it il 19 novembre 2021. L’aggressione. Le indagini. E un (presunto) tradimento con richiesta di divorzio. C’è un nuovo capitolo nella storia legata alla rappresentativa femminile del Paris Saint Germain, che si allarga e si sviluppa. Prima c’è stata l’aggressione a sprangate ai danni della calciatrice Hamraoui, avvenuta lo scorso 4 novembre, a seguito della quale è stata arrestata la compagna di squadra Diallo, presunta colpevole, e causata forse dalla rivalità in campo tra le due. Poi il coinvolgimento di Eric Abidal, ex difensore del Barcellona e della Francia, e di sua moglie Hayet. Infine, la richiesta di divorzio da parte di quest’ultima, confermata dall’avvocato Jennifer Losada, secondo cui - come riferito a Esport 3 - la sua cliente è stata “obbligata dalle circostanze e con sconcerto per il caso Hamraoui”. Perché? L’ipotesi è che possano essere fondati i sospetti di una relazione extraconiugale tra l’ex calciatore e l’atleta aggredita: relazione che avrebbe scatenato la reazione della Diallo. Ipotesi, quella del rapporto del marito con la Hamraoui, dalle quali la signora Hayet aveva preso le distanze. E che, invece, sarebbero fondate...
Hamraoui, la moglie di Abidal chiede il divorzio dopo il tradimento del marito. La Repubblica il 19 novembre 2021. Grazie a una sim è stata scoperta la relazione tra la calciatrice pestata e l'ex giocatore, dirigente del Barcellona quando la centrocampista militava nelle fila blaugrana. La signora Abidal, a sua volta, è coinvolta nelle indagini: al vaglio l'ipotesi di una vendetta amorosa. Gli effetti collaterali dell'aggressione subita il 4 novembre scorso dalla calciatrice 31enne del Paris Saint Germain e della Francia, Kheira Hamraoui, hanno colpito anche Eric Abidal, ex calciatore e dirigente del Barcellona. Come riportano i media spagnoli e francesi, la moglie Hayet ha presentato una domanda di divorzio, per la presunta relazione extraconiugale avuta dal direttore sportivo dei blaugrana con Hamraoui dal 2018 al 2021, quando la campionessa ha giocato al Barcellona. Ad accendere la miccia è stata l'indagine sull'episodio che ha coinvolto la calciatrice 31enne del Psg. Gli investigatori hanno trovato tra gli effetti di Hamraoui una sim intestata proprio ad Abidal. Quest'ultima scoperta ha messo alle strette il vicecampione del mondo francese - che ha confessato alla moglie il tradimento - e che ha anche indotto l'autorità giudiziaria a puntare gli occhi sulla signora Abidal come mandante del pestaggio alla centrocampista del Psg per motivi di vendetta amorosa, anche alla luce del fatto che durante le sprangate gli aggressori hanno rimproverato la calciatrice per i suoi presunti legami con uomini sposati. "La mia assistita spera di lavare il suo onore e la sua reputazione dalle voci sporche e ribadisce il suo desiderio di essere ascoltata rapidamente", ha commentato l'avvocatessa di Hayet Abidal. Martedì scorso, dopo lo scoppio del caso, la donna ha assicurato di essere totalmente estranea ai fatti. Nelle prime fasi delle indagini l'indiziata principale dell'aggressione ad Hamraoui era la compagna di squadra Aminata Diallo, che l'aveva riaccompagnata a casa dopo una cena di gruppo in un ristorante di Parigi e che era stata accusata di aver organizzato l'attacco per invidia nei confronti dell'amica, spesso titolare al suo posto.
Massimo Ferrero. Alessandro Bocci per il "Corriere della Sera" il 20 aprile 2021.
Presidente Ferrero cosa ha pensato quando la Superlega è diventata realtà?
«Che Andrea Agnelli è un grande attore. Noi, più volte, gli abbiamo chiesto cosa stesse succedendo e lui ha sempre smentito».
Il calcio dei ricchi è realtà.
«Un disastro. Non possono uccidere così lo sport più bello del mondo. Ringrazio Draghi che si è opposto a questo progetto con fermezza e decisione. Il calcio italiano non ha avuto i ristori con i quali poteva sistemare gli stadi, ma in questa situazione il premier ci ha dato il suo appoggio che per noi è molto importante».
Ma cosa succederà?
«Non ci può essere un campionato senza la Juventus, ma neppure senza la Sampdoria, il Genoa o lo Spezia. La Superlega è un danno anche per l'economia del Paese. Adesso paghiamo un miliardo di tasse. Se arriveremo alla spaccatura, entreranno meno soldi e meno soldi andranno allo Stato. Temo conseguenze per i giocatori stessi e per la Nazionale di Mancini».
Ma in Lega cosa vi siete detti?
«Siamo amareggiati, ma come sempre dispersivi. Se davvero ci sarà un male, da quel male dobbiamo tirare fuori il bene per tutelare i nostri tifosi».
Ma lei ha parlato con Agnelli?
«Si e gli ho fatto i complimenti. Andrea è un genio».
Ceferin non la pensa allo stesso modo.
«Il presidente dell'Uefa ha detto cose molti forti. Però il signor Juve è rodato. Lui sta giocando la sua partita. Intanto ha dato le dimissioni da presidente dell'Eca. Un bel gesto che non deve rimanere isolato. Chi ha avuto l'idea è colpevole, ma lo è altrettanto chi l' idea l'ha seguita e appoggiata».
Non pensa che, alla fine, si arriverà a un compromesso?
«Non lo so. Stanno cercando di trasformare il calcio in un gioco d' élite per miliardari. Ma non hanno tenuto conto di un po' di fattori».
Per esempio?
«Devono rendere conto al popolo sovrano. Gli ideatori della Superlega sono sicuri che i tifosi siano contenti? Eppoi, così facendo, cancellano un principio basilare del calcio: la meritocrazia. La classifica è importante. Ogni anno io e i miei colleghi spendiamo tanti soldi. La Superlega uccide il sogno. Il sogno dei tifosi e dei presidenti. Io sono un passionale e la passione è un grande motore nel calcio. Prendete Percassi: ha fatto sacrifici enormi per costruire il gioiello Atalanta e con questa rivoluzione rischia di stare fuori dall' Europa che conta: vi sembra giusto?».
Ferrero arrestato, crac di 4 società in provincia Cosenza.
(ANSA il 6 dicembre 2021) - Massimo Ferrero è stato arrestato a Milano e portato nel carcere di San Vittore per il crac di 4 società nel settore alberghiero, turistico e cinematografico con sede in provincia di Cosenza. Le società, da quanto si è appreso, sono state dichiarate fallite qualche anno fa. Una delle società coinvolte à la 'Ellemme group Srl', azienda che secondo i magistrati si sarebbe accollata complessivamente un debito di oltre un milione e 200mila euro che diverse società del gruppo avevano verso Rai Cinema Spa, "rinunciando così ad incassare i crediti dalla stessa vantati nei confronti di Rai Cinema Spa senza richiedere alcuna controprestazione e senza pattuire interessi-corrispettivi". Una mossa che, si legge nelle carte "cagionava il dissesto della società Ellemme Group Srl'." Tre sono i capi d'imputazione che ricostruiscono la vicenda. L'amministratore unico della 'Ellemme' risulta essere Vanessa Ferrero, ma il presidente della Sampdoria, dice la procura, è l'amministratore di fatto. Lo stesso Ferrero, sempre secondo le indagini, risulta anche essere stato nel corso degli anni amministratore unico della 'Global Media srl', presidente del Cda di 'Mediaport spa' e amministratore unico di 'Mediaport Cinemas Srl', mentre la figlia è stata anche amministratore unico della 'Ferrero Cinemas srl'. Per quanto riguarda il primo episodio, la Ellemme si sarebbe accollata un debito complessivo di 806mila euro che la Global Media srl, Mediaport Spa e Ferrero Cinemas avevano nei confronti di Rai Cinema; nel secondo capo di imputazione, il debito che finisce sulle spalle della Ellemme è di quasi 209mila euro (contratto da Mediaport srl e Mediaport Cinema) mentre nel terzo ammonta a oltre 239mila accumulati da Mediaport Cinema e Ferrero Cinemas.
Ferrero arrestato: difensore, trattato peggio di Totò Riina
(ANSA il 6 dicembre 2021) - "Lo stanno trattando peggio di Totò Riina". Così l'avvocato Pina Tenga, difensore di Massimo Ferrero, arrestato oggi a Milano per bancarotta. "Abbiamo fatto istanza alla Procura di Paola - prosegue la penalista - per chiedere che Ferraro possa essere trasferito a Roma per presenziare alla perquisizione e all'apertura di una cassaforte".
Ferrero: Gip, sottratti da figlia 740mila euro casse società
(ANSA il 6 dicembre 2021) - Vanessa Ferrero avrebbe sottratto oltre 740mila dalle casse della società per "procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto e recare pregiudizio ai creditori". E' quanto scrive il Gip del tribunale di Paola in uno dei capi d'imputazione nei confronti della figlia di Massimo Ferrero, posta ai domiciliari nell'ambito dell'inchiesta che ha portato in carcere il presidente della Sampdoria. Dal gennaio del 2011 al dicembre del 2012, si legge nell'ordinanza, "con ripetuti prelevamenti dai conti correnti bancari nella disponibilità della Ellemme Group Srl, sia in contante che a mezzo assegni, distraeva l'importo di 740.520 euro".
Arresto Ferrero: stupore Samp, “non chiare esigenze cautelari”
(ANSA il 6 dicembre 2021) - "Con grande stupore si è appreso dell'odierna esecuzione di una misura cautelare di custodia in carcere a carico di Massimo Ferrero, richiesta da parte della Procura della Repubblica di Paola per vicende fallimentari relative a fatti di moltissimi anni fa e rispetto alle quali non sono di chiara e immediata percezione le stesse esigenze cautelari". Lo sottolinea la Samp, aggiungendo che le vicende dell'inchiesta "sono del tutto indipendenti" dal club e dalle attivita' romane legate al cinema. I legali di Ferrero si mettono "a completa disposizione degli inquirenti" per "per chiarire fin da subito" la posizione del loro assistito.
Ferrero: Sampdoria, vicende non riguardano club
(ANSA il 6 dicembre 2021) - "Tali vicende, in ogni caso, preme precisare che sono del tutto indipendenti tanto rispetto alla gestione e alla proprietà della Società U.C. Sampdoria quanto rispetto alle attività romane di Ferrero e legate al mondo del cinema, già oggetto di procedura avanti al Tribunale di Roma". Lo si legge nel comunicato stampa pubblicato dalla società blucerchiata in relazione all'arresto di Massimo Ferrero.
Arresto Ferrero: Federclubs, chi ama Samp si faccia avanti
(ANSA il 6 dicembre 2021) - "Dal punto di vista mediatico questo è il punto più basso della storia lunga 75 anni della Sampdoria. Adesso chi davvero ama il club e vuole dare un segnale importante si faccia avanti, non si può più aspettare". Lo ha detto Emanuele Vassallo, presidente della Federclubs all'ANSA commentando l'arresto di Massimo Ferrero. "La nostra posizione nei suoi confronti è sempre stata chiara - ha detto Vassallo -, oggi vediamo il nome della Sampdoria fare il giro d'Italia per notizie non belle e questo ci fa stare male. Un paio di anni fa Edoardo Garrone disse che non avrebbe mai abbandonato la Sampdoria e le avrebbe garantito un futuro: confidiamo che ci sia un intervento di chi ha a cuore i colori blucerchiati. Se è vero che il club non appare interessato all'inchiesta, le conseguenze mediatiche e finanziarie sono imprevedibili. Non sappiamo cosa potrà succedere senza una nuova proprietà".
Da open.online il 6 dicembre 2021. Sono quattro le bancarotte fraudolente su altrettante società per cui la procura di Paola, nel Cosentino, ha chiesto e ottenuto l’arresto di Massimo Ferrero, l’ex presidente della Sampdoria finito in carcere questa mattina, 6 dicembre, a San Vittore a Milano. I crac riportati dal Gip di Paola nell’ordinanza di arresto riguardano la Ellemme Group, la Blu Cinematografica, la Blu Line e la Maestrale srl. Società di proprietà anche di Ferrero che operavano nel turismo e nel settore cinematografico e alberghiero con sede in provincia di Cosenza. Secondo la procura di Paola, Ferrero, arrestato assieme a sua figlia Vanessa e il nipote Giorgio, avrebbero falsificato i bilanci passivi, facendoli quindi passare per attivi, e dichiarato in più occasioni il falso a proposito dei fallimenti relativi alle società. Queste venivano usate come veri e propri bancomat, ottenendo profitti illeciti sottraendo denaro direttamente dalle casse delle società.
I casi sospetti
Uno dei casi in esame riguarda l’azienda Ellemme group Srl, della quale risulta amministratrice delegata la figlia Vanessa Ferrero. Secondo i magistrati, però, l’ex presidente della Samp sarebbe stato l’amministratore di fatto. La Ellemme group si sarebbe accollata un debito di 806 mila euro contratto dalla Global Media srl, dalla Mediaport Spa e dalla Ferrero Cinemas nei confronti di Rai Cinema. I crediti erano stati trasferiti, secondo i magistrati, «a favore dell’Eleven Finance», un’altra società del gruppo Ellemme. Un altro caso riguarda la sparizione di documenti contabili della casa di produzione avviate nel 1998, la Blu Cinematografica Srl. Per la Procura, Ferrero, sua figlia e Aniello Del Gatto (liquidatore della società dal 23 dicembre del 2012) avrebbero distrutto «in tutto o in parte, con lo scopo di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto o di recare pregiudizio ai creditori, i libri o le altre scritture contabili in modo da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari». I pm segnalano un caso particolare, avvenuto il 13 febbraio del 2014: era stato denunciato «il furto di un’Audi S8 all’interno della quale vi era custodita una borsa in pelle contenente tutta la documentazione contabile» della Ellemme, tra cui «il libro giornale, i registri Iva, il libro inventari, i verbali delle assemblee» e altri documenti.
Da corrieredellosport.it il 6 dicembre 2021. Con un comunicato ufficiale, la Sampdoria commenta l'arresto del proprio presidente Massimo Ferrero, annunciando che il patron si è dimesso da tutte le cariche sociali: "Con grande stupore si è appreso dell’odierna esecuzione di una misura cautelare di custodia in carcere a carico di Massimo Ferrero, richiesta da parte della Procura della Repubblica di Paola per vicende fallimentari relative a fatti di moltissimi anni fa- si legge nella nota della società ligure - rispetto alle quali non sono di chiara ed immediata percezione le stesse esigenze cautelari alla base per l’evidente assenza di attualità, tanto più considerando che per tre delle quattro società calabre coinvolte vi era già stata allo scopo una transazione con le relative procedure già perfezionata e adempiuta. Tali vicende, in ogni caso, preme precisare che sono del tutto indipendenti tanto rispetto alla gestione e alla proprietà della Società U.C. Sampdoria quanto rispetto alle attività romane di Ferrero e legate al mondo del cinema, già oggetto di procedura avanti al Tribunale di Roma. Tuttavia Ferrero, proprio per tutelare al meglio gli interessi delle altre attività in cui opera, e in particolare isolare anche ogni pretestuosa speculazione di incidenza di un tanto rispetto all’U.C. Sampdoria e al mondo del calcio, intende formalizzare le dimissioni immediate dalle cariche sociali di cui sinora è stato titolare, mettendosi nel contempo a immediata e completa disposizione degli inquirenti, che verranno contattati dai suoi legali, gli avvocati Luca Ponti e Giuseppina Tenga, proprio per chiarire fin da subito la propria posizione ed evitare che, dalla del tutto inaspettata e presente situazione, possano derivare ulteriori pregiudizi a carico di realtà estranee, come l’U.C. Sampdoria, che ne sarebbero gratuitamente danneggiate. Si confida che tutto si possa risolvere in tempi brevissimi anche considerando che il Trust adottato in funzione delle procedure romane contemplava, a garanzia, anche l’accantonamento di somme proprio a tutela delle procedure di cui alla Procura di Paola". Dopo l'arresto e le dimissioni di Ferrero, la gestione quotidiana e ordinaria è affidata al direttore operativo Alberto Bosco, in attesa della convocazione di un cda straordinario. Bosco in mattinata ha radunato i dipendenti nella sede del club e li ha rassicurati sulla continuità aziendale, invitandoli a essere ancora più uniti e compatti in questo momento. La squadra, che stamani si è regolarmente allenata, è stata informata di quanto avvenuto dal direttore sportivo Daniele Faggiano al termine della seduta e anche in questo contesto è stato sottolineato come oggi per la Sampdoria "sia importante restare compatta per reagire sul campo, a partire dal derby" che si giocherà al Ferraris venerdì alle 20,45. Alcuni giocatori, che hanno sempre avuto un rapporto personale stretto con Ferrero, si sono detti "preoccupati per la salute del presidente e per la sua famiglia", che hanno conosciuto e frequentato in questi anni.
Chi è Massimo Ferrero: la Sampdoria, i cinema, la Livingston e i debiti di «er Viperetta» arrestato oggi. Maria Strada su Il Corriere della Sera il 6 dicembre 2021. Imprenditore del settore cinematografico, ha tentato un’avventura con la compagnia aerea Livingston, ma si è conclusa con un patteggiamento per bancarotta fraudolenta. Guai anche per abusi edilizi per un attico ai Parioli. Massimo Ferrero, arrestato nella mattinata del 6 dicembre 2021 con l’accusa di bancarotta fraudolenta e altri reati societari non legati al calcio, ha acquistato la Sampdoria nel giugno 2014 dalla famiglia Garrone. Romano di Testaccio, 70 anni compiuti ad agosto, dal 1994 è produttore indipendente in ambito cinematografico. Nel suo curriculum vitae annovera tante pellicole impegnate come «Mery per sempre» e «Ragazzi fuori» e molte commedie all’italiana tra cui «Mani di Velluto», «L’anatra all’arancia» e numerosi film di Tinto Brass. Soprannominato «er Viperetta» (lui sostiene che è un’affettuosità inventata da Monica Vitti, ma sono in pochi a credergli), amico intimo — giura chi lo frequenta —di Sylvester Stallone , è proprietario del cinema Adriano di Roma e controlla oltre 60 sale cinematografiche in Italia, per lo più acquistate a poco prezzo dal gruppo Cecchi Gori come del resto a poco prezzo — meglio: a titolo gratuito, accollandosi i 15 milioni di debiti — ha rilevato il club blucerchiato dai Garrone. «Vengo dal nulla e ho comprato la Sampdoria perché dopo di lei c’è il nulla», diceva di sé presentandosi l’imprenditore, che, sin da bambino, tifa per la Roma. Figlio di un tramviere «che si dedicava ai libri, ai francobolli, a tutto meno che al tram» e con la mamma «figlia di venditori ambulanti», raccontava di aver desiderato fare il ballerino: «La domenica andavo a ballare il tip tap al Bar Veneto. Ho tentato anche di entrare nel balletto della Pavone», mantenendosi facendo il «macellaretto, portavo la carne nelle case. Avevo un amico con una bicicletta con il portapacchi e un giorno gliel’ho rubata». Da lì, racconta, la sua fortuna: «Una Fiat 1.100 comincia a suonarmi, pensavo fosse per la bicicletta e invece era l’aiuto regista di Blasetti che mi consigliava di andare a San Saba Palatino dove sceglievano delle comparse. C’erano solo ragazzini tutti curati, ma Blasetti mi vede: “Sei capace di fischiare?”. “Dotto’ è il mestiere mio”. Dovevo fare un panettiere, fratello di Giovanna Ralli». Così, poi, divenne ispettore di produzione con i maggiori registi italiani, e produttore, appunto. Sposato in prime nozze con Laura Sini una imprenditrice del settore caseario — «Non è vero che mi ha dato lei i soldi per comprare i primi cinema» — con un divorzio non senza strascichi legali, ora è legato a Manuela Ramunni. Ha quattro figli: Vanessa (anche lei arrestata), Michela, Emma e il piccolo Rocco. In passato ha tentato una spericolata avventura con la compagnia aerea Livingston, specializzata in charter nelle isole caraibiche, naufragata malamente, creando un buco da 20 milioni di euro e alcune disavventure giudiziarie, concluse patteggiando una pena di un anno e 10 mesi proprio per bancarotta fraudolenta. Altri guai sono arrivati nel 2016 quando è stato accusato di abusi edilizi nell’attico ai Parioli, nella sua abitazione in via Torquato Taramelli, un immobile che peraltro era stato posto sotto sequestro per ragioni fiscali. Per lui una condanna a 4 mesi di reclusione. Più recenti le accuse inerenti il caso Obiang: oltre un milione ricavato dalla vendita del calciatore, nel 2015, sarebbe stato distratto da Er Viperetta in modo illecito per fini privati.
Massimo Ferrero, quando Fidel Castro gli urlò: «Molla subito la mia mano». Fabrizio Roncone su Il Corriere della Sera il 7 dicembre 2021. Ferrero faceva la comparsa insieme a Giuliano Gemma. «Sul set razziavo tutti i cestini: poi li portavo a casa e facevo cenare i miei tre fratelli». Si annunciò da lontano, con la sua risata cimiteriale. Un albergo a Castelfranco Veneto, tavolata di giornalisti e procuratori sportivi, una cena di qualche tempo fa.Ma guarda: è arrivato Viperetta. Lui: spettinato e allegro. Però anche sfacciato: «Me siedo solo pe’ favve un favore». Elegante nella sua giacca blu di sartoria: «Tocca un po’: sai questo come se chiama? Ca-che-mi-re. Nun te dico quanto costa, sinnò me svieni». Visionario: «Dopo aver fatto vince lo scudetto alla Samp, me compro la Roma e ve regalo la Champions».
L’Amarone
Chiede una bottiglia di Amarone, i camerieri — sussiegosi — portano anche un vassoio fumante di risotto al radicchio. «No, aspé: er vino è bbono, ma sto’ pappone ve lo magnate voi. Io cio’ fame: se po’ ave’ na’ bella ajo e olio?» (urlando). Gli squilla il cellulare, come suoneria ha «Nessun dorma»: «So’ chic d’animo, pure se so’ nato a Testaccio», nel 1951, padre controllore sui bus, madre ambulante. Ma, al terzo bicchiere di rosso, Massimo Ferrero racconta della nonna, Antonietta Prosperini. «Santa donna. Faceva l’avanspettacolo all’Ambra Jovinelli, il Dna dell’attore è un dono suo. Da vecchia teneva tutti i soldi sotto er cuscino. Io lo sapevo, je davo un bacetto e intanto, ogni volta, me fregavo mille lire. Me ricordo l’ultima cosa che disse, sul letto de morte: Massimé, i sordi l’ho spostati nel cassetto».
5 mila euro
Un uomo cinico ai limiti della ferocia, arrogante — «Nun giro mai co’ meno de 5 mila euro in tasca: e non dico fregnacce, eccoli» — ma anche capace di tenerezze inaudite. Racconta che, giovanissimo, dopo aver fatto la comparsa con Giuliano Gemma in qualche film a Cinecittà, finse di avere la patente per diventare l’autista dell’attore Silvio Spaccesi. «Sul set razziavo tutti i cestini: poi li portavo a casa e ci facevo cenare i miei tre fratelli». Piccoletto, tutto nervi, di pensiero furbo e velocissimo. Diventa direttore di produzione, poi produttore esecutivo. Un cameo nel film Camerieri, dove è Sem, il venditore di levrieri che schiaffeggia Diego Abatantuono. Prima di mettersi in proprio, lavora sui set di Mario Monicelli e Liliana Cavani, a lungo con Tinto Brass. «Serena Grandi, nei panni di Miranda, era strepitosa. Na’ volta capito nel suo camerino e trovo lei tutta nuda, addosso solo na’ vestajetta. Se volta, e me dice: “Vipere’, che fai, guardi? Mortacci tua, je rispondo: nun solo guardo, vorrei pure tocca’. All’epoca però aveva una storia con Giovanni Bertolucci, e io so’ all’antica, porto rispetto».
Matrimonio
Tre relazioni, una con matrimonio: si sposa con Laura Sini, ereditiera di un’azienda casearia del viterbese. Sei figli in totale. Gli ultimi, avuti dalla truccatrice Manuela Ramunni, si chiamano Rocco Contento e Oscar. La più grande, Vanessa, è ai domiciliari. Le immagini dei tigì che danno la notizia dell’arresto per bancarotta si sovrappongono al ricordo di quella cena. Di Viperetta che sta prima nel ruolo di efferato affabulatore, e poi di presidente della Samp: «Garrone non me l’ha regalata. Me so’ accollato 25 milioni de debiti, ne ho messi altri 15 per l’aumento di capitale, più altri spicci. In tutto fanno 50 pippi. Ma la felicità di poter considerare i tifosi blucerchiati come una nuova famiglia, non ha prezzo».
«Nun me rompete li...»
I tifosi, in realtà, lo detestano da sempre. I tifosi hanno in testa un altro presidente: Gianluca Vialli (vediamo se adesso, chissà). In genere Viperetta commenta dicendo: «Nun me rompete li cojoni». Fare finta di niente, sghignazzare in faccia alla vita. Nel bene: come quando con un colpo di mano acquisisce le 60 sale (tra cui il gioiello romano dell’Adriano) di un altro meraviglioso caduto come Vittorio Cecchi Gori. E nel male: quando patteggia una condanna definitiva di un anno e 10 mesi per il fallimento — vizio antico — della compagnia aerea Livingston Energy Flight. Però quella cena. Che cena. Al cameriere che gli chiede: «Gradisce un superalcolico, presidente?». Lui risponde: «Presidente un cazzo». Il cameriere si allontana mortificato. E allora Viperetta gli urla dietro: «Ammazza, aho’! Ma qui in Veneto ve offendete facile, eh? Dai, torna qua, damme un bacetto...». E quello torna, mezzo contento, e si fa fare pure un autografo.
Cuba e la gag
Così Viperetta butta giù un paio di segnacci su un tovagliolo di carta e attacca a raccontare la solita gag — vera, falsa, forse solo verosimile — di quella volta che andò a Cuba per creare una casa di produzione cinematografica. Aveva fatto le cose in grande, dice. Una spedizione enorme: luci, carrelli, attrezzi, persino i ciak. «Poi arriva il giorno dell’inaugurazione e io me porto du’ fotografi. Così, appena vedo Fidel Castro, me fiondo e gli afferro la mano pe’ famme immortalà. Solo che, appena me volto, i fotografi nun ce stanno più. Allora me metto a gridà: aho’, a stronzi, ‘ndo state? E Fidel che me tirava dicendo: Mollame la manos, por favor, molla te dicos...».
A Cinecittà
Una cena memorabile. Stiamo per alzarci, è notte fonda, ma uno chiede: «Presidente, un’ultima cosa: davvero fu Monica Vitti a darle il soprannome di Viperetta?». Lui allora diventa improvvisamente serio. «No. La storia è diversa: ero pischello, e a Cinecittà, una sera, un costumista omosessuale mi si avvicina e mi sussurra all’orecchio: lo sai che il cinema è fatto di lenzuola? Allora io je dico che le lenzuola me le rimbocca solo mia madre... Ma mentre gli sto sopra, e con una mano lo tengo fermo, e con l’altra lo prendo a pizze, quello ridacchia e mi urla: sei una Viperetta, ecco quello che sei! Eh... Lo so da solo: questa nun fa tanto ride».
Da video.repubblica.it il 6 dicembre 2021. Da Zenga definito "una pippa come portiere" al Natale in cui si deve "mangiare e fare l'amore". Passando per la lite con Panatta e le reazioni teatrali alle domande sulla cessione della Samp: tutte le volte che Ferrero, davati alle telecamere, ha dato spettacolo.
Le carte contro Ferrero: “Cerca di prendere i soldi dalla Samp”. Marco Lignana su La Repubblica il 7 dicembre 2021. Le intercettazioni agli atti dell’inchiesta della Procura di Paola che ha portato all’arresto dell’ormai ex presidente Il commercialista: “Il Tribunale ha voluto la dichiarazione che noi la società la mettiamo in vendita”. "Adesso ho capito perché sta cercando di prendere i soldi dalla Sampdoria!". A parlare è Gianluca Vidal, commercialista di fiducia di Massimo Ferrero, con Andrea Diamanti, storico manager dei Viperetta, fra gli altri incarichi già dentro il Consiglio di Amministrazione della società blucerchiata. Perché se è vero che la Sampdoria non è direttamente coinvolta nell'indagine, come ripetono gli avvocati Luca Ponti e Giuseppina Tenga, nell'ordinanza di custodia cautelare che ha mandato in carcere per
Arresto Ferrero, nella Sampdoria avanti nel segno di Vidal ma tutti sognano Vialli. Stefano Zaino su La Repubblica il 7 dicembre 2021. Il commercialista può essere il reggente del club, ma serve un nuovo Cda: il rischio è la paralisi. La prima conseguenza pratica del terremoto che ha investito la Sampdoria, società e squadra, a tre giorni dal derby contro il Genoa, è l’annullamento della cena di Natale, in programma stasera. Un appuntamento a cui Ferrero teneva moltissimo, luogo di scherzi e battute, il presidente a troneggiare, la prima squadra maschile, da quest’anno anche quella femminile e tutti i dipendenti a formare una platea divertita.
Dal carcere minorile agli arresti per bancarotta, la vita da film di Ferrero "er Viperetta". Enrico Sisti su La Repubblica il 6 dicembre 2021. Luci della ribalta e ombre della finanza spericolata nella parabola dell'imprenditore cinematografico finito in prigione per ordine della procura di Paola. Tutto nel nome, anzi nel soprannome: "er Viperetta", regalo di un costumista isterico subito ripreso e certificato da Monica Vitti. Massimo Ferrero non si è mai tenuto dentro alcunché, mai che avesse rifiutato una chance, a costo di aggirare il sistema. O le sue regole. E senza mai smentire le sue maniere ardite, quel suo modo di fare affari nascosto da una provvidenziale tenebra (lecito o no?).
Arrestato Massimo Ferrero, presidente della Sampdoria. Ma il club non è coinvolto. Alessia Candito, Marco Lignana su La Repubblica il 6 dicembre 2021. Ai domiciliari anche la figlia e la nipote, l'accusa è bancarotta e riguarda il fallimento di diverse società create in Calabria dal numero uno blucerchiato. La sua legale: "Trattato come un delinquente, mi risulta abbia avuto anche un malore". Arrivano le dimissioni dalla Samp. Il presidente della Sampdoria, Massimo Ferrero, è stato arrestato dalla Guardia di Finanza nell'ambito di un'inchiesta della Procura di Paola, nel cosentino, per reati societari e bancarotta. Secondo quanto si apprende, la squadra ligure non è coinvolta nelle indagini: al numero uno blucerchiato viene contestato il fallimento di diverse società create in Calabria nel settore turistico, alberghiero e cinematografico.
In particolare, al centro dell'indagine ci sarebbe un investimento nel comune di Acquappesa. Secondo l’accusa Ferrero avrebbe distratto fondi a svantaggio dei creditori.
Ferrero è stato arrestato dalle Fiamme Gialle in un hotel di Milano e portato nel carcere di San Vittore, mentre per altre cinque persone sono stati disposti i domiciliari. Tra gli arrestati ci sono anche Giorgio e Vanessa Ferrero, rispettivamente nipote e figlia del patron della Samp.
Il legale di Ferrero, Giuseppina Tenga, ha presentato un'istanza ai magistrati affinché possa essere trasferito a Roma, per consentirgli di assistere alla perquisizione e procedere all'apertura di una cassaforte all'interno di un'abitazione: "E' stato trattato come un delinquente, mi riferiscono anche abbia avuto un malore, poi non sono più riuscita ad avere sue notizie. Si tratta di contestazioni su vicende vecchie di quattro anni. Mi sembrava logico che Ferrero assistesse alla perquisizione a casa sua, a qualsiasi altra persona glielo avrebbero permesso, a lui no".
In totale sono nove le persone coinvolte nell'inchiesta. Ai domiciliari si trovano Vanessa e Giorgio Ferrero; Giovanni Fanelli, 53 anni, di Potenza; Aiello Del Gatto, di Torre Annunziata, 55enne residente ad Acquappesa.
A questi si aggiungono altri quattro indagati, tutti residenti a Roma e sottoposti oggi a perquisizione. Oltre all'abitazione romana di Ferrero, la Finanza si è mossa e in varie regioni tra cui Lombardia, Lazio, Campania, Basilicata e la stessa Calabria.
Le dimissioni
Nel frattempo la Sampdoria ha annunciato le dimissioni di Ferrero. In un comunicato si legge che la scelta è stata fatta "per tutelare al meglio gli interessi delle altre attività in cui opera, e in particolare isolare anche ogni pretestuosa speculazione di incidenza di un tanto rispetto all'U.C. Sampdoria e al mondo del calcio". Da mesi il presidente era nel mirino dei tifosi che lo avevano apertamente contestato
Ferrero dunque "intende formalizzare le dimissioni immediate dalle cariche sociali di cui sinora è stato titolare, mettendosi nel contempo a immediata e completa disposizione degli inquirenti, che verranno contattati dai suoi legali, gli avvocati Luca Ponti e Giuseppina Tenga, proprio per chiarire fin da subito la propria posizione ed evitare che, dalla del tutto inaspettata e presente situazione, possano derivare ulteriori pregiudizi a carico di realtà estranee, come l'U.C. Sampdoria, che ne sarebbero gratuitamente danneggiate".
Samp, il presidente Ferrero fa ginnastica
Le contestazioni
Una delle società coinvolte nell'indagine à la 'Ellemme group Srl', azienda che secondo i magistrati si sarebbe accollata complessivamente un debito di oltre un milione e 200mila euro che diverse società del gruppo avevano verso Rai Cinema Spa, "rinunciando così ad incassare i crediti dalla stessa vantati nei confronti di Rai Cinema Spa senza richiedere alcuna controprestazione e senza pattuire interessi-corrispettivi".
Una mossa che, si legge nelle carte "cagionava il dissesto della società Ellemme Group Srl'." Tre sono i capi d'imputazione che ricostruiscono la vicenda.
L'amministratore unico della 'Ellemme' risulta essere Vanessa Ferrero, ma il presidente della Sampdoria, dice la procura, è l'amministratore di fatto. Lo stesso Ferrero, sempre secondo le indagini, risulta anche essere stato nel corso degli anni amministratore unico della 'Global Media srl', presidente del Cda di 'Mediaport spa' e amministratore unico di 'Mediaport Cinemas Srl', mentre la figlia è stata anche amministratore unico della 'Ferrero Cinemas srl'.
Per quanto riguarda il primo episodio, la Ellemme si sarebbe accollata un debito complessivo di 806mila euro che la Global Media srl, Mediaport Spa e Ferrero Cinemas avevano nei confronti di Rai Cinema; nel secondo capo di imputazione, il debito che finisce sulle spalle della Ellemme è di quasi 209mila euro (contratto da Mediaport srl e Mediaport Cinema) mentre nel terzo ammonta a oltre 239mila accumulati da Mediaport Cinema e Ferrero Cinemas.
Massimo Ferrero aveva acquistato la Sampdoria, a sorpresa, il 12 giugno del 2014. Da mesi era nel mirino dei tifosi blucerchiati
Enrico Sisti per “la Repubblica” pubblicato su Dagospia il 4 maggio 2020. «Non dico che ce la dovevamo aspettare, questa roba orrenda, ma forse potevamo presentarci al virus un po' più preparati, come individui, come società. Adesso temo la bancarotta o l'oblio». Massimo Ferrero, 68 anni, non è soltanto il presidente della Sampdoria e un impresario cinematografico. È tante cose. È un lockdown vissuto in campagna ma con l'eterna nostalgia di Roma. E la sua Roma è un meccanismo a orologeria che pare fatto apposta per rinforzare legami ancestrali. È pallone, certo, ma anche amori, strada, anni vissuti in bianco e nero senza una lira in tasca. Per parlare con lui è necessario mettere insieme i pezzi di un mosaico. Ed è veramente come fare un film: tanti brandelli di Massimo sparsi qua e là, miriadi di interessi e di iniziative, rischi, accuse, personali e pubbliche, sempre al limite, distribuite negli anni della giovinezza e della maturità. Riuniti e incollati su un solo volto, questi brandelli diventano un prodotto finito: bello, verace, traboccante di verità così come di amarezze, travestite magari con un sorriso o mescolate, se viene, a una battuta. Massimo Ferrero è anche il padre di cinque figli (la più grande ha quasi 50 anni). Massimo Ferrero è quello che non ti aspetti, è il Viperetta dotato del suo antidoto: «E sono romanista da prima che nascessi». Per ottenere il mosaico di cui sopra bisogna andare a cercare Massimo a casa, una casa nascosta all' interno di un grande cortile «che non mi sono mai sognato di acquistare, perché in fondo mi è rimasta l'anima del nomade, anche se poi vivo qui da trent' anni». Le case le ha comprate a tutta la sua numerosa famiglia, assicurando certezze da «nonno rock». Le finestre danno su un ampio spazio alle spalle di Trinità dei Monti, circondato dai profili degli altri interni, lontano dalla strada. La porta si apre dopo almeno cinque rampe di scalini con cui si va su e giù per il condominio, disegnato proprio come i condomini di una volta, appartamenti che spuntano qua e là, apparentemente senza un criterio.
Invece in quella geometria si percepiscono forti i profumi dell' urbanistica del Tridente. Roma che sembrava anche calcisticamente nel suo destino.
«Ma poi non è successo. Ho sognato di rilevare la società, è vero, ma in un giorno lontano».
E la città della sua infanzia?
«Testaccio. Da dove del resto proviene anche Claudio Ranieri, il mio attuale tecnico alla Sampdoria. Erano tempi liberi e insieme complicati. Chi aveva problemi andava a rubare i portafogli sugli autobus, annavano a fa' er quajo, come si diceva. Eravamo poverissimi. Si faticava a finire la giornata. I maglioncini duravano per generazioni. Le toppe invecchiavano sui gomiti. I valori erano traguardi veri. Aridatece i valori! Levateje i telefonini! Mio padre diceva: discoremo. Parlatevi ragazzi! Noi mangiavamo la frutta che scartavano ai mercati generali di Via Ostiense, c' è una bella differenza».
Come si faceva all' amore?
«Allora funzionava così: che non sapevi quando avresti dato o rimediato un bacetto. Non era come sarebbe stato poi, che le ragazze, scusate la franchezza, se la svitavano e te la tiravano addosso. Per incontrare le donne dovevi vivere in un'altra dimensione, borghesia, banche, avvocati, notai. O figli di papà. A noi povera gente non restava niente, per noi le ragazze erano tutte vestite, manco a Ostia se spojaveno».
E poi finì pure dentro, per amore.
«Più che altro ho rischiato la vita mettendomi a cavalcioni sulla balaustra del terrazzo condominiale, lì m' incontravo con Rita, ci nascondevamo tra le lenzuola stese. Un giorno scappai in vespa perché ci avevano trovato e volevo evitare una guardia. Quando tornai indietro la guardia era ancora lì e così gli detti un buffetto sul cappello che volò via. Cominciò a rincorrermi in macchina. Il guaio è che la guardia era il padre di Rita. Finii la benzina e mi arrestarono per oltraggio. Ho passato sei mesi nel carcere minorile di Porta Portese, al San Michele».
E com' era la vita da rinchiusi, rispetto a quella fuori?
«Lo chiamavano riformatorio, ma in realtà era un carcere vero e proprio. E se non avessi già preso così tanti schiaffi da mio padre e da mia madre, sarei entrato tondo e uscito quadrato. Però lì dentro, a modo mio, mi sono fatto una cultura. Non sapevo niente del mondo, per carità, però aveva imparato a memoria la civiltà dei ragazzi di strada che ero costretto a frequentare, al punto da desiderare quasi di sentirmi uno di loro. Era gente che sparava certe assurdità. Però forse qualcuna era pure vera. Di sicuro entravano, uscivano, entravano di nuovo. Non avevano altra scelta, non avevano altra vita».
Ma lei invece come si definirebbe?
«Un artista di strada, uno che va in giro con lo strumento, pane amore fantasia, che recita, balla. Ero nato per quello, ho sempre avuto i tempi della commedia».
Cinema, cioè paradiso...
«Sono entrato a Cinecittà nascosto nella casse dei panni della lavanderia, dopo essermi attaccato al tram a San Giovanni. I film li andavano spesso a girare a Frascati».
Giuliano Gemma faceva l'acrobata. Io gli andavo dietro, mi intrufolavo.
«Facevo sega a scuola, allora andavo alla Quattro Novembre. Era l'unico modo per passare i controlli. Non sa che fila che c' era fuori sulla Tuscolana. Almeno però mangiavo, a noi comparse ci davano il cestino, dieci lire, du mostaccioli, du fragole e 'n cappellino».
Rimpiange qualcosa?
«In Italia si facevano 600 film all' anno, anche se con le cambiali. Questo rimpiango. Rimpiango l'Italia che il mondo ammirava e che al mondo insegnava. E al cinema ci andavamo tutti. Con gioia. Stupore. Adesso ho paura che al cinema vadano soltanto gli scoppiati, i soli. Il cinema invece va condiviso».
Il suo primo ciak?
«Io io io e gli altri di Blasetti. Dovevo interpretare un fornaretto. Avevo 15 anni. Lo seppi mesi dopo che mi avevano preso. Ero convinto che mi avessero scartato. Invece una mattina mi vennero a prendere col 1400. Tutti a guardare. Poi mi aiutò Gianni Morandi, che conobbi mentre girava Faccia da schiaffi dentro il Farnese a Campo de' Fiori. Avevo già una figlia. Mi imposi come suo factotum».
Insomma è entrato nel cinema di prepotenza...
«E forse ho anche vissuto di prepotenza. Del resto mi sono sposato a 18 anni».
E della leggenda del Viperetta?
«All'inizio ero Er Gatto de Testaccio, un gattaccio di strada, ovviamente, non un aristogatto, uno di quelli con gli occhi pieni di cispe e le orecchie smozzicate. Divenni adulto presto. Mamma Anita mi portava le sigarette in carcere. Mi diceva " a Massimì devi comincià, sei grande!" E io: " A ma' ma io non fumo!". E lei: " Zitto e fuma!". Il soprannome di Viperetta arrivò più tardi. Un giorno sul set mi chiesero se volevo fare un film su Pasolini. Dissi di sì. Aggiunsero che c' erano pure scene di letto e uno mi toccò il fondo schiena. Al Gatto di Testaccio non si poteva fare. Gli detti una capocciata. E lui a terra gridava: " Sei una vipera, sei una vipera!". Ma fu Monica Vitti la prima a chiamarmi Viperetta. Ancora ci penso. Aveva ragione, so' na vipera».
Arrestato Massimo Ferrero: vita e opere di Viperetta, avventuriero prestato al calcio. L’inchiesta della Procura di Paola è solo l’ultima di una lunga serie. L’ex portatore di cestini a Cinecittà ha già dovuto dribblare più volte la magistratura, non sempre con successo. Nel frattempo, è diventato un personaggio popolare grazie alla macchietta del romano “de core” venuto dal nulla. Gianfrancesco Turano su L'Espresso il 6 dicembre 2021. L’arresto di Massimo Ferrero e le sue dimissioni da amministratore dell’Uc Sampdoria segnano l’ennesimo colpo di scena di una vicenda fra le più incredibili dell’imprenditoria collegata al pallone. È vero che il patron dei blucerchiati genovesi è stato portato nel carcere di San Vittore a Milano per eventi estranei al club su ordine della Procura di Paola (Cosenza). Ma nei suoi settant’anni di vita il romanissimo e romanista Viperetta, ex portatore di cestini negli studi di Cinecittà, ha messo insieme una lista di impicci societari nei più vari settori con danni relativamente esigui: nel cinema con la Blu che dovrebbe essere la causa scatenante dell’arresto e della competenza territoriale dei magistrati calabresi, nel trasporto aereo con la bancarotta Livingston (un anno e dieci mesi di condanna definitiva), nell’agroalimentare con la Farvem dell’ex moglie e forse nemica Laura Sini. Da ultimo è arrivato il trust Rosan, creato un anno fa per aggiungere un elemento nuovo alle scatole cinesi che controllano la Sampdoria. La domanda che tutti si sono sempre fatti è: come è arrivato a guidare il club genovese? Nessuno ha mai capito fino in fondo per quali canali Ferrero abbia preso il controllo, sia pure a costo zero, della Samp che aveva messo a dura prova le finanze della famiglia Garrone (gruppo Erg) con 300 milioni di euro di perdite aggregate. Anche per questo si è continuato a dire, senza elementi di prova, che Edoardo Garrone continuasse a essere vicino al club, dietro le quinte o attraverso piccole quote societarie che non si sapeva bene a chi attribuire. La popolarità del calcio ha fatto il resto. Ferrero è diventato un personaggio televisivo, abilissimo nell’interpretare la macchietta del popolano di Roma che ce l’ha fatta, forse un po’ ignorante ma “de core”. Nel frattempo, continuava a intrecciare affari ad ampio raggio, inclusi gli investimenti turistici che sono alla base del suo arresto del 6 dicembre.
Ferrero, che nei suoi uffici romani di via Cicerone esibiva i ritratti di Fidel Castro e del cardinale Crescenzio Sepe, ha potuto godere di appoggi importanti in Calabria, facilitati dal leader del Ccd Lorenzo Cesa e dal suo emissario locale Pino Galati, messo agli arresti nel 2018 a seguito dell’inchiesta Quinta bolgia di Nicola Gratteri e poi scagionato all’inizio del 2020.
Dal 2014 la Blu cinematografica ha seguito un pellegrinaggio inspiegabile di trasferimenti di sede, azionisti e amministratori. Dopo essere stata guidata dalla figlia di Ferrero, Vanessa, coinvolta anche lei nell’inchiesta, la società è stata spostata da Roma ad Acquappesa, località marittima del Tirreno cosentino, ceduta al potentino Giovanni Fanelli e alla laziale Maria Antonietta Rocchi, già indagata per bancarotta insieme a Ferrero dalla procura di Roma per l’acquisto dei diritti del film “Bye bye Berlusconi” attraverso un’altra controllata, la Blu international.
Infine Blu cinematografica è stata messa in liquidazione e affidata al professionista di Torre Annunziata Aniello Del Gatto, anch’egli presente nell’elenco degli indagati dell’inchiesta calabrese. È probabile che i vari amministratori e soci fossero preoccupati di un’inchiesta in arrivo perché Blu è stata cancellata pochi mesi fa.
L’arresto di Ferrero non è una novità assoluta per i presidenti del calcio di serie A e, tutto sommato, potrebbe essere solo l’inizio di una vicenda articolata in altre puntate. Di sicuro non vanno sottovalutate le capacità di Ferrero nel dribblare gli avversari. Poco più di un anno fa, il presidente doriano è stato archiviato nell’inchiesta sulla distrazione di fondi relativi alla cessione del calciatore Obiang, trasferito al Watford allenato da Claudio Ranieri, recentemente anche sulla panchina del Doria.
Poco presente e, tutto sommato, poco interessato alle vicende della Lega di serie A, alle cui assemblee delegava spesso il suo vice, avvocato Antonio Romei, all’inizio del 2021 Ferrero ha finito per allontanare dalla società anche Romei.
Adesso per il club si apre una fase nuova e, chi sa, potrebbe tornare d’attualità l’interesse manifestato dalla cordata che fa capo a Gianluca Vialli. Ma potrebbe essere incauto considerare Ferrero fuori gioco. Viperetta ha mostrare di avere ben più di sette vite.
L’arresto di Massimo Ferrero e le sue dimissioni da amministratore dell’Uc Sampdoria segnano l’ennesimo colpo di scena di una vicenda fra le più incredibili dell’imprenditoria collegata al pallone.
È vero che il patron dei blucerchiati genovesi è stato portato nel carcere di San Vittore a Milano per eventi estranei al club su ordine della Procura di Paola (Cosenza). Ma nei suoi settant’anni di vita il romanissimo e romanista Viperetta, ex portatore di cestini negli studi di Cinecittà, ha messo insieme una lista di impicci societari nei più vari settori con danni relativamente esigui: nel cinema con la Blu che dovrebbe essere la causa scatenante dell’arresto e della competenza territoriale dei magistrati calabresi, nel trasporto aereo con la bancarotta Livingston (un anno e dieci mesi di condanna definitiva), nell’agroalimentare con la Farvem dell’ex moglie e forse nemica Laura Sini. Da ultimo è arrivato il trust Rosan, creato un anno fa per aggiungere un elemento nuovo alle scatole cinesi che controllano la Sampdoria.
La domanda che tutti si sono sempre fatti è: come è arrivato a guidare il club genovese? Nessuno ha mai capito fino in fondo per quali canali Ferrero abbia preso il controllo, sia pure a costo zero, della Samp che aveva messo a dura prova le finanze della famiglia Garrone (gruppo Erg) con 300 milioni di euro di perdite aggregate. Anche per questo si è continuato a dire, senza elementi di prova, che Edoardo Garrone continuasse a essere vicino al club, dietro le quinte o attraverso piccole quote societarie che non si sapeva bene a chi attribuire.
La popolarità del calcio ha fatto il resto. Ferrero è diventato un personaggio televisivo, abilissimo nell’interpretare la macchietta del popolano di Roma che ce l’ha fatta, forse un po’ ignorante ma “de core”. Nel frattempo, continuava a intrecciare affari ad ampio raggio, inclusi gli investimenti turistici che sono alla base del suo arresto del 6 dicembre.
Ferrero, che nei suoi uffici romani di via Cicerone esibiva i ritratti di Fidel Castro e del cardinale Crescenzio Sepe, ha potuto godere di appoggi importanti in Calabria, facilitati dal leader del Ccd Lorenzo Cesa e dal suo emissario locale Pino Galati, messo agli arresti nel 2018 a seguito dell’inchiesta Quinta bolgia di Nicola Gratteri e poi scagionato all’inizio del 2020.
Dal 2014 la Blu cinematografica ha seguito un pellegrinaggio inspiegabile di trasferimenti di sede, azionisti e amministratori. Dopo essere stata guidata dalla figlia di Ferrero, Vanessa, coinvolta anche lei nell’inchiesta, la società è stata spostata da Roma ad Acquappesa, località marittima del Tirreno cosentino, ceduta al potentino Giovanni Fanelli e alla laziale Maria Antonietta Rocchi, già indagata per bancarotta insieme a Ferrero dalla procura di Roma per l’acquisto dei diritti del film “Bye bye Berlusconi” attraverso un’altra controllata, la Blu international.
Infine Blu cinematografica è stata messa in liquidazione e affidata al professionista di Torre Annunziata Aniello Del Gatto, anch’egli presente nell’elenco degli indagati dell’inchiesta calabrese. È probabile che i vari amministratori e soci fossero preoccupati di un’inchiesta in arrivo perché Blu è stata cancellata pochi mesi fa.
L’arresto di Ferrero non è una novità assoluta per i presidenti del calcio di serie A e, tutto sommato, potrebbe essere solo l’inizio di una vicenda articolata in altre puntate. Di sicuro non vanno sottovalutate le capacità di Ferrero nel dribblare gli avversari. Poco più di un anno fa, il presidente doriano è stato archiviato nell’inchiesta sulla distrazione di fondi relativi alla cessione del calciatore Obiang, trasferito al Watford allenato da Claudio Ranieri, recentemente anche sulla panchina del Doria.
Poco presente e, tutto sommato, poco interessato alle vicende della Lega di serie A, alle cui assemblee delegava spesso il suo vice, avvocato Antonio Romei, all’inizio del 2021 Ferrero ha finito per allontanare dalla società anche Romei.
Adesso per il club si apre una fase nuova e, chi sa, potrebbe tornare d’attualità l’interesse manifestato dalla cordata che fa capo a Gianluca Vialli. Ma potrebbe essere incauto considerare Ferrero fuori gioco. Viperetta ha mostrare di avere ben più di sette vite.
Guai per Massimo Ferrero: indagato il presidente della Sampdoria. Emiliano Fittipaldi su L'Espresso l'1 luglio 2017. Gli inquirenti sospettano che abbia usato i conti correnti della squadra per le sue operazioni finanziarie. E per comprare casa alla fidanzata.
Ci sono tre verità. Quella vera, quella processuale, quella documentale, ma se le carte sono a posto, non ti fotte nessuno», diceva Massimo Ferrero nel 2011. Produttore cinematografico, presidente della Sampdoria e oggi tra i personaggi più famosi della serie A, qualche carta dovrà probabilmente mostrarla presto, perché la procura di Roma lo ha iscritto nel registro degli indagati.
Truffa, fatture false e autoriciclaggio: ecco il "sistema" Massimo Ferrero. Emiliano Fittipaldi su L'Espresso il 28 novembre 2018. L'Espresso nel 2017 aveva svelato la galassia di interessi dell'imprenditore romano. A cui oggi la Guardia di Finanza ha sequestrato i beni per 2,6 milioni di euro. I pm di Roma hanno indagato il patron della Sampdoria e altre cinque persone. La Guardia di Finanza ha sequestrato beni e disponibilità finanziarie per 2,6 milioni di euro. Gli inquirenti sospettano che abbia usato i conti correnti della squadra per le sue operazioni finanziarie. E per comprare casa alla fidanzata. Ecco l’inchiesta dell’Espresso che svelò, un anno fa, il “sistema” dell’imprenditore capitolino.
Ci sono tre verità. Quella vera, quella processuale, quella documentale, ma se le carte sono a posto, non ti fotte nessuno», diceva Massimo Ferrero nel 2011. Produttore cinematografico, presidente della Sampdoria e oggi tra i personaggi più famosi della serie A, qualche carta dovrà probabilmente mostrarla presto, perché la procura di Roma lo ha iscritto nel registro degli indagati. Non solo per alcuni reati tributari, come già era emerso a fine 2015, ma anche nell’ambito di un nuovo filone d’inchiesta che ipotizza crimini più gravi, come l’appropriazione indebita e il riciclaggio. Indagine in cui, oltre a Ferrero, sarebbero indagati a vario titolo anche altre persone a lui vicine, come la compagna Manuela Ramunni.
Il sospetto degli inquirenti, tutto ancora da dimostrare, è che attraverso un giro di bonifici tra vari conti correnti (privati e delle sue società) “l’iper-presidente”, come lui stesso si è definito, abbia usato i conti correnti della Sampdoria per comprare un appartamento alla fidanzata, per rimpinguare le casse di alcune imprese del settore dello spettacolo e del cinema controllate dallo stesso Ferrero e per “spostare” mezzo milione di euro dalla Samp alla compagnia aerea Livingstone, comprata da Ferrero nel 2009 e finita in bancarotta qualche anno fa con un buco da 40 milioni di euro.
Ferrero, zazzera bianca e lingua veloce, è uno che ha la pellaccia dura. «Più di sette vite», dice chi lo conosce e ammira. Quando era rinchiuso nel carcere minorile di Porta Portese guardie e compagni di riformatorio lo chiamavano, in effetti, “Er Gatto”. Il soprannome felino, però, sarà solo di passaggio. Perché oggi Ferrero è conosciuto da tutti come “Er Viperetta”. Un serpente velenoso. L’origine del nomignolo l’ha spiegata lui stesso: «Uscito dal riformatorio ero diventato aiuto segretario di produzione» scrive nella sua autobiografia, “Una vita al Massimo”. «Un pomeriggio in un teatro di posa mi ha fermato un costumista gay. Ha osato mettermi una mano al culo. L’ho insultato e gli ho dato anche una testata. Più lo menavo e più questo sembrava godere. “Bravo, sì, dai, mena, Dammene ancora! Vipera, vipera, picchiami Vipera!”, mi diceva. Ecco. Così sono diventato il Viperetta».
Testaccino doc, padre tranviere e madre dietro a un bancone al mercato di piazza Vittorio, fulminato giovanissimo sulla via di Cinecittà (prima comparsa, poi autista di vip come Gianni Morandi, infine produttore di registi famosi, Tinto Brass su tutti) dice spesso «sono nato povero, ma morirò ricco». Di affari Ferrero, nei suoi primi 66 anni, ne ha fatti tanti. Su qualcuno di questi, però, la procura di Roma vuole vederci chiaro. Se un anno fa Viperetta ha avuto un avviso di garanzia per conclusione indagini in merito ad alcuni reati tributari perché due società a lui riferibili (la Globalmedia srl e Mediaport Cinema srl) tra il 2009 e il 2011 avrebbe omesso di versare all’erario alcune ritenute entro i termini previsti dalla legge per una somma complessiva poco inferiore ai 2 milioni di euro, ora i magistrati hanno aperto un nuovo filone d’inchiesta. Partito da alcune segnalazioni della Uif, l’autorità antiriciclaggio della Banca d’Italia, e da analisi finanziarie del nucleo di polizia tributaria della Guardia di Finanza.
Andiamo con ordine. Le segnalazioni sono tre, e sono state trattate congiuntamente «in quanto l’operatività ivi delineata è riconducibile, a vario titolo, all’Unione Calcio Sampdoria spa, al suo presidente dottor Massimo Ferrero e ai nominativi a lui collegati», si legge in un’informativa della polizia giudiziaria. Il primo conto finito sotto i riflettori degli inquirenti è un conto privato intestato direttamente a Ferrero, sul quale può operare anche la sua segretaria Tiziana Pucci, che lavora sia per la Sampdoria sia per altre due società della galassia di Viperetta, la Eleven Finance (ex capogruppo della galassia Ferrero) e la Mediaport, il cui rappresentante legale è Giorgio Ferrero. Nipote del patron, membro del cda della Samp e, insieme alla figlia di Viperetta, Vanessa, titolare delle quote della holding che controlla tutto il gruppo del presidentissimo.
La Finanza ha scoperto che in dodici mesi, dal gennaio 2014 al gennaio 2015, varie società, tutte nell’orbita di Ferrero, hanno rimpinguato il conto con bonifici per 791 mila euro. La causale spiegherebbe i pagamenti, quasi tutti compensi per l’utilizzo del logo “Massimo Ferrero Cinemas”: in pratica le società di Ferrero pagano lo stesso Ferrero affinché possano usare il suo nome e cognome come logo delle sale cinematografiche (una sessantina, le più famose sono quelle del cinema Adriano a piazza Cavour a Roma) controllate sempre da Ferrero. Nel conto gli inquirenti hanno trovato anche una decina di versamenti in contanti per 52 mila euro, più alcuni versamenti (15 mila euro in un solo giorno) effettuati con il deposito di con una trentina di banconote da 500 euro. Ferrero avrebbe dichiarato alla banca che il denaro versato veniva da un altro istituto, e che l’operazione si «era resa necessaria per l’esigenza di avere immediata disponibilità per l’effettuazione di bonifici urgenti e per l’imminente addebito della carta di credito».
Se i primi sospetti della sezione riciclaggio della Finanza sono arrivati proprio per l’uso massiccio di banconote da 500 euro, gli altri dubbi sono dovuti ad alcuni assegni e bonifici che Ferrero ha effettuato a favore della sua compagna Manuela (anche lei dipendente di Mediaport e Eleven Finance): otto assegni per un totale di 350 mila euro staccati a fine 2014 a cui si aggiungono tre bonifici da 257 mila euro, con la causale “acconto prima casa”. L’informativa evidenzia come «elementi del sospetto» sarebbero «da individuarsi alla mancanza di riscontri sulla compravendita immobiliare», ma in realtà dal catasto risulta che la Ramunni abbia davvero comprato il 24 novembre 2014 un appartamento e un box auto a Firenze per 800 mila euro.
Possibile che i soldi per l’acquisto dell’appartamento siano arrivati, dopo giri contabili, dalla Sampdoria, come ipotizzano i magistrati? Carte alla mano sembra che il conto di Viperetta, dal quale sono usciti i bonifici a favore della Ramunni, sia stato in realtà rimpinguato esclusivamente dai compensi arrivati dalle sue società cinematografiche. I pm, però, hanno scoperto altre operazioni finanziarie, che dimostrerebbero come i rapporti tra Sampdoria e il resto della galassia Ferrero siano strettissimi. Forse troppo.
La seconda segnalazione riguarda infatti altri due bonifici, disposti dall’Unione Calcio Sampdoria spa a favore della Vici srl, la società proprietaria di alcune sale cinematografiche che “comprò” la Sampdoria dalla famiglia Garrone nel 2014 senza spendere nemmeno un euro. È il 18 giugno 2015, il totale dei bonifici è di 610 mila euro. Causale: “Lavori a Bogliasco”, la località dove si trova il centro sportivo in cui si allenano i giocatori oggi guidati da Marco Giampaolo. Ebbene, secondo la Finanza, non ci sarebbe «coerenza tra l’attività svolta con l’oggetto sociale della Vici srl, la cui attività prevalente è quella di fare “proiezioni cinematografiche”. Quello della Sampdoria è “esercizio attività sportive”. Inusuale, poi, l’ingente ammontare dell’operazione». Di più: il giorno dopo aver ricevuto il bonifico dalla Samp, la Vici srl ha emesso 10 assegni circolari per un valore di mezzo milione di euro a favore della Livingstone. La compagnia aerea finita in bancarotta a causa della quale Ferrero è finito sotto inchiesta davanti al tribunale di Busto Arsizio, patteggiando a febbraio 2016 un anno e dieci mesi di carcere. «Qui non è fallito nessuno, non c’è stato nessun crac, la Livingstone è stata messa in amministrazione controllata», chiosò il patron della Samp quando, qualche mese fa, la Figc gli comunicò che per colpa del patteggiamento era decaduto dalla carica di presidente della Sampdoria (ai fini esclusivamente sportivi). «Io resto l’iper-presidente. Un patteggiamento non è una condanna».
La scoperta del cadeau della Vici srl alla Livingstone, però, rischia ora di mettere Ferrero in guai più seri: gli inquirenti sospettano infatti che ci sia stato un trasferimento illecito di capitali dalla Sampdoria alla Livingstone, e che la Vici srl abbia fatto solo da schermo. Sospetti che aumentano se si analizzano i movimenti bancari della Samp: il 17 giugno 2015, il giorno prima che la squadra finanziasse direttamente e indirettamente le altre società di Viperetta, era infatti arrivato un bonifico estero dall’importo significativo. Causale: “West Ham - Obiang”.
Gli investigatori e la Uif sospettano che la provvista finita alla Livingstone possa essere stata creata anche attraverso la vendita del calciatore Pedro Obiang al West Ham, che Ferrero cedeva in quei giorni per 6,5 milioni di euro. Fossero confermate le supposizioni dei pm, i tifosi della Doria (già preoccupati per le cessioni importanti delle ultime stagioni, quest’anno rischiano di andarsene anche i campioncini Luis Muriel e Patrik Schick) non sarebbero molto contenti. Anche perché la Samp nel bilancio 2015, l’ultimo depositato alla Camera di Commercio, ha segnato un rosso di 1,4 milioni di euro. Che sarebbe stato assai più alto se gli ex proprietari della squadra, i petrolieri della famiglia Garrone, non avessero girato a Ferrero 7 milioni di euro di «indennizzi» a causa di alcune correzioni contabili al prezzo della vendita, avvenuta un anno prima.
C’è infine una terza segnalazione analizzata dagli uomini della finanza. Riguarda ancora un conto dell’Unione Calcio Sampdoria spa, sul quale sono stati registrati vari bonifici «a favore di società dello spettacolo e della cinematografia». Tutte, ça va sans dire, gestite da Ferrero e dai suoi parenti: si passa da un versamento da 122 mila euro per la Vici srl, a un altro per la Comunicazione e promozione srl da 11 mila euro, fino a un terzo da 79 mila euro per la Eleven Finance. «Si sospetta» spiega la Finanza «che le operazioni possano essere riconducibili al fenomeno delle frodi nella fatturazione».
«Sono nato povero e morirò ricco, non ho paura di nessuno, mando vaffanculo chiunque, anche se di cognome fa Berlusconi», spiegava in un’intervista a Malcom Pagani il mitologico Viperetta, raccontando la sua incredibile cavalcata, da ex autista di Gianni Morandi a presidente di una storica squadra ligure, passando per macellaio, fornaio, strillone, aiuto segretario e produttore di film. Di geni della pellicola come Brass e Bernardo Bertolucci.
«Non ho studiato, non frequento i salotti, non ho padrini o amici importanti. Ma dico una cosa: chi ruba a Ferrero, chi prova a fregarlo, deve morire», chiariva a tutti nel 2011. In realtà qualche amico importante, almeno oggi, ce l’ha: come il presidente della Lazio Claudio Lotito, l’ex direttore della Rai Mauro Masi oggi piazzato da Matteo Renzi in Consap, l’attore Ricky Tognazzi. Anche Edoardo Garrone ha deciso di puntare su Viperetta.
Il rampollo della famiglia proprietaria della Erg a giugno 2014 ha lasciato tutti di stucco quando ha annunciato di aver trovato un accordo per la vendita della squadra allo sconosciuto (almeno al grande pubblico) Ferrero. “Vendita” è una parola grossa: dopo aver perso nella Samp, come ha scritto su questo giornale Gianfrancesco Turano, 99 milioni di euro in 12 anni, i Garrone hanno di fatto regalato l’attività sportiva. Ferrero non solo non ha sganciato un euro, ma ha visto azzerati tutti i debiti con le banche (Edoardo e i suoi cugini hanno versato alle banche una sessantina di milioni, a mo’ di dote di cessione) e goduto di fideiussioni garantite (circa 35 milioni di euro) direttamente dai Garrone. Che, almeno fino al 2015, l’ultimo bilancio consolidato conosciuto, non hanno reciso il cordone ombelicale né con la Samp né con il nuovo proprietario.
Anche per questo sono tre anni che tifosi e addetti ai lavori cercano di rispondere alle stesse domande: perché l’algido e aristocratico Garrone ha scelto la sua nemesi, il vulcanico Viperetta, come patron della Doria? Perché garantiscono (o hanno garantito) ancora per lui? E Ferrero ce li ha i soldi per finanziare un’avventura complicata e costosa come è la serie A, o dietro la sua zazzera bianca e le sue corse sfrenate sotto la curva si nascondono ghost buyer più attrezzati? Di gossip e retroscena, a Genova e in Liguria, ne sono stati scritti tanti. Qualcuno ha ipotizzato che dietro la “Vipera” potesse stagliarsi l’ombra di Antonio Gozzi, un imprenditore di Chiavari chiamato “il Professore” con grandi investimenti nella siderurgia e enorme passione per il calcio (dal 2007 è il presidente della Virtus Entella).
Altri invece ipotizzano che la Sampdoria finirà presto o tardi nel carnet di Gabriele Volpi, un imprenditore che non ama la ribalta e che qualcuno considera tra gli uomini più ricchi d’Italia. Ex operaio meccanico ed ex giocatore di pallanuoto, Volpi ha fatto fortuna in Nigeria vendendo servizi alle multinazionali del petrolio, e oggi la sua Intels ha un giro d’affari pari a un miliardo e mezzo di dollari. Amico di Flavio Briatore, di Gianpiero Fiorani e, soprattutto, degli ex vertici politici nigeriani (come l’ex vice presidente Atiku Abubakar, che gli ha persino concesso la cittadinanza), ha comprato nel tempo prima la squadra di pallanuoto Pro Recco trasformandola in una macchina da guerra (sette scudetti consecutivi e 21 titoli finora) poi il La Spezia calcio. Ora in molti credono che punti alla Samp, di cui è da sempre tifosissimo.
«Basta con lo stillicidio delle notizie spazzatura, il bilancio della Samp è in ordine e io non vendo» disse Ferrero un anno fa parlando di calunnie mandate via stampa. «Qui c’è un mandante che vuole il male della Sampdoria, solo perché Ferrero non ha santi in paradiso. Forse da’ fastidio il mio lavoro onesto, ma vengano avanti che stavolta meno forte...». Se l’inchiesta della procura di Roma procede, Viperetta va dritto per la sua strada: di recente ha pensato di mettere qualche fiches sulla Ternana, s’è beccato 20 giorni di inibizione dalla giustizia sportiva perché, dopo un gol della Samp contro la Roma, si è messo a cavalcioni su una balaustra mimando gesti osceni, ha scritto una lettera aperta agli italiani per invitarli a votare Sì al referendum dello scorso dicembre. «Sì al cambiamento, sì alla vita» spiegava «Firmato Massimo Ferrero, un italiano orgoglioso».
Chi è Massimo Ferrero, patron della Samp. Il viperetta tra calcio, cinema e crac. È la nuova star tv della serie A, grazie a interviste sopra le righe e sparate e gaffe di ogni tipo. Ma, oltre alla "maschera", ecco chi è davvero il produttore arrivato alla guida della squadra di Genova senza pagare un euro. Gianfrancesco Turano su L'Espresso il 3 novembre 2014. Nel calcio si è subito trovato a suo agio. Il ritmo vertiginoso della serie A non poteva essere un problema per Massimo Ferrero, 63 anni. È una vita che il nuovo proprietario della Sampdoria fa esattamente lo stesso tipo di gioco con le sue aziende: cessioni, liquidazioni, passaggi di mano che coinvolgono familiari e amici, garanzie bancarie spostate da qui a là, niente bilanci consolidati per aumentare le possibilità di contropiede alle banche creditrici.
Chi è Massimo Ferrero, l’eclettico presidente della Sampdoria e produttore cinematografico. Nicolò Olia su News Mondo il 6 dicembre 2021.
Alla scoperta di Massimo Ferrero, il produttore cinematografico e presidente della Sampdoria. La carriera, gli amori e la vita privata.
Nato a Roma il 5 agosto 1951 sotto il segno del Leone, Massimo Giovanni Mario Luca Ferrero, meglio noto semplicemente come Massimo Ferrero, è uno degli imprenditori italiani più famosi. È un vero e proprio personaggio televisivo, autore di simpatici siparietti destinati a rimanere nella storia del calcio in tv. Figlio di un conducente di autobus e di una venditrice ambulante, il produttore cinematografico forgia il suo carattere a Testaccio, quartiere storico di Roma e della romanità. La sua ascesa è ricca di aneddoti e leggende e merita di essere letta tutta d’un fiato.
Terza dose Vaccino, a chi spetta prima e quanto dura.
La carriera di Massimo Ferrero: da comparsa a produttore cinematografico
La carriera di Massimo Ferrero inizia decisamente dal basso. Entra nel magico mondo del cinema come comparsa e come tuttofare. Il classico ragazzo disposto a portare i caffè per mettersi in luce.
Imparati i segreti del mestiere, il giovane Ferrero decide di mettersi in proprio fondando la Blu Cinematografica, una casa di produzione indipendente che gli porta più spese che guadagni.
La svolta arriva nel 2009, quando si assicura le sale di Cecchi Gori e si ritrova con un impero tra le mani. La Ferrero Cinemas diventa una delle realtà più importanti in Italia. Grazie all’inaspettata solidità economica, Ferrero decide di lanciarsi – da neofita – nel mondo del calcio.
Massimo Ferrero presidente della Sampdoria
Nel 2014 Massimo Ferrero diventa presidente della Sampdoria in una delle trattative più clamorose di tutta la storia del calcio mondiale. Stando a quanto riferito da La Gazzetta dello Sport, infatti, Ferrero si sarebbe assicurato la squadra a costo zero. Anzi, secondo la rosea il neo presidente sarebbe stato addirittura pagato da Garrone, ex patron della società.
“La prima cosa che faccio alla Samp è cambiare l’inno che fa schifo, non come quello della Magica che è una delle cose più belle di Roma”. Questo il controverso biglietto da visita di Ferrero. Va detto che le parole sono state riferite alla stampa romana e lui è un grande tifoso della Roma. Insomma, conoscendolo potrebbe aver calcato la mano.
Alla guida dei blu-cerchiati Massimo Ferrero è riuscito a riportare la luce dei riflettori sulla Genova calcistica. A volte con interviste decisamente sopra le righe, altre volte con risultati sportivi degni di nota.
Massimo Ferrero arrestato per reati societari e bancarotta
Il 6 dicembre 2021 Massimo Ferrero è stato arrestato dagli uomini della Guardia di Finanza per reati societari e bancarotta. Secondo quanto appreso, la Sampdoria non è coinvolta nell’inchiesta che ha portato all’arresto del Presidente.
Massimo Ferrero: i figli, gli amori e la vita privata
L’attuale compagna di Massimo Ferrero è Manuela Ramunni, madre di Rocco Contento e Oscar, gli ultimi due rampolli di casa Ferrero. Il corteggiamento da parte del futuro numero uno della Sampdoria non sarebbe stato propriamente… tradizionale. I due si sarebbero incontrati per la prima volta al matrimonio di Luca Argentero e Myriam Catania e la Ramunni avrebbe notato subito l’interessamento abbastanza palese di Massimo, uno senza peli sulla lingua. Non fu decisamente un colpo di fulmine. Lei provò a seminarlo nascondendosi tra la folla, lui avrebbe continuato a chiamarla per giorni e settimane. Alla fine avrebbe vinto lui.
Le notizie intorno alla vita privata di Massimo Ferrero sono frammentarie e talvolta incerte. Insomma, uno dei personaggi più eclettici della scena imprenditoriale italiana è avvolto da quell’alone di mistero che contribuisce a renderlo ancora più affascinante.
Le certezze iniziano dal matrimonio con Laura Sini, sposata però in seconde nozze. Prima di conoscere la ricca ereditiera, Ferrero è stato sposato con un’altra donna, Paola, della quale non si hanno molte informazioni. Dalla prima relazione Ferrero ha avuto due figli, Vanessa e Michela, mentre dall’amore con Laura Sini è nata Emma. Il matrimonio con la seconda moglie finisce in tribunale con lei che ha accusato lui di minacce e truffa e Massimo Ferrero che ha risposto con una denuncia per calunnia.
Il patrimonio di Massimo Ferrero
Dopo i primi passi fallimentari nel mondo del grande schermo, con la creazione del circuito Ferrero Cinemas l’imprenditore è riuscito a mettere in piedi un vero e proprio impero economico, consolidatosi dopo l’acquisizione della Sampdoria.
Sommando i compensi per gli incarichi ricoperti nel club blucerchiato, Ferrero dovrebbe intascare di stipendio un milione l’anno (euro più euro meno). Al suo patrimonio vanno però aggiunti gli introiti delle sue aziende che dovrebbero aggirarsi intorno ai dieci milioni di euro ogni anno.
Nel novembre del 2018 il presidente doriano si è trovato al centro di una vicenda giudiziaria. A Ferrero sono stati infatti sequestrati i beni per un valore complessivo di 2,6 milioni di euro per autoriciclaggio, appropriazione indebita e truffa. Tra le altre accuse, il numero uno della Sampdoria avrebbe sottratto alcuni milioni alle casse del proprio club per investirli in suoi affari privati
Non sarà uno dei presidenti più ricchi della nostra Serie A (è entrato nel mondo del calcio come penultimo nella speciale classifica) ma non si può dire che se la passi male.
Cinque curiosità su Massimo Ferrero
• Che Ferrero abbia un carattere esuberante, tutto “testaccino”, non è certo una novità. In pochi sanno che da piccolo ha scontato sei mesi in un carcere minorile per aver picchiato un poliziotto, padre della ragazza di cui Massimo era innamorato.
• Er Viperetta. Massimo Ferrero è conosciuto anche con questo suo soprannome dalle origini decisamente poco chiare. C’è chi giura che sia nato il suo carattere incontenibile, altri sono certi che gli sia stato affibbiato da un costumista omosessuale, malamente rifiutato da Ferrero.
• Tra le avventure imprenditoriali di Ferrero ricordiamo anche la gestione della Livingston, una compagnia aerea presto fallita e poi riportata in quota da Riccardo Toto.
• Massimo Ferrero… attore! Nel 1991 il futuro produttore cinematografico ha recitato in Ultrà, il noto film diretto da Ricky Tognazzi.
• Massimo Ferrero e Ilaria D’Amico! Nel corso delle sue prime interviste ai microfoni di Sky, il neo presidente della Sampdoria si è fatto conoscere per il suo amore folle per la nota conduttrice, alla quale ha anche dedicato una canzone.
La bancarotta di Ferrero: "Ferrari e yacht in affitto pagati dalle sue società". Nino Materi il 7 Dicembre 2021 su Il Giornale. Arrestato il presidente della Samp: lascia il club, non coinvolto. Il legale: trattato peggio di Riina. Sembra uno sketch di Crozza che fa la parodia di Massimo Ferrero, l'ormai ex presidente della Sampdoria dimessosi ieri dopo essere stato arrestato a Milano per «bancarotta e reati societari» (nulla hanno a che vedere con la gestione del club blucerchiato).
Ma qui, a differenza che nelle scenette del programma «Fratelli di Crozza», non c'è niente da ridere. La situazione è «grave» e pure «seria», tanto per usare l'aforisma di Ennio Flaiano in versione riveduta e corretta.
Lo scenario è quello classico dei crac finanziari: società che sono «scatole vuote», bilanci manipolati e documenti fatti sparire. Almeno secondo l'accusa.
Gli avvocati del 70enne imprenditore romano (quartiere Testaccio) hanno tentato di ammorbidire la situazione («Il nostro cliente non si trova...»; «Non sappiamo dov'è...»; «Non abbiamo sue notizie...»; «Non è stato arrestato...»; «Lo stanno trattando peggio di Totò Riina...»), ma alla fine si sono dovuti arrendere.
La Guardia di finanza è arrivata ieri di buon mattino in un hotel di Milano per «prelevare» il vulcanico imprenditore dalla verve inesauribile. Le Fiamme gialle hanno così eseguito l'ordine di custodia cautelare emesso dalla procura di Paola, nel Cosentino, nell'ambito di un'inchiesta che ha portato ai domiciliari 5 persone, tra cui Vanessa e Giorgio Ferrero, rispettivamente figlia e nipote dell'imprenditore. Perquisita anche l'abitazione romana di Ferrero, il quale si è subito tirato fuori dal club ligure al fine di «isolare ogni pretestuosa speculazione rispetto all'U.C. Sampdoria e al mondo del calcio».
Ma di cosa è accusato esattamente Ferrero?
Scrive il gip: «In esecuzione di un medesimo disegno criminoso Massimo Ferrero quale amministratore di fatto della società Ellemme Group Srl dal 7 dicembre 2010 al 23 dicembre 2013 in concorso con il liquidatore della società sottraevano/distruggevano in tutto o in parte con lo scopo di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto o di recare pregiudizio ai creditori, i libri o le altre scritture contabile, in modo da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio o del movimento degli affari». E poi: «In particolare il 13 febbraio 2014 veniva denunciato il furto di un'auto, un'Audi, all'interno della quale vi era custodita una borsa in pelle contenente, tra le altre, tutta la documentazione contabile».
Provano a dipanare la matassa i legali di Ferrero: «L'arresto è legato al fallimento di quattro società operanti nel settore alberghiero, turistico e cinematografico (Ellemme Group Srl; «Blu Cinematografica Srl»; «Blu line srl»; «Maestrale Srl») con sede in provincia di Cosenza e che furono dichiarate fallite anni fa». Fin qui i termini giudiziari della vicenda.
Quanto invece all'aspetto - diciamo così - procedurale dell'inchiesta, i difensori di Ferrero non risparmiano critiche alla procura cosentina: «Lo stanno trattando peggio di Totò Riina. Abbiamo fatto istanza al tribunale di Paola per chiedere che Ferrero possa essere trasferito a Roma per presenziare alla perquisizione e all'apertura di una cassaforte. L'avrebbero concesso a chiunque, ma a Ferrero no».
Nell'inchiesta riguardante il crac delle società «calabresi», vengono contestati agli indagati i reati di «bancarotta fraudolenta aggravata, false comunicazioni sociali e vari reati societari». Fra le accuse a Massimo Ferrero, c'è anche la «distrazione di oltre 200mila euro compiuto attraverso un contratto di leasing per una Ferrari».
«Ferrero e un altro indagato - si evidenzia nel capo di imputazione - cagionavano il fallimento della società Maestrale Srl in quanto dal 12.03.2009 al 14.03.2013, distraevano dal patrimonio sociale la somma complessiva di 201.434 euro. In particolare, la fallita stipulava contratto di leasing riferito all'autovettura marca Ferrari modello F430 Spider, pagando l'intero piano d'ammortamento di 246.434 euro ed alienandola successivamente alla società V Production Srl introitando soltanto 45mila euro. Pertanto veniva distratta la somma complessiva di 2.012.434 euro».
Ai due medesimi imputati viene inoltre contestato anche «il contratto di leasing per uno yacht, in presenza di un debito tributario di svariate centinaia di migliaia di euro». Tradotto: i conti non tornavano. E - per farli «tornare» - Ferrero avrebbe taroccato le cifre.
Ma lui è sereno: «Storie vecchie, chiarirò tutto». Nino Materi
Arrestato il presidente della Sampdoria Massimo Ferrero. Il legale: «Prelevato come l’ultimo dei delinquenti». La procura di Paola contesta al presidente della Sampdoria reati societari e bancarotta. La difesa chiarisce che l'arresto non ha nulla a che fare con il club della Sampdoria. Il Dubbio il 6 dicembre 2021. Il presidente della Sampdoria, Massimo Ferrero, è stato arrestato dalla Guardia di Finanza nell’ambito di un’inchiesta della procura di Paola, coordinata dal procuratore capo Pierpaolo Bruni, per reati societari e bancarotta. Secondo quanto si apprende, la squadra ligure non è coinvolta nelle indagini. Ferrero è stato trasferito in carcere, mentre per altre 5 persone sono stati disposti i domiciliari. Il club blucerchiato non dovrebbe essere interessato; l’operazione vede coinvolte altre cinque persone. Perquisizioni in varie regioni, tra cui Lombardia, Lazio, Campania, Basilicata e Calabria. Ferrero, al momento dell’arresto, si trovava a Milano. Nell’inchiesta coinvolti anche due familiari: il nipote Giorgio e la figlia Vanessa. L’arresto di Massimo Ferrero, presidente della Sampdoria, è legato al fallimento di alcune società con sede in Calabria. Lo ha confermato a LaPresse il legale, Giuseppina Tenga, che ha ribadito l’estraneità del club ligure nell’inchiesta della procura di Paola, nel cosentino, che ha portato ai domiciliari altre 5 persone, tra cui la figlia e il nipote. «Stamattina il presidente si trovava in un albergo a Milano – spiega il legale -, ma era necessario che venisse a Roma, perché a casa sua c’è la Guardia di Finanza per la perquisizione, e solo lui è in possesso della combinazione della cassaforte da perquisire. Ritengo fosse intelligente e giusto che Ferrero assistesse alla perquisizione a casa a piazza di Spagna. Probabilmente a qualsiasi altra persona glielo avrebbero permesso, a Massimo Ferrero no». «Lo hanno prelevato in albergo come fosse l’ultimo dei delinquenti – denuncia Tenga -, hanno perquisito anche casa della figlia e del nipote, hanno arrestato anche l’autista». «Io sto cercando da stamattina alle 7.30 di parlare con la guardia di finanza», aggiunge l’avvocato, chiarendo che «la cassaforte che deve essere perquisita la può aprire solo il presidente Ferrero».
Dagospia il 13 ottobre 2020. Da Un Giorno da Pecora. “Io sono l'uomo più penalizzato d'Italia, è la verità, lo dicono i fatti. Perché sono un esercente di cinema e faccio e calcio. E lo Stato non ha dato un euro di aiuto al calcio mentre i cinema praticamente sono chiusi”. Lo dice a Un Giorno da Pecora, su Rai Radio1, Massimo Ferrero, presidente della Sampdoria e dei Ferrero Cinema. Ma i cinema sono aperti. “Io a Roma ho 12 sale, al cinema Adriano ho aperto due sale ma la gente non ci viene, le due sale sono vuote, allo Stato non frega niente della cultura e allo sport”. A proposito di Roma, è apertissimo il toto-candidati per il nuovo sindaco. “Io sono romano di sette generazioni, conosco ogni sanpietrino di questa città”. Potrebbe candidarsi lei, allora. “Io sono un po' presuntuoso, faccio arte, sono un artista di strada. La politica non mi interessa molto ma se dovessi candidarmi, visto che tutti mi tirano dalla giacchetta...” Quindi le hanno chiesto di candidarsi a primo cittadino della Capitale? “Sì -ha detto a Rai Radio1 Ferrero -e lo avevano già fatto quattro anni fa”. Col c.destra o col c.sinistra? “Io vorrei fare una cosa serissima: andare da solo, con una bella lista civica”. Lista Ferrero? ”Certo, vota Ferrero per un voto sincero. Vinco a mani basse. Non sarei contro nessuno ma a favore della città in cui sono nato”, ha concluso il patron blucerchiato a Un Giorno da Pecora. Mille tifosi allo stadio? “E' una cosa che non ho mai capito, ci sono dei 'professoroni' che paragonano le discoteche agli stadi. Queste persone devono stare attente perché stiamo andando a rovinare lo sport più bello del mondo. Ma se allo stadio Olimpico, dove c'è una capienza di 70mila posti, ne metti 20 mila, nemmeno li vedi”. La pensa così Massimo Ferrero, presidente della Sampdoria, che oggi è intervenuto a Un Giorno da Pecora, su Rai Radio1. Lei quindi farebbe entrare un maggior numero di persone negli stadi. “Si. Ad esempio a Marassi lo stadio porta 45mila persone. Se ne fai entrare 15mila e le metti a distanza di due metri, non le vedi. Dobbiamo stare attenti, la mia idea è che dobbiamo riportare la gente allo stadio”.
