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Numero di riferimento

 

CORTE EUROPEA DEI DIRITTI DELL'UOMO
COUR EUROPÉENNE DES DROITS DE L'HOMME
EUROPEAN COURT OF HUMAN RIGHTS

presso il Consiglio d'Europa
STRASBURGO - 67075- FRANCIA

Cour européenne des Droits de l'Homme
Conseil de l' Europe
F - 67075 Strasbourg-Cedex

 

REQUETE
APPLICATION

Ricorso ex art. 34 Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo

nell’interesse di

ANTONIO GIANGRANDE, nato in Italia ad Avetrana  provincia di Taranto, il 02.06.1963 (codice fiscale GNGNTN63H02A514Q) cittadino italiano (sesso maschile) di professione Presidente della “Associazione Contro Tutte le Mafie”, sodalizio antimafia riconosciuto dal Ministero Interni, residente in Italia, Avetrana (TA), via Manzoni, 51, rappresentato e difeso nella procedura in oggetto dall'avv. Mirko Giangrande, del foro di Taranto (nato in Italia, a Manduria, provincia di Taranto il 26.01.1985) ed elettivamente domiciliato presso lo studio del medesimo avv. Mirko Giangrande in Italia, ad  Avetrana (TA), via Manzoni, 51 (telefono 0039+099 9708396; telefax 0039+099 9708396, e-mail presidente@controtuttelemafie.it), giusta procura in calce al presente ricorso.

Ricorrente

CONTRO

LO STATO ITALIANO

Rappresentato pro tempore dal Presidente del Consiglio dei Ministri

in nome del Governo italiano

 

 

 

II) ESPOSIZIONE DEI FATTI:
EXPOSÉ DES FAITS
STATEMENT OF THE FACTS

FATTO

Il dr Antonio Giangrande da 14 anni combatte la mafia e la corruzione nella Pubblica Amministrazione. Dal 1998 denuncia i magistrati e gli avvocati, quali componenti delle commissione d’esame di avvocato, che falsano l’esito delle prove. La stessa legge 180/2003, di cui l’istante ha in parte merito per le denunce presentate, ha sfiduciato le commissioni d’esame. La riforma prevede la correzione dei pareri presso altre commissioni e l’inibizione dei consiglieri dell’ordine degli avvocati ad essere commissari, in quanto vi è certezza di favoritismi.

Ad oggi, però, l’istante si ritrova gli stessi magistrati denunciati che lo vogliono giudicare per accuse penali infondate.

Ad oggi, però, l’istante si ritrova gli stessi magistrati denunciati che lo giudicano nel concorso di avvocato e rendono in tempo insufficiente pareri negativi e non motivati su elaborati non corretti.

Ad oggi, però, si ritrova presidente nazionale di commissione d’esame di avvocato, colui il quale da presidente del consiglio dell’ordine degli avvocati di Lecce è stato denunciato quando era presidente di commissione locale.

Ad oggi in Italia, condannato all’indigenza ed alla persecuzione penale, non ha alcun rimedio di tutela giuridica.

PROCEDIMENTO DAVANTI AI GIUDICI NAZIONALI

1.     Corte di Cassazione: Istanza di rimessione ai sensi dell’art. 45 ss. Codice di Procedura Penale. Numero Registro Generale 15395/2011; 15411/2011; 15418/2011; udienza del 28 settembre 2011 di conferma delle comunicazioni del 7 giugno 2011 (in allegato). La Corte ha deciso il rigetto per inammissibilità perché l’istanza è basata su motivi manifestamente infondati. Decisione definitiva. Non ci sono strumenti di impugnabilità della decisione.

2.     Corte Costituzionale: sentenza 8 giugno 2011, n. 175 in riferimento al concorso pubblico di avvocato: “Il voto numerico è una motivazione sintetica e costituisce legittima tecnica di motivazione delle motivazioni amministrative”. Il Tribunale Amministrativo Regionale di Lecce: Ordinanza cautelare 679/2011 (in allegato) in merito al procedimento n. 1240/2011, udienza del 29 settembre 2011 ha richiamato tale sentenza, rigettando l’istanza del ricorrente candidato bocciato al concorso forense sessione 2010, che chiedeva di conoscere gli errori per non reiterarli, in assenza sui suoi elaborati di qualsivoglia segno o glossa a supporto della motivazione sintetica. Decisione definitiva. Non ci sono strumenti di impugnabilità della decisione.

 

III) ESPOSIZIONE DELLE VIOLAZIONI DELLA CONVENZIONE
E/O DEI PROTOCOLLI, NONCHE’ DELLE
RELATIVE ARGOMENTAZIONI.

