Denuncio al mondo ed ai posteri con i miei libri tutte le illegalità tacitate ed impunite compiute dai poteri forti (tutte le mafie). Lo faccio con professionalità, senza pregiudizi od ideologie. Per non essere tacciato di mitomania, pazzia, calunnia, diffamazione, partigianeria, o di scrivere Fake News, riporto, in contraddittorio, la Cronaca e la faccio diventare storia. Quella Storia che nessun editore vuol pubblicare. Quelli editori che ormai nessuno più legge.
Gli editori ed i distributori censori si avvalgono dell'accusa di plagio, per cessare il rapporto. Plagio mai sollevato da alcuno in sede penale o civile, ma tanto basta per loro per censurarmi.
I miei contenuti non sono propalazioni o convinzioni personali. Mi avvalgo solo di fonti autorevoli e credibili, le quali sono doverosamente citate.
Io sono un sociologo storico: racconto la contemporaneità ad i posteri, senza censura od omertà, per uso di critica o di discussione, per ricerca e studio personale o a scopo culturale o didattico. A norma dell'art. 70, comma 1 della Legge sul diritto d'autore: "Il riassunto, la citazione o la riproduzione di brani o di parti di opera e la loro comunicazione al pubblico sono liberi se effettuati per uso di critica o di discussione, nei limiti giustificati da tali fini e purché non costituiscano concorrenza all'utilizzazione economica dell'opera; se effettuati a fini di insegnamento o di ricerca scientifica l'utilizzo deve inoltre avvenire per finalità illustrative e per fini non commerciali."
L’autore ha il diritto esclusivo di utilizzare economicamente l’opera in ogni forma e modo (art. 12 comma 2 Legge sul Diritto d’Autore). La legge stessa però fissa alcuni limiti al contenuto patrimoniale del diritto d’autore per esigenze di pubblica informazione, di libera discussione delle idee, di diffusione della cultura e di studio. Si tratta di limitazioni all’esercizio del diritto di autore, giustificate da un interesse generale che prevale sull’interesse personale dell’autore.
L'art. 10 della Convenzione di Unione di Berna (resa esecutiva con L. n. 399 del 1978) Atto di Parigi del 1971, ratificata o presa ad esempio dalla maggioranza degli ordinamenti internazionali, prevede il diritto di citazione con le seguenti regole: 1) Sono lecite le citazioni tratte da un'opera già resa lecitamente accessibile al pubblico, nonché le citazioni di articoli di giornali e riviste periodiche nella forma di rassegne di stampe, a condizione che dette citazioni siano fatte conformemente ai buoni usi e nella misura giustificata dallo scopo.
Ai sensi dell’art. 101 della legge 633/1941: La riproduzione di informazioni e notizie è lecita purché non sia effettuata con l’impiego di atti contrari agli usi onesti in materia giornalistica e purché se ne citi la fonte. Appare chiaro in quest'ipotesi che oltre alla violazione del diritto d'autore è apprezzabile un'ulteriore violazione e cioè quella della concorrenza (il cosiddetto parassitismo giornalistico). Quindi in questo caso non si fa concorrenza illecita al giornale e al testo ma anzi dà un valore aggiunto al brano originale inserito in un contesto più ampio di discussione e di critica.
Ed ancora: "La libertà ex art. 70 comma I, legge sul diritto di autore, di riassumere citare o anche riprodurre brani di opere, per scopi di critica, discussione o insegnamento è ammessa e si giustifica se l'opera di critica o didattica abbia finalità autonome e distinte da quelle dell'opera citata e perciò i frammenti riprodotti non creino neppure una potenziale concorrenza con i diritti di utilizzazione economica spettanti all'autore dell'opera parzialmente riprodotta" (Cassazione Civile 07/03/1997 nr. 2089).
Per questi motivi Dichiaro di essere l’esclusivo autore del libro in oggetto e di tutti i libri pubblicati sul mio portale e le opere citate ai sensi di legge contengono l’autore e la fonte. Ai sensi di legge non ho bisogno di autorizzazione alla pubblicazione essendo opere pubbliche.
Promuovo in video tutto il territorio nazionale ingiustamente maltrattato e censurato. Ascolto e Consiglio le vittime discriminate ed inascoltate. Ogni giorno da tutto il mondo sui miei siti istituzionali, sui miei blog d'informazione personali e sui miei canali video sono seguito ed apprezzato da centinaia di migliaia di navigatori web. Per quello che faccio, per quello che dico e per quello che scrivo i media mi censurano e le istituzioni mi perseguitano. Le letture e le visioni delle mie opere sono gratuite. Anche l'uso è gratuito, basta indicare la fonte. Nessuno mi sovvenziona per le spese che sostengo e mi impediscono di lavorare per potermi mantenere. Non vivo solo di aria: Sostienimi o mi faranno cessare e vinceranno loro.
Dr Antonio Giangrande
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(pagine) GIANGRANDE LIBRI
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NEWS: RASSEGNA STAMPA - CONTROVOCE - NOTIZIE VERE DAL POPOLO - NOTIZIE SENZA CENSURA
ANNO 2021
LO SPETTACOLO
E LO SPORT
TERZA PARTE
DI ANTONIO GIANGRANDE
L’ITALIA ALLO SPECCHIO
IL DNA DEGLI ITALIANI
L’APOTEOSI
DI UN POPOLO DIFETTATO
Questo saggio è un aggiornamento temporale, pluritematico e pluriterritoriale, riferito al 2021, consequenziale a quello del 2020. Gli argomenti ed i territori trattati nei saggi periodici sono completati ed approfonditi in centinaia di saggi analitici specificatamente dedicati e già pubblicati negli stessi canali in forma Book o E-book, con raccolta di materiale riferito al periodo antecedente. Opere oggetto di studio e fonti propedeutiche a tesi di laurea ed inchieste giornalistiche.
Si troveranno delle recensioni deliranti e degradanti di queste opere. Il mio intento non è soggiogare l'assenso parlando del nulla, ma dimostrare che siamo un popolo difettato. In questo modo è ovvio che l'offeso si ribelli con la denigrazione del palesato.
IL GOVERNO
UNA BALLATA PER L’ITALIA (di Antonio Giangrande). L’ITALIA CHE SIAMO.
UNA BALLATA PER AVETRANA (di Antonio Giangrande). L’AVETRANA CHE SIAMO.
PRESENTAZIONE DELL’AUTORE.
LA SOLITA INVASIONE BARBARICA SABAUDA.
LA SOLITA ITALIOPOLI.
SOLITA LADRONIA.
SOLITO GOVERNOPOLI. MALGOVERNO ESEMPIO DI MORALITA’.
SOLITA APPALTOPOLI.
SOLITA CONCORSOPOLI ED ESAMOPOLI. I CONCORSI ED ESAMI DI STATO TRUCCATI.
ESAME DI AVVOCATO. LOBBY FORENSE, ABILITAZIONE TRUCCATA.
SOLITO SPRECOPOLI.
SOLITA SPECULOPOLI. L’ITALIA DELLE SPECULAZIONI.
L’AMMINISTRAZIONE
SOLITO DISSERVIZIOPOLI. LA DITTATURA DEI BUROCRATI.
SOLITA UGUAGLIANZIOPOLI.
IL COGLIONAVIRUS.
L’ACCOGLIENZA
SOLITA ITALIA RAZZISTA.
SOLITI PROFUGHI E FOIBE.
SOLITO PROFUGOPOLI. VITTIME E CARNEFICI.
GLI STATISTI
IL SOLITO AFFAIRE ALDO MORO.
IL SOLITO GIULIO ANDREOTTI. IL DIVO RE.
SOLITA TANGENTOPOLI. DA CRAXI A BERLUSCONI. LE MANI SPORCHE DI MANI PULITE.
SOLITO BERLUSCONI. L'ITALIANO PER ANTONOMASIA.
IL SOLITO COMUNISTA BENITO MUSSOLINI.
I PARTITI
SOLITI 5 STELLE… CADENTI.
SOLITA LEGOPOLI. LA LEGA DA LEGARE.
SOLITI COMUNISTI. CHI LI CONOSCE LI EVITA.
IL SOLITO AMICO TERRORISTA.
1968 TRAGICA ILLUSIONE IDEOLOGICA.
LA GIUSTIZIA
SOLITO STEFANO CUCCHI & COMPANY.
LA SOLITA SARAH SCAZZI. IL DELITTO DI AVETRANA.
LA SOLITA YARA GAMBIRASIO. IL DELITTO DI BREMBATE.
SOLITO DELITTO DI PERUGIA.
SOLITA ABUSOPOLI.
SOLITA MALAGIUSTIZIOPOLI.
SOLITA GIUSTIZIOPOLI.
SOLITA MANETTOPOLI.
SOLITA IMPUNITOPOLI. L’ITALIA DELL’IMPUNITA’.
I SOLITI MISTERI ITALIANI.
BOLOGNA: UNA STRAGE PARTIGIANA.
LA MAFIOSITA’
SOLITA MAFIOPOLI.
SOLITE MAFIE IN ITALIA.
SOLITA MAFIA DELL’ANTIMAFIA.
SOLITO RIINA. LA COLPA DEI PADRI RICADE SUI FIGLI.
SOLITO CAPORALATO. IPOCRISIA E SPECULAZIONE.
LA SOLITA USUROPOLI E FALLIMENTOPOLI.
SOLITA CASTOPOLI.
LA SOLITA MASSONERIOPOLI.
CONTRO TUTTE LE MAFIE.
LA CULTURA ED I MEDIA
LA SCIENZA E’ UN’OPINIONE.
SOLITO CONTROLLO E MANIPOLAZIONE MENTALE.
SOLITA SCUOLOPOLI ED IGNORANTOPOLI.
SOLITA CULTUROPOLI. DISCULTURA ED OSCURANTISMO.
SOLITO MEDIOPOLI. CENSURA, DISINFORMAZIONE, OMERTA'.
LO SPETTACOLO E LO SPORT
SOLITO SPETTACOLOPOLI.
SOLITO SANREMO.
SOLITO SPORTOPOLI. LO SPORT COL TRUCCO.
LA SOCIETA’
AUSPICI, RICORDI ED ANNIVERSARI.
I MORTI FAMOSI.
ELISABETTA E LA CORTE DEGLI SCANDALI.
MEGLIO UN GIORNO DA LEONI O CENTO DA AGNELLI?
L’AMBIENTE
LA SOLITA AGROFRODOPOLI.
SOLITO ANIMALOPOLI.
IL SOLITO TERREMOTO E…
IL SOLITO AMBIENTOPOLI.
IL TERRITORIO
SOLITO TRENTINO ALTO ADIGE.
SOLITO FRIULI VENEZIA GIULIA.
SOLITA VENEZIA ED IL VENETO.
SOLITA MILANO E LA LOMBARDIA.
SOLITO TORINO ED IL PIEMONTE E LA VAL D’AOSTA.
SOLITA GENOVA E LA LIGURIA.
SOLITA BOLOGNA, PARMA ED EMILIA ROMAGNA.
SOLITA FIRENZE E LA TOSCANA.
SOLITA SIENA.
SOLITA SARDEGNA.
SOLITE MARCHE.
SOLITA PERUGIA E L’UMBRIA.
SOLITA ROMA ED IL LAZIO.
SOLITO ABRUZZO.
SOLITO MOLISE.
SOLITA NAPOLI E LA CAMPANIA.
SOLITA BARI.
SOLITA FOGGIA.
SOLITA TARANTO.
SOLITA BRINDISI.
SOLITA LECCE.
SOLITA POTENZA E LA BASILICATA.
SOLITA REGGIO E LA CALABRIA.
SOLITA PALERMO, MESSINA E LA SICILIA.
LE RELIGIONI
SOLITO GESU’ CONTRO MAOMETTO.
FEMMINE E LGBTI
SOLITO CHI COMANDA IL MONDO: FEMMINE E LGBTI.
LO SPETTACOLO E LO SPORT
INDICE PRIMA PARTE
SOLITO SPETTACOLOPOLI. (Ho scritto un saggio dedicato)
Il Circo.
Superstizione e fisse.
Gli Zozzoni.
Le Icone.
Le Hollywood d’Italia.
«Gomorra», tra fiction e realtà.
Quelli che …il calcio.
I Naufraghi.
Amici: tutto truccato?
Il Grande Fratello Vip.
"I tormentoni estivi? Sono da 60 anni specchio dell'Italia".
Le Woodstock.
Rap ed illegalità.
L’Eurovision.
Abella Danger e Bella Thorne.
Achille Lauro.
Adele.
Adriana Volpe.
Adriano e Rosalinda Celentano.
Aerosmith.
Aida Yespica.
Afef.
Alanis Morissette.
Alba Parietti.
Alba Rohrwacher.
Al Bano Carrisi.
Alda D’Eusanio.
Aldo, Giovanni e Giacomo.
Ale & Franz.
Alec Baldwin.
Alessandra Amoroso.
Alessandro Benvenuti.
Alessandro Borghese.
Alessandro Borghi.
Alessandro Cattelan.
Alessandro Cecchi Paone.
Alessandro Gassmann.
Alessandro Haber.
Alessandro Nivola.
Alessia Marcuzzi.
Alessio Bernabei.
Alfonso Signorini.
Alice ed Ellen Kessler.
Alina Lopez e Emily Willis.
Amanda Lear.
Ambra Angiolini.
Amedeo Minghi.
Amouranth, alias Kaitlyn Siragusa.
Andrea Balestri.
Andrea Bocelli.
Andrea Delogu.
Andrea Roncato.
Andrea Sannino.
Angela White.
Angelina Jolie.
Anya Taylor-Joy.
Anna Falchi.
Anna Oxa.
Annalisa Minetti.
Anna Maria Rizzoli.
Anna Tatangelo.
Anna Mazzamauro.
Anthony Hopkins.
Antonella Clerici.
Antonella Elia.
Antonella Mosetti.
Antonello Venditti.
Antonino Cannavacciuolo.
Antonio Costantini Awanagana.
Antonio Mezzancella.
Antonio Ricci.
Arisa.
Asia e Dario Argento.
Aubrey Kate.
Baltimora.
Barbara De Rossi.
Barbara d'Urso.
Beatrice Rana.
Belen Rodriguez.
Bella Hadid.
Benedetta D’Anna.
Benedicta Boccoli.
Bill Murray.
Billie Eilish.
Björn Andrésen.
Bob Dylan.
Bobby Solo, ossia: Roberto Satti.
Brad Pitt.
Brandi Love.
Brigitte Bardot.
Britney Spears.
Bruce Springsteen.
Camilla Boniardi: Camihawke.
Can Yaman.
Capo Plaza, nato come Luca D'Orso.
Cara Delevingne.
Carla Gravina.
Carlo Cracco.
Carlo Verdone.
Carlotta Proietti.
Carmen Consoli.
Carmen Russo e Enzo Paolo Turchi.
Carol Alt.
Carolina Marconi.
Catherine Spaak.
Caterina Balivo.
Caterina Caselli.
Caterina De Angelis e Margherita Buy.
Caterina Lalli, in arte Lialai.
Caterina Murino.
Caterina Valente.
Cecilia Capriotti.
Chadia Rodriguez.
Charlotte Sartre.
Chloé Zhao, regista Premio Oscar.
Christian De Sica.
Claudia Koll.
Cristian Bugatti in arte Bugo.
Cristiano Malgioglio.
Clara Mia.
Claudia Cardinale.
Claudia Gerini.
Claudia Motta.
Claudia Pandolfi.
Claudia Schiffer.
Claudia Koll.
Claudio Baglioni.
Claudio Bisio.
Claudio Cecchetto.
Claudio Santamaria.
Coma_Cose.
Cosimo Fini, cioè Gué Pequeno.
Corinne Clery.
Daft Punk.
Damon Furnier, in arte Alice Cooper.
Daniela Ferolla.
Dario Faini, Dardust e DRD.
Demi Lovato.
Demi Moore.
Demi Sutra.
Deep Purple.
Diego Abatantuono.
Diletta Leotta.
Donatella Rettore.
Dori Ghezzi vedova De André.
Dredd.
Ed Sheeran.
Edoardo Bennato.
Edoardo Vianello.
Eddie Murphy.
Elena Sofia Ricci.
Eleonora Cecere.
Eleonora Giorgi.
Eleonora Pedron.
Elettra Lamborghini.
Elio (Stefano Belisari) e le Sorie Tese.
Elisa Isoardi.
Elisabetta Canalis.
Elisabetta Gregoraci.
Elena Anna Staller, detta Ilona (il nome della madre) o Cicciolina.
Elodie.
Ema Stokholma.
Emanuela Fanelli.
Emma Marrone.
Emily Ratajkowski.
Enrico Brignano.
Enrico Lucherini.
Enrico Montesano.
Enrico Papi.
Enrico Ruggeri.
Enrico Vanzina.
Enza Sampò.
Enzo Braschi.
Enzo Ghinazzi: Pupo.
Enzo Iacchetti.
Ermal Meta.
Eros Ramazzotti.
Eva Grimaldi.
Eveline Dellai.
Ezio Greggio.
INDICE SECONDA PARTE
SOLITO SPETTACOLOPOLI. (Ho scritto un saggio dedicato)
Faber Cucchetti.
Fabio Marino.
Fabio Testi.
Fanny Ardant.
Federico Quaranta.
Federico Salvatore.
Filomena Mastromarino: Malena.
Fedez e Chiara Ferragni.
Fiorella Mannoia.
Flavia Vento.
Flavio Insinna.
Francesca Alotta.
Francesca Cipriani.
Francesca Giuliano.
Francesca Michielin.
Francesca Neri.
Francesca Reggiani.
Francesco Baccini.
Francesco De Gregori.
Francesco Gabbani.
Francesco Guccini.
Francesco Pannofino.
Francesco Sarcina.
Franco Oppini.
Franco Trentalance.
Frank Matano.
Gabriel Garko.
Gabriele e Silvio Muccino.
Gabriele Lavia.
Gabriele Paolini.
Gabriele Salvatores.
Gene Gnocchi.
Gerry Scotti.
Giancarlo Magalli.
Giancarlo ed Adriano Giannini.
Gianfranco Vissani.
Gianluca Grignani.
Gianni Morandi.
Gianni Sperti.
Gigi D'Alessio.
Gina Lollobrigida.
Gino Paoli.
Giovanna Mezzogiorno.
Giovanni Veronesi.
Giucas Casella.
Giulia De Lellis.
Giuliano Montaldo.
Giulio Mogol Rapetti.
Giuseppe Povia.
Greta Scarano.
Harvey Keitel.
Heather Parisi.
Helen Mirren.
Hugh Grant.
Gli Stadio.
I Dik Dik.
I Duran Duran.
I Jalisse.
I Gemelli di Guidonia.
I Pooh.
I Righeira.
I Tiromancino.
Iggy Pop.
Ilaria Galassi.
Ilary Blasi.
Ilenia Pastorelli.
Irina Shayk.
Iva Zanicchi.
Ivan Cattaneo.
J-Ax.
James Franco.
Jamie Lee Curtis.
Jane Fonda.
Jean Reno.
Jenny B.
Jennifer Lopez.
Jerry Calà.
Jessica Drake.
Jessica Rizzo.
Joan Collins.
Jo Squillo.
John Carpenter.
Johnny Depp.
José Luis Moreno.
Junior Cally.
Justine Mattera.
Gabriele Pellegrini: Dado.
Giovanni Scialpi, in arte Shalpy.
Kabir Bedi.
Kayden Sisters.
Kasia Smutniak.
Kate Moss.
Kate Winslet.
Katherine Kelly Lang- Brooke Logan.
Katia Ricciarelli.
Kazumi.
Kevin Spacey.
Kim Kardashian.
Kissa Sins.
Lady Gaga.
La Gialappa's Band.
La Rappresentante di Lista.
Lando Buzzanca.
Laura Chiatti.
Laura Freddi.
Laura Pausini.
Le Carlucci.
Lele Mora.
Lello Arena.
Leo Gullotta.
Liana Orfei.
Licia Colò.
Lillo (Pasquale Petrolo) & Greg (Claudio Gregori).
Linda Evangelista.
Lino Banfi.
Linus.
Liza Minnelli.
Loredana Bertè.
Lorella Cuccarini.
Lorenzo Jovanotti Cherubini.
Lory Del Santo.
Luca Barbareschi.
Luca Barbarossa.
Luca Bizzarri.
Luca Zingaretti.
Luca Ward.
Luce Caponegro: Selen.
Luciana Littizzetto.
Luciana Savignano.
Luciano Ligabue.
Lucrezia Lante della Rovere.
INDICE TERZA PARTE
SOLITO SPETTACOLOPOLI. (Ho scritto un saggio dedicato)
Maccio Capatonda (all'anagrafe, Marcello Macchia).
Madame.
Maddalena Corvaglia.
Madonna.
Maitland Ward.
May Thai.
Malika Ayane.
Maneskin.
Manila Nazzaro.
Manuel Agnelli.
Manuela Arcuri.
Mara Maionchi.
Mara Venier.
Marcella Bella.
Marco Bellocchio.
Marco Castoldi in arte Morgan.
Marco e Dino Risi.
Marco Giallini.
Marco Mengoni.
Marco Tullio Giordana.
Maria Bakalova.
Maria De Filippi.
Maria Giuliana Toro: «nome d' arte», Giuliana Longari.
Maria Grazia Cucinotta.
Maria Luisa “Lu” Colombo.
Maria Pia Calzone.
Marianna Mammone: BigMama.
Marica Chanelle.
Marilyn Manson.
Mario Maffucci.
Marina La Rosa.
Marina Perzy.
Marisa Laurito.
Martina Cicogna.
Martina Colombari.
Massimo Boldi.
Massimo Ghini.
Massimo Ranieri.
Massimo Wertmüller.
Matilda De Angelis.
Maurizio Aiello.
Maurizio Battista.
Maurizio Milani.
Mauro Coruzzi, in arte Platinette.
Max Pezzali.
Mel Brooks.
Memo Remigi.
Micaela Ramazzotti.
Michael J. Fox.
Michael Sylvester Gardenzio Stallone.
Michele Foresta, in arte Mago Forest.
Michele Guardì.
Michele Placido.
Michelle Hunziker.
Miguel Bosé.
Milena Vukotic.
Milton Morales.
Mikhail Baryshnikov.
Mina.
Miriam Leone.
Mistress T..
Mita Medici.
Myss Keta.
Modà.
Monica Bellucci.
Monica Guerritore.
Monica Vitti.
Nada.
Naike Rivelli ed Ornella Muti.
Nancy Brilli.
Nanni Moretti.
Naomi Campbell.
Nek.
Nicola Di Bari.
Nicolas Cage.
Nicole Aniston.
Nina Moric.
Nino D’Angelo.
Nino Frassica.
Nick Nolte.
Nyna Ferragni.
Noemi.
99 Posse.
Oliver Stone.
Orietta Berti.
Orlando Portento.
Ornella Vanoni.
Pamela Anderson.
Pamela Prati.
Paola Perego.
Paola Pitagora.
Paola Saulino, meglio nota come Insta_Paolina.
Paolo Bonolis.
Paolo Conte.
Paolo Fox.
Paolo Rossi.
Paolo Sorrentino.
Paris Hilton.
Pasquale Panella alias Vito Taburno.
Patrizia De Blanck.
Patty Pravo.
Patti Smith.
Pedro Almodóvar.
Peppe Barra.
Peppino di Capri.
Phil Collins.
Pietra Montecorvino.
Pierfrancesco Favino.
Pier Francesco Pingitore.
Piero Chiambretti.
Pietro Galeotti.
Pino Donaggio.
Pio e Amedeo.
Pietro e Sergio Castellitto.
Pupi Avati.
Quentin Tarantino.
Quincy Jones Jr.
Rae Lil Black.
Rajae Bezzaz.
Raffaella Carrà.
Raffaella Fico.
Red Ronnie.
Regina Profeta.
Renato Pozzetto e Cochi Ponzoni.
Renzo Arbore.
Riccardo Cocciante.
Riccardo Fabbriconi: Blanco.
Riccardo Muti.
Riccardo Scamarcio.
Ricchi e Poveri.
Richard Benson.
Rita Dalla Chiesa.
Rita Ora.
Robert De Niro.
Roberto Da Crema.
Roberto Vecchioni.
Robyn Fenty, in arte Rihanna.
Rocco Maurizio Anaclerio, in arte Dj Ringo.
Rocco Papaleo.
Rocco Siffredi.
Roberto Bolle.
Rodrigo Alves.
Rosalino Cellamare: Ron.
Rosario Fiorello.
Rowan Atkinson.
Sabina Guzzanti.
Sabrina Ferilli.
Sabrina Salerno.
Sal Da Vinci.
Salma Hayek.
Salvatore Esposito.
Sandra Milo.
Sara Croce.
Sara Tommasi.
Sarah Cosmi.
Scarlit Scandal.
Serena Autieri.
Serena Grandi.
Serena Rossi.
Sergio Rubini.
Shaila Gatta.
Sharon Stone.
Shel Shapiro.
Silvio Orlando.
Simona Izzo e Ricky Tognazzi.
Simona Marchini.
Simona Tagli.
Simona Ventura.
Simone Cristicchi.
Sylvie Lubamba.
Sylvie Vartan.
Sophia Loren.
Stefania Casini.
Stefania Orlando.
Stefania e Amanda Sandrelli.
Stefano Accorsi.
Stefano e Frida Bollani.
Stefano Sollima.
Steven Spielberg.
Sting.
Taylor Swift.
Teo Teocoli.
Terence Hill, alias Mario Girotti.
Terence Trent d’Arby, ora Sananda Maitreya.
Teresa Saponangelo.
Tilda Swinton.
Tim Burton.
Tina Ciaco, in arte Priscilla Salerno.
Tina Turner.
Tinì Cansino.
Tinto Brass.
Tiziano Ferro.
Tommaso Paradiso.
Toni Ribas.
Toni Servillo.
Tony Renis.
Tosca D’Aquino.
Tullio Solenghi.
Uccio De Santis.
Umberto Smaila.
Umberto Tozzi.
Val Kilmer.
Valentina Lashkéyeva. In arte: Gina Gerson.
Valentina Nappi.
Valentine Demy.
Valeria Golino.
Valeria Marini.
Valeria Rossi.
Valerio Lundini.
Vasco Rossi.
Veronica Pivetti.
Village People.
Vina Sky.
Vincent Gallo.
Vincenzo Salemme.
Vittoria Puccini.
Vittoria Risi.
Zucchero Fornaciari.
Wanna Marchi e Stefania Nobile.
Wladimiro Guadagno, in arte Luxuria.
Willie Nelson.
Willie Peyote.
Will Smith.
SOLITO SANREMO. (Ho scritto un saggio dedicato)
Figure di m…e figuranti.
Non sono solo canzonette.
La Prima Serata.
La Seconda Serata.
La Terza Serata.
La Quarta Serata.
La Quinta ed ultima Serata.
Sanremo 2022.
INDICE QUINTA PARTE
SOLITO SPORTOPOLI. LO SPORT COL TRUCCO. (Ho scritto un saggio dedicato)
Quelli che…scrivono.
Quelli che….la Paralimpiade.
Quelli che…l’Olimpiade.
L’omertà nello Sport.
Autonomia dello sport? Peggio della Bielorussia.
Le Plusvalenze.
Le Speculazioni finanziarie.
Gli Arbitri.
I Superman…
Figli di Papà.
Quelli che …ti picchiano.
Quelli che … l’Ippica.
Quelli che … le Lame.
Quelli che …i Motori.
Quelli che …il che Ciclismo.
Quelli che …l’Atletica.
INDICE SESTA PARTE
SOLITO SPORTOPOLI. LO SPORT COL TRUCCO. (Ho scritto un saggio dedicato)
Quelli che …il Calcio.
INDICE SETTIMA PARTE
SOLITO SPORTOPOLI. LO SPORT COL TRUCCO. (Ho scritto un saggio dedicato)
Quelli che ...la Palla ovale.
Quelli che …la Pallacanestro.
Quelli che …la Pallavolo.
Quelli che …il Tennis.
Quelli che …la Vela.
Quelli che …i Tuffi.
Quelli che …il Nuoto.
Quelli che …gli Sci.
Quelli che …gli Scacchi.
Quelli che… al tavolo da gioco.
Il Doping.
LO SPETTACOLO E LO SPORT
TERZA PARTE
SOLITO SPETTACOLOPOLI. (Ho scritto un saggio dedicato)
· Maccio Capatonda (all'anagrafe, Marcello Macchia).
Francesca D'Angelo per "Libero Quotidiano" il 16 dicembre 2021. Avete presente tutti quei meravigliosi discorsi su: la pandemia ci farà riflettere, tirerà fuori il meglio di noi, ne usciremo cambiati? Ebbene, se per il 99,999% dell'umanità si è rivelata una castronata, per Maccio Capatonda è andata invece esattamente così. Lui, da questi due anni pandemici (si è fatto pure il Covid...), ha tirato fuori una marea di cose, dalla sua prima autobiografia, dal titolo Libro, ai Podcast Micidiali su Audible, passando per una nuova società creativa e, prossimamente, Lol2. E ha pure cambiato città: da Milano a Roma.
Chi gliela l'ha fatto fare?
«Avevo bisogno di uno choch. Sentivo l'esigenza di avere nuovi stimoli, anche esterni, così sono andato a vivere in una città che fosse l'antitesi di Milano: un luogo meno efficiente, che mi mettesse più a contatto con il mondo e Roma sicuramente è più "reale" di Milano. Milano infatti è una bolla di efficienza, ti sposti da un punto all'altro senza goderti il viaggio. Nella Capitale invece devi spesso camminare, vivi lo spazio esterno...».
...nuoti nella spazzatura.
«Guardi che la spazzatura è una bella cartina tornasole perché è l'unica vera sostanza che noi umani produciamo. A Roma maturi una vera e propria coscienza a riguardo: vedi l'immondizia, ne senti l'odore, la trovi sotto casa, all'angolo, ovunque. Non è come a Milano che, una volta gettata, sparisce. Qui no, lei è lì e ti interroga. Inizi così a farti delle domande e a sviluppare una coscienza sociale».
Perché l'ha assalita tutta quest'ansia di cambiamento?
«Mah, sa, nessun artista vuole ripetersi e l'insoddisfazione è sempre stata una spinta creativa molto forte per me».
Quando si vive di maschere, è facile perdere di vista se stessi?
«Cinque anni fa le avrei risposto che non sapevo chi fossi. La verità è che non volevo saperlo. Preferivo il mio mondo di fantasia a quello reale: è più sicuro, si soffre meno. A lungo mi sono concepito come un essere neutro: quando mi toglievo la maschera ero semplicemente in stand by, in attesa di riplasmarmi di nuovo a seconda delle esigenze. Nei video ero un figo, nel mondo reale semplicemente inconsistente».
Adesso invece?
«Ora sto cavalcando di più la mia versione reale. Non so esattamente cosa abbia fatto scattare questo click, ma sto capendo che sono "qualcosa" al di là delle maschere e sto portando questa identità dentro i miei video. Un po' come fece Carlo Verdone, mio grande mito: dopo i primi film di successo, fece Borotalco interpretando se stesso».
Una volta ha dichiarato: «Ho la sensazione che la scelta di fare il comico, o in generale l'artista, sia una via alternativa alla politica». Se dovesse fondare un partito come lo chiamerebbe?
«Il Partito del Boh».
Sarebbe di destra o di sinistra?
«Boh».
"Boh" è la perfetta sintesi delle risposte dei nostri politici?
«Ha presente il tormentone "dimmi qualcosa senza dirmelo"? Ecco, i politici dicono niente facendo credere di dire qualcosa. Il fatto è che non è facile dare delle risposte: la politica è un mestiere complicato! Fosse per me, creerei una scuola ad hoc: governa solo chi supera degli esami complicatissimi e delle prove pazzesche di onestà e integrità».
E il voto?
«Lo toglierei proprio, perché spesso premia le persone più furbe. Rimpiazzerei il sistema elettorale con la scuola».
Fin dai tempi della Gialappa's ha raccontato l'uomo medio: crede che oggi questo essere mitologico si sia evoluto culturalmente?
«Di certo è più informato, ma non per questo più colto. Non so nemmeno se sia socialmente più impegnato, a meno di considerare il complottismo come una forma di impegno sociale. Il fatto è che siamo bombardati di notizie usa e getta, che scadono velocemente, e soprattutto non siamo in grado di processare correttamente le informazioni. Inoltre oggi le notizie sono diventate un prodotto da vendere a colpi di titoli sensazionalistici».
Ogni riferimento è puramente casuale?
«In tanti fanno titoli eclatanti! In parte poi ci sta: si legge un articolo se il titolo acchiappa. A proposito, mi raccomando: scrivete una cosa tipo "Maccio vuole che il mondo muoia" altrimenti chi mi legge? (ride, ndr)».
Il suo stile sposa il nonsense, la falsa testimonianza e la ricostruzione parodistica: ha mai pensato di chiedere i diritti d'autore agli estremisti no vax? La stanno copiando a mani basse...
«Un sacco di gente mi sta rubando il lavoro! (ride, ndr) Pensi che ieri è uscita una notizia sul "frenatore di treni": un tizio che saliva sui treni in modo seriale per tirare la leva di blocco. Molti pensavano fosse una mia storia invece era vero...».
Dove si schiera nel dibattito sui vaccini?
«No, grazie: tema troppo politico. Sono a favore della vaccinazione, anche perché ho fatto il Covid e non è stata una passeggiata. Però capisco le resistenze di alcuni».
Ha scritto un'autobiografia, Libro, senza includere nemmeno un trauma: ormai sono la regola nelle autobiografie!
«Guardi che io ho avuto il trauma della calvizie! Non rida, sono serio: non sarà come un abuso ma è uno shock a lungo termine perché te lo porti dietro per anni. Io ho iniziato a perdere i capelli a soli 12 anni, a venti già mi rasavo. Poi però ci ho costruito su il mio successo: Capatonda...».
Da bimbo scriveva a Michael J. Fox? Vero?
«Sì, lo adoravo: è grazie a Ritorno al futuro se mi sono innamorato del cinema. Lui era il mio modello perché era un vincente (cosa che io non ero) e ribaltava le sorti della sua famiglia. Avrei voluto fare lo stesso con la mia... E poi scrivevo anche a Michael Jackson».
Quella è stata una mossa più pericolosa...
«Lui non era ancora stato travolto dallo scandalo e, comunque, mi piaceva come ballava. Gli mandavo lettere del tipo: "Ciao, a me piace tanto Twin Peaks, e a te?". Non mi ha mai risposto, mentre Fox mi mandò una cartolina autografata: fui pazzo di gioia!».
Da piccolo faceva anche il chierichetto: è ancora credente?
«Mi definirei più che altro agnostico. La verità è che da piccolo ero goloso di ostie. Sono cresciuto con questo mito dell'ostia quindi, appena feci la prima comunione, ne mangiai un sacco: andavo a messa tutte le sere per poterne mangiare una al giorno. Mi piaceva proprio il gusto».
Tra un George Clooney e un Bobo Vieri, Elisabetta Canalis si innamorò anche di lei...
«Siamo stati insieme solo tre mesi!».
Fa comunque curriculum. Però resta il mistero: come ci è riuscito?
«Secondo me lei era invaghita del mio personaggio artistico, poi mi ha conosciuto meglio e... dopo tre mesi è finito tutto (ride, ndr)».
Ultima domanda: la vedremo a Lol. Quali colleghi ha temuto di più?
«Il primo giorno di registrazione, quando mi sono visto davanti Virginia Raffaele ho pensato: "Ciao, qui è finita!". Poi è arrivato Corrado Guzzanti ed è stato un tuffo al cuore: è il mio mito da quando sono nato! Loro due, insieme al Mago Forest, sono quelli che ho temuto di più».
Nino Materi per "il Giornale" l'8 novembre 2021. A differenza del suo socio Herbert che «non regge l'alcol» (quando Maccio gli porge in mano una preziosa bottiglia di cognac, lui la fa cadere giustificandosi: «Te l'avevo detto che non reggo l'alcol...»), Capatonda l'alcol lo regge benissimo: tanto che, ospite in tv di Daria Bignardi, si è scolato una pinta di birra, per poi replicare nel programma di Alessandro Cattelan con vari shortini offerti e tracannati dopo aver vinto un incontro a «dito di ferro». Lo sbevazzatore in questione è, appunto, Maccio Capatonda (all'anagrafe, Marcello Macchia), il jolly della comicità demenziale e surreale che da anni sbanca la rete con milioni di visualizzazioni. L'astemio con le mani di ricotta è invece Herbert Ballerina (al secolo, Luigi Luciano), principale complice del boss nella banda di fuorilegge (e fuoriditesta) che ha germinato il «fenomeno Capatonda». Trattasi di una filosofia di vita che la «dottrina Maccio» sintetizza nella fuga dalla realtà attraverso la follia di personaggi mostruosi. E quando ci viene il sospetto che quei mostri - almeno in parte - siamo proprio noi, ormai è troppo tardi: il meccanismo della risata è già scattato, senza però farti capire se stai ridendo di te stesso o di un altro; il segreto del successo di Capatonda è saltellare sul filo elastico di questa ambiguità e lungo il piano inclinato delle nostre insicurezze. Senza cadere, o meglio, cadendo in continuazione, ma con una tale velocità da illuderci di rimanere sempre in piedi. L'ironia da laboratorio creativo di Maccio è perfetta per ritmi sincopati e i gusti liquidi dei navigatori social, specialmente i più giovani, che (e qui ci riferiamo al fronte maschile) a Maccio invidiano soprattutto il flirt avuto con Elisabetta Canalis. Il popolo della metropoli virtuale di Capa-Town è socialmente trasversale, ma con un'età da Generazione Millennial: quella che i libri non li bazzica neppure di striscio, fedele al precetto di Padre Maronno («E se poi te ne penti?»). L'unica eccezione l'hanno fatta per Libro (Mondadori Electa), l'autobiografia appena uscita di Maccio, ma solo perché Libro sta a un volume vecchio stampo come una concept car sta alla Trabant 601. In entrambi i casi ci troviamo dinanzi a un trash tanto trash da trasformarsi in puro genio visionario. Risultato: una, nessuna, centomila «capetonde», che tondeggiano su una capa tricologicamente sterile ma prolifica di idee. Un vulcano di immaginazione già in eruzione a 6 anni, quando al piccolo e ancora capelluto Marcello (il nome Maccio sarebbe arrivato più in là, dopo l'adolescenza) fu regalata la prima cinepresa. Iniziò così l'avventura di regista fai-(tutto)-da-te del baby Macchia che, in 40 annidi disonorata carriera, sarebbe passato dal «montaggio combinato» (nel senso di «combinato» grazie a due videoregistratori) alle tecniche super-evolute da provetto youtuber.
Maccio, l'esordio fu horror?
«I video giovanili ambivano a terrorizzate lo spettatore. Ma chi li guardava, invece di morire di paura, rischiava di crepare dalle risate».
Noir nelle vene, meglio del sangue blu...
«A 14 anni iniziai a girare in versione comica trailer di falsi film ispirati a vere pellicole spaventose».
Il primo ciak di terrore?
«Il titolo era "Jason a Chieti". Avevo preso spunto dalla saga di "Venerdì 13". Raccontavo la storia di un tizio mascherato, Jason, che uccideva tutti, compreso il protagonista, e alla fine esultava da solo».
Il cast?
«Gli amici Luca, Alfredo e Roberto. Oltre a fare il regista interpretavo il protagonista buono e anche l'assassino Jason, tranne nel finale in cui venivo squartato dallo stesso Jason».
E come rimediò all'«inconveniente»?
«Nell'ultima scena l'assassino fu impersonato da Luca: infatti da uno stacco all'altro Jason divenne magicamente più longilineo».
Sostieni di sentirti a tuo agio più nei personaggi che interpreti che nelle vesti reali di Marcello Macchia.
«Penso di vivere in una sorta di spazio in cui se non interpreto un personaggio non sono niente. E il niente mi fa paura».
Come nascono i tuoi personaggi?
«Lo spiego in Libro. Sono già tutti parte di me, sedimentati sotto strati di vissuto, e sepolti per bene al mio interno. Per farli uscire ci vuole una scintilla, una scavatrice, una pala, o semplicemente un buon motivo come una richiesta esigente da parte di un committente».
Tra i primi ci fu «Mirkos».
«Un cartomante che leggeva il futuro attraverso strumenti molto particolari come i sassolini, il mestolo e il pendolino. Mi ispirai a un cartomante visto in tv che aveva la schiettezza di dire le cose come stavano.
Anche Mirkos diceva le cose come stavano ma portate all'eccesso, il suo cavallo di battaglia era: "Domani muori!"».
I tuoi sono «mostri» di fantasia o figli della quotidianità di strada?
«Non c'è un personaggio che non si rifaccia a qualcuno che ho visto, incontrato o conosciuto, anche solo per un particolare».
Tipo «Mariottide».
«Mariottide, il cantante più triste del mondo. A ispirarmi in questo caso è stata la voce e l'atteggiamento di mia nonna materna».
E «Padre Maronno»?
«Padre Maronno è un mix tra un uomo delle caverne, il personaggio di "Totò che visse due volte" di Ciprì e Maresco e mia madre che imita mio padre».
E «Piero Peluria»?
«Piero Peluria è l'espressione più becera e animalesca di me stesso».
Personaggi catartici, liberatori.
«Che mi permettono di essere quello che nella vita reale non sono e non potrei mai diventare».
Diventare Capatonda in risposta a un mondo che non quadra... Marcello Macchia nasce a Vasto nel 1978, ma cresce a Chieti dove inizia a realizzare i suoi primi sketch comici. Nel 2001 si laurea in tecniche pubblicitarie a Perugia. Dopo aver fondato a Milano la Shortcut Productions, partecipa a vari programmi tv. Nel 2013 è ideatore, regista e interprete principale della serie televisiva «Mario».
Pezzo forte del suo curriculum la produzione di finti reality, caratterizzati da una vena ironico-demenziale. Una comicità riproposta sul piccolo schermo con la Gialappa' s Band che lancia il personaggio dell'attore fittizio, Maccio Capatonda, che recitava in una serie di video-parodia di famosi trailer cinematografici: veri e propri cortometraggi che hanno ottenuto un notevole successo fra gli spettatori, complice anche la diffusione su Internet, diventati oggetti di culto tra gli appassionati.
Di culto anche i suoi due film «Italiano medio» e «Omicidio all'italiana». Per Mondadori-Electa ha appena scritto la sua autobiografia, dal titolo «Libro»
«Ribadisco: i personaggi mi danno la possibilità di esprimere le sfaccettature del mio essere che una vita sola, con la sua categorizzazione identitaria, non basta a tirare fuori». Insomma, il solo Marcello Macchia non ti basta.
«Dirò di più: ritengo che la mia identità quotidiana sia una versione neutra, un manichino nudo, insensibile, una versione in stand by di me stesso. Si dice che la tua è una comicità «surreale».
Eppure nei tuoi video la denuncia sociale è evidente. Come si conciliano questi due aspetti apparentemente in contraddizione?
«Non vedo contraddizione. In Libro dedico un paragrafo al tema. Il mondo reale tende a inquadrarci e definirci in una particolare tipologia di individuo, ma grazie al mestiere dell'attore possiamo combattere e scardinare questa categorizzazione».
L'ironia come atto di ribellione.
«La comicità per me è una lotta contro la realtà, un atto di ribellione nei confronti del mondo e allo stesso tempo un modo per rivelare e rivendicare la propria natura di esseri complessi».
Un «trucco» per non farsi fagocitare dall'onda anomala del successo?
«Non prendersi troppo sul serio, giocare e non porsi limiti. Questo ti permette di dare sfogo al tuo essere più intimo, più spontaneo e originale. Ed è proprio questa capacità di giocare che dev' essere presa sul serio. Bisogna difenderla in tutti i modi e non permetterle di essere ingab biata da sovrastrutture razionali o da timori».
Avresti mai immaginato che «far ridere» sarebbe diventata la tua professione?
«Produrre sketch comici è sempre stata la mia passione. Parodie che facevamo con leggerezza col mio amico Luca. Ma non mi è mai passato per la testa che quello sarebbe diventato il mio lavoro. Perché per me era solo un gioco, uno scherzo, qualcosa che non aveva l'autorevolezza del "posto fisso" così come lo intendevano i miei genitori».
A proposito di genitori. Hai definito il rapporto tra i tuoi genitori una «fantastica storia d'odio». È una battuta o la verità?
«La verità. Ma devo precisare due cose».
Prego...
«La prima è che il loro odio reciproco si trasformava in amore quando era rivolto verso di me, il che mi rendeva un bimbo ipercoccolato e benvoluto».
La seconda?
«È che percepivo chiaramente la solidità del loro legame. Per questo nutro una profonda stima per i miei genitori che continuano ad amarsi odiandosi (o ad odiarsi amandosi) ancora oggi».
Finché morte non li separi.
«No: finché morte non li spari».
Come condizione a questa intervista hai detto: «Ok. Ma niente politica». Eppure le parole «politica» e «politici» tornano più volte nel tuo libro.
«L'ho scritto e lo ribadisco. Ho come la sensazione che la scelta di fare il comico e in generale l'artista sia una via alternativa alla politica».
In che senso?
«Anzichè scendere in campo e cercare di cambiare le cose, si sceglie di comunicare il dissenso attraverso l'arte, la destrutturazione dei linguaggi, la risata. Svelare le idiosincrasie del sistema, i nervi scoperti, deridere i meccanismi sociali e di costume in fondo è come fare comizi».
«Comizi» sui generis.
«I comici che ottengono maggior successo sono quelli che riescono in fondo a creare una propria poetica e una propria visione del mondo».
Quindi il comico potrebbe definirsi «un politico mancato»?
«Sì. Ed è forse per questo motivo che odio la politica. La rifiuto categoricamente perché i politici sono quelli che in qualche modo ce l'hanno fatta. Quelli che giocano la partita nel mondo reale».
Il comico vive invece di fantasia?
«Il comico si rifugia nella fantasia perché la realtà gli sta stretta e gli fa male. Sotto certi aspetti penso di essere un vile, per non voler prendere parte alla battaglia politica della realtà. Ma in altri momenti mi sento rincuorato».
Da cosa?
«Dal fatto che molti politici sono dei comici mancati». I giornalisti sono presenze costanti nei tuoi lavori: «Mario», «Oscar Carogna», «Salvo Errori»... «Il mondo dell'informazione mi affascina. Anche durante la segregazione domiciliare causata dal Covid, il "Tg40ena", che registravo nel chiuso di casa mi ha salvato dallo stress dell'isolamento».
Perché nel libro parli con toni sarcastici della città dove sei cresciuto?
«Non esiste luogo al mondo che può offrirti minor numero di accadimenti al di fuori di Chieti. E questa per me è stata una risorsa preziosa perché mi ha costretto a viaggiare con la fantasia».
Quindi se sei diventato quello che sei «lo devi» al fatto di essere cresciuto in provincia.
«A volte penso a quanto sarei stato improduttivo e serioso se fossi vissuto in una città piena di problemi e avvenimenti significativi come Milano, ma perché no anche New York o Caracas».
Invece a Chieti...
«Devo essere grato alla pigrizia di questa città che mi ha stimolato a tirare fuori quello che avevo dentro. O comunque ad aggrapparmi a quello che c'era e farne qualcosa di grande».
Qual è il succo della tua poetica?
«Cercare di spettacolarizzare ciò che è spicciolo, ordinario, di poco conto».
Ma se non ti avessero scoperto, e lanciato, quelli della Gialappa' s forse saresti ancora a Chieti.
«È vero. Infatti sono molto grato alla Gialappa' s. Ma anche a Chieti».
C'è una battuta che gli abitanti di Chieti odiano?
«Sì: "Chieti, e ti sarà dato"».
Quanti nel nostro Paese prendono la «pillola per utilizzare solo il 2 per cento del cervello» (citazione tratta dal film «Italiano medio» ndr)?
«Non saprei. Ma certo io sono uno di loro».
· Madame.
Chiara Maffioletti per corriere.it il 3 novembre 2021. È la cantante più celebrata degli ultimi tempi, ma fino a qualche mese fa era con ogni probabilità anche la più triste. A raccontarlo, con incredibile franchezza, è stata proprio Madame, co-conduttrice per una sera di «Le Iene», al fianco di Nicola Savino. Guardando dritto in camera, ha detto: «Questa sera voglio parlarvi di una cosa che, fino a qualche mese fa, non avevo. L’autostima. Autostima è amare se stessi. Comprendersi, accettarsi. Perdonarsi. Dobbiamo imparare ad amare tutto di noi. Anche le parti peggiori. Quelle che ci fanno soffrire e vorremmo cambiare. Ma se proviamo a cambiarle odiando ciò che siamo, facciamo un casino sbreghiamo tutto».
Sono stata male per anni
La cantante è poi scesa nei dettagli: «L’assenza di autostima è una brutta bestia. Se non ce l’hai, senti di non valere nulla. L’anno scorso sono stata ospite a X Factor due volte. Prima di salire sul palco ero sola dentro il camerino. Piangevo disperata: “Cosa ci faccio qua?”, “Non me lo merito”. Non mi riconoscevo. Non mi amavo. La verità è che sono stata di merda per anni. Pure a Sanremo, e con il disco d’esordio in uscita. Stavo male. Sempre. Prendevo ansiolitici come fossero acqua. Lo stomaco chiuso. Non mangiavo. Non dormivo. Era un circolo vizioso. Dicevo: “Ma ca**o!” “Perché devo stare sempre così?”. A un certo punto è andata pure peggio. All’improvviso nella mia vita tutto era vuoto. Senza un senso. Mia madre. La mia casa. Il mio cane. La musica. Chiedevo alla gente: “Potete dirmi che senso date alla vostra vita?” Da sola non riuscivo più a capirlo. È stato orribile. Un dolore atroce».
Il recupero
Da lì, la rinascita: «In quel momento ho scritto una delle mie frasi più belle: “Non ho paura di morire, ma ho paura di voler morire”. Poi mi sono detta: basta. Non puoi andare avanti così. Ho iniziato a lavorare ogni giorno per trovare un senso. Ho guardato in faccia l’ansia che mi aveva sempre accompagnata. E ho trovato il modo per eliminarla. Mi sono detta: “Prima o poi soffrirai, ma non devi avere paura. Perché se soffrirai, ti curerai. E se non lo farai, morirai. E sai cosa c’è? Che tutti, prima o poi, muoiono”. Non possiamo rovinarci la vita perché abbiamo paura di soffrire. O di morire. È una grandissima cag**a. Per me capirlo è stata una liberazione. Ho imparato a non essere schiava della fretta, a godermi i silenzi, il buio. Ho imparato a respirare. Ad accettare le cose che accadono senza che io possa controllarle. Ad accettare me. Se mi aveste conosciuto un anno fa, avreste detto: min***a, questa è grave. Adesso mi sono messa a posto. Ho trovato un senso nell’amore. E ho stima di me perché so comprendermi, accettarmi e amarmi. Insomma, sto bene. E anche se non ho trovato la cura per lo star male, ho curato la paura di star male». Un discorso forte e per molti inatteso, che ha mostrato il lato più fragile e forse anche più autentico di quella che fino a qualche ora fa era, forse troppo semplicemente, il nuovo talento della musica italiana.
Marinella Venegoni per "La Stampa" il 26 agosto 2021. Un soffio di gioventù si diffonde sull'imminente Notte della Taranta, la serata più attesa del Sud, che ancora una volta andrà in scena senza pubblico il 28 agosto, ma in differita su Raiuno il 4 settembre. I due maestri concertatori sono il maestro Enrico Melozzi e Madame: è lei l'ultima musa al centro dell'attenzione generale, avvolta dalla curiosità e prediletta dai ragazzi che si specchiano nei suoi 19 anni così unici. Da qualche giorno è a Melpignano per le prove. Nella vita si chiama Francesca, e risponde con allegria e serietà. Maestra concertatrice, dopo Carmen Consoli nel 2016.
Come si sta preparando?
«Mi sto divertendo, ho provato i vestiti che qui mi hanno disegnato. Il mio compito è quello di dare al concertone una chiave di lettura mia, visto che hanno chiamato me. Mi sono occupata della parte testuale, con tema la libertà. Sarò Francesca al 100 per 100. Melotti ed io abbiamo unito la pizzica al rock, e riadattato la tradizione a una nuova forma di linguaggio. Come il mio cantautore preferito De André sono attratta da tutte le tradizioni: qui come altrove internet non ha cancellato nulla per ora».
In Salento la tradizione è agli antipodi rispetto a ciò che lei ha fatto finora.
«Ho in progetto un altro esperimento artistico nel quale comunicherò quel che voglio dire. Ciò che caratterizzerà il mio futuro è lo studio. Secondo me un artista per resistere deve studiare. Qui a Melpignano mi sono venute un sacco di idee, sto approfondendo e imparando lingue. Ho conosciuto gente da dovunque».
Come rivede tutto ciò che ha vissuto in questi mesi?
«Sto cercando di concentrarmi di più sull'hic et nunc. Ma se debbo ragionarci, capisco le cose due o tre anni dopo che le ho vissute. Non ho nemmeno avuto il tempo di metabolizzare, magari ci riuscirò a 20/25 anni».
Cosa pensa quando si sveglia la mattina?
«Ora ci sono la fama e i soldini ma spesso le persone che fanno questo lavoro vivono di illusioni. Mi alzo e dico: perché debbo vivere oggi? Come impiego le mie energie? Come vivo i miei rapporti? La vita scorre, cambia».
Lei cita Eraclito. Ha già scelto una facoltà cui iscriversi?
«Penso filosofia ma non so quando. Potrei farlo a 60 anni o anche domani. Dipenderà dalle mie esigenze, seguo molto il flusso naturale, e se domani vorrò farlo lo farò, se sarò chiamata a viaggiare viaggerò. Prima cosa, la patente: ho quasi 20 anni, so guidare, è ora».
A chi pensa di dovere di più?
«Non so, ognuno ha avuto il suo ruolo. De André, la mia manager Paola Zukar. Non saprei a chi dare di più. Quando una persona mi dà, penso di ricambiare intensamente».
I suoi genitori?
«A volte i genitori sono utili perché ci sono, a volte sono utili perché non ci sono. C'è l'età in cui c'è bisogno di scollarsi: se non ci fosse un po' di astio, farei più fatica a staccarmi. Ho preso casa a Milano e penso come organizzarmi una vita e la famiglia che mi sto costruendo, di amici e persone che mi vogliono bene».
Per lei viene continuamente utilizzato il termine «fluido».
«Non mi dà fastidio. Io penso proprio che dipende tutto dal significato che diamo noi. La fluidità gliela spiegherei con la Taranta: vestitemi truccatemi, mi abbandono a voi. Un po' come fa l'acqua quando prende la forma del recipiente. Quel che dicono su di me, non mi importa: ho scelto alcuni che mi definiscano, gli altri non mi interessano».
E' felice?
«Penso di essere felice perché ambisco alla felicità. "Felix" in latino significa "che dà frutto". Grandi problemi degli esseri umani sono la paura e il rifiuto, l'unico modo per sconfiggerli è avere una passione».
Come mai tutti sono interessati alla sua sessualità?
«Direi ossessionati. Non so, forse riconoscono in me vibrazioni sessuali che li incuriosiscono: ma non sanno che non dipende da che tipo di genitali frequento».
Cecilia Uzzo per "www.gqitalia.it" l’8 agosto 2021. «Calipso fai l'alta marea». Chi sia Madame, ormai lo sanno tutti, o quasi. La cantante, prima rapper donna sul palco del Festival di Sanremo (con il brano Voce), è ormai un vero e proprio fenomeno in costante ascesa. Di recente, ha vinto due riconoscimenti al Premio Tenco – come Miglior opera prima con l'omonimo album di debutto Madame e come Miglior canzone singola con Voce – raggiungendo anche il primato di essere l'artista più giovane a conseguire tale traguardo. Da poco, tuttavia, Madame ha conquistato per l'ennesima volta l'attenzione dei social perché ha spiegato il significato di Marea, il suo ultimo singolo. «Marea», la canzone di Madame. Pubblicata lo scorso 4 giugno per l'etichetta Sugar Music, la canzone è stata aggiunta all'edizione digitale del primo disco della cantante, intitolato semplicemente Madame. Il testo è opera della stessa artista – all'anagrafe, Francesca Calearo – mentre la musica e la produzione sono opera di Dardust, il deus ex machina di tante hit italiane (come Soldi di Mahmood). «Marea l’ho scritta un mese dopo Sanremo. Calipso era un pezzo che voleva essere un progetto artistico un po’ con un sound tribale. Poi era bello e l’ho trasformato in Marea, un singolo estivo», ha raccontato Madame su TikTok, quando ha spiegato il significato della canzone, dopo la pubblicazione del videoclip (diretto da Attilio Cusani). «marea è la narrazione di un sogno erotico. alla fine della canzone domando alla protagonista, che è il soggetto di questo sogno, di non trasformarlo mai in realtà, di lasciarlo lì dov'è. di lasciarlo un sogno. la bellezza dei sogni è che rimangono tali. e “marea” è esattamente questo».
«Marea», il significato erotico. Alle rime dirette e nel contempo poetiche di Madame, siamo abituati. Ma c'è più di un motivo per cui Marea, oltre a a essere un brano perfetto per l'estate, sta spopolando (soprattutto su TikTok). Si tratta, infatti, di una canzone molto sensuale sia per sonorità sia (e soprattutto) per il testo che, senza girarci troppo intorno, descrive un orgasmo. È quella la marea del titolo, non quella del mare, ma quella del piacere crescendo, che culmina poi in un orgasmo. Fin dalla prima strofa, comincia una descrizione un po' allusa (ma molto comprensibile) di un rapporto sessuale, con espressioni e termini che portano inevitabilmente a pensare alla passione tra due corpi. Il sud del corpo, che può essere come un'oasi in mezzo al deserto, è quello del partner. Forse una donna, dal momento che anche il termine labbra è inteso sia nel senso di parte del viso, sia dei genitali femminili. È stata la stessa Madame a svelare il significato della canzone su Tik Tok, in una sorta di spiegazione sexy che apre gli occhi (e le orecchie) anche ai meno maliziosi. «C’è una frase che ripeto all’inizio del brano che significa teoricamente ‘il sud del tuo corpo”, ovvero l’oasi il mezzo al sahara. capite da soli – dice madame – quando dico “samba con i tuoi occhi samba’ significa che i miei occhi iniziano a danzare con i tuoi occhi. ‘santa nei tuoi occhi santa’ ovvero sono così pura nei tuoi occhi. nel ritornello c’è una semi esplosione, calipso diventa mare, diventa marea. wow! […] poi diventa tutto più carnale fra tocchi, salti, danza...»
La prima strofa di Marea recita: «Sarà l'oasi in mezzo al Sahara, sarà pioggia e nubi dal mare, sarà un corso d'acqua in salita»; qui Francesca si riferisce al sud del corpo di una persona, e immagina come potrebbe essere: un'oasi in mezzo al Sahara, appunto, o un corso d'acqua. La cantante prosegue con varie parole dal significato ermetico: caligo è una tipica nebbia genovese; mama è un sinonimo di baby; quando parla di labbra si riferisce, come lei stessa ha detto ridacchiando, "a tutte e tre le labbra". E ancora: quando Madame parla della samba sta immaginando un ballo fra gli occhi di due amanti, che guardandosi iniziano a danzare. Santa, invece, indica la purezza che si prova riflettendosi nello sguardo dell'altro. Passiamo ora al ritornello: l'artista cita la ninfa greca Calipso, che nel poema epico dell'Odissea tiene prigioniero per sette anni sull'isola di Ogigia l'eroe Ulisse. Nonostante quest'ultimo voglia far ritorno a Itaca, la sua terra natale, è incatenato all'amore della ninfa; Madame, allo stesso modo, si sente imprigionata dal desiderio dell'amata. In questa parte del testo c'è un'esplosione: la ninfa finalmente scioglie le acque e si libera dal karma - ossia, si libera dai blocchi e le paure del passato - ed esplode in mare e marea, abbandonandosi al piacere. E per Madame è ancora una volta un grande successo.
Da "liberoquotidiano.it" il 3 agosto 2021. Un elogio agli uomini è costato molto caro a Madame, cantante e paladina del cosiddetto gender fluid. Un suo pensiero lasciato sui social ha fatto arrabbiare le femministe più scatenate, che l'hanno accusata di essere anti-femminista. Nel messaggio "incriminato" di qualche giorno fa l'artista ha scritto: "Farò un elogio degli uomini per ringraziarli della loro bellezza, della loro fragilità, della loro forza, del loro amore. Ovviamente ce l'ho già, 'farò' inteso come in futuro sarà di tutti. Purtroppo involontariamente possiamo maturare una sorta di timore per gli uomini. Il terrore, a volte, dei loro occhi, dei loro pensieri. Ma far di tutta l’erba un fascio è sempre stato lo sport dei superficiali. Gli uomini sono bellissimi. Viva gli uomini, viva i loro corpi, viva le loro anime". A scatenare le polemiche sono state soprattutto le parole sul timore per gli uomini "maturato involontariamente". Alcuni le hanno punto il dito contro accusandola di aver fatto un elogio eccessivo dell'universo maschile. E per questo è stata giudicata perfino di non essere femminista. La replica di Madame, però, non si è fatta attendere: "Il problema di voi amici polemici è che non sapete parlare, ma nemmeno pensare alle cose, ai fatti, alle persone belle e positive che la vita vi mette davanti. Vi concentrate sul sesso, sull'orientamento, sulla provenienza... Non riuscite mai a parlare delle persone!". A chi le ha dato dell'anti-femminista, poi, ha risposto: "Ma voi giurati, sapete che il femminismo è la parità dei sessi? Che se non rispettate un uomo siete anti-femministi voi? Sapete che io sono una donna libera e posso elogiare un uomo bellissimo?". E infine: "Se volete sentirmi parlare di una donna perché è più safe alle vostre orecchie, c'è 'Marea', il mio ultimo singolo, 'Voce', 'Nuda' e tanto altro".
Madame replica dopo le polemiche: “Il rapporto fan-artista è sacro”. Valentina Mericio il 20/06/2021 su Notizie.it. "Il rapporto tra fan e artista è sacro", così la cantante Madame ha spento le polemiche generate dal suo sfogo su Twitter. Con una serie di storie pubblicate su Instagram, Madame ha cercato di spegnere la forte scia di polemiche che un suo post pubblicato su Twitter, poi successivamente cancellato, ha generato sui social. Nel giro di poche ore sono state moltissime le repliche, più o meno ironiche tanto che la stessa cantante è diventata un meme. Ha quindi voluto fare luce su cosa sia successo esattamente quella sera, mettendo in evidenza come lo spazio su Twitter sia poco e quanto sia effettivamente difficile poter condensare tutto. La giovanissima artista ha iniziato subito il suo racconto volendo fin da subito mettere in chiaro cosa significa per lei avere un rapporto con i fan: “Buongiorno ragazzi questa mattina è scoppiato una polemica mediatica, partita da un mio tweet in cui avevo pochi caratteri disponibili e tanta rabbia da sfogare. Insomma è stato un errore mio, dovrei essere impulsiva se una polemica parte dalle mie parole è chiaro che sia in parte colpa mia. Quindi sono qui esattamente perché voglio chiarirmi, chiarirmi soprattutto per il mio pubblico a cui devo tantissimo e dovrò tantissimo per il corso della mia vita. In questi video vorrei parlare di due argomenti fondamentali, il primo il mio rapporto con i fan e quello che secondo me è un fan, il secondo il mio rapporto per il rispetto e quello che secondo è il rispetto.”
Madame ha poi proseguito parlando di ciò che per lei significa rispetto.
“Su Twitter cercavo appunto di spiegare cosa fosse per me un fan, e l’ho riassunto in tre frasi ‘o compri il disco, o vieni al concerto, o sai di cosa parlò. Chiaramente poteva continuare per ore, per anni, su Twitter i caratteri sono limitati, e io non volevo solo concentrarmi su quello, ma nessun problema abbiamo le stories Instagram. Dovete sapere che il rapporto fan-artista è un rapporto assolutamente sacro ed è un rapporto assolutamente personale, può esserci una persona che è stata colpita da una parola che ho usato, e può volermi bene per quella parola che l’ha colpita, o può esserci una persona che sa tutta la mia discografia a memoria, sono due rapporti diversi”.
L’artista ha quindi aggiunto: “Adesso parliamo anche un attimo di rispetto invece, io penso che un mio fan con cui ho un rapporto, non mi interromperebbe mentre mangio con la mia famiglia, per chiedermi una foto, io penso, e sono sicura che aspetterebbe che io finisca di cenare perché è un momento così intimo quando una persona sta con la sua famiglia che è veramente poco rispettoso interromperlo. Io in quel momento è evidente che non stia lavorando, è evidente che io in quel momento non sia Madame. Questo è il fatto.”
L’artista infine ha chiarito esattamente cosa è successo in quella sera e cosa l’ha portata a scrivere il post di sfogo: “Non sono Madame soprattutto se non mi segui, soprattutto se non mi ascolti. Ricordatevi ragazzi che un fan me lo fa sapere che è un fan, ci tiene a farmi sapere che è un fan, ci tiene a dirmi cosa l’ha colpito. Ci tiene a dirmi che c’è un rapporto tra me e lui. Un non fan, ironia della sorte, ci tiene a dirmi che non mi segue, è quello che mi è successo l’altra sera.”
“Io non ti seguo, cioè non so cosa fai, non mi piace il tuo genere, non ascolto quella roba lì, però ti ho vista a Sanremo, possiamo farci una foto?”
“Vorrei aggiungere un ultimo particolare, alle persone che mi hanno chiesto una foto, mentre io cenavo, l’ho fatta. L’ho fatta perché mi reputo una persona educata, e rispettosa, e se tu mi chiedi una foto, io mi alzo, sorrido e faccio una foto con te. Chiunque tu sia. Come ho fatto, come continuerò a fare, quello che sto dicendo è un piccolo appello per ricordare alle persone che se non mi conosci, non mi segui, abbi almeno il rispetto per me.”
Madame polemica Twitter, il tweet di sfogo
Tutto è iniziato con la cantante vicentina che si è sfogata su Twitter, dopo essere stata disturbata da qualuno o qualcuna che le ha chiesto una foto in un momento inopportuno: “Se non hai ascoltato il disco o se non hai preso il cd o il biglietto, o se non sai di che parlo, se non hai fatto nulla per me, non farmi alzare mentre mangio per una foto. Perché io sono Madame 24 ore solo per chi mi usa per la musica, per il resto sono una scorbutica veneta di 19 anni”.
Madame polemica Twitter, il post di Ermal Meta
Tra le persone a sbilanciarsi a favore di Madame, anche Ermal Meta che su Twitter ha scritto:
”Franci, questo tweet verrà preso male come successe con il mio di qualche anno fa. (in effetti il mio fu un po’ una ca*ata) se stai passando una brutta giornata, dimentica Twitter”.
Madame polemica Twitter, il post di Selvaggia Lucarelli
Oltre a Ermal Meta anche la giornalista Selvaggia Lucarelli si è espressa a favore della giovanissima artista vicentina su Twitter: “Essere disponibili con i fan prevede un rapporto di reciprocità: io sono gentile se tu sei gentile. Se mi guardi mentre mangio tipo animale allo zoo commentando quello che faccio a voce alta e poi mi chiedi una foto mentre mastico, non sei un fan. Sei un maleducato”.
Paolo Giordano per "il Giornale" il 21 giugno 2021. Uno sfogo è uno sfogo e di certo non vale troppo clamore. Però Madame, che è l'artista italiana più rampante del momento, 19 anni, rapper/trapper di talento, neo fenomeno pop dopo Sanremo, ieri avrebbe potuto evitarselo. Riassunto. Forse esasperata dalle attenzioni di un fan, ha twittato testuale: «Se non hai ascoltato il disco o se non hai preso il cd o il biglietto, se non hai fatto NULLA per me non farmi alzare mentre mangio per una foto. Perché io sono Madame 24h solo per chi mi usa per la musica, per il resto sono una scorbutica veneta». Apriti cielo. I social sono subito diventati due curve ultras. Da una parte quelli che brava, giusto, così si fa. Dall' altra tutti gli altri, che definire un po' delusi è dir poco. Quindi pioggia di meme, emoticon e battute con sarcasmo ad alzo zero. Risultato: dibattito aperto e tweet cancellato dopo poco. Ovvio, un tweet è come un abito: non fa il monaco e bisogna andare oltre prima di stroncare o attaccare. Però è anche vero che ci sono abiti che sono sbagliati. Madame, al secolo Francesca Calearo dalla provincia di Vicenza, ha indossato per un pomeriggio (si spera solo uno) l'abito sbagliato. La sua discografica, che è l'illuminata Caterina Caselli, ripete spesso che non bisogna mai sottovalutare il pubblico perché, senza pubblico, puoi essere anche bravissimo, ma nessuno ti conosce. E nel pubblico c' è pure chi ti riconosce ma non conosce i tuoi dischi e comunque ti chiede l'autografo. Le superstar che restano nei decenni accettano il compromesso, magari controvoglia, magari borbottando. Ho visto Mick Jagger alzarsi da tavola e firmare autografi e foto dopo 40 anni e più di carriera. Mick Jagger dei Rolling Stones che hanno debuttato nel 1962, mica ieri. Vasco Rossi firma autografi e fa selfie anche a chi non ha mai comprato il suo disco o non lo ha mai visto dal vivo. Gino Paoli racconta che una volta ha firmato un autografo a un fan che credeva fosse Gianni Morandi....Lo sfogo di Madame è forse la conseguenza perversa della popolarità fulminea, non costruita passo passo cercando, sudando, sognando il pubblico concertino dopo concertino, disco dopo disco. Ora la frenesia impalpabile dei social espone i nuovi eroi del pop a una pressione senza precedenti. Ma i social sono un meccanismo perverso che, se si accetta, si accetta con i pro (tantissimi) e i contro (un po'). Per Madame stavolta è un no. Per essere una star, deve essere Madame h24 con tutti. E non solo quando fa comodo.
Giorgia Gobo per today.it il 21 giugno 2021. "Se non hai ascoltato il disco o se non hai preso il cd o il biglietto o se non sai di che parlo, se non hai fatto NULLA x me non farmi alzare mentre mangio per una foto. Perché io sono Madame 24 h solo per chi mi usa per la musica, per il resto sono una scorbutica veneta 19 yo" queste le parole della discordia pubblicate su Twitter da Madame. La cantante ha scatenato un vero e proprio caso mediatico con cui ha dovuto fare i conti e infatti ha deciso di spiegare questo tweet con alcune storie su Instagram. Secondo la cantautrice le sue parole sono state travisate, ma si prende la "colpa" per questa incomprensione. Il problema gira tutto intorno ai pochi caratteri che il social permette di condividere e quindi ha cercato con meno parole possibili di esprimere il suo concetto che non era il non voler fare foto con i fan, ma che esistono fan e fan. Su Twitter però queste frasi hanno scatenato la rabbia e il disappunto di molti che hanno sottolineato che essere personaggi pubblici ha molti privilegi, ma anche altrettanti doveri come ad esempio accontentare i fan. A difendere Madame è intervenuto Ermal Meta che qualche anno fa fu vittima di una situazione simile: Franci, questo tweet verrà preso male come successe con il mio di qualche anno fa (in effetti il mio fu un po' una ca*ata) se stai passando una brutta giornata, dimentica Twitter
La precisazione di Madame sul tweet: In un commento al post su Instagram pubblicato dalla pagina Trash Italiano Madame ha scritto: "Se un giorno vi dovesse capitare che 15 persone vi fotografano mentre mangiate un piatto di pasta dicendovi “ah ma tu sei quell* che ha fatto quellooo” facendovi sprofondare dall’imbarazzo perché 1 non sanno nemmeno cosa fate nella vita 2 state mangiando, allora capirete il mio tweet. Più che polemica è buon senso.
PS. ascoltando i pezzi sulle piattaforme – per chi non lo sapesse – si aumenta il numero delle vendite del disco. Comunque grazie a tutti dei complimenti".
Come anticipato sempre su Instagram la cantautrice ha spiegato la sua posizione: La relazione fan artista è molto personale, il rispetto sta nel fatto che secondo me un mio fan non mi interromperebbe mentre mangio con la mia famiglia, per chiedermi una foto. Io penso e sono sicura che aspetterebbe che io finisca di cenare perché è un momento così intimo cenare con la famiglia. È evidente che io non stia lavorando, che non sia Madame. Io non sono Madame in quel momento, in quel momento sono figlia di mia madre, di mio padre, sono sorella di mio fratello e zia di mia nipote soprattutto se non mi segui, se non mi ascolti. Un fan ci tiene a farmi capire che è un mio fan, che c'è un rapporto, un non-fan - ironia della sorte - ci tiene a dirmi che non mi segue ed è quello che mi è successo. 'Non mi piace il tuo genere, non mi piace quella cosa che fai, ti ho vista a Sanremo possiamo farci una foto?' questo è successo e io la foto con loro l'ho fatta, mi reputo una persona educata e se mi chiedi una foto io mi alzo sorrido e faccio la foto. Quello che sto dicendo è un piccolo appello per ricordare alle persone che se non mi conosci e non mi segui abbi almeno il rispetto per me. Ringrazio gli influencer che hanno alimentato l'odio nei miei confronti, non ho nulla da dirvi, solo che io personalmente non l'avrei fatto.
Dagospia il 21 giugno 2021. Dal profilo Instagram di Selvaggia Lucarelli. Madame ha scritto, forse in modo un po’ ruvido, qualcosa che è perfettamente lecito e condivisibile. La gentilezza non è dovuta ai fan in quanto fan ma alle persone gentili. Avere gratitudine nei confronti dei fan non vuol dire permettere ai fan di guardarti come un animale allo zoo, di abusare della tua cortesia, di disturbarti mentre mangi o stai facendo una telefonata. Soprattutto se non sono fan tuoi, ma della popolarità in senso generale. Dell’animale allo zoo, appunto, che sia una giraffa o una scimmietta. Io sono sempre gentile con tutti, o almeno ci provo, ma di scortesia ne vedo a palate. Chi mi chiede il selfie e pretende di decidere “però ti togli gli occhiali?”. Chi vuole che mi tolga la mascherina e se la toglie, per la foto. E io: no scusa ma la tengo. E lui: daaaaaai. Chi mi chiede la foto mentre mangio e io “ok”. E poi: sì però ti puoi alzare dalla sedia? Chi mi chiede la foto, io annuisco e “sì però puoi venire lì che lo sfondo è più bello?”. Chi non si piace nel selfie che hai appena fatto, ti rincorre e “la rifacciamo, scusa?”. Chi viene lì, ti comincia a guardare e ad alta voce, magari mentre mangi “ahoooooo’ aspetta chi è questa? ‘Ndo l’ho vistaaaa?”. E tu sei in imbarazzo. Poi qualcuno glielo dice e viene a chiederti la foto. Che è più o meno quello che è successo a Madame, se ho capito bene. Gente che non ti segue, che non apprezza il tuo lavoro, per cui una Madame vale un Albano o un Tommaso Zorzi. Mi è capitata perfino gente che mi ha chiesto la foto dicendo “ricordami il tuo nome?”. Ecco, non è che uno che ti chiede una foto sia gentile per forza e non è che la gentilezza sia dovuta comunque perchè “sei Madame perchè hai i fan”. No, sei Madame perché hai talento, i fan sono una conseguenza. Se poi non sei neppure un vero fan, ma solo una persona scortese che vuole postare la foto sui social con la giraffa, io non ti devo proprio niente. Madame l’ha scritto più ruvido, ma l’ha scritto giusto. E a 19 anni ha capito più cose della vita di quante non ne abbiate capite voi per cui se sei famoso devi solo baciare la mano di chi regge un telefono. #madame
Teresa Ciabatti per "corriere.it/sette" il 18 marzo 2021. Diciannove anni, nome d’arte scelto da un generatore di nomi per drag queen, è tra le poche donne rapper italiane, di certo la più famosa: Madame. Dopo la straordinaria partecipazione a Sanremo lodata da tutti, per il pezzo, Voce, in testa alle classifiche di ascolto, e per il discorso portato avanti sera dopo sera attraverso l’immagine (da madre a sposa: «Questa sera mi vesto da madre. Madre della mia voce». «Questa sera mi vesto da sposa. Sposa della mia voce») è in uscita col nuovo disco dal titolo Madame. Papà impiegato di banca (attualmente in pensione), mamma segretaria in un autoconcessionario, fratello maggiore di otto anni, Francesca Calearo, in arte Madame, nasce a Creazzo, provincia di Vicenza. E poiché i genitori lavorano dalla mattina alla sera, lei cresce coi nonni. All’età di cinque anni muore il nonno materno a cui è molto legata. Ecco il primo grande dolore della vita libera, ribelle di Madame, il primo dolore della ragazza che canta «l’ultimo soffio di fiato e sarà la voce a essere l’unica cosa più viva di me», quella ragazza che sembra non aver paura di niente, «la solitudine è un virus che non prendo mai».
Come riceve la notizia della morte del nonno?
«Ero in cucina, mangiavo un toast. Mia madre dice: “Nonno Giuseppe non c’è più”. Io rido non sapendo cosa significhi non esserci più».
Quando scopre il significato?
«A casa della nonna, la poltrona del nonno era vuota».
La morte è una poltrona vuota?
«A cinque anni sì».
I suoi genitori le dicevano la verità fin da piccola?
«Non mi hanno mai ingannata, tranne per Babbo Natale. Bisogna dire che sull’argomento ero scettica di mio, poi voci di corridoio all’asilo. Quindi metto sotto pressione mia madre che alla fine confessa».
Reazione?
«L’accuso di avermi ingannato per tutto questo tempo».
Cos’era «tutto questo tempo»?
«Avevo quattro anni».
All’età di undici anni i suoi si separano.
«Papà mi dice che vuole lasciare mamma. Eravamo per strada, davanti al portone. Appena salgo chiedo: “Quanto ami papà da 1 a 10?”.
E mamma: “Otto”. E io: “Lui si vuole separare”. Non ne sapeva niente, c’è rimasta malissimo, specie per quell’otto».
I giocattoli preferiti da bambina?
«Wolfie, il mio cane. Un libro di poesie rosa carne di cui non ricordo il titolo. E il libro dei perché, fondamentale».
Motivo?
«Con quel libro imparo a fare domande a me stessa e agli altri».
Esempio?
«A mio padre chiedevo: “Perché esiste Dio?”. Oppure: “Perché siamo vivi?”».
E lui?
«Pensava fossi un genio».
A scuola?
«Il contrario, mi prendevano in giro. Per i denti, e per il fatto che non mi lavavo».
Non si lavava?
«A quattordici anni hai altro a cui pensare. Lavarsi è arrivato in seguito, prima ci sono state tante altre cose bellissime che mi hanno fatto crescere».
Il peggiore episodio di bullismo?
«Una volta sono svenuta, e loro, i miei compagni, mi hanno calpestata. Mi calpestavano per capire se fingessi».
Questo dolore l’ha resa forte?
«Debolissima».
Ma?
«Debolissima e libera».
Nel senso?
«Anche di innamorarmi: maschio, femmina, giovane, vecchio».
Primo amore?
«L’allenatore di pallavolo. Io 14 anni, lui 30. M’innamoro, comincio a lavarmi, una volta ogni due giorni invece che una al mese. Mi trucco per andare a pallavolo».
E?
«Gli scrivevo su WhatsApp, era l’unico che mi fosse rimasto, la mia persona di riferimento per capire il mondo».
Si dichiara?
«Molto tempo dopo, a quel punto lui era andato via dalla squadra».
Parole della dichiarazione?
«A diciotto anni potrò darti un bacio?».
Risposta?
«Dipende da chi amerò in quel momento».
Arrivati i diciott’anni?
«Già stavo da un’altra parte».
Dove?
«Innamorata della professoressa di matematica».
Una donna.
«Mai avuto problemi maschio femmine, semplicemente le donne etero sono più difficili da raggiungere, e quello era il mio scopo».
Quanto conta il grado di impossibilità?
«Innamorarsi dell’impossibile è una droga. O almeno era, purtroppo adesso mi innamoro due giorni, una settimana, fine. Penso: ti ho già raggiunto. Il problema di adesso è che raggiungo tutto troppo facilmente».
Meglio l’amore non corrisposto?