Francesco Persili per “Dagospia” l'11 giugno 2025. «Da Obama ha mandato il fratello Raúl Castro ma quando a L’Avana sono arrivato io, mi ha accolto proprio lui, Fidel Castro in persona». Con Massimo Ferrero, produttore cinematografico e presidente della Sampdoria, anche la realtà sembra la sceneggiatura di un film. Del resto, il suo sogno è sempre stato quello di fare cinema. Erano gli anni Sessanta, a Roma si giravano 500 film l’anno e quel pischello del Testaccio già volava con la fantasia: «Scappavo di casa la mattina per andare a piedi a Cinecittà, mi nascondevo nelle ceste colme di abiti di scena, mi imbucavo in sartoria». In quel posto fiabesco in mezzo a vestiti e costumi potevi diventare «gladiatore o extraterrestre». O Massimo Ferrero, che è forse è una via di mezzo fra le due cose. Ciak, motore, azione. Il presidente della Sampdoria, per tutti “Viperetta”, si racconta in un libro (Una vita al Massimo, Rizzoli) scritto a quattro mani con il giornalista di Sky Sport Alessandro Alciato e presentato ieri sera alla libreria Feltrinelli di via Appia tra selfie, boutade su una possibile candidatura a sindaco di Roma e un karaoke non indimenticabile per Radio Rock sulle note di “Vita spericolata”, la canzone che meglio lo rappresenta. «Voglio una vita come quelle dei film», già. Comparsa a 12 anni in un film di Blasetti, adolescente innamorato di una ragazza, Rita, che poi avrebbe rifiutato la corte anche di Claudio Baglioni («La maglietta tanto stretta al punto che si immaginava tutto? Ha continuato a immaginarla»), autista senza patente di Gianni Morandi, assistente-factotum del regista Dino Risi che gli predisse un futuro da grande presidente («Della Samp? No, di una major americana»), Ferrero è un fantasista della vita: un’infinità di lavori dentro e fuori il mondo del cinema, un incontro stracult con Fidel Castro a Cuba (“Il Lider Maximo con il Massimo leader”) e una valanga di aneddoti, aforismi e ricordi, a partire dai casting di Tinto Brass col “gioco della monetina”, una tecnica del regista per valutare il fondoschiena delle sue attrici. «Massimo è un libro aperto: lui è come appare. Sincero, spontaneo, esuberante. Se penso a lui dal punto di vista cinematografico mi vengono in mente i personaggi della commedia all’italiana e di un certo neorealismo pasolian-cittiano ma anche Joe Pesci e l’epica di certi film di Scorsese», spiega a Dagospia l’amico regista Ricky Tognazzi, che lo ha diretto in “Ultrà”: «Lavorava come organizzatore di produzione, aveva un forte senso dello spettacolo: ad un certo punto è saltato fuori il personaggio di Grigione e io ho pensato: “facciamolo fare a Massimo”. Il film fu un enorme successo». Perché il pallone non si vede mai: le pellicole sul calcio, di solito, vanno male al cinema: «Mio padre fece “Ultimo minuto”, e anche lì il pallone non si vede mai. E’ difficile trasferire le emozioni del calcio sul grande schermo. Lo sport di squadra è meno funzionale alla narrazione rispetto allo sport individuale. Al cinema vanno benissimo la boxe e l’atletica», prosegue Ricky Tognazzi che ha diretto il film per la tv su Mennea. Con Ferrero si conoscono da quando erano ragazzi: «Io facevo l’assistente volontario in un film di Pupi Avati, lui lavorava con Giovanni Bertolucci. Si capiva che era un tipo piuttosto sveglio. Lui poi è diventato presidente, io neanche allenatore…» Ferrero non ha le scarpe bicolore «Grande Gatsby style» su cui tanto si è ricamato ma gli occhi «di fuoco» sono sempre quelli che avevano quasi convinto Fellini ad assegnargli una parte nel Satyricon. Come suo costume, si prende il centro del palcoscenico. Bacia alcune tifose blucerchiate, motteggia, salta da un microfono a un altro, non esclude il ritorno di Cassano e si dice pronto ad accogliere a braccia aperte anche Balotelli. Fantasie di cuoio, sogni di cinema. «Il calcio – spiega a Dagospia – è un po’ come un film. Non dura per sempre, una volta finito di girare, tutti a casa. Invece Mihajlovic è andato al Milan». Si sente tradito? Il tecnico si è comportato un po’ da primadonna? «Non scherziamo, Mihajlovic è un gran maschio e si è comportato da uomo ambizioso. Merita un grande club». Viperetta parla anche degli altri presidenti di serie A: “Il più simpatico? Lotito. Per me è difficile capirlo solo quando parla in latino. Mi dispiace che sia stato indagato ma bisogna leggere le carte. Non mi piacciono i processi mediatici». Andrea Agnelli? «E’ uno serio, sarà simpatico in privato, in pubblico è molto istituzionale». Ferrero non rinuncia all’idea del nuovo stadio: riuscirà a costruirlo prima lei o Pallotta? «Mi auguro che lo facciamo insieme. Sono romano de’ Roma, se il progetto del nuovo stadio giallorosso va avanti, sarei molto felice per tutti i lupacchiotti...». A Berlusconi cosa sente di dire su Mihajlovic? «E’ l’ultima persona a cui potrei dare un consiglio. Meglio se me ne dà qualcuno lui a me..». L’uomo delle stelle non si ferma mai, si concede all’abbraccio dei fan e poi si attacca al telefono. Il calcio-mercato incombe. Trattative, idee, la suggestione Balotelli. In fondo anche il mercato sembra la sceneggiatura di un film. Ciak, si sogna.
Estratto dal libro di Massimo Ferrero con Alessandro Alciato, "Una vita al massimo", Rizzoli. La mia storia nel cinema è iniziata cosi, da aiuto segretario di produzione, un attimo dopo aver messo sotto chiave Spaccesi. Prendevo centoventimila lire a settimana e, la prima settimana che mi hanno pagato, ho comprato subito pannolini e vestitini per Vanessa. Sulla patente temporanea che mi aveva concesso il prefetto mancava la marca da bollo, ho risolto anche quel problema. Costava mille lire e io finalmente mille lire ce le avevo. Me ne sono addirittura avanzate trentamila. Con la seconda paga settimanale ho messo a posto gli affitti e con la terza le bollette, il resto l'ho messo via. Oltre al nuovo lavoro, in quel periodo m'hanno ammollato un altro soprannome. Non più "Er Gatto" come nel carcere giovanile, bensì "Viperetta". È successo tutto un pomeriggio, durante una pausa, in un teatro di posa, quando mi ha fermato un costumista: «Ehi tu, lo sai che qui parlano tutti bene di te?». Con grande spavalderia gli ho risposto: «Sì, lo so». «E ti piacerebbe allora fare un film con Pasolini?» Una bella domanda, ma mentre la faceva mi ha piazzato una mano sul culo. Mamma mia, non ero mica pronto a una cosa del genere. Oggi sappiamo che quel costumista va definito gay, oppure omosessuale, però all'epoca pensavo che uno a cui non piacevano le donne dovesse essere affetto da qualche strana patologia, che avesse una malattia rara, perché io sono cresciuto che li chiamavamo froci. Non c'avevo niente contro quelle persone Iì, però evitavo di incontrarle. E ha osato mettermi una mano al culo! E mentre lo faceva, mi ha detto: «Il cinema è fatto anche di lenzuola ... ». L'ho insultato, gli ho detto tante cose brutte, gli ho dato anche una testata: «A frocio, ricordati che a me, le lenzuola, me le rimbocca solo mi' madre». È caduto in terra, mi sono spaventato e quindi mi sono bloccato un attimo, perché ho avuto un flash come quando a prenderle ero io dentro al carcere minorile. Qualche secondo più tardi ho ricominciato. Più lo menavo e più questo sembrava godere: «Bravo, sì, dai, mena. Dammene ancora. Vipera ... Oh sl, sei una vipera ... ». Dopo mi hanno spiegato che c'è gente che si eccita quando la gonfi de botte, e uno di questi pervertiti l'ho incontrato io.
«Ancora, sì, riempimi di botte. Vipera ... Vipera ... »
«Ma la vuoi smettere?»
«lo la posso smettere, ma tu no, vai avanti, ancora, sempre di più. Picchiami. Vipera ... Vipera...»
«Basta.»
«Bravo, vipera. Vipera ... »
«Ma vattene affanculo» e me ne sono andato, perché ho pensato che la violenza nun paga, e ho promesso a me stesso e a Di Casimiro che non avrei più usato violenza contro nessuno, manco contro quelli che mentre ero in motorino mi facevano le corna dalla macchina.
Qualcuno mi ha sgridato: «Cos'hai combinato? Quello era uno dei costumisti più bravi».
«Ma chissenefrega, è un poveretto.»
«Però non ci si comporta così. Vipera ... Vipera»
Mi prendevano per il culo anche loro: non nel vero senso della parola, al contrario del costumista che ci aveva pensato seriamente. Ormai ero il Viperetta.
Almeno da lì, non mi hanno mandato via. Anzi, Agostino Pane ha iniziato a occuparsi di un altro film, e poi di un altro ancora, e mi ha portato sempre con sé. Ero sveglio, non mi scappava niente. Bravo, veloce, molto attento. Una produzione tirava l'altra e io facevo carriera, come se fossi stato un militare. Scalavo le posizioni. La linea gerarchica è facile da spiegare. Il produttore finanzia il film e sotto di sé, durante le riprese di una pellicola importante, ha altre figure.
L'organizzatore: solo lui può parlare con il produttore, ma collabora anche con il regista e insieme a lui prepara la scena.
Il direttore: rende conto all'organizzatore.
L'ispettore e il segretario: loro sono fondamentali affinché la macchina produttiva non si fermi, perché ogni volta che si inceppa sono soldoni che partono. Il cinema è come una catena di montaggio della Fiat, se si blocca un pezzo non si finisce l'auto.
Nella mia carriera mi sono occupato direttamente di centoquaranta film: venti da segretario, venti da ispettore, quaranta da organizzatore e il resto da produttore, cioè investendo direttamente.
Nello specifico il segretario istruisce gli attori sugli orari di lavoro, pianifica gli spostamenti delle macchine che li devono andare a prendere, organizza viaggi e pasti, comunica l'ordine del giorno all'intera troupe. L'ispettore controlla il segretario, o meglio verifica che quanto detto dal segretario si trasformi in realtà, che le parole diventino fatti.
Massimo Ferrero in riformatorio a 14 anni, ciò che non sapete: il precedente che gli ha stravolto la vita. Francesco Specchia su Libero Quotidiano l'8 dicembre 2021. Era da quando aveva 14 anni che Massimo Ferrero detto Er Viperetta non osservava il mondo dalla finestra a scacchi, sfumacchiando sigarette di contrabbando. L’ultima volta aveva disertato la scuola, già mal frequentata di suo, fu a causa d'una cinquina («'sta mano po' esse piuma e po' esser fero», per dirla alla Carlo Verdone) mollata a un pizzardone padre non consenziente d'una sua aspirante fidanzatina. Lo arrestarono dopo un furioso inseguimento per tutta Roma, e solo quando al motorino finì la benzina. Oggi qualcuno azzarda, considerandone la picaresca esistenza - un po' Victor Hugo un po' Jean Gabin, un po' Harry Potter - che l'arresto di Ferrero per il crac finanziario di ben quattro sue società, sia, in realtà, montato ad arte per aggiungere un'altra pagina di sceneggiatura al film della sua vita. Può starci.
GAVETTA DI FERRO
Phisique da Accattone pasoliniano, barba bucaniera, parlata alla glicia che odora di guanciale e pecorino, Ferrero potrebbe apparire come il protagonista di una delle sue pellicole di successo, da Mery per sempre a Mani di velluto, da Ragazzi fuori agli eroticoni di Tinto Brass. A San Vittore, in queste ore, il presidente della Samp, l'uomo che acquistò 60 sale cinematografiche dalla bancarotta di Cecchi Gori pagandole un piatto di ceci, che risanò la squadra genovese (ma senza esserne risanato né riamato), che «non ho paura di nessuno e mando a fanculo chiunque»; be', ora starà rimuginando per fornire ulteriore materiale alla caricatura fattagli da Maurizio Crozza in tv. Romano del Testaccio, classe 51, figlio di una venditrice ambulante e di un tramviere, nipote di una soubrette dell'Ambra Jovinelli, Ferrero vanta una gavetta straordinaria. La sua interpretazione è appunto, quella del romano buzzico, ruvido ma "de core". Ferrero, nella vita fa il «macellaretto», porta la carne nelle case montandola sulla bicicletta rubata a un amico; tenta di proporsi come ballerino, prima nei locali di tip tap di via Veneto e poi nel corpo di danza di Rita Pavone; s' infila nel mondo del cinema in ogni ruolo: latore di cestini del pranzo di Cinecittà, comparsa, portatore di caffè, direttore di produzione, produttore. Il soprannome "Viperetta" pare sia un affettuoso omaggio di Monica Vitti, ma ne dubitiamo fortemente. Sfugge, dell'irresistibile ascesa del businessman, qualche passaggio. Qualcuno nota che le sue fortune finanziarie coincidono col matrimonio coll'imprenditrice casearia Laura Sini. Qualcun'altro sospetta, nell'intreccio di cartelle esattoriale e contenziosi, che Ferrero, avesse alle spalle imprenditori più classici (come Garrone, ex patron della Samp da lui acquistata a prezzo irrisorio). Ma, insomma, è lì che s' allungano le ombre sulla presenza costante di Ferrero, un Ricucci più funambolico, nei palazzi del potere. Si registra, infatti, un furioso andirivieni dagli uffici romani di via Cicerone, da dove pare spiccassero in bella mostra i ritratti di Fidel Castro e del Cardinal Sepe. Specie al settimo piano di viale Mazzini, in Rai, dove i suoi servigi sono assai apprezzati. C'era già, allora, qualcosa che non tornava. Ricordo che, compulsando le carte di certi suoi contratti, s' avvertiva qualcosa di stonato a cui s' accompagnava il simpatico refrain «Ahò, occhio, chi tocca er Viperetta more...». Che non era esattamente un pungolo ad approfondire un'inchiesta, diciamo. Fatto sta che dal 2014 la sua Blu cinematografica divenne oggetto di una giostra inspiegabile di trasferimenti di sede, azionisti e amministratori. Dopo essere stata guidata dalla figlia di Ferrero, Vanessa, anche lei arrestata (Ferrero ha altri tre figli da mogli diverse), la società venne spostata da Roma ad Acquappesa, nel Tirreno cosentino, ceduta al potentino Giovanni Fanelli e alla laziale Maria Antonietta Rocchi, già indagata per bancarotta insieme a Ferrero dalla procura di Roma per l'acquisto dei diritti del film Bye bye Berlusconi attraverso un'altra controllata, la Blu International. La Blu, in seguito è finita in liquida zione poco prima che lo stesso liquidatore, Aniello Del Gatto, finisse nell'inchiesta della Procura calabrese di Pao la che oggirimette Ferrero in cella. Fer rero ha dalla sua una simpatia esplosi va. Ma, come mi diceva un amico della Finanza, io non ho mai visto un banca rottiere antipatico.
UN MULTITASKING
A ben vedere, Viperetta ha prodotto devastazioni in vari settori merceologici. Nel cinema con la Blu, certo; ma pure nel trasporto aereo con la bancarotta della compagnia aerea Living ston in un'avventura spericolata che si chiuse con una condanna definitiva di un anno e dieci mesi; e nell'agroalimentare con la Farvem assieme all'ex moglie; e nella creazione, un anno fa, del trust Rosan, giusto per aggiungere un elemento nuovo alle scatole cinesi dentro la Sampdoria. Per non dire della condanna a 4 mesi di reclusione per un abuso edilizio riferito ad un immobile acquistato al Parioli. O alle accuse per il caso Obiang, il calciatore la cui vendita fruttò a Ferrero oltre un milione pare distratto «in modo illecito e per fini privati». Una personcina. L'unica cosa certa del suo copione è che, appena se ne scrive la parola "fine", Viperetta riesce sempre, non si sa come, a pas sare al copione successivo...
Massimo Ferrero, "perché era a Milano con Dejan Stankovic": clamoroso retroscena sull'arresto. Libero Quotidiano il 07 dicembre 2021. Sul caso di Massimo Ferrero, arrestato per bancarotta fraudolenta nell'ambito di un’inchiesta calabrese che ha colpito anche gran parte della sua famiglia, ora piove la clamorosa testimonianza della sua avvocatessa, Giuseppina Tenga. Interpellata da Radio Punto Nuovo, infatti, la legale ha spiegato: "Non mi intendo di calcio ma so che il presidente stava trattando con Dejan Stankovic per farlo diventare il nuovo allenatore della Sampdoria. Ecco perché al momento dell'arresto si trovava a Milano". Così quando le hanno chiesto come mai Ferrero - che ha subito lasciato la presidenza del club blucerchiato - al momento dell'arresto eseguito dalla Guarda di Finanza si trovasse nel capoluogo meneghino. Insomma, si scopre che la panchina di Roberto D'Aversa, mister della Samp, dopo il ko a Marassi per 3-1 contro la Lazio, era decisamente a rischio. E nonostante le dimissioni di Ferrero, il mister sarebbe davvero appeso a un filo: venerdì sera lo attende il derby della Lanterna contro il Genoa. In caso di risultato negativo, assicura Sport Mediaset, le strade dell'allenatore e del Grifone si separeranno. Nel giorno dell'arresto, era sempre stato l'avvocato Tenga a denunciare le modalità, ritenute poco consone, con cui Ferrero era stato catturato: "È stato prelevato come un delinquente. Stamattina il presidente si trovava in un albergo a Milano, ma era necessario che venisse a Roma, perché a casa sua c'è la Guardia di Finanza per la perquisizione, e solo lui è in possesso della combinazione della cassaforte da perquisire. Ritengo fosse intelligente e giusto che Ferrero assistesse alla perquisizione a casa a piazza di Spagna. Probabilmente a qualsiasi altra persona glielo avrebbero permesso, a Massimo Ferrero no", aveva dichiarato a caldo.
Da sportmediaset.mediaset.it il 7 dicembre 2021. Pietro Vierchowod, ex stella della Samp, non usa giri di parole per attaccare l'ex presidente blucerchiato Massimo Ferrero arrestato per reati societari e bancarotta. "Nessun dispiacere, anzi, almeno la Sampdoria si è liberata - ha dichiarato l'ex difensore -. Dovevano chiuderla anche prima questa faccenda". "Adesso spero che la Samp riesca a tornare una squadra vera e una società seria", ha aggiunto Vierchowod. Parole durissime, che attaccano Ferrero non solo in prima persona, ma anche il suo modo di gestire il club, le dinamiche societarie e i rapporti con i tifosi e tutto il mondo del calcio che ruota attorno alla Samp. "Cattiva gestione? Non è una questione di gestione, ma di come ti proponi alla gente", ha aggiunto Vierchowod. Poi il "tackle" finale dell'ex difensore roccioso della Samp e della Nazionale: "A me non è mai piaciuto. La società era a sua immagine e somiglianza. Alla fine è una bella notizia".
Marco Callai per "il Messaggero" il 7 dicembre 2021. L'arresto di Massimo Ferrero per reati societari e bancarotta apre nuovi scenari per il futuro della Sampdoria. La reggenza societaria, con le dimissioni dell'ormai ex presidente, passa provvisoriamente al direttore operativo Alberto Bosco ma il prossimo consiglio d'amministrazione sarà chiamato a sciogliere nodi importanti.
IL BILANCIO Una nuova governance per navigare in acque certamente non tranquille. Economicamente, un bilancio di primo semestre 2021 chiuso con un passivo di oltre 20 milioni di euro. Numeri significativi che si spiegano con i minori ricavi e le mancate plusvalenze. Cifre collegate alla chiusura del bilancio al 31 dicembre 2020 con una perdita di 14,7 milioni di euro, coperta con le riserve del patrimonio netto. L'anno del Covid-19 e dei suoi pesanti influssi sulle casse societarie di tutta la serie A ma anche l'anno in cui la Sampdoria usufruisce, insieme ad altri 5 club, dello slittamento al primo dicembre sancito dalla Figc per il pagamento degli stipendi arretrati e, quindi, per evitare penalizzazioni in classifica. Tutti aspetti che giocoforza finiranno sotto la lente di ingrandimento di chi prenderà in mano le redini societarie dentro l'attuale cda in attesa che possano aprirsi strade nuove per un eventuale passaggio di proprietà. Nuove ipotesi di trattative per la vendita della Sampdoria sono state, nelle ultime settimane, collegate ai concordati di Eleven Finance e Farvem, società del gruppo Ferrero, presso il tribunale fallimentare di Roma. Dal ritorno di Gianluca Vialli con il magnate Dinan del fondo York Capital, due anni dopo il closing mancato per l'elevata distanza tra domanda e offerta, all'imprenditore Gabriele Volpi, patron della Pro Recco Pallanuoto. Nomi da sogno per i tifosi della Sampdoria. Dalla società alla squadra, chiamata a preparare la partita più attesa dell'anno nella settimana più difficile. Il derby di venerdì sera, con D'Aversa nuovamente sulla graticola dopo 2 sconfitte consecutive e la zona retrocessione a pochi passi, può essere il crocevia sportivo. Per quello societario, invece, ci vorrà più tempo.
Filippo Grimaldi per gazzetta.it il 7 dicembre 2021. Nell’ampia documentazione in possesso dei magistrati che indagano sulla bancarotta di Massimo Ferrero, ci sono anche alcune intercettazioni rivelate oggi dal “Secolo XIX”, dove appare chiaro lo stupore di Gianluca Vidal, commercialista di fiducia dell’ex presidente blucerchiato e componente del CdA dimissionario della società blucerchiata, per alcune operazioni finanziarie portate avanti dallo stesso Ferrero. Lo stesso Vidal, peraltro, oggi è a capo del trust che ha in cassaforte la Sampdoria a garanzia dei creditori di Holding Max, ed è uno dei personaggi più autorevoli in campo per gestire questa delicatissima fase societaria del club di Corte Lambruschini. Dice lui, parlando di Ferrero: “Ho capito perché sta cercando di prendere i soldi dalla Sampdoria”, citando una telefonata di Vidal con un uomo legato al presidente, che deve trovare 250 mila euro per sanare alcuni fallimenti. “Lui ha duecento milioni di debiti”, ricorda preoccupato Vidal, che rivela pure l’idea del presidente di acquistare un costoso appartamento nella capitale: “Quando l’ho saputo, gli ho detto: ‘Massimo, mi fai quasi ridere, sei pieno di debiti. Non sai come ne uscirai e pensi a comprare?’”. Poi parlando del rifiuto netto di Ferrero medesimo a vendere la Sampdoria, ancora Vidal parla al telefono con la figlia Vanessa, oggi ai domiciliari nella stessa indagine: “Massimo va avanti a sogni. Ha un c… micidiale, è una persona veramente fortunata, ma il tribunale ha voluto la dichiarazione che noi mettiamo in vendita la Sampdoria”. Aggiungendo, poi che “se lui trovasse qualcuno che versa 33 milioni e li mette sul banco, lui salverebbe la Sampdoria. Potrebbe trovare qualcuno a cui vendere una quota importante, il 50% o una cosa del genere, forse potrebbe essere una soluzione per tenere capre e cavoli”. Anche la figlia, poi, reclama liquidità con il padre e allora Vidal ne parla con Ferrero. Il primo: “Chiede cinquantamila euro per…”. Il presidente: “Le diamo una piotta e fa tutto”. Vidal: “Fa tutto alla grande. No, non glieli diamo tutti assieme”. Ancora Ferrero: “Glieli diamo trenta e trenta”. Colloqui surreali. Ancora la figlia Vanessa, dialogando (senza sapere di essere intercettata) con il cugino Giorgio, pure lui indagato: “Non mi posso fare il problema per cento euro che ho speso da… per fare tre aperitivi…”. Una delle vicende più sconcertanti riguarda l’acquisto di una Ferrari che costa di listino quasi duecentomila euro. La stessa figlia di Ferrero chiama una società romana, che spiega a livello contabile la vicenda, evidentemente ingarbugliata. Vanessa: “Io ho visto in banca che c’era un circolare da 100, volevo sapere se c’è stata la vendita con un circolare, perché la Ferrari è stata sequestrata”. La risposta: “Centomila, poi abbiamo fatto un saldo stralcio a 48, quindi lì già c’è stata una sopravvenienza di cinquantamila…”. La storia della supercar e del leasing per uno yacht sono appunto fra le carte dell’indagine della Finanza.
Fabio Amendolara per "la Verità" il 7 dicembre 2021. «Ho comprato il pacchetto Farvem e c'erano 'sti soldi qua che allora li aveva fatti diventare liquidi dopo tutti i strilli che ho fatto io perché ho detto mi avete rubato i soldi e bla bla bla». Di telefonate che dimostrino come Massimo Ferrero curasse le sorti di tutte le società (non solo della Farvem) riconducibili alla sua galassia pur non ricoprendo alcuna carica riempiono 15 pagine dell'ordinanza d'arresto e mettono in luce le ultime peripezie da uomo d'affari diviso tra la curva blucerchiata e le produzioni cinematografiche. Il 5 febbraio è a telefono con il suo commercialista Gianluca Vidal e dà disposizione su come usare i soldi che transitano sulle varie società del gruppo Ferrero da vero «dominus», annotano gli investigatori. «Eh, gli diamo 'na piotta (100.000 euro) e fa tutto!». Sono soldi che gli chiede sua figlia Vanessa. Il commercialista è parzialmente d'accordo: «Fa tutto alla grande! No, non gliela diamo tutto assieme i ciccioli! Gli diamo 50 e 50». Massimo, però, nonostante si tratti della figlia, gioca subito al ribasso: «Gliene diamo 30! 30! e 30! Ci sono però già i soldi là, eh!». Vidal, però, gli ricorda: «Sì, lo so... però abbiamo anche l'obbligo con... con il transfer! Sto verificandoti tutto!». Il Viperetta lo stoppa: «Va beh ascolta! Quella cosa dei 50.000 euro da dare all'Arabia Saudita... l'hanno rifiutata eh! Sì hanno rifiutato l'offerta perché il giudice si è anche pentito di... che abbiamo pagato quelle altre cose...». L'operazione per far arrivare i soldi alla figlia, stando alle spiegazioni del commercialista, può essere fatta solo con la Ssh (Sport spettacolo holding, la società-cassaforte che il patron blucerchiato controlla attraverso il suo Rosan Trust), poiché è l'unica società che non ha l'obbigo di rendiconto e di controllo periodico. «Ci sono 50.000 euro che dovevamo dare alla Maestrale!», dice il Viperetta, «che stavano da parte... però adesso le hanno rifiutate! Per cui se c'è una risorsa da dare di là... ce l'abbiamo». Gli investigatori hanno scoperto che i fondi della Ssh sono disponibili perché un accordo transattivo che aveva coinvolto la fallita Maestrale srl era stato rifiutato. E quindi il Viperetta vuole usare quei soldi, peraltro provenienti da un finanziamento Sace (Cassa depositi e prestiti), per accontentare la figlia. Fondi che avrebbero fatto già una giravolta tra le società in area Ferrero: «Sono arrivati alla Ssh», annotano gli investigatori, «poi sono transitati in Hm srl per poi essere girati a chiusura degli accordi transattivi delle due società fallite Blu cinematografica srl e Blue line srl». Una conferma sulla gestione di Ferrero dei soldi del gruppo arriva anche da una telefonata con Andrea Diamanti, membro del Cda della Sampdoria: «Andre', mi fai sapere quando scadono i pagamenti, così vi mando i soldi? [...] perché credo che li mandano a Roma e poi mandano dalla Holding!». Poco dopo chiede ancora: «La Maestrale pure è chiusa? Perché volevo fa' un unico pagamento... così pagavo e mi levavo dal cazzo!». Ferrero, insomma, si atteggia ancora a manager. E conosce anche a fondo tutti i pasticci societari: «Lì Eagle (una delle creditrici, ndr) si è presa i soldi, non li ha rimessi in Farvem. Questo è un dato certo. L'hanno messi a Ellemme (società intestata alla figlia Vanessa, ndr), Eagle... e non li poteva mettere... non potevano fa'. Allora c'è la bancarotta distrattiva già in partenza, perché non puoi darmi a me 7 milioni, io ti pago un mutuo [...] e poi tu ci fai i cazzi tuoi...». Parola del Viperetta.
Fabrizio Roncone per il "Corriere della Sera" il 7 dicembre 2021. Si annunciò da lontano, con la sua risata cimiteriale. Un albergo a Castelfranco Veneto, tavolata di giornalisti e procuratori sportivi, una cena di qualche tempo fa. Ma guarda: è arrivato Viperetta. Lui: spettinato e allegro. Però anche sfacciato: «Me siedo solo pe' favve un favore». Elegante nella sua giacca blu di sartoria: «Tocca un po': sai questo come se chiama? Ca-che-mi-re. Nun te dico quanto costa, sinnò me svieni». Visionario: «Dopo aver fatto vince lo scudetto alla Samp, me compro la Roma e ve regalo la Champions». Chiede una bottiglia di Amarone, i camerieri - sussiegosi - portano anche un vassoio fumante di risotto al radicchio. «No, aspe': er vino è bbono, ma 'sto pappone ve lo magnate voi. Io ciò fame: se po' ave' 'na bella ajo e olio?» (urlando). Gli squilla il cellulare, come suoneria ha «Nessun dorma»: «So' chic d'animo, pure se so' nato a Testaccio», nel 1951, padre controllore sui bus, madre ambulante. Ma, al terzo bicchiere di rosso, Massimo Ferrero racconta della nonna, Antonietta Prosperini. «Santa donna. Faceva l'avanspettacolo all'Ambra Jovinelli, il Dna dell'attore è un dono suo. Da vecchia teneva tutti i soldi sotto er cuscino. Io lo sapevo, je davo un bacetto e intanto, ogni volta, me fregavo mille lire. Me ricordo l'ultima cosa che disse, sul letto de morte: Massimé, i sordi l'ho spostati nel cassetto». Un uomo cinico ai limiti della ferocia, arrogante - «Nun giro mai co' meno de 5 mila euro in tasca: e non dico fregnacce, eccoli» - ma anche capace di tenerezze inaudite. Racconta che, giovanissimo, dopo aver fatto la comparsa con Giuliano Gemma in qualche film a Cinecittà, finse di avere la patente per diventare l'autista dell'attore Silvio Spaccesi. «Sul set razziavo tutti i cestini: poi li portavo a casa e ci facevo cenare i miei tre fratelli». Piccoletto, tutto nervi, di pensiero furbo e velocissimo. Diventa direttore di produzione, poi produttore esecutivo. Un cameo nel film Camerieri , dove è Sem, il venditore di levrieri che schiaffeggia Diego Abatantuono. Prima di mettersi in proprio, lavora sui set di Mario Monicelli e Liliana Cavani, a lungo con Tinto Brass. «Serena Grandi, nei panni di Miranda, era strepitosa. Na' volta capito nel suo camerino e trovo lei tutta nuda, addosso solo na' vestajetta. Se volta, e me dice: "Vipere', che fai, guardi? Mortacci tua, je rispondo: nun solo guardo, vorrei pure tocca'. All'epoca però aveva una storia con Giovanni Bertolucci, e io so' all'antica, porto rispetto». Tre relazioni, una con matrimonio: si sposa con Laura Sini, ereditiera di un'azienda casearia del Viterbese. Sei figli in totale. Gli ultimi, avuti dalla truccatrice Manuela Ramunni, si chiamano Rocco Contento e Oscar. La più grande, Vanessa, è ai domiciliari. Le immagini dei tigì che danno la notizia dell'arresto per bancarotta si sovrappongono al ricordo di quella cena. Di Viperetta che sta prima nel ruolo di efferato affabulatore, e poi di presidente della Samp: «Garrone non me l'ha regalata. Me so' accollato 25 milioni de debiti, ne ho messi altri 15 per l'aumento di capitale, più altri spicci. In tutto fanno 50 pippi. Ma la felicità di poter considerare i tifosi blucerchiati come una nuova famiglia, non ha prezzo». I tifosi, in realtà, lo detestano da sempre. I tifosi hanno in testa un altro presidente: Gianluca Vialli (vediamo se adesso, chissà). In genere Viperetta commenta dicendo: «Nun me rompete li cojoni». Fare finta di niente, sghignazzare in faccia alla vita. Nel bene: come quando con un colpo di mano acquisisce le 60 sale (tra cui il gioiello romano dell'Adriano) di un altro meraviglioso caduto come Vittorio Cecchi Gori. E nel male: quando patteggia una condanna definitiva di un anno e 10 mesi per il fallimento - vizio antico - della compagnia aerea Livingston Energy Flight. Però quella cena. Che cena. Al cameriere che gli chiede: «Gradisce un superalcolico, presidente?». Lui risponde: «Presidente un cazzo». Il cameriere si allontana mortificato. E allora Viperetta gli urla dietro: «Ammazza, aho'! Ma qui in Veneto ve offendete facile, eh? Dai, torna qua, damme un bacetto...». E quello torna, mezzo contento, e si fa fare pure un autografo. Così Viperetta butta giù un paio di segnacci su un tovagliolo di carta e attacca a raccontare la solita gag - vera, falsa, forse solo verosimile - di quella volta che andò a Cuba per creare una casa di produzione cinematografica. Aveva fatto le cose in grande, dice. Una spedizione enorme: luci, carrelli, attrezzi, persino i ciak. «Poi arriva il giorno dell'inaugurazione e io me porto du' fotografi. Così, appena vedo Fidel Castro, me fiondo e gli afferro la mano pe' famme immortala'. Solo che, appena me volto, i fotografi nun ce stanno più. Allora me metto a grida': aho', a stronzi, 'ndo state? E Fidel che me tirava dicendo: Mollame la manos, por favor, molla te dicos...». Una cena memorabile. Stiamo per alzarci, è notte fonda, ma uno chiede: «Presidente, un'ultima cosa: davvero fu Monica Vitti a darle il soprannome di Viperetta?». Lui allora diventa improvvisamente serio. «No. La storia è diversa: ero pischello, e a Cinecittà, una sera, un costumista omosessuale mi si avvicina e mi sussurra all'orecchio: lo sai che il cinema è fatto di lenzuola? Allora io je dico che le lenzuola me le rimbocca solo mia madre... Ma mentre gli sto sopra, e con una mano lo tengo fermo, e con l'altra lo prendo a pizze, quello ridacchia e mi urla: sei una Viperetta, ecco quello che sei! Eh... Lo so da solo: questa nun fa tanto ride».
Carlo Macrì per il "Corriere della Sera" il 7 dicembre 2021. «Un deus ex machina il cui disegno criminale era l'ambizione di soddisfare le sue esigenze personali dando al patrimonio una destinazione diversa da quella di garanzia delle obbligazioni sociali, con conseguente danno per l'Erario e i creditori sociali». È l'immagine che il gip di Paola dà di Massimo Ferrero nelle 105 pagine dell'ordinanza che ha portato all'arresto del «Viperetta», per il quale è stato disposto il carcere. Uno spaccato che ha messo alla luce le modalità d'intervento di Ferrero, definito persona «spregiudicata, pervicace e scaltra». Come quando, il 23 dicembre 2013, nel tentativo di far sparire i libri contabili relativi al fallimento della Ellemme, convinceva il liquidatore della società a denunciare il furto di un'Audi SA8, all'interno della quale c'era una borsa con registri Iva, libro inventari, verbali d'assemblea e del Consiglio d'Amministrazione della Ellemme. Un suo ex dipendente della Eleven Finance, Dario Lemma, intercettato il 22 febbraio del 2021 mentre parlava con Vanessa Ferrero diceva: «Conosco bene i doppi giochi di Massimo». E la figlia: «...io mi potevo lega' tutti al c... perché praticamente stanno tutti alle dipendenze mie... sulla carta comando io!... non l'ho fatto perché sono troppo rispettosa e poi perché non mi è convenuto!... te sto a chiede' tutto quello che mi devi da' che non mi hai dato... cioè! lui un po' l'ha capito..., però non se credesse che co 'sti contentini che m' ha dato... cioè pagame la macchina... famme arriva' n'altra... e i mille euro! che m' ha sistemato?». Se da un lato, però, Massimo Ferrero cercava di frenare le richieste della figlia, quando c'era da acquistare beni di lusso non si faceva scrupoli, pur sapendo di non poterselo permettere. Il 24 luglio 2008, l'ex presidente doriano stipula un contratto di leasing per l'utilizzo dell'imbarcazione Azimut pur in presenza di un debito tributario di 497.628 euro e con ricavi dichiarati e registrati nel 2007 per 285.658. Ferrero si impegna a pagare per i primi due anni 600 mila euro di rate per la barca e addirittura 950.304 per i successivi otto. Ha manie di grandezza pur non avendo possibilità di spesa. Il 18 novembre 2020 il commercialista che cura gli aspetti economici delle varie società del gruppo parla con un certo Andrea Diamanti: «Ieri stavo a litigare con Massimo... perché mi dice... mo' c'ho da prendere 'sti soldi qua, perché con questi voglio ricomprarmi via Taramelli!... Ma sei scemo? Mi fa... non hai idea... è una cosa che vale... quando è messa a posto vale 4 milioni. Ma scusa Massimo mi fai quasi ridere! Hai 200 milioni di debiti! Non sai come ne uscirai e adesso pensi di uscirne in 'sta maniera?». Anche quando la situazione patrimoniale e finanziaria del gruppo Ferrero era gravata da inequivocabili segnali di difficoltà - come emerge dal bilancio del 2008, con debiti bancari complessivi per 7.038.287 euro - Ferrero ha sottoscritto un contratto di prelazione per l'acquisto di sale cinematografiche di proprietà di Vittorio Cecchi Gori investendo subito 58,5 milioni euro, impegnandosi a versare in futuro altri 19,5 milioni euro, senza averne la disponibilità. La procura di Paola in questi anni ha riletto ogni atto delle quattro società di Ferrero finite sott' inchiesta: Ellemme Group, Blu line srl, Blu cinematografica e Maestrale. La Ellemme addirittura è stata svuotata della contabilità e i finanzieri per ricostruire le sue vicende sono dovuti ricorrere alla banca dati della Guardia di Finanza.
Elisabetta Esposito per gazzetta.it il 7 dicembre 2021. Sono tanti gli aspetti sconcertanti dietro al caso Ferrero. Uno va oltre i soldi, la bancarotta e quel "progetto criminale" descritto nell'ordinanza di custodia cautelare secondo cui la detenzione del presidente della Samp è "l'unica misura idonea" visto pure il "concreto e gravissimo pericolo di commissione di delitti analoghi". Ad attirare l'attenzione è anche il modo in cui Vanessa Ferrero, figlia di Massimo e da ieri agli arresti domiciliari, parla del padre. Ecco alcuni passaggi delle intercettazioni effettuate nel corso delle indagini dalla Guardia di Finanza. Il 18 settembre 2020 parlando con un conoscente la donna fa riferimento a una discussione avuta con il padre: "Niente l’ho mandato affanc... de brutto, m’ha rotto il c..., (...), lui, la moglie e tutti sti falsoni di m..., me devono mette sotto i piedi (incomprensibile) mandato via dicendo glie fai i conti testa di c... l’unica figlia che non gli ha mai rotto il c..., fa a Sampdoria e perché quello str... gli ha firmato i fogli, hanno magnato tutto e io me de ritrovà così! A famme di... casa rinunciace oppure non magni (incomprensibile) che diresti a Marta... ma vaffanc... sto pezzo di m... m’ha rotto il c... non hai capito! Se pensa che solo lui è indagato, solo lui non dorme a notte... solo lui c’ha i ragazzini carini... che devono cresce... ai miei non gli ha mai comprato un cazzo... mai s’è preoccupato se mi magnavano... ma annassero affanc... non hanno capito con chi c’hanno a che fa... ma io devo avé i soldi miei... ma vaffanc... aho... l’avvocato s’è arricchito e quello s’è arricchito... gli anni titolare della c... di squadra mo ce stanno i problemi e hanno magnato tutti. L’ho presa a 100mila l’ho dati come acconto casa e mi ritrovo ch’e pezze ar c...? Ma annassero affanc... tutti io sto a chiede quello che mi spetta...ma annassero affanc... oh! Casa ho dato quattro sacchi de sacrificio, non magno, mo non c’ha na piotta da dammi per tenerli boni ... ma vaffanc... non ce credo... non ce credo no, sei stato in barca fino a ieri ... e vaffanc... oh! io non magno pe' pagarmela... ma chi te se ‘nc... oh... sempre a (incomprensibile) l’artri, l’artri, l’artri, ma chi s’inc... l’artri oh! (...) Poi io so scema, io non so gestì avemo preso il gruppo me so accollata 18 milioni de debiti aho, ma chi c.... lo fa a 35 anni oh! Chi c... lo fa! Solo sta cogliona e l’unica che si ritrova così...". E ancora, il 4 giugno 2021, al telefono con una conoscente: "Mi padre io non vedo l’ora di sputarglie in faccia... e mannallo a fanc... pure lui... i sordi... glie do’ n’ c... e foco ai capelli.... no? cioè me venisse a chiede!! in piena.... (incomprensibile) ...ti giuro non ce la faccio più!! cioè invece de dire amore scusa che ti ho messo in questa situazione di m... (incomprensibile) a pagà la galera quando i problemi so miei e non tuoi! Perdonami figlia diletta!! Così dovrebbe comportasse, hai capito? Cosa ti serve? Mangiare? L’università? Bere? No! Che non c’ho manco i soldi per la spesa!". E ancora: "Pure mi padre che... se lui c’ha l’Alzheimer... o un principio di schizofrenia... e nella mente si è convinto che tutti i problemi che c’ha è colpa mia... è un problema suo non mio!! Io non ho fatto una cosa delle 16 denunce penali che c’ho!! Una!! Una!! (...) Glielo devo di... non ce sta con la testa!! Sta fuori de testa!! a me non me ne frega un c... io me voglio levà da sto ginepraio!! Io me voglio levà!! Io voglio lavorare... farmi i c... miei... devono mori!! Capito? Che sto così per loro!".
Jacopo Iacoboni per "la Stampa" il 7 dicembre 2021. Il problema è che, lui per primo, non ha mai seguito il motto che ripeteva sempre: «Vola basso e schiva il sasso». Ha volato troppo alto e ha pigliato il sasso in faccia. «Lo stanno trattando peggio di Totò Riina», lamenta il suo avvocato, e certo Massimo Ferrero non è Totò Riina. In carcere (minorile) però c'era già stato, adolescente irregolare, romano di Testaccio, pokerista e uomo di azzardi, un incrocio tra accuse degne dei furbetti del quartierino e un personaggio che non avrebbe sfigurato in Febbre da cavallo. Quando finì dentro da ragazzino s' era innamorato della figlia di un vigile, il quale non gradiva, un giorno Ferrero lo incontrò in piazza e gli diede uno schiaffone facendogli cadere il berretto. Furbo ma non furbissimo: dietro il pizzardone c'era una volante della polizia e Ferrero finì al gabbio. «Lo chiamavano riformatorio, ma in realtà era un carcere vero e proprio». «Mamma Anita mi portava le sigarette in carcere. Mi diceva "a Massimì devi comincià, sei grande! "E io: "A ma' ma io non fumo!". E lei: "Zitto e fuma!"». Eterno ritorno. Il padre era autista di autobus. La madre aveva un banco al mercato di piazza Vittorio all'Esquilino. Lui da Testaccio scappava lontanissimo, fin giù a Cinecittà, alla fine della Tuscolana, e non si sa letteralmente cosa facesse per giornate intere. Le prime comparsate, ma pure al carcere, appunto. «Erano tempi liberi e insieme complicati. Chi aveva problemi, andava a rubare i portafogli sugli autobus, annavano a fa' er quajo, come si diceva». Ferrero faceva letteratura di questo suo passato dal riformatorio alla casa in piazza di Spagna, tipo che fosse amico di Giuliano Gemma, con cui scoprì Cinecittà. O i vari racconti sul suo soprannome, er viperetta. «All'inizio ero Er Gatto de Testaccio, un gattaccio di strada, ovviamente, non un aristogatto». Fece girare che il nome er viperetta gliel'avesse dato Monica Vitti quando lui la difese da un molestatore. Poi però lui stesso aveva anche raccontato una storia diversa, il nome gliel'appioppò un costumista gay di Cinecittà che gli diede della vipera quando lui rifiutò con forza certe avances, in un film che voleva essere pasoliniano: «Uno mi toccò il fondoschiena. Al Gatto di Testaccio non si poteva fare. Gli detti una capocciata. E lui a terra gridava: "Sei una vipera, sei una vipera!"». Verità o mitomania? Il problema è che con Ferrero le dimensioni realtà e cinema si sono a tal punto confuse da creare qualche leggerissimo problema di affidabilità anche nelle sue imprese, le cui accuse di bancarotta, che riceve adesso per il fallimento di quattro società in Calabria, paiono più che una nemesi un destino, a prescindere da come poi andranno i processi. «Io sono nato e cresciuto a Cinecittà dove la realtà e la fantasia si sono sempre fuse», dirà lui. Illuminante. Verità e bugie. Ex giocatore di poker da bische romane, anche come imprenditore ha sempre cavalcato tra l'immagine autoalimentata del self made man de noantri, e lo spregiudicato raider di provincia, mai amato dai tifosi della Sampdoria, che aveva rilevato sette anni fa con 15 milioni di debiti dal petroliere Garrone e, a pensarci, non è neanche andata così male come altre sue libere intraprese. Solo che Ferrero rifiutò di venderla a una cordata guidata da Gianluca Vialli, e non è che la cosa sia stata presa bene dalla curva doriana. Pochi giorni fa, Ferrero ha ammesso che sta per gettare la spugna: «Dopo anni di attacchi calunniosi, e critiche pesanti, che io ritengo ingiustificate, comincio a essere stanco. Non della società, di fare il presidente. Ma della cattiveria nei miei confronti. Acquirenti all'orizzonte? Magari. Non ce ne sono. Fatemeli conoscere. Presentatemeli». L'amore quasi estetico per le belle donne potrebbe riempire pagine, senza però liberarsi mai da quel tragico complesso dell'infanzia povera, l'idea che chi non era come lui era un pariolino (come disse in tv a Panatta) e invece «per incontrare le donne dovevi vivere in un'altra dimensione, borghesia, banche, avvocati, notai. O figli di papà. A noi povera gente non restava niente, per noi le ragazze erano tutte vestite, manco a Ostia se spojaveno». Ha avuto una prima moglie da cui ebbe due figlie (i figli arrivarono poi a cinque con la seconda moglie e la terza compagna). Si è risposato con la figlia del proprietario di un'azienda casearia di Viterbo, che i soldi li aveva davvero. E per anni gestì con lei sei caseifici. Insomma, come dicono i viterbesi, "faceva il formaggiaro". Ma lui voleva essere ricordato come uomo di cinema e sciarpe di seta a pois, di doppi anelli alle dita del mignolo e di spettacolo, al limite di sport, inteso come tv. Nel '98 fondò, con i soldi della moglie, la Blu Cinematografica, la sua società di produzione di film: inanellò una serie di buchi neri finanziari, tipo Libero burro o La carbonara, perdendo un miliardo di lire. Produsse cose come Tra(sgre)dire di Tinto Brass, film con Bonolis, o con la coppia Tognazzi/Izzo: la storia del cinema poteva attendere. Ma anche quella della gestione oculata di un'azienda. Anche i suoi cinema romani, comprati con una nuova società, Farvem Real Estate, alcuni dei quali dal fallimento dell'impero Cecchi Gori, si portarono lo stigma di quel destino: ingiunzioni di pagamento, cartelle esattoriali, cause. Nel 2009, con un'altra scatola, FG Holding, si comprò una compagnia aerea di voli charter, la Livingston Energy Flight. Risultato: nel 2010 l'Enac sospese la licenza di volo alla compagnia, e il tribunale di Busto Arsizio ne dichiarò l'insolvenza. Non era più cinema, era realtà.
Lo sfogo di Massimo Ferrero dal carcere: "Se volevo potevo scappare quando stavo a Pechino Express". Augusto Parboni su Il Tempo l'8 dicembre 2021. «Se volevo potevo far perdere le mie tracce quando stavo girando le puntate di Pechino Express». È Massimo Ferrero, detenuto dall'altra notte nel carcere di San Vittore a Milano, a parlare a poche ore dal suo arresto per bancarotta per il fallimento di quattro società in Calabria e per la distrazione di milioni di euro. «Non mi hanno mandato agli arresti domiciliari perché ritenevano che non era una misura adeguata. Ma se ho la Digos che mi segue da tempo e mi mettevano il braccialetto elettronico agli arresti domiciliari come potevo scappare?». L'ex presidente della Sampdoria anche da una cella del penitenziario milanese continua a lottare, a sostenere che se avesse voluto sarebbe potuto fuggire dalle indagini delle forze dell'ordine che da anni stanno indagando sullo stato delle società a lui riconducibili. Ferrero è considerato dalla procura di Paola e dagli investigatori della Guardia di Finanza il dominus di una serie di reati societari che avrebbero portato al fallimento di aziende del settore cinematografico, turistico e alberghiero. A distanza di 12 ore dall'arresto di Massimo Ferrero, i finanzieri si sono presentati in una delle sue abitazioni, quella in piazza di Spagna a Roma, dove c'era una cassaforte della quale aveva la combinazione solo l'imprenditore. Per poterla aprire i finanzieri hanno dovuto utilizzare una fiamma ossidrica. Una volta scardinata, all'interno gli investigatori avrebbero trovato 15mila euro in contanti. «Oggi (ieri ndr.) è Sant' Ambrogio e il carcere è chiuso - ha detto uno dei suoi legali, l'avvocato Giuseppina Tenga - Nessuno può andare a trovarlo. Sono riuscita a sentirlo almeno al telefono». Il penalista ha inoltre riferito che «tramite un autista siamo riusciti anche a mandargli un cambio di biancheria, con sé non aveva niente». E ancora: «I fatti riguardano attività private di Ferrero, compreso il cinema, del 2003, con i fallimenti avvenuti nel 2017. Non discuto il provvedimento, ma il modo in cui si è svolta la vicenda. Evidentemente Ferrero dà fastidio a qualcuno». Il legale dell'ex patron blucerchiato parla anche della società sportiva. «La Sampdoria non c'entra nulla, formalmente sarà costretto a dimettersi perché dal carcere, ovviamente, non può occuparsi di una società sportiva. Non me ne intendo di calcio, ma so che il presidente stava trattando con Stankovic per farlo diventare il nuovo allenatore della Sampdoria. Ecco perché al momento dell'arresto si trovava a Milano. I prossimi passi? Ci sarà l'interrogatorio di garanzia nei prossimi cinque giorni, poi ci sarà il nostro ricorso al Tribunale di Catanzaro».
Da il Messaggero il 9 dicembre 2021. «Se volevo potevo far perdere le mie tracce quando stavo a Pechino... ma dove dovevo scappare se la Digos mi segue da tempo?». Lo sfogo di Massimo Ferrero, in carcere a San Vittore con l'accusa di bancarotta fraudolenta, avviene attraverso i suoi avvocati, Giuseppina Tenga e Luca Ponti. «Perché i giudici non mi fanno stare ai domiciliari? Non ho nessuna intenzione di scappare». Avrebbe voluto assistere alla perquisizione il patron (dimissionario) della Sampdoria, ma per la tensione ha avuto un picco di pressione, spiega Tenga. «Naturalmente - aggiunge l'avvocato - vorrebbe i domiciliari, vorrebbe andare a casa, ha escluso qualsiasi intenzione di fuga e vorrebbe stare con la sua famiglia. «Se mi avessero messo il braccialetto elettronico agli arresti domiciliari come potevo scappare?», ha aggiunto Ferrero. Una misura che invece il giudice ha disposto per Vanessa, la figlia dell'indagato principale dell'inchiesta.
L'INTERROGATORIO Oggi Ferrero, considerato dalla Finanza e dalla procura di Paola il dominus di una serie di manovre che avrebbero portato al fallimento di alcune società del settore cinematografico e alberghiero, sarà interrogato dal gip e si avvarrà della facoltà di non rispondere, perché come ha spiegato il suo legale, non è ancora stato possibile leggere gli atti d'accusa. «Si può affermare - scrive il Gip nel provvedimento - che l'analisi delle vicissitudini societarie accumuna le stesse in un medesimo destino, contrassegnato dallo svuotamento, deliberatamente programmato, degli asset e dal successivo fallimento». Dalle intercettazioni, afferma ancora il giudice, «emerge il ruolo di Vanessa Ferrero di amministratore formale di alcune società e che consapevolmente pone in essere gli atti ed i comportamenti suggeriti anche dal padre Massimo. Vanessa Ferrero, pertanto, agisce nella piena consapevolezza degli atti distrattivi e degli illeciti societari che hanno determinato lo stato di dissesto della società Ellemme Group, amministrata dalla stessa Ferrero ed il suo successivo fallimento». In una conversazione telefonica col compagno Filippo Boggiani, che fa seguito ad un'altra avuta poco prima col padre, la donna si sfoga: «L'ho mandato aff...de brutto, m' hanno rotto...lui, la moglie e tutti sti falsoni di..., l'unica figlia che non gli mai rotto...Se pensa che solo lui è indagato, solo lui non dorme la notte..solo lui c'ha i ragazzini carini che devono crescere. Ai miei non gli ha mai comprato niente, mai s' è preoccupato se mi magnavano...ma annassero..Ma io devo avere i soldi miei».
Ferrero, parla il gestore della Sampdoria Vidal: «Gli avevo suggerito cosa era giusto fare. Ha preferito il rischio». Monica Colombo su Il Corriere della Sera il 9 dicembre 2021. Parla il manager che in questo momento gestisce la Sampdoria oltre agli immobili del suo ex presidente, ora in carcere
«Ho capito perché sta cercando di prendere i soldi della Sampdoria». Gianluca Vidal, membro del cda dimissionario del club ligure e a capo di Rosan Trust, che ha in cassaforte oltre agli immobili dell’ex presidente Massimo Ferrero anche il club blucerchiato, aveva già lasciato trapelare dubbi e sospetti nelle intercettazioni diffuse nei giorni scorsi. «Massimo, sei pieno di debiti, non sai come ne uscirai e pensi a comprare?».
Dottor Vidal lei immaginava un epilogo del genere quando al telefono esternava queste perplessità?
«Non conoscevo le vicende relative all’inchiesta di Paola ma avevo contezza del potenziale impatto che certi comportamenti avrebbero potuto generare. Del resto gli avevo già consigliato che sarebbe stato meglio chiudere ogni fronte prima di ripartire. Detto questo, io non sono un politico, sono un tecnico».
Quindi?
«Leggo che sbrigativamente mi si definisce commercialista di Ferrero. È vero che sono dottore commercialista, ma non è mio compito compilare la sua dichiarazione dei redditi. Mi occupo di attività di gestione di rischio di impresa: sono stato chiamato in primis per gestire i concordati Eleven Finance e Farvem e poi per seguire le trattative di cessione della Sampdoria. Piuttosto mi fa piacere che dalle intercettazioni si comprenda come preferissi realizzare valore per chiudere pendenze pregresse».
Ferrero non l’ha ascoltata.
«Diciamo che il mio punto di vista da tecnico non collima necessariamente con quello del presidente che da imprenditore ha una certa propensione al rischio. Il tecnico deve suggerire cosa sia giusto fare per restare nel perimetro della legge».
Lo ha sentito da quando è stato arrestato?
«No, non si può. Ho tenuto i contatti con gli avvocati che gli hanno fatto visita in carcere mercoledì per la prima volta. Piuttosto, non comprendo come sia possibile che un uomo di 70 anni con due bambini piccoli venga trattenuto in custodia. Non credo possa scappare, ma non ho letto le carte. Di certo lo avranno ferito le frasi della figlia Vanessa che sono state pubblicate».
La Sampdoria che galleggia a cinque lunghezze sopra la zona retrocessione, ha il presidente in prigione, un allenatore in bilico e il derby alle porte: è una barca alla deriva?
«Ma no, deve solo trovare il comandante: ha una struttura dirigenziale che adempie alle proprie funzioni. Certo, l’assenza di un presidente rumoroso come Ferrero si fa sentire ma ci sono compiti assegnati a ogni manager».
È vero che il nuovo presidente sarà un ex calciatore come Giovanni Invernizzi?
«L’assemblea dei soci è stata convocata per il 23 dicembre: si nominerà un nuovo cda e per la figura del presidente ci sono diverse ipotesi sul tavolo. Tra queste, assegnare il ruolo a chi conosce e riveste i valori del club».
Dopo l’arresto di Ferrero, potenziali acquirenti si sono fatti avanti?
«Confermo, ci sono cinque soggetti che hanno avanzato manifestazioni di interesse. Sarò rigido nel valutarle considerando la reale identità del soggetto e che non sia schermo di altre figure, la provenienza lecita delle risorse e la trasparenza nell’affare».
Genova attende Vialli.
«Negli ultimi giorni la cordata a cui appartiene non mi ha contattato. Due anni fa fummo molto vicini a chiudere ma sul più bello le parti non posero la penna sul foglio. Di rinvio in rinvio arrivammo in autunno quando, dopo la striscia di sei sconfitte in sette partite, furono rivisti i valori dell’operazione. Sa, il presidente è esuberante. Tanto può essere empatico con alcune persone, quanto può non esserlo con altre. Non fu facile...».
Da sportmediaset.it l'8 dicembre 2021. Massimo Ferrero, arrestato per reati societari e bancarotta in seguito all'inchiesta aperta dalla Procura di Paola sul fallimento di quattro società in Calabria, si sfoga dal carcere lamentandosi del fermo. "Non mi hanno mandato agli arresti domiciliari perché ritenevano non fosse una misura adeguata. Se volevo potevo far perdere le mie tracce quando stavo girando le puntate di Pechino Express" le parole riportate da Il Secolo XIX. L'ex presidente della Sampdoria (si è dimesso proprio in seguito all'avvio delle indagini) continua: "Se ho la Digos che mi segue da tempo e mi mettevano il braccialetto elettronico agli arresti domiciliari come potevo scappare? Dicono che potrei fuggire: è una follia, dove potrei andare?". Ferrero, che ha una scorta privata, infatti è posto sotto 'vigilanza dedicata' negli spostamenti effettuati a Genova da circa due anni, quando era naufragata la cessione del club al gruppo guidato da Gianluca Vialli e aveva ricevuto minacce. Una misura che la Digos adotta per quei cittadini considerati a rischio. Ma il GIP ha effettuato il fermo non per un pericolo di fuga, bensì perché esisterebbe "un concreto e gravissimo pericolo di commissione di delitti analoghi a quelli per cui si procede". In pratica l'arresto è arrivato per timore che l'indagato possa reiterare il reato se tenuto in libertà. Parlando dell'arresto, Ferrero ha ricordato: "Ora sto bene. Mi sono arrabbiato con i finanzieri che non mi hanno concesso di essere trasferito nella mia casa romana per assistere alla perquisizione e mi è uscito un fiotto di sangue dal naso, ho avuto un picco di pressione".
Carlo Macrì per il “Corriere della Sera” l'8 dicembre 2021. Nonostante fossero a conoscenza dell'inchiesta sul fallimento delle 4 società del Gruppo, tutte con sede legale ad Acquappesa (Cosenza) i Ferrero, Massimo e la figlia Vanessa, al telefono dialogavano apertamente con i loro amministratori sulle disavventure delle aziende e sui modi per trasferire capitali dalle aziende fallite a società di comodo. Il Gruppo Ferrero era un affare di famiglia. Oltre a Massimo, Vanessa e al nipote Giorgio, ne faceva parte anche Laura Sini, ex moglie del Viperetta, anche lei indagata dalla Procura di Paola per bancarotta fraudolenta. Il procuratore Pierpaolo Bruni aveva chiesto per lei i domiciliari, negati dal gip. Da ieri, intanto, Massimo Ferrero è a San Vittore, a Milano, e domani sarà interrogato dal gip di Paola Rosamaria Mesiti. «Sto bene - le sue prime parole - anche se sono in cella. Ieri (lunedì, ndr ) mi sono arrabbiato con i finanzieri che non mi hanno concesso di andare nelle mia casa romana. Dicono che potrei fuggire. Una follia, ma dove potrei andare?». L'inchiesta ha fatto emergere, oltre al ginepraio di società costituite ad arte per frodare l'Erario e i creditori, lo scontro tra Ferrero e la figlia Vanessa. Nell'ordinanza si legge dell'aspirazione della donna di abbandonare l'ambito familiare per dedicarsi a un progetto cinematografico tutto suo, attraverso la società Freedom Pictures srl. Ne parla con un'amica, Ornella Morsilli, in una telefonata del 18 giugno 2021. «Innanzitutto voglio lavora' co professionisti me so' rotta il c..., di scacciacani da gente incompetente e da schifo, infatti colgo l'occasione per ripartire con la mia produzione, i miei film e scegliendomi la mia gente...». Poi Vanessa si lascia andare a uno sfogo: «Quando t' ho fatto quei discorsi di riiniziare, di rifare tutti quei miei propositi della vita, l'ho fatti sinceri e ho fatto in modo che tutto questo accadesse, ovviamente non ho un'idea del tempo nel senso che ho costituito una società, l'ho mantenuta in piedi co' tutti i casini e i disordini societari, mi ritrovo oggi finalmente a farla lavorare seriamente... perciò è una grande cosa mo' anche perché ho perso lo stipendio, ho perso tutto... stavo per perde' casa e se non riparto con le produzioni non mangio...». E in un altro passaggio aggiunge: «Io non c'ho manco i soldi per la spesa». È un fiume in piena la figlia del Viperetta e accusa il padre, unico punto di riferimento del Gruppo, con un «ruolo apicale» - scrive il gip - che non rivendica ma che gli viene riconosciuto da vari interlocutori. «Anche se è la mia famiglia io non me ce trovo... calcola, lui ha fatto pure una grande scorrettezza facendo lavorare i miei competitor... tipo la Pegasus» dice Vanessa. La donna parla con risentimento: «Io mi sono incaz... perché ho detto: perché non mi dai più lo stipendio, non mi aiuti neanche privatamente che sei pure il nonno delle miei figlie, non te rendi conto che sto a passa' una situazione del c... Te ne fotti...». Di Massimo Ferrero fa una descrizione anche il suo commercialista Gianluca Vidal, che, intercettato, ne parla come di «...un uomo con una propensione al rischio ed è comunque spregiudicato, pervicace e scaltro». Vanessa, nello sfogo dice però di «perdonare» il padre. «Io non sto a rimpiangere mancanza di affetto il fatto che mi chieda soldi, o mi metta nei guai, cioè io se tu ce pensi sto pagando tutto quello che riguarda lui... nonostante tutto mi sono trovata con ancora più difficoltà di lui che dà la colpa a me e non m' aiuta. Lui non ci sta più con la testa... adesso però siccome so che so' scelte mie ho capito, l'ho perdonato, mi sto allontanando. So comunque che lui non sarà mai riconoscente...». Vanessa scarica tutta la sua tensione nella telefonata del 21 giugno 2021, con un'altra amica, Adriana Salviato: «Secondo te io c'entro qualcosa in tutte le cose che sto facendo... tutte le cause... le denunce. Lui ha detto che è tutta colpa mia, pensa! Non ero manco nata che stavo a paga' i Tfr degli anni 70!». Ieri, intanto, è arrivata la motivazione del legale di Ferrero sulle sue dimissioni da presidente della Sampdoria: «Ferrero è stato costretto a dimettersi perché dal carcere, ovviamente, non può occuparsi di una società sportiva».
Da storiesport.it il 15 dicembre 2021. La revocatoria del “Rosan trust” dentro il quale sono custodite le azioni Sampdoria. L’azione di responsabilità del giudice delegato del tribunale fallimentare. L’ipotesi di concorso esterno in bancarotta. Rischi e inciampi aleggiavano, almeno da due anni: ora sono tornati a incombere, volano sempre più bassi, s’adagiano sul terreno. L’erba è diventata fango. A Genova, ma anche a Roma. È preoccupato. Molto preoccupato. Teso, come una corda di violino. Chi l’ha incrociato negli ultimi giorni lo descrive come terrorizzato. Fibrilla Gabriele Gravina nella stanza del palazzo di via Allegri a Roma, incrocia le dita e spera mentre a Milano Massimo Ferrero nel chiuso di una cella a San Vittore ha perso finanche il sonno e promette di scrivere un memoriale: sono ore affilate quelle che sta trascorrendo il presidente federale, preoccupato non tanto per l’arresto del presidente della Sampdoria quanto per gli sviluppi della vicenda, per la piega che potrebbero prendere le indagini e gli eventi se soltanto anche un occhio – quello della magistratura ordinaria ma anche quello della giustizia sportiva – si posasse nella metà campo Figc per valutarne atti, passaggi, eventuali profili di responsabilità. È preoccupato. Ancor più del caso plusvalenze e delle indagini della magistratura ordinaria sulle operazioni della Juve e di altri club, riemerso tra clamori dopo le dovute (tardive?) segnalazioni della Covisoc alla Procura federale solo dopo l’avvio indagine della Consob, fascicoli che ancora non sono sul tavolo di Chiné, vicenda commentata così dal presidente federale: «Il calcio fa bene al Paese. No a processi sommari, sono tre anni che lavoriamo su questo tema. La giustizia sportiva? Abbiamo bisogno di strumenti, aspettiamo prima quella ordinaria». È preoccupato, così preoccupato dalle vicende doriane tanto da andare in panne, letteralmente in tilt bruciando la decisione della Procura federale, anticipandone l’archiviazione del fascicolo “Suarez-Juve-Perugia”, «si è valutato e si è giunti a decisione, per la prima parte di quell’inchiesta non ci sono stati elementi per procedere: si va verso l’archiviazione»: così, proprio così, calpestando così il dettato dell’art. 28 (autonomia, terzietà e riservatezza degli organi di giustizia federale), un’indebita invasione di campo che non ha trovato ufficialmente argine in atti e parole del procuratore capo Giuseppe Chiné. Indotto poi dalla Federcalcio e dall’ufficio giuridico di via Allegri – lì dove dirige il traffico l’avvocato Giancarlo Viglione – costretto a rispondere via mail con un’insolita auto-intervista all’interno di una nota (tre domande, tre risposte) ai rilievi sottolineati nella puntata del 6 dicembre di Report (redazione invitata a rettifica, leggi qui) anche sui presunti ritardi nell’azione della Procura federale sul caso plusvalenze. «Gravina deve fare le riforme, qui mi sembra di stare su Scherzi a parte»: disse proprio così Massimo Ferrero nel giorno della prima elezione di Gravina al soglio federale. Era autunno 2018: tre anni sono trascorsi, tante vicende non fanno nemmeno più sorridere. Altro che scherzi a parte. Tempo ne è passato, l’inverno ormai alle porte ha ghiacciato le emozioni, le vittorie estive. Gli abbracci e i sorrisi. Ricordi lontani. Come il trionfo della Nazionale a Wembley: Gravina campione d’Europa e il pallone tricolore che finalmente poteva passare all’incasso per non sgonfiarsi. Fiato alle trombe, invece. Era luglio, in tribuna a Londra c’era pure Ferrero con tutta la famiglia, tra gli invitati d’onore proprio della Figc, uno degli invitati scelti e selezionati perché non a tutti i dirigenti di club era stato regalato l’invito. A proposito di regali. Un mese prima Gravina aveva finanche accolto la richiesta congiunta della Sampdoria e della Florentia San Gimignano, attribuendo al club doriano il titolo sportivo di serie A femminile e svincolando (non senza veleni) tutte le calciatrici del club toscano: un completamento della gamma, così fu definita l’operazione (passata sotto silenzio) in quei giorni proprio mentre negli stessi giorni la Samp, inscatolata in un trust a garanzia dei creditori di due società della galassia Ferrero, staccava un altro tagliando d’iscrizione superando i rigidi paletti fissati per l’ottenimento della licenza nazionale e sempre proprio in quei giorni le procedure al tribunale di Roma per le società Eleven Finance e Farvem (il valore dell’alienazione delle quote societarie della Samp confluite nel “Rosan trust”, fissato con un plafond minimo di 33 milioni di euro, a garanzia e come argine per evitare il tracollo) ballavano, tra richieste di fallimento, parere del comitato creditori, omologhe e ipotesi di ammissione a concordati. Un piano inclinato, azzardato. La traballante posizione della Samp, del trust, della Figc. Vicenda cristallizzata, descritta il 4 di giugno con un titolo eloquente: “La Samp balla ancora il trust, valzer Ferrero e liscio Gravina”. Eppure rassicurazioni, silenzi. Persino distinzioni, proprio mentre in quei giorni curiosamente un altro club di serie A – la Salernitana di Lotito e Mezzaroma – finiva inscatolato dentro un trust, un’altra operazione autorizzata dalla Figc. “Sono due cose diverse” era questo il refrain. Eppure lo strumento giuridico era lo stesso, validato all’epoca – era quasi la fine del 2020, il trustee Gianluca Vidal tre mesi prima della costituzione del Rosan Trust entrava nel cda della Sampdoria – da una commissione ad hoc della federazione. Adesso spifferi di corridoio da via Allegri suggeriscono che quella commissione sarebbe stata allargata nel numero dei componenti proprio prima di autorizzare il via libera al trust di Ferrero e proprio mentre erano in corso le procedure fallimentari delle due società della galassia “Holding Max” dentro cui c’era (e c’è ancora) la società “Sport e Spettacolo” che detiene il 99,96% delle quote dell’Unione Calcio Sampdoria (eppure quello 0,4% forse vale molto più dell’insignificante percentuale), Holding Max le cui azioni sono divise tra Vanessa e Giorgio Ferrero e la società (schermata) Pkb servizi fiduciari, Holding Max dentro cui c’erano (e ci sono ancora) anche Eleven Finance e Farvem. Un complicato reticolo, un tessuto intrecciato. Uno scudo, la Sampdoria. Forse anche uno strumento, come sembra emergere dalle intercettazioni telefoniche pubblicate nell’ordinanza emessa dal Tribunale di Paola che ha portato all’arresto di Ferrero. È di 342 pagine il decreto che ha ad oggetto quattro società “calabresi” del presidente della Sampdoria. Lui considerato “amministratore di fatto”, accusato “di plurime e gravi condotte delittuose” in relazione alle attività di quattro società dichiarate fallite nel 2017. E mentre dal mondo pallonaro e non solo si levava un coro di sorpresa e stupore (possibile? Sì, possibile che nessuno in questi anni avesse mai compreso, eppure anche la vicenda Livingstone avrebbe dovuto accendere quantomeno domande sui requisiti di onorabilità, patrimonialità etc. etc. chiesti da Lega e Figc per partecipare al consesso pallonaro) ecco a fare da controcanto un altro coro. “La Sampdoria non c’entra”. Lo ribadiva in una nota il club, lo dicevano due avvocati di Ferrero tra cui Luca Ponti, che è pure però il “guardiano” del Rosan Trust le cui quote sono intestate al commercialista Gianluca Vidal (sempre presente alle riunioni in Lega e alle votazioni, ma da domani chi rappresenterà il club anche in via Rosellini a Milano?): anche lui subito ad affrettarsi, «la Sampdoria non c’entra nulla, nulla rischia». Lo ribadiva, rammaricato, lo stesso Ferrero annunciando la propria fuoriuscita. Non una parola ufficiale dalla Figc, non un commento, pure laconico, di Gravina che in questi giorni – plusvalenze, caso Suarez, sospensioni versamenti Irpef – non ha mai fatto mancare la propria voce mentre all’improvviso, come dal nulla, una serie di voci sulla cessione delle quote della Samp ha ripreso prepotentemente piede. Una, due, addirittura cinque offerte: un’agenda piena di nomi e ipotesi, alcune fresche, altre datate, un farsesco refrain che accompagna la Sampdoria di Ferrero da almeno quattro anni. Un’accelerazione improvvisa, invece. Come se il terreno fosse sgombro, senza un reticolo di procedure, pendenze. «Per la vicenda concordataria siamo in attesa della decisione del tribunale. Oggi interessa mantenere la continuità aziendale della Sampdoria. Posso solo confermare che c’è stata un’accelerazione sul versante della vendita del club con la ricezione di manifestazioni d’interesse di più soggetti, che sto quotando»: così l’esperto in crisi e ristrutturazioni aziendali Gianluca Vidal appena due giorni dopo l’arresto di Ferrero. Il commercialista veneto entrato nel cda della Sampdoria nell’estate del 2020. Il proprietario legale delle quote della Sampdoria confluita nel Rosan Trust a novembre 2020. Sempre presente alle riunioni in Lega a Milano, esperto sempre più ascoltato in via Allegri, a stretto contatto con il consigliere giuridico Giancarlo Viglione, il braccio destro (e sinistro) del presidente federale. Quel Gianluca Vidal che nelle intercettazioni inserite nel decreto della Procura della Repubblica di Paola, esclama: “Ahi, adesso ho capito perché sta cercando di prendere i soldi della Sampdoria”. Il tempo è prezioso, adesso che la luce dei riflettori s’è accesa bisogna fare presto. Gianluca Vidal prova ad accelerare la procedura di alienazione delle quote. «Ci vogliono cinque mesi per cedere il club», ha detto, provando poi a rassicurare su eventuali rischi. «Nei due concordati, a diverso titolo, sono state promesse delle somme che dovrebbero essere versate entro trenta mesi. Ovviamente se questi venissero omologati. Ma in caso di non omologa il trust non si scioglierebbe ma potrebbe proporre un concordato fallimentare per arrivare alla chiusura del fallimento». Prova a tenere le carte in mano, proprio in giorni decisivi per il futuro delle procedure relative a Farvem ed Eleven Finance, le due società per cui la Sampdoria è stata data a garanzia. Tutto bloccato, tutto ogni giorno più complicato. Invece di sciogliersi, la matassa si ingarbuglia. Oggi a Roma era fissata l’udienza dei creditori sulla proposta di concordato per evitare il fallimento di Farvem: è saltata, rinviata a data da destinarsi, probabile che la sezione fallimentare del Tribunale di Roma voglia prima pronunciarsi sull’opposizione fatta da Hoist ancora in pendenza nel procedimento concordatario relativo ad Eleven Finance. In caso di bocciatura, unitamente a quella per l’altra società, il giudice delegato potrebbe invece decretare anche la morte del “Rosan trust”, azionare la revocatoria, promuovere l’azione di responsabilità e procedere, dopo il fallimento, per bancarotta fraudolenta: un procedimento nel quale rischierebbe di finirci dentro non solo la famiglia Ferrero, non solo il commercialista Vidal e altri ma anche la Figc con l’ipotesi di concorso esterno in bancarotta. Un’ipotesi da brividi. Che metterebbe spalle al muro i vertici federali. Altro che plusvalenze, altro che caso Suarez. Magari è questo il pensiero che toglie il sonno: Gabriele Gravina a Viglione ha subito chiesto il report sulla situazione, vuole essere aggiornato minuto dopo minuto. Dall’ufficio giuridico e dalla specifica commissione aveva ricevuto garanzie. E invece…
Invece adesso attende risposte. Bisogna incrociare le dita. E sperare. Sperare che la buriana passi in fretta, che si arrivi a una conclusione che renda felici i tifosi della Sampdoria, ormai liberatisi di Ferrero e pronti ad abbracciare una nuova proprietà. Poi magari tutto si sistemerà. Un bel respiro, un respiro bello e profondo lo farebbe la federazione. E il capo della federazione. Lo raccontano preoccupato. Terrorizzato. A differenza di molti, è probabile che Gravina le abbia lette tutte quelle 342 pagine. Che non si sia fermato a quel coro rassicurante, “la Samp non c’entra nulla”, che non abbia dato peso a quell’unico rilievo, “il solo riferimento alla Sampdoria sta in quella frase del commercialista, ahi, ora ho capito perché sta cercando di prendere i soldi della Samp”. Frase pronunciata il 18 novembre del 2020 dal trustee Gianluca Vidal (il Rosan Trust viene costituito il 13 novembre 2020 in uno studio notarile di Mestre) in una conversazione telefonica con Andrea Diamanti, manager di fiducia del gruppo Ferrero. L’argomento sono le somme di denaro che dovrebbero “tacitare” le situazioni della quattro società “calabresi”. Diamanti parla di due versamenti da 125mila euro (per Blu cinematografica e Bluline) e un termine di pagamento al 2 dicembre 2020 “…che Ferrero si è impegnato a fare”. “Ahi, ora ho capito perché sta cercando di prendere i soldi della Samp”, risponde Vidal. L’eventuale conferma della distrazione di quelle somme potrebbe “accendere” l’interesse della Procura Federale e del procuratore capo Giuseppe Chiné che però intanto come da copione non ha ancora aperto un fascicolo. Non solo dunque l’occhio della magistratura ordinaria che potrebbe anche indagare, provare a capire se la costituzione del “Rosan Trust” possa essere considerata come un’altra spericolata manovra di Ferrero, condotta magari simile o assimilabile a quelle utilizzate nella vicenda calabrese per evitare il baratro.
La Sampdoria (utlizzata come un bancomat da Ferrero, nove sarebbero i milioni di euro prelevati nel corso di questi anni sotto la voce di compensi e altro da Viperetta e tra l’altro una delle sue società, la Eleven Finance che è una delle due società a rischio fallimento, fu individuata come general contractor per i lavori al centro sportivo di Bogliasco con compiti di “coordinamento e gestione delle attività di finanziamento, progettazione, attuazione e sviluppo dell’iniziativa immobiliare”, attività lautamente remunerata con un compenso da 1,1 milioni pagato da Corte Lambruschini, attraverso la holding Sport Spettacolo, all’altra società di Ferrero, quella che detiene le quote della Samp) – in base alle norme sulle responsabilità oggettiva previste dal codice di giustizia sportiva – rischierebbe un deferimento con conseguenze che andrebbero da sanzioni economiche a penalizzazioni se venisse accertata la distrazione di somme e bonifici partiti dalle casse del club doriano per “suturare” ferite di altre società riferibili allo stesso proprietario.
Non solo: considerata già l’elevata massa debitoria della società a giugno 2021, rilevati i principi e i valori necessari all’ottenimento della licenza nazionale e valutata la “funzionalità” del Rosan Trust, le domande potrebbero diventare altre. La Sampdoria poteva essere iscritta al campionato? Era al 28 giugno dentro i rigidi paletti fissati dalla Figc? La Covisoc era al corrente? Il consiglio federale ha responsabilità? Ne ha il suo presidente? È stata mai chiesta una relazione al giudice che ha in mano i fascicoli delle società Farvem ed Eleven Finance? E il comitato dei creditori? Domande che restano appese, insieme ad altri passaggi. Perché non è mica vero che nelle 342 pagine dell’ordinanza del gip della Procura di Paola la situazione della Sampdoria e la funzione del “Rosan Trust” compaiano di sfuggita, e solo in una riga. No, non è così. Ad esempio, a pagina 255 è registrata una conversazione telefonica del 9 novembre 2020 tra Vanessa Ferrero e Francesco Cocola.
Gli inquirenti scrivono: “Per meglio comprendere il contesto bisogna fare una doverosa premessa. La compagine sociale della Holding Max detiene il 100% del capitale sociale della “Sport Spettacolo Holding”, società amministrata da Ferrero e che a sua volta detiene il 99,96% della Sampdoria il cui presidente del Consiglio d’amministrazione è Massimo Ferrero. In questo periodo i consulenti che gravitano intorno al gruppo Ferrero, sia gli advisor legali avvocati Ponti e Spadetto che quello fiscale – Vidal Gianluca, insieme al factotum Diamanti Andrea – stanno predisponendo un’operazione con cui l’asset Sampdoria verrà ceduto ad un trust, al fine di tutelarne l’eventuale vendita. Per tale motivo Vanessa Ferrero dovrà partecipare ad una assemblea dei soci della Holding Max nel corso della quale l’amministratore unico Giorgio Ferrero verrà incaricato di costruire il trust e di farvi confluire la partecipazione totalitaria della Sport Spettacolo Holding che ha la proprietà della Sampdoria. Tutta l’operazione ha come scopo quello di mettere in sicurezza l’unico asset di valore del gruppo al fine di renderne più agevole la vendita e salvaguardarlo dall’eventuale aggressione dei creditori. A conferma di tale assunto l’interlocutore di Vanessa Ferrero, afferma: Scusa, ma in sicurezza rispetto ai deb…ai creditori, è bancarotta. Non è che ha un altro nome, eh! Ed aggiunge: Se zompa la Holding andate tutti in galera, ma veramente eh!”.
Gianluca Vidal è il commercialista di Ferrero. È entrato nel cda della Sampdoria scalando le gerarchie fino a diventarne quasi il dominus nelle scelte finanziarie sostituendo l’avvocato romano Antonio Romei, defenestrato nel 2019 da Ferrero e diventato il suo nemico giurato, accusato di scelte e disastri. Gianluca Vidal è il trustee del Rosan Trust che detiene le quote della Sampdoria. Il Rosan Trust ha una durata massima per rispondere allo scopo (può decadere prima se non risponde in tutto o in parte allo scopo o se non può più rispondere allo scopo) stabilita al 18 novembre 2025 e un plafond di 33 milioni di euro che sarebbe il valore minimo dato alla società blucerchiata per garantire i creditori delle società (Farvem e Eleven Finance) della galassia Ferrero finite in crack. È un intreccio geografico e finanziario nato con lo scopo di “giungere alla cessione sul mercato e utilizzarne il prezzo incassato in primis per estinguere ogni debito di Holding Max e con il residuo garantire, con un apporto di finanza esterna, le procedure concordatarie”: così si legge nel verbale di costituzione. Nell’ordinanza del gip del tribunale di Paola alle pagine 267 e 268 ricompaiono ancora Vidal, la Sampdoria, il trust. La telefonata è del 3 giugno 2021, tutte le società professionistiche sono alle prese con scadenze e impegni da onorare per ottenere la licenza nazionale mentre al tribunale di Roma il giudice delegato è davanti ad un bivio per le società Farvem ed Eleven Finance: ammissione al concordato o fallimento?
Vanessa Ferrero intanto chiama Gianluca Vidal, che dice: “…con l’adunanza dei creditori si va a definire sostanzialmente il termine entro il quale noi andiamo ad accendere il voto e a vedere come muoverci col voto e a quel punto…possiamo vedere se riusciamo, lì bisogna arrivare in sede di voto e aver necessariamente negoziato con gli amici, per modo di dire, di Hoist, perché questi…questi qui altrimenti ci fanno fallire, matematico, perché hanno già detto in sede di discussione per il credito che io sto cercando di trattare dall’altra parte hanno detto a chi avevo mandato avanti, a un avvocato che avevo mandato avanti, che loro non hanno nessuna intenzione di cedere, a nessuno che nasconda o che abbia dietro Ferrero…”.
Vanessa Ferrero: “..ma poi tu quindi vorresti perdurare l’accordo dei 33 che abbiamo?”. Vidal: “No, non c’era nessun accordo dei 33, l’accordo dei 33 è scaduto un anno e mezzo fa, oggi se dovessimo dargli i soldi sulla base dell’accordo attuale saremmo a 42, 43… io vorrei dargliene 30 sostanzialmente, 29 e 50, stiamo trattando da un mese. Bisogna vedere cosa riusciamo a fare, naturalmente noi non è che ci abbiamo questi soldi, non abbiamo neanche un euro, ma abbiamo un soggetto che a quel punto si comprerebbe i crediti per poi vendere gli immobili…”. Vanessa Ferrero: “…tenersi l’Adriano sarebbe un sogno”.
Vidal: “…dobbiamo riuscire a pagare le somme concordatarie in misura tale che ci consentano di avere il voto e oggi la vera verità è che quella porcheria che al tempo hanno fatto e anche lì…purtroppo c’è un mea culpa serio perché l’ha fatta Romei questa roba, però Romei è stato autorizzato, è stato spinto e quindi ci ritroviamo tra i coglioni questi qui di Hoist che sono incattiviti con noi…Andiamo avanti, avevamo tutti contro, il Tribunale, l’agenzia delle Entrate”. Vanessa Ferrero: “…ma papà per quello che concerne invece la Sampdoria lui nun ce pensa proprio, potrebbe continuare a tenerla andando avanti”. Vidal: “Ascolta, questi qui sono sogni.
Massimo va avanti a sogni dopodichè ci ha culo e tuo padre ci ha un culo micidiale devo dire che è una persona veramente fortunata e quindi magari realizzerà anche questo, allora il tema è che il Tribunale ha voluto la dichiarazione che noi la Sampdoria la mettiamo in vendita, perché altrimenti… se lui trovasse qualcuno che dà 33 milioni e li mette sul banco lui salverebbe la Sampdoria quindi potrebbe al limite trovare qualcuno a cui vendere una quota importante, il 50% o una cosa del genere, forse potrebbe essere una soluzione per tenere capra e cavoli, potrebbe essere, va bene?”.
Due mesi prima (14 aprile 2021) Massimo Ferrero era convinto che tutto stesse finalmente andando a posto, che il debito nei confronti di Hoist sarebbe stato regolato, evitando così il fallimento di Farvem ed Eleven Finance, società per le quali aveva fatto confluire la Samp in un trust. Nella telefonata con Andrea Diamanti parla anche della Deloitte, la società di revisione e certificazione che si occupa anche delle società di calcio su cui la Covisoc fa dipendere le decisioni.
“Abbiamo un mandato irrevocabile di una persona amica mia, ricchissima… ce l’ha Vidal in mano, abbiamo firmato ieri…già è firmata, già è pronta, già abbiamo chiamato la Deloitte… già stiamo facendo una 106 perché non voglio che figuri Vidal, Vidal gli ho fatto dare 50mila euro per le spese per far vedere che non è mio…abbiamo già chiamato Antonio che ci ha dato il nome della signora di Deloitte che ci ha in mano la roba di Hoist…l’abbiamo fatta alle undici e siamo andati a vedere…io e Vidal a magnà…a ubriacasse con… è già firmata, è irrevocabile”.
Operazione di acquisto dei crediti in sofferenza poi non andata a buon fine, con Hoist è rimasto aperto il contenzioso. Otto mesi dopo tutto è ancora aperto. Massimo Ferrero è in carcere, si è lamentato perché alcuni amici non gli hanno manifestato vicinanza, promette di scrivere un libro. La magistratura continua nelle indagini mentre quella sportiva attende notizie. Il trustee Vidal prova a cedere le quote della Sampdoria, prova a forzare i tempi per evitare intoppi, blocchi e inciampi, prova a rassicurare, tiene aperto un canale con la Figc che gli chiede conto delle mosse.
I tifosi doriani giustamente sono in trepidante attesa: dopo essersi liberati di Ferrero attendono un nuovo acquirente e la sicurezza che il club non possa incorrere in deferimenti e penalizzazioni. Il giudice delegato del tribunale di Roma deve decidere le sorti di Farvem ed Eleven Finance, dalla sua decisione dipendono anche le sorti del Rosan Trust, della Sampdoria, persino della Figc.
Concordato, o fallimento? Revocatoria? Azione di responsabilità? Concorso esterno in bancarotta? Domande affilate e pesanti, come le ore che sta trascorrendo Gabriele Gravina. Preoccupato, lo raccontano come terrorizzato. Non bastavano le plusvalenze, il caso Suarez, i ripetuti dinieghi del Governo Draghi sugli aiuti richiesti. Per il presidente della Figc non sarà un Natale con i fiocchi. Si aspettava regali e qualche coro di ringraziamenti, rischia di ascoltare qualche richiesta di chiarimenti. E di dimissioni.
Da ilnapolista.it il 10 dicembre 2021. L’ex presidente della Sampdoria Massimo Ferrero non si è lasciato deprimere dal carcere. Lo racconta la Gazzetta dello sport. Neppure la prigione lo ha incupito. (…) Anche in un ambiente così particolare non ha perso il buonumore, né il consueto gusto per la battuta diventando in brevissimo tempo il beniamino di guardie e detenuti. Occupa da solo una delle nove celle (da due posti) del primo piano: un ambiente spartano, sette metri quadrati, con una brandina, un lavandino, il bagno e un piccolo televisore, anche se stasera non potrà vedere il derby di Genova in diretta. Lunedì scorso, evidentemente impreparato alla detenzione e senza ricambi di vestiario, gli è stato confezionato e consegnato in fretta un pacco con una tuta e alcune magliette blucerchiate, che sono diventate la sua divisa nel reparto. Ha chiesto di verificare le esigenze quotidiane della moglie Manuela e dei loro due figli piccoli, attualmente a Roma nella casa di famiglia, poiché nella capitale i bambini frequentano l’asilo e la scuola elementare. Sono loro, oggi, la sua principale preoccupazione.