EXPOSÉ DES VIOLATIONS DE LA CONVENTION ET/OU DES PROTOCOLES, AINSI QUE DES ARGUMENTS A’ L’APPUI.

STATEMENT OF ALLEGED VIOLATION OF THE
CONVENTION AND/OR PROTOCOLS, AND OF
RELEVANT ARGUMENTS.

Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali

Firmata a Roma il 4 novembre 1950

Articolo 6 - Diritto ad un processo equo.

1. Ogni persona ha diritto a che la sua causa sia esaminata equamente, pubblicamente ed entro un termine ragionevole da un tribunale indipendente e imparziale, costituito per legge

Articolo 9 - Libertà di pensiero, di coscienza e di religione.

1. Ogni persona ha diritto alla libertà di pensiero….

Articolo 10 - Libertà di espressione.

1. Ogni persona ha diritto alla libertà d'espressione. Tale diritto include la libertà d'opinione e la libertà di ricevere o di comunicare informazioni o idee senza che vi possa essere ingerenza da parte delle autorità pubbliche e senza considerazione di frontiera.

Articolo 13 - Diritto ad un ricorso effettivo.

Ogni persona i cui diritti e le cui libertà riconosciuti nella presente Convenzione siano stati violati, ha diritto ad un ricorso effettivo davanti ad un'istanza nazionale, anche quando la violazione sia stata commessa da persone che agiscono nell'esercizio delle loro funzioni ufficiali.

Articolo 14 - Divieto di discriminazione.

Il godimento dei diritti e delle libertà riconosciuti nella presente Convenzione deve essere assicurato senza nessuna discriminazione.

Articolo 17 - Divieto dell'abuso del diritto.

Nessuna disposizione della presente Convenzione può essere interpretata come implicante il diritto per uno Stato, un gruppo o un individuo di esercitare un'attività o compiere un atto che miri alla distruzione dei diritti o delle libertà riconosciuti nella presente Convenzione o porre a questi diritti e a queste libertà limitazioni più ampie di quelle previste in detta Convenzione.

La violazione dei principi e delle norme della Convenzione dei diritti umani, inoltre, porta lo Stato Italiano all’inadempimento dell’art. 6 del Trattato dell’Unione Europea.

 

Il ricorrente ha esaurito tutte le vie di ricorso interne, non essendo possibile alcuna impugnativa della sentenza emessa dalla Cassazione in data 28 settembre 2011 e dalla sentenza emessa dalla Corte Costituzionale 8 giugno 2011, n. 175.  

 

V) ESPOSIZIONE RELATIVA ALL'OGGETTO DEL RICORSO
E DOMANDE PROVVISORIE PER UN’EQUA SODDISFAZIONE.

EXPOSÉ DE L'OBJET DE LA REQUETE ET PRÉTENTIONS
PROVISOIRES POUR UNE SATISFACTION EQUITABLE.

STATEMENT OF THE OBJECT OF THE APPLICATION AND
PROVISIONAL CLAIMS FOR JUST SATISFACTION.

Per quanto riguarda la Corte di Cassazione:

1.     La Corte di Cassazione – Supremo Organo di Giustizia Italiana – nella sua decisione non ha tenuto conto dei fatti e degli atti indicati analiticamente nel ricorso, supportati dai relativi documenti allegati. In questo modo ha legittimato 14 anni di ingiustizie e ne ha autorizzato il proseguo.

2.     La Corte di Cassazione – Supremo Organo di Giustizia Italiana – tale atteggiamento non lo ha adottato solo per il presente istante. Essa rigetta sistematicamente ogni istanza di rimessione dei processi per legittimo sospetto e ogni richiesta di ricusazione presentata dall’imputato per grave inimicizia con il magistrato che lo giudica.

3.     La Corte di Cassazione – Supremo Organo di Giustizia Italiana – non applica mai le norme per il giusto processo e, sistematicamente, non solleva mai dalla sua funzione il giudice naturale, anche quando questo non è sereno nel dare i suoi giudizi.

La Corte di Cassazione impedisce l’applicazione dell’art. 45 ss C.P.P. “Rimessione del processo per legittimo sospetto”. L’istituto della rimessione è formalmente inapplicato perché se da una parte la Cassazione sistematicamente rigetta per “Inammissibilità basata su motivi manifestamente infondati”, dall’altra parte inibisce l’inoltro del ricorso per la previsione dell’art. 616 C.P.P. che prevede, in caso di rigetto della domanda, la condanna al pagamento delle spese e una sanzione pecuniaria.