«L’amore corrisposto non esiste ».
Tranne?
«Tranne quello madre figlio, anzi no: nemmeno. Mia madre mi ama incondizionatamente, io però non posso riamarla nello stesso modo perché non l’ho cresciuta ».
Di chi è madre Madame?
«Della sua voce».
Tornando alla professoressa di matematica: le dice di amarla?
«Sarebbe stato uno spreco, lei era troppo fredda per capire. Se le dicevo ti amo, probabile che mi denunciasse».
Quindi?
«Prendo a scrivere testi miei, proprio per far vedere a lei che valevo qualcosa, che sarei arrivata in radio».
Eppure la musica esisteva da tempo per Francesca/Madame.
«Ho iniziato in camera mia, con i karaoke di Justin Bieber. A tredici anni sapevo a memoria tutte le canzoni di Fedez e Emis Killa. Finiti i karaoke rap, scopro i type beat. Allora compongo strofe mie. Bimbo è la prima vera canzone».
Di che parlano i primi testi?
«Della mia generazione, una generazione finta però, che ne sapevo io, sempre sola. Ho cominciato a scrivere cose mie, sentite, quando ho conosciuto la professoressa. Anna è una canzone per lei».
Funzionava da ispirazione?
«In quel periodo c’era un pezzo di Izy, Manco a me, e c’era un verso che mi faceva pensare a lei: “Come un veliero bianco che salpa verso il sole” (ndr: nel testo “Come un veliero bianco che salpa verso sud”)».
La professoressa era il sole?
«Sì».
Manifestazioni d’amore?
«Scrivevo di nascosto: lettere, canzoni, che le davo per il compleanno e per Natale. Una volta chiedo alla bidella di consegnarle in classe il cd Le onde di Einaudi, con tanto di lettera».
Conseguenza?
«Lei non capisce che sono io. Lo capisce parecchio dopo: tredici giorni dopo, e mi ringrazia. Era una donna di poche parole, e non molto dolci, insomma: la persona perfetta da amare».
Fine dell’innamoramento?
«Lei va in pensione, io vengo bocciata. Dovevo dimenticarla, per fortuna che avevo iniziato una vita nuova: amici, rapporti reali. Sesso regolare».
Amori?
«Persone che si affezionavano a me, a cui io non mi affezionavo, o viceversa. Situazioni destinate a finire».
«Mando un bacio a quelli che mi davano i bacini ma senza volere me»?
«Esatto».
Il momento della reciprocità?
«Capisco cosa significa avere un rapporto umano conoscendo Matilde. Ho 17 anni, e lei è la prima vera amica della mia vita».
In quel periodo arriva anche il successo.
«Mi scopre Eiemgei che mi fa togliere il video di Anna per ripubblicarlo sul suo canale. 150 mila visualizzazioni in pochissimo tempo».
Essere una rapper donna?
«Sono sicura che ci siano tantissime Madame non ancora esplose in Italia, tante Madame a cui manca il coraggio. C’è il pregiudizio che se sei femmina devi per forza fare pop romantico».
«Sarà che io sono tutto. Certe mattine mi sveglio più maschio, altre più femmina. Riesco a pensare come un maschio, per esempio Clito, l’ho scritta da maschio».
Chi è Madame?
«Per farle capire: non ho mai avuto una calligrafia mia, copiavo quella del compagno di banco, e siccome i compagni di banco cambiavano di continuo, i miei quaderni sembrano scritti da trenta persone diverse».
Lo stile di Madame?
«Mio, personale, come l’immagine del resto. Non mostro il corpo, forse perché ancora non ne sono fiera. E anche perché penso: chi si merita di vedermi nuda oggi?».
Chi lo merita?
«Di umani nessuno. Di animali Barney, il mio cane: io mangio, lui mangia, io vado in bagno, lui viene in bagno».
Cos’è la fama?
«Mia madre mi ha insegnato che della fama bisogna gioire per poco, sennò significa tirarsela e diventare cattivi».
Teme di diventare cattiva?
«Un po’».
In che modo è stato accolto il suo successo in famiglia?
«Non ce lo siamo goduti, a noi non piace godere di queste cose che piacciono a tante persone, ci piace godere di altro, tipo la natura, gli animali, quello che fanno».
La maggiore soddisfazione al termine di un lavoro?
«Non l’uscita del pezzo, quando magari fa tante visualizzazioni, ma quando lo faccio ascoltare ai miei, in macchina. Mio padre e mia madre davanti, io dietro».
Fastidi del successo?
«Il fatto che gente che non mi conosce mi critica. Perché devi parlare di me? Che ti ho fatto di male?».
Oggi la veste Maria Grazia Chiuri (Dior). Come si vestiva prima di diventare famosa?
«Jeans, felpe, molti fake, copie di marchi famosi. C’era un mio amico graffitaro che faceva anche magliette, gli ho chiesto di farmene una con la scritta enorme Gucci».
Parliamo del nuovo disco.
«La cosa di svegliarsi ogni mattina e essere una persona diversa. Ecco, ogni canzone del disco è scritta da una persona diversa. Tranne tre pezzi scritti nella stessa settimana in cui mi sono svegliata sempre quella persona lì».
Ovvero?
«Femmina luccicante».
Tema ricorrente del disco?
«Il dolore».
Il dolore per Madame?
«Che sia l’amore non corrisposto o altro, di base quello che mi manca oggi. Adesso è troppo semplice, e io mi sento morta. Prima vivevo a pieno proprio per il fatto che fosse tutto irraggiungibile. La mia vera paura è non provare niente di intenso, gioia dolore, di rimanere così, anestetizzata».
Altre paure?
«La velocità».
Cioè?
«A quattordici anni mio padre mi porta a Gardaland. Andiamo sulle montagne russe e io sto malissimo, crisi di ansia, di panico, non so. Penso: ora mi sgancio da questo coso, volo via, mi schianto, muoio. Ma poteva finire così, a Gardaland?».
Non finisce.
«Ricordo che scesi da lì, abbiamo passato il resto della giornata sul fiume, nelle canoe. Tipo bambini di cinque anni».
Ci sono volte che ha ancora cinque anni?
«Quando entro in una stanza buia. Inizio a correre, cerco l’interruttore, non so stare al buio».
Come dorme?
«Ora che c’è Barney, benissimo. Lui sta sotto il letto, e io mi sento al sicuro».
Senza luce?
· Maddalena Corvaglia.
Piero Degli Antoni per “QN - Il Giorno - La Nazione - il Resto del Carlino” il 13 aprile 2021.
Maddalena Corvaglia, mi fa il suo ritratto di famiglia in un interno?
«Mia madre era insegnante di sostegno, mio padre avvocato, amministrativista. Mio fratello Toni civilista e io, che ero la più tosta, sarei dovuta diventare penalista. Mio padre mi portava in tribunale a vedere le cause...»
Come è arrivata alla tv?
«Amici di mia mamma mi avevano organizzato un provino per Ok il prezzo è giusto, ma allora avevo l'esame di maturità - c'erano tre prove scritte - e non avevo tempo, così rinunciai. Poi arrivò quello di Striscia. Ma non decisi di andarci perché speravo di essere presa - ero sicura che non mi avrebbero scelta - ma perché ero rimasta delusa dalla votazione finale dell'esame e volevo sfogarmi in qualche modo. Riempii il mio zainetto e partii per Milano. Al provino c'era un mucchio di ragazze che ballavano, tutte bellissime e biondissime. Io rimanevo seduta in un angolo. Anche mia mamma me l'aveva detto: "Figurati se ti prendono"».
Quando incontrò Antonio Ricci?
«Antonio lo incontrai solo dopo. Eravamo rimaste in 12, e le videocassette venivano visionate dalle sue figlie. Antonio lo incontrai per la prima volta quando già stavo facendo le telepromozioni. Mi salutò e andando via sentii che diceva: "Queste ragazze hanno bisogno di imparare un po' di dizione"... Per me è rimasta una persona importante. Quando ho bisogno di un consiglio, mi rivolgo ancora a lui».
A cosa è sopravvissuta?
«Alla perdita di mio padre, e anche al divorzio».
Con il suo compagno è più geisha o più amazzone?
«Io vorrei essere geisha, ma nessuno mi prende sul serio! Mi vedono tutti come un'amazzone. Non mi è concesso di non essere forte».
Lei è un'appassionata di moto. Quale è stata la prima?
«Una Vespa Hp 50, avevo 12 anni. I miei si stavano separando e ne approfittai per estorcerla a mio padre, dietro la promessa che l'avrei usata solo in cortile. Finì che lui supplicò il maresciallo di sequestrarmela. Poi vennero: un'Aprilia Red Rose 50 a 14 anni, un'Aprilia Classic a 16, un'Honda Shadow 600 a 18, e tante altre. Mi piacciono anche le moto da cross, ma dovrebbero farle più basse!».
La velocità più alta mai raggiunta?
«Quando guidavo io, credo 190. Ma, seduta dietro a Randy Mamola, ho toccato i 320, una cosa pazzesca. Chiacchieravo con Valentino, che è un amico, e gli dissi che avrei fatto un giro con Mamola. Sei matta!, mi rispose lui, non ci andrei neanche io!».
Dopo Striscia venne Operazione Trionfo con Miguel Bosé. Come fu?
«Ricordo solo che Miguel piangeva sempre, aveva la lacrima facile».
Ha lavorato anche con Alberto Castagna.
«Ero terrorizzata, perché mi avevano detto che era cattivissimo e trattava tutti male. Facemmo una prova registrata e lui mi chiamò da parte. Ero preoccupata. Invece mi disse: 'Brava. Quando parli con una persona la ascolti, e non pensi alla domanda successiva o ad aggiustarti i capelli'».
Parliamo di Enzo Iacchetti, una relazione durata sei anni.
«È un uomo meraviglioso, una bravissima persona. Quando hai successo è facile cambiare, lui è rimasto sempre quello di Luino».
Fu un colpo di fulmine?
«Pian piano abbiamo scoperto che ci assomigliavamo. A vent' anni io ero già anziana, ero la più vecchia della coppia. Ci siamo lasciati perché lui era troppo piccolo per me».
Vasco Rossi ha officiato il suo matrimonio. Come è nato il rapporto con lui?
«Ero ospite a Scalo 76 e litigai con tutti quelli che c'erano. Dicevano che preferivano il Vasco degli esordi, io non ero d'accordo. Un mese dopo mi arriva un messaggio sul telefono: 'Ho appena ascoltato la trasmissione. Sono orgoglioso di conoscerti. Sei una delle poche persone che mi capiscono'. Era lui. Sono scoppiata a piangere. Siamo diventati amici».
Ha detto che tra i molti stalker che la perseguitano qualcuno dice di volere essere picchiato da lei. Ha mai malmenato qualcuno?
«Non volontariamente. Durante le lezioni di krav (un'arte marziale nata in Israele, ndr) mi è capitato di allungare qualche colpo di troppo. Allora faccio l'occhietto dolce e dico, oh scusami... Una volta però è successo che ho mollato una ginocchiata al di sotto della cintura, e l'istruttore, mio carissimo amico, è sbottato: ma vai aff... Non amo la violenza ma voglio potermi difendere».
Quanto è importante il denaro?
«Nella misura in cui riesco a far star bene mia figlia. Le mie scelte non sono mai state dettate dal denaro o dalla fama».
Non posso non chiederle quali sono stati motivi del recente dissidio con Elisabetta Canalis, sua amica da una vita.
«Preferisco non parlarne, è un grande dolore».
Oggi fa anche l'istruttrice di fitness sul web.
«Tengo lezioni sulla piattaforma LiveNow. Non è solo fitness, ma anche entertainment, noi lo chiamiamo entertraining. Vogliamo allenare ma anche divertire. Sono corsi interattivi, gli allievi possono fare domande e sono inquadrati da una telecamera. Da metà aprile terrò anche un corso per rimetterci in forma in vista dell'estate. Amo il fitness».
Sua figlia Jamie ha 10 anni. Come ha affrontato la pandemia?
«Cerco di vedere il lato positivo, posso darle una mano. Ma la scuola non è solo un posto dove si insegna, è una palestra di vita. I bambini si sono adeguati, dicono che bello, mi posso svegliare due ore dopo e vestirmi solo sopra, ma io non posso non chiedermi in che modo vivranno il futuro».
Maddalena Corvaglia ha debuttato su Motortrend, canale 59 del gruppo Discovery, con il primo magazine d’informazione quotidiana sui motori del canale dedicato alle due e quattro ruote. In onda ad aprile con una prima tranche di episodi che poi ritorneranno a primavera inoltrata. Prodotto da LaPresse per Discovery, “Motor Trend Mag” racconterà il meglio delle notizie legate al mondo delle automobili e delle moto in un appuntamento quotidiano veloce e accattivante.
· Madonna.
Dagotraduzione da PageSix il 14 dicembre 2021. Lourdes Leon è unica nel suo genere. La figlia maggiore di Madonna, soprannominata Lola, è una stella emergente nel settore della moda. Oltre a fare la modella per Swarovski, Marc Jacobs e Savage X Fenty, ha recentemente abbellito la copertina di Vogue e ha fatto il suo debutto al Met Gala. Ma la ballerina/coreografa di 25 anni non cerca di seguire il branco quando si tratta del suo look. «Sento che c'è una tale mancanza di stile personale, uno stile attuale che non abbia a che fare con le tendenze o con TikTok. Perché quando c'è qualcosa lì dentro, tutti la indossano. O tutti quelli che sono alla moda, ma alla moda per le masse», ha detto a Paper Magazine. «A causa di TikTok e delle tendenze sui social media, ci sono così tante diverse iterazioni della stessa giacca o della stessa... È come se tutto fosse copiato da tutti». Una tendenza in particolare che Leon non indosserebbe mai? «Non posso entrare nella casualizzazione del blazer. Il blazer oversize. Perché non sono una ragazza blazer», ha detto, citando Hailey Baldwin come amante del look. Leon si è completamente trasformata per il suo servizio fotografico su Paper, sfoggiando un trucco pesantemente glassato e capelli biondi con riflessi grossi e una parrucca rosso fuoco con frangia spuntata. Si è anche spogliata per indossare bikini sexy con top a foulard, stivali di pelliccia, micro minigonne e un vestito con la schiena completamente aperta e con le spalline. E la star è pronta a difendere il suo caratteristico stile sensuale contro i critici dei social media. «Penso che sia un po' ridicolo che le persone vivano ancora in questo mondo in cui identifichiamo il mostrare la pelle con il volere attenzione. Lascia che ognuno che indossi quello che vuole», ha detto. Leon ha anche altri motivi per evitare Instagram. «Ho una relazione complicata con [i social media] perché vedo solo persone che hanno un certo aspetto o vivono un certo stile di vita, e mi confronto solo con quelle persone. Non è salutare per nessuno», ha detto, aggiungendo che il suo racconto è più spensierato che serio. «Ho uno strato di base di odio perché così tante persone amano odiare mia madre: sono la figlia maggiore, vedo la fine di quell'odio. Quindi tutto ciò che faccio di negativo, è definito “Tale madre, tale figlia”», ha detto Leon. «Siete tutti così poco originali».
Ottavio Cappellani per “La Sicilia” il 28 novembre 2021. Madonna ha la variante Zeta. Come si sa, anche se non ve lo diciamo, le varianti del Covid non si evolvono secondo le lettere dell’alfabeto greco, anche perché i Virus non conoscono l’alfabeto. La variante Zeta è in circolo da secoli, essa attacca il cervello, che si riduce alla ripetizione delle azioni sociali così come un hardware ubbidisce a un software. Come si dice, l’uomo è finito: restano soltanto i suoi sintomi. E Madonna - incastrata sotto il letto con il sedere all’aria, che solletica la fantasia dei nipoti che vorrebbero stuprare la zia (se non la nonna) mentre cerca di recuperare le pillole per la pressione cadute sotto al letto – sta soltanto ripetendo quelle fantasie sessuali in voga negli anni Ottanta (quando, ussignùr, si scoprì il BDSM, pratica di nicchia che intorno ai Duemila diventò mainstream – non c’era ventenne ascoltatrice di noise che non volesse essere strapazzata a scudisciate, magari da una band postpunk), che all’epoca le donarono il successo. Ella agisce come gli zombie di George Romero che, nella cronaca dei suoi anni (solo gli imbecilli possono scambiare la cronaca per profezia), mise in scena i morti viventi che continuavano imperterriti ad andare al “mall”, al centro commerciale, seguendo le regole sociali del consumismo. Perché diciamoci la verità, a me la foto di Madonna col frustino sul letto un po’ siculo in ferro battuto, suscita più che eccitazione una domanda: perché qualcuno dovrebbe desiderare di farsi prendere a frustate da una donna in probabile osteoporosi che potrebbe anche slogarsi un polso durante la pratica? Adesso, io lo so che non bisognerebbe fare body-shaming o age-shaming, ma io oramai sono un anziano bacucco arteriosclerotico e anche se mi guardate con disprezzo sociale sono troppo vecchio per tutti questi sceming. E quindi scrivo quello che voglio della vecchia culona arrapata che è diventata Madonna. Anche perché, se vuoi fare la vecchia culona, apriti il canale youporn o una roba del genere, perché almeno prima facevi anche le canzoni. Ma comunque, anche i Maneskin faranno la stessa fine, dopo avere copiato il rock antichissimo (oramai) dei Rage Against The Machine, faranno le foto mezzi nudi con Damiano grasso e il culo flaccido alla Berlusconi (citazione) e Victoria con le minnuzze svuotate come calzini mentre si fanno l’orgetta bisecchisi all’ospizio. E comunque non stavamo parlando di questo: parlavamo della variante Covid Zeta, che è già in circolo almeno dall’anno Mille A.C. quando in realtà iniziò l’Apocalisse dei giorni nostri così come annunciato dai millenaristi: chi l’ha detto che l’Apocalisse avviene all’improvviso? Essa è come il vino buono: ha bisogno di decantare per secoli prima di essere degustata. Quello che vi teniamo nascosto, noi poteri forti, noi grandi vecchi, è, come detto, che sia noi, che il Covid, partiamo dalla fine (la zeta), poi torniamo al principio (l’alpha) e poi rimescoliamo le carte tanto voi siete destinati a non capirci niente, e noi invece siamo gli eletti che si stanno degustando la fine dei tempi ridendo a crepapelle del politicamente corretto e di Madonna che fa la gatta sul letto che scotta come il brodino di semolino tiepido, e che fa scandalizzare soltanto Zuckerberg (che le ha censurato il capezzolo), ma a lui ci piace la categoria “oriental teen”, almeno così dicono (nel film, mica io).
Da repubblica.it il 26 novembre 2021. Qualche mese fa era accaduto a Pedro Almodóvar e al poster del suo film Madres paralelas che mostrava il seno di una madre con una goccia di latte, in quel caso Instagram aveva rimosso il post ma poi si era scusato e aveva fatto marcia indietro. Questa volta le cose non sembrano andare in quella direzione e la polemica esplode tra Madonna e il social di Zuckerberg. Ricostruiamo: la popstar pubblica sul suo canale social, seguito da 17 milioni di follower, una fotografia che la ritrae sdraiata su un letto in calze a rete e lingerie, niente di particolarmente nuovo per Madonna che da sempre ha scelto look di questo tipo per concerti, copertine di dischi e servizi fotografici. In questo caso però l'immagine non passa il sistema di controllo di Instagram e viene rimosso in quanto mostra un capezzolo. Allora l'artista ripubblica l'immagine (oscurando il capezzolo con un cuoricino) e attacca il social con un lungo post: "Sto ripubblicando fotografie rimosse da Instagram senza preavviso o notifica. Il motivo che hanno dato al mio manager che non gestisce il mio account è che una piccola parte del mio capezzolo è stata esposta - scrive - Mi stupisce ancora il fatto che viviamo in una cultura che consente di mostrare ogni centimetro del corpo di una donna tranne un capezzolo. Come se quella fosse l'unica parte dell'anatomia di una donna che potrebbe essere sessualizzata. Il capezzolo che nutre il bambino. Il capezzolo di un uomo non può essere vissuto come erotico. E che dire del culo di una donna che non viene mai censurato da nessuna parte". Madonna poi aggiunge una sorta di chiosa finale con riferimento alla giornata di Thanksgiving celebrata negli Stati Uniti: "Ringrazio di essere riuscita a mantenere la mia sanità mentale attraverso quattro decenni di censura, sessismo, discriminazione sull'età e misoginia. Perfettamente in sintonia con le bugie con cui siamo stati educati a credere che i pellegrini spezzassero pacificamente il pane con gli indiani nativi americani quando sbarcavano a Plymouth Rock. Dio benedica l'America".
Dagotraduzione dal Daily Mail il 26 novembre 2021. Le foto hot pubblicate su Instagram da Madonna hanno scatenato i fan: ieri, dopo aver condiviso gli scatti in calze a rete e lingerie nella sua camera da letto, è stata inondata da commenti ironici e meme. C’è chi ha scritto «Scoperta una nuova specie di ragno. Le gambe lunghe della nonna!». Un altro: «Life Alert, Help! Sono caduto e non riesco a rialzarmi!». E ancora: «Madonna camaleontica ha adottato ancora una volta un nuovo personaggio per noi fan più anziani e io sono qui per questo!». La presentatrice televisiva Anneka Rice ha twittato: «Io e Madonna abbiamo esattamente la stessa età. Presumo che stia cercando il caricatore del telefono. Se ci provassi non sarei mai più in grado di rialzarmi». Piers Morgan, 56 anni, ha semplicemente twittato: «Rock Bottom». Madonna è stata anche costretta a ripubblicare i suoi scatti censurandoli perché Instagram li aveva rimossi ravvisando una violazione delle sue linee guida: Madonna aveva infatti condiviso le foto con i capezzoli ben visibili. Con una lunga didascalia, Madonna ha bollato le rigide politiche sulla nudità della piattaforma di social media come "sessiste" e ha paragonato lo stigma sociale incrollabile attorno al capezzolo femminile a quello delle "bugie" raccontate sul trattamento "pacifico" dei pellegrini dei nativi americani al Ringraziamento. «Sto ripubblicando fotografie censurate da Instagram senza preavviso o notifica... La ragione? Una piccola parte del mio capezzolo era stata esposta», ha iniziato. «È sorprendente per me che vivo in una cultura che consente di mostrare ogni centimetro del corpo di una donna tranne un capezzolo. Come se quella fosse l'unica parte dell'anatomia di una donna che potrebbe essere sessualizzata. Il capezzolo che nutre il bambino!». «Il capezzolo di un uomo non può essere vissuto come erotico??!! E che dire del culo di una donna che non viene mai censurato da nessuna parte. Ringrazio di essere riuscita a mantenere la mia sanità mentale attraverso quattro decenni di censura... sessismo... età e misoginia». «È perfettamente sincronizzato con le bugie che siamo stati educati a credere sui pellegrini che spezzavano pacificamente il pane con gli indiani nativi americani quando sbarcavano a Plymouth Rock! God bless America», ha concluso la star prima di aggiungere l'hashtag #artistsareheretodisturbthepeace.
Madonna, la diva sempre giovane che ama l’Italia. Angela Leucci il 24 Agosto 2021 su Il Giornale. Madonna nutre da sempre un grande amore per l'Italia, anche in forza delle origini familiari: è uno dei simboli della generazione degli over 60, tra provocazione e creatività. Madonna sceglie ormai da cinque anni l'Italia per festeggiare il suo compleanno. L'artista statunitense raggruppa amici e musicisti e, dopo aver accuratamente prenotato un resort dello Stivale, a ridosso del 16 agosto trascorre circa una settimana tra balli e festeggiamenti senza sosta. Una consuetudine che non deve però stupire: si tratta solo dell’ennesimo capitolo di un amore infinito che la popstar nutre per il nostro Paese, terra d’origine di suo padre, e che fu siglata anche dalla scritta su una provocatoria t-shirt, “Italians do it better”. “Mi piace venire in Italia a esibirmi, perché amo tanto i miei fan italiani”, dichiarò la cantante nel 2015 in un’intervista rilasciata a Silvia Toffanin per Verissimo. Madonna è per l’anagrafe una over 60, ma è nei fatti senza età: adorata trasversalmente da persone molto diverse per la sua musica, il suo personaggio e a volte anche per le sue provocazioni, è l’irriverente testimonial della sua generazione, con la sua capacità di reinventarsi, di stupire e di ammaliare.
Le origini italiane di Madonna. I nonni di Madonna, Gaetano Ciccone e Michelina Di Iulio, erano di Pacentro, una località in provincia de L’Aquila. Qui tutt'oggi risiedono i parenti della cantante - la quale, dopo il tragico terremoto del 2009, ha donato alcune centinaia di migliaia di dollari per la ricostruzione. Nel 1919 Gaetano e Michelina arrivarono a Ellis Island, com’era usanza a quei tempi, alla scoperta di quel “mondo nuovo” ricco di opportunità che erano gli Stati Uniti. Gaetano e Michelina ebbero lì nel 1931 Silvio Anthony, papà dell’artista, e Madonna venne alla luce il 16 agosto del 1958 a Bay City nel Michigan. Neppure 20enne, la giovane artista si trasferì per approdare a New York, solo con un sacco pieno di calzamaglie e tanti sogni.
Da Torino alla Puglia, un amore senza fine. La prima grande volta di Madonna Louise Veronica Ciccone in Italia fu nel 1988, quando si esibì a Torino nell’ambito dell’“Who’s That Girl Tour”, in un concerto memorabile in cui sfoggiò i suoi corpetti disegnati da Jean-Paul Gaultier e qualche parola in italiano. Iconico divenne il suo saluto al pubblico: “Siete pronti? Siete già caldi? Ànch’io”. Da allora si annoverano per Madonna diversi tour in Italia, alcune pregevoli apparizioni televisive e perfino un’ospitata al Festival di Sanremo 1995 dove, accantonando la sua aura di provocatrice, si presentò con un abito vintage da gran dama della canzone. Dal 2016 Madonna, in occasione del suo compleanno che cade il 16 agosto, trascorre le vacanze in Italia, ospite in un resort di Savelletri in Puglia. Questo le ha permesso di visitare le bellezze artistiche locali, attraverso delle passeggiate nel centro di Lecce, ballare la pizzica insieme a gruppi folk locali e, nel 2021, anche di prendere un treno storico, mostrando al mondo cosa significhi turismo lento e intelligente. Con lei anche l'amica di sempre, l’attrice Debi Mazar.
Madonna, la carriera musicale. Nel 1978 Madonna lascia il Michigan per New York. Studia danza e coreografia, ma la vita è dura non solo dal punto di vista economico: viene derubata e anche abusata. Durante un’esperienza di lavoro in Europa, viene però notata da alcuni produttori, ma decide di tornare a New York, dove collabora con due band. Qui, all’inizio degli anni ’80, inizia a scrivere le canzoni che la porteranno a realizzare il primo album che porta il suo nome. Il grande successo però giunse con il secondo album, “Like a Virgin”: nella titletrack uno dei suoi primi atti d’amore per l’Italia, con un video ambientato a Venezia, in cui Madonna - di bianco vestita come una vergine sposa - incontra un vero leone che fa riferimento al simbolo della Serenissima. Dal 1983 al 2019, Madonna ha inciso 14 album in studio, tutti sotto l’ombrello della pop music, anche se l’artista non ha disdegnato di spaziare strizzando l’occhio all’hip hop, alla musica latinoamericana e alla house. Per lei i colleghi hanno scritto canzoni ispirate e meravigliose, da Lenny Kravitz che immaginò “Justify My Love” alla collaborazione con Bjork per “Bedtime Story”. Reinventando continuamente la sua musica e i propri look, Madonna è riuscita a non tradire nel tempo le aspettative dei suoi fan e la propria antica formula: provocare, stupire, far riflettere ma anche e soprattutto far ballare. “È impossibile farmi stare zitta - ha detto Ciccone a Vanity Fair - Infatti mi hanno sempre criticata, messa sulla graticola, fatta a pezzi. Parlare, affrontare argomenti controcorrente, esporsi: oggi è una cosa che spaventa tutti. [… ] Oggi sono tutti chini e persi nello schermo del telefono. È una catastrofe. A livello sociale ma anche creativo. Come fai a sviluppare una tua personalità, un tuo talento con tutto il rumore che c’è là dentro? Alla fine della giornata, quello che oggi ti invade è una pressione che ti porta a vestirti in un certo modo, a essere quieto, a diventare perbene”.
Madonna, la carriera nel cinema. La carriera cinematografica di Madonna è fortemente connessa con la sua musica, sebbene la cantante abbia esordito nel 1979 con un thriller b-movie che uscì nel 1985, quando lei era già famosa, “L’oggetto del desiderio”. È nel 1985 che la popstar fa il suo vero grande esordio nella settima arte, con la pellicola “Cercasi Susan Disperatamente”, in cui sebbene sia la Susan del titolo non è la protagonista. Ma tanto basta a inserire nella colonna sonora il brano cult “Into the groove”. Lo stesso anno, Madonna appare in una scena del film d’amore con Matthew Modine “Crazy for You”, ed è una scena in cui canta sul palco l’omonima canzone. Successivamente è la volta dello sfortunato “Shanghai Surprise”, accanto all’allora marito Sean Penn, dopodiché è protagonista in due film che affiancano la promozione di due dischi, “Who’s That Girl” e il cinecomic “Dick Tracy”. In un decennio, dal 1992 al 2002, Madonna appare in diversi film d’essai, da “Ombre e nebbia” di Woody Allen a “Body of Evidence” accanto a Willem Dafoe, passando per “Girl 6” di Spike Lee dove è in un cameo, il film a episodi “Four Rooms” e il remake “Travolti dal destino” dell’ex marito Guy Ritchie. Tra i suoi personaggi più memorabili ci sono sicuramente quello di Mae Mordabito, giocatrice baseball durante il Secondo conflitto mondiale in “Ragazze vincenti” di Penny Marshall, e naturalmente Evita Peron nel musical “Evita” di Alan Parker, nel quale canta e recita.
Le opere filantropiche. Nel tempo Madonna si è dedicata a diverse opere filantropiche, come la succitata donazione per l’Abruzzo. Quella di più lungo corso è però Raising Malawi, fondata nel 2006, che si occupa di aiuti a vario titolo per gli orfani di questo Paese africano. Paese da dove provengono tra l’altro quattro dei suoi figli: David, Mercy, Stella ed Estere. "A portarmi da quelle parti - ha raccontato Ciccone a Vogue - logicamente, è stato l’enorme numero di bambini rimasti orfani per colpa dell’Aids. All’inizio volevo fare qualsiasi cosa fosse in mio potere per aiutarli, che si trattasse di istruzione e cure mediche, di ricostruire degli orfanotrofi e fabbricare scuole, di portare personale medico e volontario. Sentivo che, avendo una vita privilegiata, era mio dovere rendermi utile”.
Angela Leucci. Giornalista, ex bibliotecaria, filologa romanza, esperta di brachigrafia medievale e di cinema.
Madonna lascia la Puglia, viaggio e festa sul treno storico. Il Quotidiano del Sud il 22 agosto 2021. Pubblicando un video a bordo di un treno storico della Fondazione Ferrovie dello Stato, con i suoi amici, la famiglia e il fidanzato, Madonna saluta la Puglia dove è arrivata nei giorni scorsi. La star ha visitato la sua regione preferita girovagando spesso a piedi come una comune turista, dopo aver festeggiato il suo 63esimo compleanno, il 16 agosto, in un resort di lusso nel Brindisino. “Ciao Italia, ciao Puglia”, dice la pop star nel video, affacciandosi dal finestrino del treno. Durante il viaggio si balla e si canta, mentre alcuni si baciano negli scompartimenti. Le immagini, pubblicate sul profilo Instagram di Madonna, sono accompagnate dalla musica di Claudio Villa. Madonna ha preso il treno da Fasano (Brindisi), vicino al resort di Savelletri, dove ama soggiornare. Prima di salire a bordo le è stato donato un mazzo di rose. Il viaggio inizia in musica, con alcuni chitarristi che suonano in treno per accoglierla. Poi, la star sale a bordo e si siede con il suo giovane fidanzato, il 26enne ballerino Ahlamalik Williams. Da qui ha inizio la festa. Madonna, conquistata dalla bellezza del treno storico, si esibisce anche in alcune pose nell’ultimo vagone, mentre alle sue spalle si vede il paesaggio scorrere via accanto ai binari. Nei giorni scorsi, a bordo di questo treno, ha raggiunto Lecce dove ha visitato il centro storico e il Duomo. “La star internazionale Madonna – sottolinea la Fondazione Fs – ha scelto ancora una volta il nostro paese per trascorrere le vacanze tra le bellezze del patrimonio storico e culturale. Questa volta, in Puglia, ha arricchito la sua permanenza con l’esperienza di un viaggio a bordo di un treno storico della Fondazione Fs, diventando così ambasciatrice per un giorno del turismo dolce e sostenibile, tra le bellezze artistiche del barocco leccese”. Madonna ha condiviso sui social anche la visita a Ostuni di due giorni fa, questa volta raccontandola sulle note di ‘Nel blu dipinto di blu’ di Modugno. Con il fidanzato, i figli e il suo staff, Madonna ha cenato nella ‘città bianca’ e ha cantato ‘Bella ciao’ con il gruppo di musicisti locali "Terraross".
Patrizia Monaco per "movieplayer.it" il 16 agosto 2021. Ancora una volta, Madonna ha scelto di festeggiare il suo compleanno in Italia, esattamente in Puglia, nel resort di Borgo Egnazia, a Savelletri (Fasano). Diverse foto ed alcuni video apparsi sui social mostrano la cantante circondata dai suoi amici che le cantano Tanti Auguri in uno scenario assolutamente da sogno. Proprio oggi, lunedì 16 agosto, Louise Veronica Ciccone compie 63 anni. Un'occasione speciale che merita una location speciale: quando si è trattato di scegliere il luogo in cui festeggiare il proprio compleanno, la star americana, nota a livello mondiale semplicemente come Madonna, non ci ha pensato due volte. La scelta definitiva non poteva che ricadere sull'Italia, il suo paese di origine che, nel corso degli anni, le ha dimostrato sempre affetto incondizionato, riservandole un trattamento speciale ogni volta che la cantante ha raggiunto il Bel Paese per i propri concerti o semplicemente per godersi un periodo di vacanza. Nelle ultime ore, diversi scatti condivisi sul web ritraggono Madonna mentre festeggia il suo compleanno, circondata dai suoi amici più cari. In un video, invece, possiamo anche sentire i presenti al party mentre intonano Tanti Auguri. Lo scenario, in cui il calore delle candele si sposa con il bianco delle strutture circostanti, lascia percepire tutta la magia del momento. Per l'esattezza, Madonna ha scelto di festeggiare nel resort di Borgo Egnazia, luogo a cui ormai si è affezionata e dove torna spesso. Era successo, ad esempio, anche nel 2017, quando la cantante aveva raggiunto l'Italia in compagnia dei suoi figli. Risale al 2015, invece, la sua prima visita a Savelletri, frazione del comune di Fasano di cui si è innamorata sin da subito. All'epoca, Madonna condivise sui social la foto di un tramonto, con scritto "la strada per il paradiso".
Danilo Barbagallo per leggo.it il 5 giugno 2021. Un tenero messaggio di auguri da parte di Madonna al padre Silvio Anthony Ciccone, detto Tony, di origini abruzzesi, che spegne novanta candeline. Un evento che Madonna ha voluto celebrare con una dedica social al padre, a cui ha regalato un video della giornata di festa trascorsa insieme: “Mio padre è un sopravvissuto – ha scritto su Instagram - è cresciuto come immigrato italiano negli Stati Uniti e ha affrontato diversi traumi, ma ha sempre lavorato duramente per guadagnarsi tutto ciò che ha avuto. Mi ha insegnato l'importanza del duro lavoro e l'importanza di trovare la propria strada nella vita. Ti ringrazio ancora. E’ stato così speciale aver potuto trascorrere il tuo novantesimo compleanno insieme e con i miei figli nel tuo vigneto. #happybirthday #ohfather #thestrangers @cicconevineyard”. La grande star Madonna non dimentica la famiglia e per i novanta anni del padre Silvio Anthony Ciccone, di origini italiane, lascia gli impegni nel mondo dello spettacolo e trascorre la giornata con lui. Madonna ha anche condiviso un post in onore di Silvio Ciccone, con un video che racchiude i momenti di festa e una tenera didascalia: “Mio padre è un sopravvissuto – ha scritto su Instagram - è cresciuto come immigrato italiano negli Stati Uniti e ha affrontato diversi traumi, ma ha sempre lavorato duramente per guadagnarsi tutto ciò che ha avuto. Mi ha insegnato l'importanza del duro lavoro e l'importanza di trovare la propria strada nella vita. Ti ringrazio ancora. E’ stato così speciale aver potuto trascorrere il tuo novantesimo compleanno insieme e con i miei figli nel tuo vigneto. #happybirthday #ohfather #thestrangers @cicconevineyard”. Madonna ha trascorso la giornata di festa assieme ai figli. La cantante ha ha sei, di cui quattro adottati: ha avuto la prima nel 1996, Lourdes Maria, nata dalla relazione con il personal trainer Carlos Leon. Nel 2000 sposa il regista Guy Ritchie, dal loro matrimonio lo stesso anno nasce Rocco John e poi nel 2006 adotta un bambino originario della zona del Malawi, David Banda. La cantante ha poi adottato Mercy James nel 2009 e le gemelline Stella e Estere Mwale nel 2016. All’appello nel party in famiglia per i novanta anni di Silvio Anthony Ciccone mancava solo Rocco John Ritchie.
Da "tgcom24.mediaset.it" il 29 marzo 2021. Il corpo di Madonna è al centro delle polemiche in questo periodo e adesso lei ha buttato altra benzina sul fuoco. A metà marzo una fotografa e esperta digitale australiana, Amelia Goldie, ha accusato la popstar di averle rubato uno scatto social. La Ciccone avrebbe sovrapposto la sua faccia al corpo della ragazza 28enne, pubblicando poi l'immagine modificata sul suo profilo Instagram. I fatti risalgono al 2015, per il lancio di Rebel Heart, ma Amelie se ne sarebbe accorta solo ora. "Quando Madonna pubblica una sua foto su IG per promuovere il suo album ma in realtà è il tuo corpo (non sto scherzando)", ha scritto la giovane in un video su TikTok, diventato virale in pochissime ore. L'immagine incriminata è, al momento, ancora visibile sulla pagina social di Madonna e lei non ha commentato il fattaccio. In seguito allo scandalo però l'icona della musica ha postato una serie di fotografie che non sembrano essere proprio casuali. "E ora in un momento di riflessione personale... Madame X", ha scritto la Ciccone. Madame X è l'alter ego della popstar, nato in occasione della pubblicazione dell'album omonimo nel 2019. Nei selfie l'artista si ritrae con un completo intimo d'ispirazione bondage, svelando il corpo quasi nudo. Slip in pizzo, reggiseno nero con dettagli in pelle di Agent Provocateur e un cappello fetish con catena di Ruslan Baginskiy. A 62 anni Madonna si mostra senza vergogna, del resto lei nella sua lunga carriera ha fatto della libertà di espressione un portabandiera. Chi non ricorda i suoi look iconici? La sposa di Like a Virgin, il famoso corpetto con le coppe a punta di Jean Paul Gaultier, il corvo di Frozen, il periodo da cowgirl, solo per citare alcuni suoi famosi momenti fashion. Adesso è una Madame X sexy e consapevole. Senza etichette, camaleontica e irriverente, ha rimesso Amelia Goldie al suo posto con tre scatti al naturale, dimostrando di avere ancora un corpo che parla benissimo da sé.
Barbara Costa per Dagospia il 6 giugno 2021. La signora ha 2 milioni di dollari. Netti. Se li è fatti quasi tutti lavorando duro e sudando altrettanto. E ogni tanto orgasmando. Se li è fatti col porno. In soli 2 anni, guadagnandosi già col suo primo porno, il sadomaso "Drive", l’Oscar quale miglior attrice protagonista. A oggi i premi sono diventati 11, compreso quello come Miglior porno personalità social. Perché Maitland Ward, milfona 44enne, conta più di 2 milioni di followers tra Instagram e Twitter ma, molto più interessante, ha 700.000 abbonati al suo canale OnlyFans. Tutti fans disposti a pagare contenti per i suoi video porno. Denaro sonante che porta la signora a intascarsi – parole sue, a "TMZ" – mensilità pari a 6 cifre, e solo per il porno che rilascia su questa piattaforma. Stando così le cose, non ci sono dubbi: Maitland Ward ha vinto. Ha avuto ragione lei. Ha vinto e ha avuto ragione a fare quello di cui di lei si parla, sparla, si disapprova: Maitland ha fatto bene a lasciare Hollywood per il porno. A lasciare il cinema mainstream per fare il cinema quello porno, cioè per il cinema dove ogni atto sessuale non è falsato, e pene e lingua e mani entrano davvero, e dove il sesso è vero. Ma così Maitland è diventata – in quanto donna – agli occhi e pensiero dei benpensanti, una m*gnotta. Dai, senza giri di parole: cosa hanno detto o meglio rimproverato a Maitland quando ha annunciato di buttarsi nel porno? Che era una pazza, una sconsiderata, e che Hollywood non gliel’avrebbe perdonata: col cinema "tradizionale" avrebbe chiuso. Per sempre. Che per lei non ci sarebbe stato mai più spazio, o una chance di ritorno. E a dire che Maitland non ha scelto i film a luci rosse perché negli altri nessuno la chiamava più, essendo come attrice fallita. No. Maitland ha lasciato Hollywood perché arcistufa del cliché in cui quel mondo l’aveva racchiusa. Il cliché della figliola innocente dai verdi occhioni romantici. Non ha avuto ragione lei, a vederla oggi che, a erompere corpo e occhioni nel porno, lavora tanto, con sommo gusto e soddisfazione? “Mi sento fiera, potente: niente è off limits per me”, dice Maitland al "Daily Star", e come contestarle che mai aveva raggiunto un pubblico così vasto (ammiratore e non). Mai aveva vinto tanti premi. E parliamoci seriamente: col porno ci ha guadagnato tanti quattrini. Dice Maitland: “Il porno è come Beautiful!”. Lei lo può ben dire, ché in questa soap ha recitato anni, e però coglie una importante verità: come Beautiful, e le soap opera in generale, “il porno è un settore cinematografico a sé, separato dal mainstream, e malgiudicato da esso, ma è, come Beautiful, molto visto e molto popolare”. La rossa Maitland, da outsider del porno, manda del porno in crisi preconcetti e idee errate: il porno è pieno di persone, attori e attrici, disperati, sbandati, senza morale? E lei snocciola nomi e esempi concreti della maggioranza di lavoratori porno che sono integerrimi tipi casa e famiglia. Se poco convincente, pone come esempio lei stessa. Lei è passata al porno restando la signora Baxter, sposata a Terry, con lui formante da 15 anni una coppia solida, monogama, tranne quel che di sesso Maitland fa con altri sui set. Per lavoro. Non è vero che il porno è approdo di persone minate da radici familiari "discutibili": lei è figlia di mamma e papà etero, sposati da 50 anni, che tuttora vivono nella casa in California dove Maitland è cresciuta stabile e protetta. Il porno è un lavoro speciale per gente normale, e alla normalizzazione del porno punta con decisione Maitland. Lei è pioniera, apripista di uno switch – dal cinema mainstream al cinema porno – che secondo lei devono con disinvoltura fare altri ex colleghi attori veri e "seri". Ex colleghi mica tanto tali, visto che al momento Maitland alterna le riprese di "Muse" (e qui non è gonzo, non è porno di sola azione, qui non è solo meccanica, qui si recita, sul serio: qui si fa cinema. Sessuale. Maitland, con Muse, ha vinto 3 Oscar. Lo strepitoso successo ha dilatato Muse in una porno-serie) a quelle non porno di "The Big Time", sitcom "pulita", di cui Maitland Ward è sia protagonista che produttrice. Ha ragione Maitland, ha vinto Maitland: è il cinema mainstream che si è piegato a lei, ricercandola e richiamandola. Maitland lo ammette senza indugi: il salto nel porno le ha ricostruito una carriera. Basta con la storia che far porno degrada umanamente e professionalmente: il porno professionale a una donna – specie a una donna – concede guadagni e possibilità che altrove poco trova. Misoginia è “pensare che le donne si debbano vergognare per come vogliono usare i loro corpi e la loro sessualità, e come, se vogliono, scelgono di fare i soldi con essa”. Chiaro? Maitland Ward, non solo ha allungato di 2 anni il contratto in esclusiva che la lega al super porno brand "Vixen", ma sta con Vixen sviluppando progetti di script e regia, oltre a quelli già in cantiere da pornostar. Ci aspettano, con Maitland, nuovi porno, trame carnose, anche in serial, “stile Netflix”, dice lei. Non solo: nel 2022 esce "My Escape from Hollywood: Why I left to Become a Porn Star", il suo libro di memorie, presso la prestigiosa casa editrice Simon & Schuster, i cui diritti inglesi sono già venduti. Più vittoriosa di così. È davvero così "sozzo", il porno? No, ma stancante sì. Svela Maitland Ward: “Per riprendermi, dopo una giornata di sesso intenso sul set, devo dormire 10 ore!”. E lei si è stancata, nel girare il suo primo porno anale, con Manuel Ferrara, e si è stancata, a sc*pare col collega Pressure, su quel tavolo, al punto che, nell’ardore, mentre giravano, non si sono accorti del caffè rovesciato, macchiante, colante sui loro vestiti, e della sedia che nella foga hanno spaccato, e sedia che Maitland, affarista sopraffina, si pente di non aver messo all’asta su eBay.
· May Thai.
Barbara Costa per Dagospia il 10 aprile 2021. Lei si chiama May Thai, è italiana, ha 23 anni, e si diletta in triple anali. Lei le fa, lei le vuole fare, lei si diverte a farle. E ti spiega pure come: si mette in doggy-style, un uomo sotto di lei, un altro sopra, e un terzo che si deve "infilare" nel mezzo, oppure due uomini distesi, a forbice, entrano dentro di lei sopra di loro a cavalcioni, e un terzo uomo che si… o insomma, si fa prima a vedere un triplo anale di May Thai che a scriverne, una tripla anale è più facile a farsi che a dirsi, ma che dico, facile non lo è per niente, come non è per niente sicuro e assolutamente NON consigliato provarci in privato. Le triple di May Thai sono sua abilità porno, farle per lei è sì divertimento ma è un lavoro, che lei fa sì per sua scelta e convinzione, ma pure perché ha metodo, allenamento, e sa i "codici", ovvero le basi e regole e "trucchi" che permettono a una pornoattrice di recitare e realizzare in modo naturale ciò che naturale non è. May Thai è nata a Trieste, da madre thailandese e padre italiano: ha vissuto e studiato nella località di Muggia, ha la maturità classica e dopo il diploma si è trasferita a Praga, odierna capitale del porno europeo. Qui May ha iniziato a fare la modella porno per poi passare ai set, e lei racconta che, al contrario di gran parte delle sue colleghe, ha scelto di darsi subito all’hard più estremo, sezione penetrazioni multiple. Lei ci si trova a suo agio, le riescono, e tale sua valenza l’ha portata a diventare nome di punta di "LegalPorno", casa di produzione di porno estremo tra i numeri uno in Europa e fuori. May Thai dice che ha scelto il porno quale lavoro per pagarsi gli studi: è infatti inscritta alla facoltà di Medicina, e ha intenzione di diventare chirurgo plastico. Queste sue ambizioni, associate al candore con cui ne parla e ne dà prova, hanno lasciato di stucco persino sua maestà Rocco Siffredi che, ammaliato dall’esoticità di May, l’ha convocata da lui a Budapest, sapendo nulla di lei, men che meno fosse sua compatriota. È fenomenale la faccia di Rocco quando scopre che May Thai è sì italiana, ma che è una amante di doppie e triple! Se è infatti inusuale che una ragazza così giovane si butti a far porno tra i più complicati, è ben più singolare trovarne una che te lo fa con la stessa nonchalance e professionalità di May Thai. Sue specialità sono anche le gang-bang 10 a 1, dove in generale il suo corpo ma nello specifico il suo ano, è preda di 10 uomini che la possiedono a turno, in fila, senza sosta, e senza darle (apparente) tregua. Forse stupisce che una ragazza dall’aspetto dolce e soave e naïve come May Thai possa sfrenarsi in anali e doppi e tripli: spero che ciò non sia legato al cliché della donna orientale passiva e docile. Sebbene May abbia fatto anche porno massage, ormai la figura dell’asiatica legata unicamente a questo genere porno sta scemando, e meno male! Forse May Thai dovrà rallentare i suoi studi perché nell’ultimo periodo la sua ascesa nel porno ha subito un’accelerazione: se nel suo curriculum spiccano collaborazioni con grandi studios USA come pure un porno per "Dorcel", nome storico del porno francese e internazionale, la stella May Thai brilla ed è cercata da sempre più porno-brand di grido. Di pari passo è la sua ascesa social e in special modo onlyfansiana, insieme al numero dei suoi fan. Ecco, tra i suoi fan erge la massima parte innamorata pazza, ma c’è e fa rumore qualcuno che critica e non scusa i suoi minuscoli seni. Al di là delle mire medico-professionali di May Thai, io non tifo affinché modifichi un centimetro di ciò che madre natura le ha dato, come non giustifico, e qui fermamente, chi sui social la canzona per come pronuncia la S! C’è chi spiffera e marca che May Thai sia figlia d’arte, in quanto sua madre 20 anni fa era una ballerina e si esibiva in un night club di Trieste: il nesso tra fare la ballerina e l’attrice porno, per giunta di triple anali, non so a voi, ma a me sfugge. Ma come deve essere, nel privato, nella realtà, l’uomo ideale di May Thai? Ce lo deve avere plus-size, o… normale? “Lo deve saper usare!”, risponde semplicemente May, e se lo dice una per lavoro abituata a prenderne tre alla volta…!
· Malika Ayane.
Mattia Marzi per "il Messaggero" il 4 marzo 2021. In un momento storico in cui l' obiettivo principale degli artisti sembra essere quello di sbandierare i propri successi sui social, vantandosi del Disco di platino appena vinto o del primo posto in classifica, la schiettezza di Malika Ayane è quasi disarmante: «Il mio ultimo disco? È andato malissimo. X Factor? Non mi hanno richiamata», dice la cantante. L' album al quale fa riferimento è Domino del 2018, il meno venduto di una carriera cominciata dieci anni prima con successi come Feeling Better e Come foglie, la canzone con cui si fece conoscere dal grande pubblico partecipando tra le Nuove proposte al Festival di Sanremo 2009 (arrivò seconda dietro ad Arisa e alla sua Sincerità). All' Ariston Malika, vista nel 2019 dietro al bancone dei giudici del talent di SkyUno, torna quest' anno per la quinta volta: in Ti piaci così, che ha cantato ieri sul palco, è meno posata rispetto al passato, ma comunque raffinatissima.
Dalle ballate a un brano con la cassa in quattro: che fa, ora cede alla furbizia?
«Diranno che mi sono data al commerciale perché sono vecchia (ride). Ma chi mi conosce sa che in passato non sono stata sempre l' interprete elegante di Ricomincio da qui. Nel 2015 sbancai in radio con Senza fare sul serio: fu un tormentone involontario, a un certo punto fummo costretti a ritirarlo perché le emittenti continuavano a passarlo rifiutandosi di trasmettere gli altri miei singoli».
Addirittura?
«Sì. Sembra incredibile, ma quella fu la canzone di maggiore successo della mia carriera: conquistò tre Dischi di platino, l' equivalente di 150 mila copie vendute. La gente veniva ai miei concerti, ascoltava Controvento, Feeling Better e non sapeva nemmeno fossero mie: i risultati che ti guadagni sul campo sono i più belli».
Il disco successivo, però, non fu affatto un successo: cosa non funzionò?
«Le radio si rifiutarono di passarlo: dicevano che in quei pezzi non c' era la Malika Ayane classica, che avevo osato troppo mischiando jazz, pop, elettronica».
Andò in crisi?
«Sì. Anche perché pensavo di aver fatto un disco di successo: invece fu un flop. Mi dissi che forse serviva del tempo per capire cosa fare dopo. Invece che fare duetti improbabili o far uscire un singolo dietro l' altro, scelsi la tv».
Perché non l' abbiamo rivista a X Factor?
«Perché non mi hanno richiamata. Non nascondo di essermi sentita a disagio. Lì ho capito che le polemiche non fanno per me. A meno che l' oggetto della polemica sia: È meglio un assolo di Chet Baker o di Miles Davis?. Da ragazzina sceglievo i fidanzati in base alla risposta».
Ammette i suoi insuccessi con sincerità: sa che oggi non è così comune tra i cantanti?
«Basta travestirsi da fighi pazzeschi: bisogna dire le cose come stanno. Io sono serena quando dico che l' ultimo album è stato un disastro e che a X Factor non è andata bene».
Va d' accordo con i suoi discografici?
«Non sempre. Quando feci Naif, il disco del 2015, ci fu un po' di scetticismo da parte loro (incide per la Sugar di Caterina Caselli, che omaggerà nella serata delle cover con Insieme a te non ci sto più, ndr). Se si va troppo d' accordo. qualcosa non funziona».
In Ti piaci così si guarda allo specchio: cosa vede?
«Una donna che a 37 anni ha imparato ad accettare anche le imperfezioni e le debolezze. In passato mi sono sentita sempre un po' in colpa a non essere sempre sgargiante».
Il nuovo album?
«Uscirà il 26 marzo. Dentro ci sono la Malika di ieri e oggi, raccontata da autori come Colapesce e Dimartino, Leo Pari e Pacifico. Chissà se l' abbandono apparente della raffinatezza mi farà bene o mi farà soffrire».
Malika Ayane a Sanremo: "Ora che mi sono sfogata posso tornare al Festival". Ernesto Assante su La Repubblica il 21 febbraio 2021. Quinta partecipazione per la cantante, in gara all’Ariston con "Ti piaci così": "Mi farà l’effetto che mi ha fatto tornare in Marocco, invece dei taxi con le Fiat Uno ho visto le macchine elettriche cinesi".
Sanremo ha segnato molto la sua strada: il suo esordio al Festival nel 2009 con Come foglie, scritta da Giuliano Sangiorgi, ha trasformato il suo sogno di diventare una delle più apprezzate cantanti italiane in una realtà. Malika Ayane a Sanremo è tornata altre volte, ha vinto il premio della critica, ha accumulato successi. Di certo, però, non si può dire che il suo sia stato un percorso "sanremese", anzi, tra canzone d'autore, flirt con il jazz e il pop più raffinato, le sue presenze nella "città dei fiori" sono state più delle tangenti che delle necessità. Nel 2021, dopo ben sei anni di assenza dal Festival, Malika a Sanremo ci ritorna, e con una canzone, Ti piaci così, che, spiega lei, "è sulla consapevolezza di sé, sullo scoprirsi risolti, sull'avere voglia di vivere con gusto. Arriva un momento in cui comprendi che giudicarsi severamente non ha senso, ma chiaramente nemmeno giustificarsi a prescindere", dice Malika, "Questa canzone può essere considerato un invito ad accettarsi: ballare scalzi, cantare a squarciagola o scegliere di cambiare strada per scoprire qualcosa di nuovo. Un invito a celebrare se stessi per il solo fatto di essere al mondo".
L'ultima volta a Sanremo è stata nel 2015. In questi anni sono cambiate tante cose.
"È cambiato moltissimo, tanto il festival, quanto il mondo e tantissimo la musica. Tornare a Sanremo mi farà l'effetto che mi ha fatto tornare in Marocco dopo tanto tempo, dove invece di vedere i taxi con le Fiat Uno ho visto le macchine elettriche cinesi. Un bel colpo se vai in un posto che pensi di conoscere bene...".
E quest'anno, con le regole della pandemia e l'assenza di pubblico sarà davvero particolare.
"Sarà molto strano. Già lo è, direi. Ho fatto la prima prova e c'ero solo io e il pianista nella green room. È ovvio, sul palco con l'orchestra e i tecnici è diverso, c'è il solito marasma, ma non si può fare finta che non sia strano, sembra il giorno dopo la festa o appena prima, tutto ha il senso di malinconia delle commedie che presentano al Sundance. Speriamo che nei giorni del Festival ci sia almeno un po' di traffico, se non altro per dare un senso di riconoscibilità alle cose".
Anche la sua canzone è diversa dal solito.
"Questo brano rappresenta la voglia di divertirsi, è nato in modo animalo, una session con un dj e un'autrice, Alessandra Flora che ci metteva un giro e io che improvvisavo con la voce. È un brano in cui sto molto bene, mi sento libera e leggera. Del resto cosa devo dimostrare ancora? Sono adulta e faccio musica, mi piace da morire e ho voglia di cantare a braccia aperte, come quando canto a squarciagola mentre guido. Il testo quindi è una necessaria didascalia, un contorno per spiegare meglio uno stato d'animo in cui mi sento molto bene. Ho un bel lavoro, faccio dischi, concerti, posso ritenermi soddisfatta della mia vita e di me stessa. Penso ad essere felice, quindi, senza colpevolizzarmi o lodarmi troppo".
E anche il testo risente di questo cambiamento?
"Proprio perché ho lavorato con tanti autori molto in gamba ho fatto un lavoro diverso, mettendo delle parole che fossero davvero mie. Volevo dare senso al mio bisogno di osservare le cose, di sentirle, senza cantare troppo o troppo poco, concentrandomi sull'uso di parole troppo ricercate per esprimere qualcosa che invece ha la sua poesia proprio nella semplicità".
Le piace la nuova scena italiana?
"Mi piace, anche se, di fatto, la musica è sempre stata in cambiamento. È vero che c'è un ricambio generazionale, ma è interessante a patto che non proclamiamo il miracolo a prescindere. Sembra che tutto debba essere per forza una figata, ma è anche vero che non dobbiamo buttare via tutta la trap solo perché qualcuno non la capisce. E comunque a Sanremo c'è anche un buon numero di 'giovani vecchi', come Dimartino e Colapesce o Willie Peyote, che finalmente sono dove devono essere. Perché non esiste più solo il mainstream, e molti si sono affermati da soli, con lo streaming, con il passaparola, con il live, con canali diversi e senza l'ossessione della classifica. Il che dimostra che chi semina bene raccoglie benissimo. È un momento bello anche perché il pubblico ascolta con curiosità tante cose diverse".
E cosa è cambiato per lei da 'Domino' del 2018 a oggi?
"Ho attraversato un periodo importante. Domino è un disco che ho amato alla follia ma che ha venduto pochissimo, non aveva dei singoli considerabili 'forti'. Ma è andato benissimo nei concerti, non come quando hai un singolo primo in classifica, ma molto bene. In quel tour ho fatto teatri e club, ho iniziato a cambiare suono, mi sono espressa, ho soddisfatto il mio bisogno di fare ricerca, perché avevo nelle mani un disco superpop, ma allo stesso tempo il più sperimentale dei miei lavori. Quindi mi sono sfogata, ho fatto quello che ho voluto e la gente è venuta, restando, attenta, quasi tre ore nei teatri e due nei club. Vedevo le signore nei club punk e mi sono ricordata di me stessa, avevo capito che correvo il rischio di non riconoscere più la bellezza, quindi dopo molta paura mi sono rilassata e mi sono sentita pronta per fare un lavoro sul filo dell'autenticità e semplificare le cose. Un lavoro d'appartamento, un bello studio dove suonare tutti insieme nella stessa stanza, forse di nicchia ma credibile e convinto, con il giusto bilanciamento di suoni freddi e caldi, di armonie e melodie, di ritmi e colori. Non vedo l'ora che il pubblico lo ascolti".
Cosa l'ha ispirata di più?
"Il clima che si è creato nella musica italiana. I ragazzi che arrivano in scena adesso non chiedono il permesso a nessuno, alcuni esagerano, altri sbagliano, ma comunque non si pongono nessun problema, vanno dritti al dunque. Io invece consegno un lavoro, controllo se ho sbagliato qualcosa, se non piace ai discografici mi chiedo cosa posso cambiare per migliorare. Invece il nuovo ha l'arroganza di non chiedere, che è un atteggiamento molto positivo, non permettono a nessuno di entrare con una valutazione che rischia di ledere una creazione con argomenti che con l'arte non c'entrano niente. Il disco che uscirà è pieno di brani forti da un punto di vista emotivo, è un disco intenso e carico. Penso che la libertà ce la dobbiamo prendere anche se è faticoso, e so che quando ci sono state interferenze l'unica a pagare sono stata io, e la musica alla fine non veniva bene, non arrivava all'ascoltatore nella maniera giusta. Quindi ho deciso di fare di testa mia".
E cosa sarà dopo Sanremo?
"Per ora nessuno di noi lo può sapere per certo, con le condizioni attuali. Per me, devo dire che alle volte ho paura e mi sembra di camminare sulle uova. Ma appena mi ricordo chi sono, che so cantare e che con questa voce ho fatto tutto quello che ho, la paura mi passa e penso che continuerò sempre a cantare, anche senza microfono...".
Ritorna Malika Ayane: "Al Festival il Malifesto della mia musica". La cantante interpreterà anche un classico della Caselli: "Amo la sua determinazione". Paolo Giordano - Mar, 23/02/2021 - su Il Giornale. Il bello di Malika Ayane è che la riconosci subito: la sua voce ha una eleganza d'altri tempi e nel pop porta impertinente le sue tracce di jazz e soul. Ritorna al Festival di Sanremo con Ti piaci così, brano che è un manifesto della sua nuova consapevolezza e un anticipo del suo nuovo disco, che si intitolerà Malifesto e uscirà a marzo. «La canzone è nata un anno fa, prima che ci trovassimo dentro una pandemia ed è il risultato delle domande che mi stavo facendo in quel periodo, una specie di bilancio nei giorni del mio compleanno». Una musica senza tempo che potrebbe diventare un classico e che è nata una sera con un deejay e la bravissima autrice Alessandra Flora. Poi il sempre più sapiente Pacifico ha contribuito alla scrittura definitiva. E le parole rendono davvero lo stato dell'animo di questa artista 37enne che a Sanremo ha iniziato a decollare nel 2009 e da allora ha cambiato con stile tante rotte musicali diverse: «Mi sono accorta di aver passato troppo a pensare a cosa avrebbero pensato gli altri di me. Mi sono concentrata troppo su di una sola missione: come non deludere le aspettative di altri». È una attitudine comune a tanti artisti (ma non solo), specialmente ai più sensibili: «Il focus di Ti piaci così è la consapevolezza di sé, lo scoprirsi risolti e l'aver voglia finalmente di vivere con gusto». Dopotutto, «arriva un momento in cui comprendi che giudicarsi severamente non ha senso, ma chiaramente non ce l'ha nemmeno il giustificarsi a prescindere». Adesso più che giustificarsi, Malika Ayane si riconosce. Ed è una sensazione molto diffusa dopo un anno di isolamento, pandemia, insicurezza. Come sempre, la musica diventa terapia, aiuta a capirsi e Ti piaci così può essere realmente la fotografia di uno stato d'animo oggi necessariamente sempre più comune. E che a Sanremo arrivi una Malika più consapevole e serena lo conferma anche la scelta della cover che interpreterà nella serata del giovedì: Insieme a te non ci sto più, musica di Paolo Conte, parole di Vito Pallavicini, voce di Caterina Caselli anno di grazia 1968. «Sono molto legata a Paolo Conte, che scrisse per Caterina. L'idea di rendere omaggio a entrambi con una sola canzone mi piace molto. E mi piace farlo su di un palco che anche per me rappresenta moltissimo». Malika Ayane ha debuttato all'Ariston con Come foglie, firmata da Giuliano Sangiorgi dei Negramaro ed è tornata per l'ultima volta nel 2015. Da allora, conferma, «tutto è cambiato e la musica è cambiata più di tutto». Ci si è messa anche la realtà a cambiare drasticamente, visto che per la prima volta in settant'anni al Festival non ci sarà il pubblico in sala: «Forse sembrerà di essere in quelle piazze quando è stata smantellata la festa e comunque si sentirà molta malinconia, specialmente facendo il confronto con i Festival del passato». Lei, che anche quando parla nelle interviste conserva il calore della voce, arriverà all'Ariston dopo aver camminato in lungo e in largo per l'Italia con i brani sofisticati del disco Domino, che non hanno avuto grande risultato commerciale ma si sono presi una rivincita dal vivo: «La gente è venuta ai miei concerti, è rimasta attenta nelle tre ore di spettacolo che facevo nei teatri e anche nelle due ore della mia scaletta nei club». Un tour che l'ha aiutata a lavorare per sottrazione, a togliere gli orpelli e gli ammennicoli che spesso riempiono un testo o uno spartito. E il risultato si ascolterà nei nuovi brani di Malifesto, titolo calembour che però a occhio e croce rende bene l'idea della nuova Malika. E anche, a dirla tutta, la scelta di una cover di Caterina Caselli è uno specchio confortante: «Con lei sento di avere in comune la determinazione nel portare a termine i propri progetti e la capacità di riconoscere che le imperfezioni sono comunque una forza o che possono diventarlo». Sono due donne simbolo di due tempi diversi. Ma il trait d'union è proprio quello, la determinazione di chi ha un talento e riesce a usarlo tutto.
Chi è Claudio Fratini, fidanzato di Malika Ayane: la carriera. Alice su Notizie.it il 24/02/2021. Claudio Fratini è il manager con cui Malika Ayane sembra aver ritrovato la felicità. Tutto quello che c'è da sapere su di lui. Archiviata la fine del suo matrimonio con il regista Federico Brugia e in seguito a una storia d’amore importante con Cesare Cremonini, Marika Ayane ha ritrovato la felicità accanto al fidanzato manager Claudio Fratini. Malika Ayane oggi è più felice che mai accanto al manager Claudio Fratini, a cui è legata dal 2018. La cantante, diventata mamma giovanissima della piccola Mia, è stata sposata con Federico Brugia e, precedentemente, ha vissuto un’importante storia d’amore con il collega Cesare Cremonini. Lei e Fratini si sono conosciuti grazie ad amici comuni durante una festa e oggi si dividono tra Milano e Berlino. “Se non hai la fortuna di incontrare subito una persona con cui stare tutta la vita, è sacrosanto cercare di essere felici, di non accontentarsi”, ha dichiarato la cantante, che oggi sarebbe più innamorata che mai del suo nuovo compagno. Fratini lavora come manager nel mondo dello spettacolo ed è molto geloso della propria privacy (sui social, infatti, i suoi profili sono privati). Quando i due si sono incontrati per la prima volta Malika Ayane stava affrontando la difficile separazione da Federico Brugia. Durante la relazione con il regista la cantante ha perso una gravidanza. Malika Ayane ha anche rivelato alcuni retroscena riguardanti la sua storia con Cesare Cremonini, iniziata nel 2009 e durata per circa 4 anni: “Ho già una figlia di sette anni, non potevo permettermi un fidanzato bambino…E quando è uscita la notizia del mio matrimonio, Cesare ha reagito come un bambino”, aveva rivelato Malika Ayane, che con il cantante avrebbe mantenuto un buon rapporto d’amicizia.
· Maneskin.
Simonetta Sciandivasci per la Stampa il 28 dicembre 2021. La nostra droga è il lavoro benfatto. Damiano risponde così al giornalista delle Iene che chiede ai Måneskinse se la fama dia dipendenza. Ethan dice di no, Victoria dice che bisogna essere bravi a gestirla, Thomas che «è come una conseguenza». È dicembre, quasi Natale, quasi 2021, un anno che nessuno di loro immagina quanto lontano li porterà e quanto velocemente. Damiano è il solo che, se pure non lo immagina, lo sa. All'origine del suo magnetismo c'è questo vaticinio che sempre, e dall'inizio, ha negli occhi, nelle parole che dice, nei movimenti che fa, sacerdotali e geometrici: noi ce la faremo, è solo l'inizio, ci prenderemo tutto, vedrete. Vanno ripetendolo da prima del 2017, quando arrivarono secondi a X Factor: da allora, e fino all'anno scorso, hanno camminato a passo sostenuto, un buon pezzo dopo l'altro, gradino dopo gradino, un traguardo alla volta. Poi, però, hanno cominciato a correre: sono saliti sul palco di Sanremo, si sono presentati al Tea Party italiano, il pubblico di Rai1 che in parte li conosceva già e, inguainati in tutine fluid, hanno cantato «E buonasera, signore e signori, fuori gli attori, vi conviene toccarvi i coglioni, vi conviene stare zitti e buoni». La Rai non censura il verso - il primo a cantare quella parolina, su quel palco, è stato Marco Masini, nel 2009; secondi Lo Stato Sociale; terzi, lo stesso anno, Måneskin e Willy Peyote. Su quel palco, quel festival, il primo in pandemia nonostante la pandemia, lo vincono, e piangono, si abbracciano, dicono molte parolacce e molti «no vabbè», filano in camera e twittano: «Abbiamo fatto la rivoluzione». Chi li odia (molti soloni da bar e da rivista indie), li rimprovera come se si fossero intestati la presa del Palazzo d'Inverno: voi non avete idea di cosa sia la rivoluzione, non vi siete inventati niente, siete soltanto dei copioni, furbetti, figli di papà, inventati a tavolino. Poiché i Måneskin non arrivano da periferie degradate (si sono incontrati a scuola a Monteverde, quartiere benissimo di Roma), non parlano di disagio, sono belli, carismatici, ben vestiti, giovanissimi e felici, detestarli è facile e insultarli è lecito: non rimanda ad alcun crimine culturale di quelli ai quali abbiamo imparato a essere sensibili. Avendo vinto Sanremo, vanno di diritto all'Eurovision, a Rotterdam. Il regolamento mette al bando «imprecazioni o altri linguaggi inaccettabili nei testi o nelle esecuzioni delle canzoni» e così «vi conviene toccarvi i coglioni», diventa «vi conviene non fare errori». Suonano davanti a 180 milioni di spettatori la loro Zitti e buoni corretta. Vincono, di nuovo. Finiscono immediatamente tra i primi dieci brani più ascoltati di Spotify, nella classifica mondiale. È la prima volta che succede a una band italiana. Il New York Times scrive: «Hanno vinto l'Eurovision, possono conquistare il mondo?». Girano per le radio e le tv di mezzo mondo, insegnano a dire panettone e spaghetti, indossano la nostra migliore sartoria. Iggy Pop li chiama per incidere un pezzo con loro, I wanna be your slave, contenuto nel loro ultimo disco, Teatro d'ira, e che è un omaggio al pezzo suo e degli Stooges, I wanna be your dog. A novembre, aprono il concerto dei Rolling Stone a Las Vegas. Pochi giorni dopo, a Budapest, trionfano nella categoria Best Rock agli MTV EMA: è la prima volta per una band italiana. Dicono: «Quest' anno, in particolare, bisogna andare fieri del nostro paese, per i risultati raggiunti da tanti sportivi e personalità della cultura. Peccato per i diritti civili, dove continuiamo a rimanere indietro e invece per noi sarebbe stata la vittoria più importante». Il senatore Pillon scrive su Instagram che questi Måneskin si lamentano delle discriminazioni, e però poi si presentano su un palco in giarrettiere e culottes, e inseguono il «politicamente corrotto», e sarebbero stati trasgressivi se si fossero esibiti in smoking. E allora loro, prontamente, agli Ama, gli American Music Award, suonano in papillon e smoking Gucci, annunciati da Cardi B., rapper, seduta a un tavolo da trattoria, davanti a un piatto di spaghetti - Lapo Elkan s' infuria per la riduzione a stereotipo. Non vincono niente, qualcuno subito parla di «declino dei Måneskin». Loro ridono. La loro cover di Beggin, un pezzo dei Four Season del 1967, sarà una delle canzoni di Capodanno - sarà anche la canzone del 2022 del ministro Maria Stella Gelmini, che così ha detto in un'intervista natalizia al Foglio. L'ascolta già tutto il mondo, da mesi. È italian style diverso, se non nuovo. L'Italia è un paese di vecchi, ma può essere un paese per giovani, beneducati, benvestiti, di successo, di talento, che non rottamano niente e nessuno e anzi sanno recuperare il passato, talvolta migliorandolo.
Francesco Moscatelli per “La Stampa” il 10 dicembre 2021. I wanna be a Måneskin. È un cerchio che si chiude quello che va in scena al Forum di Assago. Un X Factor al quadrato. Il gruppo simbolo scoperto da Manuel Agnelli, che quattro anni fa partecipava al talent show musicale perdendo la finale per un soffio, «torna a casa», dopo aver fatto il giro del mondo: Sanremo, l'Eurovision di Rotterdam, l'apertura dei Rolling Stones a Las Vegas con Mick Jagger che li ringrazia in italiano «Grazie mille ragazzi!», le interviste alle tv americane e la vittoria nella categoria Best Rock degli Mtv European Music Awards fino all'esibizione come ospiti d'onore accanto ai Coldplay.
E in mezzo c'è stata pure la pandemia. Il sogno di tutti quelli che a X Factor hanno partecipato in quindici anni di trasmissione. Ma anche di tanti dei 5.600 che ieri sera hanno riempito il tempio coperto della musica milanese come non accadeva da due anni. «È un'emozione grandissima per tutti noi assistere al loro ritorno, che non è solo un ritorno dove la loro luce si è accesa, ma è il loro grande rientro in Italia - dice Eliana Guerra, curatrice del programma targato Fremantle -. La cosa che unisce i Måneskin a tutti i nostri concorrenti è che la loro storia racconta che la musica è una cosa seria, una professione che richiede tempo, fatica, attenzione, dedizione.
Non è un tutto subito anche se poi le cose esplodono come in quest' anno meraviglioso in cui abbiamo fatto tutti il tifo per loro. Tanti hanno talento. La differenza vera la fanno la personalità e l'identità, che non è solo il saper stare sul palco: sta nella testa, nel saper stare al mondo, nel restare concentrati». Antonio Filippelli, produttore di Eros Ramazzotti e di Levante, è il direttore musicale di X Factor 2021.
Ammette che dall'anno scorso c'è stato un indubbio «effetto Måneskin» che ha avvolto lo spettacolo. «Cosa bisogna avere per sfondare come hanno fatto Damiano e gli altri? Il carattere, la determinazione e l'inclinazione al sacrificio, la fisicità che ti incolla lo sguardo e una voce che ti trasmette emozioni, la scrittura. I ragazzi di quest' anno uscivano dal periodo di lockdown e l'aver vissuto una porzione della loro vita senza contatti li ha segnati tantissimo. Questa cosa la esprimevano nei testi e in tanti hanno scritto e trovato rifugio nella musica».
Laccio e Shake, i direttori artistici dello show, sottolineano che ogni storia è una storia a sé: «I Måneskin sono uno dei più grandi successi di XF, un punto di riferimento per molti nostri ragazzi. Ma la gara è come una tavolozza bianca che ogni volta si colora in modo nuovo, diverso, senza mai ripetersi».
Prima che tutto cominci, prima che Damiano, Victoria, Thomas e Ethan, facciano esplodere il palazzetto suonando le prime note di Beggin'e mostrando ancora una volta il loro mix unico di semplicità, presenza scenica e capacità di comunicazione, fuori dai cancelli di Assago parlano tutti di loro. «Sono un prodotto molto funzionale ed equilibrato - riflette da discografico consumato Edoardo Braghin, in arte Edo, concorrente di queste edizione eliminato agli home visit -. Sono completi a livello di personalità: sono un gruppo, fanno rock e sono estremamente liberi. Al di là dei gusti musicali oggi abbiamo tutti bisogno della loro libertà».
«Che qualcuno riesca a vivere di musica è bello per tutti», conferma la danzatrice Miriam Maso, 21 anni, mentre corre a recuperare i suoi biglietti. È come un gioco degli specchi generazionale. Ognuno prova a declinare l'effetto Måneskin nella propria vita e nel proprio ambito professionale per vedere l'effetto che fa. «A Londra sono tutti stupiti che un gruppo italiano faccia una musica così fruibile anche all'estero - racconta Andrea Guerini, 30 anni, attore di Civitavecchia che vive e lavora in Inghilterra -. Fanno un rock molto semplice e classico ma hanno una bella storia da raccontare. Hanno un background simile a tanti di noi che facciamo gli artisti e che siamo partiti dalla strada e dalla gavetta».
«Non c'è tanto da girarci intorno - interviene l'amica e insegnante di ballo Laura Farina -. L'ambizione di tutti è arrivare dove sono arrivati loro». La milanese Anna Dattolo, 25 anni, è una super fan: «Li seguo da quando erano qua dentro e a ho visto venti loro concerti, sia in Italia che all'estero. La loro carta vincente è che sono loro stessi e fanno quello che vogliono». Ad applaudirli, ieri sera, c'era anche Lorenzo Licitra, il tenore che nel 2017 li superò e che da allora sta ancora cercando la sua strada. «I Måneskin sono fantastici, sono molto contento di quello che stanno vivendo e di quello che li aspetta in futuro. Anche per me tornare qui è incredibile.
Ricordo la paura che diventa gioia. La gente mi ha conosciuto per le cover ma sto lavorando al mio nuovo progetto discografico, frutto del lavoro di introspezione che ho fatto nei mesi del Covid. Non voglio snaturarmi o aggrapparmi alle mode, ma portare la qualità della mia musica al pubblico. Voglio restare fedele a me stesso e al mio percorso». I wanna be a Måneskin. ( Ha collaborato Luca Dondoni)
I Maneskin dividono la Lega. Pillon li critica per il look, replica il lombardo Senna: "Abbiamo diverse sensibilità, noi del Carroccio siamo anche altro". Valeria Forgnone su La Repubblica il 18 Novembre 2021. Dopo le critiche del senatore leghista sul look del frontman Damiano della band rock romana vincitrice anche agli MtV Ema a Budapest, interviene il consigliere regionale della Lombardia: "Forse non ha ancora capito la differenza tra rock vita reale. Puntualizzare sempre non giova". Il look dei Måneskin sfoggiato sul palco degli MTV Europe Music Awards continua a far discutere. E questa volta, la discussione si è accesa tra due leghisti. Il consigliere regionale lombardo GianMarco Senna ha attaccato sui social il senatore Simone Pillon, da sempre contro il ddl Zan. Che ora non ha apprezzato l'abbigliamento stravagante del frontman della band rock romana, Damiano, in reggicalze e sospensorio borchiato, esibito durante lo spettacolo di alcuni giorni fa.
Il Doge per Dagospia il 23 novembre 2021. Scazzo online tra Lapo Elkann e la rapper Cardi B. con di mezzo di Maneskin. Iera sera agli American Music Awards la presentazione dei Maneskin - la band italiana che sta conquistando l’America e la cui canzone “Beggin’” era tra le cinque finaliste nella categoria Favorite Trending Song - è stata infatti oggetto di polemiche a causa dell’utilizzo di stereotipi e luoghi comuni. A presentare la band c’era Cardi B, famosa rapper statunitense, seduta davanti un piatto di pasta e una bottiglia di vino su una tavola imbandita con la classica tovaglia a scacchi rossa e bianca. Su Twitter Lapo Elkann ha risposto al video dell'American Music Award ribadendo come l'Italia non sia solo spaghetti e vino, ma molto di più. L'Italia è, solo per citarne alcune, bellezza, cultura, opera, da Leonardo da Vinci, alla Ferrari. Quindi, prima di presentare gli artisti italiani, sarebbe bene studiarne la cultura, così da non utilizzare stereotipi italo-americani. Dopo poco è arrivata la risposta di CardiB. "Volevi che facessi un'intera lezione di storia in uno spettacolo di premiazione? Forse dovrei portare una Ferrari sul palco? Ho persino fatto battute sulla mia città natale. Penso che le persone vogliono essere indignate senza motivo, non c'era modo che io stessi cercando di essere offensiva." Lapo ha poi replicato direttamente alla cantante americana dicendo: "TU combatti contro il razzismo e gli stereotipi delle minoranze e hai il mio massimo rispetto. Però penso che alimentare gli stereotipi vada proprio contro i valori che cerchi di condividere con i tuoi fan. Tutto qui. Tu e la tua famiglia siete i benvenuti in Italia e mi piacerebbe ospitarvi nel Bel Paese." Dopo l’elegante risposta di Lapo, CardiB ha deciso di eliminare il suo tweet.