Il messaggio di Mihajlovic a Ferrero: Amico mio, ti sono vicino. E verrò a trovarti». Nel prepartita Torino-Bologna, parole d’affetto per il presidente della Sampdoria. E un consiglio a Zaki: «Basta scrivere il tuo dissenso, finchè non torni qui». Alessandro Mossini su Il Corriere della Sera l'11 dicembre 2021. «Sono davvero dispiaciuto per il mio amico Massimo Ferrero, a cui sto molto vicino». Nel prepartita di Torino-Bologna, il tecnico rossoblù Sinisa Mihajlovic manda un messaggio al presidente della Sampdoria, che fu suo datore di lavoro dal 2013 al 2015 ma che è soprattutto suo grande amico. Ferrero è nel carcere di San Vittore a Milano e Mihajlovic cercherà di fargli visita: «Se possibile, cercherò sicuramente di andare a trovarlo. Lui con me è stato meraviglioso nei giorni della mia malattia e non lo dimentico. Mi dispiace molto per quello che sta passando». Da una prigionia all’altra, per fortuna terminata: quella di Patrick Zaki in Egitto. Storie diversissime tra loro, ovviamente. Ma nei giorni in cui Zaki è stato liberato, Mihajlovic parla anche dello studente dell’Università di Bologna, che ha espresso a più riprese il suo tifo per i rossoblù: «Lo abbiamo invitato allo stadio e a un nostro allenamento a Casteldebole, quando tornerà in Italia. Il Bologna ha sempre fatto qualcosa per la sua situazione. Due anni in carcere per aver espresso idee di dissenso? Mi sembra esagerato, non si faceva neanche ai tempi di Tito. Speriamo non scriva più, almeno finché non torna in Italia».
Scontro diretto
Quanto alla partita che attende il Bologna domenica alle 12.30 sul campo del Torino, i rossoblù recuperano l’infortunato Arnautovic. “Ci sarà, per noi è un giocatore fondamentale perché protegge palla e ci fa salire”. Una buona notizia per Mihajlovic, fin qui sconfitto due volte su due senza l’austriaco. «E’ uno scontro diretto - spiega il serbo - perché la rosa del Torino per valori è simile e potrebbe anche essere superiore alla nostra. Tolte le prime sette c’è la Fiorentina, poi nei posti successivi ci siamo noi, il Torino e il Sassuolo come valori. Contro la Fiorentina abbiamo perso, ma non abbiamo smarrito la strada: veniamo da una settimana di grandi allenamenti, mi sono complimentato con i giocatori ed è un buon viatico per una gara che si preannuncia tosta e difficile».
Da ilnapolista.it l'11 dicembre 2021. La Süddeutsche Zeitung sbatte Massimo Ferrero in prima pagina, o meglio in homepage. Una sua foto sparata e il titolo: “compra il mondo senza un soldo”. È un po’ l’immagine del calcio italiano. Infatti l’articolo della Süddeutsche comincia così: “Ci sono personaggi che esistono solo in Italia. Figure dell’eterna commedia dell’arte, strepitosi funamboli sull’abisso. La dirigenza del calcio italiano in particolare è sempre stata piena di avventori, ebbri degli applausi dei tifosi, barcollanti tra megalomania e satira vera e propria. Ricordiamo solo Silvio Berlusconi. Ma ora stanno lasciando, uno dopo l’altro, per far posto a investitori dall’estero. Alcuni camminano in silenzio, altri rumorosi e senza gloria. L’imprenditore cinematografico e cinematografico romano Massimo Ferrero, 70 anni, fino a poco tempo proprietario e presidente della Sampdoria Genova, è stato arrestato pochi giorni fa. A causa di bancarotta fraudolenta, falsificazione di conti in alcune delle sue società. I pm inquirenti si sono rifiutati di concedergli gli arresti domiciliari perché, secondo il tribunale, l’imputato era troppo “furbo e furbo”. Il quotidiano tedesco scrive che a Ferrero ha dovuto arrendersi anche il comico Maurizio Crozza: “perché l’originale era troppo bello”. Di Ferrero scrive che “difficilmente pronuncia una frase senza aggettivi anatomici”. Scrive che “forse la Sampdoria è stata la migliore impresa di sempre di Ferrero. Tutto il resto è fallito. La compagnia aerea Livingston Energy Flight, che aveva acquistato per far volare il maggior numero possibile di italiani su voli charter verso i Caraibi, fallì presto. Solo due dei suoi cinema a Roma sono ancora aperti”. Per altri, il vento sta soffiando di nuovo foglie autunnali sotto le porte di vetro nelle casse polverose. “Naturalmente, ci si potrebbe chiedere perché sia riuscito a farla franca così a lungo, nonostante tutti le evidenze. Le persone in Italia sono sempre state un po’ più generose con i potenti del mondo del calcio”.
L’arresto di Massimo Ferrero è diventato un orrendo show: diffuse anche le foto segnaletiche. Luisa Perri giovedì 9 Dicembre 2021 su Il Secolo d'Italia. L’arresto del presidente della Sampdoria, Massimo Ferrero come uno show mediatico, dove la presunzione d’innocenza e il garantismo vanno a farsi benedire. Una situazione mediatica aberrante dove sono saltate tutte le regole. Intercettazioni private pubblicate senza reticenza, addirittura le foto segnaletiche, che ormai non vengono pubblicate neanche per l’arresto di latitanti internazionali o autori di crimini efferati. Come scrive Piero Sansonetti sul Riformista, Massimo Ferrero – detto er Viperetta – ha più di 70 anni. È accusato di avere commesso alcuni reati finanziari circa 10 anni fa. “La giustizia con l’arresto di Massimo Ferrero non c’entra un fico secco: er Viperetta in carcere solo per show”. “Non so nulla della vicenda giudiziaria che riguarda Massimo Ferrero ma chiedo: perché le foto segnaletiche dell’arresto sono in rete? Perché dolorose intercettazioni coi familiari sono sui giornali? Perché questa barbarie della pena prima del processo in Italia non ha mai fine?”. Lo domanda su Twitter Luciano Nobili, deputato di Italia Viva. Davanti al giudice delle indagini preliminari di Paola, Rosamaria Mesiti, l’ex presidente della Sampdoria, in carcere a San Vittore da lunedì con l’accusa di bancarotta fraudolenta e false comunicazioni sociali, non risponderà all’interrogatorio di garanzia. «Non abbiamo potuto vedere il fascicolo» dice l’avvocatessa Pina Tenga, che difende Ferrero. «Stiamo ancora aspettando le copie del fascicolo, non so quando ci arriveranno, non so se oggi. Se anche le ricevessi, non potrei certo leggerle in un quarto d’ora. Dunque vedremo oggi formalmente alle 13.30, ora in cui è fissato l’interrogatorio di garanzia, ma direi che posso confermare che il presidente Ferrero si avvarrà della facoltà di non rispondere». Così all’AdnKronos l’avvocato Luca Ponti, uno dei legali del presidente della Sampdoria Massimo Ferrero, arrestato per bancarotta nell’ambito di un’inchiesta della procura di Paola (Cs) e recluso a San Vittore. “Ieri ho visto il presidente – aggiunge il legale -, conviene con me che in questo momento è opportuno fare un passo indietro, separare le vicende della Sampdoria dalle sue vicende giudiziarie e da quelle della sua famiglia. La Sampdoria verrà gestita al meglio per raggiungere i suoi obiettivi e tutto il resto della famiglia cercherà di chiarire questa posizione processuale”. Una vicenda processuale “sul passato”, chiosa l’avvocato Ponti, “che non ha collegamenti con la Sampdoria e vogliamo evitare che ci siano anche in termini mediatici”.
La giustizia con l’arresto di Massimo Ferrero non c’entra un fico secco: er Viperetta in carcere solo per show. Piero Sansonetti su Il Riformista l'8 Dicembre 2021. Massimo Ferrero – detto er Viperetta – ha più di 70 anni. Massimo Ferrero – detto il Viperetta – è accusato di avere commesso alcuni reati finanziari circa 10 anni fa. Massimo Ferrero – detto er Viperetta – non ha nessuna possibilità di nascondere le prove eventuali dei reati dei quali è accusato. Massimo Ferrero – detto er Viperetta – non ha nessuna possibilità di far fallire nuovamente aziende già fallite da dieci anni, e dunque di reiterare il reato. Infine sono vicine allo zero le possibilità che Massimo Ferrero – detto er Viperetta – possa fuggire all’estero per sottrarsi alla giustizia. Siccome la legge sconsiglia il carcere per le persone che hanno più di settant’anni (salvo situazioni particolarissime di pericolo), e siccome la legge dice che si può ricorrere alla custodia cautelare in carcere solo come extrema ratio e solo se c’è pericolo di fuga, o di reiterazione o di inquinamento delle prove – e siccome tutte queste condizioni eccezionali non ci sono nel caso di Massimo Ferrero – detto er Viperetta – qual è la ragione del suo arresto spettacolare, avvenuto l’altra notte? Probabilmente sta proprio nel fatto che è detto “er Viperetta”. È detto er Viperetta perché è molto famoso, è il presidente di una squadra di calcio di serie A, è un personaggio spettacolare e molto conosciuto dalle Tv e dai giornali, e perciò il suo arresto – l’arresto del Viperetta – crea molto clamore e visibilità. Fa spettacolo. Tutto qui. La giustizia non c’entra niente. Un fico secco. Non c’era nessuna ragione di giustizia per arrestare Massimo Ferrero, che oltretutto non era l’amministratore delle società fallite. Esisteva solo una esigenza di spettacolo. In molte Procure oggi l’esigenza di spettacolo è la più importante. Molti magistrati (ridimensioniamo: alcuni magistrati) giungono a teorizzare questa esigenza. Dicono che la giustizia è fatta di diritto, sì, ma anche e soprattutto di comunicazione. Perché solo con la comunicazione – e dunque con lo spettacolo – si influenza (si educa) l’opinione pubblica e si costruisce una barriera sociale contro l’illegalità. Molti magistrati pensano che la missione del magistrato sia essenzialmente quella di educare. Il problema è che spesso le esigenze di spettacolo giudiziario – come in questo caso – sono in contrasto aperto con la legge. Chi può fermare queste iniziative? Nessuno, perché chiunque proponga di porre sotto un controllo democratico lo strapotere dei Pm e dei Gip – come avviene nella maggior parte dei paesi civili – viene accusato di essere un nemico della Costituzione. La Costituzione non dice in nessun suo articolo che lo strapotere di Pm e Gip debba restare assoluto e insindacabile, e che possa superare la legge, il buonsenso, la ragione, lo spirito dell’umanità. ma se fai notare questo ti rispondono: c’è l’articolo 104 e l’articolo 104 dà al magistrato la “licenza di uccidere”. Quindi nessuno può fermare dei magistrati che abusano del carcere? Potrebbe, forse, il Csm. Ma il Csm è stato costruito su uno schema dominato dalle correnti e dai veti incrociati, in modo da non poter mai sindacare sull’attività dei singoli magistrati (tranne Palamara). Il Csm considera per principio come eccellente il lavoro di tutti i magistrati. A questo punto è la notte.
Piero Sansonetti. Giornalista professionista dal 1979, ha lavorato per quasi 30 anni all'Unità di cui è stato vicedirettore e poi condirettore. Direttore di Liberazione dal 2004 al 2009, poi di Calabria Ora dal 2010 al 2013, nel 2016 passa a Il Dubbio per poi approdare alla direzione de Il Riformista tornato in edicola il 29 ottobre 2019.
Le dimissioni dalla presidenza della Sampdoria. Arresto show per Massimo Ferrero, ma l’inchiesta è vecchia di 10 anni: “Trattato peggio di Riina”. Frank Cimini su Il Riformista il 7 Dicembre 2021. «L’hanno trattato peggio di Totò Riina». Con queste parole l’avvocato Pina Tenga sintetizza la notizia del giorno, aggiungendo di aver presentato apposita istanza affinché il suo assistito venga trasferito dal carcere di San Vittore a Roma per poter assistere alla perquisizione disposta dai magistrati di Cosenza. Il suo assistito si chiama Massimo Ferrero ed era fino a poche ore fa il presidente della Sampdoria, società che non c’entra nulla con la vicenda dell’arresto dal punto di vista tecnico-giudiziario ma che in realtà spiega tante cose. Ferrero è accusato in sostanza di bancarotta fraudolenta, un reato di tipo documentale in relazione al fallimento di società dei settori turistico e cinematografico avvenuto anni fa. Stiamo parlando di un’inchiesta alla vigilia della chiusura e di un arresto di carattere mediatico: da cinema, tanto per restare in tema alle manette scattate ai polsi di uno dei personaggi del pianeta calcio dalla battuta sempre pronta. Ferrero è finito in carcere mentre la figlia Vanessa, sospettata di aver sottratto tra il 2011 e il 2012 una somma di 740 mila euro dalle casse societarie, è agli arresti domiciliari insieme alla nipote dell’imprenditore, all’autista e ad altre due persone. Gli indagati sono in tutto nove per fatti che risalgono in pratica a una decina di anni fa. Una delle società coinvolte, la “Ellemme group srl”, secondo i magistrati si sarebbe accollata complessivamente un debito di oltre un milione e 200 mila euro che diverse aziende del gruppo avevano verso Rai Cinema Spa, «rinunciando così a incassare i crediti dalla stessa vantati nei confronti di Rai Cinema senza richiedere alcuna controprestazione e senza pattuire interessi corrispettivi». La mossa, si legge nelle carte dell’accusa, «cagionava il dissesto della società Ellemme Group srl». Tre sono i capi di imputazione che ricostruiscono la vicenda. L’amministratore unico della “Ellemme srl” risulta essere Vanessa Ferrero ma il presidente della Sampdoria, sostiene la Procura, sarebbe l’amministratore di fatto. Lo stesso Ferrero risulta essere stato nel corso degli anni amministratore unico della “Global Media srl”, presidente del Cda di “Mediasport spa” e amministratore unico di “Mediasport Cinema srl”, mentre la figlia risulta essere stata anche amministratore unico della “Ferrero Cinema srl”. La “Ellemme” si sarebbe accollata un debito di 806 mila euro che altre società del gruppo avevano verso Rai Cinema. In un altro capo di imputazione per “Ellemme” il debito risulta di 209 mila euro. L’avvocato Luca Ponti aggiunge che l’arresto stupisce e che Ferrero era ed è a disposizione per chiarire i fatti dopo aver già avviato alcune transazioni accantonando delle somme a favore delle procedure al fine di coprire il fabbisogno. Massimo Ferrero si è dimesso da presidente della Sampdoria calcio «per tutelare al meglio gli interessi delle altre attività in cui opera e in particolare isolare ogni pretestuosa speculazione di incidenza rispetto alla Sampdoria e al mondo del calcio». Questo dice il comunicato della Samp, preannunciando in pratica un obiettivo impossibile da raggiungere. Il presidente del Coni Giovanni Malagò afferma di non poter commentare la vicenda. «Che volete che dica?», taglia corto con i cronisti. “Se so bevuti er viperetta” titola con la consueta efficacia Dagospia. Frank Cimini
Crack Ferrero, gli "amici" colletti bianchi tirrenici e il giochetto dei fallimenti in Calabria. Guido Scarpino su Il Quotidiano del Sud il 19 Dicembre 2021. Presunti “colletti bianchi” del Tirreno cosentino amici dei Ferrero e poi il giochetto dei fallimenti calabresi, territorio dove il patron della Sampdoria sembrava godere di particolari “entrature”. È quanto emerge dallo sviluppo delle indagini nel crack Ferrero, venuto alla luce grazie alle indagini delle Fiamme Gialle cosentino, coordinate dal Procuratore capo Pierpaolo Bruni. Ma vediamo di essere più chiari, analizzando parte dell’impero Ferrero. La compagine sociale della Holding Max Srl, ossia la società capogruppo della “galassia” Ferrero, risulta costituita da Vanessa Ferrero, figlia di Massimo, proprietaria di una partecipazione pari all’80 per cento, ma anche da Giorgio Ferrero (nipote di Massimo), proprietario di una partecipazione pari al 12,24 per cento ed amministratore unico) e la Pkb Servizi Fiduciari spa (proprietaria di una partecipazione pari al 4,76 per cento). La Hm Srl detiene invece una partecipazione pari al cento per cento del capitale sociale della Sport Spettacolo Holding Srl, amministrata quest’ultima da Massimo Ferrero che, a sua volta, detiene anche il 99,96 per cento della Unione Calcio Sampdoria spa (società il cui presidente del Cda è lo stesso patron blucerchiato Massimo Ferrero).
Dalla Samp, come documentato nei giorni scorsi, sarebbero transitati denari verso le società fallite del gruppo Ferrero, soldi elargiti anche nell’ambito della emergenza covid. Risulta, peraltro, che oltre al fallimento della Ellemme Group Srl, per la quale è scattato il blitz della Procura di Paola a carico di nove persone (uno in carcere, quattro ai domiciliari, quattro indagati a piede libero), vi sono altri tre soggetti giuridici dichiarati falliti a Paola: Blu Cinematografica Srl, posta in liquidazione il 23 dicembre 2013 e dichiarata fallita dal Tribunale di Paola con sentenza numero 8 del 28 settembre 2017; la Blu Line Srl, posta in liquidazione il 29 aprile 2014 e dichiarata fallita dal Tribunale di Paola con sentenza numero 10 del 2017 del 28 settembre 2017; la Maestrale Srl, posta in liquidazione volontaria il 14 febbraio 2012 e dichiara fallita, sempre al Tribunale di Paola, con sentenza numero 10 del 2020.
Dalle intercettazioni è emerso che per le prime due società, sono stati sottoscritti accordi transattivi tesi alla chiusura delle rispettive procedure fallimentari, ambedue per 125 mila euro; per la società Maestrale Srl è stata avanzata proposta di sottoscrizione di un accordo transattivo del valore di 50mila euro per la chiusura della procedura fallimentare.
Attesa l’urgenza di reperire fondi necessari al pagamento di due accordi transattivi in scadenza, per i fallimenti delle società “Blu Cinematografica” e “Blu Line Srl, gli indagati, unitamente ai vari professionisti, si adoperavano al fine di utilizzare il “finanziamento Sace”, per il quale il gruppo Ferrero e, in particolare, la Sampdoria, ha ottenuto 25milioni di euro.
Ora la domanda che tanti addetti ai lavori si stanno ponendo è la seguente: perché i Ferrero sono venuti ad organizzare i loro affari in questo lembo di Calabria? Perché avviare attività d’impresa e venire a fallire proprio al Tribunale di Paola? Esistono “colletti bianchi” e amici degli amici che hanno consigliato tale strada o è solo una mera casualità?
Vedremo se le indagini del Procuratore capo Pierpaolo Bruni, titolare del fascicolo assieme ai magistrati Maria Francesca Cerchiara e Rossana Esposito, porteranno a sviluppi clamorosi, magari attraverso il coinvolgimento di qualche faccendiere della zona specializzato in “entrature” grigie in seno alla Pubblica amministrazione.
Gregorio Spigno per gazzetta.it il 24 dicembre 2021. Un tappeto di letame "sistemato" appena fuori il cancello d’ingresso di casa. È questa l’ultima contestazione messa in atto dai tifosi della Sampdoria nei confronti dell’ex presidente blucerchiato Edoardo Garrone, che questa mattina ha ricevuto l’ennesima intimidazione da parte di alcuni ultras sampdoriani: non è ancora chiaro chi sia l’autore del gesto, ma è certo che negli ultimi giorni l’accanimento si sia aggravato di una forte impennata. A seguito dell’arresto del presidente della Samp uscente Massimo Ferrero (dimissionario dopo la carcerazione a San Vittore - atteso per venerdì il verdetto sull’attenuazione della misura detentiva), sono aumentate le polemiche nei confronti di chi, sempre secondo alcuni tifosi blucerchiati, viene considerato "colpevole" di aver messo in mano a Ferrero la società di Corte Lambruschini. Ai vari striscioni comparsi per le vie di Genova e al corteo di protesta organizzato qualche settimana fa contro Garrone, dunque, si aggiunge pure questo spiacevole episodio.
Malcom Pagani e Silvia Truzzi per il Fatto Quotidiano il 16 dicembre 2021. Ripubblichiamo un’intervista del 2010 realizzata da Malcom Pagani e Silvia Truzzi a Massimo Ferrero (conosciuto come “Viperetta”), oggi arrestato per bancarotta. Prevedere, prevenire, provvedere. Il Vangelo secondo Ferrero è un manifesto appeso distrattamente alle pareti di un ufficio labirintico a un passo da Porta Pia. Al centro, il profilo poco british di Massimo Ferrero. Milleduecento dipendenti, due compagnie aeree, la Livingston e Lauda Air, multiplex sparsi in tutta la Penisola, lo storico cinema Adriano rilevato pochi mesi fa da Cecchi Gori. Produzioni cinematografiche e televisive di cui il capo incontrastato è un indemoniato signore di 60 anni. Capelli bianchi e intercalare romanesco, riflesso dell’adolescenza ruvida, dei tempi lontani in cui nel quartiere, a suo dire, l’unica legge che valesse era quella del menga: “Chi ce l’ha al culo se lo tenga, je piace?”. Dicono sia cattivissimo. Spietato. Carattere difficile, generosità inattese alternate a scatti d’ira. Nell’ambiente lo detestano. Lo hanno soprannominato Viperetta. “Creo posti di lavoro, disturbo”. Lui salta, imita, canta, spiega, ribatte. Guarda sempre negli occhi e quando accade, rimane la sensazione che non sia per gioco. “Sono nato povero e morirò da povero ricco. Non temo nessuno, non scendo a compromessi e mando affanculo chiunque, anche se di cognome fa Berlusconi”. Lo temono, fanno bene. Massimo Ferrero ha fame. Non gli è mai passata.
Lei è amico di Mauro Masi?
Era meglio se alla Rai non fosse andato. Dite al signor Masi che io non voglio essere amico del direttore generale, ma dopo aver fatto 120 film in 40 anni, esigo che mi rispetti come produttore. Voglio essere trattato come tutti. Da quando è alla Rai non ho fatto un solo minuto di fiction. Avevo dei lavori in ballo prima che arrivasse. Qui giocano con la vita di tante famiglie. Io respiro solo ostruzionismo.
Non ci crediamo.
Fate male. Riferite a quel cornuto di giornalista che ha scritto ‘Ferrero è una gallina delle uova d’oro’ che io le uova non le ho neanche di plastica. Mi impediscono di lavorare perché ho la fortuna di essere in buoni rapporti con Masi.
Ferrero il perseguitato?
No, non soffro di manie. Non frequento i salotti, non ho padrini.
Però ha un attico in Piazza Navona.
È una grandissima stronzata. Abito in affitto, dalle parti di Via Barberini. A Piazza Navona andavo da bambino per farmi il bagno nella fontana del Bernini e quando uscivo, i vigili mi sequestravano i vestiti e mi inseguivano.
Come ha fatto uno come lei a lavorare con Bertolucci?
Bernardo mi adora. Allo snob manca Ferrero e a Ferrero, forse, manca lo snob. Siamo complementari, di complemento, come i militari.
Torniamo a Masi, quando va in viale Mazzini, raccontano, lui si illumina.
Magari sono comico. Cerco di ridere. È un reato? Da quando è alla Rai, Masi lavora 18 ore al giorno. Mi avrà ricevuto tre volte. Perché invece di descrivermi come Calimero, non guardano al comportamento dei suoi predecessori?
Si spieghi.
Ci sono miei colleghi cui la tv di Stato ha garantito contratti quadro da 30-40 milioni di euro, ma nessuna anima bella dice nulla. Avverto tutti: sto iniziando a stancarmi. La tv si limiti a comprare il cinema indipendente. C’è un contratto nazionale che dice che il canone deve essere reinvestito. Carta morta.
Quindi Masi la danneggia.
Tra un po’ alla Rai faccio causa. Dovevo fare tre fiction, a iniziare da ‘Il terremoto di Messina’. Prodi e Napolitano mi diedero l’ok.
Mischia le carte?
Prima mi stendevano i tappeti, ora alla Rai non mi fanno neanche entrare. Conosco tanta gente, ho 60 anni, ho incontrato Agnelli, Fidel Castro mi vuole bene. Vi faccio vedere una cosa (si alza, mobilita l’ufficio, escono campagne per i bambini down, foto con il leader di Cuba, con il Papa, con cardinali del passato e del presente; quella con Berlusconi è vicina al suo tavolo, accanto a un cartello: ‘Se porti un problema e non hai la soluzione sei parte del problema’, ndr).
Rapporti con il premier?
L’ho visto una volta. Se lo facessero lavorare, potrebbe fare grandi cose per il Paese.
Già sentita. Vota per lui?
Sono di sinistra, ho fatto il ’68. Alle manifestazioni per i morti di Battipaglia io e i miei amici facemmo a botte con la polizia. Ventotto, ne mandammo a terra, Oggi come idea, voto D’Alema.
Invece i rapporti con Balducci? Sulla connessione con il commercialista Gazzani, lei è stato anche ascoltato dalla Guardia di Finanza.
È tutto a verbale. Ci sono fatture, tasse e Iva pagate, iscrizioni al collocamento. Hanno controllato. Tutto in regola.
Qualcuno ha ipotizzato che quella versatale da Gazzani, (un milione e centomila euro, ndr) fosse una tangente.
Non so cosa significhi la parola tangente. Con quel denaro è stato coprodotto un film con Anna Maria Barbera: Ma l’amore sì. Però una cosa ve la posso dire: se qualcuno mi fa un regalo io non lo restituisco. Sia chiaro.
Come giudica Balducci?
Una persona squisita, ma non è mio fratello. Ho conosciuto anche il figlio. Un bravissimo attore, ora dilaniato. L’ho incontrato per caso a un Festival, è distrutto. Quando facciamo un casting, non interroghiamo. Il tenente Sheridan lo trovate in tv.
Tra le persone coinvolte nell’inchiesta, qualcuno è stato intercettato al telefono mentre si rallegrava per il sisma in Abruzzo.
Se è vero e lo dico da cittadino, sono delle merde. Uno che ride di una tragedia devastante, non merita l’arresto, ma l’impiccagione.
Brutale.
Ad Haiti sono stato anche io. Ho messo a disposizione un Airbus di mia proprietà pieno di medicinali e di volontari. Un’ora di volo costa 12.800 euro. Per andare e venire, Livingston sulla tratta Haiti/Malpensa ha speso quasi un milione di euro.
Però.
Gli unici che mi hanno dato retta sono stati Formigoni, Bossi, Berlusconi e il ministro Frattini. La burocrazia si era messa di mezzo. Ho portato via 12 bambini malati e li ho trasferiti in strutture adeguate in Lombardia. Creature tornate a casa loro con i miei aerei. Questo è il Viperetta che tutti temono.
Tutto bellissimo. Non le dispiacerà se ritorniamo ai suoi rapporti con Masi, La sua ex fidanzata, Susanna Smith, è la protagonista di un film da lei prodotto recentemente: Piazza Giochi.
L’ho conosciuta prima che diventasse la donna di Masi. Per me Susanna è una sorellina.
Però Masi ha un’altra.
Non mi risulta. Si amano.
E che dice dei suoi colleghi produttori?
Miracolati. Li amo tutti.
Anche quelli come Tozzi e Procacci?
Soprattutto (sorride, ndr) Sono più bravi di me e sono facilitati perché dietro hanno le major.
Piazza Giochi è stato un flop.
Ho perso 1.250.000 euro per raccontare che i ragazzi non sono tutti zozzoni o drogati. Naturalmente non riesco a venderlo alla tv. Mi chiamo Ferrero e ho sempre operato con dignità anche se non ho la mangiatoia alta.
Prego?
C’è chi ha la mangiatoia a portata di bocca e chi si deve chinare fino a terra per mangiare: io sono tra loro. E ne sono orgoglioso. Sono nato a Testaccio: mio padre faceva il controllore dell’Atac, mia madre l’ambulante a Piazza Vittorio. Di studiare non mi fregava niente, poi uscì la legge dell’obbligatorietà e a scuola iniziai ad andare con la camionetta dei Carabinieri.
Il cinema?
Il cinema sono io. A otto anni scappavo di casa per andare a Cinecittà, amavo l’atmosfera zingaresca. Facevo piccole parti, apparizioni anche brevissime. Vita dura. Un giorno vedo Gianni Morandi: ‘Mi dia un consiglio, qui non mi prende nessuno’. Fu gentile. Mi insegnò una formula civile. ‘Buongiorno, sono Massimo Ferrero, mi piacerebbe lavorare con lei, mi metta alla prova’.
E lei?
Ero selvatico. Mi scordavo la parte. ‘Buongiorno, sono Massimo Ferrero, me pija a lavorà? Non so fa un cazzo’.
Un po’ diverso.
Infatti mi cacciavano regolarmente. Ma avevo due figli, ero senza lavoro e a Testaccio, stare a galla non era uno scherzo.
Il primo mentore?
Blasetti, il regista dei telefoni bianchi. Avevo appena preso in prestito una bici e correvo verso gli studi di Safa Palatino per ottenere una comparsata.
Presa in prestito?
Anche se non fosse stata proprio mia, non sarebbe il caso di sottilizzare. Il reato è in prescrizione, sono passati 50 anni. Non avevo diritto a una bici anch’io? Quindi sudo, pedalo e mi accorgo di essere seguito da una 1100 nera.
Chi era?
Blasetti. Mi urla: ‘Dove corri, ragazzo?’. Girava Io lei e gli altri. Mi provò.
Ruolo?
Un fornaio. Da quel giorno non mi sono più fermato. Ho fatto il segretario, l’organizzatore, tutto. Poi ho voluto fare il coglione e ho iniziato a finanziare i film. Papà me lo diceva sempre: ‘Bisogna avere credito, non denaro. I soldi non servono, se hai credibilità vai ovunque’.
Però aiutano.
Non giro mai senza soldi (tira fuori un rotolo dalla tasca, sono pezzi da 500, ndr). La gente con cui tratto lo sa. Da me non vogliono le firme, solo la mia parola. Se la do, sono disposto a morire.
Non esageri.
Giuro. Però vi dico una cosa. Chi ruba a Ferrero, chi prova a fregarlo, deve morire.
Sembra un racconto di Scorsese.
Invece è un film di Ferrero. Rubare è una cosa importante e ci vuole gente seria. Voi sapete solo lavorare.
Scorrettezze?
Tante. È un mondo difficile. Per gli altri (ride, ndr). Svoltai nel ’75, grazie a Piero Lazzari (mentre lo nomina si fa il segno della croce, ndr) organizzatore per un film di Fondato. A mezzanotte va la ronda del piacere.
Un cast importante.
Sul set lavoravano Claudia Cardinale, Gassman, Pozzetto. Un giorno passando in macchina vidi i camion del Cinema e mi fermai. Disturbavo. Ero anche un po’ aggressivo, questione di carattere. Comunque mi infilo con una scusa e ascolto un brandello di conversazione.
Indiscreto.
Dio mi ha dato la rapidità. L’attore Silvio Spaccesi chiedeva di andare all’Eliseo e non trovava nessuno che ce lo portasse. Nella pausa mi avvicino. ‘Scusi, deve andare al Teatro Eliseo?’. ‘Sì’, ‘Ce la porto io, sono della produzione’.
Un’altra bicicletta?
No, ho preso al volo una 500, parcheggiata vicino ai camerini. Ero senza patente, non mi sono formalizzato. Arrivati all’Eliseo, quelli del set si accorgono dell’assenza di Spaccesi. Lo cercano, lo trovano, sento le urla dall’altro capo del filo.
E lei che fa, sparisce?
Macché. Gli dico una cosa gentile: ‘Se mi denunci, te meno’. Poi accendo il motore e punto verso il set. Dopo un km, la macchina si ferma. È senza benzina. Io e Spaccesi spingiamo.
La arrestarono?
No, perché avrebbero dovuto? Avevo 18 anni e cercavo solo di portare a casa la pagnotta. Ma arrivati sul set, lo chiudo in una camera e tolgo la chiave. ‘Le faccio da segretario, mi assume?’.
Un sequestro di persona…
Ma no, voi siete matti. Gli ho soltanto detto di aspettare. Non c’ho avuto mai un papà che mi dicesse: ‘Ti compro la merendina’. Me la sono dovuta guadagnare, ogni giorno.
Perché decise di fare il salto in proprio?
Per presunzione. Pensavo di riposare, sbagliavo. Bondi toglie soldi al cinema, non avendo nessuna competenza. Blandini, il suo predecessore nel settore, era anche peggio. Eppure la soluzione sarebbe semplice.
Quale?
Leggi adeguate per far lavorare tutti, chi non ha i rapporti giusti in Italia agonizza.
Le rimane la ditta di import-export casearia di sua moglie. Fa miliardi.
Un’altra bella leggenda metropolitana. Quando iniziai a fare il produttore, peccai di megalomania. Sette film, tutti insieme. Bertolucci Jr, Castellitto, nomi importanti. Ai miei colleghi rodeva il culo. Fu allora, dall’invidia, che nacque la leggenda di “Viperetta”. Il nome in realtà me lo affibbiò Monica Vitti, perché fui rapido a dare uno schiaffo a un signore che la molestava. Monica senza di me non girava, ero una clausola del suo contratto.
Va bene, ma le mozzarelle di sua moglie?
Per non farmi rompere i coglioni inventai che avevo sposato una miliardaria, proprietaria di una grande industria di formaggi che finanziava i miei film. Mio suocero produce Pecorino romano in realtà, a carattere familiare.
Ingegnoso.
Tutti a dire: ‘Che culo che ha avuto Ferrero, ha trovato la miliardaria’. Creai una storiella, e Radiocinema, puntuale, fece aumentare l’invidia.
Lei ha un bizzarro concetto della verità.
Ne esistono tre. Quella vera, quella processuale, quella documentale. Ma se le carte sono a posto, non ti fotte nessuno.
È vero che sta vendendo la sua compagnia aerea?
Me la vogliono scippare. Ho letto un messaggio sul telefonino di un mio avversario: ‘Stressate Ferrero’. Primo: sono nato stressato. Poi un altro: ‘Stancate Ferrero’: sono già nato stanco. Per fregarmi hanno assoldato una sporca dozzina, ma hanno dimenticato i cannoni di Navarone.
Male che vada, può sempre scappare con l’autista. Dicono non lo paghi mai.
Bugie. Lo pago. Magari ogni tanto, ma lo pago. Amo l’Italia, ma odio i tanti cazzari che perdono tempo a parlare male di me.
Da corrieredellosport.it il 28 dicembre 2021. Marco Lanna è il nuovo presidente della Sampdoria, la decisione questa sera nel corso del proseguimento dell'assemblea dei soci che si è svolta a Mestre nello studio di Gianluca Vidal. 53 anni, per tantissimi difensore della Sampdoria dove era cresciuto nel settore giovanile: adesso per lui una nuova avventura nella società che lo ha visto protagonista dal 1987 e fino al 1993 quando si è trasferito alla Roma. Nella stagione magica dello scudetto ottenuto dai blucerchiati nel 1991 era stato uno dei giocatori più importanti della squadra collezionando 26 presenze. Poi era tornato alla Samp nel gennaio del 2002 per dare una mano quando i liguri erano in serie B: in totale ha indossato 193 volte la maglia della Sampdoria.
Marco Lanna: "La Samp da sempre nel cuore"
"È una grandissima gioia ed una fortissima emozione, il mio cuore è sempre stato blucerchiato", ha confessato ai suoi amici. L'assemblea dei soci ha definito anche il nuovo cda dove spicca la presenza di Antonio Romei, l'avvocato al fianco di Ferrero sin dall'inizio dell'avventura doriana prima di essere allontanato dall'imprenditore romano nel febbraio del 2021 quando Romei era vice presidente e membro del Cda. E fu proprio lui a guidare le trattative quando ci fu la proposta del gruppo di Gianluca Vialli per l'acquisto del club: operazione conclusa con una fumata nera per la valutazione della società da parte di Ferrero considerata eccessiva. Da quanto filtra Romei avrebbe il compito di seguire in prima persona tutto il percorso che porterà alla cessione della società.
Luciano Moggi. Luciano Moggi si racconta: "Il calcio, Agnelli e i pm. La mia vita tra Pablito, Maradona e l'Avvocato". Giovanni Terzi su Il Tempo il 5 dicembre 2021. «La Juve finisce spesso nell'occhio dei magistrati perché si espone di più o perché più potente? Nel merito delle carte non entro. Bisogna capire quali situazioni hanno portato a investigare nuovamente sui bilanci. Quando ho iniziato io, nei primi anni Duemila, la prima inchiesta che aveva riguardato la Juve era stata quella di Guariniello sul doping farmacologico, da cui poi era nata nel 2004 quella sulle frodi sportive, condotta sempre dalla procura di Torino. Di sicuro più una società è importante e più i riflettori vengono accesi su di lei. Poi, che ci sia un accanimento, lo si vedrà dopo gli accertamenti». Così ha detto Luca Palamara, il magistrato che ha, un anno fa, denunciato comportamenti non coretti da parte del CSM . In soldoni Luca Palamara ha detto che la Juve è attrattiva per le inchieste giudiziarie. «Palamara dice una cosa assolutamente ragionevole. Nell'inchiesta sono infatti coinvolte altre società come il Parma, il Genoa, la Sampdoria, il Chievo Verona, per finire con il Pescara e il Napoli ma si parla soltanto di Juventus». Così dice Luciano Moggi già dirigente sportivo di grandi società calcistiche come Roma, Lazio, Torino, Napoli e Juventus, che è riuscito a conquistare sei scudetti, tre Coppe Italia, cinque Supercoppe italiane (quattro con la Juventus e una con il Napoli), una Champions League, una Coppa Intercontinentale, una supercoppa UEFA (tutte con la Juve) oltre alla vittoria della Coppa Uefa con il Napoli; insomma uno che di calcio e di sport se ne intende. «Non conosco nel merito l'inchiesta ma so con precisione ciò che accadde nel 2004 per l'indagine delle procure per i bilanci falsi» continua Moggi.
Cosa accadde?
«Tutto evaporò come una bolla di sapone. Le procure archiviarono facendo rimanere in piedi soltanto l'inchiesta sulla Juventus per infedeltà patrimoniale dovuta all'acquisto del calciatore Moretti della Fiorentina».
E come andò a finire?
«Premesso che l'acquisto fu fatto dalla Juve per sostenere la Fiorentina che era in difficoltà finanziaria ma alla fine, il tutto, si concluse con la richiesta della Juve di patteggiare ma con il GUP (giudice per udienza preliminare) che chiese l'archiviazione perché il fatto non sussisteva».
E quindi anche questa volta pensa che finirà tutto in una "bolla di sapone"?
«Ripeto che non conosco le carte mi risulta però difficile pensare che una società quotata in borsa possa fare plusvalenze e, per ciò che io so della società, credo sia impossibile che la Juventus falsifichi. Intanto però si creano i conflitti di opinione e con questo si costruisce notorietà e si vende di più; le racconto un altro fatto...».
Mi dica...
«Un giorno uscì su un giornale sportivo la notizia "ecco come truccano i sorteggi" ma dopo questa sparata non successe nulla nella realtà. Spesso sono i giornali che fanno il processo costruendo un sentimento popolare su cui viene prodotta la notizia. Anche in questo caso il processo fu fatto dopo anni ma erano già state formulate delle condanne a priori».
Parlando di calcio giocato un anno fa ci lasciava Paolo Rossi un grande campione che lei in qualche modo scoprì. Che ricordo ha del Pablito nazionale?
«La sua scomparsa prematura ed inaspettata mi ha molto colpito e rattristato. Così giovane e con una famiglia meravigliosa. Ho telefonato subito a sua moglie Federica perché a Paolo volevo davvero bene, come ad un figlio».
Quasi si interrompe Luciano Moggi nel parlare del grande campione di calcio e ricordando l'amore della moglie Federica. È una commozione reale di un uomo che non lascia quasi mai trasparire i sentimenti profondi.
«Innanzitutto Paolo Rossi si è scoperto da solo. Noi osservatori dobbiamo solo recepire le notizie di coloro che visionano i giocatori e poi andare a vedere. Io arrivai alla Juve e trovai il fratello Rossano, un buon giocatore tecnicamente preparato ma non veloce, insomma per me non era da Juve. Intanto mi segnalarono Paolo e vado a vederlo mentre giocava nella Cattolica Virtus Firenze e ne rimango stregato. Due piedi incredibili, che parlavano, una visione del gioco straordinaria ed il fiuto per il gol. Non è mai stato fortunato sotto il profilo fisico perché tartassato da tanti infortuni ma ha sempre saputo riprendersi perché era un campione con delle doti di umiltà e resistenza incredibili; e questo senza parlare del profilo umano».
Invece parliamone Moggi, forse un po' manca nel calcio di oggi ...
«Posso dire che era un ragazzo perbene, portatore di valori sani e capace di essere un esempio positivo per tutto il movimento calcistico».
Cosa fece per portarlo alla Juventus?
«Chiesi al papà di Paolo Rossi di far cambio e riportare Rossano a Firenze e Paolo a Torino. Fu, forse, una delle trattative più complicate della mia carriera».
Un altro campione che ha avuto da dirigente, anche lui scomparso un anno fa, è stato Diego Armando Maradona. Che ricordo ha di lui?
«Difficilmente si può spiegare un uomo come Maradona. Dentro di lui c'erano almeno due persone: una adorabile, generosa e capace di dare la vita per aiutare chi amava ma anche chi ne aveva bisogno. E poi c'era il calciatore dal talento unico ma capace di farsi del male. Le racconto un aneddoto: dovevamo andare a Mosca per giocare Spartak-Napoli ed io avevo saputo che lui non voleva partire con la squadra ma con un aereo privato il giorno dopo. Andai a casa da lui e dissi che, qualora fosse successa questa cosa, lui non avrebbe giocato».
E che cosa successe?
«Diego arrivò con l'aereo privato il giorno dopo e si presentò al ristorante. A quel punto io scelsi di dimettermi perché volevo tenere fede a ciò che avevo detto».
E Maradona?
«Nulla. Io dissi che se fosse andato via lui sarebbe implosa la città mentre dimettendomi io non succedeva niente».
La sua carriera fu soprattutto alla Juventus. Che ricordo ha dell'avvocato Gianni Agnelli?
«L'avvocato ogni mattina alle cinque e mezza mi chiamava per sapere come andava la squadra. Per me è stato un rapporto ottimale perché ho sempre avuto la fortuna che si fidasse ciecamente di me e questo ha fatto la differenza. Ma non solo con l'avvocato ma anche con il fratello Umberto ebbi un rapporto profondo. Erano due imprenditori straordinari uno, l'avvocato Gianni, capace di grandi visioni e l'altro, Umberto , con doti manageriali davvero eccezionali. Ogni quindici giorni ci trovavamo per vedere i bilanci e le criticità della società. È stata un'esperienza sia professionale che umana per me indimenticabile».
Che ricordo ha di Umberto Agnelli?
«Un ricordo è stato quando voleva prendere Didier Deschamps come allenatore il quale si faceva desiderare. Così io andai a Roma per cercare un accordo con Fabio Capello che aveva deciso di andare via dalla società giallorossa. Fatto l'accordo con Capello lo dissi al dottor Umberto pregandolo di non confidarli ad alcuna persona, nemmeno sua moglie. Quando mancò la moglie, Allegra Caracciolo, mi confidò che alla domanda precisa di chi sarebbe stato l'allenatore della Juve il dottor Umberto a denti stretti aveva detto. Questo era il livello di relazione che avevamo».
Ed invece dell'avvocato Gianni Agnelli?
«Ricordo una telefonata in cui esordi dicendomi "se le avanza qualcosa pensi a me" riferendosi ad un sondaggio in cui ero uno dei dirigenti sportivi più apprezzato dalle donne. L'avvocato era una persona con una ironia molto inglese. Però, la cosa che più mi è rimasta nel cuore, e che solo due giorni prima che morisse mi ha voluto, insieme a Lippi, vicino. E con questo ho detto tutto».
La Juventus. Febbre a 90. Report Rai PUNTATA DEL 04/12/2021 di Daniele Autieri, collaborazione di Federico Marconi. Un calcio dove si muovono interessi trasversali che arrivano a coinvolgere anche la politica. La Juve e le sue sorelle. Oltre l’inchiesta di Torino sulle plusvalenze sospette per la quale è stato indagato il Presidente della Juventus Andrea Agnelli, il vicepresidente Pavel Nedved, l’ex-direttore sportivo Fabio Paratici e altri due top manager, la prassi delle plusvalenze a specchio” (gli scambi di giocatori conclusi senza passaggio di denaro) tira dentro i più grandi club italiani. Obiettivo: ripianare i debiti e sistemare i bilanci. Una serie di documenti riservati e inediti, in parte analisi dell’Agenzia delle Entrate e in parte degli organi di controllo sul calcio, rivelano la reale situazione finanziaria delle principali squadre di calcio italiane, i ritardi dei pagamenti degli stipendi dei calciatori, ma anche dei debiti tributari e pensionistici. E si aggiungono a un allarme lanciato dalla Covisoc, la Commissione di vigilanza sulle società professionistiche, in una lettera riservata inviata alla Federcalcio: «Esiste un concreto rischio che eventuali situazioni di default abbiano a verificarsi a campionato in corso». All’interno di questo sistema qual è il ruolo dei super agenti come Jorge Mendes, il procuratore di Cristiano Ronaldo, o Mino Raiola, quello di campioni come Donnarumma, Verratti, Ibrahimovic? Testimonianze e documenti inediti ricostruiscono le modalità d’azione e le relazioni tra gli agenti e la dirigenza delle società di calcio, a partire dal caso del giorno: il futuro di Dusan Vlahovic, l’attaccante della Fiorentina ormai considerato uno dei migliori calciatori d’Europa. Dopo le dichiarazioni delle ultime ore del presidente della Fiorentina, Rocco Commisso, che afferma di non farsi ricattare dagli agenti di Vlahovic, Report svela chi c’è dietro l’agenzia che cura gli interessi del calciatore serbo e i giochi di potere per gestire il futuro di un campione. Un gioco diverso dal calcio, dove si muovono interessi trasversali che arrivano a coinvolgere anche la politica.
FEBBRE A 90 di Daniele Autieri con la collaborazione di Federico Marconi immagini di Dario D’India, Carlos Dias, Davide Fonda, Tommaso Javidi Luca Martinelli montaggio di Andrea Masella grafiche di Michele Ventrone ricerca immagini Silvia Scognamiglio
LUCIANO MOGGI – DIRETTORE GENERALE JUVENTUS 1994-2006 Io adesso ti dico a te, e te le dico anche, chi manovrava il campionato… ma tu sta sicuro che non mi querela nessuno.
DANIELE AUTIERI Chi lo manovrava?
LUCIANO MOGGI – DIRETTORE GENERALE JUVENTUS 1994-2006 Non avendo avuto illeciti riscontrati è stato detto che c’era un sistema, il famoso sistema Moggi. Ecco, bene, il sistema Moggi consisteva nel condizionare il campionato. Come si poteva condizionare il campionato se avevi il presidente della Lega contro, il presidente della Federazione contro, il presidente del Coni contro, i designatori contro? Poi c’è un’altra cosa: Lepore, il capo del tribunale di Napoli a un certo punto dice: il processo doveva essere fatto al calcio nella sua interezza, a 360 gradi. Ma lo dice quando praticamente ormai il processo era quasi finito di Calciopoli.
DANIELE AUTIERI E da allora il processo al calcio non è mai stato fatto, ancora oggi dico?
LUCIANO MOGGI – DIRETTORE GENERALE JUVENTUS 1994-2006 Che vuoi processare, il calcio è questo qui.
DANIELE AUTIERI FUORI CAMPO Luciano Moggi è il simbolo di Calciopoli, l’immagine di una Juventus che vince nonostante tutto. Ma quello che per tutti era un dominio costruito sull’esercizio del potere, per lui era solo una lotta per la sopravvivenza, il tentativo di emergere in una guerra tra bande.
DANIELE AUTIERI Lei a un certo punto viene coinvolto anche in un’indagine, un filone di questa indagine sulle plusvalenze della Juve…
LUCIANO MOGGI – DIRETTORE GENERALE JUVENTUS 1994-2006 Questa è ridicola, questa è carina. Non io, la Juventus. La Juventus sapete cosa aveva di plusvalenze? 5 milioni di vecchie lire. E sapete perché? Era stata sollecitata da qualcuno e qui non vi saprei dire da chi, dai capi del calcio, ad aiutare la Fiorentina che era in fallimento e fu comprato Moretti, quello che giocava nel Siena, per 5 milioni o miliardi, adesso non ricordo… Di fronte a tutte le squadre che avevano 200, 300 milioni, e voi sapete chi sono: Inter, Milan, Genoa, Roma in modo particolare, Lazio non ne parliamo… le procure di quei posti lì, hanno azzerato dopo due mesi la cosa, hanno proprio archiviato. La nostra è durata due anni con 5 milioni. Fino a quando non è stata fatta una querela contro ignoti per infedeltà patrimoniale dalla Juventus. Gli ignoti eravamo io, Bettega e Giraudo, non c’era bisogno di cercare, la Juventus fece subito il patteggiamento per questi impiegati infedeli che in 12 anni non gli avevano mai chiesto una lira, erano andati avanti con le proprie forze, quindi erano proprio infedeli. Sapete come è finita? Il Gup ha rifiutato il patteggiamento della Juventus e ha detto che il fatto non sussiste. Quindi gli avversari non erano solo fuori, erano anche dentro.
DANIELE AUTIERI Mi aiuta a capire quante società fallirebbero secondo lei senza le plusvalenze?
LUCIANO MOGGI – DIRETTORE GENERALE JUVENTUS 1994-2006 Il sistema delle plusvalenze è un debito che si protrae nel futuro, nel senso che tu fai una plusvalenza salvi il bilancio un anno però ti ritrovi il debito l’anno prossimo. È tutta una scaletta che dopo arriva come è arrivato per tanti a 200, a 300 milioni e quando parlano di Covid è una barzelletta perché il botteghino può valere 50 milioni, voglio esagerare, ma quando tu hai bilanci in negativo di 200, 300 milioni non è più Covid.
DANIELE AUTIERI FUORI CAMPO Il sistema delle plusvalenze era in piedi già ai tempi di Calciopoli, ma le indagini sulle operazioni sospette che hanno coinvolto l’ex-direttore sportivo finiscono in niente. La Juve di quegli anni è una macchina da guerra: capace di forgiare grandi campioni ma anche grandi procuratori. Uno su tutti: Mino Raiola.
DANIELE AUTIERI Come fanno gli agenti ad acquistare così tanto potere dentro i club, anche nei confronti dei direttori generali?
LUCIANO MOGGI – DIRETTORE GENERALE JUVENTUS 1994-2006 Ci sono agenti potentissimi e sono due, Mendes e Raiola, e poi ci sono gli agenti che aiutano società di calcio perché indicano i giocatori, la società di calcio si fa del male da sola nel momento che non sa trattare. Io ad esempio ho fatto le squadre forti con Raiola. Adesso sento dire che prende 25, 30 milioni. Sapete io cosa gli ho dato a Raiola per avermi fatto prendere Pavel Nedved, anche Emerson che era della Roma, però lui non era procuratore ma era un mandatario di gare della Roma, anche Ibrahimovic, gli ho preso un giocatore senza dargli dei soldi, praticamente un ragazzino valutato un milione, poi questo ragazzino l’ho dato in comproprietà al Siena e mi ha dato 500mila euro. Ecco io in tutta l’attività di Raiola lui ha preso 1 milione.
SIGFRIDO RANUCCI IN STUDIO Certo che appare in gran spolvero Lucianone. Insomma sono passati 15 anni da Calciopoli, da quando quello che era nato come un semplice capostazione di una cittadina, diventa negli anni un potentissimo direttore sportivo, fino a diventare, secondo i magistrati l’ideatore di un sistema illecito per condizionare l’esito dei campionati di calcio. È stato condannato in appello a 2 anni e 4 mesi, con l’accusa di associazione per delinquere finalizzata alla frode sportiva. Ecco, poi nel 2015, prima che si pronunciasse la Cassazione è scattata la prescrizione. Ora Luciano Moggi con Antonio Giraudo, l’ex amministratore delegato della Juventus, hanno presentato ricorso presso la Corte europea dei diritti dell’uomo. Ora, in attesa che la corte si pronunci, però va dato atto, piaccia o non piaccia, che i due avevano messo in piedi un sistema che consentiva alla Juventus di vincere i campionati, dall’altra anche quella di avere i conti apposto. Già allora si parlava di plusvalenze, ma solo 5 milioni di euro, a distanza di 15 anni le cifre sono ben altre e la Juventus è apparsa più fragile e più fragile è tutto il calcio italiano. Perché si è retto per anni sul sistema di plusvalenze a specchio. Come funzionano grosso modo? Funzionano che una società acquista da giovane un calciatore, lo paga 10, poi lo rivende a 20 ma senza sborsare un euro perché trova la complicità di un procuratore, o di una squadra di calcio, che gli mette a disposizione indipendentemente dalla qualità, alla stessa cifra a cui la società vende, gli mette a disposizione uno o più giocatori. Ora, qual è il vantaggio di tutta quella operazione? Che la società che vende l’incasso lo mette subito a bilancio, ed è compresa anche la plusvalenza che ha realizzato negli anni, mentre invece quella che spende può spalmare negli anni, senza aver versato un euroa, la cifra, spostando più in là il debito. Solo che questo sistema di plusvalenze ti costringe ogni anno a ripetere queste operazioni finché poi la bolla esplode. Ed è quello che è successo. Oggi al centro dello scandalo c’è nuovamente la Juventus che è accusata di false comunicazioni societarie, di fatture inesistenti, sostanzialmente di aver falsificato i bilanci. Coinvolti sono il presidente Andrea Agnelli, il vicepresidente Pavel Nedved, l’ex direttore sportivo Paratici e poi altri tre manager. Ora, in queste accuse, tra queste accuse, la magistratura, per formulare queste accuse la magistratura si è soffermata su alcune operazioni di mercato. Una è proprio quella dell’acquisto, da parte della Juventus, di un giocatore, Niccolò Rovella, che era stato acquistato dal Genoa e di cui noi avevamo parlato nella scorsa inchiesta. Sono finite anche nell’occhio della magistratura alcuni contratti, come quello di Cristiano Ronaldo, che ha come manager uno dei procuratori più importanti al mondo: Jorge Mendes. Un altro procuratore, tra i più importanti al mondo è Mino Raiola. Ha la procura di giocatori come Donnarumma, il portiere della Nazionale, e anche Ibrahimovic. Nel 2020 ha incassato commissioni per 84 milioni di dollari. Insomma, noi eravamo andati a cercare la sua sede a Malta, però dopo la puntata Raiola ci ha accusato di falso. Chi aveva ragione? Il nostro Daniele Autieri.
DANIELE AUTIERI FUORI CAMPO Quindici anni dopo Calciopoli la Juventus è di nuovo nella bufera. La Procura di Torino ha aperto un’indagine sulla società e indagato sei alti dirigenti del club tra cui il Presidente Andrea Agnelli, il vicepresidente Pavel Nedved e l’ex-direttore sportivo Fabio Paratici. Le ipotesi di reato sono false comunicazioni delle società quotate ed emissione di fatture inesistenti. Al centro dell’inchiesta, una serie di operazioni di mercato fittizie, per un totale di 322 milioni di euro, che sarebbero servite solo per far quadrare i conti del club. Quelle che danno vita alle famose plusvalenze.
DANIELE AUTIERI Quanto valgono le plusvalenze nei bilanci dei grandi club?
FABIO PAVESI - GIORNALISTA Le plusvalenze sono raddoppiate negli ultimi cinque anni, valevano 300 milioni sono salite a 750 milioni. La sola Juventus ad esempio di plusvalenze fa il 25% dell’intero fatturato annuo
DANIELE AUTIERI FUORI CAMPO L’indagine della procura di Torino segue la strada battuta da quella precedente della Covisoc, la Commissione di vigilanza sulle società di Calcio, che proprio sulla Juve concentra il numero maggiore di operazioni sospette.
FABIO PAVESI - GIORNALISTA Solo negli ultimi due anni sono 62 i trasferimenti sospetti, di cui 42 riguardano la Juventus.
DANIELE AUTIERI FUORI CAMPO Nel caso della Juventus l’indagine approfondisce anche i termini del contratto di Cristiano Ronaldo e gli inquirenti si mettono alla ricerca di una scrittura privata rimasta fuori dagli accordi ufficiali. Il papello è scottante tanto che – dicono i manager della Juve intercettati – “se viene fuori, ci saltano alla gola”. Gli uomini della guardia di finanza lo stanno ancora cercando mentre i giudici si concentrano su sette operazioni a specchio, scambi utili a far quadrare i bilanci ma in cui nessuno dei club ha sborsato un euro. Tra questi quello clamoroso di Nicolò Rovella, il centrocampista acquistato dalla squadra di Torino nel gennaio scorso.
FABIO PAVESI - GIORNALISTA Niccolò Rovella passato dal Genoa alla Juventus per un valore di 18 milioni, nello stesso lasso di tempo sono passati due giocatori del Genoa Portanova e Petrelli alla Juventus, uno valutato 10 l’altro 8, guarda caso …
DANIELE AUTIERI La somma fa 18…
FABIO PAVESI - GIORNALISTA La somma fa 18, e non è un caso tutte e due avevano bisogno di iscrivere una plusvalenza a bilancio ma non è entrato nulla nel flusso di cassa, né nell’una né nell’altra
DANIELE AUTIERI Guardando il bilancio della Juve questo valore di 18 milioni riconosciuto a Rovella è un valore reale?
FABIO PAVESI - GIORNALISTA Mi sembra del tutto irrealistico. Chi conosce Rovella?
DANIELE AUTIERI FUORI CAMPO Nell’indagine “Prisma”, i manager intercettati parlano di tutta la “merda che sta sotto e che non si può dire” e per la prima volta confermano anche il ruolo degli agenti all’interno del sistema, strumenti essenziali per agevolare gli scambi fittizi. Nel caso di Rovella la Juventus incarica il procuratore Giuseppe Riso. L’operazione tra Genoa e Juve è a saldo zero, ma questo mandato riservato dimostra che il club bianconero riconosce a Riso un compenso di 1,7 milioni di euro per la mediazione. Riso non è solo uno dei primi procuratori italiani, ma è anche vicinissimo ad Adriano Galliani, a cui deve l’inizio della sua sfolgorante carriera.
GAETANO PAOLILLO – PROCURATORE Soprattutto con la sorella di Galliani… aveva un rapporto…
DANIELE AUTIERI Una consuetudine… Che faceva, l’autista?
GAETANO PAOLILLO – PROCURATORE Sì.
DANIELE AUTIERI Da factotum?
GAETANO PAOLILLO – PROCURATORE Sì, so che per dire l’accompagnava se doveva andare in un posto, l’accompagnava…
DANIELE AUTIERI E con Galliani stesso lui ha stretto dei rapporti?
GAETANO PAOLILLO – PROCURATORE Sicuramente ha stretto dei rapporti anche con Galliani, perché comunque andavano in vacanza insieme, andavano a Forte dei Marmi insieme, li accompagnava, eccetera. Avendo un rapporto con la sorella, lo aveva anche il dottor Galliani…
DANIELE AUTIERI FUORI CAMPO Quella delle plusvalenze è una prassi comune a tanti club, che emerge analizzando i bilanci delle società. Nel 2019, anno pre Covid, la Juve ha messo a bilancio 154 milioni di plusvalenze, la Roma 132 milioni, il Napoli 83 milioni, il Genoa 79 milioni, la Sampdoria 53. In tutti questi casi le plusvalenze valgono dal 25 al 55% dei ricavi dei club.
FABIO PAVESI - GIORNALISTA Mentre i ricavi da gara più di tanto il biglietto non può aumentare, i ricavi dei diritti tv sono esplosi ai massimi, dalle sponsorizzazioni più di tanto non puoi ottenere, l’unica voce di ricavi che puoi manipolare è proprio lo scambio dei calciatori, le cosiddette plusvalenze.
DANIELE AUTIERI FUORI CAMPO Mentre Consob e Guardia di Finanza si muovono con grande celerità, la Procura Federale della Federcalcio, guidata dal magistrato Giuseppe Chiné, non fa lo stesso. L’indagine della Covisoc inizia nel settembre del 2020, le anomalie vengono segnalate il 14 aprile del 2021 ma ad oggi nessun provvedimento sportivo è stato ancora preso nei confronti dei campioni delle plusvalenze.
DANIELE AUTIERI Il calciatore rischia di diventare una pedina in questo sistema di plusvalenze che poi servono per far tornare i conti dei club?
UMBERTO CALCAGNO – PRESIDENTE ASSOCIAZIONE ITALIANA CALCIATORI Fino a quando qualcuno non dimostrerà che non sono create in maniera fittizia non danno quel tipo di problema però sono situazioni con le quali il nostro sistema oggi si è finanziato.
DANIELE AUTIERI FUORI CAMPO Il 17 novembre scorso a Roma la IAFA, una delle prime due associazioni di rappresentanza dei procuratori italiani, nomina presidente onorario Mino Raiola, il super agente residente a Montecarlo, con società a Malta e nei paradisi fiscali. È un evento aperto a tutta la stampa, tranne ovviamente a Report.
CRISTIAN BOSCO – PRESIDENTE IAFA Noi ci siamo sentiti fino a sera tarda e siamo in overbooking, gliel’abbiamo spiegato. È un amico, però ci ha chiamato solo ieri.
DANIELE AUTIERI FUORI CAMPO Nonostante la nostra richiesta di accredito, il presidente dell’associazione Cristian Bosco fa presente che non siamo i benvenuti e la sicurezza ci invita a lasciare il Circolo. Non prima di aver salutato Mino Raiola.
DANIELE AUTIERI Signor Raiola, sono Daniele Autieri di Report
MINO RAIOLA - PROCURATORE E tu sei serio?
DANIELE AUTIERI Sì, perché no?
MINO RAIOLA Sei serio… io sono contento che vivo in Italia, lo sai perché, così andiamo avanti al tribunale e facciamo decidere qualcun altro.
DANIELE AUTIERI Io l’ho chiamata subito, la prima cosa che ho fatto, si ricorda che la chiamai?
MINO RAIOLA Sì, ma non è che chiamare vuol dire che c’è un obbligo…
DANIELE AUTIERI FUORI CAMPO Nella precedente inchiesta sul calcio avevamo fatto visita alla Three Sport Business, la società di Malta del signor Raiola, incappando – secondo i legali del procuratore – nell’indirizzo sbagliato.
MINO RAIOLA Giornalisticamente tu scopri che l’indirizzo è sbagliato
DANIELE AUTIERI No, non è sbagliato.
MINO RAIOLA Ah, non è sbagliato?
DANIELE AUTIERI Guardi, le dico. Io ho recuperato il mandato di Manolas, la società è quella, l’indirizzo è quello.
MINO RAIOLA Non è quello…
DONNA Io non credo sia questa la sede…
DANIELE AUTIERI Operazione fatta Roma e Napoli…
MINO RAIOLA Non è così…
DANIELE AUTIERI È così!
DANIELE AUTIERI FUORI CAMPO Questo è il mandato che il Napoli firma a Mino Raiola per l’acquisto di Kostas Manolas dalla Roma. Un’operazione Italia su Italia che viene retribuita alla Three Sport Business di Malta. E questo è l’indirizzo che corrisponde al palazzetto nel cuore della Valletta dove abbiamo provato a chiedere spiegazioni sulla società del procuratore. UOMO State registrando?
DANIELE AUTIERI Si, siamo giornalisti UOMO Perché non me lo avete detto? Non voglio essere registrato
SIGFRIDO RANUCCI IN STUDIO Raiola dopo la scorsa puntata ci aveva accusato di aver detto il falso, di essere andati presso l’indirizzo sbagliato di quella che è la sua società, la Three Sport Business di Malta. Ora, e invece che cosa era successo? Era successo che Raiola non aveva ancora comunicato alla Federcalcio al momento della nostra visita il cambiamento di indirizzo. Semmai quel contratto che il nostro Daniele Autieri gli mostrava, il contratto di Manolas, è la testimonianza che la sua società di Malta era proprio a quell’indirizzo dove noi eravamo andati e che era servita nelle sue operazioni anche Italia su Italia. Raiola dice che è tutto quanto legale, la sua residenza è a Montecarlo, la sua società è operativa al 100 per cento seppur maltese. È contento solo per il fatto di essere in Italia, di vivere in Italia, è contento solo per il fatto di poterci denunciare. Ecco, insomma, questo è Raiola. E per quello che riguarda invece le plusvalenze, insomma la magistratura è dovuta intervenire, è intervenuta sulla Juventus. Però le fanno anche la Sampdoria, la Roma, il Napoli, soprattutto il Genoa. Nel campionato pre-Covid ha fatturato 50 milioni di euro dai diritti televisivi, dai biglietti, dalle sponsorizzazioni, ma ne ha anche fatturati 70 dalle plusvalenze: una cifra che non ha precedenti nella storia del campionato italiano. Ecco, dicevamo, è dovuta intervenire la magistratura per quel che riguarda la Juventus, perché la procura federale che è guidata da Giuseppe Chiné, che è anche capo di gabinetto del ministro dell’economia, non si è mossa in maniera molto veloce: ha un po’ il passo felpato. Anche la Covisoc, che è la commissione che vigila sulle società professionistiche, aveva segnalato alla Federcalcio e alla procura federale una montagna di anomalie già a partire dalla scorsa primavera. Ma ora aspetta l’esito della giustizia della magistratura ordinaria che la giustizia sportiva, l’abbiamo capito, ha i suoi tempi. Ne sa qualcosa il patron del Chievo Luca Campedelli. Il quale dice che la giustizia sportiva per gli amici si interpreta, e invece per i nemici la si applica. E a lui l’hanno applicata. In un’intervista che lui stesso definisce l’ultima della sua storia, si toglie i sassolini dalle scarpe. Siamo andati a trovarlo in quel centro che lui stesso aveva costruito quando all’inizio sembrava tutto una favola.
DANIELE AUTIERI VOCE FUORI CAMPO A scivolare sulle plusvalenze qualche anno fa era stato il Chievo, coinvolto in un’inchiesta della procura federale, e punito con alcuni punti di penalizzazione.
DANIELE AUTIERI Anche voi siete finiti sotto la lente della procura federale sul tema delle plusvalenze ad esempio. Vi siete prestati anche voi a questo sistema?
LUCA CAMPEDELLI - PRESIDENTE CHIEVO VERONA La procura federale ha contestato al Chievo il fatto che noi facevamo delle plusvalenze secondo loro fittizie per ottenere l’iscrizione. Gli abbiamo dimostrato che avevano sbagliato i conti, perché li avevano sbagliati, e addirittura e noi eravamo iscrivibili a prescindere dalle plusvalenze.
DANIELE AUTIERI FUORI CAMPO Nel 2018 il Chievo si è salvato, ma non stavolta. Il 26 luglio scorso il collegio di garanzia del Coni rigetta il ricorso del club e decreta la sua esclusione dal campionato di serie B per debiti tributari pari a circa 20 milioni di euro. Finisce così la storia della cenerentola partita da una frazione di Verona e arrivata a un passo dalla Champions League.
DANIELE AUTIERI Perché vi hanno buttato fuori a un certo punto, lei se l’è chiesto?
LUCA CAMPEDELLI - PRESIDENTE CHIEVO VERONA Per me… al tavolo ormai non servivamo più e quindi nella loro ottica è giusto che il Chievo…
DANIELE AUTIERI Cioè la legge per alcuni si interpreta per altri si applica.
LUCA CAMPEDELLI - PRESIDENTE CHIEVO VERONA Questa è una frase tanto cara a un mio ex-amico che continua a ripetere: aho, per gli amici si interpreta per i nemici si applica. Devo dire con me non si è mai interpretato
DANIELE AUTIERI Il suo vecchio amico chi è, Lotito?
LUCA CAMPEDELLI - PRESIDENTE CHIEVO VERONA Non si fanno nomi.
DANIELE AUTIERI FUORI CAMPO Il Chievo oggi è una società fantasma. Tutti i suoi tesserati, dal giocatore più forte della prima squadra all’ultima promessa del settore giovanile, sono stati liberati, e sono andati a giocare altrove.
DANIELE AUTIERI Lei adesso che farà col Chievo?
LUCA CAMPEDELLI - PRESIDENTE CHIEVO VERONA Non so cosa farò di me dopo l’intervista sinceramente … credo che sia l’ultima intervista che rilascio.
DANIELE AUTIERI Lei lo vive da più di vent’anni, qual è il male del calcio italiano?
LUCA CAMPEDELLI - PRESIDENTE CHIEVO VERONA Si fa calcio non per il calcio.
DANIELE AUTIERI Affari…
LUCA CAMPEDELLI - PRESIDENTE CHIEVO VERONA Altre cose, affari, interessi, voglia di protagonismo. Io almeno ho cercato di fare il calcio sempre e solo per il calcio.
DANIELE AUTIERI Essere la cenerentola della serie A ha avuto un prezzo abbastanza alto
LUCA CAMPEDELLI - PRESIDENTE CHIEVO VERONA Cenerentola a un certo punto il principe viene con la scarpetta e ti porta a palazzo…
DANIELE AUTIERI Qui non è arrivato nessun principe?
LUCA CAMPEDELLI - PRESIDENTE CHIEVO VERONA Qui non è arrivato nessuno. Diciamo che sembriamo più la strega cattiva de Biancaneve.
DANIELE AUTIERI FUORI CAMPO Il Chievo era davvero la strega cattiva del calcio italiano? Relazioni riservate dell’Agenzia delle Entrate dimostrerebbero che non era meno cattiva di altre streghe. La quasi totalità delle società di calcio è in ritardo con i pagamenti. Non solo degli stipendi, ma anche delle incombenze fiscali e pensionistiche.
DANIELE AUTIERI Dai documenti che abbiamo recuperato emerge che almeno la metà dei club di serie A è in ritardo con i pagamenti.
GIAN GAETANO BELLAVIA - ESPERTO IN RICICLAGGIO Le società di calcio sono tutte in condizioni di squilibrio economico talvolta anche finanziario. Come anche le imprese non calcistiche, la prima cosa che si fa non si paga lo stato, non si paga l’Iva, quindi non mi stupisco per niente.
DANIELE AUTIERI FUORI CAMPO I club non pagano perché hanno finito i soldi. Almeno i più grandi, a partire dall’Inter campione d’Italia che per raccogliere finanza sul mercato ha sottoscritto un bond da 300 milioni di euro.
DANIELE AUTIERI Lei come definirebbe la situazione finanziaria dell’Inter?
GIAN GAETANO BELLAVIA - ESPERTO IN RICICLAGGIO La definirei come minimo pesantissima. Nel senso che ha una marea di debiti, credo che sia sugli 800 milioni di euro, 900 milioni di euro di debiti a fronte di un 300 milioni di euro di crediti, quindi hanno un grosso squilibrio.
DANIELE AUTIERI FUORI CAMPO Se il futuro è incerto la proprietà cinese dell’Inter ha cercato nuovi modi per mettere una pezza sul presente. Nel 2019 presta al Genoa il calciatore Andrea Pinamonti con obbligo di riscatto e iscrive a bilancio una plusvalenza di quasi 20 milioni di euro. Il 1° settembre del 2020 il Genoa onora il patto e riscatta Pinamonti a 20 milioni, ma pochi giorni dopo – il 24 settembre – l’Inter lo ricompra a 22. Un gioco di prestigio, simile alla scelta di rivalutare i beni di sua proprietà.
GIAN GAETANO BELLAVIA - ESPERTO IN RICICLAGGIO Loro hanno rivalutato il marchio Inter e la libreria media, che avevano comprato dalla rai.
DANIELE AUTIERI Di quanto hanno rivalutato la libreria e il marchio?
GIAN GAETANO BELLAVIA - ESPERTO IN RICICLAGGIO Si, 90 milioni il marchio e 25 milioni la libreria
DANIELE AUTIERI FUORI CAMPO In questo caso la zattera di salvataggio del calcio italiano è stata la Federcalcio, che il 10 settembre ha approvato questa nota di indirizzo all’interno della quale vengono sospesi i controlli sugli adempimenti fiscali e contributivi previsti dalle scadenze federali. Un provvedimento preso da una federazione ancor prima che venga discusso dal governo.
DANIELE AUTIERI Cosa significa questo provvedimento della Federcalcio?
GIAN GAETANO BELLAVIA - ESPERTO IN RICICLAGGIO La Federcalcio dice: se tu non paghi noi non ti sanzioniamo.
DANIELE AUTIERI Non apriamo un’inchiesta su di te e non ti diamo punti di penalizzazione non facciamo niente
GIAN GAETANO BELLAVIA - ESPERTO IN RICICLAGGIO No.
DANIELE AUTIERI È un modo un po’ per incentivare i club a non pagare…
GIAN GAETANO BELLAVIA - ESPERTO IN RICICLAGGIO Poveri club…
SIGFRIDO RANUCCI IN STUDIO Vabbè, allora la Covisoc, la commissione che controlla i bilanci delle società professionistiche, aveva il 30 giugno lanciato un allarme. Aveva scritto una lettera al presidente della Federcalcio Gravina, aveva detto guardate che avete applicato delle norme buoniste per le iscrizioni al campionato da parte delle squadre di calcio. C’è il rischio che qualcuna ci abbandoni a metà strada, che dichiari il default e metta rischio il regolare svolgimento del campionato. Ma Gravina tira diritto e a settembre dice alle squadre di calcio: guardate che sono interrotti i controlli sul pagamento dei contributi e il pagamento delle tasse. Insomma, un po’ un via libera. Quello che è certo è che le squadre stanno facendo di tutto per aggiustare i bilanci. L’Inter per esempio ha rivalutato per 90 milioni di euro il proprio marchio e ha rivalutato anche di 25 milioni di euro il proprio archivio fotografico e la propria cineteca. Insomma, non ci sarebbe nulla di male vista l’importanza dell’Inter solo che gli hanno affibbiato l’etichetta di eterni a questi valori. Insomma, poi se va in serie B l’Inter che succede? Lo vedremo. Quello che è certo è che le squadre sono sempre alla ricerca disperata di liquidità, questo potrebbe avvenire anche attraverso le bollette pazze, come quelle del Milan Real Estate, la società che controlla l’immobiliare del Milan.
DANIELE AUTIERI FUORI CAMPO La storia di Michelangelo Albertazzi al Milan inizia in questo edificio alle porte di Gallarate. È qui che il club alloggia i suoi giocatori che non hanno una casa a Milano. Un benefit garantito dalla società del quale hanno beneficiato campioni come Ronaldinho, Gattuso, Inzaghi.
DANIELE AUTIERI Era giovanissimo, un ragazzo.
MICHELANGELO ALBERTAZZI - EX CALCIATORE PROFESSIONISTA Io alloggiavo, ho fatto due mesi in convitto poi nel frattempo mi preparavano questo appartamento… In comodato d’uso dove c’erano altri giocatori come Kalac, Inzaghi, Gattuso, c’era Ancelotti.
DANIELE AUTIERI FUORI CAMPO Michelangelo Albertazzi milita dal 2008 al 2011 nel settore giovanile del Milan e dal 2014 al 2015 in prima squadra. La prima volta che varca il portone dell’edificio ha solo 16 anni e la società gli assegna l’appartamento che era stato di Rino Gattuso. Il patto, per lui come per tutti i condomini, è semplice: il club mette a disposizione l’appartamento, il calciatore paga le utenze.
MICHELANGELO ALBERTAZZI - EX CALCIATORE PROFESSIONISTA Io mi ritrovavo detratte dalla busta paga cifre assurde si parla anche di 9mila euro in un mese e giustificate come spese condominiali luce e gas. Ho iniziato a chiedere semplicemente di vedere la bolletta, come mai c’era qualche problema, era il contatore, non lo so… Per farla breve negli anni, ormai sono passati 9 anni, 10 anni, per i 3, 4 anni che ho usufruito di questa casa qui non ho mai avuto una bolletta reale.
DANIELE AUTIERI In quei 3, 4 anni quanto ammontano le spese condominiali che ha dovuto sostenere?
MICHELANGELO ALBERTAZZI - EX CALCIATORE PROFESSIONISTA Io so che mi hanno trattenuto una cifra intorno ai 150mila euro.
DANIELE AUTIERI FUORI CAMPO Nel 2015 a Casa Milan c’è una riunione tra Albertazzi, il suo procuratore, e lo staff del Milan. Una riunione convocata per chiarire il mistero delle spese condominiali.
PROCURATORE MICHELANGELO ALBERTAZZI Milan Real Estate che non so se è una cosa vostra o meno…
STAFF MILAN Eh si che è nostra.
PROCURATORE MICHELANGELO ALBERTAZZI Addirittura loro arrivano su con una cartella e devono verificare se coincide. E mi hanno detto: ma qui è tutto sballato
DANIELE AUTIERI FUORI CAMPO Secondo i dirigenti del club, il Milan non ha alcuna responsabilità. Gli appartamenti sono infatti di proprietà della Tordisole srl, una società immobiliare che ha siglato un contratto di locazione con la Milan Real Estate, l’immobiliare che per anni è stata guidata da Adriano Galliani e oggi da Paolo Scaroni. La Tordisone segnala alla Milan Real Estate i costi e quest’ultima li detrae dagli stipendi dei calciatori.
DANIELE AUTIERI Rispetto a questi appartamenti di Gallarate che affittavate alla Milan Real Estate eravate voi a segnalare i costi delle utenze a loro?
ROBERTO TONETTI – AMMINISTRATORE TORDISOLE SRL Ma in realtà loro facevano un contratto e se le intestavano loro quindi non avevamo noi riscontro.
DANIELE AUTIERI Ma a voi non risulta che arrivassero bollette molto elevate ad alcuni giocatori?
ROBERTO TONETTI – AMMINISTRATORE TORDISOLE SRL No, no. Allora l’immobile dove stanno è un immobile importante, c’è la piscina, la portineria, sono sempre state affittate a loro, le abbiamo sempre affittate e vendute senza che ci fosse questo problema. I calciatori si sa, vivono la loro vita come dire, non è che sono proprio parchi nei consumi.
DANIELE AUTIERI FUORI CAMPO Dopo gli scontri sui costi dell’abitazione, Michelangelo Albertazzi viene ceduto in via definitiva al Verona e arriva il momento di lasciare la casa. A quel punto dalla società che gestisce gli appartamenti arriva una richiesta di risarcimento danni.
MICHELANGELO ALBERTAZZI - EX CALCIATORE PROFESSIONISTA Mi hanno effettivamente chiesto una cifra spropositata, si parla di più di 100-120- 130mila euro per i danni alla casa.
DANIELE AUTIERI Cioè che lei gliel’avrebbe lasciata danneggiata la casa?
MICHELANGELO ALBERTAZZI Sì, per 120, 130mila euro… adesso non voglio sbagliarmi ma tra danni alla casa e altre spese condominiali dovute agli anni precedenti che non mi avevano tolto dalla busta paga.
DANIELE AUTIERI FUORI CAMPO Queste sono le foto della casa di Albertazzi dopo il suo trasloco. Una casa ben tenuta. Nonostante questo il calciatore accetta l’accordo, rinuncia a chiedere indietro i soldi delle bollette e in cambio evita la causa per i danni all’abitazione.
DANIELE AUTIERI Lei aveva delle prove…
MICHELANGELO ALBERTAZZI Io avevo tutte le prove, i testimoni, i filmati quando ho lasciato la casa. L’unica cosa strana era queste cose che non sono mai state spiegate. A quel punto io ho detto vi chiedo i soldi del mio contratto che mi avete tenuto ingiustamente, poi c’era anche uno scivolo di contratto non pagato. Alla fine si è venuto a un patteggiamento dove loro hanno rinunciato a chiedere soldi per danni che in realtà non c’erano.
DANIELE AUTIERI FUORI CAMPO La questione si chiude per sempre e nessun altro giocatore denuncia le anomalie delle bollette pazze del Milan, ma i resoconti interni delle spese condominiali che siamo riusciti e recuperare dimostrano come quella delle bollette pazze fosse una prassi comune.
SIGFRIDO RANUCCI IN STUDIO Allora in quegli alloggi ci sono dei campioni come Nesta, Inzaghi, Ronaldinho, Gattuso, però certo loro hanno dei contratti milionari, se ala fine del mese gli detrai qualche migliaio di euro loro nemmeno se ne accorgono. Cosa diversa invece se riguarda un giovane della primavera come Michelangelo Albertazzi, che ha uno stipendio mensile di circa 10mila euro, se ne detraggono 9 per pagare condominio e utenze del gas e utenze della luce, lui ci fa subito caso. Ed è per questo che chiede spiegazioni a Milan Real Estate. Dice: mi fate vedere le bollette originali, quelle di Enel e Eni? Allora manager di Milan Real Estate era Adriano Galliani, oggi è Paolo Scaroni. Solo che invece le bollette non gliele fanno vedere, tranne in un paio di casi, e gli fanno vedere solamente i rendiconti della Tordisole, la società proprietaria degli immobili che vengano affittati poi ai giocatori. Per la Tordisole non c’è nulla di anomalo in quei conguagli. Quando invece Albertazzi viene poi venduto al Verona, lui che cosa fa? Minaccia una causa al Milan Real Estate e chiede indietro quei 120mila euro che lui suppone siano frutto di bollette gonfiate. È solo a quel punto che Milan Real Estate chiede danni ad Albertazzi per la stessa cifra equivalente, 120 mila euro, perché secondo loro ci sarebbero stati dei danni all’appartamento di Albertazzi. M ainsomma dalle foto e dalle immagini che abbiamo visto non ci sarebbero danni. Insomma, alla fine fanno pari e patta: Albertazzi non chiede i soldi delle bollette e Milan Real Estate non chiede i soldi per i danni. Insomma, finisce così in una bolla di sapone. Gli unici che incassano sempre sono i procuratori dei giocatori. Talmente potenti che questa volta ci conducono ad un intrigo internazionale.
DANIELE AUTIERI FUORI CAMPO Rino Gattuso, Ringhio per gli amici, il campione del mondo divenuto allenatore è incappato in una brutta esperienza con la Fiorentina. Un amore nato e morto in un amen. Terzo incomodo, secondo molti, il suo procuratore Jorge Mendes, uno degli agenti più potenti al mondo, capace di negoziare nel 2020 oltre 1 miliardo di euro di contratti, compreso quello di Cristiano Ronaldo.
DANIELE AUTIERI Perché nascono dei problemi tra il procuratore Mendes e la Fiorentina?
PROCURATORE Perché nel momento in cui Gattuso firma e diventa l’allenatore questa estate, Mendes chiede alla Fiorentina l’acquisto di tre, quattro giocatori tra i 20 e i 30 milioni di euro.
DANIELE AUTIERI È immediato… quasi contemporaneo
PROCURATORE Si, è una condizione successiva alla firma ma diventa necessaria per il deposito del contratto.
DANIELE AUTIERI FUORI CAMPO Per alcuni di questi calciatori Mendes è l’agente, per altri l’intermediario. Uno di loro è Sergio Oliveira, un 29enne che veniva dal campionato greco. Alla Fiorentina Mendes chiede 20 milioni di euro e un contratto di 5 anni a 4 milioni di euro l’anno.
DANIELE AUTIERI Perché, come ad esempio nel caso di Oliveira, la Fiorentina si sente sotto scacco del procuratore?
PROCURATORE Mendes ha chiesto di dare una risposta dal lunedì alla domenica, in una settimana…
DANIELE AUTIERI La squadra poteva non accettare l’acquisto e finiva là.
PROCURATORE Se la Fiorentina non avesse accettato l’acquisto rimaneva pendente la situazione Gattuso, il contratto era firmato ma non depositato.
JOE BARONE - GENERAL MANAGER FIORENTINA Buongiorno, è una bellissima giornata di sole, con il nuovo allenatore, il nostro Gennaro Gattuso.
DANIELE AUTIERI FUORI CAMPO La Fiorentina non cede e il 17 luglio, a meno di un mese dall’annuncio del nuovo allenatore, un comunicato del club ufficializza la rottura con Rino Gattuso.
RINO GATTUSO - ALLENATORE A me chi mi conosce nel mondo del calcio sa che io sono uno che parla chiaro, non sono uno che sta dietro ai soldi. Avevo firmato un contratto milionario l’ho lasciato perché le promesse che sono state fatte non sono state mantenute.
DANIELE AUTIERI A me risulta che Mendes volesse piazzare quattro calciatori alla Fiorentina e che questa fosse una sua condizione per la sua permanenza all’interno del club…
RINO GATTUSO - ALLENATORE I giocatori non erano 4, c’erano Silva e Guedes, non erano 4 giocatori. Dopo ripeto, la storia dice ad oggi che io non ho mai preso un giocatore di Jorge Mendes.
DANIELE AUTIERI Sì ho capito, ma a suo avviso non c’è un conflitto di interessi quando un agente tutela sia gli interessi di un allenatore che di un calciatore?
RINO GATTUSO - ALLENATORE Io sono d’accordo che ci può essere un conflitto di interesse ma poi sta anche alle persone. Io penso che quando una persona è una persona perbene e non vuole nascondere nulla e non c’ha scheletri nell’armadio si comporta bene.
DANIELE AUTIERI FUORI CAMPO Dopo la disavventura di Gattuso e lo scontro con Jorge Mendes, la squadra del tycoon italo-americano Rocco Comisso si trova alle prese con altri agenti, quelli della stella serba del club, Dusan Vlahovic. Una brutta storia, che porta Comisso a dichiarare pubblicamente: “Con gli agenti è un Far West, non mi faccio ricattare”
DANIELE AUTIERI In che momento la Fiorentina comincia a trattare il rinnovo di Vlahovic l’attaccante
PROCURATORE La Fiorentina presenta una prima proposta a dicembre del 2020. I suoi procuratori volevano parlare, hanno chiesto come commissione 2 milioni e mezzo. Una cifra che per la Fiorentina considerando Vlahovic un attaccante molto buono su cui contare che poi è esploso quest’anno ha fatto anche 20 gol, una cifra anche ragionevole.
DANIELE AUTIERI FUORI CAMPO Società e agenti iniziano a dibattere su tutto, dal compenso del calciatore alla clausola rescissoria, la cifra che la Fiorentina sarebbe obbligata ad accettare se si presentasse un eventuale acquirente del calciatore. Ma la rottura si consuma sulla richiesta di una percentuale elevata da riconoscere agli agenti stessi in caso di vendita del calciatore ad un altro club.
DANIELE AUTIERI Ad oggi la fiorentina ha detto che ha rotto i rapporti con gli agenti di Vlahovic. Perché si è arrivati a questa rottura? Che gioco facevano gli agenti?
PROCURATORE Un gioco al rialzo. Secondo il club dietro questo gioco c’è l’interesse e lo so per certo di altre squadre, sia italiane che straniere.
DANIELE AUTIERI FUORI CAMPO A tutelare gli interessi del calciatore è la International Sports Office di Belgrado, rappresentata in Italia dal procuratore Lodovico Spinosi.
LODOVICO SPINOSI – AGENTE ITALIANO DI DUSAN VLAHOVIC Hanno detto un sacco di stupidaggini.
DANIELE AUTIERI Sì?
LODOVICO SPINOSI – AGENTE ITALIANO DI DUSAN VLAHOVIC Sì, ma ho sentito roba di connivenza con cose strane, personaggi equivoci in Serbia, ma assolutamente purtroppo sono delle voci che temo stia mandando in giro la Fiorentina per giustificare il fatto che rischiano di perdere il giocatore. Io lavoro con loro e sono delle persone normalissime che vengono da buone famiglie serbe, famiglie importanti in Serbia.
DANIELE AUTIERI FUORI CAMPO Per capirne di più raggiungiamo la International Sports Office in una Belgrado irriconoscibile. I vecchi idoli sopravvivono ancora, ma la città è nel pieno di una incredibile speculazione urbanistica che punta a trasformare il suo skyline. Gli uffici dell’agenzia sono invece nel centro storico, all’interno di questo palazzo circondato di telecamere di sicurezza. Proviamo più volte a contattarli ma nessuno risponde al citofono.
DANIELE AUTIERI Che tipo di agenzia è questa?