La Corte di Cassazione, inoltre, vieta l’attuazione dell’art. 37 C.P.P. “Ricusazione del giudice per grave inimicizia”.

L’istituto della “Ricusazione”, prevede un procedimento sanzionatorio simile a quello della rimessione, ai sensi dell’art. 44 C.P.P.

In questo modo si intimidisce l’istante per le sanzioni minacciate e per l’esito scontato si inibisce l’istanza che denuncia l’esistenza della grave inimicizia. Così si violano i diritti di difesa degli imputati quando questi si trovano in situazioni di grave inimicizia con uno o più magistrati del Foro giudicante. Si violano le norme della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, ma anche quelle dell’Unione Europea e costituzionali italiane. Ma non vi è rimedio a questa ingiustizia, essendo la Corte di Cassazione l’ultimo grado di impugnazione.

In questo modo non vi è uguaglianza di diritti accusa-difesa, né vi è un Giusto Processo.

Per quanto riguarda la Corte Costituzionale:

1.     La Corte Costituzionale nel concorso pubblico di abilitazione forense con la sua sentenza legittima ogni arbitrario comportamento delle commissioni d’esame, già sfiduciate dalla legge 180/2003, violando il diritto del candidato che vuol conoscere il motivo per cui è stato bocciato. In questo modo, conoscendo l’errore si migliora per il proseguo, ovvero se il voto è immotivato si tutela presso gli organi competenti. Allo stato dei fatti su dei testi non corretti, si legittima un voto non sostenuto da segni o glosse a supporto del voto medesimo.

All’eccellentissima Autorità adita, con rigetto di istanze in contrasto, si chiede dichiararsi la violazione dei principi inclusi negli articoli indicati e contenuti nella Convenzione Europea dei Diritti dell’uomo. L’inadempimento o la violazione della convenzione da parte di uno Stato può generare: sia una violazione di un obbligo nei confronti degli altri Stati contraenti; sia la violazione del diritto del singolo che ne è destinatario. Di conseguenza dichiarare il danno subito dal dr Antonio Giangrande per mancata fruizione di giustizia. Contestualmente costituire il diritto al risarcimento del danno e condannare lo Stato Italiano, rappresentato dal Governo Italiano in nome del Presidente del Consiglio dei Ministri pro tempore.

La condanna per l’inadempimento delle norme della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo e il diritto al risarcimento del danno patrimoniale e non patrimoniale a favore dell’istante.

Si rileva che la Corte di Cassazione e la Corte Costituzionale italiana interpretano le norme dell’ordinamento nazionale italiano in modo difforme e contrastante ai principi della Convenzione Europea e della stessa Costituzione italiana.

L’art. 45 ss. Codice Procedura Penale prevede una misura di tutela dei diritti del cittadino, quale la rimessione del processo presso altro giudice, in riferimento alla circostanza che sul giudice che procede vi sia legittimo sospetto di parzialità di giudizio. In tal caso le norme nazionali (art.111 Cost.) e la Convenzione (art. 6) enunciano i cardini del giusto processo.

Nell’istanza di rimessione qui allegata presentata dal presente istante, dr Antonio Giangrande, con i documenti acclusi si evidenziava e provava in modo chiaro e preciso che in seguito al doveroso esercizio dell’attività forense con patrocinio legale e alla corretta funzione di presidente di associazione antimafia, oltre che al  legittimo esercizio di libertà di pensiero e di libertà di espressione con diritto di critica e di informazione, le autorità giudiziarie locali di Taranto criticate e denunciate dall’istante, non solo insabbiavano le denunce da questo presentate, (come in allegato), ma adottavano atti palesemente persecutori contro di questo con accuse penali infondate.

Per questo si ravvisava presso la Corte di Cassazione che fosse opportuno che i magistrati di Taranto, tenuto conto di quanto provato, non proseguissero a giudicare il dr Antonio Giangrande, essendo le medesime autorità, criticate sui media e denunciate penalmente presso le autorità previste dall’art. 11 Codice Procedura Penale.

Si evidenziava alla Suprema Corte che i giudici naturali potrebbero essere poco sereni e imparziali nel giudicare il ricorrente.

Basta evidenziare le denunce presentate a Potenza in seguito agli abusi ed omissioni presso gli uffici giudiziari di Taranto, che coinvolgono la maggior parte dei magistrati tarantini. Denunce presentate in qualità di operatore di attività forense e come Presidente di una associazione antimafia riconosciuta dal Ministro dell’Interno dello Stato Italiano.