Luca Dondoni per "la Stampa" il 15 novembre 2021. «La gente spesso ci diceva che non ce l'avremmo fatta con la nostra musica. Beh, pare che vi siate sbagliati». La conquista del mondo continua: dall'Italia all'Europa dell'Eurovision Song Contest agli Stati Uniti e ritorno in Europa, questa volta quella di Mtv e dei suoi European Music Awards consegnati ieri a Budapest nella Papp Laszlo Sportarena con 180 Paesi del mondo collegati. Damiano, Victoria, Ethan e Thomas sono diventati i primi artisti italiani nelle 28 edizioni della storia degli Mtv Ema a vincere in una categoria internazionale e a esibirsi live. E il palazzetto esplode quando cantano loro, iI quattro ventenni di Roma che hanno sbaragliato la concorrenza di nomi come Coldplay, Foo Fighters, Imagine Dragons, King of Leon e The Killers. Il titolo del loro ultimo singolo Mammamia campeggia sullo sfondo mentre Damiano David vestito come Frank-n-Furter di Rocky Horror Picture Show in un paio di slip di pelle luccicanti, si mangia il palco. Nell'edizione della rassegna che sfida i diritti negati da Orbàn alla comunità Lgbtq+, a partire da quella legge che vorrebbe vietare i contenuti ritenuti promuovere l'omosessualità e il cambiamento di genere in televisione in prima serata, a loro basta essere come sono, bandiera del gender fluid, nemici di ogni confine. I Måneskin oggi sono quattro ragazzi consapevoli che il loro messaggio musicale, inizialmente considerato di nicchia, è stato recepito globalmente. «È il bello del nostro lavoro, arrivare a così tante persone, aver coinvolto un pubblico diverso da quello che ci aspettavamo creando una corrispondenza meravigliosa».
Da cittadini e artisti globali quali ormai siete, com' è l'Italia vista da fuori?
«Quest' anno, in particolare, bisogna andare fieri del nostro Paese per i risultati raggiunti non soltanto da noi, ma da tanti sportivi e personaggi della cultura. Peccato però per i diritti civili, dove continuiamo a rimanere indietro: e invece sarebbe stata la vittoria più importante».
Venite da un'esperienza americana talmente eccitante da lasciar senza fiato. I Rolling Stones, Jimmy Fallon, Miley Cyrus o l'attrice Drew Barrymore pazzi di voi. Come ci sente ad essere accettati dallo show business Usa?
«Questi mesi sono stati una corsa senza freni e inimmaginabile. Essere ospiti nel nostro show preferito che ha tenuto a battesimo molti dei nostri eroi, aprire una data così importante come quella di Las Vegas per gli Stones: da pazzi! C'è da dire anche che l'America è sempre stata l'obiettivo da raggiungere, ma la risposta degli americani va oltre ogni più rosea aspettativa, si dice così vero?
«Diciamo anche che abbiamo sempre creduto in noi stessi, ma così è tutto quasi surreale. E poi fino a questo momento è stato un viaggio indimenticabile. Ma siamo entusiasti di essere tornati in Europa per gli Mtv Ema. Suonare qui è un onore e ci manca molto cantare e fare show da questa parte dell'oceano, per questo possiamo dire che il significato di essere qui è più forte di quanto avessimo preventivato. La performance che abbiamo portato è la più sexy e divertente che abbiamo mai fatto e la gente lo ha capito. Avevamo fatto una promessa ai nostri fan. Cercheremo di fare del nostro meglio e di farvi divertire e noi le promesse le manteniamo sempre».
L'Ungheria però non ha un governo amichevole con la comunità LGBTQ+ che voi invece avete sempre supportato.
«Noi siamo da sempre schierati da quella parte, sia sul palco che nella vita privata e lo dimostriamo tutti i giorni».
C'è un aneddoto sulla cosa più folle che vi è capitata in questi mesi all'estero?
«Sì, la sfida di danza fra Thomas e Florence Welch di Florence and The Machine... ma vi rendete conto»?
Tornerete negli States fra pochissimo e chissà per quanto visti gli impegni, la promozione in giro per gli Stati principali: non avete paura di perdere le vostre radici?
«Mai, l'Italia rimarrà sempre e per sempre casa nostra... qualsiasi cosa accada».
I Maneskin vincono gli Mtv Ema nella categoria Best Rock. (ITALPRESS il 15 novembre 2021) – I Maneskin hanno vinto gli Mtv Europe Music Awards, a Budapest, nella categoria Best Rock. Si tratta del primo successo italiano in una categoria internazionale nella storia degli Ema. Erano in nomination con Coldplay, Foo Fighters, Imagine Dragons, Kings of Leon e The Killers. Per il gruppo romano è il coronamento di un 2021 pieno di successi, dal Festival di Sanremo all’Eurovision Song Contest. “Complimenti ai Maneskin! Il premio ‘Best rock’ agli MTV Europe Music Awards 2021 è un’ulteriore conferma del loro talento e una vittoria per tutta la musica italiana”, commenta il ministro della Cultura, Dario Franceschini.
I Måneskin hanno vinto gli Mtv Ema, nella categoria Best Rock: «Grande anno per l’Italia, peccato per i diritti civili». Andrea Laffranchi su Il Corriere della Sera il 14 Novembre 2021. Nuovo trionfo per i Måneskin, che battono Foo Fighters e Coldplay: non era mai capitato prima che artisti o band italiani vincessero uno dei riconoscimenti assoluti assegnati dalla rete musicale. Damiano: «A chi diceva che non ce l’avremmo fatta con la musica... vi sbagliavate». La prima volta mancarono il bersaglio. Nel 2017 i Måneskin vennero sconfitti nella finale di «X Factor». Da allora non ne hanno sbagliata una: Festival di Sanremo , Eurovision Song Contest e ieri sera il «best rock» agli Mtv Ema . Non era mai capitato prima che un artista italiano vincesse uno dei premi della rete musicale. E con questo risultato — se la giocavano con Coldplay, Foo Fighters, Imagine Dragons, Kings of Leon e Killers — la band romana si conferma uno dei fenomeni musicali mondiali di questo 2021. «Siamo molto felici che il nostro messaggio sia uscito dalla nicchia e sia arrivato a tantissime persone. Il bello della musica e del nostro lavoro è riuscire a coinvolgere il pubblico e creare una corrispondenza con lui», hanno commentato i quattro, che alla serata alla Papp László Sportaréna di Budapest si sono anche esibiti, in oro e nero, con una trascinante versione di «Mammamia». Il loro 2021 è stato una crescita continua, partita a maggio con la vittoria all’Eurovision, proseguita quando in estate «Beggin’» è arrivata al vertice della Top200 Global di Spotify, la classifica dei brani più ascoltati in streaming sulla piattaforma, e quindi con l’accoglienza calorosa negli Stati Uniti dei giorni scorsi, le ospitate tv da Jimmy Fallon ed Ellen DeGeneres , i concerti a New York e Los Angeles e l’invito ad aprire lo show dei Rolling Stones a Las Vegas. «L’America é sempre stato “l’obbiettivo” da raggiungere per chi fa il nostro mestiere. Siamo felici di come quel Paese stia ripagando il nostro lavoro. Questi mesi sono stati una cavalcata folle che è andata oltre qualsiasi sogno. Il debutto americano, gli show televisivi dove una volta vedevamo i nostri eroi. E aprire gli Stones? Dai, è una roba folle. Abbiamo sempre creduto in noi stessi, ma questo è qualcosa di surreale». Agli Ema ha vinto il collettivo. Ad aggiudicarsi il maggior numero di riconoscimenti è stato un altro gruppo, i coreani BTS. A loro le categorie pop, K-pop, gruppo (e qui fra i nominati c’erano anche i Måneskin) e fan. Ed Sheeran è nella lista come miglior artista e canzone («Bad Habits»), «Montero (Call Me by Your Name)» di Lil Nas X è il miglior video. Le statuette di categoria vanno alla rapper Saweetie (emergente), Nicki Minaj (hip-hop), Maluma (latin), Yungblud (alternative), Olivia Rodrigo (push, gli artisti spinti dal canale), «Kiss Me More» di Doja Cat feat. SZA (collaborazione), David Guetta (elettronica), Billie Eilish (Video for Good, ovvero quelli con un messaggio positivo). La scenografia è un omaggio al Danubio che attraversa Budapest: acqua e isole che sembrano galleggiare. La serata, trasmessa dai canali Mtv-Viacom in 180 Paesi, è stata aperta da Ed Sheeran con un’ambientazione di luci al neon per «Overpass Graffiti». Maluma ha tamarreggiato come al solito presentando il suo nuovo singolo «Mama Tetema». I laser sono stati il tema dell’esibizione rock degli Imagine Dragons e dalla monumentale piazza degli Eroi (show registrato sabato) ecco gli One Republic. Spazio agli emergenti con le performance di Kim Petras, prima artista trans degli Ema, Griff e la norvegese girl in red. A parte la conduzione affidata a Saweetie, il rap è finito in un angolino. E dire che in passato Mtv lo aveva spinto con spirito colonialista anche quando in Europa non era mainstream. Drew Barrymore ha consegnato a 5 attivisti per i diritti LGBTQ+ i Change Award, il premio sociale degli Ema. Uno schiaffo al governo ungherese di Orbán che sul tema è sotto osservazione della comunità internazionale. «Siamo sempre schierati da quella parte sia sul palco che nella vita privata», commentano i Måneskin. E il loro sguardo internazionale gli fa dire che anche l’Italia non ha il passo giusto: «Quest’anno, in particolare, bisogna andar fieri del nostro Paese per i risultati raggiunti non solo da noi ma da tanti sportivi e personalità della cultura. Peccato per i diritti civili, dove continuiamo a rimanere indietro e invece per noi sarebbe stata la vittoria più importante».
L'Italia sul tetto d'Europa: i Maneskin vincono gli Ema. Francesca Galici il 14 Novembre 2021 su Il Giornale. Ennesimo successo per i Maneskin, che a Budapest conquistano il premio nella categoria best rock: sono i primi italiani a riuscire nell'impresa. Inarrestabili, i Måneskin hanno trionfato anche agli Mtv Ema awards nella categoria best rock. La band romana, arrivata a Budapest con tre nomination, ha conquistato il premio nella categoria più prestigiosa. I quattro ventenni, Damiano, Victoria, Thomas e Ethan, hanno surclassato band come i Colplay e gli Imagine dragons, solo per citare due delle formazioni che concorrevano in quella categoria. Per la prima volta nella storia di questo premio, un gruppo italiano riceve e vince in una categoria internazionale, segno che i Maneskin hanno definitivamente superato i confini nazionali per diventare una band di respiro mondiale, come già avevano certificato i concerti in America e l'apertura dell'evento dei Rolling stones. Sono numerosi i record infranti dai Maneskin a Budapest. Per altro, tra le altre cose, loro sono stati i primi italiani a esibirsi dal vivo nel corso degli Mtv Ema awards. Questo riconoscimento si mette in fila a tutti gli altri ottenuti dai Maneskin nell'ultimo anno. Il 2021 ha segnato la loro definitiva affermazione da quando la band romana ha trionfato al festival di Sanremo e, successivamente, all'Eurovision. "Complimenti ai Måneskin! Il premio 'Best rock' agli MTV Europe Music Awards 2021 è un'ulteriore conferma del loro talento e una vittoria per tutta la musica italiana", ha commentato Dario Franceschini, ministro della Cultura, subito dopo la notizia della vittoria della band romana a Budapest. Partiti come artisti di strada lungo le strade di Roma, i Maneskin hanno prima ottenuto visibilità sul palco di X-Factor, il programma che per primo li ha portati davanti al grande pubblico italiano. Poi per alcuni anni hanno continuato a suonare ma il loro era un pubblico di nicchia, finché Amadeus non li ha chiamati nella categoria big del festival di Sanremo, dove hanno conquistato pubblico e critica con la loro Zitti e buoni. Il sound internazionale e le scelte stilistiche, che per qualcuno sono la vera chiave del loro successo, hanno fatto il resto e così è iniziata la marcia trionfale della band che svetta nelle classifiche mondiali e conta fan in tutto il mondo. Prima di salire sul palco, i Maneskin hanno colto l'occasione per accodarsi al messaggio in favore della comunità Lgbtq lanciato dalla conduttrice. La band romana, come riporta la Repubblica, ha sollevato nuovamente il tema del ddl Zan: "Quest’anno, in particolare, bisogna andar fieri del nostro Paese per i risultati raggiunti non solo da noi ma da tanti sportivi e da tante personalità della cultura. Peccato per i diritti civili, dove continuiamo a rimanere indietro, e invece per noi sarebbe stata la vittoria più importante". Le altre categorie nelle quali i Maneskin avevano ricevuto una nomination erano: Best group, premio che poi è andato alla band coreana Bts, e Best italian act, che invece è andato al rapper napoletano Aka 7even, protagonista dell'ultima edizione del programma Amici di Maria De Filippi.
Francesca Galici. Giornalista per lavoro e per passione. Sono una sarda trapiantata in Lombardia. Amo il silenzio.
Primo successo italiano nella storia degli Ema. Måneskin inarrestabili, miglior rock band al mondo per Mtv: “Grande anno per l’Italia, peccato per i diritti civili”. Antonio Lamorte su Il Riformista il 15 Novembre 2021. I Maneskin trionfano anche agli Mtv European Music Awards (Ema): non bastavano il Festival di Sanremo, l’Eurovision, il record di streaming, il featuring con Iggy Pop, la fortunata tournée negli Stati Uniti, il live da apripista ai Rolling Stones, le storiche ospitate negli States. Evidentemente no: la band romana – prima buskers quindi concorrenti del talent show X Factor – non si ferma più. I Maneskin hanno vinto agli Mtv European Music Awards il premio per la migliore rock band. Ormai sono un fenomeno mondiale: non era mai successo che artisti italiani trionfassero nelle categorie internazionali nella storia degli Ema. “Siamo molto felici che il nostro messaggio sia uscito dalla nicchia e sia arrivato a tantissime persone. Il bello della musica e del nostro lavoro è riuscire a coinvolgere il pubblico e creare una corrispondenza con lui”. A Budapest, a contendere il titolo, c’erano band del calibro di Coldplay, Foo Fighters, Imagine Dragons, Kings of Leon, e The Killers. I quattro – il frontman dei Maneskin Damiano, la bassista Victoria, il chitarrista Thomas e il batterista Ethan – hanno infiammato il pubblico della nuovissima Papp László Budapest Sportarén con il loro ultimo singolo Mammamia. Sul palco si sono presentati vestiti in nero e oro, con il frontman Damiano in slip di pelle luccicanti, stivali e reggicalze. L’evento si è svolto in un paese come l’Ungheria nel mirino della comunità internazionale per il mancato rispetto dei diritti della comunità Lgbt+. E i Maneskin, come spesso quasi sempre fanno, e come avevano fatto anche in Polonia, non hanno mancato di lanciare il loro messaggio: “Quest’anno, in particolare, bisogna andar fieri del nostro paese per i risultati raggiunti non solo da noi, ma da tanti sportivi e da personalità della cultura. Peccato per i diritti civili, dove continuiamo a rimanere indietro e invece per noi sarebbe stata la vittoria più importante. Siamo sempre schierati da quella parte sia sul palco che nella vita privata”. Quanto alla gara, ad ottenere il maggior numero di premi con quattro riconoscimenti tra cui “Best Pop”, “Best K-Pop”, “Best Group” (battendo anche i Maneskin) e “Biggest Fans” è stata la band sudcoreana BTS. Lil Nas X è stato premiato per il “Miglior video” con “Montero (Call Me By Your Name)”, mentre Nicki Minaj ha vinto il premio “Best Hip-Hop”. Il “Best Italian Act” è andato, invece, al rapper Aka 7even che l’ha spuntata su Caparezza, Madame, Rkomi e proprio i Maneskin.
Antonio Lamorte. Giornalista professionista. Ha frequentato studiato e si è laureato in lingue. Ha frequentato la Scuola di Giornalismo di Napoli del Suor Orsola Benincasa. Ha collaborato con l’agenzia di stampa AdnKronos. Ha scritto di sport, cultura, spettacoli.
Trionfo Maneskin agli Ema, sul carro dei vincitori solo posti in piedi. Carlo Antini, Testi e musiche come ascisse e ordinate, su Il Tempo il 15 novembre 2021. I Maneskin salgono sul tetto del mondo. Agli Mtv Ema vincono nella categoria «Best rock» e parte la santificazione. Come al solito, tutti si affrettano a salire sul carro dei vincitori. Ma proprio tutti! Compresi i principi. Ma andiamo con ordine. Tra Salvini, Franceschini e la Boschi è coperto quasi tutto l’arco parlamentare. Il primo a prendere la parola è il ministro della Cultura. «Complimenti ai Måneskin! Il premio “Best rock” agli MTV Europe Music Awards 2021 è un’ulteriore conferma del loro talento e una vittoria per tutta la musica italiana», dichiara subito Franceschini. Gli fa eco la Maria Elena Boschi che si tira giù il cappello. «Ancora un successo per i Maneskin - scrive su Twitter la parlamentare di Italia Viva - Vincono come miglior band rock agli #MTVEma! Per la prima volta nella storia l’Italia vince in una categoria internazionale. Giù il cappello per questi ragazzi che non hanno mai smesso di sognare». E non poteva mancare l’esternazione da destra con la risposta di Salvini che non si è fatta attendere. «Complimenti ai Maneskin che si impongono come miglior gruppo rock agli #MTVEma di Budapest. Successo storico. Viva l’Italia che vince!», esulta su Twitter il leader della Lega. Ma l’eco di Budapest arriva lontano, molto lontano. Persino nelle stanze dell’aristocrazia. E così a esultare troviamo anche il principe Emanuele Filiberto che, effettivamente, di showbiz se ne intende eccome. «Sempre più alti, sempre più su! #Maneskin #mtvmusicawards», scrive su Twitter. E sotto al post un foto con la band romana che alza il trofeo di Mtv. Meno male che ci sono i Cugini di Campagna che su Facebook lanciano nuove accuse alla band di Damiano e Victoria. Questa volta nel mirino c’è l’outfit a quadri di Thomas Raggi che viene affiancato in una foto a una tuta con gli stessi quadri indossata dal biondo dei Cugini, Nick Luciani. «Cari Maneskin - il messaggio piccato pubblicato sul profilo dei Cugini - potevate venire nel nostro studio. Vi avremmo dato i nostri costumi...E avreste risparmiato, di gran lunga, tempo e denaro». Viva la faccia!
Da ilmessaggero.it il 6 dicembre 2021. Dietro la bassista che sul palco non si ferma mai e ha una energia fuori dal comune, c'è una giovane donna che ha visto da vicino la sofferenza. E quella sofferenza non l'ha respinta, anzi. L'ha cullata, conservata e poi trasformata in musica. È questo uno dei segreti di Victoria De Angelis, della band dei Maneskin. Ed è stata la nonna materna, Elin Uhrbrand, a raccontare alcuni retroscena sulla vita della ragazza al settimanale «Dipiù»: «Mia nipote Victoria ha sofferto molto, ha visto morire la sua mamma. Jeanett, mia figlia, quando ha capito che avrebbe perso la battaglia contro il male che la stava consumando chiese di andare in Danimarca. Victoria volle seguirla e le rimase vicino fino alla fine. Victoria aveva solo 15 anni, per tre mesi ha vegliato sulla sua mamma, per tre mesi le ha tenuto la mano. Fino all'ultimo giorno. Fino a quando le ha detto addio. È stato terribile».
Victoria De Angelis e la mamma morta quando aveva 15 anni
De Angelis è nata il 28 aprile del 2000 a Roma. Adesso di anni ne ha 21 ma nonostante il tempo, quella ferita non si è mai rimarginata davvero. E anche l'adolescenza non è stato un periodo facile: «A 14 anni soffrivo di attacchi di panico. Ero una ragazza spensierata, poi mi sono ritrovata a non voler più uscire di casa, ho perso un anno di scuola. C’era qualcosa di rotto in me e non sapevo come ripararmi. Prima me ne vergognavo, ora non ho più bisogno di nasconderlo», aveva raccontato. «Mi dispiace tanto che mia figlia Jeanett non abbia potuto vedere il successo che Victoria sta riscuotendo in tutto il mondo insieme con i Måneskin», ha raccontato la nonna della bassista. Ora si ritroveranno per le feste di Natale, prima del tour in giro per il mondo: «Verrà in Danimarca e staremo insieme».
Il metronomo della band che ha sconvolto il mondo. Chi è Victoria De Angelis, la bassista dei Måneskin: “Mi riconosco nel dualismo di cose opposte”. Antonio Lamorte su Il Riformista il 15 Novembre 2021. Victoria De Angelis è il metronomo dei Maneskin, un po’ l’anima della band si potrebbe azzardare: è la bassista del gruppo che in questo 2021 d’oro dopo aver vinto il Festival di Sanremo, l’Eurovision Song Contest, dopo i record di ascolti e nella Top20 Global di Spotify, la clamorosa accoglienza negli Stati Uniti, le ospitate nelle trasmissioni tv da Jimmy Fallon ed Ellen DeGeneres, i concerti a New York e Los Angeles e l’apertura al concerto dei Rolling Stones a Las Vegas; ecco, dopo aver fatto tutto questo il gruppo romano si è aggiudicato anche il premio come “best rock” agli Mtv European Music Awards a Budapest. La band che ha sconvolto l’Italia e la musica italiana e, a questo punto, anche il mondo, se la giocava con gruppi del calibro di Coldplay, Foo Fighters, Imagine Dragons, Kings Of Leon e Killers. Tutti gruppi anglofoni, e anche statunitensi: e quindi il titolo equivale a un premio alla migliore band rock dell’anno. Clamoroso: è ilprimo successo italiano in una delle categorie internazionali nella storia degli Ema. “Quest’anno, in particolare, bisogna essere fieri del nostro paese – hanno commentato i Maneskin – per i risultati raggiunti non solo da noi ma da tanti sportivi e da personalità della cultura. Peccato per i diritti civili, dove continuiamo a rimanere indietro e invece per noi sarebbe stata la vittoria più importante“. Un riferimento nemmeno troppo velato alla bocciatura al Senato del ddl Zan, il disegno di legge contro “discriminazione e della violenza per motivi fondati sul sesso, sul genere, sull’orientamento sessuale, sull’identità di genere e sulla disabilità”. I Maneskin palco si sono presentati vestiti in nero e oro, con il frontman Damiano in slip di pelle luccicanti, stivali e reggicalze. L’evento si è svolto in un paese come l’Ungheria nel mirino della comunità internazionale per il mancato rispetto dei diritti della comunità Lgbt+. La band si sono spesso esposti sul tema. Era successo qualcosa di simile in Polonia quando Damiano Davis e Thomas Raggi, cantante e chitarrista, si erano scambiati un bacio sulla bocca in diretta tv. “Pensiamo che a tutti dovrebbe essere permesso di farlo senza alcun timore. Pensiamo che tutti dovrebbero essere completamente liberi di essere chi ca..o vogliono. Grazie Polonia. L’amore non è mai sbagliato”, aveva detto David in inglese dopo il bacio e alla fine dell’esibizione. È anche in questo, e non solo nella musica, nello stile, nell’energia, nell’approccio, nel look che Victoria De Angelis è l’anima della band che nel giro di dieci mesi nemmeno ha sconvolto il mondo. “Soffrivo di certe rigide distinzioni tra maschile e femminile: a sei anni avevo proprio il rifiuto per tutte le cose ‘da bambina’: facevo skate, tenevo i capelli corti, mi vestivo da maschio. Non indossavo gonne, non perché non mi piacessero, ma per reclamare la chance di essere me stessa. Il rock ha incarnato quello slancio di libertà”, ha detto De Angelis in una lunga intervista a Elle. È lei che ha fondato il gruppo composto da Ethan Torchio, Thomas Raggi e Damiano David. “Nei look, lei ci direziona un po’ tutti”, ha confermato Thomas Raggi che con De Angelis faceva il liceo scientifico J. F. Kennedy e che con lei ha fondato i Maneskin. Damiano, classe 1999, faceva il linguistico Montale. Ethan Torchio è arrivato rispondendo a un annuncio su Facebook. E sempre lei ha scelto la parola: il nome del gruppo che in danese vuol dire “chiaro di luna”. Sua madre è danese. C’è tutta una mitologia delle bassiste donne nel mondo del rock nella quale De Angelis sembra voler innestarsi: da Melissa Aud de Maur delle Hole e degli Smashing Pumpkins a Tyna Weymouth dei Talking Heads; da Simone Butler dei Primal Scream a Kim Deal dei Pixies fino a Roberta Sammarelli degli italiani Verdena (una band istituzione del rock alternativo). Su tutte, almeno per De Angelis, spicca la bassista dei Sonic Youth Kim Gordon. “In quegli anni il rock era un mondo maschile, lei se n’è sempre fregata, ha mandato all’aria ogni stereotipo di bellezza, nel suo modo di stare sul palco c’era qualcosa di aggressivo, sguaiato, ma ha conquistato migliaia di persone attraverso il suo strumento”. De Angelis è nata il 28 aprile del 2000 a Roma. Ha 21 anni. Durante le scuole medie aveva frequentato una scuola di musica cominciando nel frattempo con il basso. Da piccola il suo idolo era Avril Lavigne, la cantante pop-punk americana che per alcuni anni fu un fenomeno mainstream in tutto il mondo. Ha raccontato anche di un periodo difficile nella sua vita: “Attacchi di panico. Ero una ragazza spensierata, a 14 anni mi sono ritrovata a non voler più uscire di casa, ho perso un anno di scuola. C’era qualcosa di rotto in me e non sapevo come ripararmi. Prima me ne vergognavo, ora non ho più bisogno di nasconderlo”. Ad aiutarla a superare quel momento la terapia, i genitori e la musica. Appena prima del successo a Sanremo che ha cambiato la vita a tutti i Maneskin, De Angelis si definiva in un’intervista, a Sette de Il Corriere della Sera, bisessuale. “Mi riconosco nel dualismo di cose opposte. Ognuno di noi tende a farsi un’idea di sé e a bloccarsi lì. Invece si può avere piacere a pensare ed essere cose opposte, pur restando sé stessi. Senza forzare altri o sforzarsi per cose che puoi apprezzare dopo, ma per cui ora non ti senti pronto”. Vic dorme, a quanto pare, in camera con Damiano quando sono in giro a suonare: e il gossip ci ha marciato. Loro non hanno mai confermato una presunta love story e invece il cantante recentemente ha rivelato la sua relazione con Giorgia Soleri. Quindi gossip, e pettegolezzo, e vociare rimane. Lei è invece sempre stata più cauta su una sua possibile relazione. È diventato virale il suo siparietto sul palco dell’Ariston di Sanremo: durante la premiazione alle parole del conduttore direttore artistico Amadeus la bassista replicava a parolacce, ancora sconvolta dalla vittoria.
Antonio Lamorte. Giornalista professionista. Ha frequentato studiato e si è laureato in lingue. Ha frequentato la Scuola di Giornalismo di Napoli del Suor Orsola Benincasa. Ha collaborato con l’agenzia di stampa AdnKronos. Ha scritto di sport, cultura, spettacoli.
Da today.it il 27 dicembre 2021. E' bastata una foto a far scoppiare la discussione social di Natale. Giorgia Soleri si è mostrata con i peli sotto le ascelle in un post, "per non farsi mancare argomenti di discussione con i parenti bigotti". A bacchettarla, invece, sono stati i follower. "Nella caption avevo fatto questa previsione, ma sui parenti, cioè persone che si presuppone abbiano una certa età ma soprattutto che ti conoscono da quando sei nata, quindi hanno la confidenza per dirti certe cose" ha commentato tra le storie, stupita da tanto rumore: "Sono state dette le peggio cose - ha continuato -. Io vorrei sapere se queste persone vanno sotto tutte le foto degli uomini a scrivergli che i peli sotto le ascelle sono brutti e antigienici". La fidanzata di Damiano dei Maneskin ha risposto così a certe critiche: "Ho semplicemente i peli sotto le ascelle. I peli esistono perché hanno varie funzioni molto importanti, una di queste, specialmente in alcune zone, è proteggere dai batteri. Ma tralasciando questa parte, raga io porto le unghie lunghe da tipo 10 anni. Nessuna persona è mai venuta a dirmi 'lo sai che sono antigieniche?' e vi assicuro che sono la roba più antigienica sulla faccia della terra, vanno pulite, lavate, curate tutti i giorni più volte al giorno perché sotto si infila lo schifo". Gusti personali, scelte che non possono essere criticate, come ha sottolineato Giorgia Soleri. L'influencer ha poi mostrato i peli sulle gambe: "Ce li ho in tutte le parti del corpo, l'unico punto in cui ancora me li faccio è in mezzo alle sopracciglia. Tutto il resto del mio corpo è ricoperto dai naturali peli che si hanno senza depilazione. Ho una quantità di peli che non si vedono in foto - ha detto ancora - Se mi faccio una foto i peli sulle gambe non si vedono, ma li ho. Ci sono x motivi per cui una persona può smettere di depilarsi. Può essere gusto personale, può essere 'mi infiammo in quella zona', oppure 'sto affrontando un percorso di decostruzione perché mi depilo solo per paura del giudizio sociale'". E ha concluso: "Il vero problema è che vi danno fastidio i peli sui corpi delle donne e nel quasi 2022 sono ancora argomento di discussione estremamente divisivo. Ma per me la cosa più assurda sono le persone che la sera della Vigilia e il giorno di Natale stanno sotto le mie foto a litigare per dei peli di una persona che manco conoscono".
La fidanzata di Damiano dei Maneskin Giorgia Soleri sbotta ancora contro i giornalisti: "Non rispettano i patti". Tempo il 12 novembre 2021. Giorgia Soleri sbotta di nuovo. La fidanzata di Damiano David dei Maneskin stavolta va all'attacco de La Stampa che, a suo dire, non avrebbe rispettato gli accordi presi prima dell'intervista uscita nei giorni scorsi sul quotidiano torinese. "Avevo chiesto di visionare l'articolo prima della stampa - scrive la modella milanese su Instagram - mi è stata mandata l'intervista completa ma senza titolo e senza occhiello. Inoltre non sempre è possibile vedere i pezzi finali, per esempio il primo articolo in cui è erroneamente citata @nonunadimeno (un'organizzazione contro la violenza maschile sulle donne, ndr), non è stato rivisto da nessuno perché è stato chiuso in nottata. Far visionare gli articoli prima è una buona prassi che non tutti i giornalisti e le giornaliste seguono". La compagna di Damiano aveva espressamente chiesto prima dell'intervista di non fare riferimento alla sua vita privata. Non ha mai detto di essere "guarita", anche perché non si guarisce dall'endometriosi, come le era già capitato di spiegare in passato. Ha fatto un'operazione e i sintomi si sono attenuati, ma si tratta di una malattia cronica: un'infiammazione degli organi genitali femminili. Stavolta, come si lamenta nelle sue stories di Instagram, La Stampa le ha fatto leggere l'articolo prima della pubblicazione ed era arrivato il suo ok, ma non le hanno mandato in anticipo titolo e occhiello della pagina, dove sono emersi due problemi secondo Giorgia: un errore e un dettaglio - il fatto di essere fidanzata di Damiano - che lei aveva espressamente chiesto di non sottolineare.
Manuel Agnelli: “I Måneskin? Sono i Beatles italiani”. Valeria Rusconi La Repubblica l'8 novembre 2021. Parla il giudice di 'X Factor', voce degli Afterhours, che li ha guidati nella sua squadra nell'edizione 2017 del talent, dove sono arrivati secondi: “È una band unica, l’Italia ne sia orgogliosa. Ma questo dev'essere solo l’inizio”. Se c’è qualcuno che sa cos’è il rock, questi è Manuel Agnelli: una vita a suonarlo con il suo gruppo, gli Afterhours, e gli ultimi anni passati a divulgarne il verbo attraverso il suo ruolo di giudice a X Factor. I Måneskin sono stati la sua band ed è da lì che è iniziato tutto. Poi, una scalata velocissima e irresistibile: l'incredibile vittoria a Sanremo dello scorso marzo; quella all'Eurovision a maggio; la benedizione di chi del rock'n'roll rappresenta l'essenza stessa, Iggy Pop, nel pezzo-omaggio I wanna be your slave.
Da "adnkronos.com" il 9 novembre 2021. Maneskin ancora star negli Usa e ancora un tripudio social dedicato alla rock band romana. Dopo aver aperto il concerto dei Rolling Stones a Las Vegas il 6 novembre scorso, Damiano, Victoria, Ethan e Thomas sono stati ospiti nello storico show guidato da Ellen DeGeneres, che nell'ultima edizione ha voluto regalare agli spettatori l'ennesima spettacolare performance del gruppo sulle note di 'Beggin', la cover che ha scalato le classifiche americane. E, come ormai di consueto ad ogni esibizione, è tripudio sui social per i quattro italiani sbarcati in America. "Incredibili", "che botto, non si fermano più", "ragazzi straordinari", "ce l’avete fatta, è tutto vero" e il tormentone "MANESKIN WORLD DOMINATION" i commenti più quotati fra i connazionali. Ma non ci sono solo gli azzurri a tifare, tantissimi i commenti anche dagli utenti Usa che sembrano apprezzare molto ogni nuova apparizione del quartetto: "Grande gruppo, grande voce, volate alto che il rock 'n roll non morirà mai!", scrivono.
Da tag43.it il 16 novembre 2021. Cugini di Campagna vs Maneskin, ci risiamo. La band romana ha appena trionfato agli Mtv Ema Awards nella categoria Best Rock, battendo band del calibro di Coldplay, Foo Fighters, King of Leon, Imagine Dragons e Killers. Si tratta della prima volta per un gruppo italiano, l’ennesimo trionfo per i Maneskin reduci dall’apertura del concerto dei Rolling Stones a Las Vegas. Ma ecco la nuova accusa di “plagio”. Si parla di vestiti, naturalmente. I Cugini di Campagna tornano all’attacco: «Cari Maneskin vi avremmo dato i nostri costumi» Per l’esibizione di Budapest il look del chitarrista Thomas Raggi – a rombi neri e dorati – ricordava innegabilmente quello indossato dai Cugini durante la cover di Zitti e Buoni in un concerto a Terni. «Cari Maneskin», recita il post del gruppo di Anima mia, «potevate venire nel nostro studio. Vi avremmo dato i nostri costumi…e avreste risparmiato, di gran lunga, tempo e denaro».
Gli abiti a stelle e strisce del concerto di Las Vegas
La stessa accusa era stata rivolta a Damiano, Victoria, Thomas ed Ethan dopo il concerto di Las Vegas. Anche in quel caso i Cugini dai social avevano rivendicato la paternità del look a stelle e strisce: «Basta copiare i nostri abiti». Ivano “Napo” Michetti, Silvano Michetti, Tiziano Leonardi e Nicolino “Nick” Luciani non hanno dunque pace. Già nel 2017 li aveva “copiati” persino Lady Gaga. E proprio per la tuta a rombi che avrebbe copiato anche Thomas. «Anche lei si è ispirata e ha copiato i nostri outfit. Le avevamo scritto una lettera nel 2017, e abbiamo dovuto persino bloccarla sui social, ma resta una grande artista», hanno recentemente spiegato a FQMagazine. Nel post di allora i Cugini per assicurarsi che il messaggio arrivasse chiaro alla destinataria, lo avevano persino scritto in inglese: «Dear Lady Gaga, everybody knows about your skill and we too much appreciate you, but after some photos on our Social Network we wanted to invite you to stop wearing identical dresses to ours, aware that you certainly do not need to imitate us. With estimates, Country Cousins». Già Country Cousins.
I Maneskin, la fluidità di genere e il messaggio a Orban (e all’Italia)
Tornando al look dei Maneskin sul palco degli Ema, con il suo costume di scena Damiano – con reggicalze, guanti e tacchi – ha lanciato un messaggio potente proprio nella Ungheria di Viktor Orban dove da luglio una legge vieta la diffusione nelle scuole di informazioni circa l’omosessualità e il cambio di sesso. «È stato un anno ricco di trionfi per il nostro Paese. Grazie a noi, ma anche ai tanti sportivi», ha detto Damiano prima di salire sul palco. «Sui diritti civili, tuttavia, continuiamo a rimanere indietro. Per noi sarebbe stata la vittoria più importante. Noi siamo sempre schierati da quella parte sul palco e nella vita privata».
Da rollingstone.it il 10 novembre 2021. I Cugini di Campagna all’attacco su tutti i fronti, dai Måneskin a Lady Gaga. Dopo l’accusa ai rocker italiani che hanno aperto il concerto di Las Vegas dei Rolling Stones, Ivano “Napo” Michetti, Silvano Michetti, Tiziano Leonardi e Nicolino “Nick” Luciani tornano a parlare di Gaga, che da tempo accusano di averli imitati: «Anche lei si è ispirata e ha copiato i nostri outfit. Le avevamo scritto una lettera nel 2017, e abbiamo dovuto persino bloccarla sui social, ma resta una grande artista», hanno spiegato a FQMagazine. Il post risale all’11 maggio 2017, pubblicato in doppia versione in italiano e inglese. Vale la pena leggere quest’ultima versione maccheronica, frutto evidentemente di una traduzione automatica: «Dear Lady Gaga, everybody knows about your skill and we too much appreciate you, but after some photos on our Social Network we wanted to invite you to stop wearing identical dresses to ours, aware that you certainly do not need to imitate us. With estimates, Country Cousins». Il post era accompagnato da alcune immagini in cui i “Country Cousins” indossavano costumi vagamente simili a uno usato da Gaga. Chissà se la popstar ha mai letto quel messaggio e qual è stata la sua reazione, fatto sta che i Cugini di Campagna hanno ottenuto un risultato: far sì che si tornasse a parlare di loro. Per quanto riguarda i Måneskin, nell’intervista i Cugini hanno raccontato come è stato scoperto il “plagio”. «Di ritorno da un nostro concerto, ci sono arrivati centinaia di messaggi dai nostri follower di Facebook che ci informavano di questo look dei Måneskin, che era uguale al nostro. Siamo andati a vedere le foto e, con grandissima sorpresa, abbiamo constatato che erano incredibilmente uguali a noi», hanno detto al mensile del Fatto Quotidiano. Il gruppo di Anima mia assicura che non parla per invidia del successo della band di Zitti e buoni, anche perché lo considera passeggero: «Siamo fan della loro gioia e della loro giovinezza, ma ci ritroveremo tra sette o otto mesi a chiederci: “Ma ti ricordi quella canzone che ha vinto Sanremo?”. Non farà la storia».
Da “Ansa” il 9 novembre 2021. Mick Jagger in posa insieme a Damiano, Victoria, Ethan e Thomas, ovvero i Maneskin. Il frontman dei Rolling Stones ha postato sulle sue pagine social uno scatto con i quattro ragazzi romani che hanno aperto il suo concerto a Las Vegas, sabato sera. "Great night in Vegas with Maneskin", ha scritto accanto alla foto. Tra i commenti, non manca quello dello stesso Damiano, con tre emoji increduli.
Luca Dondoni per "la Stampa" il 9 novembre 2021. Ivano Michetti è lo storico chitarrista dei Cugini di Campagna e subito dopo lo tsunami di complimenti che sono piovuti sui Måneskin da tutta Italia per aver aperto il concerto di Las Vegas dei Rolling Stones, è sbottato e ha postato sui social una dichiarazione totalmente controcorrente. I ragazzi hanno peccato di lesa maestà. Nel post su Instagram ha scritto: «Måneskin, basta copiare i nostri abiti»! Ivano, era serio o è stato un colpaccio per avere un po' di visibilità? «Il milione e trecentomila followers che abbiamo sui social, dopo l'esibizione dei Måneskin mi ha riempito di messaggi che ho letto finito il nostro concerto vicino a Napoli. Invece di riposarmi sono andato a vedere di cosa si trattasse e in effetti i Måneskin si sono vestiti come noi negli Anni 70. Decidemmo quel look per celebrare l'America, stelle e strisce della bandiera per far capire che anche se eravamo molto romantici c'era una punta di soft rock nel nostro Dna, come quello degli Eagles per intenderci». Il loro look è una bomba e dire che vi hanno copiato tanti anni dopo sembra quasi quello che gli americani chiamano "fishing for compliments". Piuttosto, sta facendo rumore il fatto che abbiate criticato anche la loro musica. Lei ha detto: «Ha venduto più Orietta Berti di loro». «Non si può fare il primo tour in America e cantare una cover di una band, americana, di un sacco di anni fa. Ragazzi stiamo scherzando? Attenzione io sono contento e orgoglioso del fatto che ci abbiano copiato e questo mi onora. Loro hanno una grande immagine ma si vede che sono stati studiati a tavolino. Sono quattro ragazzi, uno più bello dell'altro, e con i ragazzini belli le cose funzionano meglio. Sono favolosi, intendiamoci, ma se parliamo di musica è vero ciò che ho detto: ha avuto più successo Orietta Berti di loro. Lo dico perché Renzo Arbore e Gianni Boncompagni mi dicevano sempre che si devono scrivere canzoni che si possano ricantare e non quelle tipo Zitti e Buoni che non si capisce niente, manco 'na parola».
Lei dice anche che rispetto ai Cugini di Campagna i Måneskin dovrebbero crescere musicalmente.
«Fanno un minestrone di cose, un po' rap e un po' di rock e un po' di roba così così. Damiano si toglie le giacchetta e si mette in mutande, ma quando parliamo di vestiti non giochiamo, le cose sono diverse. Se mi ha copiato in questo modo e sembra uno dei Cugini di Campagna ciò significa che io ho inventato qualcosa di importante».
E quest' anno festeggia i 50 anni di «Anima Mia» e i 52 anni della nascita dei Cugini di Campagna. Tra poco farete una maxi tournée negli Usa. Vi piacerebbe fare i supporter dei Rolling Stones?
«Ma no, non se ne parla. Io farei da supporter agli Eagles non ai Rolling Stones. Amiamo delle altre cose e poi i Måneskin sono bravi, bravissimi ma sono dei bambini ai quali sono affezionato e hanno vent' anni; se avessi l'opportunità li vorrei aiutare. Vorrei conoscere i produttori dei Måneskin perché sono eccezionali. Hanno fatto quattro singoli uno più forte dell'altro e questo vuol dire che il team produttivo è eccezionale, ma la bella musica, me lo faccia dire, è un'altra cosa».
Che cosa augura ai Måneskin per il loro futuro?
«Che trovino un grande arrangiatore per diventare ancora più internazionale di quello che sono perché devono poter uscire alla gabbia di una cover come Beggin che tutti stanno idolatrando ma è un pezzo di un altro gruppo. La musica è tutta un'altra cosa. Ecco spero che trovino la loro strada»
Maneskin, i Cugini di Campagna e la polemica del look: "Basta copiare i nostri abiti!". La Repubblica l'8 novembre 2021. Sui social è battaglia tra camicie a stelle e strisce. Secondo i Cugini la band romana li avrebbe copiati per aprire il concerto di Jagger a Las Vegas. Un solo commento sotto il post di Fb li racchiude tutti: "Vi ha copiato tutta l'America con la bandiera. Giustizia per i cugini di campagna!". Non è un caso, perché Damiano David (voce), Victoria De Angelis (basso), Thomas Raggi (chitarra) ed Ethan Torchio (batteria), al caso non lasciano neanche il rimmel scolato. Sul palco dell'Allegiant Stadium, davanti a un pubblico in delirio, i Maneskin si sono presentati con un look a stelle e strisce. Un omaggio alla bandiera americana sarebbe perfino banale, o questo è quanto pensano i Cugini di Campagna seppure di rock abbiano poco, fasciati di pop italiano anni '70, fodati una una Roma che non c'è più. Gli anni dei pantaloni a zampa, delle camice attillate, e dei falsetti che li hanno resi famosi. Il look scelto dai Maneskin per aprire il concerto dei Rolling Stones a Las Vegas ha scatenato la polemica social. Secondo i Cugini gli artisti avrebbero infatti copiato loro. Sulla loro pagina ufficiale Facebook scrivono: "I Maneskin si sono esibiti negli USA, prima dei Rolling Stones, imitando, nel vestire I cugini di campagna. Basta copiare i nostri abiti". Sotto un unico commento che li contiene tutti: Luigi Mario Favoloso "Vi ha copiato tutta l'America con la bandiera. Giustizia per i cugini di campagna!". Il look non è proprio uguale. Infatti i cugini rilanciano, e sfidano chi resta al di fuori di ogni sfida ora. Primo, cliccando sul post si arriva a una foto dei cugini in un terrazzo romano. L'lelenco di chi sono sotto, che cita: Sivano Michetti: Unico FONDATORE del gruppo, Ivano Michetti: Autore di TUTTI i successi, tiziano Leonardi: Arrangiatore dalle DOTI ECCELSE e Nick Luciani: La VOCE INEGUAGLIATA dei CUGINI DI CAMPAGNA". E poi la sfida. "Fate qualcosa di meglio, come noi abbiamo fatto con la vostra "zitti e buoni ". I romani, sanno scherzare. Soprattutto tra cugini.
Marco Molendini per Dagospia l'8 novembre 2021. «Hanno conquistato l'America» (Corriere della sera), Trionfo e delirio a Las Vegas (Il Giornale), Maneskin nell'Olimpo del rock (Il Messaggero), Jagger incorona i Maneskin (Ansa), Tutta l'America canta Mammamia (QN), I Maneskin stravolgono Las Vegas (Il Fatto), I Maneskin stregano Las Vegas (Il Tempo). Breve rassegna stampa sull’ultima impresa dei quattro ragazzi romani partiti da Monteverde e arrivati sulla luna del successo in un batter d'occhio. Gloria ai Maneskin, nell'alto dei cieli.Viva il rock, viva l'Italia, viva gli artisti italiani che si fanno notare all'estero che sono da sempre una specie rara. Viva l'entusiasmo, viva la strada lastricata di iperboli in cui si sostiene che sono la via nuova del rock, che sono i nuovi Beatles, che hanno ridato glamour a un genere moribondo, o che (da parte di quelli che amano scavare a fondo) il loro essere fluidi interpreta perfettamente le incertezze sessuali del mondo contemporaneo (in parte probabilmente vero). La loro via è senza dubbio costellata di medaglie sorprendenti, Sanremo, Eurosong, la versione della canzone Beggin’ che è piaciuta dovunque, Little Steven che li incensa, Miley Cyrus che non perde l’occasione di abbracciarli davanti ai fotografi, Jimmy Fallon che li chiama al suo talk show, e adesso i Rolling stones che li hanno accolti a Las Vegas come opening act. Mi è venuto un dubbio, però (e spero che mi venga perdonato): la grancassa non sta suonando troppo forte? Le iperboli (hanno sbancato, stravolto, conquistato, stregato), i complimenti, gli osanna non sarebbe meglio calibrarli e non investire quei ragazzi con una tempesta di aggettivi rigonfi di orgoglio patrio? La cavalcata dei Maneskin, per essere giudicata una rivoluzione, non avrebbe bisogno come minimo di qualche conferma temporale, fuori dalla lunga scia promozionale che l’ha accompagnata finora? Storicizzare il loro successo, attribuirgli un valore assoluto li mette in competizione con mostri sacri del passato che sarebbe meglio lasciar riposare in pace (assieme alle controproducenti esternazioni fatte di giovanilismo purchessia). Meglio, forse, stare coi piedi per terra (non c'è dubbio che la scena rock sia afflitta da una povertà endemica e abbia bisogno di nuove energie). Accontentarsi del fatto che Spotify abbia creduto in loro (altro segnale che in giro non c'è poi così tanto su cui puntare), che li abbia spinti prima in Europa (Eurovision) e poi in America dove hanno condito il loro sbarco con una serie di uscite promozionalmente azzeccate (i due spettacoli di New York e Los Angeles in club e alcune partecipazioni mirate come Gucci). Meglio incassare il successo di Beggin’, magari senza stare a fare caso che si tratta di un pezzo che ha una sua forza accattivante segnata da un passato di consensi a cominciare dalla prima uscita di Frankie Valli e dei Four seasons (1967), in un arrangiamento non molto diverso, e che ogni volta che è stato ripreso ha ottenuto ottimi riscontri, da ultimi i Madcon, duo hip hop norvegese, che nel 2007 ne ha fatto una versione che ha sfondato in tutt’Europa (in Italia sono entrati nella top ten al decimo posto). Non c’è bisogno di raccontare di deliri a Las Vegas o di America conquistata, tanto sappiamo tutti che è una finzione retorica, almeno per ora. Come sappiamo che i Rolling Stones in ogni data del loro tour prevedono un gruppo di spalla, tutti nomi non celeberrimi, che remano da anni in cerca di notorietà, come The Zac Brown band, The Ghost Hounds, blues rockers di Pittsburgh convocati per più date, come i texani Black Pums, come The Glorious sons. Che poi i Maneskin siano piaciuti, che abbiano sorpreso piacevolmente il pubblico di Las Vegas con i luccichii dei loro abiti, con la baldanza della loro presenza sul palco, va a loro vantaggio. Ma se vogliono crescere la strada da fare è ancora tanta. Non sarebbe meglio, prima di costruire monumenti di aspettare qualche prova diluita nel tempo, evitando di esporrli al rischio di bruciarsi le ali con il calore di incontenibili lodi emotive? PS. I Cugini di Campagna protestano: “A LasVegas ci avete copiato il look”
Da “tgcom24.mediaset.it” l'8 novembre 2021. I Maneskin stanno incassando elogi in tutto il mondo e i Rolling Stones li hanno voluti per aprire il loro concerto a Las Vegas, di fronte a una folla adorante. In patria, però, c'è chi non risparmia critiche alla rockband. I Cugini di Campagna via social, mettendo a confronto il look "americano" di Damiano David e quello di Nick Luciano, hanno infatti tuonato: "Basta copiare i nostri abiti". Damiano David, Victoria De Angelis, Thomas Raggi ed Ethan Torchio si stanno godendo il meritato successo oltreoceano, tra fan in delirio e celebrità di Hollywood che fanno la fila per incontrarli. I Cugini di Campagna, però, hanno rovinato la festa e messo in dubbio la loro originalità. Sui profili social ufficiali hanno infatti messo a confronto l'outfit a stelle e strisce sfoggiato da Damiano sul palco dell'Allegiant Stadium di Las Vegas con quello di Nick Luciani: "I Maneskin si sono esibiti negli Usa, prima dei Rolling Stone imitando nel vestire i Cugini di Campagna. Basta copiare i nostri abiti". Ovviamente i fan dei Maneskin non sono stati zitti e buoni. Tra ironia e frecciatine hanno accusato i Cugini di essere invidiosi del successo dei ragazzi e di essere solo in cerca di visibilità. Il completo sotto accusa si compone di una doclevita blu tempestato di stelle argentate e un paio di pantaloni a strisce bianche e rosse. Il look un chiaro omaggio alla bandiera degli Stati Uniti e di certo Nick e Damiano non sono stati certo gli unici artisti ad aver indossato la Stars and Stripes sul palco. "Anche Capitan America aveva copiato i Cugini di Campagna", ricorda qualcuno mentre un altro commenta: "I Cugini di Campagna hanno chiaramente copiato i Pan di Stelle." Poco dopo, sempre via social, i Cugini di Campagna hanno rincarato la dose e condiviso su la loro cover di "Zitti e buoni", lanciando il guanto della sfida alla giovane band: "Fate qualcosa di meglio, come noi abbiamo fatto con la vostra Zitti e buoni". Ormai e scontro aperto: i Maneskin risponderanno o continueranno a godersi il loro soggiorno da rockstar negli Stati Uniti?
Da today.it il 7 novembre 2021. "Buongiorno Las Vegas". Così Victoria dei Maneskin ha voluto salutare i follower di Instagram una volta arrivata nella città americana dove si sarebbe dovuta esibire con la band in apertura di concerto dei Rolling Stone. Uno scatto super sexy per celebrare il mattino di una giornata speciale per la ventunenne, quella in cui avrebbe realizzato il suo "sogno americano". Una foto rock in cui la ragazza si mostra in déshabillé alle prese con un selfie allo specchio. Camicia bianca trasparente, topless e intimo, Victoria si fotografa nella sua stanza d'albergo mentre è seduta sul letto. Smalto blu elettrico alle unghie e lunghi capelli biondi lasciati sciolti sulle spalle. Oltre un milione di like per l'audacia della fotografia. Dall'alto dei suoi ventuno anni, Victoria non può desiderare di più dalla vita. I Maneskin sono ormai lanciati verso una fama mondiale dopo la vittoria all'Eurovision Song Contest con Zitti e Buoni: proprio ieri hanno mandato in delirio la folla dell'ultimo concerto dei Rolling Stones, che li hanno voluti per il pre-opening dello show. Non solo, anche la vita sentimentale della giovane romana andrebbe a gonfie vele: al suo fianco da tempo ci sarebbe infatti una ragazza, una sua coetanea, con cui è stata pizzicata proprio di recente.
Maneskin, Victoria De Angelis da bollino rosso: a pochi minuti dal concerto senza reggiseno, pazzesca. Libero Quotidiano l'08 novembre 2021. Victoria De Angelis, la sensuale bassista dei Maneskin prima del concerto a Las Vegas con i Rolling Stones, ha postato sul suo profilo Instagram una foto osè molto rock. Eccola infatti in ginocchio sul letto della camera d'albergo con una camicetta bianca sbottonata e aperta, senza reggiseno e solo con un paio di slip, bianchi anche quelli. Victoria è quindi a seno nudo, con i capezzoli appena coperti dalla camicia per evitare la censura dei social, e due collane con il simbolo della croce, e ammicca ai fan con un selfie bollente che, neanche a dirlo, fa il pieno di like. A corredo dello scatto scrive: "Buongiorno da Las Vegas". Ma i commenti dei fan sono tutti di elogio alla sua bellezza e sensualità. "Bellissima", "meravigliosa", si legge in moltissime lingue. Del resto, ormai, Victoria e i Maneskin sono amatissimi in tutto il mondo. Hanno aperto domenica 7 novembre il concerto dei Rolling Stones all'Allegiant Stadium, davanti a migliaia di fan. Damiano, Victoria, Ethan e Thomas hanno suonato i loro brani più celebri, da 'In nome del padre' a 'Zitti e buoni', che ha trionfato a Sanremo e all'Eurovision Song Contest. Due canzoni in italiano adatte a rompere il ghiaccio. "Hello Las Vegas! E' un onore essere qui ed avere la possibilità di suonare sul palco di una delle band più grandi di sempre", ha esordito Damiano, che si è esibito per l'occasione, come il resto della band, con un look a stelle e strisce. Lo show del gruppo italiano sui social americani convince critica e appassionati, ma la "benedizione" più importante arriva, a fine concerto, direttamente da Mick Jagger. "Grazie mille ragazzi".
I Maneskin aprono il concerto dei Rolling Stones a Las Vegas e incantano. Jagger li ringrazia. Redazione Spettacoli su Il Corriere della Sera il 7 novembre 2021. La band romana ha conquistato il pubblico di Las Vegas con la loro musica e energia. Mezz’ora di rock (anche in italiano) senza alcun timore, che ha convinto tutti. I Maneskin hanno conquistato Las Vegas. La band italiana, vestita con paillettes a stelle e strisce, ha aperto venerdì sera lo show dei Rolling Stones. Damiano, Victoria, Ethan e Thomas hanno conquistato l’enorme platea dei fan degli Stones con mezz’ora del loro rock, in cui hanno suonato da «Zitti e Buoni» a «I Wanna Be Your Slave». La folla ha decisamente apprezzato, invocando a più riprese il nome del frontman Damiano. Una performance spavalda, senza alcuna traccia di timore reverenziale. «Hello Las Vegas! È un onore essere qui ed avere la possibilità di suonare sul palco della band più grande di sempre», ha detto Damiano. Poi, solo musica per scaldare l’atmosfera dell’Allegiant Stadium. Pubblico in delirio, poi, alle prime note di «Beggin’», il brano che li ha resi famosi anche negli Stati Uniti e grazie al quale hanno già ottenuto il disco di platino negli Usa. A chiudere lo show, appunto, «I Wanna Be Your Slave», «la nostra canzone preferita». Sui social è subito un tripudio di complimenti ai ragazzi romani: «Amazing boys!», «Sono stati grandiosi, fantastici, emanano energia positiva», «Mi piace come combinano rock, funk e R&B». E c’è chi scrive: «Ero venuto per i Rolling Stones, ma ho scoperto di essere qui per i Maneskin». E anche Mick Jagger ha ringraziato la band romana per aver aperto il concerto: «Voglio ringraziare i miei amici Maneskin», ha detto. Aggiungendo anche, in italiano: «Grazie mille».
I Maneskin incantano Las Vegas sul palco degli Stones. Jagger li saluta in italiano: "Grazie mille, ragazzi!". I quattro ventenni romani, vestiti a stelle e strisce, partono con In nome del padre e Zitti e buoni. Poi una decina di pezzi fino al tripudio di Beggin', il più amato negli Stati Uniti. La Repubblica il 7 novembre 2021. "Hello Las Vegas! È un onore essere qui ed avere la possibilità di suonare sul palco della band più grande di sempre". Con queste parole Damiano ha salutato la folla stipata nell'Allegiance Stadium nell'appuntamento finora più importante della carriera dei Maneskin: il set di apertura del concerto dei Rolling Stones. A seguire, mezz'ora di musica vibrante, capace di andare oltre qualsiasi barriera, dalla lingua al gap generazionale, conclusa dagli applausi convinti del pubblico delle Pietre Rotolanti. E alla fine, l'ennesima medaglia da appuntare sul petto: Mick Jagger che sale sul palco al termine dello show della band per renderle personalmente gli onori, anche in italiano: "Thank You, grazie mille ragazzi!". La band romana, vestita a stelle e strisce, è partita con due brani in italiano, tratti dall'ultimo album Teatro d'Ira: In nome del Padre e Zitti e Buoni, con cui hanno vinto l'ultima edizione del festival di Sanremo. Poi un'altra decina di pezzi eseguiti da Damiano, Victoria, Thomas e Ethan, che hanno suonato, cantato e dato spettacolo facendo ballare la folla. Fino al tripudio di Beggin' - il brano che li ha resi famosi negli Stati Uniti e grazie al quale hanno già ottenuto il disco di platino negli States - che ha incantato l'Allegiant Stadium. Molto apprezzata anche Mamma mia. In tutto mezz'ora di puro rock. L'ultimo brano è I Wanna Be Your Slave. "È la nostra canzone preferita", spiega Damiano dopo l'omaggio alla leggenda del rock Iggy Pop con I Wanna Be Your Dog. Tutto questo prima di introdurre sul palco gli Stones e prima di raccogliere il saluto di Mick. È la definitiva consacrazione della band italiana negli Stati Uniti. La partecipazione al concerto degli Stones era d'altronde stata annunciata in un programma popolarissimo come il Tonight show di Jimmy Fallon. Poi è arrivata l'esibizione al Bowery Ballroom a Manhattan. Non solo Stati Uniti, comunque. Oltre alla tournée italiana, che culminerà nell'appuntamento al Circo Massimo del 9 luglio, i Maneskin saranno protagonisti tra febbraio e marzo di vari concerti nel resto d'Europa.
Giuliana Matarrese per “il Messaggero” il 5 novembre 2021. Il glam rock è tornato di moda, e i responsabili sono quattro ragazzi di Roma. L'ascesa dei Maneskin che domani saliranno sul palco dei Rolling Stones, di cui apriranno il concerto a Las Vegas passa, in effetti, anche per l'armadio. E nel loro guardaroba c'è stata un'evoluzione stilistica che ha colto alla perfezione lo spirito dei tempi e la filosofia di molte maison del lusso, tra genderless e riscoperta del corpo, inserendosi in un discorso globale, comprensibile ben al di fuori dei confini nazionali: non è un caso che il quartetto abbia riscosso l'interesse e l'ammirazione di star globali, da Ed Sheeran a Miley Cyrus, passando per Iggy Pop. Andando a ritroso nel passato, e cercando immagini degli esordi, prima di approdare come concorrenti a X Factor, nel 2017, si fa fatica persino a riconoscerli: in jeans sdruciti e t-shirt, pantaloncini cargo e Converse, la loro carriera è iniziata facendo la necessaria gavetta, esibendosi per le strade e nei locali della Capitale. I prodromi di quello che sarebbe divenuto poi il look identificativo dei Maneskin, sono apparsi durante la competizione musicale di Sky Italia: camicie paisley, fedora con tesa larga, cappotti in suede con frange. Damiano David (22 anni, voce) Victoria De Angelis (23 anni, bassista), Thomas Raggi (20 anni, chitarrista) ed Ethan Torchio (21 anni, batterista) avevano chiari i loro riferimenti musicali che affondano le radici nel rock e nelle sue iterazioni, dal punk al glam, da Iggy Pop a David Bowie meno quelli stilistici. Un'incertezza comprensibile, considerata la giovanissima età: a vedere il loro potenziale ci sono stati però diversi padri putativi. Se in ambito musicale il giudice Manuel Agnelli li ha presi sotto la sua ala arrivando a esibirsi sul palco con loro a Sanremo, in una cover dell'iconico brano dei CCCP, Amandoti le maison del lusso hanno subito intravisto la capacità, in 4 ragazzi giovani ed energici, di tramutarsi in un fenomeno da hit-parade, capace di dettare le tendenze non solo nelle classifiche superando a giugno i Beatles su Spotify, in quanto a numero di ascoltatori mensili ma anche nell'armadio. A rompere le righe è stata Veronica Etro, che ha deciso, vedendoli gareggiare a X Factor dove sono arrivati secondi, scalzati dal podio da Lorenzo Licitra di volerli vestire per il programma: è nata così una collaborazione che ha scavato nell'iconografia del rock, da David Bowie a Jimi Hendrix, dai body neri in pizzo con scolli profondi ai pantaloni pitonati, passando per le tutine trasparenti con ricami piazzati ad arte che guardava invece ai costumi di scena di Freddie Mercury con le quali hanno trionfato a Sanremo 2021. Un percorso di crescita guidato anche dalla mano di Nick Cerioni, già stylist di Achille Lauro, che ha permesso al quartetto di portare in vita, e indosso, l'immagine di sé che desideravano proiettare all'esterno. Androginia, look lontani dalle definizioni di genere, zatteroni per lui e smoking per lei, un flirt persistente con un certo immaginario legato al mondo BDSM (bondage, dominanza, sadismo e masochismo) già sdoganato negli Anni 70 e 80 dal punk e dal glam, dai New York Dolls ai Sex Pistols i Maneskin sono così arrivati sul palco dell'Eurovision con gli occhi del mondo (della moda) puntati addosso, e non hanno deluso le aspettative. Le tute-corsetto in pelle laminata, con borchie applicate in metallo brunito sempre realizzate da Etro hanno amplificato visivamente la potenza musicale di Zitti e buoni, permettendo loro di finire sul gradino più alto della competizione, che l'Italia non vinceva dal 1992 (Insieme, di Toto Cutugno). Mezzo per esprimere posizioni anche sociali il superamento delle definizioni di genere, la condanna della transfobia, l'inclusività i vestiti sono così diventati biglietto da visita di una band che ha superato i confini europei, entrando nel cono di attenzione della maison che, dal 2015 ad oggi, si è fatta pioniera degli stessi messaggi: Gucci. Testimonial della campagna della collezione Aria, voluti personalmente dal designer Alessandro Michele, la band ha compiuto così la metamorfosi finale, tramutandosi in fenomeno dalla portata globale. Boa di struzzo alla maniera del fondatore del glam rock, Marc Bolan, completi sartoriali dai profili affilati, come Tom Petty, a loro agio in glitter e lustrini, i Maneskin sono così approdati, la settimana scorsa, sul palco del Tonight Show with Jimmy Fallon, dove si sono esibiti con Beggin'disco di platino negli Stati Uniti. Presenti alla sfilata losangelina di Gucci, all'after party hanno improvvisato il ritornello di Beggin', forse per scaldare i motori in previsione del concerto dei Rolling Stones. Arrivare secondi, in fondo, non è così male.
Carlo Massarini per “La Stampa” l'1 novembre 2021. Seduto di fronte al computer guardo il clip di due sere fa, quando i Måneskin hanno fatto il debutto americano alla Bowery Ballroom («Con i miei fratelli e sorella italiani che ieri hanno distrutto la Bowery Ballroom. Stanno riportando da soli il Rock nel mondo mainstream», ha twittato con foto backstage Little Steven, non proprio l'ultimo della fila sul tema), e mi sale una voglia di essere lì, in platea nel delirio, i cellulari protesi e la Progress Pride Flag che sventola. «Beggin', begging yoouuu! »...Damiano vestito di viola, alla faccia, che fa le sue mosse, appena accennate non serve di più, e non deve implorare nessuno, sono loro che lo implorano... Victoria incerottata come sempre sulle tette che salta dietro al suo basso Danelectro Longhorn, lo stesso di My Generation degli Who (che è in gran spolvero nei negozi di strumenti - la gente torna a suonare, non è questa una notizia?), Thomas in pantaloni di pelle viola e camicia rossa che sembra sempre stia per svenire ma intanto spara un riff dietro l'altro sulla seicorde, e laddietro Ethan che pompa e spinge e rulla e non sbaglia un tempo. È solo rock' n'roll, ma ci piace (quanto ci piace?). Adrenalina pura, e io qui a casetta. Malimortè. La Bowery... Lì, a due passi, nella zona a Sud Est di NYC che quando ci vivevo era veramente malfamata - e molto rock' n'roll, di quello sgarrupato degli anni 70 - c'erano il Mudd Club, il club minuscolo nero e trendissimo frequentato da Bowie e Zappa, e il celebrato CBGB' s, appena più grande, sempre pareti nere e un palchetto striminzito dove hanno tagliato il nastro inaugurale i sindaci alt. di New York (Ramones, Television, Blondie, Talking Heads). Un isolato più su, a St. Mark' s Square, la chiesa sconsacrata dove Patti Smith aveva debuttato ancora prima con Lenny Kaye leggendo poesie, «Jesus died for somebody' s sins, but not mine...». Non so chi abbia scelto di farli debuttare lì sul suolo americano, ma a naso non è stato fatto a caso, e la scelta è da applauso. È lì che hanno cominciato tutte le band della nostra generazione, è così che si fa. Memorie in biancoenero di allora, flash in tempo reale di adesso. Non so nulla dei Måneskin non li ho mai incontrati, solo per caso la loro zia che probabilmente adesso se li starà coccolando perché vive a New York, chissà se ha mai pensato che un giorno... Non sono il solito addetto ai lavori, quindi, che sa tutto quello che è successo dietro le quinte in quest' ultimo anno, solo uno che li ha visti in tv, come tutti. Ma quando la notte di Sanremo hanno vinto, e nessuno se lo aspettava perché «che vuoi che vinca un gruppo rock seminudo a Sanremo?», qualcosa del ventenne rokkettaro che non ne aveva viste ancora di cotte e di crude, di stelle e di stalle, si è acceso. Ho fatto un post su Fb, più stringato del solito, anzi, telegrafico. «What The Fuck, yeah!» (traducibile con un «Ecchecca**o, sì!»). Ma finalmente! Le giurie social si erano davvero impossessate di Sanremo, e invece di far vincere «le strofe languide di tutti quei cantanti/ con le facce da bambini e con i loro cuori infranti», come cantava Eugenio, avevano vinto dei lontani discendenti del Finardi e della mitologica Musica Ribelle (non sono così sciocco da non sapere che il Movimento milanese degli anni 70 e X Factor non siano nemmeno confrontabili, ma il tiro dei due pezzi - mutatis mutandis, 45 anni dopo, è lo stesso). Il secondo «WTF, yeah» l'ho ripostato all'Eurofestival, e il 3°, ormai un serial, vedendoli alla tv americana. Che non sarà il '56 di Elvis né il '64 di Beatles prima e Stones poi, ma sempre un certo effetto lo fa. I commenti (mai avuti tanti) una spaccatura epocale: di qui «bravo!», e di là «proprio tu!, ma sei fuori di testa?» (sì, ma diverso da loro). Ma ragazzi (anzi, «signori e signore» perché ai ragazzi non va spiegato nulla, loro sono in target), abbiamo una band (ripeto, band, non trapper con autotune) che nel giro di nove mesi sbanca a sorpresa Sanremo, spacca a sorpresa (all'ultimo voto, come una rete scudetto al 95') sul palco dell'Eurofestival, viene chiamata in tutte le tv e i Festival estivi in Europa, fa un miliardo di stream (UN MILIARDO, quello con 9 zeri) con Beggin'nelle charts alt. rock (il rock alternativo, quello fico dei due), appare al Jimmy Fallon Show con due brani (due, in genere anche per le star è uno) con lui che fa una gag di due minuti per presentarli (la parte più bella: «they' re Italians!» «whaaat??? !!!» dalla spalla fuori campo) e annuncia che apriranno per gli Stones a Las Vegas il 6 novembre (mi sa che Mick in Sicilia nel lockdown un po' di Rai1 se l'è vista), è candidata agli American Awards e a quelli di Mtv Europe come migliore rock band, e stiamo ancora a discutere? Di cosa, poi? Nell'ordine, del fatto che: «non sono vero rock, vuoi mettere gli Zeppelin», «ai miei tempi sì che c'era la musica vera, vuoi mettere il prog», «sono raccomandati» (da chi? e a chi? mica siamo al ministero), «chissà chi c'è dietro» (c'è il management e la Sony dietro, chi volete che c'avessero dietro i Beatles e gli Stones e tutti quelli che hanno fatto successo? Gente che sapeva lavorare, mica leoni da tastiera), «quanto ti han dato?» («poco, mi mandi qualcosa tu?»), «domani non se li ricorderà più nessuno» (dai Beatles in poi, non si è detto di ogni artista nuovo?), «non mi fanno emozionare» (lo so, capisco, ci sta pure, ma chiedilo a tuo figlio/a), «non sono patriottico, la musica non ha frontiere» (intanto però al numero 1 non c'andavamo dai tempi di Volare, nel pleistocene). Ogni era ha i suoi eroi, ha quelli che sanno intercettare i desideri, i sogni, la voglia di evadere, di spaccare tutto, di sentirsi diversi, di essere il più fico, di avere successo, di andare in tv e di avere mille persone (che magari, come per gli Stones, un giorno saranno 100 mila) che cantano e saltano e sudano con te. Questo è il sogno ad occhi aperti di ogni ragazzo che fa musica, guarda le facce dei Måneskin sul palco della Bowery, e capisci. Ascolta Marlena Torna A Casa, Vent' anni o Coraline, magnifici testi per due grandi rock ballads, e capisci perché i Måneskin sono in contatto con la loro generazione (e anche che sanno comporre). La stoffa c'è, dategli tempo (e voi, please, non perdete la testa). Godere per i Måneskin oggi è come vedere Jacobs che vince i 100 metri quando nessuno se lo aspettava, e i rosiconi pensavano fosse dopato, «ma come è possibile che uno sconosciuto vinca le Olimpiadi?». E come è possibile che una band de Roma, che 4 anni si montava gli strumenti e suonava a Via del Corso in mezzo a gente che neanche si fermava, sia «on top of the world» di colpo, così, senza che nessuno ti abbia avvertito?, che screanzati. È possibile perché siamo nell'era dei social, in cui il verbo e le note e il look fluido per arrivare in Argentina o in Corea (dove hanno già la loro cover band - in Corea! ) ci metti un click, in cui migliaia di ragazzi/e italiani/e hanno invaso YouTube e Tik Tok e hanno fatto da megafono e hanno persino tirato fuori un brano di tre anni fa, Beggin appunto, e hanno fatto sì che quella cover dei Four Seasons del '67 diventasse la canzone più ascoltata del pianeta, dall'Australia al Canada. Non bastano i soldi, non basta la fortuna, non basta il talento, non bastano, pensate, neanche le raccomandazioni. Serve che le stelle siano tutte allineate, che il momento si presenti, e che tu sia abbastanza bravo da essere al posto giusto nel momento giusto. Carpe diem, come dicevano quelli che a Via del Corso passeggiavano in mezzo alle lire e alle cetre duemila anni fa. Cogli il momento. I Måneskin l'hanno colto. WTF, yeah!
Marinella Venegoni per “La Stampa” l'1 novembre 2021. Gli ultimi in Italia ad esibire tonnellate di sfrontatezza vera prima dei Måneskin sono stati, 40 anni fa, i CCCP- Fedeli alla Linea di Giovanni Lindo Ferretti e Massimo Zamboni. Nascita del punk Made in Italy, intessuto di ideologia, rapidamente dimenticato dai più e non credo proprio oggetto di osservazione dei Måneskin che al mondo italiano non hanno mai guardato, presente o passato che sia. Hanno comunque lo stesso imprinting iniziale, ma bisogna pur lasciar parlare loro, i Måneskin, e di sicuro hanno invece guardato e ascoltato tutti gli dei del rock Anni Settanta, cosa che fanno da tempo molti nostri adolescenti: altrimenti non si capirebbe perché certi personaggi continuano ad essere al centro dell'immaginario, vivi o morti che siano. La carica vitale, la mancanza di ogni soffio di timidezza fino al limite del ridicolo della band romana hanno molti precedenti, e certo da questo punto di vista il movimento punk primigenio, nel senso di Sex Pistols, è stato ampiamente scrutato: rimane un'attitudine di fondo, l'appendersi a un vitalismo sfrenato poi sparigliato da altri interessi. Intanto il glam rock, dal quale discendono tutti i nipotini del David Bowie giovincello bello come un dio nei panni di Ziggy Stardust, alieno che viene a salvare la Terra e invece trova il rock' n'roll, androgino e seminudo quanto Damiano & i suoi fratelli (e pure la sorella). Ma poiché la dimensione del fenomeno Måneskin è soprattutto fisica, e musicale, e sono approdati a testi slogan da ricantare in tutte le lingue, l'intellettualismo di Bowie va a farsi benedire, mentre più che un occhio e un orecchio la band ha messo sul fenomeno complessivo Iggy Pop, con il quale c'è stato pure un divertente e incalzante duetto su I Wanna Be Your Slave. Iggy ha l'indubitabile vantaggio non solo di essere vivo, ma di rimanere sul solco di quel che ha sempre fatto, a torso nudo e dimenante come un iguana, con un carico di ironia che i Nostri hanno incamerato. Tutto nei Måneskin è ironia, che strano non ne parli mai nessuno. Nel totale del gruppo, l'attenzione deve essere andata, oltre al punk, anche ai grandi gruppi del rock, soprattutto alternativo: da quest' ultimo, anzi, debbono esser stati guardati da Damiano&Friends molti video dei grandi Jane' s Addiction dei primi tempi a metà Ottanta, con quello scatenato di Perry Farrell ormai nei suoi pieni 60, ma un tempo che tempra. Dei padri rock, non saranno certo stati trascurati i Led Zeppelin, per la potenza della band nel suo insieme ma anche per il ruolo magnetico di Robert Plant: il fatto è che, nei Måneskin, tutti vorrebbero essere Robert Plant. E' questo che rende la band diversa da ogni altra, l'anelito al protagonismo di ciascuno dei componenti, che spariglia un po' la vecchia abitudine del solo cantante leader e gli altri in ombra. Direi invece che il modello Franz Ferdinand di cui si è parlato è solo frutto di una cover dei primi tempi Måneskin, quand'erano quasi normali. E comunque, per essere solo in quattro, i nostri sono stati catapultati dal successo incredibile in una immensa enciclopedia del rock, dove ognuno è autorizzato a rispolverare in loro nome i numi che sono rimasti nell'inconscio collettivo. A tutto vantaggio del marchio Måneskin.
Massimo Gramellini per il “Corriere della Sera” il 29 ottobre 2021. Il felice mistero dei Maneskin è che sono i primi musicisti italiani ad avere successo nel mondo con una musica non italiana. Dall'Italia gli stranieri si sono sempre aspettati la melodia lacrimosa, lo stornello o il do di petto, non il frastuono organizzato del rock. Chi ha scelto la strada delle sonorità angloamericane, come il mio filosofo di riferimento Vasco Rossi, ha sempre fatto fatica a essere ascoltato oltre Chiasso. Che cosa possiedono dunque di così speciale questi quattro ragazzi romanissimi per incantare scandinavi e statunitensi, tanto da riempire i club di New York, finire nel talk-show di Jimmy Fallon e aprire il concerto dei Rolling Stones non in un palazzetto italiano, ma a Las Vegas? Per usare una parola alla moda, sono fluidi. Damiano, il cantante, è un maschio che si trucca senza perdere virilità. Victoria, la bassista, è una donna che fa la dura senza perdere femminilità. Tutti e quattro appaiono sfuggenti, nitidi eppure sfocati, non incastrabili in una definizione. E la loro non sembra una posa, ma un'essenza, in cui si riconosce un'intera generazione. Nel secolo scorso, David Bowie e i Kiss si truccavano come e più di loro, ma erano considerati un'avanguardia anche da noi che li amavamo. Per i ragazzi di oggi, invece, i Maneskin sono la normalità. La settimana della loro consacrazione planetaria ha coinciso in Italia con il capitombolo della legge Zan. Perché la vita sa essere davvero ironica, a volte. Basta capirne le battute.
Barbara Visentin per il “Corriere della Sera” il 29 ottobre 2021. Anche New York è andata «fuori di testa»: lo mostrano i video che spuntano sul web - folla in visibilio, cellulari che riprendono, centinaia di teste che si muovono in sincrono - e lo raccontano i presenti, non solo italiani, ma anche, in larga misura, americani. Il primo concerto dei Måneskin negli Stati Uniti è stato una scossa di energia, un sold out al Bowery Ballroom di Manhattan (locale cult della Grande Mela da cui sono passati R.E.M, Coldplay, Lou Reed, Strokes solo per dirne alcuni e dove Patti Smith ha suonato per 14 capodanni di fila) riempito alla massima capienza. Circa 600 persone che mercoledì sera sono corse sotto il palco per ballare con i quattro ventenni italiani più famosi del momento, passati in cinque anni dalle strade di Roma alle stelle. «Non ricordo l'ultima volta che mi sono divertita così tanto a un concerto. Alla fine ci hanno chiamati tutti sul palco, Vic mi ha preso un braccio e mi ha aiutata a salire e così ho ballato vicino a Thomas», racconta Paige Allison, 19enne americana, a New York per fare l'università. Che cosa hanno di speciale i Måneskin da riuscire a fare breccia non solo nel pubblico italiano, ma nel mondo intero? Paige, che li ha scoperti grazie all'Eurovision, non sa da dove cominciare: «Non c'è nessuno come loro in questo momento. Sono freschi, diversi, adoro il loro rock e la loro estetica. E poi attorno alla band si sta creando una community bellissima, piena di ragazze. Vedere Victoria, una bassista, in un gruppo di uomini, è speciale. È la mia preferita e ha sorriso per l'intero show». E se dopo l'ospitata al «Tonight Show» di Jimmy Fallon, i Måneskin possono aggiungere anche Drew Barrymore tra i loro fan illustri («Sono la band più sexy del pianeta», ha scritto l'attrice su TikTok postando un video con loro), il consenso è trasversale: Andrea Soriani, 51 anni, manager italiano a New York da 20 anni, descrive il live americano come «un uragano», dove c'erano sì i ragazzini, ma anche qualche capello bianco: «Sono ancora entusiasta - racconta-. Damiano era padrone assoluto della scena e il pubblico non riusciva a stare fermo. Di americani ce n'erano tanti e fa proprio piacere vedere dei musicisti italiani che non portano nel mondo la solita melodia». In un'ora di scaletta, in un mix di energia, spettacolo e sensualità provocante, i Måneskin hanno sfoderato 14 canzoni, alternando i brani in inglese a quelli in italiano. Nonostante l'«ostacolo» linguistico, tutti cantavano. Lo assicura anche un esperto aizzatore di folle come il dj Benny Benassi, presente al debutto newyorkese: «Abbiamo assistito a una data storica. Io ho 54 anni e un po' di rock l'ho vissuto. Questi ragazzi hanno tenuto il palco come fossero un mix di Rolling Stones, Iggy Pop e Kiss. Si tornerà a suonare il rock e io da deejay dico "speriamo". Avevano l'energia dei club, ma fatta con le chitarre». Secondo Benassi, che tra le varie cose ha lavorato con Madonna e gli stessi Stones, i Måneskin «incarnano perfettamente il momento storico», la libertà e le rivendicazioni dei ragazzi di oggi. E così mentre in Italia veniva affossato il ddl Zan, Damiano sul palco brandiva la bandiera arcobaleno. E mentre qui i loro live sono posticipati al 2022, in America i Måneskin si preparano ai prossimi appuntamenti: lunedì li aspetta Los Angeles, mentre il 6 novembre apriranno il concerto dei Rolling Stones a Las Vegas. Sono nominati agli American Music Awards nella categoria Trending Song con «Beggin'» e agli Mtv Emas, dove si esibiranno, come «Best Group», «Best Rock» e «Best Italian Act». E la corsa continua.