IVANA JEREMIC - DIRETTRICE BALKAN INSIGHT È un’agenzia molto giovane. È stata fondata nel gennaio del 2015 e Vlahovic è stato il primo calciatore registrato, appena due settimane dopo la registrazione della società alla camera di commercio serba.
DANIELE AUTIERI FUORI CAMPO Ivana Jeremic viene dal Centro di Giornalismo Investigativo della Serbia e oggi dirige la testata Balkan Insight. Da anni lavora sulle relazioni tra la International Sports Office e il Partizan di Belgrado, una delle due squadre cittadine controllata direttamente dallo Stato. La rete di relazioni della Fiorentina arriva però ben più in alto, fin dentro le stanze del potere dove si muove con maestria il Segretario Generale del Governo serbo, Novak Nedic.
IVANA JEREMIC - DIRETTRICE BALKAN INSIGHT I collegamenti tra il Partizan e l’International Sports Office vengono dall’amicizia tra il proprietario dell’agenzia, Grgic, e un membro del governo, il segretario generale Novak Nedic. Quello che sappiamo è che la madre di Novac Nedic aveva delle quote di una società, quote che sono state poi rilevate da Grgic. Circa sei anni dopo questo scambio di quote Nedic ha sostenuto l’ingresso della International Sports Office negli affari del club
DANIELE AUTIERI Quindi Nedic ha un ruolo ufficiale anche dentro il Partizan?
IVANA JEREMIC - DIRETTRICE BALKAN INSIGHT Nedic faceva parte del management del club ed era uno dei membri del board.
DANIELE AUTIERI FUORI CAMPO Questo è il contratto che dimostra il passaggio di quote tra la madre di Novac Nedic e Dejan Grcic nel controllo della branch serba di una società con sede nel Delaware. Tutto ruota intorno al Partizan di Belgrado, una delle squadre cittadine, con un passato e un presente gloriosi, ma anche una fucina di nazionalismo, tifo violento, crimine di strada.
BOJANA PAVLOVIC – GIORNALISTA KRIK In Serbia abbiamo due grandi club controllati dallo stato, la Stella Rossa e il Partizan. Quello che ogni governo prova a fare quando va al potere è prendere il controllo di questi club perché ci sono dietro tanti soldi. Quello che sappiamo, su cui abbiamo investigato per anni, è il tentativo del presidente Aleksander Vucic di prendere il controllo del club mettendo persone a lui vicine nel management.
DANIELE AUTIERI FUORI CAMPO Nel 2014 una guerra tra bande combattuta tra gli ultras del Partizan segna l’ascesa dei Giannizzeri, un nuovo gruppo, più forte e più violento degli altri. E proprio accanto ad alcuni supporter di questo gruppo è stato visto più volte il figlio del presidente della Serbia, Danilo Vucic.
BOJANA PAVLOVIC – GIORNALISTA KRIK La prima volta che lui è stato visto con queste persone è stato in uno stadio di calcio, durante i mondiali di calcio in Russia.
DANIELE AUTIERI FUORI CAMPO Questa è la prima immagine che ritrae Danilo Vucic con il gruppo di supporter più estremo del Partizan. Una circostanza che l’entourage del presidente spiega parlando di un incontro casuale allo stadio.
BOJANA PAVLOVIC – GIORNALISTA KRIK Ci sono foto di Vucic con Aleksander Vidoevic. Sappiamo con certezza, grazie alle informazioni confermate dalla Polizia, che Aleksander Vidoevic è considerato un membro attivo di questo gruppo criminale molto pericoloso.
DANIELE AUTIERI FUORI CAMPO Bojana Pavlovic è una giornalista di Krik, l’urlo in serbo, un network di giornalisti investigativi impegnati contro la corruzione e le mafie. Una sera, su segnalazione di una fonte, raggiunge un bar in centro dove Danilo Vucic il figlio del presidente siede in compagnia con alcuni uomini vicini ad ambienti criminali. Tra loro c’è anche il capo ultras Aleksander Vidohevic. E li fotografa.
BOJANA PAVLOVIC – GIORNALISTA KRIK Ho fatto questa foto e dopo sono stata fermata da alcuni uomini che mi seguivano e dicevano di essere della polizia. Mi sono fermata e mi hanno detto che era proibito scattare foto a persone protette.
DANIELE AUTIERI FUORI CAMPO Poco dopo Aleksander Vidoevic esce dal caffè e le fa ridare il telefono. In quel momento gli uomini della polizia scompaiono. La giornalista denuncia ma il caso viene immediatamente chiuso. Lei riesce comunque a salvare le foto, ed ecco una nuova immagine che ritrae il figlio del presidente insieme al capo ultrà Vidoevic.
BOJANA PAVLOVIC – GIORNALISTA KRIK Recentemente il gruppo dei Giannizzeri ha cambiato nome e si è molto indebolito. Negli anni ha commesso reati violenti e adesso alcuni componenti del gruppo sono accusati di omicidi, rapimenti, traffico di droga e possesso illegale di armi.
DANIELE AUTIERI FUORI CAMPO Danilo Vucic e suo padre, il presidente, hanno preso più volte le distanze da questo gruppo, spiegando che il giovane Vucic è solo un grande appassionato di calcio. Ed è forse per questo che la sua figura ricompare al fianco di Dusan Vlahovic, il calciatore della Fiorentina che – secondo alcune fonti qualificate vicine al club – avrebbe tra i suoi agenti anche il figlio del presidente serbo Danilo Vucic. Gli altri agenti del calciatore negano e nega anche lo staff del Presidente. Proviamo allora a domandarlo direttamente alla stella dei Viola.
DANIELE AUTIERI Ciao Dusan, sono un giornalista della Rai ti posso chiedere solo una cosa? Volevo sapere del contratto con la Fiorentina, volevo sapere se lo rinnovi, non lo rinnovi? Ti va di dirmi…
DUSAN VLAHOVIC Ciao amico…
DANIELE AUTIERI Me ne vado solo una cosa…
DUSAN VLAHOVIC O, vado a fare allenamento amico.
DANIELE AUTIERI Vucic, il tuo agente, il figlio del presidente serbo…
DUSAN VLAHOVIC Sto andando…
DANIELE AUTIERI Vucic, il tuo agente…
SIGFRIDO RANUCCI IN STUDIO Allora, il campione della Fiorentina Vlahovic ha un contratto che scade tra un anno e come spesso avviene in queste situazioni si cerca di trovare un accordo per rinnovarlo: da una parte ci sono gli uomini della società, il direttore sportivo, dall’altra gli agenti del calciatore serbo. Solo con chi sta trattando la Fiorentina? E qui c’è un’ombra: da voci incontrollate pare che uno degli agenti, anzi l’agente occulto del calciatore, sia Danilo Vucic, figlio del presidente serbo Alexander Vucic. Fonti presidenziali smentiscono questa ipotesi, quello che è certo è che invece l’International Sport Office, cioè la società che ha la procura del calciatore, ha, se la guardi dentro, se guardi nella pancia, un filo che conduce nel governo: è quello di Nedic, il potente segretario del governo serbo. Ora che le squadre di calcio siano uno strumento per il consenso della politica, questo è noto da tempo. Che siano anche un bacino clientelare di voti, anche questo è noto da tempo. Ma ora che anche i procuratori siano invece collegati alla politica, insomma rappresenta una evoluzione preoccupante. Perché poi come la coniughi la commessa che si intasca un procuratore con l’ipotesi di un finanziamento a un politico? Le infiltrazioni come abbiamo visto sono sempre pericolose. Avevamo parlato nella scorsa puntata della criminalità all’interno dei procuratori, abbiamo parlato anche di una misteriosa aggressioni che aveva subito Davide Lippi. Ecco ci tiene a far sapere che quell’aggressione era finalizzata a rubargli l’orologio e non è da considerarsi una spedizione punitiva per la compravendita di giocatori.
Antonio Barillà Giuseppe Legato per “La Stampa” il 27 novembre 2021. Le operazioni di calciomercato effettuate dalla Juventus nell'ultimo triennio, che hanno generato in più circostanze discusse plusvalenze, già al centro di accertamenti da parte della Consob e poi della Covisoc, organismo di controllo delle società di calcio, diventano adesso un'ipotesi di accusa per la Procura di Torino che ha inviato i militari della Guardia di Finanza alla Continassa e nella sede milanese del club bianconero per acquisire documenti. Sei gli indagati, tra cui il presidente Andrea Agnelli, al vertice della società dal 19 maggio 2010. Con lui il vicepresidente Pavel Nedved, l'ex managing director area football Fabio Paratici, adesso al Tottenham, l'ex managing director area business Stefano Bertola, il direttore finanziario Stefano Cerrato e il suo predecessore Marco Re. Sia Bertola sia Re non fanno più parte dell'organigramma societario bianconero. I sei dirigenti sono accusati di false comunicazioni delle società quotate ed emissione di fatture per operazioni inesistenti: è altresì ipotizzato, a carico della società, il profilo di responsabilità amministrativa da reato, previsto qualora una persona giuridica abbia tratto vantaggio dalla commissione di taluni specifici illeciti. L'indagine, denominata Prisma, che ha avuto avvio nel maggio 2021 ed è affidata ad un pool di Magistrati del Gruppo dell'Economia, composto dai Sostituti Procuratori Ciro Santoriello, Mario Bendoni e dal Procuratore Aggiunto Marco Gianoglio, fa seguito come detto ad accertamenti di Borsa o interni al calcio, estesi non solo il club bianconero: al centro movimenti di calciatori con valutazioni spesso sospette che lascerebbero trasparire l'intenzione di creare plusvalenze fittizie finalizzate al falso in bilancio. Materia intricata che la magistratura ha trattato già in passato scontrandosi sovente con la difficoltà di stabilire il valore reale ed oggettivo di un calciatore, un parametro che possa consentire di inchiodare i responsabili di valutazioni gonfiate. In realtà, non esistendo listini o riferimenti, ogni società può essere libera di trattare su basi che ritiene eque. Tra l'altro, nell'indagine calcistica sono stati registrati in altre realtà operazioni coinvolgenti calciatori ai quali sono state attribuite valutazioni elevate e poi finiti in categorie molto basse, cosa che alla Juventus non si è verificata. Per questo, a fronte dei precedenti accertamenti, pur senza commentare è sempre stata ostentata tranquillità. Silenzio anche ieri davanti all'apertura dell'inchiesta e all'acquisizione dei documenti della Guardia di finanza: «I finanzieri del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria Torino, delegati alle indagini, sono stati incaricati di reperire documentazione ed altri elementi utili relativi ai bilanci societari approvati negli anni dal 2019 al 2021, con riferimento sia alle compravendite di diritti alle prestazioni sportive dei giocatori, sia alla regolare formazione dei bilanci - recita il comunicato della Procura -. Al vaglio vi sono diverse operazioni di trasferimento di giocatori professionisti e le prestazioni rese da alcuni agenti coinvolti nelle relative intermediazioni». Sotto la lente della magistratura sono finiti i trasferimenti di Pereyra da Silva (8 milioni), Marques (8,3), Rovella (18), Portanova (10) e Petrelli (8), oltre ad Arthur (72) inserito in uno scambio con Pjanic (60). In alcuni casi, quindi, si tratta di Under 23. A tutela del mercato finanziario, le perquisizioni sono state avviate successivamente alla chiusura delle contrattazioni settimanali di Borsa italiana, ove il club calcistico è quotato nell'ambito del Mercato Euronext Milan.
Plusvalenze Juventus, il pm accusa: Agnelli consapevole del sistema. Simona Lorenzetti e Massimiliano Nerozzi su Il Corriere della Sera il 27 novembre 2021. A un certo punto, lo squilibrio economico e finanziario aveva portato gli stessi manager bianconeri a un paragone che rendeva l’idea della situazione: la Juve è come «una macchina ingolfata». Non è solo questione di valutazioni (di giocatori), ma anche di intercettazioni (da luglio fino a pochi giorni fa) l’inchiesta della Procura di Torino e della guardia di finanza che ha messo sotto accusa i conti, e i vertici, della società. Per l’accusa, dagli accertamenti si è «avuta espressa conferma in merito alla “gestione malsana delle plusvalenze”, talvolta utilizzate quale autentico strumento “salva bilanci”, cioè in modo distorto». Un sistema noto a tanti: «Per quanto emerso dalle attività di ascolto, i vertici del cda, in primis il presidente Andrea Agnelli, appaiono, di fatto, ben consapevoli della condotta» e «delle conseguenze estremamente negative sotto il profilo finanziario». Che, si sente in un’intercettazione, «non era solo per il Covid, lo sappiamo bene!». Ieri Agnelli ha parlato alla squadra, come raccontato da Allegri dopo il ko con l’Atlanta: «Ha fatto un bellissimo discorso, l’ambiente è sereno e tranquillo. La società penserà a tutto». A partire da una nota, a tarda sera: «Juventus sta collaborando con gli inquirenti e con la Consob e confida di chiarire ogni aspetto, ritenendo di aver operato nel rispetto delle leggi e delle norme che disciplinano la redazione delle relazioni finanziarie, in conformità ai principi contabili e in linea con la prassi internazionale della football industry e le condizioni di mercato». Resta il quadro tratteggiato dai pm Mario Bendoni, Ciro Santoriello e dall’aggiunto Marco Gianoglio nelle 12 pagine del decreto di perquisizione che, venerdì sera, ha fatto scattare il blitz delle Fiamme gialle: al quartier generale del club, nel training center di Vinovo e negli uffici milanesi. Con contestuale avviso di garanzia ad Agnelli, al vice presidente Pavel Nedved e all’ex capo dell’area tecnica Fabio Paratici (ora al Tottenham), oltre a un dirigente (e due ex) del settore finanza. Ipotesi di reato: false comunicazioni sociali ed emissione di fatture per operazioni inesistenti. Era «il meccanismo delle plusvalenze» — secondo le indagini del nucleo di polizia economico-finanziaria della Finanza — il «correttivo dei rischi assunti in tema di investimenti e dei costi connessi ad acquisti e stipendi “scriteriati”». Per un motivo che, qua e là, spunta dalle telefonate: proprio gli investimenti oltre le previsioni del budget e gli «ammortamenti e tutta la m. che sta sotto che non si può dire». I conti sono presto fatti dai pm, sulla base delle operazioni analizzate dai militari: nei tre anni contabili oggetto di indagine, ci sono state «plusvalenze per 322.707.000 euro», di cui oltre 282 milioni da operazioni con «profili di anomalia». Attività che, sempre secondo gli investigatori, sono state di «assoluto rilievo» per i bilanci, limitando il rosso dei libri contabili. Mentre si registrava «la costante crescita di siffatta voce (le plusvalenze, ndr), ad eccezione dell’ultimo esercizio, in via del tutto proporzionale all’aumento delle perdite e degli ammortamenti». Le attività di mercato sospette — secondo la Procura — vanno dalle «cessioni di giovani calciatori» con «corrispettivi rilevanti e fuori range» alla «scrittura privata» sulle retribuzioni arretrate di Cristiano Ronaldo. «La carta famosa che non deve esistere tecnicamente», si sente in un’intercettazione. Un meccanismo che gli investigatori identificano come «gestione Paratici», l’uomo «al vertice dell’area sportiva fino al giugno 2021», ma appunto ben noto ai massimi livelli della Juve. Come confermava un manager, in un’intercettazione: «Hanno chiesto di fa’ plusvalenze». E ancora: «Che almeno Fabio, dovevi fa’ plusvalenze e facevi plusvalenze». E ieri mattina, per oltre nove ore (verbale secretato), i pm hanno sentito come testimone Federico Cherubini, dal 2012 braccio destro dell’ex ds e ora al suo posto. Seguiranno altre audizioni, pure perché il materiale è vasto: dagli affari con altri club ai compensi e agli incarichi di alcuni procuratori.
(ANSA il 27 novembre 2021) - Plusvalenze per 282 milioni in tre anni "connotate da valori fraudolentemente maggiorati”. C'è questo dato alla base dell'indagine della procura di Torino e della Guardia di Finanza, che ieri è sfociata in una serie di perquisizioni negli uffici della Juventus. Indagati i vertici del club bianconero
(ANSA il 27 novembre 2021) - Ci sono accertamenti anche sui rapporti economici con Cristiano Ronaldo nell'inchiesta della procura di Torino e della guardia di finanza sui conti della Juventus che ieri ha portato a una serie di perquisizioni. Il calciatore non risulta indagato. I militari però hanno ricevuto dai magistrati l'incarico di cercare "documenti e scritture private" relative al contratto e alle retribuzioni arretrate.
(ANSA il 27 novembre 2021) - La Juventus paragonata a una "macchina ingolfata" a causa di investimenti oltre le previsioni di budget e di altre operazioni poco accurate, tra cui gli stipendi eccessivi. E’ lo scenario che stanno disegnando gli inquirenti della procura di Torino nell'inchiesta che ieri ha portato la Guardia di Finanza a perquisire le sedi della società. Nel corso dell'indagine sono state svolte intercettazioni telefoniche.
Da calcioefinanza.it il 27 novembre 2021. L’indagine avviata dalla Procura di Torino sulle presunte responsabilità della dirigenza della Juventus sul tema plusvalenze è molto più complessa di quanto possa apparire a un primo sguardo. Finora si era pensato che ad accendere per prima i fari sulle operazioni del club bianconero fosse stata la Consob. Fari – ricorda La Gazzetta dello Sport – che si pensava si fossero accesi con una verifica ispettiva sulle società quotate in Borsa, e che le anomalie emerse già in questa fase avessero fatto interessare la Covisoc prima e la Procura federale poi, con tanto di apertura di fascicolo in ambito sportivo alla fine di ottobre.
Juventus plusvalenze cosa rischia – L’indagine “Prisma”
In realtà l’indagine penale, denominata “Prisma” e avviata in maggio, si è interfacciata a più riprese con gli accertamenti della Consob, come si legge nel comunicato della Procura di Torino: «Delle attività in corso è stata data comunicazione alla Consob e alla Procura Federale istituita presso la FIGC». Nel mirino, come ormai noto, sono finite ben 42 operazioni di mercato, alcune molto importanti come lo scambio Pjanic-Arthur con il Barcellona. In totale, si tratterebbe di 50 milioni di euro in “proventi da gestione diritti calciatori” per il club presieduto da Andrea Agnelli.
Juventus plusvalenze cosa rischia – Le prospettive
Ma la Juventus rischia effettivamente qualcosa? Innanzitutto, bisogna separare la risposta in “due parti”. Come spiega il quotidiano sportivo, la prima riguarda i reati di falso in bilancio, illustrati negli articoli 2621 e 2622 del Codice Civile, e del decreto legislativo 74/2000. Il fronte, dunque, delle presunte «false comunicazioni di società quotate in borsa» e «false fatturazioni», naturalmente declinando le pene a seconda della gravità della violazione. Nella seconda si entra nell’ambito della giustizia sportiva. Il tema delle plusvalenze è stato sempre molto complicato da affrontare, a causa della difficoltà di individuare dei criteri oggettivi per la stima del valore di un calciatore, che varia anche in poco tempo e sulla base del mercato e di tantissimi fattori che lo influenzano. È l’articolo 31 del Codice di giustizia della FIGC a regolare la materia. Ma molto viene affidato alla discrezionalità dei giudici. Se restiamo sul piano del «fornire informazioni mendaci, reticenti o parziali» o mettere in atto «comportamenti comunque diretti a eludere la normativa federale in materia gestionale ed economica», con l’eccezione di eventuali altre norme speciali e di violazioni in termini di licenza UEFA, ci si ferma alla ammenda con diffida nel comma 1. Ben più grave è la punizione prevista dal comma 2, che riguarda i comportamenti di «chi tenta di ottenere l’iscrizione a una competizione cui non avrebbe potuto essere ammessa»: qui andiamo dai punti di penalizzazione fino all’esclusione dal campionato. Ma è chiaro che si tratta di situazioni di estrema gravità e i contenuti dell’inchiesta “Prisma” sono ancora tutti da decifrare.
Da ansa.it il 27 novembre 2021. E' Fabio Paratici, ex Chief football officer della Juventus, "l'artefice della pianificazione preventiva delle plusvalenze", ma il Cda della società bianconera, e "in primis il presidente Andrea Agnelli", era "ben consapevole" della sua condotta. Questa, per ora, è l'ipotesi su cui stanno lavorando la procura di Torino la Guardia di Finanza nell'inchiesta sui conti del club. Gli inquirenti si sono avvalsi di numerose intercettazioni telefoniche, dalle quali si ricava che negli ambienti della Juventus era chiaro che le difficoltà non derivavano soltanto dall'emergenza sanitaria: in una conversazione si sente dire "sì ma non era solo il Covid e questo lo sappiamo bene". (ANSA).
Da gazzetta.it il 27 novembre 2021. Dalla scrittura privata con Cristiano Ronaldo “carta famosa che non deve esistere tecnicamente” alla Juve paragonata a “una macchina ingolfata”: trapelano le prime intercettazioni dell’inchiesta della procura di Torino che ieri ha portato alle perquisizioni nelle sedi della società. E secondo i Pm della Procura - come scrivono nel decreto di perquisizione -dalle intercettazioni si è “avuta espressa conferma in merito alla gestione malsana delle plusvalenze, voce di ricavo caratteristica della gestione sportiva, talvolta utilizzata quale autentico strumento “salva bilanci”, cioè in modo distorto”. Le accuse fanno riferimento alle attività di ascolto e agli accertamenti documentali fatti dal nucleo di polizia economico-finanziaria della Guardia di Finanza che avrebbero fatto emergere il meccanismo delle plusvalenze come “correttivo dei rischi assunti in tema di investimenti e dei costi connessi ad acquisti e stipendi scriteriati”. Il meccanismo è stato considerato dagli inquirenti come “gestione Paratici” nel decreto di perquisizione firmato dai pm Mario Bendoni, Ciro Santoriello e dall’aggiunto Marco Gianoglio. “Sono emersi, in più casi, riferimenti alla gestione Paratici, soggetto posto al vertice dell’area sportiva fino al giugno 2021, e artefice della pianificazione preventiva delle plusvalenze”. E nelle intercettazioni ci sono frasi come: “Hanno chiesto di fa’ plusvalenze” e poi: "Che almeno Fabio, dovevi fa’ plusvalenze e facevi plusvalenze”. Ma i vertici del club - secondo quanto raccolto dal nucleo di polizia economico-finanziaria della guardia di finanza - erano a conoscenza del sistema: “Per quanto emerso dalle attività di ascolto, i vertici del cda della società bianconera, in primis il presidente Andrea Agnelli, appaiono, di fatto, ben consapevoli della condotta attuata dall’ex manager bianconero e delle conseguenze estremamente negative sotto il profilo finanziario, non certo derivanti solo dal contesto pandemico in atto”. E una intercettazione, si sente dire: "Sì, ma non era solo il Covid e questo lo sappiamo bene!”. Sotto la lente degli inquirenti c’è il rapporto con Cristiano Ronaldo (e la “carta che tecnicamente non esiste”), anche l’acquisto dal Marsiglia di Marley Ake “per 8 milioni di euro, con contestuale cessione allo stesso Marsiglia di Franco Daryl Tongya Heubang per 8 milioni euro” nel bilancio al 30 giugno 2021. Secondo gli investigatori si tratta di “operazioni cosiddette a specchio” senza movimento finanziario e con effetto positivo sui bilanci. “Sin dai primi accertamenti, sono emersi indizi precisi e concordanti per ritenere che i valori sottesi ai trasferimenti in questione non siano stati oggetto di una fisiologica trattativa di mercato ma che si sia di fronte a operazioni sganciate da valori reali di mercato, preordinate ed attestanti ricavi meramente “contabili”, in ultima istanza fittizi”.
Inchiesta plusvalenze: gli scambi gonfiati coinvolgono almeno 6 club di Serie A. Matteo Pinci su La Repubblica il 29 novembre 2021. In 5 anni quasi raddoppiato, da 381 a 739 milioni, il peso del calciomercato, ma con pochi contanti. Il Genoa ha chiuso affari per 123 milioni con i bianconeri e 78 con l’Inter. Il calcio italiano è un sistema che vive regolarmente al di sopra delle proprie possibilità, spendendo ogni anno quasi un miliardo più di quanto guadagna. Ma nel silenzio delle proprie istituzioni, ha ideato un sistema che permettesse di non affondare: lo scambio supervalutato di giocatori fantasma. O quasi. Nel 2015, la Serie A fatturava 2,2 miliardi e le plusvalenze - 381 milioni - rappresentavano il 17% della produzione.
Stefano Agresti per il “Corriere della Sera” il 28 novembre 2021. C'è chi la definiva «finanza creativa». E chi, con toni compiaciuti e ammirati definiva i dirigenti della Juve «i maghi delle plusvalenze». Dal cilindro bianconero di conigli ne sono usciti a decine, nel corso degli anni: da Pjanic, ceduto al Barcellona per 60,8 milioni mentre Arthur faceva il percorso inverso per 72, fino allo scambio di sconosciuti ragazzini con il Marsiglia, Tongya per Marley, valutati 8 milioni ciascuno. Operazioni di maquillage al bilancio che permettevano, non solo alla Juve, di sistemare i conti senza sborsare denaro e che consistevano nell'attribuzione di quotazioni evidentemente fuori mercato ai calciatori. Una soluzione estrema, emergenziale, già adottata dai nostri club a inizio millennio, tanto che Inter e Milan erano finite nel mirino della magistratura, venendo assolte nel 2008 «perché il fatto non costituisce reato». Da qualche anno le plusvalenze sono tornate di moda, ma la giustizia sembra più intransigente. Il fatto che si sia mossa la Consob non è irrilevante. Fino a qualche mese fa la giustizia sportiva si era occupata di plusvalenze fittizie solo raramente, per di più partendo da un concetto che di fatto annullava ogni possibilità di condanna: la soggettività della valutazione dei calciatori. Nessuno, secondo gli organi della Figc, era in grado di stabilire se davvero i costi dei trasferimenti fossero artatamente gonfiati, anche di fronte a casi che parevano evidenti. «Chi può dimostrare che non si tratti di errori di mercato?», era la tesi. Solo due club sono stati condannati dai tribunali del calcio: Chievo e Cesena. Perché loro sì e gli altri no? Perché in quel caso è stata trovata la «pistola fumante», la prova inconfutabile del reato: un dirigente del Cesena dell'epoca era intercettato dalla magistratura ordinaria per altri motivi e in quelle telefonate concordava con il Chievo le plusvalenze fittizie. Gli atti dell'inchiesta, trasmessi alla giustizia sportiva, hanno portato alla penalizzazione dei due club. Ora che è entrata in azione la Consob gli scenari cambiano anche a livello sportivo, tant' è vero che la Covisoc, l'organismo di vigilanza della Figc, ha segnalato alla procura federale 62 operazioni di mercato. Di queste, ben 42 riguardano la Juve: ce ne sono con Manchester City e Pro Vercelli, Barcellona e Lugano, Samp e Genoa, e poi con Empoli, Parma, Pescara, Pisa, Novara, Amiens, Basilea. Ma nel mirino è finito anche il Napoli per l'operazione Osimhen, acquistato dal Lille per 71,2 milioni. Il problema è che, mentre il nigeriano lasciava la Francia, arrivavano da Napoli 4 calciatori di livello discutibile valutati cifre monstre: il vecchio portiere Karnezis oltre 5 milioni, i ragazzini Palmieri, Manzi e Liguori tra i 4 e i 7 milioni ciascuno. Colpisce, della Juve, anche la portata delle operazioni relative alla squadra B, iscritta alla serie C: nella stagione 2019-2020 il club ha movimentato 39 milioni per quella formazione, mentre le altre 59 società iscritte allo stesso torneo, messe assieme, sono arrivate circa a un decimo di quella cifra. E tutto questo per arrivare a metà classifica. Nelle ultime stagioni si è parlato di plusvalenze anche per altre società, ad esempio per l'Inter che ha spesso ceduto a prezzi alti molti giovani della Primavera (in tre anni ha messo a bilancio oltre 130 milioni grazie ai ragazzi). Ma questo non significa che così fan tutti. Anzi. Molti club sono rimasti alla larga da tale metodo, e di recente qualcuno ha anche alzato la voce. Come la Fiorentina, che le plusvalenze non le ha utilizzate al pari di Milan, Torino, Lazio. Ha detto Commisso, presidente viola: «Nei conti dovrebbe esserci trasparenza, invece la Juve non ha rispettato le norme. E non è stata penalizzata, né in classifica né sul mercato».
Dagospia il 28 novembre 2021. Estratto dell'articolo di Fabio Pavesi per il Fatto Quotidiano pubblicato da Dagospia il 7 giugno 2021. Debiti che superano costantemente i ricavi; perdite plurimilionarie che si susseguono anno dopo anno; flussi di cassa azzerati. Se fosse un’azienda normale avrebbe già portato i soldi in Tribunale. Non è così per l’industria del calcio italiano che vive da anni sul filo del rasoio. Bilanci scassati (con pochissime eccezioni, Atalanta e Napoli in particolare) affidati alle magie del calciomercato e delle plusvalenze sullo scambio dei giocatori come unico salvagente a rattoppare in parte i conti disastrati. Con in mezzo il ruolo opaco di quel manipolo di agenti e procuratori di allenatori e calciatori che fanno il bello e il cattivo tempo nel gioco ambiguo del calciomercato. Di tutto questo si occupa Report in un’inchiesta sull’affaire miliardario di quell’industria particolare che è il calcio professionistico nella puntata che andrà in onda lunedì sera su RaiTre. Basta sfogliare i bilanci delle squadre per capire che si è di fronte a un enorme gigante dai piedi d’argilla. Un’azienda malata, da anni, con il Covid che ha solo aggravato una situazione da punto di non ritorno. Come documenta l’ultimo report annuale della Figc e di Pwc sul calcio italiano professionistico (serie A B e C) nelle ultime 5 annate dal 2014 al 2019, quindi pre-Covid, le perdite cumulate sono state di 1,6 miliardi. L’ultima annata, il 2018-2019, ha visto perdite per le tre serie professionistiche di 395 milioni su ricavi totali di 3,85 miliardi. Ogni 100 euro incassati 10 diventano perdite secche. Solo i ricchi stipendi di calciatori e allenatori si mangiano in media il 60% dei ricavi, e gli ammortamenti annui dei calciatori sono costi per quasi un miliardo. Dai diritti tv arriva il grosso del fatturato, circa 1,4 miliardi l’anno. Con i ricavi da biglietti che anche in era pre-Covid valgono ormai meno del 10% delle entrate, l’altra gamba dei ricavi dopo i diritti televisivi sono proprio le plusvalenze da calciomercato che solo nel 2018-2019 sono state di ben 753 milioni. Spesso solo numeri contabili dato che con gli incroci di scambio tra club su valori spesso artificiosi, soldi veri in cassa non entrano. Sono, in virtù degli acquisti e cessioni concordate tra club, solo numeri scritti a bilancio. Transazioni figurative che gonfiano i ricavi in modo fittizio, quel tanto che basta a evitare una Caporetto definitiva. Senza quei ricavi aggiuntivi lo sprofondo del calcio italiano varrebbe ogni anno oltre un miliardo di euro, rendendo la situazione debitoria ancora più grave. Già, i debiti: l’altro macigno che incombe sulle squadre. I debiti cumulati, saliti a quota 4,6 miliardi nella stagione 2018-2019 superano ampiamente i ricavi complessivi fermi a 3,8 miliardi. Poche aziende si possono permettere debiti superiori ai fatturati senza fallire. E la stagione che si è appena chiusa ha visto i debiti salire ancora verso quota 5 miliardi. Un peso insostenibile, dato che non ci sono utili e flussi di cassa tali da poter pensare a un futuro rimborso di così tanta esposizione finanziaria. Sono tra l’altro proprio i grandi club ad avere i bilanci peggiori. E non a caso la suggestione SuperLega con una torta più ricca di ricavi da spartire su pochi club in un circolo chiuso, ha subito ammaliato le regine storiche del campionato Juve, Inter e Milan. I tre ex-scissionisti più la Roma vedono un saldo delle perdite complessive della stagione pre-Covid che sfiora i 600 milioni con debiti netti finanziari che valgono quasi 1,4 miliardi.
Da ilnapolista.it il 30 novembre 2021. «Peggio di così c’è solo Calciopoli». È una delle frasi intercettate nelle conversazioni tra gli uomini del presidente della Juventus, Andrea Agnelli. Lo scrive Repubblica a proposito del caso plusvalenze Juve. “Decisive per blindare le accuse, secondo gli inquirenti, restano le telefonate raccolte da luglio a settembre tra i dirigenti della squadra. Il commento più duro sul sistema che regola i rapporti finanziari nel mondo del calcio – «peggio c’è solo calciopoli» – arriva proprio dalle loro conversazioni ed è citato nella premessa dell’annotazione che la Guardia di finanza ha depositato come principale atto di indagine”. Per i pm si tratta di un «intero sistema che è malato». Presto, scrive il quotidiano, “i pm che presto invieranno tutti gli atti delle indagini alla procura federale della Figc, nella convinzione che siano emersi «numerosi profili» da far tremare numerose altre squadre, non solo la Juventus”. Gli atti saranno trasmessi appena cadrà il segreto istruttorio, al termine degli interrogatori e dopo la consulenza tecnica sui conti affidata ad un esperto di bilanci, il commercialista Enrico Stasi. Lo stesso che, già 15 anni fa, aveva esaminato le plusvalenze dei calciatori bianconeri in un’inchiesta fotocopia senza intercettazioni che si era conclusa con l’assoluzione di Luciano Moggi, Roberto Bettega e Antonio Giraudo.
Da gazzetta.it il 30 novembre 2021. C'è la convinzione che quello delle plusvalenze nel calcio sia un sistema malato, sulla base delle risultanze d’indagine dell’inchiesta Prisma. La Procura rivela che tra le carte ci sono elementi che si riveleranno utili per la giustizia sportiva, a proposito della Juve ma anche del sistema calcio nel suo insieme. In particolare tra le intercettazioni, che però al momento sono secretate e lo saranno fino al termine delle indagini perché coperte da segreto istruttorio. È quanto emerge da ambienti del palazzo di giustizia piemontese, dando un seguito alla richiesta di informazioni sul materiale acquisito avanzata dalla Federcalcio e a cui la Procura piemontese ha da subito dato la disponibilità. Pur avendone la facoltà, secondo quanto emerge la giustizia sportiva non andrà avanti finché non potrà disporre di elementi emersi dall’inchiesta, ovvero i verbali degli interrogatori secretati, le intercettazioni e il materiale coperto da segreto istruttorio che non può essere divulgato fino a quella chiusura delle indagini che secondo le ultime indiscrezioni potrebbe arrivare in tempi relativamente rapidi. Quello che già adesso può essere a disposizione della giustizia sportiva è quel decreto di perquisizione in cui, al di là della necessità di una controparte con cui la Juve potesse fare le operazioni, sono state esplicitamente nominate alcune società, come l’Atalanta nel caso delle cessioni di Romero e Demiral e il Genoa nel caso dello scambio per Rovella.
Mario Sconcerti per calciomercato.com il 30 novembre 2021. Il primo luogo comune da negare sulle plusvalenze è che tanto le fanno tutti. Non è vero, negli ultimi tre anni, cioè quelli in questione nel caso Juve, ci sono almeno quattro società che non ne hanno fatte: Milan, Lazio, Torino e Fiorentina. L’altro è che sono il Male puro. Anche questo non è vero. Le plusvalenze sono il cuore del sistema commerciale, se vendo Vlahovic a sessanta milioni ho solo plusvalenza sana essendo Vlahovic cresciuto nel mio settore giovanile. Il problema non è la plusvalenza, è l’uso che se ne fa. Il confine è il bilancio: se si usano plusvalenze per falsificarlo, si commette un reato serio. Non ho idea se e cosa abbia potuto fare la Juve, c’è un’indagine aperta, direi che hanno fatto anche troppo in fretta ad arrivare ai giornali alcune frasi prese dalle intercettazioni telefoniche. E’ vero invece che le plusvalenze fittizie possono portarsi dietro altri reati, come le fatturazioni false. Sarebbe segno di grande civiltà per tutti astenersi dalla voglia di vedere colpevoli perché tutti siamo innocenti fino a prova contraria. Dare la Juve per colpevole ora, sarebbe come dare del colpevole a chiunque di noi senza sapere nulla, solo per tifo. E questo sarebbe barbaro.
Juventus e plusvalenze, il mea culpa di un dirigente bianconero: «Sognavamo di raggiungere il Real». Stefano Agresti e Massimiliano Nerozzi su Il Corriere della Sera il 30 novembre 2021. La giustizia sportiva in continuo contatto con Procura e Consob. E c’è attesa per alcune intercettazioni: potrebbero risultare rilevanti. La fine di un’epoca, irripetibile e vincente, con nove scudetti filati, può essere contenuta anche nel messaggio di un dirigente bianconero, spedito via whatsapp nel mezzo dell’ultima estate: «Pensavamo di raggiungere il Real, ma è stato comunque un sogno bellissimo». Era la Juve partita da due settimi posti, capace di riprendersi la serie A e, appunto, sfidare le grandi d’Europa, in due finali di Champions. Finché qualcosa s’era forse inceppato: con quell’impennarsi delle plusvalenze che, incrociate con le cifre dei bilanci, sono state l’incipit dell’inchiesta della Procura di Torino e della guardia di finanza. E continua intanto il lavoro di analisi dei documenti sequestrati da parte dei militari del nucleo di polizia economico finanziaria delle Fiamme gialle, anche se al momento «la carta famosa» dei presunti compensi arretrati di Ronaldo non è saltata fuori. Come nessuna rivelazione pare arrivare dall’audizione dei testimoni: ieri è toccato a Paolo Morganti, segretario organizzativo arrivato alla Juve nel febbraio 2019, per due ore davanti ai pm Mario Bendoni, Ciro Santoriello e all’aggiunto Marco Gianoglio. L’inchiesta penale sarà fondamentale anche per il percorso della giustizia sportiva. La Procura federale ha aperto l’indagine ormai da tempo, ma gli strumenti investigativi non le consentono di andare avanti in modo significativo. Finora le plusvalenze fittizie sono state punite con una penalizzazione in classifica soltanto in un caso: quando un’inchiesta penale, attraverso le intercettazioni, ha consegnato ai giudici del calcio le prove che Chievo e Cesena si erano accordate per gonfiare le valutazioni di alcuni ragazzi della Primavera. In tutte le altre circostanze ci si è arenati di fronte alla soggettività della quotazione dei giocatori: una linea che il Tribunale federale ha sempre seguito e alla quale non derogherà. Ma Giuseppe Chiné, capo della Procura, conta proprio su questo: l’esito delle indagini dei pm torinesi. È in continuo contatto con loro, è stato informato in anticipo delle perquisizioni, ma ancora non ha ricevuto alcun atto giudiziario. Succederà quando, con l’avviso di fine indagini, ci sarà il deposito degli atti: cosa che a Torino sperano di fare nel giro di un mese. Una situazione differente rispetto a quanto accaduto con i magistrati di Perugia impegnati nel caso del falso esame di Suarez, che hanno trasmesso le carte dopo mesi di attesa, creando anche un po’ di tensione tra gli 007 della Federcalcio. È diretta anche la linea tra gli organi della Figc e la Consob, che ha già avuto due audizioni — una informale e una formale — con i membri della Covisoc, la Commissione di vigilanza e controllo sulle società.
Tutte le 42 operazioni sotto indagine, da Pjanic a Cancelo
Tra documenti e intercettazioni dell’inchiesta torinese, ci sono elementi che potrebbero tornare utilissimi alla Procura federale. Soprattutto le telefonate intercettate sui telefoni dei dirigenti juventini, alcune «molto brutte» dal punto di vista sportivo, secondo gli investigatori. Potrebbero non avere valenza penale, ma essere rilevanti per la giustizia sportiva, che segue altri principi. Di sicuro i tribunali sportivi sono più rapidi nello svolgimento delle indagini e nell’istruzione dei processi: negli ambienti della Federazione c’è chi è già pronto a una primavera di fuoco.
L'inchiesta sui conti della Signora. Plusvalenze della Juventus, cosa rischia la società bianconera e quali sono le regole. Astolfo Di Amato su Il Riformista il 30 Novembre 2021. «Sin dai primi accertamenti, sono emersi indizi precisi e concordanti per ritenere che i valori sottesi ai trasferimenti in questione non siano stati oggetto di una fisiologica trattativa di mercato ma che si sia di fronte a operazioni sganciate da valori reali di mercato, preordinate ed attestanti ricavi meramente “contabili”, in ultima istanza fittizi». Questo è il cuore della motivazione del decreto, con cui la procura della Repubblica di Torino ha disposto una perquisizione a carico di alcuni dirigenti della Juventus. Il meccanismo illecito ipotizzato è semplice. Se il giocatore x, acquistato per 10 euro viene poi rivenduto per 1000 euro, sarà possibile portare in bilancio un guadagno (la cosiddetta “plusvalenza”) di 990 euro. Ma se non li vale e vi è l’urgenza di nascondere che il bilancio è in perdita? Si trova un’altra squadra che ha anch’essa la necessità di far figurare un guadagno e che ha un giocatore che vale 10euro. I due giocatori vengono scambiati alla pari e, perciò, senza movimenti finanziari e negli atti si afferma che il loro valore è per ognuno di 1000 euro. Ciascuna delle due squadre porterà in bilancio un guadagno di 990 euro, in quanto il cartellino del giocatore acquisito viene iscritto in bilancio per il valore di acquisto e sarà oggetto di un ammortamento, e perciò di un abbattimento di valore, diluito nel tempo di durata del contratto. In questo modo il bilancio delle due società di calcio ha un evidente, seppure fittizio, miglioramento. Si chiamano “operazioni a specchio” e sono, insieme ad altri analoghi artifici, da tempo nel mirino della Covisoc, l’organismo deputato dalla Figc a controllare i bilanci delle società di calcio professionistico. Ma, a parte quanto avvenuto in una vicenda che ha visto coinvolte le società del Chievo e del Cesena e che registrava la presenza agli atti di inequivocabili intercettazioni telefoniche, la Giustizia sportiva si è sempre fermata di fronte all’obiezione che non sarebbe possibile dare una valutazione economica obiettiva del cartellino di un calciatore e che, comunque, potrebbe anche trattarsi di fisiologici errori di mercato. Oggi, alla Juve è contestata la falsa appostazione in bilancio di ben 282 milioni, relativi a operazioni compiute negli ultimi tre anni. Si tratta di una cifra di entità tale da non poter essere mimetizzata nell’incerto andamento del mercato dei cartellini dei giocatori. Al di là della specifica vicenda oggetto dell’indagine condotta dalla procura di Torino, vi sono alcune considerazioni di carattere generale che occorre svolgere. La prima è che la Juventus, spesso dominatrice del campionato italiano, è sovente coinvolta in vicende che interessano la giustizia penale. Nell’aprile di quest’anno si è chiusa l’istruttoria della procura della Repubblica di Perugia sul caso dell’esame farsa del calciatore uruguaiano Luis Alberto Suarez. Nel 2017 è sorto il problema dell’esistenza di rapporti tra alcuni dirigenti ed esponenti del tifo organizzato legati alla ‘ndrangheta. Si tratta della Juventus rifondata, dopo essere stata protagonista dello scandalo che nel 2005 ha travolto il calcio italiano. Se la “disinvoltura” contestata dalla procura di Torino vi è stata, essa appare poi ancora più grave, ove si consideri che la Juventus è una società quotata, come tale tenuta in modo stringente al rispetto delle regole di trasparenza e correttezza. Di fronte a tutto questo, diventa inevitabile porsi due domande. La prima è se le vicende poco chiare che vedono il coinvolgimento del club bianconero non siano altro che lo specchio di una condotta poco chiara anche sul piano sportivo, atteso che molto spesso avversari e commentatori sportivi hanno lamentato inammissibili distorsioni arbitrali a favore di quel club. La seconda domanda riguarda il mondo del calcio nel suo insieme. Già la circostanza che una squadra, su cui si addensano tanti dubbi, abbia potuto svolgere un ruolo egemone nel calcio italiano fa sorgere il problema di quale sia l’effettivo livello di trasparenza e di correttezza di questo mondo. Ora che si è mossa la procura della Repubblica di Torino, tutti grideranno allo scandalo e chiederanno pulizia. E sarà, ancora una volta, l’ennesima manifestazione di ipocrisia. Questo perché il ricorso alle operazioni a specchio o simili per risanare fittiziamente i bilanci è fatto da tempo notorio, perché le operazioni oggi oggetto di indagine erano chiacchierate già da tempo, perché, mentre sui pretesi torti sportivi subiti si sono spesso levate le voci delle altre squadre e dei commentatori, sul tema della trasparenza economica e della correttezza dei bilanci, salvo rarissime eccezioni, vi è sempre stato il più rigoroso silenzio. Circostanza, quest’ultima, che induce a sua volta a una ulteriore riflessione. Tanto silenzio non è forse dovuto alla circostanza che così fan tutti, o quasi tutti? Del resto, le operazioni a specchio richiedono, necessariamente, un accordo illecito con la controparte. Va aggiunto che la Covisoc ha acceso i fari anche su alcune operazioni di altre società di calcio della serie A. Diventa, allora, inevitabile riflettere su come sia possibile che una pratica illecita, come quella delle plusvalenze fittizie, sia così diffusa nel mondo del calcio. Vi è una sensazione largamente avvertita. Quella secondo cui il calcio viva in una bolla separata dalla realtà, nella quale i metri di valutazione delle condotte sono totalmente diversi da quelli che si applicano ai normali cittadini. Questo si spiegherebbe con il fatto che in una società, in cui non vi è più spazio per eroi e leggende, il calcio sarebbe oggetto di idolatria. E come tale trasferito in un altrove dove valgono regole diverse. Del resto, le cronache hanno spesso raccontato di imprenditori, che, in passato, hanno acquistato una società di calcio per conseguire una sorta di immunità per meriti sportivi. Ma non è più così. Basta considerare che all’entusiasmo, che ha fatto seguito alla vittoria ai campionati europei, si è sostituita una assai diffusa indifferenza di fronte alla mancata qualificazione diretta della nazionale ai prossimi campionati del mondo. Prima vi sono state le crisi del 2008 e del 2011. Oggi, poi, la pandemia. La durezza delle conseguenze, che moltissimi hanno dovuto sopportare, ha, tra le altre cose, tolto la disponibilità a tollerare eccessi e sgrammaticature. Chi ha dovuto subire la chiusura del proprio piccolo negozio o il licenziamento conseguente a una delocalizzazione e anche chi, senza subire direttamente, ha visto la sofferenza degli altri vicino a sé, inevitabilmente sente come un’offesa la possibilità dell’esistenza di una zona franca, senza regole. La avverte come una realtà posticcia, come tale immeritevole di sostegno e di attenzione. L’auspicio è che chi governa il calcio se ne renda conto, prima che il distacco dalla collettività diventi incolmabile. Astolfo Di Amato
Pippo Russo per "Domani" il 30 novembre 2021. Nel linguaggio da relazione finanziaria vengono chiamati “oneri accessori”. Che associati al costo per l’acquisizione dei diritti pluriennali alle prestazioni sportive dei calciatori sono i compensi pagati a agenti e intermediari. Questi ultimi intervengono nella trattativa sia come rappresentanti dei calciatori trasferiti, sia come facilitatori della trattativa fra club acquirente e club cedente. Su molte di queste facilitazioni e sulla loro necessità vi sarebbe parecchio da obiettare, poiché per svolgere certi compiti esistono gli staff che i club pagano regolarmente per occuparsi di trasferimenti. Ma anche molte intermediazioni che gli agenti fanno in quanto rappresentanti dei calciatori presentano profili di eccentricità. Le indiscrezioni sull’inchiesta relativa alla Juventus e al suo intreccio di plusvalenze incrociate fanno emergere il forte interesse dei magistrati per alcune operazioni e per il ruolo che in esse è stato giocato dagli agenti. Ecco chi sono. Si tratta del caso più eclatante. Classe 1973, tedesco di origine iraniana, Mahmoud-Reza Fazeli è a capo dell’agenzia International Soccer Management che ha piantato radici nel calcio tedesco e successivamente si è ben sviluppata anche in Inghilterra, dove è stata aperta un’ulteriore sede della società. Fra i suoi clienti principali troviamo Mario Götze e Mesut Özil. Il suo incontro con la Juventus si costruisce in occasione del trasferimento in bianconero del centrocampista Emre Can. Che arriva nell’estate 2018 alla conclusione del rapporto col Liverpool e perciò potrebbe giungere in bianconero a zero euro. Dunque si può immaginare la sorpresa generale destata dalla lettura del comunicato ufficiale con cui la Juventus ne annuncia l’ingaggio e specifica che esso è costato 16 milioni di euro per costi accessori. Una straordinaria generosità nei confronti dell’agente, che non trova proporzione nel rapporto con gli altri costi di intermediazione della società bianconera di cui la procura della repubblica torinese si starebbe occupando. Va aggiunto che, a certi livelli, i cosiddetti parametri zero quasi mai costano davvero 0 euro, poiché qualche incentivo viene dato per spingere il calciatore e il suo agente a privilegiare l’offerta di un club anziché di un altro. In Portogallo lo chiamano “premio de assinatura” (premio di firma), che quasi sempre beneficia soprattutto l’agente del calciatore. E mai come in questo caso la firma è dorata. Il super-agente portoghese Jorge Paulo Agostinho Mendes, fondatore di Gestifute, entra in ballo con l’acquisizione di Cristiano Ronaldo da parte del club bianconero. Il comunicato ufficiale parla di 12 milioni di euro spesi in sovrappiù alla cifra di acquisizione dei diritti economici (100 milioni di euro) del portoghese e specifica che quel supplemento riguarda il contributo di solidarietà (percentuale destinata ai club che hanno formato il calciatore dal 12° al 23° anno di età) e gli oneri accessori. Quanta parte di questa cifra per il boss di Gestifute? L’ammontare non è esattamente quantificabile perché la presenza della quota in conto contributo di solidarietà (che in genere viene pagata dal club cedente e non da quello acquirente) rende difficile dare risposta. Tuttavia è sufficiente dire che in genere Mendes porta a casa almeno il 10% sul valore pagato per la compravendita dei diritti economici. Nei giorni in cui Cristiano Ronaldo approda a Torino i rapporti fra Mendes e Juventus sono ottimi, tanto che in bianconero arriva un altro cliente di Gestifute, João Cancelo. Ma l’idillio finisce presto, mentre quello fra la Juventus e il fuoriclasse non inizia mai davvero. In questi giorni Mendes se la passa piuttosto male in Portogallo perché da quelle parti gli inquirenti hanno messo sotto ispezione i suoi affari coi club lusitani. L’apertura di un altro fronte giudiziario in Italia gli complicherebbe ulteriormente la vita. Molti lo disprezzano, tutti fanno affari con lui. Carmine “Mino” Raiola, italiano cresciuto in Olanda è in questa fase storica il più spregiudicato fra i super-agenti in circolazione. I suoi rapporti con la Juventus di Andrea Agnelli sono felici e floridissimi. La transazione che sarebbe andata sotto ispezione è quella che riguarda il difensore olandese Matthijs De Ligt, giunto dall’Ajax per 75 milioni di euro, cui vanno aggiunti 10,5 milioni di euro per oneri accessori. Una cifra che corrisponde al 14 per cento del valore dei diritti economici. Che non è nemmeno la percentuale più alta versata dalla Juventus all’agente italo-olandese. Il record rimane quella messa in cassa da Raiola con la cessione del centrocampista francese Paul Pogba al Manchester United nell’estate del 2016. In quell’occasione il super-agente portò a casa circa il 25 per cento dei 105 milioni di euro pagati dai Red Devils, una cifra di oltre 27 milioni di euro. Il rapporto fra la Juventus e Raiola è sempre solido e se n’è avuta ulteriore dimostrazione durante lo scorso calciomercato estivo. La necessità di sostituire in fretta Cristiano Ronaldo ha determinato il ritorno a Torino di Moise Kean, assistito da Raiola che ha imposto anche l’acquisizione di Mohamed Amine Ihattaren. Quest’ultimo è stato subito girato alla Sampdoria, ma non si è mai ambientato a Genova e adesso medita addirittura di lasciare il calcio. Cuore di mamma che batte per il figlio calciatore. La fama della signora Veronique, madre del centrocampista Adrien Rabiot, era già ben presente all’Europa intera prima che l’ex del Paris Saint Germain approdasse in bianconero. Note erano soprattutto le sue litigate coi dirigenti di club e di nazionale, ma anche coi clan familiari degli altri calciatori della nazionale francese (l’ultimo episodio è avvenuto in occasione degli scorsi Europei). Anche per questo motivo Adrien ha portato a termine un rapporto di 7 anni col Paris Saint Germain. E su quale sia stata, fra le due parti, a decidere di condurre a esaurimento il rapporto circolano verità opposte. La sola cosa certa è che nell’estate del 2019 la Juventus potrebbe portare Rabiot a Torino per 0 euro. E invece decide di pagare 1,4 milioni di euro per oneri accessori. Destinati ovviamente alla signora Veronique. Va sottolineato che, fra tutte le cifre menzionate nell’articolo, questa è la più contenuta. Ma se chiedete in giro ai tifosi della Juventus o vi fate un giro per i social bianconeri, troverete dichiarato che anche quel poco è troppo, visto l’irritante rendimento del centrocampista francese durante queste tre stagioni di militanza juventina. Da una disperazione all’altra, ossia da Adrien Rabiot a Aaron Ramsey. Così come il centrocampista francese anche quello gallese provoca un disappunto abbastanza costante nel popolo juventino. Ma non solo questo accomuna i due: c’è che entrambi (come Emre Can) potevano arrivare in bianconero a 0 euro e invece hanno fruttato denaro al proprio agente. Nel caso di Ramsey, che il 30 giugno del 2019 si è liberato del vincolo con l’Arsenal, l’agente si chiama David Baldwin. Inglese, un passato nella potente Base Soccer, Baldwin si è messo in proprio nel 2018 fondando un’agenzia il cui nome suona particolare all’orecchio italico: Avid Sport & Entertainment. L’arrivo di Ramsey comporta per la Juventus un esborso di costi accessori da 3,7 milioni di euro. Quanto al rendimento in campo, condizionato anche da numerosi infortuni, meglio soprassedere. Il signor Baldwin è anche abbastanza attivo sui social. La scorsa estate si è preso la briga di intervenire via Twitter per smentire alcune indiscrezioni di mercato che volevano il suo cliente in procinto di tornare in Premier League, direzione West Ham o Crystal Palace, così come in precedenza aveva respinto le ipotesi di un trasferimento all’Aston Villa o di un ritorno all’Arsenal. Vista l’aria che tira, forse adesso le lascerebbe quietamente correre. Il suo nome non circola nelle indiscrezioni di queste ore. Eppure uno dei più significativi costi per oneri accessori sborsati di recente dalla Juventus riguarda proprio questo agente brasiliano cresciuto all’ombra del potente anglo-iraniano Kia Joorabchian ma adesso forte abbastanza da agire con relativa autonomia. Molti dei principali affari calcistici realizzati sul mercato brasiliano portano la sua firma. E a lui si deve anche il trasferimento in bianconero del giovane Kaio Jorge, strappato al Santos quando era quasi in scadenza di contratto. La società paulista si è dovuta accontentare di 1,5 milioni di euro e se li è visti pure presentare come un segno di magnanimità. Ma la lettura della relazione finanziaria sul bilancio juventino al 30 giugno 2021 riferisce che il costo complessivo per l’acquisizione dei diritti sul giovane brasiliano è di 5,3 milioni di euro. Dunque gli oneri accessori sono costati oltre il 353 per cento in più dei diritti. Un gran colpo per Bertolucci. Che poi sia stato anche un affare per la Juventus, lo dirà soltanto il tempo.
Salvatore Riggio per corriere.it l'1 dicembre 2021. La Juventus è finita nel mirino della procura di Torino che indaga sulle plusvalenze sospette – effettuate dal club bianconero – per 282 milioni di euro in tre anni, con l’ipotesi principale di reato di falso in bilancio. Oltre alle ben note operazioni come Danilo in bianconero dal Manchester City per 37 milioni di euro – con gli inglesi che presero Cancelo per 65 – e quelle che hanno portato Pjanic al Barcellona per 60 milioni in cambio di Arthur passato alla Juventus per 72 milioni, nel mirino della Procura ci sono anche i cosiddetti scambi «a specchio» che terminano «a somma zero». In sostanza, operazioni nelle quali non girano soldi. Come ad esempio l’acquisto dal Marsiglia del 20enne Aké per otto milioni di euro, in cambio della cessione alla stessa cifra di Heubang, 19enne nato a Torino da genitori camerunensi, cresciuto nel vivaio Juventus.
Rovella
Nel mirino dei pm anche le trattative effettuate in scadenza di contratto come l’acquisto dal Genoa di Rovella (18 milioni di euro) con cessione ai rossoblù di Portanova (10 milioni) e di Petrelli (otto milioni per lui che oggi gioca nell’Ascoli in Serie B).
Tra tutte queste operazioni coinvolte, forse Rovella rappresenta la madre di tutti gli «scambi a specchio». Nato il 4 dicembre 2001 a Segrate, alle porte di Milano, è un centrocampista che in serie A ha già totalizzato 36 presenze (40 in totale con i Grifoni).
Leonardo Mancuso
All’interno di queste operazioni di mercato finite nel mirino della Procura, anche il passaggio di Leonardo Mancuso all’Empoli per 4,5 milioni di euro. Tra l’altro il giocatore è andato anche a segno nella vittoria dei toscani all’Allianz Stadium: 1-0 il 28 agosto scorso. Si tratta di un attaccante nato a Milano il 26 maggio 1992 e cresciuto nelle giovanili del Milan. In bianconero non ha mai collezionato una presenza. Acquistato dalla Juventus nel gennaio 2018, venne lasciato in prestito al Pescara e poi ceduto all’Empoli nel 2019.
Erasmo Mulé , il più pagato in C
In tutto questo sistema di trasferimenti sospetti per la Procura, ci sono anche alcuni giocatori spostati per la squadra Under 23, che milita in serie C. È il caso di Erasmo Mulè, difensore centrale classe 2003 che la Juventus aveva acquistato per l’Under 23 appunto nell’agosto 2019 per 3,2 milioni di euro dal Trapani. Il più pagato fra quelli che oggi militano in serie C. Oggi il difensore gioca nel Cesena. Ma non è il solo. Giulio Parodi è stato ceduto alla Pro Vercelli, serie C, per 1,32 milioni di euro. Curioso invece il caso di Eric Lanini, attaccante nato nel 1994, che dopo una vita in prestito in giro per l’Italia dopo essere cresciuto nel vivaio juventino, a gennaio 2020, fu ceduto al Parma per quasi tre milioni di euro e che ora, dopo un altro lungo girovagare tra Como e Novara, è alla Reggiana, sempre in C. Altro nome da segnalare quello di Leonardo Loria, portiere del 1999, passato a settembre del 2020 dalla Juventus U23 al Pisa prima di trasferirsi al Monopoli dove milita attualmente.
Correia e Taboada: le due operazioni col City
Curioso il caso di Felix Correia che passò dal Manchester City alla Juventus per 10,5 milioni di euro. Attaccante portoghese nato nel 2001, oggi gioca nel Parma in B. Inoltre, nel mirino della Procura c’è anche Moreno Taboada, dalla Juventus al City per 10 milioni di euro e che attualmente indossa la maglia del Girona, nella seconda divisione spagnola.
Erik Gerbi nella serie B in Romania
Infine, un altro caso curioso è quello di Erik Gerbi, che gioca nella SSU Politehnica Timisoara, club che disputa il campionato di serie B in Romania: l’attaccante, nato a Ivrea nel 2000, nel settembre 2020 passò alla Sampdoria per 1,3 milioni di euro. Non è finita qui. Tra le operazioni sospette anche quella che ha portato Matheus Pereira dalla Juve al Barcellona B per quasi otto milioni e Daouda Peeters, adesso allo Standard Liegi in Belgio dopo il trasferimento dalla Sampdoria alla Juventus per quattro milioni. Infine, tra i giocatori poco noti ci sono Giacomo Vrioni, che dopo il passaggio alla Juventus dalla Sampdoria per quasi quattro milioni di euro nel gennaio 2020, oggi milita al Wsg Tirol in Austria. In Svizzera, al Lugano, ci sono Kevin Monzialo e Christopher Lungoyi e Kaly Sene al Grassoppher.
MASSIMILIANO NEROZZI, STEFANO AGRESTI per il Corriere della Sera l'1 dicembre 2021. La fine di un'epoca, irripetibile e vincente, con nove scudetti filati, può essere contenuta anche nel messaggio di un dirigente bianconero, spedito via whatsapp nel mezzo dell'ultima estate: «Pensavamo di raggiungere il Real, ma è stato comunque un sogno bellissimo». Era la Juve partita da due settimi posti, capace di riprendersi la serie A e, appunto, sfidare le grandi d'Europa, in due finali di Champions. Finché qualcosa s' era forse inceppato: con quell'impennarsi delle plusvalenze che, incrociate con le cifre dei bilanci, sono state l'incipit dell'inchiesta della Procura di Torino e della guardia di finanza. E continua intanto il lavoro di analisi dei documenti sequestrati da parte dei militari del nucleo di polizia economico finanziaria delle Fiamme gialle, anche se al momento «la carta famosa» dei presunti compensi arretrati di Ronaldo non è saltata fuori. Come nessuna rivelazione pare arrivare dall'audizione dei testimoni: ieri è toccato a Paolo Morganti, segretario organizzativo arrivato alla Juve nel febbraio 2019, per due ore davanti ai pm Mario Bendoni, Ciro Santoriello e all'aggiunto Marco Gianoglio. L'inchiesta penale sarà fondamentale anche per il percorso della giustizia sportiva. La Procura federale ha aperto l'indagine ormai da tempo, ma gli strumenti investigativi non le consentono di andare avanti in modo significativo. Finora le plusvalenze fittizie sono state punite con una penalizzazione in classifica soltanto in un caso: quando un'inchiesta penale, attraverso le intercettazioni, ha consegnato ai giudici del calcio le prove che Chievo e Cesena si erano accordate per gonfiare le valutazioni di alcuni ragazzi della Primavera. In tutte le altre circostanze ci si è arenati di fronte alla soggettività della quotazione dei giocatori: una linea che il Tribunale federale ha sempre seguito e alla quale non derogherà. Ma Giuseppe Chiné, capo della Procura, conta proprio su questo: l'esito delle indagini dei pm torinesi. È in continuo contatto con loro, è stato informato in anticipo delle perquisizioni, ma ancora non ha ricevuto alcun atto giudiziario. Succederà quando, con l'avviso di fine indagini, ci sarà il deposito degli atti: cosa che a Torino sperano di fare nel giro di un mese. Una situazione differente rispetto a quanto accaduto con i magistrati di Perugia impegnati nel caso del falso esame di Suarez, che hanno trasmesso le carte dopo mesi di attesa, creando anche un po' di tensione tra gli 007 della Federcalcio. È diretta anche la linea tra gli organi della Figc e la Consob, che ha già avuto due audizioni - una informale e una formale - con i membri della Covisoc, la Commissione di vigilanza e controllo sulle società. Tra documenti e intercettazioni dell'inchiesta torinese, ci sono elementi che potrebbero tornare utilissimi alla Procura federale. Soprattutto le telefonate intercettate sui telefoni dei dirigenti juventini, alcune «molto brutte» dal punto di vista sportivo, secondo gli investigatori. Potrebbero non avere valenza penale, ma essere rilevanti per la giustizia sportiva, che segue altri principi. Di sicuro i tribunali sportivi sono più rapidi nello svolgimento delle indagini e nell'istruzione dei processi: negli ambienti della Federazione c'è chi è già pronto a una primavera di fuoco.
(ANSA l'1 dicembre 2021) - Annunciano di volersi avvalere della possibilità di non rispondere all'interrogatorio due degli indagati nell'inchiesta della procura di Torino sui conti della Juventus. Si tratta degli ex manager Marco Re (convocato per oggi) e Stefano Bertola. "Le questioni in discussione - spiega il loro legale, avvocato Luigi Chiappero - sono essenzialmente di carattere tecnico e necessitano di una riflessione".
Massimiliano Nerozzi e Stefano Agresti per il "Corriere della Sera" l'1 dicembre 2021. La fine di un'epoca, irripetibile e vincente, con nove scudetti filati, può essere contenuta anche nel messaggio di un dirigente bianconero, spedito via whatsapp nel mezzo dell'ultima estate: «Pensavamo di raggiungere il Real, ma è stato comunque un sogno bellissimo». Era la Juve partita da due settimi posti, capace di riprendersi la serie A e, appunto, sfidare le grandi d'Europa, in due finali di Champions. Finché qualcosa s' era forse inceppato: con quell'impennarsi delle plusvalenze che, incrociate con le cifre dei bilanci, sono state l'incipit dell'inchiesta della Procura di Torino e della guardia di finanza. E continua intanto il lavoro di analisi dei documenti sequestrati da parte dei militari del nucleo di polizia economico finanziaria delle Fiamme gialle, anche se al momento «la carta famosa» dei presunti compensi arretrati di Ronaldo non è saltata fuori. Come nessuna rivelazione pare arrivare dall'audizione dei testimoni: ieri è toccato a Paolo Morganti, segretario organizzativo arrivato alla Juve nel febbraio 2019, per due ore davanti ai pm Mario Bendoni, Ciro Santoriello e all'aggiunto Marco Gianoglio. L'inchiesta penale sarà fondamentale anche per il percorso della giustizia sportiva. La Procura federale ha aperto l'indagine ormai da tempo, ma gli strumenti investigativi non le consentono di andare avanti in modo significativo. Finora le plusvalenze fittizie sono state punite con una penalizzazione in classifica soltanto in un caso: quando un'inchiesta penale, attraverso le intercettazioni, ha consegnato ai giudici del calcio le prove che Chievo e Cesena si erano accordate per gonfiare le valutazioni di alcuni ragazzi della Primavera. In tutte le altre circostanze ci si è arenati di fronte alla soggettività della quotazione dei giocatori: una linea che il Tribunale federale ha sempre seguito e alla quale non derogherà. Ma Giuseppe Chiné, capo della Procura, conta proprio su questo: l'esito delle indagini dei pm torinesi. È in continuo contatto con loro, è stato informato in anticipo delle perquisizioni, ma ancora non ha ricevuto alcun atto giudiziario. Succederà quando, con l'avviso di fine indagini, ci sarà il deposito degli atti: cosa che a Torino sperano di fare nel giro di un mese. Una situazione differente rispetto a quanto accaduto con i magistrati di Perugia impegnati nel caso del falso esame di Suarez, che hanno trasmesso le carte dopo mesi di attesa, creando anche un po' di tensione tra gli 007 della Federcalcio. È diretta anche la linea tra gli organi della Figc e la Consob, che ha già avuto due audizioni - una informale e una formale - con i membri della Covisoc, la Commissione di vigilanza e controllo sulle società. Tra documenti e intercettazioni dell'inchiesta torinese, ci sono elementi che potrebbero tornare utilissimi alla Procura federale. Soprattutto le telefonate intercettate sui telefoni dei dirigenti juventini, alcune «molto brutte» dal punto di vista sportivo, secondo gli investigatori. Potrebbero non avere valenza penale, ma essere rilevanti per la giustizia sportiva, che segue altri principi. Di sicuro i tribunali sportivi sono più rapidi nello svolgimento delle indagini e nell'istruzione dei processi: negli ambienti della Federazione c'è chi è già pronto a una primavera di fuoco.
S.A. per il "Corriere della Sera" l'1 dicembre 2021. Una vita nelle istituzioni, Prefetto di Roma per quasi 7 anni, Giuseppe Pecoraro è stato capo della Procura federale dal 2016 al 2019. Si è dimesso per dissensi con i vertici Figc.
Pecoraro, è sorpreso da quanto sta succedendo?
«No. Il sistema calcio è sbagliato, lo dico da sempre. È un fatto culturale, la Juve ce l'ha nel Dna: interessa solo vincere. Ma per riuscirci in Europa servono risorse infinite, perché competi con colossi che si arricchiscono con il petrolio e il gas e non con il lavoro degli uomini, come la famiglia Agnelli. Per tenere il passo di Psg, City e Chelsea si ricorre alle plusvalenze. E diventa un problema di regole».
Non ci sono regole?
«Non vengono rispettate: manca il controllo di bilanci, fideiussioni, tutto. Ci sono grandi società che trovano club complici e fanno le plusvalenze».
Lei ha denunciato con forza questo malcostume.
«Mi sono trovato in difficoltà, il Tribunale mi respingeva sempre. Dicevano che non potevo essere io a stabilire il reale costo di un giocatore. Ci ho provato con Mancini, oggi difensore della Roma. All'epoca era al Perugia e la Fiorentina aveva diritto al 50% sulla rivendita. Ebbene, il Perugia lo ha ceduto all'Atalanta per 200 mila euro e nello stesso tempo le ha dato anche il portiere Santopadre, figlio del presidente, per un milione. Ma come poteva valere più lui di Mancini? In tanti anni si è arrivati solo alla condanna di Chievo e Cesena, perché lì c'erano le intercettazioni che inchiodavano i protagonisti».
Non è soggettivo il valore di un calciatore?
«Solo entro certi limiti. Si devono stabilire dei parametri. Ora li chiamano algoritmi. Poi c'è una parte che deve essere lasciata libera, al mercato».
Le sue idee sono state spesso frenate. E lei si è dimesso.
«Io sono per un calcio equo, giusto, che dia a tutti le stesse possibilità. Invece questo non accade. Quando chiedevo le carte sulla Juve, mi arrivavano quelle su Bari, Foggia, Palermo. Ci sono società sulle quali è difficile muoversi: Juve, Inter, Milan, Roma. Ma così non siamo tutti sullo stesso piano».
Plusvalenze Juventus, la «carta» di Ronaldo che non si trova: un rebus per la Procura. Simona Lorenzetti su Il Corriere della Sera il 2 dicembre 2021. Gli ex manager Re e Bertola non rispondono agli interrogatori, potrebbero imitarli anche gli altri indagati. La «famosa carta» di Ronaldo, quella che «non deve esistere teoricamente», e di cui parlano al telefono il ds Federico Cherubini e il capo dell’ufficio legale del club, Cesare Gabasio, rischia di diventare un rebus: la guardia di finanza non l’avrebbe ancora trovata, nella mole di documenti sequestrati. «Mi informo», avrebbe risposto ai pm l’ad della Juve Maurizio Arrivabene, dopodiché è calato nuovamente il silenzio. Nessuna risposta risolutiva neppure da Cherubini. Nel decreto di perquisizione si parla di «retribuzioni arretrate», ma l’interesse dei magistrati è di natura tecnica: come sia stata contabilizzata la scrittura e, in caso contrario, se si sia di fronte a «un debito fuori bilancio». Che poi si parli di somme legate al periodo Covid o al passaggio del giocatore allo United, poco importa. Per questo, c’è chi non esclude che il documento possa essere chiesto direttamente ai manager di CR7. Nei prossimi giorni intanto verrà affidato al commercialista Enrico Stasi l’incarico di analizzare le operazioni sospette e i bilanci del club. Conti sui quali pesa l’ipotesi di accusa contro i vertici della società, per «gestione malsana delle plusvalenze». Da chiarire anche — per la Procura — le operazioni di contabilizzazione dei bonus legati ai contratti dei singoli giocatori. La consulenza potrebbe allungare i tempi dell’inchiesta e, nel caso, anche l’invio alla Federcalcio degli atti per la valutazione di eventuali illeciti sportivi. Illeciti che non riguarderebbero solo la Juve, ma anche altre squadre di serie A. A palazzo di giustizia, il procuratore aggiunto Marco Gianoglio e i pm Mario Bendoni e Ciro Santoriello stanno valutando se convocare altri testimoni: era prevista l’audizione dell’avvocato Gabasio, che però, da rappresentante legale della società (indagata per responsabilità amministrativa) potrà essere ascoltato solo con un difensore. Non sfileranno in Procura, almeno per ora, neanche i sei indagati. Ieri hanno annunciato di volersi avvalere della facoltà di non rispondere gli ex manager Marco Re e Stefano Bertola. «Le questioni in discussione — spiega il loro legale, l’avvocato Luigi Chiappero — sono essenzialmente di carattere tecnico e necessitano di una riflessione». È una linea difensiva che potrebbe essere seguita anche dagli altri quattro accusati: il presidente Andrea Agnelli, il vice Pavel Nedved, l’ex ds Fabio Paratici, ora al Tottenham, e il manager Stefano Cerrato, tutti difesi dall’avvocato Davide Sangiorgio. Il club è invece tutelato dal professor Maurizio Bellacosa, dello studio Severino.
Da open.online il 2 dicembre 2021. Rischia di allargarsi l’inchiesta sulle plusvalenze della Juventus. Secondo quanto riferisce il quotidiano La Verità, sotto la lente della Procura di Torino sarebbero finite anche fatture, stipendi e pagamenti. I pm intendono analizzare in maniera approfondita i conti della società bianconera, e per farlo sono pronti ad affidare a un consulente il compito di verificare i bilanci degli ultimi tre anni. Al momento, si procede per false comunicazioni di società quotate ed emissione di fatture per operazioni inesistenti: 282 milioni (su un totale di circa 320) di plusvalenze che i pm ritengono «fittizie», non legate ai ricavi effettivi e fatte maturare ad arte con l’obiettivo di mascherare le perdite di esercizio. Ma gli investigatori stanno verificando anche i pagamenti ad agenti e intermediari. Ieri, i primi due indagati – Emilio Re e Stefano Bertola – si sono avvalsi della facoltà di non rispondere. Entrambi ex manager della Juventus, erano stati convocati dopo le perquisizioni di venerdì scorso. Il difensore, l’avvocato Luigi Chiappero, ha motivato la scelta con la necessità di una «riflessione». «Le questioni sul tappeto – ha detto – sono di carattere eminentemente tecnico. Se ci sono chiarimenti da dare, si daranno. Ma prima bisogna conoscere il contenuto delle contestazioni. E noi, al momento, non lo conosciamo». La procura dovrà depositare le carte solo in caso di un ricorso al Tribunale del riesame da parte degli indagati. Dovrebbe saltare anche l’audizione dell’avvocato Cesare Gabasio, che negli ambienti investigativi è considerato figura di rilievo. Gabasio, che non risulta indagato, da alcuni mesi è general counsel della Juventus a contatto diretto con il presidente Andrea Agnelli e compare in alcune delle conversazioni intercettate dalla Guardia di finanza.
La scrittura privata con Ronaldo
Il nome di Gabasio compare anche in uno dei punti più caldi dell’inchiesta, quello sulla scrittura privata riguardante Cristiano Ronaldo. Citata nel decreto di perquisizione come relativa a «retribuzioni arretrate del calciatore», potrebbe riguardare un accordo sugli stipendi posticipati o una buonuscita per il trasferimento del portoghese al Manchester United. Quello che i pm vogliono capire è come è stata messa a bilancio. Gli inquirenti sono venuti a conoscenza del documento da una conversazione intercettata tra il responsabile del mercato Federico Cherubini e lo stesso Gabasio. La carta, però, non è ancora stata trovata nel materiale sequestrato. Di quella scrittura privata i pm hanno chiesto conto alle persone interrogate, ma finora nessuno ha fornito informazioni utili a risolvere il mistero. Ecco allora che, secondo la Gazzetta dello Sport, la Procura sta seriamente pensando convocare il campione portoghese, attraverso il suo procuratore e la società Gestifute, che lo gestisce.
Fabiana Della Valle per "la Gazzetta dello Sport" il 2 dicembre 2021. La carta che non c'è è diventata il mistero buffo di cui si dibatte parecchio ai piani alti del Palazzo di Giustizia, dove negli uffici dei pubblici ministeri Marco Gianoglio, Ciro Santoriello e dell'aggiunto Mario Bendoni da qualche giorno è un via vai di riunioni e audizioni. Carta che viene citata a pagina 6 del decreto di perquisizione notificato venerdì sera alla Juventus nell'ambito dell'inchiesta «Prisma» - che coinvolge i vertici del club bianconero, indagati per emissione di fatture false e false comunicazioni delle società quotate in Borsa - e che riguarda non uno qualsiasi, ma Cristiano Ronaldo. La vicenda è nota: si tratta di una scrittura privata di cui gli inquirenti sono venuti a conoscenza da una conversazione intercettata tra il responsabile del mercato Federico Cherubini (che ieri era con Massimiliano Allegri a Vinovo per seguire la Coppa Italia Primavera) e l'avvocato Cesare Gabasio. «La famosa carta che non deve esistere teoricamente» e che di fatto non è ancora stata trovata, nonostante sia stato analizzato quasi tutto il materiale sequestrato. Una carta di cui è stato chiesto abbondantemente conto ai dirigenti della Juventus finora interrogati (oltre a Cherubini, anche l'a.d. Maurizio Arrivabene e il segretario Paolo Morganti, potrebbe invece non essere sentito Giovanni Manna, responsabile Under 23) e che se non uscirà fuori potrebbe spingere i pm a chiamare in causa il portoghese. Difficile che sia lui a presentarsi a Torino, convocato per fornire chiarimenti su un documento che «non risulta essere stato oggetto di pubblicazione e di comunicazione agli organi competenti», ma i pm potrebbero rivolgersi al suo procuratore e alla società che lo gestisce, la Gestifute, per riuscire a risolvere l'arcano. Nessun chiarimento Della carta che non c'è si è parlato tanto e a lungo nelle tre audizioni andate in scena finora in Procura tra sabato e mercoledì. L'impressione è che i pm s' aspettassero di averla già in mano, invece possono solo continuare a cercare. Di fronte alle richieste degli inquirenti la Juventus si è mostrata molto collaborativa, senza però fornire il documento. «M' informerò», avrebbe garantito Arrivabene. Sulla questione CR7 si è insistito ancora di più con Cherubini (che non figura tra gli indagati, così come Arrivabene, ed è stato sentito come persona informata sui fatti), visto che se ne parla in un'intercettazione che lo coinvolge, ma da quanto filtra non avrebbe dato indicazioni utili.
Arretrati o buonuscita? Così il giallo sul contenuto della carta resta: nel decreto si parla genericamente di «retribuzioni arretrate del calciatore». In realtà più che il contenuto agli inquirenti interessa l'aspetto tecnico: che si tratti di un accordo sugli stipendi posticipati in periodo di pandemia o di una buonuscita per incentivare il passaggio estivo di Cristiano al Manchester United (ipotesi che si sta facendo largo nelle ultime ore) poco importa, la procura la cerca con tutta questa insistenza perché ha bisogno di capire come è stata computata a bilancio.
I bonus nei contratti. Sotto indagine ci sono gli esercizi delle ultime 3 stagioni, dal 2018-19 al 2020-21, per un totale di 282 plusvalenze sospette. Operazioni che l'accusa definisce «a specchio», senza movimenti di denaro e con duplice effetto positivo sui bilanci delle due società coinvolte. L'altro aspetto su cui il pool di magistrati dell'Economia si sta concentrando e che è emerso dall'analisi dei documenti sequestrati riguarda la contabilizzazione dei bonus presenti nei contratti dei giocatori, su cui ci sarebbero delle anomalie. Gabasio non più test e Tornando alla carta CR7, non potrà essere interrogato come testimone Gabasio, interlocutore di Cherubini nell'intercettazione chiave, e quindi per la procura potenzialmente ben informato sull'argomento: essendo procuratore e legale rappresentante della Juventus, che nel procedimento sulle plusvalenze è indagata come persona giuridica, potrà essere ascoltato solo se affiancato da un avvocato.
Agnelli e gli altri. In attesa che arrivino novità sulla carta che non c'è, il lavoro della Procura va avanti con l'analisi di tutte le altre carte, quelle sequestrate alla Juventus nelle perquisizioni effettuate in 4 sedi differenti (Continassa, centro sportivo, Vinovo e la sede milanese) tra venerdì e sabato. Ieri era stato convocato Marco Re, ex responsabile finanziario bianconero, che però non si è presentato e lo stesso farà l'atro ex manager Stefano Bertola, successore di Re, che aveva avuto l'invito a comparire per oggi. Tramite il loro avvocato, Luigi Chiappero, hanno fatto sapere di volersi avvalere della facoltà di non rispondere. «Si tratta di questioni tecniche - ha spiegato il legale -. Per rispondere bisogna avere le carte da visionare». Gli altri indagati, il presidente Andrea Agnelli, il vice Pavel Nedved, il responsabile dell'area sportiva Stefano Cerrato, attuale Chief Financial Officier, e l'ex capo dell'area sportiva Fabio Paratici, ora al Tottenham, non hanno ancora ricevuto l'invito a comparire (e non è detto che la procura avesse intenzione di chiamarli) ma il loro legale Davide Sangiorgio ha già fatto sapere che, se convocati in questa fase processuale, si avvarranno facoltà di non rispondere.
Da gazzetta.it il 3 dicembre 2021. "Se quella carta salta fuori abbiam... ci saltano alla gola tutto sul bilancio". A indirizzare le indagini dell’inchiesta Prisma sui rapporti tra la Juventus e Cristiano Ronaldo è questa frase, riportata dall’Ansa, captata dalle intercettazioni della Guardia di Finanza in una conversazione del 23 settembre scorso tra Federico Cherubini, sentito nei giorni scorsi come persona informata dei fatti dalla Procura di Torino ma non indagato, e Cesare Gabasio, legale rappresentante della Juventus, il cui nome dalle ultime ore è il settimo iscritto nel registro degli indagati dopo quelli di Agnelli, Paratici, Nedved, Cerrato, Re e Bertola. Sono legate a questo filone le perquisizioni di ieri della guardia di finanza incaricata di recuperare la documentazione "contabile ed extracontabile" in riferimento alla "famosa carta che non deve esistere teoricamente" intercettata in una conversazione tra Gabasio e Cherubini su Cristiano Ronaldo. Inizialmente si ipotizzava fosse legata agli arretrati dovuti al portoghese per le mensilità che in tempo di Covid i giocatori bianconeri avevano deciso di differire in futuro, ma si fa strada l’ipotesi di una buonuscita per favorire il passaggio di CR7 allo United. Nel nuovo decreto di perquisizione si legge: “Riportavano in modo difforme dal vero alla voce ‘Cessioni definitive’ i valori economici della cessione del calciatore Cristiano Ronaldo”. Secondo le ipotesi della Procura la “carta famosa che non deve teoricamente esistere” potrebbe essere rilevante ai fini della correttezza del bilancio 2021 perché, pur essendo l’esercizio chiuso precedentemente alla cessione del portoghese, neanche nella relazione allegata con i fatti intervenuti dopo la chiusura dell’esercizio risulterebbero riferimenti a cui questa “carta” possa essere riconducibile.
(ANSA il 3 dicembre 2021) - Riguarda i rapporti della Juventus con Ronaldo una parte della nuova perquisizione ordinata dalla Procura di Torino nella sede della società bianconera. I magistrati hanno preso l'iniziativa dopo gli interrogatori di questi giorni dei manager del club ascoltati come testimoni.
Massimiliano Nerozzi per il "Corriere della Sera" il 3 dicembre 2021. Avviata il 3 agosto 2018 per fabbricare - «i campioni di domani» - l'under 23 della Juve ha finito soprattutto per esportare, ingrossando i ricavi. Progetto legittimo e invidiato, sulla scia delle squadre B dei campionati esteri, a patto di non stravolgerne la logica, come sospetta invece l'inchiesta della Procura di Torino sulle plusvalenze. Che a questo aspetto dedica un punto dell'indagine: «Numerose operazioni di cessione riguardanti giovani calciatori (appartenenti all'under 23) con corrispettivi rilevanti e fuori range, rispetto a calciatori di medesimo livello e categoria». Di questo ha parlato ieri Giovanni Manna, responsabile dell'under 23 appunto, ascoltato per quasi quattro ore dal procuratore aggiunto Marco Gianoglio e dal pm Mario Bendoni, che insieme al collega Ciro Santoriello coordinano le indagini della guardia di finanza. Per dire, nella stagione 2019/20, l'under 23 ha movimentato compravendite di un valore superiore, per distacco, alla somma delle altre 59 società di serie C. Commerciando, tante volte anche all'estero, alcuni di quei giocatori finiti negli atti dell'inchiesta e negli accertamenti della Covisoc. Come Matheus Pereira da Silva, impacchettato per il Barcellona (in uno scambio) per 8 milioni di euro, con plusvalenza sui 6,82 milioni. O Pablo Moreno Taboada, finito al Manchester City per 10 milioni, con «un effetto economico positivo» (sui conti) di 7,6 milioni, «al netto del contributo di solidarietà e degli oneri accessori». Stesso percorso per Franco Daryl Tongya Heubang, passato all'Olympique Marsiglia per 8 milioni, praticamente tutti di plusvalenza. Anche in questo caso, nell'ambito di uno scambio. L'udizione di Manna, ascoltato come persona informata sui fatti (verbale secretato), ha di fatto terminato il primo giro di colloqui, visto che ora i pm e i militari del nucleo di polizia economico finanziaria della Finanza si concentrerà sull'esame dei documenti sequestrati e sulle copie forensi del contenuto di pc e hard disk. Insomma, un materiale sconfinato. Nel quale gli investigatori sperano ancora di rintracciare la «famosa carta» di Cristiano Ronaldo, «quella che non deve teoricamente esistere». L'ultima mossa sarà quella di sentire come testimone Jorge Mendes, amico e storico procuratore di CR7: l'agente del giocatore potrebbe essere contattato e invitato in Procura dopo le feste di Natale. E se due indagati - gli ex manager dell'area finanza, Marco Re e Stefano Bertola - hanno preferito non rispondere ai pm, gli altri quattro - Agnelli, Nedved, Paratici e Cerrato - non sono stati neanche convocati: avrebbero fatto la stessa scelta.
Juventus, le plusvalenze nella Under 23: da sola più di tutte le altre squadre di C. Massimiliano Nerozzi Il Corriere della Sera il 2 dicembre 2021. Un punto dell’indagine della Procura di Torino è dedicato proprio alle operazioni della squadra B: il responsabile è stato ascoltato per quattro ore. Avviata il 3 agosto 2018 per fabbricare — «i campioni di domani» — l’under 23 della Juve ha finito soprattutto per esportare , ingrossando i ricavi. Progetto legittimo e invidiato, sulla scia delle squadre B dei campionati esteri, a patto di non stravolgerne la logica, come sospetta invece l’inchiesta della Procura di Torino sulle plusvalenze. Che a questo aspetto dedica un punto dell’indagine: «Numerose operazioni di cessione riguardanti giovani calciatori (appartenenti all’under 23) con corrispettivi rilevanti e fuori range, rispetto a calciatori di medesimo livello e categoria». Di questo ha parlato giovedì Giovanni Manna, responsabile dell’under 23 appunto, ascoltato per quasi quattro ore dal procuratore aggiunto Marco Gianoglio e dal pm Mario Bendoni, che insieme al collega Ciro Santoriello coordinano le indagini della guardia di finanza. Per dire, nella stagione 2019/20, l’under 23 ha movimentato compravendite di un valore superiore, per distacco, alla somma delle altre 59 società di serie C. Commerciando, tante volte anche all’estero, alcuni di quei giocatori finiti negli atti dell’inchiesta e negli accertamenti della Covisoc. Come Matheus Pereira da Silva, impacchettato per il Barcellona (in uno scambio) per 8 milioni di euro, con plusvalenza sui 6,82 milioni. O Pablo Moreno Taboada, finito al Manchester City per 10 milioni, con «un effetto economico positivo» (sui conti) di 7,6 milioni, «al netto del contributo di solidarietà e degli oneri accessori». Stesso percorso per Franco Daryl Tongya Heubang, passato all’Olympique Marsiglia per 8 milioni, praticamente tutti di plusvalenza. Anche in questo caso, nell’ambito di uno scambio. L’udizione di Manna, ascoltato come persona informata sui fatti (verbale secretato), ha di fatto terminato il primo giro di colloqui, visto che ora i pm e i militari del nucleo di polizia economico finanziaria della Finanza si concentrerà sull’esame dei documenti sequestrati e sulle copie forensi del contenuto di pc e hard disk. Insomma, un materiale sconfinato. Nel quale gli investigatori sperano ancora di rintracciare la «famosa carta» di Cristiano Ronaldo, «quella che non deve teoricamente esistere». L’ultima mossa sarà quella di sentire come testimone Jorge Mendes, amico e storico procuratore di CR7: l’agente del giocatore potrebbe essere contattato e invitato in Procura dopo le feste di Natale. E se due indagati — gli ex manager dell’area finanza, Marco Re e Stefano Bertola — hanno preferito non rispondere ai pm, gli altri quattro — Agnelli, Nedved, Paratici e Cerrato — non sono stati neanche convocati: avrebbero fatto la stessa scelta.