Basta sottolineare che da parte dei magistrati denunciati e criticati vi sia stata l’inerzia o l’impossibilità a reagire per calunnia nei confronti del dr. Antonio Giangrande. Il reato di calunnia è quel rimedio legale italiano che tende a punire ogni denuncia infondata e strumentale.

Ciò dovrebbe bastare a sostenere il fatto che, se non grave inimicizia, ma poca serenità ci sia da parte dei magistrati a giudicare colui che li ha denunciati o li ha criticati sulla stampa. O comunque ciò sia stato fatto contro i loro colleghi. Elenco delle denunce allegate all’istanza di rimessione. Da qui la provata e doverosa opportunità di far astenere i magistrati denunciati e criticati, o i loro colleghi, dal giudicare chi li critica o denuncia.

Poi, se il relatore della Corte di Cassazione avesse letto l’istanza e i documenti allegati, si sarebbe accorto che effettivamente atti di ritorsione da parte dei magistrati di Taranto ci sono stati in modo inequivocabile:

·       sia per l’impedimento alla professione di avvocato dell’istante. Impedimento che perdura da 14 anni, dal 1998. Nelle commissioni di esame forense che giudicano negativamente le prove dell’istante vi sono i magistrati tarantini o i loro colleghi nazionali. I compiti non sono corretti, ma dichiarati tali. Nonostante ciò il TAR di Lecce ha rigettato il ricorso del dr Antonio Giangrande. Nel procedimento 1240/2011, in cui si sono presentati ben 8 motivi di nullità dei giudizi (come in allegato), il TAR rigetta il ricorso del presente istante, riferendosi alla sentenza della Corte Costituzionale, oltre ad addurre, pretestuosamente, motivazioni estranee ai punti contestati (come si riscontra nella comparazione tra le conclusioni e il dispositivo in allegato). Lo stesso TAR, invece, ha disposto la misura cautelare per un ricorso di altro candidato che contestava un solo motivo, (procedimento 746/2009). Addirittura con ordinanza 990/2010 accoglieva l’istanza cautelare entrando nel merito dell’elaborato. Ordinanza annullata dal Consiglio di Stato, sez. IV, 22 febbraio 2011, n. 595.

·       sia per l’infondatezza dei procedimenti penali, di cui si è chiesta la rimessione, attivati nei confronti del dr Antonio Giangrande (incensurato) per reati d’opinione, per fatti non commessi. Processi attivati dai magistrati denunciati e criticati o dai loro colleghi. Magistrati che non hanno potuto perseguire il denunciante per calunnia.

·       sia per i vizi procedurali che colpivano tali procedimenti penali, in atti dettagliatamente illustrati. Vizi a cui non si è posto rimedio.

·       sia per l’insabbiamento di tutte le denunce presentate dal dr. Antonio Giangrande, finanche contro i Magistrati. Denunce, pur fondate, che hanno causato come conseguenza solo la grave inimicizia con i magistrati.

Qui si rileva che la Corte di Cassazione, nonostante la fondatezza della pretesa, non ha disposto per motivi di Giustizia e di opportunità la rimessione dei processi dell’istante ai sensi dell’art. 45 ss. c.p.p.

Altresì qui si rileva che la Corte di Cassazione, sistematicamente, rigetta ogni istanza di rimessione da chiunque sia presentata e qualunque ne sia la motivazione.

Inoltre qui si rileva che la Corte Costituzionale legittima per tutti i concorsi pubblici la violazione del principio della trasparenza. Trasparenza, da cui dedurre l’inosservanza delle norme sulla legalità, imparzialità ed efficienza.

ABNORME E’ IL MODUS OPERANDI DELLA CORTE DI CASSAZIONE

La Corte di Cassazione italiana non dispone mai la rimessione dei processi per tutte le istanze alla stessa Corte presentate. Non applicando sistematicamente una norma prevista a tutela dei principi dell’ordinamento giuridico italiano e della Convenzione europea dei diritti dell’uomo. A palese e ingiustificata tutela della Magistratura. Categoria che la Corte di Cassazione pone al di sopra di ogni principio o di ogni legge.

Nei decenni passati solo 2 volte si è applicato l’art. 45 C.P.P.:

1.     Per Piazza Fontana, in cui vi era sospetto che fosse una strage di Stato: è il primo e più famoso caso di "rimessione". Tutti i processi collegati furono trasferiti a Catanzaro a partire dal 1972, proprio mentre i magistrati milanesi D'Ambrosio e Alessandrini imboccavano la pista della "strage di Stato". Curiosità: il primo dei ricorsi accolti dalla Cassazione fu proposto dall'imputato Giovanni Biondo, che dopo l'assoluzione diventò sostituto procuratore. 