I Maneskin da Jimmy Fallon annunciano: "Il 6 novembre a Las Vegas apriamo il concerto dei Rolling Stones". L'incredibile annuncio durante lo show tv, che è una prima volta assoluta per una band italiana. La Repubblica il 27 ottobre 2021. I Maneskin sul tetto del mondo. La band che sta spopolando ha annunciato che il 6 novembre aprirà il concerto dei Rolling Stones a Las Vegas, una notizia sensazionale che continua ad alzare l'asticella della popolarità e del successo di questi quattro ventenni romani. I Maneskin che stanno spopolando ovunque hanno debuttato nella televisione americana con un miniconcerto durante il popolarissimo show di Jimmy Fallon dove Victoria, Damiano, Thomas e Ethan hanno cantato Beggin' (cover della famosissima canzone di Frankie Valli e i Four Seasons), che in questo momento è al numero 1 nelle radio alternative americane e nella Top 5 della classifica pop. Il debutto nella tv americana è partito da uno dei programmi più popolari di tutto il paese, onore che non era mai stato concesso ad una band italiana. Con lo stile ironico e irriverente che lo contraddistingue Fallon ha introdotto la band: "State pronti, preparatevi a non togliervi i pantaloni, arrivano dall'Italia, hanno vinto l'Eurovision che è una specie di America's got talent ma più grande". I Maneskin hanno anche cantato Mammamia, il loro ultimo brano, una scelta che ha un particolare significato: oltre ad essere in italiano è un inno "contro gli stereotipi" nei confronti del nostro paese, scritto in pochissimo tempo subito dopo la vittoria all'Eurovision. Il viaggio oltreoceano prevede anche altri due concerti: questa sera al Bowery Ballroom di New York e il primo novembre al Roxy Theatre di Los Angeles. Attesa poi per il 14 novembre dove, in Ungheria, verranno assegnati gli Mtv Europe Music Award 2021. La band romana è presente sia nella categoria dei Best group sia come Best rock e, è notizia di oggi, sarà presente sul palco del Papp László Budapest Sportaréna insieme a all'icona latina Maluma, e alla cantante tedesca Kim Petras. È la prima volta che un artista italiano viene nominato in tre categorie diverse, compresa la Best Italian act, ed è la prima volta che una band italiana ottiene una nomination come Best group e nella categoria Best rock. Gli MTV Emas 2021 saranno trasmessi in diretta su MTV in quasi 180 paesi domenica 14 novembre. In Italia, l'evento andrà in onda a partire dalle 20.00 con il Pre Show e dalle 21.00 con il Live Show su MTV (canale Sky 131 e in streaming su NOW) e su MTV Music (canale Sky 132 e 704).
Luca Dondoni per "la Stampa" il 28 luglio 2021. I Måneskin non si fermano più. Da ieri, la notizia del concerto-evento al Circo Massimo di Roma sabato 9 luglio 2022, ha fatto impazzire i social network e i fan club del quartetto romano. Durante la consegna al gruppo in Campidoglio della «Lupa Capitolina» da parte della sindaca Virginia Raggi, la prima cittadina ha espresso parole di entusiasmo: «Siete partiti dalla gavetta e avete scalato le classifiche mondiali - ha detto -. State dando una grande esempio. La vostra grinta ha portato un'irruzione dirompente di novità che è arrivata nel momento in cui ne avevamo più bisogno». La «Lupa Capitolina», il massimo riconoscimento romano, nel tempo è stato consegnato a Gigi Proietti, Nino Manfredi, Renato Zero e alla Nazionale Italiana vincitrice del Campionato Uefa 2020, ma anche a Woody Allen, Richard Gere, Ridley Scott, Meryl Streep. «Siamo orgogliosi e se c'è un merito in quello che facciamo è bello che qualcuno lo certifichi. E' stato emozionante tornare a Roma, a casa nostra, dopo tutti questi mesi in giro per il mondo ed essere accolti così».
Al Circo Massimo hanno suonato Bruce Springsteen, Rolling Stones e tante altre pop e rockstar. Cosa avete provato quando ve lo hanno comunicato?
«Ci vogliono carriere intere per arrivare a suonare in posti del genere. Riuscire a farlo a vent' anni è importante e non vediamo l'ora che passi quest' anno, vorremmo addirittura accelerare il tempo per arrivare lì dove non siamo mai stati, nemmeno da spettatori».
State già pensando alla scenografia, a ciò che farete? Sentite la pressione per l'aspettativa?
«Abbiamo in serbo tante sorprese ma sicuramente non avremo i ballerini, sia per la nostra storia che per la musica che facciamo. Pressione? No, siamo coinvolti in quello che facciamo al cento per cento. Ma sappiamo che c'è chi rosica, è normale».
Il Circo è a pochi minuti da Via del Corso, dove avete mosso i primi passi suonando sul marciapiede.
«Ci pensiamo tutti i giorni e i fan postano in continuazione la nostra foto degli esordi. E' una soddisfazione sapere che da 15 euro di monete raccolte in un piattino a fine giornata siamo arrivati a qualcosa di più».
Quanto di più?
«Siamo totalmente presi dalla musica e da quello che dovremo fare da qui ai prossimi anni che al momento i soldi non sono la prima cosa. Ci interessa creare cose belle».
Con il video di «I wanna be your slave» e ai baci omo/etero che vi siete dati durante la clip, si è rafforzato il vostro impegno contro le discriminazioni di genere.
«Purtroppo c'è ancora tanta strada da fare e le persone LGBT sono ancora molto discriminate, si tratta di un'ingiustizia che abbiamo vissuto anche sulla nostra pelle. Il video è un messaggio di sostegno e avendo la possibilità di parlare con un pubblico molto ampio dai piccoli gesti possono scaturire grandi risultati».
Le polemiche sui vaccini e sui no vax che recentemente hanno riempito le strade d'Italia con manifestazioni anti green-pass stanno accendendo dibattiti politici. Voi da che parte state?
«Dalla parte di chi si vuole vaccinare. Non farlo sarebbe da pazzi».
Cosa direste a un no vax?
«"Ripijate", torna te stesso in romanesco. Noi siamo per la sanità mentale delle persone ed esser contrari a qualcosa senza nessun fondamento scientifico mi sembra da pazzi. Essere contrari al vaccino fa il paio con chi pensa che la terra sia piatta. Siamo felici se il progresso e le soluzioni che possono permettere una ripresa ci daranno modo di ricominciare in sicurezza».
Si è parlato molto del divorzio dalla vostra storica ufficio stampa Marta Donà. Cosa è successo veramente? E' vero che dietro di voi ora c'è quel Simon Cowell che ha inventato il format «X Factor» che nella sua versione italiana vi ha visti vincitori?
«No, Cowell, lo diciamo ufficialmente non c'entra nulla con noi. Non è stata una scelta contro Donà, ma una decisione esclusivamente lavorativa».
In Italia c'è stata polemica perché non avete postato nulla sui social quando la Nazionale ha vinto gli Europei. Non volevate far arrabbiare i vostri fan inglesi?
«Assolutamente no, a parte che decidiamo noi cosa postare o meno, per quanto riguarda la Nazionale abbiamo fatto una video chiamata con i ragazzi della squadra per congratularci con loro».
Luca Dondoni per “La Stampa” il 5 luglio 2021. Questi ragazzini hanno appena conquistato il primo posto nella Spotify Global Chart». Lo hanno scritto ieri i Maneskin sui loro social network ficcando sotto questa frase la loro foto da bambini. Quattro faccette furbe per quattro instantanee che risalgono ai primi anni Duemila. Tanta ironica, ma fondatissima soddisfazione deriva dal fatto che dopo aver conquistato il podio dell'Eurovision Song Contesti quattro bimbi della foto, Damiano David, Victoria De Angelis, Thomas Raggi e Ethan Torchio hanno scalzato Olivia Rodrigo dal primo posto della Spotify Global Chart e ora sono i più ascoltati del mondo - qualcuno dice addirittura superando i Beatles, ma è da provare -su Spotify. Ora qualcuno provi ancora a teorizzare che l'Eurovision non fa lievitare la popolarità. I numeri non lasciano dubbi e soprattutto supportano le notizie che in poco tempo hanno fatto il giro del web. Nelle ultime ventiquattro ore la cover di Beggin (che peraltro il gruppo aveva portato sul palco di X Factor nel 2017) è stata ascoltata 7.469.689 milioni di volte. E pensare che Good 4 u di Olivia Rodrigo si deve accontentare (diciamo così) del secondo posto, con 7.453.790 milioni di clic ottenuti nell'ultima giornata grazie a una popolarità che nel mondo latin l'ha trasformata in una delle star più apprezzate. Dopo Rodrigo terzo posto fra i più ascoltati c'è niente meno che Ed Sheeran con la nuova Bad habits e 5.409.780 milioni di stream. Non solo, i Màneskin sono presenti nella top ten della Spotify Global Chart anche con I wanna be your slave, ancora nella top ten ma all'ottavo posto con 4.168.879 milioni di ascolti solo ieri. E se diamo un'occhiata alla classifica settimanale allora si può parlare di exploit impressionante. Ancora la cover di Beggin negli ultimi sette giorni ha raggiunto i 47.359.395 milioni di ascolti su Spotify e non a caso il maxi-schermo pubblicitario che copre la facciata del grattacielo più alto di Time Square rimanda l'immagine del quartetto ogni 30 secondi. I ragazzi d'altra parte sono lanciatissimi nel mondo dopo la vittoria all'Eurovision Song Contest 2021 con Zitti e buoni che ha fatto innamorare i critici musicali del Guardian o del New York Times. In tanti rimasero colpiti quando per la prima volta dopo decenni importanti quotidiani stranieri parlavano di «un'Italia che sa rockeggiare». Riviste di settore e non solo applaudivano l'esibizione all'Eurovision dello scorso 22 maggio così: «I Maneskin stanno dimostrando al mondo che l'Italia non è solo il Paese della Pizza, dei bei monumenti e del bel canto alla Bocelli. Loro hanno dimostrato che anche l'Italia sa cantare e suonare benissimo il rock». Damiano David, Victoria Thomas e Ethan avevano inciso la cover di Beggin dei Madcon (eseguita a X Factor nel 2017) e inclusa nell'Ep Chosen. Mentre quella dei Madcon era a sua volta una cover di un pezzo originale dei «Four Season» inciso nel 1967. Un pezzo celeberrimo che negli anni è stato riproposto anche dagli «Shockin' Blue» nel 1974 e dai «Saturdays» nel 2014. L'annuncio della notizia che ieri ha raggiunto in poco tempo oltre un milione e 350 mila visualizzazioni (solo sul profilo Instagram della band) è stata postata con i volti dei Maneskin da bambini corredati dalla frase in inglese: «These kids just made it to the first place in the global chart». Tutto questo dopo l'approdo dei maneskin sul territorio americano nella classifica del settimanale Billboard che ha dedicato a loro un'intera playlist intitolata This Is Maneskin. «Il pubblico americano è diventato più curioso di una volta e grazie alla globalizzazione - hanno scritto alcuni importanti critici americani - anche gli amanti del rock si sono levati di dosso quella puzza sotto il naso nei confronti dei prodotti che arrivano da territori non anglosassoni. Per anni ci siamo comportati come se il rock potesse arrivare solo dall'America o dall'Inghilterra e adesso, anche grazie ai Maneskin non è più così»
Super Maneskin, l'Italia trionfa all'Eurovision 2021: «Rock'n'roll will never die». Ida Di Grazia per leggo.it il 22 maggio 2021. «Rock'n'roll never die». Il rock and roll non morirà mai. Così Damiano, il carismatico frontman dei Maneskin, ha commentato a caldo la vittoria all'Eurovision Song Contest con “Zitti e Buoni” sul palco dell'Ahoy Arena di Rotterdam. Nell'esibizione finale, con il trofeo in mano, la band ha cantato nuovamente il brano, stavolta senza censurare le parolacce che erano state tolte come richiesto dal regolamento. La band rock romana, che ha partecipato con la canzone “Zitti e buoni”, ha riportato in Italia il titolo che mancava dal 1990. Damiano, Victoria, Thomas ed Ethan, con il loro brano portato al successo a Sanremo 2021, hanno trionfato con 524 voti, di cui 318 ricevuti dal televoto. Seconda classificata della kermesse in scena alla Ahoy Arena di Rotterdam la Francia con 499 punti, terza la Svizzera con 432. Il cantante Damiano David, la bassista Victoria De Angelis, il chitarrista Thomas Raggi e il batterista Ethan Torchio hanno iniziato a fare musica insieme nel 2016 e prima di raggiungere la popolarità grazie alla partecipazione a X Factor nel 2017 erano soliti esibirsi in via del Corso a Roma.
Eurovision 2021, vincono i Maneskin: il rock d'Italia conquista l'arena di Rotterdam. Le Iene News il 23 maggio 2021. Hanno rappresentato l’Italia portando sul palco dell’Ahoy Arena di Rotterdam la loro “Zitti e buoni”. Dopo il festival di Sanremo, i Maneskin hanno vinto anche Eurovision 2021. I Maneskin vincono la 65esima edizione di Eurovision 2021. Tra le 26 nazioni partecipanti hanno portato tutto il rock d’Italia sul palco dell’Ahoy Arena di Rotterdam con la loro “Zitti e buoni”, la fortunatissima canzone con cui hanno vinto anche il festival di Sanremo (e che ci hanno proposto live anche a Le Iene). Il secondo posto del podio è andato alla Francia seguita dalla Svizzera. L'ultima vittoria italiana è stata 31 anni fa: Toto Cutugno ha portato l'Eurovision in Italia nel 1990 e prima di lui è stata Gigliola Cinquetti nel '64. Noi, Damiano David, Victoria De Angelis, Thomas Raggi ed Ethan Torchio, li abbiamo conosciuti da vicino nella nostra intervista in formato quadruplo che vi riproponiamo qui sopra. Li abbiamo letteralmente sommersi con la nostra raffica di domande, a partire dal significato di “Måneskin”, che in danese vuol dire “chiaro di luna”. Si sentono più simili a un rapper o ai Pooh? “Ai Pooh che reppano”, risponde Damiano, il frontman: “Ho iniziato a cantare a sei anni, ora riesco a mantenermi con la musica”. La prima spesa folle che ha fatto? “La macchina”. Ha mai mandato a quel paese un fan? “Una volta abbiamo suonato, c’erano le transenne, Victoria si è piegata e un ragazzo ha avuto la geniale idea di toccarle il culo. Gli ho detto un po’ di cose non belle…”. Ci ha confessato di essere stato con una donna più grande di lui di 16 anni. Non potevamo non chiedergli se ci fosse stato qualcosa con Victoria, la ragazza del gruppo: “Se vi piace crederlo ve lo lascio credere…”. Così lo abbiamo chiesto a lei, ma abbiamo strappato solo un “chissà”. Victoria ha mai avuto un'avventura con una ragazza? “Sì, anche duratura”, risponde. A forza di domande abbiamo stilato il loro identikit: il più intonato, a detta di tutti e quattro, è Damiano. Il più ritardatario è Thomas. Per quanto riguarda il più “pigro” ognuno ha indicato qualcun altro. E chi passa più tempo sul porno? “Non so perché ma ho la sensazione che gli altri abbiano detto me”, risponde Ethen. E ha ragione! E alla domanda se quest’anno sarebbero stati loro i vincitori di Sanremo, hanno risposto con un “chissà”. E se fossero arrivati ultimi? “Gli ultimi saranno i primi!”, ci ha risposto Victoria. Loro, per ora, sono solo primi! Dopo Sanremo anche a Eurovision!
I Maneskin trionfano a Eurovision 2021. Ernesto Assante su La Repubblica il 23 maggio 2021. Sono i terzi artisti italiani a vincere la competizione europea dopo Gigliola Cinquetti nel 1964 e Toto Cutugno nel 1990. Il premio torna in Italia dopo 31 anni. Damiano: "Sniffare in diretta? Non uso droghe". I Maneskin sul tetto d’Europa. Hanno vinto, dominando il voto popolare, l’edizione 2021 dell’Eurovision Song Contest che si è svolto a Rotterdam. Hanno vinto meritatamente, sono loro la “Next Gen Eu”, la incarnano con la loro energia, la loro libertà, la loro passione e la canzone, “Zitti e buoni”, chiara e rock, era senza dubbio la migliore della lunga serata musicale olandese. E hanno vinto tutto quello che c’era da vincere in questo 2021, il festival di Sanremo poche settimane fa, l’Eurovision Song Contest stanotte. "Rock'n'roll never die". Il rock and roll non morirà mai. Così Damiano, il carismatico frontman dei Maneskin, ha commentato a caldo la vittoria all'Eurovision Song Contest con Zitti e Buoni sul palco dell'Ahoy Arena di Rotterdam.
Nell'esibizione finale, con il trofeo in mano, la band ha cantato nuovamente il brano, stavolta senza censurare le parolacce che erano state tolte come richiesto dal regolamento. I Maneskin riportano l'Eurovision in Italia dopo 31 anni: sono i terzi artisti italiani a vincere la competizione europea dopo Gigliola Cinquetti nel 1964 e Toto Cutugno nel 1990. E’ stata una serata divertente, anche se non “esplosiva” come in altre edizioni: non ci sono state sorprese particolari, la voglia di “esagerare” che ha sempre caratterizzato lo show europeo della canzoni è sembrata un po’ nascosta, in uno show che in era post-Covid, è stato decisamente più prevedibile, anche in termini musicali, orientato in gran parte verso una pop-dance standardizzata e in pochi sono usciti dal copione. Il finale a tre, con Italia, Svizzera e Francia a disputarsi i voti finale, è stato tesissimo e la vittoria della band è arrivata, liberatoria tra gli applausi di tutto il pubblico. Come sono le canzoni dell’Eurovision Song Contest 2021? Cipro punta sulla formula Lady Gaga con Elena Tsagkrinou, e la sua “El diablo”, l’Albania fa fumo e fiamme con Anxehela Peristeri e “Karma”, Israele con Eden Alene, magrissima, una pettinatura che non si capisce dove finisce la pettinatura e inizia, se c’è, un’impalcatura, pop mainstream, con “Set me free”. Poi arrivano gli Hooverphonic, sempre un’ottima pop band, a difendere i colori del Belgio con “The wrong place”, non esattamente con il loro miglior pezzo. Maniza, dalla Russia, con una bellissima dichiarazione per le donne e una performance davvero notevole, ruba la scena a tutti, con forza, convinzione e originalità, mescolando dance e melodia russa, protesta e intrattenimento, potentissima. Subito dopo da Malta, Destiny canta “Je me casse” e ha un pezzo da radio e classifica, mainstream pop dance, di stampo molto internazionale. Black Mamba, “Love is on my side”, dal Portogallo, sono i primi a puntare sulla melodia, anche se blues e lo fanno assai bene. Dalla Serbia le Hurricane con “Loco loco” non lasciano il segno, nonostante un notevolissimo movimento di capelli. Lo spettacolo è come sempre divertente, non è uno show fatto per chi vuole andare lì e limitarsi a cantare, e in ogni caso anche quando alcuni degli artisti si limitano all’essenziale, le luci, le invenzioni della scenografia, i fumi, i fuochi, i laser, danno ampiamente una mano a far salire l’entusiasmo. E’ uno show “inclusivo” per definizione, proprio perché la conduzione italiana di Malgioglio e Corsi punta sull’ironia, alle volte funziona, alle volte meno e accompagna le immagini tra un’esibizione e l’altra. Si passa all’Inghilterra di James Newman, con “Embers”, pezzo dimenticabilissimo, carino e inutile, magari buono per una sera estiva sulla spiaggia e nulla più, poi arriva Stefania dalla Grecia con “Last Dance”. Ironia vuole che il titolo richiami la danza e lei, davvero, non sappia muoversi molto sul palco, non aiutata nemmeno dalla canzone che lascia il tempo che trova. Lo svizzero Gjon’s Tears sceglie di cantare in francese, è bravo, ha un falsetto quasi perfetto e ha un pezzo che gli fa fare decisamente bella figura, per quanto sostanzialmente noioso, mentre gli islandesi Daði Freyr Pétursson, con “10 Years” ci offrono il primo primo vero momento di soddisfazione a chi vede l’Eurovision Song Contest per vedere performance al limite del surreale. Non hanno Will Ferrell in squadra, ma con il loro elettropop non se la cavano male. Blas Cantò, con “Voy a quedarme”, super mainstream cantato sotto una gigantesca luna piena e un universo in espansione, ma non è destinato a invertire la serie negativa della Spagna, mentre Natalia Gordienko con “Sugar” canta meglio della Britney Spears che sembra voler imitare. Io non provo odio, “I don’t feel hate” è la canzone del tedesco Jendrix, che suona l’ukulele e, si fa accompagnare da una mano e canta in allegria contro le discriminazioni con un pezzo che ha le strofe giocose e un ritornello hard, chissà perché. Possiamo dire che anche il futuro della musica tedesca non dovrebbe essere nelle sue mani. Ma il messaggio passa forte è chiaro come tutti gli altri che partono dal palco, in tante lingue, con una mescolanza di culture, di generi, di colori, di suoni (da quelli più melodici fino all’autodefinito “violent pop” dei Blind Channel, con “Dark Side”) che è figlia di un’Europa che nelle serate dell’Eurovision appare decisamente più unita di quanto non si percepisca dalla politica: prendete Barbara Pravi, nome d’arte italiano, madre iraniana, padre serbo, che gareggia per la Francia e fate i conti. Victoria dalla Bulgaria con “Growing Up is Getting Old”, canta in mezzo a un mare virtuale mentre nevicano stelle, mentre i The Roop dalla Lituania con “Discoteque” puntano su una coreografia ironica e un super elettropop, e gli ucraini Go_A, invocano lo spirito della natura con “Sum” in una delle migliori performance della serata. Dall’Azerbaijan, Efendi mescola armonie orientali e dance con “Mata Hari”, mentre Tix con “Fall an Angel” non fa volare fuori dal più ovvio e trito mainstream la Norvegia nonostante le sue ali bianche. I padroni di casa portano in scena Jeangu Macrooy, che con “Birth of New Age” canta per la prima volta all’Eurovision anche nella lingua del Suriname, e ha uno dei pezzi meglio riusciti dell’intera serata. Ma i Maneskin superano tutti, sono potenti, rock, giovani, belli e suonano. Niente trucchi e niente inganni, solo rock, basso, chitarra e batteria, e la voce e la presenza di Damiano, che conquista il pubblico della Ahoy Arena di Rotterdam e si può dire che hanno vinto in ogni caso, vista l’accoglienza e la performance. Le ultime due canzoni sono quella norvegese, Tusse, con “Voices” e quella di San Marino, con Senhit e la collaborazione di Flo Rida. La parte più divertente della serata è il lungo e spesso sorprendente “carosello” dei collegamenti con tutte le città europee dove ci sono le giurie che votano le canzoni in gara, che inizia dopo una lunga serie di performance per permettere a tutta l’Europa allargata dell’Ebu di televotare. La sofferenza, un paese dopo l’altro, con i voti che arrivano o non arrivano, e i Maneskin che dicono, senza volume ma si legge dal labiale, una raffica di parolacce, di entusiasmo quando va bene e di rabbia quando va male. Alla fine delle votazioni delle giurie sono molto meno sensate del televoto, che premia pezzi decisamente meno tradizionali di quelli di Svizzera e Francia premiati invece dalle giurie “di qualità”. Giuria e televoto si sono trovati completamente d’accordo solo nel consegnare la posizione più bassa, con un totale di 0 voti, alla Gran Bretagna. Quando, dopo una tesissima attesa i Maneskin vincono è una vera esplosione, l’Europa ha votato per i quattro ragazzi di Roma, per la loro musica, per la loro energia, per la loro forza. E’ una grandissima soddisfazione, è un’Italia nuova, un’Italia giovane, elettrica e rock. Non si può non essere contenti di vedere un gruppo di ventenni italiani, partiti dal suonare in strada in Via del Corso e arrivati in pochi mesi a trionfare a Sanremo e a Rotterdam. E per divertirsi, nella replica del brano dopo la vittoria, Damiano canta il testo, premiato come miglior testo della manifestazione, comprese le parolacce che avevano evitato di cantare, per rispettare le regole dell’Eurovision. Neanche il tempo di festeggiare e sui Maneskin si abbatte la bufera. Nel mirino dei social finisce Damiano, accusato di aver sniffato cocaina durante la diretta tv (in un video lo si vede abbassarsi sul tavolino) e in molti chiedono la squalifica dell'Italia. Ma il cantante non ci sta e nella conferenza stampa della notte rimanda al mittente ogni accusa: "Io non uso droghe. Non dite una cosa del genere. Niente cocaina".
Eurovision, i commentatori norvegesi innamorati dei Maneskin: ''Avrei voluto essere come Damiano''. Serena Console su La Repubblica il 23 maggio 2021. I Måneskin sono tra i finalisti all’Eurovision Song Contest 2021. La loro canzone "Zitti e buoni" sta conquistando il pubblico di Rotterdam e dei Paesi Bassi, dove quest'anno si tiene l’evento canoro europeo. Ma la band romana, già vincitrice dell’ultima edizione del Festival di Sanremo, ha conquistato anche l'audience della Norvegia. Durante un talk show norvegese, in onda sull’emittente nazionale Nrk, i commentatori hanno analizzato la performance del gruppo italiano, apprezzando il loro stile musicale e la loro attitudine. "Avrei voluto essere come Damiano quando avevo 17 anni", afferma uno degli ospiti in studio, riferendosi al frontman dei Måneskin. Ma c’è anche chi si è lasciato andare anche a grandi complimenti verso i componenti della band.
La band sbanca il Contest a Rotterdam dopo Sanremo. I Maneskin vincono l’Eurovision, premio all’Italia dopo 31 anni: “Abbiamo fatto la storia”. Antonio Lamorte su Il Riformista il 23 Maggio 2021. I Maneskin hanno vinto l’Eurovision Song Contest 2021 con il brano Zitti e buoni e la manifestazione torna in Italia dopo 31 anni. Il successo grazie ai loro 524 voti. Il gruppo romano aveva vinto il Festival di Sanremo, lo scorso marzo, con lo stesso brano. Sul podio, a seguire, Francia, con Barbara Pravi, e Svizzera, con Gjon’s Tears. La manifestazione si è tenuta a Rotterdam, in Olanda. La diretta su Rai1. I Maneskin sono la terza band a vincere la competizione canora europea dopo Gigliola Cinquetti nel 1964 e Toto Cotugno nel 1990. “Il rock’n’roll non muore mai. Stanotte abbiamo fatto la storia. Vi amiamo”, ha postato sui loro canali social la band emersa a X Factor e definitivamente esplosa con la vittoria al Festival di Sanremo. Erano considerati tra i favoriti. La band aveva già vinto il Premio per il Miglior Testo. “Rock’n’roll never die”, ha commentato il cantante della band Damiano a caldo la vittoria. Nell’esibizione finale, con il trofeo in mano, la band ha cantato nuovamente il brano, stavolta senza censurare le parolacce che erano state tolte come richiesto dal regolamento. Zitti e buoni è anche la canzone più ascoltata della competizione su Spotify. “Non succede ma se succede”, avevano commentato i Maneskin a proposito dei pronostici che li davano per favoriti. A premiare il gruppo il televoto, con 318 preferenze, dopo che la giuria di qualità li aveva piazzati al quarto posto dopo Svizzera, Francia e Malta. 26 gli artisti in gara. L’anno scorso l’Eurovision non si era tenuto come competizione, una serata di collegamenti a distanza, a causa della pandemia da coronavirus. L’anno prossimo sarà l’Italia a ospitare l’evento.
CHI SONO I MANESKIN – I Maneskin sono di Roma. La band è composta da quattro elementi: voce, chitarra, basso e batteria. Sono Ethan Torchio, Thomas Raggi, Victoria De Angelis e Damiano David. Sono stati fondati intorno al 2015 alle scuole medie da Raggi e De Angelis, ai quali si è aggiunto in un secondo momento David e infine Torchio, tramite un annuncio su Facebook. Il nome viene dal danese “chiaro di luna” ed è stato scelto dopo un viaggio nel Paese scandinavo. Sono diventati noti al grande pubblico partecipando all’11esima edizione di X Factor alla quale si sono classificati secondi. Il loro coach era Manuel Agnelli, leader e fondatore del gruppo milanese Afterhours. Hanno avuto molto successo da subito con i singoli Chosen e Morirò da re. La loro prima pubblicazione è stata l’ep Chosen. Il gruppo ha già ottenuto 14 dischi di platino e 5 dischi d’oro. Zitti e buoni è maturato a Londra, hanno raccontato, “è il manifesto della nostra unicità e della visione che abbiamo del rock, senza imporci limiti, nemmeno nel messaggio”, hanno commentato a Tv Sorrisi e Canzoni. Dopo il trionfo alla 71esima edizione del Festival avevano detto: “La dedichiamo a quel prof che ci diceva sempre di stare zitti e buoni”.
Antonio Lamorte. Giornalista professionista. Ha frequentato studiato e si è laureato in lingue. Ha frequentato la Scuola di Giornalismo di Napoli del Suor Orsola Benincasa. Ha collaborato con l’agenzia di stampa AdnKronos. Ha scritto di sport, cultura, spettacoli.
"La censura non è rock. Ma il politically correct è diventato eccessivo". Paolo Giordano il 22 Maggio 2021 su Il Giornale. La band si gioca l'Eurovision a Rotterdam: "Bello ripartire da zero con un nuovo pubblico". Loro davvero se ne stanno zitti e buoni. Nessun proclama, nessuna polemica costruita ad arte. Con il brano che ha vinto il Festival di Sanremo stasera i Maneskin si giocano anche l'Eurovision Song Contest all'Ahoy Arena di Rotterdam (diretta su Rai1 dalle 20,40 con il commento della strana coppia Gabriele Corsi e Cristiano Malgioglio). «L'effetto più bello è che finalmente suoniamo davanti a un pubblico vero, 3500 persone in presenza, praticamente una rinascita dopo tanto tempo», spiegano loro davanti a un piccolo schermo proprio a Rotterdam. Sono Ethan il batterista, Thomas il chitarrista, Victoria la bassista e Damiano il cantante. Insieme hanno un look da rockettari anni Settanta ma sembrano freschissimi, se non altro per differenza: non assomigliano a nessuno dei concorrenti e, a dirla tutta, sono anche distanti dal look dell'oceano di trapper che galleggiano nel mainstream. Riconoscibili, ecco, soprattutto per chi ha poca confidenza con il rock di qualche tempo fa. Arriveranno sul palco non da favoriti (porta sfortuna) ma sicuramente da osservati speciali, visto il successo che il brano Zitti e buoni sta raccogliendo in mezzo mondo. Tanto per capirci, non è soltanto il più ascoltato in Italia su Spotify tra marzo e maggio, ma è anche globalmente il più ascoltato tra i pezzi in gara. Oltretutto è in testa, sempre su Spotify, negli Emirati Arabi, in Austria e in Ungheria. «Ma a noi piace molto il ruolo in cui ci troviamo qui». E qual è, Damiano? «Siamo di nuovo nella parte di chi si deve far conoscere e prova a mettersi in gioco partendo da zero». Però, nel frattempo, persino il gigantesco Little Steven della E Street Band di Bruce Springsteen li ha definiti «non male». Praticamente una incoronazione. Nella galassia dell'Eurovision Song Contest (anche se c'è qualcuno che lo chiama ancora Eurofestival...) ruotano 25 mondi di altrettanti artisti distinti e distanti, talvolta folcloristici ma talvolta obiettivamente forti, come gli Hooverphonic, la band rinata dopo i successi di inizio Duemila che rappresenta il Belgio: «Noi tifiamo per loro», dicono non a caso i quattro Maneskin che non si sbilanciano troppo nel giudicare i look o le canzoni degli altri concorrenti: «Ci sta che qualcuno esageri o si presenti in modo troppo appariscente, però talvolta i costumi che possono sembrare eccentrici rispecchiano la cultura del Paese dal quale arriva l'artista». Una risposta perfettamente diplomatica che contrasta con l'irruenza del loro brano e la botta di energia che deriva da ogni loro apparizione. Una miscela calibrata che per forza ha colpito anche la stampa straniera, perché di altri Maneskin in giro se ne vedono pochi: «In effetti il feedback è molto positivo sia nel corso delle interviste che abbiamo fatto qui in presenza che in quelle via streaming», dice Damiano, a conferma che, dopo l'apparizione nelle classifiche americane, qualcosa si sta muovendo per loro anche nel resto delle classifiche che contano. Mica male per un gruppo che suonava con il cappello sul marciapiede in Via del Corso a Roma («Ci torneremo», dicono) e che proprio in quel periodo hanno scritto il brano che oggi si gioca il tetto d'Europa. Victoria, che è una delle colonne della band, dice che «non abbiamo nessuna strategia per vincere. Nel nostro repertorio ci sono anche brani in inglese, che magari potrebbero essere più comprensibili in un contesto del genere. Ma va benissimo anche Zitti e buoni». Dopotutto, aggiungono tutti gli altri, «qui sentiamo gente che la canta in italiano anche se non sono italiani». I Maneskin sono arrivati all'Eurovision dopo aver accettato di limare alcune volgarità del loro testo. In sostanza, «Vi conviene toccarvi i co...» è diventato «Vi conviene non fare più errori» e «Non sa di che ca... parla» ora è «Non sa di che cosa parla». Lo impone il regolamento ed era inutile fare un braccio di ferro che si sarebbe rivelato soltanto controproducente. Però loro, che hanno le idee chiare nonostante i vent'anni, dicono «siamo contro la censura». E poi entrano nel merito: «Ormai le regole del politicamente corretto sono diventate eccessive. È chiaro che ci sia una netta distinzione tra l'utilizzo di parolacce nelle canzoni e l'inserimento di parole che creano discriminazione tra i generi o tra le persone». È la nuova frontiera del rock: ribellione consapevole. A proposito, e il rock? «È considerato di nicchia solo in Italia ed è una cultura che andrebbe riscoperta. Se i ragazzi ascoltassero questo tipo di musica potrebbero apprezzarlo molto più di quanto sembri ora». Più chiaro di così...
Dagospia il 17 marzo 2021. Dal profilo Facebook di Mario Adinolfi. Pur di partecipare all’Eurofestival i Maneskin hanno accorciato il brano con cui hanno vinto a Sanremo e cancellato tutte le parolacce. Ve la immaginate la risposta di Guccini se gli avessero chiesto di farlo dall’Avvelenata? I Maneskin invece sono stati “zitti e buoni”. Lo dico da tempo, tutta ‘sta rivoluzione “gender fluid” è roba di cartone, basterà alla fine una buona preside e qualche spiccio per abbattere questo brutto castello edificato sulla sabbia a cui loro stessi non tengono. Tengono al successo e al denaro, per quelli sono disponibili a qualsiasi compromesso. Se continueranno a essere conformisti rispetto ai diktat del politically correct, tutta questa cianfrusaglia annoierà presto.
Luca Dondoni per "la Stampa" il 18 marzo 2021. «Siamo ribelli, ma non stupidi». Zitti e buoni, la canzone che ha portato i Maneskin a vincere il Festival di Sanremo, è stata modificata per poter partecipare alla prossima edizione degli Eurovision Song Contest che all'Ahoy Arena di Rotterdam il 18, 20 e 22 maggio. Secondo il regolamento della manifestazione, nei testi delle canzoni in gara non sono ammesse parolacce o improperi con espliciti riferimenti sessuali né tanto meno possono essere portati sul palco discorsi o gesti di natura politica, commerciale o offensiva. «Non ci ha fatto piacere dover cambiare il testo, ma c'è un discorso di buon senso. Non potevamo farci eliminare dall'Eurovision per un paio di parolacce, che non sono nemmeno il fulcro della canzone». E così Damiano, Victoria, Thomas ed Ethan, poco più di 80 anni in quattro, parteciperanno all'Eurovision Song Contest con una versione di Zitti e Buoni più breve, 3 minuti contro i 3 minuti e 19 secondi, poiché il testo è stato modificato. Cancellata la frase «vi conviene toccarvi i co****ni» sostituita con un più tranquillo «vi conviene non far più errori». Eliminata anche l'esclamazione finale nell'ultimo ritornello «la gente non sa di che ca**o parla» per un più laico: «non sa di che cosa parla». Anche Instagram ha imposto un veto alla foto che vi siete scattati nel camerino durante la finalissima di Sanremo. Uno scatto in cui Damiano si toccava le parti intime in tono provocatorio violando il regolamento di Instagram «in materia di nudi e atti sessuali». «Per la foto censurata di Instagram ci rendiamo conto di aver violato un protocollo e siccome con Instagram ci lavoriamo, non abbiamo avuto problemi quando ci è stato comunicato che quella foto non andava bene». Domani, a 2 anni dal debutto con Il ballo della vita, pubblicate Teatro d'ira - Vol. I e nel progetto ci sono anche due pezzi in inglese: I wanna be your slave e For your love. Come mai? «Pensiamo di poter essere una band capace di andare oltre i confini nazionali - dicono in coro - e vi diamo un'anteprima: abbiamo inciso un pezzo con gli Struts di Luke Spiller, anche se non sappiamo ancora quando uscirà. Luke ci ha proposto di partecipare anche a qualche data del loro tour europeo e ne siamo entusiasti».
Qual è il significato del titolo dell'album Teatro d'Ira e da dove arriva la rabbia?
«Il teatro è una metafora in contrasto con l'ira poiché è lo scenario dove questa prende forma. Non si tratta di una rabbia contro qualcuno in particolare ma di un'energia creativa che si ribella contro gli stereotipi dei quali spesso siamo stati vittime anche noi. Il teatro è dove lo spettacolo va in scena: il palco di una grande arena, l'Ariston o quell'angolo di Via Condotti a Roma dove abbiamo cominciato a esibirci. Abbiamo catalizzato la nostra rabbia trasformandola in qualcosa di positivo, che porta a cambiare le cose contro gli stereotipi. La nostra rivoluzione. Dedicato a tutti quelli che in passato ci hanno detto: dove pensate di andare? Che fate? Per tutti i limiti che hanno provato a imporci».
I wanna be your slave salta subito all'orecchio così come Coraline.
«I wanna... ha un testo particolarmente colorito - dice Damiano - e molto incentrato sulla sessualità perché è il lato della vita dove ci si dovrebbe esprimere più liberamente, ma vorrei che si riuscisse ad andare oltre la volgarità. Con crudezza si possono raccontare le sfaccettature sessuali degli uomini. E' un modo per dire che una persona può essere entrambe le cose, padrone o schiavo, senza dover per forza scegliere».
Coraline è una storia vera.
«Sì, ma non ne voglio raccontare i particolari. Non è la storia del principe azzurro che salva la principessa, ma la storia - reale - di "appassimento" di questa ragazza, davanti al quale il cavaliere è semplice spettatore inerme».
C'è chi vi accusa di non essere davvero rock.
«Non ci piace che ci venga impedito di fare le cose così come le vogliamo fare. Avere un'identità, portarla nel mercato mainstream e mantenerla, portare un pezzo come Zitti e Buoni a Sanremo: se non è rock questo, cosa dobbiamo fare? Strappare la testa a morsi ai pipistrelli?
Non siamo i Led Zeppelin e lo sappiamo, ma dateci il tempo. Siamo ragazzi che suonano strumenti analogici come la chitarra, la batteria e quando scriviamo facciamo la nostra musica. Nasciamo live, viviamo live e probabilmente moriremo live. Dicono che non siamo rock? Mangiamo, dormiamo e stiamo bene lo stesso».
La rabbia teatrale dei Maneskin. "Siamo rock ma non scemi". La band pubblica il disco "Teatro d'ira" e annuncia il tour. Le parolacce di "Zitti e buoni"? "Tolte per l'Eurovision". Paolo Giordano - Gio, 18/03/2021 - su Il Giornale. Oggi il lato più rock dei Maneskin è che hanno appena vinto il Festival di Sanremo ma non ne parlano mai. Ieri hanno presentato il nuovo disco Teatro d'ira vol. 1 (che esce domani) e lo hanno fatto alla vecchia maniera: prima hanno suonato quattro pezzi, poi hanno risposto alle domande. Erano, beati loro, in un vecchio mulino ad Acquapendente, provincia di Viterbo, dove hanno registrato le nuove canzoni con tutto il «vecchio» armamentario degli studi rock, compresi gli amplificatori Marshall. «Abbiamo intitolato il disco Teatro d'ira perché vogliamo collocare la nostra rabbia in un contesto che la trasformi in positività» ha spiegato Damiano. Missione riuscita: otto brani «scheletrici», ossia costruiti solo su voce, basso, chitarra e batteria, testi belli dritti come Lividi sui gomiti o, soprattutto, I wanna be your slave che ha il lato bello di ricordare titoli celebri di Stooges e Ramones, mica di qualche trapper usa e getta. «Parliamo di schiavo e di master in un brano sulla sessualità che ci sembra inutile racchiudere in scompartimenti stagni» dice sempre lui, Damiano che è ambiguo quanto basta per non essere (ancora) messo a fuoco perfettamente. A proposito di testi. Il brano con il quale hanno vinto il Festival, ossia Zitti e buoni, arriverà un po' più accorciato all'Eurovision Song Contest e soprattutto con qualche modifica nel testo. Obiettivo: rimuovere le «parolacce». E così «Vi conviene toccarvi i coglioni» è diventato «Vi conviene non fare più errori», mentre «Non sa di che cazzo parla» a Rotterdam sarà «Non sa di che cosa parla». Uno può pensare: ma come, i Maneskin si dicono rock però accettano senza fiatare di cambiare il testo. In realtà, si sono soltanto adeguati al (comprensibile) regolamento dell'Eurovision. Come spiega Damiano, «di certo non ci ha fatto piacere cambiare il testo, ma è una questione di buon senso: era meglio cancellare una parolaccia, che lascia il tempo che trova, pur di fare una cosa così importante. Siamo ribelli ma non scemi». E il concetto di buon senso torna anche sulla questione Instagram, che ha rimosso una foto nella quale Damiano si tocca le parti intime: «Non era fondamentale, sarebbe stato inutile toglierla e poi ripostarla, anche perché con Instagram un po' ci lavoriamo». In poche parole, al netto di successi e stream (18 milioni solo per Zitti e buoni), l'attitudine dei Maneskin si riassume nelle parole della bassista Maneskin, una con le idee chiare: «Noi facciamo la nostra musica e se non piaciamo a qualcuno, sticaz..». I tifosi di lunga data del rock duro non ci trovano nulla di particolarmente innovativo nei riff dei Maneskin o nella presenza scenica di Damiano, e anche questo è abbastanza rituale. Ma il pregio di questa band, che ha iniziato a suonare con il piattino davanti in Via del Corso a Roma e poi è sbocciata a X Factor, è di portare l'eco di certi suoni ai loro coetanei ventenni che faticano a riconoscere persino i Led Zeppelin, figurarsi gli altri caposcuola del rock duro. «Beh, senz'altro non siamo i Led Zeppelin, ma dateci tempo», dicono con scherzoso ottimismo. Damiano riassume tutto citando Ozzy Osbourne senza nominarlo: «Per essere rock devo per forza strappare la testa a un pipistrello?». Per carità. Intanto hanno un tour nei palasport bell'e pronto (prima data esaurita il 14 dicembre a Roma) e un concerto all'Arena di Verona il 23 aprile. Ed è pronto un brano registrato con gli inglesi The Struts, che hanno pubblicato da poco Strange days con Robbie Williams. Come dopofestival, diciamola tutta, non è poi così male.
Eurovision, Manuel Agnelli e i "suoi" Maneskin: "Sono rock, non quattro bambolotti". Ernesto Assante su La Repubblica il 23 maggio 2021. Il musicista era stato il coach della band, e l'aveva lanciata, nell'edizione 2017 di 'X Factor'. "La loro vittoria è una grande occasione per tutta la musica italiana". Manuel Agnelli è uno dei “pontefici” del rock italiano, per la sua storia personale, per la grande avventura degli Aftehours, per le canzoni che ha scritto e canta. E anche per avere "scoperto" e portato al successo a X Factor i Maneskin, secondi nel 2017, e aver sorpreso tutti, nell'ultima stagione del talent, con i Little Pieces of Marmelade, altrettanto elettrici e rock.
David Puente per open.online il 23 maggio 2021. I Maneskin dovevano ancora essere proclamati vincitori dell’edizione 2021 dell’Eurovision Song Contest, nel frattempo sui social era partita l’accusa nei confronti del cantante Damiano David: «Please tell me someone else spotted Italy having a line of coke on national television» scrive su Twitter l’utente @catjxx1 pubblicando un video dove si insinua che stesse «pippando cocaina». Non è l’unica ripresa che circola online e non solo su Twitter, segno che l’accusa diventa virale tanto da venire intercettata da un giornalista svedese intervenuto durante la conferenza stampa. Per chi ha fretta. Damiano china il capo tenendo entrambe le mani a pugno, agitandole entrambe. Il gesto risulta quello di un’esultanza piuttosto che di una “pippata”. Il volto di Damiano, così come il suo naso, risulta troppo distante dal tavolo perché potesse arrivarci. Inoltre, nel chinarsi rimane fermo nella stessa posizione per circa un secondo per poi rialzarsi. Damiano, nel rispondere al giornalista svedese che lo aveva informato del video e delle accuse che circolano sui social contro di lui, smentisce categoricamente rispondendo con un chiaro «I don’t use drugs, please». Il cantante ricollega l’episodio a un bicchiere rotto dal chitarrista Thomas Raggi, che conferma immediatamente, anche se la scena non risulta visibile nei video che circolano online. Qualcuno potrebbe affermare che nessuno sano di mente direbbe «Si! Mi stavo tranquillamente pippando una striscia di cocaina di fronte a milioni di persone da tutte le parti del mondo!», sostenendo che la risposta di Damiano fosse del tutto logica per difendere la sua immagine. Ad alimentare le accuse è una macchia bianca presente nel tavolo dei Maneskin davanti al chitarrista Thomas, visibile ed evidenziato nel tweet dell’utente @noemi_enne, ma è molto probabile che si trattasse di un pezzo di carta o di un fazzoletto. Osservando bene il video, Damiano aveva entrambe le mani chiuse a pugno e lontane dal tavolo, agitandole proprio mentre chinava il capo verso il basso. Un semplice festeggiamento piuttosto che una “pippata”, soprattutto grazie a un ulteriore particolare. Anche volendo, risulterebbe alquanto strano che Damiano riuscisse a toccare il tavolo anche solo per leccarlo con la lingua. Gli utenti, infatti, non hanno considerato la distanza tra il suo viso e il tavolo stesso. Nel video notiamo che Thomas porta la sua mano sinistra davanti a lui per poi sparire sotto il tavolo (immagine sopra), un gesto che ci permette di controllare ulteriormente le distanze tra il mobile e il viso di Damiano. Damiano aveva bisogno di un naso a formichiere per arrivare fino al tavolo. Riportiamo la storia Instagram del gruppo con le dichiarazioni ufficiali e la disponibilità di effettuare i test perché non hanno nulla da nascondere: Conclusione. O Damiano ha un naso come quello di un formichiere, o semplicemente stava festeggiando chinando il capo e agitando le mani chiuse a pugno. La risposta risulta essere la seconda.
EUROVISION: «I MÅNESKIN SNIFFANO COCAINA», LA FRANCIA CHIEDE LA SQUALIFICA. PARIS MATCH E LA PRESUNTA SNIFFATA DI DAMIANO DEI MANESKIN. Stefano Montefiori per corriere.it il 23 maggio 2021. La vittoria degli italiani Måneskin e la sconfitta della francese Barbara Pravi fa intervenire persino il Quai d’Orsay: «È la commissione di deontologia che deve risolvere la questione — dice il ministro degli Esteri, Jean-Yves Le Drian —. Se c’è bisogno di sottoporsi ai test, faranno i test». La presa di posizione del capo della diplomazia francese può apparire un po’ sproporzionata, e fa capire quanto la serata di Rotterdam non sia andata giù a tanti francesi. La Francia c’ha creduto fino all’ultimo, «Voilà» di Barbara Pravi sembrava la canzone perfetta per vincere e tutto era pronto per i festeggiamenti, anche il documentario sulla nuova Piaf che è andato in onda comunque: dopo l’annuncio della vittoria dei Måneskin il collegamento con Rotterdam è stato chiuso e il canale pubblico France 2 ha mandato subito in onda la storia della seconda classificata. Poco prima dell’una del mattino il presidente Emmanuel Macron ha scritto un messaggio su Twitter: «Grazie a Barbara Pravi per avere realizzato questo sogno folle. Il sogno folle di una ragazza dagli occhi neri. Il sogno folle di fare brillare la Francia all’Eurovision. Stasera, è anche il sogno folle di potere di nuovo vibrare insieme, da europei». Solo che, lontano dalla tv, la serata era appena cominciata. L’immagine del cantante dei Måneskin che avvicina il volto al tavolino viene diffusa un po’ per scherzo su Twitter, e ritwittata immediatamente soprattutto da utenti francesi. Sulle prime scherzando, poi «Paris Match» prende sul serio la teoria (una bufala) della sniffata di cocaina in diretta e diffonde la notizia che gli organizzatori stanno valutando una squalifica per i Måneskin, nel qual caso la vittoria andrebbe alla candidata francese. A quel punto lo scherzo diventa meno simpatico, in conferenza stampa Damiano dei Måneskin deve smentire di avere preso la droga, «non è vero, per favore, non ditelo». Solo che ormai molti account francesi sono scatenati, e molti chiedono un test antidroga. Nell’epoca delle più grandi suscettibilità, a nessuno viene in mente che accusare qualcuno di essersi drogato in diretta può essere spiacevole. Lo stereotipo «sex & drugs & rock’n’roll» è irresistibile, e avrebbe il merito di ridare alla Francia una vittoria che sembrava acquisita. In compenso viene invertito l’onere della prova: gli accusatori non ci pensano neppure a dimostrare la colpa della persona in questione, è l’accusato che improvvisamente è chiamato a discolparsi e infatti Damiano si offre di fare il test per fugare ogni dubbio. L’Eurovision è un gioco, certo, e lo spettacolo si nutre anche del clima da Giochi senza frontiere, le rivalità nazionali fanno parte del divertimento, ci mancherebbe, ed è ovvio che gli italiani siano doppiamente contenti: perché hanno vinto, e perché hanno vinto battendo i cugini francesi. Però lo scorno di tanti francesi per il secondo posto sembra un po’ eccessivo, come lo sono i tweet infervorati della star Cyril Hanouna, il più celebre, pagato e seguito animatore della tv francese, protagonista qualche settimana fa di una copertina sul magazine di «Le Monde». Hanouna è una potenza anche perché possiede una cosa che tutti i politici gli invidiano, ovvero la capacità di entrare in contatto con i francesi comuni, una specie di tribuno popolare giudicato talvolta eccessivo, ma comunque un personaggio chiave per comprendere gli umori della Francia. Cyril Hanouna frequenta l’Eliseo, si scambia sms con il presidente Macron ed è amico della première dame Brigitte, e non esita a fare valere questo rapporto privilegiato anche nella vicenda Måneskin. Tweet notturno: «Se fosse confermato che il candidato italiano ha commesso questo gesto (la pista di cocaina, ndr), ci vuole davvero una squalifica. Attendiamo le conclusioni dell’inchiesta! Ma se è vero, squalifica! Se è così stanno le cose la Francia deve vincere! Faccio appello alla tv francese, a Eurovision e Emmanuel Macron». Per essere un gioco, è andato un po’ troppo avanti. Come dice Macron, «è stato bello vibrare insieme, da europei», ma sarebbe stato anche bello, per qualche suo connazionale, mostrare di saper perdere.
Maneskin, arriva la nota ufficiale sul caso-droga all'Eurovision: cosa succede adesso. Da liberoquotidiano.it il 23 maggio 2021. La vittoria dei Maneskin all’Eurovision è stata molto discussa per via dell’accusa – lanciata dalla rivista francese Paris Match Magazine – secondo cui il frontman della band Damiano David avrebbe sniffato cocaina in diretta. Una notizia che il gruppo ha subito smentito in conferenza stampa dopo l’evento. Adesso si è pronunciata l’organizzazione della kermesse. Lo European Broadcasting Union, in particolare, ha diramato un comunicato nel quale si legge: “Siamo consapevoli delle voci che riguardano il video dei vincitori italiani dell’Eurovision Song Contest nella Green Room di ieri sera. La band ha fortemente smentito le accuse di consumo di droga e il cantante in questione farà un test antidroga volontario dopo l’arrivo a casa. Lo hanno chiesto loro stessi ieri sera ma non siamo riusciti ad organizzarlo”. E ancora: “La band, il loro management e il capo della delegazione ci hanno informato che non erano presenti droghe nella Green Room e hanno spiegato che si era rotto un bicchiere al loro tavolo e che il cantante stava pulendo. L’EBU può confermare che il vetro rotto è stato trovato dopo un controllo in loco. Stiamo ancora esaminando attentamente i filmati e aggiorneremo con ulteriori informazioni a tempo debito”. Sui social si continua a parlare tanto della questione. Molti utenti italiani si sono scagliati contro i francesi che hanno messo in giro questa voce. Anche diversi vip si sono espressi sulla vicenda. Alessia Marcuzzi, per esempio, ha consigliato ai Maneskin di andare per vie legali e di far pagare care le subdole dichiarazioni rivolte al gruppo.
Da liberoquotidiano.it il 23 maggio 2021. "Ma che meraviglia". Cristiano Malgioglio rimane in mutande in diretta per celebrare la vittoria dei Maneskin all'Eurovision Song Contest e Carolina Di Domenico, su Rai1, non può che commentare impotente lo spogliarello imprevisto e imprevedibile, sperando che l'esuberante cantautore pugliese non arrivi fino in fondo. Gabriele Corsi e Malgy, d'altronde, l'avevano promesso. I due conduttori hanno commentato la serata di Rotterdam in diretta su Rai1, registrando prima con una punta di amarezza il "tradimento" di Paesi amici come San Marino e Albania, che non hanno premiato nel televoto la rockband romana di Zitti e buoni ("Incidente diplomatico", preannunciano), quindi hanno esultato quando la Slovenia a sorpresa ha votato in massa per Damiano David e soci. La classifica vedeva l'Italia dietro i cantanti di Francia e Svizzera, prima che il pronunciamento della giuria popolare europea rovesciasse l'esito del confronto. "Se vincono i Maneskin ci spogliamo", avevano giurato i due. E hanno mantenuto la parola, sbottonandosi a tempo di record i pantaloni con l'autore di Gelato al cioccolato, che sotto ha sfoggiato un paio di boxer tricolori, indossati evidentemente con scarso senso della scaramanzia. E sui social, ovviamente il tripudio per i Maneskin si è trasformato in ovazione per chi ne ha cantato (in deshabillé) le gesta, nonostante immaginiamo la comprensibile apprensione ai piani alti di viale Mazzini. Un "momento iconico" che ha fatto dimenticare anche le critiche ricevute da Corsi, che in un eccesso filologico pronunciava Maneskin "Moneskin", seguendo le regole della lingua norvegese. Ma al componente del Trio Medusa, sabato sera, si è perdonato anche l'essere un po' tropppo pedante.
Che tempo che fa, "Mi fa orrore": Maneskin ospiti dopo il caso-droga all'Eurovision. Fabio Fazio incredulo. Libero Quotidiano il 23 maggio 2021. “La polemica su di voi mi fa orrore, voglio esprimervi tutto il mio affetto”: Fabio Fazio si è rivolto così ai Maneskin, suoi ospiti a Che tempo che fa su Rai 3, in merito alla voce secondo cui il frontman Damiano avrebbe sniffato cocaina poco prima della premiazione all’Eurovision. "Quello che hanno detto su di voi è una stupidaggine – ha continuato il conduttore, sostenuto anche da Luciana Littizzetto -. A parte il fatto che vuol dire che non li conoscono”. Poi Fazio ha spiegato la dinamica: “Damiano si è chinato per togliere i cocci di un bicchiere che si era rotto. Chi di voi l’ha rotto?”. “Thomas, è quello maldestro del gruppo”, hanno risposto i Maneskin. Il conduttore, incredulo, ha proseguito: “Ci sono le fotografie del bicchiere rotto per terra e qualche genio ha pensato che in eurovisione Damiano potesse sniffare. Cose da pazzi”. E infine una sorta di pacca sulla spalla per i giovani artisti: “Non prendetevela, sarà una cosa che racconterete a Che tempo che fa tra 40 anni, quando verrete ospiti”. Parlando della vittoria, invece, il frontman ha rivelato: "Mio padre si è arrabbiato perché ha detto che l'ho fatto piangere per la seconda volta in due mesi".
Maneskin, Matteo Salvini e il post social: "Vergogna". Cosa non torna, l'indecente complotto sinistro. Libero Quotidiano il 23 maggio 2021. Dalla vergogna francese contro i Maneskin alla vergogna italiana contro Matteo Salvini, il passo è brevissimo. La rockband romana vince a sorpresa l'Eurovision Song Contest con quella Zitti e buoni che aveva già messo a ferro e fuoco il Festival di Sanremo lo scorso marzo, sbaragliando la concorrenza all'Ariston. I francesi, arrivati secondi, non la prendono bene visto che il trionfo arriva con la giuria popolare che ribalta l'esito del televoto. Così, forse per vendetta forse solo per "rosicamento", sui social diventa virale un post in cui il frontman Damiano David è ritratto a capo chino sul tavolino, accusato di "sniffare cocaina", Monta lo scandalo, migliaia di transalpini chiedono la squalifica del gruppo italiano. Tutto falso, lo si scoprirà più tardi. Più o meno contemporaneamente, inizia a girare sui social anche lo screenshot di un post di Salvini, in cui il leader della Lega prende posizione proprio contro i Maneskin, condividendo la foto incriminata della presunta "pippata": "Fare uso di droghe in diretta davanti milioni di bambini? è questo il messaggio che questi signori applauditi dalla sinistra vorrebbero trasmetterci? Robe da matti! Io dico VERGOGNA!". Qualcosa non torna, anche perché tutto si può dire dei disimpegnatissimi Maneskin tranne di essere un gruppo "di sinistra". E così si mettono al lavoro i cacciatori di fake news di Bufale.net. Dopo aver accertato che Damiano non stesse facendo uso di droga, ma semplicemente sgombrando il terreno dai cocci di vetro di un bicchiere rotto dal compagno di band Thomas (versione confermata dallo stesso cantante in una surreale conferenza stampa), gli esperti precisano che anche il presunto post di Salvini è una bufala, appunto. Fatta per screditare non i Maneskin, però, ma lo stesso Salvini, che finisce nel tritacarne social da diverse ore schierato in modalità "Mondiale di calcio 2006" a favore della band romana. E sì, stavolta, lo zampino di qualche sinistro potrebbe centrare eccome.
Maneskin, Damiano David e la cocaina: "Il naso e il tavolino", ecco la prova. Francesi umiliati a tempo di record. Libero Quotidiano il 23 maggio 2021. La valanga di fango della Francia contro i Maneskin e Damiano David si trasforma in un velenosissimo boomerang. Tutta "colpa" (o merito) dei social. La rockband romana con Zitti e buoni trionfa all'Eurovision song contest a Rotterdam, regalando all'Italia una vittoria che mancava da 31 anni, quando Toto Cutugno trionfò con Insieme 1992. Il risultato è frutto di un sorprendente ribaltone: la giuria popolare europea sovverte il televoto, che vedeva Francia e Svizzera in vantaggio, E i francesi, come da tradizione, non la prendono benissimo. Di più: si arriva alla diffamazione a rischio di querela. Su Twitter, Facebook e Instagram migliaia di telespettatori transalpini iniziano a far girare un video in cui Damiano, frontman della band, si china sul tavolino con il capo abbassato. "Sta sniffando cocaina", assicurano. E arrivano a chiedere la squalifica degli italiani, che darebbe dunque la vittoria alla francese Barbara Pravi. Tutto molto facile, troppo bello. E pure troppo falso. "Non uso droga, a Thomas si era rotto un bicchiere", ha spiegato Damiano quando in conferenza stampa post-vittoria gli hanno riportato la diceria sulla cocaina. I fan italiani iniziano a far girare gli screenshot del luogo del delitto, per rispondere alle accuse dei francesi. Tutto vero, sul pavimento si notano i cocci di vetro di un bicchiere frantumato e la spiegazione di Damiano torna. Anche David Puente, indagatore di bufale per conto di Open, il sito fondato da Enrico Mentana, si prende la briga di verificare con tanto di "perizia millimetrica" per smentire la fake news diventata, come spesso purtroppo capita, virale a tempo di record nel giro di pochi minuti. "Damiano china il capo tenendo entrambe le mani a pugno, agitandole entrambe. Il gesto risulta quello di un’esultanza piuttosto che di una 'pippata'", spiega Puente sottolineando poi che la distanza del naso del frontman dal tavolino è troppo grande. "E nel chinarsi rimane fermo", come se stesse in realtà cercando di raccogliere (o spostare) qualcosa vicino ai suoi piedi. Cari complottisti francesi, stavolta la squalifica è per voi.
"I Maneskin sniffano cocaina". L'accusa choc della Francia. Francesca Galici il 23 Maggio 2021 su Il Giornale. Polemica all'Eurovision sui Maneskin: la Francia ha accusato Damiano di aver sniffato cocaina nella green room. Loro vincono e poi chiariscono. I Maneskin vincono l'Eurofestival: dopo oltre trent'anni una canzone italiana è salita sul gradino più alto del podio della competizione musicale europea. Un traguardo raggiunto grazie alle voci e alla grinta straordinaria di quattro ragazzi romani poco più che ventenni che nel corso della finale hanno dovuto subire l'accusa della Francia di essere drogati. Tutto nasce da un video girato in green room durante la diretta, che ha scatenato le polemiche in rete riportate poi da una giornalista del Paris Match. Netta e piccata la replica dei Maneskin, prima in conferenza stampa e poi sui social. "Grande tensione a #Eurovision con l'immagine della striscia di cocaina di un componente della squadra italiana... Gli organizzatori stanno discutendo sul da farsi ", ha scritto Mariana Grépinet. Durante la diretta, infatti, alcuni utenti hanno sostenuto di aver visto Damiano sniffare una striscia di cocaina in green room. Una circostanza ovviamente fraintesa dal pubblico a casa, che per qualche attimo ha messo in discussione la permanenza dei Maneskin all'Eurofestival. I giovanissimi italiani sono partiti come favoriti anche se il voto delle giurie nazionali, come facilmente immaginabile da chi segue l'Eurovision da tempo, non li ha premiati. È stato il televoto a portare i Maneskin sul tetto d'Europa, pur con la polemica. In conferenza stampa, Damiano si è immediatamente difeso dall'accusa di aver sniffato droga e ha spiegato le dinamiche di quel video. "Non era cocaina, ragazzi! Non uso droghe!", ha detto stizzito Damiano davanti ai giornalisti. "Non ne faccio uso, per favore non ditelo. Non faccio uso di cocaina", ha proseguito Damiano spiegando cosa davvero è successo nella green room dell'arena di Rotterdam. Il frontman dei Maneskin, quindi, ha raccontato che Thomas ha rotto un bicchiere e lui ha abbassato la testa per capire cosa fosse successo. Un gesto fatto automaticamente che, però, davanti alle telecamere ha dato adito a pettegolezzi e polemiche strumentali da parte della nazione che ci ha conteso il podio fino quasi alla fine. Al termine della conferenza, dal loro profilo social i Maneskin hanno commentato: "Siamo davvero sotto choc in merito a quanto le persone stanno dicendo su Damiano che fa uso di droghe. Siamo veramente contro le droghe e non abbiamo mai usato cocaina. Siamo pronti a effettuare il test, perché non abbiamo nulla da nascondere. Siamo qui per suonare la nostra musica e siamo molto felici per la nostra vittoria all'Eurovision. Vogliamo ringraziare tutti quelli che ci hanno sostenuto. Il rock'n roll non morirà mai. Vi amiamo".
"Test anti-droga per Damiano". Ma gli organizzatori continuano a indagare. Francesca Galici il 23 Maggio 2021 su Il Giornale. Dopo l'accusa della Francia ai Maneskin, l'Eurofestival rilascia un comunicato dichiarando che si stanno ancora effettuando controlli sui filmati. Possibile che la cantonata, volendo usare un eufemismo, presa dai francesi sui Maneskin tenga banco a quasi 24 ore dalla proclamazione dei vincitori? Purtroppo sì. Il brevissimo video di Damiano David nella green room dell'arena di Rotterdam, dove il frontman della band italiana è inchinato sul tavolo con i pugni chiusi, ha dato adito a interpretazioni fantasiose da parte dei transalpini, pronti a puntare il dito contro il cantante per accusarlo di aver sniffato cocaina in mondovisione. Se non fosse un'accusa così infamante per un giovanissimo artista ci sarebbe anche da ridere. A cavalcare la polemica sono stati i giornalisti francesi, gli influencer e altri personaggi a cui evidentemente non è andato già che la nuova Edith Piaff portata all'Eurofestival dalla Francia si sia dovuta accontentare del secondo posto, letteralmente spazzata via dalla grinta dei Maneskin. Avremmo potuto derubricare il tutto con un sorriso e qualche sfottò ai francesi ma addirittura l'organizzazione dell'Eurofestival si è sentita in dovere di rilasciare un comunicato stampa sulla vicenda. "Siamo a conoscenza delle speculazioni che circondano il videoclip dei vincitori italiani dell'Eurovision Song Contest nella Green Room ieri sera. La band ha fortemente smentito le accuse di uso di droghe e il cantante in questione farà un test volontario sulla droga dopo essere arrivato a casa. Ciò è stato richiesto da loro ieri sera, ma non ha potuto essere immediatamente organizzato dall'UER", si legge sul sito ufficiale dell'Eurofestival. Addirittura avrebbero voluto che Damiano si sottoponesse al test in conferenza stampa? Evidentemente sì ma non stupisce, visto che c'è stato anche chi ha richiesto l'intervento di Emmanuel Macron per bloccare la partecipazione dei Maneskin. Ma andiamo oltre. Il comunicato dell'Eurofestival prosegue: "La band, la loro direzione e il capo delegazione ci hanno informato che nella Green Room non c'erano droghe e ci hanno spiegato che un bicchiere era rotto al loro tavolo ed era stato sgomberato dal cantante. L'UER può confermare che il vetro rotto è stato trovato dopo un controllo in loco. Stiamo ancora esaminando attentamente i filmati e ci aggiorneremo con ulteriori informazioni a tempo debito". Quindi ci sono ancora persone che stanno analizzando i fotogrammi di un video già di per sé chiarissimo per capire se davvero un ragazzo abbia completamente perso la ragione per sniffare nella green room di un programma in mondovisione? Ok. Saranno pure "fuori di testa" questi giovani romani, ma a tutto c'è un limite. Sulla vicenda è intervenuto anche il ministro degli Esteri francese, che ha dichiarato: "Penso che l'Eurovision abbia la responsabilità di onorare questa competizione e se c'è bisogno di fare dei test, lo faranno. Spetta al comitato etico di Eurovision verificare se c'è un problema. Non voglio farmi coinvolgere in questa giuria, non è di mia competenza". Capiamo il bruciore di una sconfitta europea ma a un certo punto è anche bene imparare ad accettare le sconfitte. Così come il 9 luglio 2006 il cielo era "azzurro sopra Berlino" allo stesso modo il 2 maggio 2021 il cielo era azzurro sopra Rotterdam. Suvvia amici francesi, "zitti e buoni" e almeno per una volta imparate a gioire per i successi di noi italiani. Senza troppe scuse.
Le alleanze politiche per far perdere i Maneskin. Francesca Galici il 23 Maggio 2021 su Il Giornale. Senza il televoto i Maneskin avrebbero chiuso al quarto posto, azzoppati dallo scambio di douze points che da sempre penalizza l'Italia. Se fosse stato per le giurie dei singoli Stati, l'Italia dei Maneskin avrebbe dovuto chiudere l'Eurofestival al 4 posto. Prima la Svizzera, seconda la Francia, terza Malta. L'attribuzione degli agognati 12 punti da parte delle giurie è ogni anno motivo di discussione, perché in molti casi è lo specchio delle alleanze geopolitiche ed economiche tra i Paesi. E in queste alleanze l'Italia gioca sempre un ruolo marginale, tanto che raramente ottiene (e dà) il massimo dei voti dai grandi Paesi europei. Anche quest'anno San Marino non ha fatto completamente sponda al nostro Paese, così come non l'hanno fatto l'Albania e Malta, solitamente "amici" all'Eurofestival. Ma poteva andarci peggio.
I voti all'Italia. Su 38 Paesi (39 in gara ma non ci si può autovotare), l'Italia ha ricevuto voti da 28 giurie. Quattro Paesi hanno attribuito ai Maneskin il massimo del punteggio, ossia i tanto ambiti douze points, ossia i 12 punti: Slovenia, Ucraina, Croazia e Georgia. Infatti sui social sono piovute espressioni di giubilio e promesse di vacanze da parte degli italiani anche a Tblisi e Kiev, oltre che a Lubiana e a Zagabria, due città già molto amate dai nostri connazionali. 10 punti, invece, sono arrivati da Svezia, Russia, Lituania, Bulgaria, Macedonia del Nord e San Marino. Lettonia, Cipro e Svizzera hanno assegnato 8 punti ai Maneskin, mentre l'Islanda ha dato 7. L'Italia dei Maneskin ha ricevuto 6 punti da parte di Austria, Germania, Australia, Finlandia e Repubblica Ceca e 5 punti dalla Polonia e dalla Norvegia. Albania e Grecia hanno dato 4 punti ai Maneskin, Estonia, Portogallo e Romania ne hanno assegnati 3. Il Belgio ha dato 2 punti. Mentre nessuna giuria ha dato 1 punto ai Maneskin, ben 10 Paesi hanno escluso la band romana dalle loro classifiche, assegnando 0 punti. Tra questi la Francia, il Regno Unito, la Spagna, Malta e la Danimarca.
I douze points e il caso Uk. La reciprocità dei douze points è una componente importantissima nelle dinamiche dell'Eurofestival e infatti non stupisce, per esempio, che la Spagna, la Germania, la Svizzera e il Regno Unito abbiano dato i loro 12 punti alla Francia che, invece, ha dato i suoi 12 punti alla Grecia. Anche San Marino ha dato il massimo del punteggio alla Francia, il che ha spinto molti utenti sui social a invitare la piccola enclave nella penisola italica a trasferirsi Oltralpe. Curioso anche il caso dei Paesi del nord Europa, che hanno votato quasi compatti con il massimo dei voti per la Svizzera. Infatti, Finlandia, Islanda, Danimarca, Lettonia, Estonia hanno dato i 12 punti al Paese elvetico. Non stupisce lo scambio di douze points tra Grecia e Cipro. Clamorosamente al palo il Regno Unito. È la prima volta da quando è stato istituito il nuovo punteggo (2016) che un Paese non prende nemmeno un punto né dalla giuria e nemmeno dal televoto.
I francesi rosicano per i Maneskin: "Italia Paese di drogati". Serena Pizzi il 23 Maggio 2021 su Il Giornale. La Francia accusa l'Italia e i Maneskin di fare uso di cocaina. Scoppia la polemica e l'odio social. I nostri "cugini" d'oltralpe non sono per niente sportivi. I Maneskin hanno schiacciato tutti. Sono andati oltre ogni aspettativa (degli altri) ma non nostra. L'Italia ci ha sempre creduto, fin da quando si sono esibiti sul palco di Sanremo - dove si sono portati a casa il leoncino d'oro - e hanno infiammato il palco dell'Ariston. A Rotterdam hanno fatto ancora meglio: hanno vinto l'Eurovision Song Contest con 524 punti (318 del pubblico e il resto delle giurie competenti degli altri Paesi) e la loro canzone è la più ascoltata in Europa. Grazie a loro, il premio è tornato in Italia dopo 31 anni. "Il rock non muore mai", ha urlato Damiano - il cantante della band - non appena sono stati proclamati vincitori. Tanta emozione, pianti, abbracci e festeggiamenti. Ma in un clima di festa generale - dove le favorite erano Francia (499 punti) e Svizzera (432) - non sono mancate le polemiche. Sterili polemiche. Anche malefiche, aggiungerei. Da parte di chi? Di quelli che dovrebbero essere i nostri "cugini" d'oltralpe: i francesi. Il motivo? Subito dopo l'annuncio dei vincitori, i siti di informazione francesi, giornalisti, influencer e più in generale i social sono stati bombardati da 10 secondi di frame di un video nel quale si vede la band italiana. Nella clip i quattro artisti stanno guardando in punti diversi, ma ad un certo punto Damiano abbassa la testa e poi la rialza. Cosa sarà mai successo? "Thomas ha rotto un bicchiere, mi sono abbassato per vedere", ha spiegato in conferenza stampa il cantante dei Maneskin. Ma per la Francia la storia è un'altra: Damiano ha sniffato cocaina. Anzi, lo diciamo esattamente con le parole della giornalista del Paris Match: "Grande tensione all'Eurovision con l'immagine della coca di un membro della squadra italiana. Gli organizzatori stanno discutendo sul da farsi". E subito altri la seguono a ruota: "Il vincitore prende tutto. E così fa con la cocaina? Cosa contiene la busta strappata che tira fuori con la mano sinistra sotto il tavolo, scuote, si punge il naso, prima di essere chiamato sul palco?". "Uh, come si eccita, direi che ha rubato un po' di farina", "C'è la droga, squalifica immediata". Potremmo andare avanti all'infinito. I detrattori, ieri sera, sono usciti dalle gabbie e hanno sfogato tutto il loro odio contro la giovanissima band italiana. Cosa speravano di ottenere? La squalifica dei Maneskin in modo tale da far vincere la sportivissima Francia. Ovviamente, la polemica social è arrivata anche in sala stampa e i cronisti hanno domandato a Damiano se abbia sniffato cocaina. Il cantante - caduto dalle nuvole perché ovviamente non sapeva cosa stesse succedendo nel mondo degli odiatori frustrati - ha subito spiegato che nessuno di loro fa uso di droghe e che sono pronti a sottoporsi al test. Ma era davvero necessaria una polemica del genere? No. Fa rabbrividire che dopo un anno di pandemia dove tutto il mondo è rimasto paralizzato, un evento che dà una minima parvenza di normalità venga macchiato da migliaia di francesi incarogniti solo perché non hanno vinto. Complimenti. Ma non finisce qui. Perché se sui social hanno dato a Damiano dello sniffatore per eccellenza, i siti di informazione hanno rilanciato il tutto dandoci dei drogati seriali ("L'Italia o il Paese del pippare e della cocaina. Quando raccogli un bicchiere rotto con il naso sporco di farina. Oh, che caso"). Il Paris Match scrive: "Va detto che le immagini sono inequivocabili (ah si?!?, ndr) anche se manca la prova formale. [...] Damiano ha aspettato mentre prendeva la cocaina all'angolo di un tavolo. Sulle immagini trasmesse in diretta televisiva e che ora circolano sui social, si vede chiaramente il futuro vincitore inclinare la testa e compiere un movimento molto significativo... senza che nessuna sostanza sia visibile sullo schermo. Il batterista del gruppo Ethan Torchio sembra accorgersi della presenza della telecamera e lo avverte con un gesto del gomito. Troppo tardi per evitare lo scandalo (lo scandalo?, ndr) [...] Coincidenza o no, l'inno rock cantato da Damiano David Zitti e buoni (in francese: 'Taisez-vous et être sages') è proprio una critica al politicamente corretto (quindi? chi è politicamente scorretto si droga di default?, ndr). Il Paris Match (oltre a fare una figuraccia e una pessima informazione) se la canta e se la suona da solo. Una giornalista di Europa1 commenta divertita: "Così ha sniffato il vetro". Wow, che professionalità. Mentre un conduttore arriva addirittura ad appellarsi a Macron per la squalifica della band. Abbiamo toccato il fondo, è ufficiale. Così Francia e Italia hanno trascorso la notte al fronte. Ogni secondo partiva un colpo mortale. I francesi hanno passato le ore dandoci dei cocainomani e gli italiani si sono incazzati come delle iene (in giro ci sono diverse risposte degne di nota, altre fin troppo volgari. Però, a volte, non bisogna abbassarsi a certi livelli, cari italiani. Lasciateli crogiolare nel loro brodo di invidia). Raccontati i fatti, spiegato l'accaduto dai diretti interessati, guardati e riguardati i video, mi viene spontaneo pormi una domanda. Ma i francesi credono davvero che Damiano sia riuscito a portare (di nascosto) della cocaina davanti a migliaia di telecamere, controlli e telespettatori, quando per potersi esibire sul palco ha dovuto togliere dal brano "coglioni" e "cazzo"? La faccio ancora più breve: i nostri simpatici cugini credono davvero che a Rotterdam non accettino le parolacce cantate ma sponsorizzino la cocaina?