MASSIMILIANO NEROZZI per il Corriere della Sera il 5 dicembre 2021. Di Cristiano Ronaldo, dentro casa Juve, si parla quasi tutta l'estate, prima di arrivare alla «carta famosa che non deve teoricamente esistere», di cui Cesare Gabasio, capo dell'ufficio legale bianconero, parla con il ds Federico Cherubini, in una telefonata (intercettata) del 23 settembre scorso. Atterrato il 25 luglio all'aeroporto di Caselle, CR7 aveva accennato all'ipotesi di andarsene nelle chiacchiere con qualche compagno, come poi andrà a fine agosto, con il volo verso Manchester, contea United. Va da sé, che non ci sarebbe stato l'happy end se l'era immaginato anche qualche dirigente, nonostante le comprensibili smentite pubbliche: c'era pur sempre la possibilità che l'asso portoghese fosse rimasto. Resta il fatto che la valutazione sul numero 7 si era fatta tecnica, alla luce delle osservazioni di Massimiliano Allegri, ed economica, per una busta paga da 31 milioni di euro (netti). Morale, supportata dalle chiacchiere (non pubbliche) durante il mercato estivo: un acquirente sarebbe stata la miglior via d'uscita. Si arriva dunque all'accordo con il Manchester United, riportato a bilancio nei «fatti di rilievo avvenuti dopo il 30 giugno 2021», quando si chiude l'annata contabile. Al prezzo di 15 milioni di euro, più altri eventuali 8, una sorta di bonus collegati «al raggiungimento di obiettivi sportivi». Nulla viene invece annotato a proposito di altri accordi con il giocatore e il suo storico amico e agente, Jorge Mendes, nonostante l'ultima stagione a uno stipendio monstre da oltre 50 milioni lordi (che il club avrebbe risparmiato) e, forse, qualche «retribuzione arretrata». A tutto ciò si riferisce la «carta famosa», della cui esistenza sono convinti gli investigatori, sulla scorta di quanto viene detto nelle conversazioni telefoniche captate. Ne dubitano, al contrario, i legali degli indagati e del club, gli avvocati Davide Sangiorgio e Maurizio Bellacosa, dello studio legale Severino, che parlano della «presunta esistenza di documentazione della quale, al momento, non risulta il rinvenimento». Da «follow the money», seguite i soldi, vecchio consiglio investigativo, a «follow the paper», seguite la «carta»: quella che continuano a cercare i militari della Guardia di finanza, coordinati dal procuratore aggiunto Marco Gianoglio e dai pm Mario Bendoni e Ciro Santoriello. Di certo, alcuni ne hanno parlato al telefono, ma nessuno lo fa di persona, come da verbale di perquisizione del 26 novembre, redatto dagli uomini del nucleo di polizia economico finanziaria delle Fiamme gialle: «Si riceveva riscontro negativo», alla domanda sulla «carta famosa» fatta ad Andrea Agnelli, Pavel Nedved, Maurizio Arrivabene, Cherubini e Gabasio. Dell'esistenza ne sono appunto certi Procura e Finanza, ma non per questo è detto che salterà fuori. Poco male - il pensiero degli investigatori - anche perché l'eventuale scrittura privata relativa «al rapporto contrattuale» con CR7 è solo un punto, non il fulcro, delle ipotesi di accusa: l'aver «fraudolentemente» gonfiato le plusvalenze, falsificando così il bilancio degli ultimi tre esercizi.
Plusvalenze, la Juventus e il documento con lo scenario peggiore: «Rischi per la continuità aziendale». Mario Gerevini su Il Corriere della Sera il 4 dicembre 2021. La società bianconera invia un supplemento di informazioni alla Consob dopo l’inchiesta e delinea anche gli scenari peggiori: «Se arrivassero sanzioni o condanne potrebbero esserci impatti negativi sulla situazione economica del gruppo». È messo nero su bianco in un documento ufficiale bianconero: la Juventus potrebbe non avere la capacità «di mantenere il presupposto della continuità aziendale». E se arrivassero sanzioni o condanne a esponenti aziendali ci potrebbero essere «impatti negativi, anche significativi, sulla situazione economica… del gruppo». Fa effetto, soprattutto ripensando alle recenti manovre per la creazione di un’elite del calcio: dalla Superlega al rischio di nessuna Lega.
Però bisogna fare la tara: sono tutte affermazioni vere (messe al condizionale), indotte anche dall’inchiesta penale torinese ma portate alle estreme ipotetiche conseguenze. In quale contesto sono state scritte? E perché? La Juve è una società quotata in Borsa e ha in corso un aumento di capitale da 400 milioni. Tipica situazione da croce e delizia. Croce perché deve raccontare tutto al mercato, anche formulando le ipotesi più estreme. Delizia perché è proprio dal mercato che si appresta a raccogliere denaro. Pochi giorni prima che la ricapitalizzazione partisse (29 novembre, terminerà il 16 dicembre quando si concentreranno le eventuali sottoscrizioni) il club ha pubblicato il documento informativo, approvato dalla Consob. Lì dentro non c’è spazio per ambiguità e omissioni: esiste il reato specifico di falso in prospetto. Il vertice del club guidato da Andrea Agnelli ha messo in fila le promesse sull’utilizzo del denaro, bilanci aggiornati e l’elenco dei rischi («stressandoli» come da prassi) che un investitore potrebbe correre acquistando le nuove azioni. Solo che nel frattempo l’indagine della Procura di Torino sulle plusvalenze sospette e con ipotesi di reato (false comunicazioni sociali delle società quotate) direttamente impattanti sul profilo patrimoniale e gestionale del club, ha alzato il livello dei rischi. Con un duplice, micidiale, effetto collaterale. Il primo: far crollare il titolo (-17% in sette giorni a 0,403 euro) rendendo meno appetibile l’aumento di capitale (a 0,334 euro). Il secondo costringere il club a un addendum sui rischi che non è certo una medaglia per la reputazione. Così venerdì sera poco prima di mezzanotte, passando dalle mani della dirigente societaria Elisabetta Cravero e dei legali dello studio Pedersoli, è stato licenziato il supplemento al prospetto. «Sussiste il rischio — si legge in un passaggio molto importante, a proposito dell’indagine della Procura — che i Garanti ritengano che i suddetti fatti configurino i presupposti per l’esercizio del diritto di recesso dall’impegno di garanzia dell’aumento di capitale». Secondo la società bianconera, a termini di contratto, non è un «mutamento negativo rilevante» che consenta il recesso. Ma il rischio c’è. In parole povere, potrebbero sfilarsi Goldman Sachs, Jp Morgan, Mediobanca e Unicredit che si sono impegnate a sottoscrivere le azioni della Juventus eventualmente invendute (i Garanti, appunto). Resta naturalmente la sicurezza di Exor che «copre» la sua quota del 64%. Se però arrivassero solo 255 dei 400 milioni non ci sarebbero risorse sufficienti per sostenere il Piano di sviluppo al 2024 e dunque «la capacità del gruppo di mantenere il presupposto della continuità aziendale nell’arco del Piano verrebbe meno». Che cosa ci vuole fare la Juve con i proventi dell’aumento di capitale? In parte intende rimborsare prestiti bancari e di società di factoring così riducendo il carico degli oneri finanziari. Poi indirizzerà risorse per finanziare le attività «previste per il mantenimento della competitività sportiva e l’incremento della visibilità del brand Juventus». Sotto questo profilo, ovvero quello della destinazione delle risorse provenienti dall’aumento, nulla è cambiato, ovviamente. Anzi, dalla controllante Exor sono già stati bonificati fin dal 27 agosto scorso 75 milioni in conto aumento capitale, quindi a essere precisi ad oggi l’operazione è di 320-330 milioni. I rischi, insomma, al momento appaiono più legati alle conseguenze delle indagini penali che non alla contingente, eventuale, carenza di risorse finanziarie. Exor non è certo una holding senza mezzi: la Juve potrebbe avere meno «benzina», nuovi manager ma di sicuro non rischia di rimanere in panne. E comunque il prezzo in Borsa rende ancora appetibile l’aumento. Poi è davvero difficile immaginare le quattro banche chiudere il paracadute a John Elkann che è a capo di un gruppo da 30 miliardi di euro con un utile nel primo semestre 2021 di 838 milioni. Intanto, però, il titolo della Juventus è ai minimi dall’estate 2017.
Esame farsa di Suarez, la Procura archivia l’inchiesta: “Non ci sono elementi sufficienti”. Asia Angaroni il 14/12/2021 su Notizie.it. "Dalla documentazione ricevuta non sono emersi elementi sufficienti per ritenere provate condotte illecite rilevanti", si legge nel comunicato della Figc. Ha fatto a lungo discutere il caso dell’esame farsa di Suarez che ha causato non pochi problemi in casa Juventus. Ora c’è una svolta: la Procura ha archiviato l’inchiesta.
Esame farsa di Suarez, procura archivia l’inchiesta
La giustizia sportiva italiana ha fatto il suo corso: la Procura Federale ha confermato l’archiviazione del procedimento relativo all’indagine della Procura della Repubblica di Perugia sul tanto dibattuto test eseguito da Suarez per ottenere la cittadinanza italiana.
Il calciatore attualmente veste la maglia dell’Atletico Madrid, ma all’epoca dei fatti era protagonista del mercato bianconero.
Nel comunicato ufficiale che riferisce la decisione di archiviazione si legge: “In attesa della trasmissione di eventuali ulteriori atti di indagine e/o processuali dalla competente Autorità Giudiziaria, non sono emersi elementi sufficienti per ritenere provate condotte illecite rilevanti nell’ambito dell’ordinamento federale sportivo di dirigenti o comunque tesserati, unici soggetti sottoposti alla Giustizia Sportiva ai sensi del vigente C.G.S.”.
Viene così cancellato ogni rischio di provvedimento per la Juventus, in attesa che anche la giustizia ordinaria faccia il suo corso. La vicenda che coinvolge Luis Suarez proseguirà solo nelle aule di Tribunale.
Esame farsa di Suarez, procura archivia l’inchiesta: le parole degli inquirenti
Il test sostenuto dal calciatore sarebbe stato organizzato “soltanto per consentire a Suarez di ottenere, nei tempi richiesti dalla Juve e all’esito di una fittizia procedura di esame, la certificazione linguistica necessaria per l’ottenimento della cittadinanza italiana”.
Così hanno dichiarato gli inquirenti.
Esame farsa di Suarez, procura archivia l’inchiesta: le dichiarazioni di Gravina
Solo pochi giorni prima che la Procura archiviasse il caso, in occasione dell’evento in onore di Paolo Rossi al museo Fifa di Zurigo, Gabriele Gravina aveva dichiarato: “Non è vero che la Procura non si è pronunciata. Su Suarez si è valutato e si è giunti a decisione”.
Quindi aveva ricordato: “Mi sembra di capire che per la prima parte di quell’inchiesta, con gli atti finora trasmessi dalla Procura, non ci siano stati elementi per procedere: si va verso l’archiviazione”, non escludendo la possibilità di un supplemento di indagine.
“C’è attesa per la seconda parte relativa ai dirigenti coinvolti: aspettiamo che Perugia consegni questa seconda parte di atti”, aveva aggiunto.
Valerio Piccioni per la Gazzetta dello Sport il 3 dicembre 2021. Succede spesso quando i pm si occupano di sport e in particolare di calcio: immaginiamo percorsi giudiziari rapidissimi, carte che viaggiano con il tempo di una mail dalle procure della repubblica alla sede federale, sentenze sportive confezionate nel giro di poche settimane. Poi le istruttorie si allungano, la montagna dei verdetti partorisce il topolino e arrivederci al prossimo scandalo. Diamoci dunque una calmata: una cosa è restare impressionati da quelle cattive abitudini con cui diversi club (non tutti) hanno preso da anni a inventare acrobazie contabili in bilancio per ammorbidire l'impietosa fotografia di conti spaventosamente in rosso. O riflettere su alcune risultanze dell'istruttoria di Torino, peraltro tuttora in corso. Un'altra è pensare di risolvere con un colpo di bacchetta magica, una stangata di qua una stangatina di là, problemi annosi, un vero e proprio groviglio di interessi che, nonostante i buoni propositi, non si sbroglia mai. La miscela fra plusvalenze sospette, mostruose "commissioni", impotenza delle istituzioni, produce una panna andata a male che inquina sempre di più il sistema. Gravina ha ragione: niente processi sommari. E una giustizia sportiva non può ordinare intercettazioni o prendersi i computer degli indagati per studiare cosa c'è dentro. Diciamoci la verità: senza la procura della repubblica di Torino, pure gli allarmi lanciati da Covisoc e Consob (non si sa chi ha cominciato prima, ma questo non cambia i termini della questione), avrebbero probabilmente sbattuto sul muro della "soggettività" della valutazione del calciatore. Semmai ci si potrebbe chiedere:non sarebbe ora che anche i club si interrogassero su malsane abitudini che sembrano andare sempre sull'autostrada di costi folli e non sostenibili? Dunque ok, niente processi sommari, non si può andare a duecento all'ora perché si va a sbattere. Ma magari a cinquanta sì. Certe volte la procura federale sembra accendere il motore proprio a fatica. Per dire, Perugia, l'esame di Suarez. Attenzione, l'esempio che facciamo è anche a tutela della Juve e del sacrosanto diritto di essere considerata a un certo punto definitivamente scagionata. Noi non riusciamo a capire perché, a richieste di rinvio a giudizio già pronunciate, a udienza preliminare già ampiamente aperta, non si riesca a capire se il famoso fascicolo aperto già nel settembre 2020 dal procuratore federale Giuseppe Chiné sia stato aperto e chiuso (nel senso di archiviato) o se il lavoro debba ancora cominciare. La domanda è: si devono aspettare le carte o l'esito delle richieste di rinvio a giudizio? Naturalmente un pm o una procura che indaga conta anche sul segreto istruttorio. E la legge 280, che regola i rapporti fra giustizia ordinaria e sportiva (quella che dice: c'è solo il Tar dopo tutti i gradi di giudizio "sportivi"), non mette un punto chiaro sui tempi e le modalità della collaborazione fra le due giustizie. Però non dobbiamo dimenticare che spesso, in questi anni, sportivo e penale si sono parlati, costruendo un rapporto che ha consentito di bruciare i tempi per non tenere sotto scacco il sistema. Che viene lasciato in pasto a un ritornello che rischia di durare mesi: c'è un colpevole, ce ne sono tanti, o non ce ne sono? Insomma, siamo sempre lì. Sentenze che fanno a pugni fra loro, discrezionalità gigantesca affidata ai giudici, attendismi certe volte incomprensibili: questa giustizia sportiva ha qualcosa che non va.
Striscia la Notizia, altra bomba sulla Juve: "Denunce già dal 2018, ma...". Chi gioca sporco per difendere i bianconeri? Libero Quotidiano il 03 dicembre 2021. Non è rimasta sorpresa dalle presunte plusvalenze della Juventus Striscia la Notizia. Il tg satirico di Canale 5, come spiegato nella puntata di venerdì 3 dicembre da Moreno Morello, aveva già denunciato dal 2018 la questione "operazioni a specchio". Nel mirino valutazioni gonfiate e scambi di calciatori senza esborso di denaro, su cui l'inviato del programma di Antonio Ricci vuole nuovamente fare chiarezza dopo che "nulla è stato fatto", o quasi. "Dopo la condanna di Cesena e Chievo - si legge nell'anticipazione rilanciata da Striscia -, il procuratore della Federazione italiana giuoco calcio (Figc) che si occupò del caso, Giuseppe Pecoraro, si dimise dall’incarico. Allora l’avvocato del Chievo disse: 'Questo processo è cominciato con Striscia la notizia. Ma un bel Tapiro alla Procura federale glielo vogliamo dare o no?'". Per il tg satirico "sembrava un’allusione oscura", fino a quando un anno dopo Pecoraro si dimise "per motivi personali" e le inchieste si fermarono. Ad oggi le inchieste sono ricominciate per merito della magistratura ordinaria. Le "operazioni a specchio" citate da Striscia sul caso che sta travolgendo i bianconeri altro non sono che operazioni sospette per cui non si verificano movimenti finanziari: due club, consapevoli di quello che stanno facendo, si scambiano due giocatori, entrambi con la stessa valutazione "gonfiata", per mettere nei loro bilanci due valori patrimoniali più alti di quelli che avevano precedentemente. Intanto, a rispondere alla Procura di Torino nelle ultime ore ci ha pensato il capitano, Giorgio Chiellini: "Le indagini lasciano il tempo che trovano, dobbiamo aspettare, Ormai siamo abituati che quando si parla di Juve ogni cosa viene amplificata di un milione".
Juventus processata sui giornali, ma gli atti erano segreti. Intercettazioni e particolari dell’inchiesta della procura di Torino diffusi da tutti i media. Vitiello (Iv): si rischia di inquinare la genuinità delle indagini. Valentina Stella su Il Dubbio il 30 novembre 2021. Non lasciamoci influenzare dalla nostra fede calcistica: lo sputtanamento mediatico che sta subendo la Juventus in questi ultimi giorni è probabilmente illegale e va raccontato, anche se da napoletani o interisti la vorremmo vedere in fondo alla classifica. L’inchiesta, condotta dalla procura di Torino, riguarda una presunta «gestione malsana» dei conti della squadra bianconera, che ha portato all’iscrizione nel registro degli indagati di sei persone, tra i quali il presidente della Juventus Andrea Agnelli, il vicepresidente Pavel Nedved, e l’ex dirigente Fabio Paratici. La procura del capoluogo piemontese aveva diramato un comunicato stampa di poche righe in cui, tra l’altro, informava che «i finanzieri del Nucleo di Polizia economico-finanziaria Torino, delegati alle indagini, sono stati incaricati di reperire documentazione e altri elementi utili relativi ai bilanci societari approvati negli anni dal 2019 al 2021». Il problema è quello che è successo dopo: da qualche giorno su quasi tutti i media sono stati pubblicati ampi stralci del decreto di perquisizione notificato lo scorso 24 novembre. Addirittura una grossa testata nazionale ha aggiunto proprio foto delle pagine originali del decreto. La domanda è sempre questa, la stessa che ci siamo posti per il caso Renzi/Open/Fatto Quotidiano, pur essendo in una fase diversa: quell’atto poteva essere pubblicato? E se la risposta è negativa, chi ha passato il materiale alla stampa? E si indagherà sulla presunta violazione di legge? Quell’atto è arrivato anche a noi, “inoltrato molte volte” su whatsapp. Ma abbiamo deciso di non pubblicarlo. Per l’onorevole di Italia Viva, Catello Vitiello, «senza entrare nel merito della vicenda, che l’atto di perquisizione venga notificato agli indagati non significa che cade il segreto investigativo. C’è un errore tecnico di fondo in quanto si confonde la conoscenza dell’atto da parte del soggetto interessato con l’opponibilità dell’atto erga omnes. La conoscibilità non riguarda tutti e in più siamo ancora nella fase dell’indagine preliminare». Inoltre, così facendo, si inquina la genuinità dell’indagine: «Persone non direttamente coinvolte che leggono il loro nome accostato agli indagati potrebbero mettere in atto delle azioni per coprire eventuali reati personali». In più, «la pubblicazione di un decreto di perquisizione lede la reputazione degli indagati, facendoli apparire colpevoli anche se siamo ben lontani da una sentenza definitiva». A questo punto l’onorevole Vitiello si augura che la sua pdl, che estenderebbe il segreto istruttorio all’arco temporale in cui gli atti di indagine sono conosciuti dalle parti, cioè fino a quando non inizia il processo vero e proprio, venga discussa quanto prima in Commissione giustizia: «Non pretendo che la mia proposta rappresenti la panacea di tutti i mali, ma penso sia importante discuterne perché sempre di più assistiamo a violazioni di legge in questo campo». Violazioni che spesso sono commesse perché la sanzione è irrisoria: l’arresto fino a trenta giorni o una ammenda da euro 51 a euro 258. Di solito nessuna procura apre un fascicolo per questo, anche se ci sarebbe il totem dell’obbligatorietà dell’azione penale da rispettare, oppure semplicemente le redazioni non si lasciano frenare da somme così irrisorie. Duro anche il commento dell’onorevole Enrico Costa di Azione da twitter: «Intercettazioni telefoniche che devono restare segrete, infilate con il copia-incolla in un decreto di perquisizione, il quale finisce in rete e sui giornali che riportano anche le virgole dei dialoghi. L’atto d’accusa è oro colato, la vera sentenza non interesserà più a nessuno». A noi aggiunge: «La procura di Torino, oltre che indagare sulla Juventus, cerchi di capire come quel materiale sia finito ai giornali. Il punto è sempre lo stesso. Quel decreto non andava così pubblicato. Lo ha ricordato la Corte di Cassazione in una sentenza del 2019 per cui quando l’atto non è segreto o non lo è mai stato rimane fermo il divieto di pubblicazione dell’atto anche in modo parziale». Lo abbiamo già detto: l’articolo 114 cpp è uno dei più ambigui e peggio scritti del codice; comunque che ci si riferisca ad atti coperti da segreto (art. 114 comma 1) o ad atti non più coperti da segreto ma non divulgabili (art. 114 comma 2) quel decreto di perquisizione non andava reso noto integralmente o parzialmente sulla stampa. Però, come ha sottolineato l’avvocato Cataldo Intrieri su Linkiesta, «come è successo in altre occasioni, con la solita ipocrisia ci sarà qualcuno che spiegherà che il comma 7 dell’articolo 114 del Codice di procedura penale recita che sono sempre pubblicabili gli atti non più coperti dal segreto e che i decreti di perquisizione lo sono in quanto conosciuti dagli indagati». Ovviamente abbiamo chiesto anche un commento al procuratore capo di Torino Anna Maria Loreto e ai colleghi incaricati dell’indagine – Mario Bendoni, Marco Gianoglio e Ciro Santoriello – ma nessuno di loro ha risposto alla nostra email. La nuova norma che recepisce la direttiva sulla presunzione di innocenza, peraltro ancora non pubblicata nella Gazzetta Ufficiale, qui non c’entra nulla, semmai è il principio dell’articolo 27 della Costituzione che sistematicamente viene violato attraverso la narrazione colpevolista fatta soprattutto in fase di indagine. Costa è comunque pronto a dare battaglia: «La legge sulla presunzione d’innocenza sarà a breve pubblicata in GU. Ora dobbiamo impegnarci perché non venga aggirata. Ci proveranno. Stiamo predisponendo moduli perché tutti possano segnalare al ministero della Giustizia ogni violazione».
Fabrizio Biasin per “Libero quotidiano” il 28 novembre 2021. Un bel giorno Andrea Agnelli decide che Giuseppe Marotta non va più bene perché sì, è bravo ma, oh, largo ai giovani!, a Fabio Paratici che, tra l'altro, non ha nessun dubbio sul fatto che Ronaldo vada preso a tutti i costi, mentre Don Beppe no, non si fida, teme assai gli effetti collaterali, non vuole rischiare. Essù, eddai, se non vuoi Ronaldo allora non hai la visione giusta. E lo fa fuori. Senza neanche troppi complimenti, tra l'altro. Marotta, che in precedenza aveva rifiutato il corteggiamento del Milan proprio perché rispettoso del suo contratto in bianconero, a quel punto accetta la proposta della famiglia Zhang, lestissima ad accaparrarselo subito dopo il siluramento. Il giorno dell'addio, Agnelli chiede a Marotta di presenziare a una conferenza stampa "congiunta" per salutare tutti quanti e magari stringersi la mano. Marotta declina con gentilezza. Ebbene, quell'addio, quell'atto di - definiamola "superbia agnelliana", coincide con l'inizio dei guai bianconeri: gli affari, le responsabilità, passano Paratici, talent scout capacissimo, dirigente discutibilissimo. È lui che sponsorizza e definisce l'acquisto di Cr7 (già ribattezzato Cr730), giocatore che alla fine risulterà più caro che produttivo; è lui che porta il monte ingaggi della Juve a livelli siderali e decisamente insostenibili; è lui che insieme a Nedved fa fuori il primo Allegri in nome del «bel giuoco»; è lui che imbarazza la Signora per la faccenda Suarez; è lui che a un bel punto lascia Torino per Londra e questa volta sì, dopo una conferenza congiunta con il suo benefattore, Andrea Agnelli. Ecco, il grande capo bianconero ha avuto il merito (enorme) di far rinascere la Juve post-Calciopoli, l'ha resa modello sia in Italia che in Europa e ci è riuscito proprio perché si è affidato a Marotta, ovvero al più bravo. Accompagnarlo all'uscita senza un vero perché non è stato solo un errore, è stata la prima, vera, enorme minusvalenza bianconera.
Gigi Garanzini per "la Stampa" il 29 novembre 2021. È sotto gli occhi di tutti, juventini e non, che la difesa non è più quella, l'attacco segna col contagocce, il centrocampo non è parente nemmeno alla lontana di quello di qualche stagione fa. Ed è tanto incredibile quanto vero che la squadra dei nove scudetti consecutivi nel giro di un paio di stagioni si è dissolta, rendendo inevitabile partire da qui, dai risultati, da 6 sconfitte in 14 partite, da 21 punti sui 42 a disposizione. Ma partire da qui per arrivare altrove, ben più in alto: perché è sempre più chiaro, giorno dopo giorno, che si scrive squadra ma si legge società. Sono anche le cronache giudiziarie a raccontarlo, ed è un buon motivo di inquietudine ulteriore: come se già non bastasse, sullo sfondo e sempre in attesa di giudizio, quella deliziosa botta d'immagine dell'esame di italiano di Suarez. E vogliamo parlare del reality? Delle telecamere piazzate per un anno intero in spogliatoio, di un grande fratello che in qualche altro paese funzionerà pure ma da noi aveva un solo precedente, tanti anni fa, nientemeno che al Cervia: con un campione del mondo, Ciccio Graziani, a sputtanarsi con gli occhiali colorati. Ma a chi sarà venuta in mente una roba del genere nel sancta-sanctorum della Juventus? E quante volte si sarà rigirato nella tomba Giampiero Boniperti, custode e garante della privacy bianconera a tutti i costi? Mica finita, ci sarebbe anche la Superlega, volendo. Quasi a confermare che dopo anni di gestione oculata, e prima ancora di rispetto assoluto del dna bianconero, la maionese è improvvisamente impazzita. Spiegazione? Facciamo ipotesi, che il beneficio d'inventario non guasta mai. Nel segno, e qui sì, ci si può scommettere, del cherchez l'argent. Dopo anni di operazioni il cui passo era sempre stato rispettoso della lunghezza della gamba, la Juve decide di regalarsi Cristiano Ronaldo. Quasi tutta la Juve: non l'amministratore delegato, Beppe Marotta, che ritiene il suo acquisto sproporzionato rispetto alle risorse societarie e al percorso di crescita rispettato sino a lì. Si arriva alla rottura, Marotta se ne va, la spiegazione che viene fatta filtrare è che ormai guadagnava troppo e, sottintesa, troppo voleva comandare. Gli succede l'ex-delfino, Fabio Paratici. E prende il via tutt' altra politica societaria che, prima di degenerare per esempio nel turbine di plusvalenze e nell'esame di Suarez, passa per i parametri zero, tipo Ramsey, che costano effettivamente zero alla voce cartellino e montagne di quattrini alla voce contratti, con giocatori e procuratori. Poi arriva la voglia di bel gioco e Allegri non basta più, poi il flagello del Covid, per tutti, non solo per la Juve. Mentre Marotta prima costruisce un'Inter da scudetto, poi la rigenera con acquisti mirati, nettamente al ribasso, altro che parametri zero. Meditate, gente, meditate.
(ANSA il 13 dicembre 2021) - I finanzieri del nucleo speciale di polizia valutaria della guardia di finanza di Milano, coordinati dalla procura, stanno eseguendo perquisizioni nei confronti di un agente sportivo italiano e delle sue società, nonché undici richieste di consegna di documenti, anche informatici, nei confronti di altrettanti club tra cui Juventus, Torino, Milan, Inter, Verona, Spa, Fiorentina, Cagliari, Roma, Napoli e Frosinone. I reati ipotizzati sono di natura fiscale, riciclaggio e autoriciclaggio e riguardano l'attività di un noto agente sportivo straniero in collaborazione con l'agente italiano.
(ANSA il 13 dicembre 2021) - Sono Fali Ramadani e Pietro Chiodi i due indagati nell'inchiesta milanese per reati fiscali, riciclaggio e autoriciclaggio con al centro le commissioni in varie operazioni di compravendita di calciatori.
(ANSA il 13 dicembre 2021) - Nell'ambito della nuova inchiesta milanese sul calciomercato, la Guardia di finanza, coordinata dal procuratore aggiunto Maurizio Romanelli e dal pm Giovanni Polizzi, si è recata nelle sedi di vari club - che non sono indagati - per acquisire la documentazione su molte operazioni di compravendita gestite da Fali Ramadani e Pietro Chiodi, tra cui secondo quanto si apprende quella che ha portato Miralem Pjanic dalla Juve al Barcellona e il passaggio di Federico Chiesa dalla Fiorentina alla Juventus. Ramadani, inoltre, risulta agente del difensore del Napoli Kalidou Koulibaly e del tecnico della Lazio, Maurizio Sarri.
Inchiesta Ramadani, la frode fiscale sul calciomercato: da Handanovic a Rebic, da Pjanic a Chiesa. Giuseppe Guastella su Il Corriere della Sera il 13 dicembre 2021. Un’inchiesta per frode fiscale con al centro un procuratore di giocatori e allenatori riesce a scuotere il mondo del calcio italiano già indebolito dai contraccolpi della crisi dei ricavi dovuta alla pandemia e dai deludenti risultati sportivi a livello internazionale. Dopo le indagini a Torino sulle plusvalenze della Juventus, ora a finire sotto la lente di ingrandimento degli inquirenti per frode fiscale, riciclaggio e auto riciclaggio sono a Milano le operazioni tra Fali Abdilgafar Ramadani e undici squadre di serie A e B. Ramadani è uno dei procuratori più importanti del calcio mondiale. Nato in Macedonia 58 anni fa e residente in Irlanda, basi in Germania e Spagna, rappresenta calciatori come Kalidou Koulibaly (Napoli), Samir Handanovic e Ivan Perisic (entrambi Inter), oltre all’allenatore della Lazio Maurizio Sarri. A febbraio 2020, fu coinvolto in Spagna in un’inchiesta per riciclaggio e altri reati commessi, secondo l’accusa, attraverso trasferimenti fittizi di calciatori tra club europei che erano stati gestiti dalla sua società maltese. Si tratta della Lian sports limited che Forbes considerava quell’anno la terza agenzia di calciatori al mondo, accreditandola di un portafoglio di contratti pari a 777 milioni di dollari, in grado di produrre provvigioni per 78 milioni di dollari. Seguendo i fili dell’indagine dalla Spagna all’Italia, e dopo una segnalazione dell’Uif (unità di informazione finanziaria) della Banca d’Italia, il pm Giovanni Polizzi e i militari del Nucleo di polizia Valutaria della Guardia di Finanza di Milano, con il coordinamento dell’aggiunto Maurizio Romanelli, hanno focalizzato l’attenzione sulla Lian e su una galassia di altre società che fanno capo allo stesso Ramadani e a Pietro Chiodi, 53 anni, considerato un suo prestanome. Entrambi sono indagati, appunto, per frode fiscale, riciclaggio e auto riciclaggio.
Società che ufficialmente hanno sede a Malta, in Irlanda, Bulgaria e Croazia, ma che in realtà avrebbero operato in Italia attraverso una «stabile organizzazione occulta» i cui introiti sarebbero stati nascosti al fisco e trasferiti su conti di banche estere. Queste società hanno concluso affari soprattutto per la compravendita di giocatori nel calciomercato con le undici squadre italiane, nessuna delle quali è coinvolta nell’inchiesta. Lunedì mattina le Fiamme Gialle hanno perquisito gli uffici delle società che fanno capo a Chiodi e hanno ordinato alle squadre di consegnare tutta la documentazione cartacea e informatica relativa ai contratti stipulati a partire dal 2018 con Ramadani, Chiodi e con le imprese a loro riconducibili e ai versamenti fatti sul conto corrente italiano della Primus sports consultancy limited di Dublino (Irlanda), anch’essa di Ramadani e su due conti personali dello stesso agente macedone, oltre ai rapporti professionali intrattenuti con altri due procuratori italiani che, però, non sono indagati.
Ci vorranno giorni prima che i club riescano a mettere insieme tutte le carte volute dalla procura della Repubblica di Milano, che comprendono anche l’intera posta elettronica dei responsabili e dei dirigenti. L’obiettivo degli investigatori è accertare quali trattative e accordi erano alla base dei vari movimenti di calciatori da un team all’altro.
L’ordine di consegna notificato a Fiorentina e Juventus riguarda il clamoroso passaggio nel 2020 dell’attaccante Federico Chiesa dalla prima alla seconda. Al Napoli, invece, è stato chiesto di produrre gli atti dell’acquisto di Koulibaly e della risoluzione nel 2018 del contratto con il tecnico Sarri, mentre l’Inter dovrà documentare le procedure di rinnovo con Handanovic, la Roma il prestito di Kalinic, il Milan l’acquisto di Rebic, la Juventus e il Barcellona la cessione di Pjanic dall’una all’altra, il Torino l’acquisto nel 2018 di Butic, l’Hellas Verona e la Spal, rispettivamente, i prestiti di Kalinic e Simic. Ordine di consegna atti anche per Cagliari e Frosinone.
Monica Colombo, Stefano Agresti per il "Corriere della Sera" il 14 dicembre 2021. Uno, Fali Ramadani, lo chiamano «il Raiola dell'Est», perché parla molte lingue, cinque, e perché ha cominciato anche lui dalla ristorazione prima di diventare il procuratore di tanti campioni, soprattutto balcanici (Pjanic, Perisic, Handanovic, Maksimovic, Marin) ma non solo (Koulibaly, Marcos Alonso), oltre che di un allenatore di primo piano come Sarri. L'altro, Pietro Chiodi, è stato definito «un cucciolo al quale è stato dato troppo cibo e per questo si è ribellato»: la frase appartiene a Giovanni Becali, grande manovratore del calcio romeno, e l'ha pronunciata nel momento in cui è stato arrestato per un altro scandalo legato al calciomercato. I due agenti di calciatori sui quali sta indagando la Procura di Milano non sono nuovi a voci e polemiche, che li hanno sfiorati o toccati nonostante siano sempre attenti a sfuggire ai riflettori. In questo, ad esempio, Ramadani è decisamente differente rispetto a Raiola, preferisce il basso profilo e restare nell'ombra, sia nei tempi buoni che in quelli cattivi. Come questo, evidentemente. Ramadani, nato in Macedonia da genitori albanesi, domiciliato a Palma di Maiorca ma con la sede operativa della sua Lian Sport a Berlino, vanta legami importanti nel calcio. Di De Laurentiis, ad esempio, ha detto: «Aurelio è un amico e agli amici si cerca sempre di dare una mano». Ma il rapporto più stretto ce l'ha probabilmente con Pantaleo Corvino, ex direttore sportivo della Fiorentina, al quale hanno spesso rimproverato di avere contatti esclusivi con Fali: con lui ha chiuso l'affare Jovetic, quello che ha trasformato il ristoratore in procuratore, e poi anche Ljajic, Nastasic, Seferovic, Behrami. «Ma guardate quante plusvalenze ci ha fatto fare», la difesa del dirigente. Quanto a Chiodi, è lo storico agente della famiglia Di Francesco: papà Eusebio, allenatore esonerato dal Verona, e Federico, ora all'Empoli. Così ha stabilito un rapporto intenso anche con Totti, con il quale è stato fotografato nell'estate scorsa a pranzo a Pescara e nella sede dell'Empoli. Tra gli undici club nei quali ieri gli agenti della Guardia di Finanza hanno raccolto documentazioni e mail, il sentimento prevalente è la collaborazione. La Juve ostenta serenità nonostante sotto la lente di ingrandimento della procura di Milano emergano i trasferimenti di Pjanic al Barcellona e di Chiesa dalla Fiorentina. «Gli indagati sono altri, non noi», ribattono dalla Continassa. Il Milan, a cui è stata chiesta la documentazione relativa a Rebic e Kalinic (ma il secondo ha vestito la maglia rossonera sotto la precedente gestione cinese), offre piena cooperazione. Marotta, amministratore delegato dell'Inter, non pare scomporsi: non è la prima volta in cui - indagando su reati fiscali a carico di agenti - la magistratura chiede copie di documenti. Allo studio i contratti di Perisic e Handanovic. La Roma ha ricevuto la visita degli agenti ieri pomeriggio: le operazioni su cui verte l'inchiesta riguardano tre giocatori, ma sono movimenti che risalgono all'epoca in cui la società era di proprietà di Pallotta. Ancora più tranquillo è il Torino che con Ramadani ha concluso solo l'affare riguardante il giovane Butic, ceduto in prestito in B e oggi al Pordenone.
Federico Strumolo per “Libero Quotidiano” il 15 dicembre 2021. Attaccati, invidiati, spesso sopra le righe, per tutti il lato oscuro del calciomercato. Insomma, i procuratori sportivi non sono mai stati i migliori amici dei tifosi, figuriamoci delle società. Ma adesso uno degli agenti più potenti del mondo, il macedone Fali Ramadani, si trova sotto l'occhio del ciclone per aver svolto attività economiche in territorio nazionale, sottraendo i proventi all'imposizione tributaria. In sostanza, Ramadani sarebbe riuscito a non dichiarare nulla al Fisco italiano sulle cifre incassate per le mediazioni nelle compravendite in Italia, facendo invece transitare i suoi compensi su una rete di società estere. E, secondo i pm, potrebbe arrivare addirittura a 70 milioni di euro l'evasione fiscale derivata dai compensi sui contratti di compravendita, o rinnovo dei giocatori, trattati dal super agente, insieme al procuratore sportivo italiano Pietro Chiodi, ritenuto dagli investigatori un prestanome. Almeno questo è quello che si evincerebbe dall'inchiesta della Procura di Milano sulle presunte irregolarità negli affari dell'agente nato nel 1963 a Tetovo, al quale sarebbero contestati anche i reati di riciclaggio e autoriciclaggio. La somma in questione, di 70 milioni, è frutto di una stima basata sull'incredibile valore del parco atleti gestito da Ramadani, con giocatori come lo juventino Federico Chiesa, o il napoletano Kalidou Koulibaly, o ancora l'allenatore della Lazio Maurizio Sarri, che sfiora i 770 milioni di euro. Da quanto si apprende, la Guardia di Finanza avrebbe trovato sui conti correnti del procuratore macedone più di 7 milioni di euro versati da squadre italiane come commissioni per la compravendita di giocatori e allenatori, oltre ad altri 25 milioni provenienti da club stranieri, in particolare della Liga spagnola (nel mirino, ad esempio, ci sarebbe l'operazione che ha portato Miralem Pjanic dalla Juventus al Barcellona nell'estate del 2020). Si presume, però, che Ramadani abbia nascosto al Fisco italiano, appunto, molto di più, attraverso l'omessa presentazione delle dichiarazioni dei redditi del 2018 e del 2019. Una vicenda che, ovviamente, non può che toccare anche i club coinvolti nelle operazioni, che, nel dettaglio, sono Cagliari, Fiorentina, Frosinone, Inter, Juventus, Milan, Napoli, Roma, Spal, Torino e Verona. Negli ultimi due giorni i militari si sono presentati nelle sedi degli undici club per acquisire materiale e documentazione relativa ai contratti conclusi da Ramadani (inclusi gli scambi di email tra dirigenti e procuratore), seppure le società non risultino indagate. A oggi è difficile ipotizzare se, o quanto, possano rischiare i club di serie A. Quel che è certo, però, è che il caso Ramadani rappresenta solo l'ultimo scandalo riguardante un sistema, quello del calciomercato, che scricchiola ogni giorno di più.
Agenti, le colpe di Fifa e società. Nicolò Schira il 16 Dicembre 2021 su Il Giornale. Nel 2017 fu cancellato l'albo. Il doppio gioco dei presidenti. Sono davvero i procuratori il male del calcio? Probabilmente no. O meglio, non solo loro gli unici responsabili di un pallone che rischia di scoppiare travolto da scandali e debiti. Gli agenti fanno parte di un sistema in cui il loro potere e credito è cresciuto costantemente negli anni, per volere degli stessi presidenti. Ovvero coloro che, con i loro capitali, finanziano e mandano avanti il giocattolo. Naturalmente - come in ogni categoria - ci sono personaggi dal modus operandi tutt'altro che limpidi. Verso di loro in maniera corporativa sta facendo fronte pure l'AssoAgenti. L'evasione fiscale è un reato grave, così come sono sempre più gli agenti a prendere la residenza all'estero proprio per sfuggire al regime fiscale italiano molto rigido rispetto a quello di altri paesi. Servirebbero regole certe anche da parte della FIGC e gli stessi procuratori sarebbero disposti a sedersi al tavolo delle trattative con le istituzioni, tuttavia da anni la loro richiesta relativa alla formulazione di un nuovo regolamento non è stata ascoltata. La Fifa da anni fa la guerra agli agenti, ma la deregulation del 2017 si è rivelata un flop oltre che un boomerang: nel 2020 sono state pagate commissioni agli intermediari per 444,7 milioni di euro. L'abolizione dell'albo professionale (poi reintrodotto) ha aperto le porte del mondo del calcio a faccendieri e personaggi con capitali di dubbia provenienza. Altro che ripulire il pallone, verrebbe da dire. Gli ingaggi sempre più alti richiesti dai calciatori sono da ascrivere totalmente alla bramosia di denari da parte dei loro manager o sono gli stessi giocatori a voler guadagnare sempre di più e si nascondono dietro i loro agenti,? La verità sta nel mezzo. Ci sono commissioni monstre richieste da alcuni procuratori come denunciato recentemente (Commisso in primis), tuttavia alcune "sparate" sono legate al fatto che i familiari dei giocatori riceveranno una fetta consistente della parcella incassata dagli agenti. Non a caso è in crescita il fenomeno dei calciatori (da De Bruyne a Brozovic) che rompono con gli storici rappresentanti per gestirsi da soli attraverso fratelli o genitori: in questo modo anche la commissione resta nelle loro tasche. D'altronde per rinnovare un contratto basta e avanza un legale di fiducia. L'agente serve soprattutto per cambiare squadra. Intanto i bilanci dei club sono in profondo rosso, ma molti presidenti, invece che investire nello scouting, preferiscono demandare tutto a un agente di riferimento. Ogniclub ne ha almeno uno, che molto spesso viene imposto proprio dai club all'interno di una operazione. È davvero necessario avvalersi di questa figura? In molti casi diremmo proprio di no. Nicolò Schira
(ANSA il 14 dicembre 2021) - E' ufficiale, la Procura della Figc ha deciso l'archiviazione del caso Suarez e del suo esame di italiano all'Università di Perugia. In una nota sul sito della Figc si legge infatti che "la Procura Federale, su conforme parere della Procura Generale dello Sport, ha disposto nei giorni scorsi l'archiviazione 'allo stato degli atti' del procedimento relativo all'indagine della Procura della Repubblica di Perugia sull'esame del calciatore Suarez volto ad ottenere la cittadinanza italiana, in attesa della trasmissione di eventuali ulteriori atti di indagine e/o processuali dalla competente Autorità Giudiziaria". "Dalla documentazione ricevuta dalla Procura della Repubblica di Perugia, infatti, non sono emersi elementi sufficienti - continua il comunicato - per ritenere provate condotte illecite rilevanti nell'ambito dell'ordinamento federale sportivo di dirigenti o comunque tesserati, unici soggetti sottoposti alla Giustizia Sportiva ai sensi del vigente C.G.S".
Ivan Zazzaroni per il Corriere dello Sport il 22 dicembre 2021. Babbo Natale è andato a far visita al calcio italiano. Non era vestito di rosso, ma di giallo-verde e grigio antracite e aveva sostituito la slitta con un’auto targata G. di F. Niente renne, dunque, né doni, solo allarmi, turbamenti, un po’ di fumo e tanto clamore: ogni azione, ogni colpo di scena, quando riguarda il calcio assume immediatamente una dimensione iperbolica. Era sospettabile che l’inchiesta sulle plusvalenze della Juve, partita da Torino si estendesse ad altri club e attivasse più procure della Repubblica (wait and see). Eppure la prevedibilità non ha attutito l’effetto del blitz, anche perché ha interessato addirittura la sede della Lega calcio. Il cui vertice, per inciso, si trova per impegni o vacanze natalizie negli Stati Uniti. Non è semplice chiarire quali potranno essere gli sviluppi delle indagini sul piano sportivo. Che numerose valutazioni di giocatori fossero gonfiate per aggiustare i conti anche prima della pandemia, è immaginabile: provarlo è però un lavorone - sottolineo peraltro che il ricorso alle plusvalenze si è esaurito da molti mesi. Giornata piena di fibrillazioni, questo 21 dicembre: oltre alle preoccupazioni per l’aumento dei casi di positività che ha portato alla mancata disputa di una partita di campionato, abbiamo registrato l’intervento rigoroso e coerente del presidente federale Gravina sul caso Salernitana e, appunto, l’irruzione delle fiamme gialle negli uffici di Inter e Lega. Se il calcio si permette degli stravizi finanziari la colpa, lo ripeterò fino allo sfinimento, è soprattutto di chi non esercita nei tempi giusti il controllo al quale è deputato. I nostri club sono pieni di creativi, di fantasisti e di impellenze: l’unica via per frenare slanci, sforzi e taroccamenti è una severa vigilanza esterna. Il fenomeno delle plusvalenze non è una nostra esclusiva, il guaio è che noi non sappiamo trattenerci, e comunque è irritante lo stupore delle istituzioni. Allargo il discorso. Fifa, Uefa e fino a poco tempo fa la stessa Federcalcio non hanno svolto il ruolo di “governanti”. Non sono mai entrate nel merito con competenza e rigore. A oggi - e qui penso a Fifa e Uefa - hanno esclusivamente organizzato eventi di due tipi, quelli importanti per produrre utili e quelli inutili, o quasi, per finalità politiche, i cui costi vengono coperti con i ricavi dei primi. Risorse che sarebbero dovute servire per contenere il danno economico generato globalmente dal virus, ma che le istituzioni si son ben guardate dal distribuire alle leghe. Perché - le stesse - non mostrano il lavoro svolto per individuare e affrontare le patologie che affliggono da tempo l’operato dei club? Hanno verificato con cura i bilanci delle società prima che questi esplodessero? Hanno creato commissioni miste per studiare e accompagnare l’evoluzione del sistema? Hanno chiesto conto ai club dei comportamenti borderline? Hanno condannato le ripetute e costanti infrazioni regolamentari? No! è la risposta a tutte queste domande. Se ne sono altamente fregate e adesso, nel momento in cui tutte le componenti chiedono la riduzione del numero delle partite e l’abolizione di quelle inutili, Infantino insiste con il Mondiale biennale. Per quelli della Fifa i soldi sono eticamente e moralmente accettabili soltanto quando sono loro a incassarli.
Marco Iaria per "La Gazzetta dello Sport" il 21 dicembre 2021. Dopo essersi ristrutturata e aver consolidato la leadership nazionale, a un certo punto la Juventus ha mirato all’obiettivo più ambizioso: dare l’assalto all’élite del calcio mondiale. Per farlo ha profuso investimenti senza precedenti per un club italiano, resi possibili dalla crescita dei ricavi, dalla disponibilità degli azionisti e dalla fiducia di banche e investitori. Con il senno di poi - vero, esercizio fin troppo facile - è possibile quantificare la massa di spese che non hanno reso secondo le aspettative. Viene fuori un numero gigantesco: mezzo miliardo di euro. E Ronaldo non c’entra. Seguiteci. Innanzitutto, l’arco temporale. C’è chi individua l’inizio di una pericolosa china nell’operazione CR7. In realtà, dal punto di vista delle strategie aziendali e della movimentazione degli investimenti, la vera svolta va rintracciata ancor prima, nell’estate 2016. È da qui che parte la nostra analisi, perché da questa sessione di mercato la Juventus cambia il modus operandi che aveva adottato a partire dall’insediamento di Andrea Agnelli a presidente, nel 2010. Non a caso, nel 2016-17, il valore della rosa a bilancio schizza a 302 milioni dai 186 del 2015-16. La cessione-record di Pogba al Manchester United per 105 milioni spinge i dirigenti ad alzare l’asticella: arriva così Higuain, pagando al Napoli la clausola (91 milioni complessivi) e offrendo all’argentino uno stipendio mai così alto (7,5 milioni netti contro i 4,5 dello juventino più pagato nella stagione precedente, Pogba). Gonzalo Higuain è il primo nome che balza agli occhi esaminando le operazioni di mercato dell’ultimo quinquennio. È vero che l’arrivo di Ronaldo era stato accompagnato da aspettative altissime, commisurate a costi senza precedenti. In totale l’operazione CR7 è costata 277 milioni tra acquisizione, oneri e stipendio, al netto della cessione allo United. Ma aveva un senso più ampio, e non a caso la presenza dell’icona portoghese ha regalato alla Juventus benefici che sono andati al di là del rettangolo di gioco. In ogni caso, Ronaldo ha lasciato Torino dopo aver segnato 101 gol in tre stagioni: non il ruolino di marcia di un semplice testimonial. No, gli errori sono stati commessi altrove. Nel momento in cui i dirigenti bianconeri hanno avuto a disposizione una “potenza di fuoco” fuori portata per gli altri club di Serie A e al passo con la top ten europea, ad alcune scelte azzeccate si sono affiancate scommesse non riuscite e operazioni eccessivamente onerose che non hanno migliorato il progetto tecnico e hanno finito per appesantire i conti. Per quantificare le spese abbiamo preso in considerazione i corrispettivi per i trasferimenti, le commissioni agli agenti, gli stipendi lordi (per i giocatori attualmente in rosa è stato incluso l’ingaggio dell’intera stagione 2021-22), sottraendo gli eventuali incassi per prestiti, bonus o cessioni a titolo definitivo. Ecco, mettendo dentro tutto, Higuain è costato 122 milioni: 91 per l’acquisto, 45 per lo stipendio (buonuscita compresa), 4 per oneri accessori, meno i 18 milioni incassati dal prestito a Milan e Chelsea nel 2018-19. I suoi gol sono stati preziosi per gli scudetti 2017 e 2018, troppo poco però per giustificare l’esborso, tanto che lo stesso club l’ha poi bollato come esubero accettando la svalutazione del “cartellino” e la liquidazione pur di liberarsene. In tutto abbiamo selezionato nove casi. Dietro Higuain c’è Douglas Costa, il cui “cartellino” tra prestito e riscatto è costato 51 milioni: più lo stipendio, si arriva a 87. Troppi per un giocatore che, dopo essere stato tra i protagonisti del girone di ritorno nella cavalcata-scudetto 2018, si è perso tra infortuni, discontinuità di rendimento e limiti caratteriali. Sul podio troviamo pure Arthur, la cui iper-valutazione da 72 milioni è chiaramente influenzata dallo scambio con Pjanic: ingaggio compreso, parliamo di 85 milioni per un asset che ora la Juventus vorrebbe dismettere. Ci sono poi le scommesse sui giovani talenti. Possono riuscire oppure no. Nel caso di Federico Bernardeschi e di Dejan Kulusevski, non si può dire che le rispettive acquisizioni da 40 e 35 milioni abbiano prodotto ancora un adeguato ritorno dell’investimento: aggiungendo stipendi e commissioni, l’esborso calcolato fino al giugno 2022 è di 73 e 49 milioni. Né l’ex Fiorentina, arrivato a Torino a 23 anni, né lo svedese, acquistato a nemmeno 20 anni, hanno convinto. Alla categoria dei parametri zero non riusciti rientrano di diritto Adrien Rabiot e, soprattutto, Aaron Ramsey. Il gallese, in realtà, è costato la bellezza di 9 milioni di commissioni: più lo stipendio, il costo totale è di 44 milioni. Il francese – operazione più sensata, vista l’età in cui arrivò, 24 anni – si ferma a quota 29 tra oneri (1,5) e ingaggio. Più o meno allo stesso livello della meteora Marko Pjaca, costato 32 milioni: 29 per l’acquisto, 6 per gli stipendi nei primi anni, meno bonus e prestiti vari. Nella galleria abbiamo inserito Cristian Romero, non tanto per il saldo effettivo messo in conto-uscite dalla Juventus (10 milioni) ma per la schizofrenia delle movimentazioni riguardanti un calciatore che non ha mai vestito la maglia bianconera: acquistato per 28 milioni, togliendo poi 3 di bonus, è stato ceduto a 15 all’Atalanta che, peraltro, l’ha subito dopo piazzato al Tottenham per 50 milioni più bonus. Mettendo assieme questi nove giocatori, il conto della spesa fa oltre 500 milioni. Investimenti totalmente sbagliati? Non necessariamente, anche perché ogni caso fa storia a sé e nel calcio è sempre difficile parametrare costi aziendali e performance sportive. Non v’è dubbio, però, che negli ultimi anni la Juventus, dopo aver raggiunto vette elevatissime dentro e fuori dal campo, abbia compiuto una serie di errori nell'individuazione di giocatori, allenatori e progetti tecnici che hanno interrotto il circolo virtuoso creando un effetto a valanga sulla competitività agonistica e sull’equilibrio economico-finanziario.
L’Inter. Da gazzetta.it il 22 dicembre 2021. Nell'ambito dell'indagine milanese per falso in bilancio che coinvolge l'Inter su presunte vendite gonfiate per sistemare i conti, sono state effettuate ieri acquisizioni anche su dispositivi informatici, alla ricerca di mail e messaggi tra dirigenti, responsabili e dipendenti relativi alle cessioni e scambi di calciatori tra il 2017 e il 2019. Tra i temi dell'indagine i contratti, acquisiti dalla Gdf nell'inchiesta dei pm Cavalleri e Polizzi, con la clausola di recompra: vendita e riacquisto l'anno successivo dello stesso giocatore. Da analizzare, in particolare, le operazioni coi valori degli atleti che paiono marcatamente sproporzionati.
Da gazzetta.it il 22 dicembre 2021. Dopo la visita della Guardia di finanza che ha acquisito le documentazioni relative ai bilanci 2017-18 e 2018-19, L'Inter ha emesso il seguente comunicato: "FC Internazionale Milano conferma di aver fornito la documentazione richiesta relativa alle cessioni di taluni calciatori avvenute nelle stagioni 2017/2018 e 2018/2019. La richiesta è pervenuta dalla Procura di Milano per verificare la regolare contabilizzazione delle relative plusvalenze. I bilanci della società sono redatti nel rispetto dei più rigorosi principi contabili. Nessun tesserato dell'Inter è indagato. Nessuna contestazione è stata formalizzata. Come recita il comunicato stesso della Procura, si tratta di indagini preliminari".
(ANSA il 21 dicembre 2021) - Nell'inchiesta a carico di ignoti della procura di Milano che oggi ha portato la Gdf a effettuare acquisizioni presso la sede dell'Inter e della Lega Calcio si stanno facendo accertamenti su plusvalenze di 100 milioni relative a due annualità, 2017/18 e 2018/19, per la cessione di una decina di giocatori di fascia medio-bassa, alcuni anche delle giovanili. In particolare, gli investigatori stanno facendo accertamenti sui bilanci di quegli anni, tra il 2017 e il 2019, nel corso dei quali le plusvalenze hanno inciso per il 10% dei ricavi. Plusvalenze che si sarebbero generate soprattutto con le cessioni di giocatori di fascia medio bassa, anche delle giovanili, che potrebbero essere stati 'sopravvalutati' nelle operazioni di compravendita tra Inter e altre squadre. Nell'ipotesi d'accusa, tutta da verificare, iscrivere quelle plusvalenze potrebbe essere servito per 'abbellire' i conti della società per quegli anni. Se le passività, ossia i costi dei giocatori, vengono ammortizzati su più anni, le plusvalenze vengono iscritte nel singolo anno e incidono sui ricavi del bilancio. Oggi la Gdf è andata ad acquisire tutti i documenti relativi alle operazioni che hanno generato plusvalenze per l'Inter in quegli anni, compresi i contratti delle compravendite che sono depositati in Lega calcio. L'indagine è autonoma, ma si muove sulla falsariga di quella aperta dai pm di Torino sulle plusvalenze della Juve.
Luigi Ferrarella e Giuseppe Guastella per milano.corriere.it il 21 dicembre 2021. L’Inter finisce nel mirino della Procura di Milano per le plusvalenze realizzate nella compravendita di calciatori in un’inchiesta che ipotizza il reato di falso in bilancio contro ignoti, cioè senza indagati, che inizialmente ha riguardato anche il Milan, nei cui confronti, però, non sono emerse ipotesi di irregolarità già subito dopo i primi accertamenti.
Dopo il caso Juventus
Dopo l’indagine avviata dalla Procura di Torino sulle plusvalenze della Juventus, la Guardia di Finanza di Milano ha messo sotto osservazione anche quelle dichiarate da Inter e Milan nei bilanci 2017/2028 e 2018/2019.
Il 9 dicembre scorso le Fiamme gialle hanno trasmesso un’informativa alla Procura di Milano evidenziando alcune criticità nei bilanci dell’Inter in relazione alle operazioni legate a una decina di calciatori non di primissimo livello e oggi, su ordine del sostituto procuratore Giovanni Polizzi, che ha aperto l’indagine coordinata dal procuratore aggiunto Maurizio Romanelli, hanno bussato alla porta della sede dell’Inter e della Lega di Serie A per acquisire la documentazione su tutte le plusvalenze dichiarate nei due bilanci.
I valori sopravvalutati
L’ipotesi, ancora tutta da dimostrare, su cui lavorano gli investigatori è che il valore dei diritti pluriennali sulle prestazioni sportive dei calciatori venduti sia stato sopravvalutato rispetto al prezzo al quale gli stessi calciatori erano stati acquistati, con la conseguenza di incrementare notevolmente la voce ricavi e, di riflesso, ridimensionare quella delle perdite. Come si legge nell’ordine di esibizione di atti notificato dalla Guardia di Finanza all’Inter e alla Lega nazionale professionisti, alla quale le società depositano i contratti dei calciatori, in questo modo si sarebbe realizzata una operazione di «Window dressing». Si sarebbero cioè alterati i bilanci dando una rappresentazione migliore delle condizioni della società al fine di «rispettare i parametri di fair play finanziario» richiesti dalla Uefa per l’iscrizione ai campionati di calcio. Tutto questo, però, dovrà superare la valutazione del pm Polizzi e dell’aggiunto Romanelli che dovranno accertare se siano stati commessi reati ed eventualmente da chi.
I movimenti di denaro
In Procura, infatti, si esorta alla cautela su una materia molto complessa in cui non esiste un criterio, per così dire, scientifico per stabilire quanto valga un calciatore, perché questo valore è legato sì ad elementi oggettivi, come la qualità generalmente riconosciuta dell’atleta, ma anche soggettivi, che dipendono da stato di forma del giocatore o dagli infortuni, o addirittura esterni, come l’impiego nelle competizioni deciso dagli allenatori. Tra la documentazione informatica e cartacea che è stata richiesta e già ottenuta — gli investigatori evidenziano l’atteggiamento estremamente collaborativo dall’inter e della Lega — oltre ai bilanci e ai contrati, ci sono anche i movimenti bancari di denaro per perfezionare i passaggi e tutto ciò che riguarda le trattative, comprese quelle con i procuratori dei singoli giocatori.
Da ilnapolista.it il 21 dicembre 2021. l presidente del Napoli, Aurelio De Laurentiis, ha rilasciato alcune dichiarazioni alle telecamere di Report, programma in onda su Rai 3. Ha commentato, insieme ad altri presidenti di Serie A, il momento particolare del calcio in Italia. “Non mi fate parlare perché se io parlo del calcio scoppia il finimondo. Io ne ho talmente la palle piene… Mi hanno impedito per due anni di andare a casa mia a Los Angeles e non vedo l’ora adesso che sia il 20 gennaio per fare un mese rigeneratore”.
Voi siete tra i pochi club con i conti in ordine.
“Ce ne sono anche degli altri, come la Fiorentina”.
Non è una concorrenza sleale?
“L’ha detto lei, non c’è bisogno che lo dica io. Ci si arriva da soli, ma certo. Queste sono le responsabilità della Federcalcio. La Lega, se è un’associazione di società per azioni, dunque indipendente, dovrebbe pagare la Federcalcio e la Federcalcio non dovrebbe fare nulla, se non segretariato per cosette così. Invece è diventato un centro di potere. Uno istituzionalmente si mette la medaglia”.
Da eurosport.it il 21 dicembre 2021. L’ad dell’Inter Beppe Marotta ai microfoni di 90° minuto ha parlato a tutto campo del momento dell’Inter che è sempre più vicina a chiudere il girone d’andata al primo posto: “Inzaghi si è inserito a meraviglia. È il nostro valore aggiunto. Brozovic? Ottimista per il rinnovo. Un ritorno di Icardi in Serie A alla Juve? Per il calcio italiano sarebbe una grande notizia". L’Inter è sempre più vicina a chiudere il 2021 da campione d’inverno. La ciliegina sulla torta su un anno solare straordinario per la Beneamata che, dopo aver festeggiato a maggio uno scudetto che mancava da 11 anni, nelle ultime settimane si è anche tolta la soddisfazione di rompere il tabù qualificazione agli ottavi di finale di Champions League e si appresta a chiudere la prima parte da stagione in cima alla classifica e con ottime chance di confermarsi campione d’Italia. Chi l’avrebbe detto quest’estate quando l’Inter in poche settimane ha perso Conte, Hakimi e Lukaku? Grazie al lavoro e alle intuizioni dell’ad Beppe Marotta però i nerazzurri sono rimasti al vertice, in primis quella di ingaggiare Simone Inzaghi, lodato ai microfoni di 90° minuto dal dirigente nerazzurro. "Immaginavo maggiori difficoltà d'inserimento, in realtà Inzaghi si è inserito con più facilità del previsto, supportato anche dalla società. È riuscito a dimostrare il suo autentico lavoro, dimostra un valore aggiunto nell’area tecnica. Come mai Inzaghi è riuscito ad arrivare agli ottavi di Champions League e Conte no? Forse una risposta precisa non c'è. Facendo una breve retrospettiva storica ed entrando nel clima natalizio, ricordo che quest'estate il club è stato condizionato da turbolenze forti e temporali violenti, fortunatamente abbiamo trovato la nostra stella polare che ci guidasse nel migliore dei modi. Siamo riusciti a trovare la strada giusta con un riequilibrio economico del club, con tre cambiamenti legati alle partenze di Hakimi, Lukaku ed Eriksen, oltre al cambio dell'allenatore. Questa è stata la grande difficoltà in quel momento, ma siamo riusciti a facilitare l'ingresso di Inzaghi. Dall'altra parte c'è la stella luminosa che ha un significato molto più ampio: le due stelle sono il nostro obiettivo che rappresenterebbero il ventesimo scudetto, due come il segno di vittoria, il nostro grande obiettivo che tutti insieme con grande umiltà dovremo perseguire”. "Non credo Antonio si sia pentito, non bagna rivangare il passato. Ha tracciato un solco importante sotto tutti i punti di vista, dal carattere al gioco il suo lavoro si è visto. Ma comunque è proficuo anche il lavoro di Inzaghi. Abbiamo ottenuto una grande vittoria lo scorso anno, come già detto vorremmo ripetere questo risultato. Sarebbe un segno di grande crescita, comunque abbiamo trovato la qualificazione agli ottavi dopo ben dieci anni. Brozovic rinnoverà? Abbiamo alcuni temi da affrontare, siamo contenti dei giocatori in scadenza, speriamo di portare a termine con profitto per tutti le negoziazioni. Brozovic ha manifestato di voler rimanere, ora dobbiamo contrattare a livello economico che è la parte più difficile. Ma sono fiducioso. Se regaleremo Luis Alberto a Inzaghi? Nel futuro non mi voglio addentrare, affronteremo al momento giusto questo discorso”. "Le insinuazioni della Fiorentina sui conti dell’Inter? La sede opportuna è stata quella dell’Assemblea, ho già detto quello che dovevo dire a Joey Barone. L’Inter è per la trasparenza, volevamo mettere a conoscenza la situazione debitoria, è un fatto di grande trasparenza. L’Inter ha sempre rispettato le scadenze, ho chiesto a Barone di evitare di esprimere in quel modo le sue rimostranze. L’eventuale ritorno di Icardi alla Juve? Al momento l’Italia non è l’eldorado del calcio come negli anni ‘90, è un campionato di transizione, spesso si perde in qualità. È normale che ben venga il ritorno di giocatori importanti. Comunque non sta a me commentare la vicenda Icardi, non è uno nostro giocatore, noi sicuramente siamo contenti dei nostri attaccanti, dico che il calcio trarrà beneficio nel momento in cui i giocatori di qualità torneranno nel nostro paese”.
Plusvalenze Inter, inchiesta per falso in bilancio. Accertamenti sul Milan, escluse irregolarità. Luigi Ferrarella e Giuseppe Guastella Il Corriere della Sera il 21 dicembre 2021. La Procura apre un’inchiesta contro ignoti. Perquisizioni nella sede dell’Inter: sospetti sui contratti di una decina di giocatori, nel mirino i bilanci 2017-2019. L’ipotesi: «Valori gonfiati per rispettare i parametri del fair play finanziario». Da Pinamonti a Radu, gli affari nel mirino dei pm. L’Inter finisce nel mirino della Procura di Milano per le plusvalenze realizzate nella compravendita di calciatori in un’inchiesta contro ignoti che ipotizza il reato di false comunicazioni sociali (cioè irregolarità nella rappresentazione del bilancio), cioè senza indagati, che inizialmente ha riguardato anche il Milan, nei cui confronti, però, non sono emerse ipotesi di irregolarità già subito dopo i primi accertamenti.
Dopo il caso Juventus
Dopo l’indagine avviata dalla Procura di Torino sulle plusvalenze della Juventus, i magistrati di Milano hanno messo sotto osservazione quelle dichiarate da Inter e Milan nei bilanci 2017/2028 e 2018/2019. Il 9 dicembre scorso le Fiamme Gialle della Guardia di Finanza hanno trasmesso un’informativa alla Procura di Milano evidenziando alcune criticità nei bilanci dell’Inter in relazione alle operazioni legate a una decina di calciatori non di primissimo livello (anche del settore giovanile) e oggi, su ordine del sostituto procuratore Giovanni Polizzi, che ha aperto l’indagine coordinata dal procuratore aggiunto Maurizio Romanelli, hanno bussato alla porta della sede dell’Inter e della Lega di Serie A per acquisire la documentazione su tutte le plusvalenze dichiarate nei due bilanci. Sotto la lente dei pm ci sono, tra le altre, le cessioni del portiere romeno Ionut Radu (24 anni), dell’attaccante Andrea Pinamonti (22 anni, in prestito all’Empoli) e del difensore belga Zinho Vanheusden (22 anni, in prestito al Genoa).
I valori sopravvalutati
L’ipotesi, ancora tutta da dimostrare, su cui lavorano gli investigatori è che il valore dei diritti pluriennali sulle prestazioni sportive dei calciatori venduti sia stato sopravvalutato rispetto al prezzo al quale gli stessi calciatori erano stati acquistati, con la conseguenza di incrementare notevolmente la voce ricavi e, di riflesso, ridimensionare quella delle perdite. In una delle due annualità, sottolinea un investigatore, avrebbe raggiunto il 10%, un livello che evidentemente è considerato allarmante. Come si legge nell’ordine di esibizione di atti notificato dalla Guardia di Finanza all’Inter e alla Lega nazionale professionisti, alla quale le società depositano i contratti dei calciatori, in questo modo si sarebbe realizzata una operazione di «Window dressing». Si sarebbero cioè alterati i bilanci dando una rappresentazione migliore delle condizioni della società al fine di «rispettare i parametri di fair play finanziario» richiesti dalla Uefa per l’iscrizione ai campionati di calcio. Tutto questo, però, dovrà superare la valutazione del pm Polizzi e dell’aggiunto Romanelli che dovranno accertare se siano stati commessi reati ed eventualmente da chi.
I movimenti di denaro
In Procura, infatti, si esorta alla cautela su una materia molto complessa in cui non esiste un criterio, per così dire, scientifico per stabilire quanto valga un calciatore, perché questo valore è legato sì ad elementi oggettivi, come la qualità generalmente riconosciuta dell’atleta, ma anche soggettivi, che dipendono da stato di forma del giocatore o dagli infortuni, o addirittura esterni, come l’impiego nelle competizioni deciso dagli allenatori. Tra la documentazione informatica e cartacea che è stata richiesta e già ottenuta — gli investigatori evidenziano l’atteggiamento estremamente collaborativo dall’Inter e della Lega — oltre ai bilanci e ai contrati, ci sono anche i movimenti bancari di denaro per perfezionare i passaggi e tutto ciò che riguarda le trattative, comprese quelle con i procuratori dei singoli giocatori.
Il commento del club nerazzurro
«Nessun tesserato dell’Inter è indagato. Nessuna contestazione è stata formalizzata. Come recita il comunicato stesso della Procura, si tratta di indagini preliminari». Questa la posizione dell’Inter in una nota ufficiale dopo l’acquisizione di documenti nella sede del club e l’avvio dell’inchiesta per falso in bilancio.
Il fascicolo su Ramadani
Questo nuovo fascicolo di inchiesta si aggiunge a quello aperto dai magistrati milanesi nelle scorse settimane su una presunta frode fiscale addebitata al procuratore macedone Fali Abdilgafar Ramadani, uno dei maggiori agenti nel mondo del calcio, in relazione al mancato pagamento in Italia delle tasse sui profitti realizzati nella compravendita di calciatori e per la quale la Finanza ha acquisito una molti atti nelle sedi di undici società di calcio di serie A e B.
Plusvalenze, 100 milioni dubbi. Anche l'Inter sotto inchiesta. Luca Fazzo il 22 Dicembre 2021 su Il Giornale. Nel mirino i conti a cavallo tra le gestioni Thohir e Zhang. Il club si difende. Controlli pure al Milan, ma nessuna criticità. Gioiellini usciti da poco dal vivaio, ragazzi di belle speranze piazzati sul mercato del calcio a prezzi da campioni affermati; o onesti lavoratori del pallone, gregari di carriera venduti come se fossero in odore di Nazionale. Per almeno due anni, secondo la Procura di Milano, l'Inter ha usato questo sistema per abbellire i bilanci malfermi dell'epoca a cavallo tra l'epoca Thohir e la gestione Zhang. E per questo il club ambrosiano si trova ora, in un momento cruciale del campionato, investito da una rogna giudiziaria assai simile a quella che un mese fa è piombata sulla Juventus. Anche in casa nerazzurra, come nel club bianconero, il metodo era sempre quello: inserire a bilancio plusvalenze fittizie, gonfiando artificiosamente i valori dei calciatori oggetto di scambi «a specchio», in modo da abbellire i dati trasmessi per l'iscrizione ai campionati. Tra le operazioni più vistose avvenute negli scorsi anni, a quanto si è appreso, c'è l'andirivieni quasi frenetico di giocatori con il Genoa: il centravanti Andrea Pinamonti e il portiere Ionut Radu che vanno e vengono crescendo sempre di prezzo e senza mai vedere il campo di serie A; e così pure l'attaccante Eddy Salcedo, l'esterno Federico Valietti, il difensore Nicholas Rizzo. L'indagine della Procura di Milano esce allo scoperto ieri quando la Guardia di finanza va a bussare alla sede interista - e in contemporanea a quella della Lega - e si fa consegnare i documenti relativi ad una decina di passaggi di cartellini avvenuti negli anni scorsi. A differenza che nel caso Juve, qui non ci sono di mezzo grandi nomi. L'altra differenza è che l'inchiesta è per ora a carico di ignoti: ma il reato ipotizzato è falso in bilancio, ed è inevitabile che nel mirino finisca dunque chi ha firmato i bilanci sotto accusa: a partire dagli amministratori delegati Alessandro Antonello e Giuseppe Marotta, per arrivare a chi cooperò con loro. «I bilanci sono stati redatti nel rispetto più rigoroso dei principi contabili», fa sapere ieri l'Inter, sottolineando che nessun dirigente è indagato e che siamo ancora nella fase delle «indagini preliminari». Ma è significativo il fatto che dagli ambienti giudiziari trapeli che accertamenti preliminari, già prima dell'esplosione del caso plusvalenze a Torino, sono stati compiuti anche sul Milan, dove non sono emerse «criticità»: a differenza evidentemente che in casa Inter, dove le «criticità» assommerebbero a circa 100 milioni spalmati sui due anni; e dove l'inchiesta giudiziaria arriva a ridosso della vivace polemica che sta agitando, proprio sul tema della regolarità dei bilanci, i rapporti tra Inter e Fiorentina, con il manager viola Joe Barone che accusa in diretta Marotta di fare campagna acquisti con i soldi «risparmiati» sul fisco. Inevitabile chiedersi se e quali conseguenze la scoperta di effettivi falsi in bilancio potrebbe avere sulla classifica interista. Le violazioni al sistema delle licenze nazionali, che regola la partecipazione ai campionati, sono in genere punite piuttosto blandamente. Ma se si accerta che il bilancio prima del trucco avrebbe reso impossibile l'iscrizione del club milanese alla serie A, le conseguenze potrebbero essere più pesanti. Soprattutto se a venire tratta in inganno è stata anche la Covisoc, la commissione federale che si occupa della regolarità dei bilanci.
Luca Fazzo (Milano, 1959) si occupa di cronaca giudiziaria dalla fine degli anni Ottanta. È al Giornale dal 2007. Su Twitter è Fazzus.
100 anni di avvocato Prisco. Antonio Modaffari, Esperto in comunicazione, su Il Riformista il 10 Dicembre 2021. La prima cosa che ho pensato prima di scrivere questo pezzo è stata: chissà cosa penserebbe l’avvocato Prisco del calcio di oggi? Un calcio che è cambiato, che non è più quello di una volta. Una certezza c’è: lui sarebbe sempre e comunque innamorato della sua Inter. Peppino Prisco nasceva 100 anni fa, il 10 dicembre 1921. Ha vissuto tante stagioni, è stata parte fondamentale della Grande Inter. Con le sue battute disarmava tutti, con la sua simpatia si faceva amare da tutti, era l’amico di tutti. All’inizio, come spesso succede quando si parla di Inter, me ne raccontava mio padre poi ho iniziato a capire la grandezza di questo personaggio a cui tutto il popolo interista deve tanto. Ricordo bene il suo impegno per riportare un Moratti alla guida dell’Inter, i fatti gli hanno dato ragione. Certo, resta l’amarezza che lui non fosse a Madrid quel magico 22 maggio 2010, ma era lì, in cielo, a gioire con Angelo Moratti e Giacinto Facchetti. Grandi uomini, Grande Inter. Ciao avvocato.
Da calciomercato.com il 10 dicembre 2021. IL RICORDO DI MASSIMO MORATTI - “L’ho conosciuto da bambino, era il vicepresidente dell’Inter quando il club era del mio papà. È sempre stato di famiglia, anche perché all’epoca il calcio era una cosa diversa, aveva un’impostazione familiare e non istituzionale. Per cui si era tra amici ed era normale vederli girare per casa. Prisco era brillantissimo e anche ammirato per il suo passato da eroe alpino. E poi quell’ironia, quel modo inconfondibile di comunicare. Diventa difficile fissare un solo aneddoto per ricordarlo, perché in qualsiasi ragionamento, anche in quello più serio, emergeva con una sua battuta che ti imponeva a riflettere sul fatto che in fondo alcune cose della vita sono serie o meno a seconda di come le guardi. Possedeva invidiabili punti di vista. E poi non posso dimenticare il giorno in cui uscendo di casa lo trovai fermo all’angolo ad aspettarmi: in dieci minuti mi spiegò che l’Inter attraversava un brutto momento, che bisognava immediatamente intervenire, ma aggiungendo che avrei dovuto farlo io, che fino a quel momento pensavo a tutto tranne che a comprare l’Inter. In quei pochi minuti riuscì a raccontarmi praticamente tutto e anche a convincermi del fatto che fondamentalmente avrei potuto fare qualcosa. Non parliamo solo della classica pulce all’orecchio, Prisco fece tutto affinché la trattativa iniziasse e finisse come desiderava, organizzò anche gli incontri. Io mi trovavo in quelle classiche situazioni in cui c’è di mezzo un amico a cui fai anche fatica a dire di no. All’Inter pensavo più come una cosa futura, e invece… Adesso mi manca la sua intelligenza, quel rapporto di ragione e tutto ciò che portava l’avere accanto uno come lui, anche nella sua discrezione. Perché non è mai stato invadente, ti lanciava dei messaggi estemporanei che coglievi perché aveva la capacità di attecchire con poche parole”. E allora un’ultima domanda sorge spontanea… Anche oggi l’Inter attraversa un momento di difficoltà, provi a pensarci: esce di casa e lì all’angolo trova Peppino Prisco ad aspettare. Come si comporterebbe? (Ride divertito, ndr)“Eh no, non me la farebbe per la seconda volta. Cambierei marciapiede”.
Maria Strada per corriere.it il 10 dicembre 2021.
L'alpino
Prima, però, c'è la Seconda Guerra Mondiale. Vissuta al fronte, con gli Alpini. Che gli rimarranno sempre dentro. Si arruolò appunto subito dopo la maturità, battaglione Aquila del 9° Reggimento, Divisione Julia. Significava campagna di Russia. Il sottotenente Prisco fu uno dei tre ufficiali superstiti, del suo battaglione tornarono vivi in 159 su 1700 anime. Per lui, una medaglia d'argento al valore. E un plico di lettere, che gli furono recapitate tutte in una sola volta: erano quelle che il padre Luigi gli inviava ogni giorno, cui non aveva mai potuto rispondere. Il figlio, battezzato in onore del nonno, racconta che solo allora pianse. Non lo aveva fatto nemmeno quando, al fronte, si era reso conto dell'inferiorità di mezzi rispetto a quella dei tedeschi: « Noi eravamo poco addestrati, male armati, scarsamente attrezzati mentre quelli, i crucchi, sembravano bestie nate per fare la guerra... Mandarci in tali condizioni in Russia fu per certi aspetti una forma di vera criminalità», raccontava.
La lattina contro il Borussia e la vittoria (in tribunale)
Proprio da una delle Coppe Campioni cui partecipò nasce uno dei cardini della giustizia sportiva: la responsabilità oggettiva. Il 20 ottobre 1971 l'Inter, campione d'Italia, allenata da Giovanni Invernizzi, sta giocando la partita d’andata degli ottavi di finale contro i campioni della Germania Ovest, il Borussia Moenchengladbach. La squadra nerazzurra, fu poi sconfitta per 7-1.
Ma, sul 2-1, Boninsegna viene colpito alla testa da una lattina di Coca Cola mentre sta per battere una rimessa laterale (con Mariolino Corso che, letteralmente prese a calci nel sedere l’arbitro, reo di avere concesso un rigore inesistente). E qui arrivò il capolavoro di Prisco: nella sua arringa davanti all'Uefa parlò di un «pesante condizionamento» arrivando a chiedere addirittura la vittoria a tavolino. L'Uefa fece ridisputare l'incontro (dopo quello di San Siro vinto per 4-2 dai nerazzurri) in campo neutro, a Berlino, e finì 0-0. Nerazzurri, poi, lanciati verso la finale persa contro l'Ajax.
Un'altra perla, forse meno innovativa, fu quando minacciò di non fare iniziare una partita di campionato finché la Curva Nord, la culla del tifo dell'Inter, non avesse tolto uno striscione antisemita. Pronto ad assumersene le responsabilità anche in sede disciplinare.
Le sue frasi: caustiche, mai volgari
«Quando stringo la mano a un milanista me la lavo, quando la stringo a uno juventino mi conto le dita»; «Il Milan è finito in B due volte, la prima pagando, la seconda gratis»; «La Juventus è una malattia che purtroppo la gente si trascina fin dall'infanzia». Sono alcune delle sue celebri, feroci, caustiche battute contro i rivali di sempre («Tifo per l'Inter. E sempre per chi gioca contro di loro»). Impossibile per milanisti e juventini evitare di riderne: Peppino Prisco era il tifoso ideale anche per gli avversari. Anche per Franco Baresi, che ricevette un grande complimento nel 1997, il giorno dell'addio al calcio: «Il miglior acquisto dell'Inter? L'addio al calcio di Franco Baresi. E se si fosse ritirato prima, gli avrei pagato io la festa».
Prisco e l’imitazione di Teocoli
Tanto simpatico e irriverente l’originale, quanto la sua imitazione caricaturale fatta da Teo Teocoli (come avvenuto per Gianni Agnelli, anche per qualche anno dopo la scomparsa del modello) a «Quelli che il calcio...» e in teatro: «Quello sketch l’ho fatto con il cuore, spinto solo dall’affetto e dalla voglia di rendere omaggio a due grandi personaggi che, purtroppo non ci sono più e che hanno lasciato un grande vuoto negli sportivi. Nelle tournée il pubblico mi chiede continuamente “facci Prisco”», raccontava lo showman. L’avvocato (quello interista) ricambiava sempre gli sfottò: « Ogni volta che lo stuzzicavo prima del derby mi rispondeva: “Ci sono quasi 60 milioni di italiani, perché devi venire a rompere i cogl.. proprio a me?”».
Moratti jr, il fallo di Iuliano su Ronaldo, la sua assenza in Calciopoli
Prisco fu anche l'uomo che iniziò con Angelo Moratti e chiuse con Massimo Moratti. Anzi, fu l'uomo che fece sì che Massimo iniziasse ad investire. Vinse solo una Coppa Uefa con lui, quella del 1999 conquistata in finale contro la Lazio, e appena prima visse con rabbia uno degli episodi chiave della storia dell'Inter, il famigerato caso Iuliano-Ronaldo del 1998. «La denuncia del furto non mi interessa, vorrei la restituzione della refurtiva», soffiò ai microfoni di Tutto il calcio minuto per minuto. Morì a 80 anni e 2 giorni e non visse né il 5 maggio (2002) con lo scudetto sfumato all'ultimo secondo (morì con i nerazzurri primi in classifica), doppio sorpasso di Juventus e Roma mentre la sua squadra cadeva in casa della gemellata Lazio. Si perse anche Calciopoli, l'estate della guerra giuridica e della retrocessione (a tavolino) della «odiata» Juventus, con lo scudetto assegnato proprio all'Inter. E mancava, non soltanto ai nerazzurri o nei tribunali sportivi. Giampiero Mughini, tifosissimo bianconero, in quell'estate 2006 ammise: «Prisco avrebbe smorzato tutte queste polemiche con una battuta delle sue».
Francesco Persili per Dagospia l'11 novembre 2021. “Napoleone è Waterloo, Toto Cutugno i secondi posti a Sanremo. E l’Inter il 5 maggio, il giorno dello scudetto perso all’ultima giornata, a vantaggio della Juve”. Chissà cosa avrebbe detto il più interista di tutti, l’avvocato Prisco, alpino della Divisione Julia che partecipò alla campagna di Russia, nel leggere della “sindrome eroica dei cornuti e mazziati” enunciata da Tommaso Labate. E sì che di veri eroi la storia nerazzurra ne avrebbe, a cominciare dal capitano Virgilio Fossati, che cadde combattendo al fronte durante la prima guerra mondiale. Ma il commentatore politico del Corriere della Sera e tifoso “bauscia”, nel suo libro “Interista social club” (Mondadori), preferisce offrire una visione dell’interismo depurata da epopee, mitologie e leggende per tuffarsi nell’intimismo della sua cameretta a rimirare vecchi poster già sbiaditi di Conte e Lukaku e azzardare paragoni tra la Beneamata e il centrosinistra. “Entrambi hanno avuto periodi oscuri, spogliatoi litigiosi, leader santificati e poi sacrificati, conti scombinati e tassi percepiti di sfiga”. In effetti, i vizi storici della sinistra sembrano essere quelli dell’interismo: le doppie morali (ma su Calciopoli non viene menzionata da Labate “l’attività di lobbying” sugli arbitri di Facchetti né lo scandalo passaporti), il complesso dei migliori (l’unica squadra a non essere mai andata in B, l’ultima ad aver vinto una coppa europea nell’anno di grazia del Triplete) e il difficile rapporto con il leader, o l’allenatore, di turno. La “non vittoria” di Bersani del 2013 viene accostata dall’autore all’eliminazione dell’Inter da parte del Bayern nella Coppa Uefa del 1988 con l’interista La Russa, oggi senatore di Fratelli d’Italia, che mise a fuoco in un “misto tra giallognolo e verdognolo” le facce dei leader sconfitti della sinistra. “Ma al contrario del centrosinistra che ancora paga il conto di quella sconfitta – puntualizza Labate - al termine di quella stagione la Beneamata vinse lo scudetto”. Le analogie tra centrosinistra e Inter, che “hanno una loro regolarità temporale nel vincere”, stuzzica anche il ministro Andrea Orlando, tifoso viola: “Labate ha ragione, leggerò il libro…” Tra “perdentismo romantico” e “valore mistico della sconfitta” (i 45 minuti di Barcellona-Inter, primo anno di Conte), connessioni sentimentali con la legge di Murphy (“se una cosa può andare male, sicuramente lo farà”) e il pessimismo come “ottavo vizio capitale”, il primo istinto è fare gli scongiuri come Lino Banfi in “Occhio, malocchio, prezzemolo e…”: “Col sale, l'olio e l'aceto mi protegge la Madonna dello sterpeto.” In questo clima da commedia all’italiana, arricchito da una citazione stracultissima di Paolo Villaggio nel non memorabile “Ho vinto la lotteria di Capodanno”, il fantasma di Mourinho balena come quei lampi di malinconia che accompagnavano il Conte Mascetti di “Amici Miei”, fino all’arrivo di un altro Conte, “Andonio”, maschio alfa della juventinità, che si presentò come “una via di mezzo tra un mago della finanza e il broker del narcotraffico de “Le Conseguenze dell’Amore”. Da Monicelli a Sorrentino, ma anche Alanis Morisette, i Verve, e l’immancabile Jovanotti, Labate conferma la difficoltà dei quarantenni di emanciparsi da un simbolismo pop che rischia di chiudere l’immaginario nel recinto angusto della nostalgia mescolando il brit pop degli Oasis, Bruce Willis e le madeleine della gabbia di Orrico e delle geometrie banali, anche a livello tricologico, di Wim Jonk. In questo mare magnum di rimandi e citazioni, l’intruso, come nella Settimana Enigmistica, è l’antieroe del 5 maggio, un terzino slovacco dall’espressione dolente e dal destino tragico, che non a caso oggi fa l’impresario teatrale. Di chi si tratta? (Gresko) Sulla maledizione del terzino sinistro dell’Inter dopo Roberto Carlos, si poteva fare ampia letteratura ma Labate ha preferito infliggerci l’aneddotica da “tennico” da Bar Sport di Benni sull’ex agente di borsa Corrado Verdelli e sui tranquillanti presi prima di Bayern-Inter, la “chicca” su Moratti che ritoccò al rialzo il contratto di Sartor ché “nella sua Inter non c’era nessuno che guadagnasse meno di un miliardo” e il racconto del suo battesimo da tifoso con un Real-Inter del 1986 e l'incubo di un furoreggiante Santillana. La biografia legata alla divorante passione calcistica per la propria squadra: si parte sempre per essere Nick Hornby ma tra vecchie figure, tv, sorrisi e palloni si finisce per diventare il Max Pezzali dell’interismo. E non è detto che sia peggio...