2.     Per il Generale della Guardia di Finanza Giuseppe Cerciello, le cui indagini contro la Guardia di Finanza furono svolte dai propri commilitoni: il 29 novembre 1994 la Cassazione ha spostato da Milano a Brescia il processo per corruzione contro il generale Cerciello. L'avvocato Taormina aveva messo in dubbio tutte le indagini sulle tangenti ai finanzieri, in quanto svolte dai commilitoni. Quella rimessione è però rimasta un caso unico, poi citato da Di Pietro tra i motivi delle sue dimissioni.

L’art. 45 C.P.P: è una norma inapplicata perché critica l’operato dei magistrati che abusano del loro potere:

AFFARE ENIMONT - Nel '95 la Cassazione ha respinto decine di istanze proposte dagli imputati per la "maxi - tangente" di Gardini.

BERLUSCONI - Nel novembre '95 la Cassazione ha rigettato la prima richiesta di Silvio Berlusconi di trasferire a Brescia il processo per le presunte bustarelle alle Fiamme gialle. La domanda si fondava sul clima "colpevolista" creato a Milano da "130 fughe di notizie giudiziarie".

CASO CRAXI - Nell'aprile '96 la Cassazione ha negato la rimessione chiesta dall'ex leader del Psi. Craxi denunciava tra l'altro le scritte a lui ostili comparse a Milano.

Oggi vi è in vigore una nuova disciplina che riforma l'istituto della rimessione: la Legge 7 novembre 2002, n. 248 recante «modifica degli articoli 45, 47, 48 e 49 del codice di procedura penale. Con la riforma si aggiunge alle problematiche ambientali oggettive quelle soggettive riguardante il giudice-uomo. L'articolo 45 c.p.p. prevede che "in ogni stato e grado del processo di merito, quando gravi situazioni locali, tali da turbare lo svolgimento del processo e non altrimenti eliminabili, pregiudicano la libera determinazione delle persone che partecipano al processo ovvero la sicurezza o l'incolumità pubblica, o determinano motivi di legittimo sospetto….la Corte di Cassazione… rimette il processo ad altro giudice…”

Il nuovo art. 45 c.p.p. trova la sua prima e negativa applicazione e valutazione giurisprudenziale, con l'ordinanza Cassazione Penale, Sez. Unite, 23 gennaio 2003, n. 1, successiva a due separate istanze di rimessione presentate dagli imputati Berlusconi, Previti, Verde, Pacifico, Rovelli, Squillante e Stavtchenko, relativamente ad un processo penale incardinato presso il Tribunale di Milano.

Seguiranno una miriadi di istanze di rimessione rigettate, tra cui quella di Dell’Utri, della “Casa dello Studente” dell’Aquila, ecc.

La interpretazione restrittiva della norma trova fondamento dalle sue stesse pronunce. In Cassazione penale, sez. I, 10 marzo 1997, n. 1952 (in Cass. pen., 1998, p. 2421), caso Pomicino: "l'istituto della rimessione del processo, come disciplinato dall'art. 45 c.p.p., può trovare applicazione soltanto quando si sia effettivamente determinata in un certo luogo una situazione obiettiva di tale rilevanza da coinvolgere l'ordine processuale - inteso come complesso di persone e mezzi apprestato dallo Stato per l'esercizio della giurisdizione -, sicché tale situazione, non potendo essere eliminata con il ricorso agli altri strumenti previsti dalla legge per i casi di alterazione del corso normale del processo - quali l'astensione o la ricusazione del giudice -, richiede necessariamente il trasferimento del processo ad altra sede giudiziaria … Consegue che non hanno rilevanza ai fini dell'applicazione dell'istituto vicende riguardanti singoli magistrati che hanno svolto funzioni giurisdizionali nel procedimento, non coinvolgenti l'organo giudiziario nel suo complesso".

Ogni motivazione restrittiva all’adozione della rimessione dei processi non giustifica la mancata applicazione della norma in contrasto con la realtà dei fatti e degli atti. Considerare i componenti della magistratura al di sopra di umane debolezze (solidarietà corporativa, astio, sete di vendetta e di ritorsione, abuso del potere, influenza mediatica e/o ambientale, ecc.) li pone in modo differenziato nei confronti dei cittadini, discriminandoli nelle questioni di contrasto esistenti tra cittadini e magistrati.

Questa errata interpretazione della legge a tutela della categoria ed a discriminazione del cittadino è la negazione della Giustizia e dei Diritti.