Serena Pizzi. Nasco e cresco a Stradella, un piccolo paese che mi ha insegnato a stare al mondo. Milano, invece, mi ha dato la possibilità di realizzare il mio sogno più grande: fare la giornalista. Amo conoscere, osservare e domandare. Mi perdo nei dettagli delle cose e delle persone. Del resto sono i dettagli a fare la differenza, no? Vivo in simbiosi con i miei
Tutte le rosicate dei francesi. Simone Savoia il 23 Maggio 2021 su Il Giornale. Il caso dei Maneskin e della bufala sulla cocaina è solo l'ultimo di una serie di casi in cui i francesi, sconfitti dagli italiani, hanno rosicato. E non poco. Rotterdam, 22 maggio 2021, Eurovision Contest Song, classifica finale: primi i Måneskin con 524 punti, seconda la francese Barbara Pravi con 499 punti e terzo il franco svizzero Gjon’s Tears con 432 punti. il quartetto rock italiano composto da Damiano, Victoria, Thomas ed Ethan si porta a casa il trofeo dopo aver bruciato sul traguardo tutti i concorrenti della gara canora internazionale grazie al voto del pubblico. I Måneskin erano quarti dopo il voto della giuria tecnica; ma il pubblico (per regolamento non quello italiano) li ha fatti volare in testa con una pioggia di voti, che hanno fruttato ben 318 punti. “Zitti e buoni”, come recita il titolo della canzone vincitrice, e tanti saluti a tutti. Nemmeno il tempo di spegnere le luci e i rumori della festa ed ecco che spunta un video estrapolato dalla diretta della serata. Si vedono i Måneskin seduti a un tavolino dopo la loro esibizione sul palco e prima della dichiarazione dei voti; a un tratto il frontman Damiano David si china sul tavolino e si rialza quasi subito. Secondo alcuni si tratterebbe di una clamorosa “pippata” di cocaina in eurovisione. E indovinate chi chiede subito a gran voce la squalifica della band romana? I francesi, ovviamente! Che in questo modo vedrebbero la loro beniamina Barbara Pravi balzare al primo posto con la canzone “Voilà”, un titolo e un programma. Ovviamente non succede nulla, i Måneskin si dicono pronti anche a sottoporsi a un test anti-droga e Damiano David nega di aver mai fatto uso in vita sua di sostanze stupefacenti. Ma qualche media francese entra a gamba tesa con titoli e articoli sugli “italiani popolo di drogati”. Il problema è che, quando un italiano li batte sul campo, i cugini francesi non la prendono mai benissimo. “E i francesi ci rispettano/ che la balle ancora gli girano”, come canta Paolo Conte in ‘Bartali’ del 1979, uno dei suoi pezzi più famosi e iconici. Il cantautore astigiano si riferiva alla vittoria di Gino Bartali al Tour de France del 1948, prima tappa con arrivo in volata a Trouville-sur-Mer in Normandia: il ‘Ginaccio’ nazionale aveva bruciato sul traguardo Guy Lapèbie e Louis Bobet, campioni del ciclismo transalpino dell’epoca. E sarà sempre Bartali ad arrivare in maglia gialla sull’Avenue des Champs-Élysées a Parigi, fine della Grand Boucle. E sempre l’Arco di Trionfo della Ville Lumière farà da cornice a un’altra apoteosi del ciclismo italiano: 2 agosto 1998, Felice Gimondi, direttore sportivo della Mercatone Uno-Bianchi solleva sul podio il braccio al suo ciclista di punta, il Pirata Marco Pantani, trionfatore dell’ottantacinquesima edizione del Tour. 9 luglio 2006, Berlino, Olympiastadion. Finale dei Campionati del mondo di calcio, Italia-Francia. Minuto 10 del secondo tempo supplementare, squadre stremate e ferme sull’1 a 1. I nostri cugini sembrano a tanto così dal piazzare il colpo decisivo e portarsi a casa la Coppa. Ma a un tratto l’arbitro argentino Horacio Helizondo ferma il gioco perché poco distante dall’area azzurra, a palla lontana, il difensore centrale Marco Materazzi si contorce a terra dal dolore con le mani al petto. È stato colpito con una testata dal campionissimo francese Zinedine Zidane, che viene espulso, chiudendo in questo modo la sua straordinaria carriera e condannando i transalpini alla sconfitta ai calci di rigore. Polemiche a non finire sui media francesi sugli “italiani imbroglioni”, rinfocolate poi il 28 novembre 2006 dalla decisione del settimanale francese France Football di conferire il Pallone d’Oro 2006 al difensore Paolo Cannavaro. Apriti cielo! Offesa mortale a Zidane, italiani ladri di coppe e palloni d’oro eccetera, eccetera. 26 marzo 2021, il quotidiano francese ‘Le Monde’ titola così un articolo sul Presidente del Consiglio italiano Mario Draghi: “Un italiano così europeo…”. I giornalisti transalpini sono preoccupati che l’autorevolezza dell’ex presidente della Banca Centrale Europea possa togliere spazio nei consessi continentali all’allure del presidente francese Emmanuel Macron e alla tradizionale grandeur francese. 2 marzo 2014, Los Angeles. Alla cerimonia per gli Oscar del cinema trionfa ‘La grande bellezza’ del regista napoletano Paolo Sorrentino. Una fotografia strepitosa a immortalare i mille angoli eterni di Roma Capitale. Ed è di nuovo una grande “rosicata” per i nostri cugini. Il quotidiano ‘Le Monde’ titola su una Roma “a rischio bancarotta. Jep Gambardella (il protagonista del film, ndr) perfetto simbolo del declino”. Forse anche perché la famosa statuetta non arriva dalle parti di Parigi dal 1993, anno in cui fu premiato il film “Indochine” di Règis Wargnier. Un digiuno di celluloide lungo 18 anni. 22 novembre 1985, Parigi. Silvio Berlusconi in conferenza stampa risponde alle perplessità di ambienti governativi e mediatici francesi circa l’operazione La Cinq, cioè lo sbarco in Francia della tv commerciale autorizzato dal governo transalpino 48 ore prima. A chi lo accusa di voler creare una ‘télévision Coca-Cola’, cioè estremamente commerciale, il Cavaliere risponde di voler creare invece una ‘télévision beaujolais et champagne le samedi’, cioè una televisione da grandi vini rossi e champagne, bandiere dell’enologia francese. Berlusconi aveva messo il dito nell’orgoglio francese, rimasto spiazzato da un imprenditore italiano che veniva a conquistare l’etere di casa loro. Diventarono pazzi. “Rosicare”, “ronger” diventa un’arte francese specialmente quando i nostri cugini volgono lo sguardo verso il Bel Paese. Ma, suvvia, un po’ di sportività. La grandeur, cari cugini, resta alla Francia! Noi italiani ci accontentiamo di stare “zitti e buoni”…
Simone Savoia. Napoletano, ma anche apollosano caudino, ma anche un pochettino piemontese. Annata 1976. Quotidiani e tv locali a Napoli, poi a Milano. Dal 2008 collaboratore di Videonews Mediaset, con Mattino Cinque e Dritto&Rovescio. Uditore enologico con i degustatori dell'Associazione
Maneskin, Damiano e la cocaina. "Vincere e vinceremo": Delphine Ernotte e l'ipotesi della denuncia francese. Libero Quotidiano il 24 maggio 2021. Le grottesche conseguenze del "caso Maneskin" rischiano di travolgere mezza Francia che conta. Ricapitoliamo: la rockband italiana sabato sera vince l'Eurovision Song Contest, grazie alla giuria popolare che ribalta l'esito del televoto, relegando la cantante transalpina Barbara Pravi al secondo posto. I francesi, che si sentivano già il trionfo in tasca, non la prendono bene, e sui social iniziano far diventare virale un video (poi verificatosi una fake news, ancorché equivocabile) in cui Damiano David, cantante dei giovanissimi vincitori, abbassa la testa su un tavolino. "Sta sniffando cocaina", assicura il tweet. Apriti cielo: Damiano e i Maneskin smentiscono per ore e ore ("Mai fatto uso di droghe", "Inaccettabile", ripetono) e addirittura, al ritorno in Italia, il frontman si sottoporrà a un test anti-droga volontario. Il guaio è che a protestare e a chiedere la squalifica dei Maneskin non è solo qualche migliaio di fan invasati sui social. In gioco entrano anche personalità politiche e dello spettacolo francese di primissimo piano. Un incidente diplomatico vero e proprio. "Se fosse confermato che il candidato italiano ha commesso questo gesto, ci vuole davvero una squalifica. Attendiamo le conclusioni dell’inchiesta! Ma se è vero, squalifica! Se è così stanno le cose la Francia deve vincere! Faccio appello alla tv francese, a Eurovision e Emmanuel Macron", ha attaccato sabato notte su Twitter Cyril Hanouna, seguitissimo e molto vicino anche al presidente Macron. Il ministro degli Esteri francese in persona, Jean-Yves Le Drian, tuona: "È la commissione di deontologia che deve risolvere la questione. Se c’è bisogno di sottoporsi ai test, faranno i test". Il quotidiano Paris-Match per primo chiede la squalifica dei Maneskin, e si sparge la voce che la delegazione francese dell'ESC, guidata da France Televisions, sia pronta a denunciare Damiano. Dopo molte ore, scrive Le Parisien, la patron di France Televisions Delphine Ernotte avrebbe però precisato che "non intende sporgere denuncia". Scelta di buon senso che fino a poche ore fa non appariva così scontata. E nonostante le foto diffuse sui social testimoniano come il motivo per cui il cantante italiano si era abbassato sul tavolino non fosse per "pippare", ma per spostare da terra i cocci di un bicchiere di vetro fatto cadere inavvertitamente, anche la grande sconfitta Pravi (forse l'unica autorizzata a essere amareggiata) si era abbandonata ai veleni: "Quello che è vero è che queste sono persone che sono state elette e dal pubblico e dalla giuria. Dopo, se si drogano, se si mettono le mutande sottosopra o qualcosa del genere, non è un mio problema". Se è una riconciliazione, è decisamente goffa. "L'Eurovision - assicura invece Ernotte - è una competizione sana, senza grossi problemi, con molto fair play e amicizia tra le squadre e dobbiamo mantenere quello spirito. Vogliamo vincere, ma saremo felici di andarci il prossimo anno in Italia. E vinceremo". Ci mancavano pure il riferimento al Duce e l'ombra del boicottaggio".
Maneskin, lo zampino di Macron sulla richiesta di squalifica per "cocaina". Tweet nella notte, chi è Cyril Hanouna. Libero Quotidiano il 24 maggio 2021. La macchina del fango contro i Maneskin e Damiano David, accusato di aver "sniffato cocaina" in diretta all'Eurovision Song Contest è partita dalla Francia, delusa per il ribaltone della giuria popolare che ha assegnato la vittoria alla rockband italiana beffando la cantante transalpina Barbara Pravi, in testa dopo il televoto. A Parigi si sentivano il trionfo in tasca e non l'anno presa bene. A scatenare la vergognosa campagna mediatica social contro i Maneskin è però stato soprattutto un uomo di spettacolo, seguitissimo in Francia e molto intimo con il presidente Emmanuel Macron e la moglie Brigitte. Si tratta del comico Cyril Hanouna, che con un tweet notturno ha rilanciato i sospetti su Damiano e ha scritto: "Se fosse confermato che il candidato italiano ha commesso questo gesto, ci vuole davvero una squalifica. Attendiamo le conclusioni dell’inchiesta! Ma se è vero, squalifica! Se è così stanno le cose la Francia deve vincere! Faccio appello alla tv francese, a Eurovision e Emmanuel Macron". Da scherzo e meme social, la questione dunque è diventata diplomatica. A tal punto da indurre il ministro degli Esteri francese Jean-Yves Le Drian a intervenire, in maniera ufficiale: "È la commissione di deontologia che deve risolvere la questione. Se c’è bisogno di sottoporsi ai test, faranno i test". Una entrata a gamba tesa senza precedenti, che ha costretto gli organizzatori a commentare quanto accaduto a Rotterdam sabato sera. "Siamo consapevoli delle voci che riguardano il video dei vincitori italiani dell’Eurovision Song Contest nella Green Room di ieri sera - spiega in una nota la European Broadcasting Union -. La band ha fortemente smentito le accuse di consumo di droga e il cantante in questione farà un test antidroga volontario dopo l’arrivo a casa. Lo hanno chiesto loro stessi ieri sera ma non siamo riusciti ad organizzarlo". Alla faccia del "è solo rock & roll". Quando c'è di mezzo la Francia (sconfitta), tutto può accadere.
I Maneskin sono rock? Sì, come Toto Cutugno…Come un sol uomo, la nazione tutta si stringe intorno a Damiano dei Maleskin, accusato di aver usato cocaina nella Green Room in attesa del risultato finale dell’Eurofestival. I tempi sono cambiati: il rock diventa "pulito". Lanfranco Caminiti su Il Dubbio il 24 maggio 2021. Perché è un bravo ragazzo/e nessuno lo può negar. Come un sol uomo, la nazione tutta si stringe intorno a Damiano dei Maleskin, accusato di aver usato cocaina nella Green Room in attesa del risultato finale dell’Eurofestival. L’Italia chiamò: a parte i fan, pronti a marciare su Rotterdam, Cristiano Malgioglio tira giù le braghe e sfoggia un magnifico paio di boxer tricolori; Alessia Marcuzzi, Fabio Fazio, Amadeus, Selvaggia Lucarelli, Francesco Giorgino, per dirne solo alcuni – insomma, uomini di spettacolo e giornalisti seriosissimi – sono pronti a mettere la mano sul fuoco sull’integrità morale di questi ragazzi. Non poteva mancare la chiesa: don Dino Pirri, prete molto amato dai giovani perché diffonde il Vangelo anche sui social, è lapidario: «I Maneskin non sniffano». E se lo dicono i preti. E poi, c’è il sigillo governativo: l’account twitter ufficiale di Palazzo Chigi si congratula per la vittoria. Sventola il tricolore. Manuel Agnelli che li ha sempre sponsorizzati si spinge in una dichiarazione storica: «Da oggi non ci considereranno più solo pizza e mandolino». D’altronde che siano proprio bravi ragazzi lo avevano già dimostrato – cambiando “le parolacce” di Zitti e buoni, come da regolamento del festival europeo; e ci hanno vinto il premio per il miglior testo, prima di vincere quello generale: così, il verso “Vi conviene toccarvi i co**ioni” è diventato “Vi conviene non fare più errori” mentre “Non sa di che caz*o parla”, si è trasformato in un più pacifico “Non sa di che cosa parla”. I giurati hanno premiato le buone intenzioni. E i francesi che s’incazzano – non dovrebbe stupirci più di tanto, lo fanno sempre quando le prendono da noi. Il ministro degli Esteri francese, Jean-Yves Le Drian, ha auspicato l’effettuazione di un test antidroga da parte della band. Prima del voto del pubblico, Voilà di Barbara Pravi era alle spalle del brano presentato da Gjon’s Tears per la Svizzera. Al termine delle votazioni (giuria più pubblico) la Francia si è piazzata seconda. Però, gli svizzeri non hanno detto nulla. Paris Match, uno dei settimanali francesi più diffusi, ci va giù d’accetta: «Va detto che le immagini non danno adito a dubbi, anche in mancanza di una prova formale». E i giornali che svolazzano. Il comunicato ufficiale dell’European Broadcasting Union consolida la tesi dei Maneskin: nella Green Room non è successo niente. L’orgoglio italiano si ritrova dopo trentun anni – tanti ne sono passati dalla storica vittoria di Toto Cutugno, 1990, che a sua volta arrivava ventisei anni dopo la storica vittoria di Gigliola Cinquetti, 1964 – in una manifestazione che, per la verità, non è che abbiamo amato mai molto. Dal 1997 al 2011, l’Italia non ha partecipato all’Eurofestival: va detto che all’Eurofestival si entra e si esce con una certa frequenza, quest’anno erano assenti Armenia, Montenegro e Ungheria, che se c’erano chissà come finiva. Nel 1997 dovevano vincere i Jalisse – era quasi dato per certo. E invece arrivarono quarti, dietro la Turchia. Forse per ripicca poi vi rinunciammo – però a viale Mazzini non è che fossero proprio entusiasti dell’idea di poter vincere, che poi sarebbe toccato all’Italia organizzare e sono spese e pensieri, insomma. D’altra parte, già dal 1981 al 1983 la Rai aveva deciso di non partecipare, perché «la manifestazione era di scarso interesse». Mica siamo l’Albania, noi, che lo dà su tutti i canali disponibili. L’Eurofestival è un po’ come Giochi senza frontiere, quel programma voluto dall’Unione europea che andò in onda dal 1965 al 1999, in cui cittadini di questa o quella città europea si sfidavano in giochi bizzarri, elaborazioni complicate di un “rubabandiera” dell’oratorio. Non è stato mai attraversato da polemiche particolari – tranne nel 1969 quando ben quattro nazioni arrivarono ex-aequo e tutte furono proclamate vincitrici e l’Austria si era rifiutata di partecipare perché si teneva nella «Spagna fascista». Neanche la vittoria della drag queen Conchita Wurst nel 2014, creò particolare scandalo. I tempi sono cambiati, signora mia. Ma la droga, no. Così, in uno strano rovesciamento delle cose, il rock diventa “pulito”: niente Janis Joplin, Jimi Hendrix, Jim Morrison e la lunga litania di band, dai Beatles ai Rolling, ai Sex Pistols impasticcati, bucati, pippati, ribelli. “Noi siamo contro la droga” – si affrettano a dire i Maneskin, pronti a effettuare un test, se necessario: siamo all’oratorio, no? «Mio papà, dice Damiano, mi ha rimproverato perché ieri l’ho fatto piangere per la seconda volta in un mese» – le due vittorie a filotto: Sanremo e Rotterdam. I figli so’ piezz’ ‘e core – si sa. Comunque, abbiamo vinto qualche cosa. E nei tempi grami del covid, è un sollievo nazionale. L’Italia chiamò.
Toto Cutugno, "sei mesi dopo scoppiò la guerra". Maneskine, cocaina e vergogna francese: una inquietante profezia. Libero Quotidiano il 24 maggio 2021. C'è un filo che lega i Maneskin e Toto Cutugno, ultimo vincitore italiano, 31 anni fa, dell'Eurofestival prima dei ragazzi romani. "Ha vinto un pezzo rock e mi ha fatto molto piacere perché significa che l’Italia può fare tutto", si è complimentato il cantante che oggi ha 77 anni. "Capacità scenica e modo di stare sul palco, sono andati fuori da tutti gli schemi e proprio questa è stata la loro forza", ha commentato. Ai tempi di Cutugno dovevano esserci i Pooh, vincitori a Sanremo 1990, scrive il Corriere della Sera, "ma ci ripensarono. E allora chiesi io di poterci andare da secondo". Allora c'era molta tensione a Zagabria, ricorda Toto, c'era ancora la Jugoslavia: "Nel pomeriggio salii su una mongolfiera contro il parere dei miei discografici. Sbandò e mi vennero a prendere, incavolatissimi". E la sera non portò Gli amori, con cui aveva gareggiato quell’anno, ma scelse un brano Insieme: 1992 dove il cantante raccontava "l’Europa unita prima che si realizzasse". Poco dopo sarebbe scoppiato il conflitto in Jugoslavia. "Quattro ragazzi del coro mi raccontarono dei problemi", prosegue Toto Cutugno, "sei mesi dopo ci fu la guerra e uno di loro è morto. Non posso dimenticarlo". Quella sera però le cose andarono bene: Toto Cutugno infatti riucì a battere, esattamente come adesso, i francesi, rappresentati da tale Joëlle Ursull. E con un copione davvero simile a quello di sabato: "La Francia era prima, io ero terzo o forse quarto e verso la fine l’ho superata". Ma nessun ministro degli Esteri a Parigi allora provò a contestare la sua vittoria, con fantomatiche accuse di uso di droga, come è accaduto per i Maneskin. E si spera che a differenza di allora, non stia per scoppiare nessuna guerra.
Damiano dei Maneskin, "riportami a casa": brutale umiliazione per i francesi in prima pagina, la pesantissima frase rubata. Libero Quotidiano il 24 maggio 2021. Una vergogna francese, quella contro Damiano dei Maneskin, trionfatori all'Eurovision. Come è noto, i transalpini hanno montato una panna rancida contro l'artista, accusato di aver sniffato cocaina davanti a tutti, nel corso della proclamazione. Un assoluto delirio: basta guardare con attenzione il video per comprendere come sia impossibile che Damiano abbia sniffato della cocaina. Ma tant'è, nemmeno di fronte all'evidenza i francesi si sono arresi. Sono piovuti articoli vergognosi che davano il fatto per certo, assodato. E ancora, interventi di ministri e politici che, altrettanto, non avevano dubbio alcuno: Damiano aveva pippato. Inspiegabile. Vergognoso. Dunque le accuse della stessa televisione che trasmette l'evento, che ha però fatto sapere nella tarda mattinata di lunedì 24 maggio che non denuncerà il cantante. Cara grazia...Il povero Damiano, in tutto ciò, sta per sottoporsi a un test anti-droga con cui fugare in modo definitivo ogni sospetto e dimostrare che di cocaina non ne pippa, men che meno in favor di telecamera agli Eurovision. E su questa vicenda, ecco piovere l'inarrivabile ironia di Osho, sulla prima pagina del Tempo, il quotidiano capitolino diretto da Franco Bechis. Il titolone della foto di prima riporta: "Il trionfo Maneskin non vi giù ai francesi". E a corredo ecco la Gioconda, il capolavoro di Leonardo Da Vinci da sempre al centro di una contesa tra Italia e Francia, con i secondi che se lo tengono ben stretto. E nella libera interpretazione di Osho, ecco che la Monnalisa, rivolgendosi al frontman dei Maneskin, afferma: "Damià, riportame a casa insieme a Marlena". E chi ha orecchie per intendere, intenda...
Maneskin, Matteo Salvini contro la Francia: "Ma chi lo dice ai francesi?", caso chiuso con sfottò. su Libero Quotidiano il 24 maggio 2021. "Bisogna saper perdere". Matteo Salvini, sui social, cita una vecchia canzone dei Rokes, band di culto del beat italiano anni Sessanta, per commentare quanto sta accadendo intorno ai Maneskin e all'Eurovision Song Contest. Sabato sera, a Rotterdam, la giovanissima rockband romana vince grazie alla giuria popolare, ribaltando il televoto che dava la francese Barbara Pravi in testa. Subito dopo il verdetto, i telespettatori transalpini pensano bene di guardare la festa agli italiani facendo diventare virale un video (palesemente falso, anche se equivocabile) in cui Damiano David, cantante dei Maneskin, si china sul tavolo. "Sniffa cocaina", è la tragicomica accusa, cavalcata però anche da autorità di primo piano d'Oltralpe, a partire dal comico Cyril Hanouna che si è appellato al presidente Macron (a cui è considerato molto vicino) per chiedere la squalifica degli italiani. Del caso si è occupato addirittura il ministro degli Esteri Jean-Yves Le Drian, tuona: "È la commissione di deontologia che deve risolvere la questione. Se c’è bisogno di sottoporsi ai test, faranno i test". Si arriva al punto da costringere Damiano a sottoporsi a un test anti-droga volontario al rientro in Italia, mentre la delegazione francese minaccia addirittura di denunciare il cantante. Ora che tutto sembra lentamente (troppo lentamente...) rientrare e che la delirante bolla social si sta afflosciando, non resta che compatire simpaticamente i cugini, mai tanto amici. "Bisogna saper perdere - scrive Salvini -. Chi lo spiega ai francesi?!?". Quindi il leader della Lega si fa molto più serio: "Bravo Damiano e bravi Måneskin, le vostre parole contro le droghe siano di esempio a molti".
Eurovision, l'accusa alla cantante francese dopo il cocaina-gate: "Copiona, da dove arriva quel testo". Libero Quotidiano il 24 maggio 2021. Cristiano Malgioglio è stato una delle più belle sorprese dell’Eurovision Song Contest 2021, vinto dai Maneskin e trasmesso in diretta su Rai1, che ha fatto registrare un vero e proprio boom di ascolti. Malgioglio è stato sul pezzo e ha anche aggiunto quella nota di colore e leggerezza necessaria in una trasmissione del genere. Ospite di Serena Bortone a Oggi è un altro giorno, ha affrontato ovviamente anche la polemica innescata dalla Francia su Maneskin. In particolare Damiano David è stato accusato di aver sniffato cocaina in eurovisione, mentre attendeva la proclamazione del vincitore della kermesse canora europea: una follia pura, smentita sia dalle immagini che dalle testimonianze degli organizzatori. Addirittura alcune trasmissioni televisive francesi hanno interpellato il ministro degli Esteri e chiesto la squalifica dei Maneskin, salvo poi iniziare a ritrattare una volta compresa la figura barbina a livello internazionale. Malgioglio ha risposto al fuoco francese accusando la loro cantante di essere una “copiona”. “Dolce, stupenda, bella voce”, ha ammesso riguardo a Barbara Pravi, salvo poi aggiungere diverse stoccate: “Quando l’ho vista ho pensato che stesse partecipando a Tale e Quale Show, mi sembrava una Edith Piaf. Ma a differenza della Piaf che aveva questo dolore in gola, lei aveva una voce molto pulita. In quella canzone c’era un po’ di tutto. Quando ha cominciato a cantare ‘voilà, voilà, voilà’ mi ha ricordato ‘padam, padam, padam’ della povera Piaf o ancora mi ricordava ‘manì, manì, manì’. Orrenda. Chi mi conosce sa benissimo che io non mi tengo niente”.
Da repubblica.it il 24 maggio 2021. "Nessun consumo di droga è avvenuto nella Green Room e riteniamo chiusa la questione". Così l'Ebu, European Broadcasting Union, che promuove e organizza l'Eurovision Song Contest mette fine alla vicenda che ha coinvolto i Maneskin e Damiano in particolare per alcune immagini in cui sembrava stesse sniffando durante la diretta tv della finale vinta dalla band romana. "A seguito delle accuse di consumo di droga nella Green Room dell'Eurovision Song Contest Grand Final di sabato 22 maggio, l'European Broadcasting Union (Ebu), come richiesto dalla delegazione italiana, ha condotto un esame approfondito dei fatti, controllando anche tutti i filmati disponibili", si legge nel comunicato ufficiale reso noto poco fa. "Un test antidroga è stato anche fatto volontariamente nella giornata di oggi dal cantante del gruppo Maneskin che ha restituito un risultato negativo visto dall'Ebu - si legge ancora -. Siamo allarmati dal fatto che speculazioni imprecise che portano a notizie false abbiano oscurato lo spirito e l'esito dell'evento e influenzato ingiustamente la band. Ci congratuliamo ancora una volta con i Maneskin e auguriamo loro un enorme successo. Non vediamo l'ora di lavorare con il nostro membro italiano Rai alla produzione di uno spettacolare Eurovision Song Contest in Italia il prossimo anno". E la Francia ha fatto sapere che non sporgerà reclamo sulla vittoria della band romana "perché l'Italia non ha rubato la vittoria", ha detto la numero uno di France Télévisions, la tv pubblica francese, Delphine Ermotte, nel corso di un'intervista al quotidiano Parisien. "Il voto è stato estremamente chiaro in favore dell'Italia - ha sottolineato Ermotte - La vittoria non è stata rubata ed è questo ciò che conta". La dirigente ha sottolineato che "l'Eurovision è una competizione sana, senza colpi bassi, con molto fair-play e amicizia tra le squadre e bisogna conservare questo spirito". Nessun dubbio, secondo la manager, che sarà la Francia, seconda classificata quest'anno, a trionfare il prossimo anno in Italia. "Vogliamo vincere, ma l'anno prossimo andremo con piacere in Italia. E vinceremo con lealtà, senza bisogno di reclami", ha concluso.
Maneskin, "Damiano ha fatto il test antidroga": dagli organizzatori dell'Eurovision, l'umiliazione finale della Francia. Libero Quotidiano il 24 maggio 2021. Il cocaina-gate è un capitolo definitivamente chiuso. Damiano David, frontman dei Maneskin freschi vincitori dell’Eurovision Song Contest 2021, si è sottoposto volontariamente a un test antidroga dopo che la stampa francese lo aveva accusato di aver sniffato cocaina indiretta. Un’accusa folle e infamante, avvalorata con alcuni frammenti di immagini che potevano sembrare equivoche a un primo sguardo. “A seguito delle accuse di consumo di droga nella Green Room dell’Eurovision Song Contest Grand Final di 22 maggio - si legge nel comunicato ufficiale degli organizzatori di Ebu - abbiamo condotto un esame approfondito dei fatti”. Sono stati controllati tutti i filmati disponibili, come richiesto in primis dalla delegazione italiana che non poteva credere alle accuse infamanti e assolutamente false mosse dalla Francia. “Un test antidroga è stato anche intrapreso volontariamente nella giornata di oggi dal cantante del gruppo Maneskin che ha dato esito negativo visto dall’Ebu”, si legge nel comunicato. “Nessun consumo di droga è avvenuto nella Green Room e riteniamo chiusa la questione”, ha aggiunto l’Ebu. Che poi ha rifilato una stoccata non indifferente alla Francia, che dovrebbe chiedere scusa e vergognarsi e non semplicemente prendere atto della vittoria onesta dell’Italia. “Siamo allarmati - hanno scritto gli organizzatori - dal fatto che speculazioni inesatte che portano a notizie false abbiano oscurato lo spirito e l’esito dell’evento e influenzato ingiustamente la banda. Ci congratuliamo ancora una volta con i Maneskin e auguriamo loro un enorme successo. Non vediamo l'ora di lavorare con il nostro partner italiano Rai alla produzione di uno spettacolare Eurovision Song Contest in Italia il prossimo anno”.
Maneskin, la Francia riapre il cocaina-gate: “Perché il test non è valido”, altro fango su Damiano. Libero Quotidiano il 30 maggio 2021. Il cocaina-gate montato ad arte dalla stampa francese che non ha digerito la vittoria dei Maneskin all’Eurovision Song Contest 2021 sembrava essere stato definitivamente archiviato dagli organizzatori della kermesse, che hanno svolto le loro indagini e soprattutto hanno comunicato che il test antidroga a cui si è sottoposto Damiano David è risultato negativo. A distanza di giorni, la polemica in Francia non si è però arrestata: a riaprirla ci ha pensato il sito Melty, popolarissimo sui social, che continua a insinuare che il frontman della rock band italiana abbia fatto uso di cocaina nella Green room. I francesi sostengono che quello di Damiano sia stato un “gesto che suggerisce fortemente l’assunzione di cocaina”, al punto da mettere in dubbio anche il comunicato ufficiale con cui gli organizzatori hanno chiuso il caso, assicurando che “nessun uso di droghe ha avuto luogo nella Green room”. La vicenda però resta ancora aperta per i francesi: secondo il sito Melty il test antidroga effettuato da Damiano non sarebbe infatti valido, arrivando a chiedere un parere a dei presunti esperti di consumo di droga e di screening. A loro dire il test non sarebbe valido perché eseguito oltre 24 ore dopo la presunta assunzione di cocaina: “Gli esperti dicono di essere perplessi - si legge su Melty - un test effettuato più di 24 ore dopo l’assunzione di questo potente narcotico è probabilmente negativo, a meno che non si tratti di un test delle urine”. Insomma, la Francia proprio non riesce ad arrendersi all’evidenza di un trionfo indiscutibile da parte dei Maneskin.
Maneskin, Damiano e la "cocaina" all'Eurovision, Vasco Rossi contro i francesi: "Testatevi voi". Libero Quotidiano il 25 maggio 2021. Vasco Rossi interviene sul caso Maneskin all'Eurovision. La polemica è scoppiata quando una rivista francese ha accusato il frontman Damiano David di aver sniffato cocaina in diretta internazionale. In ogni caso, il test anti-droga che il cantante si è fatto ieri, con esito negativo, ha messo a tacere tutti i malpensanti. Commentando la figuraccia dei giornalisti d’Oltralpe, che in un primo momento hanno addirittura chiesto la squalifica del gruppo, Vasco Rossi ha pubblicato un post scrivendo: "Testatevi voi stessi, bigotti". Il cantante italiano, in particolare, ha postato una foto dei Rolling Stones, nella quale appaiono Mick Jagger e Keith Richards che se la ridono: "Faremo il test antidroga". Un'immagine ironica con cui Vasco ha voluto mostrare il massimo supporto ai Maneskin, band che ha già detto più volte di stimare. In una recente intervista li ha anche elogiati: "Io e i Maneskin siamo gli ultimi ribelli rock. In loro sento quella voglia di andare contro l’omologazione che provavo io. Il riff di chitarra è fenomenale. La loro 'Zitti e buoni’ è la mia 'Siamo solo noi’". Scherzando nelle sue storie Instagram, poi, il cantante ha detto: "Lo faccio anch'io il test antidroga". Salvo poi scoppiare a ridere. E ancora: "Comunque viva il rock e viva i Maneskin, che sono giovani e che cominciano a fare del rock in italiano".
Da open.online il 24 maggio 2021. La Francia adesso ci ripensa. Dopo essere arrivata seconda all’Eurovision, e aver accusato i vincitori, i Maneskin, di aver fatto uso di cocaina durante la diretta, ha deciso che «non intende sporgere denuncia». La notizia, riportata da Le Parisien, arriva da Delphine Ernotte, patron di France Televisions, che gestisce la delegazione francese. La bufera tiene ancora banco, così Damiano, frontman della band italiana, ha fatto sapere che si sottoporrà volontariamente, insieme ai suoi colleghi, al test antidroga, dopo che il video che lo ritrae mentre si avvicina col capo chino a un tavolo – e che è stato ritenuto ambiguo – è diventato virale. E dopo le insinuazioni fatte in conferenza stampa: «Non è vero, per favore, non ditelo», aveva commentato. «L’Eurovision è una competizione sana, senza grossi problemi, con molto fair play e amicizia tra le squadre e dobbiamo mantenere quello spirito», continua il tecnico Ernotte. «Vogliamo vincere, ma saremo felici di andarci il prossimo anno in Italia. E vinceremo». Anche Barbara Pravi, arrivata seconda alla competizione con Voilà, si è staccata dalle polemiche. «Queste sono cose che non mi riguardano. E soprattutto quello che è vero è che queste sono persone che sono state elette e dal pubblico e dalla giuria. Dopo, se si drogano, se si mettono le mutande sottosopra o qualcosa del genere, non è un mio problema», ha detto. Intanto ieri la band italiana è atterrata a Fiumicino. Grida di gioia e applausi hanno accolto i cantanti, stanchi ma felici, all’aeroporto. Dopo 31 anni, l’Italia è tornata vittoriosa alla competizione europea di musica leggera.
"I Maneskin? Pervertiti, omosessuali degenerati". Francesca Galici il 26 Maggio 2021 su Il Giornale. Un attacco senza precedenti dalla Bielorussia ai Maneskin dopo la vittoria all'Eurovision: un campionario di insulti gratuiti in diretta tv. Chiusa definitivamente la polemica con la Francia per il presunto (poi abbondantemente smentito) tiro di cocaina di Damiano David dei Maneskin all'Eurovision, è il turno di un'altra polemica internazionale. Stavolta le accuse al gruppo italiano arrivano direttamente dalla tv filogovernativa bielorussa. La pagina Facebook "Associazione bielorussi in Italia 'Supolka'" ha tradotto la parte di programma in cui il conduttore insulta grevemente la band vincitrice dei Maneskin. Nel profilo Facebook dell'associazione, dove è stato anche condiviso il link al video ufficiale della tv bielorussa CTV, lo scorso 23 maggio il suo autore e presentatore Grigoriy Azarenok (Ryhor Azaronak) si è esibito in una sequela di commenti personali sui Maneskin. "Guardate che cosa ha vinto Eurovision. È un bestiario dei pervertiti, omosessuali degenerati, spazzatura che sa di Aids": così verrebbero definiti i Maneskin da Grigoriy Azarenok. Il tutto è accaduto all'interno di una rubrica, chiamata "La medaglia di Giuda", che va in onda la domenica all'interno del programma "La settimana". Il conduttore non si sarebbe limitato a quella definizione dei Maneskin, ma avrebbe infierito ulteriormente sulla band: "Per fortuna non l’hanno trasmesso in Bielorussia. Il mondo moderno della democrazia e del progresso sta avanzando con successo verso la demenza totale, verso le perversioni fuori di testa, verso gli individui in tanga, verso la distruzione di tutto ciò che è umano nell’uomo". Grigoriy Azarenok, quindi, ha concluso: "Dobbiamo separarci da tale progresso dalla cortina di ferro. Preferiamo la dittatura. Tutto il mondo sprofonderà in questo abisso, ma la Bielorussia rimarrà un’isola di libertà". Un messaggio di chiara matrice propagandista verso i telespettatori del canale CTV. In Bielorussia lo spettacolo non è stato trasmesso e a Rotterdam non era nemmeno presente una loro delegazione nazionale. Quelle di Grigoriy Azarenok sono parole molto dure contro i Maneskin, che arrivano in un momento di altissima tensione internazionale dopo il dirottamento del volo Rynair su Minsk. "Un altro attacco al mondo libero e all'Europa che non possiamo tollerare", ha dichiarato Yuri Guaiana della segreteria di Più Europa. Guaiana, quindi, ha proseguito: "Ringraziamo l'associazione Bielorussi in Italia Supolka che ha diffuso questo video, che conferma ancora di più quale sia la parte giusta in cui stare: quella dell'Europa".
Francesca Galici. Giornalista per lavoro e per passione. Sono una sarda trapiantata in Lombardia. Amo il silenzio.
(Adnkronos il 5 giugno 2021) - Dopo le sgangherate accuse di consumo di droga da parte di Damiano David all'Eurovision, sui Maneskin ora i sospetti di plagio. Il brano 'Zitti e buoni', trionfatore prima a Sanremo e poi a Rotterdam, secondo media belgi ricorderebbe in maniera “eccessiva” la canzone 'You want it, you’ve got it' incisa nel 1994 dal gruppo olandese 'The Vendettas'. "La domanda è se questo sia plagio", dice Joris Lissens, componente dei The Vendettas, all'emittente olandese RTL. Le parole dell'artista vengono abbondamente riprese in Belgio e in Francia, dove i media hanno dato ampio spazio alle surreali accuse di consumo di cocaina da parte di Damiano David, frontman dei Maneskin, durante l'Eurovision. "Questi giovani -dice Lissens riferendosi ai componenti della band romana- non erano ancora nati ai tempi del nostro gruppo. Ma come hanno detto proprio i Maneskin, il rock and roll non muore mai". L'emittente Bfmtv pubblica online i due brani a confronto: "Fatevi un'idea". Nel frattempo sui social, i fan italiani dei Maneskin sono alle prese da ieri con un'altra notizia. L'addio della band romana alla manager Marta Donà che li ha seguiti da 'X Factor' fino all'Eurovision Song Contest, dove ha esultato e pianto insieme ai quattro ragazzi. "Abbiamo trascorso 4 anni indimenticabili pieni di sogni da esaudire e di progetti realizzati. Io vi ho portato fino a qui. Da adesso in poi avete deciso di proseguire senza di me. Ho il cuore spezzato ma vi auguro il meglio dalla vita ragazzi", ha scritto la manager sui social non negando sorpresa e dispiacere per la decisione della band di prendere un'altra strada. Tra le ipotesi, quello dell'arrivo di un management internazionale per i Maneskin, intenzionati a cavalcare il successo all'Eurovision per conquistare altri mercati.
Dopo la droga, il plagio: continua l'attacco ai Maneskin. Francesca Galici il 5 Giugno 2021 su Il Giornale. Non bastava l'accusa di aver consumato droga durante l'Eurofestival: adesso dal Belgio i Maneskin vengono accusati anche di plagio. Dopo l'accusa di sniffare droga da parte dei francesi, ora arriva l'accusa di plagio da parte del Belgio per i Maneskin. Il brano Zitti e buoni che ha vinto l'Eurofestival e il festival di Sanremo sarebbe "troppo simile" al brano You want it, you’ve got it registrato nel 1994 dai The Vendettas. Il caso è scoppiato a due settimane dalla vittoria della band romana e ora i componenti del gruppo hanno attaccato i Maneskin dalle frequenze della tv olandese. "La domanda è se questo sia plagio", ha detto Joris Lissens all'emittente olandese RTL. Le parole dei The Vendettas hanno avuto una grande eco mediatica sia in Francia che in Belgio. I francesi hanno colto la palla al balzo per tornare all'attacco del Maneskin dopo che è decaduta l'accusa di aver assunto cocaina, sia da parte dei Damiano David che ha fatto il test ed è risultato negativo, sia da parte dell'organizzazione dell'Eurofestival, che dopo aver visionato i video sotto accusa ha sentenziato che durante la manifestazione nessun componente del gruppo ha sniffato cocaina. Joris Lissens, quindi, ha continuato in riferimento ai Maneskin e alla loro canzone: "Questi giovani non erano ancora nati ai tempi del nostro gruppo. Ma come hanno detto proprio i Maneskin, il rock and roll non muore mai". L'attacco alla band romana è ricominciato a pieno ritmo, tanto che l'emittente Bfmtv ha messo online un video di confronto tra la canzone che ha vinto l'Eurofestival e quella dei The Vendettas. "Fatevi un'idea", hanno scritto, lasciando intere che la canzone italiana sarebbe molto simile a quella del gruppo. La notizia in Italia ha avuto un'eco relativa, l'Eurofestival è ormai finito da tempo e nel nostro Paese è tempo di pensare all'organizzazione della prossima manifestazione che dovrà tenersi proprio in Italia, in virtù della vittoria dei Maneskin. I fan della band romana, invece, sono intenti a struggersi per capire cosa sia potuto accadere tra la band e la loro manager storica, che nei giorni scorsi ha scritto un messaggio su Twitter annunciando che la sua strada si sarebbe separata da quella dei Maneskin. "Abbiamo trascorso 4 anni indimenticabili pieni di sogni da esaudire e di progetti realizzati. Io vi ho portato fino a qui. Da adesso in poi avete deciso di proseguire senza di me. Ho il cuore spezzato ma vi auguro il meglio dalla vita ragazzi", parole che lasciano intendere un addio unilaterale che ancora non ha una spiegazione. Pare, però, che per i Maneskin sia in arrivo un management internazionale.
Francesca Galici. Giornalista per lavoro e per passione. Sono una sarda trapiantata in Lombardia. Amo il silenzio.
Da ilfattoquotidiano.it il 28 maggio 2021. Dalla loro vittoria all’Eurovision Song Contest è un continuo parlare dei Maneskin, la band rivelazione dell’anno. Dopo le polemiche sul presunto uso di cocaina da parte di Damiano (poi smentito ufficialmente) e le terribili frasi pronunciate dalla tv bierolussa, adesso il frontman del gruppo è nuovamente sotto la lente di ingrandimento. Ma questa volta la motivazione è decisamente più divertente. Incredibile ma vero, qualcuno su Twitter ha notato alcune somiglianze tra il cantante della band e Lady Diana. In particolar modo gli occhi avrebbero attirato la curiosità di alcuni utenti, perlopiù stranieri e il collage realizzato da una di loro è diventato virale, scatenando le più assurde teorie complottiste e raggiungendo quasi 100mila like. Ormai infatti tutta l’Europa parla dei Maneskin e l’attenzione è rivolta soprattutto a Damiano, che su Instagram è arrivato a 2.6 milioni di follower. Un vero e proprio boom, questo è il momento d’oro per la band che aveva cominciato a cantare da Via Del Corso (Roma) con il cartone poggiato sul marciapiede e la scritta: “Metti mi piace alla nostra pagina Facebook”.
Irene Soave per corriere.it il 28 maggio 2021. La telecamera stacca, e al posto della «Medaglia di Giuda» che dà il titolo al programma compaiono le immagini dell’esibizione dei Måneskin all’Eurovision Song Contest, che la band italiana ha vinto nei giorni scorsi. La Bielorussia ne era squalificata. Il conduttore Grigoriy Azaryonok parla di «Apocalisse», di «spazzatura»: «Un bestiario di pervertiti, un bestiario di checche, in odore di Aids. Grazie a Dio questo video non è stato mostrato in Bielorussia. Il mondo moderno della democrazia e del progresso sta avanzando con successo verso la completa degradazione, verso la perversione, verso gli individui in perizoma, verso la distruzione di tutto ciò che di umano ha un essere umano. Da questo progresso dovremmo recintarci con una cortina di ferro. Meglio avere una dittatura. Lascia che il mondo intero affondi in questo abisso. Ma la Bielorussia rimarrà un’isola di libertà». Così il conduttore del programma più filogovernativo della tv di stato bielorussa Ctv, nel suo programma «La medaglia di Giuda» dedicato a deridere gli oppositori del regime di Lukashenko, parla della band italiana che ha vinto l’Eurovision. Ne ha per tutti Grigoryiy Azaryonok: poco prima dei Maneskin si era dedicato a un’altra «discarica» cioè il profilo Instagram della conduttrice tv-influencer Anna Bond, apertamente schierata coi dissidenti e attiva sul canale Tut.by, l’ultimo rimasto a sfidare il regime e ora oscurato. «Tutta la sua vita è una foto: sono in abiti nuovi, ho un bicchiere di vino, bevo il caffè, ho gli occhiali, non ho gli occhiali, ho le mutande, non ho le mutande, ho una maschera, ho una bandiera della BBC. Narcisismo stupido e senza fine; e ora questo esercito di ritardati vuole il potere. Se avessero vinto loro, questa qui sarebbe la ministra dell’informazione». Avanti così. Stiapan Putilo, animatore di uno dei principali canali Telegram dell’opposizione, «un degenerato cocainomane». E così via. Una satira feroce con più violenza che umorismo, volta a screditare i modelli di vita occidentali in favore dello stile di vita meno frivolo imposto dalla dittatura. «Presto mi aspetto di venire attaccata anch’io», racconta al Corriere Ekaterina Ziuziuk, presidente dell’associazione bielorussa in Italia Supolka. «Su uno dei loro forum, intitolato “Provocatori 2020”, sono riusciti a far finire il mio indirizzo di casa qui in Italia e il mio cellulare. Come nemica del regime mi aspetto di essere presa di mira da un momento all’altro». Già. Ma che c’entrano i Måneskin? Quello della partecipazione bielorussa all’Eurovision è un caso da mesi. Inizialmente la tv di Stato aveva candidato a partecipare il duo che sarebbe dovuto andare all’Eurovision 2020, poi cancellato per il Covid. Nel frattempo, però, oltre al Covid-19 ci sono state le proteste di piazza contro il dittatore, iniziate ad agosto scorso e proseguite per mesi, incontrando una tremenda repressione. I candidati «naturali» a partecipare appoggiano le proteste e vengono immediatamente silurati. Al loro posto partecipa una band filogovernativa mai sentita, i Galasy Z Mesta, che porta un testo contro le proteste di piazza. «Galasy Z mesta», peraltro, è un gioco di parole intraducibile: il nome significa sia «voci del posto» che, spiega Ziuziuk, «voci dall’ano». L’organizzazione del festival minaccia di squalificarli se non lo cambiano; non lo cambiano, e la Bielorussia è squalificata. Ecco spiegata l’ostilità del programma filogovernativo «La Medaglia di Giuda» contro una band di cui probabilmente non avrebbero mai sentito parlare, non fosse stato per l’eurofestival. «Ma nessuno dei bielorussi la pensa così, come il conduttore. È tutta propaganda», continua Ekaterina Ziuziuk. «Abbiamo deciso di divulgare quel video sui nostri canali social — che contengono anche le istruzioni per sostenere i prigionieri politici con lettere e messaggi, ndr — per mostrare come pensa e come si esprime il regime nel nostro Paese». Sabato 29 maggio, a Milano, vicino a Largo Cairoli alle 14 ci sarà un picchetto della sua associazione per la liberazione del giornalista Roman Protasevich, arrestato dopo il dirottamento del volo Ryanair che lo portava da Atene a Vilnius. Una possibile canzone inno della protesta c’è già, e ha vinto l’Eurovision.
Cristiana Lauro per Dagospia il 7 giugno 2021. Niente da fare: talento e successo non si perdonano a nessuno! Figuriamoci, poi, se a quattro giovani virgulti italiani in un festival europeo. Apriti cielo! Ma veniamo ai fatti, perché la questione ronza intorno al presunto plagio da parte dei Maneskin (vincitori del Festival della Canzone Italiana 2021e dell’Eurofestival a Rotterdam con il brano “Zitti e buoni”) che avrebbero (a sentire qualcuno di testate giornalistiche in Belgio) scopiazzato i The Vendettas”, che nel 1994 pubblicarono “You want it, you’ve got it”. Damiano dei Maneskin, come noto, ha già dovuto replicare e con fin troppa educazione, alle accuse di consumo di droga in pubblico alle quali, al posto di Damiano, avrei risposto: “il test antidroga, quindi, lo facciamo tutti quanti. A partire da voi!” Ma torniamo al presunto plagio e se il Rock non fa per voi non proseguite con la lettura. Il riff che regge “Zitti e buoni”è un semplicissimo accordo di mi minore, il fatto che ci siano chitarre distorte non cambia un ciufolo al senso del discorso sennò, ripeto, il vostro cervello e il rock non fanno scopa. Mille altri esempi di estrazione hendrixiana (nel senso di Jimi Hendrix) quindi a cosa si stanno attaccando? I due riff effettivamente sono molto simili, non uguali, ma ci sono anche brani italiani e di chissà dove che potrebbero rivendicare il plagio per una questione analoga, sovrapponibile, che tuttavia non spiega niente, solleva solo un po’ di polverone. Quello che è soggetto al plagio è la melodia, non l’ispirazione dell’arrangiamento al quale non è, fin qui, riconosciuta una paternità, invero un’idea. Si tratta di un riff di uso comune, una frase di uso comune. Ad ogni modo: il plagio non esiste e non solo perché i due riff, pur essendo molto simili, non sono identici, ma perché il plagio si configura sulla melodia. L’arrangiamento non è soggetto a diritto d’autore e il riff in mi minore lo hanno usato tutti quanti nel Rock, compresi i grandi Elio e le Storie Tese che hanno tratto ispirazione da molti grossi nomi non solo Hendrix, ma anche Frank Zappa. Zappa, tuttavia, era uno che evitava riff così scontati. E comunque il brano dei Maneskin “Zitti e buoni”, volendo, poteva anche fare a meno di quel riff, ma ripeto: non è plagio. Se ragioniamo in questi termini, allora tutto il Rock dalla metà degli anni Sessanta è un plagio del Chicago Blues e di Muddy Water, come già riconosciuto dai Rolling Stones e dai Led Zeppelin. Roberto Lanzo, musicista, autore e arrangiatore dice: “I Maneskin sono molto giovani ma sembrano avere già imparato la lezione del Rock e sanno scrivere canzoni, in un’epoca in cui imperversano artisti che scaricano basi pronte da YouTube e ci parlano sopra effettando la voce con Auto-Tune”. Sul tema del plagio mi sono consultata anche col maestro Jacopo Fiastri, celebre compositore, già consulente tecnico di Michael Jackson ed era ovviamente in linea col mio pensiero a difesa dei Maneskin.
Dario Salvatori per Dagospia l'8 giugno 2021. L’intervento di Cristiana Lauro dimostra ancora una volta come il sentiero del plagio possa essere impervio e scivoloso. Ma è un sentiero molto frequentato e soprattutto appassiona. Non è vero che il plagio colpisce solo la melodia. Magari. Attacca anche la strofa, il ritornello, il bridge, l’elettronica, l’arrangiamento e naturalmente anche il riff. I casi di riff plagiato possono essere minori, ma solo perché trattasi di una breve frase reiterata, quasi assimilabile alla campionatura. Qualche volta, quando è molto sfacciato, ne paga le conseguenze. L’intraprendente Rod Stewart che nel 1978 arrivò al n.1 in tutto il mondo con “Da yo think I’m sexy”, realizzò la copia carbone di “Taj Mahal”, scritta dal brasiliano Jorge Ben nel 1963 e oggi brano da trenino di Capodanno. Perse Stewart ma i due si accordarono nel devolvere la somma in varie associazioni benefiche. Anche l’arrangiamento è soggetto a plagio e soprattutto a royalties, ne sanno qualcosa Burt Bacharach e Quincy Jones, altrimenti non sarebbero i multimilionari novantenni che sono. Avrebbe potuto esserlo anche George Martin, mitico arrangiatore dell’ottanta per cento delle canzoni dei Beatles, il quale, fedele al suo stile british, oltre che dipendente della Emi dal 1950, rifiutò ogni compenso. Anche in Italia per gli arrangiatori blasonati è prevista royalty fin dagli anni Sessanta. I premi Oscar Ennio Morricone e Luis Bacalov, arrangiatori di gran parte dei cantanti della scuderia Rca (Nico Fidenco, Jimmy Fontana, Rita Pavone, Gino Paoli, Gianni Morandi, Edoardo Vianello, ecc.) realizzarono arrangiamenti per un totale di quattrocento milioni di copie vendute. Secondo voi Gino Paoli avrebbe potuto scrivere quella sequenza di archi che sottolinea l’indolenza di “Sapore di sale”? E’ soggetta a plagio anche una breve intro. Per esempio Morricone ha visto la sua intro di “Se telefonando” (1965, Mina) più volte ripresa, senza aprire nessuna richiesta risarcitoria. In quel caso l’intro con la sezione fiati determina lo stile e lo spleen del brano, esaltandone l’atteggiamento sentimentale da noia e insoddisfazione che il testo di Maurizio Costanzo descrive. Tutto questo in quattro battute. Non è neppure vero che Frank Zappa non ha copiato riff. Ne ha copiati a vagonate: “Dinah-Moe-Hum”, “Geneva farewell”, “Catholic girls” e dozzine di altri, tutti provenienti dal doo-wap, il suo genere preferito. Ovviamente ironizzati a modo suo. Il plagio può cambiare anche la carriera di un artista. Non c’è dubbio che il periodo migliore di Michael Jackson fu quello di “Thriller”, “Bad”, “Beat it”, “Billie Jean”, ovvero quando ad arrangiare c’era Quincy Jones. Ma nel 1991, quando non c’era più Jones, scrisse “Will you be there”, molto simile a “I cigni di Balaka” di Al Bano. E’ chiaro che non era andato in vacanza a Cellino San Marco, molto semplicemente si era svuotato come una zucchina e comprava canzoni. Dunque il colpevole - perché di plagiò si trattò, 37 note consecutive simili – rimase misterioso. Il divino Michael si difese, certo non poteva ammettere di non sapere nulla di quella canzone, anche perché non era stato lui a scriverla. La prima sentenza fu favorevole al cantante pugliese, gli avvocati americani trattarono una transazione ma venne ritenuta insoddisfacente. Nel 1997 arrivò quella definiva: Jackson aveva copiato ma anche Al Bano aveva ripreso il tema da “Bless you for being an angel”, un canto dei nativi americani non protetto da copyright. Infine i Rolling Stones. Jagger e compagni non hanno mai copiato i riff del Chicago style, il loro genere preferito fin da ragazzi. Hanno fatto di più. Realizzando delle notevoli cover dei loro idoli, presenti in tutti i loro primi album: “Come on”, “I want to be loved”, “Bye bye Johnny”, “Money”, “You better move on”, “Poison Ivy”, “Fortune teller”, “Not fade away”, “Route 66”, “I just want to make love to you”, “Mona”, “I’m a king bee”, “Carol”, “Can I get a witness”, “You can make it if you try”, “Walking the dog”, “It’s all over now”, “If you need me”, “Confessin’ the blues”, “Around and around”, “Time is on my side”, “Susie Q”, “Under the boardwalk”, “Little red rooster”. Solo per rimanere al 1964.
Lettera di Cristiana Lauro a Dagospia il 9 giugno 2021. Caro Dago, ti scrivo riguardo all’intervento di Salvatori in risposta al mio articolo in difesa alle accuse di plagio nei confronti dei Maneskin con il brano “Zitti e buoni”. Risposta legittima e aggraziata quella di Salvatori, chapeau! Secondo me, tuttavia, è un po’ uno sfoggio il suo e nulla più. Argomentato e colto, parlo con rispetto, ci mancherebbe! Ma vado al dunque e cito direttamente Salvatori: “Non è vero che il plagio colpisce solo la melodia. Magari. Attacca anche la strofa, il ritornello, il bridge”. E rispondo: “Ma perché, strofa, ritornello e bridge non sono la melodia??? Cosa stiamo dicendo di diverso Salvatori ed io? Forse l'arrangiamento era più tutelato un tempo, oggi molto meno e comunque, come ho già scritto, dipende dalla rilevanza che ha nella composizione ed è, chiaramente, soggetto ad interpretazione. Ma qui il punto è assai diverso: può l'utilizzo di quel riff configurare un caso di plagio? Volendo il pezzo dei Maneskin poteva tranquillamente fare a meno di quel riff (semplice e un po’ banale) ma non rileva nella struttura del brano intesa come idea autoriale, ovvero soggetta a diritto d’autore.
A proposito di esempi eccellenti, eccone uno dei Led Zeppelin. Circa la causa di plagio Michael Jackson/Al Bano - citata sempre da Salvatori- la questione fu assai diversa perché riguardava, appunto, le melodie, decisamente sovrapponibili per diverse battute, quelle sufficienti a configurare un caso di plagio. Ancorché involontario, immagino. Tant’è che i due artisti successivamente fecero pace. Ma questo chiedetelo ad Al Bano, nel caso, così vi porta anche una boccia del suo Platone dal Salento, che è un vino niente male davvero. Chiudo ripetendo che un riff di chitarra Rock su mi minore non può essere discussione di plagio. Lo farebbe per istinto anche mio nipote con una chitarra in mano, dai! Se parliamo di riff e citazioni possiamo divertirci a riascoltare i primi album di Elio e le storie tese, quelli mettono per davvero tutti zitti, muti e in ginocchio. Con i brani Servi della Gleba e Tapparella, ad esempio, finirebbero davanti a una corte spietata, se giriamo la questione in questo modo.
Da huffingtonpost.it il 9 giugno 2021. “Da maschio sono privilegiato”: con queste parole Damiano, il frontman dei Maneskin, ha commentato lo sfogo di Emma Marrone, che ha denunciato il sessismo subito all’Eurovision del 2014. “Emma sgancia la bomba: ‘All’Eurovision ai miei tempi mi hanno massacrata per un paio di shorts, a Damiano – torso nudo e tacchi – invece non hanno detto nulla’. Il giudizio facile contro il femminile è più feroce, costante, svilente”, ha affermato il cantante in un’intervista a Vanity Fair. “Se io faccio tanto sesso sono un figo e Vic una puttana. Dove io mi mostro forte sono un leader e Vic una dispotica e rompipalle, che ha successo perché è bona. Da maschio sono privilegiato”. Secondo Damiano, le molestie che subisce non sono paragonabili a quelle che vive una donna. “I commenti sulla mia estetica sono incentrati solo sulla mia estetica e non vanno a insinuare nulla sulla mia professionalità e la mia competenza, mentre le donne sono vittime di questo tipo di pensiero in maniera sistemica. Certo, mi è successo di ritrovarmi dal niente con una che tirandomi a sé per un selfie mi ha iniziato a leccare la faccia… "Ma che vuoi, me l’hai chiesto?". Il consenso esiste, ed è doveroso”.
Davide Giancristofaro Alberti per ilsussidiario.net il 7 giugno 2021. I Maneskin hanno fatto lievitare le ricerche su Google delle parole chiave “eyeliner per uomini”. Come riferisce Repubblica, nelle ore immediatamente successive alla vittoria dell’Eurovision 2021 del gruppo partorito da X Factor, le suddette ricerche sono aumentate in maniera vertiginosa, precisamente del 70%. Dati che sono stati raccolti e analizzati dalla piattaforma di ricerca di moda beauty e design Stylight Insights, che sottolinea come dal 23 al 29 maggio scorsi, le ricerche riguardanti il trucco da uomo abbia avuto un notevole boom, più che raddoppiando rispetto ai sette giorni precedenti. Una tendenza quindi del trucco da uomo che sta crescendo sempre di più, sdoganato anche da Fedez, fra i primi a pitturarsi le unghie con lo smalto, e trucco visto anche su alcuni concorrenti della recente edizione di Amici 2021. Ma con i Maneskin l’eyeliner per lui è divenuto ancora più diffuso, anche perché, come ben si sa, nel mondo del rock forse più che in altri generi, l’estetica fa parte della performance musicale intera, “un mezzo – scrive Repubblica – per esprimere anche con lo stile quello che si canta con le parole”. I make up coordinati che i Maneskin hanno portato sul palco dell’Eurovision e di Sanremo, hanno dimostrato che le stesse regole del trucco funzionano sia per l’uomo che per la donna: “Eyeliner e matita sfumabile – scrive ancora Repubblica – da applicare rigorosamente anche nella rima inferiore dell’occhio per un effetto “drama”, sono gli strumenti di base, insieme agli ombretti per i look più costruiti o colorati”. Tom Pecheux, Global Beauty Director di Yves Saint Laurent, ha svelato il trucco per uno smokey eyes perfetto, a cominciare dal mascara, che deve essere applicato iniziando dalla base delle ciglia. Quindi si passa all’eyeliner e alla matita: “L’eyeliner deve essere seguito da una linea di eyeliner liquido, che dona intensità agli occhi e li incornicia. Questa è la parte più difficile. Sopra questo eyeliner applico una matita cremosa e la sfumo”. Infine l’ombretto, da sfumare con la punta del dito, e poi di nuovo il mascara.
Da Liberoquotidiano.it il 28 maggio 2021. Il caso cocaina che ha travolto i Maneskin all'Eurovision continua a scatenare polemiche. Questa volta al centro della bufera è finito l'attore e comico genovese Luca Bizzarri, che è anche presidente della Fondazione Palazzo Ducale di Genova. La Lega lo ha messo sotto accusa per un post che Bizzarri ha scritto subito dopo la notizia dei Maneskin. «Non ho ben capito perché un cantante debba fare un test antidroga dopo aver vinto un festival. Anche perché così Paganini non ne avrebbe mai vinto uno - aveva affermato -. Quando la smetteremo di considerare la droga un problema etico forse potremmo cominciare a capire qualcosa della droga, ad affrontarne l’uso e gli abusi un poco più seriamente evitando il moralismo ipocrita che pervade ogni momento di questa disgraziata epoca». Le parole dell'attore, però, non sono piaciute al capogruppo della Lega in consiglio regionale. «L’ennesimo commento sui social network di Luca Bizzarri sull’uso di droghe non lascia spazio a equivoci - ha dichiarato l’esponente del Carroccio Stefano Mai -. La Lega oggi ha quindi depositato un’interrogazione in Regione Liguria per chiedere al governatore Giovanni Toti come intenda affrontare le irresponsabili dichiarazioni del presidente della Fondazione Palazzo Ducale e quali azioni intenda perseguire sulla compatibilità fra il ruolo istituzionale e le reiterate dichiarazioni pubbliche sul consumo di sostanze stupefacenti, che appaiono in grave contrasto con le finalità dell’ente che Bizzarri presiede». Luca Bizzarri, infatti, era stato nominato presidente della Fondazione durante la prima giunta Toti e ancora oggi ricopre questo ruolo. Dopo l'ultima polemica sollevata dal partito leghista in Liguria, l'attore ha replicato con un post sul suo profilo Facebook: «Mi piace quando ci sono delle figure istituzionali che candidamente ammettono di non capire l’italiano scritto».
"La droga non è un problema etico". Rissa Bizzarri-Lega. Novella Toloni il 28 Maggio 2021 su Il Giornale. Il commento social dell'attore sul test antidroga a cui Damiano dei Maneskin si è sottoposto ha aperto un caso in Liguria. Il capogruppo della Lega in Regione: "Irresponsabili dichiarazioni del presidente della Fondazione Palazzo Ducale. Ruolo incompatibile". "Ci chiediamo se le posizioni sulla droga, espresse da Luca Bizzarri, siano compatibili con la sua carica di presidente di Palazzo Ducale Fondazione per la cultura". Così Stefano Mai, capogruppo della Lega nel Consiglio della regione Liguria, ha annunciato sui social un'interrogazione sul ruolo dell'attore alla presidenza dell'ente culturale genovese. Tutto è nato da un tweet pubblicato lo scorso 24 maggio da Luca Bizzari. L'attore - conduttore del programma di Rai Due Quelli che il calcio - ha condiviso sulla sua pagina Twitter un commento sul caso dei Maneskin dopo le accuse a Damiano David. Il leader della band romana è stato costretto a sottoporsi al test antidroga per smentire le illazioni sulla presunta assunzione di cocaina durante la finale dell'Eurovision Song Contest. Bizzarri ha così commentato l'assurdità della richiesta, parlando delle droghe. "Non ho ben capito perché un cantante - ha cinguettato l'attore sul web - debba fare un test antidroga dopo aver vinto un festival. Anche perché così Paganini non ne avrebbe mai vinto uno". Sulla sua pagina Facebook Bizzarri aveva proseguito il suo pensiero, aggiungendo: "Quando la smetteremo di considerare la droga un problema etico forse potremmo cominciare a capire qualcosa della droga ad affrontarne l’uso e gli abusi un poco più seriamente evitando il moralismo ipocrita che pervade ogni momento di questa disgraziata epoca". Le parole social di Bizzarri non hanno incontrato il favore del capogruppo della Lega nel Consiglio regione Liguria, Stefano Mai, che ha duramente criticato l'attore che, dal 2017, riveste il ruolo di presidente della Fondazione cultura di Palazzo Ducale di Genova. Una carica istituzionale di prestigio incompatibile con le sue idee su droga e sostanze stupefacenti. Il gruppo ligure della Lega in regione ha depositato un’interrogazione consiliare per chiedere al governatore spiegazioni al Giovanni Toti. "Come intende Toti affrontare le irresponsabili dichiarazioni del presidente della Fondazione Palazzo Ducale e quali azioni intenda perseguire sulla compatibilità fra il ruolo istituzionale e le reiterate dichiarazioni pubbliche sul consumo di sostanze stupefacenti. Che appaiono in grave contrasto con le finalità dell'ente che Bizzarri presiede". Il capogruppo della Lega Mei ha condiviso l'iniziativa sulla sua pagina Facebook e stretto giro, dopo il clamore sollevatosi intorno alla vicenda, Bizzarri ha replicato sempre sui social, spiegando con sarcasmo di essere stato frainteso. Ma intanto il presidente della regione ora dovrà rispondere all'interrogazione promossa dal gruppo leghista sulle frasi social di Bizzarri.
Novella Toloni. Toscana Doc, 40 anni, cresco con il mito di "Piccole Donne" e del personaggio di Jo, inguaribile scrittrice devota a carta, penna e macchina da scrivere. Amo cucinare, viaggiare e non smetterò mai di sfogliare riviste perché amo le pagine che scorrono tra le dita.
Da liberoquotidiano.it il 26 maggio 2021. La vittoria all'Eurovision dei Maneskin, tra polemiche e plausi della critica, è destinata a rimanere nella storia della musica italiana. Vuoi per il periodo storico, vuoi per un contest che l'ultima volta era riuscito a portare a casa il grandissimo Toto Cutugno ormai 31 anni fa. Damiano, Victoria, Thomas e Ethan non sembrano volersi più fermare. Dopo l'inaspettata vittoria del Festival di Sanremo 2021, è arrivata forse una vittoria ancora più inattesa: L'Eurovision Song Contest 2021. A raccogliere i commenti più divertenti della vittoria, ci pensa Rollingstone.it, che parte con un tweet parecchio discusso dell'autrice televisiva Chelsea Davison: "Congratulazioni, Italia! Non sono mai stata così sicura che quattro persone abbiano sc***to l'una con l'altra", riferendosi naturalmente ai membri dei Maneskin. "La prima parola in cui ci si imbatte nella sitografia anglofona sui Maneskin è: sesso" si legge su Rollingstone "Ha cominciato una settimana fa Ben Beaumont-Thomas del Guardian che nelle schede dedicate ai concorrenti dell'Eurovision Song Contest descriveva così la band romana: 'Secondo un luogo comune, l'Italia avrebbe prodotto la migliore arte e la migliore cucina al mondo, ma non una sola band decente - per non dire del fatto che l'Eurovision non è il posto dove si va per il rock'n'roll. Le chitarre tendono ad avere un suono sintetico e di solito sono usate per produrre power chords buoni per accompagnare una band metal impegnata in un Oktoberfest di zombie o qualcosa del genere". "E invece i Måneskin (parola danese per “chiaro di luna”, 12 punti facili dalla Danimarca) hanno un suono rock straordinariamente autentico e solido, come se fosse suonato attraverso ampli Marshall e non via ProTools. Messo sopra a questa musica, il flusso di parole in lingua italiana di Damiano David suona cazzuto in modo sensuale. Sono belli come top model, sarebbero facilmente finiti sulla copertina del NME nel 2003, e saranno un corroborante shot di Jägermaister in mezzo al prosecco della serata". Basta spulciare i commenti sotto il video di Zitti e Buoni, caricato sul canale YouTube di Eurovision per comprendere solo una parte del successo che i ragazzi hanno riscosso. "Questa canzone è un caos bisessuale"; "12 punti dalla mia bisessualità"; e ancora: "Io non so se gli uomini mi piacciono più"; Insomma, i Maneskin hanno fatto colpo un po' in tutti i sensi. Sarà stato il look trasgressivo, l'abbinamento lederhosen + petto nudo, o anche semplicemente l'aggressività sensuale del suo frontman Damiano David, ma i complimenti ai Maneskin sono arrivati anche dai piani altissimi: Little Steven, Simon Le Bon dei Duran Duran e Alex Kapranos dei Franz Ferdinand. I Maneskin non sono più un astro nascente, ma già una supernova quasi accecante.
Marinella Venegoni per “La Stampa” il 24 maggio 2021. L’avevano messo nel baule in soffitta, tanto a lungo era stato dichiarato ufficialmente morto. Avevano magari lasciato fuori per consolazione alcuni volti topici, il neverending Bob Dylan che proprio oggi ne fa 80; oppure Robert Fripp fondatore dei King Crimson, bello matto pure lui, che per tutto il loockdown ha ballato in tutù di tulle nero accanto alla moglie Toyah, girando clippini per i fans. Come canterebbero i Måneskin, gente fuori di testa ma diversi da tutti quelli che non ci piacciono: e in gara all’Eurovision a non piacerci erano in tanti e un po’ erratici, giocavano a fare i bambini con la scusa della dance. Invece sorpresa, il rock si è preso la scena con una onesta vittoria a Rotterdam. Loro, i Måneskin, hanno fatto sul serio. Erano partiti nel ‘17 da X-Factor sotto l’ala di Manuel Agnelli, uno che di rock se ne intende, e ora in 5 mesi hanno fatto l’en plein di tutto ciò che c’era da vincere: prima Sanremo, ora la competizione europea, opinabile gara all’insegna del kitsch, capace però stavolta di mettere ai primi sei posti qualcuna fra le cose più accettabili che siano state cantate; vittoria tra l’altro non grazie alle giurie, ma al televoto. La sorpresa autentica è che questa furibonda «Zitti e buoni» che ormai conosciamo bene, sia stata alquanto apprezzata anche se con un tocco di snobismo, con riconoscimenti da Steve Van Zandt a Simon Le Bon. Il New York Times si è per la prima volta interessato alla manifestazione: in realtà scrutava la prima kermesse live così vasta nel tramonto (speriamo) della pandemia, ma l’impronunciabile reporter Ilvy Njiokiktjien scrive di storica vittoria dell’Italia (che infatti ce l’ha fatta 3 volte in tutto, l’ultima nel 1990 con Cutugno), rimarcando il testo che parla di sigarette (maledettismo totale in Usa). Da Londra The Guardian inneggia all’indubitabilmente bravo Damiano definendolo «un figo sensuale» e fuori moda («buono per una copertina di New Musical Express del 2003»); NME a sua volta trova nella band la forza dei Franz Ferdinand e si commuove che il solito Damiano abbia pronunciato la storica frase «Rock’n’roll never dies» nel suo discorso finale. Quanti orfani, del rock. Ma sarà poi vero, che il rock’n’roll non muore mai? Il primo posto al televoto la dice lunga sulla ricomparsa di un rock giovane, che tra l’altro torna anche al sesto posto grazie alla Finlandia con i meno efficaci metallari Blind Channel. I nostri virano verso il punk e coprono (poco) le nudità con la firma dello stilista superchic Etro; ma sono totalmente devoti alla causa, con le schitarrate e la batteria furibonda, e questo Damiano ha la sfacciataggine di un Freddie Mercury da film, mentre inneggia alla mamma che è fuori di testa come lui («ma diversa da loro», però).
Damiano dei Maneskin, la sua storia: dalla strada all’Eurovision, «Con le monetine raccolte il primo singolo». Andrea Laffranchi il 24/5/2021 su Il Corriere della Sera. Da via del Corso alla vetta dell’Europa. La geolocalizzazione romana non ci porta nella strada dello shopping della capitale, ma sul marciapiede dove i Måneskin hanno fatto la gavetta. Erano quattro ragazzini che facevano i busker, con il sogno del rock and roll. Freschi di trionfo all’Eurovision Song Contest non hanno dimenticato quelle giornate sull’asfalto. Nel video per la diretta di Rai1 di sabato sera che riassumeva i cinque anni di carriera ci hanno messo ovviamente il faccione di Amadeus che annuncia la loro vittoria a Sanremo, ma anche quelle immagini amatoriali. «Via del Corso è dove abbiamo iniziato a suonare. Ci andavamo sempre agli inizi del nostro percorso, con le monete abbiamo messo insieme i soldi per il nostro primo singolo. Quella voglia di suonare e di condividere la nostra musica ora come allora è rimasta sempre la stessa», racconta Damiano David, il frontman del gruppo, il mattino dopo la finale dell’Esc. Trentuno anni dopo Toto Cutugno (e prima ancora c’era stata soltanto Gigliola Cinquetti nel 1964), l’Italia torna a vincere la competizione musicale continentale. «Zitti e buoni» bissa Sanremo. «Basta competizioni adesso — commenta il cantante — ci mettono troppa ansia. Continueremo a seguire la musica, andremo dove ci porta lei». Come hanno sempre fatto. Nati dalla strada appunto e poi passati per un talent, l’edizione 2017 di «X Factor» sotto l’ala protettrice di Manuel Agnelli, uno che i test di rockitudine li ha passati tutti. Non avevano vinto, ma visto come è andata (e come è andata al vincitore) chissene. Damiano sprizza energia e sensualità, gioca sul confine dell’ambiguità e con un numero di pole dance in tacchi a spillo diventa il sogno erotico delle milf davanti allo schermo, Alba Parietti presidente del club. Terminata l’esperienza televisiva arrivano le bordate di chi non ammette che il rock possa passare anche da un talent show. Loro se ne fregano e tornano a macinare musica sul palco. Classe 1999, liceo classico abbandonato con un paio di bocciature alle spalle, petto sempre nudo con il tatuaggio «Il ballo della vita» (titolo dell’album di esordio) in bella vista, Damiano si mangia il palco: istrione, sguardo bistrato, la giusta dose di arroganza. «Lo diciamo all’Europa e al mondo intero: il rock non morirà mai». Lo ha gridato ieri dal palco della Ahoy Arena di Rotterdam al momento della proclamazione. «Sai quante volte ci hanno detto “meglio se fate una cosa più pop”, oppure “provate con la musica che va adesso e non con il rock”... Vincere con questa canzone ci ha ripagato del non aver dato ascolto a queste voci». Si gusta la rivincita. E chissà quanto la riscoperta del genere sia anche una reazione ai comportamenti distaccati e isolati cui la pandemia ci obbliga: il rock ha una gestualità fisicamente liberatoria rispetto ai movimenti ciondolanti della trap. L’esibizione di «Zitti e buoni» è stata una botta di energia, suoni distorti, pelle e fuoco. «Il rock nasce come attitudine — spiega Damiano —: il suo modo di muoversi ti rende libero». E dire che ha rischiato grosso. Alle scuole medie era diventato il cantante di una band fondata da Vic, la bassista, ma era stato fatto fuori perché «era troppo pop». Quando Vic e Thomas, il chitarrista, erano alla ricerca di una voce per un altro progetto, non trovavano nessuno che li convincesse. Hanno creduto nella promessa di Damiano di voler fare sul serio e, agganciato su un gruppo Facebook il batterista, Ethan, voilà i Måneskin. «Chosen», proprio quella che cantavano in via del Corso, è la prima hit e con la ballad «Marlena» raccolgono cinque dischi di platino. Nel 2019 riempiono i club con un tour pieno di sold out e con Sanremo arriva il secondo album «Teatro d’ira - vol 1», rock senza fronzoli, chitarra, basso e batteria per dare quella sensazione di live anche in studio. Tutti ora saltano sul carro del vincitore. Anche la politica. Il tweet di complimenti della Presidenza del consiglio, i commenti di Virginia Raggi, Di Maio e Renzi. Si godono la vittoria, non rimandano indietro lo «Zitti e buoni» che la loro generazione si è sentita ripetere mille volte... Damiano fa il diplomatico: «La musica è per tutti».
Damiano David dei Maneskin ha un fratello: chi è Jacopo David. Alice Coppa il 07/06/2021 su Notizie.it. Damiano David dei Maneskin ha un fratello più grande di lui: si chiama Jacopo ed è nato nel 1996. Il frontman dei Maneskin Damiano David è sempre stato poco avvezzo a parlare della sua vita privata ma ai fan più curiosi è noto che lui abbia un fratello in tutto e per tutto simile a lui, Jacopo David. Damiano David ha un fratello maggior, Jacopo, di 3 anni più grande di lui. I due ragazzi sono sempre stati molto riservati e non amano sbandierare dettagli della loro vita privata sui social. Di Jacopo David si sa solo che è nato nel 1996, è fidanzato con una ragazza di nome Alice ed è molto legato a suo fratello Damiano (che è presente in alcuni scatti insieme a lui sui social). In tanti vedendo le foto di Jacopo David non hanno potuto fare a meno di notare una straordinaria somiglianza tra lui e Damiano: entrambi infatti amano portare i capelli lunghi e hanno un look grosso modo simile. Osannato fin dai suoi esordi come sex symbol, Damiano David ha preferito mantenere il massimo riserbo sulla sua vita privata. Solo alcuni mesi fa il frontman dei Maneskin è uscito allo scoperto “presentando” ai fan dei social la sua fidanzata, Giorgia Soleri. I due sono legati da ben 4 anni ma finora avevano preferito mantenere la loro relazione top secret. In tanti sui social sono curiosi di saperne di più sulla liaison tra i due, ma la stessa Giorgia Soleri ha specificato di voler proteggere la sua privacy. “Uscire allo scoperto è stata una scelta ponderata e consapevole. Mi prendo tutti gli oneri e onori di questo annuncio. Sono molto orgogliosa di stare con Damiano, è una persona che stimo davvero tanto”, ha dichiarato la ragazza, e ancora: “Lo so che Giorgia Soleri è molto meno famosa di Damiano David. Mi va benissimo che parlino di me come ‘fidanzata di’, ma almeno potrebbero nominarmi quando descrivono la mia malattia”, ha aggiunto.” Sui social Giorgia Soleri ha confessato dettagli e retroscena della sua malattia, la Vulvodinia, una patologia fortemente invalidante di cui soffrono moltissime donne. “La parte peggiore è l’estrema solitudine in cui vieni buttata, giudicata da chi hai intorno e incompresa da chi dovrebbe trovare una diagnosi. Impari a considerare quel dolore come parte di te, è la tua quotidianità”, ha confessato la ragazza.
Damiano dei Maneskin, drammatico sfogo della fidanzata Giorgia Sileri: "La sola cosa che avevo chiesto", la malattia e lo sfregio. Libero Quotidiano il 27 maggio 2021. Giorgia Soleri, fidanzata di Damiano dei Maneskin, si è lasciata andare a un lungo sfogo sui social. Il motivo? La giovane modella e influencer se l'è presa con la redazione di un giornale che - a suo dire - non si sarebbe comportata in maniera corretta. In particolare, ha raccontato di aver concesso un’intervista al settimanale F per parlare della sua malattia, la vulvodinia. La Soleri, però, aveva chiesto alla giornalista della rivista di non tirare in ballo la sua relazione con il cantante della band vincitrice dell'Eurovision. Una relazione che va avanti ormai da quattro anni ed è vissuta nel massimo riserbo. "Ho chiesto di non avere titoloni legati alla mia relazione, condizione che mi è stata accordata - ha spiegato la giovane -. Invece in copertina ho trovato questo titolo: “Io, fidanzata di Damiano dei Maneskin, e il dolore di cui nessuno parla”. Scritto come se fossi io a dirlo in prima persona". Giorgia si è detta molto amareggiata per l'accaduto. Nonostante questo, però, spera che le sue parole sulla malattia siano arrivate a chi non ha i social network e non ha mai sentito parlare della vulvodinia. Nessun commento invece è arrivato da parte della redazione di F. La modella 25enne, da 4 anni compagna di Damiano David, ha confidato di soffrire di vulvodinia la prima volta sui social. Si tratta di una percezione dolorosa a livello vulvare che in Italia colpisce circa il 15% delle donne. Non ha un target specifico, ma si presenta soprattutto in età fertile. La malattia provoca bruciore, irritazione, secchezza, sensazione di abrasione a livello vulvare, tensione.
Giorgia Soleri, fidanzata di Damiano David, fa coming out: “Sono bisessuale”. Alice Coppa il 14/06/2021 su Notizie.it. Giorgia Soleri, fidanzata di Damiano David dei Maneskin, ha fatto coming out attraverso i social, dove ha risposto ad alcune domande dei fan. Giorgia Soleri, modella fidanzata con Damiano David dei Maneskin, ha fatto coming out via social rispondendo ad alcune domande dei suoi fan. La fidanzata di Damiano David, Giorgia Soleri, ha annunciato via social di essere bisessuale. Un fan le ha chiesto se fosse in realtà omosessuale e lei ha risposto: “No, non l’ho mai detto. Questa domanda mi arriva in continuazione, immagino che qualcuno abbia messo in giro questa voce. Comunque no, sono bisessuale!”, ha affermato. Giorgia Soleri è recentemente balzata agli onori delle cronache per aver svelato di essere legata sentimentalmente al frontman dei Maneskin Damiano David. I due stanno insieme da ben 4 anni, ma finora avevano deciso di tenere la liaision top secret. Nonostante il coming out via social la coppia continua a mantenere la propria proverbiale riservatezza. Attraverso i social Giorgia Soleri continua a battersi per tutte coloro che soffrano della sua stessa malattia, la Vulvodinia. Si tratta di una patologia ancora oggi poco nota e fortemente invalidante. “La parte peggiore è l’estrema solitudine in cui vieni buttata, giudicata da chi hai intorno e incompresa da chi dovrebbe trovare una diagnosi. Impari a considerare quel dolore come parte di te, è la tua quotidianità. Così come i sacrifici. Niente jeans stretti, niente collant, niente cibi acidi, niente alcool, niente zuccheri, niente mutande colorate o sintetiche, niente uscite serale, niente di niente. Anche programmare una vacanza diventa un incubo sapendo che potresti passarla sdraiata in un letto a soffrire”, ha dichiarato la modella via social. Nonostante non ami essere considera la “fidanzata di” Giorgia Soleri è balzata agli onori delle cronache rosa grazie alla sua relazione con Damiano David, il frontman dei Maneskin. I due hanno mantenuto il massimo riserbo sulla loro vita privata e la modella non ha mai parlato apertamente della loro relazione né di come sia sbocciata. Benché abbia mantenuto la riservatezza sulla sua vita privata, Giorgia Soleri ha mostrato pubblicamente il suo sostegno nei confronti della band di cui Damiano è frontman, ossia i Maneskin. “Lo so che Giorgia Soleri è molto meno famosa di Damiano David. Mi va benissimo che parlino di me come "fidanzata di", ma almeno potrebbero nominarmi quando descrivono la mia malattia”, ha confessato la modella.