Da blitzquotidiano.it il 29 ottobre 2021. Con la radiolina sulla tomba del figlio, dall’Argentina la foto virale. Non solo odio e conformismo sono virali sui social, non solo un gioco per milionari e teledipendenti è il vituperato pallone. Una foto scattata in un camposanto argentino restituisce un po’ di speranza su un genere umano piuttosto abbacchiato e disilluso. E se una lacrimuccia fa capolino, lasciamola pure correre. Seduto su una panchina accanto a una tomba c’è un uomo. Nella tomba riposa il figlio. L’uomo ascolta, concentrato, la voce di una radiolina. Sta seguendo una partita di calcio. Precisamente la partita del San Martìn de Tucuman, di cui è tifosissimo. Di cui era tifosissimo anche Nahuel Pérez, detto Dibu, suo figlio. E’ morto in un incidente stradale cinque anni fa. Uno scontro con un camion a Santiago del Estero: tornava da una trasferta della sua squadra del cuore. Da allora suo padre non si perde una partita del San Martìn. Cascasse il mondo, lui va dove Dibu non può che aspettarlo e segue la partita insieme a lui. Più di un’abitudine, un rito. Soffre, gioisce, impreca, esulta: sa che da qualche parte qualcuno ascolta. Non si fa la stessa cosa quando si prega? E il tifo non è forse una preghiera?
L'ingegnere tifoso che inventò la rete di porta. Pietro Mei su Il Quotidiano del Sud il 25 ottobre 2021. L’INGEGNER John Alexander Brodie, di Liverpool, era tifoso dell’Everton. Era un trentenne di belle speranze professionali quando andò al campo di Anfield a sostenere la squadra del cuore il 26 ottobre 1889, un sabato inglese di quelli dell’antica tradizione, tutto sport e riposo, niente lavoro, uno dei sabati che oltremanica erano una domenica. Quel giorno l’Everton doveva affrontare l’Accrington Stanley. L’ingegner Brodie aveva lasciato da parte tutti quei pensieri che di solito gli turbinavano in testa e che lo avrebbero portato ad essere l’inventore dell’autostrada, della tangenziale, della rivisitazione urbanistica di Bilbao, in Spagna, e di Nuova Dehli, in India, nonché il tunnell sotterraneo più lungo del mondo al tempo in cui fu costruito, sotto il Mersey, nel 1934, tutte opere che avrebbero fatto la sua fama di ingegnere e che gli avrebbero garantito, postuma, una targa del Brtish Heritage, una delle prime due messe fuori Londra. L’altra, ugualmente a Liverpool e nello stesso giorno, fu dedicata a Frank Hornby, l’uomo che inventò il gioco del Meccano, oggi sconosciuto ma una volta popolarissimo tra i maschietti. Di queste targhe attualmente a Liverpool ne sono state messe 11, due di queste sono dedicate una alla zia Mimì dove tenne in casa il nipote John Lennon (“non si vive di chitarra” lo ammoniva la tenera signora, sbagliandosi) e un’altra a una sindacalista e politica, Bessie Braddock, la quale un giorno incontrò Winston Churchill del quale non condivideva le idee e gli disse “lei è ubriaco”; Churchill la guardò e rispose: “E lei, signora, è brutta. Io, però, domattina sarò sobrio…”. Il 26 ottobre 1889 era l’ottava giornata di First Division, come si chiamò fino al 1992 l’attuale Premier League, il primo campionato di calcio al mondo che era alla sua seconda edizione. Partecipavano 12 squadre: Accrington, Aston Villa, Blackburn, Bolton, Burnley, Derby County, Everton, Notts County, Preston North End (che bissò il titolo che aveva già vinto nella prima edizione), Stoke City, West Bromwich e Wolverhampton. L’Everton finì secondo, l’Accrington sesto. Ma quel giorno ad Anfield l’incontro finì 2 a 2. Avrebbe dovuto vincere l’Everton: ne erano convinti tutti i suoi tifosi. Se non era successo, era per colpa dell’arbitro, il signor John James Bentley: non confermò il gol che avevano visto tutti, segnato da Alex Latta, scozzese, ala destra dell’Everton dove giocò per sei stagioni, 148 partite e 70 gol che con quello sarebbero stati 71 e sarebbe stato un gol decisivo: l’Everton perse il titolo per un solo punto. Ma JJ Bentley ordinò la semplice rimessa dal fondo: per lui il pallone non era passato dentro quel rettangolo base 7,32 metri altezza 2,44 che era, e sempre è, la porta del calcio: i pali esistevano da sempre, la traversa dal 1875. Tutti avevano visto il pallone entrare dalla porta, lui no ed era lui a decidere: non c’era la rete, valeva l’occhio umano dell’arbitro. L’ingegner Brodie non si dava pace e, tornato nella sua casa al 28 di Ullet Road (è lì la lapide del British Heritage), cominciò a riflettere su come ovviare la prossima volta. E gli venne l’idea che, fu il suo parere per sempre, fu quella della quale andare più fiero anche rispetto al tunnel, all’autostrada, a Bilbao, a Nuova Dehli. Prese matite e fogli e abbozzò, dietro ai pali e alla traversa, una “grande tasca”, come la chiamò: nasceva la rete della porta. “Net pocket” fu il nome che l’ingegnere dette all’invenzione quando, il 27 novembre 1889, attraverso gli agenti Sloan e Lloyd Barnes, la presentò per ottenere il brevetto. Lo scopo dichiarato era quello di “formare una tasca in cui la palla si fermi dopo aver superato la linea della porta”. Disegni e descrizioni accompagnavano la richiesta che, a parere dell’inventore, avrebbe dovuto trovare realizzazione nei campi di calcio, di rugby e di lacrosse, altro sport del pallone molto popolare ai tempi tanto da far parte dei primi palinsesti olimpici. Scriveva Brodie: “Si attacca un sacco, rete o altro materiale adatto alla porta, inclinato e disposto verso l’esterno del campo da gioco. Il materiale può essere verniciato di bianco, in modo da formare un sfondo mediante il quale il percorso della palla può essere più facilmente osservato più facilmente di quanto non lo sia per le porte attualmente in uso. Dove può essere fatto convenientemente preferisco racchiudere lo spazio così formato dietro la porta, in modo da formare una tasca in cui la palla possa depositarsi dopo aver attraversato la linea di porta. In questo caso preferisco usare la rete, in quanto non ostruisce la visuale e, non essendo rigida, la palla non è così suscettibile di rimbalzare fuori”. L’ingegnere prevedeva anche una primordiale “goal line technology” quando scriveva “ove ritenuto desiderabile, una o più campane o altri allarmi adatti possono essere collegati con la rete o altro materiale che forma la tasca, in modo da indicare l’impatto della palla”. La domanda venne registrata dall’autorità competente con il numero di protocollo 19.112. Il 27 agosto 1890 il brevetto venne concesso. Cominciò una trattativa tra l’ingegnere e le autorità calcistiche per la concessione dell’utilizzo e, anche se Brodie non aveva un “procuratore” (né esisteva ancora questa figura che nel Terzo Millennio condiziona pesantemente il mondo del calcio), si andò per le lunghe. Solo a gennaio 1891, il 12, un lunedì, le reti fecero la loro comparsa ufficiale a Nottingham, la città dello sceriffo e di Robin Hood, per una partita che era una specie di “all star game” tra i calciatori della lega del North e quelli del South. L’arbitro era il signor Clegg di Sheffield e, per una ciliegina sulla torta dell’ingegner Brodie, il primo pallone a finire in rete fu quello calciato al quindicesimo minuto da un suo idolo, il bomber Fred Geary che giocava nell’Everton, 78 gol in 91 partite con la maglia del cuore di Brodie. Il 2 giugno 1891 venne decisa l’obbligatorietà delle reti che comparvero su tutti i campi nella stagione 1891-92: vinse il titolo il Sunderland che ebbe il capocannoniere del torneo in John Campbell: 32 delle 777 reti segnate furono sue. L’Everton dell’ingegner Brodie si classificò quinto.
Stefano Agresti per il "Corriere della Sera" il 15 ottobre 2021. E pensare che c'è perfino chi si lamenta. Come Ramsey: «Nella Juve non sanno gestirmi, il mio Galles mi cura meglio». Oppure come Sanchez: «Puoi valere molto, ma se sei nel posto sbagliato non brillerai». Per il cileno, in effetti, l'Inter non sembra essere il luogo giusto in cui esprimersi, però bisogna capire chi ci rimette di più dalla sua frequentazione milanese: lui, che in due anni e tre mesi ha incassato oltre 16 milioni netti, oppure il club nerazzurro, che lo ha pagato 7.732 euro per ogni minuto giocato in serie A? Ramsey e Sanchez sono gli emblemi di una tipologia di calciatore che destabilizza i conti e società: include gli strapagati che non giocano quasi mai. A volte per scelta dell'allenatore, spesso per problemi fisici. Naturalmente gli infortuni non sono una colpa (lo diventano solo se sono conseguenza di una vita dissennata), semmai possono essere determinati dall'età che avanza: i muscoli si usurano, le articolazioni scricchiolano, i tempi di recupero si allungano, le ricadute sono frequenti. Ma non tutti quelli che giocano poco e guadagnano tanto sono avanti con gli anni. Il solito Ramsey è appena arrivato ai 30, eppure procede faticosamente tra un acciacco e l'altro. Tanto che, conti alla mano, nei suoi due anni e spiccioli a Torino è costato alla Juve 7.809 euro per ogni minuto disputato in campionato. Solo la Nazionale, come sostiene lui, riesce a rigenerarlo: in bianconero, tra campionato e Champions, da agosto a oggi è rimasto in campo 106 minuti; nel Galles ne ha messi assieme 170 in quattro giorni (90 una settimana fa contro la Repubblica Ceca, segnando anche un gol, e 80 lunedì contro l'Estonia). Effetti dell'amor patrio. «Mi sento bene quando vengo gestito correttamente. Se le mie prestazioni in partita sono elevate, avrei bisogno di maggiore riposo durante la settimana anziché passare tanto tempo in campo ad affaticarmi». I tecnici della Juve ci fanno quasi la figura degli aguzzini. Le lamentele di Ramsey e Sanchez hanno indispettito Juve e Inter e fatto infuriare i tifosi. Ma c'è anche chi ha maggiore rispetto nei confronti dei presidenti che pagano lo stipendio. Vidal, almeno per ora, è uno di questi: ogni suo minuto in serie A gli ha portato in tasca 7.416 euro, ma per lo scarso utilizzo non se l'è presa con i dirigenti nerazzurri. Forse anche perché gli hanno perdonato lo show d'agosto sul cofano della Ferrari, con capriole, in un momento di lucidità dubbia. È più moderato il romanista Smalling, e guadagna anche un bel po' in meno, ma pure lui fatica a trovare un'affidabilità fisica accettabile. E pensare che il suo primo anno a Roma era stato convincente anche sotto questo punto di vista, tanto che era stato riscattato dallo United. Poi, il tunnel: 1.110 minuti nella scorsa stagione, un piccolo calvario anche all'inizio di questa. A Empoli, prima della sosta, sembrava essere riuscito a giocare finalmente una gara intera dopo quasi sei mesi. Macché: all'89' l'adduttore lo ha mollato. Ibrahimovic è un caso a parte. Nel 2020 (è arrivato a gennaio) ha cambiato volto al Milan, con i gol e la personalità. Operazione possibile perché era in campo: ha giocato 25 partite di campionato. Ma l'incantesimo si è rotto, da marzo a oggi ha partecipato appena a 6 incontri e, in questa stagione, solo a mezz' ora contro la Lazio. Con un gol, ovvio. Ieri è tornato a allenarsi in gruppo. Poi c'è Javier Pastore, 4,5 milioni netti a stagione, che ha battuto ogni record: in tre campionati con la Roma ha giocato 1.184 minuti, ciascuno dei quali è costato 11.402 euro. La scorsa estate, finalmente, la società è riuscita a rescindere il contratto. C'è chi giura di avere sentito tappi di champagne volare in aria, dalle parti di Trigoria.
L’Atalanta. Francesco Battistini per il "Corriere della Sera" il 15 dicembre 2021. Giovane cronista, una domenica a Vittorio Feltri capitò di raccontare un'Atalanta-Juventus. E siccome la Dea lo faceva godere già allora, gli veniva facile telefonare al giornale e dettare il pezzo a braccio. Frasi pulite e chiare, pochi aggettivi. Era l'epoca di Nicolò Carosio che in radio diceva il Diavolo, il Grifone, la Lupa...Così anche Feltri, per evitare troppe ripetizioni nella dettatura, a un certo punto chiamò «Vecchia Signora» la Juve. Gli era vicino il suo direttore all'«Eco di Bergamo», monsignor Andrea Spada, un maestro, che fiutando il luogo comune lo fulminò: « Sbambossàde ! Che stupidaggini! Se vai da tuo fratello e devi spiegargli com' è andata la partita, che cosa dici? Che ha vinto la Juve o che ha vinto la Vecchia Signora?». Da quel giorno, giura Feltri, Vecchia Signora non l'ha usato mai più. La Dea però è un'altra cosa. A Bergamo «diciamo Atalanta subito dopo mamma, forse prima di papà», racconta oggi il Vittorioso Direttore, perché l'Atalanta «è una grande mamma che alleva bravi figli», è «bella e matta», «pazza e zingara» e mille altre cose: «L'Atalanta dei miracoli, l'Atalanta che gioca bene, l'Atalanta che non annoia mai e segna più di tutti in Europa. L'Atalanta dei giovani, degli stranieri sconosciuti che diventano fenomeni, che incassa montagne di soldi e coi bilanci sontuosi tra gli squadroni coi debiti fino al collo, l'Atalanta che gli ambiziosi delle superleghe non vogliono tra i piedi perché è solo una squadra di paese. L'Atalanta imbucata e rompiscatole nel Rotary d'Europa. L'Atalanta strana, imprevedibile, indefinibile, inspiegabile. Un fenomeno paranormale». E quindi, una Dea. Se il gran lombardo Gianni Brera fosse ancora vivo, disse una volta Gianni Mura, amerebbe l'Atalanta più d'ogni altra squadra. E probabilmente l'avrebbe scritto lui questo libro, Atalanta, la Dea che mi fa godere (Rizzoli), 160 pagine di conversazione fra Vittorio Feltri e Cristiano Gatti. Una «Cosa Nostra bergamasca». Il canto d'amore di due «gasperinos inedemoniati» (da Gian Piero Gasperini, l'allenatore che ha sbancato l'Ajax e il Liverpool: se nella Treccani è finito il «sarrismo», perché non metterci anche il «gasperinismo»?). Il romanzo d'un piccolo squadrone che tremare il mondo fa. Una provinciale che non ha mai vinto niente, a parte un'antica Coppa Italia, ma è come se: non si diceva lo stesso dell'Olanda di Cruijff? «Affrontare l'Atalanta è come andare dal dentista», confessò Pep Guardiola, il guru del tiki-taka. Con una fifa che talvolta si maschera di disprezzo: «Non può esistere che in Champions possa arrivare un'Atalanta qualsiasi», disse l'incauto Andrea Agnelli, poco prima che la sua Juve si fermasse agli ottavi e l'Atalanta invece andasse avanti. Papa Giovanni, Gimondi e l'Atalanta: a Bergamo «tutto il resto è contorno» e Feltri, figlio d'una Dea minore, non ha mai dimenticato di santificare quaresime e vitelli grassi. Se le ricorda tutte, le passioni e le resurrezioni: il roccioso terzino Gardoni, più bravo a menare che a giocare e perciò detto «Gardù, o pé o balù», piede o pallone qualcosa prende sempre; quel ragazzino gracile e minuto soprannominato l'oselì , l'uccellino, che in realtà si chiamava Gaetano Scirea e tanti ritenevano inadatto; gli anni di Lippi e di Mondonico, la Hall of Fame di Jepsson e Cabrini, Donadoni e Papu Gomez, Bobo Vieri e Pippo Inzaghi, l'immenso Ilicic e le partite vendute dall'idolo Doni; la curva leghista e i milioni di Percassi; l'introvabile portiere Pizzaballa delle figurine Panini; il famoso vigile Arrigoni, che all'uscita dello stadio Brumana indicava la direzione al pullman del Milan usando tre dita tre, proprio come i gol appena rifilati Fo' de cò , fuori di testa, si dice a Bergamo e dice Feltri di se stesso: l'Atalanta «mi ha fatto godere più di tutte le fidanzate che ho avuto nell'ultimo secolo». Però però. Desùra o desòta , l'Atalanta è come Bergamo Alta e Bergamo Bassa ed è come la vita, alta classifica e bassifondi. E la storia, prima felice, sa farsi pure dolentissima e funesta. «L'eterna regola sgualdrina» che nei momenti più belli riprecipita la Dea fra i semidei. La prima serie A arrivò con la Grande Guerra? L'unico trofeo lo vinse mentre moriva Papa Roncalli? La stagione d'oro sboccia nel deserto della pandemia. Due date segnano l'inizio del grande contagio, il Paziente Zero a Codogno e la Partita Zero dell'Atalanta, febbraio 2020: 4 a 1 contro il Valencia, 44 mila abbracci dentro San Siro, il tifo che si fa covid e «l'allegra follia che è stroncata e negata, soffocata in gola». Il cumulo dei morti, i camion con le bare, le famiglie falcidiate. Ai bergamaschi fo' de cò , gente seria quando le cose si fan serie, in questi due anni è passato ben altro per la testa. La Dea continua a far godere, ma è un piacere diverso: «Ci vorrà del tempo - scrive Feltri -, un tempo interminabile di campionati sospesi, di giocatori malati, di calendari rabberciati, soprattutto di stadi vuoti, prima di tornare lentamente e faticosamente a una mezza idea di normalità. Sempre in attesa di un nuovo inizio, vero e spensierato. Non necessariamente migliore: a noi basta dove eravamo rimasti. Se il Cielo lo vorrà. Altrimenti sarà lo stesso».
La Serie A ha perso identità: "Quanti calciatori sono stranieri", addio attaccamento alla maglia. Federico Strumolo su Libero Quotidiano il 24 agosto 2021. Si chiama serie A e dovrebbe essere il campionato di calcio italiano. Utilizzare il condizionale, però, è d'obbligo, perché più della metà dei giocatori che scendono in campo ogni settimana è straniera. Su 499 calciatori tesserati per i venti club di A, infatti, ben 311 non sono italiani (quindi il 62,3%). Tanti, probabilmente troppi. La squadra più esterofila di tutti è la Lazio, con addirittura ventitré stranieri in rosa su ventisette, seguita dall'Udinese, che ne conta ventuno su ventisei, e la Roma, con diciannove su ventinove calciatori totali. Ma le altre grandi non sono da meno: Atalanta, Inter, Milan e Napoli hanno in squadra diciassette stranieri, mentre la Juventus solamente uno in meno. Il tutto per la disperazione dei poveri telecronisti, costretti a fare i conti con nomi impronunciabili come quello del centrocampista belga del Milan Alexis Saelemaekers, del portiere polacco della Juventus Wojciech Szczesny o dell'attaccante olandese del Bologna Sydney Van Hooijdonk, giusto per citarne qualcuno.
L'ATALANTA DEL 1963. È il risultato di un mondo sempre più volto alla globalizzazione, ma a quale prezzo? Il calcio italiano ha inevitabilmente perso la sua identità. Dopotutto, lo straniero proviene da un'altra cultura e spesso ignora anche l'esistenza del club finché non firma il contratto con esso. Il giocatore allevato nel settore giovanile, invece, viene indottrinato fin da piccolo e cresce ben consapevole della filosofia della propria squadra. È certo, quindi, che quando scenderà in campo lo farà rispecchiando in toto la maglia che indossa. Mentre chi è cresciuto in un'altra realtà, non potrà provare le stesse sensazioni ed avrà un attaccamento diverso alla squadra ed alla propria città. L'impresa dell'Atalanta nella Coppa Italia del '63, con il trofeo conquistato grazie al cuore e alla grinta di una squadra con ben 7 bergamaschi in campo, appare impossibile nel calcio d'oggi, almeno in Italia. Guardando alla Spagna c'è il caso dell'Athletic Bilbao, che per rispettare la tradizione del club tessera solamente giocatori baschi odi origine basca (sono ammessi anche ragazzi formati nelle giovanili di un club basco). E lo fa con grandi risultati, considerando che è l'unico club insieme a Barcellona e Real Madrid a non essere mai retrocesso in seconda divisione. I tifosi, poi, sono felicissimi della filosofia adottata dal club, tanto da rifiutare la proposta di aprire la squadra anche a calciatori stranieri (nel 2010 venne lanciato un sondaggio in cui il 93% dei tifosi votarono per mantenere la squadra chiusa a giocatori baschi). Il tutto, permette che si conservino le rivalità tra le varie piazze, che evidentemente non possono essere percepite in egual misura da chi non è cresciuto in quell'ambiente. Saremo illusi e nostalgici a pensarla così, ma ci manca il buon vecchio calcio di una volta.
Estratto dell’articolo di Luciano Murgia per pu24.it il 14 luglio 2021. Viviamo settimane che hanno visto undici azzurri in campo, gli altri in panchina e milioni di italiani davanti alle Tv cantare Fratelli d’Italia, l’Italia s’è desta, dell’elmo di Scipio s’è cinta la testa, Dov’è la Vittoria? Le porga la chioma, ché schiava di Roma Iddio la creò…Perché fratelli d’Italia? Perché i massoni si chiamano fratelli ed erano massoni sia Goffredo Mameli, l’autore del testo, sia Michele Novaro che lo musicò. Mameli si rivolgeva prima di tutto ai fratelli massoni, protagonisti del Risorgimento, che lottarono fino a morire, come Mameli a soli 22 anni, per liberare l’Italia dalla monarchia sabauda e per abbattere lo Stato pontificio. Mameli era mazziniano, Mazzini era massone, come Giuseppe Garibaldi. Due grandi che hanno fatto l’Italia, con la complicità – è giusto riconoscerlo – di grandi potenze. Potete immaginare i Mille che partono da Quarto e sbarcano a Marsala senza la complicità della flotta inglese?
DA il “Corriere della Sera” il 13 luglio 2021.
1934: L'esordio trionfale, la Rimet è azzurra
Trionfo al primo tentativo. Il campionato del mondo è stato istituito già da 4 anni ma nel 1930 l'Italia non c'è: così è l'Uruguay a organizzare e vincere la Coppa Rimet, dopo aver battuto in finale allo Stadio del Centenario di Montevideo l'Argentina 4-2 davanti a quasi centomila spettatori.
Nel 1934 tocca all'Italia, in pieno clima fascista, ospitare il Mondiale anche perché, oltre all'Inghilterra che si rifiuta di partecipare per «manifesta superiorità», il nostro Paese è l'unico a garantire stadi all'altezza dell'evento: dal civettuolo Littorio di Trieste (8.000 posti di capienza) a San Siro (55.000) passando dal Nazionale di Roma, l'attuale Flaminio, il Littorale di Bologna, il Berta di Firenze, il Via del Piano di Genova, il Partenopeo di Napoli e il Mussolini di Torino. Il campionato italiano è dominato dalla Juventus, 5 scudetti consecutivi dal 1931 al 1935 e il c.t. Vittorio Pozzo integra il blocco bianconero con innesti da Ambrosiana, Bologna e Roma.
Eliminati Stati Uniti, Spagna e Austria, il 10 giugno 1935 gli Azzurri disputano la finale con la favoritissima Cecoslovacchia che passa in vantaggio nella ripresa con Puc ma a 9 minuti dalla fine una prodezza di Orsi manda la partita ai supplementari, decisi dopo 5 minuti da un diagonale di Schiavio.
1938: Per Pozzo è subito bis Anche Parigi ci applaude
Vincere un Mondiale è un'impresa, vincerlo per due volte consecutive (con in mezzo l'oro di Berlino 1936) è un miracolo. L'Italia lo realizza nell'edizione organizzata dalla Francia nel 1938. L'avventura comincia fra i fischi, il 5 giugno al Velodrome di Marsiglia, quando gli Azzurri di Pozzo durante l'inno sollevano il braccio per il saluto romano.
Contro la Norvegia l'Italia soffre e solo un gol di Silvio Piola nei supplementari consente di vincere 2-1 e accedere ai quarti dove l'attende la Francia padrone di casa: al Du Munoir di Parigi, davanti a oltre 60.000 spettatori, gli Azzurri si riscattano e vincono 3-1 con una doppietta dello scatenato Piola, tuttora il miglior marcatore di sempre della serie A con 274 reti (davanti a Totti, 250). I gol del triestino Colaussi e di capitan Meazza piegano il Brasile di Leonidas ed è finale. Anche stavolta l'Italia è sfavorita contro la sontuosa Ungheria: ma le doppiette di Colaussi e Piola consentono agli Azzurri di vincere 4-2 e a Vittorio Pozzo di conquistare, unico c.t. nella storia, il secondo titolo mondiale. Decine di milioni di italiani «assistono» al match grazie alla radiocronaca diretta di Niccolò Carosio. Nonostante gli attriti politici, a fine partita, perfino il presidente della Repubblica francese Albert Lebrun tributò un applauso all'Italia imitato dai sessantamila di Parigi.
1968: Sul trono d'Europa con monetina e doppia finale
Trent' anni di digiuno, due fallimenti mondiali alle spalle (Cile 1962 e Inghilterra 1966) e finalmente il ritorno alla gloria. Nelle magiche notti romane del giugno 1968 l'Italia di Ferruccio Valcareggi trova una grande squadra e un pizzico di fortuna quando, dopo lo 0-0 ai supplementari nella semifinale contro l'Unione Sovietica, la monetina cade nel verso giusto per capitan Facchetti: allora non ci sono i rigori e gli Azzurri volano in finale contro i fenomeni della Jugoslavia, che hanno eliminato l'Inghilterra.
L'8 giugno, davanti a 70.000 spettatori, il fuoriclasse Dzajic batte Zoff ma a 10 minuti dalla fine Domenghini porta le squadre sull'1-1. La gara si ripete due giorni dopo e Valcareggi, un po' nello stile che adotterà Mancini, lascia a riposo mezza squadra (Castano, Ferrini, Juliano, Lodetti e Prati) per disporre di forze fresche. In poco più di mezz' ora l'Italia si porta sul 2-0 con Riva e Anastasi e la Jugoslavia si arrende. Gli Azzurri conquistano così il primo titolo europeo: l'Olimpico si accende di entusiasmo e l'intero Paese scende nelle strade a festeggiare improvvisando per la prima volta caroselli con le macchine. La formazione vincente: Zoff, Burgnich, Facchetti, Rosato, Guarneri, Salvadore, Domenghini, Mazzola, Anastasi, De Sisti, Riva.
1982: Il terzo urlo Mondiale con Pablito e il presidente
Nel Mondiale argentino del 1978 la giovane Italia di Enzo Bearzot è la vera rivelazione: conquista il quarto posto dopo 4 brillanti vittorie, compresa quella sull'Argentina che vincerà il titolo in finale sull'Olanda. Quattro anni dopo, la spedizione azzurra parte fra le polemiche e conclude con un trionfo, grazie soprattutto alle straordinarie prodezze dell'uomo più contestato alla vigilia, Paolo Rossi, reduce dalla squalifica per il calcio scommesse, da cui uscirà pulito.
Dopo un modesto girone di qualificazione (3 pareggi con Polonia, Perù e Camerun), l'Italia si qualifica faticosamente alla seconda fase e si ritrova nel girone impossibile con Brasile e Argentina. Nella gara decisiva, ai verdeoro basta un pareggio ma esplode Pablito Rossi che con una tripletta abbatte la Nazionale di Tele Santana, grazie anche alle prodezze di Dino Zoff. Dopo la «formalità» della semifinale contro la Polonia (2-0 e doppietta di Rossi), l'11 luglio 1982 al Bernabeu di Madrid l'Italia affronta la corazzata della Germania Ovest: gli Azzurri dominano grazie alla tecnica, alla velocità e all'intelligenza e vincono 3-1 (Rossi, Tardelli, Altobelli) sotto lo sguardo del presidente Pertini. Ecco lo straordinario undici di Bearzot: Zoff, Bergomi, Cabrini, Collovati, Gentile, Scirea, Oriali, Tardelli, Conti, Rossi, Graziani (Altobelli, Causio).
2006: Una testata alla sfortuna e la Francia si inchina
Nel 1994 l'Italia di Sacchi perde a Pasadena il titolo mondiale ai calci di rigore nella finale contro il Brasile; nel 2000 gli Azzurri di Zoff gettano al vento un titolo europeo già vinto contro la Francia che trionferà al golden gol. Sembra una maledizione ma il 9 luglio 2006 all'Olimpiastadion di Berlino i destini cambiano: la Nazionale di Marcello Lippi ritrova in finale la Francia, zeppa di campioni del calibro di Barthez, Thuram, Vieira, Ribery, Zidane, Thierry Henry e Trezeguet.
Prima dell'atto finale, l'Italia vince il girone di qualificazione (successi con Ghana e Repubblica Ceca e pari con gli Stati Uniti), batte l'Australia agli ottavi (rigore di Totti al 95'), l'Ucraina ai quarti (3-0 con gol di Zambrotta e doppietta di Toni) e i padroni di casa della Germania in semifinale: 2-0 nei supplementari con Grosso e Del Piero. Nella finale la Francia parte lanciata con il vantaggio di Zidane su rigore dopo 7 minuti. Materazzi pareggia al 19' e si va ai supplementari: dopo il rosso a Zidane per la storica testata a Materazzi si decide ai rigori.
Stavolta però gli Azzurri sono infallibili dagli undici metri: Barthez non può opporsi alle trasformazioni di Pirlo, Materazzi, De Rossi, Del Piero e Grosso mentre per la Francia di Domenech è fatale l'errore di Trezeguet: la gara viene archiviata con il 5-3, il quarto mondiale azzurro e una festa infinita.
Il Prefetto responsabile della sicurezza degli Azzurri. Tagliente e il ricordo della Coppa a Berlino: “Ecco gli aneddoti di quel Mondiale del 2006”. Francesco Tagliente su Il Riformista il 28 Giugno 2021. Mi è stato chiesto di ricordare un momento particolarmente toccante dei Mondiali che ci accompagnarono a quella notte magica del 9 luglio del 2006. Sono già passati 15 anni da quel trionfo Mondiale allo stadio Olimpico di Berlino. Per ripercorrere i momenti più emozionali mi è sufficiente ripensare al mio ruolo di responsabile della sicurezza degli azzurri anche per quella avventura tedesca irripetibile, iniziata a Coverciano e conclusa al Circo Massimo. Ripensarci oggi a distanza di 15 anni ogni segmento continua ad essere unico e indimenticabile.
SOGNO AZZURRO. Marcello Lippi e gli Azzurri del 2006 hanno regalato a milioni di italiani tanti battiti di cuore. Si sa che le partite dei Mondiali tengono incollati alla tv anche chi dichiara di non essere interessato al calcio. Quasi tutti gli italiani hanno vissuto i tanti momenti toccanti. Come non ricordare “Il cielo è azzurro sopra a Berlino” Io oggi voglio ricordarne uno dei tanti momenti di altissimo valore, forse meno noto al grande pubblico. Tutti gli amanti del calcio ricordano l’Italia che, il 22 giugno del 2006, ad Amburgo vinse il girone e conquistò i tormentati ottavi di finale. Ad Amburgo gli Azzurri di Lippi riuscirono a battere la tosta Repubblica Ceca 2-0. La mattina della gara mentre Marcello Lippi preparava al grande appuntamento la squadra azzurra con gli allenamenti di rifinitura, i vertici della FIGC evidenziavano la più alta sensibilità istituzionale immaginabile.
IL RICORDO. Giancarlo Abete, Gabriele Gravina, Demetrio Albertini, Gigi Riva, Antonello Valentini, Gianni Nave e alcuni poliziotti italiani in uniforme portarono un cuscino di fiori al Cimitero Militare italiano d’Onore di Amburgo dove sono custodite le spoglie di 5.839 italiani prigionieri di guerra, internati e lavoratori civili, deceduti dall’inizio della Seconda Guerra Mondiale fino al 15 aprile 1946, traslati dai territori dello Schlewig-Holstein, Bassa Sassonia, Amburgo, Brema, Hannover e della Westfalia. Quel giorno, nel vedere affiancati i poliziotti tedeschi e quelli Italiani in divisa, mentre il Tricolore italiano veniva issato sul pennone provai una delle emozioni più forti che si possono immaginare. E fu grande e gratificante anche l’impegno per convincere le Autorità tedesche a far partecipare anche i poliziotti tedeschi in divisa alla cerimonia di alzabandiera in omaggio ai nostri soldati catturati e deportati in Germania dall’esercito tedesco.
AL CIMITERO DI GUERRA. L’evento fu reso noto agli italiani con un servizio di Donatella Scarnati mandato in onda al telegiornale delle 13.00. Il complesso cimiteriale si presenta grandioso e solenne. Al centro si erge la grande croce monumentale, alta 10 metri e formata da 5 blocchi di Muschelkalk (pietra lumachella), opera dello scultore G. Kraemer. Mi piace ricordare anche che l’area in cui sorge il Sepolcreto fu concessa in uso dal Governo tedesco in base al reciproco accordo del 22 dicembre 1955 riguardante le sepolture di guerra, mentre la costruzione, iniziata nel 1957 e ultimata nel 1959, fu curata dal Commissariato Generale Onoranze Caduti in Guerra. Per quella celebrazione, per me ancora particolarmente toccante, devo ringraziare ancora una volta l’Ufficiale di Collegamento tedesco, comandante Michael H.Muller, per il ruolo anche di facilitatore svolto. A margine della cerimonia ebbi modo di ricordare che dopo l’armistizio siglato dall’Italia con gli anglo-americani, annunciato dal maresciallo Badoglio l’8 settembre 1943, oltre 650.000 militari italiani, dislocati in Italia o nelle zone d’occupazione, furono fatti prigionieri dai tedeschi ed internati in campi di concentramento. Tra quei deportati c’era anche mio padre Donato Tagliente.
NON DIMENTICARE. E’ una pagina da non dimenticare, anche per i gesti eroici dei nostri soldati a lungo purtroppo trascurati benché fosse noto a tutti che dopo la proclamazione dell’Armistizio, soldati e ufficiali vennero posti davanti alla scelta di continuare a combattere nelle file dell’esercito tedesco o, in caso contrario, essere inviati in campi di detenzione in Germania. Solo il 10 per cento accettò l’arruolamento. Gli altri vennero considerati prigionieri di guerra. In seguito cambiarono status divenendo “internati militari italiani” per non riconoscere loro le garanzie delle Convenzioni di Ginevra, e infine, dall’autunno del 1944 alla fine della guerra, lavoratori civili, in modo da essere utilizzati come manodopera coatta senza godere delle tutele della Croce Rossa spettanti invece per i Kriegsgefangenen, appunto i prigionieri di guerra. Uno sfruttamento come forza lavoro in condizioni disumane, con turni massacranti e un regime alimentare decisamente insufficiente. I prigionieri furono largamente utilizzati nell’industria bellica, bersagliata di continuo dai bombardieri alleati. Molti furono vittime delle incursioni aeree inglesi o americane, ma la maggior parte dei decessi fu causata dalle malattie o dalla scarsa e cattiva alimentazione che portò molti giovani al deperimento organico, fino alla loro morte. Furono migliaia i soldati italiani che persero la vita nei lager tedeschi. I deceduti vennero sepolti nei cimiteri all’interno, o nei pressi dei lager, ma molti furono inumati anche nei cimiteri comunali, in reparti separati dalle altre sepolture, nelle località dov’erano impiegati presso i comandi di lavoro esterni. Altri ancora finirono in fosse comuni, o in sepolture che ne resero impossibile l’identificazione.
CON LA FIGC. Per rendere omaggio ai militari catturati e deportati e detenuti nei lager fino alla fine della guerra, a contribuire a tenere viva la memoria del tragico ed oscuro periodo della storia nel nostro Paese, con una rappresentanza della FIGC, impegnata a promuovere i valori dei simboli della Repubblica, ci recammo al Cimitero militare italiano d’onore per rendere omaggio ai nostri connazionali. Un episodio molto toccante per me. Lo sport e i valori fondanti del nostro ordinamento costituzionale sono stati i fili conduttori del mio percorso professionale e della mia vita. E non solo della mia vita perché questo evento è il frutto della sensibilità e della vocazione istituzionale e sociale di Giancarlo Abete, Gabriele Gravina Gigi Riva, Demetrio Albertini, Gianni Nave presenti alla cerimonia e tanti altri della “Squadra” non potuti intervenire.
Gabriele Guccione per il "Corriere della Sera" il 13 luglio 2021. Ogni tiro in porta un calcio. Ma non sul campo: in pancia. «Tutte le volte che mi agitavo davanti alla tivù, il piccoletto scalciava», racconta Chiara Appendino, 37 anni, in attesa di dare un fratellino alla figlia Sara. L'altra sera per l'Europeo, come quindici anni fa per il Mondiale a Berlino, la sindaca di Torino non poteva mancare all'appuntamento. Certo, qualcosa è cambiato: il 9 luglio del 2006, giorno del trionfo degli azzurri al Mundial, si trovava sugli spalti dell'Olympiastadion. Una foto rimbalzata per uno strano scherzo del destino sui social e diventata virale negli ultimi giorni la ritrae in quell'occasione, appena ventiduenne, con indosso un bikini, un boa tricolore attorno al collo e le bandiere dell'Italia dipinte sulle guance. Questa volta la super-tifosa Appendino si è dovuta accontentare di seguire l'Italia dal salotto di casa. «L'emozione è quella di sempre, quella che solo lo sport può farti vivere», riconosce, anche se, da ex calciatrice, le tocca ammettere: «Allo stadio è un'altra cosa». Come l'emozione, a non essere cambiata è la compagnia: «Anche domenica ho seguito la partita con mio marito Marco e un gruppo di amici». E con loro, e insieme al piccolo che porta in grembo, ha esultato: «Seppure con tutti i limiti e le attenzioni ancora dovute per evitare una recrudescenza della pandemia - osserva la prima cittadina torinese -, la vittoria dell'altra sera ha rappresentato un momento collettivo di grande gioia e, forse, anche di rinascita». Ci spera, Appendino. E riavvolge il nastro della memoria per tornare indietro a quel momento di quindici anni fa rilanciato per caso da un profilo social, «DirettaGoal», insieme alla domanda: «Dove eravate a quest' ora il 9 luglio 2006?». «Allo stadio a Berlino e questa foto direi che lo prova», ha risposto la sindaca, svelando di essere presente tra i tifosi in quello scatto. E poi scherzando, per replicare a chi le ha chiesto che fine avesse fatto il bikini: «L'ho lanciato in campo quando Fabio Grosso ha segnato l'ultimo rigore e dopo è stato impossibile ritrovarlo». Grosso: uno dei campioni di quella Nazionale. «Come Buffon, Cannavaro e Pirlo», ricorda la prima cittadina. E quelli del trionfo di Wembley? «Bonucci e Chiellini: un muro invalicabile. E poi Chiesa, davvero formidabile. Ma a Berlino come a Londra - assicura la sportiva Appendino - ciò che ha fatto la differenza è stato lo spirito di squadra, la compattezza del gruppo».
Una squadra di Pippe. Andrea Sorrentino per "il Messaggero" il 18 novembre 2021. Viva l'Italia, certo, come no. A Roberto Mancini e agli altri tecnici azzurri, da domani, scapperà da ridere come ogni volta, quando il campionato riparte dopo la pausa per le nazionali. E sarà un riso amaro, dolorosamente consapevole, del resto nello staff c'è gente che abita nel calcio da una vita, ne hanno viste tante. Come altre volte capiterà che diversi giocatori, non disponibili per la Nazionale fino a tre giorni prima, invece scenderanno in campo coi loro club, smaltendo d'incanto i problemi che avevano accusato in azzurro, o che li avevano costretti a rifiutare la convocazione. Mancini ha preso nota, valuta, riflette, non senza un pizzico, anzi, un bel po' di amarezza. Del resto, è sotto gli occhi di tutti, basta fare un minimo di attenzione, anche se quando ricomincia la serie A c'è un processo di rimozione collettiva e il ricordo della Nazionale sparisce di botto. Solo che, stavolta, c'era in palio la qualificazione diretta al Mondiale, dopo aver saltato l'ultimo. Non era un appuntamento banale, il Mancio mastica amaro perché a questo giro si aspettava un po' più di rispetto per la Nazionale campione d'Europa. Ciò che è accaduto da settembre in poi fa riflettere, se ai recenti fatti sovrapponiamo le immagini delle feste per i campioni d'Europa dopo Wembley, le parate a Roma tra ali di folla, i discorsi al Quirinale e a Palazzo Chigi, e viva la Patria: in realtà poi nelle ultime tre convocazioni di Mancini, per 20 volte si sono registrati casi di giocatori che hanno lasciato il ritiro per affaticamenti, indurimenti, contratturine e influenzine varie, e la maggior parte di loro poi ha giocato nel successivo turno di campionato (la lista non contempla chi si è chiamato fuori già prima di essere convocato: Zaniolo in ottobre, ad esempio). L'unico infortunato serio è stato Pessina, e anche Belotti, Chiesa e Verratti si sono trascinati diversi problemi anche nei club. A settembre la fuga dall'azzurro fu addirittura grottesca, ci fu persino chi come Sensi ebbe l'improntitudine o l'ingenuità di annunciare via social che avrebbe sicuramente giocato la domenica successiva con l'Inter. Altri, dopo, sono stati più discreti e furbi, poi hanno giocato lo stesso: presi tra Scilla e Cariddi, tra le esigenze del club e della Nazionale, hanno compiuto l'unica scelta possibile di sopravvivenza (ormai i calciatori sono totalmente ostaggio dei club: più vengono pagati, più devono obbedir tacendo). Pochi benemeriti, come Barella, hanno invece giocato in Nazionale pur essendo a rischio di infortunio, anche perché le alternative erano sparite. Per questo i tecnici azzurri da domani rideranno amaro alla lettura delle formazioni della A, mentre continueranno a seguire le partite nella vana speranza che spunti un talento buono per il futuro. Intanto si intravede solo l'autocandidatura del brasiliano Joao Pedro, attaccante del Cagliari, 30 anni il prossimo 9 marzo: è sposato con una siciliana, potrebbe diventare cittadino italiano e convocabile, a lui non dispiacerebbe. A proposito di uomini disillusi, in Nazionale pare che ridano sardonicamente anche quando sentono di immaginifiche proposte di rinviare il turno di campionato del 20 marzo 2022, per consentire all'Italia di preparare i playoff mondiali (mentre almeno lo stage di fine gennaio dovrebbe proprio esserci): evento possibile solo se a gennaio si avesse la certezza che le italiane nelle coppe fossero tutte eliminate, quindi non se ne parla. Poi allo stato delle cose, e per quello che si è visto da settembre in poi, agli azzurri sembra impossibile che di colpo i vertici del calcio siano presi per incantamento dalla Nazionale e modifichino il calendario in ossequio alla missione-Qatar: anzi già ci fanno sapere che nessun altro campionato delle nazioni coinvolte nei playoff cambierà qualcosa, perché dunque dovremmo noi? Magari perché la seconda assenza consecutiva dai Mondiali potrebbe essere un disastro epocale, segnerebbe forse la fine stessa del nostro sistema calcio. Ma chissà, forse c'è davvero qualcuno in Italia, o più d'uno, che non si straccerebbe il doppio petto per un'eliminazione della Nazionale (sarebbe invece un incubo per la Rai, che ha già speso oltre 150 milioni per i diritti di Qatar 2022). Infatti il problema è se siamo nel pieno di un'emergenza nazionale e se a qualcuno interessa affrontarla, oppure no. Per ora, non sembra: nessun dirigente o nessun politico, finora, ha tuonato sull'esigenza di sostenere la Nazionale. Si attendono ravvedimenti o precisazioni. Per ora, buon campionato a tutti: per quattro mesi, quei seccatori con la maglia azzurra non saranno un problema.
Da gazzetta.it il 18 novembre 2021. “È ingiusto e scorretto mettere in dubbio la professionalità dello staff medico della nazionale”. A rilasciare questa dichiarazione, all’Ansa, è il capo delegazione azzurro Gianluca Vialli. La polemica era esplosa con le dichiarazioni di Lotito dopo il k.o. di Immobile in nazionale, ora Vialli butta acqua sul fuoco e risponde al patron laziale. “Pensavo che la dettagliata relazione del professor Ferretti alla vigilia della partita dell’Olimpico avesse già fatto chiarezza sulle condizioni e sulla gestione dell’infortunio di Immobile. Come ho potuto accertare direttamente e come sempre avviene quando i calciatori sono chiamati in Nazionale, il nostro staff medico è stato professionale, scrupoloso e trasparente nel verificare e gestire le condizioni fisiche del calciatore”. Lotito aveva criticato l’operato dei dottori azzurri dopo che l’attaccante della Lazio era stato dichiarato non in condizione di giocare la doppia sfida con Svizzera e Irlanda del Nord. “Stava bene quando è partito. Non attacco lo staff della Nazionale, faccio solo cronaca”, aveva detto. Ora è arrivata la risposta azzurra.
Fabrizio Roncone per il "Corriere della Sera" il 17 Novembre 2021. Non è esattamente un flashback azzurro. Piuttosto: sono schegge di memoria, uno scarabocchio che resta sugli appunti, il graffio di una sensazione, qualcosa in meno di un sospetto, sono dubbi sparsi, leciti, forse inevitabili. Però, a ripensarci: prima che nel gioco, la nostra Nazionale sembra essersi smarrita dentro. Nella mente e nel cuore. Sappiamo che, in qualsiasi sport, il peggior nemico è la paura. Dell'avversario devi avere rispetto, mai spavento. E invece: sguardi bui già all'Inno di Mameli. Nel sottopassaggio dell'Olimpico, prima di affrontare la Svizzera, i nostri sembravano undici cristiani diretti al martirio. Spifferi: non avevano cantato sul pullman, molti con le cuffiette, ciascuno con i propri demoni; lasciata nella leggendaria notte di Londra tutta la spavalderia, l'esorcismo dell'allegria, l'idea magnificamente perversa e vincente di non essere dei campioni, e però di fingere d'esserlo. Così non si sfalda solo un gruppo: ma anche un progetto di gioco. Quello di Mancini è tutto sul ritmo. Corri e ti proponi al compagno, lo aiuti, lo cerchi, ti cerca. Un palleggio pieno di solidarietà, fratellanza, coraggio condiviso. Cosa urlava invece Chiesa, con occhiate di fuoco, ai compagni sul prato del Windsor Park di Belfast? E poi: mai visto un Barella tanto nervoso. E Gigio Donnarumma, porca miseria: con quell'uscita che nemmeno da bambini, sulla spiaggia, ai tempi del portiere volante. Sono indizi, non prove. Bonucci sostiene - e bisogna credergli - che sia venuta meno la leggerezza. Per recuperarla, però, è fondamentale capire perché sia evaporata. L'orizzonte sul quale siamo adesso costretti a camminare non prevede incertezze, tremori, ansie battenti. Per dominare gli spareggi, dobbiamo dominarci. E riconoscerci per quello che siamo: una squadra normale che ha già dimostrato di poter essere speciale. In quattro mesi non illudiamoci di riuscire a trovare un nuovo Gigi Riva. Facciamo prima a ritrovare noi stessi.
ANDREA SORRENTINO per il Messaggero il 17 novembre 2021. Ce la potremmo cavare col fatalismo consolatorio: i rigori danno e i rigori tolgono, all'Europeo ci premiarono e alle qualificazioni Mondiali ci hanno punito, il destino era nel dischetto, amen. Oppure, avvicinandoci di più alla cruda realtà, dovremmo osservare che è bastata la Svizzera di riserva, falcidiata da assenze di rilievo fin da settembre, per rimontare l'Italia e vincere il girone che portava in Qatar, condannandoci ai playoff. Si parla degli equilibri generali del calcio internazionale, quelli veri e non presunti. Magari anche la Svizzera è ai nostri livelli, come valore complessivo del movimento. Nell'emergenza, ha sostituito a dovere i suoi assi Xhaka, Embolo, Elvedi e Seferovic, e mentre noi pativamo le assenze di Spinazzola e Immobile ha pareggiato a Roma poi ha rifilato 4 gol ai bulgari e se ne va a giocare il suo quinto Mondiale di fila, e negli ultimi due si è comportata meglio dell'Italia: due volte agli ottavi, mentre gli azzurri una volta si sono fermati al primo turno e un'altra non c'erano proprio. Nemmeno l'Italia di Mancini era a pieno organico durante il dramma d'autunno, né lontanamente quella delle notti di Wembley per spirito, lucidità, stato di forma, a cominciare da Verratti-Jorginho-Barella che furono il cuore dell'impresa insieme a Donnarumma.
PICCONATA Si è spenta la luce. L'Italia si è abbandonata, appagata dall'insperata vittoria o incredula, ed è stata pure picconata: la tirannia dei club le ha sottratto giocatori più o meno infortunati da subito, in modo a volte brusco e irridente, senza rispetto per la Nazionale, ed è successo pure prima di Belfast. Mancini ha subito troppo, o ha troppo a lungo atteso che gli eroi dell'Europeo tornassero in sé. Ma è la storia recente del calcio di élite che ci ammonisce: non siamo più un riferimento, né una guida, non abbiamo né il campionato né i calciatori migliori, in Europa coi club non esistiamo (dal 2011 solo tre finali di coppa, perse, su 20), la Nazionale negli ultimi tre Mondiali o si è fermata subito o non ha partecipato. Questo siamo. L'Europeo è stato un magnifico miracolo sportivo, ma sui giocatori ha suggerito iperboli e stime al rialzo smentite dai fatti. Donnarumma non è certo ancora il miglior portiere del mondo, del resto non è una congiura di pazzi a Parigi che non gli permette per ora di scavalcare Keylor Navas nelle gerarchie, e nel mentre il suo colpo d'occhio si è appannato (continuiamo a pensare che il tiro di Widmer a Roma fosse parabile). Jorginho non è un Pallone d'oro per acclamazione, è un ottimo regista che ha bisogno di una squadra rapida e aggressiva intorno, altrimenti non fa miracoli, né gol (e al Chelsea quest' anno è in flessione). Di Federico Chiesa si è detto troppo presto che fosse uno dei migliori attaccanti europei, per ora è un'ottima ma incostante ala destra, sa fare un po' di tutto ma niente in modo eccezionale, segna alla media di 1 gol ogni 4 gare (conserviamo il sospetto che suo papà Enrico fosse assai più bravo tecnicamente). Di Insigne, a 30 anni, conosciamo i limiti quando il livello agonistico sale. Il problema, a magia dell'Europeo svanita, è che solo Verratti e Jorginho sono giocatori di alto livello internazionale e forse anche Barella, e Gigio quando si riprenderà. E nulla c'è alle spalle dei convocati per pensare a un ricambio, anche se in primavera si spera che Pellegrini e Zaniolo aggiungano tasso tecnico: per il resto tutti giocatori deboli, da squadre deboli. Il campionato offre nulla, col suo 61% di stranieri, e l'Italia tutta è in ritardo sull'integrazione, quindi non abbiamo un apporto dai figli degli immigrati che in Francia, Inghilterra e Germania, oltre alla famigerata Svizzera, sono l'ossatura delle nazionali. La serie A ha proposto Tonali, ma tra i veti incrociati a cui il ct deve sottostare, oltre a quelli dei club, c'è stato pure quello federale: guai a sottrarlo all'Under 21. Invece Luis Enrique ha preso Gavi, 17 anni, e gli ha fatto giocare quattro partite decisive di fila, alla faccia delle nazionali giovanili spagnole. Così conciati, riusciremo ad andare ai Mondiali? La risposta è che dipenderà da chi incontreremo, e in che momento saremo. Non possiamo più permetterci di dirci favoriti. Non siamo più la grande Italia, siamo come tanti altri. Ma potrebbe bastare, almeno si spera.
(ANSA il 16 novembre 2021) - "Ai Mondiali ci andremo passando dai play off di marzo e magari li vinceremo anche, chissà...". Roberto Mancini è un misto di delusione e fiducia per il futuro, dopo lo 0-0 con l'Irlanda del Nord che costringe gli azzurri ai play off. "Purtroppo è un momento così in cui facciamo tanta fatica a fare gol - dice alla Rai - Peccato, il gruppo andava chiuso prima. Ora dobbiamo ritrovare quel gioco che ci ha contraddistinto anche fino ad oggi. Se pensiamo che abbiamo sbagliato due rigori nelle sfide decisive con la Svizzera vuol dire che il girone era nel nostro controllo, ma se le occasioni non le trasformi poi puoi trovare difficoltà".
(ANSA il 16 novembre 2021) - Una qualificazione buttata. E una nuova paura da scacciare. Roberto Mancini non lo dice così esplicitamente, ma lo fa capire. E con grande amarezza: "Sono dispiaciuto perchè era un gruppo che avevamo già chiuso, dovevamo essere al Mondiale già da due partite, o al massimo venerdì...E invece ce la siamo complicata da soli", dice il ct prima di lasciare Belfast, ancora una volta sfortunata nella storia azzurra. La gara di Belfast ha mostrato una squadra giù di corda e che ha faticato tanto a tirare nella porta avversaria. "E' un momento in cui facciamo fatica a trovare il gol anche se abbiamo sempre il pallino del gioco in mano - riconosce il ct - Nel primo tempo potevamo sbloccarla e questo poi ci avrebbe permesso di giocare più tranquilli, ma non ci siamo riusciti. Loro stavano tutti dietro e non era facile riuscire a trovare spazi liberi. Peccato, ma il girone andava chiuso prima". "Se penso che abbiamo avuto due rigori contro la Svizzera e li abbiamo sbagliati...", era stato il rammarico a caldo del ct, che poi in conferenza stampa ha fatto di tutto per infondere fiducia ed evitare crisi da depressione. "Penso che andremo al Mondiale: ripeto, dovevamo già esserci. Ma se hai delle occasioni e non le sfrutti... Siamo da troppo tempo nel calcio per non sapere che capitano questi momenti difficili". A marzo, il play off "sarà più complicato" del semplice spareggio, ma con un vantaggio, si dice convinto Mancini, che all'idea di un secondo fallimento mondiale non vuole neanche pensare: "Stasera abbiamo trovato una squadra, l'Irlanda del Nord, che giocava in 10 davanti alla difesa: a marzo sarà diverso, due partite sì ma ad eliminazione diretta. E bisogna giocare". Non si appella alle assenze, perchè la Svizzera qualificata ne aveva forse più degli azzurri, e ribadisce: "Resto convinto che questa sia una grande squadra: i ragazzi devono solo ritrovare tranquillità, di qui a marzo, per fare quello di cui sono capaci. Nella difficoltà, abbiamo la fortuna di avere ancora la possibilità di andare al Mondiale: e io dico che ci riusciremo".
Fabrizio Roncone per il "Corriere della Sera" il 16 novembre 2021. Botte di sudore freddo, tifo bieco, gesti di pura e tribale scaramanzia: per brutale necessità tutti abbiamo provato di tutto guardando l'Italia pareggiare contro l'Irlanda del Nord, una squadra di modestia assoluta. Sofferenza inutile. Andiamo agli spareggi seguendo ancora una volta l'unico che, a questo punto della notte, può ancora portarci ai Mondiali: Roberto Mancini. Restare ai fatti. Dentro la cronaca. Raccontare quello che è successo. Perché il nostro c.t. è stato formidabile a tenerci per un'estate intera infilati in uno struggente inganno: ci ha fatto vincere e credere di essere davvero pieni di luce, forti, a tratti irresistibili. Con un po' di onestà intellettuale dovremmo invece riconoscere che ci siamo solo lasciati trascinare nel suo mondo pieno di ambizione e orgoglio, ottimista, prepotente quasi per destino. La sua maggiore abilità è stata convincere i calciatori. Quasi tutti di livello normale, i più bravi sono pure i più anziani, nessun fuoriclasse, alcuni di loro in azzurro perché la vita è strana e sa rendere possibili anche i miraggi. Agli Europei, in molte notti, l'abbiamo fatta franca per un niente. E, quando si è fermato Spinazzola, che a sinistra volava a spaccarci le partite, il Mancio ha subito provveduto a uscire dall'equivoco del bel gioco. Se la sua idea iniziale era quella di un calcio pieno di bollicine, di palleggi in allegria, un calcio per divertirsi e divertire, senza indugi ci ha riportato - furbo, e con monumentale realismo - agli istinti tattici primordiali. Di fatica e necessari contropiedi, di fango, di lotte furibonde e improvvisi lampi di classe. Chiaro che è in queste ultime due partite l'assenza di Giorgione Chiellini, il capitano, si sia rivelata straziante. Ma poi? Cercare le occhiate del c.t., in eurovisione, dal Windsor Park di Belfast, è stato utile per capire che persino da qualche parte nel suo cuore la faccenda si stava facendo molto complicata. Ha sempre ripetuto: tranquilli, ai Mondiali ci andiamo. Quanto mestiere ci ha messo. E quanto, tutti, abbiamo voluto continuare a credergli. Ma poi, quando arriva la notizia che la Svizzera se ne va avanti di tre gol, lui si volta e in panchina trova Raspadori e Scamacca, che nel Sassuolo nemmeno giocano sempre. L'altro che scorge è Belotti, uno che già all'Olimpico ha corso sulla volontà, tutta furia, ingobbito, senza ritmo. Questi aveva, questi sono: Mancini finisce così in quel genere di psicodramma che ha sempre osservato con stupore solo addosso agli altri. E che bisogna sperare adesso sappia gestire. L'orizzonte su cui deve condurci gli è sostanzialmente sconosciuto. Si prepari. Ci saranno crudele irriconoscenza, pessimismo feroce, l'invidia covata esploderà come un bubbone. Gli diranno che, alla fine, è come Gian Piero Ventura. Quello stempiato, lui con l'unica differenza di un ciuffo color mogano. Li azzittisca. E ci porti, in qualche modo, al sole del Qatar.
Massimiliano Gallo per ilnapolista.it il 16 novembre 2021. Mancini comincia a somigliare in maniera inquietante a Ventura. L’effetto Europei è svanito. Il calcio italiano si è mostrato nuovamente in tutta la sua pochezza. Un sistema che produce poco, molto poco, di interessante, in mano a dirigenti e presidenti che di dirigenziale e manageriale hanno ben poco. Un sistema che attacca la politica ma che non ci pensa nemmeno a denunciare le proprie arretratezze. Quel che sarebbe dovuto accadere agli Europei – una debacle – è invece accaduto con qualche mese di ritardo. I miracoli non si ripetono, alla lunga la realtà emerge sempre. In questo caso in maniera impietosa. La Nazionale non vince a Belfast contro l’Irlanda del Nord – non va oltre lo 0-0 – e al momento è fuori dal Mondiale. Dovrà passare attraverso gli spareggi e non sarà una passeggiata. Mentre noi pareggiavamo nella terra di George Best, la Svizzera dominava e batteva 4-0 la Bulgaria. Mancini è calcisticamente morto con le sue idee. Gli vanno riconosciuti gli alibi per le assenze e gli infortuni. Ma l’Italia stasera è stata poca roba. Jorginho mai in partita. Barella lontano parente del giocatore che abbiamo conosciuto. Incomprensibile – anche se non decisiva – l’ostinazione del ct con Insigne schierato addirittura centravanti. Che poi fosse arretrato, di manovra, finto, nullo, poco cambia. Sempre centravanti era. E andare a giocarsi la partita decisiva con Insigne centravanti, è un po’ come guidare un’automobile di Formula Uno bendati. Per di più in uno stadio dove nessuno aveva mai segnato. Va comunque detto che con Insigne o senza Insigne nulla sarebbe cambiato. Non abbiamo mai rischiato di vincerla. Anzi, siamo andati più volte vicino a perderla. La verità è – per dirla alla Gianni Mura – che la carta si è indignata da un po’. Si è indignata con il rigore sbagliato in Svizzera, quello fallito a Roma sempre contro la Svizzera, il pareggio in casa contro i bulgari sommersi di gol e di gioco dagli svizzeri. Del resto ci eravamo giocati tutto nel mese magico in Inghilterra. Lì tutto era filato liscio, e alla lunga si paga. Il classico errore italiano di ammalarsi di riconoscenza, come se la vittoria fosse davvero un prodigio. E quindi i protagonisti da trattare come eroi leggendari. Di fondo, una mancanza di fiducia nel sistema calcio. Per certi versi persino comprensibile. Della partita che cosa possiamo dire? Il pareggio è stato giusto anzi, come detto, sta stretto ai padroni di casa. Le occasioni più pericolose le hanno avute i nordirlandesi. L’Italia ha dimostrato di non averne più. Adesso Mancini dovrà capire cosa fare. Continuare ad andare a sbattere con la riconoscenza, oppure provare a inventarsi qualcosa, ovviamente con la consapevolezza he nessun George Best è rimasto fuori? Nel frattempo, l’ex stella della Sampdoria comincia a somigliare a Ventura. E non è una bella notizia.
Ivan Zazzaroni Per Corrieredellosport.it il 16 novembre 2021. Meritiamo gli esami di riparazione. Il campo ci ha rimandato in coraggio e lucidità, prima che in qualità tecnica: è proprio in personalità che siamo risultati largamente insufficienti. E non soltanto in Irlanda del Nord dove abbiamo sbattuto addosso a una squadra di serie B: soprattutto i due confronti con la Svizzera e quello con la Bulgaria ci hanno riportato indietro di parecchi mesi. Purtroppo non siamo stati in grado di sfruttare l’entusiasmo creato dalla conquista del titolo europeo: forse qualcuno ha peccato di presunzione, ritenendosi più forte di quello che era e che in realtà è. Siamo appesi a un filo, ora. Il filo della speranza di trovare da qui a marzo ciò che ci è mancato in questo grigissimo autunno. Per delusione, si possono istruire tutti i processi immaginabili, ma è una pratica che non ha molto senso, non portando a qualcosa di buono: l’atteggiamento più maturo, in situazioni come quella che la nostra Nazionale e il nostro calcio stanno vivendo, deve condurre alla consapevolezza dei limiti e dei particolari da correggere. È il momento di scegliere con coraggio, appunto. Proprio l’intraprendenza, il coraggio nelle scelte è mancato per tutto il primo tempo, frazione durante la quale abbiamo giocato a pallanuoto facendo circolare il pallone con insistenza e lentezza solo per linee orizzontali e tentando occasionalmente l’”imbucata”, peraltro quasi sempre imprecisa. È sparito Jorginho che si è limitato all’azione di raccordo ed è stato naturale pensare che fosse ancora condizionato dall’errore dell’Olimpico. Insigne e Barella non hanno fatto nulla di segnalabile, Berardi ha provato a combinare qualcosa di discreto, ma non è andato oltre le intenzioni. Chiesa è lo stesso delle ultime prestazioni con la Juve. Non sappiamo più segnare, poi, il pareggio è diventato la nostra condizione abituale, e non è più tollerabile rimproverare a Immobile di non riuscire a buttarla dentro quando l’asticella si alza. O lui o niente. Il volto di Mancini, inquadrato spesso dalle telecamere, trasmetteva insoddisfazione e sfiducia. Nulla di quello che aveva preparato stava riuscendo: la costruzione a tre, con Di Lorenzo altissimo e Berardi sul centrodestra per creare superiorità risultava prevedibile e controllabile proprio perché al momento di stringere, ovvero del passaggio liberatorio, nessun centrocampista si assumeva il compito di tentare. Le sostituzioni sono risultate utili come un congelatore nel deserto. Secondi in un girone a cinque elementare. Ma anche le cose elementari ormai non ci riescono più. Non possiamo permetterci di saltare il secondo Mondiale di fila, una quaresima di otto anni sarebbe una disgrazia sportiva e sociale. Solo chi si sente in grado di portarci in Qatar può far parte della Nazionale del nuovo miracolo italiano e mentre lo scrivo ripenso a come ci sentivamo l’estate scorsa. Il nostro tempo lontano. Cento anni fa, il 16 novembre del ‘21, nasceva Mondino Fabbri, l’uomo della prima Corea. La seconda l’ha firmata Ventura. La terza non voglio nemmeno immaginarla.
Da gazzetta.it il 15 novembre 2021. (…) La Svizzera dilaga, l’Italia no. Adesso l’unica speranza che ci resta per andare al Mondiale sono i playoff. Certamente da teste di serie, ma lo stesso non c’è da festeggiare. La strada per il Qatar è dura. Le “non” teste di serie, a un primo sguardo, sembrano alla portata degli azzurri, però pensavamo lo fosse anche la Svezia 4 anni fa. E in ogni caso avremo un secondo turno di spareggi nel quale, per esempio, Svezia, Russia e Portogallo non sembrano clienti simpaticissimi.
LA SITUAZIONE
Piccolo riassunto. In Qatar sono previste 13 europee, poche ma tant’è: le 10 vincenti dei 10 gruppi; le 3 vincenti dei playoff tra le 10 seconde più le 2 migliori della Nations non qualificate via gruppi. La situazione oggi è questa. Partecipano agli spareggi 12 squadre. Teste di serie: Portogallo (17 punti, gare concluse), Scozia (17, sarebbero 23 ma tutte le seconde dei gironi a 6 squadre "perdono" i punti fatti con l'ultima in classifica, gare concluse), Russia (16, gare concluse), Italia (16, gare concluse), Svezia (15, gare concluse) e una tra Polonia (14, gare concluse) e Galles (14, una da giocare). L'ultima di queste due, Turchia (o Norvegia a 12, entrambe devono giocare una gara), Macedonia (12, gare concluse) e infine Finlandia (11, una gara da giocare) sono le non teste di serie, cui vanno aggiunte due nazioni provenienti dalla Nations, attualmente Austria e Rep. Ceca. Naturalmente l’ultima giornata può cambiare qualche equilibrio. Se il Galles battesse il Belgio potremmo scivolare di una posizione, ma uscire dalle teste di serie no, almeno quello non può succedere.
GROSSO RISCHIO — Mai stati playoff così complessi e difficili. Nel ’98 (vinto con la Russia) e nel 2018 (k.o. con la Svezia) abbiamo affrontato una sfida tradizionale di andata e ritorno. Qui no. Qui le 12 squadre saranno divise in tre gironcini da 4 squadre. Tre “final four”, immagine che rende meglio l’idea. In ognuna saranno inserite 2 teste di serie che non si affronteranno al primo turno. Sorteggio il 26 novembre. Solo gare “secche”. Le teste di serie giocano in casa la semifinale. Le due vincenti si affrontano in sede da sorteggiare. Esempio teorico: Italia-Finlandia in semifinale (a casa), poi “monetina” per Italia-Svezia (sempre per esempio), magari si finisce a Solna. Prospettive non entusiasmanti.
SORTEGGIO IL 26 NOVEMBRE— Non solo. Resterà tutto in bilico per quattro mesi d’inferno psicologico, tra il sorteggio del 26 novembre e le sfide previste per il 24-25 marzo (primo turno) e il 28-29 marzo (il secondo e decisivo). Mentre le qualificate Francia, Germania, Danimarca, Inghilterra (manca un soffio), Belgio, Spagna, Croazia e Serbia si allenerebbero con qualche amichevole pericolosa al massimo per il ranking Fifa. E subito dopo, il 1° aprile a Doha, Qatar, il sorteggio della fase finale fissata dal 21 novembre al 18 dicembre.
Mario Sconcerti per il “Corriere della Sera” il 13 novembre 2021. L'Italia di Mancini è tornata normale, era un suo diritto. Aver vinto l'Europeo non significava essere i migliori per i prossimi quattro anni, significava essere stati i migliori di quel torneo. Abbiamo perso da tempo la differenza iniziale. Oggi manca il ritmo, il gioco rapido di prima, gli scambi corti e continui, la sfacciataggine che diventa fortuna nei tiri e nei dribbling. Se giochi normalmente, sei un avversario normale. Non hai niente più della Svizzera. E infatti in due partite autunnali, hai pareggiato due volte. E non puoi dire di essere stato sfortunato. Semmai Garcia ha causato un rigore inutile mettendo a terra Berardi quando era già chiuso dalla fine del campo. Così adesso siamo tornati a due passi da quello che combinò Ventura quattro anni fa con la Svezia, Ventura che peraltro giusto oggi ha deciso di lasciare il calcio. Stavolta non può essere nemmeno colpa di Immobile, anzi molto rimpianto. È mancato Chiesa, anche se è stato l'unico che ha tirato; non c'è stato Insigne, era attesa l'assenza di Belotti, ma non così totale, poco ha dato Barella, normale è rimasto Jorginho che ha dato ordine contro un avversario ordinato, cioè il minimo. La Svizzera aveva sei riserve ma venivano da tanti paesi. Okafor, Vargas, sono stati attaccanti inaspettati, hanno portato un po' in giro la nostra vecchia difesa. Niente negli avversari ha fatto vedere un'inferiorità, una giustificazione per perdere. È un avversario duro contro cui dovremo ancora combattere. Noi abbiamo due gol di vantaggio nella differenza reti, loro avranno un'ultima partita migliore. Non sono dei grandi attaccanti, ma non lo siamo più nemmeno noi. È come se avessimo la stessa involuzione della Juve, manca costruzione di gioco dal basso e chi possa riempire la parte finale del gioco. La bella Italia si è persa quando è uscito Spinazzola quattro mesi fa. Senza il giocatore che permetteva due ruoli e molti schemi, siamo scoloriti in fretta. Oggi siamo come gli altri, ma ci basta ancora battere gli irlandesi per andare al Mondiale. Non può essere così difficile. Per favore, Forza!
VENTURA SI RITIRA. Da ilnapolista.it il 12 novembre 2021. «Spero che l’Italia di Mancini si qualifichi ai Mondiali e che li vinca»: proprio nel giorno di Italia – Svizzera, partita fondamentale per la qualificazione dell’Italia al prossimo Campionato del Mondo, l’ex ct Gian Piero Ventura ha annunciato ufficialmente il suo ritiro. L’ha annunciato a TMW. Ho deciso di fermarmi. Non voglio più affrontare discorsi di campo. Gli anni passano, voglio godermi la vita. Dopo trentasette anni di calcio, con tante soddisfazioni e qualche momento negativo, penso che sia un mio diritto riprendere la vita. Oggi, naturalmente, Ventura viene ricordato soprattutto per la partita con la Svezia e la mancata qualificazione dell’Italia al Mondiale di Russia del 2018. La sua però è stata una carriera lunga, con alti e bassi. Nel 2004/2005 è stato il primo allenatore del Napoli targato De Laurentiis, in C1. Venne esonerato a stagione in corso e sostituito da Edy Reja, che sarebbe rimasto alla guida dei partenopei fino al ritorno in Serie A.
L'ira di Mancini: cosa è successo negli spogliatoi subito dopo il fischio finale. Antonio Prisco il 16 Novembre 2021 su Il Giornale. Grande tensione dopo il fischio finale. La scelta chiara del commissario tecnico dopo la fine del match (disastroso). L'Italia di Roberto Mancini si è persa. Va tutto male a Windsor Park, dove scende in campo una copia sbiadita della squadra ammirata a Euro 2020, rinvigorendo la tradizione di una Belfast nefasta per i nostri colori. Il tutto mentre la Svizzera travolgeva la Bulgaria senza grossi problemi e, minuto dopo minuto, aumentava la pressione sulle spalle degli Azzurri. Serviva ben altra prestazione per scardinare la solida muraglia di Baraclough. Ma al di là della prova deludente, questo è un fallimento che affonda le sue radici negli ultimi 70 giorni più che negli ultimi 90 minuti. Dal 2 settembre e da quel mediocre pareggio contro la Bulgaria, l'Italia non c'è più. Svuotata di energie ed entusiasmo, condizionata dal calo di rendimento dei suoi uomini cardine, la Nazionale ha saputo battere solo la Lituania. Il doppio pareggio contro la Svizzera e quello fatale contro l'Irlanda del Nord hanno dilapidato una qualificazione che sembrava in cassaforte prima dell'estate e sull'onda lunga del trionfo storico di Wembley.
La ricostruzione
L'agitazione di Mancini era già molto evidente nel corso del match, quando ha cercato di spronare i suoi i tutti i modi ma non ci è riuscito: ad un certo punto è corso anche a prendere un pallone sulla linea laterale per velocizzare la ripresa del gioco ma poi ha gettato la spugna anche lui. Al fischio finale di Kovacs la tensione era altissima e la delusione evidente sulle facce di tutto il clan azzurro. Il Mancio ha salutato il ct avversario ed è andato subito negli spogliatoi, dove ha richiamato tutti i calciatori compresi Bonucci e Berardi, che si stavano preparando per le solite interviste post-partita.
Lì ha voluto parlare con la sua squadra subito, a caldo. Un faccia a faccia chiaro e diretto, senza mezzi termini per analizzare quanto accaduto. Tra i più tristi Jorginho, che non sarebbe riuscito a trattenere le lacrime perché ha sentito il peso dei rigori sbagliati in tutte e due le sfide con la Svizzera ma i compagni lo avrebbero rincuorato subito. Riguardo alla discussione con la squadra, ai microfoni della Rai, il tecnico jesino subito dopo ha detto: "Ai ragazzi ho detto che oramai non possiamo a fare nulla. Ora ci concentriamo sulla partita a marzo, ci prepareremo bene".
A marzo ci toccherà dunque rivivere l'incubo playoff Mondiali, a distanza di quattro anni dal famigerato incrocio contro la Svezia. Ma al netto di quelle che saranno le prossime avversarie, il primo e unico obiettivo di Mancini sarà ritrovare lo spirito di squadra e quella spensieratezza, che ci ha portati solo pochi mesi fa sul trono d'Europa. Sarà un'attesa lunga ed estenuante ma non bisogna distogliere gli occhi dall'obbiettivo. Perchè non partecipare ai Mondiali per la seconda volta di fila sarebbe un "disastro", neppure da prendere in considerazione.
Antonio Prisco. Appassionato di sport da sempre, tennista top ten e calciatore di alto livello soltanto nei sogni. Ho cominciato a cimentarmi con la scrittura sin dai tempi del liceo, dopo gli studi in Giurisprudenza ho ripreso a scrivere di sport a tempo pieno. Nostalgico della Brit Pop, adoro l'Inghilterra e il calcio inglese.
La "profezia" di Ventura che fa tremare l'Italia: "Sono sicuro..." Marco Gentile il 16 Novembre 2021 su Il Giornale. L'ex ct dell'Italia, che fallì la qualificazione ai mondiali in Russia nel 2018, aveva dato la sua sentenza sugli azzurri ma purtroppo non è andata come tutti speravano. Gian Piero Ventura ha appeso la giacchetta da allenatore al chiodo qualche giorno fa, proprio nel giorno della disgraziata partita tra Italia e Svizzera che ha di fatto condannato gli azzurri ai playoff. "Dopo trentasette anni di calcio con tante soddisfazioni e qualche momento negativo penso sia un mio diritto riprendere la mia vita. Gli anni passano, voglio godermi la vita. Faccio un grande in bocca al lupo a Mancini affinché possa andare ai Mondiali e vincerli", l'augurio dell'ex ct all'Italia e al suo collega, ma le cose purtroppo non sono andate bene.
Il pronostico di Ventura
A Torino si stanno giocando le Atp Finals di tennis, con i primi otto tennisti al mondo che si giocheranno tutto nell'ultimo importantissimo torneo della stagione. Ventura è stato ospite di Paolo Damilano, vice-presidente del comitato tecnico-organizzatore delle Finals e a poche ore da Irlanda del Nord-Italia si era sbilanciato: "Faccio un grande in bocca al lupo a Mancini affinché possa andare ai Mondiali e vincerli. Ai Mondiali ci andiamo di sicuro. Nessun consiglio a Mancini, posso soltanto fare un grande in bocca al lupo".
Mancini fiducioso
Il ct è convinto che l'Italia ce la farà passando attraverso i playoff e a fine partita ha commentato così lo 0-0 di Belfast che ha condannato gli azzurri. "I playoff di marzo? Sono totalmente fiducioso, andremo al Mondiale a marzo e magari lo vinceremo anche. Avremmo dovuto vincere con la Bulgaria, abbiamo avuto due rigori contro la Svizzera, partite che potevano finire a nostro vantaggio". "Ai ragazzi ho detto che oramai non possiamo a fare nulla. Ora abbiamo la partita a marzo, ci prepareremo bene. Questo è un momento così, dove facciamo fatica. Abbiamo avuto un'occasione nel primo tempo, queste sono partite da sbloccare subito per giocare più tranquilli. Peccato perché il gruppo andava chiuso prima di questa partita", il commento amaro del Mancio. "Cosa ci manca? Dobbiamo solo ritrovare quello che ci ha contraddistinto anche fino ad oggi. Il gruppo era stato tenuto in controllo, ora recuperiamo le forze. La partita con la Bulgaria è stata la prima di settembre con due partite di campionato. Rimpianto per il pari con la Bulgaria? Era la prima partita di settembre, dopo due giornate di campionato. E poi ci sono stati i due rigori sbagliati con la Svizzera...", la chiosa del ct che è sicuro di staccare il pass per Qatar 2022 anche se ai tifosi tornano in mente i fantasmi del 2017 contro la Svezia.
Marco Gentile. Sono nato l'8 maggio del 1985 a Saronno, ma sono di origine calabrese, di Corigliano Calabro, per la precisione. Nel 2011 mi sono laureato in comunicazione pubblica d'impresa presso la Statale di Milano. Ho redatto un elaborato finale sulla figura di José Mourinho, naturalmente in ambito della comunicazione. Sono appassionato di sport in generale ed in particolare di tennis e calcio. Amo la musica, leggere e viaggiare. Mi ritengo una persona genuina e non amo la falsità. Sono sposato con Graziana e ho una bambina favolosa di 2 anni e mezzo. Collaboro con ilgiornale.it dall'aprile del 2016.
"Mamma...". Gli inglesi ci prendono a schiaffi. Antonio Prisco il 16 Novembre 2021 su Il Giornale. La disfatta della squadra di Mancini, costretta ai playoff per conquistare i prossimi Mondiali, ha trovato ampio risalto sui tabloid inglesi. La vendetta è servita, adesso i giornali inglesi godono: il pareggio in Irlanda del Nord dell'Italia e la contemporanea vittoria della Svizzera costringerà gli Azzurri a disputare i playoff per l'accesso ai Mondiali in Qatar, la prossima primavera. La disfatta della squadra di Roberto Mancini ha trovato grande spazio sulla stampa d'Oltremanica. Dopo tutto c'era da aspettarselo, questa rivalità si è accesa moltissimo negli ultimi mesi. Da Euro 2020 alle Olimpiadi di Tokyo fino al sorpasso nel ranking Fifa, in questi mesi gli inglesi hanno dovuto ingoiare tanti bocconi amari. In un modo o nell'altro e con atroci rimpianti avevano sempre visto i nostri colori passargli davanti. Proprio per questo oggi si respira un'aria di soddisfazione sfogliando i principali quotidiani inglesi. Il motivo però non è il roboante 10-0 degli uomini di Southgate contro il malcapitato San Marino bensì il fallimento azzurro. Dopo "la gufata" riservata ai nostri subito dopo il match contro la Svizzera, il tabloid Daily Mail ha titolato "Disastro Italia" e ha commentato così il pareggio azzurro per 0-0 a Belfast: "Quattro anni dopo aver sofferto il crepacuore nei play-off per mano della Svezia – e quattro mesi dopo aver battuto l'Inghilterra nella finale di Euro 2020 – gli italiani hanno ceduto il primo posto nel Gruppo C alla Svizzera, che si è qualificata con una vittoria in casa contro la Bulgaria". Il giornale diretto da Geordie Greig ha aperto così il resoconto sul match del Windsor Park: "L'Italia dovrà raggiungere il Qatar a sue spese dopo che i campioni d'Europa sono stati ancora una volta condannati alla lotteria degli spareggi per i Mondiali in una notte difficile a Belfast". Sulla stessa lunghezza d'onda anche un altro noto tabloid d'Oltremanica come il The Sun, che prendendo in prestito la canzone dei Maneskin, ha aperto con un ironico "Mamma mia". Il secondo quotidiano in lingua inglese più venduto al mondo ha raccontato così la brutta serata degli Azzurri in "L'Italia affronterà uno spareggio da incubo per la Coppa del Mondo per non essere riuscita a qualificarsi automaticamente per il Qatar 2022. A quattro anni dal momento più buio, per gli Azzurri potrebbe succedere di nuovo. […] Sembravano essere rinati sotto la guida di Roberto Mancini, che a luglio aveva portato gli Azzurri a vincere Euro 2020, ma potrebbero mancare ancora una volta il massimo torneo di calcio". Insomma un piccolo giorno di gloria dopo l'impareggiabile delusione di Wembley.
Antonio Prisco. Appassionato di sport da sempre, tennista top ten e calciatore di alto livello soltanto nei sogni. Ho cominciato a cimentarmi con la scrittura sin dai tempi del liceo, dopo gli studi in Giurisprudenza ho ripreso a scrivere di sport a tempo pieno. Nostalgico della Brit Pop, adoro l'Inghilterra e il calcio inglese. Amo i film di Lars von Trier e i libri di Stephen King. Sogno nel cassetto girare il mondo per seguire eventi sportivi. Collaboro con ilGiornale.it dal maggio 2018.
Da corrieredellosport.it il 16 novembre 2021. "Mamma mia!". Inizia così il lungo resoconto di Irlanda del Nord-Italia che campeggia sull'home page del tabloid britannico "The Sun". Sembra che gli inglesi non abbiano ancora dimenticato la finale dell'Europeo a Wembley, il "It's coming Rome" e la pastasciutta di Bonucci. Forse aspettavano solo il momento buono per "vendicarsi" e il pareggio per 0-0 di Belfast - con il conseguente approdo degli azzurri ai playoff del Mondiale - gliene ha dato di certo l'occasione.
Gli inglesi sfottono l'Italia: l'ironia sulla stampa e sul web
"L'Italia affronterà uno spareggio da incubo per il Mondiale - scrive il Sun - per non essere riuscita a qualificarsi automaticamente a Qatar 2022. A quattro anni dal loro momento più buio, per gli azzurri potrebbe succedere di nuovo". Nei commenti, gli utenti si scatenano. "Italiani re d'Europa? - si legge - Se non fosse stato per Southgate non avrebbero nemmeno vinto l'Europeo. Sono solo dei sopravvalutati". O ancora: "Football's coming Rome??? Hahaha".
Italia nel caos, Mancini richiama Bonucci e un giocatore in lacrime: dopo il flop, voci drammatiche dallo spogliatoio. Libero Quotidiano il 16 novembre 2021. L’Italia di Roberto Mancini l’ha combinata grossa. Lasciare la testa del girone e quindi la qualificazione al mondiale alla Svizzera è stato un delitto, messo a punto negli ultimi tre mesi con una serie di partite autolesionistiche: il pareggio contro la scarsissima Bulgaria (travolta 3-0 senza problemi dagli elvetici), il doppio pari con la Svizzera a fronte di altrettanti rigori sbagliati da Jorginho, l’opaco 0-0 in Irlanda del Nord, dove gli azzurri hanno avuto molte più occasioni di perdere che di vincere. Ci siamo fatti del male da soli, perdendo un girone che sembravamo avere già in tasca e condannandoci all’inferno dei playoff. Tralasciando il precedente nefasto con la Svezia, stavolta può essere addirittura peggio per come è cambiato il format: gli azzurri dovranno giocare, nella migliore delle ipotesi, semifinale e finale, con quest’ultima che potrebbe essere con un’altra testa di serie del calibro del Portogallo. Insomma, a seconda di quello che sarà il verdetto dell’urna tra dieci giorni, a marzo l’Italia potrebbe essere chiamata a giocare due partite durissime da dentro o fuori. Per fortuna c’è tanto tempo per recuperare consapevolezza, uomini chiave e fiducia, ma intanto al termine del match con l’Irlanda del Nord tutto il gruppo è stato travolto dalla sensazione di fallimento. Stando a quanto riportato dal Giornale, subito dopo il fischio finale Mancini ha richiamato tutti i calciatori, compresi Bonucci e Berardi che si stavano preparando per le interviste post-partita, e ha avuto un confronto diretto. Pare che Jorginho sia addirittura scoppiato in lacrime, sentendo il peso dei due rigori falliti che avrebbero portato l’Italia al mondiale, ma i compagni lo avrebbero subito rincuorato. Adesso non resta che resettare tutto e farsi trovare pronti a marzo: otto anni di fila senza mondiale sono un’eventualità che non si vuole neanche considerare…
Un mese di emozioni. Le dieci cose che ricorderemo di Euro 2020. Antonio Lamorte su Il Riformista il 12 Luglio 2021. È tutto da ricordare, e da incorniciare, soprattutto per l’Italia e per gli italiani, questo Euro 2020 con il trabocchetto già nel nome. Doveva giocarsi l’anno scorso: è stato rinviato di un anno, per la pandemia da coronavirus, ma senza un nuovo battesimo. È stato un mese di emozioni forti, partite itineranti e Paesi coinvolti, ritorni allo stadio emozionanti dopo le fasi più dure dell’emergenza covid-19, sorprese clamorose, voli imprevedibili ed ascese velocissime e anche qualche fallimento niente male. 24 nazionali, sei gironi. L’Italia ha vinto il suo secondo Campionato Europeo 53 anni dopo il primo (1968): è l’intervallo di tempo più lungo tra due titoli nella storia della competizione. In questo torneo sono stati segnati 142 gol – più di qualsiasi altra fase finale EURO – con una media di 2,78 gol a partita (anche questo un record). Miglior giocatore Gigio Donnarumma, 22 anni. L’Italia sul tetto d’Europa dopo il fallimento dei Mondiali in Russia del 2018 mancati. Poteva essere un torneo di transizione, di crescita, e invece è stato un successo straordinario. Come tutta un’edizione da ricordare per lo spettacolo in campo e tutto quello che è successo dentro, intorno, fuori, a margine, tangenzialmente alla competizione.