Ciò si riverbera per quanto riguarda la negazione della rimessione dei processi, con mancata sollevazione del giudice naturale, quando gravi situazioni locali, tali da turbare lo svolgimento del processo e non altrimenti eliminabili, pregiudicano la libera determinazione delle persone che partecipano al processo ovvero la sicurezza o l'incolumità pubblica (riferito all’intero ufficio giudiziario locale).

Ciò si  ripercuote anche quando si nega la tutela su quei processi da rimettere, perché determinano motivi di legittimo sospetto (riferito ad un determinato numero dei componenti l’ufficio giudiziario locale).

L’errata interpretazione si adotta anche per quanto riguarda l’istituto della ricusazione e dell’astensione dei singoli magistrati ai sensi degli articoli 36 e 37 Codice Procedura Penale.   

La Corte di Appello di Taranto, il 04.04.2011 con ordinanza n. 55/11, all’istanza di ricusazione del presente istante inviatale il 31.01.2011, (dopo 2 mesi) in base alla pronuncia della Cassazione così si esprimeva:

« Evidenziato che non può costituire motivo di ricusazione per incompatibilità la previa presentazione, da parte del ricusante, di una denuncia penale o la instaurazione di una causa civile nei confronti del giudice, in quanto entrambe le iniziative sono “fatto” riferibile solo alla parte e non al magistrato e non può ammettersi che sia rimessa alla iniziativa della parte la scelta di chi lo deve giudicare. (Cass. pen. Sez. V 10/01/2007, n. 8429);

In questo caso la pronuncia della Corte di Cassazione discrimina l’iniziativa della parte, degradandola rispetto alla presa di posizione del magistrato: la denuncia del cittadino non vale per la ricusazione, nonostante possa conseguire calunnia; la denuncia del magistrato vale astensione.  

Se l’ufficio giudiziario, nella maggior parte dei suoi elementi è denunciato penalmente e criticato mediaticamente, senza che ciò abbia conseguito condanna per calunnia o per diffamazione, per la Cassazione ciò non produrrebbe effetti ritorsivi. Secondo l’interpretazione della Corte di Cassazione non si creerebbe astio od avversione da parte dei magistrati denunciati o criticati.

Per la Cassazione per avere la ricusazione del singolo magistrato si ha bisogno della denuncia del medesimo magistrato, e non della parte.

Analogicamente, la Cassazione afferma in modo implicito che per ottenere la rimessione dei processi per legittimo sospetto è indispensabile che ci sia una denuncia presentata da tutti i magistrati del Foro contro una sola parte.

In questo caso, però, non si parlerebbe più di rimessione, ma di ricusazione generale.  

Seguendo questa logica nessuna istanza di rimessione sarà accolta.

La Corte di Cassazione non è toccata da seri dubbi che i magistrati possano essere influenzati dai loro sentimenti, anche di solidarietà corporativa, tale da viziare i loro comportamenti professionali, pur non essendo direttamente colpiti da critiche.

In questo modo per salvaguardare il principio del giudice naturale e della sua inamovibilità, oltre che della presunta integrità e superiorità morale della magistratura, non vi è bilanciamento tra i diritti previsti dalla Convenzione e dalla Costituzione. La Suprema Corte per salvaguardare la dignità dei colleghi sottoposti, viola, nelle sue adozioni, interpretazioni e motivazioni, il principio di uguaglianza di fronte alla legge; il principio del Giusto Processo con il diritto ad un giudice imparziale; il principio della libertà di manifestare il proprio pensiero al di là di ogni possibile ritorsione, esprimendo critica al sistema ed informando i cittadini degli abusi e delle omissioni del sistema medesimo.

A tutto questo si aggiunga l’elenco delle denunce insabbiate dalla procura di Taranto in allegato ed altresì l’elenco delle denunce insabbiate dalla procura di Potenza, competente sui reati commessi dai magistrati del distretto di Lecce. Insabbiamento che ha reso impuniti i reati dei magistrati. Di tali reati si porta ad esempio solo due denunce allegate: contro Rita Romano e contro Adele Ferraro + altri. 

Per quanto riguarda la Corte Costituzionale, la sua sentenza legittima ogni forma di ritorsione o di favoritismo. Non vi è più controllo sulle commissioni d’esame. L’arbitrio sarà il principio che guiderà un comportamento non più soggetto a sindacato.