Da "ilfattoquotidiano.it" il 14 giugno 2021. “Io omosessuale? No, non l’ho mai detto! Questa domanda mi arriva in continuazione, immagino che qualcuno abbia messo in giro questa voce”. Giorgia Soleri, la fidanzata di Damiano dei Maneskin, non si tira indietro e, su Instagram, ha deciso di rispondere anche ai quesiti più privati che i suoi followers le hanno posto, come questo sul suo orientamento sessuale. “Comunque no, sono bisessuale!”, ha chiarito chiudendo la questione. E poi ancora, a chi le ha chiesto se l’ufficializzazione della sua relazione con il cantante dei Maneskin fosse “in linea con il tuo femminismo“, Giorgia Soleri ha replicato: “Cosa c’è di non femminista? Avere un fidanzato famoso non è femminista? O sarebbe stato più femminista nascondere per sempre una relazione (che voglio dire, è una cosa meravigliosa, non è che sto rubando a casa della gente) perché poi la gente ha da ridire sulla visibilità che è, ovviamente, aumentata?”. I due sono infatti fidanzati da oltre 4 anni ma della loro relazione si è saputo solo il mese scorso quando, durante l’Eurovision, Damiano David l’ha resa pubblica: “Avevo i paparazzi sotto casa mattina e notte. Così, dopo quattro anni di relazione, ho fatto il suo nome. Continuo ad avere i paparazzi sotto casa mattina e notte, ma almeno non devo più nascondere nulla”, aveva spiegato a Vanity Fair.
Da "corriere.it" il 13 giugno 2021. Con due singoli, «Zitti e buoni» (prima canzone in italiano a entrare nella classifica Top 100 Singles negli UK negli ultimi 20 anni) e «I wanna be your slave», che da settimane stazionano nella classifica britannica, i Måneskin finiscono sulle pagine del Guardian. Che, riferendosi alle accuse della Francia a Damiano David, la notte «della epocale vittoria all’Eurovision», di aver sniffato cocaina, rispondono: «Damiano beve a malapena una birra». «Sì, è proprio uno sfigato — ha dichiarato la bassista del gruppo, Victoria De Angelis —: va a letto alle 23 con la sua camomilla». Lo «spavaldo quartetto rock», commenta il «Guardian», «ha riportato il rock italiano sulla scena mondiale guadagnandosi gli elogi di Simon Le Bon e Miley Cyrus, prima che un’accusa infondata di aver sniffato cocaina (a Rotterdam, Olanda, sede dell’Eurovision quest’anno) si trasformasse quasi in una vera e propria crisi diplomatica». Il giornale britannico rivela anche un singolare aneddoto. Dopo che una sessione di prove si è conclusa in ritardo, ha raccontato la bassista del gruppo, Victoria De Angelis, erano assetati, «ma si sono resi conto che non c’era acqua potabile nelle loro stanze d’albergo. Siamo andati alla reception dell’hotel, ma ci hanno detto che non avevano acqua. Così siamo andati in cucina e ne abbiamo presa un po’». Le telecamere li hanno ripresi e la mattina seguente l’hotel ha contattato la direzione dei Måneskin, sostenendo che gli artisti avevano rubato dell’acqua e dovevano pagarla. «E, naturalmente, l’abbiamo fatto!» dice De Angelis. «Sì, ci siamo comportati bene!» interviene il chitarrista Thomas Raggi. I membri della band, scrive «The Guardian», «riescono a malapena a mantenere una espressione seria mentre raccontano questo aneddoto, che ricorda più un’avventura di una scuola estiva all’estero che un concorso canoro che ha raggiunto 183 milioni di persone». «Quello che abbiamo sempre cercato di fare — dichiara al Guardian il frontman Damiano David — è non imporci mai aspettative e nozioni preconcette; si potrebbe dire che né “X Factor” né Sanremo sono il contesto giusto per una rock band, ma evitiamo di avere una mentalità così rigida. Vivendo in Italia, è difficile avere un pubblico globale. Ma, una volta che si ha l’opportunità giusta, è la musica a parlare». Il gruppo, prosegue il quotidiano britannico, attribuisce il successo di «Zitti e Buoni» a una combinazione di lingua italiana e suono mainstream cui era facile per gli ascoltatori anglofoni «acclimatarsi». «Zitti e Buoni è una nostra vecchia canzone — dice David —. È uno dei nostri primi brani in italiano ed era completamente diverso: una ballata acustica con solo voce e chitarra, ma non siamo riusciti a trovare un ritornello convincente». Poi, dopo qualche anno, lo hanno riproposto, grazie ad un riff composto da Raggi. «Ed è stata subito magia!», dice David. Il Guardian ricorda poi i gruppi che hanno influenzato il quartetto rock, dai Red Hot Chili Peppers a Led Zeppelin e REM oltre a, nel caso del batterista Ethan Torchio, «un sacco di prog rock». Anche se De Angelis mette in luce le rock band italiane degli anni ‘80 e ‘90, come Marlene Kuntz , le cui canzoni combinano noise rock e tradizione cantautorale italiana; Verdena, che attinge dal grunge; e la band alt-rock Afterhours . «Certo, il dominio pop-indie-trap in Italia è innegabile, ma poi sono arrivati i Måneskin», sottolinea la bassista. «C’è un nuovo regno ora!» ride David.
Mattia Marzi per "il Messaggero" il 27 maggio 2021. Chissà quante ragazze avrà ispirato con quel suo modo appassionato e affascinante di suonare il basso, sul palco e nei video registrati con il cellulare in cameretta che pubblica tra le sue storie di Instagram, dove un milione di seguaci è sempre pronto a mettere like alle sue foto: quelle con il suo strumento tra le braccia, quelle scattate sui set, quelle che la ritraggono senza un filo di trucco in reggiseno e mutande o in costume. «Un modello? Mi sentirei arrogante. Cerco di fare il mio e in questo modo spero di mandare messaggi positivi». È una femminilità irrituale, quella di Victoria De Angelis, la 21enne bassista dei Måneskin che sabato hanno trionfato sul palco dell' Eurovision Song Contest a Rotterdam riportando il trofeo in Italia dopo trentuno anni. A X Factor, nel 2017, quando il gruppo dopo le esibizioni per strada a via del Corso a Roma decise di fare il salto provando a conquistare il successo su larga scala, a emergere fu la personalità istrionica del cantante Damiano, bello e impossibile. Quella di Victoria, o Vic, come la chiamano i suoi compagni di band, madre danese e padre italiano, è venuta fuori con il tempo. E si è presa lo spazio che meritava. È lei la vera mente del gruppo, che fondò ai tempi del liceo scegliendo anche il nome, Måneskin, una parola che nella lingua della mamma significa chiaro di luna insieme al chitarrista Thomas Er Cobra Raggi, dando una seconda chance a Damiano dopo averlo cacciato via da una precedente band: era troppo pop, mentre Victoria voleva suonare musica metal, dura, spigolosa e tagliente.
IL RACCONTO «Soffrivo di certe rigide distinzioni tra maschile e femminile: a sei anni avevo proprio il rifiuto per tutte le cose da bambina: facevo skate, tenevo i capelli corti, mi vestivo da maschio. Non indossavo gonne, non perché non mi piacessero, ma per reclamare la chance di essere me stessa. Il rock ha incarnato quello slancio di libertà», ricorda della sua infanzia. Niente Mondo di Patty o Violetta: Victoria aveva riferimenti diversi dalle protagoniste delle serie per adolescenti (su YouTube c' è ancora un video registrato dodici anni fa dal papà, mentre una baby Vic prova a rifare il riff di Smoke on the water dei Deep Purple). Kim Gordon, ad esempio, l'iconica bassista della band alternativa newyorkese dei Sonic Youth: «In quegli anni il rock era un mondo maschile, lei se n' è sempre fregata, ha mandato all' aria ogni stereotipo di bellezza, nel suo modo di stare sul palco c'era qualcosa di aggressivo, sguaiato, ma ha conquistato migliaia di persone attraverso il suo strumento». Gli anni del liceo non sono stati semplicissimi: «A 14 anni mi sono ritrovata a non voler più uscire di casa, ho perso un anno di scuola. C' era qualcosa di rotto in me». L' ha salvata la terapia. E la musica, naturalmente. A chi le domanda se ha avuto un flirt con Damiano, si limita a rispondere: «Chissà». Però ha rivelato di aver avuto una storia con un collega famoso, senza però fare nomi, e anche con ragazze. Dice che per conquistarla non conta avere la tartaruga scolpita, soldi o milioni di follower, ma una bella cultura (e anche un bel sedere e un bel sorriso). E sul catcalling: «Mi capita che mi fischino per strada. Lo trovo fastidioso. È una molestia psicologica e verbale, non fisica: questo non la rende meno grave».
LA FORZA A Sanremo, dopo la proclamazione sul palco, ha strappato risate ai telespettatori e a Fiorello con tutte quelle parolacce dettate dalla gioia e dall' incredulità: «Trucco e vestiti mi aiutano a sentirmi meglio con me stessa, più figa, ma ho periodi in cui vorrei stare in tuta e basta. In quei casi cerco di darmi forza, ricordare che puoi trascorrere una bellissima giornata anche struccata e coi capelli in disordine». In una scena come quella italiana, dove le donne che fanno rock sono una rarità, il suo è un caso interessante: «È molto difficile in questo mestiere salire sul palco e far vedere a milioni di persone il tuo lavoro, ciò che sei, quello che vuoi dire. C' è una tendenza a sessualizzare molto le artiste: si dice che una è bona, non che è brava». Intanto Vasco si è congratulato con lei: «Finalmente una donna». E i rocker britannici Royal Blood hanno condiviso su Instagram un video in cui Vic suona al basso una loro canzone, I only lie when I love you». E il femminismo? «Una parola fraintesa. Per molti indica la necessità di difendere le donne, quando il suo significato è parità fra i sessi. Chi non è a favore di questo è un idiota».
Da leggo.it il 4 giugno 2021. I Maneskin "scaricano" l'agente, lo sfogo sui social: «Ho il cuore spezzato ma vi auguro il meglio». Marta Donà CEO de "LaTarma Management - che ha nel suo palmares artisti del calibro di Marco Mengoni, Alessandro Cattelan e Francesca Michielin, affida a Instagram il suo dispiacere dopo l'addio della band. Marta Donà personalità di spicco nel management italiano, e manager con "LaTarma", tra gli altri, di artisti come Marco Mengoni, Alessandro Cattelan e Francesca Michielin, ha annunciato su Instagram la "rottura" con i Maneskin. La band capitolina, negli ultimi quattro anni è stata seguita proprio dalla Donà che ha esultato con loro, solo un paio di settimane fa, durante la vittoria dell'ultimo Eurovision 2021, eppure qualcosa è cambiato, perchè Damiano &Co hanno deciso di affidarsi ad altri. «Abbiamo trascorso 4 anni indimenticabili - scrive Marta Donà sul suo profilo Instagram - pieni di sogni da esaudire e di progetti realizzati. Io vi ho portato fino a qui. Da adesso in poi avete deciso di proseguire senza di me. Ho il cuore spezzato ma vi auguro il meglio dalla vita ragazzi». Sui canali social dei Maneskin, al momento, non ci sono riferimenti in merito e non è chiaro il motivo di questa decisione che sembrerebbe essere unilaterale.
Il produttore discografico. Chi è Simon Cowell, il creatore di X Factor che potrebbe diventare manager dei Maneskin. Antonio Lamorte su Il Riformista il 17 Giugno 2021. Potrebbe essere Simon Cowell il nuovo manager dei Maneskin. E infatti l’hashtag con il nome del produttore discografico e talent scout inglese è impazzato sui social network nel pomeriggio. L’indiscrezione è emersa da un articolo del New York Times sui Maneskin. La band rock è in un momento di hype clamoroso, dopo la vittoria del Festival di Sanremo 2021 e dell’Eurovision la sua notorietà e schizzata alle stelle. Zitti e buoni, la canzone con la quale hanno vinto Sanremo, è stata ascoltata su Spotify oltre 100 milioni di volte. “Ad oggi la canzone è stata in streaming su Spotify per oltre cento milioni di volte. Con oltre 18 milioni di ascoltatori la scorsa settimana, i Måneskin hanno fatto meglio dei Foo Fighters o di Kings of Leon nello stesso periodo”, si legge sul New York Times. A inizio giugno Marta Donà, manager storica della band romana di Monteverde, aveva annunciato, non senza risentimento, il divorzio dalla band. “Abbiamo trascorso 4 anni indimenticabili pieni di sogni da esaudire e progetti realizzati. Io vi ho portato fino a qui. Da adesso avete deciso di proseguire senza di me. Ho il cuore spezzato ma vi auguro il meglio dalla vita ragazzi”. La band aveva annunciato intanto nuova musica e un tour in Europa. Con Donà aveva cominciato a lavorare insieme dai tempi di X Factor, il talent show di Sky dove il gruppo è esploso sotto la guida del giudice, cantante degli Afterhours, Manuel Agnelli. Cowell è invece la mente dietro il successo mondiale di X Factor. Ha 61 anni ed è uno dei volti televisivi, e della televisione della musica, più noti al mondo. Ha creato X Factor e il format Got Talent. È nato a Lambeth, Londra, figlio di un imprenditore immobiliare e dell’industria musicale e di una ballerina. Ha creato il gruppo One Direction. Si è costruito la fama del “giudice cattivo”. X Factor e Got Talent sono stati creati dalla sua società di produzione Syco Entertainment. È apparso in I Simpson. Ha avuto un figlio, Eric, avuto dalla compagna Lauren Silverman.
Antonio Lamorte. Giornalista professionista. Ha frequentato studiato e si è laureato in lingue. Ha frequentato la Scuola di Giornalismo di Napoli del Suor Orsola Benincasa. Ha collaborato con l’agenzia di stampa AdnKronos. Ha scritto di sport, cultura, spettacoli.
Maneskin: il creatore di X Factor Simon Cowell sarà manager della band. Alice Coppa il 18/06/2021 su Notizie.it. Secondo indiscrezioni il nuovo manager dei Maneskin potrebbe essere Simon Cowell, produttore di fama mondiale e creatore di X Factor. Dopo la vittoria all’Eurovision Song Contest i Maneskin hanno iniziato a scalare la vetta delle classifiche mondiali e, secondo indiscrezioni, avrebbero deciso di optare per un nuovo manager. Secondo indiscrezioni il nuovo manager dei Maneskin potrebbe essere Simon Cowell, produttore discografico e creatore del talent show X Factor (lo stesso a cui ha presto parte la band alcuni anni fa, senza però conquistare la vittoria). Di recente sarebbe stata la stessa ex manager del gruppo, Marta Donà, ad annunciare la fine della loro collaborazione: “Abbiamo trascorso 4 anni indimenticabili pieni di sogni da esaudire e di progetti realizzati. Io vi ho portato fino a qui. Da adesso in poi avete deciso di proseguire senza di me. Ho il cuore spezzato ma vi auguro il meglio dalla vita ragazzi”, aveva scritto sui social la manager. Al momento l’indiscrezione sul nuovo manager della band non è ancora stata confermata, ma in tanti sperano di avere presto notizie della band, che nelle ultime settimane sta scalando le vette delle classifiche mondiali. Dopo la partecipazione a X Factor i Maneskin hanno conquistato la vittoria al Festival di Sanremo 2021 e all’Eurovision Song Contest. La vittoria al famoso evento Europeo ha consentito alla band di farsi conoscere da una platea più ampia, ma non ha mancato di sollevare anche qualche polemica: dopo la vittoria il gruppo è stato travolto dalle indiscrezioni riguardanti un presunto consumo di droga (per altro in diretta tv) dal frontman Damiano David. La band ha subito smentito la notizia e il cantante si è anche sottoposto al test antidroga per smentire le voci in circolazione. Durante la loro esperienza a X Factor i Maneskin hanno fatto parte della squadra capitana da Manuel Agnelli e oggi tra loro e il frontman degli Afterhous si è instaurato un rapporto di profonda amicizia. Lo stesso cantante ha dichiarato: “Anche se fai un casting di sei anni non trovi un’altra band come loro. Sono veri amici, fanno tutto insieme, sono impressionanti, al confine con la comunicazione cinematografica, belli e perfetti, non quattro bambolotti del cavolo. E in Damiano c’è anche la componente sensuale che conta. E alla fine piacciono a piacciono a mamme, papà, zii e bambini”.
Maneskin, "il loro nuovo agente". Chi arriva al posto di Marta Donà: un (mostruoso) cambio di scenario. Francesca D'Angelo su Libero Quotidiano il 20 giugno 2021. E alla fine, sul tetto del mondo, i Maneskin ci sono saliti per davvero. La band che ha vinto il Festival di Sanremo 2021 e l'ultimo Eurovision Song Contest sta sbancando le classifiche di tutto il mondo compresa (e qui sta la notizia bomba) la Official Singles Charts ossia la Top10 inglese dedicata ai migliori singoli. I Maneskin hanno scavalcato gente come Billie Eilish e i Coldplay. Particolare fondamentale: non stanno spopolando con la canzone tormentone Zitti e Buoni bensì con un altro singolo ossia I Wanna Be Your Slave che, per l'appunto, è settima nell'ambitissima classifica british. Non solo. Il New York Times ha dedicato ai Maneskin un servizio fiume e secondo la Bbc il gruppo italiano è la band più di successo tra quelle sfornate, da nove anni a questa parte, dall'Eurovision Song Contest. Infine, secondo rumors insistenti, il loro nuovo agente potrebbe essere nientemeno che Simon Cowell: il creatore del format tv X Factor nonché il produttore discografico che ha creato il fenomeno dei One Direction. Ok, il genere non è esattamente quello dei Maneskin, ma resterebbe un colpaccio... Comunque vada, il rock sta iniziando anche a battere bandiera italiana a dispetto di tutti i detrattori che giudicavano troppo scolastico il sound dei Maneskin.
Maneskin, Victoria rischia di morire investita: Damiano la salva all'ultimo, il video-choc. Libero Quotidiano il
19 giugno 2021. I Maneskin stanno continuando a vivere un momento d’oro dal punto di vista artistico: dopo i trionfi al Festival di Sanremo e all’Eurovision Song Contest 2021, la rock band italiana ha sfondato anche le classifiche internazionali, e in particolare quella della Gran Bretagna, dove hanno raggiunto il settimo posto con il brano in inglese “I wanna be your slave”. Tra le band uscite dall’Eurovision, i Maneskin sono quelli che hanno avuto più successo in Gran Bretagna negli ultimi nove anni: mica una roba da poco. Un episodio molto curioso si è però verificato ad Amsterdam, dove si trovavano nelle scorse ore i membri della rock band: appena scesi dalla macchina, la bassista Victoria De Angelis si è intrattenuta un momento di troppo sulla corsia dedicata agli scooter e alle biciclette e ha rischiato seriamente di essere investita. Per sua fortuna Damiano David si è reso conto della situazione e, avvertito il pericolo, ha tirato a sé la compagna di band, salvandola da una bruttissima situazione. Anche perché i due ragazzi che sopraggiungevano sullo scooter stavano andando a velocità piuttosto sostenuta, tra l’altro senza casco, visto che in quel tratto non è obbligatorio in Olanda. Passato lo spavento, i Maneskin hanno poi scattato una foto insieme ai loro amici presenti in quel di Amsterdam, dove si saranno certamente goduti la serata.
Maneskin, chi sono i genitori di Damiano David: ecco la foto, ora si capisce tutto. Libero Quotidiano il 18 giugno 2021. Svelata l'identità dei genitori di Damiano, frontman dei Maneskin. Con una foto che li ritrae in vacanza in Cina, ecco Rosa Scognamiglio e Daniele David. Sulla vita privata di Damiano David si conosce pochissimo. Anche la relazione con la fidanzata Giorgia Soleri fino a poco fa era "segreta". Dei genitori però si è iniziato a sapere qualcosa in più dopo la diffusione su Instagram dello scatto. Entrambi sono molto somiglianti al cantante. La mamma in particolare sfoggia una chioma di capelli castani e ricci che richiama molto i lunghi capelli di Damiano, mentre i tratti del viso allungati sembrano quelli di papà Daniele. Entrambi sono due assistenti di volo, motivo per cui Damiano conosce bene diverse lingue. Dopo aver lasciato il liceo linguistico al secondo anno, il cantante ha deciso di inseguire il suo vero sogno: la musica. E con i suoi amici Victoria De Angelis, Thomas Raggi ed Ethan Torchio ha dato vita ai Maneskin. La gavetta è stata dura, ma dalle strade sono poi approdati a X-Factor. È stato proprio il talent di musica il loro trampolino di lancio. Ad oggi anche il plauso del New York Times che li ha descritti così: . "Solitamente gli artisti che partecipano all'Eurovision scompaiono dalla scena al termine della manifestazione, in controtendenza i Måneskin costruiscono sulla fama guadagnata consolidando una rara storia di successo a lungo termine dell'Eurovision Song Contest". Intanto si scatenano le voci sul loro nuovo manager. Anche in questo caso è il NYT ad avanzare l'ipotesi che potrebbe diventarlo niente di meno di Simon Cowell, inventore di X-Factor.
Massimo Falcioni per "tvblog.it" il 25 maggio 2021. L’Eurovision organizzato in Italia? L’ultimo ricordo è vecchio trent’anni e all’epoca molti degli spettatori che sabato sera hanno esultato per il trionfo dei Maneskin erano piccolissimi, o non erano addirittura nati. Chi invece davanti allo schermo c’era pure allora, al momento della proclamazione avrà avuto un brivido lungo la schiena. “Speriamo che stavolta vada diversamente”, sarà stato il primo pensiero. Sì perché il precedente dell’ultimo Eurofestival andato in scena nel nostro Paese rappresenta, televisivamente parlando, un vero e proprio trauma. Era il 1991 e il privilegio di un’edizione svolta in casa fu conseguente alla vittoria di Toto Cutugno a Zagabria, dodici mesi prima. Proprio Cutugno – assieme a Gigliola Cinquetti che si era imposta nel 1964 – presero tra le mani il timone di una barca che fu difficilissimo condurre in porto. I problemi sorsero fin dalla scelta della location. Inizialmente il concorso si sarebbe dovuto svolgere al teatro Ariston, con un chiaro richiamo a stili e colori sanremesi. La Guerra del Golfo e la poco tranquillizzante situazione in corso in Jugoslavia, spinsero la Rai a spostarsi a Roma per assicurare maggiore sicurezza alle delegazioni straniere. La decisione venne presa a gennaio, troppo tardi per non immaginare disagi e disguidi, con immancabili polemiche legate all’investimento economico di Viale Mazzini, considerato troppo oneroso. Si trasmise dallo studio 15 di Cinecittà e parecchi elementi della scenografia non erano altro che il materiale già utilizzato nella realizzazione di vecchi film. Una anomalia che spiega in larga parte la sensazione di disorientamento di chi oggi ripesca immagini di quell’edizione. Non che l’Eurovision non si sia evoluto di suo. Nel lungo periodo in cui l’Italia non ha partecipato, l’evento ha avviato un corposo restyling soprattutto visivo che oggi ci consente di dipingere lo show del ‘91 come un parente alla lontana, quasi sconosciuto. Per l’Italia gareggiò Peppino Di Capri. Comme è doce ‘o mare, eseguita in napoletano, si piazzò al settimo posto. I commenti però furono tutti per i conduttori, con critiche e bocciature che riempirono pagine di giornali. Cutugno e Cinquetti, innanzitutto, riscontrarono parecchi problemi di lingua, annaspando sulle lingue. Il regolamento prevedeva che le votazioni delle singole nazioni venissero lette in italiano, inglese e per l’appunto francese. A differenza di oggi, dove la grafica la fa da padrona e i corrispondenti si limitano a salutare e a incoronare lo Stato premiato col punteggio più alto, nel 1991 i voti venivano espressi a voce e per telefono. Cutugno manifestò a più riprese il proprio disappunto: “Vi sembrerà strano, ma bisogna ripetere i numeri in tre lingue. Chiedo ai colleghi di essere più veloci, con più ritmo, senno arriviamo fino alle due di domani”. A dare problemi di linea fu soprattutto la Turchia: “Ankara non risponde”, lamentò il cantante rivolgendosi al supervisore Frank Naef. Seguirono momenti di imbarazzo, con Cutugno che spinse per saltare il turno o coprirlo con qualche mossa improvvisata: “Colleghiamoci con la green room, mettiamoci a suonare, a cantare, a far qualcosa. Oppure andiamo avanti con l’Irlanda e recuperiamo dopo”. L’ultimo elenco venne diramato dall’Italia, ma di fronte al “pronto” dei presentatori, dall’altra parte della cornetta si sentì parlare in francese. I motivi della scelta non si sapranno mai (che si intendesse facilitare il lavoro ai padroni di casa?), fatto sta che Cutugno non la prese benissimo: “A Roma si parla francese? Parlate italiano, per favore”. L’insofferenza, mascherata dai sorrisi di circostanza, venne a galla in una frase, tanto sintetica quanto eloquente: “Menomale che l’Eurofestival lo abbiamo vinto dopo ventisei anni, pensa se lo vincevamo sovente”. Tradotto: fortuna che una serata del genere ci ritoccherà tra più di un quarto di secolo. Per la cronaca, a conquistare il titolo la svedese Carola, protagonista di un inedito ex aequo con la Francia. Pari merito, eccezionalmente, anche nel numero di 12 punti aggiudicati. Ecco allora che per assegnare la coppa si dovette andare a controllare chi avesse totalizzato più volte i 10 punti. Quella sera, temuta dal Toto nazionale, rifarà capolino nel 2022. L’auspicio è di arrivarci preparati. E felici di esserci, soprattutto.
Grande Fratello Vip, Caterina Balivo e la grave accusa di Manila Nazzaro: "Cosa mi ha fatto in tutti questi anni". Libero Quotidiano il 10 settembre 2021. Manila Nazzaro parteciperà al prossimo Grande Fratello Vip. Nel suo video di presentazione ha attaccato: Caterina Balivo. Facendo il nome della conduttrice come persona che non vorrebbe nella Casa ha riportato alla luce una vecchia antipatia fra le due, che è reciproca. La Nazzaro ha spiegato che cosa è successo con Caterina Balivo. Non sono mai riuscite a legare sin dai tempi di Miss Italia. La Nazzaro vinse il concorso nel 1999 e la Balivo si classificò al terzo posto. “L’ho sempre ammirata come conduttrice, ma ho avvertito un astio da parte sua per il fatto che io abbia vinto Miss Italia. Io e Caterina abbiamo fatto sempre scelte di vite e di lavoro molto diverse, ma non per questo è autorizzata a sminuirmi. Io ho avuto problemi di salute importanti, ho scelto di fermarmi, di sposarmi. Non è carino che una persona dica ‘quella che ha vinto Miss Italia’ – senza neanche fare il mio nome – ‘ha vinto il concorso, ma io, pur arrivando terza, ho lavorato molto di più’. E questo è accaduto decine di volte”, ha affermato la Nazzaro. Durante Miss Italia 2019, in cui erano entrambe ospiti, la Balivo non ha fatto il nome della collega sebbene fosse lì al suo fianco. Parlando del concorso del 1999, ha spiegato La Nazzaro, la conduttrice di Vieni da Me pare abbia detto “c’era una più bella di me, ma il successo si fa lo stesso anche non vincendo”. Ma non è tutto. “So per certo che lei non mi ha mai voluto nei suoi programmi. Mi bloccava le ospitate. È accaduto anche a Vieni da me. Guarda caso, gli unici programmi in cui non sono stata ospite in tutti questi anni sono i suoi. E perché tutto questo?”, si chiede la Nazzaro.
Barbara Costa per Dagospia l'11 dicembre 2021. “Arrogante”. “Presuntuoso”. “Testa di c….”. Questo lo era prima. Che andasse in TV. Ora non più. Ora, o più precisamente, da più X Factor edizioni, Manuel Agnelli è “un frontman esagerato”, “un rocker nucleare”, “uno da paura, una bomba”, “il rock è solo lui in Italia”, “io sono sempre stato d’accordo con Manuel Agnelli”, “il Maestro”, ma pure “dio che bono, che figoooo”, “mamma mia, che manzo”, “mi ribolle l’ormone”, “c’ho brividi lungo tutto il corpo”, “che pezzo d’uomo, ma quanto è bello?”, “altro che Damiano!”. Chi è Manuel Agnelli? Dite la verità, anche quest’anno, come l’altr’anno, come ogni anno, non c’avete capito un caz*o. Perché inutile cincischiare, brontolare, distillare. Manuel Agnelli è uno che mette a tacere tutti. Tutti!!! Io capisco bene che tanti anni di rinc*glionimento da autotune, e anatemi a sapere suonare uno strumento, in una band, abbiano annaspato il cervello a molti, e però, è ora di starci, una volta e per sempre. La sapienza paga. Rende. E fa fare a chi non ce l’ha figure di m*rda. A voi, che per troppo tempo siete andati avanti a musicalmente esaltare se non la nullità la mediocrità. A voi, che date un peso e pure ampio ai like. A voi, per cui l’uno (un voto) vale uno (un cervello). E no!!! E Manuel ve lo dimostra! Finalmente! Se come dice lui le opinioni sono come le p*lle, ognuno ha le sue, è lampante che c’è chi vale e tanto e chi vale un beato caz*o, e che “la m*rda passa di moda, la buona musica resta: io offro una alternativa”. Ma io non me li dimentico, quelli che alzavano il dito e bofonchiavano spocchiosi questo Manuel Agnelli chi è, che fa, che ne sa, e io non me li dimentico, i puri e altezzosi che rinfacciavano a Manuel Agnelli di essersi venduto alla TV. “Perché faccio X Factor? Perché mi pagano, e perché con quel tipo di visibilità ho un potere della mad***a per promuovere un certo tipo e visione di musica”. E voi lì, davanti a lui, zitti e muti, inetti a ribattergli! Ammettetelo: quanto v’ha fatto – e vi fa – girare le p*lle? Oggi sento e leggo di Manuel che è supremo, il re, sua maestà, il messia, il dio che non si riposa il settimo giorno ma la quinta puntata. Che Manuel è il magnifico, che se ripete un aggettivo è tragedia, che se si incaz*a aiuto, che se piange non è, chi, l’arpia che pensate sia? Il tema Manuel Agnelli piagne scatena dibattiti: perché un rocker non può commuoversi, chi l’ha stabilito, voi, che un rocker deve essere… come? "Un rettile può cambiar pelle ma non cambia il cuore", e purtroppo in troppi di Agnelli e dei suoi Afterhours sanno un caz*o e il guaio è che a caz*o ne trattano. Poi, ed è ben peggio, c’è chi lo sa, crede di saperlo, e si permette, a Manuel, di dar lezioni. Cioè a darle a uno che ha fatto 10 anni di Conservatorio, a uno che ha iniziato a fare rock nel pop-puto 1985 (“e ti lascio immaginare cos’era allora l’Italia: noi eravamo dei brutti fr*ci del caz*o e tutte le sere ci pigliavamo a botte per suonare”). Uno così si deve sentir dire, e da Ilfattoquotidiano.it, cosa è giusto fare e cosa no (ma vi risulta che Manuel ve l’abbia chiesto!?), e tutta una tiritera su come Manuel dovrebbe pensare. Ma dove caz*o lo trovate uno che dal tavolo di X Factor vi fa capire per che santo motivo non è possibile coverizzare i Beatles senza esiti infimi e infami, e specie "Across the Universe", perché i Beatles solo agli ignoranti possono parer facili, quando sono stati dei visionari autori di brani paurosamente complicati??? E dove altro lo trovate uno che su quel tavolo sappia di "Supersex" e te lo porno squaderni (che delizia, Pontello e il suo sperma a X Factor! Perle ai porci, lo so…). Se i Måneskin hanno ridato a un certo rock la luce (ma il rock quando mai s’è spento, se i Deep Purple, e tanto per dirne una, hanno appena ultimato un signor disco, e roba che quando i Deep Purple suonavano "Smoke on the Water", noi – voi! – in Italia stavate appresso a Nicola Di Bari che vinceva Sanremo…), non è ancora il tempo per cui "when the rock’s over/turn out the lights": c’avete creduto, vi faceva comodo, stare col c*lo al caldo, al sicuro… dite un po’, avete mai pensato, provato, suonato, per tensione e dare fastidio? O per "inseguire la propria ossessione"? Chi sa di Manuel, e degli After, sa cosa intendo, e tuttavia… sul serio vi sarebbero stati i Måneskin senza il giudice Manuel Agnelli? Davvero se a quel tavolo, se su quella sedia, vi fossero state assise le chiappe di qualcun altro, qualcuno che di web e social "strategie" capisse sì ma di musica no, sul serio avremmo avuto qualcosa di diverso, e di valevole, che non sia amore e lamento rimato a cuore sofferente? Davvero volete soltanto cantautori e/o (t)rapper che vi sbolognano ciò che sapete e volete sentirvi dire, e che sono lì per eccitare pietà? E che noia, dio mio, ma che sia musica – italiana! – e che non ti ammoscia clitoride e p*lle, e che siano i LPOM, o i Mutonia, e i Bengala Fire, dei quali c’è chi incespica a capire ("Amaro mio", dei Bengala Fire, è prodotto da Manuel e Rodrigo D’Erasmo, e si sente!!! Manuel ha prodotto 35 altrui album, cifra che sommo per difetto) ma niente, ci sono pensosi critici musicali, sul web e non, che non ce vonno sta e insistono, “eh, però, Agnelli…”, eh, sì, Agnelli, sì, uno che di robe sì che ne ha fatte senza mai adattarsi per esserci, senza appartenere a niente mai (“potevo firmare per 350 mila euro con una major, ma li ho ritenuti pochi per dargli in mano la mia vita musicale”), e senza starsene a vomitar invidia da casa, e da una tastiera! "Non puoi scappare da quel che sei", canta Agnelli nel suo ultimo pezzo: eh sì che devi vivere, che devi di concreto fare, per aver qualcosa di decente da argomentare! E alle infoiate di Manuel: mie care groupie a scoppio ritardato, capisco la miseria rocker degli ultimi anni, capisco che molte tra voi non sono abituate a uomini tipo Manuel, ma la groupietudine è arte nobile. Non si applica a social, non si chatta né si posta. È un tuono, di amore genuino, e assoluto e folle, per il rock, che si fa sesso, consapevole e liberissimo, e che non presuppone altro se non godimento, biunivoco, senza alcun borghesissimo impegno, o languori puberali. Tranquille. Non pare ne siate capaci. Bimbe, il rock non risolve i problemi della vita, insegna a ballarci sopra.
Caro Manuel, riconosco i meriti di X Factor sui Maneskin. Ma il paragone coi Beatles… Fabrizio Basciano, Musicologo, musicante, docente, l'11 dicembre 2021 su Il Fatto Quotidiano.
Caro Manuel, chi ti scrive fa parte di quella generazione cresciuta, bene o male saranno gli altri a dirlo, anche coi dischi degli Afterhours, una colonna sonora niente male per chi negli anni Novanta, per motivi di età, per noia o per pura curiosità, era in cerca di nuove, inedite e originali entità musicali: gli Afterhours, insieme ai C.S.I. e a poche altre band del panorama italiano (sul finire della decade i Subsonica e i Bluvertigo), era certamente una di quelle. Perciò, anche e soprattutto per i messaggi veicolati nei brani di quella storica band, mi sembrò assurdo, qualche anno fa, tu partecipassi in qualità di giudice a un talent show, una sorta di contraddizione in termini per chi, rivolgendosi ai figli di papà della Milano bene, cantava: “Sabato in barca a vela e lunedì al Leoncavallo”. Ma era, ed è, un limite mio: non amo i talent, tutto qui, non li amo e non apprezzo il tipo di televisione che fanno, il tipo di messaggio che veicolano, il modo in cui trattano la musica e le competizioni che in suo nome vengono ingaggiate: non mi piacciono le loro finalità, il tipo di prodotti che sfornano e la sostituzione che propongono a quella vera gavetta che tutti in passato, anche tu, hanno fatto per costruirsi un vera identità musicale, una reale personalità artistica. Nessuno studio televisivo, facendo da acceleratore di successo, potrà mai sostituirsi a quella. Lo so, nel dire, pensare e sentire queste cose faccio oramai parte di una minoranza, forse anche sparuta, ma pure tu, orgogliosamente, hai per tanto tempo militato nelle minoranze, sei a lungo stato tutto fuorché mainstream, dunque certamente potrai capire. E per carità, dopo questo insopportabile pistolotto bisogna anche dire che senza X Factor oggi probabilmente non staresti qui a celebrare lo strepitoso successo di una band che a ragione senti anche un po’ tua e a cui per ovvi motivi sei particolarmente legato: i Måneskin hanno conquistato mezzo globo, e che piacciano o non piacciano, che li si avversi o meno, il loro è un trionfo assolutamente oggettivo. Sono d’accordo con quasi tutto quello che hai recentemente dichiarato a riguardo: col fatto che una volta tanto è l’Italia a esportare la propria musica rock, sul fatto che una rock band di tale peso mediatico il nostro Paese non l’aveva mai avuta, anche sul ritorno di un rock capace di riaffermare il ‘noi’ a scapito di un rap che ha imposto negli ultimi anni la sola dimensione dell’io onanisticamente autocelebrativo. Sono d’accordo su molto, su tanto, non su tutto però. Dici di non voler fare paragoni, ma poi li fai e per giunta sbagliati: perché tirare in mezzo i Beatles? Anzi, meglio: perché tirarli in mezzo in quel modo? “Pensiamo ai Beatles: quando sono usciti, parliamoci chiaro, erano una boyband. I capelli perfettamente pettinati a caschetto, i completi con la cravattina, le ragazzine che li inseguivano. Avevano già un suono personale ma alla musica davvero immortale, alle sperimentazioni, ci hanno pensato qualche anno più tardi quando erano più cresciuti e forse anche stanchi di quella dimensione”.
Andiamo per gradi: tutti sappiamo come solo nella seconda metà degli anni Sessanta la band di Liverpool abbia, con la grossa mano di George Martin, scritto pagine di musica che andavano ben oltre le strette maglie della forma-canzone rock e dei suoi canoni timbrici, estetici e linguistici. Ciò non toglie il fatto però che i primi album, quelli appartenenti alla prima metà di quell’incredibile decennio, siano produzioni rivoluzionarie e assolutamente durature, e ciò nonostante capelli a caschetto e vestitini tutti uguali che, a ben vedere, non facevano affatto di loro una boyband. Un luogo comune, quest’ultimo, che circola già da un po’ e che tu hai sonoramente rilanciato in un’uscita, fattelo dire, alquanto impropria. Cos’è per te una boyband? Una band nella quale i componenti vestono tutti in modo uguale e portano tutti il medesimo taglio di capelli? Dunque, per te, il fatto di appartenere o meno a una boyband si sostanzia in una pura questione di forma? Non c’entra nulla la sostanza musicale? Te lo chiedo perché mi sembra il caso, alla luce delle tue recenti affermazioni, di rammentare al pubblico cosa realmente sia una boyband: un prodotto creato a tavolino da uno o più produttori che ingaggiano ragazzi al fine di formare un gruppo prima d’allora inesistente. Questa è una boyband, e i vestitini tutti uguali, come anche i capelli a caschetto, non c’entrano proprio nulla (e di fatto non li trovi neanche nelle vere boyband).
Dunque, perché i Beatles non sono mai stati una boyband? Perché si dà il caso i quattro di Liverpool esistessero ben prima di approdare alla Parlophone, avessero alle spalle una lunga gavetta di concerti e avessero messo su un repertorio alquanto nutrito di cover dei più importanti brani rock’n’roll e rhythm&blues americani del tempo (molti dei quali poi incisi su disco): si erano cioè già esibiti in centinaia e centinaia di concerti in Inghilterra e in Germania, tra cui i 281 live ad Amburgo e i ben 292 al Cavern Club di Liverpool (luogo nel quale verranno poi notati dal loro super manager, Brian Epstein). Non esattamente una boyband insomma, ma una formazione abbastanza navigata che dalle maglie dello skiffle si era pian piano inserita in quelle del rock’n’roll per poi essere destinata a superarle aprendo le porte, sullo schiudersi dei Settanta, alle sontuose sonorità dell’art rock.
Ecco perché i paragoni sono sempre inopportuni caro Manuel: faresti bene a crederti di più quando affermi di non volerne fare.
· Manuela Arcuri.
Anticipazione da “Chi” il 9 novembre 2021. «Ci sposeremo nel 2022, finalmente è arrivata la proposta!». Sul numero di Chi in edicola mercoledì Manuela Arcuri parla in esclusiva del matrimonio con Giovanni Di Gianfrancesco, imprenditore edile al quale è legata da undici anni e dal quale ha avuto un figlio, Mattia, di sette anni. «Ne parlavamo da tempo, il matrimonio è sempre stato uno dei nostri obiettivi, anche se ci eravamo già sposati a Las Vegas nel 2013. Nelle interviste dicevo: “Il desiderio c’è, ma finché non mi arriva la proposta...”. E così, finalmente, è arrivata». L'attrice racconta come è avvenuta la proposta: «Giovanni mi ha sorpresa con qualcosa di veramente unico! “Accompagnami a vedere un terreno dove potremmo costruire il nostro castello”, mi ha detto. E così mi ha portata in questo posto un po’ in collina, senza case intorno, con un bellissimo panorama. A un certo punto è passato un aereo, tipo quelli che si vedono al GfVip, con scritto: “Manu, vuoi sposarmi?”». «Ho sempre sognato di sposarmi su una spiaggia, al tramonto, nei luoghi dove sono cresciuta, a Sabaudia o a Latina». E poi, sempre al settimanale diretto da Alfonso Signorini, racconta: «Mi sento sempre sexy, anche se la vita cambia. Prima mi esponevo di più perché il mio lavoro lo richiedeva, adesso è diverso: lo sono lo stesso, ma in maniera meno pubblica». «Da piccola ero formosa, forse troppo per le passerelle di moda, ma le mie forme e il mio aspetto fisico hanno giocato a mio favore. È stato il mio biglietto da visita, sono felice di aver portato avanti un modello di bellezza naturale, sono fiera di essere una donna mediterranea».
Dei reality dice: «Ho fatto Ballando con le stelle, ma è più un talent. Tra il GfVip e L’isola dei famosi sceglierei il primo. L’isola non ce la farei fisicamente: avrei grosse difficoltà a vivere per terra senza il mio cuscino, la mia coperta, massacrata dalle zanzare. La Casa ha i suoi pro e contro, ma è un programma che potrei affrontare. Me lo hanno chiesto tante volte, ma non è ancora il momento».
Di Gabriel Garko, altro suo ex, e del suo coming out, la Arcuri dice: «Ha fatto bene a dire quello che ha detto, era ora. Io l'avrei fatto prima, è brutto vivere in una situazione di non chiarezza. Io non lo sapevo perché non me lo ha mai detto, ma sono contenta per lui perché avrà vissuto certamente meglio dopo essersi tolto questo peso».
E conclude: «Nella mia carriera ho fatto tutto e rifarei tutto, è questo il bello. Quando ho avuto mio figlio mi sono dedicata completamente a lui proprio perché ero soddisfatta, appagata. Mi sono presa il mio tempo, sono una mamma all'antica, posso dire che non c'è mai stato un momento della sua vita e della sua crescita in cui non fossi accanto a lui».
Manuela Arcuri, lo sfogo per le molestie subite: “Depravati, mi chiedevano di…” Alice Coppa il 28/09/2021 su Notizie.it. Manuela Arcuri ha confessato di aver subito molestie sul set e ha rivelato dettagli e retroscena di quanto accaduto. Come altre sue colleghe attrici anche Manuela Arcuri ha subito molestie sul luogo di lavoro. La stessa attrice si è sfogata raccontando alcuni episodi legati ad avance indesiderate e vere e proprie molestie che avrebbe ricevuto sul set durante i suoi primi anni di carriera. “Succede nel cinema come in altri posti di lavoro. Nel rapporto tra regista e attrice, il regista sente di avere il coltello dalla parte del manico. Le prime volte, quando andavo ai provini, ogni tanto c’era qualche stupido che ci provava, allungava la mano, mi toccava la gamba, io la spingevo via e lui ci ritentava… Ma ero così giovane che non avevo la forza di mandarlo a quel paese, oggi gli tirerei uno schiaffone. […] In altri casting ti facevano le solite domande – come ti chiami, da dove vieni – e poi dicevano: “Fai vedere il seno”. Erano dei depravati… Ma dopo due o tre volte ho capito, e gli rispondevo: se non ci sono scene di nudo, è inutile che ti faccio vedere il seno”, ha confessato, senza nominare i responsabili di quanto accaduto. Oggi Manuela Arcuri è felice al fianco di suo marito, Giovanni Di Gianfrancesco, padre di suo figlio Mattia. Dal 2014 – anno in cui è nato il suo bambino – Manuela Arcuri ha deciso di prendersi una pausa dal mondo dello spettacolo e lei stessa ha confessato: “Mi avevano proposto Pupetta 2, il seguito di Pupetta che aveva avuto molto successo. Ma ero incinta e ho rifiutato. Per due anni mi sono dedicata esclusivamente a mio figlio. Nato Mattia, ho capito quale era la ragione della mia vita. Dopo due anni la mia casa di produzione (Ares) ha avuto grandi problemi ed è fallita. Sono rimasta senza agente, produzione, ufficio stampa. Non ero abituata a bussare alle porte, loro mi procuravano due fiction all’anno. Sono andata avanti con difficoltà, ed è arrivato pure il Covid. Sono stati anni un po’ difficili ma le difficoltà spesso si trasformano in opportunità”. Oggi l’attrice si divide tra la carriera in tv e la vita accanto a suo figlio Mattia, a cui è molto legata. Sui social Manuela Arcuri non perde occasione per scrivere dediche e messaggi d’affetto indirizzati a suo figlio.
Da "ilmessaggero.it" il 29 settembre 2021. «Ero giovane e non avevo la forza di mandarli a quel paese, oggi gli tirerei uno schiaffone». Così Manuela Arcuri racconta le molestie subite sul set nei primi anni della sua carriera quando indossava i primi panni da attrice: «Nel rapporto tra regista e attrice, il regista sente di avere il coltello dalla parte del manico - ha raccontato in un'intervista al Quotidiano Nazionale -. Le prime volte, quando andavo ai provini, ogni tanto c’era qualche stupido che ci provava, allungava la mano, mi toccava la gamba, io la spingevo via e lui ci ritentava...Ma ero così giovane che non avevo la forza di mandarlo a quel paese, oggi gli tirerei uno schiaffone. In altri casting ti facevano le solite domande – come ti chiami, da dove vieni – e poi dicevano: ‘fai vedere il seno’. Erano dei depravati... Ma dopo due o tre volte ho capito, e gli rispondevo: se non ci sono scene di nudo, è inutile che ti faccio vedere il seno».
La storia con Gabriel Garko. Il tema poi diventa la sua storia con Gabriel Garko, che poi mesi fa ha dichiarato la propria omosessualità parlando di «relazioni costruite a tavolino» con le ex per evitare danni di immagine: «Credo che la nostra storia sia stata vera anche per lui, così ha detto lui stesso - continua la Arcuri -. Risale a molti anni fa, forse a quel tempo non aveva ancora ben deciso il suo orientamento. Poi ha capito quale fosse la sua autentica inclinazione. La voce girava già da tempo, lui l’ha definito il segreto di Pulcinella. Continuava a nascondersi dietro un dito, ma la gente lo pensava, si avvertiva. Io però, fino a che non ho sentito le sue parole, il dubbio ce l’avevo ancora. Quando l’ha dichiarato, e ha fatto benissimo, mi sono detta: ok, adesso ho tutto più chiaro. Forse avrebbe potuto farlo anche un po’ prima».
Da ilfattoquotidiano.it il 14 febbraio 2021. “Un ménage à trois con Berlusconi per far lavorare in tv mio fratello? Mai dette queste cose: ‘Fai lavorare me o mio fratello’: in cambio di che? Di niente!”. Così Manuela Arcuri, ospite a ‘La Confessione’ in onda venerdì 12 febbraio alle 22.45 sul Nove a proposito delle intercettazioni, risalenti al gennaio 2009, ma uscite sui giornali nel settembre 2011 in cui Gianpi (Tarantini, ndr), l’imprenditore pugliese condannato a due anni e 10 mesi dalla Corte di Appello di Bari per aver portato escort nelle residenze di Silvio Berlusconi, cercava di combinare un incontro tra l’allora presidente del Consiglio, l’attrice e Francesca Lana. “È vero che Giampi, questo ragazzo pugliese, mi aveva detto di andare a qualche cena – ha spiegato l’ex modella – Sono andata un paio di volte, sempre in compagnia di un’amica”. “Ma come si spiega che Tarantini sostenesse che lei sarebbe stata disposta ad avere un ménage à trois con Berlusconi in cambio del fatto che suo fratello partecipasse a una trasmissione televisiva?”, ha insistito il direttore de Ilfattoquotidiano.it facendo riferimento a Sergio Arcuri. “Ma io non ho mai detto a Giampi, né tantomeno a Berlusconi, di far lavorare mio fratello. Io non ho mai detto queste cose: ‘Fai lavorare me o mio fratello in cambio di che? Di niente!”. "La Confessione" è prodotto da Loft Produzioni per Discovery Italia e sarà disponibile in live streaming e successivamente on demand sul nuovo servizio streaming discovery+ nonché su sito, app e smart tv di TvLoft. Nove è visibile al canale 9 del Digitale Terrestre, su Sky Canale 149 e Tivùsat Canale 9.
Ade. Pie. per “il Messaggero” il 9 aprile 2019. Il giorno dopo lo sbarco a Ballando con le stelle, dove ha meravigliato tra un tango e un twist, Manuela Arcuri, ieri, si è dovuta precipitata in tribunale. L' attrice è stata ascoltata in aula sulla querela sporta contro un cronista: «Non sono una olgettina - ha specificato al pm Antonio Carluccio - ero stata associata al presunto elenco delle 26 ragazze, tra cui delle escort, che avrebbero partecipato alla cene nella villa di Arcore di Berlusconi. Tutto inventato». L' attrice ha ammesso di aver ricevuto una telefonata dall' imprenditore barese Giampaolo Tarantini, ideatore delle cene, ma ha tenuto a precisare che non aveva accettato l' invito.
En. Lu. per “il Tempo” il 17 settembre 2017. «La mia carriera ne ha risentito fortemente». Con queste parole Manuela Arcuri avrebbe raccontato in aula, come parte offesa, il contraccolpo delle notizie pubblicate in merito alle sue presunte frequentazioni, raccontate da Repubblica, presso le feste dell' ex presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi. «Alcuni contratti per delle fiction sono saltati» avrebbe aggiunto la showgirl nell' aula monocratica nel processo per diffamazione a carico dei redattori che riguardava le cosiddette cene eleganti.
Da Libero il 17 settembre 2011. Dalle telefonate fra Tarantini la Arcuri e Francesca Lana si evince che l'attrice avrebbe valutato la possibilità di frequentare il premier, ma che poi questi l'abbia trovata troppo volgare. Dubbi degli inquirenti sulle pressioni della Arcuri alla Lana affinché si prostituisca. Manuela dà i voti ai suoi uomini. Il video su LiberoTv
25.01.2009. Giampaolo Tarantini parla al telefono con Silvio Berlusconi di una cena da organizzare con Francesca Lana e Manuela Arcuri.
TARANTINI: «Senta le volevo dire martedì io avevo preso mezzo appuntamento con Manuela e Francesca, ma soprattutto Manuela...
che si è decisa... posso confermarglielo?».
BERLUSCONI: «Vabbé ma cosa facciamo una cena a quattro?».
TARANTINI: «Sì, io preferirei di sì, perché se la facciamo in pochi sono pure più... meno imbarazzate diciamo».
BERLUSCONI: «E poi il dopo come viene?».
TARANTINI: «E poi... lei martedì comunque è a Roma? Magari martedì passo che parliamo di persona».
Alle 20.56, Tarantini manda un sms alla Arcuri per annunciarle l'incontro con Berlusconi: «Tesoro confermato martedì sera a cena. Siamo solo noi quattro... meglio così potete anche parlare tranquillamente senza che nessuno rompe i coglioni».
Alle 20.58, l'Arcuri risponde: «Perfetto tesoro grazie baci».
Il 26.01.2009, Giampaolo Tarantini parla con Francesca Lana.
TARANTINI: «Oh, ho parlato con Manu ... te l 'ha detto di di domani?».
LANA: «Si, me l'ha detto, volevamo sapere se era confermato...».
TARANTINI: «È confermato! Mo', Francè, convincila tu falla rimanere domani, dì due cazzate...».
LANA: «No, amore, io la faccio rimanere, ma io domani... lei m'ha detto "io domani vengo come se sia l'ultima... cioè, se domani vengo, rimango e poi tu non ce lo... quella cosa là e l'altra cosa...».
TARANTINI: «Amore... siccome domani io l'ho organizzata in un modo ·tale che stiamo solo noi quattro», omissis. «Oh! E mentre siamo là io glielo dico· proprio nei denti, davanti a voi. E poi voi quando state da sole... è chiaro che tu... diglielo il giorno dopo quando fai colazione, hai capito?».
LANA: «Ma, scusa... quindi rimaniamo tutte e due?».
TARANTINI: «Sì, tutte e due!».
LANA: «Ah, va bene».
Il 28.01.2009, Manuela Arcuri chiama Giampaolo Tarantini.
ARCURI: omissis «Gliel'ho accennato... m'ha detto "guarda ne parliamo quando ci vediamo a cena". Gli ho detto "no guarda, scusami, ma io la prossima settimana sono a Milano per lavoro... e io ne ho abbastanza urgenza perché parte la produzione e io gli devo fare questo favore a mio fratello... glielo dovrei fare adesso, se è possibile". Mi ha detto "allora guarda, Manuè, ti chiamo oggi pomeriggio e ne riparliamo". Speriamo amore... mi chiama, vè?».
TARANTINI: «Va bene, sicuro, perché... sicuro!».
ARCURI: «Ha detto che mi chiama, mi chiama! Speriamo, guarda, perché sarebbe troppo... troppo... troppo importante veramente!. E poi una volta... Poi se me lo fa il favore, se me lo fa il favore, poi, sarà ben ricompensato... però io dico la prossima settimana perché non fa la cena con Franci, così pure lei gli chiede della Fattoria, di quello che gli deve dire lei?».
Il 10.02.2009, Francesca Lana parla con Giampaolo Tarantini.
LANA: «Amore io si, rimango senza problemi Manuela dice che se non vede sto cammello ... cioè lei non ha capito come funziona... lei dice "io fin quando non ho una... una certezza che quello che voglio accada non faccio niente per lui" io le ho detto "Manuela forse dovrebbe essere il contrario, prima fai qualcosa per lui"».
TARANTINI: «Brava».
LANA: «"No Franci" lei mi ha detto "perché tu sei rimasta lì per due giorni e non t'ha più telefonato, non t'ha più cercato non t'ha più chiamato, la Fattoria tu non la fai e l'altra sì e allora? Se io faccio la stessa cosa che come te ci sto lì due volte e poi mi faccio prendere per il culo da lui?". Ha detto "No... prima stavolta lui... tanto la garanzia che tu hai fatto qualcosa" mi ha detto "quindi prima lui deve comunque farci avere qualcosa in cambio e poi noi rimaniamo" ho detto "Manu non è proprio così e comunque..."».
TARANTINI: «Eh brava».
LANA: «Non lo so amore, perché lei giustamente dice "tu sei rimasta là due volte" questo è vero però Gianpi a me non mi ha più chiamato... io l'ho chiamato miliardi di volte, poi mi sono rotta il cazzo... cioè è inutile che mi attacca il telefono poi magari gli vado pure sulle palle se sono insistente, però è vero Gianpi che io l'ho chiamato mille volte e lui oltretutto il fatto che sia rimasta là due volte non mi ha più cercato, io ci sono rimasta come mi avevi detto te, ho fatto quello che mi avevi detto te... (ride, ndr), ma non è servito a tanto, quindi lei dice "Se fa lo stesso un'altra volta?"».
TARANTINI: «Ma è diverso, però dai ... quello è il suo sogno, figurati».
LANA: «Eh lo so amore .... ma il suo sogno si limiterebbe a lei...».
TARANTINI: «Il suo sogno... voi due».
LANA: «Non è lei quindi?».
TARANTINI: «Voi due insieme».
La serata non va come da programma (la Arcuri aveva cambiato idea) e il 12.02.2009 Giampaolo Tarantini, all'1.26 chiama Berlusconi per scusarsi, dicendo che la Arcuri aveva cambiato idea a causa della presenza di Paolo Berlusconi, amico di Tarallo (il manager dell'attrice), che lei temeva potesse esserne informato.
TARANTINI: «Poi quella Manuela si è irrigidita un po' perché me l'ha spiegato lei in macchina... l'ho accompagnata per ultima, perché dice che Paolo è molto amico di Tarallo, il suo manager, quindi come l'ha visto... ha detto... si è spaventata, ancora gli dice a Tarallo che stavo lì a cena».
BERLUSCONI: «Adesso io dico a Paolo di non dire assolutamente niente!».
TARANTINI: «No, eravamo tutti... no cioè lei voleva rimanere, ci siamo organizzati... mannaggia... Francesca voleva rimanere con lei... si è incazzata con lei e gli ha detto "sei una stronza... lo devi fare per me...", poi Manuela ha spiegato il fatto!».
Gianpaolo Tarantini e Francesca Lana parlano ancora di cene, cercano di organizzare un altro incontro. Ma non ce ne saranno. Il 18.02.2009. Giampaolo Tarantini e Silvio Berlusconi parlano al telefono di un'intervista che Manuela Arcuri ha concesso al programma tivù "Le Iene".
TARANTINI: «Pensa che quella si era ... si era ... voleva star lì quella sera».
BERLUSCONI: «Meno male che non è stata qui, perché sennò .... mi sarei sentito imbarazzato di essere andato con una troia così .... vabbè cancellata».
TARANTINI: «E vabbè».
Riguardo a Manuela Arcuri, nei documenti baresi si legge che secondo gli inquirenti «appare fondato il sospetto che l'attrice, insieme al Tarantini, abbia indotto l'amica (Francesca Lana, ndr) a prostituirsi, prospettando chissà quali futuri successi professionali per mano del presidente Berlusconi». In particolare, si citano alcune conversazioni telefoniche.
Il 3.12.2008, il giorno dopo la prima serata trascorsa dalla Lana col premier, alle 12:55, Tarantini chiama Manuela Arcuri.
ARCURI: «Senti amore insomma la nostra cucciola tutto a posto! L'ho sentita, ci ho parlato fino ad ora... sono contenta perché mi sa che la deve rivedere un'altra volta... lei l'unica cosa che deve fare... deve riuscire a farselo legare a se, perché se lo lega... cioè se lo fa affezionare è fatta... ha svoltato».
TARANTINI: «Mo ci devo parlare io... ci devo mettere io il mio carico sopra... che è importante».
In chiusura di telefonata, la Arcuri dice a Tarantini: «Vabbè poi mi sono messa a letto ed ho scritto tutti i messaggini alla cucciola "tranquilla amore... non ti preoccupare... non ti sentire in colpa... stai bene" è bene tutto a posto».
· Mara Maionchi.
"Ma che ca..., io vado via": Mara Maionchi sbotta e abbandona Italia's Got Talent. La popolare giudice si è rifiutata di assistere all'esibizione di un talento e nell'abbandonare lo studio si è lasciata decisamente andare tra parolacce e gestacci. Novella Toloni, Giovedì 04/02/2021 su Il Giornale. Mara Maionchi è più carica che mai. Il Covid-19 è ormai solo un brutto ricordo e la produttrice discografica ha dimostrato di essere tornata quella di sempre (verve compresa) nell'ultima puntata di Italia's got talent, lo show dei talenti di Tv8. La popolare giudice si è letteralmente rifiutata di assistere alla performance di un duo e dopo qualche parolaccia è uscita dallo studio indispettita. Neppure l'ironia di Frank Matano è riuscita a dissuaderla dal voler abbandonare la trasmissione e in studio il pubblico è rimasto sbalordito. Non è la prima volta che Mara Maionchi sbotta in un programma televisivo. Era successo a X Factor e anche ad Amici di Maria De Filippi anni fa, ma questa volta la produttrice discografica ha dato davvero spettacolo. Nell'ultima puntata del programma Italia's got Talent, Mara Maionchi ha dato sfoggio di tutta la sua istintività, lasciando lo studio tra le proteste degli altri giudici che non sono riusciti né a trattenerla né a fargli cambiare idea. A far scattare la giudice è stato l'arrivo sul palco di una coppia di talenti in gara con i loro rettili. Il duo avrebbe dovuto esibirsi con serpenti e iguana ma alla vista degli animali la Maionchi è letteralmente sbiancata. "No, raga' io vado! No, ma ci rivediamo, ve lo assicuro. Ma ora vado a casa, ragazzi col cazzo, come non posso?". Tra le risate generali, la conduttrice Lodovica Comello ha provato a dissuadere la giudice che, nel frattempo, si è allontanata dal bancone dei giurati in direzione delle quinte. Federica Pellegrini, anche lei giudice della trasmissione insieme a Joe Bastianich, ha provato a giustificare l'abbandono di Mara Maionchi, parlando del terrore della giudice per i rettili. Il tutto mentre Frank Matano correva dietro alla produttrice per fermarla. Una scesa che sui social network è diventata virale in pochissime ore. "Non ci provate, vado dove cazzo mi pare", ha detto stizzita la Maionchi prima di andare dietro le quinte. "La guardo da casa mia l'esibizione. Mi fanno impressione", ha concluso tra le risate generali. In realtà Mara Maionchi ha assistito all'esibizione nel backstage, rimarcando più volte la sua paura per i rettili e mandando a quel paese chiunque volesse riportarla in studio. Almeno fino alla fine della performance.
Silvia Fumarola per "la Repubblica" il 4 febbraio 2021. «Data la giovane età - ad aprile sono 80 - il Covid non è stata una passeggiata. Ora sto benissimo. Ho avuto la polmonite bilaterale, la cosa tremenda è che sapeva tutto di cartone. Meno male, va', ho perso qualche chilo». Mara Maionchi è una forza della natura: pestifera e autoironica. Se, come diceva Margaret Thatcher, "il carattere è il tuo destino", quello della signora della discografia che ha scoperto Gianna Nannini e Tiziano Ferro l' ha guidata dove voleva. Giudice a Italia' s got talent (da stasera su Tv8), dice sempre quello che pensa.
Mara, era preoccupata quando è stata in ospedale?
«Eh un po' sì. Medici e infermieri sono stati bravi, ancora li ringrazio. Però non lo so, in certi momenti ero anche un po' strana: mi sa che è l' effetto dell' ossigeno».
Pensa mai che ha quasi 80 anni?
«Sì e mi dico: non è possibile. Non me li sento. Durante il Covid me li sono sentiti tutti. Ho fatto l' esame sierologico e ho tanti anticorpi. Speriamo che durino».
Ci vuole talento per individuare il talento negli altri?
«Tutti potremmo essere giudici dello show, scegli quello che ti piace. Giudicare i cantanti è diverso. Lì ti prendi delle responsabilità, non sai come un ragazzo evolve. A Italia' s got talent la cosa che vedi è quella che è. Con i colleghi facciamo battute, anche se c' è discordia nella scelta di un concorrente non diventa un fatto personale. Non hai responsabilità se non di dire sì o no. Matano mi fa ridere, Joe Bastianich si è sciolto, Federica Pellegrini è una bomba».
Ha carattere, vero?
«Ammazza se ha carattere, invidio la sua volontà d' acciaio. Io sono una pigra, l' opposto. E poi è bella, fossi stata come lei... Lasciamo perdere».
Come le è sembrato quest' anno "X Factor"?
«Più cupo, hanno lavorato tutti in maniera difficile e sono stati bravi. Mika intelligente, Agnelli è Agnelli, mi è piaciuta Emma, passionale. Bravo Hell Raton, o meglio Hell Ratìn, è così piccolino ma capace. I giovani mi piacciono, ora per la Durex spiego ai ragazzi come proteggersi dalle malattie sessualmente trasmissibili».
Perché hanno scelto lei?
(ride) «Perché sono vecchia? Forse perché i ragazzi, che non sanno in che guai possono mettersi, mi ascoltano. Presto la mia voce, un' amica insegnante mi ha detto che finalmente servo a qualcosa».
Che pensa di Sanremo?
«Che Amadeus ha fatto scelte coraggiose. Molti dei big avevano partecipato al programma Mara Impara che ho condotto su Sky, i Coma_Cose ad esempio. Mi fa piacere il successo di Achille Lauro, era stato con me ai provini di XF l' anno di Anastasio. Allora non sono una rimbecillita totale, mi consolo».
Che idea si è fatta del festival con la pandemia?
«In effetti è un bagno di folla: così rimane solo la parte televisiva. Poi, ragazzi, i rischi restano: fai oggi il tampone e domani puoi essere positivo, non c' è certezza».
Aveva questo carattere da ragazza?
«Sempre. Facevo ridere tutti, bisogna prendersi in giro. I geni sono pochi, gli altri arrancano come me».
Il pubblico le vuole bene per questo?
«Essere amata per quello che sono mi fa piacere, mi fa sentire al caldo. La cosa peggiore che possono fare è darmi un copione, vado come sono. Sono pratica».
Anche nella vita privata?
«Passare dalle luci psichedeliche all' abat-jour è un attimo, ho 43 anni di matrimonio alle spalle e si diventa migliori amici. Mi creda, meglio che amanti sfegatati».
Che nonna è?
«Modesta. Le miei figlie mi lasciano poco i nipoti, ma gli voglio molto bene. Faccio regali, se bisogna andare a prenderli vado. Li tratto come se fossero miei coetanei. A me spetta la parte ludica, alle madri l' educazione».
Com' era da mamma?
«Ho letto più diari di nascosto io... Frugavo nelle cartelle, nei cassetti; mia figlia diceva che non fumava, controllavo dovunque».
Non è bello.
«Lo so ma chissenefrega , sono anche un po' pentita. Ma era l' unico modo».
Avrebbe immaginato questa carriera?
«Mai. Devo tutto a X Factor . La Sony mi segnalò a Giorgio Gori, che all' epoca produceva il programma. Scelse me e Morgan».
In tv chi le piace?
«La Milly Carlucci è tradizionale ma brava, adoro ballare. Mi ha chiesto di fare Ballando con le stelle e ci sarei andata se la gamba avesse retto. Quando ho immaginato che avrebbero pensato: "Questa non poteva stare a casa?" ho desistito».
Il giudizio degli altri la frena? Non sembra.
«No, il problema è se coincide col mio».
Altre conduttrici?
«La D' Urso fa programmi agghiaccianti però è brava».
Ha visto "The voice senior"?
«Certo. Mi sono molto divertita. Non è che dobbiamo passare la vita a pensare, anche Tale e quale è gradevole, Carlo Conti è bravo».
Come si fa a invecchiare bene?
«Non bisogna chiudersi. Gioco a carte con delle vecchiette cattivissime, mi fanno fuori che è una meraviglia. Il presente non è tutto brutto, basta aprire il cervello e non opporsi a quello che c' è di buono».
· Mara Venier.
C. Maf. per il "Corriere della Sera" il 14 settembre 2021. «Lo so, non ci crede nessuno, ma penso davvero che questa sarà la mia ultima Domenica In ». Se non ci crede nessuno è perché questo è l'approccio con cui da sempre Mara Venier affronta il programma che le somiglia di più. «È così dalla prima edizione, nata per gioco... pensavo: faccio questa esperienza tanto poi non la condurrò più». Il 19 settembre inizia invece la sua 13esima stagione. «Arrivo a pareggiare con il grande Pippo (Baudo, ndr. ). È un traguardo e inevitabilmente scattano i bilanci. Penso a cosa mi ha dato e cosa mi ha tolto questa trasmissione».
Scelga una cosa che le ha dato e una che le ha tolto.
«Mi ha dato l'affetto del pubblico. Ho iniziato a essere conosciuta come l'amica, la vicina di casa, la zia. Mi ha tolto molto nel privato: il lavoro mi assorbiva e ho sottratto troppo tempo al resto. Penso che lavorare a Domenica In abbia influito anche nella fine di un amore. Sono errori che non ripeterei più».
Che amore?
«Quello con Arbore».
Eppure ora si riparte...
«Mi sembra incredibile condurre per la quarta volta di fila: non pensavo di tornare in Rai e ho vissuto l'essere richiamata come una rivincita. Ma credevo di togliermi un sassolino dalla scarpa e poi fare altro. Invece, come dice Vasco, sono ancora qua».
Come è iniziato tutto?
«Dovevo condurre un giochino nell'edizione con Luca Giurato, che però aveva capito di volersi solo occupare di inchieste, Monica Vitti che voleva parlare solo di cinema e don Mazzi, che voleva fare solo il sociale. Serviva chi tenesse insieme tutto e mi sono ritrovata a condurre, quattro giorni prima della partenza».
Paura?
«Da morire. Il produttore De Andreis mi aveva convinta che sarei stata capace. Io gli ripetevo che era matto».
Quindi è tutto merito suo?
«Suo e di altri due uomini: uno è proprio Arbore. Di solito cucinava lui a casa, io ero la sua aiutante... pelavo le patate, tagliavo la cipolla, cose così. Un giorno, mentre eravamo in cucina, mi ha guardata: avevo dei jeans, una maglietta, ero scalza e con i capelli raccolti. Mi ha detto: "Tu devi fare Domenica In così, mostrandoti come sei nella quotidianità. Se ci riesci è fatta". È stato il suo unico consiglio».
Manca un uomo...
«Fabrizio Frizzi: mi ha dato una spinta da dietro le quinte per farmi entrare in scena, al debutto. Devo tutto a loro tre. Ma da allora vivo con la sensazione che da un momento all'altro può finire tutto».
E invece...
«In realtà non dimentico che ci sono stati momenti in cui davvero tutto è finito, non era una versione fantasiosa... Ho avuto tante vite e diverse, ma sono sempre stata una donna libera: nelle scelte uso poca testa e tanto cuore. Resto una hippie che vive d'istinto».
Che rapporto ha con la bellezza?
«Non mi sono mai sentita bella e mai ci ho puntato. Anzi, sono molto insicura».
L'ospite che vorrebbe?
«Papa Francesco. Gli ho parlato un'ora, con altri artisti: sembrava di stare con una persona che conosci, un nonno a cui vuoi bene. Mi sono ritrovata a dargli consigli per la sciatalgia, di cui entrambi soffriamo». Come una zia.
Danilo Barbagallo per "leggo.it" il 24 agosto 2021. Non è un periodo semplice per Mara Venier. La conduttrice infatti, nonostante sia passato tempo, continua a fare i conti con le lesioni al nervo facciale a causa di un intervento ai denti non andato a buon fine: «Pensavo di lasciare Domenica In – ha confessato - nessuno mi assicura che guarisca». Servirà tempo a Mara Venier per riprendersi dalle lesioni del nervo facciale: «Ancora – ha confessato in un’intervista a “Gente” - non sono messa benissimo». Mara, che il 19 settembre tornerà a Domenica In, è sotto cura: «La lesione del nervo, in seguito a un intervento per un impianto dentale, purtroppo c’è. Sto prendendo medicine e mi auguro di recuperare presto la sensibilità, anche se nessuno ti assicura la completa guarigione. Comunque sono in buone mani e sto cercando di reagire». Il trascorso per Mara Venier non è stato semplice: «Ho preso una bella botta, ho vissuto momenti brutti, di fragilità e profondo sconforto. All’inizio non riuscivo a mangiare, ho avuto un piccolo impedimento nel parlare e, talvolta, faccio ancora un po’ fatica. Ero talmente smarrita che sulle prime volevo fermarmi per pensare solo a curarmi. Per un attimo ho anche ipotizzato che forse non avrei fatto Domenica In».
Laura Martellini e Clarida Salvatori per "corriere.it" l'8 giugno 2021. Mara Venier è ricoverata in una clinica privata a Roma, Villa Margherita, per un grave problema causato da un impianto dentale appena messo, che l’ha costretta a subìre un intervento chirurgico per rimuoverlo: è la stessa conduttrice a raccontare la sua disavventura in un post su Instagram, accompagnato da una foto in un letto di ospedale. «Amici di Instagram - scrive la showwoman, che aveva già accennato alla vicenda in apertura dell’ultima puntata di Domenica in - voglio condividere l’incubo che sto vivendo. Lunedì scorso sono andata da un dentista qui a Roma per un impianto già previsto da mesi...sono arrivata a studio (per ora non dico nome e indirizzo) alle 9.30 ...sono uscita alle 17.30 dopo ore! Da quel momento ho perso completamente la sensibilità di parte del mio viso, bocca, gola, labbra mento. Tralascio il resto, non è questa la sede (con il dentista ne parleremo in altra sede)». Prosegue la nota conduttrice: «Giovedì di corsa dal chirurgo maxillofacciale Valentino Valentini, che ringrazio tanto (il professionista appartiene allo staf specializzato dell’Umberto I, ndr) e dopo aver verificato la situazione venerdì mi ha operata per rimuovere l’impianto che ha causato il danno. Ricoverata...sala operatoria, anestesia totale, un incubo...Oggi avrò un controllo, ma sarà una cosa molto lunga (sperando di evitare un altro intervento).... ». Curioso e provocatorio l’hashtag finale, che annuncia nuovi strascichi, molto probabilmente legali: «#dentistaroma #nonfiniscequi».
Mara Venier, i dentisti offesi scrivono alla Rai: "Propaganda col chirurgo, quegli elogi in diretta tv..." Libero Quotidiano il 19 giugno 2021. Mara Venier, come lei stessa ha raccontato, ha vissuto un vero e proprio incubo a causa di un problema ai denti. La nota conduttrice di Domenica In ha raccontato ai suoi fan di aver vissuto una brutta esperienza con un dentista di Roma, di cui però non ha voluto fare il nome perché pare abbia intenzione di agire per vie legali. Dopo l'operazione per un impianto, in particolare, Mara è stata costretta a correre in ospedale. Il motivo? Ha iniziato a perdere la sensibilità dalla parte del viso dove è stata operata. Ecco perché poi si è reso necessario l'intervento di un chirurgo maxillo-facciale. Adesso, però, a insorgere è la Commissione Albo Odontoiatri, che ha scritto alla Rai accusando la Venier di aver usato la sua notorietà e la tv pubblica per raccontare la sua disavventura, ledendo - a loro dire - l’intera categoria. Nella lettera, scritta dal presidente della commissione Raffaele Iandolo, è stato espresso dissenso e biasimo per le esternazioni della conduttrice. La categoria non avrebbe apprezzato non solo la denuncia pubblica al collega, ma anche che la Venier abbia ringraziato pubblicamente il chirurgo maxillo-facciale che le ha risolto il problema, facendo nome e cognome. "Non mi riferisco solo alle considerazioni pronunciate dalla sig.ra Venier nei confronti della professione odontoiatrica per il fatto di aver avuto un problema all’impianto dentale, essendo infatti la responsabilità di quanto accaduto eventualmente da accertare nelle opportune sedi dalle competenti autorità giudiziarie. Quanto piuttosto alla propaganda pubblicitaria che la conduttrice ha messo in atto nei confronti del chirurgo maxillo-facciale, che le avrebbe risolto il problema rimuovendole l’impianto, menzionandolo ed elogiandolo più volte in interviste trasmesse su canali della rete pubblica nazionale", ha scritto Iandolo. Ora resta da vedere se la Venier, che è già pronta a tornare a Domenica In, deciderà di rispondere a queste accuse oppure no.
Ilaria Ravarino per "il Messaggero" il 26 marzo 2021. L'ira. L'invidia. Ma anche la prudenza, la giustizia e la temperanza. Sabato sera Mara Venier sarà tra gli ospiti invitati nella seconda puntata di Vizi e Virtù - Conversazione con Francesco, la serie di Discovery Italia in onda sul Nove, in cui Papa Francesco e don Marco Pozza dialogano sui sette vizi capitali e sulle sette virtù teologali. Una conversazione punteggiata dalle testimonianze di persone comuni e personaggi dello spettacolo (insieme a Venier anche Carlo Verdone e J-Ax), e seguita da una speciale udienza con Papa Francesco avvenuta lo scorso 8 marzo: «Sono abituata a parlare in tv a milioni di persone ha detto Venier ma davanti a lui ero emozionata come mai in vita mia».
Cosa le ha detto?
«Gli ho detto: mi chiamo Mara Venier, vengo da Venezia. Mi sono presentata, perché avevo l' impressione che non sapesse chi fossi».
E lui?
«Lui è come un nonno affettuoso e amorevole. Ha ascoltato le nostre storie e ha riso molto. Per rompere il ghiaccio gli ho consigliato un buon professore che fa le infiltrazioni, soffriamo entrambi di sciatalgia».
Parlerà nella puntata dedicata all' ira: un caso?
«Roba vecchia. Non mi accendo più come un tempo, ora sono rassegnata. Ma sono abituata a lottare: se mi fai uno sgarbo ti cancello per sempre. Seleziono. Scremo».
Ha cancellato tante persone?
«Due, tre al massimo. Ma non dirò mai chi».
I vizi che odia di più negli altri?
«Detesto gli sleali e i traditori, i leccaculi e gli yes man. La gente che non ha il coraggio di dirmi le cose in faccia. Magari mi impunto su una cosa, ma se sbaglio, chiedo scusa».
Sbaglia spesso?
«Negli ultimi anni no. Ho sbagliato in passato, poi ho imparato a tirare fuori il carattere e a non farmi mettere i piedi in testa da nessuno. A 70 anni in questo ambiente non ci arrivi se non hai le palle. Mi hanno cacciata, richiamata, rivoluta, e sono ancora qua».
Sull' invidia dice: mai volere quello che non hai. E allora come si fa carriera?
«Per costruire una carriera devi essere leale e professionale.
Devi impegnarti. Io per la carriera ho sacrificato molte cose, ho trascurato gli amori e mi pento di non essere andata più spesso a Venezia, da mia mamma».
Domenica In andrà in onda fino a giugno: è un premio?
«Io speravo che finisse a maggio, vorrei andare a Santo Domingo dove ho casa. Più che un premio è una scelta di palinsesto. Il premio era arrivato da Stefano Coletta (direttore di Rai1, ndr), mi ha offerto la conduzione di alcune prime serate ma ho rifiutato. Preferisco fare bene una sola cosa alla volta. Ne parleremo più avanti».
E lo Zecchino d' Oro?
«Quello lo farò. Una prima serata con Carlo Conti, a maggio».
Come ha convinto Achille Lauro a venire a Domenica In?
«Sono un' ex figlia dei fiori rimasta cosi com' ero, non sono cambiata tantissimo da quando vendevo gli stracci a Campo de' Fiori, ed evidentemente certi cantanti come lui, o come Ultimo, sentono un' affinità. Tutto sommato anche io sono una rock star».
C' è qualcuno che non si è messo in fila per lei?
«Mahmood. Il suo manager mi aveva pregato per l' intervista, poi ha cancellato tutto il venerdì prima. Sono cose che non si fanno, si è comportato molto male».
Diceva: sarà la mia ultima Domenica In. È così?
«Quando l' ho detto ero convinta, lo pensavo davvero: quel programma sono 40 puntate, un anno della tua vita. Poi però ci rifletto e penso che potrei dire di no a tutto, anche a Sanremo, ma non a Domenica In. Sono già la zia Mara: se non mi cacciano, diventerò nonna Mara».
Un futuro dietro le quinte?