Il format. Euro 2020 si è giocato nel 2021, e tutti sappiamo perché. E si è giocato in 11 città distinte. Quella inaugurale all’Olimpico di Roma, quella finale a Wembley a Londra. Un format speciale in occasione del 60esimo anniversario dalla nascita del torneo. Oltre a diventare un problema per le Selezioni che hanno dovuto viaggiare tra una partita e l’altra, il format non ha convinto neanche l’Organizzazione Mondiale della Sanità. “Dovrei divertirmi a guardare il contagio avvenire davanti ai miei occhi? La pandemia covid19 non si prende una pausa stasera. La variante Delta approfitterà di persone non vaccinate, in ambienti affollati, senza mascherine, che urlano/gridano/cantano. Devastante”, ha postato sui social Maria van Kerkhove, responsabile tecnico dell’Oms. Il presidente dell’UEFA Aleksander Ceferin ha già bocciato senza appello il format.
Gli autogol. Mai così tanti autogol in un’edizione degli Europei: 11 in tutto. La prima rete della competizione è stata un autogol, di Merih Demiral, Turchia, contro l’Italia, allo Stadio Olimpico. L’ultima è stata quella di Simon Kjaer in semifinale, Danimarca-Inghilterra. Nelle 15 edizioni precedenti il bilancio totale raggiungeva complessivamente appena nove autogol in tutto. Una strage.
Eriksen. Copenaghen. Alle 18:42 dello scorso 12 giugno, seconda giornata degli Europei di calcio, esordio per la Danimarca, il mondo si ferma e prega per Christian Eriksen. Il numero 10 della Danimarca e centrocampista dell’Inter crolla privo di sensi in campo, colpito da un arresto cardiaco, nella partita contro la Finlandia. L’atleta viene soccorso. Il capitano danese Kjaer è il primo a intervenire. Mentre i sanitari utilizzano anche un defibrillatore i compagni di squadra fanno un muro intorno al calciatore per proteggerlo dalle telecamere. Pochi minuti dopo l’atleta viene trasportato fuori dal campo e arrivano anche le prime notizie confortanti. Eriksen è stato operato e gli è stato impiantato un Icd. Ancora incerto il futuro della sua carriera ma a un mese dal malore sta bene.
Black Lives Matter. In ginocchio o no? Il dilemma della Nazionale italiana non è stato solo della Nazionale italiana. Si è scatenato comunque un vero e proprio dibattito intorno al gesto, nato nel 2016 nel football americano contro le violenze della polizia statunitense sugli afroamericani. È diventato un simbolo del movimento Black Lives Matter e più in generale della lotta al razzismo. Anche il calcio ha adottato il cosiddetto “kneeling”. La Premier League per esempio. Tutto il dibattito è stato strumentalizzato a fini politici, con quelli italiani che hanno dato il meglio anche a questo giro, tirando in ballo il famigerato “pensierounico”. E quindi: “Non è inginocchiandosi che si risolve il problema del razzismo”. Ma dai?
Schick. Pronti e via, e alla prima partita utile, Repubblica Ceca-Scozia, Patrick Schick ha segnato un goal da centrocampo contro i padroni di casa a Glasgow. Una parabola straordinaria da 45,5 metri. Hanno fatto il giro del mondo le immagini del capolavoro tecnico e del portiere scozzese Marshall che è finito rovinosamente impigliato nella stessa rete. Che pena. Quello dell’attaccante ex Roma, che ha chiuso con 5 marcature, capocannoniere alla pari di Cristiano Ronaldo, è uno dei goal tra i più belli non di questo Europeo ma della storia degli Europei.
Paracadute. Voleva protestare contro le stragi ambientali e climatiche e ha rischiato di combinare lui una strage. Un attivista di Greenpace ha provato a planare con un paracadute sul terreno di gioco dell’Allianz Arena a Monaco di Baviera. È successo poco dopo il fischio d’inizio di Francia-Germania. L’attivista si è impigliato nella Spider Cam, ha perso il controllo del paracadute e con l’elica posizionata sulla schiena ha ferito alcune persone. Arrestato.
Goal! Due esultanze su tutte in questo mese di goal. Delirio puro firmato Fiola che dopo aver segnato il goal del vantaggio dell’Ungheria contro la Francia, si è diretto a bordo campo e con una manata aggressiva ha buttato all’aria diversi oggetti dalla scrivania sulla quale stava lavorando una giornalista. Il tutto in una Puskas Arena stracolma all’inverosimile e in estasi per un risultato storico, inimmaginabile. È stata invece un’apoteosi in differita quella della Svizzera: il portiere Sommer ha parato il rigore di Kylian Mbappé regalando il momento più alto nella storia calcistica elvetica e la qualificazione ai quarti di finale ai suoi. La sua esultanza è stata però posticipata di qualche secondo, con tutto lo staff svizzero già in campo che si è fermato anche lui prima di abbracciare il portiere. Sommer si voleva assicurare che tutto fosse regolare. Non ci poteva credere.
Luis Enrique. Luis Enrique ha allenato una Spagna tormentata dai giornalisti per i risultati e per il gioco e per le occasioni e per le formazioni per un mese intero. È uscito in semifinale giocando una partita stratosferica, che ha fatto vedere un futuro possibile per una Nazionale asfissiata dai fasti degli ultimi anni – una generazione di fenomeni e due Europei e un Mondiale tra il 2008 e il 2012. Luis Enrique ha accettato la sconfitta, ai rigori, fatto i complimenti all’Italia e confidato: “Sono stanco di vedere bambini che piangono, non so perché lo fanno. Bisogna iniziare a gestire una sconfitta, congratularti con il tuo avversario e insegnare ai più piccoli che non bisogna piangere. Devi alzarti e fare i complimenti a chi ti ha battuto”. L’allenatore asturiano è riuscito a ripartire dopo la morte della figlia, a soli nove anni, per un tumore alle ossa. E ha dato un futuro alla Spagna.
Wembley. Un pestaggio furioso che era stato raccontato in Italia come il pestaggio di alcuni tifosi italiani per mano di tifosi inglesi, in occasione della finale della competizione. In realtà, è stato chiarito, il video diventato virale mostra supporter paganti che provano a respingere altri che avevano forzato gli ingressi per entrare allo stadio per Italia-Inghilterra. La polizia non ha parlato di violenze tra le due tifoserie ne lo hanno fatto i giornali inglesi. Perché, com’è stato chiarito, non si è trattato di questo.
Italian job. L’Italia di Roberto Mancini non è stata solo un capolavoro ma è stata anche un’idea chic, trendy, catchy, a tratti anche freak, un po’ trash pure, ma insomma sempre e in qualche maniera fashionable. Dallo show in prima tv su Rai1 con Amadeus prima della competizione alle canzoni neomelodiche napoletane, dalla forza bruta del Capitano Chiellini al “tiraggir” di Lorenzo Insigne, dalla classe di Roberto Mancini all’eleganza di Alberico Evani, dal laconico Daniele De Rossi all’emozionante Gianluca Vialli, dalle Notti Magiche dei gironi all’Olimpico di Roma fino all’esultanza del Capo dello Stato Mattarella a Wembley. Royal Italia.
Antonio Lamorte. Giornalista professionista. Ha frequentato studiato e si è laureato in lingue. Ha frequentato la Scuola di Giornalismo di Napoli del Suor Orsola Benincasa. Ha collaborato con l’agenzia di stampa AdnKronos. Ha scritto di sport, cultura, spettacoli.
Luca Valdiserri per corriere.it il 13 luglio 2021. Promossi e bocciati .I premi ufficiali li conoscono tutti: Europeo all’Italia, Donnarumma Mvp del torneo, Bonucci della finalissima, Cristiano Ronaldo capocannoniere per un’astrusa regola che oltre ai gol considera anche gli assist (uno) come se il calcio fosse l’hockey su ghiaccio. Di seguito undici promossi e undici bocciati, in ordine alfabetico, di un mese di pallone davvero senza confini. Anche troppo.
Austria PROMOSSA
Alla fine, insieme alla Spagna che ha però una cifra tecnica enormemente superiore, è stata l’avversaria che ci ha fatto più soffrire. La Var che ha pescato il fuorigioco millimetrico di Arnautovic è stata salvifica per gli azzurri quasi come Donnarumma. Si dice che la prima partita a eliminazione diretta sia quella che ti fa capire quale sarà il tuo destino. Così è stato, con Chiesa che ha iniziato lì a essere l’uomo in più.
Bizzotto (Stefano) e Rimedio (Alberto) PROMOSSI
Il calcio è uno sport di squadra anche tra i telecronisti: si vince e si perde insieme. Così un’entrata da dietro, vigliacca e impunita, ha tolto dalla finale la voce Rai di Alberto Rimedio, confinato in camera da una positività Covid, lui che era vaccinato («E per questo i sintomi sono lievissimi», grande spot). Dalla panchina si è alzato Stefano Bizzotto e, come dicono gli allenatori, non ha fatto rimpiangere il titolare. Gli Spinazzola/Emerson del microfono azzurro.
Florenzi (Alessandro) PROMOSSO
Partito titolare, presto infortunato, in campo di nuovo negli ultimi minuti dei supplementari di Wembley e pronto a tirare il sesto rigore che Donnarumma gli ha evitato ipnotizzando Saka. Sue le parole più bella nella festa finale: «Abbiamo un esempio che ci dimostra ogni giorno come si deve vivere e comportare: è Gianluca Vialli, per noi è speciale». Si incomincia a vincere sempre fuori dal campo.
Henderson (Jordan) PROMOSSO
Non si è capitani del Liverpool a caso, non si eredita la fascia di Steven Gerrard senza avere una tempra morale superiore. Nell’Inghilterra che si è sfilata la medaglia d’argento in un gesto altamente antisportivo, che purtroppo è diventato di moda e che in passato ha visto protagonisti anche calciatori italiani, lui l’ha tenuta al collo. Lui sì che non ha perso.
Kjaer (Simon) PROMOSSO
Il gesto più importante dell’Europeo è stato il suo. Ha capito immediatamente la gravità della situazione di Christian Eriksen, colpito da un attacco cardiaco, e si è trasformato nel George Clooney della prima serie di ER. Appena l’amico era tra le mani dei medici, si è occupato di sua moglie, piombata disperata sul campo di Copenaghen. Uomo con la U maiuscola.
Lewandowski (Robert) PROMOSSO
Piazza di San Pantaleo, Costa Smeralda, un pizzico di maestrale. Bambini che giocano a pallone, poi arriva uno stangone che si mette a palleggiare. Ma quello è Lewandowski! La sera è lui che organizza una partita per tutti sul sagrato della chiesa. Non sarà la finale di Wembley, ma è un grande spot per il calcio di tutti.
Luis Enrique (Martinez Garcia) PROMOSSO
Adesso hanno scoperto tutti quale immenso tesoro sia dentro il cuore di questo asturiano fiero. Chi lo ha frequentato un po’ a Roma, anni fa, lo sapeva benissimo anche quando era minoranza della minoranza. Le sue parole nel dopopartita di Italia-Spagna andrebbero fatte studiare in tutte le scuole. Non le scuole calcio. Le scuole scuole.
Pandev (Goran) PROMOSSO
Tutti bravi a fare gol con la Germania, l’Inghilterra, la Francia o l’Italia. Provateci voi, invece, con la Macedonia del Nord. A 37 anni compiuti. Unico dettaglio fuori posto, la pettinatura (eufemismo) che ai vecchi cuori nerazzurri ricorda quella di Scanziani, centrocampista «scarsicrinito», come diceva il maestro Gianni Brera. Ma in un mondo prigioniero del look ci sta bene anche una chierica.
Rossi (Marco) PROMOSSO
Il signor Rossi è riuscito nell’impresa di rendere quasi simpatica l’Ungheria, una specie di manganello calcistico nelle mani di Viktor Orban. Dentro il girone della morte – con Francia, Germania e Portogallo – sembrava una squadra materasso e invece è arrivata a 10 minuti dalla qualificazione, stoppata solo dal tedesco Goretzka. Panchina d’oro, insieme a Roberto Mancini.
Schick (Patrik) PROMOSSO
Cinque gol, compreso quello più bello di tutto il torneo, segnato da centrocampo contro la Scozia. Il miglior centravanti dell’Europeo ha 25 anni, l’età in cui gli attaccanti cominciano a entrare nella maturità. La Roma e il calcio italiano non l’hanno aspettato, grave peccato di frettolosità. Ma lui non se l’è presa e, dopo la finale, si è congratulato con agli azzurri. Alla prossima…
Tifosi (del Galles) PROMOSSI
Non amano l’Inghilterra, proprio come gli scozzesi che alla vigilia della finale avevano dedicato a Roberto Mancini una prima pagina di giornale nei panni di William Wallace/Braveheart. Con grande ironia, su Twitter, i tifosi gallesi hanno cambiato il loro nickname per un giorno, italianizzandolo: Matt Hughes è diventato Matteo Hucini, Cory Nicholas si è trasformato in Coryano De Rossi Nicholasano e George Andrews in Giorgio Andrea. Gol!
Arbitri BOCCIATI
Dal rigore «alla Klaus Dibiasi» concesso dall’olandese Makkelie nella semifinale Inghilterra-Danimarca alla mancata espulsione da parte di Orsato del danese Danielson, che aveva quasi staccato una gamba a un avversario ma era stato punito solo con un giallo (rosso dopo la Var). Non è stato un Europeo facile per i fischietti, anche se Kuipers in finale è stato convincente.
Belgio BOCCIATO
Eterni piazzati, mai vincenti. Forse sarà il caso che il ranking Uefa, che continua a vederli al primo posto, sia corretto con bonus speciali per chi vince le grandi manifestazioni. Forse l’unico vero campione dei Diavoli Rossi è quel De Bruyne che è arrivato all’Europeo tenuto insieme con lo spago.
Calendario BOCCIATO
Non si uccidono così anche i cavalli? Stagione interminabile, troppe partite, la final four di Nations League già alle porte (Italia-Spagna il 6 ottobre e Belgio-Francia il 7), poi il Mondiale in Qatar anticipato al 21 novembre 2022 per via delle temperature proibitive d’estate. Quantità non vuol dire per forza qualità.
De Boer (Frank) BOCCIATO
Gran giocatore, non allenatore. L’Olanda che esce negli ottavi contro la Repubblica Ceca è una delle grandi delusioni dell’Europeo, tanto più che era capitata nella parte del tabellone più facile. Si rinfaccia all’Inghilterra di non vincere nulla da 55 anni, ma anche gli Oranje, se continuano così, sono sulla buona strada.
Johnson (Boris) BOCCIATO
Pensava di aver costruito un Europeo su misura per la sua Inghilterra, sperando magari di avere qualche vantaggio dall’aver stoppato la Superlega targata Real-Juve-Barça. E invece non sono bastate 6 partite su 7 giocate a Wembley. Football is (not) coming home.
Mbappé (Kylian) BOCCIATO
Il futuro del calcio passa probabilmente dai suoi piedi ma in questa stagione è riuscito a perdere lo scudetto francese contro il Lilla e l’ottavo di finale all’Europeo contro la Svizzera, sbagliando proprio lui l’ultimo rigore. Ripassare, please.
Muller (Thomas) BOCCIATO
Il simbolo della Germania legata al passato, che si è rinnovata troppo poco anche se ha tra le sue fila una stella come Kai Havertz. Il gol divorato contro l’Inghilterra poteva cambiare completamente il corso dell’Europeo. Quasi quasi lo rimettiamo tra i promossi.
Platini (Michel) BOCCIATO
Sua l’idea dell’Europeo itinerante. Un fallimento. Di sicuro non poteva immaginare la pandemia ma fare un calcolo sulle distanze da percorrere non era difficile. Così c’è stato chi ha fatto la pallina da ping pong (Svizzera, Galles) e chi ha quasi sempre giocato in casa. Esperimento da non ripetere.
Sinner (Jannik) BOCCIATO
Cosa c’entra il tennis? Non si dice no all’Olimpiade mai, tanto meno quando la Nazionale di calcio vince l’Europeo, quella di basket elimina la superfavorita Serbia e vola a Tokyo e Berrettini va fino in finale a Wimbledon dando lezioni di stile e di attaccamento alla bandiera.
Tifosi (dell’Ungheria) BOCCIATI
Tre partite a porte chiuse sono la giusta punizione per chi porta dentro lo stadio cori omofobi e razzisti, trasformando una partita in tribuna elettorale. Peccato. La storia dell’Ungheria del 1954, una delle squadre più forti di tutti i tempi, meritava tifosi migliori.
Turchia BOCCIATA
Zero punti, un gol fatto e otto subiti. In rapporto ai calciatori a disposizione, una delusione totale. Lontani i tempi dell’Imperatore Fatih Terim e del suo Galatasaray.
Michele Serra per “La Repubblica” il 13 luglio 2021. La retorica a tonnellate, a vagonate, a cargo, rende greve ciò che dovrebbe essere alato: la vittoria. Non c'è rimedio né salvezza, non c'è scampo se non nel profondo della foresta e con lo smartphone scarico. E i tronfi festeggiamenti che gli inglesi avevano in animo di fare, con un giorno di bagordi di Stato (manco Elisabetta fosse Franceschiello) la dice lunga su quanto il vizio sia sovranazionale. Non siamo soli al mondo, noi italiani, quando si tratta di sventolare bandiere fino a slogarsi i polsi e fare cori che incrinano le tonsille. Bisogna comunque non dargliela vinta, alla retorica, e tenere il punto, dunque tenerci lo sport. Vincere è bellissimo e lo sport è bellissimo. È epica allo stato puro, gesto che non ha bisogno di parlarci sopra, solo di essere descritto, raccontato nel suo farsi. È difficile. Non per niente i grandi giornalisti e telecronisti sportivi, da sempre, sono fuoriclasse, e i cattivi giornalisti e telecronisti sportivi non si reggono proprio. Se ci ricordiamo tutti di "un uomo solo è al comando, il suo nome è Fausto Coppi", è perché è una frase epica, secca, semplice, ingigantita dalla purezza della radio. L'alluvione di parole inutili di queste ore scomparirà, nel tempo, come vapore. Resteranno i gol, le parate, il gioco.
La Vittoria dell’Europeo. Paese in festa. Italia sul tetto d’Europa, Donnarumma para l’Inghilterra: secondo titolo dopo 53 anni. Redazione su Il Riformista il 12 Luglio 2021. Godiamo! Dopo 53 anni l’Italia torna sul tetto d’Europa battendo l’Inghilterra a Wembley per 5-4 dopo i calci di rigore, al termine di una partita epica. Decisivo uno strepitoso Gigio Donnarumma, il miglior portiere del Mondo (ora si può dire), che para due calci di rigore nella lotteria finale e ‘ripara’ gli errori di Belotti e Jorginho. Una serata indimenticabile, che premia un percorso straordinario intrapreso dagli Azzurri sotto la guida di Roberto Mancini. Solo tre anni dopo la delusione dell’esclusione dal Mondiale di Russia, l’Italia festeggia la conquista del suo secondo titolo europeo dopo quello del 1968 e lo fa con pieno merito. Grande partita giocata dagli Azzurri, bravi a non scoraggiarsi dopo l’iniziale vantaggio di Shaw e a trovare il pareggio con Bonucci dopo quasi un’ora di dominio assoluto. Come preventivabile, il centrocampo italiano ha fatto valere la sua maggior qualità con Jorginho e Verratti che hanno nascosto il pallone agli inglesi. Il tutto nonostante la serata opaca di Barella. L’Inghilterra dopo l’avvio bruciante si è accontentata di difendere il vantaggio, rinculando progressivamente davanti all’area di rigore di Pickford. Non a caso la parata più complicata Donnarumma l’ha fatta nei supplementari, mentre il portiere inglese è stato decisivo in almeno un paio di circostanze su Insigne e Chiesa. Poi nella lotteria dal dischetto è ancora il numero 1 azzurro a diventare l’eroe della serata. L’Inghilterra mastica amaro, non è bastato giocare dinanzi ai quasi 60mila indiavolati tifosi di Wembley per conquistare un titolo importante che manca ormai dal 1966. Stesso identico undici con cui l’Italia è scesa in campo contro la Spagna in semifinale. Questa la scelta del ct Mancini per la finale. Pertanto Donnarumma in porta; difesa con Di Lorenzo, Bonucci, Chiellini ed Emerson Palmieri; centrocampo con Barella, Jorginho e Verratti; attacco con Chiesa, Immobile e Insigne. Cambia eccome, invece, il ct inglese Southgate che deve fare a meno dell’acciaccato Foden e decide quindi di schierare una sorta di 3-4-2-1 con Pickford in porta; Walker, Stones e Maguire in una linea di difesa a tre; Trippier e Shaw sulle fasce con Phillips e Rice in mediana; sulla trequarti Sterling e Mount alle spalle del bomber Kane. Prima dell’inizio, fischi all’Inno italiano mentre le due squadre si sono inginocchiate a metà campo in sostegno del movimento Black Lives Matter. Si gioca sotto una fitta e fastidiosa pioggerellina. Inizio shock per gli Azzurri, sotto di un gol dopo appena 2′: l’Inghilterra passa grazie ad un sinistro vincente di Shaw su assist dalla destra di Trippier. Difesa azzurra spiazzata nell’occasione. Wembley esplode. La prima replica dell’Italia con una punizione dal limite di Insigne, con palla di poco alta. Gli Azzurri però soffrono le incursioni di Trippier a destra, ogni volta che arriva sul fondo sono dolori. La bolgia infernale di Wembley non aiuta, i ragazzi di Mancini appaiono frastornati di fronte agli assalti inglesi. Dopo oltre venti minuti di sofferenza, finalmente gli Azzurri provano a farsi vedere dalle parti di Pickford con la velocità di Insigne e Chiesa. Immobile però appare troppo solo in area e per i giganti Maguire e Stones controllarlo è un gioco da ragazzi. Al 34′ prima vera occasione per l’Italia, con Chiesa che di sinistro calcia do poco fuori dopo una bella azione insistita dalla trequarti. Gli Azzurri prendono coraggio e iniziano ad assediare l’area di rigore inglese, nel giro di pochi secondi ci provano Immobile e Verratti ma la difesa inglese si salva. Prima dell’intervallo Bonucci tenta la conclusione dalla distanza, ma la palla è alta. In avvio di ripresa subito un brivido in area azzurra, con Sterling che si inserisce ma viene fermato da un intervento in collaborazione tra di Bonucci e Chiellini. Al 50′ Insigne si procura una punizione dal limite da ottima posizione, ma il suo destro a giro purtroppo non è preciso. Dopo meno do un’ora di gioco, Mancini toglie l’ammonito Barella e inserisce Cristante. Ma soprattutto esce Immobile per Berardi, con Insigne e l’attaccante del Sassuolo che si alternano da centravanti e Chiesa spostato a sinistra. Una mossa che mette subito in difficoltà l’Inghilterra, tanto che proprio Insigne impegna Pickford da posizione ravvicinata ma molto defilata. Ben più complicata per il portiere inglese la parata poco dopo su un destro velenoso di Chiesa. Adesso l’Italia attacca con insistenza anche se la difesa inglese resta sempre molto compatta. Proprio uno dei due centrali, Stones, impegna poi Donnarumma con un colpo di testa su calcio d’angolo. La superiorità azzurra di questa fase viene giustamente premiata al 67′ dal gol dell’1-1 firmato da Bonucci in mischia su calcio d’angolo dopo un palo di Verratti. L’Italia c’è, Wembley è zittito. In tribuna esulta anche Mattarella. L’Inghilterra inizia a tremare, Southgate allora manda in campo Saka per Trippier nella speranza di riallungare una squadra ormai costantemente asserragliata in difesa. A venti dalla fine Azzurri vicinissimi al raddoppio con Berardi che al volo calcia alto solo davanti a Pickford.Ma non era facile. Assorbito il contraccolpo del pareggio azzurro, Wembley prova di nuovo a spingere gli inglesi ma è sempre l’Italia a comandare con Insigne e Chiesa che fanno ammattire la difesa avversaria. Proprio nel momento migliore, l’attaccante della Juve si fa male e deve lasciare il campo a Bernardeschi che si va a piazzare in posizione da centravanti. Nel finale da segnalare soltanto l’invasione di campo da parte di un tifoso inglese, braccato in campo a fatica dagli steward. Si va ai supplementari. All’inizio dei supplementari Mancini toglie uno stanco Insigne e manda in campo Belotti. Il ct cambia ancora, con Bernardeschi che ora si sposta all’ala sinistra. Fuori anche Verratti, dentro Locatelli. Intanto si rivede l’Inghilterra, prima con una incursione di Sterling fermata in angolo e poi con un destro dal limite di Phillips di poco fuori. Un cambio anche nelle file inglesi, dentro Grealish per Mount. C’è poi un brivido nell’area inglese, con Pickford che anticipa Bernardeschi al momento di deviare in porta un cross di Emerson da sinistra. Il biondo attaccante della Juve ci riprova nel secondo supplementare su punizione, para Pickford. Sul fronte opposto brivido in area azzurra con Donnarumma che in uscita acrobatica anticipa Stones pronto a un colpo di testa vincente. Dopo oltre un’ora di sofferenza, l’Inghilterra spinta dal pubblico di casa torna a spingersi in avanti con maggior determinazione per evitare la lotteria dei rigori. Gli Azzurri iniziano ad accusare un po’ di stanchezza, ma lottano e anzi alla fine sfiorano anche il colpaccio con una deviazione di testa di Cristante su calcio d’angolo che non trova nessuno sul secondo palo per la deviazione in rete. La squadra campione d’Europa la si decide ai calci di rigore e come nel 2006 ai Mondiali di Berlino a trionfare sono gli Azzurri grazie alle parate di superman Donnarumma. Football Coming Rome. (Lapresse)
Da video.repubblica.it il 13 luglio 2021. Ecco il video della riunione tecnica in cui il il ct della Nazionale, Roberto Mancini, ha annunciato ai giocatori la formazione titolare della finale dell'Europeo, poi vinta ai rigori dall'Italia sull'Inghilterra. L'allenatore mostra ancora una volta una delle sue qualità vincenti, ossia la capacità di stemperare la tensione e di cercare leggerezza e divertimento anche in momenti così importanti, come aveva già fatto prima dei rigori con la Spagna, in semifinale, quando si era incluso nella lista dei tiratori con Vialli e gli altri ex sampdoriani del suo staff. Questa volta, tra i nomignoli e i soprannomi dei calciatori, include tra gli undici titolari "Spina", ossia Spinazzola, in realtà infortunato e con le stampelle. Ride, poi cancella il suo nome e lo sostituisce con quello di Emerson. Infine, concluso l'elenco, dice: "Sapete quello che siete e quello che dovete fare. Se siamo qua non è un caso. Siamo noi i padroni del nostro destino, non gli avversari".
Euro 2020, Roberto Mancini e il discorso prima della finale: "Spina...". Il gelo e poi il delirio: Inghilterra distrutta così. Libero Quotidiano il 13 luglio 2021. L'arte di preparare una finale. Alla lavagna, è il caso di dirlo, il professor Roberto Mancini. Siamo nella pancia di Wembley, a pochi minuti dalla finalissima di Euro 2020 contro l'Inghilterra, padrona di casa e grande favorita per la vittoria. Tutto lo stadio, tranne uno spicchio azzurro, è bianco e intona "it's coming home", duchi William e Kate Middleton e principino George in testa. Il clima è quello di una grande festa con un unico agnello sacrificale: l'Italia. La stampa britannica sta bombardando da giorni, i Tre Leoni sembrano in grado di portare a casa il primo titolo europeo della loro storia, dopo il grande smacco del 1996. Alla vigilia si temono i favori arbitrali, con l'olandese Kuipers al passo d'addio, dopo le spintarelle in semifinale contro la Danimarca a favore degli inglesi. Il pericolo per gli azzurri è duplice: da un lato adagiarsi sugli allori, dopo le imprese nei quarti contro il Belgio e in semifinale con la Spagna. A loro nessuno poteva oggettivamente chiedere di più, dopo un torneo giocato da prima della classe. Il secondo pericolo è quello dell'alibi perfetto: alla prima folata di vento contrario, la tentazione di arrendersi a un destino ineluttabile. A noi gli applausi, a loro la coppa. Bravi, complimenti, sarà per la prossima volta. Invece no. Il ct Mancini da un lato sdrammatizza e scherza, dall'altro responsabilizza i nostri. Il suo discorso motivazionale durante la riunione tecnica è finito nella docu-serie Sogno Azzurro - La strada per Wembley che andrà in onda giovedì 15 luglio prossimo alle 20.30 su Rai1. L'estratto, un minuto scarso, è emozionante. Prima il Mancio disegna sulla lavagnetta i nomi degli undici titolari. "Gigio, DiLo, Leo, Giorgio, Spina...". Momenti di silenzio, ha detto veramente Spinazzola, infortunatosi gravemente contro il Belgio. Poi l'allenatore guarda i suoi giocati e ride sornione - Emerson. Jorgio, Marco, Bare, Ciro, Lorenzo e Federico". Quindi poche parole, un messaggio che entra nei giocatori e immaginiamo non esca più fino ai rigori. E che soprattutto sarà rimbalzato nelle loro teste dopo i primi deludenti e difficili 45 minuti. "Allora, io non ho niente da dire. Voi sapete quello che siete, e non siamo qua per caso. Siamo noi i padroni del nostro destino, non l'arbitro, non gli avversari, nessuno. Voi sapete quello che dovete fare". Alla fine, l'hanno fatto. E alla grande.
Così ci siamo presi la Coppa: i 3 colpi Azzurri. Marco Gentile il 12 Luglio 2021 su Il Giornale. Dall'autorete di Italia-Turchia all'esordio, passando per il gol annullato all'Austria negli ottavi fino ad arrivare alla mentalità: ecco come gli azzurri hanno vinto Euro 2020. 34 risultati utili consecutivi per l'Italia di Roberto Mancini che ha colto la bellezza di sette vittorie ad Euro 2020 e si è presa così la coppa che mancava dal lontano 1968 quando a trionfare fu la nazionale di Ferruccio Valcareggi. 3-0 contro la Turchia all'esordio, 3-0 alla Svizzera, 1-0 al Galles, 2-1 all'Austria agli ottavi di finale, 2-1 contro il Belgio nei quarti di finale, più due pareggi per 1-1 nei 120 minuti contro Spagna in semifinale e Inghilterra in finale, sfide poi però vinte ai calci di rigore in entrambe le circostanze: è questo il ruolino di marcia della strepitosa nazionale del Mancio che ha vinto con merito, dimostrandosi squadra e mostrando soprattutto un grande gioco. I 3 momenti chiave:
1) La partita contro la Turchia, il "lontano" 11 giugno ha segnato l'inizio di Euro 2020 per l'Italia che dopo un primo tempo discreto è riuscita a sbloccarla solo con un'autorete siglata da Merih Demiral nel secondo tempo al minuto 53 e questo può essere considerato il primo momento chiave all'Europeo per gli azzurri che da quel momento in poi hanno inserito il pilota automatico vincendo a mani basse il girone avendo la meglio per 3-0 sulla Svizzera e 1-0 sul Galles.
2) Il secondo momento chiave è stato sicuramente il gol annullato a Marko Arnautovic in Italia-Austria (forse "peggior" match giocato dagli azzurri in tutta la manifestazione per la bravura degli avversari a barricarsi in difesa tentando di ripartire in contrpiede). Senza il Var, forse, si parlerebbe di una possibile eliminazione già agli ottavi di finale ma in realtà da quel momento l'Europeo dell'Italia è svoltato con i gol di Chiesa e Pessina a qualificare gli azzurri ai quarti di finale.
3) Il terzo momento chiave si racchiude in quattro parole: Grande con le grandi. Belgio-Spagna e Inghilterra: più che un Europeo potrebbe essere il ruolino di marcia in un mondiale con magari l'aggiunta di una sudamericana tra Brasile e Argentina. L'Italia ha avuto il grande merito di non adattarsi mai al gioco degli avversari e questo è stato significativo e ha permesso agli azzurri di trionfare. Se contro il Belgio la vittoria è stata netta e meritata, contro la Spagna il gioco ha un po' latitato ma non il cuore e l'essere squadra che hanno permesso di portare la contesa fino ai rigori. In finale, dopo un primo tempo da incubo, ecco l'orgoglio azzurro che esce alla distanza per merito della mentalità inculcata da Mancini e dal suo staff ai calciatori. Chapeau.
Il "pagellone" Azzurro. E ci sono le sorprese... Marco Gentile il 12 Luglio 2021 su Il Giornale. Roberto Mancini è il vero artefici del "miracolo" azzurro. Donnarumma-Chiellini-Bonucci-Jorginho imprescindibili: ecco i voti dell'Italia campione d'Europa. L'Italia ha vinto Euro 2020 e tutti e 26 i protagonisti hanno dato il loro contributo. Scopriamo insieme i voti assegnati agli azzurri da ilgiornale.it:
Gianluigi Donnarumma, voto 10: premiato come miglior portiere della manifestazione gioca una finale da veterano, para due rigori e consegna così la coppa all'Italia. Non solo l'atto finale, ovviamente, ma in tutto l'Europeo ha dimostrato sicurezza, classe ed esperienza nonostante i soli 22 anni e tutto il caos mediatico per il suo burrascoso addio al Milan. Saracinesca.
Giovanni Di Lorenzo 6,5: il voto è una giusta media tra il primo tempo (brutto) della finale e tutto il suo Europeo partito in sordina e terminato alla grande avendo conquistato la fiducia di Mancini anche per il forfait di Florenzi Applicazione e voglia di emergere. Motorino.
Leonardo Bonucci, voto 10: un punto in più per il gol segnato durante i 90' di gioco e per il rigore realizzato freddamente. L'esperto centrale della Juventus è tornato ad essere impenetrabile in coppia con il compagno di reparto Chiellini. Carisma e leadership indiscutibili: tra i migliori dell'intero torneo. Leader
Giorgio Chiellini, voto 9,5: il capitano è tornato ad essere un muro invalicabile e questo nonostante la carta d'identità dica quasi 37 anni il prossimo 14 agosto. L'infortunio subito a inizio Europeo l'ha caricato ancora di più e il voto è un giusto premio a quanto fatto in questo torneo. Muro
Leonardo Spinazzola, voto 9: il voto è così basso ma solo perché non ha potuto giocare semifinale e finale. L'esterno della Roma è stato sicuramente la grande sorpresa azzurra e il suo grave infortunio non gli ha però tolto il sorriso a testimonianza di come questo sia un grande gruppo. Speedy Gonzales
Nicolò Barella 7,5: è stato per mesi il motore dell'Inter ed è così arrivato un po' stanco ad Euro 2020. Contro l'Austria e proprio in finale le sue partite meno brillanti ma nel girone e contro Belgio (con tanto di gol sblocca partita) e Spagna ha fatto vedere di che pasta è fatto. Presente e futuro
Jorginho 9,5: è lui il cervello del centrocampo di Roberto Mancini. Giocatore imprescindibile per carisma, qualità, quantità e geometrie. Mezzo punto in meno per il rigore fallito nel momento decisivo (da uno bravo come lui ci si aspettava il gol ma va bene così). Cervello
Marco Verratti 8: Mancini l'ha convocato lo stesso seppur infortunato e questo è indicativo di quanto sia importante per il ct. Assist al bacio per Barella contro il Belgio, bella prestazione contro la Spagna e grande partita anche in finale dove mette lo zampino nel gol del pareggio di Bonucci (con un colpo di testa). Fantasia
Federico Chiesa 8,5: non è partito da titolare in questo Europeo ma ha saputo aspettare la sua chance e puntualmente ce l'ha fatta con la sua grande caparbietà a prendersi il posto in squadra. Vero e proprio spaccapartite in grado di far cambiare marcia alla nostra nazionale. Presente e futuro di questo gruppo. Crack
Ciro Immobile 6,5: due gol all'attivo e tanto tanto lavoro sporco in favore dei compagni di squadra. Viene criticato ma il ct gli ha sempre fatto sentire al fiducia e così i compagni di squadra. Potrà raccontare di aver vinto un Europeo da titolare e da protagonista. Utile
Lorenzo Insigne 7: la sua classe e fantasia spesso non sono efficaci alla manovra ma quando si è accesso ha fatto la differenza. Il suo gol con tiro a giro è il marchio di fabbrica di un giocatore importante per gli equilibri della nostra nazionale. Scugnizzo.
Roberto Mancini 10 e lode: 34 risultati utili consecutivi sono davvero qualcosa di incredibile e forse impareggiabile nel breve periodo da qualsiasi ct. E' sicuramente lui il grande artefice di questo successo e tutta l'Italia gli deve dire una sola parola: GRAZIE
Rosa importante
Non solo i titolari, dato anche gli altri hanno dato il loro grande contributo alla vittoria finale:
Domenico Berardi, Matteo Pessina e Manuel Locatelli, voto 7: importantissimi con la loro qualità e i loro gol nei momenti chiave: Fondamentali
Emerson Palmieri 6,5: non ha fatto rimpiangere Spinazzola né in semifinale contro la Spagna né in finale contro l'Inghilterra. Umiltà e abnegazione al servizio della squadra. Ordinato
Federico Bernardeschi e Francesco Acerbi, voto 6,5: il primo si traveste da tuttofare della nazionale, il secondo non fa rimpiangere Chiellini. Due garanzie
Alessandro Florenzi, voto 6 di incoraggiamento: al Psg è stato spesso uno dei migliori e solo un infortunio ne ha rallentato il rendimento ad Euro 2020. Di Lorenzo non lo fa rimpiangere ma lui vuole sicuramente dire ancora la sua in nazionale. Duttile
Andrea Belotti, Alessandro Bastoni, Rafael Toloi e Bryan Cristante 6: hanno giocato poco ma hanno dimostrato di essere utili alla causa. Menzione particolare per il difensore dell'Inter: è solo un classe 1999 e il futuro è suo. L'unione fa la forza
Salvatore Sirigu e Alex Meret senza voto: con davanti uno dei migliori portieri del mondo è dura trovare minutaggio mase il primo ha già 34 anni, il secondo ne ha soli 24. Porte girevoli
Gaetano Castrovilli, Gianluca Raspadori, senza voto: il primo è stato chiamato a sorpresa per l'infortunio di Pellegrini, il secondo come jolly alla "Paolo Rossi". Non hanno praticamente giocato ma sono campioni d'Europa. Tanta roba.
Marco Gentile. Sono nato l'8 maggio del 1985 a Saronno, ma sono di origine calabrese, di Corigliano Calabro, per la precisione. Nel 2011 mi sono laureato in comunicazione pubblica d'impresa presso la Statale di Milano. Ho redatto un elaborato finale sulla figura di José Mourinho, naturalmente in ambito della comunicazione. Sono appassionato di sport in generale ed in particolare di tennis e calcio. Amo la musica, leggere e viaggiare. Mi ritengo una persona genuina e non amo la falsità. Sono sposato con Graziana e ho una bambina favolosa di 2 anni e mezzo. Collaboro con ilgiornale.it dall'aprile del 2016.
Euro 2020, l'Italia è campione! La coppa torna a Roma, lezione di calcio (e di rigore) all'Inghilterra. Libero Quotidiano l'11 luglio 2021. L'Italia di rigore è campione d'Europa. It's coming Rome, cari inglesi. Gli azzurri danno una lezione di calcio davanti ai 70mila di Wembley, rimontando lo svantaggio maturato dopo soli due minuti. Dopo l'1-1 dei tempi regolamentari, rimasto invariato anche nei 30' aggiuntivi, Gigio Donnarumma ha letteralmente messo le mani su Euro 2020. L'Inghilterra ha preso un palo al terzo tentativo con Rashford, poi Gigio ha fatto il resto prendendo le conclusioni di Sancho e Saka. Al termine del match Roberto Mancini si è lasciato travolgere giustamente dall'emozione e non ha trattenuto le lacrime: questo successo non sarebbe stato possibile senza di lui. Indimenticabile l'abbraccio finale con Gianluca Vialli.
LA PARTITA
Il fischio di inizio è una doccia fredda per l’Italia, che dopo 2 minuti si ritrova sotto 1-0. Gli azzurri sbagliano la pressione al centro e lasciano una prateria sul cambio di gioco a sinistra per Trippier, che ha tutto il tempo per crossare sul secondo palo, dove Shaw impatta benissimo di sinistro e manda il pallone in rete. Wembley esplode subito di gioia, l’Italia accusa il colpo. Ma col passare dei minuti gli azzurri prendono le misure in campo e iniziano a farsi vedere dalle parti di Pickford. In particolare con un’azione personale di Chiesa, che col sinistro prova a piazzarla ma esce di poco a lato. È però nel secondo tempo che l’Italia fa il vero salto di qualità, con i cambi effettuati al 55’ da Roberto Mancini: dentro Cristante e Berardi, fuori Barella (ammonito e fuori giri) e Immobile. È così che inizia il dominio azzurro, che nasconde il pallone agli inglesi senza dar loro punti di riferimento in attacco. Chiesa è imprendibile, Insigne e Berardi salgono di tono e l’Italia al 67’ trova meritatamente il pari: lo fa con Bonucci, lesto a ribadire in rete un pallone spedito sul palo da Verratti di testa. L’Inghilterra è frastornata, continua a rimanere schiacciata a ridosso dell’area di rigore ma l’Italia all’80’ perde Chiesa per infortunio. Nonostante i 6’ di recupero, il punteggio rimane invariato: si va ai tempi supplementari. Lo spartito della partita non cambia nei primi 15' aggiuntivi, poi però gli azzurri iniziano ad accusare il grande sforzo profuso e si abbassano. Spinta dal pubblico di Wembley, l'Inghilterra ritrova coraggio e inizia ad attaccare soprattutto con Grealish, che ha dalla sua freschezza e qualità tecnica. L'Italia però riprende campo e negli ultimi 8' torna in possesso della palla, senza però riuscire a essere pericolosa.
Euro 2020, il dietro le quinte dell'esultanza di Sergio Mattarella: ciò che non si era visto, senza precedenti. Libero Quotidiano il 12 luglio 2021. Nel giorno del trionfo azzurro, nel giorno della vittoria dell'Italia di Roberto Mancini a Wembley contro l'Inghilterra, nel giorno del tripudio, nel giorno di Gigio Donnarumma e Leonardo Bonucci (e di tutti gli altri, ma proprio tutti), c'è molto spazio anche per Sergio Mattarella. Già, il presidente della Repubblica che era in tribuna per la finalissima. Forse mai così amato. La sua esultanza, infatti, è diventata subito virale. Un sussulto di gioia: non si alza, alza appena le braccia, poi unisce le mani. Una reazione che ricorda da vicino quella di Sandro Pertini nel 1982. Nessun applauso ma, come nota Dagospia, "sorride in modo sardonico quasi a dire tiè, beccatevi questa". Alla fine della parita le foto con il tricolore in mano e quella frase ai giocatori: "Sono orgoglioso di voi". Oggi, la Nazionale, è attesa al Quirinale per le 17. Ma di video dell'esultanza di Mattarella ce n'è anche un altro, quello che potete vedere qui. Un "dietro le quinte" della sua esultanza. Ecco il presidente della Repubblica ripreso da dietro. E in questo caso sì che si alza, abbraccia, batte le mani. E poi quello sguardo, gli occhi sgranati e un sorrisone beffardo. Insomma, l'altro lato dell'esultanza di Mattarella. Quello ancor più genuino, italiano. E bellissimo.
DA tuttomercatoweb.com il 16 luglio 2021. Dalle colonne del Corriere della Sera in edicola stamani emerge un curioso retroscena legato al trionfo dell'Italia a Wembley. Sugli spalti, accanto a Mattarella, sedeva Zbigniw Boniek, oggi vicepresidente della UEFA. Mattarella - racconta il quotidiano - ha chiesto all'ex stella di Juve e Roma un pronostico quando la partita volgeva al brutto. "Era un po’ preoccupato - ha raccontato lo stesso Boniek -, sembrava quasi che volesse essere rassicurato. L’Italia era in svantaggio, si è voltato verso di me: signor Boniek, come finisce? Gli ho risposto: tranquillo Presidente, segniamo l’uno a uno e poi non succede più niente, andiamo ai rigori". E dopo i rigori? Ha domandato un paio di minuti più tardi il Capo dello Stato: "A quel punto mi sono buttato: non sono certo che vinciamo, ma di sicuro Donnarumma ne para due. È andata proprio così, perché un tiro degli inglesi è finito contro il palo", ha concluso Boniek, che si è detto favorevolmente sorpreso della profonda conoscenza del calcio di Mattarella.
Euro 2020, il Sergio Mattarella che non ti aspetti: "E poi così è stato", la profezia prima dei rigori. Libero Quotidiano il 12 luglio 2021. Composto ma orgoglioso, eccolo il presidente della Repubblica Sergio Mattarella sugli spalti dello stadio di Wembley per la finalissima degli Europei. Con la cravatta azzurra come la nostra Nazionale e la mascherina blu, alza le braccia, unisce le mani senza alzarsi in piedi (come invece aveva fatto Sandro Pertini), sorride e sobriamente, dice (rigorosamente non urla) "Gol". La sua esultanza sta facendo impazzire i social. "Il presidente Mattarella prima dei rigori é stato fantastico perché ha detto: 'Siamo nella mani, no nelle manone di Donnarumma'. E poi così è stato", ha raccontato Evelina Christillin, Consigliera Uefa, ad Agorà Estate su Rai Tre, che era seduta vicino al capo dello Stato e che ha riferito le sue parole prima dei rigori. "Grande riconoscenza a Roberto Mancini e ai nostri giocatori, hanno ben rappresentato l’Italia e hanno reso onore allo sport", ha detto subito dopo la fine della partita il presidente della Repubblica che ha poi festeggiato sull'aereo presidenziale la vittoria dell'Italia ai campionati europei di calcio. "Torniamo vincitori", le parole rivolte dal Capo dello Stato all'equipaggio che lo ha applaudito. "Ha portato fortuna", le parole dei comandanti del volo a cui Mattarella ha risposto: "Tutti quanti insieme abbiamo avuto fortuna, è stata una bella vittoria". Oggi pomeriggio 12 luglio cu sarà il ricevimento al Quirinale, con gli azzurri invitati dal Capo dello Stato insieme a Berrettini.
Mario Ajello per "il Messaggero" il 12 luglio 2021. L'applauso liberatorio di Mattarella: «Abbiamo vinto». Senza enfasi, senza sceneggiate. Da Italia forte della propria forza e non servono gesti troppo retorici ed esultanze eccessivamente folk per sottolineare una squadra che c' è, eccome, e un Paese che è degno della squadra che è degna di questa Italia. Ed evviva. Ha portato fortuna la cravatta del presidente, azzurra come la maglia dei nostri. E la sua mascherina blu, come i calzoncini della squadra del Mancio. E' in tribuna d' onore Mattarella a Wembley, dove ci sono Berrettini e Djokovic, Boris Johnson con William e Kate, Tom Cruise e Beckham e Kate Moss, e nella postura, nel suo sguardo, nella maniera in cui sta sull' attenti mentre canta (sussurrandolo) l'Inno di Mameli a inizio partita il presidente della Repubblica esprime la compostezza e la forza non gridata fatta persona. Uno stile empatico, nel sorriso. Un approccio popolare e non popolaresco come quello di Pertini al Bernabeu («Non ci prendono più...», gridava sbracatamente il partigiano Sandro) nel momento in cui gioisce per il gol di Bonucci. Alza le braccia appena un po', poi unisce le mani senza neppure alzarsi in piedi (come Pertini) e senza fare l'applauso e sorride alla sua maniera, timida e quasi impercettibile, dicendo appena e senza urlare: «Gol». Tutto qui. Ed è un bello spettacolo. Alla fine del quale il presidente si fa fotografare con in mano il tricolore e manda ai giocatori tutta la sua ammirazione: «Orgoglioso di voi». «Una grande vittoria, figlia di un grande gioco», questo il suo commento a caldo. E ancora: «L' Italia è una nazione campione». Ma non c' è neanche un filo di retorica nelle parole del presidente. Convinto che il capolavoro azzurro parla da sé. Nel fuoco di Londra l'hanno sentito sussurrare: «Avanti azzurri». Ed è stato l'incarnazione di un Paese rispettabile e rispettato, della serietà che produce risultati. E' seduto affianco a Gravina, palpita ma non si sbraccia il Capo dello Stato perché non ne è capace. Risponde con un gesto della mano ai pochi tifosi italiani presenti che vorrebbero abbracciarlo e gli gridano: «Grazie Sergio». Una short form per trasmettergli l'orgoglio di italiani all' estero, fieri per tutto il terreno recuperato dall' Italia in questa fase - e il merito non è solo di Draghi lo schiacciasassi ma lo è anche e non da oggi del Colle - come Paese che ha ancora tanti problemi da risolvere ma si è messo in pista e ha ritrovato la fiducia in se stesso anche molto al di là del fatto sportivo. Basti vedere le previsioni del Pil in crescita di oltre il 5 per cento. E' partito per Londra nel pomeriggio Mattarella, insieme al capo dell'ufficio di segreteria Simone Guerrini, è stato accolto dall' ambasciatore italiano in aeroporto e poi è direttamente andato in auto a Wembley. Sale in tribuna (dove tra il primo e secondo tempo fa i complimenti a Berrettini e gli dice: «Ci vediamo al Quirinale» e dove Fabio Capello autore di uno storico gol a Wembley nel 73 gli dice: «Grazie presidente di essere qui») e comincia il match. Ogni tanto sembra mordersi il labbro o toccarsi la fede al dito quando gli inglesi vanno all' arrembaggio. L'Italia in campo gli somiglia nella tenacia, non sbracata, con cui conduce la sua partita. Osservare Mattarella palpitante in tribuna è uno spettacolo nello spettacolo. Che racconta di un Paese coriaceo e che non si risparmia tra pressing e ripartenze. Lo stesso a cui proprio Mattarella ha dato il suo timbro in questi anni: pochi grilli per la testa, e massima concentrazione nel connettere tutte le sue parti, nel tessere la tela collettiva, nel sentirsi squadra. Abbiamo definito Mattarella, alla vigilia della finale, l'uomo in più a Wembley: e lo è stato nella maniera in cui proteggeva con gli occhi i giocatori senza il bisogno di incitarli troppo. Perché si fidava di loro. Così come il presidente si fida in generale degli italiani, e perciò non è mai invasivo, didattico, retorico. L' opposto di Pertini. Non s'è imbarcato nell' aereo del ritorno in Italia con gli azzurri Mattarella, non ha giocato nessuno scopone scientifico con Mancini come il «presidente partigiano» fece nell' 82 con Bearzot. Rispetto dei ruoli e nessuna demagogia, ecco lo stile Sergio. E se Napolitano, dopo il trionfo azzurro ai Mondiali del 2006, scese negli spogliatoi per festeggiare e brindare con i campioni, Mattarella invece non lo ha fatto: se non altro per rispetto delle norme anti-Covid, che lui e tutto il Quirinale adottano in maniera assoluta, e tutto avrebbe sconsigliato il mescolarsi in un assembramento con i giocatori in una fase di attenzione sanitaria ancora così forte. Anche il ricevimento di oggi pomeriggio (diretta su Rai1) al Quirinale, con gli azzurri invitati dal Capo dello Stato insieme a Berrettini si svolgerà nei giardini proprio in ossequio alle norme sanitarie. Mattarella ha twittato: «Grande riconoscenza per Mancini e per tutti gli azzurri. Hanno ben rappresentato l'Italia e reso onore allo sport».
Mattarella fatto il Mattarella a Wembley e in hoc signo vinces.
Euro 2020, "cosa ha detto Boris Johnson a Mattarella sugli spalti": Inghilterra ko, ora si capisce tutto. Libero Quotidiano il 12 luglio 2021. A sentire le parole pronunciate da Boris Johnson prima del primo tempo degli Europei di domenica 11 luglio, verrebbe da dire che l'ha tirata alla.sua squadra, l'Inghilterra. Stando a quanto riportato dal Corriere della Sera, il premier inglese ha salutato sportivamente Sergio Mattarella. Proprio al presidente della Repubblica, rappresentante dell'Italia a Wembley, ha detto: "Forza Italia!". Un augurio che si è rivelato fatale. A strappare la vittoria, seppur sudata, sono stati gli Azzurri di Roberto Mancini. Nonostante tutto Johnson ha comunque accettato la sconfitta complimentandosi con la squadra inglese: "Avete giocato come eroi", ha poi twittato all'indirizzo dei calciatori inglesi: una squadra che "ha reso la nazione orgogliosa e merita un grande riconoscimento". D'altronde BoJo non è mai stato un grande tifoso, ammettendo di non capire nulla di calcio, non essendosi mai interessato. Però gli Europei sono gli Europei, soprattutto dopo la Brexit. E così, nella speranza di dimostrare la potenza inglese, Johnson in semifinale si era perfino presentato in tribuna indossando una maglietta dell'Inghilterra, cosa che ha fatto anche ieri sera. Ma evidentemente non è bastato: dopo il primissimo gol a favore dell'Inghilterra, ecco che l'Italia si è rimboccata le maniche portandosi a casa la rivincita e una bella coppa.
Giorgio Rutelli per formiche.net il 13 luglio 2021. Ieri sera Evelina Christillin, membro UEFA del Consiglio FIFA, era a Wembley, immortalata in uno scatto con il Presidente Mattarella, Matteo Berrettini e la sottosegretaria allo sport Valentina Vezzali. L’abbiamo contattata per farci raccontare cosa è successo su quella tribuna, una goccia italiana in un mare (di birra) inglese. Non male come foto ricordo di una serata storica. Berrettini è arrivato al secondo tempo e ha portato bene: l’Italia ha iniziato a giocare meglio ed è arrivato il gol di Bonucci. Fino a quel momento, la serata era stata…complicata.
Ci racconti quei momenti.
Una partenza da brividi, sia per il gol dell’Inghilterra al secondo minuto, per la pioggia fredda e per l’intero stadio che tifava contro di noi. I mille italiani sorteggiati dalla Federazione per assistere alla partita, al loro arrivo, si sono pure ritrovati i posti occupati dagli inglesi, e sono stati sparpagliati in mezzo a ultras ostili. Un clima decisamente sfavorevole, condito dalla sicurezza dei padroni di casa di avere la coppa in tasca. It’s coming home, forse qualcuno avrebbe dovuto insegnare loro l’arte secolare della scaramanzia.
Dopo un’interminabile prima parte sotto schiaffo, la Nazionale si scioglie, gli avversari si incartano, e anche voi in tribuna avete cambiato faccia.
Intorno a noi c’erano Tom Cruise, Djokovic e Beckham, ma quando durante gli intervalli Gravina e Brunelli (presidente e direttore della Figc, ndr) andavano negli spogliatoi, Valentina Vezzali e io facevamo le “guardie d’onore” al presidente Mattarella. Sono stati momenti incredibili: il gol del pareggio, i supplementari, i rigori, la tensione e l’entusiasmo alle stelle. Quando Jorginho stava per tirare dal dischetto eravamo tranquilli, memori della sua freddezza con la Spagna. Invece i giochi si sono riaperti. Per fortuna san Donnarumma ci ha messo le manone. Mattarella era davvero contento, anche se il politico british sembrava lui e non certo Johnson che…beh, faceva Boris.
L’immagine dello stadio stracolmo di tifosi senza mascherina era un po’ straniante vista dalla tv italiana. Certo, non possiamo criticare troppo visti i caroselli nelle nostre piazze.
Ma una cosa è il rischio di contagio “spontaneo” (e difficilmente controllabile) dei festeggiamenti, un’altra è istituzionalizzarlo riempiendo Wembley fino all’ultimo posto. Quello l’ho trovato eccessivo, visto che noi membri Uefa avevamo l’obbligo di non lasciare l’hotel e di fare due tamponi al giorno. Se fossi uscita in strada per andare in un posto diverso dallo stadio, mi avrebbero fatto 10mila sterline di multa. Il tutto mentre in giro c’era il delirio.
Ma l’Uefa non ha insistito per avere gli stadi pieni?
Certo che no! Si è diffusa un’idea distorta: noi avevamo chiesto un minimo di presenza sugli spalti, intorno al 20-25%, che infatti è stato rispettato all’Olimpico di Roma e in altri stadi. Sono stati poi i singoli Paesi a decidere la capienza massima. Solo gli inglesi hanno scelto il “liberi tutti”, con grande scorno della Germania.
In ogni caso è stato un successo per l’Uefa, soprattutto a poche settimane dalla crisi scatenata dalla SuperLega.
Sì, se penso poi che l’ultima riunione del comitato esecutivo – prima di quella che si è svolta ieri a Londra – è stata quella di Montreux, in cui eravamo nel pieno della tempesta SuperLega, non mi sembra vero di essere qui oggi a festeggiare. Certo, a livello organizzativo è stato un bel rompicapo, Boniek mi ha raccontato delle difficoltà della nazionale polacca che ha dovuto fare due volte avanti e indietro tra Lisbona e San Pietroburgo. O gli svizzeri in due occasioni a Baku. Gli inglesi sono stati fortunati, ma anche all’Italia è andata bene con le prime partite in casa e poi le trasferte a Monaco e Londra. Tutto sorteggiato, sia chiaro, ma credo che Ceferin non intenda ripetere questa formula.
La Nazionale è appena stata ricevuta al Quirinale e a Palazzo Chigi da Mario Draghi. Mancini, Vialli, Evani hanno costruito una squadra di ragazzi che sembrano pazzi l’uno dell’altro.
Chissà se la mancanza di calciatori-star non sia il segreto del loro successo. Forse l’unico “mitico” è Donnarumma, ma il portiere non è quasi mai prima donna, anzi è spesso una figura che unisce lo spogliatoio.
Quindi la rosa è già confermata per i Mondiali del Qatar, che iniziano a novembre 2022?
In tre anni da quella maledetta eliminazione con la Svezia, Mancini ha fatto un miracolo, e il nucleo principale non cambierà. Spero che Giorgio Chiellini (37 anni tra un mese, ndr) sia nella stessa forma di queste settimane. Non era sicuro il suo ruolo da titolare e ieri si è fatto 120 minuti senza battere ciglio. Con Bonucci sono due colonne della difesa, e non lo dico solo da juventina: credo che rivedremo anche dei giovani che hanno giocato in Nazionale prima degli Europei e poi sono stati tagliati per rispettare il limite dei convocati. Altre sorprese verranno da Raspadori e Pessina, che abbiamo visto poco in questo torneo ma che hanno grande potenziale. Ora serve solo che Mancini trovi un centravanti della nouvelle vague da portare in Qatar. Chiesa è stato eccezionale, ma non è il suo ruolo.
Prima del Qatar ci sono le Olimpiadi di Tokyo, che iniziano il 23 luglio. Lei che organizzò quelle invernali di Torino nel 2006, come vede i Giochi al tempo del Covid?
Purtroppo non sarà una festa come questi Europei. Organizzare un’Olimpiade è un’impresa titanica, soffro per i miei colleghi giapponesi che l’anno scorso hanno visto saltare l’evento a tre mesi dal via e quest’anno, a una manciata di giorni, scoprono che non ci potrà essere il pubblico ad assistere alle gare. Non mi sarei augurata uno “scenario inglese” con gli spalti gremiti, ma almeno una capienza ridotta. Immaginare la finale dei 100 metri senza pubblico mi mette un po’ di tristezza. Non sarà facile. Gli unici che se ne accorgeranno meno saranno i nuotatori, sott’acqua il pubblico non si sente.
Evelina Christillin per "la Stampa" il 13 luglio 2021. (...) Il vero british, per aplomb, stile e compostezza, è un italiano: Sergio Mattarella. Vederlo, così sereno, e pensare che potremmo anche farcela è un tutt' uno col recedere dei corvi che tornano, se non proprio farfalle, almeno passerotti. Il Presidente non si scompone neanche dopo che la Perfida Albione ci infilza con un gol maledetto dopo appena due minuti, e ci scatena contro una pioggia battente che nemmeno Turner avrebbe potuto dipingere più britannica di così. «E' ancora lunga» Ed ha ragione, perché poi l'Italia rinasce, e raggiunge il pareggio con Bonucci dopo un flipper di palloni davanti alla porta di Pickford E il mondo gira. O almeno, il gioco gira. Certo, Presidente, «è ancora lunga», così sorride, e continua a sorridere composto. Arriva anche l'eroe di Wimbledon, Matteo Berrettini, a sostenere l'Italia, ed è l'incontro che sintetizza il meglio di questo nostro amatissimo Paese: un Padre nobile, un Figlio coraggioso. Bello, bellissimo, tremendo: arriviamo ai rigori nella bolgia più assoluta, coi sessantamila inglesi che, chissà, forse iniziano a capire che non avevano già vinto la partita prima di giocarla. Qualcuno non se la sente di guardarli, troppa tensione; Sergio e Matteo invece si, ed è in quella sequenza fatale che si rivela tutta la bellezza di questo straordinario spettacolo che è il gioco del calcio. «Siamo nelle mani di... nelle manone di Donnarumma», e mai predizione fu più giusta, Presidente. (...)
Euro 2021: campioni. Ragù di capra di Gianfrancesco Turano su L'Espresso il 12 luglio 2021. Roberto Mancini piange abbracciato all'amico di una vita, Gianluca Vialli. Spinazzola saltella con le stampelle per andare, primo dei ventisei azzurri, a prendersi la medaglia alla premiazione. Chiesa telefona a casa Chiesa dove c'è un altro ex nazionale, suo padre. Matteo Berrettini, fresco di onorevole sconfitta a Wimbledon, razzola su un'erba più ospitale. Sergio Mattarella si pertinizza con senso della misura sotto un cappottone da inverno in Kamčatka. I calciatori inglesi si tolgono dal collo la medaglia del perdente appena dopo averla ricevuta, con uno scatto d'ira. I tifosi inglesi invece sono già corsi a casa per non guardare Wembley colorata ma non di bianco. La galleria fotografica della vittoria italiana nell'Europeo è bella, è pulita ed è meritata. La lode maggiore tocca a Mancini, caso abbastanza raro. Vincere con questi uomini dopo quindici anni dall'ultimo mondiale e 53 dall'ultimo Europeo non era né facile né scontato. L'avversario della finale, il peggiore possibile, era l'Inghilterra trionfatrice autodesignata sotto lo slogan “football is coming home”.
Is it? La casa del calcio è il mondo e i 60 mila fischiatori di Londra non sono bastati a fermare gli azzurri, vincitori secondo tradizione con il gruppo, con la squadra, con quella coesione che sappiamo trovare soltanto nel calcio o nei momenti immediatamente successivi alle catastrofi. Non ci sono molti fuoriclasse in questa Italia. C'è però un'idea di gioco che sa di non potere essere monotono in attesa che il campione o il centravanti cinico e baro tolgano le castagne dal fuoco. Perciò Mancini merita 10 e lode, oltre al posto d'onore nella galleria dei più grandi commissari tecnici della nazionale italiana. E forse non sarà l'unica né l'ultima soddisfazione che si toglierà.
La partita. Si inizia con la cerimonia di chiusura del torneo. Ballerini e ballerine, tutti con maschera, e solito sottofondo di musica pacchiana pseudo-Händel. Sugli spalti, né Händel né mascherine. Prima del calcio di inizio arriva Eder con la coppa coperta di nastri angloitaliani. Eder, per chi non lo avesse riconosciuto, cioè quasi tutti, è l'autore dell'unico gol nella finale vinta dal Portogallo nel 2016. Era entrato dalla panchina ed è rimasto a quel momento di gloria. Oggi gioca nel Lokomotiv Mosca. Sic transit. Le formazioni vedono l'Italia in formazione tipo. L'Inghilterra invece sacrifica Saka per mettere Trippier, sistemato sulla sua fascia destra. La scelta di Gareth Southgate premia i bianchi perché dopo gli sportivissimi ululati contro l'inno di Mameli e un angolo regalato da “Capasuna” Maguire al primo minuto, è subito 1-0 per i padroni di casa con un'azione che parte proprio dal piede dell'inglese colchonero. A segnare su cross di Trippier è il multitasking Shaw. Collaborano con lui un Di Lorenzo assenteista e Donnarumma che copre male il primo palo. Il portierone avrà modo di riscattarsi. Il terzino destro azzurro invece passa un'ora in balia degli eventi prima di dare segnali di risveglio. Lo stesso fa a sinistra Emerson che chiuderà in crescendo. Nonostante la rete a freddo l'Italia produce gioco e pericoli sotto porta. Ma la scossa vera è verso il 55' quando escono Immobile, sconosciuto al battaglione da quattro partite, e Barella, schiacciato dall'emozione.
Il gol arriva con Bonucci, dopo una mischia in area con fallo da rigore su Chiellini. Gli inglesi sbandano, hanno visibilmente paura. Ma l'Italia non riesce a piazzare il colpo del ko e sembra accontentarsi di tenere a lungo il controllo del gioco. I due centrali azzurri sovrastano Kane e obbligano Sterling a esibirsi in ciò che gli riesce meglio. Per fortuna il telecronista Rai è Bizzotto che, oltre al calcio, segue anche i tuffi. Abbastanza misurata anche Katia Serra, salvo un paio di escursioni nel misticismo come quando evoca le “transizioni negative” dei nostri avversari. L'arbitro olandese Kuipers, al passo d'addio, ammonisce a senso unico ma si limita a porcheriole di piccolo cabotaggio, com'era previsto. Si fa male Chiesa, purtroppo, e senza l'attaccante più pericoloso i bianchi riprendono campo. Ma alla fine dei 120 minuti il loro saldo rimane quel tiro in porta di Shaw, 118 minuti prima. Poco per vincere il primo Europeo, soprattutto perché ai rigori viene fuori l'ingombrante personalità di “mani di pietra” Donnarumma che oscura la porta a tre inglesi su cinque (un palo esterno più due parate). L'Uefa lo premia come miglior giocatore del torneo, il che dà un'idea sbagliata e di comodo di quanto hanno mostrato in campo gli azzurri. Ma se all'estero regge lo stereotipo dell'italiano pizza, mandolino e catenaccio, per stasera va bene anche a noi. In Italia si festeggia. In Scozia pure.
Le pagelle. Jorginho vale 9,5 ossia soltanto mezzo voto in meno rispetto al ct. Salvo che contro la Spagna ha giocato un torneo di assoluto dominio. Donnarumma è nel gruppo che merita 9. Con lui sicuramente Chiellini e Chiesa.
A quota 8,5 ci sono lo sfortunato Spinazzola e Bonucci. Prendono 7,5 Verratti e Barella a centrocampo, bravi nonostante qualche discontinuità. Lo stesso voto vale per Insigne, capace di cantare e portare la croce. Nel lotto del 7 vanno Locatelli e Pessina, a confermare che la mediana è stata la vera carta vincente della nazionale. Molti sono qui dall'inizio, nel lontano 2010. Sanno anche che nei tornei raccontati mancava una vittoria dell'Italia. Abbiamo aspettato un bel po'. Ne è valsa la pena. Anche la selezione caprina è stata all'altezza. Grazie a tutti, ragazzi, ragazze, amiche, amici, avatar e doppelgänger. Godiamoci questa vittoria.
Guido De Carolis per il “Corriere della Sera” il 13 luglio 2021. Il primo pensiero è andato a Leonardo Spinazzola. Il secondo anche. Jorginho aveva appena infilato il rigore vincente contro la Spagna, gli azzurri avevano da poco conquistato la finale, ma lì sul campo di Wembley in mezzo alla festa degli azzurri è spuntata la maglia numero 4 di Spinazzola, esposta come un trofeo da Lorenzo Insigne. È stato l'omaggio del gruppo Italia al compagno. «Ci ha mandato un messaggio prima della partita, il successo lo dedichiamo a lui», le parole del portierone azzurro Gigio Donnarumma, eroe di Wembley. «Abbiamo un motivo in più per dedicare la finale a Spinazzola, perderlo è stato un colpo duro, ma lui ci ha dato forza anche dopo l'intervento», le parole di Leonardo Bonucci. Gli ci vorranno cinque-sei mesi per tornare in campo, lui che l'ha lasciato in una notte dolce per l'Italia. Un dolore lancinante dentro la partita più bella. Il petto scosso dalle lacrime. Le mani sul viso. L'Europeo di Leonardo Spinazzola è terminato così, a poco più di dieci minuti dalla fine della sfida nei quarti di finale contro il Belgio. Fatale per il romanista l'ennesimo scatto di una partita generosissima. L'esterno azzurro, uno tra gli uomini più veloci dell'Europeo capace di raggiungere i 33,8 km/h, è ripartito di slancio, prendendo in controtempo l'avversario, ma sulla corsa ha perso l'appoggio, ha sentito male. Ha capito la gravità della situazione. Gli si è fatto vicino il compagno di squadra Cristante, ha tentato di consolarlo, il 28enne ragazzo di Foligno è scoppiato in un pianto a dirotto. I giocatori del Belgio protestavano, pensavano a una perdita di tempo, forse a una simulazione e se la sono presa con lo staff medico azzurro, mentre i tifosi dei Diavoli Rossi hanno fischiato l'azzurro singhiozzante, in barella. «Leonardo era tra i migliori giocatori dell'Europeo e lo sarà comunque anche se non scenderà più in campo perché è stato veramente bravo» le parole del c.t. Mancini, nella pancia dell'Allianz Arena di Monaco, subito dopo aver fatto fuori il Belgio. Aveva ragione. I compagni azzurri però gli sono stati sempre accanto. Sull'aereo di ritorno dalla Germania il coro «Spina, Spina», intonato da Federico Bernardeschi, era tutto per lui, sfortunato attore protagonista. «Tanti sono dispiaciuti per il suo infortunio? Pensate a me, il ritorno in campo non sarà prima di gennaio. Diventerà come un acquisto del mercato invernale. Spinazzola è uno positivo», la coccola di José Mourinho, nuovo tecnico della Roma che lo aspetta a braccia aperte. Lo Special One dopo averlo chiamato per rincuorarlo, lo ha voluto salutare di persona. Un rapido scambio di battute a Trigoria, sufficiente per mostrargli la vicinanza sua e del club giallorosso. Il terzino ha deciso di operarsi in Finlandia, a Turku. Sotto i ferri se ne sono presi cura i professori Orava e Lempainen. Poi il rientro a Roma, l'inizio della riabilitazione e una promessa. «Ci vediamo presto», il messaggio ai compagni azzurri che dovevano ancora giocare contro la Spagna. Spinazzola ha disputato quattro partite all'Europeo, per due volte - contro Turchia e l'Austria - era stato il migliore in campo dell'Italia. Il flash più bello della sua serata maledetta era arrivato pochi minuti prima del gravissimo infortunio: un salvataggio di coscia sulla linea di porta, dopo una deviazione di Lukaku. L'uomo giusto al posto giusto. Poco dopo il suo Europeo si è chiuso su quello scatto generoso. «Tornassi indietro, riproverei quell'allungo. Lo farei altre cento volte ancora per andare a prendere un metro in più all'avversario e spostare la partita dalla nostra parte. Niente di straordinario, sono le regole degli azzurri: in fondo a quest' avventura ci arrivi solo se sei disposto a dare l'anima per i tuoi compagni». Iniziava così la lettera che Leonardo Spinazzola ha dedicato ai compagni di Nazionale prima della finale con l'Inghilterra. A Wembley c'era anche lui. «L'infortunio mi ha strappato al campo ma non poteva portarmi via dal gruppo: anche mio figlio Mattia, tre anni appena, ha capito che papà, sul divano di casa, nel giorno della finale proprio non ci poteva stare». «Sono emozionato, non lo nascondo. Quando sono salito sull'aereo per Londra sono rinato un po': tra poche ore sarò in campo con i ragazzi e in tribuna con il Paese, poteva andare meglio ma anche peggio». Il trionfo di Wembley lo aiuterà a guarire.
Da corriere.it il 13 luglio 2021. "Ma la sono meritata", Così Leonardo Bonucci, difensore della nazionale campione d'Europa, aprendo una birra in conferenza stampa, dopo il trionfo azzurro. Poi un sorso di Coca Cola e infine un selfie con il mister.
Il cammino dell’Italia ad Euro 2020. Francesco Ridolfi su Il Quotidiano del Sud il 12 luglio 2021. Ecco il cammino dell’Italia di Roberto Mancini a Euro 2020 fatto di successi travolgenti ma anche di partite cariche di sofferenza. Si parte con un Girone eliminatorio trionfale a cominciare dall’esordio spumeggiante contro la Turchia, replicato poi con la Svizzera, fino alla ciliegina sulla torta nella sfida contro il Galles. Poi l’Austria agli Ottavi, una partita che ha reso possibile agli azzurri di infrangere ben tre record. Cadono, infatti, l’imbattibilità di Zoff, le vittorie consecutive e i risultati utili consecutivi. Il temibile Belgio di Lukaku ha atteso gli azzurri ai Quarti di Finale ma il collettivo di Mancini non si è fatto intimorire e con due reti fatte (ed una subita su rigore da Lukaku) archivia la pratica.
Prosegue così il cammino dell’Italia ad Euro 2020. In Semifinale contro le furie rosse della Spagna le cose non si mettono bene. Tanta sofferenza malgrado l’Italia sia passata in vantaggio con un eccellente rete di Chiesa. Il pari di Morata spinge le due nazionali prima ai supplementari e poi ai rigori dove grazie ad una prodezza di Donnarumma l’Italia conquista la finale contro l’Inghilterra.
La finale contro l’Inghilterra è partita male, malissimo con una rete subita dopo appena 120 secondi ma è stata vinta all’Italiana. Una partita vinta mostrando l’orgoglio di una nazione, di una squadra, di un gruppo capace di rimettere a posto le idee e riportare in Italia il Campionato Europeo. Determinante il sangue freddo dei giocatori e, in particolare, di Gigio Donnarumma capace di parare ben 2 rigori agli inglesi. Francesco Ridolfi
Italia, che debutto all'Europeo: schiacciata la Turchia. su Il Quotidiano del Sud l'11 giugno 2021. Se il buongiorno si vede dal mattino, l’Europeo dell’Italia potrebbe entrare nella storia. Con una grande prestazione, la Nazionale di Roberto Mancini annienta la Turchia per 3-0 nella gara di esordio di Euro 2020. Un autogol di Demiral, le reti di Ciro Immobile (numero 14 in maglia azzurra) e Lorenzo Insigne regalano agli Azzurri i primi tre punti del girone e sono già un viatico importante verso la qualificazione agli ottavi di finale. Prova super dell’Italia, che ha dominato la Turchia per tutti i novanta minuti con un pressing furioso e un palleggio sempre efficace. È mancata un po’ di precisione nel primo tempo quando la partita si sarebbe potuta già sbloccare, nella ripresa però dopo il vantaggio non c’è stata più storia. Non è bastato alla Turchia il messaggio di incitamento di Erdogan, la squadra di Gunes non è mai entrata in gara limitandosi solo a difendere senza proporsi quasi mai. Per Mancini sono 28 risultati utili consecutivi (-2 dal record di Pozzo), ma è anche la nona partita di fila senza subire gol. Ora vietato esaltarsi perché la strada che porta a Londra è ancora lunga: mercoledì c’è la Svizzera, avversario ostico e probabilmente qualitativamente superiore a questa Turchia. In caso di vittoria, però, gli Azzurri potrebbero già staccare il pass per gli ottavi.
Le formazioni in campo. Tutto come previsto nella formazione dell’Italia. Il ct Mancini schiera un 4-3-3 con Donnarumma in porta; in difesa Florenzi a destra, Bonucci e Chiellini centrali, Spinazzola a sinistra; a centrocampo Barella, Jorginho e Locatelli al posto di un Verratti ancora non al meglio; il tridente offensivo è invece composto da Berardi, Immobile e Insigne. In panchina Chiesa e Belotti.
Nella Turchia occhi puntati sugli “italiani” Demiral e Calhanoglu ma sopratutto il bomber Yilmaz. In panchina Under. In tribuna le massime cariche dello Stato, a partire dal presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. Sugli spalti anche i vertici del calcio italiano ed europeo. Presenti poco meno di 16mila spettatori, nel rispetto delle norme anti Covid e del distanziamento sociale. Tanti i tifosi turchi, circa 3mila sparsi per tutto lo stadio.
Pronti via: i primi 45 minuti bloccati sullo 0-0. Pronti, via e Italia subito pericolosa con Immobile che non trova la porta da posizione defilata, su cross basso dalla destra di Berardi. È la squadra di Mancini a fare la partita, con la Turchia compatta a difesa della propria area di rigore. Si fanno sentire i circa 13mila tifosi italiani sugli spalti dell’Olimpico, non sono da meno le migliaia di turchi che assiepano le tribune. Non è facile trovare spazio nelle strette maglie della difesa turca, gli azzurri poi devono anche stare attenti per evitare le rapide ripartenze di Calhanoglu e compagni. Poco dopo il quarto d’ora la partita si accende: prima l’Italia protesta per un tocco di mani sospetto in area di un difensore turco su cross di Spinazzola (Var silente). Sulla prosecuzione dell’azione è Insigne ad avere la prima grande occasione della partita, ma il suo destro a giro dopo un uno-due al limite con Berardi termina a lato. Ci prova poi dalla distanza anche Bonucci, il suo destro termina a lato. Azzurri ancora vicini al gol al 21′ con un colpo di testa di Chiellini su calcio d’angolo, sventa miracolosamente Cakir. E’ soprattutto a sinistra che l’Italia spinge, con l’asse Insigne-Spinazzola che mette in continua crisi la retroguardia turca. Alla mezzora proprio da una iniziativa di Insigne, l’Italia costruisce un’altra azione pericolosa con Berardi che crossa in mezzo dove Immobile di testa manda la palla di poco a lato. Cinque minuti dopo primo vero affondo turco, con Yilmaz che fugge a sinistra e mette la palla in mezzo per un compagno ma Donnarumma sventa in uscita. Prima dell’intervallo ci provano dalla distanza Insigne e Berardi, ma senza esito. Ancora brividi per un destro rasoterra di Immobile parato a Cakir e una chiusura in area di Chiellini su Yilmaz molto rischiosa. Infine il Var interviene ma non sanziona con il rigore una respinta evidente con il braccio largo di Celik su cross del solito Spinazzola.
La ripresa e il cambio di passo protagonista il calabrese Berardi. Nell’intervallo esce Florenzi, evidentemente non al meglio, ed entra Di Lorenzo. Un cambio anche nella Turchia, dentro l’ex Roma Under per Yazici. Proprio il neo entrato ha subito una buona occasione in contropiede, ma il suo sinistro sul primo palo viene bloccato a terra da Donnarumma. Al 53′ esplode l’Olimpico per il gol dell’Italia: Berardi viene innescato sulla destra, entra in area e sul suo cross basso Demiral commette il più classico degli autogol per impedire ad Immobile di segnare. Determinante l’azione del calciatore del Sassuolo . Vantaggio meritato per gli Azzurri, di fatto alla prima occasione della ripresa. Sulle ali dell’entusiasmo, Italia subito vicina al raddoppio con Spinazzola fermato da Cakir. Ci provano poi Insigne e Locatelli con due destri a giro, da posizioni diverse, ma senza fortuna. Gli Azzurri non si accontentano e continuano a chiudere la Turchia nella propria metà campo, dopo un bel recupero di Di Lorenzo è ancora Berardi ad avere una palla buona ma il suo sinistro viene deviato da un difensore. Al 65′ il raddoppio meritato dell’Italia, firmato da Immobile bravo a ribadire in rete una respinta di Cakir su un destro da centro area di Spinazzola. La Turchia è alle corde e al 79′ l’Italia cala il tris con Insigne, bravo a battere con un destro a giro da centro area su assist in profondità di Immobile dopo l’ennesima palla recuperata a metà campo. Nel finale, Mancini concede spazio anche a Cristante, Belotti, Chiesa e Bernardeschi per Locatelli, Immobile, Insigne e Berardi. Al triplice fischio dell’arbitro, esplode la gioia dell’Olimpico sulle note dell’Inno di Mameli cantato a squarciagola da quasi tutto lo stadio. Son tornate le notti magiche…La qualità dell'informazione è un bene assoluto, che richiede impegno, dedizione, sacrificio.
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Europei di calcio, l'Italia batte anche la Svizzera: doppietta di Locatelli poi Immobile. Il Quotidiano del Sud il 16 giugno 2021. Altra serata perfetta per l’Italia, altra serata di festa all’Olimpico di Roma. Gli azzurri di Mancini battono anche la Svizzera ripetendosi dopo il successo all’esordio con la Turchia, strappando quindi già il pass per gli ottavi di finale di Euro 2020. Nella Capitale il protagonista che non ti aspetti risponde al nome di Manuel Locatelli, che firma una doppietta straordinaria nel 3-0 chiuso dal sigillo di Immobile. Si tratta della decima vittoria di fila senza subire reti per l’Italia, che nella sfida di domenica contro il Galles si giocherà il primo posto del Gruppo A (basta anche un pareggio contro i dragoni). Rispetto alla gara inaugurale con la Turchia, Roberto Mancini fa solo un cambio nell’undici titolare azzurro: spazio a Di Lorenzo lungo la corsia destra al posto dell’infortunato Florenzi, alle prese con un risentimento al polpaccio. A sinistra ancora una volta Spinazzola, mentre al centro della difesa Bonucci e Chiellini a far schermo davanti a Donnarumma. Centrocampo a tre formato da Barella, Jorginho e Locatelli, mentre in attacco agiscono nuovamente Immobile con Berardi ed Insigne ai suoi lati. I ritmi sono subito altissimi in avvio, con la Svizzera aggressiva e che non rinuncia a proporre il proprio gioco, a differenza di quanto fatto vedere dai turchi venerdì scorso. La prima grande palla gol della sfida, però, capita all’Italia allo scoccare del decimo minuto: il solito Spinazzola sfonda a sinistra e crossa in mezzo, Immobile ha tutto il tempo di colpire ed indirizzare con la testa ma la mette alta sulla traversa, fallendo una grande chance. È la fiammata che dà coraggio agli azzurri, che prendono in mano il pallino del gioco e che al 18’ troverebbero il gol del vantaggio. Segna Chiellini sugli sviluppi di un corner, ma un tocco di mano dello stesso difensore induce il Var ad intervenire annullando la rete. Sfortunato il capitano azzurro, costretto anche pochi minuti più tardi a lasciare il posto ad Acerbi a causa di un altro maledetto infortunio muscolare.
L’Italia però non si scompone e al 26’ trova il meritato e stavolta regolarissimo gol del vantaggio: Locatelli sventaglia per Berardi e, dopo una corsa di 60 metri, va a raccogliere l’ottimo assist dello stesso compagno firmando da due passi l’1-0 tutto di marca Sassuolo. La Svizzera fa più difficoltà a mettere fuori il naso, mentre la formazione di Mancini resta più guardinga in attesa della ripartenza giusta per colpire. Al 34’ Immobile costringe Sommer all’uscita bassa, Insigne raccoglie la respinta e tenta il difficile lob per scavalcarlo, ma Akanji è appostato all’altezza del secondo palo e allontana il pericolo. Più clamorosa e importante invece l’occasione che capita a Spinazzola un paio di azioni dopo, con il terzino della Roma che ha campo aperto per correre verso la porta di Sommer, decidendo però di calciare (male) di destro anziché provare di mancino. Questo l’ultimo vero squillo di un primo tempo in cui l’Italia ha dimostrato grande temperamento e capacità di gestione del ritmo di gioco, soffrendo poco le iniziative di una Svizzera comunque viva. Al rientro dall’intervallo Petkovic opera subito una sostituzione per smuovere qualcosa in attacco, inserendo Gavranovic al posto di un Seferovic un po’ troppo in ombra. I rossocrociati partono più aggressivi, ma al 52’ è l’Italia a colpire nuovamente alla prima sortita offensiva della ripresa. Barella serve Locatelli appena fuori area in posizione centrale, il centrocampista del Sassuolo controlla e con il mancino fulmina Sommer per la bellissima doppietta personale e il 2-0 azzurro. Colpo durissimo quello incassato dalla Svizzera, che perde morale e lascia campo agli uomini di Mancini, sempre più in controllo del match. Superata da poco l’ora di gioco la squadra di Petkovic prova con orgoglio a rimettersi in corsa, ma trova sulla propria strada un ottimo Donnarumma, bravissimo ad evitare il gol di Zuber che avrebbe riaperto improvvisamente la sfida. Sul ribaltamento di fronte è Berardi ad avere sul mancino la palla del tris, calciata però alta sopra la traversa. Prova a farsi rivedere in avanti anche Immobile al 73’ e poi al 76’, ma l’attaccante della Lazio spreca le due chances prima con il destro e successivamente con il mancino, fallendo quelli che sarebbero stati a tutti gli effetti due pesanti match points. Il centravanti azzurro si rifà nel finale con la complicità di Sommer, realizzando il 3-0 che fa calare il sipario sul match.
Mancini soddisfatto. “Partita durissima ma la vittoria ce la siamo meritata”. Lo ha detto il ct della Nazionale Roberto Mancini ai microfoni della Rai, al termine di Italia-Svizzera vinta dagli azzurri per tre reti a zero. “Abbiamo avuto occasioni, i ragazzi sono stati bravissimi, non era semplice – ha aggiunto il tecnico – e c’era un gran caldo. Abbiamo speso tanto. Chiellini? Speriamo che non sia niente di grave, vedremo domani. Il Galles? dobbiamo giocare per vincere. Dedico questa serata a tutti. A tutti quelli che soffrono e stanno male in particolare”.
Euro 2020, Italia batte Galles 1-0: azzurri agli ottavi a punteggio pieno. Squadra rivoluzionata per la sfida contro i dragoni: decide Pessina al 39’. Terza vittoria in tre gare per la Nazionale. Il Quotidiano del Sud il 20 giugno 2021. L’Italia batte il Galles per 1-0 nella terza e ultima giornata del Girone A di Euro 2020. Gli azzurri, già qualificati agli ottavi di finale, si impongono con il gol di Pessina (39′), centrano il terzo successo di fila e sono primi nel gruppo a punteggio piena. Il Galles chiude con 4 punti come la Svizzera, che batte 4-1 la Turchia, ma è secondo per la miglior differenza reti e passa agli ottavi. La selezione elvetica può sperare nella qualificazione: può essere ripescata tra le 4 migliori terza. L’Italia tornerà in campo il 26 giugno a Londra. Cinque azzurri si inginocchiano per mostrare sostegno alla campagna Black Lives Matter prima dell’inizio del match con il Galles. Belotti, Bernardeschi, Emerson, Pessina e Toloi si sono inginocchiati, come hanno fatto tutti i calciatori della nazionale gallese.