Alla Eccellentissima Corte Europea dei Diritti dell’Uomo si chiede:

1.     di accertare e dichiarare l’esistenza delle violazioni dei principi della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo enunciati dagli articoli in elenco, commessi da parte della Corte di Cassazione nelle sue pronunce e interpretazioni, che si concretizzano, a tutela della Magistratura italiana, nella sistematica mancata applicazione delle norme nazionali sulla rimessione dei processi e sulla ricusazione, che avalla gli abusi dei magistrati locali;

2.     di accertare e dichiarare l’esistenza delle violazioni dei principi della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo enunciati dagli articoli in elenco, commessi da parte della Corte Costituzionale nelle sue pronunce e interpretazioni, che si concretizzano, a tutela della Magistratura italiana, i cui membri fanno parte delle commissioni d’esame, nella sistematica mancata applicazione delle norme nazionali sulla trasparenza, imparzialità ed efficienza dell’amministrazione pubblica, che avalla gli abusi dei magistrati locali;

3.     di conseguenza accertare e dichiarare la violazione anche della mancata applicazione dell’art. 6 del Trattato Unione Europea che fa sua la Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo e la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea del 18/12/ 2000, adottato a Strasburgo nel 2007.

4.     per gli effetti condannare lo Stato italiano per inadempimento alle norme convenzionali internazionali, commesso da una sua istituzione.

5.     condannare il Governo italiano quale responsabile oggettivo in nome e per conto delle autorità giudiziarie a cui ha permesso di abusare del potere concessogli dalle norme: da una parte, legittimando le ingiustizie già subite dall’istante; dall’altra parte, autorizzarne il proseguo.

6.     condannare il Governo italiano, per responsabilità diretta, in quanto non ha applicato nel suo ordinamento le norme previste dalla Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo e dal Trattato sull’Unione Europea (art. 6) e dalla stessa Costituzione italiana (art. 11) per impedire ogni violazione del Diritto ad un processo equo, della Libertà di pensiero, di coscienza e di religione, e della Libertà di espressione, del Divieto di discriminazione e del Divieto dell'abuso del diritto, non applicando altresì il  Diritto ad un ricorso effettivo, non prevedendo la figura di un DIFENSORE CIVICO GIUDIZIARIO e disapplicando la norma sul DIFENSORE CIVICO AMMINISTRATIVO. Lo Stato italiano permette il sindacato degli atti adottati da qualunque organo pubblico, nel nome della loro indipendenza ed autonomia, esclusivamente da parte degli stessi membri, i quali decidono in palese conflitto d’interesse oggettivo a vantaggio della stessa categoria.

7.      di accertare e dichiarare che la magistratura del Foro di Taranto, legittimata dalla Corte di Cassazione e dalla Corte Costituzionale, ha adottato ed adotterà atti ritorsivi diretti o indiretti nei confronti dell’istante, concretizzati sia nell’impedimento all’accesso alla professione forense, quali componenti delle commissioni d’esame direttamente o tramite i colleghi extraforo, sia con l’adozione di procedimenti penali viziati e infondati, sia sull’insabbiamento di decine di procedimenti penali, anche a carico di magistrati;

8.      di costituire un ristoro monetario a titolo forfettario a favore del dr Antonio Giangrande per le sofferenze patrimoniali e non patrimoniali subite in tutti questi 14 anni, susseguenti all’impedimento illegale alla professione forense e per essere stato sottoposto a gogna giudiziaria con processi per fatti non commessi, ovvero commessi nel legittimo esercizio del diritto di manifestare il pensiero per temi di interesse pubblico, adottando continenza e verità, ovvero commessi nella doverosa attività professionale od associativa. Il buon nome del dr Antonio Giangrande, incensurato, a titolo intimidatorio è stato associato ad un soggetto criminale e criminogeno, o addirittura ad un soggetto mitomane o pazzo. Il tutto per impedire l’attività della tutela dei diritti civili operata in seno ad una associazione antimafia;

9.     Condannare lo Stato Italiano, rappresentato dal Governo Italiano in nome del Presidente del Consiglio dei Ministri pro tempore, al risarcimento del danno patrimoniale e non patrimoniale, da quantificarsi pari alla somma di 500.000,00 euro annui per 14 anni, comprensivi di spese di giustizia, riferiti dall’anno 1998, (anno di inizio dell’esercizio dell’attività forense con il patrocinio legale svolto per 6 anni), fino al 2011, data della presente domanda, da aggiungersi alle annualità successive fino alla data di condanna. Interessi e rivalutazione monetaria da calcolarsi a parte. Fatta salva altra valutazione forfettaria emessa a discrezione della Corte adita.