«Potrei farlo benissimo, dopo 12 Domenica In da capo progetto. Ma francamente vorrei godermi la vita».
Quindi che progetti ha?
«Sto lavorando a un libro che dedicherò alla mia mamma. Parla di Alzheimer e spero che serva a chi vive con familiari malati. Si intitola Mamma ti ricordi di me?, perché a un certo punto non se lo ricordava più. Ma è un dolore troppo grande, non sono nemmeno convinta di volerlo finire».
"Torno in tv e scrivo canzoni. La mia nuova vita Bella". Paolo Giordano il 14 Settembre 2021 su Il Giornale. L'interprete da giovedì 16 nella giuria di "Star in the Star" su Canale 5: "Ilary Blasi? Una che non se la tira". «Sa che noi della giuria ci siamo amati a prima vista?». Ma guarda chi si rivede, Marcella Bella, proprio lei, «Cespuglio» come la chiamavano negli anni '70, dalla voce così potente e sensuale da salutarti ancora con un buongiorno da far tremare il telefono. Con Claudio Amendola e Andrea Pucci giudicherà le performance di Star in the Star che parte giovedì 16 in prima serata su Canale 5. Riassunto del programma, prodotto con Banijay Italia: dieci concorrenti del mondo dello spettacolo «vestono i panni» di dieci superstar della canzone, da Michael Jackson a Mina, da Baglioni a Zucchero, da Madonna a Lady Gaga. E «vestono i panni» non è detto tanto per dire: i concorrenti saranno trasformati totalmente, dalla ricostruzione del volto per mezzo di artifici iper-realistici in silicone al platino, assumendo le stesse movenze e sfumature dell'artista che interpretano. In sostanza, irriconoscibili: «E difatti io non ne conosco neanche uno», dice lei. Comunque conduce Ilary Blasi: «Una che non se la tira», conferma Marcella Bella che all'esordio era solo Marcella «perché avevo paura che il Bella fosse considerato un apprezzamento e non un cognome». Pudori d'altri tempi.
Insomma parte un «programma con mistero».
«So che i concorrenti sono del mondo dello spettacolo, qualcuno più conosciuto, altri meno. Tutto qui».
L'unica donna in giuria.
«Amendola è molto empatico. E con Pucci si riderà, ovvio».
Come giurata come sarà? Tendenza Morgan (colto e concettoso) oppure Arisa (stravagante e competente)?
«Di sicuro darò giudizi molto leggeri, molto soft perché dopo il periodo che abbiamo trascorso e che stiamo ancora trascorrendo c'è bisogno di leggerezza».
Qualcuno ne ha troppa e finge che non ci siano divieti.
«Fatico a condannare i ragazzi che, sbagliando, vanno a ballare. Sono adolescenti, hanno perso un anno di vita e perderlo alla loro età è un danno inestimabile».
Lei si è vaccinata?
«Sono vaccinata e sono pro-vax, ci mancherebbe. Il vaccino è l'unico modo per battere questa malattia. Se i no-vax si rendessero conto di come si muore in ospedale con il Covid, da soli, senza vedere i propri cari. Impazzisco al solo pensiero».
Il suo brano preferito?
«Non ce n'è uno. Tutti pensano Montagne verdi, che è un successo ancora ora e lo cantano pure i bambini. Ma...».
Ma?
«Io domani mi mette ancora i brividi quando canto. E Nell'aria è stato il passaggio dalla Marcella ragazzina alla Marcella donna».
Testo di Mogol.
«Un testo molto sensuale, che io all'inizio non volevo cantare perché temevo si riconoscessero dei doppisensi. È stato Mogol a incoraggiarmi, a ragione».
La musica è di suo fratello Gianni Bella, colpito anni fa da una grave malattia.
«Gianni ha una grande dignità nella malattia, pensi che era lui a consolarmi nei primi tempi. Parla a fatica, ma le parolacce le dice tutte, com'è sto fatto? (sorride - ndr). In più canticchia... È talmente forte che quando è stato vaccinato, non ha avuto alcun problema, manco male al braccio».
Lui le ha scritto tante canzoni.
«Ma adesso ho iniziato a scriverle io. Per tanti anni mi sono sentita sotto la sua ala, ora provo a fare da sola».
Risultato?
«Mi sono chiesta come mai non lo avevo fatto prima».
Marcella Bella parla sempre chiaro.
«Talvolta troppo. Mi sono spesso trovata nei guai. Come quella volta in un programma tv quando dissi che una cantante di successo (non fa il nome - ndr) era stonata. Apriti cielo, mi hanno massacrata».
Anche le sue posizioni politiche hanno spesso fatto discutere.
«Sì ma preferisco non parlarne. Molti dicono che, se si rivela di essere di sinistra, si hanno agevolazioni. In ogni caso, non faccio politica».
Marcella, il prossimo anno compie quegli anni là, quelli perfetti per una celebrazione.
«I 70? Mi piacerebbe organizzare qualcosa di musicale nella mia Sicilia, io sono di Catania anche se adesso vivo a Milano».
Rai o Mediaset?
«Adesso non posso dirlo».
Quindi ci sarà un disco.
«Sicuramente. Ho otto inediti già pronti».
E Sanremo 50 anni dopo Montagne Verdi?
«Ci provo, ma so che è difficile. In ogni caso, ho un brano che incuriosisce con un testo molto particolare, mi piacerebbe che Amadeus lo ascoltasse».
L'ultimo Festival ha rilanciato Orietta Berti.
«Canta benissimo. E il brano Mille con Fedez e Achille Lauro è un vero tormentone. Lei è stata notata da loro e in questo è stata fortunata».
E se qualche giovanissimo cercasse Marcella Bella per un featuring?
«Non ho preclusioni di sicuro. Però devo fare la parte cantata eh».
Paolo Giordano
Marco Bellocchio: «Ho inseguito la rivoluzione e poi l’analisi. Non rinnego nulla, ma non ho visto quello che succedeva nella mia famiglia». Nell’ultimo film, “Marx può aspettare”, la resa dei conti più intima con la tragedia del fratello suicida. Dalla militanza politica e la psicanalisi collettiva alla ricerca di oggi, tra storia personale e vicenda pubblica. Colloquio con il grande regista. Marco Damilano su L'Espresso il 19 agosto 2021. Marco Bellocchio, 82 anni a novembre, è stato premiato con la Palma d’onore a Cannes, ha appena finito di girare la fiction sul rapimento di Aldo Moro “Esterno notte” e si prepara al prossimo film. Ha atteso più di cinquant’anni per la sua resa dei conti personale. Con il fratello gemello Camillo, che si tolse la vita il 27 dicembre 1968 nella città dei Bellocchio, Bobbio, vicino Piacenza. Con la sua famiglia. Con se stesso, la sua storia di intellettuale militante. «Ho inseguito la rivoluzione e poi l’analisi collettiva di Massimo Fagioli. Non rinnego nulla, ma mi hanno allontanato dalla possibilità di capire perché non avevo visto quanto stava succedendo a mio fratello». Il non vedere, il non capire, è il tema del film “Marx può aspettare”, che scatena reazioni inattese: emozione, commozione. La famiglia, dove avviene quasi tutto quello che non è visto, non è capito, non sarà detto né spiegato. Ma anche la possibilità, decenni dopo, di indagare su se stessi. Un film dolorosamente privato, intimo. Ma anche pubblico, politico. Il diario di una generazione che non ha saputo vedere chi restava indietro. «La tragedia familiare coincide con l’annus mirabilis et horribilis, il ‘68. Io a 29 anni mi sentivo già vecchio rispetto ai giovani rivoluzionari che ne avevano 21. Dopo l’estate ci fu l’uscita dallo spontaneismo e il passaggio dell’organizzazione, io entrai nell’Unione dei comunisti marxisti-leninisti, un maoismo religioso, avevo rinnegato la mia formazione cattolica ma restava dentro di me. Mi agganciò l’intellettuale Luca Meldolesi, che era stato vicino ai Quaderni piacentini di mio fratello Piergiorgio. Ero attratto da una militanza radicale, totale. Il borghese che voleva rieducarsi alla scuola del popolo doveva rinunciare a tutto, doveva spogliarsi dei suoi beni materiali. La povertà al servizio del popolo».
Una radicalità evangelica, più francescana che maoista.
«Alcuni vendettero case e appartamenti, anche se c’è sempre stata una certa mitologia a proposito. Non c’era una polizia segreta che ti controllava, ma era obbligatorio. Io mi limitai a dare denaro, la mia famiglia aveva un patrimonio indiviso, il procuratore era mio fratello Piergiorgio, che era di estrema sinistra, ma con i Quaderni piacentini non ha mai sconfinato nel maoismo, era più vicino a Lotta Continua».
Una famiglia particolare. Lei come regista aveva già sfondato con un film “scandaloso” come “I pugni in tasca”, i suoi fratelli erano un intellettuale, un sindacalista, tutti di successo. E poi Camillo, che non ce la faceva.
«Camillo era in crisi, ma nessuno di noi pensava a una conclusione tragica. Quando passai da Piacenza, qualche mese prima del dramma, provai a spiegargli che eravamo tutti infelici per colpa della nostra matrice borghese. La strada era spogliarsi non solo dei beni materiali, ma anche di una mentalità che ci impediva di cambiare, di trasformarci, di andare verso il popolo che aveva la sapienza. Il popolo non solo produceva, ma aveva l’intelligenza per produrre che gli veniva rubata dal capitalismo, così pensavamo. Lui rispose con un leggero ghigno: “fratello mio, io ho angosce e tormenti talmente grandi che Marx può aspettare”. Fu soffocato da questa angoscia. Dopo la sua morte rimasi un certo periodo a Piacenza a sostenere la recita nei confronti di mia madre, su Camillo è salvo, è in Paradiso, ma la tragedia era in sé, lui si era ammazzato anche contro di lei. Poi tornai a Roma e mi ingaggiai ancora di più nella politica».
L’impegno fu la sua risposta al suicidio di Camillo?
«Se è accaduto questo, mi dissi, devo applicarmi ancora di più alla militanza rivoluzionaria. Feci un film di propaganda per il partito, si chiamava “Paola”, la città calabrese, sulla povertà e il sottosviluppo. Fu interamente finanziato da me, sotto la supervisione dei responsabili. Un altro film con vari registi si intitolò “Viva il primo maggio”. Vivevo a Roma in un villino a Città giardino affittato dal partito per la sezione stampa e propaganda. Il responsabile era Claudio Meldolesi, il fratello di Luca. Il leader era Aldo Brandirali, si facevano riunioni di auto-critica, il riferimento era il libretto rosso di Mao, lì c’era la risposta a tutte le domande, il giusto e lo sbagliato. Era il Vangelo».
Brandirali entrò anni dopo in Comunione e liberazione. Quando lasciò i maoisti?
«A volte venivo accusato di un atteggiamento non abbastanza ottimistico, problematico, depressivo. La mia militanza finì con il 12 dicembre 1969, la bomba di piazza Fontana. Fu come se fosse deflagrato qualcosa anche dentro di me. Capii che c’era qualcosa che mi sfuggiva completamente. Feci l’errore di firmare l’appello degli intellettuali sull’Espresso contro il commissario Luigi Calabresi. Un passo falso compiuto per superficialità, non era serio schierarsi per qualcosa che non conoscevo abbastanza».
Oggi viviamo la stagione opposta. Tutto è liquido, nulla è militanza. Perché ha sentito il bisogno di confessare questa inadeguatezza: è un senso di colpa, un rimorso, un pentimento?
«Il film ha avuto una elaborazione complessa. È un giornale intimo. Il titolo doveva essere “L’urlo”, come quello di Munch, l’urlo di mia madre che quando seppe di Camillo non urlò ma si strappò le vesti. Poi mia moglie Francesca Calvelli mi ha spinto a cambiare idea e a titolare il film “Marx può aspettare”. In tutti questi anni il marxismo c’è stato, ma si è dissolto».
Dopo il maoismo arrivò la psicanalisi di Massimo Fagioli, un’altra esperienza radicale.
«La svolta arrivò attraverso un amico, Piero Natoli, attore e regista, che frequentava l’analisi collettiva di Massimo Fagioli, allora era in via di Villa Massimo a Roma. Andai con una certa prudenza, ma mi coinvolse per un periodo luogo. Di nuovo in modo totalizzante: di lì passava il mio destino. Non frequentavo il mondo del cinema, mi riferirono che di me si parlava come di un artista di talento che si era perduto, si era fatto plagiare. “Il diavolo in corpo” fu un’esperienza unica, di apertura artistica, la scelta di portare Fagioli sul set provocò conflitti enormi ma fu un cortocircuito positivo. Ci furono poi altri due film fagioliani, “La condanna” e “Il sogno della farfalla”, quest’ultimo interamente scritto da Fagioli. Scattò in me quanto era successo con i maoisti. Non mi sentii libero e ripresi la mia autonomia».
Quale fu il momento di rottura?
«Non rinnego nulla. Ho continuato a seguire l’analisi collettiva per alcuni anni, ma con un allontanamento progressivo. Mi colpivano le interpretazioni dei sogni, le connessioni. Spesso Fagioli ripeteva: Freud è un imbecille. Io non riuscivo, non mi apparteneva questo modo. Non fui cacciato, a un certo punto me ne andai. Mi diedero a Venezia il Leone alla carriera, non frequentavo più l’analisi collettiva, tra i ringraziamenti non citai Fagioli e lui trovò la cosa orrenda, me lo disse nella nostra ultima telefonata. Ma ogni ideologia e ogni fede limitano l’arte».
Eppure tutto il suo percorso artistico è l’incontro con il radicalismo.
«Io mi definisco ora un rivoluzionario moderato. Per dire che Freud è un imbecille devi avere una certezza assoluta, io non l’avevo. In questo mi è rimasta la mentalità cattolica».
In “Marx può aspettare” affida lo sguardo esterno alla sua famiglia a Luigi Cancrini e padre Virginio Fantuzzi, uno psichiatra e un prete gesuita. Perché?
«Avevo bisogno di parole semplici, non dominate dalla correttezza assoluta di un certo pensiero. Ho preferito una conversazione più familiare. Padre Fantuzzi, con moderazione, mi vedeva più credente di quanto io non sia».
Nel film dice che ha visto a passare la sua vita sul grande schermo come sulla grata del confessionale.
«Mi ha assolto e preso su di sé la penitenza che mi ha risparmiato. E ha visto in me tracce di cattolicesimo. Per me la fede, come dice Ratzinger, è un assurdo. Io non mi faccio domande sull’al di là e neppure dico che se c’è qualcosa dopo, meglio così, mi sembra superficiale. Non ho immagini come quella di mia sorella Letizia che vorrebbe rivedere i nostri genitori e i fratelli».
E lei? Nella scena finale vede correre Camillo, giovane, in tuta. Ricorda molto la passeggiata di Aldo Moro in “Buongiorno Notte”, la speranza di una realtà diversa in cui le Brigate rosse lo hanno liberato e non ucciso.
«Un sogno di libertà. Ma io non spero di rivedere Camillo dopo la morte».
Nel suo cinema ha attraversato le grandi narrazioni del Novecento: il comunismo, la psicanalisi e anche il cristianesimo radicale contrapposto al cattolicesimo borghese. Ora che queste narrazioni non ci sono più che spazio resta per raccontare?
«Il racconto di noi stessi. La famiglia. Le piccole cose quotidiane di Bobbio. Sto scrivendo un film sulla storia del rapimento e della conversione di Edgardo Mortara. C’è l’oppressione, il crollo del regno del papa Pio IX, ma anche il mistero della conversione. Mi sto interrogando su come raccontarlo. Questi temi, sprofondati nell’Ottocento, si mescolano con la mia vita, i miei ricordi, la mia esistenza».
“Marx può aspettare” ci pone la questione del non-vedere. Per un regista è la sfida più grande: far vedere quello che non vediamo. Ma lei va oltre. Parla di sé: è lei che non ha visto, lei che non ha capito il gemello Camillo. Ci sono le donne che depongono il corpo dopo il suicidio, c’è la fidanzata Angela, anche lei non è stata vista da voi fratelli Bellocchio, lo ricorda la sorella Giovanna.
«Io mi accontenterei almeno di far intravvedere. È la domanda che mi muove: perché non ho visto, perché non ho capito. A volte c’è la fortuna di incontrare qualcuno che vede. La famiglia è il luogo dove il non vedere diventa più drammatico. Nel caso di Camillo sapevamo di un disagio, ma pensavamo che si fosse sistemato perché aveva aperto una palestra, invece non gliene fregava nulla. Non aver visto, non aver visto abbastanza, aver sottovalutato. In quel deserto, in questa arida infelicità, ognuno cercava di sopravvivere. Io pensavo sempre ad andare lontano. Il filo della famiglia è emerso in me solo grazie al passare del tempo, altrimenti sarebbe rimasto nascosto per sempre».
Ha appena finito le riprese della serie “Esterno notte”, dopo “Buongiorno notte” del 2003. È l’altra faccia di “Marx può aspettare”. Qui il giornale intimo dentro la storia, lì il racconto di sogni, desideri, incubi dei personaggi della storia che noi non vediamo.
«Nella serie mi chiedo: cosa facevano i protagonisti nel frattempo, mentre la storia accadeva? L’idea è capovolgere il campo rispetto a “Buongiorno notte”, fare il controcampo, vedere personaggi come Cossiga, il papa, i terroristi, Eleonora Moro a casa loro. E poi bisogna prendere posizione, non si può non prendere posizione».
In “Buongiorno Notte” Moro appare come un padre ucciso dai figli, il parricidio della Repubblica.
«È vero, infatti dedicai il film a mio padre, fu per me una riconciliazione. Da alcune voci della sinistra, per esempio Goffredo Fofi, fui attaccato per questo, fu respinta questa immagine. Altri invece ebbero una reazione di grande coinvolgimento».
La storia italiana è una storia senza padri? O un continuo affidarsi a governanti paternalisti?
«Per mia madre Mussolini a un certo punto era un salvatore. Oggi anche l’uomo forte deve essere fortemente democratico. Nessuno osa criticare Draghi o Mattarella, figure iper-democratiche, accettate dalla maggioranza. A confronto, Salvini è fragile, la Meloni parla sicura di sé ma nessuno ha capito se è favore del green pass o contraria. Il Pd ha più democristiani che comunisti. Il Movimento 5 Stelle sopravvive per revisionismo, le istanze delle origini sono sparite. Anche la Chiesa è svanita, quello che dice il papa Francesco non viene applicato».
Non le è venuta la voglia di fare un lavoro sull’Italia contemporanea?
«Ai tempi del berlusconismo imperante avevo scritto un soggetto intitolato “Italia mia”. Immaginavo un grande fratello iper-cattolico, la riunione in un convento di ragazze che dovevano dimostrare di possedere una fede assoluta. Nel finale un presidente voleva sedurre una di loro, Giuditta, lei andava a incontrarlo per ucciderlo. Come la Giuditta della Bibbia con Oloferne».
Perché non lo ha realizzato?
«Nessuno volle farlo e lasciai perdere».
È la conferma che il racconto dell’Italia al cinema è quasi inesistente.
«Il racconto dell’Italia era possibile quando il cinema era all’opposizione».
E ora è al potere?
«Mario Monicelli disse: non abbiamo più capito nulla dell’Italia quando abbiamo smesso di prendere l’autobus. La grandissima satira e il grande cinema di denuncia civile erano legati a una stagione in cui c’era l’opposizione. Le nuove generazioni hanno dentro una rabbia più giovane, tocca a loro intervenire. La politica che ho attraversato io non c’è più».
Vittorio Lingiardi per "il Venerdì - la Repubblica" il 19 luglio 2021. Tre ore dopo che Marco Bellocchio venne alla luce, era il novembre del 1939, Camillo, il gemello non visto, nascosto più a lungo nelle oscurità materne e già malinconico, lo raggiunse alla vita. Nel dicembre del '68, non ancora trentenne, Camillo si suiciderà. La sua ombra gentile accompagnerà le esistenze di tutti i Bellocchio. Qualche anno fa il regista decide di riunire la famiglia, quelli rimasti. Ha in mente di fare un film, non sa ancora quale. Fa parlare tutti: le sorelle Letizia e Maria Luisa, in piena meraviglia atemporale; Piergiorgio, fondatore dei Quaderni piacentini; Alberto, sindacalista, che nel poema Il libro della famiglia ricorda Camillo come «quel giocatore cui toccarono in mano non favorevoli carte». Di Marco ci sono anche i figli e sono loro a far parlare lui, brevi interviste alla ricerca di un gesto sbagliato, forse solo mancato, come incolpevolmente càpita tra fratelli ragazzi. Con queste e altre voci, accompagnate da immagini di storia privata e pubblica, Bellocchio costruisce un racconto privato che diventa universale. Il fantasma di Camillo prende corpo ed è un'ombra dolce, che non lancia accuse. Rimane altrove, eppure con noi, quasi potessimo, per quell'ora e mezza di film, prendercene cura come un fratello anche nostro, un figlio evanescente, un giovane uomo che ha mancato il suo passo. Si intitola Marx può aspettare perché questo disse Camillo a Marco l'ultima volta che si sono parlati: mentre i ragazzi del '68 inseguivano un sogno collettivo lui porgeva il collo a un demone privato. «Eravamo abbastanza sani noi fratelli per sentire dolore?», si domanda il regista. Marx può aspettare è l'elaborazione corale di un lutto e non poteva che avvenire attraverso un film perché fu il cinema la strada subito e per sempre imboccata da Marco Bellocchio per sopravvivere e raccontare la famiglia che quel lutto ospitò.
Il festival in presa diretta. Palma d’onore a Cannes per Marco Bellocchio: “Così mio fratello scelse la morte”. Chiara Nicoletti su Il Riformista il 16 Luglio 2021. Oggi al Festival di Cannes, giunto quasi a conclusione della sua insolita 74esima edizione è la giornata dedicata a un maestro del nostro cinema, Marco Bellocchio, onorato con un premio che il Festival consegna raramente: la Palma d’onore. A consacrare questo riconoscimento, l’uscita in Italia ieri 15 luglio e lo special screening a Cannes di Marx Può aspettare, ultima opera del regista che partendo dall’idea di una riunione di famiglia da documentare, diventa film su Camillo, il suo gemello, scomparso suicida a soli 28 anni. In un incontro a cuore aperto come questo suo film, il più personale e senza filtri della sua carriera, Marco Bellocchio si offre artisticamente ed emotivamente e ci accompagna lungo il percorso fatto con il film e per il film a partire dalla sua genesi: «Avevamo organizzato questo pranzo con i parenti al circolo di Piacenza con l’idea di fare un film sulla mia famiglia, ma capii subito che non volevo fare qualcosa di nostalgico e di generico su ciò che restava della mia famiglia e abbiamo individuato subito il mio protagonista, l’assente, il mio gemello Camillo», dichiara il maestro. Marx può aspettare è un film che indaga nel privato del regista de I pugni in tasca e mostra in maniera fluida, dolorosa e anche leggera, quanto il percorso cinematografico di Bellocchio sia stato costellato di tentativi di elaborare quanto accaduto all’interno della sua famiglia. A parlare di Camillo, il regista ci aveva provato varie volte: «Nella mia vita ci sono stati una serie di avvicinamenti a questa storia, in particolare in Gli occhi e la bocca ma di quel film non sono mai stato contento perché mi sono reso conto che il fatto che fossero ancora vivi mia madre e il mio impegno politico erano presenze che mi condizionavano, mi impedivano di dire tutta la verità». «Con Marx può aspettare – conclude – mi sono sentito leggero e libero e qualcuno ha notato che è anche un film spiritoso». Considerando la Palma d’Onore di questa sera, celebrazione di una carriera che è impossibile non ripercorrere nei suoi continui memorabili successi, i frammenti di cinema del Maestro contenuti in Marx può aspettare, ci permettono di guardare ai suoi film in maniera più empatica e viscerale: «Al montaggio, la memoria ci ha fatto collocare una serie di frammenti dei miei film mostrandoci che questa tragedia aveva percorso tutta la mia vita e mi sono reso conto che i suicidi sono frequenti nei miei film, se pensiamo a Salto nel vuoto, al regista sfigato in Il Regista di matrimoni e anche a Gli Occhi la bocca dove c’è l’attore che pronuncia già la frase Marx può aspettare». Il nuovo lavoro di Bellocchio è racconto universale sul dolore, sui modi diversi con cui si può elaborare il lutto ed è anche racconto di formazione di un ragazzo, Camillo, che cercava il suo posto nel mondo e non è riuscito a trovarlo, «come certi eroi romantici che si suicidano». Come in un mea culpa per cui non cerca assoluzione, Bellocchio racconta come la sua famiglia ha sottovalutato la disperazione di Camillo, la sua ricerca senza meta: «È in un certo senso il mio film più privato – dichiara – nel quale mi sono sentito molto libero, anche liberato ma non assolto. È qualcosa di molto comune il fatto che di fronte a certe tragedie (lo si vede spesso anche in TV) si dica: non avevo capito. Noi non avevamo intuito la tragedia che stava sotto la vicenda normale di nostro fratello. Questo è un po’ uno dei centri del film». A proposito di non capire, senza indulgenza, Marco Bellocchio rivela l’esistenza di una lettera di disagio e aiuto di cui aveva quasi dimenticato la presenza, scritta da Camillo a lui , il suo gemello. Confessione dal regista sottovalutata e dismessa: «Io l’ho trascurata, voi la chiamate distrazione, io la chiamo assenza la mia. Non posso difendermi dietro il fatto che che avevo i miei problemi da risolvere». È un po’ questa consapevolezza del maestro, del comportamento suo e della famiglia nei confronti del malessere di Camillo che ha portato alla sostituzione del titolo e dello stile del film, da L’urlo a Marx può aspettare, frase quest’ultima detta proprio dal nostro protagonista in una chiacchierata dove confessava al suo gemello Marco, il disagio del sentirsi fuori posto in quel periodo. Bellocchio ricostruisce così la conversazione inserita anche in uno dei suoi film: «Il riscatto e la redenzione della tua infelicità sta nella lotta rivoluzionaria, questo fu in sostanza quello che gli dissi. Lui mi rispose ‘Marx può aspettare!’ come a dire: la politica dopo, prima devo risolvere le cose mie che nessuno mi ha aiutato a risolvere». Come conseguenza inevitabile del descrivere ed analizzare un film che è nato per preservare ricordi che altrimenti sarebbero andati perduti con la scomparsa di membri della famiglia, arriva la richiesta al maestro Marco Bellocchio di una sua personale riflessione sulla morte: «Qui tanti amici non ci sono più, tanti coetanei, però noi continuiamo a lavorare e questo non è che modifica il mio rapporto con la morte, non credo all’eternità. C’è sempre una sottile angoscia rispetto a questa conclusione che però varia a seconda di quello che fai: adesso dobbiamo portare a termine una faticosissima serie, poi faremo un film, se sei dentro la vita e il tuo lavoro, per fortuna ti dimentichi del fatto che esiste anche questa possibilità», confessa esorcizzando un po’ tutta la discussione. Infine l’attenzione va alla giornata di oggi, di celebrazioni, di Palma d’Onore consegnata dalle mani del direttore artistico Thierry Fremaux davanti a una sala gremita di cinefili, e professionisti del cinema e con la proiezione di un film così privato e personale: «Questo film e il riconoscimento sono due cose unite ma anche molto separate», sottolinea Bellocchio «perché Fremaux è stato estremamente generoso, ha visto il film, l’ha ammirato. Ma io palpito non tanto per la premiazione – quella sarà faticosa perché non è nelle mie corde – ma per la proiezione del film dove ci sarà un pubblico internazionale. Quella è un’esperienza a cui parteciperò sentendomi anche più giovane perché è inimmaginabile portare a Cannes un film piccolo che è nato per noi. Sulla Palma poi aggiunge: «Della Palma sono contento. Non la considero assolutamente un premio che mi ripaga però: qui io ho avuto sempre grandi soddisfazioni. Stasera ricorderò senz’altro il grande Michel Piccoli che ottenne la doppia Palma per Salto nel vuoto». Chiara Nicoletti
Stefano Giani per “il Giornale” il 16 luglio 2021. «Oui, je parle français mais... in italiano sono più libero». E per Marco Bellocchio, il giorno prima di ricevere la Palma d'oro d'onore, sentirsi a proprio agio è importante. Il premio è di quelli prestigiosi e non sono in tanti ad averlo ricevuto. Prima di lui, Jodie Foster e Jeanne Moreau. Bernardo Bertolucci e Jane Fonda. Jean Paul Belmondo e Alain Delon. A sciogliere la riserva è lo stesso Thierry Frémaux, direttore artistico del festival, dopo aver visto l'ultima fatica del regista, quel Marx può aspettare in cui lascia affiorare un'autoaccusa o, se si preferisce, un'ammissione di superficialità nel non aver capito il dramma che covava nel cuore del fratello gemello Camillo, morto suicida. «Lui si è fermato alla bellezza dei suoi 28 anni, io sono invecchiato ma nessuno di noi ha intuito i turbamenti di quell'eroe romantico che cercava il suo posto nel mondo senza trovarlo». Il documentario, uno sguardo intimo sulla propria famiglia, ha commosso Frémaux che ha deciso il riconoscimento in questa edizione, successiva a quella del 2019, in cui Bellocchio partecipò in gara con Il traditore. Sulla Costa Azzurra l'artista piacentino si sente a casa. Pur ritenendosi allergico alle cerimonie, ha raccolto parecchie soddisfazioni e a una di queste è particolarmente affezionato. Era il 1980 quando il suo Salto nel vuoto fece vincere a Michel Piccoli e Ainouk Aimée la Palma per la miglior recitazione maschile e femminile. Un'accoppiata che probabilmente escluse dal premio lo stesso Bellocchio che domani sera, nella passerella finale, riceverà l'ambita Palma. Un italiano sicuro trionfatore che ieri non si è sottratto a un doppio incontro con giornalisti e pubblico per l'uscita di Marx può aspettare. A ventiquattr'ore dall'arrivo nelle sale italiane, oggi sarà in cartellone anche a Cannes. E l'occasione è rivisitare la propria vita - professionale e non solo - perché il regista piacentino è stato letteralmente saccheggiato senza risparmio. C'è stato chi gli ha chiesto come ha ritenuto di aver gestito la privacy nei confronti della sua famiglia e quella domanda impertinente sul suo rapporto con la morte, che ha letteralmente sorpreso per la reazione. Nessun colorito scongiuro, che pure sarebbe stato perdonato, ma una grassa risata divertita. «C'è qualcosa di bergmaniano in tutto questo. Sembra di essere nel Settimo sigillo. La verità è che non ci penso. So che fa parte di questa vita ma finché uno ha voglia di lavorare ed energie da spendere, a questa frontiera non pensa». Senza mai voler nominare quella parola angosciosa. Soprattutto alle soglie degli 82 anni «quando è inevitabile accorgersi che molti compagni di strada non ci sono più e ci si sente più soli». Il frullatore che lo travolge tuttavia non conosce logica e nel giro di poche ore arriva il ribaltamento totale. Che consiglio darebbe al Marco Bellocchio bambino? Altra spontanea risata con allargamento di braccia annesso. «Sono vecchio, ormai. Indietro non si può tornare, però posso dire di non avere rimpianti». E la sua storia è ricca. Ricchissima. Parla di un ragazzo nato a Piacenza in una famiglia cattolica e borghese che, strada facendo, ha perso per strada tutti e due gli aggettivi. La religione bigotta, alla quale guarda ripensando ai familiari e alla sorella sordomuta, che nell'ultimo film «sogna di trovare genitori, fratelli e parenti ma si domanda come sia possibile in un aldilà fin troppo affollato». Il suo sguardo distaccato di ateo credente e professante si scontra con l'immagine di inferno e paradiso ereditata da tanti discorsi con la madre. «Aveva una catalogazione precisa di dove finiva ognuno in base ai suoi peccati e alle sue debolezze. Oggi però alle fiamme della Geenna e agli angioletti dell'Eden non ci crede più nessuno, vero...». E una volta tanto la domanda la fa lui. Riscuote sguardi ma non parole. E allora racconta il percorso politico che lo ha portato ad abbandonare le origini. Perfino rinnegarle. «Nel '67 ho deciso che non sarei stato un artista borghese». E l'avvicinamento a quella sinistra maoista dalla quale si è poi allontanato pagando un prezzo non indifferente. «Violenza e terrorismo non mi sono mai appartenuti ma da quella stagione si usciva in tre modi. L'integrazione nel sistema politico, diventando dirigenti. La droga, andando al creatore. Io mi sono ritrovato nelle mani dello psicologo. Dovevo capire chi ero».
· Marco Castoldi in arte Morgan.
Michela Tamburrino per "la Stampa" il 21 dicembre 2021. Il vincitore morale di Ballando con le stelle di Rai1 appena concluso, è certamente Morgan. Non tanto e non solo per le qualità di ballerino che ha rivelato ma soprattutto per aver contraddetto quella nomea di sfasciatutto che gli è stata appiccicata addosso. Marco in arte Morgan, è rimasto fino alla fine e si è giocato la finale aggiudicandosi la medaglia di bronzo. Liti tante, certo, con una giuria composta proprio per essere divisiva. Ma come dice lui, è spettacolo nello spettacolo.
Morgan, che esperienza è stata?
«Bellissima, alternativa. Un importante riavvicinamento all'intrattenimento del servizio pubblico, alla rete ammiraglia. Vede, in X Factor di epoca Rai, io avevo un ruolo preciso, tra lo show e la divulgazione musicale. Con la stessa serietà di quella che mi portava a far conoscere David Bowie o Lou Reed, qui ho cercato di costruire dei momenti di arte. Il ballo è una disciplina che mi mancava, sono grato di quello che mi è stato messo a disposizione, qualcosa di magico».
Con la sua insegnante Alessandra Tripoli ha avuto qualche frizione?
«Ma no, si è creato un sodalizio umano e professionale perfetto. Non ero abituato ad essere allievo, una piacevole novità, in dieci settimane ho imparato dieci balli diversi, mentre la gestione del palco è campo mio».
Questo connubio di elementi felici l'ha portata a «sbroccare» meno?
«Lo "sbrocco" ha tanti perché riassumibili nel fatto che ci si trova davanti a gente poco libera, non incline allo stupore dell'imprevisto e dunque non disposta a lasciare che gli accadimenti la portino altrove. La gente non è più abituata, in questo clima».
Parliamo di paura da Covid?
«Non solo. L'Italia degli ultimi vent' anni è pavida e poco incline all'arte. La Rai ha strumenti di incredibile versatilità che pochi sanno usare, infatti ho proposto cose diverse. Sono grato a Milly Carlucci che mi ha dato la possibilità e la libertà di stupire il telespettatore».
Eppure da lei ci si aspettava molto più di qualche innocua baruffa legata alle votazioni ingenerose nei suoi confronti
«Contro di me solo pregiudizi presto sfatati, diffamazioni di malelingue».
E adesso?
«Adesso Morgan è pronto per un programma tutto suo in cui mettere passione sfrenata, musica, società, persone, incontri. Me la vorrei giocare sul campo, mettendoci anche la danza. Perché io ho vinto. Il concetto di vittoria è morale, personale, è l'arte che vince sull'oblio e la misantropia. Ad essere atrofizzato è il sistema che ha impedito a Rossi Albertini di parlare di scienza. Un momento di valore».
Forse per problemi di ascolti. Così Ballando ha stracciato lo show di Baglioni su Canale 5.
«Lo show di Baglioni è andato male ed era un capolavoro, bisogna dirlo in piena sincerità e bisogna che queste operazioni si continuino a produrre».
Il momento reality sul privato come l'ha vissuto?
«Non lo amo ma bisogna accettarlo. Di mio non parlerei della famiglia e non mostrerei foto dei genitori. Ma fa parte dell'estetica che oggi si usa e a me piace essere livellato alla normalità. Perché non sono come mi si vuole dipingere, assurdo, disturbante. Per chi scrive come me, l'anima va tutta nelle canzoni».
Ma almeno il gusto della polemica ce lo lasciamo?
«Le polemiche non mi piacciono e lo dico come autocritica. È brutto perdere il controllo. Ma devo stare al gioco dello spettacolo e usare le dinamiche dell'intrattenimento».
Allora non ce l'ha davvero con la tanto vituperata giuria?
«È gente bravissima che ha dato il massimo in 16 anni a Ballando. Ora sarebbe giusto dare spazio ad altri, magari prendendosi un anno sabbatico».
Ma voi siete star che si mettono in gioco. Ci sta anche il giudizio più feroce da parte di chi non è proprio esperto di danza ma fa spettacolo.
«A X Factor Maionchi e Ventura hanno avuto sempre l'umiltà e la delicatezza di non addentrarsi in campi meno conosciuti, dissuadevano senza mai umiliare né offendere. Qui invece possiamo parlare di bullismo verso il gesto poetico».
Se tornasse indietro, rifarebbe quello che ha fatto a Sanremo con Bugo?
«Non una ma mille volte lo rifarei se mi ritrovassi nelle condizioni estreme di mobbing in cui ero allora. È stata l'unica mossa possibile e intelligente che li ha messi di fronte alla loro nullità».
"Non la vedo da due anni". Morgan riabbraccia la figlia Lara. Novella Toloni il 12 Dicembre 2021 su Il Giornale. Durante la semifinale di Ballando con le stelle, il cantante ha ballato a sorpresa con la figlia avuta da Jessica Mazzoli, la piccola Lara, che non vedeva da quasi due anni. La seconda semifinale di Ballando con le stelle ha regalato emozioni molto forti. A fare commuovere il pubblico in studio e i telespettatori da casa è stato il valzer che Morgan ha iniziato con la sua ballerina e terminato con sua figlia Lara. Un'esibizione a sorpresa, che lo ha visto riavvicinarsi alla figlia dopo quasi due anni di lontananza.
La gara dello show di Rai Uno stava volgendo al termine. I concorrenti in gara si stavano cimentando nell'ultima manche segreta dedicata ai balli con un familiare. Quando è stato il turno di Morgan, Milly Carlucci ha spiegato cosa sarebbe successo in pista: "Abbiamo chiamato Jessica per permettere la partecipazione di Lara alla gara. Morgan è a conoscenza della presenza della figlia ma non sa che succederà adesso".
La conduttrice ha mandato in onda la clip di introduzione, dove Morgan ha parlato del suo rapporto con le figlie Anna Lou, avuta da Asia Argento, Maria l'ultima figlia avuta dall'attuale compagna e Lara, nata dalla relazione con la cantante Jessica Mazzoli. Se con le altre due figlie Morgan è riuscito a instaurare un rapporto e a essere presente nel ruolo di padre, nel parlare di Lara l'artista si rattristato. Morgan ha rimarcato l'impossibilità, per vicissitudini legate al suo rapporto conflittuale con la madre, di vederla crescere da vicino: "L'ultima volta che ho visto Lara è stato due anni fa. Non ho potuto fare tanto con lei e mi dispiace. Bisogna fare qualcosa per superare questo". Dopo il video, il cantante è sceso in pista insieme ad Alessandra Tripoli, ma dopo pochi istanti al centro della pista è arrivata la piccola Lara, 7 anni. L'ingresso in studio della figlia ha lasciato Morgan a bocca aperta. Dopo un attimo di smarrimento, Marco Castoldi ha ballato il suo valzer insieme alla bambina, stregando la platea. "La danza unisce le persone, in questo caso me e mio padre e stasera sarà bellissimo", aveva dichiarato Lara poco prima di entrare in pista e sorprendere il padre. Momenti emozionanti che sono stati stemperati da Morgan, che a fine esibizione ha elogiato la figlia: "Sei molto più brava tu di me". Prima di abbracciarla ancora una volta.
Novella Toloni. Toscana Doc, 40 anni, cresco con il mito di "Piccole Donne" e del personaggio di Jo, inguaribile scrittrice devota a carta, penna e macchina da scrivere. Amo cucinare, viaggiare e non smetterò mai di sfogliare riviste perché amo le pagine che scorrono tra le dita. Appassionata di social media, curiosa per natura, il mio motto è "Vivi e lascia vivere", perché non c’è niente di più bello delle cose frivole e leggere che distolgono l’attenzione dai problemi
Da lanostratv.it il 10 dicembre 2021. Nelle scorse ore è uscito un articolo su Dagospia secondo il quale Morgan e le sue intemperanze causerebbero molti problemi al programma, rendendolo ostile a giuria e pubblico e costringendo quindi Milly Carlucci ad intervenire per placare gli animi. E poche ore fa in una diretta su Instagram, Morgan si è duramente sfogato dando la sua versione dei fatti, smentendo totalmente tali dichiarazioni. Il concorrente di Ballando con le stelle dove è in coppia con Alessandra Tripoli ha tuonato:
“Tu non puoi parlare delle mie intemperanze perché non sai quanta professionalità c’è dietro. Non si può dire lascia perdere, non ti curare, ma è come prendere lo scalpello e scalfire la Cappella Sistina io vorrei che la gente avesse una coscienza!”
Durante il suo lungo sfogo su Instagram Morgan ha attaccato anche Selvaggia Lucarelli, Roberta Bruzzone ed Alberto Matano:
“Lucarelli e Bruzzone e Matano sono incoscienti sul fare del male pubblico a me. Io non lo permetterei per nessuno. Si dovrebbe partire dai contenuti culturali che porto e dal fatto che con me la curva degli ascolti sale.”
Il cantautore, che non ha risparmiato offese al giornalista di Dagospia e ai personaggi suddetti di Ballando con le stelle, ha poi aggiunto: “Se loro rispondessero di essere trash sarebbe una figata una divisione netta tra quelli come me e loro. Ma loro non lo dicono che vorrebbero zittirmi e mandarmi a quel paese per ogni cosa che faccio.”
Morgan ha continuato il suo duro sfogo su Instagram dicendo di aver eliminato dei post per fare pulizia nel suo profilo e di non aver minacciato nessuno ed infine ha concluso: “Voi non riuscite ad immaginare cosa significa essere pubblicamente diffamati. Il tema è questo non si possono lasciare parlare perché ogni volta che scrivono articoli di questo tipo ci sono persone che ci credono. Operazioni molto brutte dal punto di vista culturale.”
Insomma, Morgan ha voluto chiarire il suo punto di vista contro alcuni articoli letti in questi giorni. Sabato prossimo, invece, scenderà nuovamente in pista a Ballando con le stelle con Alessandra Tripoli dove ha lanciato una sfida a Mariotto.
LA DAGO-RISPOSTA A MORGAN il 10 dicembre 2021. Caro Morgan, Dagospia si è limitato a riportare un’indiscrezione nota dagli addetti ai lavori, indiscrezione che per giunta pare confermata dal livore con cui, in risposta all’articolo, ti sei scagliato su alcuni membri del cast di Ballando con le stelle. Un consiglio affettuoso: visto che hai un’opinione così modesta di te da paragonarti alla Cappella Sistina, ti conviene ricordare che al momento non sei capomastro al soldo di un papa, ma concorrente in un programma di ballo insieme a Federico Fashion Style che non è esattamente Michelangelo.
Paola Italiano per "la Stampa" l'1 dicembre 2021. «Se telefonando potessi dirti addio, te lo direi, se guardandoti negli occhi potessi dirti basta, te lo direi». E invece no: c'è chi non riesce a farlo, e non lo fa. Sono quelli che spariscono, che non chiamano perché non sanno dire, non parlano perché non sanno spiegare, evitano perché non sanno affrontare la fine di una storia. Un dissolvimento che prende il nome di «ghosting»: e che oggi si manifesta nelle molteplici forme che può avere un'assenza: non esserci vuol dire non farsi vedere, non chiamare, ma anche non rispondere alle email, rendersi invisibile sui social, nelle chat, bloccare qualcuno impedendogli l'accesso a ogni istante della vita che si decide di condividere online. Morgan ne parla il sabato sera su Rai 1: e se accendere un faro sul fenomeno è importante, si tratta però di materia da maneggiare con cura, perché si entra nel territorio della medicina, della depressione e dei disturbi della personalità. «Il ghoster sparisce da un momento all'altro, senza un motivo evidente, magari anche dopo anni di relazione», spiega Tiziana Corteccioni, psichiatra e psicoterapeuta. E bisogna subito mettere dei paletti. Il ghoster non dà nessuna spiegazione: non è una persona che dice «è finita, non ti amo più, ora smettila di cercarmi». Non dice proprio nulla. E da qui nasce la prostrazione della vittima: «Si prova una profonda rabbia, ci si sente impotenti perché non si riesce a dare una spiegazione: e allora scatta il meccanismo per cui la vittima si attribuisce la colpa di questa sparizione, comincia a pensare di aver detto o fatto qualcosa di sbagliato». La vittima si sente il carnefice, e questo provoca un'ansia che può diventare depressione, e allora serve un aiuto medico per venirne fuori. «Io finché non l'ho vissuto - ha detto Morgan sabato sera - non avrei mai immaginato che le ripercussioni potessero essere anche dei danni fisici. L'idea di non poter parlare a una persona a cui vuoi parlare ti fa mancare il fiato».
È un terreno scivoloso e se ne rende conto poco dopo la trasmissione Roberta Bruzzone, la criminologa opinionista di Ballando con le Stelle che commenta così:
«La sofferenza per essere stati lasciati non legittima la persecuzione di chi ha deciso di non voler più avere a che fare con noi/voi. Ci sono ottimi Professionisti della salute mentale a cui rivolgersi per evitare di trasformarsi in stalker o anche peggio».
Ma capita davvero che la vittima del ghosting, non facendosene una ragione, si trasformi in stalker?
«Nella mia esperienza no- risponde la psicoterapeuta -: se succede è perché anche la vittima ha a sua volta una fragilità».
E la cosa peggiore che può accadere a una vittima che cerca di reagire è lo «zombieing»: il fantasma riappare, torna, magari dopo anni. Quasi sempre viene riaccolto, quasi sempre sparisce di nuovo senza dire ba. Dare spiegazioni vuol dire assumersi una responsabilità. Significa trovarsi a dover gestire angoscia e rabbia. Morgan dice «Non dimenticare che hai detto ti amo a una persona, anche se non la ami più», lamentando il silenzio opposto da chi sparisce: e nessuno può dargli torto, se non fosse che a chi sparisce in questo modo non si può chiedere un comportamento razionale, perché spesso alla base ci sono disturbi della personalità. «È un comportamento tipico del narcisista - dice Corteccioni - il cui tratto distintivo è l'assenza di empatia e quindi non considerare minimamente cosa proverà l'altra persona». Insomma, il ghoster con il suo comportamento fa molti danni, ma è anche una persona che ha bisogno di un percorso terapeutico. Morgan parla anche di allarme ghosting tra i giovani: «È vero. È un fenomeno molto comune, anche perché molto di più trai ragazzi le relazioni sono digitali.
E il ghosting è uno degli effetti collaterali negativi: se da un lato diventa molto più facile incontrarsi, se stare dietro una tastiera toglie molte paure e insicurezze, dall'altro diventa anche molto più facile sparire. Il problema però è più ampio: quello che manca è un'educazione relazionale, l'insegnare come si può costruire una relazione sana che rispetti i bisogni propri, ma anche quelli dell'altro».
Luca Dondoni per "la Stampa" l'1 dicembre 2021. «Credo che su Rai1 e in prima serata non si fosse mai parlato di "ghosting" e mi fa piacere essere stato il primo. La verità è che bisogna maneggiare questo tema con delicatezza, evitando di farne uno strumento di polemica». Ma dove c'è Morgan c'è (spesso) polemica e le parole del musicista nella clip di presentazione di una esibizione nei panni di ballerino concorrente al programma della Carlucci sono state Ballando sulle Stelle era una semplice clip per presentare un'esibizione è diventato oggetto di dibattito. In studio alla trasmissione di Rai 1 c'era la criminologa Roberta Bruzzone, opinionista del programma. Non ha detto nulla in diretta, ma successivamente ha postato sui social: «La sofferenza per essere stati lasciati - ha scritto Bruzzone - non legittima la persecuzione di chi ha deciso di non voler avere più nulla a che fare con voi/noi. Ci sono ottimi professionisti per non diventare stalker o peggio». Il riferimento non è diretto, ma è implicito: Morgan è stato denunciato da una sua ex per stalking. La procura di Monza aveva chiesto per l'artista il rinvio a giudizio, ma le carte sono passate per competenza territoriale a Lecco. Il musicista si è sempre proclamato innocente. «La verità - è la controreplica di Morgan a Bruzzone - è che bisogna maneggiare questo tema con delicatezza, evitando di farne uno strumento di polemica. Se si contrappongono i pregiudizi ci rimette un attimo anziché aiutare le vittime di ghosting, acutizzare le drammatiche laceranti sofferenze di chi si trova devastato ad affrontare un'esperienza traumatica non prevista, spaventosa, che all'improvviso massacra una vita normale. Il ghosting può diventare una catastrofe dalla quale spesso, chi ci cade, non emergerà più». «Sabato a "Ballando con le stelle" - aggiunge ancora l'artista - ho proposto con delicatezza, poeticità, umiltà un momento di tv culturale che può essere socialmente utile. La dottoressa Bruzzone dovrebbe essere anche lei infastidita dal ghosting perché quando penso al modo in cui finiscono certi rapporti mi vengono in mente bruttissime sensazioni di violenza e di infelicità. Dico alla dottoressa Bruzzone che rimango disponibile per affrontare insieme a lei se fosse interessata il tema che possiamo chiamare la "violenza del silenzio" o ancora meglio il "silenzio punitivo del narcisista. Nessuno - conclude Morgan - giustifica chi opera dello stalking, ma ne indaga l'origine per evitarlo e prevenirlo. Nel caso del ghosting se si chiama "stalker" una persona che ha bisogno e vuole parlare con chi lo ha lasciato mentre invece non si indaga il fatto che possa essere ferito e disperato anche qui si fa un errore».
Morgan a «Ballando con le stelle»: «Mio padre si è suicidato per la depressione. Mi ha salvato la musica». Redazione Spettacoli su Il Corriere della Sera il 6 dicembre 2021.Il cantautore, concorrente dello show di Rai1, si è lasciato andare ad alcuni dolorosi ricordi personali. Con un intenso monologo a «Ballando con le stelle», arrivato sabato prima della prova speciale basata su un aneddoto personale dei concorrenti, Morgan è tornato a parlare della morte del papà, rievocando anche come era lui da bambino: «Nella mia vita è capitato un dramma, mio padre si è tolto la vita per la depressione. L’ho perdonato, ma non quando avevo 15 anni. Ho dovuto attraversare il lutto, per un padre che era buono. Era affettuoso, era quasi un “mammo” per me. C’è stata la musica, che mio padre amava. Ma ha lasciato me e mia sorella in una tristezza che non meritavamo. Eravamo bellissimi», ha detto il cantautore, trattenendo a fatica le lacrime. Morgan ha ricordato anche come la passione per la musica gli sia venuta incontro fin dalla tenera età: «Da subito mia madre ha capito che quando c’era la musica mi ipnotizzavo. Poteva parcheggiarmi ovunque, io con la musica stavo nel mio mondo. Il mondo dei bambini che amano giocare, che poi si trovano in un mondo pieno di regole, in un mondo sempre uguale. Io sentivo che il mio mondo era diverso, un mondo diverso da quello che mi si era offerto e allora mi sono costruito un mondo di musica». E ha continuato: «Il mondo di oggi è diverso per me, anche per le mazzate che ho preso. Stare al mondo è un casino, ma la musica in fondo è una grande metafora della vita. Nel mondo in cui viviamo c’è molta anafettività. La musica non cura, la musica è normale».
Ballando con le Stelle, Morgan gela tutti con la rivelazione: "Mio padre si è suicidato". Francesco Fredella su Il Tempo il 05 dicembre 2021. Le difficoltà nella vita di Morgan non sono mai mancate. Lui, ex dei Bluvertigo e musicista di grande livello, si è messo in gioco a Ballando con le stelle. Nel corso della semifinale racconta anche qualcosa del suo passato (che molti già conoscono). "Mio padre si è suicidato per la depressione", dice prima della prova speciale basata su un aneddoto della vita dei concorrenti. Il tema della depressione ed il dramma vissuto gela tutti. Ma Morgan, abile retore, dinanzi alle telecamere mette insieme i ricordi. Lo fa con sapienza, umiltà e tanta passione. "Da subito mia madre ha capito che quando c’era la musica mi ipnotizzavo. Poteva parcheggiarmi ovunque, io con la musica stavo nel mio mondo. Il mondo dei bambini che amano giocare, che poi si trovano in un mondo pieno di regole, in un mondo sempre uguale. Io sentivo che il mio mondo era diverso, un mondo diverso da quello che mi si era offerto e allora mi sono costruito un mondo di musica", racconta negli studi di Milly Carlucci. Poi continua, sempre con una mano sul cuore. "Nella mia vita è capitato un dramma, mio padre si tolse la vita per la depressione. L’ho perdonato, ma non quando avevo quindici anni. Ho dovuto attraversare il lutto, per un padre che era buono. C’è stata la musica, che mio padre amava. Ma ha lasciato me e mia sorella in una tristezza che non meritavamo. Eravamo bellissimi", dice riavvolgendo il nastro dei ricordi. Per Morgan, sicuramente, la musica è stata la vera terapia per superare un momento difficilissimo. "Il mondo di oggi è diverso per me, anche per le mazzate che ho preso. Stare al mondo è un casino, ma la musica in fondo è una grande metafora della vita. il mondo in cui viviamo c’è molta anafettività. La musica non cura, la musica è normale", continua a raccontare. Poi parla dell'importanza della famiglia, che per lui ha un vero valore aggiunto. "La fortuna di essere al mondo la dobbiamo a chi ci ha messo al mondo. Quando noi siamo in grado di perdonarli per le difficoltà che abbiamo attraversato, quando superiamo i disaccordi e troviamo gli accordi troviamo il senso del mondo", conclude Morgan.
Francesco Fredella per liberoquotidiano.it il 16 novembre 2021. Non mancano le fibrillazioni in Rai. Ad Oggi è un altro giorno, il programma di Serena Bortone in onda su Rai 1, arriva Morgan, che è uno dei concorrenti di Ballando con le stelle (e che insieme ad Alessandra Tripodi sta spopolando al programma di Milly Carlucci, tra risse e colpi di testa). Durante l'ultima puntata dello show, Morgan e la giurata Selvaggia Lucarelli hanno litigato. E di brutto. E ora Castoldi svela di aver querelato la giornalista. “A Ballando è successo di tutto sabato, forse qualcosa che non doveva succedere…”. Così introduce l’argomento Serena Bortone a cui fa subito seguito la replica di Morgan: “Ciò che non doveva succedere è proprio che il nostro lavoro venisse trascurato”. Gli fa eco Alessandra Tripoli: “Vero, lui si impegna molto, questa cosa è passata inosservata”, dice. Morgan è un fiume in piena a ad Oggi è un altro giorno va giù duro senza mezzi termini. “La Lucarelli fa il diavolo a quattro, non dirò niente perché esistono codici civili e penali”, continua Morgan. “Si chiama Ballando e deve essere giudicato il ballo, questo è il dispiacere“, ribadisce la Tripoli. Bortone: “Se tu decidi di metterti il gioco stai a quelle regole però...”. Morgan si scatena: “Per me non è dispiacere ma imbarazzo. La Lucarelli è imbarazzante, per me", dice. E la Bortone domanda: “Perché? perché?” “Lei mi costringe ad abbassarmi a un linguaggio che non mi interessa, va fuori tema”, continua Morgan. Ma quando la Bortone si appresta a leggere la chat privata tra loro due accade di tutto. "Non lo leggere perché questo è oggetto di querela. Vuoi che ti leggo il codice civile e penale? La messaggistica privata è un reato se la pubblichi, specialmente se ci sono di mezzo personaggi pubblici“, continua. "E' violazione della privacy e anche dell’onore perché lei sta svelando un messaggio confidenziale. Io sto parlando di meccanismi professionali che lei non è tenuta a svelare. La signorina ha un problema sia civile sia penale in questo momento”. Già, perché la Lucarelli, seguendo il suo vergognoso metodo, ha pubblicato online i messaggi privati che si era scambiata con Morgan. “Ovvio, alla quinta puntata basta. Lei deve stare al suo posto. Lei un giudice? E io vado da un giudice della Repubblica. Quel testo poi è privato e pubblicandolo ha commesso reato penale. C’è la privacy". Ma Morgan non si placa. E non fa sconti a nessuno: "Una che non capisce che sto scherzando è una matta, non capisco di chi stia parlando. La Lucarelli sta facendo il diavolo a quattro, io trovo sgradevole il fatto che si parli di altro in un luogo in cui dovrebbe farla da protagonista la musica. Non torniamo sul luogo del delitto, lei mi ha messo i piedi in testa".
Da ilfattoquotidiano.it il 16 novembre 2021. L’acceso scontro in diretta a “Ballando con le Stelle” tra Morgan e Selvaggia Lucarelli, come immaginabile, non si è concluso all’interno dello show del sabato sera di Rai1 ma è proseguito sui social. La giurata ha provato a fare chiarezza pubblicando il messaggio ricevuto dal cantante: “Selvaggia, ma io stavo giocando stasera con te, non c’era la minima intenzione né di offesa, né di aggressione. Anzi, pensavo saresti stata al gioco, sapendoti capace di volare alto. Mi hai frainteso, mi dispiace, io avevo intenzioni del tutto teatrali, nel gioco delle parti di uno spettacolo improvvisato che siamo perfettamente in grado di fare andare dove vogliamo. Se ti incazzi mi dispiace sul serio. Se vuoi parliamone a voce”. Tra le righe le sue scuse. Parole a cui Lucarelli ha risposto così: “Caro Morgan, io non recito e ancor più non recito con copioni e ruoli decisi da te, in uno stato di scarsa lucidità. E a tutti quelli che hanno pure fatto finta di credere al povero concorrente provocato dalla giuria cattiva: ora andatevi a nascondere, grazie. Come al solito c’è chi ama sabotare se stesso, e mentre lo fa, sistematicamente, tira fuori la sua incurabile sindrome rancorosa del beneficato. Le persone a cui far pagare i propri fallimenti sono inevitabilmente quelle che hanno più provato a consigliarlo e sostenerlo“. Il sito Leggo aveva poi riportato un retroscena parlando di una lite avvenuta dietro le quinte tra Marco Castoldi, questo il suo vero nome, e una persona vicina a Selvaggia Lucarelli, accennando ad “atteggiamenti tutt’altro che amichevoli” e all’intervento di vigilantes e forze dell’ordine per ristabilire la calma ed evitare la rissa. Una versione differente fornita dalla giornalista che ha fatto delle precisazioni proprio su questo punto: “Riguardo quello che è uscito su alcuni siti sul ‘dietro le quinte’, le cose non sono andate affatto come raccontate. Morgan, mentre ero in onda, dopo la sua esibizione, davanti a molte persone dietro le quinte ha detto cose molto gravi, di quelle che ovviamente si dicono solo a una donna. Attendo le sue scuse, e le attendo pubblicamente. Non mi faccio usare e, come dicevo ieri sera, non amo la disonestà. La disonestà di chi cerca sempre il colpevole dei suoi casini fuori da sé e, se possibile, ti ci trascina dentro“. La replica di Morgan è arrivata a stretto giro, sempre attraverso Instagram, ma non per scusarsi: “Quando una donna fa del bullismo ad un uomo attraverso strumenti e principi di natura ‘femminista’, danneggia in primo luogo il genere femminile e vanifica anni di lotta che donne realmente vittime di violazioni e sottomissioni hanno compiuto in modo intelligente per conquistare pezzi di civiltà che sono proprio gli argomenti impugnati e manipolati con superbia dalla donna-bullo“. “Quando saranno le femmine stesse ad accorgersene allora insorgeranno e capiranno. Rispetteranno, saranno complici degli uomini sensibili, gli uomini vulnerabili. Sapendoli distinguere bene dai violenti e dai prepotenti che circolano tranquillamente incensurati. La prima nemica della donna è la donna-bullo, che guarda caso si aggira nelle file della borghesia sventolando i diritti della donna moderna e libera, non certo dei marciapiedi. Dove soccombono le donne che svendono il corpo e il sogno di emergere prima e poi da quella schiavitù”, ha concluso il concorrente dello show. Ci sarà un confronto nella prossima puntata di “Ballando con le Stelle” o lo scontro potrebbe avere strascichi di altra natura?
Dopo il caos a Ballando, Morgan querela la Lucarelli. Novella Toloni il 15 Novembre 2021 su Il Giornale. Dopo lo scontro avvenuto a Ballando con le stelle, il cantante ha deciso di querelare la giornalista. Al centro della querela ci sarebbe la pubblicazione di alcuni sms privati su Instagram. Finirà in un'aula di tribunale la lite consumatasi a Ballando con le stelle tra Morgan e Selvaggia Lucarelli. Nel corso dell'ospitata a Oggi è un altro giorno, l'artista ha dichiarato di avere querelato la giornalista in seguito allo scontro consumatosi durante l'ultima puntata del programma del sabato sera di Rai Uno. La notizia è arrivata a sorpresa negli studi del programma condotto da Serena Bortone. Morgan è stato ospite di Oggi è un altro giorno insieme alla sua insegnante di ballo, Alessandra Tripoli, ed è tornato a parlare dell'accesa discussione avuta con Selvaggia Lucarelli dopo la sua esibizione. Prima delle votazioni della giuria, tra i due sono volate parole grosse e a stento Milly Carlucci è riuscita a riportare la calma tra i due litiganti. Da una parte la giornalista, che nel programma riveste il ruolo di giudice, ha dato del "disonesto, maleducato e capriccioso" all'artista, dall'altra quest'ultimo ha rifiutato il ruolo di giurata della Lucarelli, paragonandola alle "scimmie di Stanley Kubrick" per la sua "incompetenza" musicale. E la lite è degenerata. A fine puntata Selvaggia Lucarelli ha preteso le scuse di Morgan per le parole dette nei suoi confronti e ha spostato la discussione su Instagram. La giornalista ha pubblicato un messaggio inviatole dal cantante, nel quale quest'ultimo si difendeva parlando di "gioco" e di essere dispiaciuto che la sua intenzione "teatrale" fosse stata male interpretata e l'avesse ferita. Pubblicando l'sms, Selvaggia Lucarelli ha dato nuovamente del "disonesto" a Morgan: "Io non recito e ancor più non recito con copioni e ruoli decisi da te in stato di scarsa lucidità. Morgan ha detto cose molto gravi, di quelle che si dicono alle donne. Attendo le sue scuse pubblicamente". Le scuse non sono arrivate, ma una querela in compenso sì. Morgan lo ha detto chiaramente nel corso dell'ospitata nel programma di Rai Uno condotto dalla Bortone. La conduttrice stava per citare il messaggio pubblicato dalla Lucarelli, quando Marco Castoldi l'ha bloccata. "È un messaggio privato, non puoi leggerlo. È un reato penale - riferendosi alla pubblicazione sui social fatta dalla Lucarelli - violazione della privacy e dell'onore, perché lei sta svelando un meccanismo professionale e lei mi sta mettendo in difficoltà". Serena Bortone ha provato a indagare: "Tu vuoi dirmi che la stai per querelare?". E Morgan non ha esitato: "No l'ho già fatto. Ho presentato una denuncia. È la quinta puntata che sarebbe da denuncia, ora è arrivato il momento. Mettere i piedi in testa è una cosa sbagliata". Dalla televisione ai social, il decorso della lite proseguirà dunque in tribunale, dove entrambi hanno più di un contenzioso aperto.
Novella Toloni. Toscana Doc, 40 anni, cresco con il mito di "Piccole Donne" e del personaggio di Jo, inguaribile scrittrice devota a carta, penna e macchina da scrivere. Amo cucinare, viaggiare e non smetterò mai di sfogliare riviste perché amo le pagine che scorrono tra le dita. Appassionata di social media, curiosa per natura, il mio motto è "Vivi e lascia vivere", perché non c’è niente di più bello delle cose frivole e leggere che distolgono l’attenzione dai problemi
Nuovi guai per Morgan: Bugo vince in Tribunale dopo Sanremo. Alice Coppa il 24/06/2021 su Notizie.it. Bugo ha vinto la sua prima battaglia in tribunale contro Morgan, che aveva storpiato il brano Sincero a Sanremo 2020. Lo scontro tra Morgan e Bugo legato alla partecipazione a Sanremo 2020 è finito in Tribunale e a quanto pare il cantante Cristian Bugatti ha avuto la meglio sul suo collega. Nella querelle sorta tra Morgan e Bugo dopo la partecipazione a Sanremo 2020 il Tribunale ha dato ragione a Cristian Bugatti, costringendo Morgan – all’anagrafe Marco Castoldi – a rimuovere dalle sue pagine social i contenuti illeciti legati al brano Sincero (da lui modificato al fine d’insultare il collega) e cessare future associazioni dell’opera al testo modificato e deformato disponendo infine una penale a suo carico per le eventuali violazioni di tali provvedimenti. Attraverso un comunicato stampa le società che tutelano Bugo hanno ribadito che “la deformazione apportata da Morgan” al testo della famigerata canzone viola i diritti economici degli editori e dei suoi coautori.
Morgan: la replica. Sui social Morgan ha fatto sapere di aver invece vinto la causa contro il manager di Bugo. “Oggi ho vinto nella causa contro il manager di Bugo che oltre a non avermi corrisposto un centesimo per la canzone fatta in duetto col suo artista mi ha accusato di estorsione perché il mio avvocato gli aveva sottoposto un regolare contratto per il mio lavoro. Ovviamente il tribunale ha dato ragione a me, Morgan”, ha scritto via social Morgan. Come andrà a finire la vicenda?
Morgan: gli altri guai con la legge. Oltre alla querelle con Bugo. Morgan ha già avuto in passato altri guai con la legge. A seguito della denuncia della sua ex compagna Asia Argento per il mancato pagamento degli alimenti, il cantante è stato sfrattato dalla sua casa di Monza. Il cantante inoltre ha più volte sollevato polveroni e bufere per il suo comportamento in diretta tv. In passato Bugo si è sfogato via social anche a seguito del tormentone a cui ha involontariamente dato vita Morgan storpiando il brano Sincero: “Ciao ragazzi, parto dalla fine dicendo che mi sono rotto. Lo dico perché è da un anno che leggo qualsiasi cosa su di me che nulla c’entra con la musica e non ho mai replicato. Capisco la libertà di parola, è un diritto sacro e la rispetto, ma quando i giornalisti musicali usano come scusa una cosa accaduta più di un anno fa per schernirmi, allora siamo oltre all’ambito delle chiacchiere da bar. Sono qui al Festival per parlare di musica”, si era sfogato via social il cantante, che ha deciso di passare alle vie legali.
Alisa Toaff per adnkronos.com il 24 giugno 2021. Morgan, archiviato il procedimento per tentata estorsione dopo la querela del manager di Bugo. ''A seguito dell'udienza di opposizione alla richiesta di archiviazione del procedimento penale a carico di Marco Castoldi, in arte Morgan, per tentata estorsione, instaurato tramite querela nell'aprile del 2020 da Soave in qualità della casa discografica Tetoyoshi di Bugo e titolare della Mescal, il Gip di Alessandria ha condiviso le argomentazioni difensive dei legali di Castoldi pronunciando il provvedimento di archiviazione del procedimento''. E' quanto spiega all'Adnkronos Rossella Gallo, uno dei legali di Marco Castoldi, in arte Morgan, che ha difeso il cantante insieme all'avvocato Leonardo Cammarata. "Il Gip -prosegue il legale- ha rilevato l'insussistenza del reato di estorsione in merito alla proposta contrattuale che era stata inviata dallo staff manageriale di Castoldi a Soave due settimane prima per la regolamentazione del profilo economico per la collaborazione artistica di Morgan con Bugo a Sanremo''. "Oggi ho vinto nella causa contro il manager di Bugo - esulta Morgan in un post sulle sue storie di Instagram - che oltre a non avermi corrisposto un centesimo per la canzone fatta in duetto con l'artista mi ha accusato di estorsione perché il mio avvocato gli aveva sottoposto un regolare contratto per il mio lavoro. Ovviamente il Tribunale ha dato ragione a me, Morgan''. Per gli avvocati Gallo e Cammarata è necessario fare chiarezza: "Dopo la vicenda sanremese -raccontano- Soave ha fatto partire un'azione penale e poi un'azione civile. Quindici giorni prima della partecipazione di Morgan a Sanremo il suo staff manageriale e il suo legale che fa contrattualistica avevano mandato a Soave, via Pec, una proposta di regolamentazione del profilo economico (spese, compenso) per la partecipazione di Castoldi a Sanremo. Proposta rifiutata categoricamente da Soave''. "Nonostante il rifiuto di Soave (il manager discografico di Bugo, ndr), i due proseguivano con la collaborazione artistica e con la partecipazione alla gara canora" spiegano i legali di Castoldi, evidenziando che "se tu pensi che io ti ho fatto un'estorsione mi quereli immediatamente e interrompi con me qualunque rapporto di collaborazione. Castoldi ha dichiarato sin all'inizio e in particolare nella settimana sanremese di essere stato denigrato, ghettizzato, trattato male e offeso verbalmente da Soave e la sua squadra. Quindi Morgan, come anche rileva il Gip nel provvedimento di archiviazione, non ha modificato il testo di 'Sincero' per vendicarsi di non aver ricevuto i soldi, come invece sostenuto da Soave''. Ma la vicenda giudiziaria non finisce qui perché in una nota diffusa ieri da MescalMusica, che ha Bugo tra i propri artisti si legge: il Tribunale Civile di Milano ''ha accolto il ricorso d’urgenza proposto nei confronti di Morgan da Curci e Tetoyoshi, quali editori e dei co-autori dell’opera 'Sincero'. Secondo il Giudice, la modificazione e deformazione da parte di Morgan del testo letterario dell’opera 'Sincero' viola i diritti economici degli editori dell’opera e i diritti morali dei coautori''. ''Il Tribunale ha infatti ritenuto illecita la modificazione e deformazione da parte di Morgan del testo letterario dell’opera 'Sincero' sia nel corso della serata del Festival di Sanremo del 7 febbraio 2020, sia attraverso la diffusione di esecuzioni dell’opera con il testo modificato sul suo profilo social Instagram -prosegue la MescalMusica- Il Tribunale ha quindi ordinato a Morgan di rimuovere dalla sua pagina Instagram tali contenuti illeciti, gli ha ordinato di cessare future associazioni dell’opera "Sincero" al testo modificato e deformato e ha disposto una penale a suo carico per ogni violazione di tali provvedimenti''. "Bisogna fare chiarezza -spiegano i legali penalisti di Morgan- l'azione civile è diversa e distinta rispetto a quella penale e la tentata estorsione archiviata in favore di Morgan, benché entrambe afferenti la medesima vicenda (sanremese, ndr). Dopo la partecipazione a Sanremo la squadra di Soave e Bugatti, in arte Bugo, ha fatto partire un'azione civilistica per risarcimento danni nei confronti di Morgan, patrimoniale e non patrimoniale. Loro sostengono che la vicenda sanremese, dove Morgan ha modificato i primi otto versi del testo di "Sincero", ha portato a una squalifica e questo avrebbe addirittura danneggiato sia la casa discografica, sia gli editori che Bugatti. In realtà di tutta questa vicenda gli unici che ne hanno beneficiato sono proprio loro, non certo Morgan''. ''La causa civile è ancora in piedi e l'udienza si terrà a settembre -prosegue l'avvocato civilista del cantante, Lidia Lo Giudice Semeraro - quindi è ancora tutto da decidere. L'unica cosa vera è il ricorso di urgenza che hanno fatto per la rimozione del video con il testo modificato di 'Sincero' che Morgan ha postato sui suoi profili social. L'ordinanza del Giudice Marangoni per il ricorso d'urgenza promosso contro Morgan è stato “accolto parzialmente”", conclude.
Da "liberoquotidiano.it" il 13 giugno 2021. Sfilza di guai giudiziari per Morgan. Il cantante, all'anagrafe Marco Castoldi, tra le altre cose deve fare i conti con un'accusa a suo dire infondata. Una sua ex, musicista 32enne, l'ha denunciato per stalking e molestie. Il caso risale all'aprile del 2020 e ha visto la Procura di Monza rinviare a giudizio il cantautore. Chiamate a più non posso e tempeste di messaggi, sarebbero queste le accuse mosse ai danni di Morgan che si difende negando tutto. Tra i due - è la sua versione - c'è un legame di conoscenza datato, che poi, a quanto sostengono i legali, sarebbe diventato una relazione sentimentale. Eppure secondo i pm Castoldi sarebbe addirittura arrivato a minacciare la donna con un video personale per poi insultarla con volgarità nella chat di un gruppo WhatsApp. I giudici sono anche convinti che Morgan avrebbe tentato di contattare la sua ex tramite identità fasulla, spacciandosi per un rapper interessato a una collaborazione. Tutto falso, è la replica. Morgan ha voluto dire la sua anche sui social dove ha confessato che c’è chi lo "vuole morto e non è una metafora". "Io sono disintegrato, ci lascerò le penne tra poco", ha proseguito senza menzionare il caso che lo vede coinvolto. Ma poco dopo un altro passaggio toglie parecchi dubbi: "Fermatela dall’uccidermi", si appella ai suoi molti fan. I guai giudiziari però sono più numerosi. Al momento il cantante deve affrontare altri due procedimenti. Oltre allo sfratto dalla casa di Monza, c’è anche la questione "Bugo-Sanremo". Il collega, lasciato sul palco nel bel mezzo della performance avrebbe chiesto all'ex amico circa 240mila euro di risarcimento. Assieme a Bugo, il cantautore è stato chiamato in giudizio anche dagli altri autori del brano "Sincero" (Bonomo, Bertolotti, Edizioni Curci/Tetoyoshi), per il cambiamento del testo e per aver poi condiviso sulle proprie pagine social il brano, nelle sue diverse versioni.
Otto De Ambrogi per mowmag.com il 27 maggio 2021. Passato un lockdown particolarmente complicato, dopo essersi visto pignorare la casa del 2019 e aver ammesso di essere ricascato nelle dipendenze, sembrava che per Morgan fosse tornato il sereno. Non solo per la nascita della sua terza figlia Maria Eco, ma anche per il ritorno in studio con i Bluvertigo per realizzare un nuovo album molto atteso (qui la nostra cover story). E nemmeno la caduta dal monopattino con due costole rotte o la morte di Franco Battiato (suo padre spirituale) sembravano aver frenato i progetti di rilancio. Ma ora è dai tribunali - tre diversi - che Marco Castoldi deve temere di più. Si sono infatti tenute oggi due udienze particolarmente importanti. La prima, che si divide in due filoni presso il Tribunale di Milano, dove è stato chiamato in giudizio da parte di Bugo e dagli altri autori del brano Sincero (Bonomo, Bertolotti, Curci e Tetoyoshi) per aver storpiato il testo della canzone a Sanremo (le famose “brutte intenzioni, la maleducazione”) e averla portata alla squalifica, oltre ad aver successivamente condiviso sui social il brano, benché nella sua versione. Per queste accuse, gli sono stati chiesti danni per un totale di 240mila euro. In attesa di redigere una memoria difensiva da parte degli avvocati di Morgan, il giudice ha rinviato l'udienza al prossimo 10 giugno. Ma non solo, perché parallelamente al Tribunale di Monza, si è svolta l’udienza nella quale deve difendersi dalla richiesta della Procura di rinvio a giudizio con le accuse di stalking e diffamazione ai danni della ex compagna Angelica Schiatti, anche lei cantautrice con il nome d’arte di Santangelica. In questo caso, il leader dei Bluvertigo dopo la loro separazione non avrebbe accettato di interrompere il rapporto e così l’avrebbe perseguitata e diffamata attraverso il cellulare e i social. L’udienza di ieri relativa alle accuse di stalking e diffamazione è stata rinviata a luglio, per valutare l’istanza di incompetenza territoriale presentata dai difensori, Rosella Gallo e Leonardo Cammarata. Intanto, però, l’autorità giudiziaria gli ha notificato un decreto di citazione diretta a giudizio per i reati di resistenza e ingiurie a pubblico ufficiale relativi al 2019, quando avvenne lo sfratto della sua casa di via Adamello. I guai giudiziari di Morgan, però, non sono ancora finiti. Perché un’altra sua ex lo ha chiamato in giudizio. Si tratta di Jessica Mazzoli, cantante che conobbe durante la partecipazione a X Factor, dalla quale ebbe in seguito la figlia Lara. Dopo la separazione, nei suoi confronti il Tribunale di Tempio Pausania stabilì che il cantautore dal 2013 avrebbe dovuto versarle 3mila euro mensili di assegno di mantenimento, ma a quanto pare qualcosa deve essere andato storto. E quindi, per mancata ottemperanza di questo provvedimento, a settembre Morgan dovrà rispondere alla richiesta di risarcimento di circa 200mila euro.
Federico Berni per corriere.it il 26 maggio 2021. Altri guai giudiziari per Marco Castoldi, in arte Morgan. Secondo quanto appreso mercoledì, nel giorno della prima udienza preliminare del processo che vede il 48enne cantautore monzese imputato per stalking ai danni di una musicista, l’autorità giudiziaria ha notificato a Castoldi un decreto di citazione diretta a giudizio per i reati di resistenza e ingiurie a pubblico ufficiale, per fatti che sarebbero avvenuti il giorno dell’esecuzione forzata dello sfratto dalla sua abitazione di via Adamello. Dunque si profila un altro processo, fissato nei prossimi mesi, per l’artista brianzolo, il quale figura anche come imputato di stalking davanti al gup Angela Colella, a seguito della denuncia di una collega 32enne con la quale aveva avuto una relazione sentimentale terminata in modo burrascoso. Per questa vicenda, il tribunale ha aggiornato l’udienza a luglio, per decidere sull’istanza di incompetenza territoriale presentata dai difensori (gli avvocati Rosella Gallo e Leonardo Cammarata) dell’ex frontman dei Bluvertigo. Ma un’altra denuncia lo porterà in estate davanti al giudice. Si tratta di quella avanzata nei suoi confronti dalla polizia in base a una presunta resistenza a pubblico ufficiale con ingiurie all’indirizzo degli agenti, che sarebbe avvenuta a giugno 2019, il giorno in cui l’artista (difeso in questo caso dall’avvocato Roberto Iannaccone) aveva provato ad opporsi (davanti alle telecamere) allo sfratto dalla sua casa monzese di via Adamello.
Morgan, la mostruosa richiesta di danni di Bugo in tribunale: "Quanti soldi vuole", va in rovina per Sanremo. Libero Quotidiano il 27 maggio 2021. Dalla rissa in diretta alla causa in tribunale: Bugo ha chiesto 240mila euro di risarcimento a Morgan, accusandogli si aver danneggiato la sua carriera "sabotando" la loro canzone al Festival di Sanremo 2020. Un'edizione passata alla storia, oltre alla prima conduzione di Amadeus e Fiorello, proprio per il clamoroso colpo di scena della fuga in diretta del cantautore novarese, che stizzito per le strofe polemiche cantate dall'ex leader dei Bluvertigo nei suoi confronti. "Le brutte intenzioni, la maleducazione…", un passaggio diventato poi mitico, ma che Bugo maldigerì abbandonando il palco dell'Ariston e lasciando di stucco pure Morgan, che guardandosi intorno sibilò al microfono un altrettanto mitologico "Che succede?". Ora quel colpo di testa di Marco Castoldi (questo il nome all'anagrafe di Morgan), già alle prese con parecchi guai giudiziari e finanziari, rischia di pagare carissimo, almeno stando a quanto riferito dalla rivista Rolling Stone. I legali di Morgan avrebbero confermato l'entità della somma richiesta, un salasso. Il musicista è stato chiamato in giudizio da Bugo e dagli altri autori del brano Sincero (Bonomo, Bertolotti, Edizioni Curci/Tetoyoshi), per il cambiamento del testo (vietato dal regolamento, e per questo Bugo e Morgan furono squalificati dal Festival) e per aver poi condiviso sulle proprie pagine social il brano, nelle sue diverse versioni. Una bruttissima giornata, per Morgan, visto che nelle stesse ore al Tribunale di Monza si è celebrata l'udienza del processo per stalking intentato contro di lui dalla sua ex compagna Angelica, che lo accusa di averla tormentata con minacce e offese dopo la decisione di mettere fine alla loro relazione. "A me la violenza non si può associare - si difende Morgan -, sono l’essere più dialogante che esista, mi vuole trascinare in tribunale perché ho scritto delle poesie? È un rapporto che dura dal 2013, una relazione di profondo affetto intimo e artistico, fatta di conversazioni lunghissime, frequentazioni quotidiane e costante interscambio fatto di stima. Poi ci siamo innamorati profondamente, nonostante entrambi fossimo impegnati".