LA PARTITA
In formazione ampiamente rimaneggiata -con 8 cambi nello schieramento titolare- l’Italia cerca di fare la partita sin dalle prime battute. Il caldo si fa sentire, il ritmo in avvio non è propriamente forsennato. La Nazionale prende progressivamente il controllo delle operazioni e si insedia nella metà campo avversaria. La pressione azzurra aumenta dal 10′, con le iniziative di Chiesa e Emerson che provano ad allargare la manovra sulle fasce. Il Galles arretra e fatica a ripartire, accontentandosi di arginare la manovra dei padroni di casa. La porta gallese non corre reali pericoli nei primi 20 minuti: Ward deve limitarsi ad un paio di interventi di routine. Al 24′ Italia pericolosissima. Bernardeschi innesca Belotti, che da posizione defilata prova il diagonale destro: la palla attraversa tutto lo specchio della porta, Chiesa non arriva in tempo per il tap-in. La gara si accende e anche il Galles si fa vivo davanti. Al 26′ Gunter, su corner da sinistra, trova il tempo per il colpo di testa: palla a pochi centimetri dall’incrocio. Dall’altra parte, il più attivo è Chiesa: diagonale potente da posizione defilata, Ampadu devia in corner. L’Italia sfonda al 39′. Punizione di Verratti dalla trequarti destra, Pessina tocca al volo e spedisce la palla nell’angolo: 1-0. Gli azzurri, dopo il vantaggio, mantengono il controllo delle operazioni: a centrocampo giganteggia Verratti, il Galles si accontenta di andare a riposo con lo svantaggio minimo. La Nazionale gioca in scioltezza anche in avvio di ripresa e al 52′ va vicina al raddoppio. Bernardeschi calcia una posizione da oltre 22 metri, il sinistro si stampa sul palo con Ward battuto. Bernardeschi è protagonista anche dell’azione che al 55′ porta all’espulsione di Ampadou. Il difensore, in ritardo, entra col piede a martello e rifila un pestone all’azzurro: cartellino rosso diretto, Galles in 10 per l’ultima porzione di gara. Serve una gran parata di Ward al 64′ per negare il gol a Belotti, che calcia a botta sicura da pochi passi dopo l’ennesima iniziativa dell’indemoniato Chiesa. Il Galles esce dalla trincea e va vicinissimo al pareggio al 75′. La torre di Rodon diventa un assist splendido per Bale che, ignorato dalla difesa azzurra, può calciare al volo da ottima posizione: il sinistro è sgangherato, pallone in curva. L’ultimo quarto d’ora scivola via tra una raffica di sostituzioni che non incidono sull’epilogo del match. Italia avanti tutta a punteggio pieno.
L’Italia infrange 3 record e vola ai quarti, l’Austria si arrende ai supplementari. Francesco Ridolfi su Il Quotidiano del Sud il 26 giugno 2021. L’Italia non domina ma soffre, e tanto, e dopo l’entusiasmo e l’esaltazione del girone di eliminazione si scopre in difficoltà ma si scuote e nel primo tempo supplementare infiamma la partita batte l’Austria 2-1. Un risultato che consente agli Azzurri di qualificarsi per i quarti di finale che si giocheranno a Monaco di Baviera il prossimo 2 luglio contro la vincente della sfida tra il Portogallo di Ronaldo e il Belgio di Lukaku. A Wembley la Nazionale di Roberto Mancini diventa la Nazionale dei Record: batte il record di imbattibilità di Zoff, batte il record di vittorie consecutive (12), batte il record di risultati utili consecutivi (31) che fu del mitico Pozzo e si aggrappa alle reti di Chiesa e Pessina per continuare il cammino ad Euro2020. Prima del fischio d’inizio gli azzurri decidono di non inginocchiarsi per il movimento Black Lives Matter, ma le critiche e il dibattito politico sembrano non distrarre l’Italia, almeno nei primi minuti. La Nazionale di Mancini impiega poco per prendere le misure ad Alaba e compagni che, a differenza di Turchia e Galles, optano per un’ostinata costruzione dal basso che funziona almeno per 15’. Da quel momento iniziano le palle gol degli azzurri. Al 17’ Spinazzola sfonda sulla sinistra e scarica per Barella il cui tiro è deviato coi piedi da Bachmann. Al 33’ sale in cattedra Ciro Immobile: ricevuta palla fuori area, l’attaccante biancoceleste conclude a sorpresa in porta e colpisce l’incrocio dei pali. Se nel primo tempo, pur soffrendo, l’Italia aveva costruito diverse azioni da gol nella ripresa la sfida inizia con una serie di brividi per gli azzurri: Di Lorenzo stende Arnautovic al limite dell’area, Alaba su punizione non trova la porta. Al 62’ si accende Sabitzer: tiro da fuori deviato da Bonucci in corner. Tre minuti dopo, al 65’ minuto, arriva la rete dell’Austria con Arnautovic, gol che però viene annullato per fuorigioco al termine di un lungo controllo al Var. Sicuramente l’undici di Mancini accusa il colpo e il commissario tecnico capisce che è il momento di cambiare: fuori Barella e Verratti, dentro Locatelli e Pessina. All’83’ la chance più clamorosa: Spinazzola va sul fondo e crossa per Berardi che sbaglia la rovesciata. Nuovo cambio, esce proprio Berardi sostituito con Chiesa mentre Immobile lascia il campo a Belotti. Il risultato non cambia e si va ai supplementari. Proprio ai supplementi cambia tutto. Palla geniale di Spinazzola per Chiesa che doma con la testa e poi aggancia e calcia in rete la palla col mancino siglando il vantaggio al 95’. Dieci minuti dopo, al 105’ il raddoppio: Acerbi ostinato arpiona una palla in piena area e appoggia su Pessina che incrocia col mancino e firma il 2-0. La partita non è finita perché al 114’ Kalajdzic di testa da calcio d’angolo batte Donnarumma sul suo palo e riporta in partita l’Austria. Gli ultimi minuti di apprensione non sono determinanti per gli austriaci con l’Italia che gestisce gli attacchi e vola ai quarti.
A Euro2020 è grande Italia: battuto il Belgio, siamo in semifinale. Il Quotidiano del Sud il 2 luglio 2021. Un’Italia da applausi non si ferma più e approda in semifinale agli Europei per la quinta volta nella sua storia. Al termine di una partita durissima e sofferta, gli azzurri superano il Belgio per 2-1 grazie ai gol di Barella e Insigne e martedì sera a Wembley sfideranno la Spagna per un posto in finale. I ragazzi di Mancini, protagonisti di una prestazione di cuore nonostante le tante difficoltà dovute alle incursioni di De Bruyne e Lukaku – autore su rigore del gol dei Diavoli Rossi – conquistano con merito la sfida dell’Allianz Arena di Monaco di Baviera e adesso possono davvero sognare di alzare il trofeo continentale. Avvio vivace da una parte e dall’altra, dopo tredici minuti c’è un gol annullato agli azzurri dopo un intervento del Var che rileva il fuorigioco di Di Lorenzo autore dell’assist per Bonucci. L’Italia accusa il colpo a livello psicologico e rischia di sbandare più di una volta sui contropiedi micidiali dei Diavoli Rossi, vicinissimi al gol con le conclusioni di De Bruyne – recuperato in extremis – e Lukaku sulle quali è miracoloso Donnarumma. Passato lo spavento, gli azzurri tornano a giocare con discreta spavalderia e trovano il vantaggio, questa volta in modo assolutamente regolare, con il tiro perfetto di Barella su assist di Verratti. L’Italia, visibilmente galvanizzata, non si ferma più e trova subito il raddoppio con Insigne che, dopo una serpentina nello stretto, calcia con il suo proverbiale tiro a giro. Prima dell’intervallo, però, beffa per gli azzurri con il rigore davvero generoso per un contatto tra Di Lorenzo e Doku. Dal dischetto Lukaku spiazza Donnarumma e segna ancora all’ex portiere del Milan firmando l’1-2. Nella ripresa occasione incredibile intorno all’ora di gioco per Lukaku, che a porta vuota da due passi colpisce in pieno Spinazzola e grazia gli azzurri. Negli ultimi venti minuti i Diavoli Rossi premono con insistenza, mentre per la Nazionale è da segnalare l’infortunio muscolare di Spinazzola che esce in lacrime a dieci minuti dalla fine. Non ci sono però altre occasioni degne di nota e dopo un finale in apnea l’Italia può festeggiare l’approdo in semifinale.
Questo il tabellino della partita:
BELGIO (3-4-2-1): Courtois; Alderweireld, Vermaelen, Vertonghen; Meunier (24’st Chadli, 29’st Praet), Witsel, Tielemans (24’st Mertens), T.Hazard; De Bruyne, Doku; Lukaku. In panchina: Kaminski, Sels, Boyata, Denayer, Trossard, Dendoncker, Carrasco, Benteke, Batshuayi. Allenatore: Martinez.
ITALIA (4-3-3): Donnarumma; Di Lorenzo, Bonucci, Chiellini, Spinazzola (34’st Emerson); Barella, Jorginho, Verratti (29’st Cristante); Chiesa (45’st Toloi), Immobile (29’st Belotti), Insigne (34’st Berardi). In panchina: Sirigu, Meret, Bastoni, Acerbi, Bernardeschi, Locatelli, Pessina. Allenatore: Mancini.
ARBITRO: Vincic (Slovenia).
RETI: 31’pt Barella, 43’pt Insigne, 47’pt Lukaku (rig).
NOTE: serata serena, terreno di gioco in buone condizioni. Ammoniti: Verratti, Tielemans, Berardi. Angoli: 9-5. Recupero: 3′; 7′.
Italia, il sogno continua: Spagna battuta ai rigori dopo tanta sofferenza. Il Quotidiano del Sud il 6 luglio 2021. Il sogno dell’Italia continua e gli azzurri giocheranno a Wembley la finale di Euro 2020. Al termine di un match sofferto e intenso, la Nazionale azzurra batte in semifinale la Spagna ai calci di rigore con il punteggio di 5-3 e domenica sera proverà a scrivere un’altra pagina di storia. Dopo l’1-1 dei tempi regolamentari targato Chiesa e Morata, non cambia il parziale ai supplementari e ai rigori è decisivo l’errore proprio di Morata con Jorginho che poi trasforma. L’avversaria dei ragazzi di Mancini nell’atto conclusivo sarà designata dall’altra semifinale tra Inghilterra e Danimarca. E’ un primo tempo complicato per gli azzurri, schiacciati a più riprese dal fraseggio instancabile delle Furie Rosse. Sulle poche ripartenze concesse dalla Roja, però, la Nazionale usufruisce di due occasioni clamorose, prima con Immobile e Barella che non riescono a calciare a porta vuota dopo l’intervento fuori tempo di Unai Simon, poi con l’incrocio dei pali colpito da Emerson Palmieri poco prima dell’intervallo. Nel mezzo l’opportunità più importante della prima frazione sui piedi di Dani Olmo, gran parata di Donnarumma sulla sua conclusione. Nella ripresa gli azzurri trovano maggior coraggio e all’ora di gioco passano in vantaggio con Federico Chiesa, rapace a fiondarsi su un pallone di Insigne per Immobile intercettato dalla difesa spagnola. L’attaccante della Juventus può così puntare l’uomo e calciare a giro trovando l’angolino dove Unai Simon non può arrivare. E’ delirio azzurro a Wembley, ma c’è un’altra mezzora di sofferenza. Berardi sfiora il gol in due circostanze, poi la pressione della Spagna aumenta sensibilmente e il fortino azzurro crolla a dieci minuti dal termine. Il pareggio della Roja arriva al termine di una bella combinazione in profondità che libera al tiro Morata, abile a spiazzare Donnarumma e a firmare l’1-1. Si va così ai supplementari e nonostante un’Italia in apnea non cambia il parziale e bisogna ricorrere ai calci di rigore, il cui esito è trionfale per gli azzurri, che vendicano i penalty di Euro 2008 e della Confederation Cup 2013. E domenica sera sarà finale a Wembley, la quarta agli Europei per la Nazionale.
Questo il tabellino della partita:
ITALIA (4-3-3): Donnarumma; Di Lorenzo, Bonucci, Chiellini, Emerson (28′ st Toloi); Barella (40′ st Locatelli), Jorginho, Verratti (28′ st Pessina); Chiesa (2′ sts Bernardeschi), Immobile (16′ st Berardi), Insigne (40′ st Belotti). In panchina: Sirigu, Meret, Acerbi, Bastoni, Florenzi, Cristante. Allenatore: Mancini 7.
SPAGNA (4-3-3): Unai Simon; Azpilicueta (40′ st M. Llorente), Eric Garcia (4′ sts Pau Torres), Laporte, Jordi Alba; Koke (25′ st Rodri), Busquets (1′ sts Thiago Alcantara), Pedri; Ferran Torres (17′ st Morata), Dani Olmo, Oyarzabal (25′ st Gerard Moreno). In panchina: De Gea, Sanchez, D. Llorente, Traorè, Fabian Ruiz, Gayà. Allenatore: Luis Enrique 6.5.
ARBITRO: Brych (Germania).
RETI: 15′ st Chiesa, 35′ st Morata.
SEQUENZA RIGORI: Locatelli parato, Dani Olmo alto, Belotti gol, Gerard Moreno gol, Bonucci gol, Thiago Alcantara gol, Bernardeschi gol, Morata parato, Jorginho gol.
NOTE: serata serena, terreno di gioco in buone condizioni. Ammoniti: Busquets, Toloi. Angoli: 1-6. Recupero: 0′ pt; 3′ st; 0′ pts: 0′ sts.
MANCINI: “E’ stata una partita durissima, la Spagna è una grande squadra e gioca benissimo. Non abbiamo fatto la solita gara, ma sapevamo che avremmo sofferto. I meriti di questo triennio sono dei ragazzi, hanno creduto a tutto questo ma non è ancora finita. Adesso recuperiamo le forze rimaste per giocarci la finale”. Lo ha detto il commissario tecnico dell’Italia, Roberto Mancini, dopo la vittoria contro la Spagna. “Ci hanno messo in difficoltà all’inizio, dopo abbiamo ritrovato le coordinate giuste e non abbiamo rischiato nient’altro. Sapevamo fin dall’inizio che ci sarebbe stato da soffrire, è stata una partita durissima a causa del loro palleggio”. Sulla prestazione degli azzurri: “Le squadre di calcio attaccano e difendono, abbiamo avuto occasioni sia noi che loro, è stata una partita aperta. Tutte le squadre difendono – ha concluso il ct – non la definirei una vittoria all’italiana”.
ITALIA CAMPIONE D'EUROPA: INGHILTERRA BATTUTA AI RIGORI. Il Quotidiano del Sud il 12 luglio 2021. Godiamo! Dopo 53 anni l’Italia torna sul tetto d’Europa battendo l’Inghilterra a Wembley per 5-4 dopo i calci di rigore, al termine di una partita epica. Decisivo uno strepitoso Gigio Donnarumma, il miglior portiere del Mondo (ora si può dire), che para due calci di rigore nella lotteria finale e “ripara” gli errori di Belotti e Jorginho. Una serata indimenticabile, che premia un percorso straordinario intrapreso dagli Azzurri sotto la guida di Roberto Mancini. Solo tre anni dopo la delusione dell’esclusione dal Mondiale di Russia, l’Italia festeggia la conquista del suo secondo titolo europeo dopo quello del 1968 e lo fa con pieno merito. Grande partita giocata dagli Azzurri, bravi a non scoraggiarsi dopo l’iniziale vantaggio di Shaw e a trovare il pareggio con Bonucci dopo quasi un’ora di dominio assoluto. Come preventivabile, il centrocampo italiano ha fatto valere la sua maggior qualità con Jorginho e Verratti che hanno nascosto il pallone agli inglesi. Il tutto nonostante la serata opaca di Barella. L’Inghilterra dopo l’avvio bruciante si è accontentata di difendere il vantaggio, rinculando progressivamente davanti all’area di rigore di Pickford. Non a caso la parata più complicata Donnarumma l’ha fatta nei supplementari, mentre il portiere inglese è stato decisivo in almeno un paio di circostanze su Insigne e Chiesa. Poi nella lotteria dal dischetto è ancora il numero 1 azzurro a diventare l’eroe della serata. L’Inghilterra mastica amaro, non è bastato giocare dinanzi ai quasi 60mila indiavolati tifosi di Wembley per conquistare un titolo importante che manca ormai dal 1966. Stesso identico undici con cui l’Italia è scesa in campo contro la Spagna in semifinale. Questa la scelta del ct Mancini per la finale. Pertanto Donnarumma in porta; difesa con Di Lorenzo, Bonucci, Chiellini ed Emerson Palmieri; centrocampo con Barella, Jorginho e Verratti; attacco con Chiesa, Immobile e Insigne. Cambia eccome, invece, il ct inglese Southgate che deve fare a meno dell’acciaccato Foden e decide quindi di schierare una sorta di 3-4-2-1 con Pickford in porta; Walker, Stones e Maguire in una linea di difesa a tre; Trippier e Shaw sulle fasce con Phillips e Rice in mediana; sulla trequarti Sterling e Mount alle spalle del bomber Kane. Prima dell’inizio, fischi all’Inno italiano mentre le due squadre si sono ingonocchiate a metà campo in sostegno del movimento Black Lives Matter. Si gioca sotto una fitta e fastidiosa pioggerellina. Inizio shock per gli Azzurri, sotto di un gol dopo appena 2′: l’Inghilterra passa grazie ad un sinistro vincente di Shaw su assist dalla destra di Trippier. Difesa azzurra spiazzata nell’occasione. Wembley esplode. La prima replica dell’Italia con una punizione dal limite di Insigne, con palla di poco alta. Gli Azzurri però soffrono le incursioni di Trippier a destra, ogni volta che arriva sul fondo sono dolori. La bolgia infernale di Wembley non aiuta, i ragazzi di Mancini appaiono frastornati di fronte agli assalti inglesi. Dopo oltre venti minuti di sofferenza, finalmente gli Azzurri provano a farsi vedere dalle parti di Pickford con la velocità di Insigne e Chiesa. Immobile però appare troppo solo in area e per i giganti Maguire e Stones controllarlo è un gioco da ragazzi. Al 34′ prima vera occasione per l’Italia, con Chiesa che di sinistro calcia do poco fuori dopo una bella azione insistita dalla trequarti. Gli Azzurri prendono coraggio e iniziano ad assediare l’area di rigore inglese, nel giro di pochi secondi ci provano Immobile e Verratti ma la difesa inglese si salva. Prima dell’intervallo Bonucci tenta la conclusione dalla distanza, ma la palla è alta. In avvio di ripresa subito un brivido in area azzurra, con Sterling che si inserisce ma viene fermato da un intervento in collaborazione tra di Bonucci e Chiellini. Al 50′ Insigne si procura una punizione dal limite da ottima posizione, ma il suo destro a giro purtroppo non è preciso. Dopo meno do un’ora di gioco, Mancini toglie l’ammonito Barella e inserisce Cristante. Ma soprattutto esce Immobile per Berardi, con Insigne e l’attaccante del Sassuolo che si alternano da centravanti e Chiesa spostato a sinistra. Una mossa che mette subito in difficoltà l’Inghilterra, tanto che proprio Insigne impegna Pickford da posizione ravvicinata ma molto defilata. Ben più complicata per il portiere inglese la parata poco dopo su un destro velenoso di Chiesa. Adesso l’Italia attacca con insistenza anche se la difesa inglese resta sempre molto compatta. Proprio uno dei due centrali, Stones, impegna poi Donnarumma con un colpo di testa su calcio d’angolo. La superiorità azzurra di questa fase viene giustamente premiata al 67′ dal gol dell’1-1 firmato da Bonucci in mischia su calcio d’angolo dopo un palo di Verratti. L’Italia c’è, Wembley è zittito. In tribuna esulta anche Mattarella.
Il gol di Bonucci. L’Inghilterra inizia a tremare, Southgate allora manda in campo Saka per Trippier nella speranza di riallungare una squadra ormai costantemente asserragliata in difesa. A venti dalla fine Azzurri vicinissimi al raddoppio con Berardi che al volo calcia alto solo davanti a Pickford. Ma non era facile. Assorbito il contraccolpo del pareggio azzurro, Wembley prova di nuovo a spingere gli inglesi ma è sempre l’Italia a comandare con Insigne e Chiesa che fanno ammattire la difesa avversaria. Proprio nel momento migliore, l’attaccante della Juve si fa male e deve lasciare il campo a Bernardeschi che si va a piazzare in posizione da centravanti. Nel finale da segnalare soltanto l’invasione di campo da parte di un tifoso inglese, braccato in campo a fatica dagli steward. Si va ai supplementari. All’inizio dei supplementari Mancini toglie uno stanco Insigne e manda in campo Belotti. Il ct cambia ancora, con Bernardeschi che ora si sposta all’ala sinistra. Fuori anche Verratti, dentro Locatelli. Intanto si rivede l’Inghilterra, prima con una incursione di Sterling fermata in angolo e poi con un destro dal limite di Phillips di poco fuori. Un cambio anche nelle file inglesi, dentro Grealish per Mount. C’è poi un brivido nell’area inglese, con Pickford che anticipa Bernardeschi al momento di deviare in porta un cross di Emerson da sinistra. Il biondo attaccante della Juve ci riprova nel secondo supplementare su punizione, para Pickford. Sul fronte opposto brivido in area azzurra con Donnarumma che in uscita acrobatica anticipa Stones pronto a un colpo di testa vincente. Dopo oltre un’ora di sofferenza, l’Inghilterra spinta dal pubblico di casa torna a spingersi in avanti con maggior determinazione per evitare la lotteria dei rigori. Gli Azzurri iniziano ad accusare un po’ di stanchezza, ma lottano e anzi alla fine sfiorano anche il colpaccio con una deviazione di testa di Cristante su calcio d’angolo che non trova nessuno sul secondo palo per la deviazione in rete. La squadra campione d’Europa la si decide ai calci di rigore e come nel 2006 ai Mondiali di Berlino a trionfare sono gli Azzurri grazie alle parate di superman Donnarumma. Football Coming Rome. Questo il tabellino della partita.
ITALIA (4-3-3): Donnarumma; Di Lorenzo, Bonucci, Chiellini, Emerson Palmieri (13′ sts Florenzi); Barella (9′ st Cristante), Jorginho, Verratti (6′ pts Locatelli); Chiesa (41′ st Bernardeschi), Immobile (10′ st Berardi), Insigne (1′ pts Belotti). In panchina: Sirigu, Meret, Pessina, Acerbi, Bastoni, Toloi. Allenatore: Mancini.
INGHILTERRA (3-4-3): Pickford; Walker (115′ sts Sancho), Stones, Maguire; Trippier (25′ st Saka), Phillips, Rice (29′ st Henderson, 115′ sts Rashford), Shaw; Mount (9′ pts Grealish), Kane, Sterling. In panchina: Ramsdale, Johnstone, Mings, Coady, Calvert-Lewin, James, Bellingham. Allenatore: Southgate.
ARBITRO: Kuipers (NED).
RETI: 2′ pt Shaw, 22′ st Bonucci.
SEQUENZA RIGORI: Berardi (gol), Kane (gol), Belotti (parata), Maguire (gol), Bonucci (gol), Rashford (palo), Bernardeschi (gol), Sancho (parata), Jorginho (parata), Saka (parato).
NOTE: serata piovosa, terreno in buone condizioni. Spettatori: 67.500. Ammoniti: Bonucci, Barella, Insigne, Chiellini, Stones, Jorginho. Angoli: 3-5. Recupero: 4′ pt, 7′ st, 2′ pts, 3′ sts.
Paolo Tomaselli per il "Corriere della Sera" il 12 luglio 2021.
ITALIA
9 Donnarumma Le manone sulla Coppa sono sue, ancora decisivo ai rigori, su Sancho e Saka. Gigante.
6,5 Di Lorenzo Incrocia i treni dell'Europeo: Alaba, Doku, Ferran Torres e per ultimo Shaw: la mancata scalata sul gol lo lascia qualche minuto sotto choc. Poi lotta. Anche se «Dilo» di ferro sente un po' la ruggine, resiste.
8,5 Bonucci Leo di Wembley azzanna il pallone davanti alla porta e rimette in carreggiata una partita nata storta. E Sterling non lo passa mai. Rigorista doc.
8,5 Chiellini Braveheart è lui. Come Messi, vince il primo trofeo con la Nazionale quando è senza contratto.
6,5 Emerson Non è «l'uomo fortunato» cantato dal suo omonimo Emerson (Lake & Palmer), ma va anche a cercarsela poco, la buona sorte. In difficoltà su Trippier fin da subito (e quindi dal gol), prende coraggio come tutti nel secondo tempo.
5 Barella Stretto fra Rice e Mount, gli manca la terra sotto ai piedi. Può solo tenere duro, ma esce presto.
7 Jorginho Il trisnonno Giacomo Frello, che nel 1896 lasciò Lusiana Conco e l'altopiano dei Sette comuni in provincia di Vicenza per sfuggire alla miseria e andare in Brasile sarebbe comunque orgoglioso del trisnipote, che l'America calcistica l'ha trovata nell'Italia: dopo la Champions contro Guardiola, guida gli azzurri fra le sabbie mobili e poi sul sentiero giusto di Wembey. Sbaglia il rigore più pesante, ma la festa è tutta sua.
7 Verratti Il parigino si tuffa con coraggio e prende il palo, per la carambola del pareggio. È tra quelli che guida la riscossa azzurra.
8 Chiesa Più che altro una cattedrale, costruita a lungo da solo. Il ragazzo dell'Europa/che porta in giro la fortuna, si arrende solo per un guaio alla caviglia, ma l'uomo simbolo di Wembley è lui. Ancora una volta.
5 Immobile L'ultimo Ciro è quello che conta ed è il più deludente. Poco supportato, certo. Quasi sopportato.
6,5 Insigne Ti raggiro per quasi un'ora, invece che tiraggir'. Poi da falso 9, negli scambi di posizione con Chiesa, si riaccende.
7 Cristante Porta fisico e senso tattico in dosi giuste, mettendo in difficoltà gli inglesi tra le linee.
7 Berardi Entra bene, come il rigore che calcia.
7 Bernardeschi Anche lui è perfetto dal dischetto.
6 Belotti Fa il vero 9, ma sbaglia il rigore.
7 Locatelli Fioretto e spada nei supplementari.
9 Mancini Riapre la partita con le scelte giuste, e a 1366 giorni dal flop mondiale contro la Svezia, rimette l'Italia sulla mappa del calcio, puntando sul talento, sulla gioventù e anche sulla sua proverbiale buona sorte. Il trionfo della fiducia: lo spot migliore anche per il Paese.
INGHILTERRA
7,5 Pickford Tra i segreti del suo salto di qualità c'è anche il lavoro fatto con lo psicologo, che ora potrà prendersi un po' di vacanza. Decisivo a mano aperta in tuffo sul tiro di Chiesa. Para anche due rigori.
6,5 Walker Il mezzofondista della difesa viene reclutato come terzo centrale e frena Insigne.
6 Stones Tende al massimo il filo del fuorigioco, ma appena l'Italia gli toglie i riferimenti va in difficoltà.
6,5 Maguire Il Capoccione usa la testa, ma anche l'arte dell'anticipo per annullare Immobile. Chissà se adesso tornerà a Mykonos, dove è atteso l'appello per la condanna a 21 mesi per aggressione. Intanto all'appello del rigore si fa trovare pronto.
6,5 Trippier Chi avrebbe scommesso che la mossa a sorpresa dopo due minuti avrebbe confezionato l'assist per il gol di Shaw? Forse lui, che ha preso 80 mila euro e 10 di turni di multa per aver puntato sul suo passaggio dal Tottenham all'Atletico. Gli piace vincere facile anche con Emerson per un' ora. Poi le quote cambiano.
6,5 Phillips Lo chiamano «Pirlo dello Yorkshire» e non è chiaro se Andrea abbia già intentato causa. Lui però ha fatto un Europeo da copertina e oggi riceverà una telefonata, dal carcere, per i complimenti di papà.
6 Rice L'unico inglese astemio sbatte in faccia a Barella la porta del pub, ma non certo a Chiesa. Esce stravolto.
7 Shaw Ribattezzato «Shawberto Carlos», s'inventa un tiro di controbalzo che avrà fatto saltare sul divano i suoi detrattori, da Van Gaal a Mourinho.
7 Kane La ballata di Harry Kane, su musica delle sue cugine irlandesi, manda fuori tempo gli azzurri: arretrato, fino a schermare Jorginho, è lui che fa partire l'azione del gol e che scava nel cuore degli azzurri, tra le linee, come un trequartista nel corpo di un centravanti.
Dopo un'ora molla il microfono, ma segna il suo rigore.
6,5 Sterling Nato in Giamaica come Bolt, il suo secondo nome è Shaquille come il grande (e grosso) cestista: stopparlo non è facile, anche perché ha il tuffo sempre in canna. A conti fatti, non sfonda.
6,5 Mount Ora può svuotare la valigia piena di snack, ma prima si mangia le mani per il ritardo su Verratti.
6 Henderson Spegne la spia della riserva nel mezzo.
5 Saka Elettrico e solido. Chiellini lo ferma con le cattive. Sbaglia il rigore decisivo.
6,5 Grealish Gambe da calcio gaelico, potenti nel cambio di passo: sempre un pericolo.
5 Rashford Entra per i rigori, si ferma al palo.
5 Sancho Anche per lui un rigore a freddo sbagliato.
6,5 Southgate Sceglie di giocare in modo simile al Chelsea campione d'Europa e azzecca la mossa all'inizio. Dopo il gol però gli inglesi non affondano il colpo.
Giovanni Sofia per tag43.it il 13 luglio 2021. Ci hanno impiegato un po’, ma alla fine anche gli inglesi hanno riconosciuto la portata della vittoria azzurra a Euro 2020. L’Italia smaltito l’avvio choc, con il gol subito dopo appena due minuti, ha avuto la capacità di rialzarsi e aumentare progressivamente la mole di gioco, rimettendo in piedi una finale che appariva compromessa. Il pari è arrivato nella ripresa, poi ai rigori la coppa ha preso la via di Roma, premio perfetto per un torneo di altissimo livello. Non è un caso che nella squadra ideale della competizione stilata dal Guardian, compaiano sei italiani, compreso mister Roberto Mancini, già capace Oltremanica di vincere uno scudetto ai tempi del Manchester City. Azzurri e non (soprattutto inglesi) vediamo chi sono i top 11 scelti dal quotidiano britannico (qui invece la top 11 della Uefa).
Portiere, Gianluigi Donnarumma (Ita)
Fresco di passaggio dal Milan al Paris Saint Germain, Gianluigi Donnarumma a Euro 2020 ha confermato di essere uno dei portieri più affidabili al mondo. Non è un caso che l’estremo difensore azzurro sia stato scelto come miglior giocatore del torneo da una giuria composta, tra gli altri, da Fabio Capello, Robbie Keane e David Moyes. Bene hanno fatto anche il danese Schmeichel, lo svizzero Sommer e l’inglese Pickford. Ma Gigio ha dimostrato di essere un gradino sopra.
Terzino destro, Kyle Walker (Ing)
Costretto dai dettami tattici a limitare le sgroppate sulla corsia esterna, Kyle Walker ha mostrato grande attitudine a interpretare la fase difensiva ed è stato decisivo nelle chiusure e nel far ripartire l’azione dell’Inghilterra. L’olandese Denzel Dumfries, il danese Stryger Larsen e l’italiano Giovanni Di Lorenzo si confermati su livelli alti, evidentemente non abbastanza.
Difensore centrale, Leonardo Bonucci (Ita)
Il più reattivo nell’azione del pari in finale, come nelle chiusure su Sterling ed Harry Kane, Leonardo Bonucci ha segnato anche i due rigori contro Spagna e Inghilterra. A 34 anni è stato fondamentale per tenere la propria porta imbattuta in quattro occasioni, poi, con il trofeo vinto, si è divertito a dire ai rivali «che avrebbero dovuto continuare a mangiare pasta asciutta».
Difensore centrale, Giorgio Chiellini (Ita)
Il 36enne sembra migliorare con l’età. E dove non è riuscito a intervenire ha fatto prevalere l’esperienza e la grinta, basti pensare al modo in cui ha fermato Saka. Se Harry Maguire si è presentato infortunato a Euro 2020 e Simon Kjaer è stato un leader fondamentale per la Danimarca, il capitano di questa top 11 non può che essere Giorgio Chiellini.
Terzino sinistro, Luke Shaw (Ing)
Partito dalla panchina nel match d’esordio contro la Croazia per far spazio a Kieran Trippier, Luke Shaw ha progressivamente scalato posizioni, manifestando grande capacità di adattamento su entrambe le fasce. Spina nel fianco costante per le difese avversarie ha chiuso il torneo con un gol in finale e tre assist. Leonardo Spinazzola avrebbe potuto contendergli il posto, ma con il Belgio è stato fermato da un grave infortunio. Menzione merita pure il danese Mæhle.
Centrocampista centrale, Pedri (Spa)
È stato eletto miglior giovane del torneo, a 18 anni Pedri ha trasferito le qualità già evidenziate con la maglia del Barcellona anche in Nazionale, offrendo prestazioni di livello altissimo, testimoniate dai 429 passaggi riusciti sui 456 effettuati, con una percentuale di successo monstre del 92 per cento. Ha dominato la scena nel match contro l’Italia di Verratti e Barella, non certo due principianti: sarà il riferimento della Spagna per molti anni.
Centrocampista centrale, Jorginho (Ita)
In finale, ha rischiato l’espulsione per la terribile entrata su Jack Grealish ed ha fallito il rigore potenzialmente decisivo. Piccole macchie che non pregiudicano un torneo in cui Jorginho ha confermato di essere centrocampista di grande geometria e visione di gioco. Meglio di Declan Rice e Sergio Busquets, il calciatore del Chelsea è il decimo a vincere Champions ed europeo nella stessa stagione, dettando alla grande i tempi della manovra azzurra.
Centrocampista centrale, Kalvin Phillips (Ing)
L’importanza di Kalvin Phillips nel progetto di Southgate si comprende bene leggendo i minuti giocati. Il centrocampista del Leeds non è uscito mai dal campo né in semifinale, né contro l’Italia. Il rendimento del calciatore è cresciuto insieme alla competizione e la costanza ha fatto la differenza rispetto alle prove sfoderate da Georginio Wijnaldum, Kevin De Bruyne e Renato Sanches.
Esterno d’attacco, Federico Chiesa (Ita)
Da subentrato, ha spaccato la partita con l’Austria ai supplementari. Da allora Federico Chiesa si è rivelato l’arma più efficace dell’attacco azzurro. Gerard Piqué lo aveva indicato come migliore della manifestazione e la sua assenza ha pesato nell’extra time della finale, quando Roberto Mancini è stato costretto al cambio.
Attaccante centrale, Patrick Schick, (Rep. Ceca)
In un torneo in cui sono mancati i grandi attaccanti, Patrick Schick è riuscito a prendersi la scena. Suo il gol più bello, da centrocampo, contro la Scozia. Cinque reti, come Ronaldo, a cui è andata la Scarpa d’oro per aver fornito anche un assist, ma questo non intacca minimamente un grande torneo.
Esterno d’attacco, Raheem Sterling (Ing)
Secondo molti non avrebbe dovuto giocare, almeno non così tanto. Raheem Sterling, invece, è stato il più presente della sua nazionale, collezionando tre gol e forse non il giusto tributo per le prove maiuscole sfoggiate. Forse ai danesi non piacerà per il rigore conquistato in semifinale, ma sarebbe potuto essere il migliore del torneo, se non fosse stato per il successo azzurro.
Allenatore, Roberto Mancini (Ita)
Kasper Hjulmand ha traghettato la Danimarca verso traguardi insperati, Gareth Southgate ha infranto molti tabù dell’Inghilterra, come la vittoria sulla Germania. Roberto Mancini, però, ha dimostrato di essere il migliore, e la trasformazione dell’Italia dopo il gol incassato in finale è la conferma ulteriore del fiuto del tecnico ex Manchester City.
In panchina: Kasper Schmeichel (Danimarca), Joakim Mæhle (Danimarca), Harry Maguire (Inghilterra), Marco Verratti (Italia), Mikkel Damsgaard (Danimarca), Karim Benzema (Francia).
DA blitzquotidiano.it il 13 luglio 2021. L’esultanza per il rigore di Bonucci è stata rilevata anche dai sismografi dell’INGV. L’Istituto nazione di geofisica e vulcanologia (INGV) ha infatti pubblicato la registrazione di un sismografo che mostra le vibrazioni prodotte dai tifosi italiani nel corso della finale degli Europei 2020 di calcio vinta dall’Italia contro l’Inghilterra, nella serata di domenica 11 luglio. L’INGV mostra il grafico di un sismogramma della stazione sismica di Montecelio, alle porte di Roma, durante i rigori della finale Italia-Inghilterra. Nel grafico si vede un picco, che indica una maggiore intensità delle vibrazioni in corrispondenza dei calci di rigore, in particolare tra quello segnato da Leonardo Bonucci e quello finale parato da Gianluigi Donnarumma. I geologi dell’Istituto li hanno chiamati “segnali sismici della felicità”. “Non è la prima volta – scrivono gli scienziati dell’INGV – che la rete nazionale sismica dell’INGV registra fenomeni che non sono legati ad attività naturale, ma all’attività umana. Anche il nostro entusiasmo durante i rigori della finale di EURO 2020 tra Italia ed Inghilterra è stato registrato, anche se probabilmente in misura minore del passato per via delle precauzioni per il Covid. Qui il segnale della stazione sismica di Montecelio, in provincia di Roma (MTCE), durante i rigori. Non è una grande città, ma in questo caso la registrazione è stata possibile perché la stazione è collocata all’interno dell’abitato e su uno strato di roccia che ha un ridotto livello di rumore sismico di fondo. Siamo CAMPIONI D’EUROPA!”.
Mario Sconcerti per il "Corriere della Sera" il 12 luglio 2021. Siamo Campioni d' Europa, la conquista di una grande squadra. Capiremo a mente fredda cosa vuol dire, cosa cambia della nostra estate e del calcio italiano. Questo è il momento di essere liberi e ringraziare tutti. Non tanto Mancini, che è stato sempre il più ringraziato, quanto i ragazzi, quelli insoliti come Di Lorenzo e Emerson, quelli sfiniti come Barella e Verratti. Quelli che ci hanno salvato tante volte come Chiesa e quelli che ci sono sempre stati come Bonucci e Chiellini, la nostra anima. Ringraziare l'estro di Insigne, l'errore inutile di Jorginho. Grazie a tutti quelli che hanno preso questo treno così strano e colorato da non pensare fosse il nostro. È stata un'impresa difficile. Siamo rimasti i primi trenta minuti in balia dell'invenzione di Southgate, un cambio improvviso di modulo che aggiunge un difensore e finisce per schierare la squadra con il 3-5-2. Trippier al posto di Saka, prudenza in più, un omaggio all' Italia che non abbiamo capito. Così quando Shaw ha seguito la prima azione dell'Inghilterra, con la partita ancora nella fase ingenua, e ha calciato in porta in grande solitudine, il suo avversario diretto, Chiesa, era a quaranta metri da lui. Il problema di chi marcava chi, non si è mai del tutto risolto su quella fascia perché Di Lorenzo tendeva a stringersi al centro per dare un'occhiata a Mount, motore ultimo dell'Inghilterra. Tutto per liberare Jorginho da un compito di marcatura e lasciarlo libero di pensare. Così ci siamo incastrati in una confusione suggestiva che ha portato molti fuori ruolo. L' Inghilterra non ha fatto di più, ha giocato all' italiana, aspettando e ripartendo pochissimo. Lentamente l'Italia è tornata in partita nel senso del possesso palla, non in quello del tiro in porta. Per quello bisogna aspettare il vero cambiamento, quando a inizio ripresa Cristante subentra a Barella. Troppo leggeri Verratti e Barella insieme per gli inglesi, Cristante porta fisico e soluzioni diverse. L' uscita contemporanea di Immobile per Berardi ha portato spazi e liberato Chiesa, via via salito fino a dominare. È cresciuto anche Insigne, è cresciuta l'Italia che si è aiutata con lo spavento degli atri, incapaci di cambiare la loro partita. Il gol di Bonucci è nato faticoso ma spontaneo, una conseguenza dovuta alla crescita del gioco italiano. È partito da Cristante, è stato chiuso da Bonucci, due piccoli giganti in mezzo alle torri inglesi. È stato in quel momento che si è capito che era passata un'epoca, con l'Inghilterra nella sua cattedrale non poteva fare nient' altro che difendersi. E noi a stringerla d' istinto fino in fondo alla sua area. Southgate si è reso conto dell'involuzione, ha messo Saka, è tornato sulla vecchia strada, ma l'Inghilterra non è cambiata, ha continuato a difendersi. Fino ai rigori, dove non era più possibile difendersi.
Da liberoquotidiano.it il 12 luglio 2021. Nessuno dei telespettatori da casa ha visto quanto accaduto, ma al minuto 87' di Italia-Inghilterra la partita è stata interrotta. L'arbitro Kuipers, nel bel mezzo della finalissima degli Europei a Wembley, ha preso il pallone in mano e fermato il gioco. Il motivo? Un'invasione di campo. Un ragazzo a petto nudo ha infatti scavalcato la recinzione che divide il pubblico dai giocatori, fino ad arrivare a sfiorare il portiere azzurro Gianluigi Donnarumma. Ci sono voluti ben quattro steward per fermare e braccare l'uomo. Momenti non trasmessi in televisione, per evitare di dare rilevanza al folle gesto. In ogni caso così facendo i giocatori di entrambe le squadre hanno potuto prendersi una breve pausa e riprendere fiato prima dei supplementari e dei rigori. Proprio questi ultimi, dopo una sofferta partita, hanno permesso alla Nazionale italiana di portare a casa la vittoria agli Europei. "Le lacrime sono per l’emozione nel veder gioire i ragazzi, dopo 50 giorni duri in cui siamo stati sempre bene insieme - sono state le prime parole del ct Roberto Mancini -. È merito dei ragazzi che hanno fatto un campionato d’Europa straordinario, nell’aver cementato questo gruppo hanno dimostrato di essere ragazzi per bene. Saranno legati per sempre tra di loro per questa serata". E ancora: "Sono felice perché la squadra ha giocato bene e ha meritato la vittoria. È vero che il gol all’inizio ci ha messo in difficoltà, poi abbiamo dominato e pareggiato. Meritavamo di chiuderla prima e non ai rigori". Stesso discorso per l'Inghilterra, che ha dato all'allenatore e agli azzurri filo da torcere.
Enrica Belloni per “Oggi” il 16 luglio 2021. Era andato sotto la curva a festeggiare la vittoria dell’Italia sulla Spagna. Ma mentre tornava in campo, il difensore Leonardo Bonucci e stato bloccato da una steward, convinta che fosse un tifoso. L’equivoco e durato poco, giusto il tempo per vedere dipingersi sulla faccia del calciatore juventino un’espressione tra l’incredulo e l’infastidito. Poi, grandi sorrisi e la festa e proseguita. I vip in mezzo alla gente sono un po’ cosi: in perenne equilibrio tra il fastidio di essere assediati e quello di non essere riconosciuti. C’è chi la prende con filosofia. Come Tomaso Trussardi, che in occasione di un’asta da lui indetta qualche tempo fa a Milano per sostenere l’associazione Doppia difesa, fondata da Michelle Hunziker e da Giulia Buongiorno, e stato fermato insieme con la scintillante moglie, da un addetto alla security che gli ha chiesto se fosse invitato, lista alla mano per verificarlo. «Sono Tomaso Trussardi, ho organizzato io la serata», e stata la risposta. Oggi potremmo dare la colpa alla mascherina. La indossava Cristiano Ronaldo a Budapest, prima della partita tra Portogallo e Ungheria, quando un addetto alla sicurezza gli ha chiesto «Scusi lei chi e?», la portava Irina Shayk passata del tutto inosservata mentre festeggiava in piazza Duomo la vittoria degli Azzurri sulla Spagna. Due solerti poliziotti hanno bloccato per dieci minuti George Clooney e la moglie Amal Alamuddin all’ingresso di Frogmore House, dove si teneva alla festa di nozze di Harry e Meghan. Gli agenti guardavano nell’auto con occhi sospettosi e George, seduto con Amal, gesticolava cercando di spiegare chi fosse, ha scritto il Daily Mail. Chissà se lo spiritoso Clooney ha azzardato un “No Martini, no party”? Si e senz’altro divertita, la regina Elisabetta, due anni fa, nei pressi della sua tenuta di Balmoral. Me tre camminava con un foulard e un giaccone in tweed (niente cappellino e soprabito color pastello, va detto), e stata fermata da un gruppo di americani che le ha chiesto: «La Regina vive qui intorno?» «Certo, abita qui vicino», ha risposto lei. «E le e mai capitato di incontrarla?», hanno domandato gli ignari turisti. «No, ma quel poliziotto si, vi potrà raccontare qualche gossip su Sua Maestà», ha detto Elisabetta II, indicando Richard Griffin, la sua guardia del corpo. Si e presa gioco dei “comuni mortali” anche Jill Biden, la First Lady americana, che ha fatto un pesce d’aprile sull’aereo: travestita da hostess, con una parrucca mora e la targhetta “Jasmine” sulla divisa, ha servito il gelato ai passeggeri. Nessuno, compresi giornalisti e staff del presidente, l’ha identificata. Pare invece non abbia gradito Vladimir Putin, che nel 2006 fu scambiato per la guardia del corpo di Silvio Berlusconi. «Ero in giro con lui. Aveva una maglietta a maniche corte, pensavano fosse una delle mie guardie del corpo. C’è rimasto molto male», ha raccontato l’allora presidente del Consiglio. Qualcuno svela le sue disavventure. Luciano Ligabue narra spesso questo aneddoto: «Ero seduto al bar a leggere il giornale, si avvicina un uomo e mi chiede “Ma sei proprio tu? “Si”, gli dico. “Ti facevo più alto” e il suo commento. Poi aggiunge: “Puoi fare un autografo a un’amica che e tua fan? Puoi scrivere: a Marta con tanto amore, firmato: Piero Pelu”». La serie “cantanti che passano inosservati” comprende anche Tiziano Ferro ignorato nel 2018 in un locale di Praia De Albufeira, in Portogallo, mentre si esibiva al karaoke (la canzone, va detto, non era sua ma di John Legend). «Imperante indifferenza per la mia appassionata partecipazione al karaoke. Torno al mio repertorio, meglio!», ha scritto sui social. Facciamo un salto indietro nel tempo, al 1976, quando Francesco De Gregori e Claudio Baglioni, improvvisati musicisti di strada, sono stati del tutto ignorati dai romani. «Un sabato pomeriggio decidemmo di scendere in strada e andare a suonare davanti al Pantheon», ha raccontato Claudio Baglioni. «Eravamo già popolari. Iniziammo a suonare dei pezzi non nostri, classici, ma vedendo che non attaccava partimmo con i nostri cavalli di battaglia. Niente. Zero assoluto. Aprimmo le custodie delle chitarre quasi come provocazione perchè qualcuno si fermasse e ci lasciasse qualcosa. Solo dei giapponesi ci lanciarono due spicci. Quindi ce ne andammo e non ne parlammo mai più. De Gregori dice che io la presi malissimo. Ma io ricordo che lui la prese molto peggio». Infine, Giulia De Lellis due anni fa e stata scambiata per una truccatrice nel beauty store di un aeroporto, come ha raccontato su Instagram. «Una ragazza viene e mi fa “Senti bella, non e che tu sai truccare, fare le sopracciglia, mettere l’eyeliner?”. Io dico: “Si, certo, te lo metto io”. Pensavo mi conoscesse e che avesse visto uno dei miei tutorial di trucco. Invece mi chiede: “Tu che fai nella vita?”. “Come che faccio? Non lo sai?” Lei: “No, ho chiesto a te per- che mi sembravi ben truccata”».
La rivelazione di Evani: "Cosa è successo ai rigori..." Antonio Prisco il 17 Luglio 2021 su Il Giornale. Il vice ct di Mancini svela un retroscena sui calci di rigore: "Tutti volevano prendersi la responsabilità di tirarlo, allora ho capito che avremmo vinto". "Tutti volevano calciare i rigori, lì ho capito che avremmo vinto". Lo ha svelato Chicco Evani, vice ct nello staff di Roberto Mancini, ai microfoni de La Stampa. Una volta i rigori erano ritenuti una maledizione anche per l'Italia. Tante volte in passato avevano fatto piangere gli Azzurri nelle gare importanti, basti pensare a Italia '90, in semifinale con l'Argentina di Maradona, o a Usa '94, in finale col Brasile ma anche quattro anni dopo a Francia '98 quando la truppa di Cesare Maldini fu sconfitta da Zidane e compagni. Il tabù fu infranto per la prima volta a Euro 2000 contro l'Olanda grazie ad un super Toldo fino al trionfo indimenticabile di Berlino 2006, cui si aggiunge ora il successo a Euro 2020. In Inghilterra ancora non si danno pace per quei rigori sbagliati: il ct Gareth Southgate è sulla graticola per aver scelto dei ragazzini alle prime esperienze e si è perfino ipotizzato l'utilizzo di un algoritmo per la scelta dei tiratori dagli undici metri. Atmosfera di tutt'altro tipo si respira invece in casa azzurra. Il grande lavoro fatto da Roberto Mancini e dal suo staff (di cui fanno parte oltre a Lele Oriali e Gianluca Vialli, anche gli ex sampdoriani Lombardo, Nuciari, Salsano ed Evani) si è visto sul campo soprattutto nei momenti di maggiore tensione come la lotteria dei calci di rigore con la quale si è decisa la sfida con l'Inghilterra. A raccontare quei momenti è stato Chicco Evani. L'ex ala sinistra del Milan stellare di Arrigo Sacchi ha raccontato un interessante retroscena sui rigori al quotidiano La Stampa: "Io vi garantisco che nessuno dei nostri si è tirato indietro, anzi semmai abbiamo avuto il problema contrario: li volevano tirare tutti. Tutti volevano prendersi la responsabilità, è stata una bellissima prova di coraggio, io lì ho capito che ce l’avremmo fatta". A scegliere i 5 rigoristi è stato naturalmente Mancini: "È lui il ct ed è lui che alla fine ha l’ultima parola. Ha deciso bene direi, d’altra parte lui è sia un ex campione sia un tecnico intelligente e sensibile e in quei frangenti conta molto la psicologia, più che la tecnica. E Roberto sa leggerla". La chiusura infine è sul segreto del successo degli Azzurri, la serenità all'interno dello spogliatoio, come assicura Evani: "Oggi i giocatori hanno bisogno di un clima molto sereno in cui poter dare il meglio, lo dico perché avendo lavorato per anni con le nazionali giovanili so che l’atmosfera dello spogliatoio fa la differenza".
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Antonio Prisco. Appassionato di sport da sempre, tennista top ten e calciatore di alto livello soltanto nei sogni. Ho cominciato a cimentarmi con la scrittura sin dai tempi del liceo, dopo gli studi in Giurisprudenza ho ripreso a scrivere di sport a tempo pieno.
L'attacco a Mancini: "Lo odio, volevo che perdesse..." Antonio Prisco il 17 Luglio 2021 su Il Giornale. L'ex terzino del City, Wayne Bridge attacca il ct della Nazionale: "Non ho mai provato amore per lui, tatticamente non è così bravo..." "Mi ha fatto davvero male perché odio Roberto Mancini, tutti sanno che non lo amo. Non direi che è il peggiore che ho avuto, ma tatticamente non è eccezionale". Lo ha detto l'ex calciatore del Manchester City, Wayne Bridge durante la trasmissione The Big Stage di Bettingexpert. Lo storico successo dell'Italia a Wembley fa ancora tanto male agli inglesi. La conquista dell'Europeo con Roberto Mancini, assoluto protagonista, ha ferito in modo particolare uno dei suoi ex calciatori ai tempi del City, Wayne Bridge. L'ex terzino sinistro, famoso soprattutto per il triangolo amoroso con John Terry e la sua ex compagna Vanessa Perroncel, trovò Mancini sulla sua strada nell'annata 2009, alla guida del Manchester City, subito dopo l'esonero di Mark Hughes. Tra i due il rapporto ai Citizens non funzionò benissimo tanto che ben presto l'arrivo del francese Clichy gli precluse il posto da titolare e lo costrinse ad andare in prestito al West Ham. Di sicuro Bridge non avrà dimenticato quel periodo e non nasconde che la vittoria dell'Italia sia stata per lui un duro colpo: "Mi ha fatto davvero male perchè odio Mancini, tutti sanno che non provo amore per lui. Non direi che è il peggiore che io abbia mai avuto, ma tatticamente non è poi così bravo. Ma quello che ha fatto è stato grande ed è una cosa che mi costa dire. La mia famiglia non era solamente contenta perchè stava vincendo l'Inghilterra, ma anche perchè Mancini 'stava perdendo, quindi è stata una cosa ancora peggiore. Non l'ho mai capito come allenatore. Al Manchester City ha vinto la Premier League, quindi i tifosi lo adorano, ma se guardate ai calciatori e alla squadra che aveva, l'ha vinta grazie a loro, non perchè è un buon tecnico". Ma cosa non è piaciuto a Bridge di quell'esperienza? Lo spiega lui stesso. "Ho avuto problemi con lui, abbiamo lavorato assieme per alcuni mesi, siamo andati d'accordo ma gli allenamenti non mi piacevano per niente. Facevamo tattica contro delle sagome e come terzino ti diceva 'la devi passare a lui o a lui, se la passi di qua corri di là, se la passi di qua corri di là'. Ti dava due opzioni e ti faceva allenare contro delle sagome e questo non è calcio. Craig Bellamy ha provato a chiedere qualcosa, tipo 'che succede se in partita qualcuno fa questo' e Mancini gli ha risposto 'zitto', l'ha mandato a casa e non lo ha fatto tornare agli allenamenti. Ed è una cosa che da un allenatore non capisco".
Antonio Prisco. Appassionato di sport da sempre, tennista top ten e calciatore di alto livello soltanto nei sogni. Ho cominciato a cimentarmi con la scrittura sin dai tempi del liceo, dopo gli studi in Giurisprudenza ho ripreso a scrivere di sport a tempo pieno. Nostalgico della Brit Pop, adoro l'Inghilterra e il calcio inglese. Amo i film di Lars von Trier e i libri di Stephen King.
Da ansa.it il 12 luglio 2021. "Non avrei potuto dare di più, i ragazzi non avrebbero potuto dare di più. I rigori sono il modo più brutto per perdere al mondo. Non era la nostra serata, ma è stato un torneo fantastico e dobbiamo essere orgogliosi e tenere la testa alta". Harry Kane, attaccante e capitano dell'Inghilterra, ha cercato di spronare i compagni dopo la finale europea persa in casa con l'Italia. "Ora stiamo male, ma siamo sulla strada giusta e stiamo costruendo - ha detto alla Bbc - Spero che possiamo progredire grazie a questa esperienza, l'anno prossimo" al mondiale. "L'Italia è una grande squadra. Avevamo iniziato in modo perfetto e forse dopo siamo andati un po' troppo indietro (...) A dire il vero, avevamo più controllo del gioco, ma loro hanno pareggiato su calcio piazzato. E i tiri in porta sono i tiri in porta. I ragazzi hanno fatto tutto quello che potevano, non era la nostra serata. Queste sono cose che accadono. Chiunque può sbagliare un rigore. Vinciamo insieme o perdiamo insieme".
Euro 2020, la maledizione di Soutghate: "Una scelta mia", suicidio inglese a Wembley? Libero Quotidiano il 12 luglio 2021. "Era andata male a Gareth Southgate il 26 giugno 1996, nella semifinale dell'Europeo organizzato dall'Inghilterra, quello del coming home originale. Il c.t. all'epoca era un ruvido stopper, fallì il sesto rigore e mandò in finale la Germania, che poi battè la Repubblica Ceca con un golden gol di Oliver Bierhoff". Così scrive il Corriere della Sera parlando del ct dell'Inghilterra che nella finale persa ai calci di rigore contro l'Italia deve aver rivissuto quell'incubo: stesso stadio, rigori decisivi per assegnare la vittoria, ma stavolta lui era in panchina e non in campo. Ma il risultato è stato lo stesso: la Nazionale dei Tre Leoni ko. "All'epoca sbagliò con i piedi, questa volta ha sbagliato con le scelte. Hanno fallito Rashford e Sancho, gli uomini che ha fatto entrare dalla panchina al 120' proprio per far battere i rigori a giocatori freschi. In realtà ha mandato in campo giocatori freddi, che dagli undici metri hanno tremato nel momento più importante", ricorda ancora il Corriere che poi riporta le frasi sconsolate del ct a fine match: "La scelta è stata mia, sono incredibilmente deluso". Il principe William ha twittato: "Abbiamo il cuore spezzato ma i nostri calciatori possono tenere la testa alta". Anche il premier Boris Johnson si è espresso: "È stata una conclusione straziante per Euro2020, ma Gareth Southgate e la sua squadra hanno giocato come eroi. Hanno reso orgogliosa la nazione e meritano grande merito". Kane, da capitano, ha cercato di sollevare l'animo ai tre compagni che hanno sbagliato, cioè Rashford, Sancho e Saka: "Chiunque può sbagliare. Vinciamo insieme, perdiamo insieme. Impareremo e cresceremo da questa esperienza. Quei ragazzi cresceranno e saranno più motivati per il Mondiale del prossimo anno". L'attesa per un trofeo, però, adesso dura da 55 anni. Dalla vittoria in casa del Mondiale 1966.
Il ct sbagliò il penalty decisivo. La "maledizione" di Southgate: la sua Inghilterra perde ai rigori contro l’Italia come nel 1996. Carmine Di Niro su Il Riformista il 12 Luglio 2021. Quando Gigio Donnarumma ha parato il rigore tirato da Bukayo Saka, probabilmente Gareth Southgate avrà ripensato a quel drammatico 26 giugno 1996, quando l’allora difensore della Nazionale dei ‘tre leoni’ sbagliò il rigore decisivo contro la Germania, mandandola in finale a conquistare l’Europeo contro la Repubblica Ceca grazie ad un gol di Oliver Bierhoff. Anche domenica sera lo stadio amico di Wembley è stato un incubo per il commissario tecnico inglese, costretto ancora una volta ad uscire sconfitto dalla lotteria dei rigori. Ma se quella volta sbagliò con i piedi, questa volta l’errore è con le scelte. Quelle criticate dalla stampa britannica e internazionale e da alcuni colleghi allenatori, come il portoghese Josè Mourinho. Perché a sbagliare sono stati proprio gli uomini scelti da Southgate per entrare in campo al 120esimo minuto, allo scadere in pratica del secondo tempo supplementare, proprio in vista dei rigori decisivi. L’ingresso in campo di Rashford e Sancho, scelti dall’allenatore proprio per i rigori, si è rivoltato contro lo stesso Southgate con gli errori dal dischetto dei due calciatori di Manchester United e Borussia Dortmund. “Se sei Sterling o Grealish non puoi stare lì seduto e permettere che un ragazzino vada a tirare il rigore decisivo prima di te. Non puoi”, aveva tuonato nel post partita Roy Keane, ex capitano dello United, all’attacco di due dei più forti calciatori della Nazionale non presenti nella cinquina che ha sfidato Donnarumma. Grealish, fantasista dell’Aston Villa e vero e proprio idolo dei tifosi sudditi di Sua Maestà, gli ha replicato evidenziano come la scelta non fosse sua: “Ho detto che volevo tirare un rigore! Il mister ha preso tante decisioni giuste in questo torneo, ha scelto lui anche stasera, ma non permetto a nessuno di dire che non ho voluto calciare quando avevo detto che volevo” ha commentato. Ma il concetto di Keane è stato ripetuto anche da Mourinho in una intervista a Talk Radio: “Dov’era Raheem Sterling? Dov’era John Stones? Dov’era Luke Shaw? Perché Jordan Henderson o Kyle Walker non sono rimasti in campo? Ma per Saka avere sulle spalle il destino di un Paese… penso sia troppo. Povero Saka, mi dispiace molto per lui”. La scelta di Southgate di mandare in campo giocatori "freddi" e di consegnare a loro le sorti della squadra, alla fine, non ha pagato.
Carmine Di Niro. Romano di nascita ma trapiantato da sempre a Caserta, classe 1989. Appassionato di politica, sport e tecnologia
Finale Euro 2020, tifoso inglese si fa un tatuaggio con la coppa ma poi vince l’Italia. Debora Faravelli il 12/07/2021 su Notizie.it. Si era fatto un tatuaggio con la coppa e il motto della squadra inglese: delusione per un tifoso britannico dopo la sconfitta della sua nazionale. Qualche giorno prima che si disputasse la finale di Euro2020 un tifoso inglese si era fatto un tatuaggio raffigurante la coppa vinta dalla sua nazionale con la scritta “It’s coming home”, il motto britannico urlato, cantato e affermato per giorni dai supporters dell’Inghilterra: cosa farà ora che a vincere gli Europei è stata l’Italia? Era convinto della vittoria e come lui decine di altri supporters britannici che, dopo la vittoria della semifinale contro la Danimarca, non avevano dubbi sul fatto che l’Inghilterra avrebbe trionfato a Wembley. E invece, dopo un goal segnato al secondo minuto e il successivo pareggio da parte dell’Italia, a risultare vittoriosa nello stadio londinese è stata la nazionale azzurra. Il ragazzo in questione si chiama Lewis Holden e aveva scommesso con un amico che si sarebbero fatti dei tatuaggi uguali se l’Inghilterra fosse arrivata in finale. Così ha deciso di tatuarsi sul polpaccio la coppa con la scritta “Euro 2020” e lo slogan dell’Inghilterra “It’s coming home”. “Non sarà un problema, ne sono fiducioso. Lunedì tutti faranno la fila per questo tatuaggio”, aveva affermato manifestando sicurezza circa la vittoria della sua squadra e il ritorno a casa del calcio. E invece domenica sera ha dovuto fare i conti con la delusione dopo che gli azzurri hanno battuto gli inglesi ai rigori. Resta ora da chiedersi cosa farà Lewis con il tatuaggio, che in breve tempo ha già fatto il giro del web. Sui social c’è chi ipotizza possa farlo rimuovere o attendere il prossimo Europeo per cambiare l’anno. Altri ironizzano sul fatto che possa modificare la parola “home” con “Rome”.
Dagotraduzione dal Manchester Evening News il 15 luglio 2021. Il calcio potrebbe non essere ancora tornato a casa, ma il tatuaggio "Inghilterra Vincitore di Euro 2020» di Lewis Holden è qui per restare. Il calciatore della Sunday League Lewis era così fiducioso sulle possibilità dell'Inghilterra di alzare il trofeo, che si è fatto tatuare la frase sulla gamba destra tre giorni prima della finale. E nonostante la sconfitta della notte scorsa, Lewis ha deciso di tenere il suo tatuaggio - e ha persino promesso di farne uno uguale sull'altra gamba se l'Inghilterra raggiungerà la finale della Coppa del Mondo del prossimo anno. Lewis, 26 anni, ha detto; «Sono assolutamente distrutto, ma chi non lo è? Ma mi tengo il tatuaggio - non c'è modo di liberarmene». Lewis era rimasto molto fiducioso che gli uomini di Gareth Southgate avrebbero battuto l'Italia e alzato il primo trofeo importante dell'Inghilterra in 55 anni. Ma quando la partita è andata ai rigori Lewis ammette che anche lui ha a dubitarne. Ha detto: «Quando siamo andati ai rigori ho pensato: “Forse non tornerà a casa”». «Dopo che abbiamo perso, i miei amici mi hanno preso in giro, dicendo che dovrò farmi tagliare la gamba! E, senza esagerare, ho ricevuto richieste di amicizia su Facebook da circa 500 italiani durante la notte. Il mio telefono non ha letteralmente smesso di ronzare. Non ho idea di cosa vogliano, ma non c'è modo di sbarazzarmene». Nonostante la delusione di ieri sera, Lewis afferma di non avere rimpianti per aver fatto il tatuaggio - e ha persino promesso di farsi fare un “'England World Cup 2022 winners” sulla gamba sinistra se l'Inghilterra raggiungerà la finale il prossimo anno in Qatar. Ha detto: «L'ho fatto per una risata con i miei compagni. Vedi così tante persone sempre negative sui social media, volevo solo fare qualcosa con un po' di positività. La quantità di attenzione che ha ricevuto e il brusio che ha creato erano irreali. Questa è la migliore squadra inglese che ho visto nella mia vita e potrei non vederla mai più in una finale. Ma se arriviamo alla finale l'anno prossimo, sarò di nuovo nel negozio di tatuaggi».
Euro 2020, la pagliacciata di Harry Kane che ci era sfuggita: insultano Ciro Immobile? Ecco la vergogna inglese. Libero Quotidiano il 14 luglio 2021. Polemiche infinite, da parte degli inglesi, dopo la finalissima di Wembley, dopo il trionfo dell'Italia ai calci di rigore a Euro 2020. Polemiche iniziate con la medaglia sfilata a tempo record, poi proseguite con la folle petizione online con la richiesta di ripetere l'incontro. La ragione? L'arbitraggio, che è stato perfetto, ci avrebbe favorito. Follie, totali. E che lasciano il tempo che trovano. Inglesi avvelenati anche per l'intervento di Giorgio Chiellini su Sakà al 95esimo minuto, la strattonata che è già nel mito del calcio italiano che al capitano è valsa il cartellino giallo. Inglesi avvelenati e vergognosi: la fuga dal campo dei giocatori, quella del principe William dagli spalti per non salutare Sergio Mattarella, poi la caccia all'italiano fuori da Wembley e un po' per tutta Londra, con i violenti pestaggi di ignari passanti azzurri. Una figuraccia, in tutto e per tutto. E tra gli episodi contestati da tifosi e giocatori, anche quanto fatto da Ciro Immobile nel secondo tempo, quando Leonardo Bonucci è riuscito a pareggiare la partita con la zampata sotto porta. Già, Immobile era a terra, dolorante, o meglio fintamente dolorante. Ma quando la palla è entrata in rete, come per magia, il dolore è sparito: subito in piedi e corsa ad esultare con gli altri compagni. Apriti cielo: anche per questo episodio sono piovute accuse, insulti e chi più ne ha più ne metta. Peccato però che ora sui social stia rimbalzando il video che vi proponiamo qui sotto. Un video che mostra Harry Kane, stella dell'Inghilterra e del Tottenham (che dovrebbe però lasciare in questo calciomercato), dolorante a terra dopo un contrasto proprio con Chiellini. Peccato però che nel momento più propizio, Kane si alzi e prosegua l'azione. E gli inglesi, adesso, che dicono?
Euro 2020, la bomba di Mourinho: "Sicuro al 100%, chi ha rifiutato di calciare il rigore. E quel ragazzino..." Libero Quotidiano il 12 luglio 2021. Josè Mourinho sgancia una bomba sulla sconfitta dell'Inghilterra nella finale degli Europei. L'Italia di Roberto Mancini è per la seconda volta nella storia campione d'Europa, ha vinto ai calci di rigore con la parata decisiva di Gigio Donnarumma che ha lasciato di sasso Saka. Ma secondo il neo allenatore giallorosso, come confidato a TalkSport e ripreso da Dagospia, non si deve attribuire la sconfitta a Saka: "Penso che sia troppo per un ragazzino avere tutto sulle spalle in questo momento, ma non lo so, devo fare questa domanda a Southgate perché tante volte succede che i giocatori che dovrebbero esserci non ci sono, i giocatori che dovrebbero esserci, scappano dalle responsabilità". Insomma, qualcuno è "scappato" di fronte alla propria responsabilità secondo Mou. "Non chiedetemi chi è perché non ve lo dico, ma mi è stato detto al cento per cento che un giocatore avrebbe dovuto tirare un rigore e ha rifiutato". Quindi, prosegue il tecnico, "a volte accadono queste situazioni e le persone oneste come Gareth non espongono il giocatore". E si chiede Mourinho: "Dov’era Raheem Sterling? Dov’era John Stones? Dov’era Luke Shaw? Perché Jordan Henderson o Kyle Walker non sono rimasti in campo? Ma per Saka avere sulle spalle il destino di un Paese… penso sia troppo. Povero Saka, mi dispiace molto per lui”.
La rivelazione: ''Come Southgate ha scelto i 5 rigoristi...'' Antonio Prisco il 14 Luglio 2021 su Il Giornale. Secondo quanto riportato da El Pais, il ct inglese avrebbe scelto i cinque da mandare sul dischetto grazie al lavoro di un gruppo di analisti. Il ct inglese Gareth Southgate avrebbe scelto i cinque rigoristi per la finale di Euro 2020 contro l'Italia, grazie ad un algoritmo. Lo scrive il quotidiano spagnolo El Pais, che cita fonti della Federcalcio inglese. L'Inghilterra perde ancora ai rigori, confermando lo scarso feeling dei suoi calciatori con i tiri dagli undici metri. Stavolta però non è stato però tutto frutto del caso o della sfortuna, ma di strategie ben precise. Infatti secondo quanto riportato da El Pais le scelte degli inglesi sarebbero state affidate ad un algoritmo speciale. Ebbene sì Southgate, che ha mandato dal dischetto il giovane Saka, che non aveva mai calciato un rigore in carriera, avrebbe scelto i cinque rigoristi, sfruttando anni di elaborate analisi dei dati da parte degli scienziati del dipartimento più finanziato di tutte le federazioni calcistiche del mondo. Gli esperti, diretti da Mark Bullingham, hanno seguito un metodo basato su modelli matematici popolarmente conosciuti come Big Data, provenienti dal baseball. Secondo il quotidiano spagnolo, anche l'ordine dei tiratori nella finale con l'Italia (Kane, Maguire, Rashford, Sancho e Saka) sarebbe stato suggerito dagli analisti. E nel caso in cui si fosse andati avanti nella lotteria dei rigori sarebbe toccato probabilmente al portiere Jordan Pickford. In fondo Southgate non è nuovo a scelte di questo tipo. Due anni fa, alla domanda sull'influenza dell'intelligenza artificiale nella preparazione dei rigori, il ct inglese spiegò che i programmi di Google gli avevano aperto l'orizzonte. "Abbiamo analizzato migliaia di tiri - disse - abbiamo cambiato la nostra cultura. Storicamente la federazione inglese viene vista come un gruppo di vecchi in giacca e cravatta, scollegati dal resto della società. Ci siamo dovuti modernizzare". Dopo tutto c'era un precedente felice: quando l'Inghilterra ha battuto la Colombia ai rigori ai Mondiali in Russia. Il giornale spagnolo evidenzia che l'esito di Wembley si sistema accanto ai grandi precedenti, agli errori di calciatori come "Maradona, Zico, Platini, Baggio, Baresi, Cristiano, Ramos, Raul o Djukic, campioni che hanno dimostrato l'inesistenza di una formula infallibile per segnare un rigore. La vera novità non è il fallimento di stelle e capitani - si legge - ma quello di giovani con poca o nessuna esperienza, selezionati tramite Google". Almeno Southgate si è preso fin da subito tutte le responsabilità: "È colpa mia, ho deciso i rigoristi in base a ciò che avevamo studiato. A Russia 2018 e in Nations League aveva funzionato". Sull'argomento l'ex attaccante dell'Inter, Roberto Boninsegna ha spiegato: "C’è una gran bella differenza fra calciare un rigore in una finale di Europeo o alla seconda giornata di campionato o in un preliminare di Europa League, solo l’allenatore può capire chi è giusto mandare sul dischetto e a volte nemmeno lui''. Ecco forse sarebbe meglio seguire i consigli di Bonimba.
Antonio Prisco. Appassionato di sport da sempre, tennista top ten e calciatore di alto livello soltanto nei sogni. Ho cominciato a cimentarmi con la scrittura sin dai tempi del liceo, dopo gli studi in Giurisprudenza ho ripreso a scrivere di sport a tempo pieno. Nostalgico della Brit Pop, adoro l'Inghilterra e il calcio inglese.
Carlos Passerini per corriere.it il 14 luglio 2021. I cinque rigoristi inglesi? Li ha scelti il computer. O meglio, un algoritmo. Che, oggettivamente, non ha fatto un gran lavoro visto come è andata a finire. La verità è che nemmeno i big data — lo studio dei dati statistici, sempre più diffuso anche nel calcio — possono granché di fronte al mistero buffo dei calci di rigore, dove entrano in gioco tante, troppe componenti emotive e ambientali. «C’è una gran bella differenza fra calciare un rigore in una finale di Europeo o alla seconda giornata di campionato o in un preliminare di Europa League, solo l’allenatore può capire chi è giusto mandare sul dischetto e a volte nemmeno lui» spiega Roberto Boninsegna, che non nasconde il suo scetticismo. A svelare il retroscena è stato il quotidiano spagnolo El Pais, che cita fonti della Federazione inglese. In molti hanno espresso grosse perplessità sulla scelta di mandare a calciare gli ultimi tre rigori Rashford, Sancho e Saka, rispettivamente di anni 23, 22 e 22. Tutti e tre hanno sbagliato. Proprio le statistiche dicono che dei 30 calciatori che hanno battuto dal dischetto in questo Europeo, solo Sancho e Saka avevano meno di 22 anni. Saka peraltro non aveva mai calciato un rigore in vita sua in una partita ufficiale. Il c.t. Soutgathe si è preso fin da subito tutte le responsabilità: «È colpa mia, ho deciso i rigoristi in base a ciò che avevamo studiato. A Russia 2018 e in Nations League aveva funzionato». Stavolta no. Anni e anni di elaborate analisi dei dati da parte degli scienziati del dipartimento più finanziato di tutte le federazioni calcistiche del mondo non sono serviti a nulla. Anzi, forse hanno proprio portato sulla strada sbagliata. Scrive il quotidiano spagnolo che pure l’ordine dei tiratori (Kane, Maguire, Rashford, Sancho e Saka) è stato suggerito dagli analisti della FA, che ovviamente ora sono nel mirino della critica. Chissà se questo fiasco epocale cambierà qualcosa nel progetto federale, che ha radici lontane. Southgate parlò di «cambiamento culturale» nel 2019 in una conferenza organizzata da Google Cloud, sponsor della federazione. «Abbiamo analizzato migliaia di tiri — disse il c.t. ora nella bufera, anche se resterà al suo posto — e abbiamo cambiato la nostra cultura. Storicamente la Federazione inglese viene vista come un gruppo di vecchi in giacca e cravatta, scollegati dal resto della società. Ci siamo dovuti modernizzare». Modernizzare non sempre però significa migliorare.
Da liberoquotidiano.it il 14 luglio 2021. Il portiere dell'Inghilterra Jordan Pickford ha tentato di salvare la sua nazionale nella finale contro l'Italia di Euro 2020 provando a parare quanti più rigori possibili. Pickford è riuscito a neutralizzare il rigore di Andrea Belotti e quello di Jorginho, prima di arrendersi agli errori dei suoi compagni di squadra che hanno portato gli azzurri sul tetto d'Europa. Dietro le parate di Pickford si nasconde un piccolo segreto. L'estremo difensore inglese ha scritto gli appunti sui rigoristi della squadra avversaria su un foglio attaccato alla sua bottiglia d'acqua. Il n. 1 dell'Everton aveva fatto la stessa cosa nei mondiali del 2018 contro la Colombia nella vittoria agli ottavi di finale. Le note di Pickford, fa sapere il sito Fanpage, includevano anche istruzioni per il resto della squadra italiana, incluso un appunto su Jorginho e la sua rincorsa "saltellante" che avrebbe potuto ingannarlo. Si leggono i nomi di Florenzi, Raspadori, Toloi, Cristante, Acerbi, Bastoni e anche Donnarumma, erano tutti elencati su un lato della bottiglia di Pickford. Sul dischetto però si sono presentati Berardi, Belotti, Bonucci, Bernardeschi e Jorginho con Pickford che ha parato il tiro dal dischetto all'attaccante del Torino e al centrocampista del Chelsea. Ai Mondiali del 2018, Pickford aveva effettuato una superba parata su Carlos Bacca per aiutare l'Inghilterra a passare agli ottavi del torneo, ma stavolta con l'Italia gli è andata male.
Spunta l'arma segreta del portiere inglese ai rigori...Alessandro Ferro il 14 Luglio 2021 su Il Giornale. Poco prima dei calci di rigore, il portiere dell'Inghilterra Jordan Pickford è apparso con la testa china intento a "leggere": la scena non è sfuggita agli occhi dei fotografi. Ecco cosa stava facendo...Il portiere della nazionale inglese, Jordan Pickford, le ha provate tutte, ma proprio tutte, per fermare i rigoristi azzurri già ben prima che la finale di Euro 2020 si decidesse dai tiri dal dischetto.
Gli appunti sulla borraccia. Previdente, ancora prima di arrivare a Wembley con i propri compagni per affrontare l'Italia, il numero uno dell'Everton aveva appuntato sulla propria borraccia tutti i nomi dei calciatori italiani assieme alle traiettorie usate più di frequente dai ragazzi di Mancini in modo tale da poter provare a parare i tiri qualora la finale si fosse decisa dopo i tempi supplementari. Immaginate una "lista" scritta da Pickford con tutti e 25 gli azzurri e ripassata poco prima dei tiri dagli 11 metri mentre il portiere si avviava verso la porta di destinazione come mostra un fermo immagine catturato dai fotografi con il portiere intento alla lettura. "Berardi tira così, Belotti da quella parte, Bonucci così..." devono essere stati i suoi pensieri in quei momenti secondo quanto appuntato durante il ritiro inglese. Il "memorandum", però, ha funzionato fino ad un certo punto: neutralizzati i rigori di Belotti (in basso alla sua sinistra) e Jorginho (alla sua destra): l'Inghilterra ha sognato ed è stata avanti soltanto per 47 secondi, e cioè il tempo tra l'errore di Belotti e la rete di Maguire. Dopodiché, si sono pareggiati i conti e l'Italia è tornata avanti. Secondo quanto rivelato in Inghilterra da Sportsmail, le note di Pickford includevano anche un appunto particolare su Jorginho e la sua rincorsa "saltellante" che avrebbe potuto ingannarlo: in questo caso, però, onore al merito per aver neutralizzato il rigore di uno dei più bravi rigoristi in circolazione.
Donnarumma va a "memoria" (e vince). Tre gli errori inglesi dal dischetto, di cui due parati dal nostro Gigio che è andato sicuro senza dover ripassare nulla né sulla propria borraccia né da nessun'altra parte: il miglior giocatore del torneo ha neutralizzato i rigori decisivi di Sancho e Saka regalandoci la Coppa che torna a Roma, che è tornata a Roma (ora si direbbe "it has come to Rome"). Come riporta Open, il trucchetto degli inglesi è stato già utilizzato in passato quando l’Inghilterra spezzò la maledizione dei calci di rigore che perseguitava la nazionale dei Tre Leoni appuntandosi le traiettorie dei rigoristi della Colombia ai quarti di finale durante i Mondiali del 2018: all'epoca la mossa funzionò e permise alla nazionale inglese di superare il turno. Questa volta, però, Pickford aveva fatto i conti senza gli "osti": la freddezza degli azzurri dal dischetto e la presenza del portiere più forte del mondo.
Alessandro Ferro. Catanese classe '82, vivo tra Catania e Roma dove esercito la mia professione di giornalista dal 2012. Tifoso del Milan dalla nascita, la mia più grande passione è la meteorologia. Rimarranno indimenticabili gli anni in cui fui autore televisivo dell’unico canale italiano mai dedicato, Skymeteo24. Scrivo per ilGiornale.it dal mese di novembre del 2019 occupandomi soprattutto di cronaca, economia e numerosi approfondimenti riguardanti il Covid (purtroppo). Amo fare sport, organizzare eventi e stare in compagnia delle persone più care. Avviso ai naviganti: l’arancino è sempre maschio, diffidate da chi sostiene il contrario.
Il discorso di Vialli prima della finale commuove l’Italia: l’onore si conquista nell’arena. Redazione venerdì 16 Luglio 2021 su Il Secolo d'Italia. Gianluca Vialli, capodelegazione della nostra Nazionale, è stato un motivatore eccezionale agli Europei 2020: lo dimostra il discorso che ha fatto agli azzurri due giorni prima della finale Italia-Inghilterra a Wembley. Vialli ha scelto una citazione di Frank Delano Roosevelt per esortare i calciatori a lottare fino in fondo, a mettercela tutta. Ecco il passaggio letto da Vialli: “Non è colui che critica a contare, né colui che indica quando gli altri inciampano o che commenta come una certa azione si sarebbe dovuta compiere meglio. L’onore spetta all’uomo nell’arena. L’uomo il cui viso è segnato dalla polvere, dal sudore e dal sangue. L’uomo che lotta con coraggio, che sbaglia ripetutamente, sapendo che non c’è impresa degna di questo nome che sia priva di errori e mancanze. L’uomo che dedica tutto se stesso al raggiungimento di un obiettivo, che sa entusiasmarsi e impegnarsi fino in fondo e che si spende per una causa giusta. L’uomo che, quando le cose vanno bene, conosce finalmente il trionfo delle grandi conquiste e che, quando le cose vanno male, cade sapendo di aver osato. Quest’uomo non avrà mai un posto accanto a quelle anime mediocri che non conoscono né la vittoria, né la sconfitta”. Nel leggere queste parole agli azzurri Vialli si è commosso. E alla fine della citazione i calciatori lo hanno applaudito. Lo si vede nel documentario Rai “Sogno Azzurro” dedicato alla Nazionale. Un docu-film che ripercorre la cavalcata vittoriosa degli azzurri di Mancini, dalla partita d’esordio fino alla finale contro l’Inghilterra. Nel ricevere gli azzurri al Quirinale il presidente Mattarella ha voluto citare Gianluca Vialli, la cui partecipazione alle sfide dell’Italia è stata sempre intensa e visibile a tutti. Mattarella ha detto che Vialli ha espresso i sentimenti di tutti gli italiani: entusiasmo, commozione, forza d’animo. E ora il suo discorso continua a commuovere.
Gianluca Vialli. Da corriere.it il 19 luglio 2021. Un ringraziamento, forse un ex voto. Per la trionfale vittoria agli Europei e probabilmente per altro, per la sua malattia già sconfitta due volte. Gianluca Vialli, capo delegazione della Nazionale, domenica è stato al Santuario della Beata Vergine della Speranza di Grumello Cremonese, una chiesetta settecentesca in mezzo ai campi, a un passo dalla casa in cui l’ex attaccante è cresciuto. E ha pubblicato solo una breve didascalia in italiano e in inglese sui social: «Il tempo della gratitudine». Probabilmente un ringraziamento non solo per il titolo europeo, ma anche per la malattia ma anche per il tumore al pancreas che ha dovuto sconfiggere in due riprese tra il 2018, quando lo aveva per la prima volta rivelato al Corriere della Sera, e lo scorso anno. Una battaglia che non è ancora del tutto vinta. Un’esperienza che ha portato l’ex attaccante di Inter e Sampdoria a essere uno dei grandi motivatori del gruppo azzurro con il celebre discorso di Roosevelt prima della finale contro l’Inghilterra. Durante «Sogno Azzurro», la serie tv che aveva prima preceduto - e poi seguito - il debutto dell’Italia agli Europei, lo scorso 11 giugno, lo aveva raccontato: «Il cancro è un compagno di viaggio indesiderato. Devo andare avanti, sperando che si stanchi e mi lasci vivere ancora tanti anni». Il santuario della Speranza, in mezzo ai campi, è non solo un luogo caro al campione di Sampdoria e Juventus per l’infanzia, ma anche quello in cui, aveva raccontato, vuole fare sposare le sue figlie. Noto anche come «Madonna del Deserto», proprio perché in perfetto isolamento - è a circa un km dalla frazione di Zanengo - sorge secondo la tradizione sul luogo di un’apparizione mariana: la Vergine apparve a una giovane muta e la guarì.
GIANLUCA VIALLI CAMPIONE DELLA VITA. Il Corriere del Giorno il 18 Luglio 2021. Alcuni pensieri di quel grande uomo e uomo di sport che ha conquistato l’affetto e la stima di tutti gli italiani, tifosi compresi. Gianluca Vialli a 55 anni sta combattendo la partita più importante della sua vita. Alcuni giorni fa festeggiando il suo compleanno ha scritto. “…Fuori dall’ospedale c’è scritto “Humanitas”. Che poi significa proprio questo: guardarsi negli occhi e parlare. I miei di occhi sono gialli. E il dottore mi dice: “Si fermi Gianluca” . Lo guardo dubbioso. Perché mi devo fermare? La mia vita è un continuo movimento tra Londra, Milano, la BBC, Sky, la mia famiglia, i miei colleghi, i campi da golf, gli amici. Cosa devo fermare? La risposta me la dà la risonanza magnetica: ferma tutto Luca. Hai un tumore al pancreas. Quando me lo dicono, ancora non lo so che è uno dei più gravi. Ma lo capisco da come il dottore soffia parole fuori dalle labbra: “CI sono buone possibilità”…Buone possibilità di cosa? Quando lo capisco, io che di fino a quel punto della mia vita non sapevo niente di malattie, biopsie, pet-scan, di linfonodi e liquidi di contrasto, mi sento perduto… Bisogna muoversi in fretta, ho una settimana prima dell’operazione. Quando mi sveglio dopo l’intervento c’è mia moglie, ho tubi collegati al collo e all’addome. E una lunga cicatrice in mezzo agli addominali. Lei ha gli occhi che bruciano di felicità. “E’ andata bene” dice. “Quanto devo stare qui” le chiedo. “Quindici giorni”. Esco dall’ospedale dopo sei, tra le proteste dei medici che mi invitano comunque a condividere un lungo trattamento con il professor Cunningham, a Londra. Ma prima c’è Natale. Lo passiamo in Inghilterra tutti insieme e guardo queste persone come non lo avevo guardate mai. Il giorno di Santo Stefano lo dico alle bambine. Come? Così come lo sto dicendo a voi. Mentre parlo con loro, e loro piangono, capisco che non è vero che il cancro è il grande nemico da sconfiggere. Non è una lotta per uccidere lui, ma è una sfida per cambiare se stessi…Ho bisogno di dialogare con la paura. La paura vera, quella che ti fa chiudere in bagno e piangere; paura di non riuscire a dire le parole che servono. Ne parlo con Cunningham: “Dottore lei crede che io possa guarire pensando in modo positivo che io guarirò”. Lui, uomo di scienza mi risponde di sì. E’ tutto quello che mi serve. Ci costruisco intorno una nuova routine e mi ci dedico anima e corpo: mi sveglio presto, medito su piccole frasi fondamentali, cerco il silenzio, mi focalizzo sui dettagli piacevoli, faccio esercizio, leggo e scrivo un pensiero positivo ogni giorno…Scrivo su una serie di post-it gialli le frasi che sono nel mio libro. Mentre vi scrivo queste righe ho finito la chemio e i trattamenti radio ma ancora non so come andrà a finire questa partita, lo scoprirò più avanti. Quello che so è che mi sono preparato bene e ho dato il massimo; che la mia squadra non poteva giocare meglio. E che mi hanno passato la palla, come la si passa ad un attaccante. Quindi sono lì davanti, la rete la vedo bene, così come la linea di porta e quella di fondo. So come si fa. Ma ogni volta che calcio per fare gol è sempre come la prima volta: hai bisogno di un bel po’ di coraggio. E anche di un pizzico di fortuna. Non ci resta che dirti: Forza Gianluca !
Il discorso di Vialli prima della finale è da brividi. Marco Gentile il 16 Luglio 2021 su Il Giornale. Due giorni prima della finale Italia-Inghilterra, Gianluca Vialli ha caricato la squadra con un discorso da brividi citando l'ex presidente Usa Roosvelt. L'Italia si è laureata campione d'Europa e i grandi meriti vanno ripartiti tra il ct Roberto Mancini, i giocatori e tutto il suo staff, anche se una menzione particolare la merita un grande uomo come Gianluca Vialli. Due giorni prima della finale di Wembley, infatti, pare che l'ambasciatore azzurro abbia fatto un bel discorso alla squadra citando l'ex presidente Usa Franklin Delano Roosevelt. Un discorso ricco di significato per un uomo che sta lottando da mesi, con una forza e una dignità immensa, contro il cancro.
Il discorso da brividi. "Non è colui che critica a contare, né colui che indica quando gli altri inciampano o che commenta come una certa azione si sarebbe dovuta compiere meglio", inizia così il discorso da brividi ai suoi ragazzi dell'ex attaccante della Sampdoria. "L’onore spetta all’uomo nell’arena. L’uomo il cui viso è s