 

VI) ALTRE ISTANZE INTERNAZIONALI INVESTITE
DELLA CAUSA.

AUTRES INSTANCES INTERNATIONALES TRAITANT
OU AYANT TRAITÉ L’AFFAIRE.

STATEMENT CONCERNING OTHER
INTERNATIONAL PROCEDINGS.

Il ricorrente ha sottoposto il suo caso alle seguenti autorità internazionali, secondo le rispettive competenze:

CORTE EUROPEA DEI DIRITTI DELL’UOMO per la condanna dello Stato Italiano conseguente alla violazione della Convenzione europea dei diritti Umani ed il risarcimento del danno;

PARLAMENTO DELL’UNIONE EUROPEA petizione atta a promuovere procedimento di inadempimento dello Stato Italiano presso la Corte di Giustizia dell’Unione Europea per la mancata applicazione dell’art.6 del Trattato Unione Europea;

COMMISSIONE DELL’UNIONE EUROPEA ricorso atto a promuovere procedimento di inadempimento dello Stato Italiano presso la Corte di Giustizia dell’Unione Europea per la mancata applicazione dell’art.6 del Trattato Unione Europea;

 

VII) ELENCO DEI DOCUMENTI ALLEGATI.

PIÈCES ANNEXÉES

LIST OF DOCUMENTS

Tutti in semplice copia fotostatica:

1.     27 pagg. Istanza di rimessione del processo alla Corte di Cassazione;

2.     5 pagg. Elenco delle denunce presentate a Taranto;

3.     3 pagg. Elenco delle denunce presentate a Potenza;

4.     6 pagg. Denuncia contro Rita Romano;

5.     4 pagg. Denuncia contro Adele Ferraro + altri;

6.     3 pagg. Decreti della Cassazione di fissazione udienza e declaratoria di inammissibilità;

7.     12 pagg. Decreti di ammissione agli esami forensi dal 1998 al 2010;

8.     1 pag. Decreto di rigetto al gratuito patrocinio emesso dalla Commissione Tar per l’esame del 2008;

9.     1 pagg. Motivi di invalidità dei giudizi al concorso di avvocato;

10.  4 pagg. Ordinanza di rigetto del TAR.

Il ricorrente si riserva di inviare ulteriori documenti, secondo quanto gli verrà richiesto dall’autorità adita.

 

VIII) LINGUA DELLA PROCEDURA DAVANTI ALLA
CORTE EUROPEA DEI DIRITTI DELL’UOMO.

Il ricorrente chiede di poter far uso della sua propria lingua italiana in tutti i suoi scritti difensivi e nell’eventuale dibattimento davanti alla Corte Europea dei Diritti dell'Uomo, nonché di avere gratuitamente la traduzione in lingua italiana della corrispondenza a lui inviata dal Segretariato della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo e degli scritti difensivi del Governo italiano. In ogni caso, la lingua sussidiaria di lavoro può essere il francese oppure l'inglese.

IX) DICHIARAZIONE E FIRMA

DÉCLARATION ET SIGNATURE

DECLARATION AND SIGNATURE:

Dichiaro in coscienza, in fede e con lealtà che i dati che figurano nel presente ricorso sono esatti.

Luogo e data

Avetrana lì 3 ottobre 2011

firma del ricorrente e/o del suo rappresentante

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

MANDATO DI DIFESA E PROCURA GENERALE E SPECIALE

Io sottoscritto Antonio Giangrande, nato ad Avetrana (Ta) il 02/06/1963 e residente ad Avetrana, via Manzoni, 51, c.f. GNGNTN63H02A514Q nomino, quale mio difensore e procuratore generale, l’avv. Mirko Giangrande, del Foro di Taranto, con Studio Legale in Avetrana, alla via Manzoni, 51, c. f. GNGMRK85A26E882V, per rappresentarmi e difendermi nel presente giudizio e nelle fasi connesse ed espressamente: opposizione ed esecuzione ed eventuale appello ed altri giudizi di impugnazione, con sua facoltà di nominare altri avvocati e procuratori, ovvero di transigere o rinunciare agli atti del giudizio e con tutti i poteri per il migliore svolgimento delle stesse.

Con la presente firma ratifico il suo operato discrezionale ed eleggo domicilio nel suo Studio Legale.

Avetrana, lì 3 ottobre 2011

Firma cliente                                                firma dell’avvocato per autenticazione

 

Dichiaro di essere stato informato dettagliatamente sui miei diritti secondo le norme sulla Privacy ed aver autorizzato il trattamento dei miei dati.

Firma cliente                                                firma dell’avvocato per autenticazione