Morgan denunciato: la replica dei suoi legali. Morgan ha ricevuto una denuncia per stalking e diffamazione da parte di una sua ex. Notizie.it il 24/3/2021. Morgan, al secolo Marco Castoldi, è indagato dalla procura di Monza per stalking e diffamazione. La denuncia sarebbe partita da una musicista che sarebbe stata legata sentimentalmente al cantante. Nuovi guai giudiziari per Morgan: una musicista all’attivo a Milano avrebbe denunciato il cantante per stalking e diffamazione. Secondo indiscrezioni Castoldi avrebbe minacciato la donna di divulgare un suo video privato e inoltre l’avrebbe diffamata con insinuazioni volgari in una chat privata. Il cantante avrebbe anche cercato di mettersi in contatto con lei mediante un’identità fittizia, e a questo episodio sarebbero seguite numerose chiamate e messaggi. I legali dell’ex giudice di X Factor in merito alla vicenda hanno affermato: “Si tratta di due persone legate da un rapporto di conoscenza decennale. E da un forte legame affettivo, durante il quale si frequentavano alla luce del sole. Il nostro assistito ha solo scritto dei messaggi, spesso indiretti. Nei suoi confronti non è stata adottato alcun provvedimento, perché non ci sono profili di pericolosità. Valuteremo la strategia difensiva in vista dell’udienza di maggio”. Morgan è stato denunciato dalla sua ex, Asia Argento, per il mancato pagamento degli alimenti. Un’altra sua ex, Jessica Mazzoli, ha rivelato che il cantante le avrebbe chiesto di inviargli sue foto intime anche dopo la rottura. Anche lei come Asia Argento l’ha accusato di esser stato un padre assente nei confronti della figlia Lara (che i due hanno avuto insieme 2012). Morgan replicherà alla vicenda?
Federico Berni per il "Corriere della Sera" il 24 marzo 2021. Dei suoi sfoghi contro quella donna, con la quale aveva avuto una relazione finita in modo burrascoso, hanno già parlato siti di gossip e cronache mondane. Ora, però, contro Morgan, al secolo Marco Castoldi, la parola l' ha presa il pm di Monza, che ha chiesto nei suoi confronti il rinvio a giudizio per stalking e diffamazione. Secondo gli inquirenti Morgan, 48 anni, avrebbe tenuto un comportamento molesto nei confronti di una 32enne sua collega, già voce in una rock band a Milano, e ora anche cantautrice con un album solista all' attivo. Chiamate continue, messaggi, tentativi di prendere contatti con la donna, alla quale era legato da un rapporto di conoscenza datato, sfociato, a quanto dicono i suoi legali, in una relazione. Sono solo alcune delle contestazioni mosse dal pm Carlo Cinque, al termine delle indagini della Squadra Mobile della Questura brianzola, diretta da Francesco Garcea, su denuncia della donna. Morgan avrebbe minacciato la ex di diffondere un suo video personale e la avrebbe diffamata attraverso insinuazioni volgari su una chat di WhatsApp. In un' occasione, nel tentativo di comunicare con lei, avrebbe finto di essere un famoso rapper-cantante italiano interessato a una collaborazione artistica. La cantante, assistita dall' avvocato Renata D' Amico, non ha voluto rilasciare alcuna dichiarazione. I difensori di Castoldi, gli avvocati Rossella Gallo e Leonardo Cammarata, minimizzano: «Si tratta di due persone legate da un rapporto di conoscenza decennale, e da un forte legame affettivo, durante il quale si frequentavano alla luce del sole. Il nostro assistito ha solo scritto dei messaggi, spesso indiretti. Nei suoi confronti non è stata adottato alcun provvedimento, perché non ci sono profili di pericolosità».
"Perseguita la ex, va processato". Chiesto il processo per Morgan. L'artista è stato rinviato a giudizio con l'accusa di stalking e diffamazione. Morgan avrebbe perseguitato un'ex, anche lei cantante, con telefonate e messaggi arrivando a minacciarla di divulgare video privati. Novella Toloni - Mer, 24/03/2021 - su Il Giornale. Chiamate nel cuore della notte, messaggi deliranti, insulti e minacce di pubblicare video personali e privati pur di ritornare con lei. Sono le accuse pesanti che Angelica S. ha mosso nei confronti di Morgan e che sono finite nel fascicolo della denuncia che la donna, ex compagna di Marco Castoldi, ha sporto alla procura di Monza, che ha aperto un’inchiesta arrivata in tribunale. Morgan nega di averla perseguitata e minacciata, ma intanto il Procura ha chiesto il rinvio a giudizio per il cantante per stalking e diffamazione. I fatti risalgono al 2020, tra aprile e dicembre, in piena emergenza sanitaria. Secondo quanto denunciato da Angelica S., Morgan non avrebbe accettato la decisione della ex, conosciuta sin dai tempi della scuola e musicista e cantante come lui, di chiudere la loro relazione. Questo avrebbe scatenato la reazione incontrollata dell’artista, che avrebbe iniziato a perseguitare la donna con telefonate, messaggi di offese – anche rivolte alla madre di lei – minacce e arrivando a spacciarsi per un noto rapper pur di incontrarla con la scusa di una collaborazione. La cantante, esasperata, ha deciso di denunciare Morgan a fine 2020 e l’intera vicenda è finita sul tavolo dei giudici con le pesanti accuse di stalking e diffamazione. I legali dell’artista - gli avvocati Rossella Gallo e Leonardo Cammarata – parlano di "versione enfatizzata che trascende la realtà". Spiegando che Morgan, nel periodo indicato dalla donna nella denuncia, "è andato sotto casa della ex solo una volta e con un mazzo di fiori". Proprio per questo la procura di Monza non ha chiesto alcuna misura restrittiva per Marco Castoldi, ritenuto "soggetto non pericoloso". Morgan, per contro, si difende dalle pesanti accuse sui social e sui giornali: "Non si è degnata di parlarmi dopo dieci anni di amicizia e come se non bastasse mi ha denunciato per stalking perché ho tentato di farle arrivare dei messaggi tramite delle conoscenze in comune e ovviamente si tratta di messaggi eleganti e poetici, non certo di minacce di morte. Ma brava Angelica, nessuna donna è mai stata più cattiva e violenta di te, più crudele e spietata di te, io sono pronto a perdonarti, nonostante l’avermi bloccato non ti fa onore e l'avermi denunciato tanto meno. Finché non ti degnerai di rivolgermi la parola personalmente io non capirò mai cosa è successo e cercherò di comunicare con te in vari modi compreso questo". La relazione tra Morgan e Angelica finì su tutte le riviste di gossip poco prima del lockdown dello scorso marzo. L’artista aveva da poco scoperto di essere in attesa della sua terza figlia da Alessandra Cataldo e venne pizzicato dai paparazzi in compagnia dell’ex, che poi lo ha denunciato. Una relazione che finì nel peggiore dei modi, come confessò lo stesso Morgan in un’intervista a Oggi: "Mi ha lasciato come un cane, sono ricaduto nelle dipendenze". Oggi quella storia potrebbe trovare un epilogo giudiziario. Il pm Carlo Cinque ha firmato la richiesta di rinvio a giudizio di Morgan e l'udienza per il processo è fissata per il 26 maggio prossimo. Angelica S. e i suoi familiari, secondo quanto emerso dagli atti, potrebbero costituirsi parti civili anche per ottenere un risarcimento dei danni.
Giancarlo Dotto per Diva e Donna il 26 marzo 2021. Tutti a pescare nel torbido quando si tratta di Marco Castoldi, alias Morgan, il pirata gallese che si vestiva di oro, gioielli e seta per sembrare quello che era dentro anche quando non lo era più fuori. Ammiraglio di una coraggiosa ciurma, che fossero uomini o fantasmi. Ex di Asia Argento e di mille altre cose, donne e storie, ogni giorno ex anche di se stesso, nel senso del continuo reinventarsi, Morgan preferisce il raso alla seta. “Aleatorio”, così si definisce. La sua vita, una partita a dadi. Non sai mai dove va a parare. Lui per primo. Ci vanno a nozze con lui le mosche stercorarie, i palombari del lezzo. Facile con uno così, restio a calcolare le conseguenze delle sue parole. Lo blandiscono, lo fanno parlare e, appena trovano il varco, portano a casa lo scalpo. Un titolo, due spiccioli di grancassa e un po’ di scandalo. Io non vado a caccia del suo torbido, ma del suo morboso, ovvero della sua sensibilità, così acuta da risultare quasi malata. La stessa che gli fa fare cazzate a ripetizioni e però inventare pezzi come “Foto nella Mailbox”. L’ha scritta nella notte, poche ore prima, e me l’ha inviata. Tipo biglietto da visita. “Sono dentro un flusso creativo irrefrenabile…”, mi fa. Sono le quattro e mezza del mattino e andrà a dormire, forse, solo dopo due o tre ore. Mi parla e mi scrive dalla torre dove abita, nel centro storico di Brera a Milano, accanto alla pinacoteca. Al piano di sotto dorme Maria Eco, l’ultima figlia. Spezzoni di conversazione e scambi su whatsapp. Tutti a notte fonda. Più notti. L’emicrania non è di passaggio. “Ho preso due Synflex mezz’ora fa, proviamo adesso…Da tempo ho totalmente ribaltato il circadiano. La notte è l’ideale per fare della buona musica”.
Ribaltato da quanto tempo?
“Una ventina d’anni fa circa, con i miei primi dischi da solista. Ho preso a seguire i miei bioritmi. Nessun orario, nessuna imposizione. Ho cominciato a mangiare quando avevo fame, a bere quando avevo sete, a dormire quando avevo sonno”.
Risultato?
“Mai stato male di stomaco da allora. Mangiando solo quando ho fame, lo sento subito il cibo nemico, che mi farà male”.
La notte porta consiglio e porta delirio…
“La notte è per me quello che per lo scrittore è un foglio bianco. La notte è un foglio bianco…Scusami devo fare pipì”.
Anche la tua pipì segue l’orologio biologico?
“Tempo fa, dopo un’operazione al rene, mi hanno messo un uretere di plastica. Facevo una goccia di pipì al giorno. Ma era sangue. Un giorno, scopro che il mio assistente s’era bevuto una mia bottiglia preziosissima di vino rosé di Gaetano Bresci, l’anarchico che spiegò al re con tre colpi di pistola che non si potevano trattare così gli operai in rivolta…”.
Hai fatto bere per punizione la tua pipì all’assistente?
“Molto meglio. Ho riempito la bottiglia vuota con la mia pipì rosso sangue. Era ancora più bella”.
Non resisterò a non scriverlo. Anche perché consolida la tua fama di vampiro oltre che di bucaniere.
“Tanto che fa? Sono stato già completamente rovinato da un’intervista nel 2010, a pochi giorni dall’inizio di Sanremo. Mi ha cambiato la vita”.
Parlavi di droghe e di depressione. Ti esclusero da quel Sanremo. L’inizio di una giostra infinita, tra inclusioni ed esclusioni.
“Sono una persona libera e in questa Italia gli uomini liberi fanno paura”.
Soffri di emicrania?
“Da sempre. Già con i “Bluvertigo” scrissi sul tema una canzone, “Il mio mal di testa”. La notizia è quando non ce l’ho, l’emicrania. Quando capita, è primavera”.
Scrivi come una furia la notte.
“Sto facendo musica fantastica da quando mi hanno ghostato”.
“Ghostato”, sarebbe ridotto a fantasma?
“Per sentirmi vivo ho cominciato a scrivere compulsivamente musica. Da un anno a questa parte ho collezionato una quantità inenarrabili di brani”.
Che ne farai?
”Ho chiamato i Bluvertigo e gli ho detto: “Ragazzi che vogliamo fare? Qui ci sono pezzi in esubero. Dobbiamo ripartire con la band”.
E loro?
“Hanno accolto l’appello. Ti annuncio che uscirà presto un nuovo album dei “Bluvertigo”. Ci vuole assolutamente. Sono in un flusso di coscienza travolgente”.
Il pezzo che mi hai appena mandato è romanticismo alto, d’altri tempi.
“Manca oggi il romanticismo. Le nuove canzoni hanno il pudore della malinconia, che è invece un sentimento meraviglioso. C’è molto il mio adorato Sergio Endrigo in questo pezzo”.
“La canzone è per il cuore sentimento come il pane per il corpo è il nutrimento”, mi hai anche scritto.
“La natura umana è creativa, tende al poetico. L’altra cosa di cui sono sicuro è che l’uomo non può esistere fuori dalla relazione. Non ce la fa a starsene nella sua torre eburnea. Non si fa nulla per se stessi. È una cazzata retorica”.
Tu ci vivi in una torre…
“Ma per scrivere cose in cui trascinare gli altri. Da condividere con loro”.
Si fanno le cose non per sé, ma per essere riconosciuti…
“In mancanza di questo, accontentiamoci anche dell’essere umiliati. Si fa solo per l’altro da te. Esiste solo l’amore, anche quello non corrisposto. Sempre di amore si tratta”.
La conversazione ci allaga pericolosamente. Sono allagato di domande.
“Maurizio Costanzo dice che con me bisogna fare lo slalom”.
Se fossi lì con te, cosa vedrei?
“Un grande monitor dove sto costruendo un mondo tridimensionale. Un libro che ha l’ambizione di spiegare la forma della canzone ai bambini. Vedresti queste tavole, l’esplosione di geometria e del colore. E poi, sotto, altri programmi aperti. Scrivo contemporaneamente testi di canzoni e flussi poetici”.
Immagino non sia tutto qui…
“Sono già al terzo volume della mia autobiografia recente sotto forma di concept album, canzoni inanellate con narrazione. La canzone che ti ho mandato fa parte, invece, di un lavoro che si chiama “La musica sentimentale”.
A proposito di flussi inarrestabili…
“Vedresti poi sintetizzatori ovunque. Due accesi, quattro spenti. Ai miei piedi una pedaliera a cui posso attaccare chitarra e basso elettrico per registrare. Poi, tantissimi mozziconi di sigaretta, messi in piedi a mo’ di cattedrale”.
Un uomo con l’emicrania e un pigiama da ergastolano?
”Di solito a quest’ora sono in giacca e cravatta. In questo caso, indosso un’elegante veste da camera, stile smoking. Amo la veste da camera. Me le faccio confezionare dagli stilisti. L’ultima è di Dolce e Gabbana. Raso nero, rigorosamente sciallato”.
Sintetizzatori a parte, da sempre i tuoi compagni di gioco…?
“Al piano di sotto dorme una bambina, si chiama Maria Eco e ha appena compiuto un anno. È molto brava. Suona, canta. Ha una gran voglia di ridere. Sorride che è un piacere. Il sorriso è la cosa più bella che ci sia”.
Si è fatta già un’idea del padre?
“Un padre molto simpatico con i bambini. Un giocherellone. Parole inventate, dette all’incontrario. Cose così, che ci possiamo permettere quando si è nella fase che io chiamo “pre”. Ogni tanto mi ritrovo a gattonare con lei sul pavimento”.
Il mondo circostante?
“Non lo vivo, non mi accorgo di lui. È la mia unica difesa. L’unica che posso adottare. Non dare ascolto alla tragedia che esiste intorno. Quando uno ha la fortuna, il merito e l’abitudine di costruirsi il suo mondo”.
È sufficiente?
“L’importante è che il mondo esterno non sia troppo violento. In questo caso, ho imparato molto bene a costruirmi una rappresentazione che migliora il mondo. L’arte, in fondo, a cosa serve?”.
Dimmelo tu.
“Non serve a consolare, nemmeno a descrivere o a diffondere l’idea che c’è il bello nostro e il brutto altrui. L’arte è una seconda creazione. Nella mia vita disgraziata ho la possibilità di aggraziarla con la rappresentazione artistica”.
Molto autobiografica, la tua arte…
“Sempre di autobiografismo si tratta. Coloro che ne verranno coinvolti saranno deificati”.
Capita mai che finisci nei gorghi artistici altrui?
“Sempre. Mi piace tanto la collaborazione artistica. In questo momento vivo molto emarginato. Soffro. Ho appena appreso che una persona importante della mia vita si è allontanata da me e non so perché”.
Una donna? Una tua ex?
“Forse un fantasma. Colei che fa di me un fantasma. Una storia che mi coinvolge emotivamente troppo . Mi fa stare male. Una storia recente che è stata e forse non sarà mai più. Non posso parlarne, non sono pronto a parlarne. Io sono una persona che cade nei sentimenti. Ci cade dentro”.
A proposito di finirci dentro. Fabrizio Corona è di nuovo tra dramma e delirio. Asia Argento e tanti altri hanno preso le sue difese.
“Ho conosciuto Fabrizio ultimamente e mi è subito piaciuto. Per me è come un fratello, ancora più pazzo di me. Ha un cuore, questo è sicuro”.
Dimmi di lui.
“Sa creare connessioni, genera energia ed entusiasmo. Attorno a lui ruota tutto un universo che lui chiama “il mondo Corona”. Questa cosa, quando me l’ha detta, mi ha fatto molto ridere. C’è molta autoironia in lui”.
Un megalomane e un bipolare grave?
”Direi, piuttosto, un bambino che gioca fare il grande. O un uomo che tiene alto lo spirito per emergere da situazioni dolorose in cui altrimenti sarebbe sprofondato”.
Hai visto l’ultimo Sanremo?
“L’ho trovato una mascherata. Troppo. Un conto è fare il teatro, un altro il carnevale. Il teatro rock è un’altra cosa. Esistono già David Bowie e i “Kiss” per questo. Non mi sembra che fossimo a quei livelli…Speriamo ci sia più attenzione per la musica, in futuro”.
Ti hanno escluso dalla gara.
“Avevo presentato cinque pezzi, uno più bello dell’altro. Sono stati maleducati a non accettare il mio regalo”.
A Fiorello manca sempre quel piccolo passo per diventare un grande davvero. Iniettarsi, da comico, una dose di sana malvagità.
“È un grande passo. Fiorello è un ottimo conduttore, ma non è un artista. Persino Baudo, che pure suonava il piano, non cantava a tutti i costi. Non trovo che sia cosi interessante sentire Fiorello cantare Modugno o Tenco. Recite da oratorio. Ma perché? Non si vergogna?”
Null’altro di rilevante?
“Sono contento della vittoria dei Maneskin, l’unica cosa credibile di questo Sanremo. Mi piaceva come stavano in scena. Grande enfasi, forse troppa, ma è il rock. Li sentivo come miei fratellini”.
Mi è piaciuta Madame.
“Lei è molto più importante della canzone che ha cantato. Ha tutte le carte in regola per diventare una grande cantante. Mi ricorda Alice, quella di “Per Elisa. Un’importante presenza scenica e vocale”.
Per il resto?
“Ho visto i due estremi. Dalle scimmiottature esagerate con tanto piumaggio e poca sostanza al poverismo ostentato. Questo andazzo low profile che chiamano “indy”, stile Colapesce. Sembrano tutti malcapitati sul palco”.
Il palco come sottrazione.
“Va bene che non sono tutti Mick Jagger, ma un po’ di presenza scenica ci vorrebbe. Stare su un palco è un evento. Attenzione agli equivoci. Woody Allen sembra imbranato, ma non lo è. Sa perfettamente tutto quello che sta facendo, anche quando muove un mignolo”.
Come nasce questo andazzo?
“Nasce come reazione ai fasti esibiti dei talent show alla “X Factor”.
Tu ne sai qualcosa…
“Su 7 edizioni fatte, ne ho vinte 5. Sono sul Guinness. Il giudice che ha vinto più edizioni di X Factor al mondo”.
Marco Mengoni, Noemi, Michele Bravi, Chiara Galiazzo, tra gli altri.
“Io li mettevo in scena. Con me imparavano a stare sul palco. Gli facevo cantare Piero Ciampi, Paolo Conte, Paul Weller, l’aristocratico tradotto in popolare”.
Accostamenti forti tra i giudici. Ti si è visto al fianco di Simona Ventura, Claudia Mori, Mara Maionchi.
“Mi avevano messo in mezzo alle due carampane, la Mori e la Maionchi. Troppo divertente. Da Simona ho imparato tanto. Lei è un animale da diretta televisiva. Sotto il tavolo di X-Factor ti riempiva di calci, pizzicotti, pugni. Mi sono poi perfezionato sul live con Ranieri e Celentano. Si dice che Mister Morgan sia l’emblema dell’inaffidabilità. Non hanno idea di quanto io sia responsabile”.
Torneresti a fare il giudice a X Factor?
Non mi piace più. Non sono un opinionista, non è il mio ruolo, il mio posto è sul palco”.
A proposito di X Factor, c’era il tuo ex collega Fedez sul palco a Sanremo.
“Ti dico solo questo di lui. Un giorno gli faccio, a proposito di un suo tatuaggio: “Hai un quadro di Escher sul collo…”. “Non so, me l’ha fatto un amico”. Hai capito? Aveva un quadro di Escher sul collo e non lo sapeva. Non ho altro da aggiungere”.
Tuo padre aveva la tua età quando si è tolto la vita, 48 anni.
“Se l’è tolta, quando io avevo 15 anni, in un modo insospettabilmente romantico e sanguinario. Lui non era un poeta, né un filosofo. Era un artigiano troppo sensibile, molto buono. Un essere incompiuto”.
Dimmi di lui.
“Fece una cosa sbagliata, lasciando una bella famiglia che gli voleva bene in una spaventosa disperazione. Una moglie di 44 anni e due figli adolescenti, intelligenti, nel pieno della spinta creativa, io e mia sorella Roberta. Andavamo al liceo classico e contemporaneamente studiavamo musica. L’accompagnavo tutte le mattine sul manubrio della bicicletta”.
Non era il percorso dovuto delle famiglie borghesi.
“Tutt’altro. Scelte consapevoli e perseguite con una certa fatica. Si viveva in modo sobrio. La notte andavo suonare nei pianobar e ritornavo le quattro del mattino con 100mila lire in tasca che davo a mio padre”.
Non se la passava bene?
“Non me lo confidava esplicitamente, ma avevo capito. Non voleva apparire un fallito ai nostri occhi. Amava mia madre in una maniera cavalleresca. Per lei si metteva sempre elegante, la corteggiava dopo vent’anni di matrimonio. Un vero gentiluomo che, però, alla fine ha fatto la scelta peggiore”.
Da mowmag.com l'1 marzo 2021. Prologo. Dopo aver letto questa intervista Morgan mi ha scritto il seguente messaggio: «Mi dispiace molto ma non sono attratto da questa adolescenziale costruzione del mito sregolato. Te lo ho detto chiaramente: questo atteggiamento è ciò che contribuisce a rovinarmi gratuitamente l’esistenza, e tu vuoi far parte di ciò. Fai finta di aver compreso ma la realtà è che facendo così dimostri di non aver compreso nulla. Avresti potuto essere totalmente diverso nell’impostazione, maturo, ma hai fatto, come troppo spesso mi accade, una cosa grottesca, che non riporta me tra gli intellettuali d’oggi e tantomeno tra i musicisti e piuttosto che raccontare al mondo quanto è intelligente quanto è bravo quanto è diverso dai coglioni, sa solo dire quanto è folle».
Intervista a un fantasma. Devi entrare nel suo flusso. Lasciarlo parlare, seguire i giri della sua mente e il battito delle parole, passare anche tu dalla paranoia all’ironia, dalla depressione alla genialità, dal terreno al filosofico con la sua stessa disinvoltura, fregartene se invece di rispondere alle tue domande va avanti con il proprio ragionamento, zittirti e ammirarlo quando nel mezzo di un discorso si gira e suona il piano per minuti, minuti e minuti, impazzendo e scuotendo dita e testa e capelli. E poi, dopo che sei entrato nel suo flusso, nel suo mondo, nel suo essere, solo allora, forse, puoi capirlo. Dovrebbe comporre e scrivere poesie, Marco Castoldi in arte Morgan, e basta. Vorrebbe misurarsi solo con l’Arte, con i grandi maestri, quelli che ha conosciuto come Battiato ed Eco, e quelli che lo hanno ispirato, come Baudelaire e Rimbaud, purtroppo si ritrova invischiato in polemiche, spesso è lui stesso a crearle per amore della provocazione e per bisogno di attenzione, ma, mi scrive sempre dopo aver letto l’intervista, “le mie non sono polemiche ma risposte ad un mondo sterile che dovrebbe finalmente cogliere che nessuno più di me si dedica all’arte anziché perdere tempo”. Morgan è figlio e vittima del palco, per lui causa di slanci, dipendenze e cadute. Il palco lo deve ringraziare e maledire. Quello di Sanremo, per esempio. Si presenta con cappello da pirata e un sacchetto di gommose zuccherate, te le offre, poi chiede un trucco tipo vampiro, o meglio «fantasma», e un po’ di vino. Gli offrono del Moscato da pochi euro, lui si accende una sigaretta. La prima.
Sei sparito per quattro giorni e quando ci siamo sentiti e ti ho chiesto come stai, mi hai risposto: «Male, molto male».
«Sì, che dovevo dire? A te non capita mai di stare male?».
Sempre.
«E allora? Il problema è dirlo. Oggi ci sono dei problemi con le parole. Io amo le parole. Sono importantissime. Io ho scoperto la violenza delle parole in concomitanza col suicidio di mio padre».
Avevi 16 anni…
«Il suicidio di mio padre mi ha fatto elaborare un senso profondo del comunicare, dell’esprimersi, del liberarsi. Ho cominciato a lavorare sulla sensibilità, che è un’anima dolce, gentile, femminile, che dà il senso del creare un’opera d’arte, che sia pittura o una canzone. È il gesto dell’amore. Quindi la poesia, la parola, in questa dimensione, diventa il senso della vita, è un aggancio, è la salvezza. “Dì solo una parola ed io sarò salvato”, non è così? Dal vangelo di Giovanni. Quella parola non ho mai capito quale fosse…».
Oppure: «Nel principio era il verbo».
«Wow. Però Davide Rondoni, il poeta, mi ha spiegato che il verbo non è una parola ma un movimento, un vento, un magma circolare da cui si genera tutto. Oggi la parola è un fantasma, è sotto assedio. Ma io voglio parlare del ghosting…».
L’arte di annullare una persona.
«Io lo sto subendo dalla persona che più in assoluto mi faceva sentire stimato e rispettato. Il nostro era uno specchiarsi meraviglioso e vedersi belli negli occhi dell'altro, era una relazione con una compatibilità naturale, totale. Per me è stato spaventoso, traumautico che per ragioni incomprensibili tutto questo si sia improvvisamente tramutato in un disprezzo tale da annullarsi completamente. Sfido chiunque a reggere una cosa simile, è inspiegabile, logorante».
Ne parli spesso di questa donna. Ma chi è?
«Ho provato ogni modo per sentirla, le ho scritto tanto».
Anche negli ultimi 5 inediti respinti da Amadeus parli di lei…
«Ma è tutto. Io la amavo… Lei deve aver subito qualcosa che non so, un incantesimo, è inspiegabile quello che è successo, è un incubo. Nessuno è riuscito a raggiungerla. Paradossale che lei guardi quello che scrivo io e io non possa farlo e che sia stato denunciato per stalking. Ma non sono mai andato sotto casa sua, le ho solo scritto, ma dov’è l’insistenza? Mai avuto risposte. Questa cosa mi ha scatenato un’inquietudine gigantesca, perché improvvisamente non posso più parlare con la persona con cui parlavo sempre. Lei era il cento per cento delle mie conversazioni, le nostre chat su Whatsapp erano diventate un romanzo di 500 pagine a settimana. Abbiamo fatto dieci anni così, scrivevamo e componevamo insieme, con naturalezza».
C’era anche un rapporto d'amore?
«C’era tutto, era la mia migliore amica, eravamo amanti, in libertà. Poi un graduale allontanamento, fino a quando mi ha bloccato. Ho provato a chiamarla ma lei, subito: “Ti denuncio”. Ho pensato anche che abbia affrontato un percorso terapeutico indotto, forzato, che l’ha portata a disinnamorarsi. E dal 25 aprile del 2020 io per lei sono diventato angoscia».
Quasi un anno…
«Ora vivo in questa distanza romanzesca, in questa idealizzazione folle che io costruisco dentro il mio racconto, che è un’assenza assoluta, e ho costruito un’opera gigantesca che è narrazione, fiaba, dialogo elettronico, ambient, voci, esperimenti, canzoni… Tutte queste cose messe insieme sarà Morgangel, credo di aver superato dieci ore di musica. Dovrò farne un serial a episodi, è la mia autobiografia. Ma devo stare attento perché io non sono autorizzato a parlare di lei, come se Petrarca non avesse potuto parlare di Laura o Dante di Beatrice. Io sono lo stalker della musa, non è moderna questa cosa? Ho pure interpellato Francesco Alberoni, grande conoscitore di queste dinamiche».
Il sociologo. Cosa ti ha detto?
«Ho passato un agosto tristissimo, totalmente silenziato a Milano e con l’angoscia nel cuore, consolato da Alberoni, che mi spiegava: “L’innamoramento consiste in tre dati di fatto: l’idea del futuro, il pensiero ossessivo, il sogno a occhi aperti”.
Bellissimo e verissimo.
«Ha capito che stavo soffrendo, il ghosting è un’uccisione psicologica, è protratto, è un insulto costante, allucinante, ti fa mancare il fiato».
«La follia è l’unica via per la felicità» hai detto una volta. Adesso quanto sei folle e quanto sei felice?
«La mia è una follia divertente e creativa, è bizzarria, euforia, ma non ho alcuna turba psichica. Ho fatto spesso test psicologici, perché in occasione di affidamento di minori mi è capitato, e sono sempre, tragicamente, risultato privo di turbe psichiche. Non sono aggressivo, non sono istrionico, non sono bipolare, non sono narcisista né maligno… Se io sono sano, cazzo c’è un problema! Sono gli altri che si adeguano, che resistono, che sono tutti fuori come delle mine».
Resilienza…
«Ecco, ma che parola è?»
Resistere in condizioni avverse, l’anticamera del controllo sociale. Perché resisti e non ti ribelli. Ti adatti.
(Si accende un’alta sigaretta) «Adattamento è una parola importante, perché l’adattamento è gravissimo, non bisogna vantarsi dell’adattamento. Il disadattato è quello sano. L’adattato è uno che è stato frustato talmente tante volte che non sente più il dolore, il disadattato no! Il disadattato protesta, si lamenta. Il disadattato è una persona libera. Pensa che deformazione ha la parola adattamento quando parli di un bambino: “Ah è così bravo, lo metti lì e non fa niente”, oppure: “Ah io mi so adattare benissimo!”. Non ci si deve vantare di adattarsi».
Hai preso il nome Morgan da un pirata, un corsaro.
«Il libro su di lui me l’ha regalato Dori Ghezzi quando è morto De André, La Santa Rossa di Steinbeck, in cui si parla di Henry Morgan, e dentro c’erano le note scritte a matita da De André stesso, io ero giovane, e da giovane sono stato sempre in mezzo a una generazione di narratori fantastici. La Pivano, Battiato… Con lui mi sono divertito a fare pranzi e cene di parole».
Meraviglia.
«Una volta sono andato a pranzo in una giornata bellissima al Buon Convento in Corso di Porta Romana con Battiato e il filosofo Manlio Sgalambro, autore di molti suoi testi. Io ero a palla. Appena ho guardato la porta d’ingresso del ristorante ero emozionato, sono entrato e da lì ho visto le sagome di Battiato e Sgalambro arrivare al di là della porta a specchio del locale. Ci si dava del lei, erano ironici di brutto… (Fa la voce di Battiato e la imita molto bene). Franco mi diceva: “Dove andremo con questi nuovi cibernetici,viviamo nel neoprimitivismo, ma che ci importa della letteratura gotica, che ci importa della svastica…”, poi si rivolgeva a Sgalambro: “Lei Manlio trascura il fatto che la simbologia è molto più antica perché dobbiamo risalire ad un altro tipo di cultura”. Poi mi chiedeva (lo imita ancora): “Ma di questo Lou Reed che ne pensa?”. Non mi faceva nemmeno rispondere (ne continua a imitare la voce): “Lou Reed è uno che sputa quando canta, trascina sé stesso dentro la canzone, diventa un fantasma di sé, però ci sono almeno due pezzi dei Velvet Underground come Sunday Morning che sono illuminanti».
Per te era un parco giochi.
«Dopo è uscito il brano Shock in my town. Nel brano firmato da loro due ci stava tutta la conversazione di quel giorno. Sono andato da Battiato a Catania per l’album Gommalacca, dipingeva con un grembiule da venditore di frutta e stivali da pescatore, sul balconcino, io lavoravo a fare gli arrangiamenti. Ogni tanto cambiava due tre note, spostava un semitono, (imita la sua voce) “questo più su, no più giù, no più su, un poco più giù, ecco, ecco, così”. E con noi c’era anche il cantautore Juri Camiscasca, faceva le dorature dei quadri, era uscito dal monastero dopo 11 anni di clausura ed era un’altra presenza allucinante. Amava tutto quello che facevo. Gli facevo un accordo e gioiva. Gioiva per ogni cosa. Quel momento fu storico. Battiato mi manca tantissimo adesso».
Ma come ci sei arrivato a lui? La tua adolescenza è a Monza.
«Ho iniziato a scrivere musica a 5 anni. Un giorno telefonò il maestro di musica in prima media a mia madre, e disse che era preoccupato per me: “Suo figlio è troppo dissonante”. E mio padre: “No, mi piace molto di più quando è dissonante”. Mia madre allora mi ha portato da un’inquisitrice giapponese per farmi esaminare e che mi ha detto di suonare i pezzi dei Beatles in chiave moderna. Un’allucinazione dietro l’altra. Quindi ho fatto opera di composizione. E nel 1995, Battiato, dopo il concerto del primo maggio, entrò nel camerino dei Bluvertigo e disse: «Volevo conoscerti perché quando canti mi sembro io».
Tuo padre che faceva?
«Il falegname. Pinocchio».
E la mamma?
«La maestra».
A 16 anni facevi l’uncinetto con tua madre.
«Ma questa l’ho detta su Clubhouse?»
No, ma lì ho sentito che giocavi a tennis.
«A 16 anni ho fatto i campionati nazionali, ero forte, sono arrivato terzo. Poi ho dovuto scegliere se suonare il piano o continuare, non ce la facevo a fare 8 ore di piano e 4 di tennis».
Primo ricordo?
(Si accende un’altra sigaretta, si chiude su se stesso, pensa) «È audio, sono nel grembo e c’è un suono calmante, rumore di pioggia ovattata. Un primo ricordo vero non ce l’ho, potrebbe cambiare sempre, ricordi di gatti, di angoli della cameretta, odori, la moquette anni 70, la moquette in Italia non c’è più, io le adoro, vorrei vivere in una casa nel bosco, alla Tolkien, freddo fuori, caldo, caldissimo dentro. Legno e fuoco. Pinocchio. Bel romanzo, tosto, Pinocchio eh?».
Cosa stai leggendo adesso?
«Un libro sulle marionette che ho comprato a un euro in una bancarella. Non ha un autore, è graficamente fantastico. Ci sono le storie di vecchie famiglie di Milano che avevano le marionette».
Parli di Pinocchio, leggi un libro sulle marionette, tutte cose che hanno a che fare proprio con il lavoro di tuo padre...
«L’ho visto che mi salutava dalla finestra, e poi non l’ho più visto vivo, ma morto in un bosco. Era il 1981. L’esistenza mi è piombata addosso, pesantemente».
Ti senti decontestualizzato dal 2021?
«Mi sento un fantasma, lo sono in tutto. Discograficamente, sentimentalmente. Il grande escluso. Amadeus pure ci ha messo il suo. Posso avere un altro po’ di Moscato?»
Fiorello ti ha citato nella pubblicità di Sanremo.
«Non mi hanno avvisato né pagato, boh».
Ti faccio dei nomi e mi rispondi secco. Fedez.
«Lo vedo bene con un’Ibanez. Se Ibanez fosse una modella… invece purtroppo è una chitarra».
Fulminacci.
«Fulminacci non è malissimo».
Madame.
«Pare che piaccia».
Willie Peyote.
«Bravissimo, è un mio amico».
Ora ti leggo una poesia: “E io mi sono convinto ormai che se una donna fa giravolte allora ha capito il mondo, e se non ha capito il mondo almeno ha capito il mio”.
«Sembrano dei pensieri da scuole medie…».
Sono di Giò Evan, altro cantante ammesso a Sanremo 2021.
«Non mi piace, non ci possiamo capire. Ma può essere una svista, un errore di gioventù, sarà alle prime fasi di scrittura».
Orietta Berti?
«La vedrei bene con un arrangiamento heavy metal, Orietta Berti metal sarebbe fantastica. Ha una voce pulitissima, è donna di spirito, coi Bluvertigo ci siamo divertiti molto con lei».
Hai annunciato la reunion.
«Sì, li ho sentiti ultimamente, vorrei fare un album nuovo, chiamarlo Bluventuno, una roba facile, basso, chitarra, batteria e Andy con le sue diavolerie, tastiera e sax, e poi orchestra sinfonica tipo Deep Purple, rock antiquato, d’antiquariato».
Lo vedrai Sanremo quest’anno o lo snobbi?
«Dipende da cosa devo fare quelle sere. Vorrei fare delle dirette Instagram e commentarlo live, oppormici, anzi fottermene!»
Non posso esimermi: Bugo?
«Con Bugo purtroppo non ci ho più parlato, mi ha fatto un po’ di ghosting anche lui. So che farà il duetto con i Pinguini Tattici Nucleari… Dovrebbe fare la mia canzone Altrove ma purtroppo non arriverà mai a sti livelli, se lui faceva la cover di Altrove era finita, giuro, vinceva lui. Ma lui s’è preso male davvero. Assurdo, è un ipocrita, anzi un hip-pop-crita. Il problema degli italiani? Non hanno senso dell’umorismo».
L’hai più sentito Amadeus dopo le vostre polemiche?
«No, mi ha bloccato. Scherzo, a me piace scherzare, ridere. Per me è un bravo ragazzo. Non ho motivi di avercela con lui, credo sia difficile stare dentro le logiche di queste robe, avrà avuto delle pressioni, sicuro».
«Io sono un genio» hai detto molti anni fa.
«Oggi su Clubhouse ho detto: “Io sono un’ape che guarda l’alveare dall’alto, guardo gli altri perché volo molto più in alto e perché me lo sono guadagnato sto volo”».
E da lassù cosa hai visto?
«Che i più bravi di tutti sono i tassisti, perché parlano e sanno le storie, fanno una vita di relazione, poi ci sono gli insegnanti e i ricercatori. I pezzi di merda sono i web manager, i web designer, i social manager, che non si sa cosa fanno, che parlano di monetizzazione, di conversione. Il tassista ti parla di Italo Svevo, della coscienza di Zeno, e ti porta pure dove gli dici te. Quelli lì non parlano di niente. C’è un tale che si chiama Montemagno. Ma chi cazzo è? Non so chi è. È insopportabile. Le cose belle che puoi vedere sul web sono poche».
Quali?
«Un dibattito tra Chomsky e Foucault, la conferenza di Chomsky Justice vs Power, il simposio dello scienziato Douglas Hofstadter che racconta l’evoluzione e ti porta a capire che l’intelligenza artificiale non sostituirà mai l’uomo. Di Hofstadter avevo letto che avrebbe insegnato un anno a Bologna e mi sono iscritto al suo corso di semiologia, lo introduceva Umberto Eco. Uno spettacolo. Nell’ultima lezione ci disse: mi è morta la moglie, voglio solo essere amato. Cioè, uno scienziato che in italiano perfetto ti fa capire che ok l’universo, la fisica e il resto, ma la cosa più importante è sentirsi amati. Eco diceva: “A quest’uomo non gli perdonerò mai di non sapere l’aramaico”. E sosteneva che la Divina Commedia tradotta in inglese faceva cagare e che solo in russo si poteva tradurre Dante».
Tu chi hai amato di più?
«Inevitabile dirti che quest’ultima le straccia tutte, compresa la famosissima Asia, che è stata una grande distruttrice, una divoratrice, una mantide religiosa per eccellenza, che mangia la testa degli uomini. (Si mette al piano). Dice: «A me piace la musica russa. Senti questo pezzo di Skrjabin». Lo suona per cinque minuti. «Cioè questo nel 1901 che cosa scriveva? Pare jazz. Sembra Tenco. Però è il 1901, suo figlio è morto a 11 anni. È morto nel lago ghiacciato. Allucinante come era forte Skrjabin».
Tu come vorresti morire?
«Io sono morto già da tempo… Vorrei morire in scena, per esempio Carmelo Bene voleva morire in scena fumando e bevendo una spremuta di mandarino. Era convinto di morire perché aveva avuto un infarto. Me l’ha raccontato la figlia del medico che era stato chiamato per soccorrerlo. Era tutto buio. Il medico era entrato nella stanza e ha visto solo la luce della sigaretta accesa, Carmelo era nudo a letto».
A che età vorresti morire?
«Prima di morire vorrei dirigere un’orchestra, e poi vorrei fare un po’ di cinema musicale»...
Com’è la vita dopo la morte?
«È uguale, io credo di poter pensare di morire di suicidio, possiamo ipotizzarlo».
È vero che hai tentato il suicidio.
«Per me il tentato suicidio è come se fosse una cura, lo tento un paio di volte al mese…Secondo me andrebbe somministrato come cura antidepressiva un paio di volte al mese» (ride).
Come?
«È un pensiero, è il pensiero della morte, ma in realtà è un grido di aiuto. D’altra parte se vivi nella situazione del silenziato l’unica chance che hai per farti sentire è il racconto di te stesso, no?».
Chi sei stato nella vita precedente?
«Un cane. Coi cani vado d’accordissimo, per me sono fratelli. O forse un corvo. Dario Argento m’ha raccontato che i corvi parlano. Mi disse che una volta aveva 500 corvi sotto mano, che doveva girare una scena di Opera, e si è cagato addosso perché questi parlavano. T’immagini 500 corvi che parlano? Dario Argento che ha paura è una bella immagine».
Com’era andare alle cene di Natale con Dario Argento?
«Ricordo una Pasqua… Erano venuti lui e Daria Nicolodi, una donna di una gentilezza e bellezza, coltissima, a casa di mia mamma. Dario si addormentò su una sdraio in giardino guardando un albero. Noi eravamo lì e ci chiedevamo: “Cosa facciamo?”. Daria ci diceva di non svegliarlo, che se dormiva voleva dire che stava bene. Si è svegliato e poi siamo andati a piedi a vedere la casa che stavamo costruendo. E lui: “Guardate questa luce, è la northern light, Bergman mi diceva che era così la luce del nord…”. Bergman, capisci? Per Dario Argento la luce di Monza era la northern light: bellissimo. È uno che si spaventa. Mia mamma gli aveva regalato dei guanti neri, e lui morì di paura, perché i guanti neri per lui sono simbolo di terrore. Nei suoi film nelle scene di omicidio arriva l’attore con i guanti neri…»
È vero che hai problemi alle corde vocali?
«No. La voce è una cosa viva, la mia voce ha le rughe, si sente… (Prende il cellulare, legge versi di Petrarca): “Voi ch’ascoltate in rime sparse il suono di quei sospiri ond’io nudriva ‘l core in sul mio primo giovenile errore quand’era in parte altr’uom da quel ch’i’ sono”. Cioè, aiuto, i versi più belli che sono mai stati scritti. Vedi la differenza del suono che c’è con Dante? “Nel mezzo del cammin di nostra vita, mi ritrovai per la selva oscura…”. Senti l’accento, la rima, come cambiano? Dante è endecasillabo, è più secco, non è rotondo come Petrarca. Purtroppo della poesia non gliene frega niente a nessuno».
Cosa vorresti scrivere sulla lapide?
«Un epitaffio di Edgar Lee Masters… Devo dimagrire, voglio rimettermi in forma. Voglio fare un momento di detox totale e andare in America» (si accende quella che sarà la decima sigaretta).
Quanto fumi al giorno?
«Non so, butto via le sigarette dopo due, tre boccate. Battiato amava tantissimo fumare (ne imita la voce, sempre meglio): “La donna quando fuma è irresistibile. Ci sono due cose irresistibili: la danza del ventre e le donne che fumano”. Torna a suonare. Stavolta Beethoven. Si agita, impazzisce, quando si ferma sorride.
Hai anche detto che assomigli a Gesù Cristo.
«Certo, assomigliamo tutti a Cristo nella misura in cui siamo condannati a essere uomini e donne. Cristo è così amabile, così dolce, così ingiustamente condannato che non si può accettare che sia crocifisso, bisogna smetterla con questa crocifissione».
Ti sei mai scoperto a pregare?
«A Capodanno sono andato in Chiesa, ho chiesto di essere confessato e il parroco mi ha mandato da un suo emissario di 72 anni, simpaticissimo, e gli ho fatto: “Be’, hai soltanto una decina di anni ancora”. E lui: “Ma sei un po’ stronzo”.
Che peccati gli hai raccontato?
«Tutto, tutto… Gli ho raccontato del mio ghosting, a un certo punto questo prete si è commosso e mi ha fatto: “Io ti ringrazio, sono contento di averti conosciuto oggi”. Si è messo a pregare per me e ha aggiunto: “Preghiamo per questa persona che non ti capisce…”. Io invece gli ho detto di pregare per chi non ha da mangiare, per quelli che soffrono veramente di fame. Alla fine abbiamo pregato per il perdono. Il perdono è l’inizio, non è la fine».
Tuo padre si è tolto la vita a 48 anni e tu hai detto che arrivato alla sua stessa età lo avresti perdonato.
«Ne ho ora 48, sto passando attraverso questo portone che è delicato, che è potentissimo, amo la parola perdono perché c’è dentro la parola dono, non c’entra nulla ma è bello pensare che perdonare è un dono. Sì, lo perdonerò. E perdonerò tutti».
Epilogo. Prima di andare via Morgan sfila una quaderno senza righe dalla tasca. Le pagine sono tutte bianche, tranne le prime due. Comincia a declamare ciò che ha scritto. Comincia così: «Ancora una volta precipitare, e io, forte della mia antica…». Purtroppo il suono, nella registrazione, è confuso, non si capiscono più le sue parole. Peccato, perché era tutto davvero molto bello. Gli ho chiesto via whatsapp di rileggermelo e mandarmi un vocale. Mi ha detto: «Ora ti mando l’audio». Non è ancora arrivato.
Dal “Fatto quotidiano” il 21 agosto 2021. Pubblichiamo un estratto dal libro "Forte respiro rapido" scritto da Marco Risi (su Dino Risi nda). La dedizione di papà alla battuta è sempre stata totale. Aveva assoluta precedenza su tutto. Gli piacevano al punto da non calcolarne le conseguenze. C'è da dire che ne sbagliava poche. Al mio terzo film con Jerry Calà, che andò piuttosto male rispetto ai precedenti, sentenziò: "Levategli l'accento!". E quella volta che c'incontrammo per caso al cinema Roxy a vedere La passione di Cristo di Mel Gibson, dove il povero Gesù prendeva un sacco di botte dall'inizio alla fine del film, all'uscita, dopo qualche minuto di silenzio, disse: "Sai qual è il problema di questo film? Non ti appassioni al protagonista!". Arrivavano come frustate. Te ne accorgevi, o meglio, io mene accorgevo, dallo sguardo, che aveva un'intensità nuova, viva e affilata. Di lui potrei anche dire che non era attentissimo alla forma né alle apparenze per tutto quello che lo riguardava; con se stesso, diciamo, era piuttosto tollerante, era attentissimo invece alle sfumature, anche le più insignificanti, degli altri. Non gli sfuggiva una risata falsa o un gesto o un affanno improvviso e se aveva la luna storta poteva diventare spietato. Durante le riprese di Profumo di donna passai una settimana con lui a Napoli a fargli da aiuto regista perché mio fratello Claudio, da qualche anno suo aiuto ufficiale, aveva avuto problemi con il servizio militare. Una sera, sulla terrazza dell 'amico di Gassman, cieco anche lui, come il protagonista del film, bisognava girare la scena di una festicciola con un paio di ragazze amiche di Agostina Belli, che dovevano correre e ridere allegre e sguaiate giocando a moscacieca. Il vantaggio con Gassman, in questo caso, era che non si doveva bendarlo...Secondo papà una delle ragazze non era abbastanza allegra e sguaiata e, forse perché qualcosa delle riprese non lo soddisfaceva e aveva bisogno di ritrovare la tensione giusta con il cast e con la troupe, cominciò ad aggredire la poveretta che se ne stava immobile, la testa bassa, umiliata. La insultò pesantemente e a lungo, tanto che a un certo punto mi sentii in dovere di intervenire, rischiandomela grossa perché avrebbe potuto insultare anche me, duramente. Era quello che mi aspettavo: come mi permettevo io, piccolo stronzo, di intromettermi? Invece ci fu qualche secondo di silenzio assoluto, il set sembrava sospeso. Gassman, che stava prendendo appunti per il Kean da portare a teatro di lì a poco, alzò un sopracciglio quando sentì la mia voce sovrastare quella del suo amico. Era successo qualcosa alla quale non aveva mai assistito. Il regista, mio padre, non reagì. La sera dopo andammo a cena da Ciro a Mergellina e incontrammo Vittorio De Sica, elegantissimo, camicia bianca immacolata e completo beige di cotone chiaro. I due, con le loro belle chiome candide, si abbracciarono e parlarono di cinema, dei giovani colleghi che incalzavano, Bertolucci, Bellocchio, Samperi, Faenza. Lo fecero con attenzione e considerazione: erano anni di tensioni politiche, di contestazioni dure, bisognava tenerne conto. Quello era bravo, quell'altro meno, quell'altro sarebbe diventato famoso. Ma la sentenza finale in napoletano di De Sica, lucida, sincera e soprattutto allegra, fu: "Ma diciamoci la verità, Dino: 'sti giovani ci stann' scassand ' 'o cazz'...". E se la risero beati. Una ventina di anni prima di questo incontro, erano sul set di Pane, amore e..., il terzo film della serie che era iniziata con la coppia in bianco e nero Lollobrigida-De Sica, diretta da Luigi Comencini, e ora passava a quella De Sica-Loren con il colore del grande Tonino Delli Colli. Le riprese si svolgevano a Sorrento, in un clima disteso e rilassato. A rallegrare ancora di più quell'atmosfera, un giorno arrivò nell'albergo dove alloggiava la troupe un pullman di pattinatrici svedesi. Che cosa ci facessero delle pattinatrici svedesi a Sorrento nell'estate del 1955 rimane un mistero. Papà non si lasciò scappare l'occasione. Ebbe un'avventura con una delle svedesine e ci passò la notte. Il mattino dopo si svegliò alle 11, quando la convocazione per le riprese era alle 8. Che fare? Immaginava che fossero tutti lì ad aspettarlo, con il direttore di produzione furibondo. Si vestì in un lampo. Corse come un matto. Arrivò sul set trafelato. E che vide? De Sica che aveva già girato un paio di inquadrature e stava impostando quella successiva come se fosse la cosa più naturale del mondo. Mio padre si fermò ai bordi del set a osservarlo, incantato. Quando De Sica si accorse di lui, gli si avvicinò e, nel passargli le consegne, gli chiese in un sussurro, complice, all'orecchio: "La svedese?".
Marco Giallini: «Parlo con mia moglie morta e recito Dante a memoria. Le mie 52 fratture in moto». Candida Morvillo su Il Corriere della Sera il 26 Dicembre 2021.
L’attore: «Facevo l’imbianchino poi la sera andavo a scuola di teatro. Sono esploso a 49 anni. Ho deciso di diventare popolare per dare una possibilità in più ai miei figli»
Riproponiamo qui una delle interviste più lette del 2021, quella di Candida Morvillo a Marco Giallini, pubblicata sul Corriere nel maggio scorso.
Sono le quattro del pomeriggio, Marco Giallini apre la porta, si scusa per il disordine, si offre di fare gli spaghetti. Sposta un giubbotto di pelle lanciandolo su uno gemello, che sta su un cumulo di vecchi cuscini, chitarre, vinili rock, forse tulipani. «Mi fanno ridere quelli che si fanno la foto col chiodo. Io non so come mettermi quando faccio le foto». Mima una posa da social. «Io i giubbotti li ho perché vado in moto. Mica per quell’iconografia rockettara degli stilisti e dei ragazzi che si fanno crescere la barba, che quando se la taglieranno, come diceva quella, una mia amica: capirò quanti mostri ho baciato».
Il disordine non è proprio disordine, è più come se in questa mansarda alla periferia di Roma un’esplosione avesse scaraventato roba fin sul pianerottolo. Aveva avvisato che è in corso un trasloco. Chiedo conferma. «Sta traslocando?». «Io? No». Sposta una tela e dei pennelli. Dipinge, anche. Il ritratto dell’attore Toshiro Mifune risale al primo lockdown. «Sa quelli che pensano che sono attore? Dicono: tu a casa hai la signora. Ma quale signora? Pure coi miei figli... Mai avuto una tata. Io sono tato. Qui faccio tutto io. Qui le donne mi menano e poi se ne vanno». Sposta ninnoli e vecchie foto in una vetrina, indica tre statuine di lupi: rappresentano lui e i due figli che ha cresciuto da solo dopo la morte della moglie. «Di là ci sta una batteria da paura. Suono un po’ di tutto. Però so recitare pure mezza Divina Commedia a memoria». Locandine di film non ce ne sono. Eppure ne ha girati oltre 50, più una quindicina di serie. I premi, per Acab di Stefano Sollima, Tutta colpa di Freud e Perfetti Sconosciuti di Paolo Genovese, per Io, loro e Lara e Posti in piedi in Paradiso di Carlo Verdone e per la serie Rocco Schiavone di Raidue, stanno in una vetrina a parte. Col suo addetto stampa ci siamo persi sul raccordo anulare, senza che sapesse dirmi dove mi stava portando. Giallini, dal terrazzo, indica, lontano, il cupolone. Ma oggi è brutto e non lo vedo.
Giallini, dove siamo?
«Ci vuole meno di quello che sembra per far star bene gli altri. No? È solo che la gente è avida. Chi l’avrà fatto Dio? E come? Per autocombustione? Col Das, forse».
Perché, di colpo, parla di Dio?
«Mi hanno chiamato Dottor Divago. Divago molto. Parlavamo di giubbotti, ci vado in moto. Come si nota dagli sgarri che ho addosso».
Intende cicatrici?
«Cinquantadue fratture in un colpo solo. Mi sogno a volte l’attimo che pinzo. Io vado forte. Nelle borgate, ci si giocavano anche i denari, andando a 200 o 240 all’ora».
Cadde in una di queste gare?
«No, correvo verso casa, sul bagnato. In moto so andare a un livello che pensavo di essere un dio, finché ti rendi conto che le cose possono accadere. Un amico ha detto: Giallini ci scrive con la moto. Sentirmelo dire mi fece piacere. Più della signora che al festival di Venezia mi disse: sono anni che sto qua, è la prima volta che sento ridere. Io non ce la faccio a non dire una stupidata per far ridere la gente che sta seria. Perché stanno tutti così? Stiamo come in una dittatura dell’individuo, dell’io».
Cos’è la dittatura dell’io?
«Tutti con ’sti labbroni, tutti con ’ste fotografie, cos’è Facebook? Il libro delle facce... Ma a me che importa che faccia c’hai? Ma perché non ti posso incontrare per strada? Sa la verità? Che io non posso sobbarcarmi tutto».
Tutto che cosa?
«L’animo gentile, l’animo vicino a Dio, prende tutto. Perché è sensibile, perché ha uno sbaglio di sangue, di vene, di capoccia».
Quando ha capito che ha l’animo gentile?
«Da bambino. Quando vedevo tutti felici a casa. Papà, dopo dieci ore di lavoro, tornava in un buco, morto di fatica, un po’ bevuto per non sentire, non capire, e mi faceva l’occhiolino e tutti ridevano, e io facevo finta di andare in bagno e mi veniva da piangere. L’ho capito anche con mio nonno, che non era mio nonno, Ercole si chiamava, era una persona misteriosa che ci tenevamo dentro casa. Un giorno, avevo 9 anni, passiamo insieme davanti a un boss del quartiere. Tornava da caccia con la doppietta. Ercole mi fa: ahò, non gli stare vicino a questo, che ti dà una revolverata. E il boss disse solo: buongiorno, Ercole. A un altro, l’avrebbe accoppato, i meccanismi erano quelli. Ho pensato: ma chi è Ercole? Mi è rimasto il mistero. Chiedevo a mio padre. Niente».
Come arriva l’idea di fare l’attore?
«Stavo lì, ragazzino, la testa che ti senti che ti va tutto stretto. Il tempo passa. Gli amici mi dicevano: ma perché non fai l’attore? Ero quello che, se c’è Giallini, andiamo, se non c’è, dove andiamo? Non è una bella cosa, anzi: è come se tutti avessero bisogno di te, è un po’ dura. Alla fine, ti rompi e ti chiudi qua. Alla fine, io sto in lockdown da quando è morta Loredana»
A luglio, sono dieci anni.
«Quello è il momento in cui ho deciso di diventare popolare. L’ho deciso proprio, perché sarei uno che s’adagia, sono pigro, ammazza come sono pigro. Nel senso che ancora aspetto di giocare con la Roma. Ero arrivato qui, a Tor Lupara, per Loredana. Ci siamo messi in 40 metri, non eravamo abbienti. Ci siamo sposati nel ’93, facevo teatro e altri lavori, però avevo ripreso la scuola, mi ero iscritto a Lettere e a scuola di recitazione. Ero diventato bravo, colto, oltre che bandito».
Quanti sacrifici ci sono voluti?
«Facevo l’imbianchino, otto ore. E la sera, la scuola di teatro. Poi, otto ore erano troppe. Ho iniziato a portare il camion delle bibite, la mattina. Dopo, tornavo a casa, doccia, prendevo il mio Yamaha, andavo a scuola. Parcheggiavo contro il muro, non avevo manco il cavalletto e entravo, col chiodo, i capelli lunghi. Boom! A volte, mi prendevano per uno spettacolo. Un giorno, per strada, avevo il cappello di carta da muratore, incontro un collega attore. Mi guarda: ma che fai? E io: stamo a fa’ un film».
Teatro ne ha fatto tanto. Il cinema è arrivato tardi: primo film a 35 anni, diretto da Marco Risi ne «L’Ultimo Capodanno».
«Però sono esploso ancora dopo, a 49, con il Nastro d’argento per Acab e la nomination ai David per Posti in piedi in Paradiso. Prima, quando c’era Loredana, avevo fatto 35 tra film e serie, però ero secondo, terzo attore: se sei primo, i progetti li fanno su di te. Lei ha visto solo l’inizio. Sul primo contratto, legge la “rata film”, la prima di dieci, ma pensava fosse tutto lì. Dice: solo questo? E io: no, devi mettere un altro zero. Le vennero le lacrime. Bello o no?».
Ha deciso di diventare popolare solo da vedovo per riempire il tempo e non pensare?
«Per dare una possibilità in più ai figli. Dovevo tirarli su come ci eravamo promessi. Lei voleva che facessero il Classico, uno lo fa, l’altro l’ha finito: è una cosa stupenda, chi fa il Classico si riconosce da lontano».
Mancata sua moglie, come ha fatto con due figli di 12 e 5 anni e di che aveva paura?
«Che ne so, il dolore era troppo. Il pensiero che lei rientri a casa da un momento all’altro dura due anni, poi, capisci che morire è prassi. Non a 40 anni. Non fra le mie braccia, mentre prendiamo le valigie per le vacanze. Ma non sono l’unico a cui è successo. Fare a meno è questione di testa, anche fare a meno delle menti dei bimbi non più chiare, del loro pensiero: vorresti sapere che pensano il giorno della festa della mamma o quando spegni la tv e quello, a 5 anni, strilla: mamma mamma».
Quanto è stato duro fare Schiavone?
«Fatico a farlo perché è il personaggio che più si avvicina a me, per carattere, retaggio, per la nota vicissitudine. La gente crede che più somigli e più è semplice, ma è il contrario: i migliori elogi li ho presi facendo il borghese. Mi sono piaciuto, in Io sono tempesta, quando al centro poveri dico a Elio Germano “se vuoi otto euro fatteli dare dal mio autista, c’è una Maserati qui fuori”. E lui : di che colore? E io lo guardo come a dire: ma quante Maserati vuoi che ci stanno fuori al centro poveri?».
Com’è fatta la popolarità?
«Al Festival della Letteratura di Mantova, duemila donne hanno rotto le transenne. Sono saltato giù dal palco come Ringo Starr. Pure per questo non abito in centro: c’è troppa gente e io a uno che per vedermi al cinema con la famiglia spende 40 euro non so dire “la foto no”. Gliel’ho già chiesto chi ha fatto Dio?».
Sì. Forse l’han fatto col Das. Diceva.
«Ci accaloriamo su troppe cose da niente, i social, il politically correct, quando la gente non mangia, non può dare il latte a un ragazzino. Di questo ci si deve occupare. Io che pago di tasse? Dieci? Ne pago 12 e quei due li dai a chi non ha una lira: è così difficile?».
Le capita ancora di piangere di nascosto?
«Come tutti, come i veri duri. Perché lo sono. Se no, sarei morto».
Il dolore di Giallini: "Perché parlo con mia moglie morta". Novella Toloni il 20 Maggio 2021 su Il Giornale. In una recente intervista l'attore romano, 58 anni, è tornato a parlare della morte improvvisa della moglie: "Il dolore non passa mai, ti dimentichi un po' la voce ma io ci parlo ancora". "Alla fine, io sto in lockdown da quando è morta Loredana". Sono passati quasi dieci anni da quando sua moglie è deceduta, ma l'attore Marco Giallini non può dimenticarla. Sarà per questo che, ha confessato in una recente intervista con il Corriere della Sera, parla ancora con lei. Marco Giallini suona la batteria, recita la Divina Commedia a memoria e ha all'attivo cinquanta film tra piccolo e grande schermo. Ma nonostante la sua carriera da attore sia all'apice, il suo cuore è fermo al 2011 quando la moglie Loredana morì tra le sue braccia: "Il dolore era troppo. Il pensiero che lei rientri a casa da un momento all'altro dura due anni, poi, capisci che morire è prassi. Ma non a 40 anni. Non fra le mie braccia, mentre prendiamo le valigie per le vacanze". Era il luglio di dieci anni fa e la donna lasciava l'attore e due figli di 5 e 12 anni, che Giallini ha cresciuto da solo, aiutato solo dal fratello di Loredana e da sua moglie: "Mai avuto una tata. Io sono tato. Qui faccio tutto io". Per crescerli come lui e la Loredana desideravano Marco Giallini si è buttato anima e corpo nel mondo della recitazione, dove era già conosciuto ma non ancora popolare: "Mi sono impegnato per dare una possibilità in più ai figli. Dovevo tirarli su come ci eravamo promessi. Lei voleva che facessero il Classico, uno lo fa, l'altro l'ha finito: è una cosa stupenda". A Roma, a Tor Lupara, l'interprete del personaggio Rocco Schiavone dell'omonima serie di Raidue, era arrivato per amore della sua Loredana: "Ci siamo messi in 40 metri, non eravamo abbienti. Ci siamo sposati nel '93, facevo teatro e altri lavori per fare la scuola di recitazione". Poi la carriera e il terribile lutto, mai superato davvero: "Il dolore non passa mai, e che passa? Ti dimentichi un po' la voce ma io ci parlo ancora. Quando sto solo e qualcosa non va. Dico: 'Eh amore mio...'". Impossibile per Giallini dimenticare il loro amore, impossibile provarlo per un'altra donna: "Innamorato ero di mia moglie. Per 27 anni, non ci siamo mai lasciati e non abbiamo mai litigato. Lei era la donna mia e io il suo uomo. Nel mondo, quante ce ne possono stare di persone per te? Una". A sostenerlo c'erano solo i suoi figli, dei quali l'attore si è preso cura e continua a farlo tutt'oggi con l'apprensione di chi sa di aver solo loro: "Mi hanno I miei figli mi dicono ti amo. Quanti figli ti dicono: ti amo? Sono bravi. La notte ancora aspetto il rientro dei ragazzi, sto sempre lì che stanno per morire. Poi, li sento e scrivo: buonanotte, amori".
L'intervista dell'attore. Chi era la moglie di Marco Giallini, Loredana, scomparsa 10 anni fa: “A volte le parlo ancora”. Vito Califano su Il Riformista il 20 Maggio 2021. Marco Giallini in una lunga intervista al Corriere della Sera ha ricordato la moglie, Loredana, morta dieci anni fa, a causa di un’emorragia cerebrale. Era il luglio del 2011. Un’intervista emozionante. “Alla fine, io sto in lockdown da quando è morta Loredana”, ha raccontato l’attore, 58 anni, tre Nastri d’Argento per i film Acab, Tutta Colpa di Freud, Perfetti Sconosciuti. Ha inanellato una serie di ruoli fortunati negli ultimi anni, tra cui il vicequestore Rocco Schiavone, protagonista di una fortunata fiction Rai, dalla storia simile a quella dell’attore, con una moglie scomparsa tragicamente e improvvisamente. Giallini è arrivato al cinema e alla televisione, in ruoli di primo piano, dopo una lunga esperienza a teatro. Prima di bucare lo schermo con la serie tv del 2008, Romanzo Criminale, ha fatto l’imbianchino, si è iscritto a Lettere e a scuola di recitazione. Ha distribuito bibite in camion. La sera scuola di teatro. Tanto teatro, prima del primo film, a 35 anni. La moglie si è ammalata e ha fatto in tempo a vedere il primo contratto da primo attore. “Sul primo contratto, legge la “rata film”, la prima di dieci, ma pensava fosse tutto lì. Dice: solo questo? E io: no, devi mettere un altro zero. Le vennero le lacrime. Bello o no?”, ha raccontato. “Il pensiero che lei rientri a casa da un momento all’altro dura due anni, poi, capisci che morire è prassi. Non a 40 anni. Non fra le mie braccia, mentre prendiamo le valigie per le vacanze. Ma non sono l’unico a cui è successo”. Un dolore che non passa mai. “Ma ci parlo ancora. Quando sto solo e qualcosa non va. Dico: Eh amore mio …”. Quando Loredana è morta i due figli, Rocco e Diego, della coppia avevano 13 e 6 anni. Quando si è sentita male, la donna, aveva accusato nei due giorni precedenti un forte mal di testa. “Ha chiuso gli occhi e mi si è accasciata fra le braccia mentre chiacchieravamo. Io le parlavo all’orecchio, ma mi sono accorto che parlavo da solo, e ho maledetto Dio. Ha vissuto altri due giorni, ma senza riprendere conoscenza”, aveva già raccontato a Vanity Fair. I due si erano conosciuti giovanissimi. A corteggiare per prima era stata proprio lei, prima che lui si innamorasse davvero passarono tre anni. “Una sera, fuori dalla discoteca, le ho detto: ‘Allora mettiamoci insieme’. È durata 25 anni”. Quando è morta la moglie, Giallini, ha detto al Corriere, ha deciso di diventare popolare. “Per dare una possibilità in più ai figli”. “L’ho deciso proprio, perché sarei uno che s’adagia, sono pigro, ammazza come sono pigro. Nel senso che ancora aspetto di giocare con la Roma. Ero arrivato qui, a Tor Lupara, per Loredana. Ci siamo messi in 40 metri, non eravamo abbienti. Ci siamo sposati nel ’93, facevo teatro e altri lavori, però avevo ripreso la scuola, mi ero iscritto a Lettere e a scuola di recitazione. Ero diventato bravo oltre che bandito”. Non si è più innamorato. “Ma di chi? Ma perché? Innamorato ero di mia moglie. Per 27 anni, non ci siamo mai lasciati e non abbiamo mai litigato. Lei era la donna mia e io il suo uomo. Nel mondo, quante ce ne possono stare di persone per te? Una”.
Vito Califano. Giornalista. Ha studiato Scienze della Comunicazione. Specializzazione in editoria. Scrive principalmente di cronaca, spettacoli e sport occasionalmente. Appassionato di televisione e teatro.
Candida Morvillo per il Corriere della Sera il 20 maggio 2021. Sono le quattro del pomeriggio, Marco Giallini apre la porta, si scusa per il disordine, si offre di fare gli spaghetti. Sposta un giubbotto di pelle lanciandolo su uno gemello, che sta su un cumulo di vecchi cuscini, chitarre, vinili rock, forse tulipani.
«Mi fanno ridere quelli che si fanno la foto col chiodo. Io non so come mettermi quando faccio le foto».
Mima una posa da social.
«Io i giubbotti li ho perché vado in moto. Mica per quell'iconografia rockettara degli stilisti e dei ragazzi che si fanno crescere la barba, che quando se la taglieranno, come diceva quella, una mia amica: capirò quanti mostri ho baciato».
Il disordine non è proprio disordine, è più come se in questa mansarda alla periferia di Roma un'esplosione avesse scaraventato roba fin sul pianerottolo. Aveva avvisato che è in corso un trasloco. Chiedo conferma. «Sta traslocando?». «Io? No». Sposta una tela e dei pennelli. Dipinge, anche.
Il ritratto dell'attore Toshiro Mifune risale al primo lockdown.
«Sa quelli che pensano che sono attore? Dicono: tu a casa hai la signora. Ma quale signora? Pure coi miei figli... Mai avuto una tata. Io sono tato. Qui faccio tutto io. Qui le donne mi menano e poi se ne vanno».
Sposta ninnoli e vecchie foto in una vetrina, indica tre statuine di lupi: rappresentano lui e i due figli che ha cresciuto da solo dopo la morte della moglie. «Di là ci sta una batteria da paura. Suono un po' di tutto. Però so recitare pure mezza Divina Commedia a memoria».
Locandine di film non ce ne sono. Eppure ne ha girati oltre 50, più una quindicina di serie. I premi, per Acab di Stefano Sollima, Tutta colpa di Freud e Perfetti Sconosciuti di Paolo Genovese, per Io, loro e Lara e Posti in piedi in Paradiso di Carlo Verdone e per la serie Rocco Schiavone di Raidue, stanno in una vetrina a parte. Col suo addetto stampa ci siamo persi sul raccordo anulare, senza che sapesse dirmi dove mi stava portando. Giallini, dal terrazzo, indica, lontano, il cupolone. Ma oggi è brutto e non lo vedo. Giallini, dove siamo?
«Ci vuole meno di quello che sembra per far star bene gli altri. No? È solo che la gente è avida. Chi l'avrà fatto Dio? E come? Per autocombustione? Col Das, forse».
Perché, di colpo, parla di Dio?
«Mi hanno chiamato Dottor Divago. Divago molto. Parlavamo di giubbotti, ci vado in moto. Come si nota dagli sgarri che ho addosso».
Intende cicatrici?
«Cinquantadue fratture in un colpo solo. Mi sogno a volte l'attimo che pinzo. Io vado forte. Nelle borgate, ci si giocavano anche i denari, andando a 200 o 240 all'ora».
Cadde in una di queste gare?
«No, correvo verso casa, sul bagnato. In moto so andare a un livello che pensavo di essere un dio, finché ti rendi conto che le cose possono accadere. Un amico ha detto: Giallini ci scrive con la moto. Sentirmelo dire mi fece piacere. Più della signora che al festival di Venezia mi disse: sono anni che sto qua, è la prima volta che sento ridere. Io non ce la faccio a non dire una stupidata per far ridere la gente che sta seria. Perché stanno tutti così? Stiamo come in una dittatura dell'individuo, dell'io».
Cos' è la dittatura dell'io?
«Tutti con 'sti labbroni, tutti con 'ste fotografie, cos' è Facebook? Il libro delle facce... Ma a me che importa che faccia c'hai? Ma perché non ti posso incontrare per strada? Sa la verità? Che io non posso sobbarcarmi tutto».
Tutto che cosa?
«L'animo gentile, l'animo vicino a Dio, prende tutto. Perché è sensibile, perché ha uno sbaglio di sangue, di vene, di capoccia».
Quando ha capito che ha l'animo gentile?
«Da bambino. Quando vedevo tutti felici a casa. Papà, dopo dieci ore di lavoro, tornava in un buco, morto di fatica, un po' bevuto per non sentire, non capire, e mi faceva l'occhiolino e tutti ridevano, e io facevo finta di andare in bagno e mi veniva da piangere. L'ho capito anche con mio nonno, che non era mio nonno, Ercole si chiamava, era una persona misteriosa che ci tenevamo dentro casa. Un giorno, avevo 9 anni, passiamo insieme davanti a un boss del quartiere. Tornava da caccia con la doppietta. Ercole mi fa: ahò, non gli stare vicino a questo, che ti dà una revolverata. E il boss disse solo: buongiorno, Ercole. A un altro, l'avrebbe accoppato, i meccanismi erano quelli. Ho pensato: ma chi è Ercole? Mi è rimasto il mistero. Chiedevo a mio padre. Niente».
Come arriva l'idea di fare l'attore?
«Stavo lì, ragazzino, la testa che ti senti che ti va tutto stretto. Il tempo passa. Gli amici mi dicevano: ma perché non fai l'attore? Ero quello che, se c'è Giallini, andiamo, se non c'è, dove andiamo? Non è una bella cosa, anzi: è come se tutti avessero bisogno di te, è un po' dura. Alla fine, ti rompi e ti chiudi qua. Alla fine, io sto in lockdown da quando è morta Loredana».
A luglio, sono dieci anni.
«Quello è il momento in cui ho deciso di diventare popolare. L'ho deciso proprio, perché sarei uno che s' adagia, sono pigro, ammazza come sono pigro. Nel senso che ancora aspetto di giocare con la Roma. Ero arrivato qui, a Tor Lupara, per Loredana. Ci siamo messi in 40 metri, non eravamo abbienti. Ci siamo sposati nel '93, facevo teatro e altri lavori, però avevo ripreso la scuola, mi ero iscritto a Lettere e a scuola di recitazione. Ero diventato bravo, colto, oltre che bandito».
Quanti sacrifici ci sono voluti?
«Facevo l'imbianchino, otto ore. E la sera, la scuola di teatro. Poi, otto ore erano troppe. Ho iniziato a portare il camion delle bibite, la mattina. Dopo, tornavo a casa, doccia, prendevo il mio Yamaha, andavo a scuola. Parcheggiavo contro il muro, non avevo manco il cavalletto e entravo, col chiodo, i capelli lunghi. Boom! A volte, mi prendevano per uno spettacolo. Un giorno, per strada, avevo il cappello di carta da muratore, incontro un collega attore. Mi guarda: ma che fai? E io: stamo a fa' un film».
Teatro ne ha fatto tanto. Il cinema è arrivato tardi: primo film a 35 anni, diretto da Marco Risi ne «L'Ultimo Capodanno».
«Però sono esploso ancora dopo, a 49, con il Nastro d'argento per Acab e la nomination ai David per Posti in piedi in Paradiso. Prima, quando c'era Loredana, avevo fatto 35 tra film e serie, però ero secondo, terzo attore: se sei primo, i progetti li fanno su di te. Lei ha visto solo l'inizio. Sul primo contratto, legge la "rata film", la prima di dieci, ma pensava fosse tutto lì. Dice: solo questo? E io: no, devi mettere un altro zero. Le vennero le lacrime. Bello o no?».
Ha deciso di diventare popolare solo da vedovo per riempire il tempo e non pensare?
«Per dare una possibilità in più ai figli. Dovevo tirarli su come ci eravamo promessi. Lei voleva che facessero il Classico, uno lo fa, l'altro l'ha finito: è una cosa stupenda, chi fa il Classico si riconosce da lontano».
Mancata sua moglie, come ha fatto con due figli di 12 e 5 anni e di che aveva paura?
«Che ne so, il dolore era troppo. Il pensiero che lei rientri a casa da un momento all'altro dura due anni, poi, capisci che morire è prassi. Non a 40 anni. Non fra le mie braccia, mentre prendiamo le valigie per le vacanze. Ma non sono l'unico a cui è successo. Fare a meno è questione di testa, anche fare a meno delle menti dei bimbi non più chiare, del loro pensiero: vorresti sapere che pensano il giorno della festa della mamma o quando spegni la tv e quello, a 5 anni, strilla: mamma mamma».
Il dolore non passa mai?
«E che passa? Ti dimentichi un po' la voce».
La sentiva, come il suo Rocco Schiavone, che vive col fantasma della moglie e la vede?
«No, ma ci parlo ancora. Quando sto solo e qualcosa non va. Dico: Eh amore mio...».
Si è più innamorato?
«Ma di chi? Ma perché? Innamorato ero di mia moglie. Per 27 anni, non ci siamo mai lasciati e non abbiamo mai litigato. Lei era la donna mia e io il suo uomo. Nel mondo, quante ce ne possono stare di persone per te? Una».
Come se l'è cavata coi ragazzi?
«Mi hanno aiutato il fratello di Loredana e sua moglie, che si sono trasferiti al piano di sotto. I miei figli mi dicono ti amo. Quanti figli ti dicono: ti amo? Sono bravi. Il grande, una volta, mi disse: io l'adolescenza non l'ho avuta, mamma è morta che avevo 12 anni e non ho avuto nessuno da punire».
Alla morte pensa mai?
«Sto che la notte ancora aspetto il rientro dei ragazzi, sto sempre lì che stanno per morire. Poi, li sento e scrivo: buonanotte, amori».
Quanto è stato duro fare Schiavone?
«Fatico a farlo perché è il personaggio che più si avvicina a me, per carattere, retaggio, per la nota vicissitudine. La gente crede che più somigli e più è semplice, ma è il contrario: i migliori elogi li ho presi facendo il borghese. Mi sono piaciuto, in Io sono tempesta, quando al centro poveri dico a Elio Germano "se vuoi otto euro fatteli dare dal mio autista, c'è una Maserati qui fuori". E lui: di che colore? E io lo guardo come a dire: ma quante Maserati vuoi che ci stanno fuori al centro poveri?».
Com' è fatta la popolarità?
«Al Festival della Letteratura di Mantova, duemila donne hanno rotto le transenne. Sono saltato giù dal palco come Ringo Starr. Pure per questo non abito in centro: c'è troppa gente e io a uno che per vedermi al cinema con la famiglia spende 40 euro non so dire "la foto no". Gliel'ho già chiesto chi ha fatto Dio?».
Sì. Forse l'han fatto col Das. Diceva.
«Ci accaloriamo su troppe cose da niente, i social, il politically correct, quando la gente non mangia, non può dare il latte a un ragazzino. Di questo ci si deve occupare. Io che pago di tasse? Dieci? Ne pago 12 e quei due li dai a chi non ha una lira: è così difficile?».
Le capita ancora di piangere di nascosto?
«Come tutti, come i veri duri. Perché lo sono. Se no, sarei morto».
Andrea Laffranchi per corriere.it il 3 dicembre 2021.
Dire che quell’amore è «proibito» ha un valore in più in tempi di bocciatura del ddl Zan?
«L’amore non può avere proibizioni. Sui social avevo detto che provavo un senso di vergogna nel vedere la politica che si schiera contro i diritti fondamentali. L’applauso si fa per un gesto artistico, non in un aula parlamentare. In coda al brano c’è un appunto vocale, un coro gospel che dice “che bella giornata potrebbe essere”. Arriverà un momento per l’emancipazione della nostra società e del nostro Paese. Mi sono indignato nel vedere quelle immagini».
Paolo Giordano per "il Giornale" il 3 dicembre 2021. (…) «Non sono certamente contro l'inevitabile evoluzione, mi limito a riflettere che, nella società dei like, pochi riflettono abbastanza prima di mettere un like. È tutto così fulmineo. Ma mi piace pensare che la mezz' ora che tu hai concesso all'ascolto di un disco, a sua volta ti ha concesso qualcosa». Insomma è un Mengoni 2.0. Un artista che ha la forza e il coraggio di confrontarsi con le proprie influenze («Ho sempre ascoltato soul e musica americana, ma anche Lennon e McCartney») e di trasformarle in un disco così intenso da accogliere anche gli ospiti (Madame in Mi fiderò e Gazzelle in Il meno possibile) senza perdere omogeneità. Una sor